Il delirio del personaggio

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La MADRE anni ss - Il PADRE anni 65 ROSETTA anni 25- GIANNI anni 23


IL DELIRIO DEL PERSONAGGIO

Commedia in tre atti di Valentino Bompiani


PERSONAGGI

La MADRE anni 55

Il PADRE anni 65

ROSETTA anni 25

GIANNI anni 23

LUISA anni 21

CONTE AUGUSTO D'OSTENA anni 30

ASSUNTA

Un TENENTE

MARIA cameriera

UN SOLDATO

GINA

POPOLANE

PORTAFERITI

—1936 -

 


ATTO PRIMO

 Lo spogliatoio di Rosetta. Valige aperte abiti sparsi.

SCENA I

(Rosetta, accostata a un uscio che tiene aperto solo un poco, ride e scherza con qualcuno che, si direbbe, la trattiene per le vesti).

Rosetta                  - Più tardi. (Infila il capo tra i bat­tenti, lo ritira di scatto. Ride) Anche a te. (Passa una mano) Non vedo l'ora. (Riac­costa il capo, poi, sfuggendo, mormora an­cora qualcosa che non si intende. Ride an­cora. Chiude. È un po' turbata. Si stringe nella vestaglia, abbracciandosi. D'un tratto si accorge che, stesa su di una poltrona a sdraio, le mani dietro al capo, la sigaretta tra le labbra, c'è la sorella Luisa che la guarda) Che fai lì? Cos'hai?

Luisa                     - (non risponde) .

Rosetta                  - Da stamani mi guardi come se ti avessero rivelato privatamente il mio desti­no, e tu non osassi dirmelo.

Luisa                     - Sei contenta, tu?

Rosetta                  - (parlando, continuerà a vestirsi e a raccogliere indumenti nelle valige) Cer­to, e anche tu dovresti esserlo per me.

Luisa                     - Che te ne importa?

Rosetta                  - È la cosa più affettuosa che trovi da dirmi?

Luisa                     - Per il tempo che hai tu di badarci.

Rosetta                  - Se si trattasse di te...

Luisa                     - No, grazie.

Rosetta                  - Storie! Non crederai di esser di­versa, vero? Dicci anni fa già ne parlavi: « Sarà così, sarà colà ».

Luisa                     - Ma poi tutto è diverso.

Rosetta                  - (fissandola) Che ne sai?

Luisa                     - (elusiva) Lo penso.

Rosetta                  - Non ti capisco.

Luisa                     - Io tutte queste storie, cerimonie, espansioni pubbliche, le odio, hai capito?

Rosetta                  - Siccome non sai nemmeno tu quel­lo che vuoi, ti scagli contro quello che han­no gli altri.

Luisa                     - E tu Io sai quello che vuoi? e che fai?

Rosetta                  - Certo. (Ci pensa) Mi sposo l'uomo che mi sono scelta. Avremo una casa no­stra, dei figli... E poi, non trovi discorsi più adatti?

Luisa                     - Sei come papà: credi che ci siano i discorsi adatti in certi giorni e in certi altri no.

Rosetta                  - Preferirei una parola sola, magari, ma affettuosa.

Luisa                     - Anche queste lo sono. Non parlo per spaventarti, ma per capirti. Mammà non si sa quello che pensa, non le si cava una parola dalla bocca. Papà ragiona da uomo, secondo le convenienze e secondo gli orari. Ti parlo io. Ti stupisce perché sono più giovane di te? Ma io...

Rosetta                  - Ma tu?...

Luisa                     - Niente.

 Rosetta                 - Mi stupisce che tu abbia atteso pro­prio oggi, un'ora prima del mio matrimo­nio, per interessarti alla mia felicità. In tutti questi mesi perché te ne sei stata lon­tana da me e da tutti?

Luisa                     - Qui c'è un'aria irrespirabile.

Rosetta                  - Sarebbe meglio che ti sposassi an­che tu, e presto.

Luisa                     - Un marito preparatomi dagli altri?...

Rosetta                  - Scelto da te.

Luisa                     - Se capita, che la scelta coincida con le convenienze o con le possibilità.

Rosetta                  - A me è accaduto, vedi?

Luisa                     - Tu fai un matrimonio di conve­nienza.

Rosetta                  - Sei insolente e cattiva.

Luisa                     - (altro tono. Pentita) Parlo per me, scusami. Anche prima parlavo per me. So che faccio male, ma quando dico una cosa cattiva, mi pare di liberarmi da me stessa. Tu ti vuoi bene; io mi odio.

Rosetta                  - Cerca di sapere quello che vuoi e nessuno ti forzerà. Oppure domanda con­siglio alle persone che ti vogliono bene.

Luisa                     - Consiglio di che? Nessuno può sa­permi dire perché io sono fatta così e non in un altro modo. (Pausa) Ho sempre fret­ta. Non so bene. Non di vivere, ma di aver vissuto, perché mi sembra di essere attaccata, di amare soltanto quello che è stato e che mi riappare, poi, nel ricordo, caro, lieto, anche se era doloroso. Il pre­sente mi disgusta sempre un poco, invadente com'è.

Rosetta                  - Io non capisco tante complicazioni!

Luisa                     - (brusca, alzandosi) A che ora partite?

Rosetta                  - Tanto per risponderti : io - ho ritegno a dirlo - mi sento partita da qui dal giorno in cui mi sono innamorata. Hai capito?

Luisa                     - Dicevi a me che mi sono allontanati.

 Rosetta                 - Ma io amo.

Luisa                     - (abbassa il capo).

Rosetta                  - Luisa?

Luisa                     - (sbrigativa) Senti: se un giorno tu venissi a sapere, insomma, ti dicessero di me qualche cosa, o molte cose da farti di­re: «è impossibile! », bene, voglio che tu ti ricordi di oggi e di questo discorso...

Rosetta                  - Ma che cosa?

Luisa                     - (s'è pentita d'aver parlato, cambia to­no) Niente. Dicevo così perché ogni fatto accaduto a una di noi l'abbiamo sempre vissuto insieme, e ora che la vita ci allon­tana, ciascuna dovrà viverlo da sé. Ecco. (Si volta di scatto. Esce).

SCENA II

(Rosetta, rimasta sola, pensa alla sorella. Ri­prende a sistemar roba, a vestirsi. Si de­cide poi a seguirla. Ma entra il fratello, Gianni, giovane sui ventanni, tutto luci­do. Indossa l'abito di cerimonia).

Gianni                   - Buon giorno. Bene alzata. Stai be­ne? Ho detto alla cameriera di portare in camera mia questa « sveglia », altrimenti se la prende Luisa.

Rosetta                  - Ma questa la porto via io.

Gianni                   - Non lasci proprio niente, eh?

Rosetta                  - È mia, perché dovrei lasciarla?

Gianni                   - E io il regalo non te l'ho fatto?

Rosetta                  - (scherzosa) Lo ha pagato papà!...

Gianni                   - Una sigaretta me la dai?

Rosetta                  - Perché?

Gianni                   - E che ci si ragiona?

Luisa                     - è come i cavalli « intavolati » - sai che cosa vuol dire « intavolato »? - che non si riesce a far voltare se non dalla parte che vo­gliono loro; e così girano solo intorno a se stessi.

Rosetta                  - Se tu fossi più affettuoso con lei...

Gianni                   - Ma io, poi, non ho mica tanto tempo...

Rosetta                  - Per quel che hai da fare...

Gianni                   - Certo! Anzi tu dovresti dire al tuo futuro sposo - lui che è in relazione col mondo giornalistico - se mi trova qual­che collaborazione, non so, corrispondente viaggiante...

Rosetta                  - Che te ne fai?

Gianni                   - Mi piace.

Rosetta                  - Per quel che pagano, io preferirei la Banca.

Gianni                   - La Banca è una cosa di papà. A me piace fare da me, non foss'altro per muovermi un pò, girare...

Rosetta                  - Se chiedi di farti fare un viaggio, papà te lo paga.

Gianni                   - È diverso. I soldi, si capisce, mi servono: non posso mica guadagnare - ma insomma vorrei essere più indipen­dente - andare dove mi pare, mangiare quando mi pare... Sono vent'anni che mangio alle sette e tre quarti...

Rosetta                  - Prendi moglie.

Gianni                   - No. No. Di affetti bisogna aver­ne il numero strettamente indispensabile...

Rosetta                  - (sempre ridendo) Io ci sono com­presa, per esempio?

Gianni                   - (scherzoso) Ti ci ho trovata... (Pau­sa) La mamma dov'è?

Rosetta                  - In camera sua, credo. In tutta la mattina l'ho appena vista.

Gianni                   - Perché? (Si avvia).

Rosetta                  - Vengo anch'io con te. (Chiama) Maria! (Attraverso l'uscio) È venuta la sarta?.. Come?... Appena viene, avver­timi.

Gianni                   - Quanto costa il tuo corredo?

Rosetta                  - Non lo so.

Gianni                   - Io so che avrei potuto andarci a sciare per un anno. (Escono).

SCENA III

(La Madre entra. Le mani in mano, pallida, stanca. Gira lentamente per la camera, non tocca nulla, non muove le mani, come se visitasse un'esposizione. Poi si pone su di una sedia appoggiata a una parete, senza spostarla, con un che di provvisorio. E aspetta. Entra la Cameriera in cerca della padrona, alla quale si rivolge).

Cameriera              - Il signore domanda se ha prov­veduto lei per i biglietti.

La Madre              - Quali biglietti?

Cameriera              - Per il viaggio.

La Madre              - Io? No. (Si alza e si dà da fare).

SCENA IV

(Entra il Marito, anch'egli vestito da cerimo­nia, indaffarato fino ai polsini. Anche Luisa rientra, sfaccendata. La Cameriera esce).

Il Padre                 - (alla Moglie) Hai mandato tu per i biglietti? No?... Allora... (mette mano al portafogli) Ma cos'hai ? Non ti senti bene ?

La Madre              - Un po' stanca. I preparativi...

Il Padre                 - Allora, ecco i denari. (Li tende al­la Moglie che non li prende) Li metto qui. Sono tremila. Vuol dire che il resto (alla Figlia) lo terrai tu. Va bene? Mi pare che abbiamo pensato a tutto. Adesso bisogna sbrigarsi. (Guarda l'ora) Mancano trenta­cinque minuti. Quando tutto sarà finito, che saranno partiti, meglio. (Alla Moglie, affettuosamente) Vero? Del resto tutto si mette bene. Sua Eccellenza ha fatto tele­grafare che verrà. (Alla Figlia) Vai a ve­stirti. (Poi guarda la Figlia, le fa una ca­rezza) E speriamo che presto venga il gior­no tuo, vero? (Luisa         - scrolla le spalle) Cos'è? Non ti va l'idea? Ne riparlaremo quando sarai innamorata. Sei ancora una bambina. Quel che importa è di sceglier bene, come ha fatto Rosetta. Non fumare a quest'ora. Voglio un gran matrimonio, ricordatelo, degno di me. Ma smetti di fumare!

Luisa                     - Papà, non te ne accorgi mai, adesso, in due minuti...

Il Padre                 - Alla tua età, tua madre non fu­mava.

Luisa                     - Non ha mai fumato.

Il Padre                 - Ragione di più. (Esce).

Luisa                     - Per papà tutta la vita è un appun­tamento. Lui fìssa appuntamento anche ai sentimenti. Quel che importa è la pun­tualità.

La Madre              - (la richiama con tono di rimpro­vero) Luisa!

Luisa                     - È così: lui ci giudica dal di fuori, dal vestito, dalle macchie, dalle convenien­ze. Bisogna rispettare i vecchi, amare le bestie, fare la carità... Ma che si possa ama­re - che so? - un quadro, o un pezzo di legno, come i bambini, questo papà non lo capirà mai.

La Madre              - Vai a cambiarti, ora.

Luisa                     - E tu, no?

La Madre              - Aiuto Rosetta, prima.

Luisa                     - Sei triste perché se ne va? Tu vor­resti tenerci tutti sotto l'ala. Si cresce, no?

La Madre              - (guardandola fissa) E tu?

Luisa                     - Io, niente.

La Madre              - Perché ti chiudi in te?

Luisa                     - Non ho niente da dire, nemmeno a me stessa.

La Madre              - Anche tu sei già fuori.

Luisa                     - Come fuori? (Scherzosa) Dall'ala?

La Madre              - (le si accosta) Sempre assorta in fantasticherie, che pensi?

Luisa                     - L'amore, probabilmente.

La Madre              - Con chi?

Luisa                     - (ridendo, elusiva) Nessuno, mammà.

La Madre              - Non sei contenta qui?

