Il diario di Anne Frank

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IL DIARIO DI ANNE FRANK

di Frances Goodrich e Albert Hackett

traduzione di Alessandra Serra

Personaggi:

Signor Frank

Miep Gies

Signora Van Daan

Signor Van Daan

Peter Van Daan

Signora Frank

Margot Frank

Anne Frank

Signor Kraler

Signor Dussel

Termini ebraici che compaiono nel testo.

Channukkah:     «Festa della Dedicazione». Festa che rievoca l'evento storico della rivolta dei Maccabei (164 a.C.). Dura otto giorni ed è anche conosciuta con il nome di «Festa delle Luci». Cade in dicembre.

Kippah: zuccotto, tipico copricapo ebraico.

Latkes: termine yiddish che indica le frittelle di patate.

Le-chaim:          significa, letteralmente, «Alla vita». È usato nei brindisi.

Mazel tov!: significa «Buona fortuna!» e viene usato come augurio e congratulazioni in occasione di ricorrenze liete.

Menorah:           il candelabro a sette braccia (ne esiste anche uno a nove braccia, detto Channukkah, utilizzato durante la «Festa delle Luci»).

Shammash:          il custode della Sinagoga, è la candela con cui vengono accese le luci o candele «di servizio» della Menorah.

L’alloggio segreto


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

In alto la sezione di un tetto spiovente. A sinistra un fondale con altri tetti simili e il campanile della Westertoren in prospettiva, il cui carillon suona ogni ora. Sono gli ultimi due piani di un edificio-magazzino ad Amsterdam. L’intonaco dei muri è sgretolato, la carta da parati logora. La scena è composta da una stanza centrale, con travi a vista, due stanze più piccole ai lati un po’ rialzate e un soppalco raggiungibile per mezzo di scalette sul fondoscena sinistro. Accanto, in centro, vi è una grande finestra su cui sono inchiodate delle assi, solo una piccola fessura a sinistra è scoperta e, mettendosi in piedi sul primo gradino delle scale, si può vedere la strada. A sinistra due gradini che portano al gabinetto. Davanti a questo, spostata verso il centro, e non appoggiata al fondale, la zona cucina, con l’acquaio posto sopra l’armadietto a due ante delle provviste, Sul fondale della cucina c’è una rastrelliera su cui sono appesi pentole, padelle e utensili vari. Dietro alla cucina una parapettata chiusa da una tenda che consente l’uscita di scena. Sempre a sinistra un caminetto, con mensola di legno grezzo sulla quale è appoggiato un abat-jour, e sopra al caminetto vi è appesa una grande carta militare, davanti una stufa cilindrica a legna. Subito dopo una porta che accede alla stanza di destra, la stanza di Anne, divisa prima con la sorella Margot poi con Jan Dussel, il dentista. In questa stanza vi sono, sul fondale, una finestra interna, con vetri smerigliati, che dà sul gabinetto, sotto a questa un comò. Quando la luce del gabinetto è accesa la finestra si illumina. Sulla parete destra una branda e, sopra, alcune fotografie fissate al muro con puntine da disegno. Tra queste possiamo riconoscere il ritratto della regina Wílhelmina, quello di Sherley Temple, la Garbo, Robert Taylor e una cartina dell’Olanda. Sempre a destra, una rientranza con finestra e sedile apribile sottostante. Alcuni ganci al muro. Una lampadina al centro che pende da un filo. In proscenio, parallela al sipario, una dormeuse, ora capovolta e senza piedi, che sarà il letto di Anne, un tavolo, con una bacinella e uno specchio in verticale. Nella stanza comune, un tavolo rettangolare al centro con quattro sedie, un divano-letto, senza braccioli, si trova sulla destra a mo’ di parete della stanza di Anne, accanto a questo un tavolino rotondo con una lampada, dietro uno sgabello imbottito. Sul fondoscena di sinistra le scalette che conducono alla soffitta, in cui c’è un letto matrimoniale di ottone, con la testata fuori scena, uno sgabello ai piedi del letto, un armadio a muro sul fondale, qualche scatola di cartone, un cesto di vimini e una cassa da imballaggio. Nella stanza centrale, sulla sinistra, subito dopo le scale della soffitta, un mobile a ripiani, in cui vi sono appoggiati biancheria, medicine, piatti, bicchieri, ecc., una bottiglia di cognac e un ferro da stiro. Subito dopo due gradini che conducono nella stanza di sinistra, la stanza di Peter Van Daan, dove c’è un materasso adagiato sopra l’anta di una porta appoggiata a sua volta su due scatole, una tenda sul fondale che nasconde l’armadio e il ripostiglio, una cassetta della frutta a mo’ di tavolino, un lucernario con doppia tenda di oscuramento marrone scuro, e un sedile apribile sotto al lucernario con un abat-jour appoggiato sopra. Il praticabile di questa stanza sarà rialzato per consentire l’accesso alle scale della botola, che saranno fatte in modo che il pubblico possa vedere la porta in basso, nascosta dietro uno scaffale, quando si apre o si chiude. Accanto queste scale un’altra sedia. Al centro della stanza comune un filo con appesa una lampadina e un paralume di ferro smaltato. Un filo di metallo con tenda divisoria ad anelli, attraversa la stanza dal mobile con i ripiani fino alla zona cucina, quando è chiusa nasconde tutto.

Quando il sipario si alza la scena è al buio.

Le luci si accendono sullo spezzato in alto, mettendo in mostra i tetti e il campanile della torre. Poi si alzano lentamente anche le luci nelle stanze. Gli ultimi deboli raggi del sole entrano dall’abbaino. Le stanze sono in disordine, sottolineando che gli inquilini se ne sono andati precipitosamente. Nella stanza a destra vediamo la fodera della dormeuse logora e sbiadita. Alla branda sono state tolte le coperte lasciando il materasso a vista. La porta è chiusa. Nella stanza al centro, il divano ha un taglio nello schienale da cui fuoriescono molle e parte dell’imbottitura. Non c’è la lampada sul tavolino a destra. Lo sgabello imbottito si trova dietro al tavolo a destra. Una grande carta militare è appesa sopra al caminetto. Sul fondoscena, la tenda afflosciata nasconde parte della zona cucina. Una tenda in brandelli copre la finestra sul foridoscena. La tenda divisoria a sinistra è chiusa. È tutta sfilacciata per l’usura e nasconde parzialmente la sedia capovolta che sta sul retro. Una poltrona si trova a sinistra accanto alle scale della botola. Appoggiati sopra dei ferri da calza e un gomitolo. In proscenio sinistro un’altra poltrona capovolta. Anche il tavolo al centro è capovolto, e alla sua destra c’è una sedia. Una sciarpa multicolore, lavorata a maglia da mani inesperte, è appesa alla porta sinistra. C’è un guanto bianco per terra, a destra del tavolo. La stanza a sinistra è vuota, la porta è socchiusa. Una pianta appassita langue sul sedile della finestra. Il letto è disfatto, il materasso a vista.

Quando le luci sono tutte alzate, sentiamo il carillon della Westertoren che suona.

Il carillon va in dissolvenza, si sentono sirene di navi in lontananza. Poco dopo si apre la porta della botola, entra il signor Frank salendo le scale. È un uomo gentile, di cultura europea, sui cinquant’anni. Ha un leggero accento tedesco. È debole e malato e fa un grande sforzo per controllarsi. I vestiti che indossa sono logori. Ha uno zaino in mano.

Quando arriva in cima alle scale, il carillon suona le otto. Il signor Frank raggiunge lentamente il divano, dove appoggia lo zaino, e poi va sul fondoscena destro.

Sentiamo un vociare di bambini che giocano e che cantano una canzone allegra e l’organetto intona un motivo vivace. Il signor Frank apre la porta della stanza di Anne, si affaccia, poi la richiude e torna sul fondoscena con passo irrequieto. Si accorge della sciarpa, la prende e se la mette attorno al collo, poi raggiunge il divano e si accorge del guanto. Lo raccoglie. Scoppia in singhiozzi perdendo il controllo. Miep Gies entra dalle scale della botola. È una ragazza olandese di ventidue anni, incinta. Dà l’impressione di essere una donna capace e coraggiosa. È piena di riguardi e protettiva nei confronti del signor Frank. Era stenografa e segretaria. Indossa cappotto e cappello, è pronta per tornare a casa. Una piccola croce d’argento le pende dal collo.

MIEP                         (salendo le scale) Tutto bene, signor Frank?

SIGNOR FRANK         (di getto, dominandosi) Sì, sì, certo Miep.

MIEP                         Se ne sono già andati via tutti, giù in ufficio - sono le sei passate. (Supplicandolo) Non resti quassù, signor Frank. Non ha senso torturarsi in questo modo.

SIGNOR FRANK         Sono venuto per salutare... me ne vado, Miep.

MIEP                         Che significa? Dove vuole andare? Dove?

SIGNOR FRANK         Non lo so. Non ho ancora deciso.

MIEP                         Non può andarsene. Questa è la sua casa. Amsterdam è la sua città. (Il signor Frank irrequieto attraversa la stanza) Ci sono gli affari che l’aspettano. C’è bisogno di lei, qui. Ora che la guerra è finita, ci sono molte cose che...

SIGNOR FRANK         Non posso rimanere ad Amsterdam, Miep. Troppi ricordi, ovunque: la casa in cui vivevamo, la scuola, perfino l’organetto che suona per strada. (Va in proscenio con passo stanco) Non sono più quello di una volta, Miep. Sono diventato un vecchio inacidito. (Si interrompe e torna verso Miep) Mi scusi. So che non dovrei parlarle così... dopo tutto quello che ha fatto per noi... i sacrifici che ...

MIEP                         No. No. Nessun sacrificio. Noi non possiamo certo parlare di sacrifici. (Raddrizza una sedia capovolta).

SIGNOR FRANK         So cosa avete passato lei e il signor Kraler. Non potrò mai dimenticarlo, per tutta la vita. (Dà un ultimo sguardo alla stanza e va verso le scale della botola) Andiamo Miep. (Si ricorda dello zaino, torna verso il divano a recuperarlo).

MIEP                         (affrettandosi verso i ripiani in proscenio) Signor Frank, guardi qui. Ci sono delle carte. Le abbiamo trovate per terra, dopo... dopo che ve ne eravate andati.

SIGNOR FRANK         Le bruci. (Apre lo zaino e ci infila il guanto)

MIEP                         Ma, signor Frank, ci sono delle lettere, degli appunti...

SIGNOR FRANK         Bruci tutto.

MIEP                         Anche questo? (Gli porge un diario tutto sciupato rilegato in stoffa).

SIGNOR FRANK         (sottovoce) Il diario di Anne. (Lo apre e legge) «Lunedì, sei luglio, millenovecentoquarantadue». (A Miep) Millenovecentoquarantadue. È mai possibile, Miep? Sono passati solo tre anni. (Legge) «Caro diario, siccome io e te dobbiamo diventare amici, ti parlerò un po’ di me. Mi chiamo Anne Frank. Ho tredici anni. (Il signor Frank siede sul divano) Sono nata in Germania, il 12 luglio millenovecentoventinove. E siccome la mia famiglia è ebrea, quando Hitler è salito al potere siamo emigrati in Olanda...

Mentre il signor Frank continua a leggere, subentra la voce di Anne, lontana, come se provenisse dall’aldilà.

SIGNOR FRANK e VOCE DI ANNE (assieme) Qui mio padre avviò un commercio di spezie, le cose andarono bene fino al Quaranta. Poi arrivò la guerra, la capitolazione (gira pagina), seguita dall’invasione tedesca (Le luci cominciano a dissolversi, rimane solo un puntamento sul signor Frank e su Miep). ... E allora le cose cominciarono ad andare molto male per gli ebrei

La voce del signor Frank si dissolve, quella di Anne si fa sempre più forte.

ANNE                        ... Non potevi fare questo, non potevi fare quello... (La luce sul signor Frank e su Miep si dissolve). ... Obbligarono mio padre a chiudere l’attività. Non potevamo uscire se non con la Stella di Davide cucita sui vestiti e bene in vista. Io ho dovuto consegnare la mia bicicletta. Non potevo più frequentare la scuola olandese. Non potevo andare al cinema, o andare in automobile, o perfino in tram, e un milione di altre cose. Però, noi bambini, riuscivamo a divertirci lo stesso. Ieri papà mi ha detto che andavamo a nasconderci. Ma non ci ha spiegato dove. Stamattina alle cinque la mamma mi ha svegliata e mi ha detto di sbrigarmi a vestirmi. Dovevo mettermi più cose che potevo. Avremmo dato troppo nell’occhio per strada con le valigie. Solo dopo mi hanno detto dove eravamo diretti: nell’edificio dove lavora papà, all’ultimo piano... (Le luci si alzano lentamente. Simultaneamente la voce di Anne comincia a dissolversi). ... Ci sono altre tre persone che vengono a stare con noi, i Van Daan e il loro figlio Peter. Papà li conosceva già, ma noi non li avevamo mai incontrati...»

Si sentono sirene di navi da lontano.

SCENA SECONDA

La stessa scena. Mattino presto, luglio 1942. Mancano solo le fotografie che c’erano nella precedente scena, la carta militare, la pianta appassita e il lavoro a maglia. Le stanze sono state adibite ad abitazione. Tutti i letti sono rifatti, le luci al loro posto e i mobili non capovolti. Ai lati del tavolo centrale, una sedia e una poltrona. L’altra sedia è in fondoscena dietro la stufa. Le tende divisorie sono parzialmente chiuse, e anche se non nuove non sono consunte.

Quando le luci si alzano, i tre componenti della famiglia Van Daan stanno aspettando l’arrivo dei Frank. Il signor Van Daan cammina su e giù, fuma una sigaretta e guarda la moglie con apprensione. Indossa un soprabito e completo costosi e di buon taglio. La signora Van Daan siede sul divano. È una donna graziosa di quarant’anni, si tiene stretta tutti i suoi averi; una cappelliera, una bella borsa grande di paglia. Uno scatolone di cartone legato con uno spesso spago giace sul divano accanto a lei. Peter Van Daan è davanti alla finestra, guarda in strada. È un ragazzo di sedici anni, timido e un po’ goffo. Indossa un berretto, un soprabito corto e dei calzoni alla zuava. Ai suoi piedi un cestino con dentro un gatto e sul sedile della finestra un piccolo vaso con una pianta. Tutti hanno la Stella di Davide bene in vista, cucita sul lato sinistro dei vestiti. Quando le luci sono accese la signora Van Daan starnutisce. Il signor Van Daan le dà un’occhiata, guarda l’orologio e poi va a spegnere la sigaretta. La signora Van Daan si alza, è nervosa, agitata, viene in proscenio.

SIGNORA VAN DAAN Deve essere successo qualcosa. Lo sento.

SIGNOR VAN DAAN   (avvicinandosi) Su, andiamo, cara!

SIGNORA VAN DAAN Il signor Frank ha detto che sarebbero stati qui alle sette. Ha detto...

SIGNOR VAN DAAN   Devono fare tre chilometri a piedi. Non puoi aspettarti che...

SIGNORA VAN DAAN (sovrapponendosi) Li avranno presi. (La porta da basso si apre). Li hanno presi. Ne sono certa.

Il signor Van Daan le fa cenno che sente qualcuno.

SIGNOR VAN DAAN   Che cosa ti avevo detto?

Il signor Frank appare dalla scala. Adesso sembra molto più giovane. Ha un modo di fare vivace, un’aria fiduciosa. Indossa un soprabito, il cappello in una mano, una scatola di cartone nell’altra.

SIGNOR FRANK         Signora Van Daan, signor Van Daan. (Raggiunge i Van Daan e si spingono la mano. Peter prende il cestino col gatto, la piantina e viene al centro della stanza, rimane in piedi accanto alla porta della stanza di Anne. La signora Van Daan ritorna verso il divano. Il signor Frank va da Peter a stringergli la mano, poi posa la scatola sul tavolo e viene in proscenio) C’erano troppe Camicie Verdi in giro - abbiamo dovuto fare una strada più lunga.

Miep, non più incinta, Margot, il signor Kraler e la signora Frank stanno salendo le scale. Margot ha diciotto anni, è bella, calma e timida. Ha una borsa in finta pelle e un sacchetto di carta marrone in mano che posa sul tavolo. Kraler è olandese, un uomo affidabile. Ha un apparecchio acustico e due cartelle. La signora Frank è una madre giovane, riservata e di natura gentile. Lei, come anche il signor Frank, hanno un lieve accento tedesco. Ha con sé una sporta in finta pelle e la sua borsa. Anche i Frank hanno la Stella di Davide, bene in vista, cucita sui vestiti. Kraler va verso i ripiani sul fondoscena a controllarne il contenuto. Miep e Margot raggiungono il tavolo centrale. Miep svuota la borsa di paglia che contiene indumenti e li posa sul tavolo.

SIGNORA FRANK      (chiamando dalle scale) Anne?

Anne Frank sale di corsa. Ha tredici anni, svelta nei movimenti, è vivacissima e curiosa. Indossa una mantella, calze lunghe di lana, la cartella in mano.

SIGNOR FRANK         (venendo in proscenio) Mia moglie, Edith. La signora e il signor Van Daan. (La signora Frank stringe loro la mano). Peter, il loro figlio... le mie figlie, Margot e Anne.

Anne si inchina graziosamente e stringe la mano del signor Van Daan. Posa la cartella sul tavolo e comincia a fare un giro di ispezione; va anche di sopra in soffitta. Il signor Van Daan siede al tavolo e comincia a farsi vento. Miep tira fuori il thermos pieno di latte dalla borsa e lo appoggia sullo scolapiatti.

KRALER                    Mi spiace ci sia ancora tanta confusione.

SIGNOR FRANK         La prego. Non si preoccupi. Avremo tanto di quel tempo per mettere in ordine...

Kraler entra nella stanza di Anne e posa le sue cartelle per terra, vicino alla toilette.

MIEP                         (indicando l’armadietto sopra all’acquaio) Abbiamo messo le provviste che ci avete mandato, qui dentro. (Va verso i ripiani in fondoscena) Le medicine, il sapone e la biancheria invece sono qui.

Il signor Frank va verso la mensola del caminetto, appoggia il cappello e poi raggiunge i ripiani in fondoscena. Margot prende la borsa dal tavolo e va a mettere le provviste nell’armadietto sopra l’acquaio.

SIGNORA FRANK      Grazie, Miep.

MIEP                         Ho rifatto i letti... come mi hanno detto il signor Frank e il signor Kraler. (Kraler dopo aver ispezionato la stanza di Anne, ritorna al centro e si dirige verso il divano. Miep si avvia rapidamente verso le scale della botola) Scusatemi. Vado di fretta. Devo attraversare la città per andare a ritirare le vostre tessere annonarie.

SIGNORA VAN DAAN (alzandosi) Tessere? Se vedono i nostri nomi su quei documenti, sapranno dove trovarci.

MIEP                         Non ci saranno... Non temete. I vostri nomi non ci saranno. (Mentre esce) A più tardi.

SIGNOR FRANK         (raggiungendo le scale e guardandola scendere) Grazie, Miep.

Miep esce di scena.

SIGNORA FRANK      (andando verso il signor Kraler, preoccupata) Allora sono tessere falsificate? Non abbiamo mai fatto niente di illegale noi!

SIGNOR FRANK         D’ora in poi non vivremo più secondo le regole.

Kraler si avvicina alla signora Frank, tira fuori dalle tasche del cappotto alcuni flaconi di medicine e glieli porge.

KRALER                    (rassicurandola) Non è mercato nero, signora Frank. È quello che noi chiamiamo mercato bianco... a soccorso delle centinaia di persone che sono costrette a nascondersi, ogni giorno, ad Amsterdam.

Si sente il carillon della Westertoren che suona le sette e tre quarti. Anne scende dalla soffitta, si ferma davanti alla finestra e guarda fuori attraverso le tende.

ANNE                        È la Westertoren.

KRALER                    Io devo andare. (Stringe la mano a Peter e alla signora Van Daan. Anna ispeziona l’angolo della cucina. Margot è in piedi) Scendo in ufficio, prima che arrivino gli impiegati. Io o Miep, o tutti e due assieme, verremo ogni giorno a portarvi da mangiare, a portarvi le ultime notizie e a vedere se vi manca qualcosa. (Il signor Frank anticipa Kraler sulle scale e lo aspetta). Domani metterò una serratura più robusta alla porta della scala di sotto. Serve qualcosa che vi consenta di chiudervi dentro per bene. Aprirete solo al segnale convenuto. (Rivolto al signor Frank) A proposito, glielo dice lei del rumore?

SIGNOR FRANK         Sì, glielo dico io.

KRALER                    Arrivederci, a più tardi. Tornerò su di nuovo, appena se ne saranno andati via tutti.

SIGNOR FRANK         (stringendogli la mano) A più tardi, signor Kraler.

SIGNORA FRANK      (stringendogli la mano) Come potremo ringraziarla?

KRALER                    Non avrei mai immaginato di vedere un uomo come il signor Frank costretto a nascondersi. E pensare che... (Esce di scena scendendo le scale).

Il signor Frank lo segue e chiude la porta col chiavistello. Nel frattempo, prima del suo ritorno, Peter va da Margot, fa un inchino compito e le stringe la mano. Anne, che è sul fondoscena, li guarda, poi raggiunge Peter e gli tende la mano. Peter non se ne accorge e si volta. La signora Frank, pensierosa, si avvia verso il fondoscena. Il signor Frank torna su dalle scale.

SIGNORA FRANK      (raggiungendo suo marito) Che voleva dire a proposito del rumore?

SIGNOR FRANK         Prima togliamoci di dosso un po’ di questi vestiti. (Va verso la sedia che si trova dietro la stufa di ferro e vi appoggia il cappotto).

Anne si mette davanti al tavolo, le spalle al pubblico, si toglie la mantella e il berretto e li mette sopra una pila di vestiti sul tavolo. Tutti cominciano a liberarsi degli indumenti che si sono infilati l’uno sopra l’altro. Su tutti i cappotti, i maglioni, le camicie, i completi e i vestiti è cucita la Stella di Davide. Il signore e la signora Frank sono adesso vestiti normalmente. Gli altri, oltre ai maglioni e ai vestiti, indossano anche accappatoi, grembiuli, ecc. La signora Frank si toglie i guanti e li piega con cura prima di metterli via.

SIGNOR VAN DAAN (andando verso il divano) È un miracolo che non ci abbiano arrestati per strada... Petronella in pelliccia, a luglio... e il gatto di Peter che non la smetteva di miagolare durante tutto il tragitto.

ANNE                        (togliendosi un paio di mutandine) Un gatto?

SIGNORA FRANK      (scandalizzata) Anne, per favore, cosa fai!?

ANNE                        Non ti preoccupare, mamma. Ne ho altre tre paia addosso. (Se ne toglie altre due).

Il signor Frank va in proscenio. Gli altri finiscono di togliersi gli indumenti e si sistemano. La signora Frank siede al tavolo. Anne siede sopra il tavolo, con le gambe ciondoloni. Margot rimane in piedi. La signora e il signor Van Daan siedono sul divano. Peter è accanto allo sgabello imbottito su cui ha appoggiato i suoi vestiti.

SIGNOR FRANK         E ora veniamo al rumore. Quando gli impiegati sono in ufficio, al piano di sotto, dobbiamo mantenere un assoluto silenzio. Si sente tutto laggiù, e non solo dal laboratorio, anche dagli uffici. Gli impiegati entrano alle otto e trenta ed escono alle cinque e trenta, circa. Perciò, per tutta sicurezza, dalle otto alle sei, non ci muoveremo se non in caso di estrema necessità, senza scarpe, solo con le calze. (Viene in proscenio davanti al tavolo) Possiamo parlare unicamente sottovoce. Non si può far scorrere l’acqua. Non si può usare l’acquaio e nemmeno, perdonatemi, il gabinetto. I tubi dell’acqua attraversano proprio il laboratorio. Potrebbero sentirci. E niente immondizia... (Passi di marcia in strada. Il signor Frank va nella stanza di Anne, seguito da lei, e sbircia fuori dalla finestra. Tranquillizzato dal fatto che i passi si allontanano torna nella stanza comune e continua a parlare. Anne lo segue e si rannicchia su una sedia). Nulla che possa rivelare una presenza... nemmeno una buccia di patata. Bruceremo l’immondizia nella stufa, di notte. Queste sono le regole finché tutto non sarà finito, se ci teniamo a sopravvivere.

Pausa. A Margot cade la camicia da notte che stava sfilandosi. Peter si affretta a raccogliergliela poi si avvia in fondoscena, dove si ferma.

SIGNORA FRANK      Finché tutto non sarà finito.

SIGNOR FRANK         Dopo le sei ci possiamo muovere... possiamo parlare, ridere, cenare, leggere e fare dei giochi... come se fossimo a casa. (Guarda l’orologio) E ora credo sia meglio andare nelle nostre stanze e a starci fino alle otto. Signora Van Daan, lei e suo marito dormirete di sopra. Mi spiace ma non c’è posto anche per Peter, lassù. Rimarrà qui giù, con noi. Questa sarà la stanza comune, dove staremo insieme a parlare, a mangiare, a leggere, come se fossimo una grande famiglia.

SIGNORA VAN DAAN E voi dove dormirete?

SIGNOR FRANK         Questa stanza sarà anche la nostra camera da letto.

La signora Van Daan si alza per protestare e lo raggiunge, con la cappelliera e la borsa di paglia in mano.

SIGNORA e SIGNOR VAN DAAN (assieme) Non è giusto. Dormiremo noi qui, e voi andrete di sopra. Questa è casa vostra.

SIGNOR FRANK         La prego. Ci ho pensato per settimane. Questa è la sistemazione migliore. Anzi, l’unica.

Il signor Van Daan comincia a raccogliere gli indumenti che lui e sua moglie si erano tolti e che avevano appoggiato sul divano.

SIGNORA VAN DAAN (stringendo la mano del signor Frank) Non riusciremo mai a ringraziarvi abbastanza. (Va veno la signora Frank e le stringe la mano) Non so cosa ci sarebbe potuto succedere se non fosse stato per il signor Frank.

SIGNOR FRANK         Lei non sa quanto abbia fatto per me suo marito quando sono arrivato in questo Paese... non conoscevo nessuno... non parlavo una parola di olandese. Sono io che non riuscirò mai a sdebitarmi a sufficienza. (Si avvicina al signor Van Daan) Posso aiutarla?

SIGNOR VAN DAAN   No. No. (Prende lo scatolone e si avvia verso le scale della soffitta. Alla signora Van Daan) Andiamo, tesoro.

SIGNORA VAN DAAN Ti va bene, Peter? Non avrai paura?

PETER                      (imbarazzato) Per favore, mamma.(Va a prendere le sue cose).

La signora Frank si avvicina alle scale della botola e le guarda pensierosa. Il signore e la signora Van Daan vanno di sopra.

SIGNOR FRANK         (rivolgendosi a lei) Hai bisogno di riposare, Edith. Non hai chiuso occhio stanotte. E nemmeno tu, Margot.

ANNE                        Io invece ho dormito, papà. Strano vero? Sapevo che sarebbe stata l’ultima notte che passavo nel mio letto, eppure ho dormito come un ghiro.

Peter sistema le sue cose su una sedia dietro la porta e appoggia il cestino del gatto per terra.

SIGNOR FRANK         Bene, Anne. Allora potrai aiutarmi a sistemare un po’ questa stanza. (Alla signora Frank e a Margot) Venite con me... per ora riposatevi qui, in questa camera. (Apre la porta della stanza di Anne).

SIGNORAFRANK       (rivolta al signor Frank) Sei sicuro? Posso benissimo aiutarti. Davvero. E poi Anne non ha ancora bevuto il suo latte.

SIGNOR FRANK         Glielo do io. (Va al tavolo e prende la pila di vestiti. Rivolto ad Anne e a Peter) Anne, Peter, toglietevi subito le scarpe, così non ve ne dimenticate. (La precede nella stanza di Anne e accende la luce).

Margot entra nella stanza portandosi la borsa. Anne e Peter si tolgono le scarpe.

SIGNORA FRANK      Sei sicura di non sentirti stanca, Anne?

ANNE                        Sto benissimo. E poi voglio aiutare papà.

SIGNORA FRANK      Peter, sono contenta che dormi qui giù con noi.

