Il dramma, la commedia, la farsa

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IL DRAMMA, LA COMMEDIA, LA FARSA

Tre atti di Luigi Antonelli

Personaggi

IL MARITO

LA MOGLIE

L’AMANTE

L’AUTORE

IL DIRETTORE DELLA COMPAGNIA

IL SERVO

LA CAMERIERA

IL SUGGERITORE

PRIMA – SECONDA – TERZA VOCE IN PLATEA

L’azione ha luogo in un palcoscenico di un teatro italiano

ATTO PRIMO

L'Autore discorre col Direttore, seduto a sinistra della ribalta, con le spalle al pubblico. Ha vicino a sé un tavolinetto. Gli attori fanno gruppo verso il fondo discorrendo sommessamente, addossati al fondale, e poi ridono forte: specialmente la signorina Melato.

Il Direttore               - Un pò di silenzio, laggiù! E vero che la prova non è incominciata, ma qui ce l’autore che spiega che cosa ha voluto dire con la sua commedia. Questo può anche essere interessante per chi deve interpretarla. Vengano più avanti... (all'autore) Dunque tu dici... che la scena deve essere illuminata dalla luna. Va bene, la luna. Ma devi riflettere che il pubblico si stanca a vedere la scena quasi al buio per un'ora. Beh! Questo si vedrà. (ai comici) Stiamo attenti. L'autore, come sapete, svolge la stessa azione in tre modi diversi portandola a tre risultati ugualmente logici ma teatralmente opposti. Vediamo un po'. Accidenti agli autori moderni!

L'Autore                   - Hai ragione!

Il Direttore               - (con spiccato accento fiorentino) Non si sa mai che diavolo s'ha a fare!

L'Autore                   - Abbi pazienza, Virgilio...

Il Direttore               - Bè, s'incomincia, (all'autore) Dove vai?

L'Autore                   - Vado a prendere un caffè. Ma tornerò subito.

Il Direttore               - Accidenti! Non si è ancora cominciato che già vai a prendere un caffè. Mio caro, che t'ho da dire! Tu porterai sem­pre in tasca il campanile del tuo paese.

L'Autore                   - Bè. Vado col campanile (esce).

Il Direttore               - Hai dato tutto al sugge­ritore?

Il suggeritore            - Sì, sì. Mi ha dato tutto.

Il Direttore               - Bene. S'incomincia.

(/ comici si ritirano).

La voce del suggeritore che legge:« Salone di un castello. A sinistra una porta. In fondo la comune che dà in una veranda, ai piedi della selva. È circa la mezzanotte. Nessuno è in scena all'aprirsi del velario. Poco dopo entra il marito  dalla comune.

(Entra infatti il primo attore che esegue l’azione descritta).

Il suggeritore            - (legge): «Si ferma sul limitare. Volge lo sguardo intorno con circospezione. Sentendo rumore di passi va a rincantucciarsi in un angolo».

Il Marito                   - (esegue l'azione).

Il Direttore               - Un po' più lunga l'azione. Non abbiano paura delle pause lunghe, non abbiano paura dei silenzi. Dalla maniera con cui un attore sa tacere si capisce la sua va­lentìa. Faccia in modo che il pubblico ca­pisca che lei entra di sorpresa in questa casa, che è poi casa sua, e quindi con una certa padronanza e sicurezza. Nello stesso tempo faccia capire bene che qualcuno sta per ar­rivare ma, nello stesso tempo, che questo qualcuno non disturba affatto il suo program­ma. Ecco fatto. Abbia pazienza, Betrone: rientri.

Il Marito                   - (esegue l'azione di prima, seguendo le indicazioni del Direttore. Poi si nasconde in un angolo).

Il Direttore               - Ecco. Qui una pausa. Ed entra il servo.

Il Servo                    - (si avvia verso l'uscita nascondendo qualche cosa nella tasca dei calzoni).

Il Marito                   - (esce dal nascondiglio e gli si pianta di fronte).

Il Servo                    - (allibito) Padrone!

Il Marito                   - (imponendogli, con un segno, di ta­cere, gli parla con Voce repressa) Non una parola!

Il servo                     - (agghiacciato, rimane muto dinanzi al padrone).

Il Marito                   -   Tu hai una lettera in tasca.

Il servo                     - (china il capo. Una pausa).

Il Marito                   - (eccitatissimo, ma dominandosi dinanzi agli occhi del servo) Dammela, (il servo gliela porge). (Apre e legge. Poi, fis­sando il servitore bene in faccia): Voi non conoscete una parola d'inglese, non e vero?

Il Servo                    - No, signore.

Il Marito                   - State attento. Voi siete un fur­fante, e certamente vi farò saltare le cervella se non obbedirete a quanlo vi ordinerò.

Il Servo                    - Sono qui per obbedire.

Il Marito                   - (scandendo le parole) Consegne­rete questa lettera alla persona a cui è di­retta, come se io non l'avessi vista: capite? Se quella persona si meraviglierà di trovarla senza busta, direte che la signora, avendo fretta di farla recapitare, ve l'ha consegnata così.

Il Servo                    - Sì, signore.

Il Marito                   - Quel signore... a cui è diretta la lettera, vi sta aspettando in qualche posto, immagino... Dove, precisamente?

Il Servo                    - Nella selva, all' ingresso della Lupa.

Il Marito                   - Benissimo. Badate che tra mez­z'ora voi sentirete, forse, un colpo d'arma da fuoco venire dalla selva. Se la signora vi man­derà a vedere, voi vi affretterete a rassicu­rarla con un pretesto. Qualsiasi altro ordine che vi venga dato dalla signora non dovrà da voi essere eseguito. Fingerete, bensì, di eseguirlo.

Il Servo                    - Sì, signore.

Il Marito                   - Questi sono ordini precisi (lo guarda minaccioso).

Il Servo                    - Tutto sarà fatto,come lei ha ordinato (si avvia per uscire).

Il Marito                   - (traltenendolo con un gesto) Un momento! (ed esce, precedendo il servo che si fa da una parte, inchinandosi).

Il Direttore               - Ecco. Guardiamo un po'. C'è, tra padrone e servo, questa rivelazione e di­ciamo pure questa complicità improvvisata. Il servo è un furfante perchè serviva da inter­mediario. Furfante per Il Marito . Ma ora que­sto marito ha bisogno di lui e si serve di lui per scoprire il resto. Nonostante questo, il padrone mantiene il suo prestigio tra il di­sdegnoso e I ' offeso. Questo deve risultare. Perciò Lei, Betrone, dimostri maggiore altez­zosità, e il servo sia rispettoso e umile, ma non senza qualche soddisfazione per la parte indispensabile che è chiamato a fare... Ecco fatio. Ripetiamo.

Il Servo                    - Tutto sarà fatto come lei ha1 ordinato.

Il Marito                   - (trattenendolo, con dignità) Un momento!

Il Direttore               - Lo guardi dall'alto in basso.

ÌL Marito                 - (esegue, poi esce). Il Servo (segue il padrone).

Il Direttore               - Ecco.

Il Suggeritore           - (legge):« La scena rimane vuo­ta per qualche istante. Poi entra la moglie in veste da camera, elegantissima. Ella si ferma a mela della stanza ».

La Moglie                 - (che è la prima attrice, esegue a lenti passi. Essa è vestita come vuole, per prova. Quando il sugheri/ore ha letto: «veste da camera » ella ha col gesto mostrato di avere uno strascico).

Il Suggeritore           - (legge):« Poi guarda l'orologio, va a sedersi al pianoforte... ».

La Moglie                 - (al Direttore) Dov'è questo pia­noforte?

Il Direttore               - Là.

La Moglie                 - Ali! Va bene.

Il Suggeritore           - « Va a sedersi al piano­forte... ».

La Moglie                 - (prende una sedia).

Il Suggeritore           - « E incomincia qualche ac­cordo ».

La Moglie                 - (fa correre le dita su di una in­visibile tastiera).

Il Suggeritore           - « Ma poi subito si alza... ».

La Moglie                 - (esegue).

Il Suggeritore           - « Si ferma davanti alla fi­nestra, esitando... Infine si risolve: va verso il caminetto... ».

Il Direttore               - Là (indica il posto del ca­minetto).

Il Suggeritore           - « Accende la lucerna e la tiene... ».

La Moglie                 - Un momento! (finge di accendere la lucèrna).

Il Suggeritore           - «...E la tiene sospesa qual­che istante nel vano della finestra. E’ il segnale. Poi rimette al suo posto la lucerna e va a sedersi sopra una poltrona, in attesa. In questo momento si ode un colpo d'arma da fuoco venire dalla selva. Ella dà un balzo.. ».

Il Direttore               - Su, questo balzo!

La Moglie                 - (esegue).

Il Suggeritore           - «...E chiama con voce soffocata: Francesco! ».

La Moglie                 - Francesco!

Il Suggeritore           - « Poi cerca il bottone del campanello elettrico e lo spingo a lungo ».

Il Servo                    - (viene dal fondo).

Il Direttore               - Mi raccomando, Miniati, che il colpo d'arma da fuoco non sia una schiop­pettata spaventevole, da far svenire le signore in platea. Andiamo avanti.

La Moglie                 - (al servo) Francesco, avete por­tato il biglietto?

Il Servo                    - Sì, signora. Ha detto... che an­dava bene.

La Moglie                 - (preoccupata) Francesco, avete udito un colpo d'arma da fuoco?

Il Servo                    - Sì, signora. Qualche cacciatore che fa la posta alla lepre al chiaro di luna.

La Moglie                 - È una cosa molto seccante che voi potreste evitare. Non è permesso tirare così vicino all'abitato.

Il Direttore               - Io taglierei questa lepre, che non è poi necessaria. Dovè l'autore?

La Moglie                 - E’ andato a prendere un caffè.

Il Direttore               - Accidenti! Non fa che pren­dere caffè. Andiamo avanti.

La Moglie                 - Non è permesso tirare così vi­cino all'abitato.

Il Servo                    - Cercherò domani di sapere chi è stato.

La Moglie                 - Bravo Francesco. Ora andate pure a dormire. Non ho bisogno di altro.

Il Servo                    - Buona notte, signora. (via).

La Moglie                 - Buona notte.

