Il falco d’argento

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IL FALCO D’ARGENTO

Commedia in tre atti

STEFANO LANDI

PERSONAGGI

FILIPPO RIGAGNI, professore

EMMA, sua moglie

ALDO, fratello di Emma

CYNTHIA, moglie di Aldo

LUISI’, cugina di Filippo

Lo zio COSIMO RIGAGNI

La zia RITA RIGAGNI

Il cav. FIGOLI

SERAFINA, vecchia domestica

UN FACCHINO

Altri due facchini che non parlano

L’azione si rappresenta oggi, in Italia: nella casa del prof. Rigagni.

Commedia formattata da

 (Nota, per gli attori: Filippo è un brav'uomo, vicino ci quarant'anni, povero di vigore fisico, un po' di­speptico; porta grossi baffi. Emma, bella donna che ha passato i Cen­t'anni, ormai saggia: sana e cor­diale, d'una bontà animosa e in­telligente; dev'esser bionda. Aldo, sui trentacinque anni, forte e ro­busto, faccia cotta dal sole, ele­gantissimo: spavaldo, impetuoso: con un che di duro negli occhi. Di Cynthia è detto nel testo; Luisi è una bella figliuola, sportiva, ma assennata; Zio Cosimo, grandi baffi all'insù, gran faccendiere, colleri­co; e Zia Rita, brava donna di casa: tutt'e due sui sessantanni. Il Cav. Figoli è soltanto un tipo buf­fo. E Serafina soltanto una vecchia domestica, di casa di piccoli bor­ghesi).

 Scena: saletta da pranzo in casa Riga­gni. Porta a destra e porta a sinistra; la comune, nel mezzo della parete di ton­do, è un arcalino con una bella tenda scorrevole. Nuove le porte, rivestite di compensato di noce, lucido, con belle maniglie; e nuove appaiono le pareti, ben rifinite con liste di stucco che inqua­drano il ricco parato a fogliame. Nuo­vo e ricco il lampa­dario che pende dal soffitto; e nuovo è tutto l'angolo a sini­stra verso il prosce­nio, con mobili da salotto; cioè un di­vano e due poltrone di cuoio rosso, un tappeto, un tavoli­no, un lume a fusto col paralume. Inve­ce, i mobili propria­mente della stanza da pranzo: cioè la tavola in centro con le sue seggiole, la credenza, la cristalliera alle pareti, sono vecchi miseri, molto usati: hanno un che di buffo nella loro risicata e fragile piccolezza.

Mattina d’inverno. Al levar della tela la scena è vuota. Presso la comune, una granata e la cassetta della spazzatura. Entrano dalla comune, introdotte dalla domestica  Serafina, in visita, zia Rita e Luisi, tutt’e due in abito e cappellino).

Zia Rita                         - Dite alla signora Noi aspettiamo.

Serafina                         - Sissignore. Sta col bambino, che...

Luisi                              - Ancora la febbre?

Serafina                         - No no. Ma stanotte non ha dormito, e la signora cerca di farlo dormire adesso. Con permesso. (Esce a sinistra).

Luisi                              - Stanotte, allora, Emma non avrà chiuso oc­chio. E noi veniamo a tormentarla coi mobili. (Gira per la scena; mentre zia Rita piano piano s'aggiusta per l'at­tesa: slaccia la « cappottine » e la posa col soprabito su una seggiola, inforca gli occhiali, trae dalla borsa un la­voro a maglia e s'accomoda sul divano a sferruzzare);

Zia Rita                         - Che tormentarla. C'è anche il suo vantaggio. Ma guarda, guarda se sono più mobili da stare in una sala come questa. Accanto a questi altri: scusa! Fanno a pugni. Allora era inutile rinnovare tutta la casa.

Luisi                              - Sì, capisco che Emma stessa ormai dovrà fi­nire col cambiarli... ma sono pure un ricordo di sua ma­dre. Sua madre non se n'era mai voluta disfare, nemmeno quando abitavano appartamenti addirittura principeschi, ville...

Zia Rita                         - Una vera superstizione... Era la saletta da pranzo con cui era cominciata la loro casa...

Luisi                              - Si: e lei diceva: finché abbiamo mangiato su questa tavola, la nostra casa è stata sicura. Trovava sem­pre un buco, uno stanzino per sistemarceli, di nascosto del marito! Seguitava a mangiarci coi ragazzi, con Emma bambina e con l'altro figliuolo, quando il marito dava i suoi pranzi d'affari... E' l'unica cosa che si sia salvata dal loro disastro. Emma ha ragione di tenerseli cari. E noi, zia, stiamo per farle una bella prepotenza!