PETER                      Sì, signora Frank.

La signora Frank entra nella stanza e chiude la porta. Nella seguente scena il signor Frank aiuterà Margot ad appendere i vestiti che erano accatastati sulla branda. I cappotti e i cappelli verranno messi dentro il sedile della finestra. Le gonne, i maglioni e le camicie verranno appesi ai ganci accanto alla finestra. Tira fuori da un cassetto del comò un cuscino per Margot e mette il resto degli indumenti nel cassetto rimasto vuoto. Poi sposta le cartelle di Kraler e le mette assieme alla borsa di Margot vicino alla toilette. Margot posa il pettine, la spazzola ecc., sul tavolo, poi si stende sulla branda. La signora Frank piega con cura le sue cose sullo scatolone ai piedi del letto, e si sdraia sulla dormeuse. Tutti i gesti sono fatti con calma. Peter fa uscire il gatto dal cestino.

ANNE                        (si avvicina a Peter) Come si chiama il tuo gatto?

PETER                      (timidamente) «Mouschi».

ANNE                        (al gatto) Mouschi! Mouschi! Mouschi! (Prende il gatto in braccio, va sul fondoscena, fa un giro intorno al tavolo e si ferma) Amo i gatti. Anch’io ho una... una gattina adorabile. Ma non me l’hanno fatta portare. Le ho lasciato un po’ di cibo nella scodella e ho aggiunto un biglietto per i vicini pregandoli di occuparsene... mi mancherà moltissimo. Cos’è, un lui o una lei?

PETER                      (raggiungendola) È un maschio. E non gli piacciono gli estranei. (Le prende il gatto dalle mani e lo timette nel cestino).

ANNE                        (seguendo Peter; come se niente fosse) Allora dovrò smettere di essere un’estranea! L’hai fatto operare?

PETER                      (sorpreso) Eh?

ANNE                        L’hai fatto castrare?

PETER                      No.

ANNE                        Dovresti farlo... così smette di azzuffarsi. Dove andavi a scuola?

PETER                      Alla scuola ebraica, nelle classi superiori.

ANNE                        Anch’io, e anche Margot. Strano, non ti ho mai visto in giro.

PETER                      Io invece ti ho vista... qualche volta.

ANNE                        Davvero?

PETER                      In cortile. Sempre circondata da altri ragazzini. (Estrae un temperino dalla tasca).

ANNE                        E perché non mi hai mai raggiunta?

PETER                      Perché sono un po’ orso. (Comincia a scucire la Stella di Davide).

ANNE                        Che fai?

PETER                      La tolgo.

ANNE                        Ma non puoi! (Gli prende le mani e lo ferma) Se esci senza la Stella, ti arrestano.

PETER                      (liberandosi e scostandosi verso il centro scena) E chi può uscire? (Posa il temperino sul tavolo, va verso la stufa, alza il coperchio e butta dentro la Stella).

ANNE                        Già. Hai ragione. E vero. Non ci serviranno più. (Prende il temperino dal tavolo e comincia a scucire anche la sua. Peter aspetta che finisca per buttarla nella stufa). Chissà cosa penseranno i nostri amici quando non ci vedranno arrivare, oggi?

PETER                      Io non dovevo vedere nessuno.

ANNE                        (concentrata sulla Stella) E io invece sì. Dovevo vedermi con Jopie, questo pomeriggio, e andare a giocare a ping-pong a casa sua. Conosci Jopie de Waal ?

PETER                      No.

ANNE                        Jopie è la mia migliore amica. Chissà che cosa farà quando nessuno risponderà al telefono? Forse verrà a casa... chissà cosa penserà... abbiamo lasciato tutto come se fossimo partiti all’improvviso... i piatti della colazione nell’acquaio... i letti sfatti... (Mentre riesce finalmente a staccare la Stella, si accorge che sotto, sulla stoffa, ne limane la traccia) Guarda! (Posa il temperino sul tavolo) C’è ancora. (Peter le si avvicina, guarda il segno, poi prende il temperino e se lo mette in tasca). Che cosa ne hai fatto della tua Stella?

PETER                      L’ho bruciata. (Va verso la stufa, allunga la mano per prendere la Stella di Anne).

Anne sta per dargliela ma poi ci ripensa, non se la sente, e torna al centro del palcoscenico.

ANNE                        È strano. Non me la sento di buttarla via. Non so perché.

PETER                      (incredulo. Fa un passo avanti) Non te la senti di buttarla…? È come se ci avessero marchiato. Te la fanno mettere per poterti sputare addosso!

ANNE                        Lo so. Lo so. Ma è pur sempre la Stella di Davide, dopotutto.

I Van Daan si sono sistemati, hanno riposto tutti gli indumenti nell’armadio, sono seduti sul letto e si fanno aria con un giornale. Anche nella stanza di Anne tutto è sistemato. Il signor Frank spegne la luce nella stanza di Anne, richiude la porta silenziosamente e viene al centro del palcoscenico.

PETER                      Forse per una femmina è diverso.

Anne mette la sua Stella nella cartella.

SIGNOR FRANK         (avviandosi in centro scena) Senti, Peter. Vediamo un po’, dobbiamo trovare un letto per il tuo gatto. (Peter è in piedi. Anne si inginocchia per guardare nel cestino di Mouschi). Sono contento che tu abbia portato il gatto. Anne è così triste per aver dovuto lasciare il suo. (Anne si aggira, cercando ovunque qualcosa che possa fare da cuccia al gatto, poi si inginocchia sul fondo scena, cercando anche sotto ai mobili. Il signor Frank scorge un vecchio mastello sull’ultimo ripiano e lo prende) Ecco. (Dà il mastello a Peter) Pensi che starà comodo qui dentro?

PETER                      Sì, certo. Grazie.

SIGNOR FRANK         (indicandogli la stanza a sinistra) Questa è la tua stanza. Ma, ti avverto, non crescere più di così. Nemmeno di un centimetro, se no ti toccherà dormire coi piedi fuori dall’abbaino. (Apre la porta della stanza. Peter mette il mastello nella sua stanza). Hai fame?

PETER                      (raccogliendo le sue cose dallo sgabello e da terra) No.

SIGNOR FRANK         C’è pane e burro.

PETER                      No, grazie.

SIGNOR FRANK         (dandogli una pacca amichevole sulla spalla) Vorrà dire che lo mangerai più tardi. Stasera, invece, mangeremo come si deve... sarà la nostra prima cena, tutti assieme.

PETER                      Grazie. Grazie. (Entra nella sua stanza).

Il signor Frank gli chiude la porta alle spalle, poi siede al tavolo e si toglie le scarpe.

SIGNOR FRANK         Peter è proprio un caro ragazzo.

ANNE                        È molto timido, non trovi?

SIGNOR FRANK         Ti piacerà, vedrai, ne sono certo.

ANNE                        (si alza e raggiunge suo padre) Lo spero proprio, visto che sarà l’unico ragazzo che frequenterò per chissà quanti mesi.

SIGNOR FRANK         Anne, guarda, c’è una scatola lì, aprila.

Anne si avvicina allo scatolone e lo sposta al centro del tavolo. Dalla strada si sente il vociare di bambini. Il signor Frank va all’acquaio e versa un bicchiere di latte dal thermos.

ANNE                        Sai cosa farò? Farò finta che questo sia un collegio. Un collegio estivo molto particolare, come quello che dovevamo... (Guarda nello scatolone e rimane senza parole) Papà! Papà! I miei attori preferiti. Mi domandavo che fine avessero fatto... anche la regina Wilhelmina. Che bello!

SIGNOR FRANK         (avvicinandosi ad Anne) C’è ancora qualcosa. Guarda bene.

Anne affonda le mani nello scatolone e ne estrae un libro rilegato in velluto, Lo osserva estasiata, per un momento in silenzio, poi lentamente lo apre e guarda suo padre con gli occhi che le luccicano.

ANNE                        Un diario! (Abbraccia il padre). È il primo della mia vita. Lo desideravo tanto. (Cerca affannosamente una matita) Matita, matita, matita, matita. (Si slancia verso le scale della botola e comincia a scendere) Vado giù in ufficio a cercare una matita.

SIGNOR FRANK         Anne! No! (Corre verso di lei e la afferra per un braccio).

La signora Frank sente i movimenti e il rumore, si mette seduta. Poi si alza, va alla finestra e guarda fuori; ritorna a sedersi sul letto.

ANNE                        (meravigliata) Non c’è nessuno giù, a quest’ora.

SIGNOR FRANK         (trascinandola verso il centro del palcoscenico) Non importa. Non voglio che oltrepassi mai quella porta.

ANNE                        (rabbuiata) Mai? Nemmeno di notte? Quando tutti se ne sono andati? Nemmeno di domenica? Non potrò andare giù ad ascoltare la radio?

SIGNOR FRANK         No, mai! Mi dispiace, Anneke. Non sarebbe prudente. Non dovrai mai oltrepassare quella porta.

ANNE                        Ah.

SIGNOR FRANK         Anneke, sarà difficile, lo so. Ma ricordati sempre questo: non ci sono pareti, né botole, né chiavistelli che potranno condizionare i tuoi pensieri. Miep ci porterà dei libri. Leggeremo storia, poesia, mitologia. (Le porge il bicchiere di latte) Tieni, il tuo latte. (Cinge Anne con un braccio e la porta verso il divano dove siedono l’uno accanto all’altra) Secondo me, Anne, detto fra noi, credo che tu trarrai dei vantaggi a stare qui. Ti ricordi la litigata che hai fatto l’altro giorno con la mamma per via delle galosce? Dicesti che preferivi morire piuttosto che infilarti un paio di galosce. Ma alla fine te le sei dovute mettere lo stesso. Beh, finché staremo qui non sarai più costretta a usarle. Che ne dici? E il cappotto che ti ha passato Margot... (Anne fa una smorfia) non sarai costretta a indossare nemmeno quello. E il pianoforte? Niente più esercizi. Te la passerai proprio bene.

Il signor Frank è riuscito a calmarla. Appare Peter dalla porta della sua stanza con un piattino in una mano e il gatto nell’altra.

PETER                      lo… io… io… volevo prendere un po’ d’acqua per Moushi prima delle…

SIGNOR FRANK         (alzandosi e andando all’acquaio) Ma certo.

Il carillon comincia la sua melodia e poi suona le otto. Il signor Frank fa segno a Peter e ad Anne di non muoversi, va verso la finestra in punta di piedi e guarda giù. Il signor Van Daan si alza e rimane in piedi in cima alle scale della soffitta. Il signor Frank si mette un dito sulle labbra, indicando a Peter e ad Anne di fare silenzio, poi si avvicina a Peter facendogli segno che non può più prendere l’acqua, Peter indietreggia verso la sua stanza. Anne si alza e raggiunge Peter. Il signor Frank, piano piano, raggiunge la stanza di Anne. Peter, che è quasi arrivato, fa scricchiolare un’asse del pavimento. I tre rimangono impietriti. Poi Anne versa un po’ del suo latte nel piattino che Peter ha ancora in mano. Peter si accovaccia, mette il latte davanti al gatto e lo incoraggia a berlo. Il signor Frank li raggiunge, porge la sua penna stilografica ad Anne, poi ritorna ed entra nella stanza, siede sulla dormeuse in proscenio e mette un braccio intorno alla signora Frank, incoraggiandola. Anne, accanto a Peter, guarda il gatto, poi ritorna al tavolo, posa il bicchiere, si accovaccia su una sedia, apre il diario e comincia a scrivere. Tutti sono zitti e immobili, eccetto il signor Van Daan, che ritorna da sua moglie e le fa vento con il giornale. La Westertoren finisce di battere le ore.

Mentre Anne comincia a scrivere le luci vanno in dissolvenza, rimane solo un puntamento su Anne. Sentiamo la sua voce, dapprima fievole, poi in crescendo.

ANNE ...                    «Credo di doverti dire cosa si prova a essere costretti a nascondersi... (Il puntamento su Anne si dissolve) ... Ancora non lo so bene nemmeno io. So soltanto che mi sembra strano non poter andare mai fuori... a respirare un po’ d’aria fresca... Non poter correre, gridare, saltare. È il silenzio della notte quello che mi fa più paura. Ogni volta che sento uno scricchiolio in casa o dei passi per strada, sono sicura che stanno venendo per noi. Di giorno è meglio. Almeno sappiamo che ci sono Miep e il signor Kraler di sotto, in ufficio. I nostri benefattori. Li chiamiamo così. Ho chiesto a papà cosa succederebbe se i nazisti scoprissero che ci aiutano a nasconderci. Pim dice che subirebbero il nostro stesso destino. Ti rendi conto! E loro, pur sapendolo, quando vengono qui, sono sempre allegri, tranquilli, come se non ci fosse nulla al mondo a preoccuparli. Venerdì, venticinque agosto, millenovecentoquarantadue... (Le luci si alzano lentamente. La voce di Anne simultaneamente va in dissolvenza) ... Eccoti le notizie fresche della giornata. La mamma è insopportabile. Continua a trattarmi come una bambina, cosa che odio. Tutto il resto va per il meglio... Il tempo

SCENA TERZA

La stessa. Agosto 1942. Qualche minuto dopo le diciotto. I mobili sono quelli della scena precedente, solo una sedia è stata spostata dietro al tavolo. C’è una nuova pila di libri sul sedile della finestra di Peter. Le tende che dividono la stanza sono scostate, le scarpe di Anne e di Peter sono in proscenio. Il lavoro a maglia della signora Frank è sul tavolo. Un recipiente pieno di fagiolini ancora da pulire è sullo scolapiatti, accanto a una pentola.

Quando le luci si alzano la lampada da tavolo è accesa. Nella stanza comune, accanto alla finestra, il signor Frank, con le scarpe in mano, guarda giù, aspetta che tutti gli impiegati escano dall’edificio. Gli altri lo guardano con attenzione, sono in attesa del segnale che consentirà loro di muoversi. La signora Van Daan è seduta sulla sedia vicino alle scale della botola, la pelliccia sulle ginocchia. Anne e Peter sono seduti al tavolo l’uno di fronte all’altra, fanno i compiti. La signora Frank è in piedi dietro al divano, scarpe in mano, aspetta di potersele infilare. Margot è seduta alla toilette nella stanza di Anne, sta studiando. Il signor Van Daan è in soffitta, fa un solitario sul letto.

Si sente da lontano un rumore di traffico e sirene di navi. Dopo qualche istante di silenzio, il signor Frank si gira verso di loro.

SIGNOR FRANK         (a tutti, sottovoce) A posto. L’ultimo impiegato è uscito. (C’è un immediato senso di sollievo e le attività di ciascuno ricominciano. Anne allarga le braccia e le gambe in un gesto di esagerato sollievo). Aaaah! (Si alza).

SIGNORA FRANK      (sorpresa ma divertita) Anne!

SIGNORA VAN DAAN (alzandosi) Vado al gabinetto per prima. (Attraversa la stanza rapidamente, entra in bagno,fermandosi solo un secondo per appoggiare la pelliccia con cura sulla sedia dietro al tavolo. Accende la luce del gabinetto).

La signora Frank si infila le scarpe e va all’acquaio a preparare la cena. Si mette il grembiule e comincia a pulire i fagiolini. Anne afferra le scarpe di Peter da sotto il tavolo, mentre lui si stira, e le nasconde dietro la schiena. Il signor Frank, con le scarpe in mano, va nella stanza di Anne.

SIGNOR FRANK         (a Margot) Sono le sei! La scuola è finita. (Siede sul letto e si infila le scarpe).

Margot si alza e si stira. Anne, al centro della stanza, guarda Peter che cerca le scarpe. Peter rimane seduto a guardare sotto al tavolo.

PETER                      (ad Anne) Hai visto le mie scarpe?

ANNE                        (innocente) Le tue scarpe?

PETER                      (ha capito) Le hai prese tu, vero?

ANNE                        Non so di che parli.

PETER                      (si alza a metà, pronto a scattare per acchiappare Anne) Te ne pentirai.

ANNE                        Ah,davvero? (Tiene le scarpe strette in mano e fa una finta, come per voler correre in fondoscena).

Peter fa un balzo per afferrarla, ma lei fa marcia indietro e corre verso la signora Frank, che li osserva con divertimento. Peter continua a girare attorno al tavolo e sta quasi per prenderla quando viene fermato da una sedia che Anne gli fa cadere tra i piedi. Anne si nasconde dietro alla signora Frank ma Peter riesce a prenderle le mani. Lottano un po’ poi finiscono a terra, sul fondoscena.

SIGNORA FRANK      (protestando) Anne, tesoro, smettila!

PETER                      Ora ti acchiappo!

ANNE                        Ti sto aspettando. (Peter riesce a inchiodare Anne, lotta per Riprendersi le scarpe. Anne si diverte moltissimo) NO! NO! Peter, smettila! Ahi!

SIGNORA FRANK      Anne! Peter!

Peter, tutto d’un tratto, si rende conto di ciò che sta facendo: imbarazzato, le strappa le scarpe di mano e va verso la sua stanza.

ANNE                        (afferrando Peter mentre sta per aprire la porta) Dove vai, Peter? Vieni a ballare con me.

PETER                      Te l’ho già detto, non sono capace.

ANNE                        Ti insegno io.

PETER                      Devo dar da mangiare a Moushi.

ANNE                        Posso venire anch’io?

PETER                      Non vuole gente attorno quando mangia.

ANNE                        Oh, Peter, ti prego.

PETER                      No. (Entra nella stanza).

Anne richiude la porta sbattendola.

SIGNOR FRANK         Anne, tesoro, non scherzare così con Peter. Non si fa.

Anne ormai ha perso l’entusiasmo e va sul fondoscena, guardandosi i gomiti graffiati.

ANNE                        Chi se ne importa se si fa o non si fa. (Si butta su una sedia in maniera scomposta).

Il signor Frank spegne la lampada sul tavolino. Margot gli dà il suo quaderno. Vanno tutti al centro della stanza. Margot poi va ad aiutare la signora Frank. Il signor Frank raccoglie i quaderni di Anne. Peter, nella sua stanza, si infila le scarpe.

SIGNORA FRANK      (ad Anne) Ti lamenti se ti tratto come una bambina. E poi, quando non lo faccio, metti subito il broncio.

Margot con uno straccio pulisce il tavolo.

ANNE                        (alzandosi e rimettendo la sedia a posto) Ho solo voglia di divertirmi un po’... qualcuno con cui ridere, scherzare. Sono stata seduta tutto il giorno senza potermi muovere, adesso ho voglia di giocare. Non capisco cos’abbia Peter.

SIGNOR FRANK         Non è abituato a stare con le ragazzine. Dàgli un po’ di tempo.

ANNE                        Un po’ di tempo? Non sono sufficienti due mesi? Mi viene da piangere. (Margot va all’acquaio. Anne afferra il braccio di Margot) Margot, balla almeno tu con me. Dài, ti prego.

MARGOT                   (liberandosi) Devo dare una mano per la cena. (Torna ad aiutare la signora Frank).

ANNE                        Finiremo tutti per dimenticarci come si balla. Quando usciremo di qui non ci ricorderemo nemmeno un passo. (Canta tra sé e sé, la-la-la-la,fa dei passi di valzer intorno al tavolo).

Il signor Frank sta guardando il quaderno di Peter. Anne gli si avvicina. Lui allunga le braccia e fanno qualche passo di valzer assieme, al centro del proscenio. La signora Van Daan esce dal gabinetto e spegne la luce.

SIGNORA VAN DAAN È libero. (Si guarda attorno e comincia a infilarsi le scarpe) Dov’è Peter ?

ANNE                        Dove vuole che sia?

Il signor Frank e Anne finiscono di ballare con uno svolazzo e un inchino. Anne continua a cantare sottovoce. Il signor Frank siede al tavolo a correggere i compiti.

SIGNORA VAN DAAN Non ha ancora finito di fare i compiti, vero? Se suo padre lo trova in camera col gatto senza aver finito i compiti, lo riempie di botte. (Prende la pelliccia e va a sedersi sul divano) Anne, per favore, gli dici di uscire di lì?

Anne, sempre ballando, raggiunge la porta di Peter e bussa a ritmo di valzer. «La-la-la-la-la... toc-toc-toc-toc».

ANNE                        (chiamandolo) Peter. Peter.

PETER                      (socchiudendo la porta) Che c’è?

ANNE                        Tua madre ti vuole, vieni fuori.

PETER                      Sto dando da mangiare a Moushi.

SIGNORA VAN DAAN Sai cosa dice sempre tuo padre... (Si adagia la pelliccia sulle ginocchia con cura, accarezzandone il pelo e lisciandosi la guancia col collo).

PETER                      Ma mamma, per favore, è dall’una che non gli faccio una carezza...

SIGNORA VAN DAAN Volevo solo avvisarti, nient’altro.

ANNE                        Gli do da mangiare io, se vuoi.

PETER                      Non voglio che entri qui dentro.

SIGNORA VAN DAAN Peter!

PETER                      (ad Anne) E va bene, dàgli da mangiare, ma poi esci subito dalla mia stanza, capito? (Si avvia verso il tavolo e siede).

Anne entra nella stanza, chiude la porta e sparisce dietro alla tenda che copre l’armadio.

SIGNORA VAN DAAN (a Peter) Ti sembra questo il modo di parlare a una ragazza?

PETER                      Mamma... per favore... smettila di dire queste cose.

SIGNORA VAN DAAN Guardatelo: diventa rosso! Guardatelo.

PETER                      (a disagio) Per favore. Non è vero... insomma... mi vuoi lasciare in pace, sì o no?

SIGNORA VAN DAAN Fa così perché si vergogna. Non bisogna vergognarsi di avere un’amichetta.

PETER                      Ma che dici?! Ha solo tredici anni.

SIGNORA VAN DAAN E allora? Tu ne hai sedici. Va benissimo. Tuo padre ha dieci anni più di me. (Al signor Frank) Vorrei avvisarla, signor Frank, se questa guerra dura ancora a lungo ci ritroveremo imparentati.

SIGNOR FRANK         Mazel tov!

SIGNORA FRANK      (avviandosi veno il tavolo, imbarazzata) Chissà dov’è finita Miep? È sempre così puntuale.

Improvvisamente tutto viene interrotto sentendo un rumore provenire dalla strada. Un’automobile si ferma di colpo. Sono tutti tesi, paralizzati dal terrore. La vettura riparte. Si diffonde un senso di sollievo. La signora Frank torna ai fornelli, il signor Frank ai quaderni. Anne spalanca all’improvviso la porta della stanza di Peter ed entra con fare drammatico. Si è messa i calzoni alla zuava di Peter, la giacca e il berretto. Cammina a passi lunghi e parla con voce profonda. Peter la guarda furioso. Gli altri sono divertiti.

ANNE                        Buonasera a tutti. Scusate se non resto tra voi. Ho un amico che mi aspetta di là. Il mio amico Tom. Tom il Gatto. (Salta su una sedia e mette un piede sul tavolo) C’è chi dice che ci assomigliamo. Ma Tom ha dei bellissimi baffi... (Finge di lisciarsi dei baffi immaginari. Peter si alza e va verso la sua stanza) ... mentre io ho solo un po’ di peluria. Ma spero... che presto...

PETER                      (torna verso Anne) E va bene, Signorina Qua-Qua.

ANNE                        (saltando giù e spingendolo via offesa) Peter!

PETER                      So tutto di te... chiacchieravi così tanto in classe che ti chiamavano «Signorina Qua-Qua». (Va a prendere il suo quaderno) So anche che il professor Smitter ti ha fatto scrivere un tema dal titolo, «Qua-qua, disse la Signorina Qua-Qua».

ANNE                        Dài, vai avanti. Racconta anche il resto. (Insegue Peter e gli dà un’altra spinta mentre sta per prendersi il quaderno. Per farlo usa tutte e due le mani e i pantaloni le cadono alle caviglie. Li tira su e continua a inseguire Peter che si sta avviando verso la sua stanza) Era scritto così bene che è stato letto ad alta voce nella mia classe e poi anche in tutte le altre.

PETER                      Qua! Qua! Qua-qua-qua!

ANNE                        (togliendosi giacca e pantaloni) Sei il ragazzo più antipatico e più insopportabile che io abbia mai conosciuto! (Butta i vestiti di Peter giù per le scale).

Peter posa il quaderno dietro la porta della sua stanza, corre giù per le scale a riprenderseli. La signora Van Daan si alza, adagia la pelliccia sul divano e va in cucina ad aiutare.

SIGNORA VAN DAAN Brava, Anneke. Diglielo.

ANNE                        (crolla su una sedia) Con tutti i ragazzi che ci sono al mondo... guarda con chi mi è capitato di essere rinchiusa.

PETER                      (tornando su dalle scale) Qua-qua-qua, e da adesso in poi guai a te se entri nella mia stanza. (Sta per entrare nella sua stanza).

Anne allunga un piede e fa inciampare Peter. Lui si rimette subito in piedi, furioso e impacciato, riappende i vestiti nell’armadio. La porta rimane aperta. Anne fa la finta innocente. La signora Frank va verso Anne e le accarezza i capelli. Così facendo le sente la fronte.

SIGNORA FRANK      (sottovoce) Anne, tesoro... scotti. Ti senti bene?

ANNE                        (alzandosi) Ti prego, mamma. (Si infila le scarpe).

SIGNORA FRANK      Non avrai la febbre?

ANNE                        (andando al divano) No. No.

SIGNORA FRANK      Anneke, tesoro, cerca di non ammalarti. Lo sai che non possiamo chiamare un medico. Dobbiamo stare riguardati. Prevenire le malattie prima che si manifestino. (Raggiunge Anne. Anne le gira le spalle). Fammi vedere la lingua.

ANNE                        Mamma, ma è assurdo!

SIGNORA FRANK      Anne, tesoro, non fare la bambina. Fammi vedere la lingua. (Anne scuote la testa. La signora Frank si appella al signor Frank) Otto... ?

SIGNOR FRANK         Ubbidisci a tua madre, Anne.

Anne si volta verso sua madre, tira fuori la lingua per un istante e subito si allontana.

SIGNORA FRANK      (affabile) Su da brava aprila bocca. (Anne, visto che è costretta, tira fuori la lingua più che può, e con la bocca spalancata si piega verso sua madre). Mi sembra bella… ma forse un’aspirina… (Ritorna verso l’acquaio).

Anne segue la signora Frank. La signora Van Daan si sposta dietro al tavolo. Il signor Van Daan, in soffitta, mette via le carte e viene giù.

SIGNORA VAN DAAN Per l’amor del Cielo, non le dia medicine. Ho dovuto aspettare più d’un quarto d’ora stamattina perché uscisse dal gabinetto.

ANNE                        Mi stavo lavando i capelli.

La signora Van Daan va a sedersi sul divano.

SIGNOR FRANK         La nostra piccola Anne non ha niente. Credo che la miglior cura per lei sarebbe una bella pedalata in bicicletta o un salto a casa di Jopie de Waal. Sei d’accordo Anne?

Anne va da suo padre e lo abbraccia. Il signor Van Daan raggiunge la signora Van Daan. Sentiamo il rombo di una squadriglia d’aerei seguita dal rumore dei traccianti dell’antiaerca.

SIGNOR VAN DAAN   Miep non è ancora arrivata?

SIGNORA VAN DAAN Gli impiegati se ne sono andati da poco.

SIGNOR VAN DAAN   (camminando su e giù) Che cosa c’è per cena?

SIGNORA VAN DAAN Fagiolini.

SIGNOR VAN DAAN   (fermandosi un attimo e rivolgendo uno sguardo afflitto a sua moglie) Ancora!

SIGNORA VAN DAAN Povero Putti! Lo so. Ma che possiamo fare? È tutto quello che Miep è riuscito a trovare.

Il signor Van Daan riprende a muoversi. Anne lo segue, imitando il suo passo lungo, lui raggiunge la porta aperta della stanza di Peter.

ANNE                        (con voce profonda) È la «Sagra del fagiolino». Fagiolini bolliti, fagiolini in umido, fagiolini con filo, fagiolini senza filo ...

Il signor Van Daan si affaccia nella stanza proprio mentre Peter ricomincia a fare i compiti.

SIGNOR VAN DAAN   (a Peter) Ti ho visto sai...  che giocavi con il gatto.

