Il dito tra moglie e marito

Stampa questo copione

IL DITO TRA MOGLIE E MARITO

COMMEDIA COMICISSIMA IN 3 ATTI

DI FRANCO ROBERTO

Personaggi

PORFIRIO SOLEROSA, artista

MIRELLA, sua figlia

GUIDO FORTI, marito di Mirella

LETIZIA OLIVIERI, padrona di casa

RAIMONDO DOLOMITI, domatore

ORLANDO CIPOLLETTI, amico di casa

SILVIA, sua figlia

ELVIRA, governante di Letizia

Oggi, nella villa «Letizia», alla periferia di una città.

La scena (fissa per i tre atti):

Una sala di soggiorno. Al fondo una porta, oltre la quale si immagina una terrazza che s'affaccia al parco della villa. Una seconda porta a destra, e una terza a sinistra conducono alle camere.

Sull'angolo al fondo della parete di sinistra un tavolino con sopra un portacenere, alcuni ninnoli e un apparecchio telefonico. Vicino al tavolino una poltrona, con lo schienale rivolto al pubblico, grande e profonda quanto basta affinché non si veda la persona seduta.

ATTO PRIMO

E’ una bella giornata di fine primavera. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno.

LETIZIA ‑ (entra agitata dal fondo. E la padrona di casa. Una vedova 45/50enne simpatica, brillante, elegante, ancora piacente e con un certo fascino. Porta la «fede» all'anulare sinistro) Poveri noi!... Che guaio!... (La segue, con aria preoccupata).

ELVIRA ‑ (50enne governante di Letizia. Tipo nubile e semplice di origine contadina. Ha un abbigliamento normale, ravvivato da un grembiule bianco con pettorina) Cos'è successo, signora?

LETIZIA ‑ (spostandosi di qua e di là) Qui, cara Elvira, da un momento all'altro succederà il finimondo.

ELVIRA - (impressionata) Oh, signora!... Perché?

LETIZIA - Per cominciare arriveranno Mirella e Guido.

ELVIRA ‑ (sorpresa) Ma il loro viaggio di nozze non è mica finito.

LETIZIA ‑ Gliel'ho interrotto io con una telefonata.

ELVIRA ‑ Mi spiace.

LETIZIA ‑ Non potevo fare altrimenti, giacché qui, sempre da un momento all'altro, arriverà il padre di Mirella, che non s'è fatto vivo da quindici anni.

ELVIRA ‑ Addirittura?

LETIZIA ‑ Ah, certo!... Mi ha sempre fatto accreditare in Banca generosi versamenti mensili per gli studi e le spese di Mirella.

ELVIRA - Meno male che può.

LETIZIA - Se «può»?!?... E’ il ricchissimo proprietario e direttore del Circo Universo, che sinora ha fatto spettacoli solo nelle Americhe, in Australia e in tutte le altre parti del Globo, esclusa l'Europa.

ELVIRA ‑ Finalmente Mirella potrà abbracciarlo.

LETIZIA ‑ Se lui non la sbatte in una gabbia di leoni.

ELVIRA ‑ (scandalizzata) Non vuole bene alla figlia?

LETIZIA ‑ La adora!

ELVIRA ‑ Allora confesso che non capisco più niente.

LETIZIA ‑ Tu sai che quindici anni fa ho perso mio marito e Diana, mia unica bambina, in una disgrazia d'auto.

ELVIRA ‑ Per fortuna che lei, su quella macchina, non c'era.

LETIZIA ‑ Ma c'era Mirella, compagna di scuola e amica della mia Diana, che è rimasta miracolosamente incolume.

ELVIRA ‑ Quindi lei, siccome il padre di Mirella, vedovo, emigrava in America con un Circo Equestre nel quale faceva il pagliaccio, si è impegnata a curarsi della ragazzina.

LETIZIA ‑ Con tutto il cuore, e... voglio essere sincera.... anche perché in Mirella vedevo la mia Diana.

ELVIRA ‑ E Mirella le vuole tanto bene.

LETIZIA ‑ (annuisce) ... dal primo giorno, anche se l'ho pregata di non chiamarmi «mamma».

ELVIRA ‑ Scusi, signora, ma non vedo di che cosa si preoccupa. Il padre di Mirella, che da pagliaccio è diventato addirittura padrone del Circo, non solamente la ringrazierà, ma...

LETIZIA ‑ (prosegue tempestiva) ... sbatterà pure me nella gabbia dei leoni.

ELVIRA ‑ Per quale ragione?

LETIZIA ‑ Allorché ha telefonato da chissà dove, dopo due anni che non lo sentivamo, Mirella non ha avuto il coraggio di dirgli che si sposava.

ELVIRA ‑ Ebbene?... Quando lo saprà avrà un motivo di più per rallegrarsi della felicità di sua figlia.

LETIZIA ‑ (quasi disperata) No!... Noooo!... Infatti il «signor Porfirio Solerosa»... è il suo «nome d'arte»... nella telefonata di ieri sera da un aeroporto mi ha detto che porta con sé «un giovane, bello e forte domatore» che... Attenzione!... (Quasi sillabando) «che piacerà certamente anche a Mirella».

ELVIRA ‑ (si batte una mano sulla fronte) Ho capito!... Il signor Porfirio Solerosa immagina già di avere un genero domatore. A proposito, come si chiama senza... «l'arte»?

LETIZIA ‑ «Gerolamo Servente», ma per un proprietario‑direttore di Circo era troppo «da niente».

ELVIRA ‑ lo come lo dovrò chiamare?

LETIZIA ‑ «Signor Solerosa», naturalmente.

SILVIA ‑ (fa capolino dal fondo. E' la figlia 25enne di Orlando. Bella e simpatica ragazza moderna) E’ permesso?...

LETIZIA ‑ Certo, cara Silvia. Avanti!

ELVIRA ‑ Buongiorno, signorina. Con permesso. (Esce a sinistra).

SILVIA ‑ Gentile signora Letizia e, soprattutto, gentilissima vicina di villa, sono qui per pregarla di una cortesia.

LETIZIA ‑ Con piacere, se posso.

SILVIA ‑ (lievemente imbarazzata) Riguarda... mio Padre.

LETIZIA ‑ (sorride) il simpatico commendator Cipolletti.

SILVIA ‑ (C. s.) Sì, ma da stamane, quando ha ricevuto dall'Istituto Araldico un documento che lo qualifica «Conte», ovvero discendente dei «Biancospino», ha assunto pose e toni nobiliari. Siccome verrà a trovarla, come ogni giorno, la prego di comprenderlo e di avere pazienza. lo, con tante parole, ho tentato di calmarlo, ma non ci sono riuscita.

LETIZIA ‑ (divertita) Riceverò il «Conte» don tutti gli onori.

SILVIA ‑ Grazie. Tanto più che mio padre, vedovo da dieci anni... L'avrà già capito, signora, che ha... diciamo una «viva ammirazione» per lei.

LETIZIA ‑ L'ho capito, certamente. Ma non l'ho mai... diciamo «incoraggiato».

ORLANDO ‑ (appare con un balzo alla Porta di fondo, e si ferma sulla soglia. E’ un vedovo 55/60enne simpatico, vivace, che ostenta toni e atteggiamenti di antica nobiltà che lo rendono ridicolo. Letizia e Silvia sussultano e lo guardano. Orlando assume una posa da guerriero antico, poi fa un inchino, dicendo solennemente) Gente della mia contea... (Erge il capo con un gesto di sfida e porta la mano destra sul fianco sinistro, come per impugnare la spada. Poi ride) Ho dimenticato la spada!... (E avanza, mentre Letizia e Silvia ridono).

LETIZIA ‑ (scherzosamente solenne) Lei, «Conte di Biancospino», con la sua presenza onora la mia magione.

ORLANDO ‑ Molto gentile, «donna» Letizia. E alla prima occasione le farò ammirare lo stemma della mia casata nobiliare.

LETIZIA - (divertita) Sono curiosa. Me lo descriva.

SILVIA - (annoiata) Siccome io l'ho già visto e rivisto disegnato... Poiché temo che papà ne farà appendere una copia in ogni camera... Con permesso ritorno ai miei studi.   Buongiorno, signora. (Esce al fondo).

LETIZIA ‑ A presto, Silvia.

ORLANDO ‑ (amareggiato) Spiritosa, e maligna, mia figlia. Peggio di tanti altri.  Ah, questa gioventù moderna!... Per fortuna io ... (Sentimentale) lo ho lei quale affascinante vicina, e ... (fa l'atto di avvicinarsi a Letizia) ... «vicino».

LETIZIA ‑ (per cambiare atmosfera, arretra di un passo) Mi descriva il suo stemma.

ORLANDO ‑ (entusiasta ed emozionato, facendo i gesti che sottolineano ciò che descrive. Per esempio: mette i pugni sulle tempie con gli indici tesi come le corna del toro; incrocia le braccia perfigurare le spade; agita le braccia come le ali di un'aquila) A destra c'è il muso di un toro infuriato, a sinistra un sole radioso, al centro due spade, sotto tre «qua‑qua‑qua» ochette, tanti fiori quali cornice e sopra tutto, dominatrice, un'aquila in volo superbo. (Disorientato) Quali saranno i significati?

LETIZIA ‑ (paziente) Be'... Il toro infuriato è «forza, determinazione, coraggio».

ORLANDO ‑ Il sole?

LETIZIA ‑ Illumina le fortune della casata.

ORLANDO ‑ L' aquila?

LETIZIA ‑ La nobiltà che domina.

ORLANDO ‑ (perplesso) Ma le ochette?...

LETIZIA ‑ Il Popolo.

ORLANDO ‑ Quello che il mio antenato dominava.

LETIZIA ‑ (ironica) ... e sfruttava.

ELVIRA ‑ (entra agitata dal fondo) Sono qua!... Mirella e Guido stanno togliendo i bagagli dalla macchina.

LETIZIA ‑ (si agita) Abbia pazienza, comm... Cioè! «Conte». Ma devo congedarla.

ORLANDO - E’ mio dovere congedarmi. Saluterò gli sposini e tornerò in un'altra occasione. (Bacia la mano di Letizia) Signora... (Esce al fondo).

LETIZIA - Che faccia hanno?

ELVIRA - Allegra non sembra.

LETIZIA ‑ Vai ad aiutare il giardiniere e portate tutto nella loro camera (indica a destra), passando dalla terrazza.

ELVIRA ‑ A tutta birra! (Esce in fretta al fondo, cedendo però il passo a Mirella e Guido che sono apparsi sulla soglia, tutti e  due imbronciati).

MIRELLA ‑ (abbraccia e bacia Letizia. Figlia 20/25enne di Porfirio, è una ragazza spigliata e simpatica. Porta la fede all'anulare sinistro) Cara la mia Letizia!... Non avrei mai pensato di darti questa preoccupazione.

LETIZIA ‑ Vedremo, vedremo... (A Guido, allargando le braccia) E tu, Guido?... Suvvia!... Sorridi e abbracciami.

GUIDO ‑ Con gioia. (Abbraccia Letizia. E’ il marito 25/30enne di Mirella. Simpatico, gentile e disinvolto, porta la fede all'anulare sinistro).

LETIZIA ‑ Ora non perdiamo tempo. (A Mirella) Togliti la «fede».

MIRELLA ‑ (implora) Oh, nooo...

LETIZIA ‑ (le rifà il verso) Oh, sììì... Sennò che direbbe tuo padre?

MIRELLA ‑ (indica Guido) E lui?

LETIZIA ‑ Può tenerla, perché... Non lo so, ma vedremo in seguito, a seconda degli eventi. Del resto tu sei avvocato e te la saprai cavare.

GUIDO ‑ (amareggiato) Sono dunque tanto indegno di essere suo (indica Mirella) marito?

MIRELLA ‑ Figurati, tesoro!... Ma come ha ricordato Letizia quando ci ha telefonato, mio padre mi crede «signorina».

GUIDO ‑ Ebbene, gli parlerò io!... Sarà forse la prima giusta e onesta causa che difenderò, ma ...

LETIZIA ‑ (interrompe) Non basta! ... Purtroppo.

GUIDO ‑ Che c'è d'altro?

LETIZIA ‑ (imbarazzata) Una «cosettina» che non vi ho detto nella telefonata.

MIRELLA ‑ Cioè?...

LETIZIA ‑ (C. s.) Tuo padre arriva accompagnato da un domatore.

GUIDO ‑ (ironico) Vuole piantare il Circo qui?

LETIZIA ‑ (scrolla il capo) Direi che immagina quel domatore il... il suo ideale futuro genero.

GUIDO - E’ il Colmo!... lo finirò col fare il clown.

MIRELLA ‑ (amara) Quello lo faceva già mio padre.

LETIZIA ‑ Bene!... Siamo entrati nel vivo della questione. (Rivolta soprattutto a Guido) Suo padre è ricchissimo e proprietario di un Circo di grande valore mondiale. Dunque, avvocato... Secondo te, siccome tuo suocero non si è risposato, chi sarà l'erede di quella fortuna?

GUIDO ‑ Non c'è dubbio: Mirella.

LETIZIA ‑ Quindi... «voi». Naturalmente, se non vi interessa, fate come vi pare.

MIRELLA ‑ (a Guido) Letizia vede ogni cosa con serenità. lo tento un ragionamento.

GUIDO ‑ (ironico) Sentiamolo.

MIRELLA ‑ (soprattutto rivolta a Guido) Se, con tanta prudenza, la dovuta calma, e un po' d'astuzia, riusciamo a far accettare a mio padre il «fatto compiuto», sono certa che... (Tace).

GUIDO ‑ Continua, per favore.

MIRELLA ‑ (convinta) Sì, sono certa che il tuo importante studio legale in una grande città, con dipendenti e impiegati, potrebbe diventare una realtà per merito di mio padre... «vivo».

GUIDO ‑ Insomma, dovrei vendermi?

LETIZIA ‑ No, Guido. Devi solamente non pretendere il «ruolo» di marito appena tuo suocero appare. D'altronde nella sua telefonata ho capito che può fermarsi appena un paio di giorni.

GUIDO ‑ (indispettito) ... con il domatore!