Il Suggeritore           - « La signora va alla fi­nestra; l'apre di nuovo e rimane per qualche istante a guardare la notte ».

La Moglie                 - (esegue).

Il Marito                   - (entra dalla comune e si ferma sul limitare).

La Moglie                 - (volgendosi, esterrefatta) Tu!...

Il Direttore               - Più forte, con più terrore! Bisogna considerare che questa signora credeva di veder arrivare l'amante, e invece è Il Marito . Non è piacevole. Perciò l'azione, diciamo così, di sorpresa, va fatta in due tempi. Un primo momento di terrore vero, e un secondo momento in cui la simulazione riprende il sopravvento. Perciò: «Tu... Ugo!». Quel «tu» è il grido spontaneo della donna terrorizzata. «Ugo» è l'ansietà repressa che cerca di modificare il primo grido di sorpresa. Ecco fatto.

La Moglie                 - (esegue) Tu!... Ugo.

Il Marito                   - Io, sì. (le va incontro sorridendo).

La Moglie                 - (rimane come inchiodata al suo posto).

Il Marito                   - (con simulata naturalezza) Pro­prio io! Il Marito ! E che vuoi che ci faccia, mia cara? Aspettavi non so chi... Una ca­meriera... un pacco postale... un messaggio del pianeta Marte... Niente affatto. Si apre la porta, e chi entra? Il Marito ! Adesso che devo fare? Buttarmi dalla finestra mi sembra un'esagerazione!

La Moglie                 - (stizzita, ma dominandosi). Io non dico questo.

Il Marito                   - (con fredda ironia) Oh! Gene­rosa!

La Moglie                 - Ammetti almeno che sia sor­presa. Sei partito ieri...

Il Marito                   - Per star fuori quindici giorni... (ride).

La Moglie                 - (enigmatica) Già!

Il Marito                   - Mentre invece sto fuori quindici ore. E un po' forte, via! Si usava nei vec­chi romanzi... Oggi un marito ha 1 abitudine di telegrafare.

La Moglie                 - (riafferrando tutta la sua padro­nanza) Già!

Il Marito                   - E io non ho telegrafato. Piut­tosto chiudo la finestra perchè comincia a far freddo.

La Moglie                 - (prontamente prevenendolo) Chiu­do io. Siedi. Sarai stanco, (va a chiudere).

Il Direttore               - Con maggiore scatto quella battuta! Si deve capire che la moglie non vuole che Il Marito  si affacci perchè potrebbe vedere quell'altro che sta giù. Ma è poi giù? Chi lo sa? Dov'è l'autore? Accidenti, an­cora a prendere il caffè! Prende il caffè per tutta la commedia! Bene. Andiamo avanti.

Il Marito                   - Piuttosto chiudo la finestra per­chè comincia a far freddo.

La Moglie                 - (prontamente, prevenendolo) Chiu­do io. Siedi. Sarai stanco, (fa a chiudere).

Il Marito                   - (con indifferenza) Grazie. No. Non sono stanco. Tutt'altro che stanco! Que­sta passeggiata dalla stazione fin qui... Una marcia veramente un po' forzata... mi ha messo di buon umore... Pare impossibile, ma mi sono ricordato dei vecchi tempi quando attraversavo la selva per venire sotto le tue finestre, ed eravamo fidanzati... (Cambiando tono) Senti: deve essere stato un colpo di luna. Io credo ai colpi di luna più che ai colpi di sole. Fi­gurati che, vedendo da lontano la luce nella tua stanza, ho avuto un balzo al cuore. Giuro. Giuro che ho accelerato il passo per arrivare più presto! Non trovi tutto questo enorme? Io si! Ah, sì! Fosse stato almeno per ab­bracciarti. No. Semplicemente per darti la buona notte... È o non è un colpo di luna? E ora, a causa di questa intempestiva frene­sia lunare... eccomi qui a mezzanotte a distur­bare la mia signora con un discorso stupido. Che hai?

La Moglie                 - Nulla.

Il Marito                   - (fissandola) Eh sì! Hai qual­che cosa! Tu hai... (avrebbe voglia di dire altra cosa)... un gran sonno! E allora buona notte! Non soltanto hai un gran sonno, ma sei seccata di essere stata sorpresa... in piena innocenza!...

La Moglie                 - No. Ti dirò che non ho voglia di discorrere...

Il Marito                   - Ah! Una virtù rara, il silenzio! Ma tacere non vuol dire essere rassegnata!... Quando una donna non rimprovera nulla a un uomo colpevole è perchè, forse, si è con­solata. Se non si è consolata, come nel caso tuo, il silenzio è veramente una virtù rara.

La Moglie                 - (ride nervosamente, si alza, lo fissa in una maniera strana. Poi gli dice lenta­mente) Che cosa sai tu?

Il Marito                   - Come, che cosa so?

La Moglie                 - (fissandolo) Che cosa sai tu se io sia o non sia una donna capace di fare o non fare una cosa? Da quanto tempo non si discorre insieme un po' più a lungo di quanto occorra per darci il buon giorno e la buona sera? Dunque? Che cosa puoi sapere di quello che è passato e passa nella mia anima? di quello che io sia diventata? di quello che io sto per diventare? Ecco un uomo che pre­tenderei; bs di conoscere sua moglie dopo averla lasciata quattro anni sola!

Il Marito                   - (fissandola, a sua volta) Che co;a vuoi dire con questo?

La Moglie                 - Voglio dire che io non ho nulla da nascondere: ma se la mia sincerità fosse da considerare una virtù, tu non avresti fatto nulla per meritarla. Anzi! Mi hai messo sotto gli occhi dei cattivi esempi. Tu sai quali esempi. Ecco perchè ti chiedo: che oosa sai tu di me? Ci voleva una notte di luna e una passeggiata per la selva perchè tu ti ricor­dassi di avere a casa una moglie con cui si poteva discorrere per un quarto d'ora di co;e più o meno... profonde!...

Il Marito                   - Io mi son sempre ricordato di avere una moglie a casa. E sapevo anche, tutte le volte che ero fuori, che mi aspettava una donna buona e fedele.

La Moglie                 - Una cosa comodissima!

Il Marito                   - Per chi?

La Moglie                 - Oh! Per Il Marito ! Diamine! Comodissima e raeritatissima! Davvero, Ugo, non so immaginare una cosa più meritata di questa! Si va, si viene, si torna, un'amante qua, un'altra là, molti mesi di vacanza, poi otto giorni sotto, il proprio ietto... E questa sciocca è qui, fresca come una rosa. Ci vuole dell'abnegazione, eh? E soprattutto della stupidità! Confessa almeno che sarei - e sono - d'una stupidità ineffabile! (ride d'un riso stridulo).

Il Marito                   - (sempre molto calmo) Andiamo piano. Di questo si discorrerà poi. Per ora ti dico che - se sei una tale donna - ti ammiro.

La Moglie                 - Grazie. Troppo gentile. Ma non ti fidare.

(Sono in piedi tutti e due che si spiano, si sfidano, vicini a prorompere).

Il Marito                   - (fissandola) Che cosa vuoi dire?

La Moglie                 - (enigmatica, quasi sfidandolo con un sorriso) Mah! Che cosa sai tu di me?

Il Marito                   - (guardandola, gelido, negli occhi) Che cosa so?

La Moglie                 - (c. s.) Già.

Il Marito                   - (con terribile calma) So che hai un amante.

La Moglie (lo guarda livida. Poi scoppia in una sonora risata).

Il Marito                   - (tagliente, ma sempre calmo) Ridi pure. So il tuo pallore, dietro quel riso.

La Moglie                 - (meno sicura) Mi fai proprio ridere!

Il Marito                   - E tu a me no! Del resto, il tuo amante lo conosco.

La Moglie                 - (ghiacciata) Ti sfido a dirmi chi è.

 Il Marito                  - Gastone Riva.

La Moglie                 - Calunnie.

Il Marito                   - Non mentire, o io non sono più padrone di me. E già un miracolo che io possa dominarmi cosi.

La Moglie                 - Ma se non è vero!

Il Marito                   - Taci. Non negarlo. Ancora una volta ti dico di non mentire.

La Moglie                 - È una menzogna! Una men­zogna!

Il Marito                   - (appressandosi a lei con collera repressa) No, che non è una menzogna!

La Moglie                 - (retrocedendo spaventala, ma pure dominando la sua ansia) Ti sfido a for­nirmi la prova di quanto asserisci.

 Il Marito                  - La prova! Io l'ho la prova!

La Moglie                 - L'hai? E quale?

Il Marito                   - Io l'ho, capisci? E’ tale che tra un istante sarai qui soffocata da un'angoscia di morte.

(Una pausa. La moglie è te­nuta Visibilmente da una ter­ribile angoscia. Infine ella si decide a sapere la verità a ogni costo).

La Moglie                 -  Qual' è questa prova? Io ti sfido a darmela!

Il Marito                   - Tu mi sfidi? Ebbene, vorresti mi­glior prova di questa? Io ho ammazzato dianzi, con un colpo di fucile, il tuo amante all'in­gresso della Lupa.

La Moglie                 - (con un grido straziante) As­sassino!

Il Marito                   -  (freddo) Ecco. Ora nega, se puoi.

La Moglie                 - (stringendosi la faccia tra le mani) Assassino! Assassino!... Ho udito il colpo...

Il Marito                   - Ah sì? L'hai udito?

La Moglie                 - (dopo una pausa, fissandolo con uno sguardo in cai si leggono tutte le dispe­razioni) Ebbene, si! Assassino, era il mio amante! Era! Era!

Il Marito                   - (sempre glaciale) Anch’io ne ero così certo che - come vedi - l'ho ucciso.

La Moglie                 - (singhiozzando, va a gettarsi presso la poltrona, in ginocchio, torcendosi le mani, presa da una grande disperazione e mormo­rando sempre: «assassino... assassino...» Poi si leva improvvisamente, agitata dall' ira, va verso di luì e gli grida:) Sei stato tu a spingermi, disperata, tra le sue braccia! Pure, quell'uomo non sarebbe mai entrato in questa casa se la tua condotta infame non mi avesse dispensata da ogni ritegno. C ss anch’io sono stata colpevole, che m'importa? Ora l’hai uc­ciso? Vado da lui. Ora che egli non potrà più entrare in questa casa, io ne uscirò per sempre. Lasciami passare.

