Il divo Garry

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Noël Coward

Noël Coward

IL DIVO GARRY

(Present Laughter)

Commedia leggera in tre atti

traduzione di

Masolino d’Amico

giugno 2007

PERSONAGGI

Garry Essendine

Liz Essendine

Morris Dixon

Henry Lippiatt

Joanna Lippiatt

Monica Reed

Fred

Miss Erikson

Daphne Stillington

Lady Saltburn

Roland Maule

L’azione si svolge nello studio di GARRY ESSENDINE, a Londra.

ATTO I                                  Mattina.

ATTO II                                 Scena I. Sera. Tre giorni dopo.

Scena II. La mattina seguente.

           

ATTO III                               Sera. Una settimana dopo.

Tempo:                                   Oggi

ATTO I

La scena è lo studio di GARRY ESSENDINE, a Londra. A destra c’è una porta che dà nella camera da letto per gli ospiti. Oltre questa c’è una alcova con un ingresso che conduce alla porta dell’appartamento. A sinistra di questa c’è una scala che conduce alla camera da letto di GARRY. Sotto la scala c’è una porta di servizio, oltre questa c’è un’ampia finestra, quindi un’altra porta che dà nell’ufficio. Avanti sulla destra c’è un camino. L’arredamento è confortevole, anche se un tantino eccentrico. Alla levata del sipario sono circa le 10.30 del mattino. Lo studio è in penombra perché le tende sono chiuse.

Entra DAPHNE STILLINGTON, dalla stanza per gli ospiti. E’ una ragazza carina sui ventitré o ventiquattr’anni. Indossa una veste da camera e un pigiama maschili. Si aggira per la stanza finché non trova un telefono, e allora, quasi furtivamente, compone un numero.

DAPHNE

(al telefono). Pronto… pronto! Sei tu, Saunders? Mi passi  la signorina Cynthia? …Va bene, aspetto… pronto… Cynthia, tesoro, sono Daphne… sì… sei sola? Ascolta.

Sono dove sai… Ebbene sì… No, non si è ancora svegliato… Ancora non si è vista anima viva… No, nella camera degli ospiti. Mi sono alzata in questo momento, non mi sono nemmeno vestita… Ora però devo smettere, può entrare qualcuno… Senti, se chiamano

da casa, digli che sono da te… Giuramelo! …Tesoro avevi promesso…

Be’, semmai gli dici che sono in bagno o qualcosa del genere… Ma sì, tempo di vestirmi, diciamo tra un’oretta … Si capisce… Certo che ti poi ti racconto tutto, non vedo l’ora… D’accordo.

Riattacca e va verso la porta di servizio. C’è quasi arrivata quando da questa entra MISS ERIKSON. MISS ERIKSON è una governante svedese, magra dall’aria vaga.

Indossa un camice di cinz, guanti e delle ciabatte molto logore. Fuma una sigaretta.

DAPHNE

(un po’ nervosa). Buongiorno.

MISS E.

(senza mostrare la minima sorpresa). Buongiorno.

Va alla finestra e apre le tende.

DAPHNE

(andandole dietro). A che ora si fa chiamare il signor Essendine?

MISS E.

Suonerà lui.

DAPHNE.

E di solito a che ora suona?

MISS B.

Dipende da a che ora è andato a letto.

Va al caminetto. DAPHNE le va dietro.

DAPHNE

(parlando in fretta). Forse abbiamo fatto un po’ tardi ieri sera vede eravamo a un party e molto carinamente il signor Essendine ha detto che mi dava un passaggio fino a casa ma poi mi sono accorta che mi ero scordata la chiave e siccome non potevo farmi sentire dalle persone di servizio che dormono tutti all’ultimo piano insomma il signor Essendine ha detto che potevo dormire qui e… e così è stato.

MISS B.

Se avete fatto così tardi probabilmente dormirà fino al pomeriggio.

DAPHNE.

Oh Dio. Non lo può chiamare?

MISS E.

Purtroppo no. Abbiamo l’ordine di non chiamarlo mai.

DAPHNE.

Be’, crede che potrei avere un caffè o un succo d’arancio o qualcosa del genere?

MISS E.

Vediamo.

Esce dalla porta di servizio.

DAPHNE rimasta sola si siede abbastanza abbattuta sul bordo del divano.

Dopo qualche momento entra FRED. FRED è il cameriere personale di GARRY. E’ vestito con eleganza, con una giacca nera di alpaca.

DAPHNE si alza in piedi.

DAPHNE. Buongiorno.

FRED. Buongiorno.

DAPHNE. Lei ha un’idea di quando si sveglia il signor Essendine?

FRED. Ogni ipotesi è buona, non ha lasciato scritto niente.

DAPHNE. Non potrebbe chiamarlo? Sono quasi le undici.

FRED. Quando lo svegliamo senza volere viene giù tutta la casa, figuriamoci a chiamarlo apposta.

DAPHNE.

Be’, crede che potrei avere un po’ di colazione?

FRED. Cosa le va?

DAPHNE. Caffè, per favore, e un succo d’arancio.

FRED. Aggiudicato.                                                                                                           FRED esce.

DAPHNE gironzola qua e là e da ultimo si rimette sul divano.

Entra dall’ingresso MONICA REED, segretaria di GARRY. Indossa soprabito e cappello e ha in mano un fascio di lettere. MONICA è una donna gradevole, alquanto austera, che ha passato da poco la quarantina.

DAPHNE. Buongiorno.

MONICA. Buongiorno. Sono la segretaria del signor Essendine. Posso esserle utile?

DAPHNE.

Ecco, è un tantino imbarazzante… capisce, ieri sera il signor Essendine mi ha accompagnata a casa dopo un party e io come una scema mi ero scordata la chiave e così lui molto carinamente ha detto che potevo restare qui… nella stanza degli ospiti.

MONICA.     Spero che non abbia avuto freddo.

DAPHNE.     Oh, no, per niente, grazie.

MONICA.     Ci sono certi spifferi gelati, nella stanza degli ospiti.

DAPHNE.     Ho tenuto accesa la stufa.

MONICA.     Ha fatto bene.

DAPHNE.     E ora mi domandavo se qualcuno poteva dire al signor Essendine che… be’… sono

                       qui.

MONICA.     Quando si sveglierà se lo ricorderà, immagino.

DAPHNE.     Ma quando si sveglierà, secondo lei?

MONICA.     Impossibile dirlo. Se non ha lasciato istruzioni precise di svegliarlo è capace di

                        dormire all’infinito.

DAPHNE.     Non vorrei ringraziato. andare via senza averlo salutato e

MONICA.     DAPHNE. Al suo posto io mangerei qualcosa, mi vestirei e se a quel punto non si

sarà svegliato gli lascerei due righe.

Ha chiesto la colazione? Sì, credo che quell’uomo me la stia portando.

MONICA.     Lo conosce da molto tempo, il signor Essendine?

DAPHNE.     Be’, no, non esattamente… voglio dire, naturalmente lo conosco da sempre, nel

senso che so chi è, e lo trovo stupendo, ma di fatto ci siamo presentati per la prima

volta ieri sera al party di Maureen Jarratt.

MONICA      (ironica).Capisco.

DAPHNE.     Trovo che sia ancora più affascinante nella vita che in scena, e lei?

MONICA      (con un lieve sorriso). Ancora non sono riuscita a decidere.

DAPHNE.     E’ con lui da molto tempo?

MONICA.     Vado per i diciassette anni.

DAPHNE      (con entusiasmo). Che meraviglia! Lo conoscerà meglio di chiunque altro.

MONICA.     Meglio della maggior parte, anche se meno intimamente di qualcuno.

DAPHNE.     E’ felice, secondo lei? Voglio dire, felice davvero.

MONICA.     Non credo di averglielo mai domandato.

DAPHNE.     Ogni tanto ha lo sguardo triste.

MONICA.     Ah, ci ha fatto caso?

DAPHNE.     Ieri sera abbiamo parlato per delle. Mi ha raccontato dei suoi inizi, di quanto ha

dovuto lottare nei primi tempi.

MONICA.     Per caso non le ha detto che la vita gli sta passando accanto?

DAPHNE.     Mi sembra che abbia detto qualcosa del genere.

MONICA      (togliendosi soprabito e cappello). Gesù!

DAPHNE.     Perché?

MONICA.     Era solo una curiosità.

DAPHNE.     Lei non sa quanto la invidio, che lavora per lui, ma chissà quanti glielo dicono.

Dev’essere un paradiso.

MONICA.     Di sicuro non ci si annoia.

DAPHNE.     Non mi giudicherà male per il fatto che ho passato la notte qui… voglio dire, visto da

                        fuori non fa una bella impressione,vero?

MONICA.     Be’, a dire la verità, signorina… signorina…?

DAPHNE.     Stillington. Daphne Stillington.

MONICA.     Signorina Stillington… non sono affari miei, le pare?

DAPHNE.     No, si capisce, ma non vorrei che pensasse…

MONICA.     Diciassette anni sono tanti, signorina Stillington. Ho smesso di pensare a quelle cose

lì nella primavera del millenovecentoventidue.

DAPHNE.     Ah, capisco.

Entra FRED dalla porta di servizio con un vassoio con caffè, succo d’arancia e pane tostato.

FRED.           Mangia qui, signorina, o in camera da letto?

DAPHNE.     Qui, grazie.

MONICA.     Io veramente direi che starebbe più comoda in camera da letto. Lo studio diventa un

            po’ caotico verso le undici. Arriva gente, il telefono si mette a squillare…

DAPHNE.     Va bene.

MONICA.     Appena si sveglia l’avverto.

DAPHNE.     Grazie infinite.

FRED            porta il vassoio nella stanza degli ospiti.

DAPHNE      lo segue.

MONICA      entra nell’ufficio e ne riesce incontrando FRED che sbuca dalla stanza degli ospiti.

MONICA.     C’è una saponetta in quel bagno?

FRED.           Sì, ma il rubinetto fa i capricci. Lo puoi girare fino alla consumazione dei secoli.

MONICA.     Glielo hai detto?

FRED.           Se ne accorgerà da sola.

MONICA.     Meglio se le mandi Miss Erikson.

FRED.           E’ andata dal droghiere, ma appena torna glielo dico.

MONICA.     Eri qui ieri sera?

FRED.           No. Per me è una novità.

MONICA.     Se a mezzogiorno non ha ancora suonato sarà il caso di svegliarlo.

FRED.           Si ricorda cosa è successo l’ultima volta?!

MONICA.     E’ un caso di forza maggiore. E poi ha una colazione fuori.

FRED.           Be’, se poi scoppia il pandemonio non dia la colpa a me.

In questo momento GARY ESSENDINE appare in cima alla scala. E’ in pigiama e ha i GARY ESSENDINE appare in cima alla scala. E’ in pigiama e ha i capelli spettinati.

GARY           (furibondo). La cosa non interesserà a nessuno, ma io dormivo come un angelo e

 sono stato svegliato da urla di indemoniati! Si può sapere che succede?

MONICA.     Stavo parlando con la signorina Stillington.

GARY.          E chi diavolo è la signorina Stillington?

MONICA.     E’ nella stanza degli ospiti.

GARRY        (scendendo la scala). Non ho chiesto dov’è, ho chiesto chi è!

MONICA.     Possiamo guardare sull’elenco.

FRED.           Si era scordata la chiave di casa, se capisce quello che voglio dire.

GARRY.       Fred, tu vai via e portami del caffè.

FRED.           Aggiudicato.

GARRY.       E non dire “aggiudicato”.

FRED.           Molto bene, signore. (Esce.)

MONICA.     L’hai incontrata a un party e te la sei portata dietro e le hai detto quanto hai dovuto

lottare nei primi tempi e ha passato la notte qui.

GARRY.       E’ un amore. Ora mi ricordo. Sono pazzo di lei. Come hai detto che si chiama?

MONICA.     Stillington. Daphne Stillington.

GARRY.       Daphne lo sapevo, ma non avevo la minima idea che fosse Stillington. Che effetto ti

ha fatto?

MONICA.     Pervicace.

GARRY.       Poverina. L’hai trattata bene, almeno? Le hanno dato qualcosa da mangiare?

MONICA.     Fred le ha portato del caffè e del succo d’arancioFred le ha portato del caffè e del

succo d’arancio.

GARRY.       E ora che fa?

MONICA.     Non lo so, lo starà bevendo.

GARRY.       E’ terribile, eh? Che dobbiamo fare?

MONICA.     Lei ti vuole salutare e ringraziare.

GARRY.       E di che?

MONICA.     Questo, caro Garry, non sono in grado di dirlo.

GARRY.       Perché non le hai detto di vestirsi chiotta chiotta e di tornarsene a casa sua? Lo sai

benissimo, qui la mattina è un inferno, con tutti che corrono da tutte le parti.

MONICA.     Potevi pensarci tu prima di invitarla a passare la notte.

GARRY.       Ha dovuto restare. Aveva perso la chiave di casa.

MONICA.     Prima trasformiamo quella stanza degli ospiti in biblioteca, e meglio è.

GARRY.       Starà piangendo come una vite tagliata.

MONICA.     Perché non vai a vedere.

GARRY.       Prestami un pettine e vado.

MONICA      (estraendo un pettine dalla borsa). Ecco qua.

GARRY        (prendendolo e andando davanti a uno specchio). Dio santissimo, dimostro novantotto

anni.

MONICA.     Non importa.

GARRY.       Tra altri due anni non avrò più un capello in testa, e allora ti dispiacerà.

MONICA.     Al contrario, non mi sembrerà vero. Quando avrai un bel parrucchino posato sulla

zucca ci saranno meno ragazzine di buona famiglia pronte a perdere la chiave

di casa per te. La vita sarà molto più semplice.

GARRY        (cogitabondo). Monica, io non porterò mai il parrucchino, dovessi diventare calvo come una palla da biliardo. Al massimo in scena potrò mettermi un frontino, ma nella

vita, mai. Intendo invecchiare con distinzione.

MONICA.     Be’, sarà un gran sollievo per tutti noi.

GARRY.       Riprenditi il tuo squallido pettinino.

MONICA      (prendendolo e rimettendolo nella borsa). Adesso vai a fare una bella scena degli addii, da bravo, e sbarazzati di lei il più velocemente possibile. Abbiamo tutta la posta da

sbrigare, e Morris arriva da un momento all’altro.

GARRY.       Non ho ancora fatto la mia ginnastica.

MONICA.     Falla dopo che è andata via.

GARRY.       Non posso entrare in pigiama in quella camera degli ospiti, è una ghiacciaia.

MONICA.     C’è la stufa accesa. E’ stata accesa tutta la notte.

GARRY.       Che spreco.

DAPHNE      entra, dalla camera degli ospiti.

DAPHNE.     Garry! Mi sembrava la tua voce.

GARRY        (con tenerezza). Mia cara!

MONICA.     Sei hai bisogno di me io sono in ufficio.

GARRY        (molto formale). Grazie, Monica.

MONICA.     Non ti dimenticherai, vero, che alle dodici meno un quarto viene il signor Roderick a parlare della tua trasmissione speciale il diciassette di questo mese?

GARRY.       No, Monica.

MONICA.     Né che alle dodici in punto viene Morris a decidere quali sostituti vuoi portarti in Africa.

GARRY.       No, Monica.

MONICA.     Né che alle dodici e mezza hai dato appuntamento al signor Roland Maule.

GARRY.       Me lo ricorderò.

MONICA.     Mi fa piacere. Arrivederci, signorina Stillington. Spero che ci rivedremo.

DAPHNE.     Arrivederci.

MONICA entra nell’ufficio e chiude fermamente la porta. DAPHNE corre incontro a GARRY e lo abbraccia.

DAPHNE      (affondandogli il viso nella spalla). Garry. Oh, Garry!

GARRY        (depositandola su una sedia). Tesoro.

DAPHNE.     Sono assurdamente felice.

GARRY.       Mi fa piacere.

DAPHNE.      E tu lo sei?

GARRY.        Felice?

DAPHNE      (prendendogli la mano). Sì.

GARRY        (recuperando gentilmente la mano e voltandosi dall’altra parte): C’è qualcosa di

 tremendamente triste nella felicità, non ti pare?

DAPHNE.     Che buffa cosa da dire.

GARRY.       Non doveva essere buffa.

DAPHNE.     Non ti fidi di me?

GARRY.       Se mi fido di te? Certo che mi fido di te. Perché non dovrei?

DAPHNE.     Sono innamorata di te da tanto tempo.

GARRY        (alzandosi). Non… non dire questo.

DAPHNE.     Perché? Cosa c’è?

GARRY.       Non amarmi troppo, Daphne! Giura che non lo farai. Servirà solo a renderti infelice. Non verrà niente di buono dall’amare uno come me – non ne sono degno, dico davvero.

DAPHNE.     Tu ne sei più degno di chiunque altro al mondo.

GARRY.       Sciocca bambina.

DAPHNE.     Non sono una bambina. Ho ventiquattr’anni.

GARRY        (sorridendo). Ventiquattro! Se solo io fossi più giovane… O magari se tu fossi più

 vecchia…

DAPHNE.     Cosa importa l’età quando due persone si amano?

GARRY.       Chissà quante volte è stata detta, questa tragica frase.

DAPHNE.

GARRY.       Ma è vero. Guardami, Daphne. Guardami, per piacere. Sinceramente e onestamente –

guarda le rughe che ho in faccia – i capelli che se ne vanno – guardami gli occhi!

DAPHNE.     Non sei poi così vecchio.

GARRY        (con una punta di asprezza). Non ho mica detto che sono tanto vecchio, Daphne. Ho

detto soltanto di guardarmi. Ho un po’ di anni, tutto qui.

DAPHNE.     E quanti saranno mai?

GARRY.       Troppi, contro ventiquattro.

DAPHNE.     Vuoi dire che non mi ami?

GARRY.       Non voglio dire niente del genere.

DAPHNE.     Mi ami? Dillo… Mi ami?

GARRY.       Ma sì, certo.

DAPHNE.     Dillo.

GARRY.       Ti amo, Daphne.

DAPHNE.     Oh, tesoro…

GARRY        (prendendole entrambe le mani tra le sue). Ma questo è un addio!

DAPHNE      (allibita). Un addio?

GARRY.        Per forza. E’ inevitabile. Non per me, mia cara, ma per te. Questa notte –

improvvisamente – è scoccata una scintilla! La fiamma è divampata – ed è stata la felicità –  una felicità intensa, meravigliosa, una cosa da ricordare per sempre…

DAPHNE      (piangendo). Sei diverso stamattina… non mi ami… non dicevi sul serio, nessuna delle cose che hai detto ieri sera.

GARRY.       La gioventù non capisce mai. Ecco la cosa più terribile della gioventù… non capisce

mai, mai.

DAPHNE      (con vivacità). Non so di cosa stai parlando.

GARRY.       Ascoltami, mia carissima. Tu non sei innamorata di me – del mio vero io. Tu sei innamorata di una illusione, dell’illusione che ti ho dato quando mi hai visto sul

palcoscenico. Questa notte ho corso un rischio terribile. Ho corso il rischio di infrangere quella cara, giovane illusione per sempre – ma non l’ho fatto – Oh,

grazie a Dio, non l’ho fatto – E’ ancora lì – te la vedo negli occhi – ma mai più – mai, mai più – è tutto quanto oso sperare ora come ora – momenti come

questa notte – per questo mi sento così solo, delle volte, così disperatamente solo – ma nella vita ho imparato una amara lezione, e questa lezione è saper dire addio…– ma nella vita ho imparato una amara lezione, e questa lezione è saper dire addio…

DAPHNE.     Ma, Garry…

GARRY.       Fammi finire…

DAPHNE.     Ma io veramente non vedo perché…

GARRY.       “Non siamo tu ed io più gli stessi Io ho il cuore pesante nel petto E tu che non lo confessi Mi guardi con qualche sospetto. Ormai ci divide il non detto.

Svanito per sempre è il momento: Un lampo che guizza e scompare

Qual fiocco di neve d’argento O raggio di sole sul mare Che l’ombra fa presto a celare…”

DAPHNE.     Ma Garry…

GARRY.       Zitta un momento, tesoro.

“Quando è così intensa la gioia Poi breve è la vita del fiore. Che almeno il ricordo non muoia: Sì, prima che regni il dolore Lasciamoci senza rancore.”

Ecco. Era Shelley. Non lo trovi bello?

DAPHNE.     Sì, ma…

GARRY.       Non c’era niente che Shelley non sapesse sull’amore, proprio niente! Tutta la tristezza, tutta la gioia, tutto l’insopportabile dolore…

DAPHNE.     Io non vedo perché l’amore dovrebb’essere così disperato.

GARRY        (ridendo amaramente). E’ perché sei giovane, mia dolce creatura – giovane e viva e avida di vita…

DAPHNE.     Questa notte hai detto che sono quella che avevi sempre cercato e che ora che mi avevi trovata non mi avresti più lasciata andare.

GARRY        (con bella semplicità). Era verissimo. Non ti lascerò andare mai più. Resterai qui nel mio cuore per sempre.

DAPHNE      (rimettendosi a piangere). Oh, Garry…

GARRY         (passandole teneramente un braccio intorno alle spalle). piangere – ti prego, ti prego –    non lo sopporto…

DAPHNE      (aggrappandoglisi). Come fai a dire che amo solo un’illusione e non il vero te…

GARRY.       Lo dico perché è vero.

DAPHNE.       Ma no – no – Qui c’era il vero te questa notte, non eri sul palcoscenico – non stavi recitando…

GARRY.       Io sto sempre recitando – non faccio che guardarmi – ecco la cosa orribile – tutto il tempo mi guardo mangiare, bere, amare, soffrire – certe volte mi sembra di impazzire…

DAPHNE.     Io potrei aiutarti, se me lo lasciassi fare.

GARRY        (alzandosi e camminando per la stanza). Sì, magari, se potessi, ma è troppo tardi…

DAPHNE.     No – giuro di no – Vedrai, te lo dimostrerò.