Zia Rita                         - Noi? E' la vita, Luisi. Quando le cose hanno fatto il loro tempo... E poi Filippo, dopo tante spese, ha pure il diritto d'aver la casa tutta a posto. Bisogna che Emma si faccia una ragione.

Luisi                              - Oh, è certo che se la farà. Una che ha potuto ' ridursi a sposare un uomo come Filippo!

Zia Rita                         - Filippo è un brav'uomo.

Luisi                              - Altroché. Se non Io diciamo noi, ch'è un brav'uomo: tu che sei la zia, io la cugina... Dirlo costa poco: ma prenderlo per marito!

ZÌA Rita                       - Eh, ragazza: tu ancora non capisci che cos'è il matrimonio. Filippo, tutto sommato, è uno che sa portare avanti una famiglia. Questo è l'importante, Luisi. E Emma ha fatto bene.

Luisi                              - Infatti. Stava per piantarlo tre mesi dopo le nozze! Anzi, già, se n'era scappata di casa: e se non era la maternità...

Zia Rita                         - Eh! eh! che discorsi sono per una ragazza?

Luisi                              - Tu mi commuovi, zia Rita.

Zia Rita                         - Se vuoi saperlo, Emma fu subito pentita: prima ancora d'accorgersi ch'era incinta. (Subito copren­dosi la bocca) Uh, m'è scappata.

Luisi                              - Non ti confondere: tanto io non capisco. E allora, perché tornò col marito?

Zia Rita                         - Per sua madre! Me lo ricordo così bene! La riportò in casa sua madre, che viveva qui con loro, e che piuttosto di lasciare Filippo avrebbe abbandonata lei, figurati: la figlia! Ora un uomo, cara mia, che riesce a farsi benvolere fino a questo punto dalla suocera...

Luisi                              - E' un campione mondiale.

Zia Rita                         - Oh, dì quel che vuoi: ma una donna può affidarcisi; quando c'è la madre stessa che glielo garan­tisce! Tant'è vero che, dopo d'allora, sono dieci anni che vanno d'amore e d'accordo.

Luisi                              - Perché Emma s'è rassegnata. {Lasciandosi cader di peso su una poltrona) Ma, chi sa quanto ci farà aspettare. T'avverto che io alle dieci scappo: sono in allenamento per le gare di tennis. (Rialzandosi dì scatto) Ma ne avete proprio bisogno, di me?

Zia Rita                         - T'abbiamo chiesto un piacere! Se parlo io sola, Emma sa quanto mi sta a cuore quel povero Marco, e...

Luisi                              - Ma a me, di Marco, non m'importa proprio nulla!

Zia Rita                         - Anche Marco è tuo cugino!

Luisi                              - Potevate mobilitare zio Cosimo!

Zia Rita                         - Zio Cosimo provvede a persuadere Filippo: è andato a trovarlo a scuola per parlargli durante l'inter­vallo. Qui servi tu, che, appunto, sei così, disinteressata: e se la cosa gliela mostri anche tu, a Emma: che è di vantaggio comune...

(Da sinistra entra Emma in pianelle e vestaglia, spetti­nata, e subito richiude, piano, la porta. Zia Rita riporrà il suo lavoro. Saluti a soggetto, baci sulle guance: e su­bito Emma prenderà la granata e si metterà a spazzare).

Emma                            - Scusatemi, ma di mattina ognuna ha da fare in casa. Serafina è andata per la spesa... Voi accomodatevi pure sul divano. Poi sprimaccio io i cuscini, e Filippo non se ne accorge.

Luisi                              - Ah già, perché qui si può sedere soltanto dopo cena. Le comodità, finito il lavoro, ma durante la gior­nata meglio non impigrirsi!

Zia Rita                         - (sedendo) Ognuno ha la sua regola di vita! E Carluccio?

Emma                            - Bene, grazie a Dio. Ora dorme. E voi? zio Celso? zia Elvira? zio Cosimo?

Luisi                              - Tutti bene, grazie. Sai, siamo venute all'as­salto...

Zia Rita                         - Ma che assalto! Siamo venute per... perché Filippo non parla: e tutti i parenti vogliono sapere se è vera la bella notizia che il suo libro di testo è stato adottato. Sarebbe la vostra fortuna! e allora, davvero, non dovreste più pensare due volte a prendervi una sala da pranzo decente. E' stato adottato, eh?

 Emma                           - Sì, zia: lo sapete bene. Ma se tu vieni per i mobili di Marco, è inutile. Quei monumenti di noce mas­siccia! Marco ha fatto la sparata, e ora non sa come fi­nire di pagarli. Ma a noi non li appiopperete: noi qua vogliamo mettere roba semplicissima. Sarà la nostra ri­sposta: la lezione che merita.