Peter si alza, viene nella stanza comune e siede al tavolo. La signora Van Daan si rimette la pelliccia sulle ginocchia e accarezza il pelo.

SIGNORA VAN DAAN È andato di là, solo un secondo, per mettere via il cappotto. Prima era qui, a studiare.

SIGNOR FRANK         (alzando gli occhi dai quaderni) Anne, hai preso un «ottimo» in storia... e un «molto buono» in latino.

Il signor Van Daan cammina su e giù come se tracciasse un disegno geometrico intorno al tavolo, da destra a sinistra, dal proscenio al fondoscena, e poi ricomincia da capo. I suoi movimenti ricordano quelli di un animale in gabbia.

ANNE                        (sedendosi al tavolo, rivolta al pubblico) E in algebra?

SIGNOR FRANK         Devo confessarti una cosa. Fino a oggi riuscivo a starti dietro in algebra, ma ora mi hai superato. Chiederò a Margot di correggertela.

ANNE                        Non trovi che l’algebra sia disgustosa, Pim?

SIGNOR FRANK         Disgustosa! ?

MARGOT                   (inserendosi tra Anne e il signor Frank) E io come sono andata?

ANNE                        (alzandosi e accarezzandole la testa) Ottimo, ottimo, ottimo, ottimo!

Margot scosta la mano di Anne.

SIGNOR FRANK         (a Margot) Qui avresti dovuto usare il congiuntivo.

MARGOT                   Ah, sì? Credevo che guarda qui non l’ho usato (Siede sulla sedia accanto a suo padre).

Margot e il signor Frank si concentrano sui quaderní.

ANNE                        (raggiungendo il divano) Signora Van Daan, posso provare la sua pelliccia?

SIGNORA FRANK      (facendo un passo verso Anne) No, Anne, non si fa.

La signora Van Daan l’aiuta a infilarsi la pelliccia.

SIGNORA VAN DAAN Provala pure... ma stai attenta. Me l’ha regalata mio padre l’anno prima di morire. Lui ha sempre e solo comprato il meglio del meglio.

ANNE                        Signora Van Daan, ha avuto molti corteggiatori prima di sposarsi?

SIGNORA FRANK      (avvicinandosi ad Anne) Anne, è una domanda indiscreta. Non sta bene.

SIGNORA VAN DAAN A me non dà fastidio. (La signora Frank torna alle sue faccende. Ad Anne) La nostra casa brulicava di giovanotti, Quando ero ragazza avevamo...

SIGNOR VAN DAAN   (proseguendo verso il fondoscena) Mio Dio! Di nuovo!

SIGNORA VAN DAAN (con tono allegro) Taci tu! (Continua senza pause, tavola ad Anne. Il signor Van Daan imita sua moglie e le prime battute sono dette all’unisono, mentre lui continua il suo percorso geometrico). Un’estate prendemmo una grande casa nel Hilversum. I ragazzi ci ronzavano intorno come api sulla marmellata. Sedici anni... e a quei tempi, si portavano le gonne corte, e io avevo delle gran belle gambe. (Si alza, raggiunge il signor Frank e gli si piazza davanti. Civetta) Ce le ho tuttora. Non sarò più carina come una volta ma le gambe sono sempre le stesse. (Tira su la gonna sopra il ginocchio. Il signor Frank è leggermente imbarazzato e guarda la signora Van Daan). Che ne dice, signor Frank?

SIGNOR VAN DAAN   (raggiungendo il tavolo) Va bene. Va bene, Le abbiamo viste. Ma ora basta!

SIGNORA VAN DAAN Non lo sto chiedendo a te. Lo sto chiedendo al signor Frank.

PETER                      Mamma, per favore...

SIGNORA VAN DAAN Ah, ti metto a disagio, eh? (Ritorna verso Anne e passando dà una piccola pacca a Peter) Beh, spero proprio che la ragazza che sposerai le abbia belle come le mie. (Rivolta ad Anne) Mio padre era in pensiero per me, con tutti quei ragazzi che mi ronzavano attorno. E un giorno mi disse, se qualcuno si comporta da sfacciato, tu devi dirgli (mette una mano sulla spalla di Anne e con l’indice dell’altra mano a mo’ di rimprovero... Il signor Van Daan torna in proscenio per ascoltare meglio). ... «Si ricordi, signor Tal dei Tali, si ricordi sempre che io sono una signora».

ANNE                        (imitando la signora Van Daan nei gesti e nelle parole) ... «Si ricordi, signor Tal dei Tali, si ricordi sempre che io sono una signora»

La signora Van Daan si riprende la pelliccia. Anne va in proscenio e si sdraia sul pavimento a pancia in giù, con le gambe divaricate. La testa appoggiata su un lato e l’orecchio schiacciato alle assi, come se stesse ascoltando dei suoni che provengono dal piano di sotto.

SIGNOR VAN DAAN   (a sua moglie) Ti sembrano cose da raccontare a una ragazzina? Lo sai che tiene un diario?

SIGNORA VAN DAAN E allora? Non ho mica detto bugie. (Siede sul divano).

La signora Frank va a prendere una tovaglia dai ripiani in proscenio e la porta a tavola. Margot raccoglie tutti i quaderni dalle mani del signor Frank e va a metterli sulla mensola del caminetto, poi va in fondoscena e prende sette piatti.

SIGNORA FRANK      Peter, ti dispiace spostarti sul divano?

ANNE                        (sempre in ascolto) Miep deve aver acceso la radio.

Peter si alza e si avvia verso il divano

SIGNOR VAN DAAN   (affrontando Peter) Non hai ancora finito?

PETER                      No.

SIGNOR VAN DAAN   Dovresti vergognarti. (Gira attorno al tavolo e si irrita perché deve scavalcare una delle gambe divaricate di Anne).

Il rumore di aerei e di antiaerea cessa.

PETER                      E va bene. Lo ammetto. Sono un somaro. Sono un caso disperato. E allora perché insistere? (Siede sul divano accanto alla signora Van Daan).

La signora Frank stende la tovaglia sul tavolo. Margot porta i piatti, poi torna ai ripiani a prendere forchette e coltelli.

SIGNORA VAN DAAN (a Peter) Non è vero. Non sei un caso disperato. Non dire sciocchezze. Il guaio è che non hai nessuno che ti aiuti, come hanno invece le ragazze. (Rivolta al signor Frank) Magari potrebbe dargli una mano lei, signor Frank?

Il signor Van Daan, che continua imperterrito il suo percorso, si ferma sul fondoscena.

SIGNOR FRANK         Sono certo che suo padre...

SIGNOR VAN DAAN   Ah no, io no. Non riesco a concludere un bel niente con lui. Non mi ascolta. Ci provi lei, se se la sente...

SIGNOR FRANK         (alzandosi e andando verso Peter) Tu che ne pensi, Peter? (Scavalca una gamba di Anne) Vogliamo dar vita a una scuola mista?

Il signor Van Daan con un passo lungo scavalca di nuovo una gamba di Anne.

SIGNORA VAN DAAN (alzandosi e raggiungendo il signor Frank) Lei è un angelo, signor Frank. (Margot dispone coltelli e forchette). Un autentico angelo! (Prende il viso del signor Frank tra le mani e lo bacia sulla bocca) Perché non l’ho incontrata prima di conoscere... (indica il signor Van Daan) quello lì. Venga qui e si sieda accanto a me. (Peter si sposta sulla sedia mentre la signora Van Daan spinge il signor Frank a sedersi sul divano. Una volta seduti lei gli circonda le spalle con un braccio) Peter, da adesso in poi ascolterai il signor Frank.

SIGNOR FRANK         (a disagio) Forse è meglio che andiamo nella tua stanza, Peter.

La signora Frank mentre apparecchia non si lascia sfuggire niente. Peter si alza di scatto, entusiasta, e si avvia verso la sua stanza.

SIGNORA VAN DAAN Bravo. Vai di là, Peter. Ascolta con attenzione il signor Frank. È un uomo molto colto.

Il signor Frank si alza e segue Peter. La signora Frank lo ferma sulla porta e gli pulisce il rossetto che gli è rimasto sulle labbra. Peter entra nella stanza. Il signor Frank, imbarazzato, lo segue frettoloso. Durante la scena seguente, Peter e il signor Frank rimarranno seduti sul letto, a studiare. Nel frattempo, il signor Van Daan, che persiste nel suo percorso, scavalca nuovamente una gamba di Anne.

ANNE                        (ascoltando) Ssst! Sento la voce di un uomo.

SIGNOR VAN DAAN   (rivolto ad Anne) Non credi che si stia già abbastanza stretti qui dentro, senza che tu debba sdraiarti a quel modo?

Anne si rimette seduta, con la schiena appoggiata al tavolo.

SIGNORA VAN DAAN (a suo marito) Se non fumassi tanto, non saresti sempre così di cattivo umore.

SIGNOR VAN DAAN   Sto fumando? Mi vedi fumare?

La signora Van Daan si alza e comincia a camminare anche lei su e giù, mentre il diverbio va scaldandosi.

SIGNORA VAN DAAN Non mi dirai che ti sei fumato già tutte quelle sigarette?

SIGNOR VAN DAAN   Un pacchetto! Miep mi ha portato solo un pacchetto!

SIGNORA VAN DAAN (sovrapponendosi). È un’abitudine orrenda. Potresti approfittarne per smettere.

SIGNOR VAN DAAN   Piantala, per favore!

SIGNORA VAN DAAN (strilla) Tutti i nostri soldi vanno in fumo, lo sai o no?

La signora Frank e Margot tengono gli occhi bassi, mentre Anne, seduta per terra, segue la discussione con molto interesse.

SIGNOR VAN DAAN   (più forte di lei) Vuoi tacere una volta per tutte? (Si gira e vede Anne che lo sta fissando) E tu cosa hai da fissarmi così?

ANNE                        Non avevo mai sentito litigare i grandi prima d’ora. Pensavo che solo i bambini lo facessero.

SIGNOR VAN DAAN   Non è un litigio. È una discussione. (Si allontana e poi torna per avere l’ultima parola) E io non ho mai conosciuto bambini così maleducati. (Torna in proscenio).

ANNE                        (alzandosi, umiliata) lo?... Maleducata? (Inseguendolo).

Margot prende i cucchiai dai ripiani e li dispone.

SIGNORA FRANK      (sedendosi, tutto d’un fiato) Anne, mi porteresti il mio lavoro a maglia? (Anne va a prenderglielo). Quando viene Miep bisogna che mi ricordi di chiederle di portarmi dell’altra lana.

MARGOT                   (avviandosi verso la stanza di Anne) lo invece ho bisogno di forcine e di sapone. Ho fatto una lista. (Entra nella stanza, accende la luce e inizia a scrivere la lista per sua madre).

SIGNORA FRANK      (ad Anne) Hai qualche libro da restituire alla biblioteca?

Il signor Van Daan continua verso il proscenio. La signora Van Daan siede sul divano.

ANNE                        (porge a sua madre il lavoro a maglia) A volte mi domando come faccia Miep ad avere una sua vita privata con tutte le commissioni che le chiediamo: «Miep, per favore, portami un po’ d’amido ». (Rivolta al signor Van Daan) «La prego, mi porti i capelli dal barbiere a fargli dare una spuntata». «Che novità ci sono ?» (Si inginocchia dietro alla signora Van Daan che è seduta sul divano) Lo sa che Miep è fidanzata? Si chiama Dirk, e lei è terrorizzata che i nazisti, un giorno o l’altro, lo mandino in Germania a lavorare in una delle loro fabbriche di guerra. Lo fanno con molti giovani olandesi... li reclutano per strada...

SIGNOR VAN DAAN   (attraversando la scena, scocciato) Non ti stanchi mai di parlare? Perché non provi a star zitta cinque minuti? Solo cinque. (Ricomincia il suo percorso geometrico).

Anne si alza di scatto, segue il signor Van Daan mimando il suo passo lungo. La signora Frank, quando Anne le passa vicino, salta su e la prende per un braccio facendole cambiare strada.

SIGNORA FRANK      Vieni, Anne, finisci il tuo latte. (Le dà un bicchiere di latte, poi siede a tavola e continua a lavorare a maglia).

Il signor Van Daan gira nuovamente attorno al tavolo, si ferma in fondoscena a guardare tra i ripiani.

SIGNOR VAN DAAN   Parla, parla, parla... Non ho mai conosciuto una ragazzina così! Dov’è la mia...? Ogni sera la stessa solfa, parla, parla, parla. (Si guarda attorno) Dove diavolo...?

SIGNORA VAN DAAN Cosa stai cercando?

SIGNOR VAN DAAN   (andando al centro della stanza) La mia pipa. L’hai vista?

SIGNORA VAN DAAN Che te ne fai? Non hai più tabacco.

SIGNOR VAN DAAN Tanto per masticare qualcosa. (Apre la porta della stanza di Anne e si affaccia) Margot, hai visto la mia pipa?

Anne è dietro al signor Van Daan, si avvicina furtivamente al tavolo, posa il bicchiere di latte e afferra la pipa. Poi indietreggia verso il fondoscena, con la pipa dietro la schiena.

MARGOT                   Era sul tavolo, ieri sera.

SIGNOR VAN DAAN   Lo so. Lo so. (Richiude la porta sbattendola e si gira a guardare sulla mensola del caminetto) Anne, hai visto la mia pipa? (Anne non risponde. Si gira lentamente verso di lei) Anne!

SIGNORA FRANK      Anne, tesoro, il signor Van Daan ti sta parlando.

ANNE                        (fingendosi sorpresa, a denti stretti) Ah, e adesso posso parlare ?

SIGNOR VAN DAAN   Sei proprio irritante... (Si controlla con difficoltà) Il guaio è che sei troppo viziata. Ti ci vorrebbe una bella sculacciata, come si faceva una volta.

ANNE                        (imitando la signora Van Daan) «Si ricordi, signor Tal dei Tali, si ricordi sempre che io sono una signora». (Gli ficca la pipa in bocca. Prende il suo bicchiere di latte e attraversa la stanza fermandosi in proscenio).

Margot esce dalla stanza con la lista pronta, la posa sul tavolo, poi si avvia in cucina.

SIGNOR VAN DAAN   Perché non sei brava e tranquilla come tua sorella? Devi essere sempre per forza al centro dell’attenzione, eh? (Anne cerca di raggiungere il signor Van Daan, ma lui indietreggia, bloccandole la strada. Si ferma dietro al tavolo. Anne è davanti a lui, spalle al pubblico). Ascoltami bene, signorina. Agli uomini non piacciono le donne che la vogliono sempre vinta. Lo sai? All’uomo piace una donna che lo sappia ascoltare... una donna tutta casa, che la sappia tenere in ordine... che ami cucinare, cucire e...

ANNE                        Piuttosto mi ammazzerei. Mi taglierei le vene. (Il signor Van Daan va verso il fondoscena). Diventerò famosa. Andrò a Parigi.

SIGNOR VAN DAAN   (beffardo) Parigi! ...

ANNE                        A studiare musica e arte.

SIGNOR VAN DAAN   SSSS ... Sì

ANNE                        Diventerò una cantante famosa, o una ballerina... (Allarga le braccia, il bicchiere di latte nella mano destra, e fa una giravolta).

Il latte si versa sulla pelliccia della signora Van Daan che l’ha in grembo. La signora Van Daan è fuori di sé. Anne si inginocchia e cerca di pulirgliela. Margot si precipita con uno strofinaccio.

SIGNORA VAN DAAN (con voce tremante) Guarda, guarda cos’hai combinato... piccola sciocca maldestra. La bella pelliccia che mi ha regalato mio padre...

ANNE                        Mi… Scusi...

SIGNORA VAN DAAN Tanto a te che te ne importa? Non è mica tua... e allora dài, roviniamola pure. Lo sai quanto è costata? Eh? E ora guardala. Guardala!

ANNE                        Mi dispiace, davvero, molto...

SIGNORA VAN DAAN (alzandosi e avviandosi verso le scale della soffitta) Ti ammazzerei! Ti ammazzerei! (Sale in soffitta).

SIGNOR VAN DAAN   (seguendola) Petronella... tesoro... vieni giù... la cena... vieni giù. (Accende la luce della soffitta).

SIGNORA FRANK      Anne, non ci si deve comportare così!

ANNE                        (sempre in ginocchio). È stato un incidente. Può succedere a tutti.

SIGNORA FRANK      Non mi riferivo a quello. Bensì al modo in cui rispondi. Devi smetterla. (Anne si alza e attraversa la stanza). Sono nostri ospiti. Dobbiamo essere cortesi. Stiamo vivendo una situazione estremamente difficile. Dobbiamo imparare a controllarci. Hai mai sentito Margot discutere con loro? Fai come lei. È sempre cortese, senza dar troppa confidenza. Tiene le distanze. E loro la rispettano. Cerca di comportarti come Margot.

ANNE                        (girandosi e andando in fondoscena) Così mi mettono sotto i piedi come fanno con lei, eh? No, grazie tante.

SIGNORA FRANK      Temo sia difficile per chiunque metterti sotto i piedi. Semmai il contrario. Non capisco cosa ti stia succedendo. Sei così scontrosa, caparbia. Se io mi fossi permessa di parlare a mia madre come fai tu con me...

ANNE                        I tempi sono cambiati. Non è più l’epoca di: «Sì, mamma. No, mamma. Come vuoi tu, mamma». Si deve lottare, per riuscire a cavarcela da soli. Per poter diventare qualcuno. (Si gira dall’altra parte).

SIGNORA FRANK      Non c’è bisogno di lottare per questo. Margot non lotta eppure è... ?

ANNE                        (verso sua madre, con violenza) Margot! Margot! Margot! Margot! Non sento parlare d’altro... «Quant’è brava Margot»... «Perché non sei come Margot?»

MARGOT                   (andando in fondoscena, protestando) E dài, Anne, non fare così.

ANNE                        (come se non l’avesse sentita) Tutto quello che fa lei è giusto, tutto quello che faccio io è sbagliato. Sono la pecora nera della famiglia. Siete tutti contro di me... e tu peggio di tutti. (Va nella sua stanza di fretta e si butta sulla dormeuse, soffocando i singhiozzi).

La signora Frank sospira, si alza, a va mettere il lavoro a maglia sulla mensola del caminetto.

SIGNORA FRANK      Mettiamo la minestra sul fuoco... nel caso qualcuno abbia ancora voglia di mangiare. Margot, prendi il pane? (Margot prende il pane). Non so come faremo ad andare avanti così... non posso dire una sola parola ad Anne... che si ribella...

MARGOT                   (andando verso i ripiani) Lo sai com’è fatta Anne. (Prende il pane) Tra meno di mezz’ora sarà di nuovo qui, con noi, a ridere e a scherzare.

SIGNORA FRANK      (andando su e giù per la stanza) E poi... (fa un gesto, indicando i Van Daan) io l’avevo detto a tuo padre che non avrebbe funzionato... ma lui, no... no... ha voluto chiederglielo ugualmente, mi ha detto... glielo devo. Beh, ora sa che avevo ragione io. Tutte queste liti... questi bisticci...

MARGOT                   (mettendo il pane a tavola, con uno sguardo d’avvertimento) Ssst! Ssst!

Alla porta si sente il segnale convenuto: tre colpi rapidi e uno più distanziato. La signora Frank sussulta e ansima.

SIGNORA FRANK      Ogni volta che sento quel rumore il cuore mi si ferma.

MARGOT                   (andando verso la stanza di Peter). È Miep. (Bussa alla porta) Papà.

La luce in soffitta viene spenta. Il signor Frank si alza, esce rapidamente dalla stanza di Peter e si affretta giù per le scale.

SIGNOR FRANK         (mentre scende) Grazie, Margot. Sono pronte le liste ?

MARGOT                   Vado a prendere i miei libri.(Indica la lista sul tavolo alla signora Frank) Quella è la tua, mamma. (Va nella stanza di Anne. La signora Frank va a prendere la lista, Anne si alza, nascondendo le. lacrime. Margot ad Anne) E arrivata Miep. (Raccoglie i libri e torna nella stanza comune).

Anne si alza, si guarda allo specchio e si mette a posto i capelli. Il signor Van Daan scende dalla soffitta.

SIGNOR VAN DAAN   È Miep?

MARGOT                   Sì. Mio padre è sceso ad aprirle la porta.

SIGNOR VAN DAAN   Finalmente un po’ di sigarette.

SIGNORA FRANK      (avvicinandosi al signor Van Daan) Mi dispiace per la pelliccia di sua moglie. Anne non avrebbe dovuto toccarla.

SIGNOR VAN DAAN   Le passerà.

SIGNORA FRANK      C’è niente che io possa fare?

SIGNOR VAN DAAN   Non si preoccupi. (Si volta verso le scale).

Kraler e il signor Frank stanno salendo. L’espressione è grave. Anne e Peter entrano. La signora Frank va incontro a Kraler.

SIGNORA FRANK      Signor Kraler!

Rumore di un’automobile per strada.

SIGNOR VAN DAAN   (stringendogli la mano) Come sta, signor Kraler?

MARGOT                   Questa sì che è una sorpresa!

SIGNORA FRANK      Quando arriva il signor Kraler è come se entrasse il sole.

SIGNOR VAN DAAN   Miep non viene, stasera?

KRALER                    No, stasera no.

Il signor Van Daan va in fondoscena deluso. Margot mette i libri sul tavolo.

SIGNORA FRANK      (a Kraler) Vuole una tazza di caffè...  o meglio, vuole cenare con noi?

KRALER                    No, grazie.

SIGNOR FRANK         Il signor Kraler deve parlarci. E successa una cosa che esige un’immediata decisione.

SIGNORA FRANK      (spaventata) Cosa?

Kraler va a sedersi sul divano, apre la cartella ed estrae un quarto di litro di latte, due cavoli e una forma di pane. Porge il tutto a Margot e ad Anne, che ripongono nell’armadietto sopra l’acquaio. La signora Frank siede al tavolo. Peter rimane in piedi. Poi anche il signor Van Daan siede al tavolo.

KRALER                    Di solito, quando vengo, cerco di portarvi buone notizie. Che senso avrebbe darvi quelle cattive, tanto non potreste farci niente comunque... Ma oggi è successa una cosa. Dirk... il Dirk di Miep, è venuto da me prima. È venuto a dirmi che un suo amico ebreo che abita vicino a lui è nei guai. Un dentista. Mi ha pregato di fare qualcosa per quest’uomo... di trovargli un nascondiglio. E io, a mia volta, vengo da voi. So che è una cosa terribile da chiedervi, vivete già allo stretto, ma... sareste disposti a prenderlo con voi?

SIGNOR FRANK         Certamente.

KRALER                    (alzandosi e attraversando la stanza) Solo una notte o due... finché non troviamo un’altra sistemazione. È successo tutto così all’improvviso, e non sapevo a chi rivolgermi.

SIGNOR FRANK         Dov’è ora?

KRALER                    Giù, in ufficio.

SIGNOR FRANK         Bene. E allora lo faccia salire.

KRALER                    (avviandosi verso le scale) Si chiama Dussel... Jan Dussel.

SIGNOR FRANK         (raggiungendo Kraler) Dussel... credo di conoscerlo.

KRALER                    Vado a chiamarlo. (Scende rapidamente le scale).

Il signor Frank d’un tratto si accorge che ci sono gli altri.

SIGNOR FRANK         Scusatemi. Ho parlato senza consultarvi. Ma sono certo che la pensate come me.

SIGNOR VAN DAAN   Lei non deve consultare proprio nessuno. (Si alza e va in proscenio) Questa è casa sua. Ha il diritto di fare quello che vuole. L’unico problema è che c’è già così poco da mangiare e un’altra bocca da sfamare

Peter si gira dall’altra parte, vergognandosi di suo padre.

SIGNOR FRANK         Mangeremo un po’ di meno. Si tratta solo di qualche giorno.

SIGNOR VAN DAAN   (sedendosi sul divano) Vogliamo scommettere?

SIGNORA FRANK      A me sta bene. Otto, hai pensato a dove metterlo? Dove?

PETER                      Può dormire nel mio letto. E io dormirò per terra. A me non dà fastidio.

SIGNOR FRANK         (raggiungendolo) Come sei generoso, Peter, Ma la tua stanza è già troppo piccola per te.

Si sentono passi di marcia dall’esterno. Peter va a guardare fuori dalla finestra.

ANNE                        Ho un’idea migliore. Io starò di qua con te e la mamma, Margot va nella stanza di Peter, e Peter e il signor Dussel possono prendersi la nostra.

MARGOT                   (girando attorno al tavolo) Giusto. Possiamo fare così.

SIGNOR FRANK         No, Margot. Non puoi dormire in quella stanza e nemmeno tu, Anne. Moushi ha trovato dei topi. Peter è un ragazzo coraggioso. A lui non dànno fastidio.

ANNE                        (insistendo) E allora cosa ne pensate di questo? Io starò di qua con te e la mamma e il signor Dussel si prenderà il mio letto.

SIGNORA FRANK      No. Margot starà con noi e il signor Dussel prenderà il suo letto. E l’unica soluzione. Margot, porta le tue cose di qua. Anne, vai ad aiutarla.

Margot corre a prendere le sue cose. Peter va ad aiutarla.

ANNE                        (alla signora Frank, ribelle) Perché Margot sì e io no?

SIGNORA FRANK      Perché non è il caso che Margot dorma con un... ti prego, Anne. Non cominciamo. Per favore.

Anne va verso la porta della sua stanza, offesa.

SIGNOR FRANK         (ad Anne) Non ti dispiace dividere la stanza con il signor Dussel, vero Anne?

ANNE                        (celando l’offesa) No, no, assolutamente.

SIGNOR FRANK         Bene. (Margot passa l’accappatoio a Peter che lo appende sopra i ripiani, in fondoscena. Anne va nella sua stanza, prende la camicia da notte di Margot e appende anche quella. Margot porta fuori una gonna e una camicia, le appende, poi torna a prendere la scatoletta con pettine, spazzola, gioielli ecc. che appoggia sui ripiani. La signora Van Daan, ora più tranquilla, scende dalla soffìtta). Dov’è il cognac?

SIGNORA FRANK      (indicando i ripiani) E lì. Otto, però io lo tenevo da parte in caso di malattia.

SIGNOR FRANK         Non ci potrebbe essere occasione migliore. Peter, prendi cinque bicchieri (Va a prendere il cognac).

Peter prende i bicchieri e li mette sul tavolo, poi va verso la porta della sua stanza. Il signor Frank porge la bottiglia alla signora Frank che ne versa un goccio in ogni bicchiere.

SIGNORA VAN DAAN (raggiungendo il divano) Che succede? Che fate?

SIGNOR VAN DAAN   (acido) C’è un nuovo ospite.

SIGNORA VAN DAAN (sedendo sul divano) Qui? Stai scherzando?

MARGOT                   Solo per qualche notte... finché il signor Kraler non gli trova un’altra sistemazione.

SIGNOR VAN DAAN   Sì... certo...

Kraler sale per le scale seguito dal signor Dussel. È un uomo di circa cinquant’anni, meticoloso e pignolo, ma per ora è solo un po’ confuso. Porta una cartella e un sacchetto della spesa pieno, e sotto al braccio una borsa di medicine. Indossa impermeabile e cappello. Il signor Frank gli va incontro e gli tende la mano. Anne, attenta, siede al tavolo.

SIGNOR FRANK         Venga, signor Dussel.

KRALER                    Questo è il signor Frank.

DUSSEL                    Il signor Otto Frank?

SIGNOR FRANK         Sì. Lasci che l’aiuti. (Prende il cappello e le borse e le passa a Peter che mette tutto sui ripiani. Dussel tiene stretta la borsa delle medicine). Questa è mia moglie, Edith la signora e il signor Van Daan loro figlio, Peter e le mie figlie, Margot e Anne.

Dussel stringe la mano a tutti attraversando la stanza per raggiungere anche i Van Daan.

KRALER                    Grazie signor Frank. Grazie, a voi tutti. Signor Dussel, la lascio in ottime mani. Ah... il cappotto di Dirk ...

Dussel lo raggiunge togliendosi il cappotto. Sotto indossa un camice bianco, con la Stella di Davide.

DUSSEL                    (a Kraler) Cosa posso fare per ringraziarla? (Consegna il cappotto a Kraler).