Il Marito                   - (piantandosi dinanzi alla porta) Tu non uscirai di qui.

La Moglie                 - (fremendo) Guarda che io non ti riconosco nessun diritto, all'infuori di quello di uccidermi. Il diritto dì discutere, no. La­sciami passare, o io griderò, farò accorrere i servi. Lasciami, che io sono disperata, e non toccarmi! Lasciami passare!

(Una pausa, durante la quale si ode il respiro affannoso di quelle due anime disperate e nemiche).

Il Marito                   - (con profondo dolore, dopo una lunga pausa) Come lo amavi! Questo io ho voluto sapere. Io ho voluto conoscere di che specie fosse il tuo amore. Perciò ti ho detto che l'ho ucciso.

La Moglie                 - (con uno scatto improvviso e una luce di speranza nello sguardo) Eh?

Il Marito                   - (con grande amarezza) Sì, è vivo il tuo amante. Quel colpo è stato tirato per una finzione. Per indurti a confessare. Come vedi, è servito a dovere.

La Moglie                 - (cerca di prendergli una mano) Giura!

Il Marito                   - (ritraendosi con un gesto quasi di orrore) Oh!

La Moglie                 - (senza nessun ritegno, col viso ir­radiato dalla gioia) Giura! Giura!

(Va alla finestra, poi torna verso Il Marito , si porta rapi­damente una mano alla fron­te, assumendo un atteggiamento quasi insinuante).

Il Marito                   - (fissandola) La mia gioia è bene ch'egli sia vivo! Ma darà ragione a me di quello che ha fatto, (va ad aprire la fi­nestra. La moglie è alle sue spalle, anelante). Lo vedi che è proprio vivo?

La Moglie                 - (sobbalzando) Ah!

Il Marito                   - (sarcastico) Peccato! Se io fossi stato più prudente avrei avuto il piacere di vederlo capitare qua dentro, per puro caso... Ah! ah! Poverino! La sua ansietà in questo momento deve essere enorme. Egli ha veduto le nostre due ombre agitarsi e immaginerà forse qualche brutto scherzo. In ogni caso, ecco per lui un'avventura romantica,andata a male! Un castello, un vero castello... una selva... e una signora che si annoia. E soprat­tutto questo, la luna! Una luna inverosimile e coreografica... Ma c'è da buttarsi dal quarto piano per il troppo languore!...

La Moglie                 - (ormai decisa a tutto) Non l'uccidere, sai!

Il Marito                   - (la guarda come trasognato, colpito dall'ardire di lei che ha preso un atteggia­mento di lotta e di sfida).

La Moglie                 - Non l'uccidere! Bada che io difendo la vita di quell'uomo. Bada che io sono disposta a tutto contro di te. Sarò tua nemica;

Il Marito                   - (con infinita tristezza) Come lo ami!

La Moglie                 - (disarmata, a un tratto, ma dif­fidente) Forse che... Forse che vuoi farmi credere che soffri?

Il Marito                   - (con uno scatto d'ira) Perchè... perchè lo ami così?!... Che cosa ha fatto quell'uomo per meritare questo da te!

La Moglie                 - (sempre diffidente, appressandosi a lui) Rispondi! Vuoi farmi credere che soffri? Non mentire. Qui si sta a un passo dalla morte. Abbi anche tu il coraggio di essere franco. So, so che non soffri! (lo guarda a lungo, perplessa. Poi, quasi implorando) Non rendermi ancora di più l'anima per­plessa! Sei ferito nel tuo orgoglio! sì! e vuoi vendicarti... E così? Ed è giusto! Que­sto, sì, lo trovo giusto!... Ma non farmi cre­dere altro!...

Il Marito                   - (con un grido disperato) No! Noi Soffro! Soffro! E credi che mi tenga qui il pensiero o il desiderio della vendetta? No! Ti avrei uccisa, o lo avrei ucciso... Ma sono stato vile, capisci? Sono stato vile...

La Moglie                 - (sempre scrutandolo con infinita an­sietà) Tu, vile? Perchè vile?

Il Marito                   - (quasi suo malgrado, confessandosi) Perchè ti voglio bene... Perchè ti amo...

La Moglie                 - (rapidamente) Basta, Ugo. Non mentire.

Il Marito                   - È orribile, capisci?, quel che ti dico... Ma io... io avevo paura che, se te lo uccidevo... tu morissi di dolore... Vedi dunque a che punto io sono un miserabile...

La Moglie                 - (colpita dal dolore di lui, con voce sorda) Taci!

Il Marito                   - (con disperazione) Ti amo, sì. Eti amo ora che, perdendoti, hai aperto un abisso dinanzi a me.

La Moglie                 - Taci! Taci!

Il Marito                   - Portartelo via?... oh! Che vale anche uccidere? Avrei potuto uccidere il tuo rimpianto, forse?

La Moglie                 - (agitata oscuramente da opposti sentimenti) Ti scongiuro!... Non mentire!...

Il Marito                   - Perchè hai tanta paura di cre­dermi?

La Moglie                 - (disperata) Povera me!

Il Marito                   - Hai paura di credermi! Hai una paura folle che io ti ami!... e che te lo dica... perchè sai bene che, se te lo dico, è così... Dì la verità!... (la scuote tutta, tor­mentandola. Ella lascia fare, senza volontà).

La Moglie                 - Sì, ho paura! (poi, con forza, ribellandosi) Non ti credo! (tenta di ridere) Per fortuna non ti credo!

Il Marito                   - Oh, Silvia! Forse che mi hai visto qualche volta piangere dinanzi a te?

La Moglie                 - (con disperazione) Oh! t'avessi visto almeno piangere una sola lacrima! Sarei stata salva. Sarebbe bastata una parola sola!

Il Marito                   - (piange, cercando di nascondere il Viso).

La Moglie                 - E quella parola non ce la siamo detta! (fissandolo, con l'anima in tumulto) Dimmi perchè mi hai abbandonata! Dimmi perchè hai voluto umiliare la mia inu­tile devozione... (con ira) E dimmi perchè piangi perché piangi! (gli gira intorno disperata) Dimmi perchè piangi!... (Una pausa. Si ode il sin­ghiozzo represso di lui e il respiro affannoso di lei). Non capisci che questo dolore mi soffoca? Perchè, perchè hai inabissata la mia esistenza e ora t'affacci sulla mia rovina per mostrarmi il tuo volto angosciato? Ah! È ben meglio, ora, che tu mi uccida!

Il Marito                   - No, che tu vuoi vivere per lui!

La Moglie                 - Ascolta, Ugo. lo non ti so dire dove la mia disperazione mi ha spinta. Devo dire che io amavo quell uomo, e devo crederlo per rispetto di me...

Il Marito                   - Per rispetto di te...

La Moglie                 - Ma tu, ora, Ugo, col tuo do­lore, è come se avessi messo a giacere il tuo cadavere tra noi due... Guarda: tra me e quella porta!

Il Marito                   - (la guarda con gli occhi sbarrati, colpito dalle parole di lei. Sembra, all'im­provviso, ch'egli si risolva a qualche oscuro atto disperato. Va verso la porta, poi torna vicino alla moglie e le parla come in uno stalo d'incoscienza) Egli mi aspetta lag­giù... Vado!

La Moglie                 - (avvinghiandosi a lui, istintivamente e perdutamente) No! no! no!

Il Marito                   - (felice, carezzandole i capelli, dopo una lunga pausa) Lasciami andare. Silvia. Sei il mio amore, tu... Per tanto tempo non ho osato più dirtelo... Bisognava che ti per­dessi per avere questa lealtà e questo coraggio... Oh! Potrei riafferrarti per sempre, lo so... lo sento... Oh! sento questa cosa così certa che mi ubriaca di gioia... Ma c'è qual­cuno laggiù che è arrivato prima di me. Non si passa più!

La Moglie                 - (quasi senza fiato) Ugo! Ugo!...

Il Marito                   - Sempre cosi! Ma chi sbarra la porta... intendi?... chi sbarra la porta non deve essere lui. Lasciami andare. A costo di mettcrmici io, su quella soglia... egli non deve più entrare in questa casa.

La Moglie                 - (tremante, appassionata, incoerente) -No! Non voglio che tu esponga la tua vita... È armato!

Il Marito                   - (stringendosela improvvisamente al petto, la bacia sulla bocca) Anch'io sono armato! E ho contro di lui qualche cosa dì più: la mia disperazione! E che m'importa?

La Moglie                 - (si sente mancare. Le braccia le cadono inerti ai fianchi. Ella piega i ginocchi, mentre egli la bacia lungamente, quasi stesse per svenire).

 Il Marito                  - (l'abbandona così ed esce in fretta).

La Moglie                 - (con uno sforzo si alza, rimane un momento come immemore in piedi nel mezzo della stanza, con gli occhi sbarrati. Poi corre alla finestra, l'apre e chiama con. voce sof­focata:) Ugo! (Ella è anelante. Spinge lo sguardo laggiù, tenuta da un'orribile ansia). Eccoli... Per pietà... (Getta un urlo di or­rore e si copre gli occhi come per sfuggire una visione terribile).

(Qualche cosa d'irreparabile è accaduto al di fuori, ed ella dà con la sua scena muta l’impressione di quell' orrore. Poi si aggira come folle in mezzo alla stanza. Ed ecco: si ode un passo pesante e cadenzato dietro la porta. Qualcuno sta per en­trare. Chi? Lunga pausa ai angoscia durante la quale ella rimane in ascolto, aggricciata, con l'anima anelante).

 Il Marito                  - (si apre la porta violentemente e non appare nessuno. Istante angoscioso d attesa. Poi Il Marito  entra barcollando, col suo pesante passo, pallido, tenendosi una mano sul petto).

 La Moglie                - (disperatamente, correndogli incontro) Ugo! Sei ferito! anima mia!... Ho visto tutto! Ho visto tutto... (lo sorregge, disperata).

Il Marito                   - (accenna di sì e sorride col volto sfigurato da un pallore di morte) Non sarai più sua!... Ho voluto portarti quassù il mio corpo per impedirgli di entrare... Chiudi quella porta a chiave!