GARRY        (con molta calma). Ascoltami, mia cara. Non è che non ti amo, io ti amo – l’ho saputo nel primo momento in cui ti ho presa tra le braccia ieri sera, ma la mia vita non

mi appartiene – io non sono libero come tanti altri uomini, di prendere la mia felicità quando me la trovo davanti – io appartengo al mio pubblico e al mio lavoro.

Tra due settimane parto per l’Africa con un repertorio di sei commedie – ti rendi conto di cosa vuol dire? Il lavoro, la fatica, la tensione nervosa? E’ la mia professione, la sola cosa alla quale debbo restare fedele. Quando tornerò, se tornerò, ti rivedrò e saprò –

al primo sguardo – se mi avrai aspettato o no – Ti prego, ora vieni qui e baciami una volta, una volta sola, e poi vai… – al primo sguardo – se mi avrai aspettato o no – Ti prego, ora vieni qui e baciami una volta, una volta sola, e poi vai…

DAPHNE      (correndo da lui). Oh, Garry…. Oh, tesoro…

GARRY        (baciandola appassionatamente con gli occhi ben chiusi). Arrivederci, mia dolce… non addio… solo arrivederci.

Gentilmente, se la districa di dosso e va tristemente alla finestra dove rimane, evidentemente in preda all’emozione, voltandole le spalle. Lei lo guarda incerta per un momento, quindi passa piangendo nella stanza degli ospiti e chiude la porta.

Dalla porta di servizio entra FREDDY col vassoio della colazione.

FREDDY.     Il caffè lo vuole qui o di sopra?

GARRY.     Dove capita – mettilo dove ti pare.

FREDDY.     Lo avrei portato prima ma ho sentito tutti quei pianti e quei gemiti e ho pensato che era meglio aspettare.

GARRY.       Posa il vassoio, Fred, e vattene.

FREDDY.     Aggiudicato.

Posa il vassoio sul tavolo accanto al camino e esce fischiettando.

Entra dall’ufficio MONICA con un vassoio di lettere non ancora aperte.

Squilla il telefono.

GARRY        (irascibile). Dio santo, non c’è un attimo di pace – neanche un attimo di pace in nessun posto…

MONICA      (andando al telefono). L’ho passato qui perché dobbiamo vedere la posta e non posso fare avanti e indietro dall’ufficio tutto il tempo. (Al telefono.) Pronto – pronto, parla la segretaria del signor Essendine… No, al momento temo che non possa venire, vuole dire a me? …Be’, adesso è in riunione, forse sarebbe meglio se gli scrivesse… No, mi dispiace, è assolutamente impossibile… molto bene… non c’è di che. Arrivederci.

(Riattacca.)

GARRY.       Chi eraChi era?

MONICA.     Un certo signor Bramble.

GARRY.       Mai sentito nominare.

MONICA.     Dice che gli hai promesso di dare un’occhiata alla sua invenzione.

GARRY        (sedendosi al tavolino). Che invenzione?

MONICA.     Non ne ho la minima idea.

MISS ERIKSON entra dalla porta di servizio.

MISS E.         Fred dice che devo andare a parlare alla signorina.

GARRY.       Molto bene, Miss Erikson.

MISS E.         E che le devo dire?

GARRY. Veramente non saprei.

MISS E.         Sono stata dal droghiere, e…

GARRY.       Sì, può dire anche questo. Per rompere il ghiaccio.

MONICA.     Guardi che abbia tutto quello che le serve, e le apra l’acqua del bagno.

MISS E.         Purtroppo questo è impossibile, dal rubinetto non viene niente.

GARRY.       Faccia quello che può.

MISS E.         Ci proverò. (Entra nella stanza degli ospiti.)

MONICA.     Non c’è molto questa mattina. Me la sbrigo io in un momento.

GARRY.       Il caffè sa di riso al curry.

.

GARRY.       Non è grave.  Perché non abbiamo un cuoco francese, invece di una spiritualista s                        candinava?

MONICA.     Non potrai mai liberarti di Miss Erikson, lei ti venera.

GARRY.       Tutti mi venerano, è stomachevole.

MONICA.     Già, ma se poi non lo fanno, guai a loro.

GARRY.       Cosa c’è dentro quella busta celeste?

MONICA.     Sylvia Laurie, dice che deve vederti prima della tua partenza.

GARRY.       Be’, non può.

MONICA.     E ce n’è un’altra di Lady Worrall. Colazione venerdì o pranzo martedì prossimo.

GARRY.       Nessuno dei due.

MONICA      (porgendogli una lettera). Questa è meglio che la leggi tu, è di quel giovanotto che hai costretto a iscriversi all’Accademia di Belle Arti. E’ infelicissimo.

GARRY.       Non l’ho costretto, mi ha chiesto un consiglio e gliel’ho dato.

MONICA.     Be’, lui dice che le convenzioni antiquate lo bloccano, che ha perso l’ispirazione e che è tutta colpa tua.

GARRY.       Se la gente non vuole i miei consigli perché diavolo mi perseguita in questo modo?

(Le ridà la lettera.) Mettila tra le Anime Morte.

MONICA.     Bisognerà pure che le passi in rassegna, le Anime Morte, prima di partire. Stanno traboccando. Qui c’è una cartolina di cui non capisco niente.

GARRY.       Stracciala. Le persone dovrebbero, o non scrivere affatto, O scrivere in modo leggibile

MONICA.     Il che sarebbe l’ideale.

Il telefono squilla.

MONICA va a rispondere.

MONICA      (al telefono). Pronto… parla la segretaria del signor Essendine… Ah, Tony… sì, resta in linea, è qui davanti a me… E’ Tony, vuole sapere come hai trovato la commedia ieri sera…

GARRY si alza e le prende il telefono.

MISS ERIKSON entra dalla stanza degli ospiti. Le battute seguenti si sovrappongono.

GARRY        (al telefono). Tony… Bella roba! …Che le è saltato in testa a Laura, di farla? …Sì, ma non era nemmeno una bella parte… Se credono che quegli strilli e quella esagitazione significhino saper recitare, ringrazio Iddio che vado in Africa… Verso le sei, probabilmente ci sarà Liz, credo che torni oggi… d’accordo. (Riattacca.)

MONICA.     La signorina Stillington ha finito di vestirsi?

MISS E.         Quasi, ma piange, il che la rallenta un po’. Il bagno era kaput.

MONICA.     Garry, tu è meglio se vai di sopra.

GARRY.       Dov’è Fred?

MONICA.     Miss Erikson, dica a Fred che il signor Essendine vuole fare il bagno.

MISS E.         Glielo dico subito.

MISS ERIKSON esce. Dopo un momento entra FRED e va al piano di sopra.

GARRY.       Meglio se sali anche tu, possiamo finire le lettere mentre sono nella vasca.

MONICA.     Ce ne sono ancora solo due. Un invito di Gertrude Lovat, dà un ballo dei diciott’anni per quella sua figlia foruncolosa…

GARRY.       Rifiutare con garbo. (Uscendo, si volta, prevenendola) Anche l’altra.


GARRY esce

Entra di nuovo MISS ERIKSON e prende il vassoio della colazione.

Squilla il telefono. MONICA va a rispondere.

MONICA      (al telefono). Pronto… Ah, Henry… Sì, è qui, ma è appena entrato nella vasca… Oggi? Credevo che non partissi fino alla fine della settimana… Sì, certo… Non va a

colazione fino alla mezza… D’accordo, glielo dico.

MONICA riappende il telefono e prende il vassoio con le lettere.

Squilla il campanello della porta d’ingresso.

MISS ERIKSON esce dalla porta di servizio per andare ad aprire.

Si sente la voce di LIZ

VOCE DI LIZ Salve, Miss Erikson… c’è qualcuno in casa?

Dopo un momento, LIZ entra.

MISS ERIKSON la segue dentro e esce un’altra volta.

LIZ è una donna affascinante tra i trenta e i quarant’anni. E’ vestita bene ma senza ostentazione. Ha in mano due pacchetti.

LIZ.                Buongiorno, Monica, mia cara.

MONICA.     Liz! Credevamo che non tornassi prima di stasera.

LIZ.                Ho preso il traghetto, carica di doni come un maragià. Eccone uno per te.

MONICA      (prendendo il pacchetto che LIZ le dà).Che meraviglia.

LIZ.                E’ una boccetta di profumo. Costosissimo.

MONICA.     Grazie davvero, Liz, sei un amore.

LIZ.                E Dio che sta combinando?

MONICA.     E’ nella vasca.

LIZ.                Gli ho portato una vestaglia.

MONICA.     Che pensierino. Ne ha solo diciotto.

LIZ.    Non essere acida, sai che gli piace pavoneggiarsi con qualcosa di nuovo. E’ carina e leggera e adattissima all’Africa.

Posa l’altro pacchetto sul pianoforte e si toglie cappello e soprabito.

Squilla il telefono.

MONICA      (andando a rispondere). Questo maledetto ordigno non si ferma mai. Pronto – pronto… Morris? …No, è nella vasca. ..C’è Liz, se vuoi parlare con lei… sì, è appena arrivata… --Tieni, Liz, è Morris.

MONICA dà a LIZ il telefono e mentre LIZ parla apre il suo regalo.

LIZ     (al telefono). Buongiorno, caro… No, col traghetto… Sì, l’ho vista due volte, la commedia… Dovremo cambiare il finale per l’Inghilterra, ma ho parlato con Vallion e direi che accetterà tutto purché la faccia Garry… No, faccio colazione con la povera Violet, ma poi vengo

direttamente in ufficio se vuoi… Ma sì, me ne libero, non ti spaventare… D’accordo. (Riattacca.)

MONICA      (con la sua boccetta di profumo). Sembra fantastico, Liz, non l’apro finché non sono a casa.

FRED scende la scala.

LIZ.                Ciao, Fred – come vanno le cose?

FRED.           Il solito bordello, signorina.

LIZ.                Credi che potrei avere un caffè… mi sento venir meno.

FRED.           Aggiudicato, signorina.

FRED esce dalla porta di servizio.

LIZ.                Ha una bella ostinazione Fred, che continua a chiamarmi signorina.

MONICA.     Credo che abbia come un’idea che quando hai deciso di smettere di essere la moglie di Garry sei automaticamente tornata alla verginità.

LIZ.                E’ un pensiero molto grazioso.

DAPHNE esce dalla stanza degli ospiti in vestito da sera e mantello. Non piange più ma ha l’aria abbattuta. Trasalisce leggermente alla vista di LIZ.

DAPHNE.     Oh!

MONICA.     Sono desolata per il bagno, signorina Stillington.

DAPHNE.     Non fa niente.

MONICA.     Questa è la signora Essendine… la signorina Stillington.

DAPHNE.     Oh!

LIZ                 (amabile). Piacere.

DAPHNE      (costernata). La signora Essendine. Vuole dire… ossia… lei è la moglie di Garry?

LIZ.                Sì.

DAPHNE.     Ah – credevo che fosse divorziato.

LIZ.                Non ci siamo mai veramente decisi.

DAPHNE.     Ah. Capisco.

LIZ.                Però non si agiti, la prego. Un bel giorno lo piantai in asso, vari anni fa.

MONICA      (con una punta di malignità). La signorina Stillington ha perso la chiave di casa ieri sera, e così ha dormito nella stanza degli ospiti.

LIZ                 (a DAPHNE). Poverina, si sarà congelata.

DAPHNE.     Crede che potrei chiamare un taxi?

MONICA.     Glielo chiamo io.


LIZ.                No, aspetti, c’è la mia auto al portone. La può portare dove vuole.

DAPHNE.     Molto gentile da parte sua.

LIZ.                            Figuriamoci. L’autista ha i capelli molto rossi e si chiama Frobisher – non si può sbagliare.

DAPHNE.     Grazie davvero, tantissimo… davvero non è un disturbo?

LIZ                             (con vivacità). Neanche per sogno. Basta che gli dica quando l’ha accompagnata di tornare subito qui.

DAPHNE      (ancora impacciata). Ah… sì… certo. Glielo dico… ancora grazie… arrivederci.

LIZ                 (dandole la mano). Arrivederci… spero che non abbia preso un raffreddore.

DAPHNE      (ride nervosamente). No, non credo… arrivederci.

MONICA.     L’accompagno.

DAPHNE.     Non si disturbi…

MONICA.     Nessun disturbo.

MONICA va in ingresso con DAPHNE.

LIZ si accende una sigaretta.

Entra FRED con una tazza di caffè.

FRED.           Vuole anche mangiare qualcosa, signorina?

LIZ.                No, grazie, Fred, solo il caffè.

FRED.           Dico al grande capo che c’è anche lei… credo che non lo sappia.

LIZ.                Grazie, Fred.

FRED va al piano di sopra. Rientra MONICA.

LIZ.                Era già su piazza da un po’ o è nuova?

MONICA.     Nuova di zecca – l’ho trovata che si aggirava dentro il pigiama di Garry.

LIZ.                            Povera stellina, sarà stato terribile per lei vedermi piombare così. Dovevi far finta che fossi qualcun altro.

MONICA.     Le sta bene, si dovrebbe vergognare.

LIZ.                Sembrava venire da un ambiente di quelli che si definiscono “signorili”.

MONICA.

LIZ.                            E’ una razza particolarmente diffusa ultimamente. Galoppano per tutta Londra senza cappello e si rendono ridicole.E’ scoraggiante.

MONICA.     Facessero pure, ma dovrebbero lasciar stare Garry. La mattina diventa una complicazione. Mi sa che è giunto il momento di dargli un’altra bella lavata di capo tutti insieme… in vista dell’Africa, dico.

LIZ.                            Non è poi quel casanova che finge di essere. Ci sono solo due parole che non riesce mai a dire, “No”, e “Addio”.

MONICA.     “Addio” lo dice abbastanza spesso, ma riesce sempre a dare l’impressione di non dirlo sul serio. Tutti i guai nascono da qui.

LIZ.                Ci penso io a dirgli una parola. Ormai ha una certa età, è tempo che si dia una calmata.

MONICA.     Se credi che ci voglia una scena madre possiamo convocare anche Morris e Henry, gliela mettiamo giù dura la sera prima della sua partenza. Quando ci coalizziamo funziona sempre meglio.

LIZ.                            Morris è tremendamente isterico in questi giorni e Henry non è più così affidabile da quando ha sposato Joanna.

MONICA.     A te piace? Joanna?

LIZ.                E’ una creatura incantevole, ma subdola. Sì, in fondo mi piace abbastanza.

MONICA.     A me no.

LIZ.                Come potrebbe piacerti, tesoro. Voi due non avete niente in comune.

GARRY scende a scala in camicia e pantaloni.

GARRY.       Di chi state parlando?

LIZ.                Di Joanna.

GARRY.       Non è malaccio. Forse è un po’ rapace, ma chi non lo è? Tutti sono rapaci, in un modo o nell’altro.

LIZ.                Ho capito, cercherò di controllarmi.

GARRY        (baciandola distrattamente). Buongiorno, tesoro, dov’è il mio regalo?

LIZ.                Sul pianoforte.

GARRY.       Non sarà un altro cavalluccio di vetro? Basta pupazzetti.

LIZ.                No, è una vestaglia per l’Africa.

GARRY        (aprendolo). Che meraviglia, proprio quello che mi serviva… (La scuote, aprendola.) E’ assolutamente incantevole… grazie, tesoro, è da perdere la testa. (Se la poggia sulle spalle e la guarda allo specchio.) E’ di un gusto impeccabile. Farò un figurone, in colonia!

MONICA.     Ha telefonato Henry, oggi va a Bruxelles e prima passa

a trovarti.

GARRY.       Bene.

MONICA.     Passa anche Morris, credo.

LIZ.                Allora tu vai di là, Monica. Io devo parlare con Garry prima che arrivi Morris, è importante.

MONICA.     Basta che ti sbrighi, sta per arrivare il signor Maule.

GARRY.       E chi è?

MONICA.     Lo sai benissimo, è il giovanotto che ha scritto quella

commedia strampalata mezza in versi e che ti ha

beccato al telefono e tu pur di far vedere quanto eri

disponibile e non viziato dal tuo grande successo gli

hai dato un appuntamento.

GARRY. Non posso vederlo.

del genere.

Tu mi dovresti proteggere da cose

MONICA. E invece devi vederlo, è venuto fin qui da Uckfield. Così

impari a rispondere al telefono appena mi volto

dall’altra parte.

GARRY. Lo sai, Monica? Ultimamente ho notato un grande

cambiamento in te. Non so se è perché hai smesso di

rimpinzarti di patate o cos’altro, ma ogni giorno che

passa diventi più antipatica. Vai via.

MONICA (prendendo la sua bottiglia di profumo). Vado.

GARRY. E quella chi te lo ha data?

MONICA. Liz.

GARRY. Un gesto del tutto inopportuno.

MONICA. Se hai bisogno di me sono in ufficio.

GARRY. Figuriamoci se non sei in ufficio. A ordire

spaventosi complotti e intrighi contro di me.

degli

MONICA. Certo, non penso ad altro.

GARRY. Vai via – vai via – vai via…


MONICA.

Liz, cerca di convincerlo a farsi un trattamento

elettrico ai capelli. Li sta perdendo a vista d’occhio.

MONICA entra nell’ufficio.

GARRY

(le grida dietro). Stacca il telefono!

MONICA

(da dentro). Va bene.

GARRY.

Allora. Dimmi tutto.

LIZ.

Ho visto la commedia.

GARRY.

Buona?

LIZ.

Sì, ottima. Dovremo cambiare qualcosa, ma Vallion è

dispostissimo a lasciarci fare tutto quello che ci serve.

Però non voglio fare altri passi prima di averci riflettuto

un altro po’. Vedo Morris dopo colazione.

GARRY. Gli ho detto che non posso debuttare

novembre. Mi dovrò prendere una vacal’Africa. Quindi abbiamo un sacco di tempo.

prima

nza, dopo

di

LIZ. Ora voglio parlarti di qualcos’altro.

GARRY.

Quel tono non mi piace per niente. Che ti frulla nella

testa?

LIZ.

Tu. Il tuo comportamento in genere.

GARRY.

Questa poi! Si può sapere che ho fatto?

LIZ.

Non ti pare sia ora di cominciare a tirare i remi in

barca?

GARRY.

Non so di cosa stai parlando.

LIZ.

Chi era quella sventurata che ho visto qui stamattina

in abito da sera?

GARRY.

Aveva perso la chiave di casa.

LIZ.

Lo fanno spesso.


GARRY. Stammi a sentire un momento, LizStammi a sentire un momento, Liz…

LIZ. Non sei più un ragazzino.

GARRY. Non sono neanche decrepito.

LIZ. E a mio modesto parere questo saltabeccare qua e là è

abbastanza poco decoroso.

GARRY.

Saltabeccare! Riesci sempre a mettere le cose sotto una

luce spiacevole.

LIZ.

Non mi fraintendere, non ti sto facendo la morale, in

quel campo ho abbandonato ogni speranza già da

moltissimi anni. Il mio sermoncino si basa soltanto

sulla ragione, sulla dignità, sulla posizione sociale, e,

diciamocela tutta, sull’età.

GARRY.

Tu forse vorresti che vivessi seduto in poltrona a bere il

tè.

LIZ.

La cosa avrebbe i suoi vantaggi.

GARRY.

Troppo comodo, lanciare tuoni e fulmini mentre torni

da Parigi dove Dio solo sa cosa avrai combinato. Arrivi

e mi dai addosso…

LIZ.

Non ti sto dando addosso.

GARRY.

Sì, invece. Te ne stai lì sulla tua orribile nuvoletta con

un’aria di superiorità e mi sganci una gragnuola di

improperi.

LIZ.

Non ti eccitare.

GARRY.

Chi mi ha piantato in asso, lasciandomi alla mercé del

primo che passava? Rispondi a questa domanda!

LIZ.

Io, grazie al cielo.

GARRY.

E allora.


LIZ. Avresti voluto che restassi?

GARRY. Ci mancava anche questa. Mi facevi uscire di senno.

LIZ. Insomma, smetti di tergiversare e apri bene le orecchie.

GARRY. Questa è in assoluto la mattinata più irritante di tutta

la mia vita.

LIZ. Sì, ne ricordo di migliori.

GARRY. Dove eravamo?

LIZ. Su, fai il bravo per un momento… dico sul serio.

GARRY. Cosa dici sul serio?

LIZ. Precisamente questo. Sei arrivato a un momento della

vita in cui un po’ di ritegno può risultare prezioso. Non

sei più un giovanottino gaio e irresponsabile. Sei un

uomo eminente bene avviato, sia pure con la massima

riluttanza, verso la mezza età.

GARRY. Che Dio ti perdoni.

LIZ. Lascia perdere Dio e ascolta. Conosciamo tutti il tuo

fascino irresistibile. Sono vent’anni che lo vediamo in

azione, col suo passo monotono.

GARRY. Ti ho conosciuta esattamente

meno, era agosto. Avevi in

ridicolissimo.

undici anni fa, anzi

testa un cappellino

LIZ. Sii serio. Il tuo comportamento com’è ovvio coinvolge

tutti noi. Morris, Henry, Monica e io. Tu ti senti

responsabile per noi, ma noi ci sentiamo responsabili

per te. Se noi per caso facciamo qualcosa che

disapprovi, tu non perdi mai occasione di farci la

lezione e di agitarci il dito davanti al naso.

GARRY. E non ho ragione? Rispondi!


LIZ. Oh, quando si tratta dei problemi degli altri te la cavi

bene, ma quando ci sono di mezzo i tuoi, perdi i colpi.

GARRY. Tra tutti i più ignobili tipi di ingratitudine…

LIZ. Io dico che è giunto il momento in cui tu ti fai un

bell’esame di coscienza e decidi quanto hai veramente

bisogno di correre la cavallina in questo modo. Pensa a

quanto sarebbe piacevole non essere affascinante per

un paio di minuti. Chissà, magari lo troveresti

distensivo. In ogni caso sarebbe un cambiamento

meraviglioso.

GARRY. Cara Liz. Sei veramente un tesoro.

LIZ (seccata). Dio santo, sembra che parli cinese.

GARRY. Non ti arrabbiare, dolcissima. Capisco quello che vuoi

dire, te lo giuro.