SIGNORA FRANK      (alzandosi e porgendo i bicchieri ai Van Daan, rivolta a Dussel) Il signor Kraler e Miep... sono la nostra ancora di salvezza. Senza di loro non potremmo vivere.

Dussel si lascia cadere su una sedia.

KRALER                    Per favore. Per favore. Ci fate passare per eroi. E non è affatto così. (La signora Frank offre un bicchiere a Kraler, che rifiuta, lei allora lo mette davanti a Dusset. Margot va nella sua stanza, aggiusta i letti e si guarda attorno per vedere se tutto è in ordine. Raggiungendo il signor Frank) Non ci piacciono i nazisti, questo è tutto. Non ci piacciono i loro metodi. Non ci piace niente di loro.

SIGNOR FRANK         (sorridendo) Lo so. Lo so. «Che nessuno si permetta di dire a noi olandesi che cosa fare dei nostri maledetti ebrei!»

KRALER                    (a Dussel) Non dia retta al signor Frank. Tornerò domani per vedere se va tutto bene. (Rivolto al signor Frank) Stia qui. Ci penserà Peter a chiudere la porta, non è vero Peter?

PETER                      (raggiungendolo) Sì, signore.

SIGNOR FRANK         Grazie Peter. Ma faccio io.

KRALER                    Buonanotte. Buonanotte.

TUTTI                         (assieme) Buonanotte signor Kraler. A domani...

Dussel si alza. Kraler e il signor Frank scendono assieme.

SIGNORA FRANK      (sedendosi al tavolo) La prego, signor Dussel, si sieda.

Dussel si risiede sulla sedia. Peter va in proscenio e siede per terra, di fronte al signor Dussel

DUSSEL                    Mi sembra di sognare. Non credo ai miei occhi. Allora il signor Otto Frank è qui? Non siete in Svizzera. Una donna che è andata a casa vostra... mi ha detto che ha trovato la porta aperta, tutto in disordine, perfino i piatti nell’acquaio. Ha detto anche di aver trovato un pezzo di carta, nel cestino, con un indirizzo scarabocchiato... un indirizzo di Zurigo. Ha detto che dovevate essere scappati là.

Margot porta fuori dalla stanza le sue pantofole, e le mette in fondoscena, poi torna a dare un’ultima occhiata alla stanza.

ANNE                        Papà lo ha lasciato lí apposta... perché la gente ci credesse.

DUSSEL                    E siete stati qui tutto questo tempo?

SIGNORA FRANK      Sì ... è da luglio.

Margot viene al centro della stanza e si ferma dietro al tavolo accanto ad Anne. Il signor Frank torna su.

ANNE                        (a suo padre) Papà, lo sai che ci sono cascati? Il signor Dussel dice che tutti credono che siamo scappati in Svizzera.

SIGNOR FRANK         (in piedi dietro al tavolo) Bene, sono contento. Facciamo un brindisi di benvenuto al signor Dussel. (Alza il bicchiere e comincia un discorso. Tutti gli adulti, eccetto il signor Dussel, si alzano. Il signor Frank si interrompe vedendo che Dussel ha già vuotato il suo bicchiere. Tutti lo guardano divertiti. Ricomincia da capo) Siate il benvenuto, signor Dussel. Siamo molto onorati di averla qui con noi.

SIGNORA FRANK      Benvenuto, signor Dussel.

I signori Van Daan mormorano un saluto. Gli adulti bevono. Il signor Dussel, imbarazzato, si accorge di aver finito di bere il cognac prima degli altri. Anne fa una pantomima, fingendo di scolare un grande bicchiere.

SIGNORA VAN DAAN Uhm. Che buono. (Siede sul sofà).

La signora Frank dà un sorso a Margot, ma a Margot non piace.

SIGNOR VAN DAAN   (a Dussel) Le ha detto il signor Kraler che non abbiamo un gran che da mangiare qui? Pensi... abbiamo solo tre razioni da dividere in sette... e ora in otto!

Un organetto suona per strada. La signora Van Daan tira la giacca di suo marito. Peter, umiliato, si alza e va verso il fondoscena.

DUSSEL                    Signor Van Daan, per dire una cosa del genere evidentemente lei non è al corrente di ciò che sta accadendo là fuori. Non ne ha proprio idea. (Il signor Van Daan appoggia gli occhiali sul tavolo e ricomincia il suo caratteristico su e giù. Dussel continua. Rivolto agli altri) Ad Amsterdam, ogni giorno, spariscono centinaia di ebrei. Circondano un isolato e perlustrano casa per casa. Ci sono bambini che tornano da scuola e non trovano più i loro genitori. I deportati sono centinaia... tutta gente che conosciamo... gli Hallenstein... i Wessel...

SIGNORA FRANK      (sedendosi al tavolo, in lacrime) Oh, no. No!

DUSSEL                    (alzandosi) Mandano un avviso... «venite al teatro ebreo il giorno e allora tali... è consentito portare solo una borsa». (Va verso il divano) E se ti rifiuti di presentarti, vengono a casa, ti trascinano fuori e ti spediscono a Mauthausen. Il campo della morte.

SIGNORA FRANK      Non sapevamo che le cose fossero arrivate a questo punto.

DUSSEL                    (sedendosi sul divano accanto alla signora Van Daan) Perdonate la mia franchezza.

ANNE                        (alzandosi e andando verso Dussel) Conosce i De Waal? Sa dove sono? Io e Jopie, la loro figlia, eravamo in classe insieme. Jopie è la mia migliore amica.

DUSSEL                    Se ne sono andati anche loro...

ANNE                        Andati?

DUSSEL                    Sì, come tutti gli altri.

ANNE                        Oh, no! Jopíe no! (Va in fondoscena, in lacrime).

Margot le mette un braccio attorno alle spalle.

SIGNORA VAN DAAN So che sono in tanti a chiamarsi Wagner. Ma sa qualcosa di quelli che abitano vicino a noi?

SIGNOR FRANK         (dà un’occhiata ad Anne, poi interrompe la signora Van Daan) Credo sia meglio parlarne più tardi. (Va al tavolo) Abbiamo tutti tante domande da fare... sono sicuro che il signor Dussel vuole sistemarsi prima di cena.

Peter prende le cose di Dussel e le passa al signor Frank attraverso il tavolo.

DUSSEL                    (alzandosi) Grazie. Sì. Mi sono portato poca roba.

SIGNOR FRANK         (porgendogli il cappello e le borse) Mi dispiace non poterle dare una camera tutta sua. Spero non stia troppo scomodo. Abbiamo dovuto stabilire regole severe... orari ben precisi. La informeremo di tutto dopo cena. Anne, vuoi accompagnare il signor Dussel nella sua stanza? (Va verso il tavolo, poi torna verso Anne).

Dussel segue il signor Frank, poi si volta.

ANNE                        (trattenendo le lacrime) Venga, signor Dussel. (Va verso la porta della sua stanza).

DUSSEL                    (raggiunge la signora Van Daan e le stringe la mano) Scusate se non vi ho ancora espresso la mia gratitudine. (Stringe la mano della signora Frank, poi lentamente raggiunge Peter che si trova in fondoscena). È stato un tale shock, per me. (Stringe la mano di Peter) Mi sono sempre considerato olandese. Sono nato in Olanda. Mio padre è nato in Olanda e anche mio nonno. (Va da Margot e stringe la mano anche a lei) E adesso... dopo tutti questi anni... (si interrompe) Scusatemi. (Stringe la mano del signor Van Daan, poi quella del signor Frank e segue Anne nella stanza).

Anne accende la luce della stanza.

ANNE                        Eccoci qui. (Chiude la porta).

Dussel si guarda attorno. Il signor Frank, al centro del palcoscenico, mette una mano sulla spalla di sua moglie, per consolarla. Margot prende la bottiglia di cognac.

MARGOT                   Le notizie sembrano terribili e comunque molto diverse da quelle che ci racconta il signor Kraler. Il signor Kraler dice sempre che le cose stanno migliorando.

SIGNOR VAN DAAN   Preferisco la versione del signor Kraler.

Margot, durante la prossima scena, rimette al suo posto la bottiglia di cognac, poi prende i bicchieri, li porta all’acquaio, li sciacqua e li asciuga. La signora Van Daan si alza e sale in soffitta assieme al marito. Peter entra nella sua stanza. Il signor Frank si siede sulla sedia. La signora Frank si alza, va nella zona cucina, prende il cestino del pane e lo porge al signor Frank che si alza, e va dietro la tenda ed esce di scena. La signora Frank prende il ferro da stiro e segue il signor Frank fuori scena. Nella stanza Anne è voltata verso Dussel.

ANNE                        Divideremo la stanza.

DUSSEL                    Ho sempre vissuto da solo. Non ho mai dovuto adattarmi agli altri. Spero che tu mi sopporterai finché avrò imparato.

ANNE                        Lasci che l’aiuti. (Gli prende le borse e le appoggia sulla branda) Ha sempre vissuto da solo? Non ha famiglia?

DUSSEL                    Nessuno. (Apre la borsa delle medicine e le allinea sulla toilette).

ANNE                        Che brutto! Si deve sentire molto solo.

DUSSEL                    Ci sono abituato.

Peter, nella sua stanza, fa uscire il gatto dal cestino e lo solleva per fargli guardare fuori dall’abbaino.

ANNE                        Io non credo che mi ci abituerei. Non aveva nemmeno un animale? Un cane, un gatto?

DUSSEL                    Sono allergico ai peli. Mi provocano l’asma.

ANNE                        Oddio! Peter ha un gatto.

DUSSEL                    Qui? (Il solo pensiero lo fa strozzare) Qui in casa?

ANNE                        Sì. Ma non lo si vede quasi mai. Lo tiene sempre in camera sua. Andrà tutto bene, vedrà.

DUSSEL                    Speriamo. (Prende subito un sorso di medicina).

ANNE                        Lei dormirà in quel letto, quello che era di Margot. Io dormo lì. (Poi indica i ganci) Quelli può usarli lei. (Si arrampica sul sedile della finestra e guarda fuori. Dussel si siede sulla branda per provarla e ne rimane deluso. Mentre Anne continua a guardar fuoti prova anche la dormeuse, e la trova migliore). Il bello di questa stanza... è che puoi guardare fuori e vedere un po’ di strada e il canale. C’è una casa galleggiante.. se ne vede giusto la poppa... ci vive un pilota fluviale con la famiglia. Hanno un bimbo che ha appena imparato a camminare, io ho sempre paura che caschi in acqua. Lo sorveglio spesso...

DUSSEL                    (raggiungendo Anne, interrompendola) Tuo padre parlava di orari.

ANNE                        Ah, sì. (Salta giù e lo esorta a salire e a guardar fuori. Dussel sale sul sedile e guarda fuori). È per quando non possiamo fare rumore. Orari in cui non possiamo usare il gabinetto. (Senza falsa vergogna) Adesso lo può usare, se vuole.

DUSSEL                    (tornando giù e avviandosi verso il tavolo) No, grazie.

ANNE                        Lei penserà che è brutto, da parte mia, parlarle di queste cose. Ma non sa quanto può diventare importante, soprattutto quando si ha paura... (Dussel osserva Anne, la piega che ha preso la conversazione lo sgomenta. Mentre lei continua, lui si toglie la giacca e la mette accanto alle borse). Per quanto riguarda la stanza, Margot e io facevamo così... lei ci stava il pomeriggio per studiare, leggere, fare i compiti, sa... e io invece la mattina. Andrebbe bene anche per lei?

DUSSEL                    (togliendosi la cravatta) Non sono al mio meglio al mattino.

ANNE                        E allora lei ci starà il mattino. E io il pomeriggio.

DUSSEL                    Dimmi una cosa, quando ci starai tu, io dove devo stare? Dove passerò il tempo? Non mi toccherà stare di là con tutti gli altri?

ANNE                        Sì.

DUSSEL                    Capisco, capisco.

ANNE                        Ceniamo alle sei e mezza.

DUSSEL                    (va verso la dormeuse e si sdraia) Allora, se non ti dispiace... vorrei stendermi dieci minuti prima di mangiare. Facilita la digestione.

ANNE                        Certo. (Si domanda se deve dire a Dussel che è sdraiato sul letto sbagliato, decide di non farlo, va verso di lui) Spero di non disturbarla troppo. A quanto pare do proprio fastidio a tutti...

DUSSEL                    (compiacente) Di solito vado molto d’accordo coi bambini. I miei pazienti mi portano i loro figli perché sanno che ci so fare. Perciò non preoccuparti. (Chiude gli occhi).

Anne gli tende la mano per stringergliela.

ANNE                        Grazie. Grazie, signor Dussel. (Gli dà un colpetto sulla spalla).

Dussel salta su, turbato, e poi le stringe la mano. Mentre Anne gliela stringe con vigore, le luci vanno in rapida dissolvenza, eccetto un puntamento su Anne e su Dussel.

VOCE DI ANNE          «... e ieri ho finito di leggere l’ultimo libro di Cissy Van Marxvelt. Penso sia una scrittrice di prim’ordine. Lo farò sicuramente leggere ai miei figli. Lunedì, ventun settembre millenovecentoquarantadue. Ieri, io e il signor Dussel abbiamo litigato di nuovo. Sì, il signor Dussel. Secondo lui non c’è niente... ripeto niente... di me che vada bene, né il mio fisico, né il mio carattere, né le mie maniere. E mentre lui insisteva io pensavo tra me e me... uno di questi giorni ti do uno schiaffo così forte che ti faccio volare al soffitto! Come mai i grandi sono convinti di sapere tutto sui bambini? Specie quelli che non ne hanno mai avuti. Come vorrei che Peter fosse una femmina. Almeno avrei qualcuno con cui parlare. Margot è un tesoro, ma prende tutto così sul serio. E per quanto riguarda la signora Van Daan... (La voce comincia a scemare e le luci tornano ad alzano) ... i suoi tentativi di sedurre papà sono del tutto vani. Pim, per fortuna, non ci sta... »

SCENA QUARTA

Stessa scena. Settembre 1942. Mezzanotte.

La scena è al buio, se non per uno spiraglio che viene dall’abbaino dalla stanza di Peter, la luce fredda rende possibile distinguere la forma di Anne sulla dormeuse, Dussel sul suo letto e il signor Frank e la moglie che dormono sul divano. Lui è coperto dal soprabito. Margot dorme in fondoscena, accanto ai ripiani. Peter dorme nella sua stanza, la signora Van Daan nel suo letto in soffitta.

Il signor Van Daan, con addosso i pantaloni e la canottiera, sta raggiungendo, silenziosamente, le scale della soffitta. Accende un fiammifero per vedere i gradini, poi lo spegne subito e scende.

Soldati tedeschi ubriachi per strada cantano Lili Marlene. La risata di una ragazza, tra il passo incerto del trio che si allontana. Mentre le voci scemano il signor Van Daan accende un altro fiammifero, ai piedi della scala della soffitta, poi lo spegne. Lo sentiamo aprire e chiudere l’armadio delle provviste sotto l’acquaio.

Da fuori, si sentono dei passi avvicinarsi sull’acciottolato e poi allontanarsi. La figura del signor Van Daan torna furtivamente su per le scale.

Pausa. Rumore di stivali chiodati che corrono sotto le finestre e che poi si allontanano. Il signor Van Daan è di nuovo di sopra, tutto tace. All’improvviso, nel buio e nel silenzio, sentiamo Anne che urla.

ANNE                        (urlando) No! No! Non... non portatemi via! (Si gira e tigira, piangendo e lamentandosi nel sonno).

Gli altri si svegliano terrorizzati. Dussel si alza, è furioso.

DUSSEL                    Sssst! Anne, per l’amor di Dio, ssst!

ANNE                        (ancora nell’incubo) Aiuto! Salvatemi! (Continua a urlare).

Dussel si alza dal letto, va da Anne e cerca di svegliarla.

DUSSEL                    Per l’amor di Dio! Zitta! Zitta! Vuoi che ci senta qualcuno?

La signora Frank scende dal letto, afferra lo scialle, corre in camera di Anne, siede sul suo letto e la prende tra le braccia. Il signor Frank si alza e si infila il cappotto. Margot, terrorizzata, si alza e corre a prendere lo sgabello. Lo trascina fino al centro della stanza, ci sale sopra e avvita la lampadina che pende al centro. Peter si alza e mette la tenda di oscuramento. Rumore di aerei e di antiaerea.

SIGNORA FRANK      Sssh, tesoro, sssh. Va tutto bene. (Dussel si soffia il naso). Su, su ... povera piccola ... bambina mia. (A Dussel) Le dispiace accendere la luce, signor Dussel? (Dussel accende la luce) Non è niente, tesoro. È stato solo un brutto sogno.

Margot accende un’altra luce. Anne esce lentamente dall’incubo, trema tutta. Il signor Frank va nella stanza di Peter, scosta la tenda di oscuramento e guarda fuori. Si vuole accertare che nessuno, all’esterno, abbia sentito le urla. Peter accende la luce nella sua stanza, si infila l’accappatoio ed entra nella stanza comune.

DUSSEL                    (rivolto alla signora Frank) Bisogna fare qualcosa per questa ragazzina. Non può continuare a urlare così. Potrebbe passare qualcuno per strada. Sta mettendo a repentaglio le nostre vite.

Il signor Van Daan accende la luce della soffitta e scende giù. Margot si infila l’accappatoio, va ad accendere la lampada del tavolino.

SIGNORA FRANK      Anne, tesoro. Piccola mia.

DUSSEL                    Continua a girarsi e a rigirarsi nel letto. Non riesco a chiudere occhio. Passo metà della notte a zittirla. Ci mancavano pure gli incubi, adesso!

Margot e Peter si avvicinano alla porta della stanza di Anne. La signora Van Daan si alza seduta sul letto, in ansiosa attesa. Il signor Frank va verso Margot e Peter facendo segno che va tutto bene. Peter accompagna Margot verso il suo letto.

SIGNORA FRANK      (ad Anne) Ci siamo noi, sei al sicuro. Non è successo niente. Signor Dussel, la prego, torni a letto. Si riprenderà subito. Non è vero, Anne?

Dussel prende gli occhiali, il cuscino e un libro dal comò.

DUSSEL                    Sì, grazie, ma vado al gabinetto. È l’unico posto dove si può stare in pace... (Viene al centro).

SIGNOR VAN DAAN   Che c’è? Cos’è successo?

DUSSEL                    Un incubo. Anne ha avuto un incubo.

SIGNOR VAN DAAN   Sembrava la stessero ammazzando.

DUSSEL                    Magari! (Entra in gabinetto).

Il signor Van Daan torna in soffitta e spiega tutto alla moglie. Il signor Frank viene al centro.

SIGNOR FRANK         Grazie, Peter. Torna pure a letto.

Peter va nella sua stanza. Il signor Frank lo segue, spegne la luce e guarda fuori dalla finestra. Poi torna nella stanza comune, sale sullo sgabello e svita la lampadina al centro. Peter scosta la tenda di oscuramento, sperando di avvistare qualche aereo, poi si stende sul letto con l’accappatoio addosso. Margot è seduta sul letto.

SIGNORA FRANK      Vuoi un po’ d’acqua? (Anne scuote la testa). È stato un sogno molto brutto? Forse, se me lo raccontassi... ?

ANNE                        Preferirei non parlarne.

SIGNORA FRANK      Povero tesoro. Allora cerca di dormire. Sto qui con te finché non ti riaddormenti. (Prende uno sgabello e lo porta accanto al letto).

ANNE                        Non è necessario che tu stia qui.

SIGNORA FRANK      Ma mi fa piacere stare con te... molto. Davvero.

ANNE                        Preferirei di no.

Il signor Frank va verso il letto, rimane fermo a sentire il rumore degli aerei, poi si siede.

SIGNORA FRANK      Allora buonanotte. (Si china per darle un bacio. Anne si copre il viso con un braccio e si volta dall’altra parte. La signora Frank dispiaciuta le bacia comunque il braccio) Pensi che starai bene adesso? Non hai bisogno di niente?

ANNE                        Ti dispiace di dire a papà di venire qui?

SIGNORA FRANK      (dopo un attimo) Certo, tesoro. (Entra nella stanza comune, soffocando le lacrime. Passa davanti al marito e rimane in piedi. Il signor Van Daan spegne la luce in soffitta e assieme alla moglie si rimette a dormire. Rumore di aerei che si allontanano. Al signor Frank) Anne vuole te.

SIGNOR FRANK         (avvicinandosi e intuendo il suo dispiacere) Edith, tesoro...

SIGNORA FRANK      Non è niente. Ringrazio Dio che almeno si rivolge a te quando ha bisogno di aiuto. Va da lei, Otto. Trema ancora di paura. (Il signor Frank esita). Va da lei. (Raggiunge il letto. Il signor Frank va in fondoscena a prendere una pillola, una tazza e va all’acquaio a liempirla d’acqua. La signora Frank seduta sul letto cerca di soffocare i singhiozzi. Margot si alza, la raggiunge, siede sul letto e le circonda le spalle con un braccio). Non vuole mai niente da me. Si è perfino voltata dall’altra parte quando mi sono chinata per darle un bacio.

MARGOT                   E un periodo un po’ così... hai sentito cos’ha detto papà... molte bambine attraversano questa fase... è l’età in cui sono tutte per il papà... gli dànno tutto il loro amore.

SIGNORA FRANK      Tu non sei mai stata così. Non mi hai mai rifiutato.

MARGOT                   Le passerà.

Il signor Frank entra nella stanza di Anne, sposta lo sgabello e ci mette sopra la tazza. Anne gli butta le braccia al collo, stringendolo. Margot toglie lo scialle alla madre e le liscia il letto. La signora Frank si sdraia. Margot le siede accanto per un momento.

ANNE                        Oh, Pim. Ho sognato che le Camicie Verdi venivano a prenderci. Sfondavano la porta e mi portavano via, come hanno fatto con Jopie.

SIGNOR FRANK         Voglio che tu prenda questa pillola.

ANNE                        Che cos’è?

SIGNOR FRANK         Qualcosa che ti farà dormire. (Anne ingoia la pillola con l’acqua) - Vuoi che ti legga qualcosa?

ANNE                        No. Però stai seduto qui con me per un po’. (Il signor Frank siede sull’orlo del letto accanto a lei e rimette la tazza sullo sgabello). Ho urlato molto forte? Pensi che qualcuno possa avermi sentito?

Margot si alza e spegne la lampada del tavolino, e torna a letto.

SIGNOR FRANK         No. No. Stai tranquilla e cerca di dormire.

Anne, ancora tesa, si sdraia.

ANNE                        Mi sento una vigliacca. Sono delusa di me stessa. Pensavo di aver superato le mie paure... pensavo di essere diventata adulta... ma non appena succede qualcosa... corro da te come una bambina. Ti voglio bene, papà. Non amo nessun altro che te.

SIGNOR FRANK         (con tono di rimprovero) Anneline!

ANNE                        (tirandosi su sui gomiti) È vero. Ci ho pensato a lungo. Sei l’unica persona a cui voglio bene.

SIGNOR FRANK         È bello sentirti dire che mi vuoi bene. Ma preferirei sentirti dire la stessa cosa anche di tua madre... ha così bisogno di te... del tuo affetto.

ANNE                        Non abbiamo niente in comune. Non mi capisce. Quando cerco di spiegarle cosa penso della vita, lei, come tutta risposta mi chiede se sono andata di corpo. (Si ributta giù).

SIGNOR FRANK         L’hai profondamente ferita, prima. Sta piangendo. È di là che piange.

ANNE                        Non è colpa mia. Ho solo detto la verità. Non volevo che stesse qui. (Con un improvviso rimorso si alza seduta e abbraccia il padre) Oh Pim, sono stata crudele, vero? E ciò che è peggio è che ne sono consapevole. Riesco persino a vedermi mentre mi comporto così... so che è crudele eppure non riesco a controllarmi. Cosa mi sta succedendo? Spiegamelo. Ma non dirmi che si tratta solo di un brutto momento. Aiutami.

SIGNOR FRANK         C’è così poco che noi genitori possiamo fare per i nostri figli... Possiamo solo dare il buon esempio... indicarvi la strada. Il resto sta a voi. Il carattere ve lo formate da soli.

ANNE                        Io ci sto provando. Sul serio. (Si sdraia, ora è più rilassata) Ogni sera, prima di addormentarmi, penso a tutte le cose che ho fatto di sbagliato... come, lo straccio bagnato nel letto del signor Dussel... o quello che è accaduto prima con la mamma. Mi dico, non avrei dovuto farlo. E mi riprometto di non farlo mai più. Mai! Certo, potrebbe capitarmi di fare qualcosa di peggio... ma almeno queste cose non le rifarò più. (Il sedativo comincia a farle effetto). Ho anche lati migliori, papà, più dolci, più carini. Ma ho come paura di mostrarli. Ho paura che la gente rida di me se mi comporto da persona seria. E così sbuca fuori l’Anne cattiva, e l’Anne buona rimane dentro, nascosta, provo ad alternarle, cerco di far emergere l’Anne buona e di tenermi dentro quella cattiva, faccio di tutto per essere quella che vorrei essere... o che forse potrei essere... se solo... solo... (Si addormenta).

Il signor Frank si alza dolcemente, mette la tazza sul comò e si avvia verso la stanza comune, ma prima di uscire si volta per guardare ancora Anne. Spegne la luce, viene al centro. La signora Frank è a letto seduta. La voce di Anne, dapprima fievole, poi in crescendo. Mentre parla le luci si dissolvono rapidamente.

VOCE DI ANNE          «... le incursioni aeree si intensificano. Sia di giorno sia di notte. Il rumore è terribile; Pim dice che dovrebbe essere musica per le nostre orecchie. Più aerei ci sono e prima finirà la guerra. La signora Van Daan sostiene di essere fatalista. Quel che sarà, sarà, dice. Ma quando gli aerei si avvicinano chi è che ha più paura? Petronella, naturalmente. Lunedì, nove novembre, millenovecentoquarantadue. Notizie fantastiche. Gli alleati sono ormai arrivati in Africa. Pim dice che la guerra finirà presto. Poi ha chiesto a tutti, per divertimento, quale sarebbe stata la prima cosa che avremmo voluto fare, una volta fuori di qui. La signora Van Daan non vede l’ora di tornare a casa tra le sue cose, le sedie foderate a piccolo punto, il pianoforte Bechstein che le ha regalato suo padre - il meglio del meglio, come dice lei. Peter vorrebbe andare al cinema. Il signor Dussel invece tornare al suo trapano. Ha paura di perdere la mano. Per quanto mi riguarda, ci sono tante di quelle cose che vorrei... andare di nuovo in bicicletta... ridere fino a farmi scoppiare la pancia... indossare vestiti nuovi... (La voce comincia a dissolversi, le luci tornano lentamente ad alzarsi). ... riempire la vasca fino all’orio e sguazzarci dentro per ore... tornare a scuola con i miei amici ... »

SCENA QUINTA

La scena è la stessa. Dicembre 1942. Notte.

È la prima notte della festa ebraica di Channukkah del dicembre di quell’anno. I tavoli della stanza sono allineati e si stendono per tutta la lunghezza di fronte al divano. Sono coperti da una tovaglia, imbanditi con mele affettate e nocciole, una piccola caraffa di vino e una brocca d’acqua. Sul fondoscena c’è una Menorah, improvvisata da Anne, con la prima candela di Shammash e un’altra candela. Le luci sono accese e puntate sulla zona tavolo.

Peter è seduto sullo sgabello in proscenio. La signora Van Daan è seduta sul divano accanto alla signora Frank. Margot è seduta su una sedia di fronte a sua madre. Dussel è seduto sulla poltrona accanto a Margot. Anne è sullo sgabello davanti a Dussel. Il signor Frank è in piedi a capotavola, fondoscena. La «famiglia» è vestita nel miglior modo possibile. Gli uomini portano il cappello. Peter la kippah. Il signor Frank accende lo Sbammash, o meglio la candela del custode della Menorah che è davanti a lui. Poi prende il candelabro in mano, tenendolo alto e legge una benedizione da un libro di preghiere.