LETIZIA ‑ Lo terremo tutti a bada, come lui tiene a bada le bestie feroci.

MIRELLA ‑ (nota l'esitazione di Guido) Allora, Guido?... Che facciamo?

GUIDO ‑ (dopo evidente incertezza) Sta bene.

LETIZIA ‑ Bravo!... (Indica la «fede» di Mirella) Toglila.

MIRELLA ‑ (emozionata, si toglie lentamente la «fede», la sfiora con le labbra e poi la dà a Guido) Tienila tu.

GUIDO ‑ (intasca la «fede», irritato) Obbedisco... «signorina»!

ELVIRA ‑ (entra dal fondo agitata e ansante. I tre la guardano, e lei balbetta a fatica) Va‑va... Va a finire che ci-ci... ci‑ci lascio la pelle. (Indica verso il fondo) Ho visto dalla te‑terrazza che è entrata in giardino una macchina grossa che se‑se... se‑sembra un camion.

LETIZIA ‑ Lui e l'altro con un camion?!?

GUIDO ‑ (sarcastico) L' ho detto!... Pianteranno il Circo qui.

LETIZIA ‑ (agitata) Lasciamo sola Mirella. Via!... lo di qua (indica a sinistra, poi indica a Guido la destra) Tu di là. (Esce a sinistra).

GUIDO ‑ (seccato, sospira) Va be'... Ciao. (Esce a destra).

MIRELLA ‑ (a Elvira) Vai a ricevere gli ospiti.

ELVIRA ‑ (che era rimasta incantata) Ah, sì! (Fa l'atto di uscire al fondo, ma si ferma perché sulla soglia, sorridente, appare).

RAIMONDO ‑ (domatore 25/30enne, che parlando gesticola sovente, come se avesse di fronte le belve nella gabbia del Circo. E' simpatico, ma il suo temperamento professionale si rivela in numerosi atteggiamenti spavaldi e borìosi. Un po' eccentrico nell'abbigliamento, indossa jeans, giubbotto di pelle con numerose borchie di metallo e un foulard al collo. Con il tono di quando entra in pista) Op - là!

ELVIRA ‑ (sussulta impaurita, ed esce al fondo).

RAIMONDO ‑ Questa è un'eccezione, perché entro sempre in pista presentato dal direttore. Ma il grande Porfirio Solerosa, molto emozionato, mi ha ordinato di precederlo. Sei tu sua figlia?

MIRELLA ‑ Sì.

RAIMONDO ‑ Io sono Raimondo Dolomiti, e ti abbraccio... (Esegue, abbracciando bruscamente ed energicamente Mirella) ... con la medesima forza con cui abbraccio le mie belve.

MIRELLA ‑ (sciogliendosi a fatica dall'abbraccio, imbarazzata) Comprendo, ma lei...

RAIMONDO ‑ (interrompe) Dammi del «tu» come i miei leoni, le mie tigri e le mie pantere.

MIRELLA ‑ Parlano?

RAIMONDO ‑ (annuisce) ... con gli occhi, con la coda, ruggendo, o digrignando i denti. (Deluso) Tu, però, non somigli a nessuna di loro.

MIRELLA ‑ (ironica) Mi spiace moltissimo. (Guarda verso il fondo) Quando arriva papà?

PORFIRIO ‑ (dall'esterno) Sono qui!... Dov'è la mia Mirella? (Appare alla porta di fondo, sorridente con le mani alzate, come fa quando entra sulla pista del Circo Universo, di cui è proprietario e direttore. Tipo 45/50enne simpatico, elegante, vivace e brioso, che qualche volta parlerà con il tono lanciato e solenne con il quale, nel Circo, annuncia un «numero» eccezionale. S'incanta un momento a guardare Mirella, poi entra, l'abbraccia e la bacia sulle guance, contraccambiato dalla figlia) E’ un secolo che sogno d'abbracciarti!... Sei bella e affascinante come lo era tua madre. (A Raimondo, con una certa intenzione) Vero, che è bella e affascinante?

RAIMONDO ‑ (indifferente) «Come la madre» non so, perché non l'ho conosciuta.

PORFIRIO ‑ (indispettito) Allora dirò che è bella e affascinante come... come se stessa!... Hai capito?

RAIMONDO ‑ (C. s.) Tu, Porfirio, hai sempre ragione.

PORFIRIO ‑ (seccato dall'indifferenza di Raimondo) Uffa!... (A Mirella) Andiamo a parlare nella tua camera. Qual è?

MIRELLA ‑ (indica la porta di destra) Quella.

PORFIRIO ‑ Benissimo. (Prende sottobraccio Mirella e con lei s'avvia verso destra, ma poi si ferma sorpreso, perché proprio da quella porta).

GUIDO ‑ (entra e si ferma a guardare i tre).

PORFIRIO ‑ (sorpreso, a Mirella, indicando Guido) Chi è questo signore che stava nella tua camera?... Un domestico?

MIRELLA ‑ (sconcertata) No. E’... è l'avvocato Guido Forti.

PORFIRIO ‑ (sempre più sorpreso) Ha l'ufficio lì?... (indica a destra).

MIRELLA ‑ (C. s.) Nooo. E’ andato... a chiudere le finestre per evitare la corrente d'aria.

PORFIRIO ‑ (convinto) Ottima idea. Ma un avvocato qui ... Letizia ha qualche seccatura legale?

MIRELLA ‑ (C. s.) No no... L'avvocato è... è il marito di ... di... (Non trova la soluzione).

PORFIRIO ‑ Di chi?

MIRELLA ‑ (C. s.) Ovviamente di... (improvvisamente decisa) ... di Letizia! (Sorpresa di Guido che guarda Mirella, la quale si stringe nelle spalle).

PORFIRIO ‑ (sgradevolmente colpito) Si è risposata?... (Mirella annuisce. Porfirio stringe freddamente la mano che Guido gli porge) Non lo sapevo, ma... piacere.

RAIMONDO ‑ (spiritoso, a Guido) Evidentemente lei è un avvocatuccio, perché non ha saputo difendere la causa della propria libertà personale, e ha messo se stesso nella prigione del matrimonio. (Ride lui solo).

PORFIRIO ‑ Non ridere, ché «qualcuna» (sorride a Mirella) ti ha già spiccato un «mandato di cattura».

RAIMONDO ‑ Mi darò alla latitanza!

PORFIRIO ‑ (sorridendo di nuovo a Mirella) Presto ti costituirai «spontaneamente».

GUIDO ‑ (seccato) Vado a fare due passi in giardino! (Esce al fondo).

LETIZIA ‑ (entra da sinistra) Oh, scusatemi!... Sono arrivati gli ospiti, e io...

PORFIRIO ‑ (interrompe, affrettandosi ad abbracciare e a baciare Letizia sulle guance) Letizia!... Quanto ti devo essere grato per tutto ciò che hai fatto per Mirella, e... e per me?

LETIZIA ‑ Non è stata una fatica. Anzi...

PORFIRIO ‑ (nota che Raimondo si agita per non essere ignorato) Ti presento Raimondo Dolomiti, famoso domatore.

RAIMONDO ‑ (precisa) Il «più» del mondo. (Bacia la mano a Letizia).

LETIZIA ‑ Mi sento fortunata di offrirvi ospitalità nella mia casa.

PORFIRIO ‑ Sei sempre tanto gentile, quanto bella.

LETIZIA ‑ Grazie.

PORFIRIO ‑ Tuo marito può esserne orgoglioso.

LETIZIA ‑ (mesta, malinconica) Mio marito, purtroppo...

MIRELLA ‑ (che si è tempestivamente spostata alle spalle di Porfirio e di Raimondo, con una mano fa segni negativi ed energici a Letizia).

LETIZIA ‑ (vede i segni di Mirella, ma non comprende e prosegue) Mio marito mi ha lasciata.

PORFIRIO ‑ Il primo!... Ma il secondo è fra noi. E’ solamente andato un momento in giardino.

MIRELLA - E’ vero!... (Va al fondo e chiama verso l'esterno) Guido!... Vieni.

LETIZIA ‑ (sconcertata, guarda ansiosa verso il fondo, e sussurra) Mio marito sta per arriv?... (Tace, perché).

GUIDO ‑ (appare al fondo, e).

PORFIRIO ‑ (Lo indica) Eccolo!... Ce l'ha presentato Mirella. Temevi d'averlo perduto?

LETIZIA ‑ (al colmo dello stupore) No, no, ma... (Tace).

RAIMONDO ‑ (a Guido) Capito?... Sua moglie ha paura che lei sparisca! (Ride da solo).

ELVIRA ‑ (dall'esterno al fondo fa un urlo d'orrore, raccapricciante. Questo urlo, per ottenere maggiore effetto teatrale, può anche essere eseguito da una donna estranea alla recita).

TUTTI ‑ (sussultano e guardano verso il fondo).

LETIZIA ‑ (allarmata) E’ Elvira!... (Fa l'atto di lanciarsi verso il fondo, ma proprio dal fondo entra).

ELVIRA ‑ (terrorizzata, con i capelli scarmigliati, o meglio ancora dritti. Ansante, si tiene una mano sul petto).

LETIZIA ‑ (premurosa) Elvira, calmati!... Cos'hai visto?

ELVIRA ‑ (balbetta, e indica verso il fondo) Là‑là... Là‑là ... Là‑là...

LETIZIA ‑ Che fai?... Canti?

ELVIRA ‑ (C. s.) Là‑là... So‑sotto un albero c'è... c'è‑c'è ... (Si copre gli occhi con le mani).

LETIZIA ‑ Chi c'è?

ELVIRA ‑ (si scopre gli occhi sbarrati) Un‑un... Un‑un... leone! (Si rannicchia. Letizia le passa una mano sulle spalle e la solleva, come per proteggerla).

RAIMONDO e PORFIRIO ‑ (scoppiano dal ridere).

PORFIRIO - E’ «Brick», un leoncino di due mesi dentro una gabbietta. Abbiamo dovuto portarlo con noi.

GUIDO ‑ (divertito, ironico) Un dono per sua figlia?

PORFIRIO ‑ No. Ma poiché sua madre è morta, e le altre leonesse si rifiutano di allattarlo...

RAIMONDO ‑ (continua) ... dobbiamo allattarlo noi, giacché «Brick» è di una razza rara e io lo farò diventare celebre.

MIRELLA ‑ Ma nel Circo non c'era qualcuno che?...

PORFIRIO ‑ (interrompe) Sì, ma per salvare e allevare una bestia simile mi fido solo di me.

RAIMONDO ‑ E di me!

PORFIRIO ‑ Quindi, prima in aereo, poi nell'auto che ho affittato, abbiamo provveduto noi a dargli il biberon.

LETIZIA ‑ Come ai bambini?

RAIMONDO ‑ Proprio! ... A proposito, chi provvede ai viveri, qui?

ELVIRA ‑ (timida) l‑i ... I-io.

RAIMONDO ‑ Faccia arrivare al più presto cinquanta litri di latte di mucca. E tutti i giorni! A farlo diventare latte di leonessa provvederò io con alcune polveri africane. (Urla) Si sbrighi!

ELVIRA ‑ (sussulta, annuisce ed esce al fondo, borbottando) Cinquanta mucche di latte... Cinquanta litri di cinquanta mucche... (I cinque sorridono).

PORFIRIO ‑ (a Letizia) lo e Raimondo avremmo bisogno di una bella rinfrescata.

LETIZIA ‑ Le vostre camere sono al piano di sopra. Vi accompagnerà Elvira.

PORFIRIO ‑ Grazie e a presto. (Esce al fondo).

RAIMONDO ‑ Io vado a dare il biberon a «Brick», con il latte che abbiamo nella macchina. (Esce al fondo).

LETIZIA ‑ (va al fondo, per assicurarsi che i due si siano allontanati, poi ritorna al centro, dove Guido ha stretto affettuosamente a sé Mirella, passandole un braccio sulle spalle) Volete spiegarmi questo pasticcio?

MIRELLA ‑ Sono stata presa alla sprovvista, e ho detto che Guido è tuo marito.

LETIZIA ‑ Non potevi appiopparlo a qualcun'altra?

MIRELLA ‑ Purtroppo no, perché stava uscendo dalla «nostra» camera. Quindi doveva almeno apparire «il padrone di casa» che era andato a chiudere le finestre, eccetera. Sennò cosa avrebbe pensato mio padre?

LETIZIA ‑ (seccata) Tu non sai cosa penso io.

GUIDO ‑ Capirai che anche a me secca moltissimo, ma ho accettato la situazione per salvare la cosiddetta «pace in famiglia». Ti prego, Letizia... Accettala pure tu per il poco tempo necessario.

LETIZIA ‑ (dopo lieve esitazione, sorride) Ebbene sì!... D'altronde, per la felicità di Mirella farei qualsiasi «parte», esclusa quella della «matrigna».

MIRELLA ‑ Non l'ho mai dubitato. (Abbraccia Letizia) Grazie. (A Guido) Andiamo in giardino?

GUIDO ‑ (annuisce) ... almeno, fra le piante, spariremo dalla vista di tutti. (Con Mirella s'avvia verso il fondo, tenendola sempre stretta a sé).

LETIZIA ‑ Ehilà!... (I due si fermano e si voltano) E’ meglio che mio «marito‑fasullo» si stacchi un po'.

GUIDO e MIRELLA ‑ (sorridono e annuiscono. Si affiancano a un passo l'uno dall'altra ed escono al fondo, incontrandosi con).

ELVIRA ‑ (la quale entra) Il latte arriverà entro un paio d'ore. Il lattaio mi ha chiesto se lei ha aperto un orfanotrofio.

LETIZIA ‑ Cos'hai risposto?

ELVIRA ‑ (con la massima semplicità) Che era per un leone.

LETIZIA - E lui?

ELVIRA - S'è messo a balbettare, poi ha posato la cornetta. Sarà svenuto. (Letizia sorride) Signora, posso farle una domanda?

LETIZIA - Certo.

ELVIRA - Mirella e l'avvocato hanno già divorziato?

LETIZIA - Non dire sciocchezze.