LIZ. Così, da un momento all’altro? Dopo tutta la tua ostilità

di pochi minuti or sono?

GARRY (suadente). Non mi vorrai negare

piccolo salto di umore.

la possibilità di un

LIZ. Ecco che reciti di nuovo.

GARRY. Mi hai detto delle cose molto crudeli. Sono sconvolto.

LIZ (voltandosi dall’altra parte). Magari lo fossi.

GARRY. Sul serio, però, non credi di essere stata un po’ troppo

dura con me? Riconosco di essere un po’ leggerino

ogni tanto, ma dopotutto non faccio troppo male a

nessuno.

LIZ. Fai male a te stesso e ai pochi, anzi ai pochissimi, che

tengono davvero a te.

GARRY. Immagino che avrai parlato di tutto questo con Monica

e Morris e Henry.


LIZ. Non ancora, ma lo farò se non vedrò qualche segno di

miglioramento.

GARRY. Un ricatto?

LIZ. Pensa a come detesti quando ti saltiamo addosso tutti

insieme.

GARRY (con esasperazione, camminando per la stanza). Quello che non

finisce mai di meravigliarmi è l’arroganza della gente!

Non ci si crede. Ma guardatevi un po’, voialtri! Sempre

a spettegolare negli angoli e poi a dirmi cosa devo fare

e cosa non devo fare. Avette un bel coraggio! Cosa

succede se allento la mia amorevole presa su uno

qualunque di voi per un momento solo? – La catastrofe!

Vado a New York con un ingaggio di tre mesi.

Immediatamente Henry si becca la polmonite, va a fare

la convalescenza a Biarritz, conosce Joanna e la sposa!

Vado a fare una breve vacanza a San Tropez per quattro

settimane, anno 1937! Torno, e cosa trovo? Tu e Morris

che tra voi due avete comprato la più ottusa commedia

ungherese che sia mai stata scritta e l’avete messa in

prova con Phoebe Lucas protagonista. Phoebe Lucas,

che ha la carica erotica di un’aringa affumicata, nella

parte di una mantenuta irresistibile! Quanto è stata

su? Una settimana! E solo perché la critica ha detto che

era sboccata.

LIZ Non stai andando un po’ fuori strada?

GARRY. Neanche per sogno. Vent’anni fa Henry investì tutti i

suoi quattrini nel Cavaliere perduto. E chi lo ha

interpretato per diciotto mesi di esauriti con le doppie

pomeridiane? Io. E chi si lanciò come produttore dopo

quella commedia? Morris!

LIZ. Fai delle domande e poi ti rispondi da solo. Smetti, mi

dai il capogiro.

GARRY. Dove sarebbero ora senza di me? E dove sarebbe

Monica se non l’avessi strappata dalle grinfie di quella

sua sinistra vecchia zia e non le avessi dato un lavoro?


LIZ. Con la sinistra vecchia zia.

GARRY. E tu! Eri una delle più deprimenti, malinconiche

attrici mai viste sulle scene inglesi. Dove saresti se

non ti avessi costretta a smettere di recitare e invece a

scrivere?

LIZ. Su una panchina del parco pubblico.

GARRY. Ti ho addirittura dovuto sposare per costringerti.

LIZ. Sì, bel gesto si è dimostrato.

GARRY. Be’, io sono stato innamorato di te per più tempo di

chiunque altro, non ti puoi lamentare.

LIZ. Non mi sono mai lamentata. Io credo che

affrontare ogni tipo di esperienza, anche

devastanti.

bisogna

le più

GARRY. Mi adoravi, e lo sai.

LIZ. Ti adoro ancora, caro. Sei talmente

quando ci ricordi che dipendiamo da

boccata d’aria che respiriamo.

cavalleresco

te per ogni

GARRY.

LIZ.

Non ho detto questo.

Come se tu non fossi altrettanto dipendente da noi.

Siamo noi che ti impediamo di commettere delle follie,

come di comprarti delle case ogni cinque minuti. Ti

abbiamo fermato, sia pure all’ultimo momento, quando

stavi per recitare Peer Gynt.

GARRY. Sono ancora

Peer Gynt.

convinto che sarei stato superbo come

LIZ. E soprattutto ti impediamo di fare il gigione.

GARRY. Adesso esageri, Liz. Io dico che faresti meglio a andar

via da qualche parte.

LIZ. Sono appena tornata.


GARRY (grida). Monica! – Monica! – Vieni subito qui.

MONICA (entrando). E ora che succede?

GARRY. Mi hai mai visto fare il gigione in vita tua?

MONICA. Spesso.

GARRY. Ma è una congiura! – Lo sapevo!

MONICA.

Esce.

Per dire la verità, stai facendo il gigione anche adesso.

GARRY. Benissimo – ci rinuncio – tutti sono contro di me – io

non conto più niente – del resto, chi sono? – solo

quello che vi mantiene. Non importa se vengo ferito e

insultato! Non importa se la mia fragile fiducia in me

stesso viene sottilmente sabotata.

LIZ. La tua fiducia in te stesso è fragile quanto quella di

Napoleone.

GARRY. E infatti guarda che fine ha fatto. E’ morto solo e

abbandonato su una bestiale isoletta in mezzo al mare.

LIZ. Le isole di solito sono in mezzo al mare.

GARRY. Ora fai la spiritosa perché ti vergogni. Ti vergogni

perché sai benissimo di avermi ferito in modo

intollerabile. Importerebbe un fico secco a qualcuno di

voi, se domani io venissi esiliato per sempre? Macché.

Come niente sareste beati. Sarà per questo che ora mi

tocca andare in Africa.

LIZ. Sai benissimo che muori dalla voglia di andare. Però,

tesoro, mi raccomando, quando sarai laggiù fai molta

attenzione, per amor di dio, e non continuare a avere

delle storie con chiunque e a pavoneggiarti e a

rovinare tutto quanto.

GARRY. Farò vita monacale. Passerò tutto il tempo in un triste

alberghetto fatiscente tutto solo e non parlerò con


anima viva. Chissà come sarete

morirò morirò di malinconia. morirò morirò di malinconia.

contenti quando

LIZ. Dammi retta un momento. Ti devo parlare di Morris.

Voglio che tu ti concentri un minuto.

GARRY. Come faccio a concentrarmi? Piombi qui a dirmi le

cose più odiose, mi strappi il cuore dal petto, ci salti

sopra a piedi uniti, e poi tutta con calma mi fai, “Ti

devo parlare di Morris”.

LIZ. Sono molto preoccupata.

GARRY. Ti sta bene.

LIZ. Per Morris.

GARRY (esasperato). Che c’entra Morris adesso? Cosa c’è che non

va?

LIZ. Non sono ancora

sentito delle voci.

sicura al cento per cento, ma ho

GARRY. Che razza di voci?

LIZ. Credo che dovrai esibirti

paternali. E’… è Joanna.

in una delle tue celebri

GARRY. Joanna?

LIZ. A quanto pare Morris se n’è innamorato. Non so fino a

che punto stiano le cose, e ignoro i particolari, però so

che se è vero bisogna fare qualcosa, e subito.

GARRY. Morris

detto?

e Joanna! Dev’essere impazzito. Chi te lo ha

LIZ. Prima Bobbie, poi Louise.

GARRY. Ma Henry sospetta qualcosa?

LIZ. Non credo, ma comunque sarebbe l’ultimo, no? Finché

non se la trova sotto il naso.


GARRY. Non avrebbe mai dovuto sposarla. Io ho sempre detto

che era un grave errore, inserire una sirena tutta

tempestata di diamanti dentro un gruppo unito come il

nostro vuol dire cacciarsi nei guai.

LIZ. Non so se sia fatta in serie, ma pericolosa lo è di certo.

GARRY. Io ho sempre girato al largo da lei. Morris! Non può

essere scemo fino a questo punto.

LIZ. Ha messo su un’aria da cane bastonato, è già qualche

tempo. Ho avuto la sensazione che qualcosa non

tornava.

GARRY

(si alza e gira per la stanza). Oh, Dio, è troppo irritante, dico

davvero – proprio quando io sto per partire eccetera –

potrebbe mandare all’aria tutto quanto.

LIZ.

Se Henry lo scopre, senza dubbio.

GARRY.

Che dobbiamo fare?

LIZ.

Sarà meglio che tu per prima cosa scopra da Morris se è

vero o no, e se è vero, fin dove è arrivato. Poi gli leggi

gli articoli della legge antisommossa e lo levi di giro –

te lo porti dietro in Africa – qualunque cosa.

Suona il campanello dell’ingresso.

GARRY.

Ecco quell’orribile giovanotto di Uckfield, sto già

tremando come una foglia. Non posso affrontarlo. Non

posso!

LIZ.

Devi, se hai promesso.

GARRY.

La mia vita è una lunga sofferenza e non c’è una sola

persona al mondo a cui importi.

LIZ.

Magari non è il giovanotto, magari è Morris.

GARRY.

Al diavolo Morris! Al diavolo tutti quanti.


LIZ.

Non essere cretino. Lo sai meglio di me che se c’è la

minima verità in questa storia di Joanna, ci cacceremo

tutti nelle più sordide complicazioni e probabilmente

sarà un disastro generale. Devi scoprirlo. E se non lo

fai tu, io lo devo vedere alle due e mezza.

GARRY.

Con te non aprirà mai bocca. Si farà venire un attacco

di furore e ti dirà di farti i fatti tuoi.

LIZ.

Io resto in casa fino all’una e un quarto, appena se n’è

andato telefonami.

GARRY.

Non se ne andrà, faccio colazione con lui. Non posso

farti al telefono un resoconto dettagliato della sua vita

sentimentale con lui nella stanza.

LIZ.

Fai il mio numero per sbaglio e di’ soltanto, “Scusi, ho

sbagliato numero.” Allora saprò.

GARRY.

Che saprai?

LIZ.

Che tutto è a posto. Ma se invece dici, “Mi dispiace

moltissimo, ho sbagliato numero”, saprò che è un

disastro e arriverò in un lampo a darti manforte.

GARRY.

Intrighi! Tutta la mia esistenza è paralizzata dagli

intrighi.

LIZ.

Hai capito bene? Giuri che lo farai?

GARRY.

D’accordo. (Di nuovo squilla il campanello.) Ti voglio dire un

altro particolare affascinante sulla mia vita, sempre che

ti interessi. Nessuno, caschi pure il mondo, va mai a

aprire la porta. (Grida.) Miss Erikson… Fred… Qualcuno

apra la porta!

LIZ.

Io vado, ricordati bene: resto in casa finché non ho tue

notizie. La povera Violet può aspettare.

GARRY.

La povera Violet non fa mai altro. Miss Erikson! – Fred!

.

MONICA esce dalla porta di servizio. LIZ indossa cappello e soprabito.

Entra MISS ERIKSON.


MISS E. (annunciando). Il signor Maule. (annunciando). Il signor Maule.

Entra ROLAND MAULE. E’ un giovanotto tutto d’un pezzo, con occhiali. E’

evidentemente pietrificato dal nervosismo ma tenta di nasconderlo assumendo un’aria

di burbera sfida.

MISS ERIKSON esce.

GARRY (andandogli incontro, con grande fascino). Come sta.

ROLAND. Come sta.

GARRY. Questa è mia moglie… il signor Maule. Si è affacciata

un momento e già ci lascia.

ROLAND. Ah.

LIZ. So che ha un appuntamento con Garry e non vi vorrei

disturbare per nulla al mondo, perciò vi saluto.

ROLAND. Arrivederci.

LIZ. Non dimenticartelo, Garry. Io aspetto accanto al

telefono.

GARRY. Siamo intesi.

LIZ esce.

GARRY fa cenno a ROLAND di prendere una sedia.

GARRY. Ma non vuole sedersi?

ROLAND (sedendosi). Grazie.

GARRY. Sigaretta?

ROLAND. No, grazie.

GARRY. Non fuma?

ROLAND. No.

GARRY. Un drink?


ROLAND. No, grazie.

GARRY. Quanti anni ha?

ROLAND. Venticinque, perché?

GARRY. Non ha importanza… mi domandavo.

ROLAND. E lei quanti ne ha?

GARRY. Eh… li compio a dicembre… Giove… molto energico.

ROLAND. Sì, certo. (Emette una risata nervosa, quasi un nitrito.)

GARRY. Ed è venuto fin qui da Uckfield?

ROLAND. Non è mica così lontano.

GARRY. Suona come se fosse lontano, no?

ROLAND (sulla difensiva). E’ molto vicino a Lewes.

GARRY. Allora non ci sono problemi.

Entra MONICA.

GARRY. Questa è la mia segretaria, la signorina Reed… il

signor Maule.

MONICA. Piacere… Ho il suo copione in ufficio, se se lo vuole

riprendere.

ROLAND. La ringrazio molto.

MONICA. Glielo metto in una busta.

MONICA entra nell’ufficio e chiude la porta.

GARRY. Voglio dirle della sua commedia.

ROLAND (cupamente). L’avrà certo detestata.

GARRY. Be’, se vogliamo essere sinceri, l’ho trovata un po’

discontinua.


ROLAND. Sapevo che lo avrebbe detto.

GARRY. Sono lieto di non deluderla.

ROLAND. Voglio dire, in sostanza

piace a lei, è così?

non è affatto il genere che

GARRY. E allora perché me l’ha mandata?

ROLAND. Ho corso il rischio. Voglio dire, lo so che lei di regola

recita solo porcherie. Ma ho pensato che potesse aver

voglia di tentare qualcosa di più profondo.

GARRY. Che cosa c’è nella sua commedia che lei considera così

profondo, signor Maule? A parte la trama, che si è già

esaurita a pagina quattro.

ROLAND. Le trame non sono importanti,

contano. Guardi Cecov.

sono le idee che

GARRY. Oltre alle idee io credo che potremmo concedere

Cecov un certo minimo senso della psicologia, no?

a

ROLAND. Vuole dire che la mia

psicologicamente plausibile?

commedia non è

GARRY (con garbo). Non è un gran che, se ne renda conto. Dico

davvero.

ROLAND. Io credo invece che sia ottima.

GARRY. Non lo metto in dubbio, però lei dovrà riconoscere che

la mia opinione, basata su una vita di esperienza del

teatro, potrebbe essere quella giusta.

ROLAND (con disprezzo). Del teatro commerciale.

GARRY. Oh Dio, oh Dio, oh Dio!

ROLAND. Immagino che adesso dirà che Shakespeare ha scritto

per il teatro commerciale e che l’unica ragione per cui

si scrivono le commedie è per fare i soldi! Tutti vecchi


argomenti. Lei non si rende conto che il teatro del Lei non si rende conto che il teatro del

futuro è un teatro di idee.

GARRY. Può darsi, ma per il momento a me interessa il teatro

del presente.

ROLAND (accalorandosi). Sì, e che cosa fa? Ogni commedia in cui

lei si esibisce è esattamente la stessa di quella prima,

superficiale, frivola e senza alcun significato

intellettuale. Lei ha un grande seguito e una forte

personalità, ma poi tutto quello che fa è prostituirsi

ogni sera della sua vita. Tutto quello che fa del suo

talento è portare delle vestaglie e dire delle spiritosate

mentre potrebbe aiutare davvero la gente, farla

riflettere! Farle sentire qualcosa!

GARRY. Non c’è più dubbio alcuno in proposito. Sto

attraversando una mattinata particolarmente

scoraggiante.

ROLAND (alzandosi in piedi e incombendo su GARRY). Se vuole vivere

nella memoria della gente, passare ai posteri come un

uomo importante, farà meglio a darsi da fare, e subito.

Non c’è un momento da perdere.

GARRY. Io me ne infischio dei posteri. Perché dovrei

preoccuparmi di cosa penserà la gente di me quando

sarò morto e sepolto? Già tendo troppo a preoccuparmi

di cosa la gente pensa di me mentre sono vivo. Ma non

ho intenzione di continuare così. Voglio cambiare

metodo, e comincerò proprio con lei. Di regola,

quando degli insopportabili giovani esordienti hanno

l’impertinenza di criticarmi, io lascio correre e non me

la prendo perché mi sento imbarazzato per loro e trovo

che sia troppo facile far scoppiare il loro ego gonfio

come un pallone. Ma questa volta, mio caro giovane

amico impegnato, non avrò peli sulla lingua. Tanto per

cominciare, la sua commedia non è neanche una

commedia. E’ un insignificante guazzabuglio di

chiacchiere presuntuose, adolescenziali e

pseudointellettuali. Non ha alcun rapporto né col

teatro, né con la vita né con niente. E lei stesso non

sarebbe neanche qui se io non avessi commesso la


leggerezza di rispondere al telefono durante

un’assenza della mia segretaria. Ma dal momento che è

qui le voglio dire una cosa. Se vuole diventare un

commediografo, lasci perdere il teatro del futuro. Si

procuri una scrittura come maggiordomo in una

compagnia di repertorio, sempre se la prenderanno.

Impari dalla gavetta come si costruiscono le commedie

e cosa si può recitare e cosa no. Poi si metta a tavolino

e scriva almeno venti commedie, una dopo l’altra, e se

riuscirà a farsi rappresentare la ventunesima da una

compagnia amatoriale avrà avuto una fortuna del

diavolo!

un’assenza della mia segretaria. Ma dal momento che è

qui le voglio dire una cosa. Se vuole diventare un

commediografo, lasci perdere il teatro del futuro. Si

procuri una scrittura come maggiordomo in una

compagnia di repertorio, sempre se la prenderanno.

Impari dalla gavetta come si costruiscono le commedie

e cosa si può recitare e cosa no. Poi si metta a tavolino

e scriva almeno venti commedie, una dopo l’altra, e se

riuscirà a farsi rappresentare la ventunesima da una

compagnia amatoriale avrà avuto una fortuna del

diavolo!

ROLAND

GARRY

(ipnotizzato). Non avevo idea

meraviglioso!

(alzando le mani al cielo). Mio Dio!

che lei fosse così. E’

ROLAND. Mi dispiace moltissimo se pensa che io sia stato

impertinente, ma allo stesso tempo sono molto

contento perché se non lo fossi stato lei non si sarebbe

arrabbiato e se non si fosse arrabbiato io non avrei

saputo com’è davvero.

GARRY. Lei non ha la minima idea di come io sia davvero.

ROLAND. Oh, sì, invece… ora sì.

GARRY. E in ogni caso non vedo che importanza possa avere.

ROLAND. Ne ha per me.

GARRY. Perché?

ROLAND. Lo vuole sapere veramente?

GARRY. Ma di che diavolo sta parlando?

ROLAND. Per la verità è un po’ difficile da spiegare.

GARRY. Che cosa è difficile da spiegare?

ROLAND. Cosa provo io per lei.


GARRY. Ma…

ROLAND. No, per favore, mi lasci parlare… vede, in un certo

modo lei mi ha messo abbastanza a disagio… per un

periodo molto lungo… lei è stato una specie di

ossessione per me. L’ho vista nella sua ultima

commedia quarantasette volte, una settimana sono

venuto tutte le sere, nei posti in piedi, perché ero in

città dove cercavo di passare un esame.

GARRY. E poi lo ha passato?

ROLAND. No.

GARRY. Non mi sorprende.

ROLAND. Mio padre vuole che faccia l’avvocato, ma in realtà ho

studiato molto la psicologia perché in qualche modo

non mi trovavo in pace con me stesso e gradualmente,

un poco alla volta, ho cominciato a rendermi conto che

lei significava qualcosa per me.

GARRY. Qualcosa come?

ROLAND. Non lo so di preciso… non ancora.

GARRY. Questo “non ancora” è una delle

sinistre che io abbia mai sentito.

espressioni più

ROLAND. Non rida di me, la prego. Mi sento sempre

qualcuno ride di me.

male se

GARRY. Lei è un giovanotto assai singolare.

ROLAND. Ma adesso è tutto a posto, mi sento benissimo!

GARRY. Mi fa piacere.

ROLAND. Posso tornare a trovarla?

GARRY. Purtroppo sto per andare in Africa.

ROLAND. Mi riceverebbe se venissi in Africa anch’io?


GARRY.

Io penso veramente che starebbe meglio a Uckfield.

ROLAND.

Lei mi troverà pazzo, ma non lo sono davvero, è solo

che certe cose mi toccano profondamente. Però mi

sento molto meglio ora perché penso che riuscirò a

sublimarla.

GARRY.

Bene. Ora però temo che la dovrò mandare via, perché

aspetto il mio impresario e dobbiamo parlare di affari.

ROLAND.

Va bene. Vado via subito.

GARRY.

Le faccio dare il suo copione?

ROLAND.

No, no… lo stracci… aveva completamente ragione… è

stato scritto solo con una parte di me, ora me ne rendo

conto. Arrivederci.

GARRY.

Arrivederci.

ROLAND esce.

GARRY aspetta di sentire chiudersi la porta, quindi corre alla porta dell’ufficio.

GARRY.

Monica.

MONICA

(entrando). E’ andato via?

GARRY.

Se mai quel giovane si rifarà vivo, liberatene a

qualunque costo. E’ pazzo come una capra.

MONICA.

Perché, che ha fatto?

GARRY.

Ha cominciato con gli insulti e alla fine mi ha

sublimato.

MONICA.

Poverino, sembri sconvolto. Beviti uno sherry.

GARRY.

Sono le prime parole gentili che sento questa mattina.

MONICA.

Credo che ne assaggerò un goccetto anch’io. (Riempie due

bicchieri di sherry. Suona il campanello dell’ingresso.)

GARRY.

Questo è Morris. Che ore sono?


MONICA.

L’una meno venti. Ecco… (gli porge lo sherry) – Vado a

aprire.

MONICA esce nell’ingresso.

Entra di corsa MISS ERIKSON dalla porta di servizio.

GARRY.

Lasci stare, Miss Erikson. E’ andata a aprire la

signorina Reed.

MISS ERIKSON

ri-esce.

Rumore di voci da dentro.

Entrano HENRY e MORRIS seguiti da MONICA.

HENRY è piuttosto agghindato e lindo. E’sulla quarantina.