SIGNOR FRANK         «Che tu sia lodato, o Dio nostro signore, Re dell’universo, che ci hai santificato con i Comandamenti e che ci hai ordinato di accendere le luci di Channukkah. Lodato Tu, o Dio nostro Signore, Re dell’universo, che hai fatto miracoli per i nostri padri, nei tempi antichi. Lodato Tu, Dio nostro Signore, Re dell’universo, per averci dato la vita e il sostegno che ci ha accompagnato in questa stagione gioiosa». Amen. (Accende la Menorah con lo Shammash mentre continua a leggere) «Noi accendiamo questi lumi per i miracoli, la liberazione, per i prodigi, la salvezza e le battaglie che hai operato in favore dei nostri padri in quei tempi, di questo periodo, tramite i tuoi sacerdoti consacrati. E tutti questi otto lumi di Channukkah sono sacri, e non ci è permesso di utilizzarli bensì solo di guardarli e di elogiare il Tuo nome per i Tuoi miracoli, per i Tuoi prodigi e per la Tua salvezza. Amen».

TUTTI                         Amen.

Il signor Frank porge il libro di preghiere alla signora Frank e si siede mentre lei si alza.

SIGNORA FRANK      (leggendo il salmo centoventuno) «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

L’aiuto mi verrà dal Signore: egli ha fatto cieli e terra.

Non permetterà che il tuo piede vacilli, né che il tuo custode sonnecchi. Ecco, non sonnecchia,

non s’addormenta il custode d’Israele, Il Signore è il tuo custode, il Signore è l’ombra che ti copre. Non ti colpirà il sole di giorno, né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male, custodirà la tua anima.

Il Signore custodirà la tua partenza e il tuo arrivo, ora e per sempre! »

TUTTI                         Amen.

La signora Frank restituisce il libro al marito, poi va in fondoscena e prende otto piatti. Margot si alza, la raggiunge e prende otto bicchieri.

DUSSEL                    (alzandosi e porgendo il cappello al signor Frank) È stato molto commovente.

ANNE                        (strattonandolo) Non è ancora finito.

SIGNORA VAN DAAN Si sieda! Per favore  ...

Il signor Frank prende il cappello del signor Van Daan e quello di Dussel e li appoggia sulla mensola del caminetto assieme al suo e al libro di preghiere. Poi siede a capotavola. Peter si mette la kippah in tasca. Il signor Van Daan comincia a mangiare.

ANNE                        (a Dussel) Non è finita, ci sono ancora gli inni e i doni,

DUSSEL                    Doni?

SIGNORA FRANK      (sedendosi al suo posto) Purtroppo quest’anno no. (Distribuisce i piatti).

SIGNORA VAN DAAN Di solito tutti si scambiano regali per Channukkah...

DUSSEL                    Come per Natale.

C’è un coro di «Noo...»

SIGNORA VAN DAAN No! Che c’entra. Ma che ebreo è lei se non conosce la festa di Channukkah?

SIGNORA FRANK      Io ricordo soprattutto le candele. Prima una, come stasera. Poi la seconda notte se ne accendono due, la notte successiva tre... e così via finché non ci sono otto candele, è davvero bellissimo. (Si alza, prende due tazze e torna a sedersi).

Margot dispone i bicchieri a tavola e si rimette seduta. Dussel versa il vino. La signora Van Daan annacqua il vino di Peter e il suo.

SIGNORA VAN DAAN (porgendo il bicchiere a Peter) E le frittelle di patate?

La signora Frank annacqua tutti gli altri bicchieri.

SIGNOR VAN DAAN   Non me ne parlare, ti prego.

SIGNORA VAN DAAN lo so fare i migliori latkes che abbiate mai assaggiato.

SIGNORA FRANK      E allora ci inviti tutti a casa sua, l’anno prossimo.

SIGNOR FRANK         Se Dio vorrà.

SIGNORA VAN DAAN Se Dio vorrà.

MARGOT                   (alzandosi) Quello che ricordo con più piacere sono i regali che ricevevamo da piccole - otto giorni di regali, e ogni giorno più belli.

SIGNORA FRANK      Siamo qui, tutti vivi. Questo è il vero regalo.

ANNE                        Eh no. Io ho delle cose... (Salta su e corre nella sua stanza)

SIGNORA FRANK      Cosa?

ANNE                        Regali! (Si mette, in fretta e furia, un cappellino da festa ricavato da un paralume coperto da un fiore di carta e pezzetti di nastro e con un elastico sotto al mento. Afferra la sua cartella rigonfia di regali e torna di corsa fermandosi al centro e la posa per terra).

SIGNORA VAN DAAN (durante l’azione) Regali?

Il signor Van Daan fa un brindisi.

TUTTI                         «Le-chaim, le-chaim!»

DUSSEL                    (indicando Anne) Guardatela!

SIGNOR VAN DAAN   Che cos’ha in testa?

PETER                      Un paralume.

ANNE                        (rovistando nella cartella) Oh, mamma. Sono tutti sottosopra. (Tira fuori un pacchetto a caso. Un libricino in luna busta di carta di riso, con una poesia sulla busta. È senza fiato per l’eccitamento) Questo è per Margot. (Va a porgerle il pacchetto) Leggila ad alta voce.

MARGOT                   (leggendo) «La pazienza non perdi mai, E temo che mai la perderai, Troppo buona sei tu. Ma se un dì non ne potrai più, con questo cruciverba ti sfogherai». (Tira fuori il libretto dalla busta).

SIGNORA FRANK      Che cos’è?

MARGOT                   Un cruciverba nuovo. (Ad Anne) Dove l’hai trovato ?

ANNE                        È vecchio. L’avevi già fatto. Ho cancellato tutto, se aspetti un po’ te lo dimentichi, e potrai rifarlo da capo. (Torna alla cartella).

MARGOT                   (tornando a sedersi) È fantastico, Anne. Grazie. Sembra nuovo.

Rumore di un’automobile che passa per strada. Anne tira fuori dalla cartella una bottiglia incartata.

ANNE                        (porgendo la bottiglia) Signora Van Daan.

SIGNORA VAN DAAN (prendendo la bottiglia e scartandola) Mi sento in imbarazzo... io non ho niente per nessuno... non avrei mai pensato...

SIGNOR FRANK         L’idea è stata tutta di Anne.

SIGNORA VAN DAAN (tenendo alta la bottiglia) Cos’è?

ANNE                        Shampo. Ho raccolto tutti i rimasugli dei saponi e li ho mischiati con le ultime gocce della mia lozione.

SIGNORA VAN DAAN Oh, Anneke! (Apre la bottiglia, la annusa, poi la passa agli altri perché possano farlo a loro volta).

ANNE                        (tornando alla cartella) Volevo scrivere una poesia per tutti, ma non ne ho avuto il tempo. (Tira fuori una scatola da scarpe, la nasconde dietro la schiena e imita la camminata e la voce del signor Van Daan) Questo è suo signor Van Daan, è qualcosa che desidera davvero - più di ogni altra cosa. (Dà la scatola al signor Van Daan e aspetta che la apra) Guardi! Sono sigarette!

SIGNOR VAN DAAN   (tirando fuori due sigarette scure, felicissimo) Sigarette!

ANNE                        Due. Pim ha trovato del tabacco nella tasca del cappotto - e gliele abbiamo arrotolate - o meglio è Pim che le ha fatte.

SIGNORA VAN DAAN Fammi vedere. Guarda, guarda. Beh, accendine una, Putty. Dài.

Il signor Van Daan esita, ha una sigaretta in mano, guarda Anne con sospetto.

ANNE                        (rassicurandolo) È tabacco vero, giuro. Forse c’è un po’ di lanugine, ma non molta.

Tutti osservano il signor Van Daan che accende con cautela una sigaretta.

PETER                      Si è accesa!

SIGNORA VAN DAAN Guardatelo!

La sigaretta prende fuoco. Tutti ridono mentre il signor Van Daan tossisce e si strozza.

SIGNOR VAN DAAN   (sputacchiando) Grazie, Anne. Grazie.

Anne torna di corsa verso la cartella ed estrae un pezzetto di carta.

ANNE                        (va a darlo alla signora Frank) Mamma, buon Channukkab.

SIGNORA FRANK      (leggendo) «Questo è un impegno

Che ti do come pegno.

Per dieci ore Anne Frank farà

Tutto ciò che la mamma vorrà» (Commossa, prende Anne tra le braccia e la tiene stretta)

DUSSEL                    Farai davvero tutto quel che ti si dice di fare per dieci ore? Qualsiasi cosa?

ANNE                        Sì.

DUSSEL                    (dopo averci pensato per un attimo) Signora Frank, non è che me lo venderebbe?

SIGNORA FRANK      Per nulla al mondo! È il dono più prezioso che abbia mai ricevuto. (Siede e mostra il biglietto agli altri).

Anne tira fuori una sciarpa - la stessa che abbiamo visto addosso al signor Frank nella scena prima - e gliela dà.

ANNE                        Per Pim.

SIGNOR FRANK         Anneke... io non dovevo ricevere regali. (Prende la sciarpa, la apre, la fa vedere agli altri, poi se la mette infilandosela sotto la giacca) E bella. Grazie Anneke.

ANNE                        E una sciarpa... da mettere intorno al collo. L’ho fatta con le mie mani usando avanzi di lana; ho lavorato a maglia tutte le notti, al buio, prima di dormire. Devo dire che al buio sembrava più bella. (Va a prendere i regali per Peter e per il gatto dalla cartella) Questo è per Mouschi.

PETER                      (alzandosi e inchinandosi) Grazie tante, da parte di Mouschi. (Torna a sedersi).

ANNE                        (porgendo un pacchetto a Peter, esitando) E... questo è per te... dalla Signorina Qua-Qua. (Peter lo tiene in mano con cautela). Beh... dài, aprilo. Su! (Impaziente ed eccitata, va verso Dussel).

PETER                      Ho paura. Ci sarà sicuramente dentro qualcosa che mi salterà in faccia.

ANNE                        No. Ti sbagli di grosso.

Peter apre il pacchetto.

SIGNORA VAN DAAN Che cos’è Peter? Dài, faccelo vedere.

ANNE                        (eccitata) È un rasoio di sicurezza.

DUSSEL                    Un cosa?

ANNE                        Un rasoio.

SIGNORA VAN DAAN Hai fatto anche quello con gli avanzi?

ANNE                        (a Peter) Me lo ha preso Miep. Non è nuovo. E di seconda mano. Cominci ad aver bisogno di un rasoio.

DUSSEL                    (osservando Peter) Per che cosa?

ANNE                        (indicando Peter) Guardi sopra il labbro superiore... cominciano a spuntargli i baffi.

DUSSEL                    E pensi che se li voglia togliere? Se ci metti un po’ di latte ci pensa il gatto a leccarglieli via.

PETER                      (alzandosi e andando verso la sua stanza) Spiritoso!

DUSSEL                    Guardatelo! Non vede l’ora di provarlo.

PETER                      Sto andando a portare il regalo a Mouschi. (Entra nella sua stanza, sbatte la porta, siede sul sedile della finestra dando le spalle al pubblico, poi arrotola un asciugamano e se lo mette sotto la giacca).

SIGNOR VAN DAAN   (disgustato) Mouschi, Mouschi, Mouschi.

In lontananza un cane che abbaia con insistenza. Anne porta un regalo a Dussel.

ANNE                        E, dulcis in fundo, ecco il regalo per il mio compagno di stanza, signor Dussel.

DUSSEL                    Per me? Un regalo per me?

Anne gli porge una piccolissima scatola; Dussel, gongolante, la apre.

ANNE                        Li ho fatti con le mie mani.

DUSSEL                    (perplesso) Capsule! Due capsule.

ANNE                        (eccitata) Sono tappi per le orecchie.

DUSSEL                    Tappi per le orecchie?

ANNE                        Sì, per le sue orecchie, così non mi sente la notte quando mi agito. Li ho visti su un giornale. Non sono quelli autentici... li ho fatti con la cera delle candele. Li provi... vediamo se funzionano... se mi sente parlare.

DUSSEL                    (infilandosene uno nell’orecchio destro) Aspetta che me li infili tutti e due... (si infila anche l’altro) così.

ANNE                        È pronto?

DUSSEL                    Eeh?

ANNE                        (più forte) Pronto?

DUSSEL                    (alzandosi con un’espressione preoccupata) Mio Dio! Mi sono entrati tutti dentro. (Viene al centro picchiandosi la testa, cercando freneticamente di farli uscire. Tutti ridono eccetto Anne, che è dispiaciuta). Non riesco a farli uscire. (Finalmente ci riesce e rimane in proscenio) Grazie, Anne. Grazie. (Si mette i tappi in tasca).

SIGNOR e SIGNORA VAN DAAN, SIGNORA FRANK, MARGOT (insieme) Una vera Channukkah!

Quant’è stata carina, vero?

Quando avrà trovato il tempo?

Il mio regalo mi piace moltissimo.

ANNE                        (Sedendosi al suo posto) E ora cantiamo l’inno, ti prego papà. (A Dussel) L’ha mai sentito l’inno di Channukkah? E l’inno la cosa che conta di più. «Oh, Channukkah, Oh, Channukkah Dolce festa... »

SIGNOR FRANK         (zittendo Anne) Penso non sia il caso di cantare l’inno stasera, Anne. (A Dussel) È un canto di giubilo, gioioso. Non vorrei che ci lasciassimo trascinare dall’entusiasmo.

ANNE                        Oh, ti prego, ti prego. Cantiamolo. Giuro che canto sottovoce.

Peter entra nella stanza comune, ha qualcosa sotto la giacca che porta con ostentazione, come se ci fosse il gatto, fa ciondolare il regalo di Moushi.

SIGNOR FRANK         E va bene. Ma cantiamo sottovoce...   ti terrò d’occhio, e quando ...

Dussel indica Peter e comincia ad ansimare e a tossire.

DUSSEL                    Tu tu. Quante volte te lo devo dire Fuori! Fuori!

Il signor Van Daan si alza e raggiunge Peter.

SIGNOR VAN DAAN   Cosa ti prende? Non hai un po’ di buonsenso? Porta via quel gatto.

PETER                      (candidamente) Quale gatto?

SIGNOR VAN DAAN   Mi hai sentito. Portalo via immediatamente.

PETER                      Non ho nessun gatto. (Felice dello scherzo riuscito, tira fuori l’asciugamano dalla giacca tenendolo in alto perché possano vederlo).

Tutti ridono, divertiti. Peter va a posare la palla e l’asciugamano sui ripiani in fondoscena.

DUSSEL                    (ancora ansimante) Non è solo il gatto bastano anche i suoi vestiti (tossisce, senza convincere nessuno, per sottolineare quanto ha detto) quando esce dalla sua stanza

SIGNOR VAN DAAN   (avviandosi verso Dussel) Non si preoccupi. Non le darà più fastidio. Ce ne libereremo subito.

DUSSEL                    Meno male che almeno lei mi capisce.

SIGNOR VAN DAAN   (urlando) Non lo faccio per lei. Non si metta strane idee in testa. (Dussel prende una sorsata di sciroppo e si sdraia sul letto. Van Daan torna a sedersi) Lo faccio solo perché non ne posso più di vedere quel gatto mangiarsi tutto il nostro cibo.

PETER                      (andando al tavolo) Non è vero. Gli do solo ossa... e avanzi...

SIGNOR VAN DAAN   (alzandosi in piedi) A chi la vuoi raccontare! Ingrassa a vista d’occhio. Quel dannato gatto è più sano di tutti noi messi assieme. Lo voglio fuori di qui, stasera stessa. (Si risiede).

PETER                      No! No!

ANNE                        (alzandosi dallo sgabello, sedendosi sulla sedia di Dussel, difendendo Peter) Signor Van Daan, non può farlo! Il gatto è di Peter. E Peter lo adora.

SIGNORA FRANK      (sottovoce) Anne.

PETER                      (deciso) Se esce lui, esco anch’io.

SIGNOR VAN DAAN   Va pure!

SIGNORA VAN DAAN (mettendo un freno alla discussione) Tu non vai da nessuna parte. E nemmeno il gatto. (Peter va in proscenio). E ora, per piacere... è Channukkah... Channukkah... dobbiamo celebrare... cosa vi prende? Su, Anne. Cantiamo...

ANNE                        (cantando con enfasi) «Oh, Channukkah, Oh, Channukkah. Dolce festa... »

SIGNOR FRANK         (alzandosi e interrompendo) Penso che prima dovremmo spegnere la candela... (Margot fa una smorfia di protesta. Frank continua la spiegazione) ... così ne avremo po’ anche per domani sera.

MARGOT                   Ma, papà, dovrebbero consumarsi fino in fondo, da sole.

SIGNOR FRANK         Sono sicuro che Dio comprenderà. (Peter va dietro Margot e rimane in piedi. Frank prega) «Lodato sia Tu, Dio nostro Signore, che ci hai permesso di celebrare questa gioiosa festività». Amen. (Si sporge in avanti per spegnere le candele).

Un tonfo al piano di sotto.

Il cane ricomincia ad abbaiare. Sono tutti impietriti, immobili, con le orecchie tese. Silenzio assoluto per alcuni secondi, poi la signora Frank si sfila le scarpe, si alza e va furtivamente verso la lampada. La spegne. Il signor Frank va verso le scale. Il signor Van Daan si alza e lo segue. Tutti si tolgono le scarpe. Il signor Frank fa un cenno a Peter di svitare la lampadina al centro. La signora Frank va in fondoscena. Peter, che non arriva al filo, prende una sedia e ci sale. Proprio mentre sta per raggiungere la lampadina perde l’equilibrio. La sedia si rovescia. Cade e assieme a lui la lampadina e il paralume smaltato.

Sentiamo dei passi di sotto che corrono giù per delle scale. Peter si rialza immediatamente.

SIGNOR VAN DAAN   (andando verso Peter, quasi senza fiato) Mio Dio! (Dussel si alza, raggiunge la porta della sua stanza, va verso Peter facendo dei cenni per invocare il silenzio. Margot e Anne si alzano. Il signor Van Daan ascolta con molta attenzione. I passi vanno a morire. Le battute che seguono verranno dette sottovoce) Sentite niente?

Il signor Frank rimane in ascolto per un altro attimo.

SIGNOR FRANK         No. Credo se ne siano andati. (La signora Van Daan si alza e rimane in piedi davanti al tavolo).

SIGNORA VAN DAAN (in tono isterico) Sono le Camicie Verdi. Ci hanno scoperti.

SIGNOR FRANK         Se così fosse, non se ne sarebbero andati. Sarebbero saliti subito qui.

SIGNORA VAN DAAN Sono le Camicie Verdi, ne sono certa. Sono andate a cercare rinforzi. Torneranno, ve lo dico io.

SIGNOR VAN DAAN   Magari era la Gestapo che cercava dei documenti.

SIGNOR FRANK         O dei ladri, alla ricerca di denaro.

SIGNORA FRANK      Dobbiamo fare qualcosa. Subito! Subito! Prima che tornino.

SIGNOR VAN DAAN   Non c’è altro da fare che aspettare.

Il signor Frank alza una mano in segno di silenzio e ascolta con grande attenzione. Vi è silenzio completo. Sono tutti tesi a sentire i rumori al piano di sotto. Improvvisamente Anne comincia a barcollare. Cade a terra svenuta con un gemito. La signora Frank si precipita accanto a lei tenendole la testa sulle ginocchia.

SIGNORA FRANK      Un po’ d’acqua, per favore. Portatemi dell’acqua.

Margot va all’acquaio.

SIGNOR VAN DAAN   (afferrando Margot) No. No. Non si può far scorrere l’acqua.

SIGNOR FRANK         Se ci hanno trovato, ci hanno trovato. Prendi pure l’acqua. (Margot continua l’azione. Il signor Frank va in fondoscena a prendere una torcia) Io vado di sotto.

Margot si precipita da suo padre che sta per scendere le scale, lo trattiene per un braccio. Anne ritorna in sé.

MARGOT                   No, papà, no. Potrebbe esserci ancora qualcuno laggiù... potrebbe essere una trappola.

SIGNOR FRANK         È sabato. Non abbiamo nessuna possibilità di sapere quello che è- successo fintanto che Miep e il signor Kraler non saranno qui lunedì. Non possiamo vivere nell’incertezza, non sapere cos’è successo...

MARGOT                   Non andare, papà.

SIGNORA FRANK      Zitta, tesoro, zitta.(Il signor Frank si libera dalla presa e comincia a scendere silenziosamente). Margot. Stammi vicina.

Margot va accanto a sua madre.

SIGNOR VAN DAAN   Sssst! Sssst! (Va in proscenio).

Margot si ricorda dell’acqua e va a prenderne un bicchiere, poi si inginocchia e avvicina il bicchiere alle labbra di Anne.

SIGNORA VAN DAAN (isterica) Putti, dove hai messo i soldi? Vai a prenderli. Mi hanno detto che si possono corrompere le Camicie Verdi. Vai di sopra, presto. Vai a prendere i soldi.

SIGNOR VAN DAAN   Stai zitta.

SIGNORA VAN DAAN (supplichevole) Vuoi che ti portino in un campo di concentramento? Cosa fai lí impalato? Aspetti che vengano a prenderti? (Si inginocchia ai piedi del marito, la crisi isterica monta) Fai qualcosa, ti prego!

SIGNOR VAN DAAN   Vuoi stare zitta! (La spinge da parte, si avvia verso le scale e ascolta).

La signora Van Daan si lascia cadere sul divano, in lacrime. C’è un attimo di silenzio, poi Anne non ce la fa più.

ANNE                        Qualcuno segua mio padre. Fatelo tornare qui.

La signora Frank copre la bocca di Anne per soffocarne la voce.

PETER                      (precipitandosi verso le scale) Vado io.

SIGNOR VAN DAAN   (spingendolo sgarbatamente verso il fondoscena) Non ti sembra di averne combinate abbastanza ?

Peter afferra una sedia come per darla in testa a suo padre, poi la rimette giù e nasconde il viso tra le mani.

ANNE                        Signor Van Daan, la prego. Vada a cercare mio padre.

SIGNOR VAN DAAN   Silenzio! Silenzio!

Anne, spaventata, tace. La signora Frank se la tiene ancora più stretta, in un abbraccio protettivo.

SIGNORA FRANK      (pregando dolcemente) «Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? L’aiuto mi verrà dal Signore: egli ha fatto cieli e terra. Non permetterà che il tuo piede vacilli, né che il tuo custode sonnecchi». (Interrompe il Salmo perché sente qualcuno arrivare).

Tutti tesi a osservare le scale. Entra il signor Frank. Anne si alza, corre verso suo padre e lo abbraccia forte. La signora Frank e Margot si alzano.

SIGNOR FRANK         Era un ladro. Il rumore lo ha spaventato ed è fuggito.

Il signor Van Daan ricomincia a camminare su e giù per la stanza.

SIGNORA FRANK      Dio sia ringraziato!

SIGNOR FRANK         Si è preso la cassetta dei soldi e la radio. È scappato così di fretta che si è dimenticato di chiudere la porta d’ingresso. Era spalancata. (C’è un sospiro di sollievo collettivo). Accendiamo un po’ di luci.

MARGOT                   Sei sicuro non sia pericoloso?

SIGNORA FRANK      Il pericolo è passato. (Margot va ad accendere la lampada da tavolo). Anne, smetti di avere così paura. Il pericolo è passato.

DUSSEL                    (andando dal signor Frank, tagliente e teso) Chi l’ha detto che il pericolo è passato? Non si rende conto che siamo più in pericolo che mai?

SIGNOR FRANK         Signor Dussel, stia calmo. (Il signor Frank accompagna Anne al tavolo, la fa sedere su una sedia e, sedendosi accanto a lei, cerca di calmarla).

DUSSEL                    Grazie a questo deficiente, ora c’è qualcuno che sa che viviamo qui su. Qualcuno sa che ci nascondiamo qui.

SIGNORA VAN DAAN (alzandosi e raggiungendo Dussel) Qualcuno sa che siamo qui, sì, è vero. Ma chi? Un ladro. Solo un ladro. Pensa davvero che un ladro vada dare Camicie Verdi a dire... stavo rubando in un posto, l’altra sera, e ho sentito un rumore al piano di sopra? Pensa davvero che un ladro si pigli questa briga?

DUSSEL                    Sì. Penso proprio di sì.

SIGNORA VAN DAAN (istericamente) Lei è pazzo! (Si trascina verso una sedia).

Peter la segue con fare protettivo, spinge Dussel da parte, poi si siede sullo sgabello in proscenio a consolare sua madre.

DUSSEL                    (sempre rivolto alla signora Van Daan) Un giorno di questi lo acciufferanno e scenderà a un compromesso con le Camicie Verdi... in cambio di qualche informazione sui nascondigli degli ebrei lo lasceranno andare. (Va in camera sua e si accascia sul letto).

SIGNOR VAN DAAN   Ha perfettamente ragione.

La signora Frank ritorna a sedere a tavola.

ANNE                        (terrorizzata) Papà, andiamocene di qui! Non possiamo più starci ora. Andiamocene.

SIGNORA VAN DAAN Andarcene! E dove?

SIGNORA FRANK      (disperata) Già. Dove?

Il signor Frank si alza di fretta e osserva la «famiglia» angosciata. Sa che deve infondere coraggio. Il signor Van Daan va verso lo sgabello e si siede.

SIGNOR FRANK         Abbiamo perso la fede? Il coraggio? Solo qualche attimo fa avevamo creduto che erano venuti a prenderci. Eravamo certi di essere arrivati alla fine. Ma non è stato così. Siamo vivi, al sicuro. (Prega) Grazie a Dio nostro Signore, che con la Sua immensa misericordia ci ha risparmiato ancora una volta. (Con un soffio spegne le candele e si gira verso Anne) Su, Anne. L’inno. L’inno.

Anne comincia a cantare senza convinzione. All’inizio la sua voce è quasi inudibile.

ANNE                        (cantando) «Oh, Channukkah. Oh, Channukkah. Dolce festa».

Pian piano la seguono tutti. Non c’è unisono, né ritmo all’inizio. Margot si avvicina a suo padre. La signora Van Daan piange mentre canta. Dussel si alza ed esce dalla sua stanza. Margot lo trascina nel gruppo. Mentre cantano «Molte sono le ragioni per gioire», il coraggio e la fede riemergono.

TUTTI                         (cantando) «Tutti attorno alla festa ci riuniamo … In completo giubilo.

La stagione più felice

Giunta è oramai.

Molte sono le ragioni per gioire

E tutti assieme

Attenderemo ciò che domani ci porterà. (Le luci cominciano ad abbassarsi al ritmo del canto. Tutti continuano in crescendo).

Ascoltaci gioire… E cantare con fervore

L’inno di Channukkah che stiamo intonando. (Le luci si spengono e il sipario comincia a calare lentamente mentre loro continuano a cantare).

Ascoltaci gioire… E cantare con fervore

L’inno di Channukkah che stiamo intonando».

Sipario.


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Stessa scena. Gennaio 1944. Tardo pomeriggio. Pochi ma evidenti cambiamenti nella stanza. Una stampa floreale scolorita copre la parte inferiore della finestra del gabinetto nella stanza di Anne. Una fodera sbiadita sullo schienale del divano. C’è un’altra poltrona in proscenio, e del bucato steso.

Prima che si alzi il sipario, sentiamo la voce di Anne che legge dal diario.

VOCE DI ANNE          «Sabato, primo gennaio millenovecentoquarantaquattro. È cominciato un altro anno nuovo e noi ci troviamo sempre qui, nel nascondiglio. Ormai è passato un anno, cinque mesi e venticinque giorni. È come se le nostre vite fossero immobili».

Quando il sipario si alza, il palcoscenico è al buio. La voce di Anne continua senza fermarsi, finché le luci sono tutte alzate. Un puntamento su Anne che è seduta al tavolo e scrive il suo diario. Poco dopo, le luci vanno diffondendosi intorno a questa zona. È tardo pomeriggio di un freddo giorno invernale. Al centro della stanza la signora Frank, con pullover, grembiule e guanti senza dita, raccoglie il bucato ed esce di scena dietro la cucina. Il signor Frank, anche lui indossa un pullover, è seduto nella poltrona in proscenio e legge. Margot è sdraiata sul divano con una coperta addosso e varie sciarpe multicolori attorno al collo. Peter è seduto sotto l’abbaino nella sua stanza e legge. Indossa una giacca con il bavero alzato e un berretto di lana in testa. I Van Daan sono in soffitta. La signora Van Daan indossa l’impermeabile di Peter. Il signor Van Daan un pullover e guanti.