Luisa                     - Non è la stessa cosa. Qui che fac­cio? Giro per la casa, mi annoio...

La Madre              - Hai fretta d'andartene?

Luisa                     - (non risponde subito) Come se mo­rissimo, lasciando la casa. (Rientrano Gianni e Rosetta).

SCENA V

Gianni                   - Buon giorno, mammà. (Bacio).

Rosetta                  - Hanno portato un fascio di rose bianche senza un biglietto. Di chi sa­ranno?

La Madre              - Sono i fiori di Mario.

Rosetta                  - Chi Mario?

La Madre              - (con tono di richiamo) Rosetta!

Rosetta                  - Oh, scusa, mamma... non avevo capito... non pensavo...

 La Madre             - Ti voleva tanto bene... E proprio il giorno prima di partire disse che quan­do ti saresti sposata... (Si ferma per non commuoversi).

Rosetta                  - Mamma, manderemo tutti questi fiori al cimitero...

Gianni                   - (interrompendo) Erminia non è ve­nuta? (Luisa esce).

Rosetta                  - T'interessa, eh?

Gianni                   - No, mi piace.

La Madre              - Bada, Gianni, Erminia non è una ragazza con la quale tu possa scher­zare...

Gianni                   - Che cosa vuoi saperne tu, mamma, di queste cose? (E se ne va).

SCENA VI

Rosetta                  - Mamma, mia suocera non ha tro­vato il tappezziere. Te ne occupi anche tu, per favore? Ma senza che lei lo sappia. Sai com'è: sé si occupa lei di una cosa, lo fa per dimostrare che soltanto lei è compiacente.

La Madre              - È ingrato questo che tu dici.

Rosetta                  - Mi pare pratico. Deve fare la stan­za da letto tutta in celeste. Te ne occupi? (Pausa) Mamma...

La Madre              - Dimmi.

Rosetta                  - Sarò felice?

La Madre              - Oh, guai se tu non lo fossi I

Rosetta                  - Ma non ne sei sicura.

La Madre              - Devi esserlo tu. Eri così serena e fiduciosa che io non ho osato parlare...

Rosetta                  - È vero. Noi abbiamo considerato tutto, pensato a tutto - come dice Au­gusto - e andiamo incontro alla nostra vita matrimoniale consapevoli e prepara­ti... Ma è così impalpabile la felicità, che al momento di stringerla non sono più si­cura di averla tra le mani...

La Madre              - Mi spaventa questo che tu mi dici... Non hai mai voluto parlarne con me... ti schermivi... E adesso...

Rosetta                  - (si allontana d'un tratto. Chiama) -Maria! Maria! (Alla Madre) Si è dimenti­cata d'andare a prendere quella valigia, ci scommetto. Scusa, mammà. (L'abbrac­cia ed esce chiamando) Maria!...

La Madre              - (la segue fin sull'uscio, ove si fer­ma, pur restando nascosta alla vista di chi entri da altre porte).

SCENA VII

(Furtivamente rientra Luisa. Ha indossato un impermeabile. S'infila un cappello, en­trando. Va diretta verso il tavolo sul qua­le Il Padre ha posato il denaro che prende e mette nella sua borsetta. Si accosta al canterano e vuota, in una mano, il porta­gioielli che vi è posato. Si volta per fuggire, mentre la porta si riapre. Ritorna la Madre, la quale non fa caso, sulle prime, agli armeggìi della figlia, né al suo ve­stiario).

La Madre              - Che cerchi? Hai visto l'abito di Rosetta? C'è la sarta di là. Ma tu come ti sei vestita?

Luisa                     - Esco un momento.

La Madre              - Dove vai?

Luisa                     - In chiesa. (si avvia. La Madre la fer­ma, l'attira a sé, l'abbraccia).

La Madre              - Vedrai, Luisa, come staremo unite. Non avrò da occuparmi che di te... Ma ri sei cambiata anche l'abito? Che bi­sogno c'era?

Luisa                     - Per non aver freddo, mamma. (Ten­ta di fuggire).

La Madre              - Quest'abito era riposto nel bau­le. Per scendere un momento in chiesa, non mi pare che mettesse conto...

Luisa                     - Cos'è? Un interrogatorio? Intanto si fa tardi. Mi lasci andare?

La Madre              - Vai, cara. È uno degli abiti che ti sta meglio, questo. (E lasciandola an­dare, tuttavia la trattiene per un braccio, per una mano. Ad un gesto più deciso di Luisa            - per distaccarsi, stringe la presa) Che hai qui?

Luisa                     - (ridendo) Come sei sospettosa.

La Madre              - Fai vedere!

Luisa                     - Addio! (Ma La Madre non lascia la presa).

La Madre              - Mi dispiace la tua reticenza. Anche per le piccole cose. Prima non eri così.

Luisa                     - Mamma, se non mi lasci andare, non tornerò in tempo.

La Madre              - Non ti lascio andare.

Luisa                     - Perché?

La Madre              - Per i tuoi occhi.

Luisa                     - Che c'entra?

La Madre              - Che nascondi?

Luisa                     - Ma niente!

La Madre              - Non ti senti bene, forse? Hai un viso strano... Mi sembra che scotti. Fai sentire. (Le mette due dita nel collo).

Luisa                     - Sto benissimo, ti dico! Un momen­to solo. (Si stacca e fugge).

La Madre              - (con voce ferma) Luisa! (Luisa si ferma) Apri il pugno!

Luisa                     - (pronta) Ecco, guarda. (Apre il pu­gno. Un silenzio) Volevo fare uno scherzo a Rosetta.

La Madre              - È uno scherzo che non capisco. Potresti perderli. (Poi con altro tono) Che volevi farne?

Luisa                     - Te l'ho detto.

La Madre              - Alza gli occhi! (La riafferra per i polsi).

SCENA VIII

(Entra la Cameriera).

Cameriera              - Se vuole che vada, signora, ades­so potrei.

La Madre              - Lì sul comò, Maria, c'è il dena­ro e il foglio con le indicazioni.

Cameriera              - (dopo aver cercato) Qui c'è sol­tanto il foglio, signora.

La Madre              - (guarda la Figlia, che abbassa il capo. Alla Cameriera) Li avrò portati di là senza badarci. Ti richiamo io.

SCENA IX

(Uscita la Cameriera, La Madre lascia il polso della Figlia. Luisa getta la manciata di gioielli sul tavolo e appresso la borsetta. Si toglie l'impermeabile, il cappello e si butta su di una poltrona. Ha il volto chiu­so, indifferente. La Madre            - le si accosta, la guarda senza un gesto).

Luisa                     - Del resto, non potrebbero essere miei? Come li avete regalati a lei, pote­vate darli a me. (Silenzio) Non penserai che volessi rubare?

La Madre              - Che volevi farne?

Luisa                     - Te l'ho detto.

La Madre              - Anche col denaro?

Luisa                     - (sta per rispondere dì sì. Invece tace e si alza).

La Madre              - Anche col denaro?

Luisa                     - (si avvia per uscire, senza rispondere, come se la cosa non la riguardasse più).

La Madre              - (le corre appresso, la ferma) Lui­sa! Non ti capisco. Pare che la cosa non ti riguardi neppure.

Luisa                     - (scoppia a piangere. La Madre  - l'attira a sé. Luisa     - invece si allontana, si butta a singhiozzare sulla sdraia) Non m'impor­ta niente, è terribile, niente.

La Madre              - (chiude le porte, le ritorna vicino. È sconvolta) Parla!

Luisa                     - Non voglio commuovermi. Sono stupida. (Dura) Mi servivano, ecco. Ora lo sai.

La Madre              - (affannata, con la voce severa, ma tuttavia pronta a trovare spiegazioni) Una somma simile? Ti serviva? Che dici? Come ti serviva?

Luisa                     - È una cosa che riguarda me.

La Madre              - Da quando ci sono cose che riguardano soltanto te?

Luisa                     - Certo che ce ne sono.

La Madre              - A chi serviva questo denaro?

Luisa                     - A me.

La Madre              - Volevi comprarti degli abiti?... (Luisa non risponde) Per qualcuno?

Luisa                     - No.

La Madre              - Ma allora? Luisa, parla! Tua sorella se ne va. Viene gente. Mi vuoi la­sciare nel cuore questa angoscia? Qualun­que cosa, ma dilla. Te lo ordino.

Luisa                     - (si alza, l'affronta) Vuoi saper tutto? Vuoi che ti dica che scappo di casa?

La Madre              - Luisa!

Luisa                     - Posso dirtelo. Tanto, non potrai im­pedirmelo. Me ne vado, oggi o domani. Perché la mia vita, ormai, è fuori di qui.

La Madre              - Luisa!

Luisa                     - E Rosetta? Non è un modo anche quello di andarsene di casa, e le date pure la dote, i gioielli e l'accompagnate alla stazione?

La Madre              - Luisa!

SCENA X

(Subito e di corsa rientra Rosetta . È an­cora in vestaglia, ma ha sul braccio l'ac­conciatura nuziale. È eccitata, rumorosa. La segue il Padre).

Rosetta                  - Mamma, hai visto che bello? Oh, Luisa, vieni di là a vedere e ad aiu­tarmi.

Il Padre                 - Sì, fate presto. È già tardi, ca­pito?

Rosetta                  - Che gioia! È proprio vero che questo è il più bel giorno della vita!

Il Padre                 - Ma anche il più solenne. E vo­glio ricordarti... (si fa solenne, si prende la figlia tra le mani) voglio ricordarti nella gioia di oggi che, se entri a far parte di un'altra famiglia, continui tut­tavia ad appartenere alla nostra. Anche quando sarai lo Contessa d'Ostena, re­sterai sempre la figlia di Aster, il finan­ziere. La tua ricchezza costituisce la tua nobiltà. I tuoi figli saranno i nipoti di Aster. Tuo marito entra sotto la nostra protezione. Ricordatelo, perché non am­metto defezioni.

Rosetta                  - Puoi star tranquillo, papà. (Lo abbraccia). Non ci sarebbe scopo.

SCENA XI

(Anche Gianni intanto è rientrato).

Gianni                   - Si vede dalla finestra la fila di automobili. Ci sarà un pubblico enorme. Perche lui, bisogna dirlo, tutte relazioni di classe. Io sono contento di questo matrimonio. Rosetta ha agito con molto criterio.

Rosetta                  - Vero? (e ridendo se ne uà). Vie­ni, Luisa, (Ma Luisa è trattenuta dallo sguardo della madre).

Il Padre                 - Hai ragione.

Gianni                   - Purché lui non si lasci prendere da manie di grandezze con i soldi di Rosetta.

Luisa                     - Se lo stimi così poco, perché sei contento?

Gianni                   - (piccato) Io non ho detto di non stimarlo. Ma so come sono questi nobi­li decaduti. E dico che tu, papà, non de­vi lesinare, ma seguirli e consigliarli nel­le spese.

Il Padre                 - Rosetta conosce il valore del denaro.

Luisa                     - (mentre si incipria) È uno dei po­chi valori che conosce.

Gianni                   - (irritato) E tu quale? Quello di incipriarti?

Il Padre                 - (non visto da Luisa fa cenno di non rilevare, e di capire se quella ragaz­za oggi è un po' nervosa) Andiamo. Vieni di là. Lasciamole vestire. (Via di­scorrendo).

SCENA XII

La Madre              - (imperiosa a Luisa) Vieni qui! Tu credi di poterlo fare? La casa, noi, non ti serviamo più e te ne vai. Fuori tua sorella e fuori tu. Chi resta qui e come resta, non importa. Basterebbe che lo dicessi a tuo padre, lo capisci?

Luisa                     - E che cosa otterresti? Tenermi at­taccata alla gonna, sorvegliando ogni mio passo?

La Madre              - Sicuro.

Luisa                     - Non potrebbe durare a lungo. Tro­verei mille occasioni per fuggire. Chiu­dermi in collegio? Alla mia età? Proi­birmi d'essere innamorata? Che cosa?

La Madre              - Sei innamorata, allora. E di chi? Perché nasconderlo?

Luisa                     - È inutile, mamma.

La Madre              - Non devi essere molto fiera della tua scelta se non osi rivelare il no­me e pensi di fuggire di casa. E come mai quest'uomo ha bisogno di denaro, e lo chiede a te?

Luisa                     - Sono io che non voglio pesargli.

La Madre              - Che vuoi dire?

Luisa                     - Che voglio, farmi la mia vita così.

La Madre              - Come così? Come così? Si trat­ta allora di un matrimonio che noi non potremmo approvare. E perché? (Luisa non risponde) Rispondi!

Luisa                     - Non si tratta... di matrimonio.