La Moglie                 - (lo guarda, trasognata).

 Il Marito                  - Chiudi!

La Moglie                 - (obbedisce macchinalmente, oppressa dal terrore e agitata dai singulti).

Il Marito                   - (afferrandole una mano convulsamente mentre ha gli occhi sbarrati) Giura!... che non lo vedrai più!... Giura!

La Moglie                 - Sì, sì... Giuro!... Oh! Mi puoi credere!...

Il Marito                   - (sempre sorridente) Sì... sì... (ac cenna di sì col capo, mostrando di essere per­suaso che « l'altro » non entrerà più. Poi cade morto tra l'uscio e la donna).

La Moglie                 - (singhiozzando disperatamente, in­ginocchiata presso il corpo di lui) Ugo! Ugo! Ugo!...

Sipario

ATTO SECONDO

Quando si alza il sipario, gli attori si trovano allo stesso punto e nella stessa posizione in cui erano quando è calata la tela alla fine del 1° atto. Perciò Ugo è ancora in terra e Silvia è presso di lui a disperarsi della sua morte. Dopo un po', i comici si alzano indifferentemente poiché la commedia è finita. Il direttore approva col capo mentre Betrone e la signorina Melato vengono verso di lui, che è ancora seduto al suo posto.

 

Il Direttore               - Va bene, va bene. Io vi ho fatto «filare» senza interrompervi per avere un'idea precisa dell'effetto... Brava signorina Melato! (Accarezza la guancia della signo­rina Melato che stringe un pò al suo fianco mentr'ella sorride dolcemente). Nella scena muta, mentre aspetti che « lui » salga, hai avu­to uno dei tuoi più bei momenti. Anche tu, Betrone, con la faccia congestionata e la calma con cui pronunzi le ultime battute, sei impres­sionante. E, se io fossi l'autore, lascierei il dramma così. Dov'è l'autore? L'Autore (entrando in fretta) Scusa, Vir­gilio... (i comici fanno gruppo presso il diret­tore). Vedi: sono stato a sentire questo fi­nale giù in platea. Così, è inutile nasconderlo, il lavoro somiglia a tanti altri...

I Comici                   - (in coro, protestando) No!

II Direttore               - (ai comici) Se lo dice lui!...

L'Autore                   - Bernstein avrebbe fatto certamente molto meglio, ma siamo sempre nella sua con­cezione scenica. Niccodemi avrebbe ottenuto più effetto. Ci avrebbe, è vero, messo un no­taio... Lui mette sempre un notaio.«. (/ comici ridono).

Il Direttore               - Non fare malignità!

L'Autore                   - Io invece ne farei proprio una commedia...

Il Direttore               - (quasi persuaso) Già! Tu pensi, in fondo... che quel marito... dopo avere in circostanze spirituali così tragiche riconqui­stata sua moglie... perchè, non c'è che dire, lha riconquistata... forse perchè lei non aveva mai cessato di amarlo... tu pensi che quel ma­rito abbia poi molto torto a essere così im­becille da prendersi una pugnalata per il solo gusto di non far passare quell'altro dalla porta e di mettere il suo cadavere tra la moglie e l'amante... Non hai torto, quel marito è un imbecille... Pure, non ti nascondo che forse il pubblico è capace di applaudire...

L'Autore                   - In tal caso è tutto merito degli attori...

(La la attrice e il 1° attore s'inchinano modestamente prote­stando).

Il Direttore               - Ma! Il pubblico, sai, si lascia trasportare dalla violenza del dramma! Ma dopo? Dopo ci sono i critici...

L'Autore                   - Be'. Vogliamo vedere la com­media? La situazione è la stessa... I personaggi sono gli stessi... Solo un piccolo particolare cambia tutta l'azione...

Il Direttore               - Vediamo, dunque... Se si azzardasse un altro autore a propormi quello che) mi fai fare tu!...

L'Autore                   - Abbi pazienza!...

Il Direttore               - Vediamo dunque: tu vuoi di­mostrare che nella vita basta un piccolo particolare... un nonnulla a dare agli eventi una soluzione del tutto diversa con gli stessi indi­vidui che...

L'Autore                   - (spaventato) Per carità! Io non voglio dimostrare nulla! Non ti crucciare. Vedi, mi dai un dispiacere. Ci sono cose vecchis­sime che nessuno ha intenzione di dimostrare che esistono. E anche tu sei d'avviso che un autore abbia questa specie di missione, ogni volta che scrive?... Accidenti! Non posso far rappresentare una commedia che tutti vogliono subito sapere che cosa ho voluto dire!...

Il Direttore               - Scusa... scusa... scusa.-. Non ne parliamo più...

L'Autore                   - Per me è tutta una questione di stile: nelle cose vecchie, vecchissime, decre­pite, nuovissime...

Il Direttore               - Scusa, scusa, scusa, scusa... Andiamo avanti... Dunque?

L'Autore                   - Dunque riprendiamo dal momento in cui il servo esce per portare a destinazione la lettera della signora... Il Marito  non fa più il tragico... Intanto fuma una sigaretta...

( Il Marito  accende immediata­mente una sigaretta).

L'Autore                   - Il servo s'incammina, eh? (guarda il suggeritore).

Il Direttore               -  Be', lascia fare... Non la vorrai recitare tu la commedia...

L'Autore                   - (mettendosi da parte) Figurati!

Il Direttore               - (mentre il Servo eseguisce) Il servo s'incammina...

Il Marito                   - (al Servo) Dalla a me! La porto io.

Il Servo                    - (spaventato) Che cosa?

Il Marito                   - La lettera.

(Il servo lo guarda. Poi len­tamente mette una mano nella tasca dei calzoni e tira fuori la lettera che porge al pa­drone).

L'Autore                   - (intervenendo, al Direttore) Vedi che altra leggerezza! E molto più moderno! E siamo già incamminati verso la commedia". Si sente?

Il Direttore               - (sbuffando un poco) Sì, ami­co mio... si sente! Ma sta zitto, perchè si sente anche la tua voce!

L'Autore                   - Non parlo più (si allontana).

Il Direttore               - Ecco, bravo. Dunque Il Marito  dice :

Il Marito                   - (al Direttore) Io guardo la bu­sta, vedo che non c'è indirizzo e dico a lui: « Eseguisci perfettamente i miei ordini e sta bene attento».

Il Servo                    - Sì, signore.

Il Marito                   - Andate a chiamare il signor Ga­stone Riva che aspetta laggiù. Ditegli che fac­cia il favore di venir subito da noi.

Il Servo                    - Sì, signore (si avvia).

Il Marito                   - Allegro! Allegro! Non spaven­terai il signore con quella faccia da funerale? (Grave, secco): Il signore non deve capir nien­te. È inteso?

Il Servo                    - Sì, signore (esce).

La Moglie                 - (entrando vede Il Marito ) Tu! Ugo! Mi hai fatto paura! (e allibisce).

Il Marito                   - (calmo, indifferente) Siedi, cara. Siedi qui. Adesso viene Riva.

La Moglie                 - (atterrita) Riva?

Il Marito                   - Sì, Non gli volevi mandare que­sta lettera per mezzo di Francesco? Invece gli ho fatto dire di venir su perchè desideravo anch'io di parlargli. Così tu potrai comunicargli a voce quello che gli avevi scritto. Non ti pare? Tieni, tieni pure la tua lettera. E siedi.Vuoi una sigaretta?

(La Moglie accenna di no mentre guarda stupita la lette­ra rimasta intatta).

Il Marito                   - Così con calma, aggiusteremo que­sta faccenda.

La Moglie                 - (sempre atterrita) Quale fac­cenda?

Il Marito                   - (la guarda stupito, senza collera) Questa... nostra! Quale vuoi che sia? Spero che non avrai creduto neppure per un istante che io mi rassegnassi a far la parte del marito cieco, tradito e imbecille. Questo no; è vero? Ti so... delicata... Questo, dunque, no... Perciò ci si spiega, non è vero? senza tragedie, da brave persone di giudizio... Voglio anzitutto sapere da lui che intenzioni ha! Oh! Non mi farò persuadere dalle chiacchere! Vedrai. Niente promesse vaghe. Con una donna come te non è la piccola avventura che si corre: la piccola avventura d'una settimana o di un mese. E la storia di tutta la vita! Bisogna ren­derti giustìzia. Quindi se non avete Senno voi altri, ne ho io per tutti e due. Finché sei stata affidata a me ho fatto il mio dovere di marito proteggendoti. E ti proteggerò fino a... domat­tina. Ma         - lasciando tu questa casa - voglio sapere esattamente dove e come vai a stare! Mi rincresce dare una certa aria di solennità a questo discorso col ricordare tua madre mo­ribonda e le mie parole pronunziate al suo capezzale. Ma infine è bene che io ti ricordi di averle promesso di assisterti fino alla fine. Ti affidi a me?

(La Moglie lo guarda spaven­tata).

Il Marito                   - Ti affidi a me? (Pausa).

La Moglie                 - (triste)...Ugo... Ugo...

Il Marito                   - (un po' commosso, ma dominandosi) Bene. Non è acqua molto chiara, il tuo amico. Ho paura che ti giochi qualche tiro. Ma tu affidati a me. Ora Io interrogheremo.

Il servo                     - (annunziando) II signor Gastone Riva.

(Si ritira dopo aver lasciato en­trare).

Il Marito                   - (senza guardarlo) Vieni, vieni avanti. Non ti dò la mano. Scusa.

 (L'Amante imbarazzalo, si china. Il Marito  gli fa cenno di sedersi).