VOCE DI ANNE          «Siamo tutti un po’ più magri. Le "discussioni" dei Van Daan sono più violente che mai. La mamma continua a non capirmi. E anch’io continuo a non capire lei. C’è stato un grande cambiamento in me. Ho letto da qualche parte che le ragazze alla mia età sono molto insicure. Diventano calme, tutte più concentrate sul miracolo della trasformazione del loro corpo. Ciò che mi sta accadendo è davvero meraviglioso... non parlo solo di ciò che si vede ma, soprattutto, di quello che sento avvenire dentro me. Ogni volta che mi succede ho come la sensazione di entrare in possesso di... (La voce di Anne esita per un attimo. Guarda in aria, cerca le parole adatte. Le trova e continua a scrivere) ... un mio dolce segreto». (Sentiamo il carillon della Westertoren. La voce di Anne va in dissolvenza) E malgrado il dolore, non vedo l’ora di tornare a riprovare il mio dolce segreto».

C’è una pausa, che poi viene interrotta dal segnale di Miep. Tutti sono per un momento in allarme. La signora Frank torna nella stanza comune.

SIGNOR FRANK         (alzandosi; rassicurando la signora Frank) È Miep. (Va giù per le scale ad aprire la porta).

La signora Frank chiama i Van Daan che sono in soffitta, poi bussa alla porta di Peter mentre va ad affacciarsi alle scale.

SIGNORA FRANK      Svegliatevi. È arrivata Miep. (Si dissolve il puntamento su Anne, che smette di scrivere, si alza, si mette il diario sotto il braccio e aspetta. Dussel, di cattivo umore, siede sull’orlo del letto, in ascolto. Miep sale su per le scale. Ha un mazzo di fiori e una borsa della spesa. Kraler la segue. Ha un pacchetto e un piccolo mazzo di fiori. Sono tutti imbacuccati contro il freddo). Miep... Kraler... che bella sorpresa!

Miep, dopo aver salutato caldamente e aver dato la borsa della spesa alla signora Frank, passa davanti ad Anne e l’abbraccia affettuosamente. Peter si alza e viene nella stanza comune.

KRALER                    (dando il pacchetto alla signora Frank) Siamo venuti ad augurarvi buon anno.

SIGNORA FRANK      Non dovevate...    avreste dovuto tenervi almeno un giorno tutto per voi. (Va a posare il pacchetto sulla mensola del caminetto).

Kraler va in fondoscena a salutare Peter.

ANNE                        Non devi dire così, è così bello vederli. (Annusa il cappotto di Miep) Sento l’odore del vento e del freddo sui suoi vestiti.

MIEP                         (porgendo i fiori ad Anne) Tieni. (Va verso Margot e le sente la fronte) Come stai Margot? Ti senti un po’ meglio?

MARGOT                   Sì, sto bene ora.

ANNE                        L’abbiamo imbottita di pillole di tutti i tipi per non farla tossire. (Corre nella sua stanza, alza il sedile della finestra e ci mette dentro il diario, prende un bicchiere d’acqua, dispone i fiori e li appoggia sul comò).

Il carillon smette di suonare. Anne ritorna nella stanza comune e siede al tavolo. I Van Daan scendono dalla soffitta. Una banda passa sotto alla finestra.

SIGNORA VAN DAAN Salve, Miep. Signor Kraler.

KRALER                    (porgendo i fiori alla signora Van Daan) Con la speranza di un anno all’insegna della pace.

Miep ricambia i saluti dei Van Daan e va al tavolo. Peter torna verso il tavolo, rivolto a Miep.

PETER                      Miep, ha trovato Mouschi? L’hanno visto da qualche parte?

MIEP                         Mi dispiace, Peter. Ho chiesto a tutti qui intorno se avevano visto un gatto grigio. Ma purtroppo mi hanno risposto di no.

Peter va in proscenio. La signora Van Daan posa i fiori nell’acquaio. Il signor Frank ritorna su. In una mano ha due libri e nell’altra un piatto con una torta dove c’è la scritta «Pace per il 1944».

SIGNOR FRANK         Guardate cosa ci ha portato Miep! (Appoggia la torta sul tavolo).

SIGNORA FRANK      Una torta!

SIGNOR VAN DAAN   Una torta! (Fa un giro attomo al tavolo per raggiungere Miep e le dà dei buffetti sulle guance,- continuando a girare attorno al tavolo raggiunge i ripiani, in fondoscena). Vado a prendere dei piatti.

Dussel si infila il cappotto, si alza ed entra nella stanza comune. Il signor Frank va a posare i libri sulla mensola del caminetto, poi raggiunge Kraler. Miep torna verso le scale che scendono.

SIGNORA FRANK      Grazie, Miep. Ma non doveva. Avrà sicuramente usato la razione di zucchero di parecchie settimane per prepararla. (La signora Van Daan va accanto alla signora Frank. La signora Frank prende il piatto con la torta e lo passa alla signora Van Daan) Non è magnifica?

SIGNORA VAN DAAN (a Miep) Erano secoli che non vedevo una torta. L’ultima fu quella che ci portò lei, l’anno scorso. (La signora Frank vena dell’acqua calda nella teiera). Non si ricorda? Non si ricorda la torta che ci ha portato l’anno scorso? A Capodanno? Io non me ne dimenticherò mai perché c’era scritto «Pace per il 1943». (Guarda la torta e legge) «Pace per il 1944».

MIEP                         Beh, prima o poi dovrà pur tornare la pace. (Rivolta a Dussel) Salve, signor Dussel. (Gli va incontro, gli stringe la mano poi torna in proscenio).

La signora Frank prende quattro tazze dallo scolapiatti e le mette sul tavolo. Dussel va verso il fondoscena.

KRALER                    (a Dussel) Come sta? (Gli stringe la mano).

Il signor Van Daan prende piatti, forchette e un coltello dai ripiani e mette tutto sul tavolo.

SIGNOR VAN DAAN   (a sua moglie) Ecco il coltello, tesoro. Quanti siamo?

MIEP e KRALER        (assieme) Io non ne voglio, grazie. No, grazie.

SIGNOR FRANK         Vi prego, per favore. Dovete. Almeno una fettina.

MIEP                         Non potrei.

SIGNOR VAN DAAN   Bene! (La signora Frank prende altre quattro tazze dallo scolapiatti e le mette sul tavolo. La signora Van Daan va ad appoggiare la torta sul tavolo e siede). Perciò rimaniamo in: uno... due... tre... sette in tutto.

DUSSEL                    (indicando se stesso) Otto! Otto! Gli stessi di sempre.

SIGNOR VAN DAAN   Non ho contato Margot. Penso che non ne avrà voglia.

ANNE                        Perché no?

SIGNORA FRANK      (versando il tè) Non può certo farle male.

SIGNOR VAN DAAN   E va bene. Va bene. Lo dicevo solo perché avevo paura si rimettesse a tossire, tutto qui.

DUSSEL                    La torta la taglia la signora Frank.

SIGNORA e SIGNOR VAN DAAN (assieme) Che differenza fa? Non è solo per la signora Frank, vero Miep? E per tutti.

DUSSEL                    La signora Frank fa le porzioni più giuste.

La signora Van Daan si alza e va davanti al tavolo.

SIGNORA e SIGNOR VAN DAAN (assieme) Con questo cosa vuole insinuare? Su, dài. Non perdiamo tempo.

La signora Van Daan raggiunge Dussel che indietreggia di due passi verso il fondoscena. La signora Frank riporta la teiera sullo scolapiatti.

SIGNORA VAN DAAN (affrontando Dussel) Vuol dire che io non avrei sempre fatto le porzioni uguali per tutti? Eh?

SIGNOR VAN DAAN   Lascia perdere, cara.

SIGNORA VAN DAAN (sovrapponendosi) No. Voglio una risposta. (A Dussel) Avanti! Risponda!

DUSSEL                    Sì. Sì. Uguali per tutti (La signora Van Daan, soddisfatta, torna alla torta) Tranne quelle del signor Van Daan, sono sempre un po’ più abbondanti

I Van Daan si voltano e tornano da Dussel. Il signor Van Daan ha in mano il coltello. Dussel si arrende e va nel gabinetto. La signora Frank torna al tavolo, prende una tazza di tè e la offre a Miep.

SIGNOR VAN DAAN   È una menzogna. Fa sempre le porzioni uguali.

SIGNOR FRANK         Per piacere, per piacere. (Va verso Miep. Scusandosi) Ormai perdiamo la testa anche per una semplice torta! È ridicolo, non trova?

SIGNOR VAN DAAN   (dando il coltello alla signora Frank) Tenga, signora Frank.

Il signor Frank raggiunge sua moglie per aiutarla.

SIGNORA FRANK      Grazie. (A Miep) È sicura di non volerne una fetta? (Taglia la torta).

MIEP                         No, davvero, tra un minuto devo andare.(Beve il tè).

PETER                      (andando verso Miep) Magari Moushi è tornato a casa nostra dicono che i gatti Va mai da quelle parti? Cioè pensa di poterci?

I Van Daan raggiungono il signor Frank e il signor Van Daan afferra la prima fetta di torta. La signora Van Daan la seconda, la mette su un piatto e la porta verso la stufa, dove rimane a mangiarla.

MIEP                         Ci andrò, Peter. Appena avrò un minuto ci andrò. Ma è già passata una settimana e temo che...

DUSSEL                    Mettiti il cuore in pace. A quest’ora, col tuo gatto, qualcuno si sarà già preparato una buona cena!

Peter, furioso, va goffamente verso Dussel come per picchiarlo. Il signor Frank lo ferma. La signora Frank si sovrappone per calmare la situazione.

SIGNORA FRANK      È squisita, Miep. (Ne offre una fetta a Dussel).

SIGNORA VAN DAAN Squisita!

Il signor Van Daan divora la sua fetta seduto su una sedia. Peter va in fondoscena. Il signor Frank si avvicina alla signora Frank, le porge una fetta di torta e poi una ad Anne.

SIGNOR VAN DAAN   Dirk è proprio fortunato ad avere una ragazza che sappia fare torte così.

MIEP                         (appoggiando la tazza vuota sul tavolo) Devo scappare. Dirk stasera mi porta a una festa.

La signora Frank porta una fetta di torta a Margot, poi mette le fette che rimangono sui piatti puliti.

ANNE                        (a Miep) Che meraviglia! Non dimentichi niente, i vestiti, il cibo... così domani ce li potrà descrivere.

MIEP                         Ti farò un rapporto dettagliato. Arrivederci a tutti. (Si gira e si avvia verso le scale).

SIGNOR VAN DAAN   (a Miep) Aspetti un momento. (Si alza) Vorrei chiederle un favore. (Corre su per le scale della soffitta).

SIGNORA VAN DAAN (guardando suo marito, sgomenta, seccamente) Putti, dove vai? (Lo segue, chiamandolo istericamente) Cosa cerchi? Putti, cosa fai? (Lo segue su per le scale).

MIEP                         (a Peter) Che succede?

PETER                      (difendendo la madre) Papà dice che vuole vendere la pelliccia della mamma. Ma lei ci tiene moltissimo a quella vecchia pelliccia.

DUSSEL                    È mai possibile? È mai possibile che uno si preoccupi di una pelliccia in momenti come questi?

Peter si avventa su Dussel ma il signor Frank lo ferma. La signora Frank siede al tavolo.

PETER                      (a Dussel) Non sono fatti che la riguardano... e se dice un’altra parola... io... io la prendo e la... cioè, io la...

Un grido straziante da parte della signora Van Daan dalla soffitta. La vediamo aggrapparsi alla pelliccia mentre il signor Van Daan la sorpassa scendendo.

SIGNORA VAN DAAN No! No! No! Non ti permettere! Hai capito? È mia. (Peter, imbarazzato e triste, va verso le scale ma non può fare nulla). Me l’ha regalata mio padre. Non sei stato tu a darmela. Non hai nessun diritto. Dammela... hai capito?

Il signor Van Daan le strappa la pelliccia dalle mani e scende di corsa le scale. Quando è giù, tutti allontanano lo sguardo, imbarazzati per lui. La signora Van Daan, in lacrime, si accascia sul pavimento della soffitta.

SIGNOR VAN DAAN   (a Kraler) Solo una piccola discussione in famiglia... sull’opportunità o meno di vendere questo cappotto. Glielo ripeto spesso a mia moglie quanto è egoista a tenerselo qui dentro quando c’è tanta gente là fuori che ha bisogno di coprirsi. (Dà la pelliccia a Miep) Potrebbe cercare di vendercela? Dovrebbe valere parecchio. (Miep si gira per andarsene. Il signor Van Daan ci ripensa) A proposito, mi può prendere delle sigarette? La marca non ha importanza... e tutte quelle che trova.

MIEP                         È molto difficile trovarne, signor Van Daan. Comunque ci proverò. Arrivederci.

SIGNORA FRANK      Arrivederci.

SIGNOR FRANK         Arrivederci.

Miep scende ed esce di scena. Il signor Frank la segue e chiude la porta a chiave. La signora Frank si alza e porta una tazza di tè a Kraler.

SIGNORA FRANK      È sicuro di non volere una fetta di torta, signor Kraler?

KRALER                    (facendo un passo verso il signor Frank) No grazie, è meglio di no.

SIGNOR VAN DAAN   (avvicinandosi a Kraler) Non si sente ancora bene? Cosa dice il medico?

KRALER                    Non ci sono stato.

SIGNORA FRANK      Ah, ah, signor Kraler...

KRALER                    (sedendosi al tavolo) Ci ho provato. Ma è impossibile avvicinare un dottore di questi tempi... hanno così tanto da fare. Dopo settimane di tentativi sono riuscito a trovarne uno per telefono. Gli ho chiesto un appuntamento... non mi sentivo affatto bene. Lo sa cosa mi ha risposto... al telefono... «Mi faccia vedere la lingua». (Tutti ridono. Il signor Frank torna su e siede in poltrona, in proscenio. Il signor Van Daan prende una tazza di tè e va verso il caminetto. La signora Frank dà una tazza di tè e una fetta di torta a Dussel e poi anche a Peter, che siede sul gradino del gabinetto a mangiarsela. Kraler si volta verso il signor Frank) Ho dei contratti qui con me... le dispiace se diamo un’occhiata assieme?

SIGNOR FRANK         (allungando una mano) Ma certo.

KRALER                    (alzandosi) Forse è meglio andare di sotto... (Il signor Frank comincia a scendere le scale. Kraler si gira verso gli altri) Scusateci. Ci metteremo solo qualche minuto. (Va verso le scale).

MARGOT                   (con presentimento) Che cos’è successo? E successo qualcosa. Vero, signor Kraler?

Kraler si ferma e si gira, va da Margot per rassicurarla, fingendo un imprevisto.

KRALER                    Ma no, non è niente, ho solo bisogno di un parere da parte di tuo padre...

MARGOT                   È successo qualcosa. Lo sento.

SIGNOR FRANK         (ritornando su, rivolto a Kraler) Se si tratta di qualcosa che ci riguarda allora è meglio che sentano tutti.

KRALER                    (verso il signor Frank, sottovoce) Ma ci sono i ragazzi

SIGNOR FRANK         Chissà cosa si potrebbero mettere in testa. Si fanno troppe fantasie peggio della realtà. (Siede sulla poltrona in proscenio).

Kraler è riluttante ma comincia a raccontare. Tutti ascoltano con grande apprensione e, a uno a uno, si mettono a sedere. La signora Frank siede al tavolo. Il signor Van Daan sul divano. Dussel mette tazza e piatto sulla mensola del caminetto e poi viene al centro. Peter si alza e si avvicina.

KRALER                    Si tratta di un magazziniere. (Mentre parla il signor Frank si alza e va a sedersi al tavolo) Non so se lo ricorda... Carl, cinquant’anni circa, grosso, miope. Lo abbiamo assunto poco prima che lei se ne andasse.

Giù in strada il suono della banda si dissolve.

SIGNOR FRANK         Uno di Utrecht?

KRALER                    Esatto. Un paio di settimane fa, mentre mi trovavo nel magazzino, chiude la porta e mi chiede: «Come sta il signor Frank? Che ne è di lui?» Io gli rispondo che avevo sentito dire che vi trovavate in Svizzera. Anche lui aveva sentito dire la stessa cosa, ma si domandava se non ne sapessi di più. Io non gli ho dato molta importanza... ma poi ieri è successa una cosa. È venuto nel mio ufficio a portarmi delle fatture da firmare. Mentre le controllavo, ho alzato lo sguardo. Era in piedi di fronte allo scaffale e lo osservava con molta attenzione... (indica la porta infondo alle scale) lo scaffale che nasconde la porta. Poi mi fa: «Mi sembrava di ricordare una porta qui... non c’era una porta che saliva in soffitta?» Subito dopo mi chiede un aumento di venti fiorini alla settimana. (Siede al tavolo).

La signora Van Daan si alza, scende lentamente e siede sull’ultimo scalino, ad ascoltare.

SIGNOR VAN DAAN   (con enfasi) Un ricatto, dunque!

SIGNOR FRANK         (con calma) Venti fiorini? Un ricatto piuttosto modesto.

SIGNOR VAN DAAN   È solo l’inizio.

DUSSEL                    (avviandosi nervosamente in proscenio, rivolto al signor Frank) Sapete cosa penso? Che era lui il ladro dell’altra notte. E adesso sa che siamo nascosti qui. (Torna in fondoscena).

SIGNOR FRANK         (a Kraler) Com’è finita? Cosa gli ha detto?

KRALER                    Gli ho detto che ci dovevo pensare. Che faccio? Lo pago... trovo una scusa per licenziarlo?... o... ? Non so.

DUSSEL                    (tornando al centro, sempre più agitato) Non lo licenzi, per carità. Gli dia quello che chiede... e non lo perda mai di vista.

SIGNOR FRANK         (a Kraler) È molto quello che chiede? Come sono le paghe oggi?

Dussel torna in fondoscena.

KRALER                    È una paga che potrebbe ottenere in una fabbrica di guerra. Ma noi non siamo una fabbrica di guerra. (Si gira per rassicurare gli altri) Attenzione però, non sono sicuro che possa davvero sapere... oppure...

SIGNOR FRANK         Provi a offrirgli la metà. E capiremo subito se si tratta di un ricatto.

DUSSEL                    (andando in proscenio) E se lo fosse? Dovremo pagarlo, prima o poi. Dovremo pagare tutto quello che ci chiede.

SIGNOR FRANK         (paziente e calmo) Lo decideremo in seguito, quando sarà il momento.

Dussel torna in fondoscena.

KRALER                    (continua a rassicurarli) Potrebbe essere frutto della mia immaginazione. Siamo arrivati a un punto in cui si sospetta di tutti e di tutto. Sempre... Anche un semplice sguardo o una parola, e ci si ritrova ...

Il telefono squilla nell’ufficio di sotto.

SIGNORA VAN DAAN (si alza, è quasi senza fiato) Il telefono! Il telefono squilla in un giorno festivo! Cosa può significare ?

KRALER                    È mia moglie. Le ho detto che venivo in ufficio a vedere delle pratiche... e di chiamarmi quando tornava dalla chiesa. (Si alza) Allora gli offro la metà. (Stringe la mano del signor Frank) Arrivederci... speriamo in bene.

Il signor Frank si alza. Gli altri lo salutano con un triste «arrivederci». Il signor Frank lo segue giù per le scale e chiude la porta a chiave. La signora Frank, che si era alzata per accompagnare Kraler alle scale, si risiede scoraggiata. Poco dopo il signor Van Daan si dà una pacca sulla gamba in segno di rassegnazione, poi prende la sua tazza e quella di Margot e la porta all’acquaio. La signora Van Daan va nel gabinetto. Luce nel gabinetto. Peter mette la sua tazza e il piatto sullo scolapiatti, poi siede al tavolo.

DUSSEL                    (al signor Van Daan) Può ringraziare suo figlio per tutto questo... (Indica la luce al centro) quando ha fatto ribaltare la sedia e cadere la luce. È solo questione di tempo, ve lo dico io. (Va in fondoscena e guarda fuori dalla finestra).

Il signor Frank torna su.

MARGOT                   A volte desidero che tutto ciò finisca... non importa come.

SIGNORA FRANK      (alzandosi, sbalordita) Margot!

Anne si alza, va da Margot, siede accanto a lei sul divano e la circonda con un braccio.

MARGOT                   Almeno sapremmo la fine che ci aspetta.

SIGNORA FRANK      Dovresti vergognarti. Parlare in questo modo. Pensa a quanto siamo fortunati. Pensa quante persone muoiono tutti giorni in guerra. Pensa a quelli nei campi di concentramento...

ANNE                        (attaccando sua madre) A che serve? A che serve pensare alle miserie degli altri quando sei già un miserabile tu. È da stupidi!

SIGNORA FRANK      (sgomenta) Anne!

Il signor Frank ascolta, triste.

ANNE                        Noi siamo giovani, Margot, Peter, io. (Si alza) Voi grandi avete già vissuto la vostra vita. Guardate noi. Se cominciamo a pensare a tutti gli orrori del mondo, saremmo perduti. Siamo qui che tentiamo di aggrapparci a degli ideali... quando invece tutto, ideali, speranze... tutto va sgretolandosi.

SIGNORA FRANK      (cercando di interromperla) Se è per questo, Anne...

ANNE                        (sovrapponendosi) Non è mica colpa nostra se il mondo è ridotto così male. Non eravamo nemmeno nati quando tutto questo è cominciato.

SIGNORA FRANK      Anne!

ANNE                        Perciò non prendetevela con noi. (Corre nella sua stanza e si chiude la porta alle spalle sbattendola forte. Prende una spazzola dal comò e la sbatte per terra. Poi siede sul suo letto cercando di soffocare la rabbia).

SIGNOR VAN DAAN   (andando verso Peter) Parla come se l’avessimo fatta scoppiare noi la guerra! Siamo stati noi ad iniziare la guerra? (Vede la fetta di torta di Anne su un piatto e fa per prenderla).

Peter anticipandolo afferra il piatto.

PETER                      Non ha mangiato la sua torta. (Si avvia verso la stanza di Anne. Il signor Van Daan segue Peter con lo sguardo, poi si gira, va su in soffitta, ed esce di scena. Il signor Frank porge una fetta di torta alla signora Frank, che siede al tavolo e la mangia svogliata. Poi il signor Frank porta una fetta di torta a Margot e siede accanto a lei; Margot mangia lentamente. Peter entra nella stanza di Anne che si alza e si siede sul letto, nascondendo le lacrime. Peter le porge la torta) L’hai lasciata di là.

ANNE                        (cupa) Grazie.

Peter posa il piatto sul sedile della finestra, e fa per andare via, poi cambia idea, chiude la porta e torna da Anne. Parlando ritorna verso il sedile della finestra.

PETER                      Sei stata bravissima, prima. Sai bene come tenere testa agli adulti. Sai dire ciò che pensi. Io non ci riesco... non riesco a pensare... specie quando sono arrabbiato. Quel Dussel... quando ha detto che Moushi... che qualcuno se lo era mangiato... mi è venuta voglia di picchiarlo. Volevo dargliene tante... ma tante... che sarebbe... Anche a scuola facevo così quando c’era una discussione... reagisco sempre così... ma prima... con un uomo anziano come lui... non me la sono sentita.

ANNE                        Ti sbagli sul mio conto. Non ne faccio una giusta. Parlo troppo. Esagero sempre. Faccio del male a chi mi sta vicino.

Dussel si alza e va verso la porta della sua stanza.

PETER                      Io ti trovo fantastica cioè se non fosse per te, qui, non so… Cioè, quello che voglio dire è…

Dussel entra e accende la luce. Anne e Peter si voltano per guardarlo. Dussel fa una pausa, fissandoli a sua volta, poi si avvia verso il letto. Peter si alza e avanza verso di lui lentamente e minacciosamente. Dussel indietreggia ed esce dalla stanza. Dussel continua a fissare Peter mentre questi gli chiude la porta in faccia e ritorna da Anne.

SIGNOR VAN DAAN   Dici davvero, Peter? Dici sul serio?

PETER                      È quello che ho detto, no?

ANNE                        Grazie, Peter.

Dussel durante la prossima scena, sentendosi fuori posto, si avvia verso la stanza di Peter. Dopo un attimo di esitazione entra e siede sotto il lucernario a leggere uno dei libri di Peter.

PETER                      (guardando le fotografie appese al muro) È quasi una collezione.

ANNE                        (alzandosi) Ne vuoi qualcuna per la tua stanza? Potrei dartene un po’. (Siede sullo sgabello) Passi tante di quelle ore in camera tua... a fare chissà cosa...

PETER                      (avvicinandosi a lei) Preferisco così. Quando cominciano i litigi o le discussioni... io mi rintano di là.

ANNE                        Sei fortunato ad avere una stanza dove andare. Sua maestà è sempre qui dentro... non ho mai un minuto di intimità. E quando cominciano a prendersela con me, non so dove rifugiarmi. Devo rimanere dove sono e ingoiare tutto.

PETER                      Prima però non gliene hai risparmiata nemmeno una.

Margot non riesce a finire la torta. La dà a suo padre, che si alza e la mette sul tavolo, poi aiuta Margot a mettersi comoda e le rimbocca le coperte. La signora Frank si alza, prende le tazze e le posate dal tavolo e le porta all’acquaio. Il signor Frank l’aiuta, portando il resto. Lei lava e asciuga le stoviglie.

ANNE                        Mi fanno così arrabbiare. Hanno le loro idee... su tutto... noi invece stiamo ancora cercando di capire. Ci troviamo di fronte a problemi che nessun altro ha mai avuto alla nostra età. E quando crediamo forse di averli risolti, salta fuori qualcosa che, bum! ... dobbiamo ricominciare tutto daccapo.

PETER                      Tu hai almeno qualcuno con cui parlare.

ANNE                        Ti sbagli. Con mia madre non parlo mai di cose serie. Tanto non capisce. Con papà è diverso. Possiamo parlare di tutto... meno di una cosa, della mamma. Non c’è verso di parlarne. E come fai a sentirti in confidenza con qualcuno se sai che c’è una cosa di cui non vuol sentire ragione ?

PETER                      lo penso che tuo padre sia in gamba.

ANNE                        Su questo non ci sono dubbi. È l’unico che non mi fa sentire una cretina. Però non c’è niente che possa rimpiazzare la scuola, gli amici... i coetanei... non trovi?

PETER                      A te mancano molto gli amici.

ANNE                        E non soltanto quelli... (Si interrompe e lo fissa per un attimo) Che strano rapporto c’è fra noi. È un anno e mezzo che ci frequentiamo, praticamente tutto il giorno, e questa è la prima volta che parliamo davvero. Aiuta avere qualcuno con cui parlare, non trovi? È una bella valvola di sfogo.

PETER                      (raggiungendo la porta) Beh, ogni volta che avrai bisogno di sfogarti, vieni pure da me.

ANNE                        (alzandosi e seguendolo) Attento a ciò che dici. A volte accumulo tanta di quella rabbia...

PETER                      A me sta bene ugualmente.

ANNE                        Davvero?

PETER                      È quello che ho detto, no? (Esce e va al centro della stanza comune).

Anne sulla porta lo segue con lo sguardo, Peter va verso la sua stanza, rimane in piedi per un attimo a guardare Anne, poi apre la porta. Dussel si alza, passa davanti a Peter e rapidamente raggiunge il centro della stanza comune. Anne, vedendo Dussel, richiude subito la porta della sua stanza. Dussel si gira verso la stanza di Peter, rimane in piedi, è perplesso e spaesato. Le luci si dissolvono, rimane solo un puntamento su Dussel. Si dissolve anche quello. Sentiamo la voce di Anne nel buio, dapprima fievole poi in crescendo.