La Madre              - (violenta, accorata) Ma che dici? Ma ti rendi conto che tu parli di lasciar la casa? Approfitti del giorno in cui tua so­rella si sposa, senza neppur pensare alla tragedia che avresti provocata. No. No. È impossibile. Non è vero, non può esser vera tutta questa storia. Uno scatto di paz­zia, un perfido dispetto, ecco, arrivo a pen­sar questo. E perché? Che t'è successo?

Luisa                     - (sempre rattenuta) Niente, te l'ho detto. Voglio che il mio amore sia libero come è nato, per poterlo sempre giudicare. Voglio farmi la mia vita così.

La Madre              - E credi che io possa tollerarlo?

Luisa                     - Non puoi impedirlo. Puoi soltanto scegliere se scacciarmi o lasciarmi andare.

La Madre              - Eh, no! dovrei credere che sei tu a parlare così, e non è vero, tu sei un'altra. Io conosco i tuoi pensieri, i tuoi desideri.

Luisa                     - Tu credi di conoscerli perché mi at­tribuisci i tuoi.

 La Madre             - Allora tu hai sempre mentito con me?

Luisa                     - No. Li ho mutati. Si cresce. È que­sto che tu devi comprendere. Ci si forma una vita propria. Pensieri, desideri, ci pen­sa la vita a mutarceli. O l'amore, quando viene.

La Madre              - No. No. Non c'è pensiero tuo che io non abbia conosciuto fino a ieri, fino a un'ora fa. Ancora l'altro giorno che eri triste, irrequieta, t'ho fatto parlare; ti sei confidata semplicemente. È bastata una parola, un regalo per rasserenarti.

Luisa                     - (gelida) Non sempre si desidera un abito.

La Madre              - (piano, quasi balbettando) Io mi smarrisco... Mi stai dinanzi all'im­provviso come un'estranea...

Luisa                     - Rosetta   - sembra più buona di me sol­tanto perché è cinica e non reagisce che ragionando.

La Madre              - (quasi le salta addosso. L'afferra per le spalle, la scuote. Con ira e terrorizzata) Stai zitta! Stai zitta! Non posso sentire questa voce che non è tua. (Impe­riosa) Chi è quest'uomo? Devi dirlo! De­vi dirlo!

Luisa                     - (dopo un'ultima esitazione) Paolo Datri.

La Madre              - L'attore?

Luisa                     - Sì.

La Madre              - Ma... ma non è sposato?...

Luisa                     - Sì.

La Madre              - Ma... allora?... Luisa! Tu capisci che cosa vorrei domandarti e non oso. Che ti è accaduto?

Luisa                     - Mamma, è assurdo, ma non cercare di togliermi il mio amore.

La Madre              - (violenta) Mai, hai capito? Fin­ché io sarò viva, nella tua vita voglio en­trarci anch'io.

Luisa                     - Cerca di capirmi. Io sapevo quello che facevo. Ho ceduto a me stessa. (Ha un moto d'abbandono e si rifugia piangendo nelle braccia della madre) Oh, mamma, aiutami tu!

La Madre              - (sgomenta, l'accoglie, si siede, se la tira sulle ginocchia, ragazzona com'è, l'accarezza) Oh... Oh... povera figlia mia, e perché tacere? Alla mamma? E da chi volevi andare se non da me? (Poi ripete come per darsi presente) Da me. (E ancora una volta, ma ergendo il capo e con la voce già tremante della segreta e assur­da felicità di averla ritrovata) Da me? (Breve pausa) Com'è possibile? A chi par­lavo io? Tutta una tua vita nascosta. Bi­sogna che tu abbia mentito ora per ora, e io, cieca, a non capire... Ma quando hai cominciato a mutare così? (Si accorge, do­po averle pronunciate, del vero significato delle sue parole, e le ripete a se stessa, lentamente) Quando hai cominciato a mu­tare così?

SCENA XIII

(Buio in scena).

(Torniamo indietro di sei anni, quando i tre figli erano in casa e dormivano in due grandi stanze chiare, all'altro capo della casa. Gianni, Rosetta e Luisa, di sedici, di diciotto e di dodici anni, andavano tut­tavia a scuola).

(La luce si riaccende, ma per illuminare soltanto - chiusa in un cerchio - la par­te centrale della ribalta e, in fondo, una porta bianca. Tutto intorno buio pieno. È mattino: suonano le ore: sette rintocchi. Una figura bianca, la madre, è nel cerchio luminoso: s'infila una vestaglia; si siede per calzar le scarpe, si ravvia i capelli. Qualcuno arriva di corsa all'uscio, che ur­ta, scuote e spalanca: una ragazzetto in ca­micia da notte, a piedi nudi: Luisa).

La Madre        - Luisa? Che c'è? (La bambina riaccosta l'uscio, tentata di fuggire) Luisa! (Va verso di lei chiamandola e ritorna te­nendo per mano la figlia, la trae vicino alla poltrona e la tiene davanti ai ginocchi) Che c’è, figlia mia? (La figlia piange in­tanto in piedi, col viso contro il braccio. AlLa Madre che vuol prenderla sulle gi­nocchia, fa resistenza) Sveglia, così presto, perché? Hai bisticciato con Rosetta? Non ti senti bene? (Le mette una mano nel collo, sulla fronte).

Luisa               - (nega col capo).

La Madre        - Non hai fatto i compiti? È questo?

Luisa               - (piange pia forte).

La Madre        - (sicura) No, non è questo. Dillo a me, Luisa. Dillo. (Cercando) Ieri non hai voluto uscire, sei rimasta quasi tre ore in camera tua, sola, non hai chiesto di me. Mi hai detto che eri triste, perché?

Luisa               - Non lo so.

La Madre        - Ti sei sentita poco bene?

Luisa                     - Sì.

La Madre              - È per questo che piangi?

Luisa                     - No.

La Madre              - Ma allora? Alza gli occhi...

Luisa                     - (si stringe alla Madre, piangendo, ver­gognosa) Oh, mamma!

La Madre              - (con grande naturalezza e tene­rezza) Sai bene che cos'è, figlia mia. Perché ti spaventi? Diventi grande, di­venti una signorina anche tu, come Rosetta   - , come le sue amiche. Non sei con­tenta di diventare una signorina? Co­mincia una nuova vita. (Per farla sorri­dere: come un gioco) Ti porterò... Ti por­terò dal parrucchiere. Quanto ho deside­rato io, alla tua età, di andare dal par­rucchiere, quella bella vetrina lucida, tut­te quelle boccette, ci passavo davanti per andare a scuola, avevo la tua età. E la prima volta che mi son messa la cipria, che ridere! E di nascosto, perché allora le ragazze, mica come ora, chiuse in casa fino ai ventanni. Si portavano certi abiti lun­ghi, col collo, così. Ridi, eh? Per te tutto è più bello, più lieto, vedrai. Voglio che tu sia sempre contenta, e bella, e elegante... Mi sarebbe tanto piaciuto! Lo sarai tu! (Se la prende tra le mani, ha mutato tono) Per­ché - capisci - io so quel che può farti contenta, o che può addolorarti, e biso­gnerebbe che ci fossi sempre io a gui­darti, a proteggerti, a scegliere un vestito, un passatempo, un'amicizia... Capisci? Che guardi?

Luisa                     - Niente.

La Madre              - Che pensi, allora?

Luisa                     - Tante cose.

La Madre              - Che cose? Dille.

Luisa                     - Per esempio, che se tu scegliessi sempre per me, in tutto, tu hai dei gusti diversi dai miei.

La Madre              - Che ne sai tu?

Luisa                     - Ci ho pensato.

La Madre              - Quando?

Luisa                     - Proprio ieri, e anche adesso.

La Madre              - Non ti piacciono tutte queste cose che ti ho promesse?

Luisa                     - Mi piacerebbe di più scoprirle da me, mi pare. Vedi, mammina, l'altro gior­no con Elena, tornando da scuola, passava un autobus, ma uno qualunque, non quel­lo nostro, e Elcna ha detto: montiamo su. Siamo montate. Tutte strade nuove, non sapevamo dove andavamo, che ridere! E ci siamo tanto divertite. Mammina, sei arrabbiata? Ho fatto male?

La Madre              - Vai a vestirti, cara.

(La bambina si avvia, un poco mortificata. Qualcuno batte le nocche all'uscio e dal­l'esterno, allontanandosi, grida):

Voce d’uomo        - Addio, mammà!

(Subito dopo, la porta si apre e una ra­gazza, Rosetta, mette dentro il capo)

Rosetta                  - Addio, mammà. (E via di corsa). (Ora esce Luisa che, prima di varcare la soglia, si rivolta a salutarla)

Luisa                     - Addio, mammina. Io vado. (Via).

SIPARIO

 

ATTO SECONDO

SCENA I

La stanza di soggiorno di una vecchia casa di campagna. Ambiente signorile. Camino acceso. In fondo alla stanza una scala di le­gno, tutta visibile, conduce alle camere da letto. Sono in scena, La Madre, seduta allo scrittoio, e Luisa, che il pubblico, però, non può vedere perché nascosta in una poltrona volta con l'alto schienale verso la ribalta. A una parete un grande specchio inclinato.

(Entra la Cameriera Assunta, la quale con­segna alla Madre un telegramma. Questa Cameriera è una vecchia donna di casa: un tempo ha fatto da balia ai bambini. Ora tiene in custodia la villa).

La Madre              - (dopo aver letto, parlando sotto­voce) Allora arriva oggi, tra qualche ora.

Assunta                 - Devo preparare la camera?

La Madre              - Non credo che si fermerà. Ri­cordati poi di dire al dottore che passi di qui prima di sera.

Assunta                 - Non sta bene?

La Madre              - Sì, sta bene, ma desidero che la riveda. C'è un'umidità, d'inverno, in questa casa...

Assunta                 - Se la signora avesse pensato a por­tar via la stufa elettrica... Si ricorda che quando si veniva qui, già da allora il camino funzionava male?

La Madre              - Porta una coperta, Assunta.

Assunta                 - Sì, signora. E per lei?

La Madre              - Non ho freddo. Preferisco il ca­mino. Di' a Teresa di portare altra legna.

Assunta                 - Teresa è uscita, signora.

La Madre              - Dove è andata?

Assunta                 - Non so. Per incarico della signo­rina.

La Madre              - Che incarico? Non sai? Alla posta?

Assunta                 - Non so.

La Madre              - Ti ho detto che desidero sem­pre sapere.

Assunta                 - Sì, signora. Ma è uscita senza che io la vedessi. Mi ha detto il giardiniere che è uscita.

La Madre              - Da molto tempo?

Assunta                 - Sarà quasi un'ora.

La Madre              - Allora è andata in paese.

Assunta                 - È certo: si è cambiata le scarpe.

La Madre              - (è contrariata) Vai pure, Assunta          .

Assunta                 - Signora, se permette... Il signor Commendatore, se viene oggi, dico...

La Madre              - Ebbene?

Assunta                 - Dico... sa, naturalmente?

 La Madre             - Naturalmente. (Pausa) Ma non tutto.

Assunta                 - Ho capito (via).

SCENA II

(La Madre dopo qualche secondo si alza e si accosta alla poltrona dove Luisa riposa).

La Madre              - (alla figlia) Non dormi? C'è un telegramma. (Glielo passa) Ora possiamo fare come tu vuoi. Anch'io avrei preferito che non fosse venuto. Non per lui, po­vero vecchio, ma per te e per me. Ma na­turalmente non sarà necessario dirgli come stanno tutte le cose.

Luisa                     - Perché tacere?

La Madre              - Hai detto?

Luisa                     - Perché tacere? Perché nascondere?

La Madre              - Tuo padre, se sapesse tutto, non sopporterebbe di metter piede nella casa.

Luisa                     - E tu, allora?

La Madre              - Parlavamo di tuo padre, non di me.

Luisa                     - Ma io ti dico che se tu hai accettato questa situazione...

La Madre              - Perché fai questi discorsi?

Luisa                     - Perché dobbiamo farli, mamma.

La Madre              - Non ne vedo la ragione, né l'u­tilità.

Luisa                     - Io sì. E se papà verrà, gli dirò come stanno tutte le cose.

La Madre              - Che speri di ottenere? Il suo consenso?

Luisa                     - Io non ho niente da nascondere. Ac­cetto la responsabilità della mia vita. Non sento di dover vergognarmi. Ma se na­scondo la verità, se mentisco, allora sì, am­metto che la mia condotta è vergognosa. (Pausa) E tu stessa, se tu non avessi com­preso e non comprendessi questo sentimen­to, come potresti essere qui?

La Madre              - Io sono qui per assisterti.

Luisa                     - Ma tu, che vedi, mi comprendi?