MORRIS è un poco più giovane, alto e attraente, le tempie un tantino brizzolate.

HENRY.

C’è uno strano giovanotto seduto sui gradini.

GARRY.

Che fa?

HENRY.

Piange.

MORRIS.

Che hai combinato, Garry?

GARRY.

Proprio niente. Gli ho semplicemente detto quello che

pensavo della sua commedia.

HENRY.

Sempre pieno di tatto.

MONICA.

Uno sherry, Morris?

MORRIS.

Grazie.

(MONICA gliene versa un po’.)

MONICA.

Henry?

HENRY.

E’ lo stesso sherry che avete sempre?

MONICA.

Sì.

HENRY.

Allora no, grazie.

GARRY.

Perché, cos’ha che non va?


HENRY. Niente, solo non è un gran che.

MORRIS. Henry ha ragione sullo sherry, è disgustoso.

GARRY. Se qualcuno si lamenta per qualsiasi altra cosa io esco

di senno. Da stamattina questo studio è diventato il

muro del pianto.

MORRIS. E’ tornata Liz.

GARRY. Grazie dell’informazione,

contattarla.

Morris, ora cercherò di

MORRIS. Che cos’ha

scorbutico.

il ragazzo, Monica? Sembra un po’

MONICA. Liz gliene ha dette quattro e io gli ho detto che faceva il

gigione. Tutta una serie di contrarietà, e poi come se

non bastasse è arrivato quel giovane squilibrato.

MORRIS. Non te la prendere, Garry – Dio è in cielo e nel mondo

tutto va bene – ho delle deliziose cattive notizie per te.

GARRY. Sentiamo.

MORRIS. Nora Fenwick non può venire in Africa.

GARRY. E perché? Che le è successo?

MORRIS. Si è rotta una gamba.

GARRY (esasperato). Questa poi…!

HENRY. Non è la fine del mondo.

GARRY. No, figuriamoci, è una sciocchezza! Significa

semplicemente che dovrò passare tutta la traversata

provando con una nuova primadonna la bellezza di sei

parti diverse! Come ha fatto quella deficiente?

MORRIS. E’ caduta alla Victoria Station.


GARRY. Non aveva il diritto di entrare alla Victoria Station. Chi

possiamo prendere?

HERNY. Morris vuole Beryl Willard, ma io non la trovo proprio

adatta.

GARRY (pericolosamente). Ma no! Tu vuoi Beryl Willard, eh?

MORRIS. Perché no? E’ estremamente competente.

GARRY (con intensa calma). Hai ragione. Beryl Willard è

estremamente competente. E’ estremamente

competente da ben più di quarant’anni. E non solo. E’

anche riuscita, con un’abilità soprannaturale, a crearsi

la solida reputazione della più paralizzante,

leggendaria, monumentale, cosmica, sensazionale

seccatrice che abbia mai calcato un palcoscenico!

MORRIS. Be’, Garry, davvero io non capisco…

GARRY (riscaldandosi). Non capisci?Allora mi spiego meglio. C’è

un punto solo, ed è questo. Nessuna preghiera,

promessa, minaccia. Nessuna forza umana o divina

potrebbe mai indurmi a andare in Africa con Beryl

Willard. Con Beryl Willard non andrei neanche fino a

Wimbledon.

MONICA.

MORRIS.

Sta tentando di dire che non ha troppa simpatia per

Beryl Willard.

D’accordo, non se ne parla più. Chi proponi?

HENRY. Un momento. Se state per cominciare una di quelle

discussioni sulla distribuzione, io me ne vado. Devo

prendere un aereo per Bruxelles. Volevo solo farti

sapere che non puoi avere il Mayfair Theatre per la

commedia francese questo autunno.

GARRY. E perché?

HENRY. Perché l’ha preso Robert per

inizio a settembre.

tutta la stagione, con

GARRY. E tu perché glielo hai dato? Sapevi che lo volevo io.


HENRY. C’è il Forum che è molto più gradevole, senza contache ha una maggiore capacità.

re

GARRY. E’ un complotto! Sono anni che voi due state tentandi trascinarmi in quella camera mortuaria piena

spifferi.

do

di

MORRIS. E’ stato restaurato e hanno rifatto l’arredamento.

GARRY.

Dovranno ricostruirlo pietra su pietra prima che io ci

metta piede.

HENRY.

Risolvila tu più tardi, Morris, per favore, è chiaro che

stamattina è in uno dei suoi stati. Ora non posso

trattenermi.

GARRY. E si può sapere che ci vai a fare, a Bruxelles?

HENRY. Affari. Semplici e normalissimi affari. Ciao, tesoro.

Cerca di essere un po’ più amabile quando torno.

Addio, Monica – addio, Morris – A proposito, potreste

farvi vivi con Joanna, è tutta sola.

MORRIS. Già fatto. La porto alla prima dello Haymarket, domani

sera.

HENRY. Bene… arrivederci.

HENRY esce. MONICA si avvia verso l’ufficio.

MONICA. Non avete più bisogno di me?

GARRY. Perché, che vai a fare adesso?

MONICA. Vado a scrivere a Beryl Willard per invitarla a venire a

vivere con te.

MONICA esce.

GARRY. E allora porti Joanna allo Haymarket domani sera?

MORRIS. Sì,perché?

GARRY. Perché no? Già. Perché no?


MORRIS. Si può sapere che vuoi dire?

GARRY. Credo che verrò anch’io.

MORRIS. Bene, magnifico. Ho un palco, c’è un sacco di posto.

GARRY. Perché hai sempre il muso lungo ultimamente?

MORRIS. Il muso lungo? Neanche per sogno.

GARRY. Ma sì, invece. Liz lo ha notato, e l’ho notato anch’io.

MORRIS. Be’, vi siete sbagliati tutti e due. Sono perfettamente

felice.

GARRY (irritato, camminando per la stanza). Oh, Morris!

MORRIS. Ma che diavolo ti prende?

GARRY. Ti piace Joanna, eh?

MORRIS. Si capisce, è un amore.

GARRY. Non so se la definirei esattamente un amore, ma è

anche vero che non la vedo spesso. Tu invece sì, a

quanto pare.

MORRIS. Dove vuoi arrivare?

GARRY. La gente parla, Morris.

MORRIS (con una nota falsa nella voce). Di che?

GARRY. Di te e Joanna.

MORRIS. Sciocchezze!

GARRY. E’ verissimo e tu lo sai.

MORRIS. Non so proprio niente del genere.

GARRY. Sei innamorato di lei?


MORRIS. Innamorato di Joanna? Ma no, si capisce.

GARRY. Ti prepari ad esserlo? Io di solito lo capisco quando stai

per imbarcarti in una delle tue scorribande emotive.

MORRIS. Be’, questa è impagabile. E tu allora?

GARRY. Lascia perdere me per un momento. Intanto,

nessuno potrebbe accusarmi di essere emotivo.

a me

MORRIS. Ah, no! Prendi Sylvia Laurie! Hai perso completamente

la testa per lei. Settimane intere. Piangevi e

singhiozzavi come un vitello.

GARRY. E’ stato anni fa.

MORRIS. Lascia perdere quando è stato. E’ stato! E se non era

emotivo quello, vorrei sapere che cosa lo è. Ci avevi

ridotti tutti a brandelli.

GARRY. Constato che hai abilmente girato la conversazione in

un attacco contro di me.

MORRIS. Sta’ a sentire ora, Garry…

GARRY. Mi giuri che non hai avuto una storia con Joanna?

MORRIS. Mi rifiuto di farmi fare il terzo grado in questo modo.

GARRY. Sì o no?

MORRIS. Occupati degli affari tuoi.

GARRY.

MORRIS.

Gli affari miei sono questi e non altri! Se fai lo sciocco

di nascosto con Joanna e Henry lo scopre, ti rendi

conto di che cosa significa?

Mi rifiuto di continuare questa conversazione.

GARRY. Rifiuta pure fino a diventare paonazzo, però mi devi

ascoltare.

MORRIS. Nossignore.


Fa un passo verso la porta. GARRY lo afferra per il braccio. GARRY lo afferra per il braccio.

GARRY. Allora è vero?

MORRIS (liberandosi). Lasciami stare.

GARRY. Siediti. Questa è una cosa seria.

MORRIS. Non ho alcuna intenzione di subire una

celebri paternali… ne ho le scatole piene.

delle tue

GARRY. Molti anni fa, Morris, moltissimi anni fa, prima che ne

avessi le scatole piene, potresti anche ammettere che

ne fosti alquanto aiutato.

MORRIS. Certo che lo ammetto. E allora?

GARRY. Non ci siamo mai raccontati balle, noi due, su cose che

avessero una importanza vitale per noi. Vero o no?

MORRIS. E’ vero.

GARRY. E sarebbe alquanto sciocco, dopo tutti questi anni

turbolenti, cominciare proprio adesso, non ti pare?

MORRIS. D’accordo, d’accordo, ma

almeno a quanto mi risulta.

nessuno ha cominciato,

GARRY. Non ti faccio nessuna altra domanda. Però voglio farti

capire chiaramente una cosa, ed è questa. Tu e Henry

e Monica e Liz ed io condividiamo una cosa che ha

una importanza inestimabile per tutti noi, e questa

cosa è il rispetto e la fiducia reciproca. Dio sa se non

ce lo siamo conquistati. Se ci voltiamo indietro

possiamo vedere anni e anni di furiosi conflitti tra di

noi. Però ora, ora che abbiamo tutti raggiunto la mezza

età, possiamo riconoscere che ne è valsa la pena.

Siamo cinque persone unite strettamente dall’affetto e

dal lavoro e dall’intima conoscenza reciproca. E’ una

condizione troppo importante per rischiare di

infrangerla per qualsiasi ragione esterna. Joanna è

una aliena. Non fa veramente parte del gruppo e mai


potrebbe. Henry se ne rende conto benissimo, non è

uno sciocco, e bisogna dargli atto che non ha mai

tentato di imporcela. Ma non credere per un momento

che Joanna non sia un pericolo potenziale, perché lo è!

E’ femmina al cento per cento, eccezionalmente

attraente e totalmente priva di scrupoli per procurarsi

qualunque cosa voglia. E’ una cacciatrice di scalpi se

mai ne ho vista una, e io ti imploro di una cosa sola:

Fai attenzione! Non mi devi nemmeno rispondere, ma

FAI ATTENZIONE! Sono stato chiaro?

uno sciocco, e bisogna dargli atto che non ha mai

tentato di imporcela. Ma non credere per un momento

che Joanna non sia un pericolo potenziale, perché lo è!

E’ femmina al cento per cento, eccezionalmente

attraente e totalmente priva di scrupoli per procurarsi

qualunque cosa voglia. E’ una cacciatrice di scalpi se

mai ne ho vista una, e io ti imploro di una cosa sola:

Fai attenzione! Non mi devi nemmeno rispondere, ma

FAI ATTENZIONE! Sono stato chiaro?

MORRIS

(alzandosi in piedi). Chiarissimo. Credo che prenderò un

altro dito di sherry.

Va a servirsi.

GARRY.

Dammelo anche a me, ne ho bisogno.

MORRIS

(portandoglielo). Eccoti servito.

GARRY.

Grazie. (Guarda l’orologio.) Santo cielo, l’una passata. Ho

dimenticato di prenotare un tavolo.

MORRIS.

Non c’è bisogno, possiamo sempre andare di sopra.

GARRY.

Di sopra sa sempre di gamberi in scatola. Gli telefono,

si fa in un momento.

Va al telefono e compone un numero.

GARRY

(al telefono, con un sorriso radioso). Ah, mi dispiace

moltissimo, ho sbagliato numero

Riattacca, e mentre si mette a comporre un altro numero,

CALA LA TELA


ATTO II

Scena I

E’ mezzanotte. Tre giorni dopo.

Alla levata del sipario lo studio è illuminato gradevolmente ma non troppo.

GARRY sta suonando il piano. Indossa una vestaglia sopra la tenuta da sera. Accanto

ha un whisky e soda che sorseggia di tanto in tanto.

Ora entra FRED dalla porta di servizio. E’ molto elegante, in smoking e con un feltro

nero in mano.

FRED. Be’, io vado. Ha tutto quello che le serve?

GARRY. Come sei in ghingheri! Dove vai?

FRED. Al Tagani.

GARRY. E dov’è?

FRED (laconico). Tottenham Court Road.

GARRY. E’ una sala da ballo, un night o cosa?

FRED. Un po’ di tutto, per la verità. Ci lavora Doris.

GARRY. Cosa fa?

FRED. Canta un paio di numeri e fa un balletto con una corda

da saltare.

GARRY. Carino.

FRED. A gusto mio è un po’ insulso, ma la gente ci sta.

GARRY. Hai intenzione di sposare Doris?

FRED. Sposarmi io? Aspetta e spera!

GARRY. Ti rendi conto di essere terribilmente immorale, Fred.

FRED (allegramente). Giustissimo!


GARRY.

Sono già più di due anni che ti approfitti di questa

Doris.

FRED.

E perché no? Piace a lei, piace a me, ce la spassiamo

tutti e due.

GARRY.

Ma tu a lei ci tieni veramente? Voglio dire, pensi mai a

lei quando non c’è?

FRED

(con compiacenza). Lei c’è sempre… quando ne ho bisogno.

GARRY.

E che farà quando andremo in Africa?

FRED.

Si arrangerà. Ora come ora ha un paio di tipi che le

ronzano intorno. Uno è abbastanza scicchettoso.

Traffica nella seta.

GARRY.

Ah, ho capito. La conidvidete.

FRED.

Domattina suona come sempre o vuole che la

svegliamo?

GARRY.

Suono. Miss Erikson è andata via?

FRED.

Oh, sì, ha staccato presto. E’ a posto così?

GARRY.

Sì, grazie, Fred. Divertiti.

FRED.

Altrettanto a lei… faccia il bravo.

FRED esce euforico.

GARRY continua a suonare il piano.

Squilla il telefono. GARRY risponde.

GARRY.

Pronto, pronto? …Chi parla? (La sua voce cambia.) Ah,

Liz… No, sono rientrato una mezz’ora fa… Sì, tesoro,

solo soletto, sto voltando pagina, non te l’hanno detto?

…Certo, con tutti e due, e sono andato a cena con loro

al Savoy. Dopo io e Morris l’abbiamo riaccompagnata a

casa… No, non sono più tornato sull’argomento, ho

pensato fosse più saggio così. Ti sento un po’ scettica…

No, per la verità è stata molto carina, è piuttosto

intelligente, sai, e devo dire che si lascia anche


guardare… Va bene… No, devo fare colazione con

Tony… Benissimo, verso le undici… Sì, certo, me ne

vado dritto a letto ora… Buonanotte, tesoro.

Tony… Benissimo, verso le undici… Sì, certo, me ne

vado dritto a letto ora… Buonanotte, tesoro.

Riappende. Va al pianoforte, finisce il suo drink, prende un libro dal tavolo, spegne le

luci ed è già a metà della scala quando squilla il campanello della porta d’ingresso.

Borbotta “Dannazione”, piano, torna di nuovo giù e riaccende le luci ed esce

nell’ingresso e lo sentiamo da dentro esclamare “Joanna!” con voce sorpresa.

Lei entra e lui la segue.

JOANNA è una donna squisitamente vestita da sera, che ha passato da non molto i

trent’anni. E’ molto sicura di sé e possiede un notevole fascino.

JOANNA.

Meno male che ci sei. Che sollievo! Ho fatto una

stupidaggine da non credere.

GARRY.

Perché, che è successo?

JOANNA.

Ho dimenticato la chiave di casa!

GARRY.

Oh, Joanna!

JOANNA.

E’ inutile che mi guardi in quel modo – di solito sono

tutt’altro che sbadata, è la primissima volta che mi

capita di fare una cosa del genere in vita mia. Sono

fuori di me dal furore. Mi sono dovuta vestire di corsa

per cenare con Freda e poi andare al concerto di

Toscanini, e l’ho lasciata nell’altra borsa.

GARRY.

E la servitù dorme all’ultimo piano.

JOANNA.

Dorme? Sono tutti in coma profondo. Ho tempestato sul

portone per quasi mezz’ora.

GARRY.

Bevi qualcosa?

JOANNA.

Molto volentieri… sono sfinita.

Si toglie il mantello.

GARRY

(preparando un drink per lei e un altro per se stesso). Dobbiamo

decidere sul da farsi.

JOANNA.

Da un telefono pubblico ho chiamato Liz ma dev’essere

uscita, perché non ha risposto nessuno.


GARRY (guardandola). Hai chiamato Liz e non c’è stata risposta!

JOANNA. Sì, e siccome non avevo più monete e non ce le aveva

neanche il tassinaro, sono venuta dritta qui.

GARRY. Sigaretta?

JOANNA (prendendone una). Grazie.

non mi credi?

…Hai un’aria molto perplessa,

GARRY (accendendole la sigaretta). Figurati

Joanna. Perché mai non dovrei?

se non ti credo,

JOANNA. Non lo so, mi guardi sempre come se non ti fidassi

neanche un tantino così. Peccato, perché in realtà io

sono un pezzo di pane.

GARRY (sorridendo). Non ne dubito.

JOANNA. Conosco quella voce, Garry, l’hai usata in tutte le tue

commedie.

GARRY. Io sono un asso della naturalezza sul palcoscenico.

JOANNA. Non hai mai veramente avuto simpatia per me, è così?

GARRY. No, non veramente.

JOANNA. Mi domando perché.

GARRY. Ho sempre avuto la sensazione che fossi abbastanza

incresciosa.

JOANNA. Incresciosa in che modo?

GARRY. Oh, non so. Hai una certa arroganza, come un eccesso

di sicurezza.

JOANNA. Vedo che non ti piace la competizione.

GARRY. Sei molto decorativa, ovviamente. Questo l’ho sempre

pensato.


JOANNA (sorridendo). Grazie.

GARRY. Anche se forse te ne rendi conto un po’ troppo.

JOANNA (truccandosi il viso mentre si guarda nello specchietto estratto dalla

borsa). Sei sgradevole in modo convenzionale ma in

qualche modo non sembri del tutto sincero. D’altro

canto, tu non sembri mai del tutto sincero, no? Sarà

perché sei un attore. Tendete sempre a essere un po’ di

cartapesta.

GARRY. Marionette, cara Joanna, creature di latta e segatura.

Molto acuta ad averlo notato.

JOANNA. Vorrei tanto che la smettessi di essere soave, magari

solo per un minuto.

GARRY. Che dovrei fare, secondo te, esibirmi in una esplosione

di malumore? Scoppiare in singhiozzi?

JOANNA (abbassando gli occhi).

gentile.

Credo che mi piacerebbe che fossi

GARRY. Gentile?

JOANNA. Sì. Che facessi un piccolo tentativo per superare il tuo

evidentissimo pregiudizio contro di me.

GARRY. E’ cos’ evidente? Mi dispiace.

JOANNA. Non sono completamente cretina, anche se devo dire

che tu mi tratti sempre come se lo fossi. So che non ti è

andato giù che abbia sposato Henry, e capisco

perfettamente perché, almeno in un primo momento.

Ma dopotutto sono passati cinque anni, durante i quali

io ho fatto del mio meglio per non impormi. La mia

ricompensa è stata abbastanza magra, particolarmente

da te. Nient’altro che una cortesia sforzata e una

tolleranza un po’ frigida.

GARRY. Povera Joanna.


JOANNA (alzandosi in piedi). Vedo che il mio appello è caduto nel

vuoto. Mi dispiace.

GARRY. Che succede? Che combini adesso?

JOANNA. Non combino proprio niente.

GARRY. Allora rimettiti a sedere.

JOANNA. Vorrei che mi chiamassi un taxi.

GARRY. Che sciocchezza, è l’ultima cosa che vorresti. Sei

venuta qui con uno scopo, non è così?

JOANNA. Certo. Ho perso la chiave, sapevo che hai una camera

degli ospiti, e…

GARRY. E allora?

JOANNA. Volevo arrivare a conoscerti un po’ meglio.

GARRY. Capisco.

JOANNA. Oh, no, non capisci. So esattamente che cosa pensi. Sei

uno degli attori romantici più famosi del mondo,

quindi è naturale che ti immagini che ogni donna non

veda l’ora di buttartisi tra le traccia. Sono sicura, per

esempio, che non hai creduto nemmeno per un attimo

che io abbia perso la chiave di casa!

GARRY. Sei brava… per Dio, sei bravissima!

JOANNA. Che numero si fa per i taxi… lo chiamo io.

GARRY. Sloane 2664.

JOANNA compone il numero e aspetta un momento.

JOANNA (al telefono). Pronto… pronto? Sloane 2664? …Oh, scusi

tanto, ho sbagliato numero.

GARRY si abbatte sul divano ridendo.

JOANNA Che hai da ridere?


GARRY Tu, JoannaTu, Joanna.

JOANNA (componendo il numero un’altra volta). Ti stai divertendo come

un pazzo, eh?

GARRY

(saltando su e togliendole di mano il ricevitore). Hai vinto.

JOANNA.

Ridammi il telefono e smettila di essere così irritante.

GARRY.

Un altro drink?

JOANNA.

No, grazie.

GARRY.

Un’ultima sigaretta?

JOANNA.

No.

GARRY.

Ti prego… mi dispiace.

JOANNA si alza e torna al divano in silenzio.

JOANNA. Vorrei che ti dispiacesse davvero.

GARRY (porgendole un’altra sigaretta). Forse mi dispiace davvero.

JOANNA. Potrei piangere adesso, sai, con ottimo effetto, se solo

possedessi la tecnica.

GARRY.

La tecnica ha un’enorme importanza.

JOANNA.

Oh, Dio.

GARRY

(accendendole la sigaretta). A quanto pare la conversazione

si è arenata.

JOANNA.

Io credo che forse dopotutto mi andrebbe un altro

drink, molto piccolo. Riesci a mettermi

straordinariamente in imbarazzo. Naturalmente è uno

dei tuoi talenti più rinomati, no… quello di spaventare

le persone?

GARRY

(versandole da bere). Non vorrai mica far finta che io ti

spaventi.