Il Marito                   - Dunque... mia moglie mi ha spie­gato tutto. Ormai, non c'è più dubbio, tu vuoi essere il suo amante. Ma sta fermo sulla se­dia. Ti alzi a ogni momento. Anche lei, la signora, pare che non sia contraria. So che amanti, nel senso materiale della cosa, non lo siete stati fino ad ora... Oh! (all'Amante) Lo so! Non c'è da vantarsene... È stato, anzi non è stato per un puro caso. Quindi niente merito di tutti e due. (Caca di tasca un tac­cuino). Avete cominciato quella mattina del 14 agosto, a Brescia, quando vi portai in au­tomobile, per il circuito. Io avevo un po' ir­ritata mia moglie durante una discussione, sem­pre a causa del mio carattere un po' prepo­tente. Tu avevi un abito color nocciola. Eri insignificante, come al solito, ma lei ti trovava forse intelligentissimo e interessantissimo. E que­sto, infine, è tutto. Mi ricordo che ci deliziasti con una lunga dissertazione sui fanali Scheinler. Avevi ragione perchè sono dei fanali eccellenti e anche perchè è l'unica cosa di cui ti intendi profondamente. Ma vedi che significa dar trop­pa luce a un discorso! Quei fanali, mentre parlavi, illuminarono anche me. Capii subito. E capii tutto. Mi stetti zitto e cominciai a pedinarvi, metodicamente, per essere al corrente di ogni cosa. Tu il 1° settembre hai preso un appartamentino in affitto a San Giovanni sul Muro, N. 12. Hai avuto la delicatezza di mo­biliarlo con un salottino che ha una tappezzeria viola e mobili di un gusto discutibile ma a cui lei ha dato piena approvazione. Questo è stato molto carino da parte tua e possiamo anche dire da parte di entrambi. Il primo convegno l’avete fissato per martedì, dopo domani. Sono esatto? Eh, no! Se c'è qualche piccolo errorein cui per avventura posso essere incorso, vi prego di avvertirmi.  (Pausa). Be'. Andiamo avanti. Siamo di fronte, voi lo vedete, al caso comunissimo di adulterio. La parola è dura e cruda. Vogliate scusarmi. Tu le hai fatto la corte perchè mia moglie è una bella donna intelligente, fina, elegante, e tu sei un ragazzo che piace perchè possiedi tutte le qualità mediocri che occorrono per avere successo con le donne. Vali molto meno di me - intendiamoci! - Ma insomma io sono suo marito e questo è il mio torto; e tu no: questo è il tuo vantaggio. Ma... C'è un ma… Dovete aggiustare i conti con me. Conti piani e facili. Voi non vi siete affatto, com'era naturale, preoccupati di me. Questo andava bene se io non sapevo niente. Ma invece so tutto. E allora? Allora le cose prenderebbero una brutta piega, una piega necessariamente drammatica se noi non ci proponessimo tutti e tre, da persone di buon gusto, di portarle verso la commedia...

L’Autore                  - Ecco. (al direttore) Non trovi questo discorso un pò lungo? Con quella povera moglie e con quel povero amante costretti a tacere!..

Il Marito                   - (all'autore) No...

La Moglie                 - (all'autore) E’ la situazione di lo esige...

Il Direttore               - No, io penso che, detto cosi dal Racca, con la sua aria decisa, semplice  chiara... si debba creare un'atmosfera di attesa che può interessare il pubblico.

L'Autore                   - Be'. Andiamo avanti.

Il Direttore               - Io ti prego però di non interrompere la scena a ogni momento. Come si può avere un'idea dell'effetto del pubblico! se tu di proposito, quasi, vieni a raffreddare l'ambiente e a sconvolgere l'azione? Accidenti agli autori moderni!

L'Autore                   - Questo me l'hai già detto nel 1° atto.

Il Direttore               - Be'. Andiamo avanti. Tu dici che è un po' lungo? (Al suggeritore) Aggiunga una battuta al marito:« Forse troverete questo discorso un po' lungo. Ma è necessario»  Ecco.

Il Marito                   - lontana, che Roma?

 (il 1° attore frattanto ha già giunto la battuta alla parte).

Il Suggeritore           - (scrivendo) «Ma è neces­sario ».

Il Direttore               - Via! Via!

Il Marito                   - (recitando) Forse troverete que­sto discorso un po' lungo. Ma è necessario.

La Moglie                 - (con uno scatto) Tu dici di vo­ler portare le cose verso la commedia? Eb­bene, questa indegna commedia che tu hai or­dito a mezzanotte io non la voglio continuare! (L'Amante si alza anche lui).

Il Marito                   - Calma. Calma. La signora preferirebbe che io uccidessi il suo amante come un cane, in questo momento? Eh? (rivolgen­dosi all'Amante) Lei. Che ne dice?

(L'Amante allarga comicamente le braccia).

Il Marito                   - Dica lei che cosa intende fare.

L'Amante                 - Sono in tutto a sua disposizione.

Il Marito                   - Sì, per la partita che riguarda esclusivamente noi due, e che regoleremo do­mani. Ma per la signora?

L'Amante                 - Prendo su di me ogni respon­sabilità!

(Sono in piedi tutti e tre).

Il Marito                   - Oh! Cominciamo a veder chiaro Possiamo sederci tutti e tre... (Si seggono) e continuare...

L'Autore                   - Mi pare...

Il Direttore, il 1° attore e la la attrice (protestando) St!...

(L'Autore si siede in fretta scu­sandosi col gesto).

Il Marito                   - Dove avete intenzione di stabi­lirvi?

L'Amante                 - Ma... Questo dipenderà dalla vo­lontà della signora...

Il Marito                   - Ah! È giusto! Purché, inten­diamoci... Non sia in questa città, dove abito io... Per ragioni che alla vostra delicatezza e alla vostra discrezione appariranno ovvie, sarà bene evitare tutte le occasioni che potessero facilmente farci incontrare nella vita. Anche perchè ognuno riprenderebbe la sua libertà d'a­zione, e io quindi anche la mia, e non vorrei far trovare in disagio né voi altri nò, eventual­mente, la persona che potrà essere al mio fianco.

(La moglie che già aveva co­minciato a essere inquieta e a fremere, ora strappa coi denti il fazzoletto).

Il Marito                   - Possibilmente dunque, una città lontana, che potrebbe essere Roma... Vi va Roma?

L'Amante                 - Ma... (e accenna con un gesto deferente la signora come per dire: «dipen­derà da lei »).

Il Marito                   - Lei ha avuto sempre molta sim­patia per Roma. Roma va benissimo. Oh! Una altra cosa! Guarda che quelle azioni della Pe­ninsulare non vanno. Bisogna vendere subito mentre sono ancora alte. Ma siccome sono condannate inesorabilmente a precipitare...

L'Amante                 - (perplesso, stupito) Ma io le ac­quistai...

Il Marito                   - In seguito a mio consiglio, lo so. Ma prima di tutto io essendo in quel con­siglio d'amministrazione facevo l'interesse della Società, raccomandarne le azioni e proponen­dole, naturalmente, agli amici.

L'Amante                 - Ma ne fai parte anche adesso!...

Il Marito                   - Sì. Ma oggi m'interessa che tu non ti dissesti. Mentre qualche giorno fa la cosa non mi dispiaceva affatto. Oggi ho il dovere di tutelare gli interessi tuoi perchè stan­no per diventare quelli della signora...

La Moglie                 - (alzandosi) La signora si rifiuta di accettare queste tutele, da una parte e dal­l'altra. Io uscirò da questa casa, ma non andrò in quella di nessuno: tanto meno in una casa dove andrà a stare il signore (accenna all'Amante).

L'Amante                 - (alzandosi, imbarazzato) Ma...

Il Marito                   - (alzandosi a sua volta) Mi sembra che qui tutto si sposti. Siamo davanti, mi pare, a un colpo di scena. (All'Amante) Vuoi per gentilezza passare in quel salotto un minuto solo perchè io sappia dalla signora quel che forse non vuole spiegare alla presenza di tutti e due?

L'Amante                 - Volentieri... (Si avvia a destra).

Il Marito                   - (accompagnandolo) Prego...

L'Amante                 - Grazie... (entra).

Il Marito                   - (fa il gesto di chiudere la porta, poi si volge indietro e va verso la moglie) Mi spieghe...

La Moglie                 - (precipitosamente, con sincera an­goscia) Dimmi chi sarà la donna che ti pren­derai con te!...

Il Marito                   - (stupito, imbarazzato e un po' an­noiato) Ma che c'entra! È molto stupido che tu proprio ora mi faccia una domanda si­mile!

La Moglie                 - (violenta, senza ascoltarlo) Sarà una delle mie amiche. Chi, per piacere? Tanto, ormai, puoi dirlo! Sei libero, sei libero...

Il Marito                   - (irritato) Non facciamo storie ridicole! Tu dimentichi la nuova posizione tra noi due... anzi, tra noi tre!...

La Moglie                 - (con violenza) Non mettere nessun altro insieme con noi. Fammi il piacere di man­dar via quello là!

Il Marito                   - Ma come?

La Moglie                 - Non lo posso sopportare! E che non vi venga mai più davanti...

Il Marito                   - Questo lo dirai a lui...

La Moglie                 - Sì! Glielo dico in questo mo­mento! (Si avvia risolutamente verso la porta di destra. Il Marito  la trattiene).

Il Marito                   - Andiamo, via! Non è conveniente!   

La Moglie                 - E che diritto hai tu di stabilire: « Tu andrai con lui, voi starete insieme nella tale città...»? Hai il diritto di mandarmi via, e io me ne andrò subito... Ma non hai nessun diritto di avvilirmi cosi. Io non sono incatenata a nessuna colpa che non ho commessa. Se mi sono comportata male è per rabbia con­tro di te, perchè io ti ucciderei, vedi... tanto rancore ho contro di te!... Ma pure ti devo ringraziare di una cosa: di aver chiamato quel­l'uomo quassù, stanotte, e di avermelo fatto ve­dere con te, di fronte a te. Tutti i mariti do­vrebbero fare così:« Ah, voi, signora, avete e stavate per compromettervi con lui? Ebbene, che venga qui, lo scimunito, e regoliamo ogni cosa ». Ti assicuro che molte mogli aprireb­bero gli occhi, una volta per sempre.

Il Marito                   - Non dargli dello scimunito così forte. Ti può sentire.

La Moglie                 - Non me ne importa! Vuoi che lo chiami dinanzi a te e gli proibisca nel modo più assoluto di ricomparirmi davanti?

(Fa un passo verso la porta di destra).

Il Marito                   - No. Sembrerebbe che te l'avessi imposto io.

 La Moglie                - Hai ragione.

Il Marito                   - Ma insomma, che vuoi tu da me?