Zia Rita                         - Chi?

Emma                            - Marco!

Zia Rita                         - E perché?

Emma                            - Ma non mi far parlare! (Pettegola) S'è ca­pita, la sua intenzione: d'eclissarsi con quello sfoggio! Ma: solo nelle stanze di rappresentanza, salotto e sala da pranzo: polvere negli occhi! perché poi le loro ca­mere da letto fanno pietà. E già: per invitare il preside e i colleghi: le serate coi rinfreschi! (Adirata) Che è una vera e propria mancanza di riguardo verso Filippo!

Zia Rita                         - Verso Filippo? Ma come vi viene in testa una cosa simile?

Emma                            - Ah no? Insegnando tutt'e due nello stesso istituto... con questi trucchi Marco getta in ombra il fra­tello: che non sa difendersi! il fratello che l'ha sempre aiutato! un bel modo di disobbligarsi!

Zia Rita                         - Cara, ma queste gare tra parenti sono na­turali...

Luisi                              - Sai che mi sbalordisci? Mi sembra di sentir parlare tuo marito! Oh, Emma: sei diventata una per­fetta Rigagni. Come se ci fossi nata!

Emma                            - No, Luisi: più che «e ci fossi nata, e più Ri­gagni di voi, allora; perché l'ho voluto, io.

Luisi                              - E ti pare che ne valesse la pena?

Zia Rita                         - Ma che discorsi le fai, adesso!

Emma                            - No: lei pensa ai tempi di mio padre...

Luisi                              - E non sai la soggezione che mi mettevi: mi parevi d'un'altra razza! con la tua eleganza...

Emma                            - Ma, cara: mio padre è finito con uno schianto di cuore in carcere, la vigilia del processo; mio fratello Aldo ch'era negli affari con lui scappato sotto un man­dato di cattura: e io e mia madre ci siamo viste spogliare di tutto da un giorno all'altro!

Zia Rita                         - (interrompendo) Ma sì ma sì: che vai più a pensare?

Emma                            - (seguitando) T'assicuro io ch'è meglio la terra sotto i piedi: e se d'una cosa mi sento in colpa verso Filippo è di non essere ancora più Rigagni di lui. Filippo è stato la mia ancora di salvezza!

Luisi                              - Perché te ne scappasti di casa tre mesi dopo il matrimonio?

Zia Rita                         - Luisi!

Emma                            - Perché ero come te: non capivo niente.

Zia Rita                         - Ma andiamo, santo Cielo! (A Luisi) Te la sei proprio cercata, questa risposta! (A Emma) La­sciala perdere. E, a proposito: notizie di tuo fratello Aldo?

Emma                            - (seccata) Zia, lo sapresti anche tu! Da tanti anni, ormai...

Zia Rita                         - Sarà sempre laggiù... in India.

Emma                            - Non lo so. Abbiamo anche smesso di scri­verci. (Ha finito di raccogliere la spazzatura nella cas­setta) Ora scusate; devo ancora ravviarmi. (Fa per an­dare a sinistra: s'arresta e, decisa) Ma è meglio inten­dersi con voi, su questo famoso testo adottato. Vedo che già correte con la fantasia. Quel libro avrebbe potuto diventare una rendita, sì: ma se lo prendeva un grande editore, se Filippo si dava attorno per collocarlo, come dicevo io. Filippo vuol le cose quiete: l'ha affidato a uno stampatorello qualunque... e cosi l'ha seppellito con le sue mani.

Zia Rita                         - Ma fammi il piacere! Dopo un simile riconoscimento: ottenuto senza brigare: per il valore... per il merito intrinseco! Cosimo dice che un testo di matematica come quello di Filippo non c'è: è perfetto! Lui è ingegnere e se ne intende! Prima o poi sarà pre­ferito da tutti gli insegnanti!

Emma                            - Voi non capite che « adottato » non signi­fica niente: è nella lista, con tanti altri: e la scelta de­gli insegnanti è libera; ed è naturale che gli insegnanti scelgano i testi più accreditati: che sono sempre quelli dei grandi editori, che hanno i mezzi per sostenerli: per lanciarli. Tutta la fatica di Filippo non è servita a niente... il suo libro, così, non entrerà mai in con­correnza con gli altri.

Zia Rita                         - Tu vedi troppo nero.

Emma                            - Io vedo chiaro, zia: il risultato di cinque anni di sforzi miei, prima per indurlo a compilare il libro, che gli pareva un'ambizione assurda, e poi per aiutarlo qua tutte le sere nella compilazione, per la parte espositiva. Non rimpiango mica il lavoro fatto. E' stato un modo di passar le serate: evitando le spese inu­tili dei divertimenti... e così abbiamo messo da parte un po' di risparmi. Ecco tutto "il vantaggio che ne ab­biamo ricavato.