JOANNA. E’ la personalità, suppongo, più la reputazione di

essere… be’… (ride) …abbastanza spietato.

GARRY (dandole il drink). In campo amoroso o sociale?

JOANNA. Tutti e due.

GARRY. Bene. …Come stiamo andando?

JOANNA. Meglio, direi.

GARRY. Molto grazioso il tuo vestito.

JOANNA. Me lo sono messa per Toscanini.

GARRY. Anche lui spaventa le persone, quando suonano le

note sbagliate.

JOANNA. Sembri incredibilmente giovane, ogni tanto. Sarebbe

carino sapere come sei veramente, sotto tutte quelle

bardature.

GARRY. Un ragazzo semplice, disgustosamente idealista.

JOANNA. Sentimentale, anche, ogni tanto quasi vittoriano.

GARRY. Faccio i miei ricami in silenzio.

JOANNA. Sei felice, in complesso?

GARRY. Estasiato.

JOANNA. Non ti stanchi mai di organizzare la vita della gente, di

essere il Capo, di avere tutti che ti adorano e ti

obbediscono?

GARRY. Mai. Ci sguazzo.

JOANNA. Lo sospettavo, ma non ero sicura.

GARRY. Vuoi che ti suoni qualcosa?

JOANNA. No, grazie.


GARRY. E perché no? Ti vuoi perdere questa occasione?

JOANNA. E’ che amo la musica.

GARRY. Che lingua lunga. Per non dire sgarbata.

JOANNA. Sì, è stato sgarbato, vero? Scusa.

GARRY. Lascia stare. E ora che facciamo?

JOANNA. Perché, è necessario fare qualcosa?

GARRY. Non lo so, il mio senso sociale mi dice che da me si

richiede qualcosa e non sono del tutto sicuro cosa. Per

questo mi sono offerto di suonare per te.

JOANNA.

GARRY.

C’è sempre la radio.

No, qui non c’è!

JOANNA. Sono felice di essere adulta. Su chi è

inesperto devi avere un effetto devastante.

giovane e

GARRY. Sarebbe una sottile allusione al mio fascino?

JOANNA. Emani tanta di quella luce.

GARRY. Ascoltami ora, Joanna. Bisogna che ti decidi. Queste

schermaglie provocatrici mi deprimono. Che cosa vuoi?

JOANNA. Voglio che tu sia quello che io credo tu sia in realtà,

cordiale e genuino, qualcuno di cui fidarsi. Voglio che

tu mi faccia l’onore di interrompere per un momento la

tua eterna rappresentazione, che abbassi il sipario, che

ti tolga il trucco e ti rilassi.

GARRY. Tutti non fanno che dirmi di rilassarmi.

JOANNA. Non li si può biasimare.

GARRY. E non sarei molto vulnerabile, cara Dalila, una volta

privato della mia serica chioma?


JOANNA. Perché hai tanta paura di essere vulnerabile? Non

sarebbe un sollievo, piuttosto? Stare in guardia tutto il

tempo dev’essere tremendamente stancante.

GARRY. Ti avevo inquadrata bene dal primo momento.

JOANNA. Credi?

GARRY. Sei un insaziabile animale da preda!

JOANNA. Garry!

GARRY. Hai acchiappato il povero Henry quando era in

convalescenza, ti sei messa in tasca Morris, e ora, per

Dio, stai dando la caccia anche a me! Non negarlo… te

lo vedo negli occhi. Compari all’improvviso a notte

fonda emanando frenesia di conquista, si sentono le

vibrazioni dappertutto! Sei stata dal parrucchiere oggi

pomeriggio, sì o no? E ti sei fatta le unghie delle mani,

e probabilmente anche dei piedi! Il vestito è nuovo,

vero? Le scarpe sono nuove! Quelle calze non te le eri

mai messe prima in vita tua! E la tua determinazione!

Ogni parola, ogni frase, ogni cambiamento di

umore,tutto programmato. La dose giusta di

antagonismo sessuale misto a sottile adulazione, il

tempismo perfetto del passaggio dall’insinuazione

provocante alla diffidenza imbronciata. Vuoi sapere

come sono davvero, eh, sotto tutta la vernice

luccicante? Be’, sono così. E’ così che sono in realtà…

Fondamentalmente onesto! Quando mi trovo con le

spalle al muro dico la verità, e la verità in questo

momento è che ti conosco, Joanna. So a che cosa miri,

vedo tutti i tuoi sotterfugi. Stammi lontana! Vai via da

me!

JOANNA (ride). Sipario!

GARRY (al tavolino dei liquori). Dannazione, non c’è rimasto più un

goccio di seltz.

JOANNA. Prendilo liscio, tesoro.

GARRY. Come osi chiamarmi tesoro.


JOANNA. Perché credo che tu sia un tesoro… e l’ho sempre

creduto.

GARRY. Vai via immediatamente.

JOANNA. Tu sei la vera ragione per cui ho sposato Henry.

GARRY. Non conosci proprio la vergogna.

JOANNA. No. Io sono innamorata di te… sono innamorata di te

da più di sette anni, è venuto il momento di fare

qualcosa in proposito.

GARRY (camminando per la stanza). Questa è la fine!

JOANNA (con calma). No, mio carissimo, è solo l’inizio.

GARRY. Adesso ascoltami, Joanna…

JOANNA. Credo che sarà meglio se prima tu ascolti me.

GARRY. Non ci penso nemmeno.

JOANNA (alzandosi in piedi, calma e con grande fermezza). Devi, è

importantissimo per tutti noi. Siediti, per favore.

GARRY. Preferisco camminare, se non ti dispiace.

JOANNA. Siediti, caro e dolce Garry, per favore, siediti. Bisogna

che ti concentri, la cosa non è così brutta come

sembra. Io devo spiegartela e se fai tutte queste piroette

non posso.

GARRY (buttandosi sul divano). E’ terribile!

JOANNA. Prima di tutto voglio che tu mi giuri di rispondere a

una domanda in totale sincerità. Lo farai?

GARRY. Che domanda?

JOANNA. Giuri?


GARRY. Sì… va bene… continua.

JOANNA. Se tu non mi avessi mai visto prima in vita tua, se ci

fossimo incontrati per la prima volta questa sera, se io

non avessi nessun rapporto con nessuno che tu

conosci, mi avresti fatto la corte? Mi avresti desiderata?

GARRY. Sì.

JOANNA. Bene, ecco. Allora…

GARRY. Senti un momento, Joanna…

JOANNA. Zitto! Sii leale: devi lasciarmi spiegare. Quando ho

detto un momento fa che tu sei stato la ragione per cui

ho sposato Henry, era vero solo in parte. Io sono

affezionata a Henry, anzi, per la verità gli voglio più

bene di quanto lui ne voglia a me. Lui è stato

pazzamente innamorato di me per i primi due anni, ma

adesso non lo è più. Tu ti sei messo tra di noi. Non solo

nel mio cuore, ma anche nel suo. Detestava la tua mal

dissimulata disapprovazione di me, e gradualmente

quella ha soffocato l’amore che mi portava. Ecco la cosa

peggiore di quelli come te, che hanno una personalità

dominante: influenzate gli altri non solo quando sono

con voi, ma anche quando sono lontani da voi. Henry

mi è stato leggermente infedele undici volte che mi

risultano con certezza durante questi ultimi tre anni.

Probabilmente in questo momento a Bruxelles se la sta

spassando alla grande.

GARRY. Stai mentendo, Joanna.

JOANNA. Non sto mentendo. Non ne vale la pena, non mi

importa abbastanza. Henry è un tesoro e io non lo

lascerei per niente al mondo, ci troviamo benissimo

insieme, adesso addirittura meglio di prima. Ma è di te

che sono innamorata, e lo sono sempre stata. Non

voglio vivere con te, Dio ne guardi! Mi manderesti al

manicomio in una settimana. Ma per me tu sei l’uomo

più affascinante, esasperante, appassionatamente

attraente che abbia mai incontrato in vita mia…


GARRY (pungente). E Morris?

JOANNA. Morris? Non fare il cretino. E’ stato solo un passo per

avvicinarmi di più a te.

GARRY. E’ innamorato di te? C’è stato qualcosa tra di voi?

JOANNA. Ma certo che no. E’ tanto carino, ma

minimamente, e mai potrebbe attirarmi.

non mi attira

GARRY. Lo giuri?

JOANNA. Non ho bisogno di giurarlo, lo puoi vedere da solo, no?

E anche se non riesci a vederlo, sarai almeno in grado

di sentire che sto dicendo la verità. Nessuno di noi è

esattamente un adolescente. Tu ed io sappiamo

entrambi per esperienza che quando l’istinto ti spinge

con tutta la forza in una direzione, correre in quella

opposta è sciocco, e fa male.

GARRY. Sei così sicura che sia sciocco?

JOANNA. Immagazzinare rimpianti è la cosa più sciocca che ci

sia al mondo. A chi potremmo mai nuocere tu ed io se

ci amassimo per un po’?

GARRY. Posso alzarmi adesso?

JOANNA. Sì.

GARRY (aggirandosi). Com’era il concerto di Toscanini?

JOANNA. Splendido. (Si siede.) Ha fatto l’Ottava e la Settima.

GARRY. Io personalmente preferisco la Quinta.

JOANNA. A me più di tutte piace la Nona.

GARRY (sedendosi accanto a lei sul divano, come

niente come la cara vecchia Nona.

per caso). Non c’è

JOANNA. Io adoro la Queen’s Hall,

compromessi.

tu no? E’ così priva di


GARRY (prendendole la mano).

l’Albert Hall.

Ah no, io ho sempre preferito

JOANNA (appoggiandosi contro di lui). Vorrei tanto sapere perché. Io

la trovo sempre così deprimente.

GARRY (prendendola tra le braccia). Anche quando fanno i Carmina

Burana?

JOANNA (sognante). Sì, anche allora.

GARRY (la bocca sulla bocca di lei). Non voglio sentire una sola

parola contro l’Albert Hall.

Le luci si attenuano e cala il Sipario.


ATTO IO II

Scena II

La mattina dopo, le dieci e mezza circa. Le tende sono chiuse e lo studio è in

penombra.

JOANNA esce dalla stanza degli ospiti in pigiama e con la stessa vestaglia che

Daphne portava nel prim’atto. Si aggira per la stanza, alla ricerca di un campanello.

MISS ERIKSON entra dalla porta di servizio.

JOANNA (con vivacità). Buongiorno.

MISS B. Buongiorno.

JOANNA. Si è svegliato il signor Essendine?

MISS E. Non ha ancora suonato.

Va ad aprire le tende.

JOANNA. Non è che avrebbe la gentilezza di dirgli che io sono

sveglia.

MISS E. Purtroppo è impossibile. Diventerebbe pazzo dal furore.

JOANNA. Povero cocco! Diventerò io pazza di furore se qualcuno

non mi dà la colazione. Sono ore che suono quel

campanello lì dentro.

MISS E. (rassettando il mobilio e sprimacciando i cuscini del divano). Non

funziona.

JOANNA. Ma guarda. A un certo punto mi è venuto proprio

questo sospetto.

MISS E. Sono i topi, si mangiano i fili. Quelli distruggono tutto.

FRED entra dalla porta di servizio.

JOANNA. Buongiorno.

FRED. Buongiorno, signorina… (La riconosce.) Santi numi!

JOANNA. Prego?


FRED. Ma lei non è la signora LyppiattMa lei non è la signora Lyppiatt?

JOANNA. Infatti.

FRED (emanando un fischio). Fiuu!

Esce di nuovo dalla porta di servizio.

JOANNA.

Quello immagino fosse il domestico del signor

Essendine. Si comporta sempre così?

MISS E.

E’ stato steward su un transatlantico.

JOANNA.

Gli steward che ho incontrato io avevano buone

maniere.

MISS E.

Io conosco solo lui.

JOANNA

(perentoria). Gradirei del tè cinese, delle fette di pane

tostato molto sottili e senza burro, e un uovo à la coque

molto morbido, per piacere.

MISS E.

Non abbiamo né tè né uova, ma le farò con piacere il

pane tostato.

JOANNA.

C’è per caso del caffè?

MISS E.

Sì, il caffè ce l’abbiamo.

JOANNA.

Bene, allora per favore me lo porti più velocemente che

può.

MISS E.

Lo dico a Fred.

JOANNA.

Con la sua esperienza del transatlantico magari potrà

fare qualcosa anche per il rubinetto di quel bagno.

MISS E.

Purtroppo non era addetto alle toilettes.

MISS ERIKSON

esce e proprio mentre JOANNA sta per rientrare nella stanza degli

ospiti con una

esclamazione irritata, entra MONICA dall’ingresso, in soprabito e

cappello. Come nel prim’atto, ha un fascio di lettere in mano.


JOANNA. Buongiorno, Monica.

MONICA

JOANNA.

(inorridita). Joanna!

Grazie a Dio ci sei anche tu, non riesco a farmi capire

dalla governante.

MONICA. Hai passato la notte qui?

JOANNA. Sì, non trovi che Garry è stato un amore a darmi un

tetto? Ho fatto la cosa più stupida del mondo. Ho perso

la chiave di casa.

MONICA. Hai perso la chiave di casa?

JOANNA. Ero fuori di me dalla disperazione

improvvisamente ho pensato a Garry.

quando

MONICA. Improvvisamente hai pensato a Garry?

JOANNA. Perché continui a ripetere le mie parole?

MONICA. Non lo so. Non mi viene in mente nient’altro da dire.

JOANNA. Hai una faccia come se

passato la notte qui!

disapprovassi il fatto che ho

MONICA. Lo trovo di cattivo gusto, per non dire di peggio.

JOANNA. Sant’Iddio, ma perché? E’ stata una cosa naturalissima

date le circostanze.

MONICA. E Henry quando rientra?

JOANNA. Domattina

sapere?

col volo delle undici. C’è altro che vuoi

MONICA (lentamente). No, non credo di voler sapere altro.

JOANNA. Devo dire, Monica, che il tuo modo di fare mi dà un po’

fastidio. A sentirti si penserebbe che ho commesso

chissà che di orrendo.


MONICA.

E’ chiaro che in questo tu sei un giudice migliore di

me.

JOANNA.

Mi meraviglio che una persona vicina a Garry da tanti

anni come lo sei tu abbia una mentalità pruriginosa.

MONICA.

E questo di sicuro ti scandalizza.

JOANNA

(con grande aplomb). Non mi sento in grado di continuare

questa conversazione così poco spontanea prima di

avere avuto almeno un caffè. Non è che avresti la

gentilezza di accelerarmelo.

MONICA.

L’ho sempre saputo.

JOANNA

(irritabile). Cos’è che hai sempre saputo?

MONICA.

Che avresti portato dei guai. Be’, mi occupo del tuo

caffè. (Squilla il campanello dell’ingresso.) Arriva qualcuno. E’

meglio se torni nella stanza degli ospiti.

JOANNA

(sedendosi sul divano). Grazie, sto benissimo qui.

MONICA.

Come credi.

Esce nell’ingresso. Dopo un momento rientra seguita da LIZ.

LIZ, cui è appena stata comunicata la notizia, ha un’espressione studiata. Peraltro è

calmissima.

LIZ. Buongiorno, Joanna. Questa sì che è una sorpresa.

JOANNA. Liz! Ti ho telefonato per ore e ore ieri sera. Avevo perso

la chiave di casa ed ero completamente fuori di me. Ma

tu non c’eri.

LIZ. Sono stata in casa dalle dieci in poi. Si vede che hai

sbagliato numero.

JOANNA. Era il numero che mi hai dato tu.

LIZ (soave). E allora si vede che te lo avevo dato sbagliato.

MONICA. Se hai bisogno di me, Liz, io sono in ufficio.


LIZ. Sì che ho bisogno di te, Monica. Non ti muovere.

Entra FRED con un vassoio.

Sì che ho bisogno di te, Monica. Non ti muovere.

Entra FRED con un vassoio.

JOANNA (con esagerato sollievo). Ah, la colazione.

FRED. Dove lo vuole?

JOANNA. Qui, grazie.

FRED (a LIZ). Buongiorno, signorina.

LIZ. Buongiorno, Fred. Credo che la signora Lyppiatt

starebbe più comoda se prendesse il caffè nella stanza

degli ospiti.

JOANNA

(con fermezza). Preferirei qui, se non ti dispiace. Mi piace

seguire gli avvenimenti.

LIZ.

Posalo qui per il momento, Fred, lo decideremo dopo

dove prende il caffè la signora Lyppiatt.

JOANNA.

Io ho già deciso, Liz, ma sei carina a disturbarti tanto.

LIZ.

Basta così, grazie, Fred.

FRED.

Aggiudicato. Signorina… se serve qualcosa faccia uno

strillo.

LIZ.

Grazie… lo farò.

FRED sparisce dalla porta di servizio.

JOANNA

(versandosi il caffè). Apprendo che faceva il cameriere su

un transatlantico.

LIZ

(a MONICA). Immagino che Garry non sia stato ancora

chiamato.

LIZ.

No, non ancora.

JOANNA.

Bisogna svegliarlo subito, Liz. E’ una vergogna starsene

a letto in una bella giornata come questa… non fa

bene. Se non ci bada diventerà grasso e flaccido.


MONICA (una voce dal cuore). Magari si sbrigasse!

JOANNA. Chissà cosa mi avrà messo nel caffè, a parte il caffè,

voglio dire.

MONICA. Un pesticida, se ha un po’ di giudizio.

JOANNA.

MONICA.

Sai una cosa, Monica? Ti trovo piuttosto insolente.

Dicono che le segretarie degli uomini famosi sono

frustrate e possessive. E tu ti stai basando sul modello

classico.

La sola frustrazione che sento in questo momento è la

paura di finire sulla forca.

LIZ. Forse è meglio se vai in ufficio, Monica, dopotutto. La

situazione si sta facendo abbastanza tesa.

MONICA.

D’accordo.

LIZ.

Ti raggiungo tra un momento.

MONICA esce in ufficio e sbatte la porta.

JOANNA.

Poveretta, si è molto appassita dalla prima volta che l’ho

vista. Sarà pazzamente innamorata di Garry, come tutte

noi.

LIZ.

Come tutte noi, Joanna?

JOANNA.

Devo dire che lui è affascinante. Ieri sera abbiamo fatto

una conversazione deliziosa.

LIZ.

Credo che sarebbe meglio se né Henry né Morris

sapessero che hai passato la notte qui.

JOANNA.

E perché mai? A Henry certo non importerebbe.

LIZ.

Non ne sarei così sicura se fossi in te. In ogni caso, a

Morris importerebbe eccome.

JOANNA.

A Morris? E che diavolo c’entra Morris?


LIZ (con irritazione). Su, andiamo, Joanna!

JOANNA. Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando.

LIZ. Lasciamo stare le schermaglie, non abbiamo tempo da

perdere. Ascolta. Io so benissimo che hai tradito Henry

con Morris, quindi non devi disturbarti a negarlo

ancora.

JOANNA. E’ la più abominevole menzogna…

LIZ. Purtroppo sono stata a cena con Morris ieri sera. Era

molto scosso ed è diventato alquanto isterico, come sai

che a volte gli capita, e mi ha raccontato tutto.

JOANNA (cupamente). Ah. Ti ha raccontato tutto, eh?

LIZ. La cosa è perfettamente

vecchia data, sai. Tutti noi!

naturale. Siamo amici di

JOANNA. Come si permette

chiunque altro?

di parlare di me, con te o con

LIZ. Non essere sciocca, Joanna.

JOANNA (con amarezza). Una simpatica costellazione di piccoli

pianeti pettegoli che ruotano intorno al grande sole

glorioso.

LIZ. Ci stavo arrivando.

JOANNA. Fammi capire!

LIZ. Non voglio sapere cosa è successo questa notte, ma ti

dico una cosa. Il grande sole glorioso non si lascerà

intrappolare in questa storia se io posso impedirlo. E io

posso.

JOANNA. Vorrei tanto sapere come.

LIZ. Non credo che a Garry farebbe piacere apprendere che

sei stata l’amante di Morris oltre che la moglie di

Henry. E non credo che a Morris farebbe piacere


apprendere che sei stata

sospetto che tu sia stata. sospetto che tu sia stata.

l’amante di Garry, come

JOANNA. Ecco, sì, l’amante! Come nei melodrammi.

LIZ. E non credo che a Henry farebbe piacere apprendere

niente di tutto questo.

JOANNA. Stai cercando di ricattarmi?

LIZ. Ebbene, sì.

JOANNA. Vuoi dire che ti abbasseresti a raccontarlo a Garry?

LIZ. Sì. E anche a Morris, e a Henry. Lo dirò a tutti quanti se

non farai come dico.

JOANNA.

LIZ.

Magari sei ancora innamorata di Garry anche tu.

Neanche per sogno, ma anche se lo fossi la cosa non

c’entrerebbe affatto. Gli voglio bene,questo è certo.

Voglio bene a Henry e anche Morris. Siamo tutti uniti

da tanti anni, e ci vorrebbe ben altro che te per

rompere definitivamente questa unione. Ma anche se

sarebbe solo un disturbo temporaneo, non voglio

correre rischi. Tu farai quello che ti dirò.

JOANNA. Altrimenti?

LIZ. Altrimenti sarai fuori, mia cara, esclusa da tutti noi,

per sempre. Soprattutto da Garry… molto presto. E non

ti piacerà, lo sai bene. Sarebbe un grosso colpo alla tua

vanità.

JOANNA. Ne sei così sicura.

LIZ. Sicurissima. Lo conosco bene, Garry, sai. Dopotutto ne

ho avuto l’occasione.

JOANNA. E’ un peccato che tu lo abbia lasciato.

LIZ. Per lui credo di sì, è stato un peccato.


JOANNA. E perché sei così sicura che mi dispiacerebbe – così

terribilmente – l’idea di essere “esclusa” da tutti voi?

Hai detto così, vero?

LIZ. Soprattutto perché hai fatto degli sforzi così sovrumani

per essere inclusa.

JOANNA. Dacché sono al mondo nessuno mi ha mai parlato in

questo tono.