La Madre              - Senti il bisogno di saperlo?

Luisa                     - No. (Lentamente) Voglio capirti.

La Madre              - Non dipende da me, ma da te.

Luisa                     - Così non rispondi. Non ti domando quel che penso io, ma quel che pensi tu.

SCENA III

(Entra Assunta e porta la coperta, che La Madre adagia sulle ginocchia della figlia. La Cameriera esce).

La Madre              - (le si siede vicina, come due ami­che che chiacchierano. Le fa una carezza. Con semplicità) Io non penso a me. Faccio parte della tua vita. Cerco di avvici­narmi a te come posso. (Pausa) Guarda: in questo specchio io mi guardavo quan­do ero ragazza. Il babbo comprò questa casa che io avevo sedici anni. Fu la pri­ma cosa che vidi, entrando, questo grande specchio inclinato. Ebbene, anche questa volta, quando sono arrivata con te, ritor­nando dopo tanti anni, e in questi mesi, ogni volta che metto piede nella stanza, da quello specchio mi vengo incontro con la mia figura di allora. Non è una fantasia. È vero. Sono ancora lì. Come in ut? qua­dro. (Rivolta verso lo specchio). La rive­do venirmi incontro, come se entrasse in una sala da ballo, in dolce attesa. Ragaz­za un po' anemica, molto sentimentale, taciturna. (Concludendo, improvvisa) Po­tresti esser tu.

Luisa                     - Io non sono sentimentale. (Non le preme tanto di stabilire una differenza, quanto un distacco).

La Madre              - Nessuno pensa di esserlo da giovane. Ci si crede più forti dei propri sentimenti.

(Quella donna incanutita, curva sul suo passsato, la muove a pietà).

Luisa                     - Mamma, ma tu sei stata felice, nella tua vita?

La Madre              - (sviando) Quando io siete sta­ti voi.

Luisa                     - Ma tu, la tua vita, senza di noi, come è stata?

La Madre              - In « dolce attesa ».

Luisa                     - Di che?

La Madre              - Della vostra felicità. (Pausa) Qui mettemmo il ritratto della mamma - questo - che era già morta, giovane, gio­vane. Non ho che questa sua immagine, io. Sembra una ragazza, vero? Come se avesse dovuto non invecchiare mai e di­ventare, col tempo, una sorella che abita lontano. Alle mamme è -possibile que­sto, anche coi capelli bianchi. (Si guar­da nello specchio. Poi indicando lo scrit­toio) Qui stava sempre il mio povero bab­bo. I miei fratelli erano via agli studi. Venivano di tanto in tanto: esseri di un altro mondo, che passavano facendo una carezza. Mia sorella era già fidanzata. La sera si faceva bella per ricevere l'in­namorato. La casa era troppo grande per la mia solitudine. Io mi tenevo compagnia allo specchio. (Si fa più vicina, confiden­ziale) Anch'io mi abbigliavo come meglio sapevo. Veniva per casa un giovane, che mi piaceva tanto. (Allo specchio) Quanti sogni! Quanti progetti! Quanti giura­menti !

Luisa                     - Papà?

La Madre              - (non risponde subito) Sogni di sedici anni. Poi la vita è diversa.

Luisa                     - Più triste?

La Madre              - Diversa.

Luisa                     - (nel raffronto la vita altrui è già di­menticata: c'è la propria) Io voglio esser felice. E restar fedele alla felicita.

La Madre              - Sì, crederci. Hai ragione. Lo dicevo anch'io di voler essere fedele a me stessa. (Al ritratto della mamma) E anche a lei di starmi vicina, di aiutarmi! Se ci fosse stata la mamma, sarebbe stato tut­to diverso. (Alla Figlia, senza guardarla) La lettera che mi hai fatto leggere ieri... (pausa) ....pareva una delle sue...

Luisa                     - (in imbarazzo, quasi chiedesse scusa di trovarsi lì) Mamma...

La Madre              - (volgendosi) Sì. Tu ami? (In­dica se stessa allo specchio) Anche lei. Tu soffri per amore, per gelosia? (e. s.) Anche lei. I figli non lo pensano mai... Ma tutti i tuoi sentimenti, i tuoi desideri sono stati anche suoi. Ed io li ho vissuti. Sai come? Con voi. Ho pianto su di una vostra lettera; felice per una parola te­nera... gelosa di una vostra compagna... Ecco. Per questo diro che la vita è diver­sa. (Indica lo specchio) Adesso, se guar­do, vedo te, e mi pare che all'improvviso la vita mi abbia dato il modo di ricomin­ciare.

Luisa                     - (lentamente e con celata ostilità) -Non ti ho mai visto così giovane e non ti ho mai sentita tanto amica come in questi mesi con me.

La Madre              - (come chi riprenda un posto, ri­stabilisca un equilibrio) Perché mi vuoi più bene.

Luisa                     - Non e questo. (Indagando) Tu, per­ché mi hai aiutata?

La Madre              - Perché soffrivi.

Luisa                     - E poi?

La Madre              - E poi, basta. Cosa discuti? Mi interroghi come se io fossi una bambina scoperta a frugare nel cassetto delia sorel­la maggiore. E ridicolo. T'ho vista sper­duta. Avevi bisogno di aiuto. C'erano, ci sono continuamente delle decisioni da prendere, io sono qui, al tuo hanco, per guidarti, come ho sempre fatto, come de­vo tare...

Luisa                     - Chi ti dice che io desideri di essere sempre guidata?

La Madre              - Troverai nella vita altri che ti scoloreranno vicini, ma per le cose co­muni, e che riguardino anche loro. Per le cose minime e per quelle grandissime, che siano soltanto tue, non ci sono che io. Ricordatelo. (Pausa. Luisa si alza lentamente).

Luisa                     - Io vado di sopra. (Si avvia).

La Madre              - (un poco impacciata) Bisogne­rà - dico - che tu pensi ad avvertire... che oggi...

Luisa                     - (senza voltarsi) No, mamma, non l'avvertirò.

 La Madre             - Come si fa, se poi oggi...? Hai inteso che arriva tuo padre?

Luisa                     - (si ferma. Si volta. Decisa) Non si fa niente. Te l'ho detto: io non voglio nascondermi. Questa è la mia vita. Se gli altri vogliono accostarsi, devono accettar­la com'è. Tutti.

La Madre              - Non comprendi quale situazio­ne verresti a creare?... È assurdo.

Luisa                     - (in uno scatto) Ma insomma, mam­ma! (Quasi si metterebbe a piangere. Si volta bruscamente, si avvia su per le scale).

La Madre              - (scrolla il capo: non è d'accordo. Lascia uscire la figlia. Chiama Assunta).

SCENA IV

 (Entra Assunta).

La Madre              - È arrivata la posta?

Assunta                 - È di là adesso la Gina. Dice che non c'è’ niente.

La Madre              - Niente? Chiamala un po'! (Assunta esce. La Madre va allo scrittoio, scrive).

SCENA V

(Entra Gina, ragazzetta di paese).

La Madre              - C'è un telegramma da portare. Vuoi portarlo tu?

Gina                      - Sissignora.

La Madre              - L'ultimo che avete trasmesso è giunto che non si capiva nulla. Sei tu che li trasmetti?

Gina                      - Siamo in due.

La Madre              - Allora leggi. (Le dà il foglio) L'indirizzo, quello lo sai. Leggi appresso... (Alle sue spalle, legge con lei) « forse » con l'esse. « Forse domani ». Chiaro? Eccoti i soldi. Arrivederci. (Via Gina).

SCENA VI

La Madre              - (ad Assunta, cercando di ricorda­re) Dovevo fare un'altra cosa... Ah, ec­co! Dobbiamo vedere quella biancheria. Vieni con me.

Assunta                 - La signora non è mai stanca.

La Madre              - È vero, Assunta . Perché sono contenta.

(Si avviano su per le scale. Un rumore di automobile le mette in ascolto. Suono di campanello. Ad Assunta).

La Madre              - Vai a vedere chi è. (Esce. Assunta discende le scale ed esce per la co­mune).

SCENA VII

(Rientra Assunta; che subito si chiude la porta alle spalle. È un po' in orgasmo, in­certa sul da fare. Si decide alfine a salire, quando l'uscio si apre ed entrano Rosetta e Gianni).

 Rosetta                 - Allora? Che cosa sono tutti questi misteri, Assunta     ? Dov'è la signora?

Assunta                 - Vado a chiamarla, signorina.

Gianni                   - (la ferma, la fa accostare. Parla sot­tovoce) Di' un po'. Viene nessuno qui?

Assunta                 - E chi dovrebbe venire, signorino?

Gianni                   - Dico: visite?... (marcando) Amici?

Assunta                 (sempre pia impacciata) Io non ve­do mai nessuno...

Gianni                   - Ne sei sicura?

Assunta                 - Sì, signorino... Le chiamo la signo­ra... (via).

Gianni                   - (annusando in giro) Non mi piace questo affare.

Rosetta                  - A me sembra inverosimile che mammà permetta...

Gianni                   - Anche a me. Tuttavia, c'è qual­cosa nell'insieme.

Rosetta                  - Ragione di più per essere deci­si. Non fare come in tutte le cose tue, che dopo dieci minuti sci stufo. Tu rap­presenti papà. Noi rappresentiamo la famiglia e...

SCENA VIII

La Madre              - (scendendo le scale) Buon gior­no, figli miei. Come sono contenta di vedervi. (Li abbraccia affettuosamente) Oh, quanto tempo è passato! Venite qui. Questo mio ragazzone... (A Rosetta) E tu? La casa a che punto è? Le lettere dicono così poco...

Rosetta                  - Mamma... (non s'aspettavano quell'accoglienza festosa. S'erano prepa­rati, anzi, un viso severo di circostanza, ed ora si sentono imbarazzati).

La Madre              - Avrete preso freddo con que­sto tempo. Volete un tè caldo?

Rosetta                  - Mamma, non è il caso. Siamo qui per parlare...

La Madre              - Come mai siete venuti voi? E papà?

Rosetta                  - Gli è mancato l'animo di venir qui. Ha mandato noi.

La Madre              - (scuote il capo. A Gianni) Ma' gari tu sei uscito poco coperto. Venite qui, vicino al camino.

Rosetta                  - Dicevo...

La Madre              - (se li guarda) Voi mi riportate dinanzi all'improvviso, la nostra casa di prima, che ora è deserta. Papà avrebbe potuto capirmi. Voi no.

Rosetta                  - Papà ti aspetta. Sai quanto ti ha pregata. Ogni giorno si riprometteva di venire a portarti via, e non è mai riusci­to a vincersi. È stato un colpo tremen' do per lui. Quella sera che è tornato a a casa, e non vi ha più trovate, fuggita anche tu, senza lasciar detto dove - pen­sa, mamma!... È corso da noi, poveruo­mo, tremava tutto, lui, severo com'è. Di­ceva che l'avevate tradito in due...

 La Madre             - Lui non può sapere. Non c'era altro da fare.

Rosetta                  - Io mi astengo dal giudicare, ma papà si domanda perche tacere con lui e impedirgli così di intervenire, lui con la sua autorità, a sistemare le cose (mar­cando) con minor scandalo.

La Madre              - (la guarda) Papà ragiona da uomo: guarda i fatti. E i fatto contano meno.

Gianni                   - Be'! Costituiscono tuttavia l'in­tralcio maggiore e bisogna saper supe­rarli.

La Madre              - Si, figlio mio, anche i fossi, in campagna, a gettar per traverso una tavola, si coprono e SÌ scavalcano. Ma il solco resta: la vita resta, e deve pur continuare.

Gianni                   - Allora ti dirò: ciascuna la sua, senza turbare quella degli altri.

Rosetta                  - La nostra vita non può avere più nulla di comune con quella di Luisa.

La Madre              - Capisco.

Rosetta                  - Ma nemmeno tu.

La Madre              - Per me è diverso. Io non ho una vita mia da proteggere, come voi avete la vostra.

Gianni                   - Non puoi neppure considerare la cosa come un fatto tuo personale, che non riguardi - come invece riguarda - l'intera famiglia.

Rosetta                  - Tu devi tornare a casa con noi.

La Madre              - (scrolla il capo) Non posso. Io qui sono necessaria, mi occupo io di tut­to, della casa, di lei...

Rosetta                  - Ma ragiona, mamma! Lo scan­dalo si riverbera su tutti. Ne parlano apertamente. Come giustificare la tua connivenza ad una situazione simile?

La Madre              - È naturale che una madre cer­chi di salvare una figlia in una situazio­ne simile.

Rosetta                  - Ma non che lasci la casa, e di nascosto!