ELVIRA - Vede... L'avvocato, in giardino prima che io vedessi il leone, mi ha detto che non devo più considerarlo marito di Mirella. Però non ho capito... Insomma! Se gli sposi non hanno divorziato, come può l'avvocato essere diventato suo (indica Letizia) marito?

LETIZIA ‑ (sorride) Cara Elvira... E’ solo una finta, una finzione.

ELVIRA ‑ (trionfante) Come nelle telenovele?

LETIZIA ‑ «Quasi».

ELVIRA ‑ (disorientata) Accipicchia ai tempi moderni! ... Oggi giorno il matrimonio è «una finta, una finzione» ... Meno male che non mi sono sposata! (Impettita, esce decisamente al fondo).

LETIZIA - (sorride ed esce a sinistra).

ELVIRA - (dall'esterno al fondo) Vada pure avanti, signorina. C'è la signora Letizia.

SILVIA ‑ (entra dal fondo e si guarda intorno).

RAIMONDO ‑ (entra dal fondo, massaggiandosi la mano destra) Quel bricconcello mi ha graffiato.

SILVIA ‑ Scusi, ma non capisco. (Fa l'atto di spostarsi).

RAIMONDO ‑ (appena ha visto Silvia è rimasto incantato, affascinato. Ora con un gesto da domatore le ordina) Ferma!

SILVIA ‑ (si ferma) Che le prende?

RAIMONDO ‑ (s'avvicina lentamente a Silvia, fissandola negli occhi. Poi, entusiasta esclama) Meravigliosi!... Stupendi!... Incantevoli!... Affascinanti!

SILVIA ‑ (sorpresa) Cosa?

RAIMONDO ‑ (eccitato, felice) I tuoi occhi, fanciulla!

SILVIA ‑ (divertita) Non sapevo di averli così «speciali».

RAIMONDO ‑ (C. s.) Sono eccezionali, giacché sono gli stessi che ha la mia adorata Tania.

SILVIA ‑ La sua fidanzata, immagino.

RAIMONDO ‑ (C. s.) Straordinariamente meglio!... Tania è la leonessa del Circo che, al termine del mio «numero», prima di tornare in gabbia, mi bacia... Mi bacia, capisce?... Sulla fronte.

SILVIA ‑ (lievemente ironica) Dev'essere una bella soddisfazione.

RAIMONDO - E’ un premio al coraggio di... (si batte una mano sul petto) ... Raimondo Dolomiti, domatore di fama mondiale. (Ansioso) E tu chi sei?... Da quale Olimpo sei scesa?

SILVIA ‑ (sensibile all'interesse di Raimondo) Lei è molto gentile... Sono un'amica di Mirella e Letizia... Abito con mio padre nella villa accanto.

RAIMONDO ‑ Non voglio più perderti!... Per me, da questo istante, sei tutto!... (Le afferra e le bacia entrambe le mani, mentre dal fondo entra).

ORLANDO ‑ (che vede, e indignato urla) Giovanotto!... Lasci immediatamente le mani di mia figlia.

RAIMONDO ‑ (abbandona le mani di Silvia, chiedendole) E davvero tuo padre?

ORLANDO ‑ Eccome!... (Impettito) Sono il Conte Orlando Cipolletti, con un antenato che ha fatto le Crociate.

RAIMONDO ‑ Euh, quante storie!... Anch'io faccio le parole incrociate.

ORLANDO ‑ Le «Crociate», nove secoli fa!

RAIMONDO ‑ E lei se ne ricorda ancora?

ORLANDO ‑ (sbuffa) Che ignoranza!... Comunque, giovanotto, le proibisco di appropriarsi indebitamente delle mani di mia figlia.

RAIMONDO ‑ (implora rivolto a Silvia) Dimmi almeno il tuo nome.

SILVIA ‑ Silvia.

RAIMONDO ‑ Magico anche il nome!... (Fa l'atto di afferrare di nuovo le mani di Silvia, ma).

ORLANDO ‑ (gli dà uno schiaffo sulle mani tese) Giù le mani!... (A Silvia) Non l'hai vista la signora Letizia?

SILVIA ‑ (scrolla il capo) ... neppure Mirella.

ORLANDO ‑ (afferra bruscamente Silvia per un braccio) Allora... Via! (Trascina Silvia verso il fondo, mentre questa ‑ rassegnata ma resistente ‑fa con la mano libera gentili segni di saluto a Raimondo, il quale le lancia ripetuti baci. CONTEMPORANEAMENTE al fondo appare).

PORFIRIO ‑ (il quale assiste alla scena e, ovviamente, cede il passo d'uscita a Orlando e Silvia. Poi avanza piuttosto contrariato) Non farai mica lo stupido con quella?... (Indica il fondo).

RAIMONDO ‑ (ipocrita) No no...

PORFIRIO ‑ Ricordati che non abbiamo tanto tempo disponibile. Ho visto Mirella in giardino con il marito di Letizia. Vai subito da lei e comincia a farle la corte.

RAIMONDO ‑ (di malavoglia) Vado, vado...

GUIDO ‑ (entra dal fondo).

PORFIRIO ‑ (a Raimondo, con intenzione) Mirella è rimasta sola. Corri!

RAIMONDO ‑ (C. S.) Corro, corro... (Ed esce lentamente al fondo).

PORFIRIO ‑ Caro avvocato, volevo parlarle a quattr'occhi, per chiederle aiuto.

GUIDO ‑ Ha una questione legale?

PORFIRIO ‑ (scuote il capo, poi con tono confidenziale) Paterna.

GUIDO ‑ La ascolto.

PORFIRIO ‑ Le dico subito che voglio smetterla di fare lo zingaro col Circo. Quindi mi ritiro.

GUIDO ‑ Presto?

PORFIRIO ‑ (annuisce) ... al mio ritorno in Australia, a Sydney.

GUIDO ‑ Vende il Circo?

PORFIRIO ‑ Solo metà. L'altra metà la regalo a Raimondo Dolomiti, che sarà mio genero.

GUIDO - E’ sicuro?

PORFIRIO ‑ Ecco che arrivo al punto, chiedendole di aiutarmi a fare... diciamo «simpatizzare» Mirella e Raimondo.

GUIDO ‑ (preoccupato) In quale modo?

PORFIRIO ‑ Facendoli stare molto insieme, lasciandoli spesso soli, capisce?

GUIDO ‑ (facendo il possibile per nascondere la sua contrarietà) Sicuro!... Capisco.

PORFIRIO ‑ Lei deve aiutarmi a incoraggiarli.

GUIDO ‑ (C. s.) «Incoraggiarli», eh?...

PORFIRIO ‑ Devono piacersi, e di conseguenza innamorarsi. Al più presto!

GUIDO ‑ (C. s.) Già... Un amore... «espresso».

PORFIRIO ‑ Le chiedo, insomma, di «collaborare».

GUIDO ‑ (C. s.) Spero che non mi chiederà anche di reggere loro il simbolico «lume»?

PORFIRIO ‑ Questo no!... Vorrei solamente avere in lei, che è della famiglia ‑ e per giunta avvocato ‑ un valido «alleato».

GUIDO ‑ (ipocrita) L' avrà!... Con i fiocchi e le frange.

PORFIRIO ‑ (lieto, afferra la mano di Guido e gliela stringe energicamente) Le sarò grato.

GUIDO ‑ Non è il caso.

PORFIRIO ‑ Allora lo sarò con sua moglie. Sì si... A Letizia donerò un gioiello che la farà rimanere a bocca aperta.

GUIDO ‑ Se proprio vuole...

PORFIRIO ‑ (annuisce) ... e senza alcun sacrificio, mi creda. Mia figlia, per esempio, avrà quale mio dono di nozze un milione di dollari.

GUIDO ‑ (Molto Colpito) «Un milione» di dollari USA?

PORFIRIO - (annuisce) ... ma non mi rovino. Ne ho altri in Banca, più il Circo che ne vale quattro.

GUIDO ‑ (sincero) Congratulazioni.

PORFIRIO ‑ (orgoglioso) Il pagliaccio (si batte una mano sul petto) è diventato un re. Normale, in America.

LETIZIA ‑ (entra da sinistra) Oh, bene!... Fate conversazione?

PORFIRIO ‑ (annuisce) E’ un piacere parlare con tuo marito.

MIRELLA e RAIMONDO ‑ (entrano dal fondo. Entrambi sono piuttosto imbronciati e si trattano con fredda cortesia).

PORFIRIO ‑ (li vede e li indica, allegro) Ecco una bella coppia!... (A Guido e Letizia) Dico bene?

LETIZIA ‑ Benissimo.

PORFIRIO ‑ (a Guido) E lei cosa ne pensa.

GUIDO ‑ (evasivo) Tanto e tutto. (Seccato) Con permesso, devo dare disposizioni a Elvira per il pranzo. (Esce al fondo).

PORFIRIO ‑ (a Mirella e Raimondo) Suvvia, sorridetevi! (I due si fanno un sorriso che sembra una smorfia) Tutto lì?

LETIZIA ‑ (a Porfirio) Devi avere pazienza.

PORFIRIO ‑ Sì, ma (Minaccioso, rivolto a Raimondo) Non ne ho da vendere.

LETIZIA ‑ (per alleggerire l'atmosfera) Accompagnatemi a vedere il leoncino.

PORFIRIO ‑ Con gioia. (C. s. a Raimondo) Andiamo TUTTI. (Cede il passo a Letizia) Prego. (Letizia esce al fondo.  Brusco, ai due, indicando il fondo) Da questa parte! (Mirella e Raimondo escono al fondo. Porfirio, irritato, bat­te un piede per terra e stringe i pugni, imprecando) Quel­li dormono! (Ed esce al fondo. Il telefono squilla un paio di volte).

ELVIRA ‑ (entra dal fondo e risponde all’ apparecchio) Pronto!... lo sono io, sì, e ti rispondo dall'apparecchio

del soggiorno Ti confermo i cinquanta litri di latte tutti i giorni Proprio! Abbiamo un leone in giardino Nooo, non ti mangerà... (Maliziosa) Semmai, a portare il latte, manda tua suocera! (Ride e posa il ricevitore, mentre dal fondo entra).

PORFIRIO ‑ Ah, bene. Il telefono è lì. Ho detto agli altri che poi andavo in camera mia a prendere i sigari, perché mi sono improvvisamente ricordato che devo telefonare a Sydney esattamente a quest'ora.

ELVIRA ‑ Dov'è Sydney?

PORFIRIO ‑ Dall'altra parte del Globo, in Australia. Ma stia tranquilla che rimborserò Letizia.

ELVIRA ‑ (scrolla le spalle) Per me (Ed esce al fondo).

PORFIRIO ‑ (borbotta) Accidenti, non ricordo il prefisso. Ma mi verrà in mente. (Si precipita verso il telefono e siede nella poltrona che lo nasconde totalmente).

LETIZIA ‑ (entra dal fondo, poi si rivolge all'esterno) Non c'è. Vieni. (E mentre Guido entra, dice) D'altronde ha detto che andava sopra, in camera sua, a prendere sigari.

GUIDO ‑ (tormentato, deciso) Letizia, parliamoci chiaro!

LETIZIA ‑ Come vuoi.

GUIDO ‑ Io comincio ad essere stufo di questo padre.

LETIZIA ‑ Mirella le vuole molto bene.

GUIDO ‑ Giusto. Però ha portato con sé quel domatore che vorrebbe per genero, e che a me dà un grande fastidio.

LETIZIA ‑ Hai ragione.

GUIDO ‑ Ti ringrazio della comprensione. Una cosa è certa: se la situazione si complica stasera prendo Mirella, sal­tiamo in macchina e ce ne andiamo alla massima velocità.

LETIZIA ‑ Dove?

GUIDO ‑ In qualsiasi luogo, lontano da qui.

LETIZIA ‑ Vi comprendo, tutt'e due.

GUIDO ‑ Comunque ti informeremo di ogni nostro sposta­mento.

LETIZIA ‑ Lo spero.

GUIDO ‑ Adesso torniamo fuori, ché forse il domatore è solo con Mirella. (Esce al fondo con Letizia).

PORFIRIO ‑ (si solleva lentamente dalla poltrona. Al pubblico appare prima di schiena, poi si volta: il suo enorme stupore è visibile dalla bocca che fa una perfetta «0», e dagli occhi sbarrati verso la platea).

ELVIRA ‑ (entra dal fondo, vede Porfirio, lo guarda meglio, gli agita una mano davanti alla faccia) Ehi!

PORFIRIO ‑ (sussulta, distende il viso e barcollando avanza verso il centro, mentre sussurra) Sono capitato a Sòdoma e Gomòrra!

ELVIRA ‑ Meno male che parla. Dalla faccia che aveva, cre­devo che fosse morto. Ah, ho capito! Dall'altra parte del Globo le hanno detto parolacce.

PORFIRIO ‑ (Scrolla il capo, soprappensiero)  …non ho nep­pure composto il numero.

LETIZIA ‑ (entra dal fondo, allegra. A Porfirio) Li hai trovati i sigari?

99

PORFIRIO ‑ (Confuso) Sì… No... Non ha importanza. Devo parlarti (Lancia un'occhiata a Elvira)  «da sola».

ELVIRA ‑ Sparisco! (Esce al fondo).

PORFIRIO ‑ (fa qualche passo, imbarazzato).               

LETIZIA ‑ Dimmi, Gerolamo. (Sorride) Non riesco a chiamarti con il «nome d'arte» Porfirio.

PORFIRIO ‑ (con una certa cautela) Tu, Letizia Non sei gelosa?

LETIZIA ‑ Di chi?

PORFIRIO ‑ Di tuo marito.

LETIZIA ‑ No. Perché?

PORFIRIO ‑ Quindi, se ti piantasse per andarsene con un'altra, accetteresti la situazione.

LETIZIA ‑ Dovrei trattenerlo in ginocchio?

PORFIRIO ‑ Questo no. Però è evidente che non lo ami più.

LETIZIA ‑ (scrolla le spalle) Pensa ciò che ti pare.

PORFIRIO ‑ Ammetto che sto mettendo il naso nella tua vita. (Tormentato) Ma capirai (Si torce le mani).