LIZ. Be’, approfitta dell’occasione. Non c’è molto tempo. Che

hai intenzione di fare?

JOANNA. Io? Non ho intenzione di fare proprio nulla.

LIZ. Sarai ragionevole e farai quello che ti chiedo, o no?

JOANNA. Ancora non mi hai chiesto niente.

LIZ. Mi devi promettere che non rivedrai

quando non sarà partito per l’Africa.

Garry fino a

JOANNA. Questa poi!

LIZ. Me lo prometti?

JOANNA. No, certo che no. Non ha senso. E anche se lo facessi,

come so che mi posso fidare di te? E Monica? Vogliamo

parlare di lei?

LIZ. Monica non aprirà bocca, e neanche io, se giuri di non

rivedere Garry prima della sua partenza per l’Africa.

JOANNA. Non posso non rivederlo. Come vuoi che lo eviti?

LIZ. Ti puoi ammalare. Puoi andare a Parigi. Dovunque.

JOANNA. Non ho intenzione di fare niente di simile.

LIZ. Benissimo. (Va alla porta di servizio e chiama.) Fred… Fred.

JOANNA. Sarai stata tu a sfasciare ogni cosa, non io.


FRED entra. entra.

FRED. Chiamava, signorina?

LIZ. Vai immediatamente a svegliare il signor Garry, per

favore.

FRED. Aggiudicato.

Si avvia per salire di sopra quando squilla il campanello dell’ingresso.

LIZ. Prima però apri la porta. (A JOANNA.) E’ Morris. Ieri sera

mi ha detto che veniva a parlare con Garrick alle

undici.

JOANNA

(mentre FRED esce in ingresso). Ascolta un momento, Liz…

LIZ.

Meglio così. Risolveremo più in fretta.

JOANNA

(alzandosi in piedi in fretta). Non posso affrontarlo. Sarebbe

troppo sgradevole. Farò come dici tu.

LIZ.

Giuri? Giuri di non rivederlo? Partirai?

JOANNA.

Sì, sì… lo giuro.

LIZ.

Presto, entra nella stanza degli ospiti. E non uscire

finché non ti chiamo io.

JOANNA schizza nella stanza degli ospiti e chiude la porta,

LIZ rapidamente si siede al tavolino e sorseggia il caffè di Joanna.

Rientra FRED.

FRED. E’ il signor Maule. Dice che ha un appuntamento.

LIZ. Il signor chi?

FRED. Maule. A me sembra un po’ uno smidollato.

LIZ. Santo cielo – be’, forse è meglio se lo fai entrare – se ne

occuperà la signorina Reed – ora glielo dico io.

FRED. Aggiudicato.


FRED torna nell’ingressotorna nell’ingresso.

LIZ corre alla porta dell’ufficio.

LIZ

(sottovoce, in tono impellente). Monica… Monica…

MONICA

(apparendo). Che c’è?

LIZ.

C’è un certo signor Maule.

Entra ROLAND MAULE.

ROLAND

(nervosamente). Buongiorno.

LIZ.

Buongiorno.

ROLAND.

Noi ci conosciamo già, si ricorda?

LIZ.

Sì, come no… l’altro ieri.

MONICA.

Lei ha un appuntamento col signor Essendine?

ROLAND.

Oh, sì, certo. Ci siamo parlati per telefono ieri sera. Mi

ha detto di venire alle dieci e mezza. Temo di essere

un po’ in ritardo.

MONICA.

E io temo che non potrà vederlo, ora come ora. Può

tornare tra un po’?

ROLAND.

Non c’è un posto dove posso aspettarlo?

MONICA.

Entri in ufficio un momento e scoprirò quand’è che il

signor Essendine potrà vederla.

ROLAND.

Molto gentile da parte sua… la ringrazio davvero.

MONICA.

Non c’è di che… da questa parte.

MONICA lo fa entrare nell’ufficio e chiude la porta.

FRED.

Non dovevo farlo entrare?


MONICA.

Non lo so. Dice che il signor Garry gli ha detto di

venire, anche se io ho i miei dubbi. Meglio che vai a

svegliarlo e glielo dici.

LIZ. No, Monica.

dorma un po’.

Non svegliarlo ancora. Preferisco che

MONICA. Va bene, Fred. Lo chiamiamo dopo.

FRED. Per me…

FRED esce dalla porta di servizio.

LIZ.

Ascolta, Monica. Ho garantito che tu ed io non diremo

una parola a Henry o a Morris o a chicchessia sul fatto

che lei è stata qui se in cambio lei giura di non

rivedere più Garry fino alla sua partenza.

MONICA.

E ha giurato?

LIZ.

Sì. Però Morris può piombare qui da un momento

all’altro, e la situazione si farà spinosa. C’è un telefono

nella stanza degli ospiti?

MONICA.

Sì.

LIZ.

E il numero è lo stesso di qui, o è diverso?

MONICA.

E’ la linea privata. Questo qui è una derivazione

dell’ufficio.

LIZ.

Com’è il numero?

MONICA.

Fammi pensare… la linea privata… Sloane 2642.

Squilla il campanello dell’ingresso.

LIZ.

Eccolo. Lascia fare a me. Ti spiego dopo.

Corre nella stanza degli ospiti e vi entra, chiudendosi la porta alle spalle.

MONICA va all’ufficio e apre la porta.

MONICA.

Oh, signor Maule, ma che sta facendo?

Esce e chiude la porta.


FRED entra dalla porta di servizio e passa in ingresso. entra dalla porta di servizio e passa in ingresso.

GARRY appare in cima alla scala, vestito di tutto punto e col cappello in testa. Scende

i gradini furtivamente e si trova faccia a faccia con MORRIS.

MORRIS.

Garry! Dove vai?

GARRY

(un po’ confuso). Fuori.

MORRIS.

Fuori dove?

GARRY.

Fuori e basta. Potrò anche uscire se ne ho voglia, no?

FRED.

Non avevo idea che si fosse alzato! Certo che è un tipo

balzano, lei.

GARRY.

Fred, non essere impertinente. Vai via.

FRED.

D’accordo… d’accordo. Il signore è nell’ufficio e la

signora nella stanza degli ospiti in caso li voglia.

FRED esce allegramente.

GARRY. Ma che sta dicendo! Quello dà i numeri.

MORRIS. Una signora! Davvero, Garry, sei impossibile. Chi è?

GARRY. Traboccherei di gratitudine se tutti quanti si

impicciassero degli affaracci loro.

MORRIS. Per amor di Dio, sbarazzati di lei… ti devo parlare…

sono messo molto male…

GARRY. Di che si tratta?

MORRIS. Prima sbarazzati di lei, chiunque sia. Come niente è lì

che sta con l’orecchio incollato al buco della serratura.

GARRY. Come faccio a sbarazzarmene? Magari è al bagno.

MORRIS. Allora dille di sbrigarsi.

GARRY. Senti un momento, Morris…

MORRIS. Se non ci vai tu, ci vado io.

Si dirige a gran passi verso la porta della stanza degli ospiti.


GARRY. Morris… ti proibisco di entrare in quella stanza.

MORRIS (forte, bussando alla porta). Le dispiacerebbe venir fuori…

appena può?

LIZ (entrando e chiudendosi la porta alle spalle). Arrivo.

incipriarmi il naso.

Il tempo di

MORRIS. Liz! Ma sei tu!

LIZ. Si capisce. Chi credevi che fossi?

MORRIS (a Garry). Perché diavolo la facevi tanto lunga,?

GARRY. Non so di cosa stai parlando.

LIZ. Perché tutt’a un tratto sei vestito da capo a piedi? Pochi

minuti fa dormivi.

GARRY. Macché, figuriamoci. Anzi, probabilmente non riuscirò

a dormire mai più.

LIZ. Rimorsi di coscienza?

GARRY. Neanche per tutto l’oro del mondo riesco a immaginare

perché tutti debbano trattarmi come una pezza da

piedi! Prepotenze, interrogatori, ordini, dalla mattina

alla sera. Non vedo l’ora di andare in Africa! Pur di

allontanarmi da tutti voi.

LIZ. Se pensi che sprofonderemo nel dolore…

MORRIS. Vi supplico, smettete di punzecchiarvi, voi due.

sono in uno stato spaventoso.

Io

GARRY,

MORRIS.

Per cosa?

Liz lo sa… gliel’ho detto ieri sera.

GARRY. Che cosa sa Liz? Che le hai detto ieri sera?

LIZ. Controllati, Morris. Bevi qualcosa. Cerca di non fare il

cretino.


MORRIS.

Non voglio bere proprio niente. Se bevessi sarebbe

ancora peggio. E’ sempre così.

GARRY.

Questa conversazione è affascinante, ma devo dire che

ne apprezzerei di più le sfumature se avessi la minima

idea del soggetto.

MORRIS.

Garry, sono tre notti che non dormo… Da quando ci

siamo parlati l’altro giorno.

LIZ.

Oh, Dio!

GARRY.

E perché non dormi?

MORRIS.

Le mie ossessioni: un disastro. Tu lo sai come divento

quando mi viene un’ossessione. Senza contare che ti

ho mentito.

GARRY

(seccamente). Mi hai mentito? E come?

MORRIS.

Io e Joanna ci amiamo, Garry.

GARRY

(dopo una breve pausa – guardando LIZ). Ah!

MORRIS.

Dura da parecchi mesi, ma abbiamo fatto il patto di

negare con chiunque, qualunque cosa succeda, per

non rovinare tutto quanto. Però io non sono abituato a

mentire a te – non l’ho mai fatto prima, e mi sta facendo

diventare totalmente pazzo. Ieri pomeriggio non ce l’ho

fatta più e ho detto a Joanna che te lo avrei raccontato.

Lei si è inferocita e ha detto che non mi avrebbe mai

più rivolto la parola. Se n’è andata. Mi ha piantato in

asso. E’ da allora che la cerco. E’ sparita. La servitù dice

che non è tornata questa notte. Ho il terrore che le sia

successo qualcosa.

LIZ.

Magari è così.

MORRIS.

A te non va a genio, Liz, l’hai sempre avuta in antipatia.

Neanche a me è troppo simpatica, in fondo. Però l’amo.


LIZ. Che storia commovente, vero, Garry? Puoi smettere di

tormentarti, Morris. Joanna ha passato la notte da me.

MORRIS. Da te?

LIZ

(malignetta). Sì, sul divano. Aveva perso la chiave di casa.

E’ ancora lì. Le ho detto che ti avrei detto di telefonarle

se ti avessi visto.

MORRIS.

Ci vado subito.

LIZ.

Meglio se prima telefoni e controlli che ci sia ancora…

magari è uscita. Ti faccio il numero.

Compone un numero. GARRY la guarda affascinato. Parla.

Pronto… Maggie? E’ ancora lì la signora Lyppiatt?

…Bene. …Tieni, Morris…

Gli porge il telefono a va da GARRY.

LIZ (piano, a GARRY). Inconcepibile idiota.

MORRIS (al telefono). Joanna! …Sì, sono io, Morris… Sono stato

così in pensiero, perché non mi hai detto che eri da

Liz…

GARRY (sibilando, a LIZ). Come hai fatto a farla uscire?

LIZ. Non è uscita, è di là, sull’altra linea.

MORRIS. Credevo che ti fosse successo qualcosa. …Sì, sono allo

studio… No, solo Liz e Garry… Sì, certo, ho dovuto…

Come puoi essere così crudele! …Ascolta, Joanna… Io

ti devo vedere… Joanna! …(A LIZ e GARRY.) Ha attaccato!

GARRY. Così impari.

MORRIS (freneticamente). Devo vederla… devo vederla… E ora che

faccio?

GARRY. Controllati. Non essere isterico!

MORRIS. Io vado a casa di Liz.

GARRY. Neanche per sogno. Tu vieni con me.


MORRIS.

Con te? E dove?

GARRY

(a casaccio). Al parco di Hampstead.

MORRIS.

Sei crudele e senza cuore a prendermi in giro in un

momento come questo, quando sai che sono

completamente distrutto.

GARRY.

Non ti sto affatto prendendo in giro. Cos’ha che non va

il parco di Hampstead? Neanche ti avessi proposto di

andare all’Isola dei Dannati.

LIZ.

Calma, Garry. E tu, Morris, stai a sentire. Davvero è

meglio che non cerchi di vedere Joanna nello stato in

cui ti trovi. Bevi qualcosa e calmati… La vedrai più

tardi, oggi stesso.

LIZ versa da bere a MORRIS e gli porge il bicchiere.

GARRY

(con violenza). Sono circondato da menzogne e intrighi e

da sentimentalismi disgustosi! Ve lo dico qui chiaro e

tondo: non sono disposto a tollerare questo andazzo

per un altro minuto. Passo tutta la vita a cercare di

aiutare il prossimo, a distribuire consigli saggi ed

equilibrati, a parare per gli altri le mazzate del Fato.

Con quale risultato? Tutti ingrassano a mie spese! Mi

succhiano ogni grammo di vitalità fino a ridurmi come

un relitto smidollato, dopodiché si aspettano che io

vada a vagabondare in tutta l’Africa nera per farli

arricchire tutti quanti. Ma adesso basta! Non ne posso

più. Se mai tento di conquistarmi una briciola di

felicità, un poco di allegria, un minimo di relax, vengo

accusato di essere immorale e indecoroso e di gettare

fango sulla mia posizione sociale. Bella posizione!

Sono come un piccolo scarafaggio spaventato che si

rannicchia nell’ombra nel disperato tentativo di

ripararsi dall’accecante, spietata luce della critica che

perennemente scroscia su di me…

MONICA

(entrando). Avevi o non avevi dato un appuntamento al

signor Maule questa mattina?

GARRY.

Assolutissimamente no. Quell’individuo mi terrorizza.


MONICA.

Bene, è qui…

ROLAND entra dall’ufficio.

ROLAND.

E’ vero, ho mentito in modo imperdonabile

sull’appuntamento, ma devo vederla… è molto, molto

importante.

MONICA.

Oh, signor Maule, aveva promesso di restare

nell’ufficio.

ROLAND

(ignorandola). Voglio dirle che va bene.

GARRY.

Che cos’è che va bene?

ROLAND

(con fervore). Quello che provavo per lei… ho fatto

chiarezza su tutta la faccenda.

GARRY.

Sono assolutamente incantato e mi rallegro con lei dal

più profondo del cuore. Però adesso se ne deve proprio

andare.

Uno squillo del campanello dell’ingresso.

MONICA.

Per favore vada via ora, signor Maule. Il signor

Essendine è in riunione.

GARRY.

Ve la do io, la riunione. (Il campanello squilla ancora, con

insistenza.) Fred… Miss Erikson! – C’è qualcuno alla

porta. Non ho la più vaga idea di chi possa essere, ma

senza dubbio sarà qualche storpio evaso dal

manicomio che si è follemente innamorato di me!

MONICA. Vado io.

Va in ingresso.

LIZ.

Signor Maule, credo veramente che farebbe meglio a

tornare più tardi.

ROLAND.

Non posso restare ancora un poco? Vede, ogni

momento che passo accanto a lui mi rilasso e mi


rilasso e mi rilasso, tutto il mio ritmo migliora

incredibilmente.

migliora

incredibilmente.

Entra HENRY molto rapidamente, seguito da MONICA. Si trova evidentemente in

stato di grande agitazione.

HENRY. Dov’è Joanna? E’ sparita.

GARRY. Non dovevi tornare domani?

HENRY. Non è mai rincasata questa notte, nessuno sa dove si

trovi.

LIZ.

E’ tutto a posto, Henry, è stata da me.

HENRY.

Ma ho chiamato Maggie e mi ha detto che non l’aveva

vista.

LIZ.

C’è un motivo, te lo spiego dopo.

HENRY.

E’ successo qualcosa. Ho avuto un presentimento in

aereo.

GARRY.

Anch’io ho sempre un presentimento in aereo, il

presentimento che sto per dare di stomaco! Ed è quello

che mi sta succedendo adesso!

HENRY.

Ma perché Maggie ha detto..

LIZ.

Se non mi credi, parlaci tu! Monica, mi chiami casa

mia, per favore?

MONICA va al telefono e comincia a comporre il numero.

ROLAND

(andando da HENRY e dandogli la mano). Piacere. Io mi

chiamo Roland Maule.

HENRY

(astratto). Piacere.

ROLAND

(dando la mano a MORRIS). Roland Maule. Non ci siamo

presentati.

GARRY.

Per favore, signor Maule, se ne vada.


MONICA

(al telefono). Pronto… Joanna! …Resta in linea. C’è

Henry che ti vuole parlare… Sì, è qui… Nello studio…

(Passa il telefono a HENRY).

HENRY.

Tesoro… mi hai fatto prendere uno spavento! – No,

avevo finito tutto ieri, non c’era motivo di restare… ho

telegrafato. …Come facevo a indovinarlo? …Sì, siamo

tutti qui… No, credo che dovrò fare colazione con

Morris, abbiamo qualche difficoltà per trovare un teatro

per Garry questo autunno… Torni a casa? …D’accordo,

io vengo lì a cambiarmi diciamo tra mezz’ora…

Benissimo, tesoro. Glielo dico… (A LIZ). Dice che ece

tra un minuto.

LIZ.

Dille di restare ferma dov’è, tra un attimo vado io da lei.

HENRY

(al telefono). Dice Liz di restare lì dove sei, che viene

subito da te… Cosa? …Joanna, ma che ti prende?

(A LIZ). Dice che le sembra di stare in una pochade

francese e che non ne può più. Sembra alterata.

LIZ.

E’ il telefono, non fa altro che suonare. Dille di

staccarlo.

HENRY

(al telefono). Liz dice di staccare il telefono… Joanna…

Pronto… (A tutti.) Ha riattaccato.

Durante la conversazione precedente è squillato di nuovo il campanello dell’ingresso.

FRED è uscito dalla porta di servizio ed è andato ad aprire. Ora ritorna dall’ingresso.

FRED.

Signorina Reed, lì fuori c’è una certa Lady Saltburn.

Dice che ha un appuntamento per le undici e mezza.

GARRY.

Chi?

MONICA

(inorridita). Oddio! Che giorno è oggi?

GARRY.

Mercoledì… delle ceneri.

MONICA.

Mercoledì…me l’ero completamente dimenticata… La

nipote di Lady Saltburn… Avevi promesso di farle

un’audizione e poi di raccomandarla all’Accademia

d’Arte Drammatica o qualcosa del genere. Non ti

ricordi?


GARRY.

No, non mi ricordo. Che sia allontanata

immediatamente.

MONICA.

Non possiamo allontanare Lady Saltburn. Ci ha dato

cinquanta sterline per la Casa di Riposo degli Attori.

GARRY.

Come vuoi che mi metta a ascoltare la nipote di

chicchessia, proprio questa mattina? Sono già sull’orlo

di un esaurimento nervoso.

HENRY.

Perché, che è successo?

GARRY.

Troppe cose sono successe, Henry! Troppe!

MONICA.

Devi vederla, ti basta un minuto, altrimenti sarebbe

una villanata. E lo avevi promesso! Fred, falla entrare.

FRED.

Aggiudicato. (Va in ingresso.)

ROLAND

(con la sua risata-nitrito). Molto emozionante tutto questo,

no?

MORRIS.

Noi è meglio che ce ne andiamo… Garry, torno più

tardi. Liz, Henry…

HENRY.

Va bene. Raggiungiamo Joanna a casa di Liz. E’ qui

dietro l’angolo.

MORRIS

(in preda al panico). No… io devo passare in ufficio e tu

devi venire con me… è urgente.

FRED

(annunciando). Lady Saltburn. La signorina Stillington.

GARRY

(amaramente). Grazie, Monica, sei sempre di grande

consolazione!

Entra LADY SALTBURN accompagnata da DAPHNE STILLINGTON.

LADY SALTBURN è una signora mondana maestosa ma alquanto estroversa.

DAPHNE ha un’espressione di sussiego sociale. Ha un luccichio negli occhi.

LADY S.

(avanzando verso GARRY). Signor Essendine, lei è

veramente squisito.

GARRY

(dandole la mano). Per carità… è un piacere.


LADY S. Questa è mia nipote Daphne. Credo che lei abbia

conosciuta sua madre anni fa. Come saprà, è venuta a

mancare… in Africa.

GARRY (dando la mano a DAPHNE). Piacere.

DAPHNE. Morivo dalla voglia di conoscerla, signor Essendine.

(Con intensità.) Ho adorato tutte le cose che ha fatto.

GARRY. Molto carino da parte sua.

LADY S. Non sa il tormento che mi ha dato Daphne fino a

quando non ho chiamato la sua segretaria

implorandola di concederci un appuntamento. Lei ci

tiene in una maniera tale…

GARRY. Non ne dubito. (Scocca uno sguardo furioso a DAPHNE.) Mi

permetta di presentarle tutti quanti. Mia moglie, la mia

segretaria, la signorina Reed…

LADY S. Piacere… Piacere, lei è stata così gentile al telefono.

GARRY. Il signor Dixon… il signor Lyppiatt… e il signor Maule.

LADY S. Piacere. Be’, Daphne, cara, che ne

chiama uno sguardo dietro le quinte.

dici? Questo si

DAPHNE. E’ il momento più emozionante della mia vita, signor

Essendine. Mi sono sempre domandata com’era lei da

vicino.

LADY S. Tesoro, non

Essendine.

devi mettere in imbarazzo il signor

DAPHNE. Sono sicura che capisce… vero, signor Essendine?

GARRY. Ma certo, mia cara, capisco perfettamente, però tempo

di non poterle dare che pochi minuti… vede, ora come

ora ho tutti i preparativi per la mia tournée… (scocca uno

sguardo a LADY SALTBURN) …in Africa.


LADY S.

Non mi ero resa conto che stava per andare in Africa.

Com’è interessante! Deve assolutamente andare a

trovare mio cognato, abita in cima a una montagna di

una bellezza straordinaria.

HENRY

(a LADY SALTBURN). Lei ci perdonerà, ma adesso

dobbiamo proprio andare… dobbiamo affacciarci in

ufficio. Arrivederci.

LADY S.