VOCE DI ANNE          «... Brutte notizie. Le persone da cui Miep aveva avuto le tessere di razionamento sono state arrestate. Perciò abbiamo dovuto ridurre ulteriormente le razioni. I nostri stomaci sono così vuoti che brontolano e fanno rumori strani, tutti in chiave diversa. La chiave del signor Van Daan è bassa e profonda, come quella di un contrabbasso. La mia così alta che sembra un flauto. Quando siamo seduti attorno al tavolo in attesa di cenare, sembriamo un’orchestra che si accorda. Manca solo Toscanini con la sua bacchetta e potremmo suonare la Cavalcata delle Valchirie. Lunedì, sei marzo millenovecentoquarantaquattro. Il signor Kraler è in ospedale. Sembra abbia un’ulcera. Pim dice che siamo noi la sua ulcera. Miep adesso deve mandare avanti l’ufficio e aiutare noi, tutta da sola. Gli americani sono sbarcati nell’Italia del Sud. Papà ritiene che la guerra finirà presto. Il signor Dussel si aspetta che ogni giorno il magazziniere chieda più soldi. Sto saltando troppo da un discorso all’altro? Non ci posso fare niente. Sento che sta per arrivare la primavera. (Le luci si alzano lentamente. La voce di Anne comincia a scemare) ... La sento in tutto il mio corpo e nell’anima. Mi sento totalmente confusa. Desidero... desidero... tutto... gli amici... qualcuno con cui parlare... qualcuno che capisca... qualcuno giovane, che provi ciò che provo io».

SCENA SECONDA

Stessa scena. Marzo 1944. Sera. Le luci si alzano, dopocena.

Rumori di bambini che giocano per strada. Gli adulti, a eccezione del signor Van Daan che è in soffitta a ricamare su un telaio, sono al centro della stanza comune. La signora Frank, che rammenda un guanto, è seduta su una sedia in proscenio. La signora Van Daan è seduta al tavolo, legge una rivista di moda. Il signor Frank è seduto sullo sgabello e studia delle carte. Dussel va su e giù davanti alla porta della sua stanza. Tutte le luci sono accese. Peter è seduto in camera sua, ai piedi del letto, sta pettinandosi davanti a uno specchietto appoggiato sul sedile della finestra. Durante la prossima scena si metterà la cravatta, luciderà le scarpe, spazzolerà il cappotto, se lo infilerà, poi si accerterà che la stanza sia in ordine. Si sta preparando per la visita di Anne. La tenda oscura il lucernario. Alle pareti molte fotografie appese, una è inclinata. Anne e Margot sono nella stanza a destra. Anche Anne si sta vestendo. E in piedi davanti allo specchio del comò, in sottoveste, e si tira su i capelli. Margot è seduta sul letto di Anne, sta cucendo l’orlo della gonna che Anne indosserà. Il cestino da lavoro è accanto a lei. Quando le luci sono accese Dussel, impaziente, si ferma a guardare la porta della stanza di Anne e poi, passando accanto alla signora Frank, la guarda come per chiederle aiuto. La signora Frank si concentra di più sul rammendo. Dussel, con passi pesanti, raggiunge il divano. La signora Frank lo guarda con tristezza. Dussel siede sul divano, si rialza di colpo, raggiunge la porta della stanza di Anne e comincia a bussare.

ANNE                        (da dietro la porta) No, no, signor Dussel. Non sono ancora vestita. (Dussel, furioso, torna al divano, siede affondando il viso tra le mani. Anne si gira verso Margot) Come sto? Come mi trovi?

MARGOT                   (dandole un rapido sguardo) Benissimo.

ANNE                        Ma se non mi hai neppure guardata.

MARGOT                   Certo che ti ho guardata. E trovo che stai benissimo.

ANNE                        Margot, dimmi la verità, mi trovi molto brutta?

La signora Frank, in pena per Dussel, si alza e raggiunge la porta delìa stanza di Anne. Dussel si alza per metà e la signora Frank gli fa segno di avere pazienza. Ritorna a sedersi.

MARGOT                   Lascia perdere.

ANNE                        No, dài. Rispondimi.

MARGOT                   No che non sei brutta. Hai dei begli occhi... e sei molto vivace, e...

ANNE                        (seccamente) Sei un po’ vaga, eh? (Allunga la mano, prende un reggiseno dal cestino di Margot e se lo prova sopra la sottoveste).

SIGNORA FRANK      (bussando alla porta) Posso entrare?

MARGOT                   Vieni, mamma.

La signora Frank entra nella stanza e richiude la porta.

SIGNORA FRANK      Il signor Dussel è impaziente di tornare in camera.

ANNE                        Che si calmi, ha la stanza per sé tutto il giorno.

SIGNORA FRANK      (gentilmente) Anne, tesoro, non andrai anche stasera da Peter?

ANNE                        (con orgoglio) È quello che intendo fare. (Si volta verso lo specchio per vedere l’effetto del reggiseno).

SIGNORA FRANK      Ma ci sei già stata quasi tutto il giorno.

ANNE                        Ci sono stata solo due volte. Una a prendere il dizionario, e poi per tre quarti d’ora prima di cena. (Si gira per guardarsi da un’altra angolazione).

SIGNORA FRANK      Non hai paura di disturbarlo?

ANNE                        Mamma, so quello che faccio.

SIGNORA FRANK      Allora posso chiederti un piccolo piacere ? Ti dispiace non chiudere la porta quando sei nella sua stanza ?

ANNE                        Sembri la signora Van Daan. (Lancia il reggiseno nel cestino, prende la camicetta e se la infila).

SIGNORA FRANK      No. No. Non sto insinuando nulla di male. È che non voglio che tu ti esponga a critiche... che potrebbero dare un’occasione in più alla signora Van Daan per essere sgradevole.

ANNE                        La signora Van Daan non ha bisogno di occasioni per essere sgradevole.

SIGNORA FRANK      Siamo tutti un po’ tesi per via del signor Kraler. E questo si aggiunge a...

ANNE                        Mi dispiace, mamma. Io da Peter ci vado. Non permetterò certo a Petronella Van Daan di rovinare la nostra amicizia.

La signora Frank esita per un attimo, poi torna nella stanza comune, si chiude la porta alle spalle, e fa cenno a Dussel che manca poco, poi va verso i ripiani, posa il guanto, prende un mazzo di carte, siede al tavolo e comincia a fare un solitario. Appena la signora Frank esce dalla stanza, Anne va da Margot, facendole segno che vorrebbe mettersi le sue scarpe col tacco alto. Margot le sorride annuendo e Anne prende due pezzi di carta dal comò e li dà a Margot perché li infili nella punta delle scarpe. Margot le porge la gonna rammendata e si toglie le scarpe.

MARGOT                   (mettendo la carta nelle scarpe) Perché voi due non chiacchierate nella stanza grande? Evitereste tutte queste noie. È difficile per la mamma ascoltare i commenti della signora Van Daan senza poter dire una parola.

ANNE                        (infilandosi la gonna) Perché non le risponde a tono? Non può continuare a ingoiare sempre tutto.

MARGOT                   Non la capisci per niente la mamma, tu! Non ce la fa a rispondere. Non è come te. Le discussioni non fanno parte della sua natura.

ANNE                        L’unica persona che mi preoccupa davvero, sei tu. Mi sento in colpa nei tuoi confronti.

MARGOT                   In che senso?

ANNE                        Ogni volta che vado nella camera di Peter, mi sembra di farti un torto. (Margot scuote la testa. Anne si alza, siede ai piedi del letto) Se fossi al posto tuo io sarei furiosa. Sarei terribilmente gelosa.

MARGOT                   Io no, per niente.

ANNE                        Davvero non ti dispiace? Sul serio? Non sei gelosa?

MARGOT                   Certo che sono gelosa... gelosa del fatto che tu hai una ragione per svegliarti al mattino... ma gelosa di te e di Peter? Proprio no.

ANNE                        (alzandosi e andando allo specchio) Forse non c’è nulla di cui essere gelosi. Magari non gli piaccio nemmeno. Forse ho solo preso il posto del suo gatto. (Prende un paio di guanti corti e bianchi e se li infila) Non vuoi venire anche tu?

MARGOT                   Preferisco leggere.

Dussel non ce la fa più. Si alza di scatto, va alla porta e bussa con violenza.

DUSSEL                    Vorrei entrare nella mia stanza, per favore.

ANNE                        Un attimo solo, caro, caro signor Dussel. (Prende lo scialle rosa di sua madre, se lo drappeggia sulle spalle, si guarda un’ultima volta allo specchio, poi va verso la porta e si gira verso Margot. Margot si alza e la raggiunge). Ecco, sono pronta ad attraversare il campo minato.

Margot spegne la luce ed entra nella stanza comune.

DUSSEL                    (sarcastico) Grazie tante.

Anne s’inchina dignitosamente. Dussel entra nella stanza e chiude la porta. Anne attraversa la stanza, con fare sofisticato.

SIGNORA VAN DAAN Mio Dio, guardatela! (Anne, senza degnarla di uno sguardo, raggiunge la stanza di Peter. Le scarpe col tacco di Margot le causano qualche problema ma la testa è alta. Dussel prende un paio di pantaloni da un gancio in proscenio, un paio di forbici da un cassetto, siede sul suo letto e taglia i risvolti. Margot porta il suo cestino da lavoro sui ripiani, prende cruciverba e matita, va verso la poltrona, si aggiusta la lampada, poi si siede e comincia a fare le parole crociate. Anne bussa alla porta di Peter, che dà un ultimo sguardo per vedere se tutto è a posto). Non so a cosa serve avere un figlio. Non lo vedo mai. Se morissi non se ne accorgerebbe nemmeno. (Peter apre la porta e si scosta per far entrare Anne. La signora Van Daan si alza). Aspetta un attimo, Anne. (Attraversa la stanza e raggiunge Anne) Vorrei dire due parole a mio figlio, se non ti dispiace. Peter, non voglio che tu vada a letto tardi stasera. Hai bisogno di dormire. Stai crescendo. Hai capito?

SIGNORA FRANK      Anne non rimarrà a lungo. Andrà a letto alle nove precise. Vero Anne?

ANNE                        Sì, mamma. (Alla signora Van Daan con un tono esageratamente gentile) Posso entrare, ora?

Le grida dei bambini che giocano per strada vanno in dissolvenza.

SIGNORA VAN DAAN Lo chiedi a me? Non credevo di avere voce in capitolo.

SIGNORA FRANK      Anne cara, attenta ai rintocchi.

Peter e Anne entrano nella stanza e chiudono la porta.

SIGNORA VAN DAAN (andando verso la signora Frank) Ai miei tempi erano i ragazzi ad andare dietro alle ragazze.

SIGNORA FRANK      Lo sa come sono... amano parlare dei loro segreti. E la stanza di Peter è l’unico posto in cui possono farlo.

Le luci si dissolvono lentamente assieme al crepuscolo.

SIGNORA VAN DAAN Parlare! Non si chiamava certo così, quando ero ragazza io. (Va verso il caminetto, appoggia la rivista sulla mensola, si mette il grembiule e comincia a lucidare la caffettiera).

ANNE                        (rivolgendosi a Peter, indignata) Sono tremendi, non trovi? Impossibili. Ci trattano come se stessimo ancora all’asilo.

PETER                      Lascia perdere. Come faccio io.

ANNE                        Suppongo non sia colpa loro... (siede ai piedi del letto di Peter, guarda il pubblico) ragionano come ragionavano alla nostra età. Non si rendono conto quanto siamo più maturi noi. Quando penso alle nostre magnifiche conversazioni... Ah, che stupida, mi sono dimenticata. Volevo portarti delle altre fotografie.

Peter prende una bottiglia di aranciata e due bicchieri da sotto la cassetta.

PETER                      Grazie, ma queste non ti bastano.

ANNE                        Non ne vuoi delle altre? Miep me ne ha portate delle nuove.

PETER                      Forse, più in là. (Siede sul sedile della finestra, rivolto ad Anne, le porge un bicchiere, versa l’aranciata prima a lei e poi a sé)

La signora Van Daan ripone la caffettiera, va nel gabinetto e accende la luce.

ANNE                        (guardando una foto) Ricordo quando la presi... anzi quando la vinsi. Avevo scommesso con Jopie che avrei mangiato cinque coni gelato. Avevamo giocato tutti a ping-pong. Come ci divertivamo... finivamo sempre per mangiarci del gelato da Delphi, o a l’Oasi, dove erano ammessi gli ebrei. C’erano sempre un sacco di ragazzi: quanti scherzi, quante risate. Vorrei tornarci per una settimana intera. Anche se so che poi mi stuferei. Penso alla vita in maniera più seria, ora. Vorrei diventare giornalista... o... Mi piace tanto scrivere. Tu invece cosa vorresti fare?

Il signor Frank si alza per andare a posare sui ripiani il libro mastro. Margot lo ferma e gli chiede una definizione. Non gli viene in mente e continua verso il fondoscena, posa il libro e prende la scacchiera. Torna al tavolo e si siede. Lui e la signora Frank cominciano a giocare.

PETER                      Vorrei andarmene da qualche parte... lavorare in una fattoria... un lavoro che non impegni troppo il cervello.

ANNE                        Non dovresti parlare così. Soffri solo di un complesso di inferiorità.

PETER                      So di non essere intelligente.

ANNE                        Non è vero. Sai fare bene molte più cose di me... aritmetica e algebra e... Sei mille volte più bravo di me in algebra. (Diretta) A te piace Margot, non è vero? Dalla prima volta che l’hai vista, l’hai subito preferita a me.

PETER                      (imbarazzato) Mah, non lo so.

Dussel rimette i pantaloni sul gancio, prende una limetta, siede e comincia a limarsi le unghie.

ANNE                        Non c’è niente di male. Tutti l’adorano. Margot è così buona. È dolce, è intelligente, è bella... tutto quello che io non sono.

PETER                      Qui ti sbagli.

ANNE                        No, no, lo so. So benissimo di non essere bella. Non lo sono mai stata, né mai lo sarò.

PETER                      Non sono per niente d’accordo. Io ti trovo carina, invece.

ANNE                        Non è vero.

PETER                      E poi, sei cambiata... cioè, sei cambiata dai primi tempi.

ANNE                        Davvero?

PETER                      Ti trovavo così... chiassosa.

ANNE                        (in ansia) E ora cosa pensi di me, Peter? In che modo sono... cambiata?

PETER                      Beh... ehm... sei... sei più calma.

ANNE                        (divertita) Sono felice che tu non mi odili.

PETER                      E perché dovrei?

ANNE                        Scommetto che una volta fuori di qui non mi penserai più.

PETER                      Sei matta.

ANNE                        Come tornerai tra i tuoi amici dirai... «Chissà cosa ci trovavo in quella Signorina Qua-Qua».

PETER                      Io non ho amici...

ANNE                        E dài, Peter, certo che ne hai. Tutti hanno degli amici.

PETER                      Io no. E non ne voglio avere. Sto benissimo senza amici.

ANNE                        Con questo vuoi dire che staresti meglio senza di me? Mi consideravo una tua amica.

PETER                      No. Se tutti fossero come te... sarebbe diverso. (Si rende conto di ciò che ha detto e per capire l’imbarazzo si abbassa a prendere bicchiere e bottiglia e a riportare il tutto sul tavolo).

C’è un secondo di silenzio, poi Anne parla, con esitazione e timidezza.

ANNE                        Peter, hai mai baciato una ragazza?

PETER                      Sì. Una volta.

Anne lo guarda.

ANNE                        (nascondendo il disagio) Quella fotografia è storta. (Gira lo sguardo. Peter raddrizza la fotografia). Era carina?

PETER                      Eeh?

ANNE                        La ragazza che hai baciato.

PETER                      Non lo so. Avevo gli occhi bendati. (Ritorna al suo posto) Ero a una festa. Facevamo uno di quei giochi con le penitenze.

La signora Van Daan spegne la luce del gabinetto, torna nella stanza comune, va all’acquaio e continua a lucidare la caffettiera.

ANNE                        (sollevata) Allora non vale!

PETER                      Per me non vale.

ANNE                        Io sono stata baciata due volte. Una volta, un signore che non conoscevo, mi ha baciata sulla guancia, ero caduta mentre pattinavo sul ghiaccio e mi ero messa a piangere. Un’altra volta il signor Koophuis, un amico di papà, mi ha fatto il baciamano. Ma non credo valgano nemmeno quelli. Tu che ne dici?

PETER                      Penso proprio di no.

ANNE                        Sono sicura che Margot non bacerebbe mai nessuno se non dopo essersi fidanzata. E sono anche sicura che la mamma non ha mai toccato un altro uomo, prima di Pim. (Dussel va al gabinetto e accende la luce). Non so... le cose sono così diverse oggi. Tu cosa dici? per te una ragazza deve aspettare di essere fidanzata per baciare un ragazzo? È così difficile sapere cosa fare mentre siamo qui, mentre là fuori il mondo ci sta crollando addosso, viene da pensare... beh... non sai quello che succederà domani. Tu che ne dici?

PETER                      Secondo me dipende dalla ragazza. Alcune, qualsiasi cosa facciano, è sbagliato. Per altre invece... beh... è diverso. (Il carillon batte le nove). Ho sempre pensato che quando due persone...

ANNE                        Le nove. Devo andare.

PETER                      Già.

ANNE                        (senza muoversi) Buonanotte.

I loro visi sono vicini. C’è una pausa, poi Peter, troppo timido per baciare Anne, si alza e si allontana.

PETER                      Non permetterai che loro ti impediscano di venirmi a trovare?

ANNE                        No. (Si alza, va verso la porta. Poi si volta) Prima o poi ti porterò il mio diario. Ci sono molte cose di cui vorrei parlarti. Molte riguardano anche te.

PETER                      Quali cose?

ANNE                        Alcune preferirei non fartele leggere. Riguardano il periodo in cui ti ritenevo una nullità, proprio come tu pensavi di me.

PETER                      E ora hai cambiato idea? Come l’ho cambiata io?

ANNE                        Beh... vedrai.

Per un attimo Anne rimane in piedi a guardare Peter, spera in un bacio. Siccome lui non fa una mossa lei si volta e fa per andarsene. All’improvviso lui la afferra, la gira, tenendola goffamente tra le braccia, e le dà un bacio sulla guancia. Anne, trasognata, fluttua fuori dalla stanza. Rimane immobile per un attimo, dando la schiena a quelli che sono nella stanza comune. Poi ritorna in sé, e con mossa sofisticata si rimette lo scialle sulle spalle. Va da sua madre e da suo padre a dar loro il bacio della buonanotte. Poi va da Margot, le dà un bacio e si avvia verso la sua stanza. Il signore e la signora Frank smettono la partita e la guardano. Anne si accorge che c’è la signora Van Daan in piedi davanti all’acquaio, la raggiunge, le prende il viso tra le mani e schiocca un bacio prima su una guancia e poi sull’altra, quindi entra nella sua stanza e chiude la porta. La signora Van Daan la segue con lo sguardo, poi si gira verso la stanza di Peter. I suoi sospetti sono così confermati. Il signore e la signora Frank riprendono a giocare.

SIGNORA VAN DAAN (ha capito) Ah, aaah! (Scuote la testa).

Le luci si dissolvono velocemente. Sentiamo la voce di Anne nel buio, dapprima fievole, poi in crescendo.

VOCE DI ANNE          «Siamo arrivati al punto in cui ci conosciamo tutti così bene che se qualcuno comincia una storia, gli altri sono in grado di finirla. Abbiamo dovuto ridurre ancora le razioni di cibo, E per di più i topi si sono rimessi al lavoro portandosi via parte delle preziose provviste. Perfino il signor Dussel vorrebbe che Mouschi fosse qui! Giovedì, venti aprile millenovecentoquarantaquattro. La febbre dell’invasione cresce giorno dopo giorno. Miep dice che la gente fuori non parla d’altro. Per quanto mi riguarda, la vita è diventata molto più piacevole. Vado spesso da Peter dopo cena. Ah, non pensare che io sia innamorata, perché non lo sono. Ma il fatto di poter scambiare opinioni con qualcuno rende la vita più sopportabile. Per stasera, basta. P.S: Devo essere sincera. Confesso che vivo solo in attesa del prossimo incontro. C’è niente di più bello che stare seduti sotto un lucernario e sentire il sole sulle guance e un ragazzo adorabile tra le braccia? Sono proprio contenta che i Van Daan abbiano avuto un figlio e non una figlia, lo devo proprio ammettere. (Le luci si alzano lentamente. La voce di Anne va in dissolvenza) Non mi sta più niente, è il terzo vestito che scarto. Mi tocca mettermi i vestiti di Margot. Studio molto il francese... e sto leggendo La Belle Nivernaise».

SCENA QUINTA

Stessa scena. Aprile 1944. Notte.

Quando si alzano le luci, tutti sono a letto e tutto tace. Una luce fioca e fredda entra dal lucernario della stanza di Peter. Riusciamo a scorgere a malapena il signore, la signora Frank e Anne nei loro letti. Margot dorme sul fondoscena dietro la tenda. In soffitta si accende un fiammifero, che poi viene subito spento. È il signor Van Daan, a piedi nudi, in pantaloni e canottiera, che scende le scale, nella penombra. Si avvia verso l’armadio delle provviste sotto all’acquaio, accende un altro fiammifero. Poi, con cautela, apre l’armadio e prende mezza forma di pane. L’armadio scricchiola mentre lo richiude. Rimane immobile. La signora Frank si alza seduta e lo vede.

SIGNORA FRANK      (strillando) Otto! Otto! Presto!

Tutti si svegliano e si alzano.

SIGNOR FRANK         Che c’è? Cos’è successo?

Il signor Van Daan si avvia verso le scale, ma si confonde e si ritrova in proscenio. Margot prende lo sgabello e lo porta sotto la lampadina in centro.

SIGNORA FRANK      (raggiungendo il signor Van Daan) Ruba le nostre provviste!

Dussel esce dalla sua stanza e si precipita verso il signor Van Daan. Anne lo segue, buttandosi una gonna sopra le spalle a mo’ di scialle.

DUSSEL                    Lei! Lei! Mi dia subito quella roba!

Peter esce dalla sua stanza.

SIGNORA VAN DAAN Putti… Putti che succede ?

Le prossime battute si sovrappongono.

DUSSEL                    (afferrando il pane) Sporco ladro (Il signor Van Daan indietreggia verso il proscenio). ... rubare il cibo buono a nulla che non è altro

Margot avvita la lampadina che pende dal filo.

SIGNOR FRANK         (trattenendo Dussel) Signor Dussel. Per l’amor di Dio! Peter, aiutami!

Peter si fa strada dietro a suo padre e lo tira per le spalle.

PETER                      (a Dussel) Lo lasci stare. Lo lasci.

Dussel e il signor Frank dànno uno strattone che mette in ginocchio il signor Van Daan. Dussel è riuscito a prendergli il pane. Il signor Van Daan si alza e si avvia in proscenio.

DUSSEL                    Ingordo, egoista...

SIGNORA VAN DAAN (scendendo le scale della soffitta) Putti... cos’è successo ?

La signora Frank ha perso tutta la sua dolcezza e il suo autocontrollo. È furiosa, indignata.

SIGNORA FRANK      Il pane! Stava rubando il pane!

Dussel posa il pane sul tavolo. Peter, umiliato, siede su un gradino della soffitta.

DUSSEL                    Allora non erano i topi.

SIGNOR FRANK         Signor Van Daan, come ha potuto fare una cosa del genere?

SIGNOR VAN DAAN   (voltando la faccia) Ho fame.

Dussel va nella sua stanza, si infila la giacca, poi ritorna a sedersi sulla sedia accanto alle scale che scendono. La signora Van Daan raggiunge suo marito con fare protettivo e rimane in piedi accanto a lui.

SIGNORA FRANK      (con rabbia) Tutti abbiamo fame! I bambini diventano sempre più magri. Peter, suo figlio l’ho sentito lamentarsi nel sonno dalla fame che ha! (Rimanendo in piedi) E lei, di notte, viene a rubare il cibo… quello dei bambini

SIGNORA VAN DAAN Ha bisogno di maggiore nutrimento di noi. È abituato a mangiare di più. È un uomo robusto…

Il signor Van Daan va verso il caminetto.

SIGNORA FRANK      (girandosi verso la signora Van Daan) E lei è... è peggio di lui. È una madre, eppure sacrifica Peter a favore di quest’uomo… di questo… questo… (Va dietro al tavolo).

SIGNOR FRANK         (raggiungendo la signora Frank) Edith! Edith!

Margot prende lo scialle dalla sedia e lo mette sulle spalle della signora Frank.

SIGNORA FRANK      (senza farci caso, alla signora Van Daan) Non creda che non l’abbia vista. Sempre a scegliere le parti migliori per lui. L’ho osservata, giorno dopo giorno, e non ho mai aperto bocca. Ma ora basta, Questo è troppo. Voglio che se ne vada, adesso. Voglio che esca di qui! (Si avvia in fondoscena).

SIGNOR FRANK e SIGNOR VAN DAAN (assieme) Edith! Andarmene?

SIGNORA VAN DAAN (lasciandosi cadere su una sedia) Che volete dire?

SIGNORA FRANK      Quello che ho detto. Prenda la sua roba e esca di qui!

Il signor Van Daan si siede sul divano.

SIGNOR FRANK         (a sua moglie) Sei fuori di te. Non credo tu sappia ciò che dici.

SIGNORA FRANK      So esattamente quello che dico!

SIGNOR FRANK         Abbiamo vissuto qui per due lunghi anni, fianco a fianco. Rispettando i diritti l’uno dell’altro... e siamo riusciti a vivere in pace. E adesso vogliamo buttare tutto all’aria ? (Attraversa la stanza. Il signor Van Daan comincia a sentirsi male, teme di vomitare e si alza). Non succederà mai più, vero signor Van Daan?

SIGNOR VAN DAAN   No, no. (Con una mano sulla bocca e l’altra sullo stomaco va verso il gabinetto).

Anne lo circonda con un braccio e lo aiuta a salire le scale. Il signor Vari Daan entra in gabinetto e accende la luce. La signora Van Daan si alza per dare una mano, ma il suo aiuto non serve più. Va verso il divano, prende una coperta dal letto e se la mette sulle spalle.

SIGNORA FRANK      Chi ruba una volta, ruberà ancora.

SIGNOR FRANK         Edith, ti prego! Cerchiamo di star calmi. Andiamo tutti nelle nostre stanze e più tardi ne riparleremo con calma troveremo sicuramente una soluzione

SIGNORA FRANK      No! No! Basta parlare! Voglio che se ne vadano, adesso!

Il signor Frank si rende conto che è inutile ragionare con sua moglie, alza le braccia in segno di sconforto e raggiunge Anne e Margot che sono in proscenio.

SIGNORA VAN DAAN (che va su e giù davanti al tavolo) Vuole mandarci via? Metterci sulla strada?

SIGNORA FRANK      Ci sono altri posti per nascondersi.

SIGNORA VAN DAAN Sì, una cantina... o magari un armadio. E per giunta siamo anche rimasti senza soldi.

SIGNORA FRANK      Ve lo do io il denaro. Di tasca mia, e volentieri. (Prende il borsellino da un ripiano in fondoscena e ritorna al tavolo).

Il signor Frank la raggiunge.

SIGNORA VAN DAAN (avvicinandosi) Signor Frank, aveva detto a mio marito che non si sarebbe mai dimenticato di ciò che aveva fatto per lei quando è arrivato ad Amsterdam. Aveva detto che non sarebbe mai riuscito a sdebitarsi a sufficienza, e che...

SIGNORA FRANK      (contando il denaro) Se mio marito aveva degli obblighi nei suoi confronti, li ha pagati, eccome li ha pagati!

SIGNOR FRANK         Edith, non ti ho mai vista così. Non ti riconosco.

SIGNORA FRANK      Avrei dovuto parlare molto prima.

DUSSEL                    Con certa gente non si può essere gentili.

SIGNORA VAN DAAN (a Dussel) Ci sarebbe stato da mangiare in abbondanza se non fosse arrivato lei.

SIGNOR FRANK         Non sono i nazisti a distruggerci. Ci distruggiamo con le nostre stesse mani. (Siede a tavola a testa bassa).

SIGNORA FRANK      (Svolte alla signora Van Daan) Dia questi a Miep. Vi troverà un’altra sistemazione. (Mette con violenza il denaro nelle mani della signora Van Daan e ripone il borsellino).

ANNE                        (andando verso sua madre) Mamma, non vorrai mettere per strada anche Peter? Lui non ha fatto niente di male.

SIGNORA FRANK      Peter rimane. Quando dico bambini intendo anche Peter.

PETER                      (alzandosi) Devo andarmene anch’io se se ne va papà.

Il signor Van Daan spegne la luce del gabinetto e torna nella stanza comune. La signora Van Daan gli va incontro, lo accompagna sul divano e lo fa sedere, poi va all’acquaio, prende dell’acqua e gli rinfresca il viso.