LETIZIA ‑ Cosa?

PORFIRIO ‑ (dopo lieve esitazione, deciso) Se tu dovessi rimanere sola non dimenticare che ci sono io!

LETIZIA ‑ Lo so.

PORFIRIO ‑ Non nel modo che hai capito, cioè da amico riconoscente.

LETIZIA ‑ Come, allora?

PORFIRIO ‑ (fa qualche passo, poi si volta verso Letizia, con tono dolce) Ti sposerei.

LETIZIA ‑ (ride) Addirittura?

PORFIRIO ‑ Senz'altro! Del resto sono quindici anni che ci penso.

LETIZIA ‑ A sposarmi?

PORFIRIO ‑ Sì! E l'avvocato, per me, è stata una gran brutta sorpresa.

LETIZIA ‑ Mi spiace. Comunque, caro Gerolamo, per adesso tu ritorna in giardino con gli altri, e io vado in camera mia. Con permesso. (Esce a sinistra).

PORFIRIO ‑ (rimane un po'assorto, poi esclama) La telefonata! (E va verso l'apparecchio, ma si ferma, perché dalfondo entra).

ORLANDO ‑ Scusi il disturbo, ma vorrei parlare con la si­gnora Letizia.

PORFIRIO ‑ (brusco) Lei chi è?.

ORLANDO ‑ Il vicino di villa. (Impettito) Conte Orlando Ci­polletti. Con chi ho il piacere?

PORFIRIO ‑ (fa il verso a Orlando e si impettisce) Porfirio Solerosa, padre di Mirella.

ORLANDO ‑ (tende la mano e stringe quella di Porfirio) Mol­to lieto.

PORFIRIO - (secco) Cos'ha da dire a Letizia?

ORLANDO - (imbarazzato) Per la verità oggi ho preso il co­raggio a due mani, e  E mi sarei deciso a (Tace).

PORFIRIO ‑ A fare che?

ORLANDO ‑ (confidenziale) Be', siccome lei è della fami­glia, glielo dico. Voglio chiedere alla signora Letizia di sposarmi.

PORFIRIO - (irritato, indignato) Vergogna!

ORLANDO - (disorientato) Pe‑perché?

PORFIRIO - E del marito di Letizia che ne farebbe?

ORLANDO ‑ (C. s.) Non c'è alcun problema. Il marito della signora Letizia (Scrolla le spalle, poi indifferente dice, come per significare: «E’morto»)  «morto».

PORFIRIO ‑ (sussulta, furente) Assassino! (Spinge violen­temente Orlando verso il fondo, urlando) Nella gabbia! Nella gabbia! (Con un'ultima spinta scaraventa Orlan­do fuori al fondo, continuando a urlare) Buttatelo nella gabbia dei leoni! (Mentre il sipario si chiude).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

La sera della medesima giornata dell'atto precedente, dopo cena.

GUIDO e LETIZIA - (entrano dal fondo).

LETIZIA ‑ (sorride) Almeno ci vedranno un po' insieme. Tu, comunque, sei stato in gamba a salvare la situazione, e quindi la cena in giardino.

GUIDO  E’ stato molto semplice calmare i tuoi due... «corteggíatori».

LETIZIA ‑ Che gli hai detto?

GUIDO ‑ Be', a Porfirio ho detto che il Conte è un pochino (si tocca la fironte) «svanito»; e al Conte ho detto che Porfirio, avendo partecipato profondamente al tuo grande dolore di giovane vedova, non vuole che il triste evento ti sia ricordato.

LETIZIA ‑ Complimenti!... Del resto sei avvocato, perciò le giustificazioni ti vengono naturali.

GUIDO ‑ Ma soffro, come soffre Mirella. Per fortuna che il domatore sembra molto attratto dalla figlia del Conte.

LETIZIA ‑ (annuisce) L'ho notato a tavola. E direi che Silvia non è indifferente.

MIRELLA ‑ (entra dal fondo, imbronciata) Siete spariti.

LETIZIA ‑ (sorride) Non sarai mica gelosa?

MIRELLA ‑ No, ma... Con voi mi sento più tranquilla.

LETIZIA ‑ (indica verso il fondo) Fuori come va?

MIRELLA ‑ Mio padre parla dei sorprendenti «numeri» che presenta il suo Circo Universo ... Il Conte racconta le gesta gloriose dei suoi antenati ... Però sono convinta che nessuno dei due ascolti ciò che dice l'altro.

GUIDO ‑ (ironico) Che bella compagnia!...

LETIZIA ‑ E Raimondo, il domatore?

MIRELLA ‑ (maliziosa) Con la scusa di farle ammirare «Brick» s'è fatto accompagnare da Silvìa fra gli alberi, ovvero fuori dalla vista dì tutti.

GUIDO ‑ (a Mirella) Vogliamo andare in camera nostra? (Indica a destra).

MIRELLA ‑ Buona idea, caro. Tanto più che dobbiamo ancora aprire le valigie.

LETIZIA ‑ Andate, andate...

MIRELLA e GUIDO ‑ (sorridono, ed escono a destra).

LETIZIA ‑ (va verso sinistra, ma è fermata da).

ORLANDO ‑ (il quale fa capolino al fondo) Psst‑psst!...

LETIZIA ‑ (Si Volta, lo vede) Ah, è lei, Conte.

ORLANDO ‑ (entra, tenendo in mano una rosa che porge, galante, a Letizia) L'ho presa nel suo giardino, però la prego... la gradisca.

LETIZIA ‑ (prende la rosa) Grazie.

ORLANDO - E’ una rosa d'omaggio.

LETIZIA ‑ (sorride) No. «Di» maggio. Porfirio non era con lei?

ORLANDO ‑ Sì, ma d'un tratto si è guardato in giro, ha borbottato un'imprecazione, è balzato in piedi, e mi pare che sia andato a cercare il domatore.

LETIZIA ‑ (maliziosa) ... che probabilmente trova in compagnia di Silvia.

ORLANDO ‑ (allarmato) Leì dubita che mia figlia accetti la corte di (sprezzante) quell'uomo della foresta?

LETIZIA ‑ Proprio «della foresta» non è. Semmai è «di gabbia» nella pista di un Circo.

ORLANDO ‑ Per il mio rango sociale sempre spregevole è.

LETIZIA ‑ Non esageri!

ORLANDO ‑ Come no?... La mia Silvia, discendente dei Biancospino, andrebbe a vivere come una zingara nel carrozzone di un Circo?... Mai!

LETIZIA ‑ Non bisogna mai dire «mai».

ORLANDO ‑ Ci penso io! (Va deciso verso il fondo, ma poi si ferma, perché entrano).

RAIMONDO e PORFIRIO ‑ (entrambi scuri in volto).

PORFIRIO ‑ (indica la rosa che Letizia tiene in mano, aggressivo) Chi te l'ha data?

LETIZIA ‑ (indica Orlando) Il Conte.

PORFIRIO ‑ (borbotta) ... dei miei stivali. (Prende bruscamente la rosa a Letizia) E’ un peccato uccidere una rosa!... (La porge a Orlando e gli ordina) La rimetta dove l'ha presa!

ORLANDO ‑ (prende la rosa, imbarazzato) Veramente... L'ho presa fra altre e mi sono anche ferito le dita.

PORFIRIO ‑ (maligno) Dovevano caderle le mani... «rosicida»! La porti immediatamente fra le altre vive! Così

morirà in compagnia.

ORLANDO ‑ (disorientato, rivolto a Letizia) Non capisco, signora, per quale motivo

LETIZIA ‑ (interrompe, sorridente) Accontenti il padre di Mirella, per favore.

ORLANDO ‑ (C. s.) Se lo desidera lei Obbedisco. (Esce mogio alfondo).

PORFIRIO ‑ (va al fondo, per assicurarsi che Orlando si sia allontanato, poi si rivolge a Letizia, indicandole rabbiosamente Raimondo) Quello ci combina un guaio!

LETIZIA ‑ Non è possibile. Il signor Dolomiti è così gentile

PORFIRIO ‑ …e fesso!

LETIZIA ‑ Incredibile anche questo. Un uomo come lui (indica Raimondo), che domina le belve, è tutt'altro che fesso.

PORFIRIO ‑ (testardo) Lo è! Perché ha preso una strada sbagliata.

LETIZIA ‑ (rivolta a Raimondo) Sul serio?

RAIMONDO ‑ Secondo il mio direttore (indica Porfirio), sì.

PORFIRIO ‑ Eccome! Infatti, cara Letizia, questo essere pieno di boria (indica Raimondo), pare, e per adesso dico «pare», che non abbia alcuna intenzione di diventare mio genero.

LETIZIA ‑ (furba, a Raimondo) Non le piace Mirella?

RAIMONDO ‑ Mi piace, senza dubbio.

PORFIRIO ‑ (violento) Però gli piace di più «l'altra»!

LETIZIA ‑ (ipocrita) Quale?

PORFIRIO ‑ (sbotta) La figlia di quel Conte da strapazzo. E lo immagini per quale ragione?

LETIZIA ‑ No.

PORFIRIO ‑ Solamente perché quella ragazza ha gli occhi come la sua leonessa preferita!  (Urla) lo la faccio fuori!

LETIZIA ‑ (preoccupata) Silvia? 

PORFIRIO ‑ Tania, la leonessa!  La vendo magari per quattro soldi.

RAIMONDO ‑ (implora) Noooo 

PORFIRIO ‑ (a Letizia, indicando sprezzantemente Raimon­do) Guardalo l'uomo, l'eroe!, che in gabbia fa fare ciò che vuole a leoni, tigri e pantere! (Indignato) Puah!

RAIMONDO ‑ (sentimentale) Silvia è intelligente, simpatica,dolce, attraente… Quanto di meglio può desiderare un uo­mo per moglie.

PORFIRIO ‑ (aggressivo) Ah, perché mia figlia ti appare ignorante, antipatica, amara e repellente?

RAIMONDO ‑ No, no… Però non è il tipo di ragazza che ho sempre sperato d'incontrare.

PORFIRIO ‑ (furioso) Io lo ti scaravento fuori dal mio Cir­co!

RAIMONDO ‑ (calmo) Pazienza. D'altronde almeno altri die­ci mi prenderanno al volo, a peso d'oro.

PORFIRIO ‑ Allora puoi andare subito a pesarti! (Indica il fondo) Fila!

RAIMONDO ‑ (a Letizia, allargando le braccia) Voglia scu­sarmi, signora. (Esce al fondo).

LETIZIA ‑ Non ti pare di averlo trattato male?

PORFIRIO ‑ (tormentato) Forse. In ogni caso non mi do per vinto! Dov'è Mirella?

LETIZIA ‑ (indica a destra) Nella sua camera.

PORFIRIO ‑ Voglio provare a capire le sue reazioni. Faccio bene?

LETIZIA ‑ Direi di sì. (Sorride) Ti lascio libero il campo. (Esce a sinistra).

PORFIRIO ‑ (dopo lieve esitazione, s'avvicina alla porta di destra, dalla quale entrano).

MIRELLA e GUIDO ‑ (entrambi sorpresi di trovarsi di fronte Porfirio).

PORFIRIO ‑ (sospettoso, a Guido) Cosa faceva nella camera di mia figlia?

GUIDO ‑ (imbarazzato) lo… Accidentalmente… Per puro ca­so…

MIRELLA ‑ (interviene prontamente) E’ venuto a dirmi che Letizia, «sua moglie», ha una forte emicrania.

GUIDO - (ipocrita) Atroce!

PORFIRIO ‑ (diffidente) Molto strano... Un momento fa era qui con me, e non si è lamentata dì avere mal di testa.

MIRELLA ‑ (pronta) E’ fatta così!... Non vuole mai preoccupare chi le sta vicìno.

GUIDO ‑ Purtroppo Letizia non ha compresse contro l'emicrania.

PORFIRIO ‑ (ironico) Credo che sia l'unica donna al mondo sprovvista di quelle compresse.

MIRELLA ‑ Le mie sono più efficaci. Quindi le ho date a lui (indica Guido).

PORFIRIO ‑ (sarcastico e sospettoso, a Guido) Se non le ha inghiottite lei, per far passare il mal di testa a sua moglie... dove le ha messe?

GUIDO ‑ (pronto) In tasca! (Si batte sopra una tasca della giacca).

PORFIRIO ‑ (C. s.) Mi fa vedere la scatola di quelle compresse «più efficaci»?... Vorrei comprarne per me qui in Italia.

GUIDO ‑ (ipocrita) Prima che parta le scriverò il loro nome.

PORFIRIO ‑ (altrettanto ipocrita) Grazie... «avvocato» in ogni circostanza.

MIRELLA ‑ (per interrompere l'argomento) Ciao, papà!... Vado a ricamare.

PORFIRIO ‑ Brava. E ricama tranquilla, (con intenzione) ché io veglio su te.

MIRELLA ‑ Molto gentile.

PORFIRIO ‑ Più tardi vorrei parlarti.

MIRELLA ‑ Quando ti pare, papà. (Esce a destra).

PORFIRIO ‑ (maligno) La sua consorte (indica a sinistra) aspetterà «ansiosamente» le compresse.

GUIDO - E’ vero! (Esce svelto a sinistra).

PORFIRIO ‑ (in punta di piedi s'avvicina alla porta di sinistra, e tende l'orecchio).

ELVIRA ‑ (entra dal fondo. Vede Porfirio in quella posizione) Non si vergogna, alla sua età?

PORFIRIO ‑ (sussulta e si impettisce) L'avverto che non accetto osservazioni da una serva.

ELVIRA ‑ (offesa) E io dirò all'avvocato di sporgere querela contro di leì.

PORFIRIO - E’ impazzita?

ELVIRA ‑ (C. s.) Lei mi ha chiamato «serva».

PORFIRIO ‑ (ride) Cioè cos'è.

ELVIRA - No, signore!... Da diversi anni io sono una «colf».

PORFIRIO ‑ Una... «cosa»?

ELVIRA ‑ «Colf», che significa «Collaboratrice famigliare». Qui in Italia le «serve» non esistono più. PORFIRIO ‑ Bene, bene... Capirà che io sono lontano da tanto... Comunque, mì scusi.