La Madre              - (improvvisando) Perché te­mevo una pazzia, che si mettesse nelle mani di una di queste donne...

Rosetta                  - E perché non le hai impedito di fuggire?

La Madre              - Che potevo fare? Chiuderla in casa? Legarla alla mia sottana mentre le persone di servizio, che vedevano, a-vrebbero parlato e sparlato? Non era peggio? L'avrebbe esasperata, con dan­no suo e di tutti. Qui almeno siamo iso­late, tra persone sicure. Solo balia e il marito...

Gianni                   - Sei più tranquilla?

La Madre              - Certo.

Gianni                   - E allora perché non torni a casa?

La Madre              - Perché no... Non sono tranquil­la... in senso assoluto. Luisa è malata.

 Rosetta                 - Macché malata.

La Madre              - È come se fosse malata. Ha biso­gno di assistenza, di me, continuamente, per le cure che deve aversi, per il vitto... Ho dovuto ordinare io la biancheria, per dire...

Gianni                   - Mamma, concludiamo...

La Madre              - Non c'è nulla da concludere...

Gianni                   - Noi siamo qui per sistemare... Pa­pà è disposto, non a perdonare Luisa          - - si capisce - ma anche ad aiutarla, indi­rettamente, pur di rimediare, a condizio­ne che tu torni a casa.

La Madre              - Non si rimedia la vita di un fi­glio, quando si può salvarla. Di questo a papà.

Rosetta                  - E a mio marito che dico?

La Madre              - Non mi sembra che lo riguardi.

Rosetta                  - Lo riguarda, perché ci sono an­ch'io, e lui può domandarsi da che fa­miglia esce sua moglie.

Gianni                   - (alla Madre) In che cosa migliora la situazione la tua presenza qui?

Rosetta                  - Non fa che aggravarla, a danno di tutti.

La Madre              - (fermandoli) Ma vedete, figli miei, vi ho detto che qui sono necessaria - e non soltanto per il suo stato, ma questo suo amore - (a voce pia bassa) - lui è... uno qualunque, lo sapete: non ha altra - come dire?... - non ha altra ragione d'essere, non ha altra consi­stenza che nel fatto di averla innamorata. (Al figlio). E questo suo amore, dunque, è come una malattia, una disgrazia. Io sono qui per curarla, per farla guarire.

Gianni                   - (gesto di vivace protesta).

La Madre              - Ma si, perché Luisa, già per il suo carattere estroso, e poi per la vio­lenza del sentimento e della situazione in cui, all'improvviso, si e trovata, la vi­ta esterna, la vita con gli altri è entrata in lei come una pazzia e l'ha stravolta. Era capace di qualunque gesto. (Se li ti­ra più vicini). Se non fosse rimasta... co­sì, dico, al primo urto del suo mondo immaGina    rio con la realtà, poteva anche uccidersi, hai capito?

Gianni                   - Ma anche questo è un timore su­perato.

La Madre              - Ma ora io aspetto, devo aspet­tare che questa creatura sia nata, perché, io dico, quando la sentirà vicina alle sue mani, alla sua carne (felice) - oh, lì siamo tutte eguali - la ritrovo! (Guarda i figli con l'ansia di chi abbia detto l'ar­gomento supremo. I figli si scambiano u-na occhiata, niente più che un'occhiata, ma basta il fatto d'essersi cercati con lo sguardo a dire che le parole accorate del­La Madre       - non sono giunte al loro cuore). (Intanto, alle loro spalle, la porta d'in­gresso viene aperta, non si vede da chi. Quando i tre si voltano di scatto, vedono che l'uscio è lentamente riaccostato).

 Gianni                  - (forte) Chi è? (Nessuna risposta. Pausa. Gianni va sino all'uscio che spa­lanca di colpo. Nessuno. Torna presso la Madre). Tutto questo che dici andrebbe benissimo, se non fosse tutto sbagliato.

La Madre              - Che vuoi dire?

Gianni                   - A voler essere troppo comprensivi, si diventa complici.

La Madre              - (severa) Gianni!

Gianni                   - (intanto si è accostato allo scrittoio. Con la punta delle dita spinge avanti un portacenere).- Chi è che fuma qua den­tro?

La Madre              - (imbarazzata) Ma... Luisa...

Gianni                   - Nel suo stato, fuma? Vi sarebbe in ogni caso il segno rosso...

La Madre              - Sarà il dottore, che è venuto...

Gianni                   - (con un altro gesto noncurante scom­pone un pacco di carte, solleva con due di­ta un telegramma, che ha frettolosamen­te sbirciato) E questo che cos'è?

La Madre              - (Gli strappa il foglio di mano) Come ti permetti di frugare?

Gianni                   - Io ti domando se Luisa è qui per nascondere il suo stato o per...

La Madre              - Ti proibisco!...

Rosetta                  - Chi è entrato prima e si è na­scosto?

La Madre              - Insomma, che volete da me? Come osate giudicarmi? Ho torto io a darvi tante spiegazioni. Vi ho detto che tornerò e basta. Tornerò, ma con lei.

Gianni                   - E credi che la famiglia potrà riac­coglierla?

La Madre              - La famiglia sono io, che discor­so è questo?

Rosetta                  - La famiglia siamo noi, che non ce ne siamo allontanati.

La Madre              - E quando tu dici « la mia fami­glia », a chi pensi? Tu hai la tua, che è già un'altra, come lui ha la sua vita, che è un'altra, a parte: il suo lavoro, i suoi desideri, i suoi svaghi...

Gianni                   - Per tutti gli uomini è così. E poi non è neppur vero: la mia vita si svol­ge davanti ai tuoi occhi.

La Madre              - E io che ne so? Quando me ne dici qualche cosa?

Gianni                   - Quale interesse potrebbe avere per te sapere se io vado al circolo, se ho una avventura, e come va un affare?...

La Madre              - Non si tratta dell'interesse che posso avervi io. Sei tu che non hai più interesse a confidarmelo. Vuol dire che non ti attendi più nulla da me, neppure una parola di conforto e di incitamento. In conclusione, io sono per voi un affet­to che si porta appresso. Ma per vivere, avete gli altri.

Gianni                   - Ebbene, ti dirò che tutto questo del resto, è umano.

 La Madre             - (di scatto) Non è umano, an­che se e inevitabile! (Dopo una pausa, senza violenza, senza tono, cercando di capire) È umano che io me li tenga, i figli. E invece, prima Mario: partito. Io sto qui ad aspettarlo, a scrivergli e lui muore. Perche è morto? Perché me lo hanno ucciso? Poi voi. Oh! non esa­gero! Un bacio quando uscite e la buo­na notte quando rientrate. E adesso que­sta. E questa io non lo sapevo, cre­devo d'averla ancora tra le mani, e in­vece tra lei e me s’era messo un estra­neo, un male - la vita, va bene, la vi­ta! - ma insomma, se ne andava anche lei, era perduta, da dire: ma è mia fi­glia, questa? L'ho fatta io così? Secondo voi avrei dovuto lasciarla andare ed io starmene a casa ad aspettarla, mentre in­vece, seguendola, anche nel suo errore, in queste settimane a poco a poco l'ho ripresa, l'ho riportata alla sua infanzia. (Felice) Ora è mia, più mia di prima, di­pende da me come una bambina, è l'ulti­ma che mi è rimasta, perché dovrei la­sciarla ?

SCENA IX

(Al sommo della scala appare, non vista, Luisa)

Gianni                   - Ma non ti offende questa atmosfe­ra di complicità? Dalla sorveglianza al cancello all'imbarazzo della Cameriera    - , si direbbe che qui si cammina in punta di piedi, che ci sono porte socchiuse di not­te, par di sentire nell'aria la presenza di un uomo, come se dovesse entrare da un momento all'altro. (Sembra dal gesto che veramente lo attenda e lo inviti a compa­rire).

Luisa                     - (dall'alto, lentamente) E se fosse? (Tutti si voltano. Gianni si irrigidisce in un atteggiamento ostile. Rosetta è turba­ta, La Madre spaurita. Luisa discende len­tamente le scale e si dirige verso il fra­tello, che fissa con atto di sfida).

Luisa                     - Che siete venuti a fare?

(Gianni                  - le volta le spalle e si mette a passeggiare nervosamente. La Madre si accosta a Luisa, ma Rosetta la precede).

Luisa                     - (a Rosetta, aggressiva) Che vuoi da me?

Rosetta                  - Vogliamo difenderci.

Luisa                     - Se siete venuti per soffocarmi pur di togliervi un fastidio... (La Madre si interpone fra le due figlie, cerca di cal­marle, chiede aiuto a Gianni , che neppu­re si volta. Luisa alla Madre) Lasciami parlare! (A Rosetta) come mi strappavi la bambola per tema che le sciupassi il vestito...

Rosetta                  - Lei, la ragazza eroica che sfida il mondo attaccata alle sottane di mam­mina!

Luisa                     - (con forza, commossa) Non sfido nessuno, ma sono innamorata.

 La Madre             - Smettetela! Smettetela!

Gianni                   - (si ferma e interviene con decisa, ma contenuta violenza. A Luisa) Tu sei pazza ed egoista, e se fosse stato in me, ti avrei sistemata in altro modo, io! E non te sola.

La Madre              - Non avete il diritto di giudi­carvi davanti a me.

Gianni                   - Ecco: con mammà non si ragio­na - e rompiti pure la testa. Però ba­sta! Da mesi non si parla d'altro: lei, suo marito, i suoceri, papà, ciascuno per il suo verso, ciascuno per la sua ragione; ore e ore di colloqui, di pareri, di queri­monie. Finiamola! Io ho altro da fare per conto mio. Mammà deve tornare a casa perché una buona volta sia finita ogni discussione.

La Madre              - Vi ho già detto io di no, che non posso e non voglio abbandonare il mio posto...

Rosetta                  - (a Luisa) Come non ti ripugna di tenere mammà in una situazione simile?

Luisa                     - (non risponde).

La Madre              - Rispondi, rispondi. Non c'è niente da nascondere. Di' tu, a loro, di questi mesi, la nostra vita...

Luisa                     - (dopo un silenzio) È questo che vo­lete per lasciami in pace? Io non mi op­pongo.

(La tensione crolla. Gianni e Rosetta so­no persino stupiti di aver vinto tanto fa­cilmente e si scambiano un'occhiata).

Rosetta                  - (azzarda un:) Allora... è diverso.

Gianni                   - Meno male che ha capito. E sarà a vantaggio di tutti.

(Solo la Madre sembra che non abbia ca­pito. Guarda i figli e ferma gli occhi su Luisa).

Luisa                     - (lentamente, con difficoltà) Mam­ma, io capisco... Ma se questo è necessa­rio per la tranquillità di voi tutti...

Rosetta                  - Se anche lei, che dovrebbe bene­ficiare del tuo sacrificio, ti dice che devi venir via...

La Madre              - (a Luisa) Mi mandi via? Per­ché non parli? (Luisa abbassa gli occhi. Agli altri) Ma che cosa avete combinato tra d| voi, come se vi foste messi d'ac­cordo con un'occhiata alle mie spalle? Luisa, di' qualche cosa!

Gianni                   - Luisa ha già detto che...

La Madre              - (lo fa tacere con un gesto) Vo­glio sentir lei; voglio parlare con lei: An­date di là.

Gianni                   - (intanto, visto come si mettevano le cose, ha tratto dalla tasca un libretto di assegni, ne ha staccato uno che era già preparato e lo ha steso - bene in vista, ma alle spalle della Madre - sullo scrit­toio) Però non cambiamo tutto un'al­tra volta.

La Madre              - Andate di là.

SCENA X

(Gianni e Rosetta escono).

La Madre              - Tu l'hai detto per loro, vero? Perché la smettessero! Parla! Come, mi mandi via? Io sono venuta qui con te. Abbiamo vissuto insieme ogni ora...

Luisa                     - Sì, mamma, ma forse hanno ragio­ne loro. Io non posso più vederti in que­sta situazione...

La Madre              - Non pensare a me. Sono loro che sbagliano. Io compio il mio dovere, assistendoti.

Luisa                     - Non si tratta soltanto di questo.

La Madre              - E che può esserci d'altro?

Luisa                     - (cercando le parole) Vedi, mamma, tu sei entrata in questa mia vita all'im­provviso, in un mio momento di smarri­mento. Io ero decisa, ma a tanta fermez­za non corrispondeva alcuna preparazio­ne. In fondo, fuggita di casa, non avrei saputo dove andare e come procurarmi il denaro... E avevo vergogna - per di­re - del portiere dell'albergo ove sarci scesa... Quando tu mi strappasti la con­fessione, io mi trovai vicina, inaspettata­mente, un'amica...