SIGNORA FRANK      (in piedi, dietro al tavolo, rivolta a Peter) Quell’uomo... non è più tuo padre! Non sa cosa vuol dire essere padre!

PETER                      (girando la testa) Non ce la farei a rimanere. Non potrei proprio.

SIGNORA FRANK      Fai come vuoi. Mi dispiace.

ANNE                        (andando verso Peter) No, Peter! No! (Peter entra nella sua stanza, chiude la porta e va verso l’armadio. Anne si gira verso sua madre, in lacrime) A me non interessa il cibo. Possono mangiarsi il mio. Non so che farmene del cibo. Ma non mandarli via. Tra un po’ è l’alba. Li prenderanno sicuramente.

MARGOT                   Ti prego, mamma!

SIGNORA FRANK      Non ho detto che devono andarsene subito. Potranno rimanere finché Miep non avrà trovato un altro nascondiglio. (In piedi dietro al tavolo. Rivolta alla signora Van Daan) Ma a una condizione: lui, dovrà rimanere di sopra. Non dovrà mai più mettere piede in questa stanza, dove ci sono le provviste. Divideremo quel poco che è rimasto... in parti uguali. (Dussel si alza, va verso l’armadietto sotto l’acquaio e prende un sacco di patate). Cucinerà per lui qui giù e poi glielo porterà di sopra. (Si avvia in proscenio).

Dussel vuota il sacco delle patate sul tavolo.

MARGOT                   (raggiungendo Dussel) Ah, no! No! Non ci saremo mica ridotti a litigare per un po’ di patate marce?

DUSSEL                    (contando le patate) Signora Frank… signor Frank… Margot… Anne… Peter… signora Van Daan… signor Van Daan… io… signora Frank…

Il segnale di Miep. Tutti rimangono impietriti per un attimo.

SIGNOR FRANK         (alzandosi di scatto) È Miep. (Va verso il divano, prende il soprabito, se lo infila, e torna verso le scale).

MARGOT                   A quest’ora?

Il signor Van Daan si alza e va in proscenio.

SIGNORA FRANK      (al tavolo) Deve essere successo qualcosa.

SIGNOR FRANK         (fermandosi e girandosi, rivolta a Dussel) La prego, che Miep non si accorga di nulla.

DUSSEL                    (sempre contando) Anne… Peter… signora Van Daan… signor Van Daan… io… signora Frank…

MARGOT                   (sovrapponendosi, rivolta a Dussel) Basta! La smetta!

Il signor Frank scende ad aprire la porta.

DUSSEL                    Signor Frank… Margot… Anne… Peter… signora Van Daan… signor Van Daan… io… signora Frank…

SIGNORA VAN DAAN (indicando le patate) Si tiene tutte quelle grosse per lei. (Va davanti al tavolo) Tutte quelle grosse… guarda quant’è grande quella… e quella…

Dussel continua imperterrito. Peter, in pantaloni e camicia, esce dalla stanza e si ferma sull’uscio.

MARGOT                   (a Dussel) Basta! La smetta!

MIEP                         (dalle quinte, esultante) Signor Frank... buone notizie... è iniziata l’invasione.

SIGNOR FRANK         (dalle quinte) No! Non ci posso credere!

Miep corre su per le scale, precedendo il signor Frank. Indossa un impermeabile da uomo sopra la camicia da notte, e ha un mazzo di fiori in mano.

MIEP                         Avete sentito? Avete sentito quello che ho detto? È iniziata l’invasione! (Fissano tutti Miep, incapaci di afferrare le sue parole. Il signor Frank sale su e rimane in piedi in proscenio). L’invasione!

Peter è il primo a ritornare in sé.

PETER                      Dove?

MIEP                         È cominciata stamattina presto.

Mentre Miep parla, gli altri, eccetto il signor Van Daan, la circondano, ascoltando attentamente.

SIGNORA FRANK      Come fa a saperlo?

MIEP                         Dalla radio. Dalla Bbc. Ha detto che sono sbarcati in Normandia.

PETER                      Gli inglesi?

MIEP                         Inglesi, americani, francesi, olandesi, polacchi, norvegesi... tutti. Più di quattromila navi. (Mentre Miep continua, gli altri cominciano a realizzare. Tutti esaltano di gioia). Hanno parlato Churchill e il generale Eisenhower, l’hanno chiamato il «D-Day».

Tutti si lasciano trascinare dall’entusiasmo. Peter va verso la cucina e prende una padella. Anne lo segue. Peter comincia a marciare attorno alla stanza, seguito da Anne e poi da Margot. Girano attorno al tavolo, cantando l’inno olandese, senza usare le parole. Miep porge il mazzo di fiori a Margot quando le passa accanto. Peter batte il ritmo sulla padella. Peter e Anne finiscono in fondoscena a guardare la cartina militare che è appesa sopra al caminetto. Margot distribuisce fiori a tutti. Gli adulti si abbracciano. Nella foga gli attriti vengono dimenticati. La signora Frank abbraccia il signor Van Daan, il signor Frank abbraccia Miep e la signora Van Daan.

SIGNOR FRANK         Finalmente, grazie a Dio!

SIGNORA VAN DAAN Finalmente!

La signora Frank lascia il signor Van Daan per andare da Miep e dal signor Frank. Il signor Van Daan è l’unico a non partecipare all’entusiasmo. E ancora troppo imbarazzato. La signora Frank incrocia la signora Van Daan in proscenio che sta andando ad abbracciare suo marito. Le due donne si abbracciano con affetto, poi la signora Frank abbraccia Miep e il signor Frank. La signora Van Daan abbraccia suo marito estasiata, poi raggiunge Dússel. Il signor Van Daan siede sul divano, troppo amareggiato per unirsi agli altri. La signora Frank decide anche lei di raggiungere Dussel e le due donne fanno qualche passo di danza con lui, poi la signora Frank va verso il proscenio raggiungendo Miep che si sta avviando verso le scale che scendono.

MIEP                         (sulle scale) Vado a dirlo a Kraler. Gli gioverà più di qualsiasi trasfusione.

SIGNOR FRANK         (fermandola) In che zona della Normandia sono sbarcati?

MIEP                         In Normandia... è tutto ciò che so. Torno appena ho altre notizie. (Corre giù ed esce di scena).

SIGNOR FRANK         (prendendo sua moglie in braccio) Che ti avevo detto! Che ti avevo detto!

La signora Frank fa un cenno al signor Frank che ha dimenticato di chiudere la porta da basso e lo spinge verso le scale. Margot va in proscenio a dare un fiore al signor Van Daan. Mentre glielo sta porgendo lui scoppia in lacrime. La signora Van Daan lo raggiunge e siede accanto a lui a consolarlo. Margot, che non capisce il perché di quelle lacrime, indietreggia verso il tavolo.

SIGNORA VAN DAAN Putti! Putti! Che c’è? Che ti succede?

SIGNOR VAN DAAN   Lasciami, ti prego. Mi vergogno così tanto.

Il signor Frank torna su.

DUSSEL                    (andando in proscenio con fare impaziente) Per l’amor di Dio...! (Torna verso il tavolo e rimette le patate nel sacco).

SIGNORA VAN DAAN (con tono consolatolo) Dài, su, Putti.

MARGOT                   Non ha più importanza, ormai.

SIGNOR FRANK         (raggiungendo il signor Van Daan) Non ha sentito quello che ha detto Miep? È cominciata l’invasione. Stiamo per essere liberati. Dobbiamo festeggiare. (Va in fondoscena a prendere il cognac, che porta a tavola, ne versa un bel bicchiere pieno).

SIGNOR VAN DAAN   Ho rubato il pane ai bambini.

SIGNORA FRANK      (andando al tavolo) Tutti abbiamo fatto cose di cui ci possiamo vergognare.

ANNE                        (raggiungendo la signora Van Daan) Io, per esempio, trattavo male mia madre... in maniera così crudele...

SIGNORA FRANK      Non è vero, Anneline.

ANNE                        (raggiungendola e mettendole un braccio attorno alle spalle) E invece sì, mamma. Sono stata molto cattiva.

Dussel, con il sacco delle patate sotto il braccio e il fiore in mano fa un giro del tavolo.

SIGNOR VAN DAAN   Non quanto me. Nessuno è stato crudele quanto me.

DUSSEL                    (raggiungendo il signor Van Daan) Adesso basta! Un po’ d’allegria!

SIGNOR FRANK         (porgendo il bicchiere di cognac al signor Van Daan) Ecco! Tenga! Schnapps! Le-chaim! (Il signor Van Daan prende il bicchiere di cognac. Tutti lo osservano. Anne con le dita fa una V in segno di vittoria. Mentre il signor Van Daan tisponde con un vago sorriso e facendo a sua volta una V, tutti rimangono sorpresi da un singhiozzo strozzato cbe proviene da dietro. Tutti si girano a guardare la signora Frank che, colpita dai rimorsi, si accascia sulla sedia, in proscenio, in lacrime. Frank raggiunge la moglie) Edith... (Le accarezza una mano).

Anne e Margot la raggiungono e a loro volta si inginocchiano ai suoi piedi a consolarla.

SIGNORA FRANK      (tra i singhiozzi) Se penso alle terribili cose che ho detto ...

Il signor Van Daan si alza e raggiunge la signora Frank, facendo il segno della «V» anche lui.

SIGNOR VAN DAAN   (serio) No! No! Lei aveva tutte le ragioni.

SIGNORA FRANK      (ancora in lacrime) Parlare a quel modo... a degli amici... a degli ospiti...

DUSSEL                    Basta! State rovinando... (Le luci di scena vanno rapidamente in dissolvenza, rimane solo un puntamento sul gruppo) ... l’invasione.

Lo spot svanisce. La voce di Anne, dapprima fievole, poi in crescendo.

VOCE DI ANNE          «Il nostro morale è molto migliorato in questi giorni. Le notizie dell’invasìone continuano a essere ottime. E la cosa più bella è che ho come la sensazione che stiano per arrivare degli amici. Chissà? Forse tornerò a scuola in autunno. Ah, ah! Che presa in giro. Pare che il magazziniere non sappia un bel niente e che noi continuiamo a dargli tutti quei soldi. Mercoledí, due luglio millenovecentoquarantaquattro. L’invasione sembra essersi temporaneamente arenata. Brutta notizia, il signor Kraler deve subire un intervento. Gli uomini della Gestapo hanno ritrovato la radio rubata. Il signor Dussel dice che riusciranno a risalire al ladro, e poi a noi, è solo questione di tempo... Tutti sono giù di morale. Nemmeno Pim riesce a farci tornare il buonumore. Anch’io spesso mi deprimo... ma non mi dispero mai. Riesco a buttarmi tutto alle spalle, quando scrivo. Ma... quello che mi chiedo è... riuscirò mai a scrivere davvero bene? Vorrei così tanto. Vorrei continuare a vivere anche dopo la mia morte. (Le luci si alzano lentamente e la voce di Anne va in dissolvenza). È passato un altro compleanno, adesso ho quindici anni. So già quello che voglio. Ho una mèta... »

SCENA QUARTA

Stessa scena. Luglio 1944. Pomeriggio. Quando si alzano le luci tutti sono nella stanza comune eccetto Margot. Aleggia una forte tensione. Da lontano una banda militare tedesca suona un valzer viennese. Dussel è in piedi davanti alla finestra, fissa la strada. Margot è seduta al tavolo nella stanza di Anne. La lampada sul tavolino è accesa. Peter, seduto a tavola, tenta di fare i compiti. Anne, anche lei seduta a tavola, scrive il suo diario. La signora Van Daan è seduta sul divano con accanto un libro, gli occhi puntati sul signor Frank che è seduto sulla sedia, in proscenio. La signora Frank in fondoscena, guarda con apprensione le scale. Il signor Van Daan cammina su e giù, poi raggiunge il signor Frank, che non reagisce, così decide di ricominciare il suo andirivieni. Quando il telefono dell’ufficio comincia a squillare il signor Van Daan è in proscenio, si gira e guarda verso le scale. La signora Frank è immobile, terrorizzata. Sono tutti impietriti, ascoltano attentamente. Dussel raggiunge il signor Frank. Il telefono continua a suonare.

DUSSEL                    Eccolo che suona di nuovo. Lo sente, signor Frank?

SIGNOR FRANK         (Calmo) Sì. Lo sento.

DUSSEL                    (insistente e supplichevole) È la terza volta che squilla, signor Frank. La terza volta in successione. È chiaramente un segnale. Dev’essere Miep che cerca di avvertirci. Per una qualche ragione non riesce a venire qui e sta cercando di comunicarci qualcosa.

SIGNOR FRANK         La prego. La prego.

SIGNOR VAN DAAN   (va verso il proscenio, rivolto a Dussel) Fiato sprecato.

DUSSEL                    Dev’essere successo qualcosa, signor Frank. Sono già tre giorni che Miep non si fa vedere. E oggi non si è presentato nemmeno un impiegato. Non vola una mosca da basso.

SIGNORA FRANK      Forse oggi è domenica. Potremmo aver perso la nozione del tempo.

SIGNOR VAN DAAN   (ad Anne) Tu, con quel diario, che giorno è oggi?

Anne chiude il diario per non farglielo leggere.

DUSSEL                    Io non perdo mai la nozione del tempo. So esattamente che giorno è oggi. Venerdí, quattro agosto. Venerdí, e non un impiegato al lavoro. (Raggiunge il signor Frank, supplichevole, quasi in lacrime) Kraler è morto, glielo dico io. È l’unica spiegazione logica. È morto e sono chiusi per lutto. È l’unica spiegazione logica, e Miep sta cercando di avvertirci.

SIGNOR FRANK         Non lo farebbe mai per telefono.

DUSSEL                    (agitato) Signor Frank, risponda. La supplico, risponda.

SIGNOR FRANK         No.

SIGNOR VAN DAAN   (facendo un giro del tavolo e raggiungendo il signor Frank) Tiri su la cornetta e ascolti. Non deve mica parlare. Sentiamo solo se è Miep.

DUSSEL                    Per l’amor di Dio... la supplico.

SIGNOR FRANK         (con fermezza) No. Ho detto «no»! Non farò niente che possa rivelare che siamo nell’edificio.

PETER                      Il signor Frank ha ragione.

SIGNOR VAN DAAN   (rivolto a suo figlio) Non c’è bisogno che tu ci dica da che parte stai.

SIGNOR FRANK         Se aspettiamo, calmi e pazienti, sono sicuro che ci verrà un aiuto.

Silenzio, tutti ascoltano il telefono che squilla. Dussel va in proscenio. Il signor Van Daan gira attorno al tavolo e si ferma.

DUSSEL                    lo vado giù. (Corre giù per le scale. Il signor Frank si alza e cerca inutilmente di fermarlo. Quando Dussel arriva davanti alla porta il telefono smette di squillare, ma lui esce ugualmente. Il signor Frank aspetta con ansia, non sa se seguirlo. La signora Frank fissa le scale con apprensione. Peter si alza. Poco dopo Dussel ritorna, chiude la porta e torna su) Troppo tardi.

Il signor Frank si avvia verso la stanza di Anne. Scosta un po’ la tenda di oscuramento e guarda fuori, si avvicina a Margot. Dussel si avvia verso la finestra in fondoscena. La signora Frank va all’acquaio, prende le patate e un coltello, siede sullo sgabello imbottito dietro alla stufa e comincia a pelarle.

SIGNOR VAN DAAN   E così staremo qui ad aspettare finché non moriremo.

SIGNORA VAN DAAN (con fare isterico) Non ce la faccio più! Mi ammazzo! Mi ammazzo!

SIGNOR VAN DAAN   (andando davanti al tavolo) Smettila, per l’amor di Dio!

SIGNORA VAN DAAN Saresti contento, tu. Mi vuoi morta, tu.

SIGNOR VAN DAAN   (raggiungendola) Di chi è la colpa se ci troviamo qui? (La signora Van Daan si copre le orecchie). Potremmo essere al sicuro, che so io... in America o in Svizzera. (La signora Van Daan si alza e va verso le scale della soffitta. Lui la segue, urlando) E invece no! No! Perché tu non hai voluto partire quando te lo dicevo io. Non volevi lasciare le tue cose. I tuoi mobili preziosi. (La afferra per un braccio).

SIGNORA VAN DAAN (liberandosi) Non mi toccare! (Corre su per le scale).

Il signor Van Daan la segue lentamente. Peter, umiliato e disperato, va nella sua stanza. Anne, preoccupata, lo segue con lo sguardo. Peter si butta sul letto a faccia in giù. La signora Van Daan singhiozza sottovoce, sdraiata sul suo letto. Il signor Frank ritorna nella stanza comune, va verso il divano, siede, prende un libro e cerca di leggere. Anne si alza e raggiunge Peter nella sua stanza, chíudendosi la porta alle spalle. Siede sull’orlo del letto, lo prende tra le braccia e cerca di farlo sfogare. Peter è troppo infelice per rispondere.

ANNE                        (dopo una pausa, guardando fuori dal lucernario) Guarda il cielo, Peter. Che bella giornata! Non trovi che le nuvole siano bellissime? Sai cosa faccio quando mi sembra di non riuscire più a farcela? Mi penso fuori. Mi penso al parco dove mi portava Pim. Dove crescono le giunchiglie, i crochi e le violette. Sai qual è il bello quando ti pensi fuori? Che puoi immaginartelo come vuoi. Puoi far sbocciare rose, violette, crisantemi, tutti nella stessa stagione. Che strano, una volta mi sembrava tutto così scontato... e ora non riesco a pensare ad altro che alla natura. E tu?

PETER                      (alzando appena la testa) Io non riesco più a pensare. Credo che se non succede qualcosa presto... se non usciamo di qui... io non ce la farò più.

ANNE                        (dolcemente) Come vorrei che tu,avessi fede, Peter.

PETER                      (rivoltandosi, con tono amaro) lo no. Grazie.

ANNE                        Non intendevo proporti di diventare un credente... credere all’inferno, al purgatorio, al paradiso... solo un po’ di fede... una fede qualsiasi. Credere in qualcosa. Quando penso a tutto quello che c’è là fuori... gli alberi... i fiori... i gabbiani... quando penso alla tua dolcezza, Peter... alla bontà delle persone che conosciamo, come... come il signor Kraler, Miep, Dirk, il fruttivendolo, tutte persone che rischiano le loro vite per noi, ogni giorno... allora non ho più paura, ritrovo me stessa, ritrovo Dio, la Sua presenza e io...

PETER                      (alzandosi, impaziente) D’accordo! Ma quando comincio a pensare, mi arrabbio. Guardaci! Siamo nascosti qui dentro da due anni. Senza poterci muovere. Intrappolati come... In attesa che vengano a prenderci... e tutto per cosa?

ANNE                        (alzandosi) Non siamo gli unici a soffrire. C’è sempre qualcuno che soffre... a volte tocca a una razza... a volte a un’altra... eppure ...

PETER                      (seduto in fondo al letto) Questo non mi fa sentire meglio.

ANNE                        Lo so che è terribile, so che sembra impossibile aver fede... quando lí fuori c’è gente che fa cose mostruose... (Alza il viso dolcemente) Ma sai a cosa penso ogni tanto? Penso che forse il mondo sta attraversando una fase, sai, come è successo a me con mia madre. Passerà, magari tra cent’anni, ma passerà. Malgrado tutto, io credo ancora afl’intima bontà dell’uomo.

PETER                      (alzandosi e raggiungendo il sedile della finestra) lo voglio vedere qualcosa oggi... non tra mille anni.

ANNE                        (raggiungendolo) Ma, Peter, se tu solo riuscissi a vedere tutto come parte di un grande disegno... e a capire che non siamo altro che un momento nella vita... (Si interrompe e con un sorriso triste) Senti, senti... sembriamo una coppia di adulti scemi (Gli tende la mano. Peter gliela prende). Guarda che cielo c’è ora, non è meraviglioso? (Peter è in piedi dietro ad Anne e la circonda con le braccia. Guardano il cielo tutti e due). Un giorno, quando saremo fuori di qui, voglio...

Anne si interrompe al rumore di un’automobile per strada che frena di colpo. Anche gli altri si accorgono del rumore e rimangono tesi ad ascoltare. Il rombo di un’altra automobile, seguita da un’altra frenata brusca. Il signor Frank, libro in mano, si alza lentamente. Tutti sono in ascolto, col fiato sospeso, Poi un campanello che suona all’impazzata. Peter e Anne escono dalla stanza. Lei si ferma sulla soglia. Lui un passo più avanti. Margot entra nella stanza comune. La signora Frank posa le patate e rimane in piedi dietro allo sgabello. La signora Van Daan scende spaventata, suo marito rimane in cima alle scale. Gli occhi sono tutti puntati sul signor Frank, che si avvia, lentamente e con calma, verso le scale. Posa il libro sulla sedia in prosceriio. Il campanello smette di suonare. Il signor Frank si gira verso gli altri, facendo un segno rassicurante, poi comincia a scendere. Il campanello ricomincia a suonare con insistenza. Dussel segue il signor Frank giù per le scale ed escono di scena. Peter segue Dussel. Il campanello smette di suonare.

La signora Frank, guardandoli scendere, si avvicina al tavolo. Margot la raggiunge e la prende per mano. La signora Van Daan è in piedi in fondoscena. Il signor Van Daan scende e raggiunge sua moglie. C’è un silenzio raggelante, poi Dussel torna su per le scale con Peter, che lo segue da vicino.

Il campanello suona di nuovo. Dussel inciampa e cade in ginocchio. Peter lo aiuta a rialzarsi. Dussel scuote il braccio per liberarsi dalla presa di Peter, va nella stanza e comincia a preparare le sue cose. Da sotto sentiamo il rumore di una porta che viene sfondata. Il signor Frank torna su dopo aver chiuso la serratura. Rumore di stivali chiodati e poi un’altra porta che cede. Tutti guardano il signor Frank fermo in cima alle scale. Fa un gesto che spiega tutto. Alla signora Van Daan scappa un lamento mentre si affloscia. Peter e il signor Van Daan la raggiungono e la aiutano a sedersi sullo sgabello in fondoscena. La signora Frank si lascia cadere su una sedia e appoggia la testa sul tavolo. Margot si aggrappa allo schienale della sedia di sua madre. Il signor Frank raggiunge il fondoscena, si gira, rivolto a tutti.

SIGNOR FRANK         Gli ultimi due anni abbiamo vissuto nel terrore. Ora possiamo vivere nella speranza. (Prende la sporta in fintapelle e la cartella di Anne dai ripiani. Raggiunge Anne e le porge la cartella. Dà la sporta a Margot e con un gesto le chiede dov’è la borsa della signora Frank).

Margot gli indica il gabinetto e il signor Frank si avvia. Sentiamo un paio di stivali chiodati salire le scale che portano all’ufficio sottostante. Sembrano molto vicini. Il signor Van Daan, in soffitta, comincia a impacchettare le sue cose. Peter va da Anne e le dà un bacio di addio, poi va nella sua stanza a prepararsi. Margot va in fondoscena a raccogliere le sue cose.

Sentiamo il citofono. C’è una breve pausa, poi di nuovo il citofono con insistenza. Il signor Frank esce dal gabinetto con una borsa che consegna a sua moglie e poi le prende la mano. La signora Frank alza la testa.

Sentiamo un colpo dato con il calcio del fucile contro la serratura della porta. Un altro colpo più violento fa cedere la serratura. Sentiamo degli ordini.

VOCI DI UOMINI         (dalle quinte) Auf machen! Da drinnen! Auf machen! Schnell! Schnell! Schnell!

Il signor Frank e sua moglie guardano Anne, in piedi con la cartella in mano e che a sua volta ricambia lo sguardo con un sorriso dolce e rassicurante. Non è più una bambina, ma una donna coraggiosa, capace di affrontare qualsiasi cosa le accada. Le luci si dissolvono fino al buio, rimane solo un puntamento su Anne. Poi anche il puntamento si dissolve. Sentiamo un gran fracasso, la porta è abbattuta. Poco dopo sentiamo la voce di Anne

VOCE DI ANNE          «A quanto pare la nostra permanenza qui è terminata. Ci stanno aspettando. Ci hanno dato cinque minuti per raccogliere le nostre cose. Abbiamo diritto solo a una borsa a testa per gli indumenti. E nient’altro. Perciò, mio caro diario, questo significa che devo lasciarti. Per adesso, arrivederci. P.S. Per favore, vi prego, Miep, signor Kraler o chiunque altro. Se troverete questo diario tenetemelo al sicuro, perché spero un giorno di... (La voce si interrompe bruscamente).

Silenzio. Le luci si alzano lentamente.

SCENA QUINTA

Stessa scena. Novembre 1945. Tardo pomeriggio.

Quando si alzano le luci, le stanze sono arredate come nella prima scena, solo le sedie e il tavolo non sono più capovolti; una lampada, senza paralume, sul tavolino. C’è anche Kraler che ha raggiunto Miep e il signor Frank. Il signor Frank è molto cambiato. Ora è calmo. L’amarezza è svanita. Due tazzine di caffè sul tavolo. Kraler siede suflo sgabello in proscenio. Miep è seduta a tavola. Il signor Frank è sul divano, con il diario in mano. La sua tazzina di caffè è appoggiata sul tavolino accanto a lui. Sentiamo l’organetto e il vociare dei bambini che giocano per strada. La luce della lampadina si alza e le luci di scena si dissolvono lentamente attorno a essa. Allora ci accorgiamo che è tardo pomeriggio. La luce è fredda eccetto attorno alla lampadina. Il signor Frank sfoglia lentamente le pagine del diario. Sono pagine bianche.

SIGNOR FRANK         Finisce qui. (Richiude il diario e lo posa accanto a sé, sul divano).

MIEP                         Ero andata in campagna a cercare qualcosa da mangiare… Quando sono tornata l’isolato era circondato dalla polizia.

KRALER                    Abbiamo fatto di tutto per sapere come avevano fatto a scoprirvi. È stato quel ladro a parlare. (Fa cenno a Miep di riempire di caffè le tazzine).

Miep si alza, va allo scolapiatti e prende la caffettiera.

SIGNOR FRANK         (dopo una pausa, con calma e semplicità) Sembra incredibile che qualcuno possa essere felice in un campo di concentramento. Eppure Anne era felice nel campo olandese dove ci hanno portati subito dopo l’arresto. Era stata rinchiusa per due anni in queste stanze, finalmente era fuori... al sole e all’aria aperta che amava tanto.

MIEP                         (tornando a tavola) Ancora?

Il signor Frank non realizza le parole di Miep. Lei però si rende conto di quello che ha detto.

SIGNOR FRANK         Sì, grazie. (Miep versa il caffè al signor Frank, a Kraler e poi a se stessa, riporta la caffettiera sullo scolapiatti e toma alsuo posto). I bollettini di guerra erano buoni. Gli inglesi e gli americani avanzavano dalla Francia. Eravamo sicuri che sarebbero arrivati in tempo. In settembre ci hanno detto che ci avrebbero mandati in Polonia... gli uomini in un campo. Le donne in un altro. Io fui mandato ad Auschwitz. Loro a Belsen. In gennaio fummo liberati, i pochi sopravvissuti. La guerra non era ancora finita, quindi ci mettemmo molto tempo per tornare a casa. Ci spedivano ora di qui ora di là, sempre dietro alle linee perché era più sicuro. Ogni volta che si fermava il convoglio... a un raccordo o a un crocevia... scendevamo a raggiungere gli altri gruppi... «Da dove venite?» «Eravate a Belsen?» «A Buchenwald?» «A Mauthausen?» «Avete visto mia moglie?» «Avete visto mio marito? Mio figlio? Mia figlia?» Fu così che venni a sapere della morte di mia moglie... di Margot, dei Van Daan, di Peter... di Dussel. Ma per Anne... speravo ancora. (Prende il diario in mano) Ieri sono stato a Rotterdam. Ho parlato con una donna che era a Belsen con Anne... ora so. (Apre il diario e lo sfoglia. Cerca un passaggio. Lo trova).

Sentiamo la voce di Anne.

VOCE DI ANNE          «Malgrado tutto, io credo ancora all’intima bontà dell’uomo».

SIGNOR FRANK         Mi si stringe il cuore.

Le luci si dissolvono lentamente fino al buio. Il signor Frank chiude lentamente il diario mentre cala il sipario.