ELVIRA ‑ (superba) E’ scusato... «per questa volta».

PORFIRIO ‑ (sarcastico) La ringrazio.

GUIDO ‑ (entra da sinistra).

PORFIRIO ‑ (a Guido) Letizia ha buttato giù la compressa?

GUIDO ‑ (annuisce) ... due. (A Elvira) Se qualcuno mi cerca, io sono sopra, nel mio studio.

PORFIRIO ‑ Ah!... Il suo studio è al piano di sopra?

GUIDO ‑ (annuisce) ... davanti alla sua camera.

PORFIRIO ‑ (maligno) Lei dev'essere un tipo che ha sempre molto «da fare».

GUIDO ‑ Oggi una comparsa.

PORFIRIO ‑ (sorpreso) La comparsa in un film?

GUIDO ‑ (sorride) Nooo... La «comparsa», nel processo civile è un atto scritto che contiene l'esposizione di fatti, ragioni e conclusioni a favore del cliente.

PORFIRIO ‑ (ironico) Allora vada pure a farsi la «comparsata».

GUIDO ‑ (annuisce ed esce al fondo).

PORFIRIO ‑ Per favore, signorina «colf», venga a darmi il latte per «Brick».

ELVIRA ‑ Al biberon ci pensa il domatore?

PORFIRIO ‑ «Dovrebbe» pensarci. Ma temo che abbia altre «cose» per la testa. (Indica il fondo) Dopo di lei.

ELVIRA ‑ (esce impettita al fondo, seguita da Porfirio).

MIRELLA ‑ (fa capolino a destra, vede che non c'è alcuno. S'avvia per uscire a sinistra, ma poi si ferma, perché dal fondo entra).

SILVIA ‑ (agitata) Finalmente ti trovo sola.

MIRELLA ‑ Hai qualche problema?

SILVIA ‑ Uno solo: te.

MIRELLA ‑ Come sarebbe a dire?

SILVIA ‑ Vedi, Mirella Per la vicinanza delle nostre ville noi abbiamo giocato e siamo cresciute insieme.

MIRELLA ‑ Questo lo so, e da sempre ti voglio bene come a una sorella.

SILVIA ‑ Anch'io. Ma oggi è la prima volta che non capisco ciò che ci accade intorno.

MIRELLA ‑ Spiegati, e forse lo capiremo.

SILVIA ‑ (lievemente imbarazzata) Ecco Avrai notato che io e Raimondo abbiamo… diciamo… «simpatizzato» a pri­ma vista.

MIRELLA ‑ (affettuosamente ironica)  e anche a seconda e terza.  Direi, insomma, che è stato, per entrambi, un incantevole «colpo di fulmine».

SILVIA ‑ Ti spiace?

MIRELLA ‑ Macché! Sono lieta per te e per il domatore.

SILVIA ‑ (disorientata) Sì, ma La situazione non è mica semplice.

MIRELLA ‑ Perché?

SILVIA ‑ Raimondo mi ha confidato che tuo padre l'ha condotto con sé per spronarlo a sposare te.

MIRELLA ‑ (ride) Lo so.

SILVIA ‑ (sorpresa) E ridi? Tu, dopo una settimana di nozze con Guido, vorresti cambiare marito?

MIRELLA ‑ Neanche per idea!

SILVIA ‑ (si passa una mano sulla fronte) Sono in «tilt». Fra un po' non saprò neppure chi sono io.

MIRELLA ‑ E tutto molto semplice, cara Silvia, anche se è frutto di una menzogna.

SILVIA ‑ Tua?

MIRELLA ‑ Non solo. Tuttavia sono gli eventi che ci hanno costretto a mentire.

SILVIA ‑ Chi?

MIRELLA ‑ lo, Guido e Letizia. Per non dare una grande delusione, e un probabile dolore, a mio padre. Infatti guar­da! (Fa vedere la mano sinistra) La mia «fede» è sparita.

SILVIA ‑ Però ho notato che Guido la porta.

MIRELLA ‑ Sì, ma... Tieniti forte, Silvia. Guido porta la «fede» come se fosse il marito di Letizia.

SILVIA ‑ (sussulta) Accidenti, che pasticcio!

MIRELLA ‑ Del quale, ora, avrai le idee chiare. (Silvia an­nuisce) Tuttavia ti prego, almeno sino alla soluzione, di non dire assolutamente nulla né a Raimondo né a tuo papà.

SILVIA ‑ Cosa credi che accadrà?

MIRELLA ‑ «Vedremo», come può solamente dire chi fa un esperimento. E questo è un «esperimento di guai».

SILVIA ‑ Se immagini che io possa fare qualcosa

MIRELLA ‑ La stai già facendo.

SILVIA ‑ In quale modo?

MIRELLA ‑ Avendo (sorride) «bloccato» Raimondo. Con tanti auguri, cara Silvia.

SILVIA ‑ (abbraccia Mirella) Grazie.

MIRELLA ‑ Anche tu, purtroppo, non avrai un futuro tran­quillo.

SILVIA ‑ Con Raimondo sarà meraviglioso, entusiasmante.

MIRELLA ‑ Lo credo. Però tuo padre come la prenderà?

SILVIA ‑ Vedrai. Sono sicura che ci seguirà.

MIRELLA ‑ (sorpresa) Nel Circo?

SILVIA ‑ Anche, certamente! Poiché mi adora e ha solo me.

MIRELLA ‑ La tua sicurezza mi sorprende e mi rasserena.  (Sorride). Il «Conte‑circense» Sarà una bella novità! (Sorridono entrambe, mentre dal fondo entra).

GUIDO ‑ Ci sono altri in giro?

MIRELLA ‑ Per adesso, no. (Si stringe sottobraccio a Gui­do) Silvia è al corrente di tutto.

GUIDO ‑ (a Silvia) Che ne dici?

SILVIA ‑ (divertita) E un sensazionale «giallo»!

GUIDO ‑ Speriamo che non diventi un «thriller» col morto.

MIRELLA ‑ Non esagerare.

GUIDO ‑ Ti spiego la «trama», e i «personaggi». Tuo padre, che mi sorveglia e che mi segue come un'ombra è il poliziotto; Letizia è «la moglie di troppo»; tu, Mirella, sei «l'amante». Aggiungi me, e con questo poker di personaggi farebbero una «telenovela» per centinaia di puntate.

SILVIA ‑ Dici bene, ma che cosa può accadere?

GUIDO ‑ Tanto, sino al... (indica se stesso) ... «morto».

MIRELLA ‑ Coraggio, caro. Vedrai che non accadrà nulla di tragico.

SILVIA ‑ (sorride) Nella vicenda c'è anche mio padre.

GUIDO ‑ L:avevo dimenticato!... E il suo vivo interessamento a «Letizia ‑ mia moglie» può diventare un'altra complicazione.

LETIZIA ‑ (entra da sinistra, sorridente) Che bella compagnia!...

GUIDO ‑ Può essere «pericolosa».

LETIZIA ‑ Non vedo il motivo.

PORFIRIO ‑ (dall'esterno al fondo, urla) Raimondo, ti ordino di dargli un altro biberon!...

GUIDO ‑ (sottovoce, indicando il fondo) Eccolo il «motivo». Ai nostri posti!... (Si precipita accanto a Letizia, mentre Mirella si sposta verso destra, trascinando Silvia accanto a sé).

PORFIRIO ‑ (entra dal fondo, borbottando) «Brick» non è mica un gattino!... (A tutti) Sarà ancora un lattante, ma è un «re della foresta»!... (Ride, e nota che gli altri non ridono) Non vorrei disturbare.

MIRELLA ‑ Tu, papà, non disturbi mai. (Imbarazzata) lo ero qui con la mia amica (indica Silvia). E loro... (indica Letizia e Guido) Loro non so.

PORFIRIO ‑ (a Letizia e Guido) Se volete ritirarvi nella vostra camera (indica a sinistra), fate pure. lo parlerò un po' con le signorine.

LETIZIA ‑ Considerati a casa tua.

PORFIRIO ‑ (ironico) Cioè in una «roulotte». Ma sovente alloggio in Grand‑Hótel a cinque stelle. Comunque, cara Letizia, ti sono molto grato.

LETIZIA ‑ Dunque... (Imbarazzata, a Guido, indicando a sinistra) Andiamo?

GUIDO ‑ (rassegnato annuisce, e cede il passo a Letizia, con la quale esce a sinistra, dopo avere guardato Mirella).

PORFIRIO ‑ (burbero) Signorine, sono lieto di fare una chiacchierata con tutt'e due.

MIRELLA ‑ Dal tuo tono, papà... C'è qualche problema?

PORFIRIO - Sì! (Inquisitore) Primo !... (Rivolto a Silvia) Quali sono le sue intenzioni circa Raimondo?

SILVIA ‑ (calma) Non so se lei ha il diritto di...

PORFIRIO ‑ (interrompe) Più che il diritto, signorina, direi che ho «il dovere», poiché Raimondo Dolomiti l'ho «creato» io. «Artisticamente», intendo. Infatti non si nasce domatori come lui. Da manovale, addetto al montaggio del tendone, io l'ho fatto diventare una «star» del Circo Universale.

MIRELLA ‑ Come hai capito la sua attitudine a domare le belve?

PORFIRIO ‑ (orgoglioso) Dal suo comportamento con le bestie feroci. Stava ore e ore davanti alle loro gabbie e parlava, parlava, parlava... Gli animali sembrava che lo ascoltassero, che lo capissero... Una tigre reale ferocissima gli porgeva addirittura la zampa. (Cambia tono) Ma torniamo a noi, e risponda quali sono le sue intenzioni circa Raimondo.

SILVIA ‑ (dolce e serena) «Una»... Vivere con lui tutta la vita.

PORFIRIO ‑ (sbotta) Patatràc!... (A Mirella) E tu che dici?

MIRELLA - Auguro a Silvia e Raimondo tanta felicità.

PORFIRIO ‑ (a Silvia) Le spiace, signorina, lasciarci soli?

SILVIA ‑ Se lo desidera... Ciao, Mirella. (Esce al fondo).

MIRELLA ‑ Ciao.

PORFIRIO - (infuriato, afferra Mirella per un braccio e la , scuote) lo, cara mia, so tutto!

MIRELLA ‑ Mi fai male. (Si libera dalla stretta di Porfirio) Sai tutto... «cosa»?

PORFIRIO ‑ Tutto‑tutto!

MIRELLA - Meglio così. Mi risparmi spiegazioni, giustificazioni.

PORFIRIO - Spudorata!

MIRELLA - Io?!?

PORFIRIO ‑ Tu!  Perché non hai pudore, non senti vergogna. no?

MIRELLA ‑ Scusa, papà Però, considerato che dici di sapere «tutto‑tutto», vuoi anche dirmi per qualche motivo dovrei vergognarmi?

PORFIRIO ‑ (scandalizzato) E me lo chiedi?

MIRELLA ‑ Sì.

PORFIRIO ‑ (agitato) Nascosto involontariamente da quella poltrona (la indica) ho udito che l'avvocato vuole rapirti.

MIRELLA ‑ (ride) Rapirmi?!?...

PORFIRIO ‑ (annuisce)  per giunta con la tua approvazione, giacché ha detto: «Saltiamo in macchina e ce ne andiamo alla massima velocità».

MIRELLA - (c. s.) L'avrà detto per scherzo.

PORFIRIO - Al contrario parlava seriamente, molto deciso.

MIRELLA ‑ Con chi?

PORFIRIO ‑ Addirittura con Letizia, sua moglie, la quale colmo dei colmi! gli dava ragione. Vedi, Mirella Io capisco che Letizia ti voglia bene come a una figlia, ma sino a questo punto... No! Non lo capisco.

MIRELLA ‑ (divertita) Non le importerà più nulla di suo marito.

PORFIRIO ‑ Questo potrebbe farmi piacere, ma tu lì vuoi fuggire con un uomo sposato, e io ‑ tuo padre! ‑ non lo permetterò.

MIRELLA ‑ (C. s.) Che farai?

PORFIRIO ‑ Costringerò Raimondo ad abbandonare la sua idea con quella ragazza, e lo convincerò che deve pensare solamente a te.

MIRELLA ‑ Più che convincerlo vuoi «obbligarlo».

PORFIRIO ‑ Infine ti porterò via con me.

MIRELLA ‑ (amara) Senza capire, caro papà, che farai tutti infelici. 

PORFIRIO ‑ Questo si vedrà.

MIRELLA ‑ Allora ti dico subito che Raimondo, a me, non in­teressa, e che sono lieta di non interessare a lui. Aggiungo che sono maggiorenne e che non mi muovo da qui.

PORFIRIO ‑ (implora) Ma alla mia felicità non pensa nessuno?

MIRELLA ‑ Forse, invece, ci stiamo pensando in tanti.

PORFIRIO ‑ In quale modo?

MIRELLA ‑ Come hai detto tu: «questo si vedrà».

PORFIRIO ‑ (testardo) Comunque io non mi rassegno!

ORLANDO ‑ (appare al fondo) Disturbo?

MIRELLA ‑ No, signor Conte. E’ addirittura un «salvagente». (A Porfirio) Riprenderemo il discorso più tardi. Vogliate scusarmi. (Esce a destra).

PORFIRIO ‑ (sgarbato) Che vuole?

ORLANDO ‑ (timoroso) Vorrei solamente dire due parole al­la... signora Letizia.

PORFIRIO ‑ Le dico io a lei! «Seccatore! Ridicolo!».

ORLANDO ‑ Io?!?

PORFIRIO ‑ Sì!... E ne aggiungo un'altra: «Imprudente!».

ORLANDO ‑ «Seccatore» e «ridicolo» posso capirlo. Ma «imprudente», perché?

PORFIRIO ‑ Glielo spiego subito. (Indica a sinistra) In quel­la camera c'è Letizia.

ORLANDO ‑ Avevo per l'appunto intenzione di bussare, e

PORFIRIO ‑ (interrompe) Faceva una gaffe imperdonabile.

ORLANDO ‑ E' indisposta?

PORFIRIO ‑ Peggio! (Confidenziale, indicando a sinistra) Perché con lei c'è suo marito.