La Madre              - (annuisce).

Luisa                     - Tu mi hai tolta da ogni impaccio, intuendo i miei desideri, le mie paure... Per questo ho lasciato che tu rimanessi...

La Madre              - (debolmente) SI... (le pare che tutto questo vada bene, ma non intende perché Luisa lo dica, dove vuol giun­ga)-

Luisa                     - Ma ora... come posso dirti che la tua presenza mi umilia - lo hai visto - di fronte agli altri?

La Madre              - Sono qua io per difenderti.

Luisa                     - (animandosi) Ma io mi sento impri­gionata perché proprio ci sei tu. Partita come una ribelle, mi ritrovo una ragazza sventata...

La Madre              - (la guarda con tanto smarrimen­to che Luisa ne è tocca).

Luisa                     - Mamma, non mi dare il dolore di non comprendermi.

La Madre              - Sei tu che devi capirmi. Io ho il dovere di badare alla tua felicità.

Luisa                     - (già violenta) Ma se anche tu sapes­si esattamente come deve essere fatta la felicità che mi occorre, se io non lo vedo e non lo credo, a che serve? Lasciami sba­gliare, ma che sia io. È la mia vita. La­sciamela.

La Madre              - Che c'entra la tua vita o la mia? Che forse io non mi occupo e preoc­cupo soltanto della tua?... Credi che mi sia stato facile di abbandonare la mia casa, il mio posto?... Ti ho mai detto niente? Ti ho mai tormentata? E se anch'io, al­la fine della giornata, almeno ti vedo, so dove sei, come stai...

Luisa                     - (porta una mano alla fronte. La Madre - fa un cenno verso di lei. Luisa vol­ge il capo perché piange)

La Madre              - Non ti basta che per restarti vicina, io mi sia umiliata fino a nascon­dermi ?

Luisa                     - Appunto per questo...

La Madre              - Ma io non me ne vergogno per­ché tu avevi bisogno di me. Dimmi ora che io devo fare una cosa o l'altra, che tu vuoi questo o quest'altro, mandami via, ma d'accordo, confidandoti, unite-Luisa Te l'ho detto.

La Madre              - No, tu vuoi distaccarmi dalla tua vita, vuoi fare a meno di me...

Luisa                     - (un gesto, un silenzio).

La Madre              - (alza le braccia, le si avvicina co­me per percuoterla, e le grida sul viso, disperata) E io? E io? E io?

Luisa                     - Oh, mamma! (Fugge, piangendo, su per le scale). (Un silenzio).

SCENA XI

La Madre              - (guarda verso le scale) Oh!... Via! Via! (Raccoglie affannosamente su di un tavolo robe sue sparse per la ca­mera. Vede sullo scrittoio l'assegno. Lo prende tra le dita. Non capisce. Poi lo lascia cadere, sfinita. Lo sguardo che ri­volge al sommo della scala è disperato) -Ma io, sono stata anch'io così? Quando c'era ancora la mamma? Come sono sta­ta io con lei? Oh, perché non lo ricordo? Dov'è la mia infanzia? Io non l'ho avu­ta. L'hanno sotterrata con lei. Dunque, io sono necessaria. (Si muove per la stanza. Chiama delirando). Io qui, oh! Luisa! Gianni! Rosetta! Mario! Oh, ve­nite! C'è la merenda. Guarda, come ti sei sporcata. Copriti tu. Non bisticciate voi due. Ecco, a te, a te. A te. Tu perché piangi? Questo ha la febbre. Dottore, guarirà? (A se stessa, allo specchio, con ira) Che ne hai fatto tu della mia vita? Avrò evitato che urtassero, da piccoli, contro un mobile, ma dalla loro vita, chi li salva? No. No. Ora mi chiama.

SCENA XII

(La luce si è attenuata a poco a poco, fin quasi a spegnersi del tutto. Poi, sul da­vanti della scena, risorge in un debole ba­gliore di crepuscolo. Sul fondo, invece, si riaccende intensa e bianchissima, illu­minando una grande bandiera crociata di rosso che pende dalla balaustra sul bal­latoio, come a indicare che lì è un ospe-daletto da campo. Ai piedi della scala, sagoma scura sullo sfondo, bianco di cal­ce violentemente illuminato, un soldato monta la guardia. La Madre, che è lì sul davanti della sce­na, non si muove; ella rivede la scena, che emerge alle sue spalle, con gli occhi della memoria e parla sempre rivolta ver­so il pubblico).

La Madre              - (al piantone) Mi lasci passare.

Piantone                - Le ho detto che non si può.

La Madre              - Sono tredici mesi che non lo vedo. Ho fatto sei giorni di viaggio. Mi lasci passare. (Il Piantone fa resistenza crollando il capo). Ma perché non si può? Vederlo anche da lontano... (con ira) Mi lasci passare! (il soldato la respinge dolcemente).

Piantone                - Ora viene, pazienza. Io ho l'or­dine. Devono passare la quarantena, lo sa. Tutti i feriti, se non hanno fatto la quarantena, non si può vederli.

La Madre              - Quando viene il tenente?

Piantone                - Tra poco.

La Madre              - Lei l'avrà visto? Alto e grosso. Bruno. Ha un segno qui, alla guancia, ma si vede poco. Si chiama Mario Aster. Lo ha visto? Mario Aster, tenente degli alpini...

Piantone                - Vengono e vanno. Son tanti tutti i giorni.

La Madre              - Dove vanno?

Piantone                (scrolla il capo).

La Madre              - Morti? (il Piantone non rispon­de) Voglio vederlo! Voglio vederlo!

Piantone                - Eccolo, il signor tenente.

Il Tenente (attraversa lentamente la scena. Quando è ai piedi della scala, volge il capo per rispondere alla Madre, che non si è mossa).

La Madre              - Io sono la Madre. Mario Aster, ufficiale degli alpini. È qui. Dov'è ferito? Grave?...

Tenente                 - No, signora. Si calmi. Mi pare di no. Vedrà. Sarà una ferita leggera.

La Madre              - Al braccio? Alla gamba?

Tenente                 - Non so... ma..;

La Madre              - Cieco!? Mi lasci passare!

Tenente                 - Non si può ora. Più tardi, ve­dremo. Si calmi. Ora vado a vedere, mi informo e torno, eh? Aster ha detto? Al­pino, eh?

La Madre              - Sissignore. Alto. Bruno. Con una cicatrice qui; ma si vede poco...

Tenente                 - Vado a vedere (Sale lentamente e esce).

(La Madre resta immobile in attesa; come se da un istante all'altro dovesse giungerle un richiamo. Dietro l'ufficiale sono giunte altre due donne, le quali si accostano alla prima e restano anch'esse in attesa. Le don­ne guardano la scala immobili).

 2° Madre              - Anch'io sono qui óz quattro giorni e non l'ho visto, e non so nulla.

3° Madre               - Neanch'io.

2° Madre               - Gli ho chiesto di giurare, al Tenente, che non è grave.

La Madre              - (senza voltarsi) Ha giurato?

2° Madre               - No. (Silenzio).

La Madre              - Come lo ritroverò?

2° Madre               - Cieco no! Cieco no!

La Madre              - (sempre senza voltarsi) Mi ha scritto lui che era ferito. Era pro­prio la sua scrittura. Non dovrebbe esse­re grave. (Pausa). Le mani le ha.

2° Madre               - Anche senza una gamba, Dio mio, purché torni.

3° Madre               - Tanti anni per tirarli su e poi doverti chiedere, Signore, di ridarceli an­che cicchi...

(Tramestìo di passi in alto della scala. Il Piantone si riaffaccia).

Piantone                - Li portano giù.

(Le donne stringono il gruppo, poi si slanciano verso la scala. Il Piantone  sbar­ra il passo. Le donne cercano inutilmen­te di vedere chi è portato già).

La Madre              - Ora mi chiama...

(Al sommo della scala appare la prima barella).

Tutte le donne       - (quasi insieme) Figlio mio! Figlio miol

La Madre              - Ora mi chiama...

Voce                      - (flebile, lontana, dall'interno) Mam­ma...

2° Madre               (urlando) È lui! È vivo!

(Intanto la prima barella è apparsa al sommo della scala. Le donne si fanno da parte per lasciar passare La Madre che sale, incespica, si attacca alla ringhiera, riprende a salire).

La Madre              - Figlio mio... (Ma prima di toc­carlo si ferma, le mani giunte, la bocca aperta. Il figlio è tutto fasciato, anche il capo. La Madre           - accarezza il lenzuolo, passa una mano sul corpo fino alle gam­be; di colpo la ritrae, la porta alla bocca e grida con voce soffocata:) Muovi le gambe! Muovile! (il figlio non si muove). (La barella riprende il cammino lenta­mente. Tutto dilegua nell'ombra così come dal­l'ombra era sorto. Ritorna la luce nor­male).

La Madre              - (batte con le braccia, col petto contro la porta di Luisa chiamando) -Mario! Mario!

SIPARIO

ATTO TERZO

 La medesima scena del primo atto, op­portunamente riordinata in stanza di sog­giorno. Pomeriggio domenicale.

SCENA I

(Al levarsi del sipario, entra il Padre che sta infilandosi la giacca. Va al telefono, chiama).

Il Padre                 - Pronto?... Qui parla Aster. Av­vocato Carati?... Buongiorno. Allora?... Sì... Ma le difficoltà bisogna superarle. Abbbiamo già lasciato passare troppo tem­po prima di muoverci. Sì... Sì... Senta, avvocato... Mi dispiace disturbare il suo pomeriggio domenicale, ma vorrei pre­garla di passare da me, per esempio, al­le sei e mezzo? Può? Benissimo. Grazie. Arrivederla. (Guarda l'orologio, prende un giornale, siede).

SCENA II

(La Madre, Rosetta e Augusto rientrano festosamente. Saluti rumorosi).

Rosetta                  - Oh, papà, hai fatto male a non venire. È stato bellissimo, vero, mamma?

Augusto                - Una giornata incantevole! E poi, pensa: tutti e due...

Rosetta                  - Tutti e due i cavalli piazzati!

Augusto                - Che ne dici? Per essere alle loro prime prove e in corse tutt'altro che facili, bisogna riconoscere che è un ottimo risul­tato.

Il Padre                 - Davvero... Mi rallegro... (Alla Mo­glie) Dunque vi siete divertite?

La Madre              - Sì, è stato molto bello. Molta luce, molta animazione - e quanta gente! Non immaGina       vo che ci fosse tanta gente a divertirsi.

Rosetta                  - Già, la mamma continuava a do­mandarci se è sempre così. È naturale che è sempre così! È il suo bello.

Augusto                - Oh, la mamma è stata benissimo : serena, allegra, ringiovanita. E dovevi ve­nire anche tu, non star chiuso in casa. Già, la gran regola è di partecipare.

Il Padre                 - A che?

Augusto                - Partecipare alla vita degli altri. E credi, che se io ho insistito e insisto, è perché questo atteggiamento della fami­glia, oltre tutto, è il più opportuno e il più giusto. (Gesto del Padre) Va bene, non tocchiamo l'argomento, ma è un fatto che nella vita la « surface », il viso che si mostra è ancora quello che conta di più, visto che, per tre quarti almeno, la nostra vita è degli altri.

Rosetta                  - Per me è stata una vera emozione, perché fino all'ultimo, Daysy è rimasta in testa. E c'erano vicino a noi i Lionel, sai - il loro cavallo era favorito della giornata - che si vedeva stavano sulle spine...

Il Padre                 - Ho piacere che anche questa sia andata bene. Credevo che sareste tornati più presto... (Guarda l'orologio).

Augusto                - Infatti. Ma adesso ci sbrighiamo. Tu sei già pronto? Benissimo. La mam­ma quanto impiega a cambiarsi?

La Madre              - Ecco, io, veramente... tutta quel­l'aria mi ha stancata un poco... e sarei tentata...

Augusto                - Che! Che! Una buona tazza di te e passa tutto.

La Madre              - Ma tra l'altro, io non li conosco neppure...

Rosetta                  - Ragione di più, mamma. È stato veramente gentile da parte dei Cipriani di invitarti non conoscendoti. Lo hanno fat­to per riguardo ad Augusto            . E non fos-s'altro che per lui...

Augusto                - E poi si sa come sono i ricevi­menti di nozze. Basta fermarsi una mez­z'ora. Veniamo via quando vogliamo.

Il Padre                 - Deciditi, visto che mi avete fatto vestire...

Rosetta                  - Su, mamma, presto!

SCENA III

(La Madre esce accompagnata fin sull'uscio da Rosetta).