Che peccato. Arrivederci.

HENRY.

Morris? Liz?

LIZ.

Io resto ancora un momento… vi raggiungo dopo.

MORRIS.

Arrivederla, Lady Saltburn… (si inchina a DAPHNE)

…Arrivederla.

GARRY.

Arrivederci, signor Maule.

ROLAND.

Resto anch’io.

MORRIS e HENRY escono. MONICA e LIZ scambiano sguardi di sollievo.

MONICA.

Non vuole accomodarsi, Lady Saltburn?

LADY S.

Grazie. (Si siede.) Sei pronta, Daphne? Lo sai quanto ha

da fare il signor Essendine. Il solo fatto che ci riceva è

di una cortesia straordinaria. Non dobbiamo abusarne.

DAPHNE

(quasi con sfida). Sì… sono pronta.

GARRY.

Che cosa ci fa ascoltare?

DAPHNE

(guardandolo negli occhi). Niente di speciale… non voglio

annoiarla. Vede, ci tengo tanto a farmi sentire da lei…

non sa che significato abbia per me… lei mi sentirà,

vero? – mi può sentire, no?... E non ce l’ha con me?

LADY S.

Daphne… ma che dici! Di che stai parlando?

DAPHNE.

Il signor Essendine capisce, vero, signor Essendine?


GARRY. . Il signor Essendine capisce sempre tutto. Passa la sua

intera esistenza a capire assolutamente qualsiasi cosa

compreso quello che a quanto pare nessun altro riesce

a capire – e questa tensione costante lo sta portando

passo passo verso il suicidio!

LIZ. Non darti troppe arie, Garry.

GARRY. Mia moglie, Lady Saltburn, mi ha lasciato parecchi

anni fa. Da allora il rimorso non le dà tregua, donde

questa sua amarezza.

ROLAND. Non c’è niente di peggio del rimorso. Guardate Cecov!

Lui sì che lo sapeva.

GARRY.

DAPHNE.

Adesso non abbiamo il tempo di occuparci di Cecov,

signor Maule. (A DAPHNE.) La prego, non si emozioni.

Che cosa fa, canta?

Non mi emoziono affatto, ma vorrei che non fosse così

lontano. Non canto… dirò semplicemente pochi versi…

GARRY (mettendosi a sedere). Benissimo… fuoco.

DAPHNE si mette accanto al pianoforte e lo fissa negli occhi. Attacca.

DAPHNE.

“Non siamo tu ed io più gli stessi Io

ho il cuore pesante nel petto

E tu che non lo confessi

Mi guardi con qualche sospetto.

Ormai ci divide il non detto.

“Svanito per sempre è il momento:

Un lampo che guizza e scompare

Qual fiocco di neve d’argento

O raggio di sole sul mare

Che l’ombra fa presto a celare…

“Quando è così intensa la gioia

Poi breve è la vita del fiore.

Che almeno il ricordo non muoia:

Sì, prima che regni il dolore

Lasciamoci senza rancore.”


Durante l’ultima strofa JOANNA sbuca velocemente dalla stanza degli ospiti. Indossa

l’abito da sera e la cappa della sera prima. E’ evidentemente furibonda.

JOANNA sbuca velocemente dalla stanza degli ospiti. Indossa

l’abito da sera e la cappa della sera prima. E’ evidentemente furibonda.

JOANNA

(furiosa). Quella stanza è una cella frigorifera e non ho

intenzione di restarci un altro minuto. Qualcuno ha la

gentilezza di chiamarmi un taxi?

DAPHNE

(interrompendosi). Oh! …Oh santo cielo!

LIZ.

Prendi la mia macchina, Joanna, è al portone.

DAPHNE

(con violenza). L’autista ha i capelli rossi e si chiama

Frobisher!

LADY S.

Daphne!

JOANNA.

Grazie infinite. (A GARRY.) Non ti rivedrò, Garry, perché

domani vado a Parigi per un mese, quindi ti saluto ora.

Spero che quando andrai in Africa avrai il buon senso

di portarti dietro tutti i tuoi fedeli, fidatissimi satelliti.

E’ rischioso per una stellina di latta andarsene in giro

a brillare sola e priva di protezione. Ti prego di non

credere che io non mi sia goduta intensamente questo

circo. Me lo sono goduto. Ma nei circhi che conosco io

chi fa schioccare la frusta è il direttore, non i

pagliacci. Addio!

Esce in un turbine.

DAPHNE emette un grido acuto e sviene di colpo.

LADY SALTBURN e MONICA corrono al suo soccorso.

ROLAND

(esultante). Ma è fantastico! Fantastico! Mi sento

rinascere.

GARRY.

Oh, ma vada all’inferno!

SIPARIO


ATTO III

Una settimana dopo l’atto precedente. L’ora è tra le nove e le dieci di sera.

GARRY parte per l’Africa domattina molto presto, ragion per cui ci sono in giro vari

bauli e valige. C’è stato un cocktail di addio e quindi c’è un tavolo con resti di un

buffet, e dappertutto sono sparsi bicchieri e vassoi.

Con addosso l’inevitabile vestaglia – ma sotto è vestito di tutto punto – GARRY sta

gustando un pasto leggero al tavolinetto delle carte.

MONICA è seduta sul divano con in grembo un ampio fascio di lettere, e ce ne sono

molte altre sparpagliate sul divano intorno a lei. Ai suoi piedi c’è un cestino della carta

straccia.

Alla levata del sipario MONICA sta leggendo ad alta voce una lettera.

MONICA

(legge). …Non dimenticherò mai quei bellissimi giorni a

Madera e i nostri picnic sugli scogli. Quanto ci siamo

divertiti! E’ stato fantastico arrivare a conoscerti così

intimamente senza tutte quelle folle che di solito ti

circondano da mattina a sera. Non riuscirò mai a dirti

quanto questo sia stato importante per me. E ora, ecco

la grande notizia. Vengo in Inghilterra! Pensa un po’!

Arrivo il ventotto e resterò a Londra per tre intere

settimane. Scendo all’Hotel Rubens. Ti ricordi che mi

dicesti di avvertirti per tempo se mai fossi venuta? Così,

ti avverto. Non vedo l’ora di rivederti. Tutto il mio

amore e tanti splendidi ricordi. La tua Winnie.

GARRY.

Povera Winnie. La data?

MONICA.

Sette novembre.

GARRY.

Più di sei mesi fa. A quest’ora sarà ripartita.

MONICA.

Mi avevi detto di metterla nella cartella “Anime morte.”

GARRY.

Be’, ormai è tardi per rispondere.

MONICA

(stracciando la lettera). Direi. Sarebbe stata una bella

seccatura in ogni caso. Tu però ricordati che la tua

nave fa scalo a Madera tra pochi giorni. Ti consiglierei

di restare chiuso in cabina.

GARRY.

Macché. Vuol dire che se per caso la incontro le dico

che la lettera non mi è mai arrivata. Tutta colpa della

mia segretaria. … Quante ce ne sono ancora?


MONICANICA.

Una ventina.

GARRY.

Non ne posso più. Rimettile nelle Anime Morte fino al

mio ritorno.

MONICA.

Va bene. Ma almeno questa ascoltala. Lady Sarah

Walsingham chiede con molta cortesia se sei disposto a

consegnare i premi a un ballo in costume di

beneficenza che darà il dodici novembre. Ci saranno

membri della Famiglia Reale.

GARRY.

E perché non li consegnano loro, i premi?

MONICA.

Perché lei lo ha chiesto a te, immagino… non potete

mettervi a consegnarli tutti quanti.

GARRY.

Garbato rifiuto.

MONICA. Che scusa gli do?

perché invece sarai

anticipo.

Non posso dire che non ci sarai,

qui. Ha scritto con un tale

GARRY. L’astuta vecchiarda!

MONICA.

Io penso che veramente dovresti dire di sì. Lei è stata

così gentile con noi quando facemmo quella

pomeridiana.

GARRY.

Ah, quella lì! Ma sì, è un tesoro… allora accetto… dille

che sarà un grande piacere.

Entra FRED dalla porta di servizio. E’ di nuovo in abito da sera.

FRED.

Finito col vassoio? Io bisogna che vada.

GARRY.

E’ tutto imballato?

FRED.

Tutto meno le cose dell’ultimo momento, da infilare

domattina.

GARRY.

Dunque questo è il canto del cigno della povera Doris?


FRED. Che vuol direChe vuol dire?

GARRY. Niente… non ha nessuna importanza.

FRED (prendendo il vassoio). Viene domattina alla stazione a

salutarci, non le dispiace, vero?

GARRY.

Anzi, non vedo l’ora.

FRED sparisce col vassoio.

MONICA (raccogliendo le lettere). Adesso devo andare a casa.

GARRY. Non mi lasciare solo… mi sento un po’ giù.

MONICA. Volevi tanto la pace neanche cinque minuti fa. Sarò

qui domattina molto presto.

GARRY. Perché non parti con me? Mi appiopperanno qualche

tremenda africana presa sul posto e sarò smarrito.

MONICA.

Liz viene alla stazione?

GARRY

(voltandosi dall’altra parte). No.

MONICA.

Perché non fai un salto e la vai a trovare?

GARRY.

Lo sai benissimo. E’ ancora sdegnata. Non la vedo da

una settimana.

MONICA.

Ma hai provato?

GARRY.

Si capisce. Le ho telefonato tre volte. Ogni volta mi ha

parlato con pazienza e distacco, come a un bambino

idiota. Un altro po’ e mi sillabava le parole.

MONICA.

Vuoi che faccia un tentativo?

GARRY.

No. Se si vuole comportare come una istitutrice offesa

che soffre di emorroidi, faccia pure.

MONICA.

Non posso darle torto, sai. Avevi un po’ esagerato.


GARRY. Per l’amor di Dio adesso non ti ci mettere anche tu.

MONICA (con un sorrisetto). Le porto in ufficio.

Per l’amor di Dio adesso non ti ci mettere anche tu.

MONICA (con un sorrisetto). Le porto in ufficio.

Va nell’ufficio con le lettere.

FRED esce dalla porta di servizio col cappello in testa.

FRED. Serve altro?

GARRY. No, grazie.

FRED. E’ un bel casino qua dentro. Quanti eravate?

GARRY. Non lo so, una sessantina, direi.

FRED. Be’, tra tutti quanti hanno buttato giù abbastanza gin

da farci galleggiare la Queen Mary.

GARRY. Domattina mi svegli alle otto. Dobbiamo andare via di

qui alle dieci.

FRED. Aggiudicato.

GARRY. Buonanotte, Fred… divertiti.

FRED. Altrettanto… faccia il bravo.

FRED esce.

GARRY gira per la stanza vuotando i portacenere nel cestino della carta straccia.

MONICA viene fuori dall’ufficio con cappello e soprabito.

MONICA.

A proposito, se suona il telefono fa’ attenzione. Ronald

Maule non ha mai smesso di chiamare tutta la

settimana.

GARRY. Se piombasse qui

Almeno sarebbe

psicologico.

stasera

interessmi farebbe quasi piacere.

ante dal punto di vista

MONICA. Già, come Hitler.

GARRY. Mi sento come svuotato. Sarà così per tutti, prima di

una partenza.


MONICA.

Se sei solo è colpa tua e lo sai benissimo. Hai rifiutato

tutte le proposte. Hai implorato che ti concedessero

qualche ora di solitudine, hai detto che se non te la

davano ti buttavi dalla finestra e che allora tutti ci

saremmo pentiti.

GARRY.

Tu di certo non ti pentiresti.

MONICA.

Su, su, su, sei grandicello ormai. Quanti ne compi a

dicembre?

GARRY.

Uffa. Non sei divertente.

MONICA

(dandogli un bacio). Buonanotte, caro. Ci vediamo

domattina.

GARRY.

Ti invidio, Monica, tu non ti scomponi mai. Sempre

efficiente. Attraversi la vita dritta come una tremenda

vecchia nave da guerra.

MONICA.

Grazie, caro, un complimento incantevole.

Buonanotte.

GARRY. Buonanotte.

MONICA esce.

Lui continua a vuotare i portacenere.

Squilla il telefono. Corre a rispondere.

GARRY.

Pronto, pronto… No, non c’è.

Riappende.

MISS ERIKSON entra dalla porta di servizio, con addosso soprabito e cappello.

MISS E. Io vado, signor Essendine. Ha tutto quello che voleva?

GARRY. Francamente, Miss Erikson, no. Non ho niente di

quello che vorrei.

MISS E. Oh, che peccato.

GARRY. Perché, lei ce l’ha? Qualcuno di noi ce l’ha… quello

che vuole?


MISS E.

(con una risatine). Oh, signor Essendine, lei sta recitando!

Per un momento mi aveva confusa.

GARRY.

Lei fa una vita singolare, Miss Essendine. Le piace?

MISS E.

Sì, certo.

GARRY. Me la descriva, dalla A alla Z.

Una lunga pausa. GARRYvorrebbe evidentemente fare conversazione, ma MISS

ERIKSON non vuole rinunciare a un minuto del suo tempo libero. Alla fine è lei a

rompere il silenzio.

MISS E.

Be’, a questo punto devo proprio andare.

GARRY.

La ringrazio molto, Miss Erikson. E’ stato davvero

interessante.

MISS E. Non c’è di che. Buonanotte.

MISS ERIKSON esce.

GARRY si lascia cadere sul divano con un libro e cerca di leggere. Ben presto però lo

butta via e va al telefono. Compone un numero e aspetta. Evidentemente non c’è

risposta. Riappende e gira per la stanza.

Squilla il campanello dell’ingresso.

GARRY trasalisce leggermente e poi va ad aprire. Sentiamo nell’ingresso la sua voce

che dice “Daphne”.

DAPHNE entra con in mano una valigetta. Indossa un soprabito da viaggio e un

cappello. E’ abbastanza nervosa ma evidentemente determinata.

GARRY (con apprensione). Daphne, mia cara… ma che bel

pensiero… sei venuta a salutarmi.

DAPHNE (con voce sforzata). Non sono venuta a salutarti.

GARRY. Che vuoi dire?

DAPHNE. Vengo con te. Mi sono comprata un biglietto oggi

pomeriggio.

GARRY. Che hai fatto?!

DAPHNE.

Sono scappata – ho lasciato due righe per mia zia –

vedi, a questo punto io so qualcosa – lo so da tutta la

settimana, in realtà, sin da quella tremenda mattina


quando sono svenuta – so che tu hai bisogno di me

almeno quanto io di te – No, ti prego, non dire niente,

lasciami finire – ci ho riflettuto parecchio. Lo so, sono

molto più giovane di te eccetera eccetera, però posso

darti una mano…

– so che tu hai bisogno di me

almeno quanto io di te – No, ti prego, non dire niente,

lasciami finire – ci ho riflettuto parecchio. Lo so, sono

molto più giovane di te eccetera eccetera, però posso

darti una mano…

GARRY. Daphne, mia cara, questa è una assurdità. Devi tornare

subito a casa.

DAPHNE (togliendosi il cappello). Sapevo che avresti detto così.

GARRY. Rimettiti il cappello, per piacere, e non fare la sciocca.

DAPHNE. Ti conosco molto meglio di quanto tu creda. So quando

reciti e quando non reciti. In questo momento stai

recitando.

GARRY. Ma neanche per sogno!

DAPHNE. Recitavi quando hai fatto finta di essere seccato,

quando sono venuta e ho fatto l’audizione. Però poi

quando mi hai detto addio con tanta dolcezza, l’altro

giorno, allora non recitavi. Ti eri tolto la maschera,

allora… è così, vero? E’ così?

GARRY. Ascolta un momento, cara bambina…

DAPHNE. Mercoledì mi sono vergognata in un primo momento,

mi sono vergognata per quel trucco di farti telefonare

dalla zia per chiederti l’audizione, ma poi quando mi

sono trovata qui sono stata felice..

GARRY. Ah, sei stata felice, eh?

DAPHNE (con esultanza). Sì. Per questo sono svenuta, credo.

Capisci, d’un tratto mi sono resa conto della verità.

GARRY. Di quale verità?

DAPHNE. Di quanto disperatamente solo tu fossi in realtà,

nonostante tutte quelle persone che hai intorno,

nonostante tutto il tuo successo… Quando ho visto

uscire dalla stanza degli ospiti quella orribile


prostituta, con addosso quell’abito da sera da quattro

soldi. soldi.

GARRY (con agghiacciante solennità). Non era affatto una prostituta.

Era la moglie di uno dei miei più cari amici!

DAPHNE. No, Garry… tu non mi puoi ingannare… io lo so.

GARRY. Una volta per tutte, Daphne, voglio dichiarare forte e

chiaro che non sto recitando. Sto parlando con tutta la

sincerità di cui sono capace. E ti ordino di rimetterti il

cappello, di saltare dentro un taxi e di tornare dritta da

tua zia.

DAPHNE.

No… non ti devi spaventare… non ti chiederò

assolutamente nulla. Non voglio che mi sposi o niente

del genere. Vengo con te, tutto qui. In banca ho un bel

po’ di denaro, e il direttore ha detto che mi farà aprire

un conto a Johannesburg. Io sarò semplicemente lì

quando sarai stanco e ti sentirai solo e vorrai sentirti

stretto dalle braccia di qualcuno. Non ti frequenterò

nemmeno sulla nave se non vorrai. Del resto in mare

non me la cavo troppo bene.

Squilla il campanello dell’ingresso.

GARRY.

E’ il campanello dell’ingresso.

DAPHNE.

E chi è?

GARRY.

Che ne so? Meglio se vai nella stanza degli ospiti.

DAPHNE.

No, Garry,ti prego . Non la stanza degli ospiti.

GARRY.

D’accordo, allora l’ufficio, ma sbrigati.

DAPHNE.

Liberatene presto, prometti! Chiunque sia.

GARRY. Il tuo cappello… non discutere.

La spinge nell’ufficio e va in ingresso. Il dialogo seguente si sente da dentro.

ROLAND.

Mi scusi… ma devo vederla.


GARRY.

Sono desolato ma non è possibile. Sto per andare a

letto.

ROLAND.

Purtroppo devo insistere. E’ questione di vita o di

morte.

GARRY.

Entra ROLANLa prego di andarsene immediatamente.

D seguito da GARRY.

GARRY. E’ veramente insopportabile.

irrompere così in casa mia?

Come si permette di

ROLAND. Bravo… gridi…

arrabbia!

gridi… lei è magnifico quando si

GARRY.

Le dirò una cosa, giovanotto – lei è un pazzo furioso,

tutto qui. Dovrebbero rinchiuderla. Lei dovrebbe stare

dentro una camicia di forza.

ROLAND.

Oh, no, no. Qui il pazzo è lei.

GARRY.

Mi faccia il favore di uscire immediatamente da questa

casa.

ROLAND.

Purtroppo non posso… è assolutamente impossibile. Mi

sono bruciato i ponti alle spalle.

GARRY. Che ha bruciato?

ROLAND (con semplicità). I ponti.

GARRY.

Ma che dice.

ROLAND.

Quando ho detto che era una questione di vita o di

morte le ho mentito sfacciatamente. Non siamo proprio

a questo punto. D’altro canto è una questione molto,

molto seria… per me, almeno… e forse per noi due.

GARRY.

Io conto fino a dieci, dopodiché se lei non sarà fuori da

questa casa chiamo la polizia.

ROLAND.

Non glielo permetterò. Io ho una forza incredibile.

Faccio sollevamento pesi.


GARRY (cambiando maniere). Senta un momento, signor Maule.

ROLAND. Mi chiami Roland. E mi dia del tu.

GARRY. Senti, Roland, ti voglio prospettare la questione in

modo calmo e ragionevole. Questa è la mia ultima

notte in Inghilterra e ho un sacco di cose da…

ROLAND. Aveva appena detto che stava per coricarsi.

GARRY. Sia come sia, Roland…

ROLAND (interrompendolo). Lo so, lei mi crede pazzo, e nemmeno le

do torto, ma le garantisco che non lo sono affatto. Ho

semplicemente un cervello eccezionale sotto molti

aspetti, un cervello tra l’altro che potrebbe esserle di

una utilità inestimabile. Come le ho detto l’altro

giorno, lei significa molto per me. Anzi, diciamolo: lei è

parte di me.

GARRY. Sono veramente lusingato, Ronald.

ROLAND. Chissà se potrei avere un biscotto.

GARRY. Come no, ce n’è rimasto qualcuno in quel piatto, serviti

pure.

ROLAND. Grazie. (Prende un biscotto.) Le giuro solennemente che

appena finito questo biscotto me ne vado. Ho prenotato

una camera al Grosvenor Hotel. Dopotutto perché mai

non dovrei recitare la parte del pazzo, così come lei

recita quella del sano?

GARRY. Io non sto recitando.

ROLAND. Lei sta sempre recitando. Ecco cos’è tanto affascinante.

Anch’io recito sempre. Con lei ho fatto il pazzo perché

mi diverte vederla assumere un’espressione di

sorpresa. Io adoro la sua faccia, in qualunque stato

d’animo.

GARRY. Che ne diresti ora di recitare la parte di quello che si

leva immediatamente dai piedi?


ROLAND

(ridendo convulsamente). Magnifico!

GARRY.

Senti, cos’è esattamente che vuoi? Dico davvero.

ROLAND.

Stare con lei. Per questo vengo in Africa.

GARRY.

Per questo cosa?!

ROLAND.

Ho comprato un biglietto oggi, in terza classe ma

meglio che niente. Ho lasciato Uckfield per sempre.

Ecco perché mi vede un po’ su di giri stasera. Non si

spaventi, non ho intenzione di ostacolarla, e nemmeno

di chiederle niente.

GARRY.

In altre parole non ti aspetti che io ti sposi!

Uno squillo del campanello dell’ingresso.

GARRY.

C’è qualcuno alla porta. Adesso fai il bravo e vattene,

eh? Avevi promesso di andartene appena finito il

biscotto.

ROLAND

(con totale autorità). La prego, non mi mandi via – non mi

mandi via! Non sia crudele. La prego, mi lasci stare con

lei. Io posso proteggerla da una serie di cose di cui non

sa niente.