ORLANDO ‑ (Stupitissimo, sbarra gli occhi e balbetta) Il ma… ma… Il ma‑marito?!?

PORFIRIO ‑ Proprio! Il marito.

ORLANDO ‑ (C. s.) A‑a… A‑allora sarebbe tornato da… (in­dica verso l'alto).

PORFIRIO ‑ (indica verso l'alto) Da sopra, sì.

ORLANDO ‑ (C. s.) Le‑lei... L' ha visto?

PORFIRIO ‑ Io vedo tutto!

ORLANDO ‑ (C. s.) E il ma‑marito aveva le?... (Agita le braccia, per significare «Le ali»).

PORFIRIO ‑ No. E arrivato a piedi.

ORLANDO ‑ (C. s., sempre più impressionato) Uh!... Non immaginavo che da... (indica verso l'alto) ... si arrivasse a piedi. (Trema) Ho tanta paura!...

PORFIRIO ‑ (ironico) Se la vedessero i suoi antenati si farebbero un sacco di risate.

ORLANDO ‑ (sempre tremante) Magari mi vedono, (si guarda intorno, terrorizzato) poiché anche loro saranno arrivati in punta di piedi. (Con le mani si copre gli occhi) Ho ancora più paura.

PORFIRIO ‑ Bene!... Se ne vada. (Orlando rimane immobile. Allora Porfirio lo spinge bruscamente fuori al fondo, urlando) Coraggio, Conte dei miei stivali!... Via!

LETIZIA e GUIDO ‑ (entrano da sinistra, preoccupati).

GUIDO ‑ Con chi ce l'ha?

PORFIRIO ‑ (ride) Ho «liquidato» il Conte.

LETIZIA ‑ Ti ha fatto arrabbiare?

PORFIRIO ‑ Capisce niente!... Voleva venire da voi, ma vi ho salvati. (Ride) Non accetto ringraziamenti! (Ed esce al fondo).

GUIDO ‑ Chi lo capisce è bravo.

LETIZIA ‑ Avrà parlato con Mirella?

GUIDO ‑ Mah!...

LETIZIA ‑ Mi viene un'idea.

GUIDO ‑ Se è buona, dimmela subito.

LETIZIA ‑ Chiama tua moglie.

GUIDO ‑ (va alla porta di destra. Sottovoce) Mirella, vieni.

LETIZIA ‑ Credo di avere trovato una soluzione che vi piacerà.

MIRELLA ‑ (entra da destra) Ho avuto uno scontro con mio padre.

LETIZIA ‑ Gli hai rivelato l'imbroglio?

MIRELLA ‑ No, anche se sono stata lì per li di farlo.

LETIZIA ‑ Ecco la mia idea. Siccome Porfirio ha sempre manifestato molto stupore vedendo Guido uscire da quella camera (indica a destra), Mirella si trasferisce nella mia (indica a sinistra), e io nella sua.

GUIDO ‑ (lieto) Così, quando mi vede uscire da qui (indica a sinistra), lui crede che io sia con Letizia. Invece... Letizia… sei grande!

LETIZIA ‑ Cambio immediato!...

GUIDO ‑ Vado a prendere almeno una valigia. (Esce a destra).

MIRELLA ‑ Nell'armadio, di là (indica a destra), troverai quanto ti occorre per la notte.

LETIZIA ‑ Stai tranquilla che m'arrangerò.

GUIDO ‑ (entra da destra, portando una valigia) E meglio che la metta subito di là. (Esce a sinistra, portando la valigia).

MIRELLA ‑ Speriamo che mio padre non cerchi una di noi due, giacché non la troverebbe dove crede.

GUIDO ‑ (rientra da sinistra).

LETIZIA ‑ (a Guido) Per evitare «sorprese» di Porfirio, avvisa Elvira di dire agli altri che noi tre siamo andati a dormire. Intanto (indica Mirella e se stessa) togliamoci dalla circolazione. A domani. (Esce a destra).

MIRELLA ‑ Vai da Elvira e torna presto. (Esce a sinistra).

GUIDO ‑ (s'avvia verso il fondo per uscire, ma si ferma perché entra).

PORFIRIO ‑ (sospettoso e ironico) Va di nuovo sopra a... «comparsare»?

GUIDO ‑ Forse, dopo avere dato alcuni ordini a Elvira.

ELVIRA ‑ (entra dal fondo) Ho sentito il mio nome.

GUIDO ‑ Meglio. Se sarà il caso confermi ai nostri ospiti che la signorina Mirella, la signora Letizia, e io, ci siamo ritirati per la notte.

PORFIRIO ‑ (ride) Come le galline!

ELVIRA ‑ (rivolta a Porfirio, con tono saccente) Non tutti possono essere dei... «leoni». (S'avvia impettita al fondo. Sulla soglia si ferma e si rivolge a Porfirio) Dico bene, signor Sole giallo?

PORFIRIO ‑ (seccato, puntualizza) «Rosa»! lo sono Solerosa.

ELVIRA ‑ (scrolla le spalle) Preferisco quello giallo, perché abbronza di più. (Si volta ed esce impettita).

PORFIRIO ‑ Come potete sopportare in casa un tipo così?

GUIDO ‑ Noi siamo soddisfatti del suo servizio, che svolge con molto affetto.

ORLANDO ‑ (appare al fondo).

PORFIRIO ‑ (Lo vede) Lei è sempre da queste parti?

ORLANDO ‑ Siccome in giardino mi sono trovato solo...

PORFIRIO ‑ (interrompe, brusco) Non c'è Raimondo Dolomiti?

ORLANDO ‑ C'era, c'era... Ma poi, senza che io me ne accorgessi, è sparito. Allora ho cercato mia figlia. Macché!... Sparita pure lei.

PORFIRIO ‑ (irritato) L' avrei giurato!

ORLANDO ‑ (riflette) Certo che... Tra chi arriva da... (indica verso l'alto) ... a piedi o al... (agita le braccia, per significare «Al volo») ... e gli ospiti che spariscono... in questa villa c'è l'atmosfera di certi castelli inglesi.

PORFIRIO ‑ (ride) Perciò non si stupisca se, da un momento all'altro vedrà un fantasma.

GUIDO ‑ Che discorsi sono questi?

PORFIRIO ‑ «Utili», malgrado l'apparenza, per togliersi d'attorno i seccatori. (Con un cenno del capo indica Orlando).

GUIDO ‑ (ironico) Sovente non c'è maggior seccatore di chi vuole liberarsi di un «seccatore».

PORFIRIO ‑ (sorride) L'avvocato ha «sentenziato». Lei, cosiddetto «Conte», ha capito?

ORLANDO ‑ Pensavo ad altro. (Risentito) Però preciso che non sono Conte «cosiddetto». Ne prenda nota, signor Porfirio Solerosa.

GUIDO ‑ Be', mentre lui (indica Porfirio) prende nota, io... (indica verso sinistra).

PORFIRIO ‑ Più che giusto. Prego... (indica a sinistra).

GUIDO ‑ Buon riposo, signori. (Ed esce a sinistra).

ORLANDO ‑ (sorpreso e scandalizzato) Ma... L' avvocato trascorre la notte lì?... (indica a sinistra).

PORFIRIO Sicuro!... Ne ha tutti i diritti.

ORLANDO - (c. s., balbetta) Di‑di... Di‑diritti?!? ...

PORFIRIO - Senza dubbio.

ORLANDO - (C. s.) E‑e... E‑e sua figlia che dice?

PORFIRIO ‑ Mirella è d'accordo.

ORLANDO ‑ (C. s.) D'a… ‑ d'a... D'a… ‑ d'accordo?!?... (Porfirio annuisce) E‑e... E‑e lei?

PORFIRIO ‑ Naturalmente sono d'accordo anch'io. D'altronde Letizia, per Mirella, è come una madre.

ORLANDO ‑ (C. s.) Qui‑qui... Qui‑quindi... (Barcolla e crolla a sedere).

PORFIRIO ‑ (ironico) E’ evidente che per i «Conti» suoi pari sono sorprendenti le cose più naturali.

ORLANDO ‑ (ebete, sospira) E le chiama «naturali».

ELVIRA ‑ (entra dal fondo, agitatissima, brandendo un grosso bastone, e s'affretta ad andare a vedere sotto le sedie, la poltrona, il tavolo, urlando) E’ scappato!... E’ scappato!...

PORFIRIO ‑ Chi?

ELVIRA ‑ Il leone!... (Disperata) E’ balzato fuori dalla gabbia mentre il domatore gli dava il biberon!...

PORFIRIO ‑ (allarmato) Adesso dov'è?

ELVIRA ‑ E chi lo sa?... Può essere dappertutto!... Magari verrà qui e ci mangerà tutti!... (Urla) Aiuto!... Aiuto!...

LETIZIA ‑ (esce da destra, allarmata, e rimane davanti alla porta) Chi urla?

GUIDO ‑ (contemporaneamente a Letizia, esce allarmato da sinistra, e rimane davanti alla porta) Che succede?

PORFIRIO ‑ (esterrefatto, per guardare Letizia e Guido, muove diverse volte la testa come chi assiste a un incontro di tennis. Intanto).

ELVIRA ‑ (è andata a nascondersi dietro la poltrona, dalla quale spunta solamente il bastone).

PORFIRIO ‑ (ebete, indicando diverse volte Letizia e Guido) voi... voi...

LETIZIA ‑ (pronta) Io sono andata a fare due chiacchiere con Mirella (indica alle proprie spalle).

GUIDO ‑ Io, infatti, ti aspettavo.

LETIZIA ‑ Eccomi. (S'avvia verso sinistra).

PORFIRIO ‑ (fa l'atto di andare verso destra) Mirella... (Ma).

LETIZIA ‑ (gli si pone di fronte) No!... E’ già a letto. (Va verso sinistra, mentre dal fondo entrano).

RAIMONDO e SILVIA ‑ (agitati e preoccupati).

PORFIRIO ‑ (a Raimondo) «Brick» t'ha fatto fesso, eh?...

RAIMONDO ‑ (indica verso il fondo) Direi che è salito al primo piano.

SILVIA ‑ No, Raimondo. Io l'ho visto entrare in cucina.

ELVIRA ‑ (balza fuori dalla poltrona) Cooosaaa?!?... Lo trovo io!... Perché in cucina, re e regina sono soltanto me! (Ed esce infuriata al fondo, agitando il bastone. Gli altri si precipitano a seguirla, urlando quasi insieme).

PORFIRIO ‑ Vale tanti milioni!

SILVIA ‑ Non lo bastoni!

GUIDO ‑ Elvira, calmati!

LETIZIA - E’ un cucciolo!

ORLANDO ‑ (che è rimasto seduto, ebete, guarda nel vuoto verso la platea, e dice) Bene... In questo manicomio mancava solo un leone a passeggio!... Chissà cosa farebbero i miei gloriosi antenati Biancospino?... Lo so! (Balza in piedi, impettito, poi si lancia verso il fondo ed esce, urlando) A me la spada!... A me la spada!... (Mentre il sipario si chiude).

ATTO TERZO

E’ il mattino del giorno seguente le vicende degli atti precedenti. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno.

ELVIRA ‑ (entrando allegra dal fondo, con Raimondo) Mi permetta, signor Dolomiti...

RAIMONDO ‑ (interrompe, sorridendo) Voglia chiamarmi «Raimondo».

ELVIRA ‑ (annuisce) ... e lei accetti i miei complimenti.

RAIMONDO ‑ Non ho fatto nulla di eccezionale.

ELVIRA ‑ Per me, sì. Poiché è merito suo, di domatore, se quel leone... «Brick» è tanto simpatico.

RAIMONDO ‑ (sorride) Ah! ... Ora non la spaventa più?

ELVIRA ‑ (scrolla la testa) ... e vorrei tenerlo con me.

RAIMONDO ‑ Addirittura?

ELVIRA ‑ (annuisce) ... dopo quanto ho visto ieri sera.

RAIMONDO ‑ (divertito) Mi spieghi le sue emozioni.

ELVIRA ‑ Dopo avere girato, furiosa, per tutta la villa, agitando il bastone, ho trovato «Brick» sul mio letto.

RAIMONDO ‑ (C. s.) Avrà avuto la tentazione di bastonarlo.

ELVIRA ‑ Subito, non lo nego. Ma poi, quando l'ho visto che giocava con i miei due gatti, rotolandosi con loro sulla coperta, mi sono commossa. (Emozionata) L' ho pure accarezzato!

RAIMONDO ‑ Ha fatto bene, perché le carezze piacciono anche alle belve.

ELVIRA ‑ (ride) Una belva «Brick»?... Non mi faccia ridere!... E’ solamente un gatto... più grosso.

RAIMONDO ‑ Che però crescerà‑crescerà, e diventerà un leone.

ELVIRA  sicuro?

RAIMONDO ‑ (sorride) Sicurissimo.

ELVIRA ‑ Ma dica... lei che se ne intende... non si può fermare la crescita?

RAIMONDO ‑ (C. s.) No, signorina Elvira. Capirà... La natura è inarrestabile.

ELVIRA ‑ Vuol dire che quella specie di «allegro gattone» si trasformerà in un «feroce leone»?

RAIMONDO ‑ (allarga le braccia) Non c'è alcun dubbio.

ELVIRA ‑ Mi spiace. E spiacerà anche ai miei gatti che ‑ ha visto? ‑ da ieri sera sono sempre vicini alla sua gabbia.

RAIMONDO ‑ (amaro) Gli animali, sovente, potrebbero darci lezioni di comprensione e affetto. lo, per esempio, sto vivendo momenti di... (Cerca il vocabolo) ... di...

ELVIRA ‑ (interviene) «Amarezza».

RAIMONDO ‑ Esatto.

ELVIRA ‑ (maliziosa) lo ho già capito il motivo. Si chiama «Silvia», vero? (Raimondo annuisce) Allora sa che faccio?... Gliela vado a chiamare. (Raimondo, preoccupato, Scrolla la testa. Elvira precisa) Con tutta la dovuta prudenza. Userò il passo della volpe e l'astuzia del serpente.