La Moglie                 - (quasi piangendo) Niente! Io vo­glio bene a te! Io non posso veder nessuno! Mandami via e io non cesserò mai di adorarti, per quanto tu sia stato una canaglia a trascu­rarmi così!

Il Marito                   - Ma come? Mi adori? E quello là... a cui scrivevi una lettera... a cui davi un convegno... a cui volevi dare ogni cosa...

La Moglie                 - Ah! Che orrore! Ah no, no! Non sarei arrivata a questo! Leggila pure quel­la stupida lettera! È insignificante, come è insignificante, inconsistente quello che ho fatto io. Ma dopo che mi avrai mandata via di casa, che avrei fatto? T'ho detto che è tuo diritto! Ma tu non mi potrai impedire di volerti sei sempre lo stesso bene! Io però posso impedirti di mandarmi insieme con quell'uomo! Non ci vado neanche se mi leghi con le corde insieme con lui.

Il Marito                   - (severo, amaro) Ma se avevate il vostro piano... Se era questo il vostro desiderio!...

La Moglie                 - (incoerente, appassionata) Io voglio bene a te! Tienimi con te! Ugo, Ugo! Non mi fare impazzire! Se la mia gioia fosse altrove, se io amassi veramente quell'uomo chi più pronta di me, ora, a fare quello a cui m stesso mi spingi? E perchè mi spingi? Pel vendicarti? Io sono la donna che ti ama, li donna sbagliata sconclusionata. Ma quella che ti ama, che ti ha sempre amato, che da te ha sopportato tante cose ingiuste! Io non lo so che è avvenuto in me da un'ora a questa parte! E come se tu mi avessi costretta a guardami dentro, a leggere nell'anima mia...

Il Marito                   - (fissandola) E come faccio io  a crederti?

La Moglie                 - (concitata) Come fai? Ecco qua... Ora lo faccio venire qui... (confusa) Come si chiama? (È dietro la porta). (Il Marito  ha un gesto di chi è al massimo della pazienza

La Moglie                 - (riprendendosi, piano) Signor Riva? Signor Riva, venga qua...

Il Marito                   -  (spaventato) Ma no!...

(L'Amante entrando li guardi con ansia e curiosità; prim l'uno, poi l'altra).

La Moglie                 - Signor Riva, favorisca... Senti! io, amo mio marito....

(L'Amante allarga le braccia)

La Moglie                 - L'ho sempre amato...

(L'Amante allarga le braccia)

La Moglie                 - Non ho amato che lui!

(L'Amante allarga le braccia)

La Moglie                 - Quindi se vado fuori di casa non è per venire da lei. Per andare all'inferno sì, per venire da lei no.

(L'Amante allarga le braccia)

La Moglie                 - E se io sono stata così leggera e sciocca, da dare ascolto alle proteste d’ amore di lei...

(L'Amante, che non si raccapezza più, crede a un certo  punto d'indovinare il gioco di lei: crede insomma che la moglie reciti quella parte per salvarsi e ha un gesto d’intelligenza, un ammiccare d’occhi che è colto dalla signora la quale lo ferma quasi gridando)

La Moglie                 - No! Non creda, sa! (al Ma­rito) In questo momento il signore crede che io reciti una parte per salvarmi ai tuoi occhi! Crede che io ti stia giocando con la sua com­plicità!...

L'Amante                 - (al colmo dell'imbarazzo) Ma no! Ma no, scusate...

La Moglie                 - (al marito) L'ho capito dal mo­do con cui mi ha guardata!

L'Amante                 - Vi assicuro...

La Moglie                 - In ogni caso lei ora ha compreso: se ne vada e non mi si faccia più vedere nemmeno dipinto.

Il Marito                   - Un momento. Non è così, in questa maniera semplicista che io intendo de­finire la questione.. Qualunque sia la soluzione tra me e te, ce un altra partita aperta con lui, che bisogna saldare...

L'Amante                 - Finalmente!

La Moglie                 - Ti scongiuro, Ugo; ascoltami... (all'Amante) Mi permetta un momento...

L'Amante                 - Prego...

La Moglie                 - (con voce concitata) Non ti com­promettere per lui!... Non voglio che tu metta :i rischio la vita tua per un uomo simile!...

L'Amante                 - (che ha udito e che comincia a sec­carsi) Ma insomma!...

Il Marito                   - (alla moglie) Senti. Ascolta bene quello che ti dico... (ali Amante) Permetti un momento...

L'Amante                 - Prego...

Il Marito                   - Non voglio, assolutamente non voglio che tu t'immischi in quello che ci ri­guarda. Sarà quel che sarà quest'uomo, e pos­so anche convenne che non sia meritevole nep­pure di dare a me una riparazione d'onore...

L'Amante                 - (indignato, ma non senza comicità, urlando:) Ah! Basta'.! Basta!

(// Marito e la moglie lo guar­dano stupiti).

L'Amante                 - (con gran foga) Basta! Non so perchè mi avete chiamato su! Sono venuto qui! per farmi insultare! Trovo più logico che uno di voi mi ammazzi con un colpo di rivoltella... Questo sì!... Ma io voglio essere trattato come un gentiluomo!... Un gentiluomo che ha, sì, mancato... ma che è anche disposto a riparare in qualunque forma sia consentito dagli uo­mini...

 Il Direttore              - (alzandosi)   Ecco, questo è il punto!...

L'Autore                   - (sbucando da una quinta) Vedi?

Il Direttore               - Fammi il piacere! Vattene via!

(L'Autore scompare).

Il Direttore               - (ai comici) Avanti! Avanti!

L'Amante                 - (riprendendo) Perciò, vi prego... È ammissibile che io sia sfortunato e che in questa malaugurata faccenda in cui mi son lasciato trasportare da un sentimento di devo­zione troppo spinto io abbia la peggio, ma voi non dovete, no, farmi passare per ridicolo... Faccio appello, non dico alla vostra genero­sità, ma alla vostra correttezza e alla vostra rettitudine... Domani, dinanzi alla vostra pi­stola, o alla vostra spada, signore uccidetemi. Ma oggi, o meglio stanotte, nella vostra casa, risparmiatemi!

Il Marito                   - È giusto. Domani ci rivedremo al Circolo. Un piccolo incidente, che io in qual­che modo provocherò, ci darà pretesto per bat­terci.

L'Amante                 - (corretto) Sono a vostra disposi­zione.

Il Marito                   - A rivederci.

L'Amante                 - A rivederci. Ma... ho lasciato di là il cappello.

Il Marito                   - Glielo dò subito (va nella stanza).

(La Moglie, in fretta guarda Verso la porta, poi si protende col viso verso l’Amante che fa altrettanto. Senza fare un passo tutti e due si baciano. Poi tor­nano con indifferenza alla posizione di prima, impassìbili. Il Marito  li guarda soddisfatto dal limitare della porta ed ha in mano il cappello).

Il Marito                   - Ecco.

L'Amante                 - (corretto, con un sottilissimo sorri­so d'ironia e di soddisfazione) Grazie. Ai vostri ordini, signore. (Inchino).

(Il Marito  e la Moglie s'in­chinano anche loro. L Amante quasi solennemente se ne va).

La Moglie                 - (appena l'Amante è andato via) Oh! Ugo! Ugo! Ugo! (Cade in ginocchio e bacia i ginocchi di lui).

(Il velario s'è già chiuso a metà in questa battuta finale ma il Direttore lo fa di nuovo aprire).

Il Direttore               - Un momento! Un momento!

L'Autore                   - (riappare da una quinta) Che fai?

Il Direttore               - Bada che così questa donna appare troppo cinica! Che la moglie inganni Il Marito  così bene e in modo che anche il pub­blico sia tratto in inganno, può anche essere un'allegra sorpresa, ma...

L'Autore                   - Pensavo anch'io...

Il Direttore               - Non ti pare? Abbracciarlo così spudoratamente in ultimo può sembrare eccessivo. Facciamo calare il sipario invece quando Il Marito  se ne va compostamenie, si­gnorilmente... Eh? Riprendiamo...

(// Marito che ha ripreso il  cappello ddh mani dell'Amante)

L’Amante                 - Ai vostri ordini, signore. (Inchino)

(Il Marito  e la Moglie s'inchinano dignitosamente anche loro. L'Amante si allontana e molta gravità).

L'Autore (riapparendo) Sì è meglio…..

Il Direttore (alzandosi) È meglio... è meglio…..

Il marito – la moglie – l’amante (alzandosi) È meglio... è meglio…..  è meglio…..

(Sipario)

ATTO TERZO

 Quando si alza il sipario gli attori si trovano allo stesso punto e nella stessa posizione in cui erano mentre è calata la tela alla fine del 2° atto.

 

Il Direttore

L'Autore

Il Marito  [ Sì, è meglio... è meglio... è meglio

L'Amante

La Moglie

Il Direttore               - (all' autore) E meglio, ma che cosa vuoi che ti dica? Tu anche in questa seconda (accia dell'azione, hai (atto (are al marito una parte d'imbecille. Prima in linea tragica, poi in linea comica, ma lo hai cucinato male lo stesso. Che vuoi che ti dica! Tu hai svitato la commedia, l'hai riavvitata con un'altra azione, ma Il Marito  lo hai sempre trattato male! Vedrai che ti si dirà che tu sei per la riabilitazione degli amanti...

L'Autore                   - Ma fammi il piacere!

Il Direttore               - Vedrai! Tanto più che del marito tu hai (atto il personaggio più simpatico, il personaggio che ha ragione... Con questo aggravante, nel 2° atto... che pare... pare (ino all'ultimo che quella moglie parli sinceramente... Ah! Caro mio! Ma quella po­vera signora Melato è un miracolo d'impostura...

La Moglie                 - (rìdendo) Io?

 Il Direttore              - E quell'amante che fino al­l'ultimo sembrava lui l'imbecille, aveva capito il trucco, mentre non l'aveva capito Il Marito ... e non potrà prevederlo il pubblico...

L'Autore                   - Bè... Non hai nulla di più im­portante da osservare?