GARRY.

Come che?

ROLAND.

Da lei stesso – da tutte le sue vibrazioni pericolose – lei

è circondato da trabocchetti, ogni passo che fa è pieno

di pericoli, mentre lei ha la testa nelle nuvole e non

può vedere…

Il campanello suona un’altra volta.

GARRY.

E’ estremamente gentile da parte tua prendersi così

tanto interesse per me, Roland, ma se davvero tieni a

me così tanto devi fare quello che ti chiedo e

tornartene buono buono a Uckfield.

ROLAND.

Non tornerò mai più a Uckfield. E poi l’ultimo treno è

già partito.


GARRY.

Be’, allora vai al Grosvenor Hotel.

ROLAND.

Non le permetterò di scacciarmi. Se lo farà lo

rimpiangerà per tutta la vita. Ho in proposito una

convinzione profonda, che niente potrà incrinare…

ROLAND corre improvvisamente nella stanza degli ospiti, chiude sonoramente la porta

e gira la chiave nella serratura.

GARRY picchia invano i pugni contro la porta. Il campanello dell’ingresso suona con

insistenza.

GARRY.

Esci immediatamente da questa stanza! Signor

Maule… Roland! – Esci subito… Oh, Dio mio!

Va in ingresso ad aprire la porta di casa.

Dopo un momento entra JOANNA con una valigetta e un portagioie. Posa il tutto con

energia e guarda GARRY sorridendo.

JOANNA. Salve, tesoro.

GARRY. Joanna! E questo che significa?

JOANNA. Non lo sai?

GARRY. Sì, lo so. Vieni con me in Africa. Ti sei comprata il

biglietto oggi pomeriggio. Non mi chiederai mai niente

e in mare non te la cavi molto bene.

JOANNA. In mare me la cavo benissimo.

GARRY va al telefono. Compone un numero.

JOANNA.

Che fai?

GARRY. Chiamo Henry. (Al telefono.)

scusi infinitamente. InfiPronto… pronto… Oh, mi

nitamente. Ho sbagliato

numero.

Riappende.

JOANNA. E’ inutile, non è in casa.

GARRY

(con un sorriso torvo). Adesso non ha importanza.

JOANNA.

Tesoro. Ti vedo un po’ trattenuto, ma di la verità. Giù

giù nel profondo, non sei un tantino felice di vedermi?


GARRY. Assolutamente incantato. Sarà la soluzione definitiva

di ogni cosa.

JOANNA. E’ quello che pensavo.

GARRY. Quando sei tornata da Parigi?

JOANNA. Oggi pomeriggio. Ti è arrivato il mio telegramma coi

saluti?

GARRY. Sì, me lo ha letto Monica.

JOANNA. E’ quello che volevo.

GARRY. Non dovevi restare a Parigi per un mese?

JOANNA. No, tesoro. Sapevi benissimo che non lo avrei fatto.

Devo dire che per i primi giorni ci ho provato, a

levarmiti dalla testa. Ti ho coperto di improperi, ti ho

detto delle cose terribili, tanto non eri lì a sentirle,

finché non mi sono ricordata…

GARRY. Che ti sei ricordata?

JOANNA. Mi sono ricordata quello che mi hai detto l’altra sera.

Hai detto, “Non importa cosa succederà dopo questo,

quali circostanze si coalizzeranno contro di noi, quali

lacrime saranno versate! Questa è magia, la magia più

incantevole che io abbia mai conosciuto!”

GARRY. E’ il second’atto di L’amore è così semplice.

JOANNA (con un sorriso). Sì… lo avevo riconosciuto. L’ho vista

molte volte quella commedia, sai.

GARRY. E allora perché ci hai creduto?

JOANNA. Non ci ho creduto. Ma il fatto che tu lo dicessi mi ha

dimostrato qualcosa. Mi ha dimostrato che nelle tue

passioni non sei più sincero di me, che non hai più né

bisogno né desiderio delle sofferenze dell’amore, ma

che sei dispostissimo ad accontentarti del piacere

dell’amore. E’ un atteggiamento da adulto e io gli


faccio tanto

d’accordo. d’accordo.

di cappello. Non potrei essere più

GARRY. Questa è l’affermazione più immorale che abbia mai

sentito in tutta la mia esistenza.

JOANNA. Però è vero, no?

GARRY. No.

JOANNA. Non c’è bisogno di essere puntuto, tesoro mio.

GARRY. Come ti permetti, Joanna! Sono le donne come te che

minacciano l’integrità della società civile!

JOANNA. E questa da dove viene?

GARRY. Da nessuna parte.

JOANNA. Come ti ho detto l’altra sera, io ti ho sempre desiderato.

Ho sempre saputo d’istinto che eravamo fatti l’uno per

l’altra. Se ci fossimo incontrati anni fa non avrebbe

funzionato, ci saremmo intrappolati a vicenda, legati

l’uno all’altro, e saremmo stati infelicissimi. Adesso è

perfetto, ci incontriamo su un piede di parità. Tu hai

bisogno di me. Le persone che hai intorno non ti

bastano più. Io ho bisogno di te. Sei il primo uomo che

abbia mai incontrato che sia pane per i miei denti. Non

posso garantire che insieme avremo la felicità

domestica, ma di sicuro non ci annoieremo.

GARRY. Che io sia dannato!

JOANNA. Poco fa hai dimostrato la solita notevole

chiaroveggenza, quando hai detto che sarei venuta in

Africa con te. Infatti ci vengo. Ho preso la suite

matrimoniale, non c’erano altre cabine libere. Inoltre

ho scritto un biglietto a Henry dicendogli tutto. Lui sta

pranzando con Morris all’Atheanaeum. Potranno

leggerlo insieme. (Squilla il campanello dell’ingresso.) Chi è?

GARRY. A questo punto sarà l’Arcivescovo di Canterbury.


GARRY esce di corsa in ingressoesce di corsa in ingresso.

JOANNA si toglie il cappello e si sistema la pettinatura davanti allo specchio.

Entra velocemente LIZ seguita da GARRY. LIZ non tradisce alcuna sorpresa alla vista

di JOANNA.

LIZ. Ciao, Joanna.

JOANNA. Buonasera, Liz cara. Stai benissimo.

LIZ. Grazie tante. Faccio del mio meglio.

JOANNA. Credo che sia giusto dirtelo. Domani parto con Garry.

LIZ. Che divertente. Anche io.

GARRY. Eh?

LIZ. Ho deciso oggi pomeriggio.

GARRY. Bisognava comprare le azioni dei piroscafi.

LIZ. Stasera ho mandato Maggie a Southampton con i miei

bagagli.

GARRY. Ah. Viene anche Maggie?

LIZ. Si capisce, non posso fare un passo senza Maggie.

JOANNA (perfettamente controllata ma evidentemente furibonda). Se mi è

lecito dirlo, Liz, lo trovo un po’ sciocco da parte tua.

LIZ. Non vedo proprio perché. Anzi, sarà una delizia.

Possiamo mangiare allo stesso tavolo e poi fare le

esercitazioni del naufragio tutti insieme.

GARRY. Joanna ha scritto un biglietto a Henry e Morris

spiegandogli ogni cosa.

LIZ. Bene, così vedrai che verranno anche loro.

GARRY. Approfitto dell’occasione per dichiarare che preferirei

essere morto.


LIZ. Che sciocchezza, tesoro, vedrai come ti godrai la Che sciocchezza, tesoro, vedrai come ti godrai la

JOANNA.

traversata. Non ci sarà mai un attimo di noia.

Ti senti molto in gamba, Liz, vero?

LIZ. Ho imparato a una scuola tosta.

JOANNA. Personalmente io penso che stai commettendo il più

grosso sbaglio della tua vita. E’ sempre stupido non

ammettere la sconfitta.

LIZ.

Joanna, ti dai un sacco di arie, e per una donna della

tua esperienza ti stai dimostrando un tantino ottusa.

Sembri credere che io mi voglia mettere in

competizione con te. Ti assicuro che non sto facendo

proprio niente del genere. Però è molto importante per

tutti noi che questa tournée africana di Garry sia un

successo. Ora, se ti sei messa in testa di venire non c’è

modo di impedirtelo, ma è meglio che ti renda conto

prima che sia troppo tardi che sotto l’aspetto sociale e

pubblico tu sarai lì in qualità di mia amica.

Squilla il campanello dell’ingresso.

GARRY. Indovinate chi è. Vi do tre possibilità.

JOANNA. La riunione delle tribù.

LIZ. Vado io.

LIZ passa rapidamente in ingresso.

JOANNA

(con cattiveria). Forse mi sono sbagliata sul tuo conto,

dopotutto. Non hai il fegato di un coniglio!

GARRY.

Lo spero bene, già il mio mi basta appena.

Entrano HENRY e MORRIS.

LIZ li segue. Sono entrambi chiaramente furiosi.

HENRY. E’ vero? Solo questo voglio sapere. E’ vero?

MORRIS (un tantino brillo). Falso amico! Falso amico!

GARRY. Andiamo, Morris, non sei più all’Athenaeum adesso.


HENRY. C’è poco da scherzare. E’ una situazione squallida e

disgustosa, e tu lo sai.

MORRIS. Una pugnalata nella schiena, ecco cos’è, una bassa

pugnalata nella schiena.

GARRY. Non troppo bassa, spero.

LIZ. Morris, tu stai zitto.

HENRY. Ho ricevuto un biglietto da Joanna. Immagino tu sia al

corrente.

JOANNA. Sì, è al corrente. Gliel’ho appena detto.

HENRY. E’ vero quello che dice?

GARRY. E che ne so? Non l’ho letto.

HENRY. Non fare svicolare. Dice che siete stati amanti e che

domani partite insieme. E’ vero?

JOANNA. Verissimo.

HENRY (ignorandola). Rispondimi tu, Garry.

GARRY (pericolosamente). Adesso ti dirò cosa è vero e cosa no.

Sempre che tu la smetta di rimbalzare come una palla

e stia invece a sentire…

LIZ (in tono di avvertimento). Stai attento, Garry.

GARRY. Attento! Anche troppo attento sono stato con tutti voi,

da molti anni a questa parte!

HENRY. Non hai ancora risposto alla mia domanda. Voglio

sentire dalla tua bocca prima di decidere cosa fare.

GARRY. Bravo, decidi cosa fare! E che puoi fare?

HENRY Sei stato l’amante di Joanna? Sì o no?


GARRY. Sì.

MORRIS. Che farabutto!

GARRY (a JOANNA). Tu sei venuta qui l’altra sera

assolutamente decisa a catturarmi. E’ vero o non è

vero? Sei stata molto brava a suscitare la mia curiosità,

ma per toccarmi il cuore o l’animo ci vuole ben altro!

MORRIS (con violenza). Tu non hai né cuore né animo. Dentro

non hai nemmeno un solo istinto decente. Sei

moralmente instabile e falso da capo a piedi!

GARRY (a pieni polmoni).

teatrale!

Per amor di Dio piantala di essere

LIZ (lasciandosi cadere sul divano). Oh Dio.

GARRY. Tanto per cominciare, non avresti mai dovuto sposare

Joanna. Ti ho sempre detto che era un grave errore.

HENRY (furioso). Ma senti che sfacciataggine! Te ne stai lì dopo

aver sedotto mia moglie, e…

GARRY. Senti tu, Henry. E’ ora di venire al sodo. Io non ho

sedotto tua moglie, e questo lo sai benissimo. Ti stai

dando tante arie di dignità oltraggiata ma se guardassi

le cose come stanno veramente e onestamente per un

minuto, scopriresti che non te ne importa un fico

secco. E’ a Morris che importa. Per il momento.

HENRY. A Morris! Che vuoi dire?

LIZ. Oh, Garry, vergognati.

GARRY. Ma di che? Non ne posso più di vedere tutti che

intrigano e raccontano balle e recitano dalla mattina

alla sera.

JOANNA. D’accordo, Garry, hai vinto tu. Non avrei mai creduto

che si potesse scendere così in basso.

GARRY (accendendosi una sigaretta). Buona questa!


HENRY. Cosa vuoi dire di Morris? Rispondimi!

GARRY. Voglio dire che Morris e Joanna hanno una

piccola tresca sotto il tuo stupido naso, da mesi.

loro

MORRIS. Finché sarò vivo non ti rivolgerò mai più la parola.

GARRY. Vuol dire che ci faremo due belle chiacchiere dopo

morti.

HENRY. Morris… Joanna… E’ vero questo?

GARRY. E’ vero sì. Non è durato così tanto come la tua triste

storiella con Elvira Radcliffe… che va avanti a

singhiozzo già da un anno.

JOANNA. Henry!

GARRY. E non fingere che non lo sapevi, Joanna. Eri tutta

contenta. Ti dava libertà di movimento!

HENRY. Te lo avevo detto nel massimo segreto. Spiattellarlo così

è una vigliaccata!

GARRY. Non ne posso più di fare il pieno delle confidenze di

tutti. Voialtri non fate che venire regolarmente da me a

inzupparmi da capo a piedi delle vostre maledette

lacrime e emozioni e sentimenti. Vi comportate male

come me, anzi, per certi versi molto peggio di me. Voi

nei vostri piagnucolosi mal d’amore ci credete, mentre

io i miei almeno ho l’eleganza di non prenderli sul

serio. Voi ci sguazzate mentre io rido, perché penso e

ho sempre pensato che sul sesso si dicono anche

troppe stupidaggini. A te, Morris, piace esasperare i

tuoi ridicoli innamoramenti. Adori soffrire e

sprofondarti in orge di gelosia e torturare te stesso e

tutti gli altri. Tu ti diverti così. Henry invece preferisce

la variazione domestica. Per questo si è stancato così

presto di Joanna. In ogni caso, è accoppiato benissimo

con la povera Elvira. Lei ha trovato quello che cercava,

da quando ha lasciato Rodean! Joanna costituisce un

terzo caso. Lei dedica un bel po’ di tempo al sesso, non


per i piaceri che il sesso può dare, ma solo come mezzo

per un fine. E’ una collezionista. Una piratessa

intraprendente, attraente, spregiudicata. Io

personalmente non sono nessuna di queste cose. Per

me tutta la faccenda è sopravvalutata, e parecchio. Me

la godo per quello che vale e certo intendo continuare

a farlo fino a quando ci sarà qualcun’altra a cui

interessi, ma quando verrà il momento in cui non ce

ne sarà più nessuna, sarò beato di mettermi a riposo

con una mela e un buon libro!

per un fine. E’ una collezionista. Una piratessa

intraprendente, attraente, spregiudicata. Io

personalmente non sono nessuna di queste cose. Per

me tutta la faccenda è sopravvalutata, e parecchio. Me

la godo per quello che vale e certo intendo continuare

a farlo fino a quando ci sarà qualcun’altra a cui

interessi, ma quando verrà il momento in cui non ce

ne sarà più nessuna, sarò beato di mettermi a riposo

con una mela e un buon libro!

MORRIS. Porco diavolo!

HENRY. Che sfacciataggine!

MORRIS. Hai il coraggio di buttarci in faccia la tua indignazione

morale quando tutti sappiamo benissimo…

GARRY. Nessuna indignazione morale. Sto semplicemente

difendendo il mio diritto di dire almeno una volta la

verità.

HENRY. La verità! Tu la verità non riconosceresti mai,

nemmeno se te la trovassi davanti. Passi tutta la vita a

pavoneggiarti e a posare e a esibirti…

GARRY. E vorrei tanto sapere dove saremmo tutti quanti se così

non fosse! Sono un artista, sì o no? Mi sarà pur

concessa una piccola licenza!

MORRIS. Per quanto mi riguarda, è scaduta.

LIZ. Per amor di Dio piantatela di gridare tutti quanti, tra

un po’ crolla il soffitto.

JOANNA (alzandosi in piedi). Non ne

demenziale. Me ne vado.

posso più di questa recita

HENRY (furiosamente a GARRY). E tu per piacere non riattaccare

quella vecchia solfa che nessuno di noi sarebbe in

grado nemmeno di respirare se non fosse per il tuo

fantastico talento.


GARRY. Come ti permetti di alludere al mio talento in quel

tonetto sarcastico, piccolo serpente ingrato che non sei

altro!

MORRIS. In ogni caso se non fosse per la nostra attività di

controllo e contenimento tu a quest’ora reciteresti in

provincia.

GARRY. E che ha di male la provincia, me lo sapete dire? Non di

rado si è dimostrata molto più intelligente di Londra.

HENRY. Bada, ti potrebbe sentire qualcuno.

GARRY. Ora direte che è grazie alla vostra attività di sostegno

che sono riuscito a conservarmi la mia posizione di

idolo del pubblico per vent’anni.

MORRIS. Tu non sei l’idolo del pubblico. La gente ti viene a

vedere se sei nella commedia giusta e nella parte

giusta, e solo se reciti come si deve. Guarda un po’

cosa ti è successo in Pietà per i ciechi!

GARRY. Ero magnifico in Pietà per i ciechi.

MORRIS. Sì. Per dieci giorni.

HENRY. Se non fosse stato per noi, avresti fatto Peer Gynt.

GARRY. Se sento nominare ancora una sola volta Peer Gynt in

questa casa giuro davanti al cielo che lo metterò in

scena al Drury Lane.

HENRY. Sì, ma non coi miei soldi.

GARRY. I tuoi soldi, proprio! Credi davvero che io dipenda dai

tuoi miserabili soldi per allestire le commedie? Lo sai

che nella City ci sono migliaia di signori molto oculati

che non vedono l’ora di finanziare qualunque mia

iniziativa?

HENRY. Anche se quei signori hanno moglie?

GARRY. Ah, ricominciamo.


HENRY.

No, non ricominciamo proprio nulla. E’ stata una scena

veramente disgustosa, anzi, degradante, e se non fosse

per il fatto che io e Morris abbiamo firmato il contratto

col Forum Theatre questa mattina ci laveremmo

entrambi le mani di te per sempre!

GARRY.

Che avete fatto?

LIZ.

Senti, Garry, per amore del cielo…

JOANNA

(forte). Io me ne vado. Mi avete sentito, tutti quanti? Me

ne vado… definitivamente.

LIZ.

Prendi la mia auto, è al portone.

JOANNA

(andando da GARRY). Grande trionfo della verità questa

sera, eh? Ma prima di andare via io vorrei dare un

piccolo contributo al divertimento generale. Io ti

considero, signor Garry Essendine, non soltanto un

egocentrico prepotente e un posatore matricolato, ma

anche il più incredibile cafone che abbia mai avuto la

disgrazia di incontrare e spero con tutte le forze di non

doverti più avere davanti agli occhi finché sarò viva.

Gli assesta un sonoro schiaffo in pieno viso e se ne va.

GARRY

(senza badarle minimamente – a HENRY). In altre parole mi stai

dicendo che hai firmato un contratto per quel teatro

quando io ti avevo specificamente detto che non ci

sarebbe stata forza al mondo capace di costringermi a

recitarci?

MORRIS.

Senti un momento, Garry…

GARRY.

Non sento proprio niente. E’ né più né meno che il più

flagrante tradimento della mia fiducia, e io sono

profondamente, profondamente arrabbiato…

HENRY

Come ti ho detto l’altro giorno, stanno rifacendo tutto il

teatro, comprese le poltrone in platea che

aumenteranno la capacità di almeno cento posti.

Inoltre ci tengono pazzamente ad averti, pensa che


hanno accettato addirittura di metterti una doccia in

camerino… camerino…

GARRY.

Possono metterci anche una piscina, nel mio

camerino, e un campo di squash, e un pianoforte a

coda. Io non recito una commediola francese in una

sala che sembra lo stadio di Wembley rifatto in stile

gotico.

LIZ.

Avrà tutto un altro aspetto, tesoro, dico davvero, dopo il

nuovo arredamento. Ho visto i progetti, ti assicuro che

sono bellissimi.

GARRY.

Allora anche tu sei contro di me? Tutto il mondo è

contro di me.

MORRIS.

Davvero, Garry, ti garantisco…

GARRY

(con voce rotta). Andate via… andate via tutti quanti…

non posso sopportare altro. Devo affrontare quella

tremenda traversata e quei mesi di fatiche disumane in

lungo e in largo per quello che notoriamente è il

continente più sinistro che ci sia. Lasciatemi solo…

per favore, andate via…

LIZ.

Andatevene, tutti e due. Gli parlo io.

MORRIS.

Questa recita non ingannerebbe un gattino. Sta

perdendoli suo mordente. Vieni via, Henry.

HENRY.

Peccato che demoliscano il Lyceum.

HENRY e MORRIS escono.

GARRY.

Credo che non mi dispiacerebbe un sorsetto di

qualcosa. Mi sento veramente un po’ stanco.

LIZ

(andando al tavolo con le bottiglie). Whisky o brandy?

GARRY.

Brandy, direi. E’ più stimolante.

LIZ.

Va bene.

GARRY.

Non vieni veramente in Africa con me, vero?


LIZ. Certo che ci vengo. E non solo in Africa. Sto tornando

con te per sempre.

GARRY. Non voglio che torni con me. Sono perfettamente felice

così come sono.

LIZ.

Non c’è altro da fare. Certo continuerai a comportarti

orrendamente, ma con me accanto non potrai

esagerare.

GARRY.

Liz, ti imploro, non tornare con me. Non hai nessuna

solidarietà? Non hai un cuore?

LIZ.

Io penso al bene della ditta. A proposito, devo lasciare

un biglietto a Monica in ufficio. Voglio che chiami la

mia banca domattina come prima cosa.

GARRY (ricordandosi). L’ufficio! Mio Dio!

LIZ. Che c’è?

GARRY (sottovoce, rauco). Tu ce l’hai un divano a casa tua?

LIZ. Certo. Perché?

GARRY. Tu non torni da me, cara. Sono io che torno da te!

Esegue una elaborata pantomima indicando prima l’ufficio, quindi la stanza degli ospiti.

LIZ sembra stupefatta per un momento, quindi si mette a ridere.

Rapidamente GARRY si sfila la vestaglia e si mette il soprabito, e insieme escono in

punta di piedi mentre

CALA IL SIPARIO