RAIMONDO ‑ E se la vede il Conte?

ELVIRA ‑ Impossibile!... Quello sarà chiuso nel suo studio, ad ammirare incantato il «pezzo di carta» che l'ha «fatto nobile». (Testarda e decisa) Perdindirindina, riuscirò a parlare con Silvia!

RAIMONDO ‑ La ringrazio. lo cosa potrò fare per lei?

ELVIRA ‑ E me lo chiede?... Faccia cosa le pare, per Silvia.

RAIMONDO ‑ No. Volevo dire «per lei» (indica Elvira).

ELVIRA ‑ Oh, per me... Basterà che apra la gabbia e che mi permetta di accarezzare «Brick».

RAIMONDO ‑ Senz'altro, anche subito.

ELVIRA ‑ Bene!... E dopo le mie carezze (precisa, maliziosa) «a Brick», le porterò Silvia. Andiamo! (Esce al fondo, con Raimondo).

LETIZIA ‑ (fa capolino alla porta di destra, vede che non c'è alcuno e va alla porta di sinistra. Sottovoce) Mirella... Guido...

MIRELLA ‑ (entra da sinistra con Guido) Eccoci.

LETIZIA ‑ Secondo me sarebbe ora di... (Fa un gesto, per dire: «Scambiarci la camera»).

GUIDO ‑ (guarda l'ora) Sì, prima che qui ci sia «movimento». Prendo la valigia (Esce a sinistra).

LETIZIA - L’ importante è che, dopo la confusione della «caccia al leone» di ieri sera, ciascuno risulti rientrato in camera sua.

GUIDO ‑ (entra da sinistra, portando la valigia) Svelte!... Procediamo. (Va verso destra, seguito da).

MIRELLA ‑ (che sospira) Con questa storia non ce la faccio più. (Ed esce a destra con Guido).

LETIZIA ‑ (s'avvia verso sinistra, ma poi si ferma, perché).

PORFIRIO ‑ (entra dal fondo e la chiama) Letizia.

LETIZIA ‑ Oh, Porfirio!... Hai dormito bene?

PORFIRIO ‑ Non ho chiuso occhio.

LETIZIA ‑ Preoccupato per Raimondo?

PORFIRIO ‑ No! Preoccupato per.. te.

LETIZIA ‑ Per me?!?... (Porfirio annuisce) lo sto benissimo.

PORFIRIO ‑ Incredibile, visto che sei... (sprezzante) ... moglie di «quel tale».

LETIZIA ‑ Guido è buono, sincero.

GUIDO ‑ (entra da destra, ma avendo visto Porfirio rientrerebbe. Però).

PORFIRIO ‑ (lo ferma, apostrofandolo) Venga, avvocato «buono e sincero»!... (Guido avanza di qualche passo, e Porfirio si rivolge a Letizia con tono accusatore) Hai visto da dove è uscito?

LETIZIA ‑ Ah, sì. L' ho mandato io da Mirella.

PORFIRIO ‑ (minaccioso) Non dirmi a prenderti compresse per l'emicrania, eh?...

LETIZIA ‑ (scrolla la testa) Solamente a chiamarla.

PORFIRIO ‑ (testardo) Allora aspettiamola!

GUIDO ‑ Ho da fare nello studio. (Esce al fondo).

PORFIRIO ‑ E quello (indica verso il fondo) se la svigna! (Minaccioso) Ma tu... Tu non dirmi che... Chiamiamolo «l'interesse» di tuo marito per mia figlia ti è indifferente!

LETIZIA ‑ (con la massima semplicità) Non lo dico.

PORFIRIO ‑ (lieto, deciso) Dunque divorzia!

LETIZIA ‑ (offesa) Prego!... lo sono da sempre, e profondamente, «antidivorzista».

PORFIRIO ‑ (implora) Fuggi con me.

LETIZIA ‑ Mai!...

PORFIRIO ‑ (C. s.) Ricordi, cara Letizia, quanto ti ho detto ieri mattina?

LETIZIA ‑ (ipocrita) No. Non ricordo.

PORFIRIO ‑ Te lo ripeto!... Sono quindici anni, da quando è mancato tuo marito, che io faccio il medesimo sogno.

LETIZIA ‑ (C. s.) Se è come vedere sempre il medesimo film, dev'essere noioso.

PORFIRIO ‑ (sbotta) Sogno a occhi aperti di sposarti!

LETIZIA - (C. s.) Cambia il «programma‑sogno», giacché è irrealizzabile.

PORFIRIO ‑ (implora) Dimmi almeno, per favore Se tu fossi «libera» mi sposeresti?

LETIZIA ‑ (esita un attimo, poi annuisce).

PORFIRIO ‑ (felice) Oh, tesoro! (Fa l'atto di abbracciarla).

LETIZIA ‑ (Lo respinge) No!

PORFIRIO ‑ (deluso) Mi addolora, ma capisco… Esiste un marito.

LETIZIA ‑ (sorride. Quindi, evidentemente divertita, come lo sarà per tutto il dialogo seguente) Hai fiducia in me?

PORFIRIO ‑ Totale e immensa.

LETIZIA ‑ Quindi non agitarti. (Misteriosa) Aspetta e sarò tua moglie.

PORFIRIO ‑ Campa cavallo! Guido è giovane e in ottima salute.

LETIZIA ‑ Eppure io sarò libera entro oggi! 

PORFIRIO ‑ (disorientato) Ma tuo marito?

LETIZIA ‑ Per me è morto.

PORFIRIO ‑ (ironico) Però «morto che parla».

LETIZIA ‑ Presto non parlerà più.

PORFIRIO ‑ (allarmato e impressionato, come lo sarà sempre di più) Che intendi dire?

LETIZIA – Vedrai…  (Misteriosa, scandisce) Scom‑pa‑ri‑rà.

PORFIRIO ‑ Come  (Ripete col tono di Letizia)  «scom‑pa-ri‑rà»?

LETIZIA ‑ Mi disfarò di lui.

PORFIRIO ‑ Letizia!  Che vuoi dire?

LETIZIA ‑ Semplice!  Voglio dire che fra poco sarò vedova.

PORFIRIO ‑ Non‑non  Non facciamo scherzi.

LETIZIA ‑ Altro che scherzi! E’ la verità.

PORFIRIO ‑ Letizia, tu perdi la testa!

LETIZIA ‑ Stai tranquillo Qui non c'è la pena di morte. (Con slancio teatrale) Addio, marito numero due!

PORFIRIO ‑ Per carità! lo chiamo la polizia, i carabinieri, i vigili urbani. (Implora) Dimmi che stai scherzando.

LETIZIA - Non ho mai parlato tanto sul serio! Peraltro questo marito me l'hanno affibbiato contro la mia volontà.

PORFIRIO ‑ (indignato) Chi ha avuto il coraggio di…

LETIZIA ‑ (interrompe) E’ una storia lunga e complicata. Ma finalmente me ne disfarò una volta per sempre!

PORFIRIO ‑ (tormentato) Non so più cosa dire, cosa fare. Io…

LETIZIA ‑ (interrompe) Tu sarai il testimone oculare!

PORFIRIO ‑ (asciugandosi il sudore della fronte) Letizia! Sei impazzita?

LETIZIA ‑ Hai detto che mi vuoi sposare?

PORFIRIO ‑ L' ho detto, ma…

LETIZIA ‑ (interrompe) Non ci sono «ma»! (comicamente sentimentale) Presto, mio caro Gerolamo‑Porfirio, saremo…

PORFIRIO ‑ (continua tempestivo, con un nodo in gola)  …in galera!

LETIZIA ‑ Dovresti essere contento.

PORFIRIO ‑ Di prendermi l'ergastolo?

LETIZIA ‑ Di eliminare Guido, mio marito, e di conseguenza liberare tua figlia dalla sua corte, asfissiante e perico­losa.

PORFIRIO ‑ (quasi convinto) Già… Non ci avevo pensato.

LETIZIA ‑ Inoltre avrà dei preziosi vantaggi anche il doma­tore che magari, finalmente, diventerà tuo genero, come desideri.

PORFIRIO ‑ (C. S.) Sì sì… (Poi disperato) Ma senza morto, diamine!

ORLANDO ‑ (entra agitatissimo dal fondo, urlando) Hanno rapito mia figlia! Hanno rapito Silvia!

LETIZIA ‑ Si calmi, Conte L'ha cercata, e fatta cercare, in tutta la villa?

ORLANDO ‑ (annuisce)  pure nelle cantine, dove non scen­de mai. Dappertutto, insomma!

PORFIRIO - Lei dov'era?

ORLANDO ‑ Nel mio studio, a parlare con gli antenati.

LETIZIA ‑ (sorpresa) Sarebbero venuti a trovarla?

ORLANDO ‑ Ho detto «parlare», per significare che «pensa­vo» intensamente a loro. (Riflette) Però… (E tace).

LETIZIA ‑ Dica.

ORLANDO ‑ Con quanto succede in questa villa, a cento metri dalla mia (Rivolto a Porfirio) Lei ne sa qualcosa. (ALetizia) Non mi stupirei se anche da me, qualche mio antenato (Agita le braccia, per significare « Volasse»)  a trovarmi.

LETIZIA ‑ (gentile e materna, a Orlando) Per caso, cercando sua figlia, ha battuto la testa contro un muro?

ORLANDO ‑ (risentito) Mi credono pazzo?

PORFIRIO ‑ Certamente no. Tuttavia lei, sovente, è un po' strambo.

ORLANDO ‑ (offeso) Strambo sarà lei! lo sono cosciente e consapevole ventiquattr'ore su ventiquattro.

LETIZIA ‑ (ironica) Pure quando dorme?

ORLANDO ‑ Infine, loro mi prendono per cretino? Per esempio, signora, mi dica: «Dov'è suo marito?».

LETIZIA - E’ andato di sopra.

ORLANDO ‑ (impressionato) Di nuovo?!?

LETIZIA ‑ (annuisce)  tutte le volte che vuole.

ORLANDO ‑ (C. s.) Ed è andato a piedi, o…? (Agita le braccia, per significare « Volando»).

LETIZIA ‑ (ride) A piedi, naturalmente. Solo quando va lontano «vola».

ORLANDO ‑ (C. s.) Co‑co… Co‑come vola?

LETIZIA ‑ In aereo.

ORLANDO ‑ (ebete) Ah, ecco... Quando lei viaggia, lui, per non stancarsi, prende l'aereo.

PORFIRIO ‑ (il quale ha assistito al dialogo, trattenendo a stento le risa, interviene) Basta con queste sciocchezze! Pensi a sua figlia scomparsa.

ORLANDO ‑ Ha ragione! (Torna in sé, e si agita) Non c'è dubbio che l'hanno sequestrata! E (impressionato) ... da un momento all'altro telefoneranno per chiedere il riscatto. (Squilla il telefono. Orlando sussulta e si portauna mano al petto) Sono loro!

LETIZIA - E’ il mio telefono. (Va a rispondere all'apparecchio).

ORLANDO ‑ (sottovoce a Porfirio) Sui giornali si legge che i sequestratori telefonano ad altri, per sfuggire ai controlli.

LETIZIA ‑ (al telefono) Pronto Mi spiace, ha sbagliato nu­mero. (Posa il ricevitore e ritorna accanto ai due) Era un errore.

ORLANDO ‑ Invece sarà stata una prova!  Era un uomo o una donna?

LETIZIA ‑ Un uomo, un po' rauco.

ORLANDO ‑ Per «mascherare» la voce!  Cosa le ha chie­sto?

LETIZIA ‑ Se era casa Pesce. (Ride) M'è venuto da rispon­dergli: «Casa Pesce, no. Leone, sì».

ELVIRA ‑ (entra dal fondo, spiacente di vedere Orlando, a cui si rivolge) Lei è qui?

ORLANDO ‑ Non mi vede?

ELVIRA ‑ (furba) E’ sicuro che nella sua villa sia tutto a po­sto?

ORLANDO ‑ (allarmato) Perché? Cos'ha visto?

ELVIRA ‑ Un po' di fumo

ORLANDO ‑ (C. s.) Do‑dove?

ELVIRA ‑ Mah! Usciva da una finestra.

ORLANDO ‑ (sussulta, disperato) Saranno sequestratori‑in­cendiari! (Esce al fondo, urlando) Pompieri! Poli­

zia! Carabinieri!

ELVIRA ‑ (maliziosa, ai due) Non è mica vero. Volevo sola­mente che andasse via.

LETIZIA ‑ Per quale motivo?

ELVIRA ‑ (confidenziale) Silvia e Raimondo desiderano par­lare con loro (indica Letizia e Porfirio) «Solo» con loro.

PORFIRIO ‑ Dove sono?

ELVIRA ‑ Nascosti nello sgabuzzino. E’ stata una mia idea. Li mando subito qui. (Esce al fondo).

PORFIRIO ‑ Che vorranno?

ELVIRA ‑ Non è difficile immaginarlo. Raimondo vorrà la tua approvazione, per sposare chi gli piace. Silvia, forse, chiederà il nostro aiuto per convincere il padre.

RAIMONDO e SILVIA ‑ (entrano dal fondo, mogi).

LETIZIA ‑ (affettuosa) Suvvia, ragazzi! Sorridete!

SILVIA - E’ una parola, signora.

RAIMONDO ‑ (dopo lieve esitazione, deciso) Inutile tergiversare! lo voglio bene al direttore come a un padre. Silvia vuole bene a lei come una madre… Parliamoci chiaro!

PORFIRIO ‑ (sincero) Finalmente ti riconosco! Coraggioso e sincero. Dimmi cosa vuoi.

RAIMONDO ‑ Per me l'onore di continuare a lavorare nel tuo Circo. Per lei (indica Silvia) la vostra collaborazione, affinché il Conte si convinca che un genero domatore non nfanga né lui, né i suoi antenati.

PORFIRIO ‑ (a Letizia) Che facciamo?

LETIZIA ‑ Be', siccome io so come prendere il Conte, gli parlerò io.

PORFIRIO ‑ (geloso) In mia presenza!

LETIZIA ‑ Nossignore!

PORFIRIO ‑ (rassegnato) Pazienza.