Il Direttore               - No... L'atto mi pare con­dotto bene, con misura, con un certo spirito...  Ma e è sempre l'incognita di questa commedia che per tre volte vede alzarsi la tela col la­voro da cominciare... Questo potrà generare - penso - dei rumori qua e là... Basta! A teatro tutti i pronostici sono assurdi... Adesso, mi pare che siamo da capo con la moglie in camera, il servo che esce e Il Marito  che sopraggiunge... Andiamo, ragazzi!

L'Autore                   - Per un minuto in anticipo che arriva il marito ...

Il Direttore               -...Tutta la commedia si spo­sta. Sappiamo.

L'Autore                   - E adesso c'è il... (fa un gesto d'intelligenza accompagnalo da un vago bron­tolio).

Il Direttore               - Già: c'è il... (ripete il gesto e il brontolìo) ovverosia l'intervento degli in­terpreti nella discussione...

Il Marito                   - Pensi. Permetta, signor Antonelli. Non potrei io avere delle ragioni per desiderare che mia moglie mi tradisca?...

L'Autore                   - (comicamente perplesso) Potrebbe averla, ma perchè mi fa questa domanda?

Il Marito                   - Perchè, in tal caso, lei che vuol spostare la commedia verso la comicità, anzi verso la buffoneria, ottiene il suo effetto per­chè, io divento subito un marito da farsa...

Il Direttore               - (all'autore) Bada però che questo intervento, nella discussione, dei co­mici che improvvisano la commedia... non è naturale sul palcoscenico. Ti potranno accu­sare d'inverosimiglianza.

L'Autore                   - Ma no. Scusa, Il pubblico ca­pisce che io l'ho fatto apposta.

Il Direttore               - Eh già! Tutto è fatto ap­posta in una commedia. Molte volte tutto è fatto apposta per andar male...

L'Autore                   - Ma un momento: quelle parole che dici adesso, ossia la tua osservazione sul­l'osservazione dei comici, per il solo fatto che la dici dal palcoscenico, fingendo una prova che non è una prova, perchè dinanzi al pub­blico sarà sempre, da un certo punto di vista, a sua volta inverosimile... Se andiamo a di­scutere sulla verosimiglianza del verosimile...

Il Direttore               - (che s'è turati gli orecchi) Per carità!

L'Autore                   - Piuttosto è da confessare una cosa. Che voltare in farsa il dramma che ab­biamo già voltato in commedia è una cosa difficile.

Il Direttore               - Allora dove sta il tuo ta­lento?

L'Autore                   - Aspetta. Il mio talento sta ap­punto nel provocare, dovendo fare la farsa, una discussione sulla difficoltà della farsa: anzi sulla sua falsità.

Il Direttore               - Anzi, sulla sua negazione assoluta.

L'Autore                   - Sicuro! La farsa non esiste. Esi­stono gli elementi episodici farseschi, che sono gli elementi comici che accompagnano tutte le azioni drammatiche. Non solo le accompa­gnano, ma s insinuano in esse in modo tale che un distacco netto è impossibile. Ma la farsa in sé, come vicenda assoluta della vita, non esiste. Esiste come convenzione teatrale, e basta. Non è dunque una maniera di inter­pretare la vita. E, bensì, una maniera di re­citare.

Il Direttore               - Perciò tu devi, Betrone, fare la tua entrata, appena il cameriere esce a portare la lettera, col tuo bravo monologo recitato con la cadenza tradizionale della vec­chia farsa... Andiamo! (batte le mani) Fran­cesco esce con la lettera che nasconde nella tasca dei calzoni...

Il servo                     - (esegue, attraversando la scena e se ne va).

Il Marito                   - (che si è nascosto dietro la tenda lo segue con lo sguardo e poi dice la sua parte nella caratteristica maniera delle farse) se ne va... Quel mascalzone di servo con­segna ora a Gastone il biglietto di mia moglie e io lo aspetto qui e lo prendo in trap­pola... Sarà buffo vedere la sua faccia di vecchio gorilla in riposo quando, presentandosi con il suo solito fare dolciastro, invece della moglie trova Il Marito. (Si siede) Eh! quelli cervellina di Silvia! Dolce e avvenente creatura! Trovatala in un mattino di settembre nel suo giardino mentre, vestita di un semplice grembiule color oliva, rincorreva una farfalla, io l'afferrai per le due ali... Non lei, la farfalla... e le dissi: «Signorina, questa innocente creatura del signore io l'ho afferrata a volo come si afferra la felicità: forse il segno propizio del nostro comune destino? In cambio di questa creatura alata che io le cedo, vuole ella cedermi la sua mano? » Due minuti dopo ella sedeva sulle mie ginocchia... non già la farfalla, la signorina, e noi eravamo fidanzati: e due mesi più tardi marito e moglie! Oh ammonimento del destino! Ella è rimasta sempre, in tre anni di matrimonio, una farfalla! Niente di grave niente di irreparabile... Ma a quel vecchio gorilla in riposo del mio amico Gastone deve dare una lezione. Ah! tu approfitti dell’assenza del tuo intimo amico per combinare un convegno galante con la signora? L'avrai a che fare con me... Ma ecco mia moglie che viene da questa parrte. Affettiamo un contegno indifferente... (si mette a fischiettare un'aria dì canzone).

La Moglie                 - (atterrita) Ugo!

Il Marito                   - (le va incontro) Oh! Cara! (si baciano. Tra se): Il bacio di Giuda!

La Moglie                 - Come mai? Non ti aspettavo…..!

Il Marito                   - Che vuoi! mi sono sbrigato prima... (tra sé): Come impallidisce!... (forte) Questo non ti fa piacere?

La Moglie                 - (con slancio) Figurati

Il Marito                   - (tra sé) Canaglia!  (forte)  Taci... (rimane in ascolto).

La Moglie                 - (atterrita) Che c'è? (si alza cercando di avvicinarsi alla porta per far capire all'amante che in casa c'è Il Marito ) Che senti? Ugo! Ugo... Mi fai paura... Ugo» Dimmi che rumore senti, Ugo...

Il Marito                   - Inutile gridare forte «Ugo» pel far capire che io sono in casa. Tanto... non è lui: è Francesco..

.

 La Moglie                - (con un filo di voce) Allora allora... tu sai?...

Il Marito                   - Si!

La Moglie                 - Ah! (sviene sulla sedia).

 Il Marito                  - (a Francesco che è di là, parlando dal limitare) Francesco, è inutile aspet­tare il signor Gastone Riva che la signora ha avvertito del mio arrivo. Andate subito a letto. Lo riceveremo noi.

La voce del Servo    - (turbata, di dentro) Va bene, signore... Va bene...

Il Marito                   - (tra sé) Altra canaglia...

La Moglie                 - (Che era subito rinvenuta e che aveva ascoltato il dialogo tra Il Marito  e il servo torna a svenire appena Vede Il Marito  che si avvicina).

Il Marito                   - Non svenire perchè non ho tempo. Gastone sta per salire.

La Moglie                 - Oh Dio! Che accadrà?

Il Marito                   - Due sono le ipotesi. O egli confesserà, sinceramente, candidamente, il suo errore... perchè io sono al corrente dei vo­stri affari e so dove siete arrivati...

La Moglie                 - (riacquistando) Sì, si... mio po­vero Ugo...

Il Marito                   - Basta! (la guarda, seriamente). 0 egli confessa, e io tutt'al più gli tiro le orecchie o gli dò o mi prendo una sciabo­lata...

La Moglie                 - No!...

Il Marito                   -...Di convenienza... Ma cercherò di dargliela...

La Moglie                 - Ah!

Il Marito                   - Oppure lui prenderà una scu­sa... cercherà infine di mettermi nel sacco e allora io lo uccido come un cane (mette una mano in tasca senza però estrarre alcun arma).

La Moglie                 - (getta un piccolo grido).

Il Marito                   - Ah! Ti è caro, eh? il tuo vecchio gorilla a riposo. Non per niente si chiama Gastone...

La Moglie                 - No, Ugo... E perchè trovo più giusto che tu non rovini la tua esistenza per una schiocchezza. Per me... puoi mandarmi via... Io sono ben misera cosa...

Il Marito                   - (severo) Questo si vedrà. Taci... Questa volta è il suo passo, (si mette a se­dere, calmo, e accende una sigaretta).

La Moglie                 - (tra sé) Oh Dio! Come si farà a far capire a quello stupido che gli con­viene confessare ogni cosa?

 L’Amante                - (picchia dolcemente alla porta con le nocche delle dita).

La Moglie                 - (a un segno del marito) Avanti...

L’Amante                 - (si affaccia al limitare e istintiva­mente si ritrae con gli occhi sbarrati dallo stupore).

 La Moglie                - (con un sorriso forzato dall'ansia) Avanti...

Il Marito                   - Avanti...

 L’Amante                - (avanzando con un sorriso tanto più stereotipato quanto più si accresce il suo im­paccio) Buona notte... Amici, buona notte.

Il Marito                   - Come va... (e sta per aggiungere «a quest'or » quando l'amante si afferra a quella domanda detta in tono calmo per dare una spiegazione plausibile, mentre stringe le mani una Volta a lui, poi a lei, poi di nuovo a lui).

L'Amante                 - Già... appunto... stavo per dirti... Ecco, (si siede estenuato).

Il Marito                   - (sorridendo) Insomma?

 L’Amante                - (riflette, torna padrone di sé e dice calmo al marito) Ero venuto, per pro­porti, per domani, una partita di caccia. (Silenzio imbarazzante).

La Moglie                 - (ha fatto cenni violenti di «no» con la testa. L'amante la guarda stupefatto, poi, guarda Il Marito , non si raccapezza più, ma è costretto a seguitare).

L'Amante                 - Passavo sotto le tue finestre... Ho visto la luce... E ho detto tra me... Ora salgo su...

Il Marito                   - (ghignando)...dal mio caro Ugo...

La Moglie                 - (accenna sempre di no con la te-testa, indignata. L'amante la guarda sempre più stupito).

L'Amante                 -...Dal mio amico Ugo... E gli propongo di venire con me domattina in ri­serva... a tirare qualche colpo ai fagiani... È un pezzo che non tiriamo più ai fagiani!... Ma ero perplesso... data lora tarda... e di­cevo tra me:...

Il Marito                   - Salgo o non salgo...