Augusto                (un tocco alla cravatta del Padre) -Bisogna che tu, papà, rifletta all'idea dei cavalli. Invece di quattro, potremmo, in due, averne otto. E le spese in proporzio­ne sarebbero minori. Già, tu avresti do­vuto farlo molto prima. Quando si è con­quistata una posizione finanziaria emi­nente, bisogna dare soddisfazione agli altri...

Il Padre                 - Io la mia parte l'ho fatta.

Augusto                - La beneficenza, non lo contesto, è una bclissima cosa e meritoria, ma non fa parte dell'eleganza... Voglio dire che il denaro deve distaccarsi dall'utile e toccare il bello per divenire elegante.

Il Padre                 - Sai, la mia mentalità è un po' in­durita per imparare tante sottigliezze.

Augusto                - Ci sono io!

Il Padre                 - (a Rosetta) Dico... Hai qualche notizia?

Rosetta                  - Che cosa, papà?

Il Padre                 - Domando se hai ricevuto nessuna notizia?

Rosetta                  - Nessuna.

Augusto                - Parli di Luisa?

 Il Padre                - (dopo un'esitazione) No. (Pausa) Della bambina. Lei... seguirà lui di città in città, e la creatura... affidata a chi, mi domando? Come?

Augusto                - Appunto. Ne abbiamo parlato an­che oggi con Rosetta. Penso con te che la cosa vada risolta.

Rosetta                  - Ma quello che tu proponi non e possibile, non ne capisco neppure la ra­gione...

Augusto                - Lascia giudicare a lui. Le ragioni sono molte. E, in primo luogo, la situa­zione così com'è, anche se migliorata, è tuttavia pericolosa. La famiglia deve limi­tare «la cosa» alla sola Luisa.

Il Padre                 - Non capisco bene.

Augusto                - Dico che hai ragione tu. Con la mamma è meglio non affrontare questo argomento, ma tra uomini ci si intende. Finché Luisa          - è lontana, risponde lei di se stessa, ma la bambina sarebbe una causa continua e inevitabile di rapporti e di in­terventi. E questo non deve essere. Perciò io dicevo che sono disposto... Ti ho già detto che quella nostra cugina di provin­cia è morta? Ora nella disgrazia, c'è que­sta fortuna: che quella poverina è morta, non aveva nessuno, e se anche le si attri­buissi: un figlio, è stata per trent'anni una ragazza onesta, per una sola vita ce n'è d'avanzo. Anche il nome, con qualche espediente legale, le si potrà far avere quel­lo. E quando noi avessimo preso in casa la creatura, come io mi dichiaro disposto a fare...

Rosetta                  - Come vuoi che lo credano, se tut­ti sanno?

Augusto                - Non ha importanza che lo creda­no. Per il mondo, basta che sia verosimile. L'educazione fa il resto.

Rosetta                  - Ma per noi stessi...

Augusto                - Lo so che è un sacrificio, ma d'al­tro lato, visto che la bambina non può avere un padre, e quindi ha il vostro no­me, nella vita sociale non si può ammette­re che girino dei bastardi col nostro nome.

Il Padre                 - Io non ne faccio una questione sociale... ma dal lato umano quella bam­bina - lo confesso...

Augusto                (che non ha capito) Ebbene, pro­prio dal lato umano... Sai che nel te­stamento di mia cugina c'è scritto che in tutta la sua vita ha desiderato un figlio? Diciamo che Dio ha voluto così: che lo avesse dopo morta e posticcio. Se non la sua vita, la sua memoria sarà continuata. (Al­la Moglie) E perché sia vero, basta creder­lo. Io guardo e penso a quella poverina che aveva avuto questo unico grande de­siderio. Non avrà potuto, diciamo, (cal­cando) regolarizzare la sua situazione... Pace all'anima sua. Se si è affidata, morendo, ai suoi parenti più vicini, anche se non prossimi, noi abbiamo il dovere di non rifiutarci. Accoglieremo in casa questa creatura, un giorno potremo anche adot­tarla.

Rosetta                  - E credi che una donna possa ac­consentire?

Augusto                - Quando una donna dimentica, co­me ha dimenticato lei, il rispetto di se stessa e degli altri, unendosi a un cialtro­ne qualunque, non le sarà difficile dimenti­care la sua maternità occasionale.

Rosetta                  - Io non lo credo.

Augusto                - E tu, papà, che dici?

Il Padre                 - Che la tua proposta è soltanto ele­gante. A parte ogni difficoltà legale, se Luisa avesse un altro figlio, dovremmo aspettare che muoia un'altra cugina. No. La cosa va risolta in modo più diretto e definitivo. Bisogna far divorziare lui, e che si sposino. Ci arrivo con riluttanza, ma una volta sposati, e senza un soldo, almeno li avrò in mano. E della bambina potremo occuparci noi.

Augusto                - Mah!

Rosetta                  - Luisa non lo farà mai, papà.

Il Padre                 - Come dici questo?

Rosetta                  - Perché lei ha quello che si è scelta, e si tiene la sua vita misera piuttosto che ricorrere a te.

Il Padre                 - (con forza) Farà quello che io le ordino!

Augusto                (per sviare, guarda l'ora) Vedo che la mamma tarda. Se noi andassimo avanti a cambiarci e ci trovassimo là - di­ciamo - tra mezz'ora?

Il Padre                 - Come volete. Intendiamoci: nep­pure una parola con la mamma. Desidero prima aver concluso tutto.

Augusto                - Certo. Andiamo, Rosetta. Arri­vederci.

(Via Augusto e Rosetta).

SCENA IV

Il Padre                 - (a sua volta guarda l'ora, si accosta all'uscio) Sei pronta?

La Madre              - (entra quasi subito e di corsa) -Eccomi. (Si guarda intorno) Sono andati via?

Il Padre                 - Sono andati a cambiarsi. Li ritro­veremo là.

La Madre              - (si toglie il cappello) Allora io non vengo.

Il Padre                 - Perché?

La Madre              - Perché... perché non ho voglia. Lo facevo per loro, per non discutere. Ma così posso farne a meno. Vai tu, caro.

Il Padre                 - Mo io andavo per te!

La Madre              - Ti ho detto che l'aria mi ha stancata. Preferisco.,,

 Il Padre                - All'improvviso te ne accorgi?

La Madre              - (altro tono) Ma dimmi tu: che senso ha che io mi trascini da un ricevi­mento all'altro?

Il Padre                 - Non ti ci ho spinta io.

La Madre              - Lo so. Ho provato. Ho ceduto... Ma è inutile. Non è la mia vita, lo capi­sci? Perché dovrei continuare?

Il Padre                 - Per scuoterti e, non foss'altro, per stare con tua figlia.

La Madre              - Ma loro non stanno mica con me. Mi portano appresso come una zia di provincia capitata per qualche giorno in città. Si preoccupano soprattutto di mo­strarmi perché la gente - la gente - sap­pia che io sono qui, in casa. Poco im­porta, poi, se la casa è deserta. (Si accosta a una scansia, cerca e prende un grosso album).

Il Padre                 - Non credere d'essere l'unica a sentire la pena della casa vuota. Ma non si può neppure passare la vita a sfogliare gli album di fotografie. E la tua situazio­ne, infine, non è più dolorosa di quella di tutte le donne.

La Madre              - Le altre avranno altre risorse, oppure soffriranno egualmente. Io so che di mio, proprio di mio, nella vita non ho avuto che i figli.

Il Padre                 - E se quei figli se ne sono andati così, di chi è la colpa? Bisogna dirlo.

La Madre              - Vorresti dire che è mia?

Il Padre                 - Sì, anche tua. Ed è un discorso che dovresti ricordare perché lo abbiamo già fatto. Perché tu hai sempre ceduto ai figli. Desideri, tendenze, sei tu che cor­revi appresso a loro, mentre avresti dovu­to portar loro vicini a te, accostare la loro inesperienza alla tua esperienza. Io ricor­do di aver discusso mille volte con te, per­ché tu quasi non volevi che i bambini im­parassero a parlare, e invece di insegnare le parole giuste, usavi tu il loro linguag­gio approssimativo.

La Madre              - Mi piaceva di sentirli piccoli, quel linguaggio col quale noi soli poteva­mo capirci. Ma vedi che, inconsapevolmen­te, avevo ragione. Anche delle parole si sono serviti per sfuggirci.

Il Padre                 - Perché i figli, che cosa possono sapere della vita, se non gli si insegna? Di come dovrà essere perché formi la giu­sta continuazione della nostra?

La Madre              - Erano così contenti della loro... È naturale che uno non si preoccupi d'altro.

Il Padre                 - Non bastava. E oggi lo vedi. Se fino dai primi anni fossero stati condotti e tenuti sulla stessa linea della nostra vita, ora la continuerebbero, che è l'unico mo­do per conservarli. E non lasciarsi trasci­nare dalla loro, giorno per giorno, ceden­do ai gusti, ai temperamenti, per restare, all'improvviso, soli, tra estranei, quando s'invecchia. Vorrei arrivare all'assurdo - guarda - e dire che perfetto è quel figlio che riproduce in se stesso suo padre. Io sono come mio padre, e lo ritrovo in me, in ogni mio gesto, ad ogni svolta della mia vita. (Con forza) Questa è la mia ric­chezza, ed è stata la sua finché è vissuto. E questa ricchezza io volevo lasciare ai miei figli. Ma in questo compito tu non mi hai aiutato. Tu ti sei posta tra me e loro, sempre, come adesso tra me e Luisa, annullando la mia autorità e togliendo a lei il sostegno della mia esperienza. I ri­sultati sono questi: (largo gesto intorno per dire: la solitudine).

La Madre              - Quand'erano piccoli che si face­vano male, anche tu che facevi? Fingevi di picchiare il sasso, il tavolo contro il quale avevano urtato, e li consolavi. Io ho continuato a fare così, naturalmente.

Il Padre                 - Io li ho educati alla rettitudine. Chi devia è responsabile.

La Madre              - Ma soffre egualmente, se si è fatto male.

Il Padre                 - II solito vizio di ragionare secon­do il sentimento.

La Madre              - Ma anche tu fino ad ora hai parlato di sentimenti.

Il Padre                 - No: di fatti avvenuti, che è l'uni­ca cosa che io capisca. Le idee generali non m'interessano. E ho torto di continua­re a parlarne. (Guarda l'ora) Bisogna an­dare. Vuoi venire?

La Madre              - Caro, non t'inquietare. Ti pre­go. Vai tu.

Il Padre                 - E va bene. Andrò io. Alle sei sa­rò a casa. Arrivederci. (Via).

SCENA V

(Ora La Madre è sola. Si ode il battere del­l'uscio di casa chiuso con un colpo. Silen­zio. La Madre gira per la stanza, tocca qualche oggetto, qualche mobile. Si acco­sta agli usci, che chiude senza far rumore. Spinge qui un poltrona, là sposta un ta­volo: poche cose che bastino a ridare mo­mentaneamente alla scena una disposizio­ne simile a quella del primo atto. Il gioco - è un gioco fatto sul serio - la prende; si anima. Ragiona, discute con se stessa: sorride guardando intorno. Si siede; trae dalla tasca una cartolina che legge e consi­dera come un documento, guarda la figu­ra, la data: conta i giorni).

La Madre              - Otto, nove, dieci... dodici giorni. Dove sarà ora? (Si alza, va a riprendere l'album di fotografie. Ripone con cura la cartolina nella tasca. Mette gli occhiali: posa l'album sulle ginocchia per sfogliarlo, fermandosi ad ogni pagina) Come ero gio­vane! Chi sa da quando non lo sono più? Che cosa ho fatto in questi trentanni? Ho accompagnato le bambine a scuola, ho pre­parato i bagagli per la villeggiatura... vi ho vestiti per la prima Comunione... sono andata al Cimitero... E poi? E tutte le altre cose? Tutti i minuti, come li ho vis­suti?... (Volta pagina) Cara, buona balia! Vedi? Fotografie... Ombre... qui intorno

(Trova tra le pagine una lettera, che leg­ge. Nel silenzio, lontana, una voce di bim­ba recita la lettera).

Voce di bimba       - « Cara Mammina, in que­sto giorno di Natale ti promettiamo d'es­sere sempre buoni, ubbidienti, di non mangiare con le mani, di non dire mai bu­gie, ma senza impegno». (Sorride e intanto si asciuga una lagrima. Volta pagina).

La Madre              - Come s'è sbiadita. (Accarezza il foglio).

Voce di bimbo      - « Voglio la bicicletta! Vo­glio la bicicletta! Cattiva mammina, cat­tiva! »

La Madre              - Avevo tanta paura che ti facessi male, povero figlio mio! (Bacia il ritratto).