LETIZIA ‑ (dolce) Guasteresti l'atmosfera.

PORFIRIO ‑ (seccato) Ah, perché ci sarà anche «un'atmosfera»?

LETIZIA ‑ Smettila di fare lo stupido. D'altronde tu, con il tuo carattere, non potresti mai fare «relazioni pubbli‑

che». (Decisa) Comunque a lui (indica Raimondo) pensaci tu.

PORFIRIO ‑ (burbero) Oh, non c'è mica tanto da pensare. Io ho una parola sola! (Rivolto a Raimondo) E tu non illuderti, perché hai detto che mi vuoi bene come a un padre! lo non mi faccio commuovere! Sono tutto d'un pezzo,io! Perciò (Cambia espressione. Sorride, apre le braccia verso Raimondo e gli dice, commosso) Chiamami «papà».

RAIMONDO ‑ (felice ed emozionato, si getta fra le braccia di Porfirio) Grazie «papà»! (Si scioglie all'abbraccio, mentre).

ORLANDO ‑ (entra dal fondo,agitato. Poi vede Silvia) Sei qui, tesoro? (Abbraccia Silvia, poi si scioglie dall'abbraccio) Non usciva fumo da alcuna finestra.

LETIZIA ‑ (con intenzione si rivolge a Porfirio, Silvia e Rai­mondo) Andate a fare due passi in giardino.

PORFIRIO ‑ (sbuffa) Uff…

LETIZIA ‑ Vi prego.

PORFIRIO ‑ (ai giovani) Purtroppo dobbiamo accontentarla.

(Ed esce al fondo,seguito da Silvia e Raimondo, borbot­tando) E’una testarda, quella….

ORLANDO ‑ (lusingato) Ho capito, signora, che voleva ri­manere sola con me. Ebbene, anche se quel direttore diCirco mi piace poco.Cioè! Non mi piace affatto, mi consideri ai suoi ordini!

LETIZIA ‑ Per la verità, Conte, non ho nulla da «ordinarle».

ORLANDO ‑ Comunque (Fa un lieve inchino col capo)  a sua disposizione.

LETIZIA ‑ Grazie. (Lieve pausa) Lei, dunque, è «nobile».

ORLANDO ‑ (annuisce)  con prove inconfutabili.

LETIZIA ‑ Per questa ragione converrà che la «nobiltà» non è solamente quella documentata dall'Istituto Araldico.

ORLANDO ‑ Approvo.

LETIZIA ‑ Del resto è altrettanto Diciamo «valorosa» la nobiltà «d'animo», ovvero degli affetti, del cuore, della generosità verso il prossimo…

ORLANDO ‑ L' ho sempre saputo!

LETIZIA ‑ Meglio. Poiché è giunto il momento in cui dovrà metterla in pratica.

ORLANDO ‑ Non ho mai fatto male ad alcuno.

LETIZIA ‑ Ma per lei, caro Conte, è giunta l'ora di fare «an­che» del bene.

ORLANDO ‑ A chi?

LETIZIA - A una creatura molto vicina, dunque addirittura con gioia.

ORLANDO ‑ Ahiahi Sento puzza di domatore.

LETIZIA ‑ Dovrebbe anche sentire «profumo» di sua figlia.

ORLANDO ‑ Le ripeto quanto le ho detto ieri dopo cena.Cioè «mai»!

LETIZIA ‑ Mi spiace, più che per Silvia, per «lei».

ORLANDO ‑ (allarmato) Pe‑perché?

LETIZIA ‑ La perderà.

ORLANDO ‑ Impossibile!

LETIZIA ‑ Orsù, Conte… Se io le dicessi che le sue «attenzioni» mi lusingano, che farebbe?

ORLANDO ‑ (emozionato) Oh, signora  Mi getterei ai suoi  piedi, e…

LETIZIA ‑ (prosegue tempestivamente)…sarebbe ridicolo! E di conseguenza diventerebbe ridicola la sua nobiltà.

ORLANDO ‑ (quasi infantile) Quale colpa ho, io, se per conquistare la sua mano andrei in capo al mondo?

LETIZIA ‑ Nessuna. Ma dovrebbe comprendere che anche Silvia, con Raimondo, andrebbe in capo al mondo.

ORLANDO ‑ (piagnucola) Andrebbe in un Circo.

LETIZIA ‑ Che per lei sarebbe «il capo del mondo».

ORLANDO ‑ (confuso) Povero me! Cosa devo fare?

LETIZIA ‑ Non come i parenti di Giulietta e Romeo.

ORLANDO ‑ (impressionato) Per carità, no! (Agitato, fa qualche passo torcendosi le mani. Poi, deciso) Approvo!

LETIZIA ‑ (felice) Le darei un bacio!

ORLANDO ‑ (lusingato, porge una guancia con atteggiamento infantile) Me lo dia. (Letizia lo bacia sopra una

guancia. Poi Orlando si rabbuia, preoccupato) Rimarrò solo.

LETIZIA ‑ Chi le proibisce di seguire sua figlia?

ORLANDO - Ness… (Si riprende, allarmato) lo in un Circo?!? (Letizia sorride e annuisce) E che faccio?

LETIZIA ‑ Vedremo.

ORLANDO ‑ (sorpreso) Ah, perché ci sarà pure lei? (Letiziasorride e annuisce. Addolorato) Ha dato retta alla corte del direttore, vero?

LETIZIA ‑ (annuisce) E’ «anche» un modo per stare accanto a Mirella che sicuramente, con Guido, seguirà suo padre.

ORLANDO ‑ (batte i piedi per terra, come un bimbo capriccioso) lo! lo! lo! lo con tutti, ma solo‑solo‑solo come un cane!

LETIZIA ‑ Magari per poco.

ORLANDO ‑ Che significa?

LETIZIA ‑ Viaggiando con il Circo conoscerà centinaia di persone nel mondo intero. (Maliziosa) Chissà che non trovi… (E tace).

ORLANDO ‑ Chi?

LETIZIA ‑ Una (indica se stessa) «Letizia» migliore dell'o­riginale.

ORLANDO ‑ (interessato) Dove sarà?

LETIZIA ‑ Chi lo sa? Forse a New York, in Asia, a Londra, a Parigi, a Vienna, o nel Paraguay!

PORFIRIO ‑ (entra dal fondo, nervoso) Chi è nei guai?

LETIZIA ‑ Ho detto «Paraguay».

PORFIRIO ‑ Lo conosco! E’ vero che si chiama «PARA­guay», ma non ne «PARA» neanche uno! Avete finito,voi?

LETIZIA ‑ Sì. Dove sono Silvia e Raimondo?

PORFIRIO ‑ In giardino, vicino a «Brick».

LETIZIA ‑ (dolce, a Porfirio) Vada da loro E sia più «nobi­le» dei suoi antenati.

ORLANDO - (rassegnato, allarga le braccia ed esce al fondo)­

PORFIRIO - (indica al fondo, ironico) Va alla ghigliottina?

LETIZIA ‑ No, caro. Va a fare «il papà» sul serio.

PORFIRIO ‑ Per la verità non mi è mica antipatico E mi di­verte quando si mette a… (agita le braccia, per significa­re «Volare»).

LETIZIA ‑ (stupita) Vorrebbe volare? (Porfirio annuisce) Dove?

PORFIRIO ‑ Questo non lo so.

GUIDO ‑ (entra dal fondo, malinconico) Spero di non di­sturbare.

PORFIRIO ‑ (seccato) S'immagini! Ci mancava.

MIRELLA ‑ (entra da destra. Sorpresa e imbarazzata di ve­dere i tre, dice) Avete già fatto colazione? (I tre annui­scono) Anch'io.

LETIZIA ‑ (allegra) Che bel discorso!... (A Guido e Mirella)Tuttavia rimanete, perché devo dire qualcosa a lui (indica Porfirio).

PORFIRIO ‑ Sono tutt'orecchi.

LETIZIA ‑ Direi che è appena difficile cominciare. (Dopo un momento di riflessione, decisa) Porfirio, io ho mantenuto la parola!

PORFIRIO ‑ (preoccupato) Quale?

LETIZIA ‑ Mi sono disfatta di mio marito!

PORFIRIO ‑ (sussulta, allarmato) E‑e… E‑eee lo dici dinanzi a lui? (indica Guido).

LETIZIA ‑ (divertita) Non ho paura! Insomma, Porfirio, io adesso sono vedova e ti posso sposare.

PORFIRIO ‑ (disorientato) Ma lui… (indica Guido)  è qui.

LETIZIA ‑ Eppure mi sono disfatta di mio marito, e in questo momento lo restituisco alla sua (indica Mirella) 

«legittima proprietaria», ovvero a «sua moglie».

PORFIRIO ‑ (barcolla, prontamente sostenuto dai tre che gli sorridono. Egli, con espressione ebete, se li guarda accanto, accenna un sorriso sciocco e dice) L'avevo capito subito. (I tre scoppiano in una risata e gli rimangono accanto. Porftrío scrolla la testa) Non avevo capito niente. (A Mirella) Da quanto sei sposata con lui? (indicaGuido).

MIRELLA ‑ Una settimana.

PORFIRIO ‑ (rimane un momento assorto, poi sospira) Ma sì! (Allarga le braccia verso Mirella e Guido) Venite,figli miei! (I due lo abbracciano).

GUIDO ‑ (toglie di tasca la fede e la porge a Mirella) E’ tua…

MIRELLA ‑ (la prende, la mette al dito e la bacia) E’ «nostra».

LETIZIA ‑ (applaude) Evviva Porfirio Solerosa e gli sposi!

GUIDO ‑ (a Porfirio, affettuoso) Ci perdoni «papà»?

PORFIRIO ‑ Nooo! (Stupore degli altri. Porfirio sorride, sincero) Vi ringrazio! Sissignori! Perché avete «libe‑

 rato» (indica Letizia, mentre dal fondo entrano).

ORLANDO, SILVIA e RAIMONDO ‑ (sorridenti. Orlando è fra i due).

PORFIRIO ‑ (li indica, allegramente) Che bel «tris»!

ORLANDO ‑ (s'allontana dai giovani) Vogliate scusarmi tutti!

LETIZIA ‑ Non ha nulla da rimproverarsi.

ORLANDO ‑ Molto, invece. Silvia mi ha spiegato la situazio­ne, e ho capito che mi sono comportato da sciocco.

PORFIRIO ‑ (sincero) No, caro Conte. D'altronde ci sono «caduto» anch'io. Ma per fortuna, adesso, ciascuno ha ri­preso il suo «ruolo».

LETIZIA ‑ (allegra) Ehi, Porfirio!  Lo sai che verremo tutti con te?

PORFIRIO ‑ (sincero) Benissimo!  Nel mio Circo c'è posto per tutti. (Deciso, a chi nominerà) Guido! Tu sarai l'am­ministratore. Letizia! Tu sarai la «riverita» moglie del proprietario e direttore. Silvia! Tu sorveglierai il mon­taggio della gabbia in cui lavorerà tuo marito. Mirella! Tu (Sentimentale e affettuoso) Tu, figlia mia, avrai un solo e importantissimo compito.

MIRELLA ‑ Quale, papà?

PORFIRIO ‑ Mi farai nonno al più presto, con numerosi «bis»!

ORLANDO ‑ (timido) E io? Che farò?

PORFIRIO ‑ Caro «Conte di Biancospino», con la sua‑tua presenza darai classe e lustro a quello che sarà «il

nostro» Circo.

ORLANDO ‑ (C. s.) Non saprei come

PORFIRIO ‑ (interrompe) Sarai addetto alle «pubbliche rela­zioni». Ve l'immaginate l'invidia degli altri quando sa­pranno che la nostra «immagine» è curata da un «aristo­cratico»? Non l'aveva neppure il grande Bàrnum!

MIRELLA ‑ Noi avremo dei carrozzoni «speciali»?

PORFIRIO ‑ No!

LETIZIA - (affettuosamente minacciosa) Hai detto «no»?!?...

PORFIRIO ‑ (burbero) E lo ripeto! (Cambia espressione, stringendosi sottobraccio a Letizia) I «soci» (con un

gesto circolare indica tutti e se stesso)  del Circo Uni­verso alloggeranno sempre in Grand‑Hótel a cinque stelle in qualsiasi parte del Globo!

TUTTI ‑ (applaudono Porfirio).

PORFIRIO ‑ E vi ringrazio di cuore, perché ho imparato una cosa molto importante.

GLI ALTRI ‑ Quale?

PORFIRIO ‑ Che non bisogna mai mettere IL DITO TRA (indica Mirella e Guido) MOGLIE E MARITO. Sennò succede un putiferio! (Ride con gli altri) Alé!... Tutti ai bagagli!

TUTTI ‑ (fanno l'atto di avviarsi verso il fondo, ma si fermano, perché appare).

ELVIRA ‑ (in abito da viaggio un po'ridicolo, con cappellino, e una valigia in mano, che esclama) Vengo anch'io!

GLI ALTRI ‑ (sconcertati, si guardano).

ELVIRA ‑ (decisa) Se non vengo anch'io, non viene neppure il leone!

PORFIRIO ‑ (preoccupato) Come sarebbe a dire?

ELVIRA ‑ (C. s.) «Brick» in gabbia l'ho nascosto in un posto che non troverete mai!

RAIMONDO ‑ Dove?... Per carità ce lo dica.

ELVIRA ‑ (C. s.) L'ho messo... (Sorride e indica la platea) Là!

ORLANDO ‑ (come faranno tutti gli altri, sorridente si rivolge al pubblico ed esclama) Non si spaventino!

LETIZIA ‑ «Brick» è buono!

RAIMONDO ‑ Non farebbe male a una mosca!

SILVIA ‑ E un gattino un po' cresciuto!

GUIDO ‑ Basta dargli il biberon!

MIRELLA - E’ come un giocattolo!

PORFIRIO ‑ (sempre rivolto al pubblico, cordiale) Del resto, gentili signore e signori, un leone è roba da niente, soprattutto per loro che hanno «sopportato» noi.

TUTTI ‑(urlano) Grazie! (E applaudono il pubblico, mentre il sipario si chiude).

FINE DELLA COMMEDIA