La Moglie                 - (fa sempre degli accorati cenni di diniego con la testa e l'amante non può nean­che guardarla bene perchè Il Marito  tiene su di lei gli occhi fissi).

L'Amante                 - Già: Salgo o non salgo... Ma poi, come vedi... dovete scusarmi...

Il Marito                   - (alla moglie) E inutile, cara, che seguiti a fargli cenno di no con la testa. Tanto |lui non capisce...

 L’Amante                - (li guarda tutti e due) Che... devo... capire?

La Moglie                 - (gli fa dei cenni per fargli capire che è meglio confessare tutta la verità, altri­menti c'è il colpo di rivoltella. L'affare della rivoltella è per l'amante la cosa più difficile ad afferrare).

 L’Amante                - (scoraggiato, quasi rispondendo. ai cenni di lei) Non capisco proprio.

Il Marito                   - (cambiando posizione, in modo da avere la moglie e l'amico di fronte: che così non possono scambiarsi dei segni) Ti aiuto io.

 L’Amante                - (sinceramente soddisfatto) Oh!

Il Marito                   - Tu fai la corte a mia moglie...

L'Amante                 - Un momento... un momento... (guarda la signora come cercando un aiuto. Vedendola silenziosa, a capo chino, non sa più a che santo votarsi).

Il Marito                   - La signora è autorizzata, se io dico cosa inesatta, a protestare. Se tace          - e tutte le volte che tace - vuol dire che af­ferma con me.

 L’Amante                - (guarda la signora, e china il capo come per dire: «quando è così...»).

Il Marito                   - Tu facevi la corte alla mia si­gnora la quale, a onor del vero, e a disonore mio t'incoraggiava...

 L’Amante                - (vivamente protestando) Ah! Que­sto... (E vorrebbe continuare la protesta, ma s'accorge del silenzioso assentimento di lei e si rassegna, a sua Volta, a consentire).

Il Marito                   - Tu volevi farne la tua amante...

 L’Amante                - (alzandosi di scatto) Senti! Ti giuro...

Il Marito                   - (con un gesto, additando la signora silenziosa l'immobilizzo.).

 L’Amante                - (si siede, costernato).

Il Marito                   - (dopo una pausa) Tanto è vero che questa sera, per mezzo del servo, ti ha dato un convegno qui...

 L’Amante                - (di nuovo alzandosi sperando in uno scatto di lei) Signora!...

Il Marito                   - (ripete il gesto).

 L’Amante                - (cade a sedere, stupefatto).

Il Marito                   - (tranquillamente) Tu sei una canaglia.

L’Amante                 - (non sapendo che fare, acconsente, cinicamente) Oh! (volendo quasi dire: «rimane almeno stabilito questo\ »). (Pausa).

Il Marito                   - Sei una canaglia...

L'Amante                 - Me l'hai detto!

Il Marito                   - Ma siccome sei anche, e sem­pre, quel fatuo ragazzo fatto a serie di ari è ricca l'umanità...

L'Amante                 - Questo non me l'avevi detto, ma ho sempre deplorato che fosse la tua opi­nione...

Il Marito                   - Bene. Io mi sarei contentato! di metterti alla porta, salvando questa povera disgraziata, se tu sinceramente, con uno scatto di lealtà e, sarei per dire, di amicizia, miaavessi immediatamente confessato tutto.

L'Amante                 - Ah! Perdio! Se l'avessi saputo prima! (Poi rimane terribilmente confuso).

Il Marito  e La Moglie - (lo guardano trasecolati).

 L’Amante                - (si alza con uno scatto) Basta! I signori! Basta! Riconosco il diritto del colpo di rivoltella, anch'essa fabbricata a serie da quello che usiamo chiamare diritto del marito; offeso, ma nego che io non mi sia comportato come dovevo. Io avevo forse il dovere di non tradire te, ma avevo anche quello di non tradire la tua signora. C'è anche un diritto pei malcapitati come me, egregio amico, i quali appartengono a un altro ordine di traditi. Se io nutrivo un sentimento per la tua signora, sen­timento che ho avuto il torto di coltivare e di approfondire, avevo anche il dovere di na­sconderlo specialmente a suo marito. Perciò non ostante la complice abnegazione della tua signora e la frenesia di sincerità che vi unisce m questo istante, io difendo il mio diritto di negare e aspetto il colpo di rivoltella tran­quillamente (incrocia le braccia).

Il Direttore               - Va bene, Tofano... Va bene così. (Indi all'Autore che Viene dal fondo) Però, devi convenire che mentre avevi comin­ciato coi modi farseschi della nostra tradizione comica, in omaggio alla tua asserzione che la farsa non esiste non essendo una maniera di interpretare la vita ma soltanto una maniera di recitare, tu poi quella maniera l'hai dimen­ticata per la strada e stai voltando la farsa in grottesco...

L'Autore                   - Sicuro! E questo che cosa di­mostra? Che quella maniera era falsa e che soltanto aggravando il tono del dramma io potevo ottenere un risultato comico. Oggi non possiamo ammettere che questa sorta di comi­cità a teatro, mio caro, che è la sola comi­cità della vita. Ai funerali, alle celebrazioni, alle solennità di ogni genere, è questa la vera la sola farsa a cui partecipa la tronfia uma­nità. Io perciò ho voluto dare alla farsa questa doppia faccia a cui non vorrai negare una; certa intelligenza: la faccia della nostra con­venzionalità teatrale alla prima parte della scena, e quella di una più logica e amara deformità, nella seconda parte. Tra le due umana e la più dolorante è la seconda.

Il Direttore               - (ai comici) Ha sempre ra­gione lui! Sì, ma infine che hai voluto dimostrare?

L'Autore                   - E dalli col dimostrare!

Il Direttore               - Sì, che cosa hai voluto con­cludere? Perchè bisogna qualche cosa conclu­dere, se a te dispiace dimostrare... La critica potrà sempre obiettare che non è, a rigore di termini, la stessa vicenda che l'autore è andato svolgendo...

.L'Autore                  - Ma appunto per questo ho messo le tre voci in platea!

Il Direttore               - Ah già! Ci sono le voci in platea (dà un'occhiata alla platea).

1°,  2° e 3a voce in platea         - Siamo qui!

L'Autore                   - Se io faccio dire dalle voci in platea quello che già pensa il pubblico della commedia, il pubblico ride perchè capisce che l'autore è un uomo di spirito e ha scritto una commedia a modo suo per provocare tutti i dibattiti che costituiscono la sua autocritica... Così che cosa faccio io? Scarico - eh? - scarico volta per volta tutte le osservazioni che i critici erano andati caricando nel loro cervello durante la rappresentazione... Essi non potranno prendersela con l'autore una volta che l'autore già per conto suo se l'è presa con la commedia... Infatti, guarda... Ripeta, Tofano, la sua battuta...

 L’Amante                - (con forza) Perciò, non ostante la complice abnegazione della tua signora e la frenesia di sincerità che vi unisce in questo istante, io difendo il mio diritto di negare e aspetto il colpo di rivoltella tranquillamente!

1° voce in platea       - Ah no! Basta! Basta! Io mi appello al buon senso del pubblico per protestare contro questa roba!

2° voce in platea       - Bravo! Ha mille ra­gioni

3° voce                     - (alla 1°) Ma chi è lei che pro­testa e fa l'appello? Faccia l'appello alle sue galline, ma non venga qui a disturbare le commedie!

2° voce                     - A teatro abbiamo i nostri diritti! Dica, signore dica quel che crede bene di dire!

1° voce                     - Mi piace avere il consentimento di quel signore in cui mi sembra di ravvi­sare un'illustrazione della città...

2° Voce                    - (inchino) Grazie...

 3a VOCE                 - Ma sì! Fatevi anche i complimenti!...

la VOCE                   -...E una mente illuminata... e uno spirito libero... per chiedere qui alla platea, e ai palchi, e al loggione...

3a VOCE                  - E ai pompieri...

la VOCE                   -...Se col nostro silenzio troppo edu­cato non corriamo il rischio di renderci com­plici di questo mostro di commedia... i cui difetti saltano all'occhio di chiunque...

3" Voce                    - Ma se ve li ha indicati lo stesso autore!

2a VOCE                  - Bravo! Indicarli non vuol dire ri­solverli!

L'Autore                   - (al Direttore) Vedi? Vedi?

la Voce                      - Lei ha perfettamente ragione! L'au­tore ci doveva dare tre svolgimenti di una unica situazione psicologica...

3a Voce                     - Ma mi faccia il piacere! Ma quando mai si dice a un autore:« Lei doveva fare così! ». Ma lo dica al suo falegname!

la voce                       - (gridando) Quei tre mariti non sono lo stesso marito!

2" voce                     - E neanche le tre mogli! e neanche i tre amanti!

3a voce                      - Mentre voi altri due siete lo stesso imbecille!

Il Direttore               - (all'Autore) Eh no! Caro mio... Tagliamo questa battuta... Altrimenti si dovrebbero, logicamente, accapigliare... E al­lora faremmo il pugilato a teatro!... Non ci mancherebbe altro...

(/ comici ridono)

L'Autore                   - Vedi, però... L'osservazione la facciamo venire dal pubblico e il pubblico sarà soddisfatto.

Il Direttore               - Sei poi certo che sarà soddi­sfatto?

1° attore                   - (Il Marito ) Speriamo!

la attrice                    - (la Moglie all'Autore) Ma... un momento!... Pensate. La recitiamo così?

L'Autore                   - Come « così »?

la attrice                    - Con tutte queste soluzioni, cam­biamenti, rifacimenti, interruzioni? Guardi che ce ne sono una diecina in tutta questa com­media!

(/ comici ridono).

Il Direttore               - (all'autore) Eli già! Pensaci, caro. Questa responsabilità esorbita dal mio ufficio di direttore e di amico. Non puoi mica sconvolgere e buttare in aria la commedia dieci volte nella stessa sera!

L'Autore                   - Ma è quello che mi serve!

Il Direttore               - Eh! lo so! Per dire al pub­blico:« Se ne vada a casa con tutte le com­medie in testa, si scelga quella che più le piace, e buona notte! ».

(/ Comici, l'Autore, il Direttore s'inchinano ridendo dinanzi al pubblico).

Sipario