Voce di bimba       - « Mammina, perché hai la pancia così grossa? »

(Si stringe il grembo, guarda dinanzi a sé. Ripensa al giorno del parto. Mormora)

La Madre              - È bella?

Voce di bimbo      - « Non mi piace la sorellina. Gettala via! Gettala via!» (Si passa una mano più volte sul dorso dell'altra; comincia a muovere le ginoc­chia come chi dondola un bambino).

Voce d’uomo        - « Oggi è cresciuta solo venti grammi. Lei non può allattarla, signora ».

Voci di donne       - (mormorano lentamente la ninna-nanna » - e Piazza, la bella piazza, ci passa la pupazza con tutte le peco­relle... ». (La Madre ripete sempre lo stesso gesto).

Voce di Luisa        - « No. Li ho mutati. Si cre­sce. È questo che tu devi comprendere. Ci si forma una vita propria. Pensieri, desideri ci pensa la vita a mutarceli. O l'amore, quando viene ».

Le tre voci             - (come al primo atto):

Addio mammà.

Addio mammà.

Mammina, io vado.

Voci di donne       - « Piazza, la bella piazza, ci passa la pupazza con tutte le peco­relle... ».

La Madre              - (si unisce col solo muovere delle labbra alla cantilena mentre continua ad accarezzarsi il dorso della mano).

SCENA VI

(Entra la Cameriera, la Madre si ricom­pone).

La Madre              - Che c'è? Che vuoi?

Cameriera              - (impacciata) Signora... c'è di là...

La Madre              - Ebbene?

Cameriera              - C'è la signorina Luisa.

 La Madre             - (solleva il capo di scatto) Sola?

Cameriera              - Sissignora.

La Madre              - (si muove per correrle incontro, ma subito si ferma. Intende che non deve. Guarda la Cameriera come per doman­darle che cosa ha da fare, che cosa le è permesso di fare. Fa segno di introdurre la figlia).

SCENA VII

(La Cameriera esce).

Luisa                     - (entra e non dice parola).

La Madre              - Luisa! Che cosa è accaduto?

Luisa                     - Perché pensi che debba essere acca­duta qualcosa? Sono venuta per vederti. (La Madre la guarda) Sono stata crude­le con te, ma tu devi capire...

La Madre              - Parliamo di te.

Luisa                     - Lasciami dire.

La Madre              - Non serve. Tutto ciò che tu potresti dire io me lo sono già detto. Per­ché sei venuta?

Luisa                     - Per vederti. Ho pensato molto a te in questi mesi... al tempo passato assie­me... Ho provato rimorso e... Dico male quello che vorrei dire, ma ora mi sento imbarazzata, qui, dinanzi a te, con que­sta mia vita nascosta... Perché non mi fai delle domande?

La Madre              - (non risponde).

Luisa                     - Paolo...

La Madre              - (subito interrompendola) - Stai bene così. È un abito che non conosco.

Luisa                     - (altro tono) - Ti ringrazio del denaro. Non l'ho fatto per lettera, per paura che papà leggesse.

La Madre              - Ti sei subito abituata alla mia complicità, senza mai capirla.

Luisa                     - Non so che cosa sia mutato, da al­lora, né in bene né in male.

La Madre              - Ti sbagli. Per vivere la tua vita, avevo dimenticato la mia. Tu mi ci hai respinta. E la mia è diversa.

Luisa                     - Allora perché mi hai mandato il de­naro?

La Madre              - Perché me lo hai chiesto. E tutto finisce qui.

Luisa                     - Ora sei tu che mi respingi, e quasi con rancore.

La Madre              - Mi attribuisci un sentimento di cui neppure m'accorgerei, se lo avessi.

Luisa                     - Ti ho fatto molto soffrire?

La Madre              - Sai che Gianni è partito?

Luisa                     - Dove è andato?

La Madre              - A Parigi. Vive là ora. Lo desi­derava tanto, povero ragazzo.

Luisa                     - E Rosetta?

La Madre              - Siamo state assieme anche oggi. Vengono spesso, a cena - sai, quando vanno all'Opera - il palco c'è ancora - così non hanno che da attraversare la strada, e…..

Luisa                     - Mamma, se ti dicessi che voglio tor­narti vicina?

La Madre              - (crede di non aver capito, quasi balbetta) Hai detto?

Luisa                     - Sì.

La Madre              - Torneresti... a casa?

Luisa                     - Vi ho pensato.

La Madre              - Ma allora... non sei neppur felice?...

Luisa                     - Qualcosa è mutato in me. Non so bene, ma non ho più la mia certezza spensierata di prima. Mi scopro a deside­rare un punto d'appoggio, affetti precisi...

La Madre              - Ma che cosa è accaduto?

Luisa                     - Nulla di particolare. Non ti parlo di fatti, ma di uno stato d'animo e...

La Madre              - Oh sì, Luisa cara, torna qui. Tutto è pronto per accoglierti. Ti aspet­tavo, che devo dirti di più? Se tu torni... Ho pensato tanto a come possiamo fare, anche per la bambina, sai... E per siste­mare le cose in modo che tu non abbia a soffrire per la gente...

Luisa                     - Ma io dicevo...

La Madre              - (non l'ascolta, già rapita) Oh, Luisa, se tu potessi capire quel che io provo, ora...

Luisa                     - Volevo dirti, mammà...

La Madre              - Dimmi solo: quando? Sì, figlia mia. Dimmi. Cara! Cara!

Luisa                     - E papà?

La Madre              - Papà... Anche lui è così solo. E poi mi ha visto tanto soffrire. Perché guai a uscire dalla misura del consueto, del ragionevole, come ho fatto io. Non ci si ritrova più. Per capire la propria vita, bisogna che sia uniforme con quella degli altri.

Luisa                     - Credi che papà mi perdonerebbe, se sistemassi la mia posizione sposando­mi con Paolo?

La Madre              - (resta interdetta) - Come, sposare? Ma è impossibile...

Luisa                     - Non è impossibile. La moglie di Paolo non si oppone, anzi si è dichiarata d'accordo. E l'avvocato dice che vi sono al­cuni motivi di nullità da invocare... che - insomma - non è forse difficile...

La Madre              - Ma allora questo è già un programma?

Luisa                     - Ne abbiamo parlato... Pensavamo che Paolo... sai, il suo lavoro adesso non è facile... potrebbe essere assunto dalla ban­ca, mandalo ad una filiale all'estero...

La Madre              - (si  adombra sempre di più) E tu?

Luisa                     - Io lo seguirei... più tardi...

La Madre              - (cercando le parole, in imbarazzo) Io non credo... la cosa possibile...

Luisa                     - Il parere dell'avvocato, però...

La Madre              - Sarà, ma ad ogni modo ne par­leremo... vedremo...

Luisa                     - Parliamone ora, mamma.

La Madre              - Non è una decisione da prendersi precipitosamente... non dipende nep­pure da noi, tra l'altro. Tu devi ritornare a casa e giudicare da qui, dico, più sere­namente.

Luisa                     - Ma il tuo parere qual è?

La Madre              - Non posso dir nulla. Ma io so che non si scioglie un matrimonio senza profonde ragioni.

Luisa                     - Ma se queste ragioni ci fossero, se fosse possibile, dico?

La Madre              - Penso tra l'altro come si passa così sulla vita di una donna, della mo­glie?...

Luisa                     - Lei ha accettato, ti dico. D'altro canto si risolverebbe la situazione per tut­ti... E tu stessa dovresti esserne contenta.

La Madre              - Sì, sì, è vero, ma anche se ora questa può apparire la soluzione più logi­ca, rispetto a tutta la tua vita io mi domando, sei altrettanto sicura?

Luisa                     - E chi può esserlo?

La Madre              - Ma qui tutto direbbe di no. Tutto vi divide: ambiente, abitudini, pa­renti...

Luisa                     - Che c'entrano i parenti?

La Madre              - Anche quelli. Il matrimonio è l'unione di due famiglie che devono in­tendersi. Rispetto a tua sorella, che fa­miglia mettete su?

Luisa                     - Paolo ricostruirà la sua vita.

La Madre              - E la tua?

Luisa                     - Insieme con la mia.

La Madre              - Ma quale? Ragiona. Come giungi tu a questo matrimonio? Come ad un ripiego...

Luisa                     - (osservandola) Non capisco la tua opposizione.

La Madre              - (a mano a mano che parla si infervora) Mi oppongo, sicuro, perché c'è stata una disgrazia e non voglio che duri per tutta la tua vita. Dicevi ora che volevi tornare qui. Questo è il modo, ora, di ri­solvere la situazione... anche per la bam­bina...

Luisa                     - (violenta) Ma io non voglio lasciare Paolo. Piuttosto ritorno con lui senza un soldo.

La Madre              - Allora?... Allora sei venuta... per il consenso?... E che bisogno ne avete?

Luisa                     - Se tu mi avessi incoraggiata, ti avrei detto di parlarne tu a papà...

La Madre              - Per la dote?

Luisa                     - Io non ne ho parlato. Mi è sembra­to naturale di venire qui. Ma se poi, rien­trando in famiglia, ne segue una siste­mazione normale, non so perché me ne fai una colpa.

La Madre              - (le labbra socchiuse, il respiro af­fannoso, la guarda da una desolata lonta­nanza).

Luisa                     - (sincera) E tu dovresti capire che ora qui, di là di ogni parola, di ogni ra­gionamento, c'è tua figlia improvvisamen­te sperduta di fronte alla sua vita. Non vuoi aiutarmi?

La Madre              - No. La tua vita sai difenderla da sola.

Luisa                     - (scattando) E allora devi dire che anche tu difendevi la tua. A mano a ma­no che tu parlavi, ho sentito di dover difendermi dal tuo amore. Dicendo di non opponi, hai continuato a dissuadermi; a dimostrarmi che la soluzione giusta, già, sarebbe di tornar qui a fare la figlia di famiglia, con una bambina al collo...

La Madre              - Io penso alla tua vita di do­mani!

Luisa                     - Ebbene non è vero. Pensi a te, fino all'assurdo che se io ora ti dicessi: va bene; torno a casa, ma non lascio Paolo, tu pur di tenermi...

La Madre              - Taci!... Osi pure giudicarmi! (Una lunga pausa. La Madre colpita dalle parole, guarda in sé e ne è sgomenta, e quasi a se stessa confessa) Io - io sì posso dire: Dio mio, se mi smarrisco, io che li ho fatti, aiutami! (Ora si rivolge alla Figlia, imperiosa) Ma tu... tu... (Ge­sto violento di condanna) (Un silenzio).

 Luisa                    - Mamma. Ho fatto tanti discorsi, e forse dovevo dire una cosa sola: la pupa sta male. E se sono corsa qui - non so­no venuta per accomodare o difendere la mia vita, ma la sua - capisci? - la sua. (Si commuove) Non volevo dirlo - mi pareva di speculare sui di lei, che io, in fondo, tradisco, preparandole una vita ir­regolare. (Improvvisa) Non sono neppure capace di allattarla, lo sapevi? (Pausa).

La Madre              - Che cos'ha?

Luisa                     - Non lo so. È sciupata. Non cresce.

La Madre              - Mi scrivesti che è robusta, vero?

Luisa                     - Pesava quattro chili, quando è na­ta. Adesso, lì, non ho trovato neppure una bilancia. Ma lo vedo. Piange. E io non so che farle I

La Madre              - La tieni a regime?

Luisa                     - Sì. Il medico...

La Madre              - (si anima) I medici non capisco­no nulla. Vanno con il metodo, che è un'ottima cosa, ma per i figli degli altri. Per i propri... Se piange, vorrà dire che ha fame, e bisogna darle da mangiare. Anche di notte, se si sveglia. Tu hai pian­to per notti intere e io mi disperavo, co­me te, ora: ma quando ho fatto di testa mia... (Si volta e vede che la Figlia pian­ge) Che hai? perché piangi adesso?

Luisa                     - (fra le lagrime, ma rasserenata) Nien­te, sono contenta. (Si asciuga gli occhi, poi, in fretta apre la borsetta e ne trae una piccola fotografia che porge esitante, alla madre).

La Madre              - (con lentezza la prende, si acco­sta alla lampada, mette gli occhiali. A te­sta china, una, due volte gli occhiali le scivolano sul naso).

Luisa                     - (ancora esitante) A chi ti pare che assomigli ?

La Madre              - (le mani le cadono; già placata e distante) Sei tu che assomigli a me per­ché tu ricominci. Io ho finito.

Luisa                     - (le ha ripreso la fotografia e la guar­da) È bella, è vero? (Un raggio di luce improvvisa la illumina. Lei sola, in ado­razione).

SIPARIO