Serafina                         - (dalla comune) Signora, ho portato la spesa.

Emma                            - Vengo subito a vedere. Qua c'è ancora da spolverare e da lavare in terra; ho spazzato io: puoi portar via quella roba.

Serafina                         - (prendendo la granata e la cassetta) C'è di là un signore con una valigia: l'ho trovato davanti la porta, che voleva sapere se abitate qui.

Emma                            - Chi, abita qui?

Serafina                         - Voi.

Emma                            - Io? Che stai dicendo?

Aldo                              - (dalla comune, vibrato) Mimmi. La signorina Mimmi: sorella di Aldo. (Andandole incontro a brac­cia tese) Quella, voglio!

Emma                            - (smorendo, mentre zia Rita si leva a sorreg­gerla) Oh Dio: Aldo!

Zia Rita                         - Luisi! Ma come? tuo fratello? Aldo?

Aldo                              - (subito, quasi strappando Emma dalle braccia di Rita) E bada: nessun rimprovero! (Abbraccian­dola con forza) Mimmi, Mimmi: te! fammi ritrovare te! Coraggio. T'ho fatto male?

Emma                            - (sperduta, tra lagrime e riso) Aldo! Oh Dio, come faccio a crederci? (Prendendogli la faccia tra le mani) Non riesco a vederti!

Aldo                              - Eccomi! (la bacia).

Emma                            - Stai bene, eh? Ma come hai fatto? (Volgen­dosi un momento) Scusate...

Zia Rita                         - Eh, non pensare a noi! (A Serafina) An­date, voi! (Serafina via).

Aldo                              - (commosso, con un'inconscia irritazione) Avevo aspettato di veder uscire tuo marito: cinque lire al por­tiere perché me l'indicasse... e poi ancora: mi son messo a girare attorno all'isolato, per darti il tempo di farti bella...

Emma                            - (staccandosi) Per carità, fammi sedere. (Siede e scoppia in pianto).

Aldo                              - Oh, non piangere! Mimmi: madre di fa­miglia... E ho saputo: ora l'ho saputo!: che hai anche un altro bambino, più piccolo. Il primo l'ho visto, per mano al padre: Dino, eh? Dov'è, dov'è il piccolo?

Zia Rita                         - (confortando Emma) Su, su, cara! Coraggio

Luisi                              - (insieme, a Aldo) Riposa. Carluccio. E' stato ammalato.

Aldo                              - Ammalato? Oh... niente di grave? Mimmi: bisogna curarlo bene, ora lo facciamo vedere da un bravo specialista: ci penso io! (Poiché Emma non gli dà ascolto, a Luisi) Aiutatemi voi: telefoniamo...

Luisi                              - (ridendo) Ma state tranquillo: non ha più nulla! un po' d'indigestione...

Aldo                              - Ah, ecco. E voi... forse siamo parenti?

Luisi                              - Sì: io sono Luisa Rigagni: Luisi    - (gli tiene la mano).

Aldo                              - (sta per stringergliela, ma riconosce i mobili; si volta stordito e commosso e va a posar le mani sulla tavola) Oh: ma... i mobili di mamma! i mobili no­stri: di mamma! Dio, Mimmi: mi sembra che tocco tana. (Subito, grave) Dov'è morta la mamma? in quale stanza?

Emma                            - (additando a destra) Lì. Ma, Aldo: al­meno saluta! Luisi, e qua la zia Rita: te ne ho scritto tante volte.

Aldo                              - (eccitato mentre risale a destra) Credevo di trovarti sola, io. (Scattando in un inchino) I miei os­sequi. (Guarda nella stanza e dalla soglia è come re­spinto) E'... è lo studio di tuo marito. E già; non po­tevi mica conservarla intatta per farmela rivedere! Io che mi rifaccio vivo  dopo dodici anni, per caso! (Ecci­tatissimo) Non è vero? Ora sentirete i rimproveri! Non le ho più neanche risposto! Lei seguitava a scrivermi... I componimentini... già! Ci avessi mai trovato un ac­cento vero! Ora che t'ho davanti, lo vedo! Tu: e come t'eri combinata per scrivermi... tutta confidenza: è da ridere!

Emma                            - (alzandosi, adirata) Ma che" dici? si può sa­pere che dici?

Zia Rita                         - Andiamo, siate buoni! che diamine!

Aldo                              - (furioso)  Dico che ho fatto bene a troncare la corrispondenza!

Emma                            - E chi t'ha chiesto di scusarti? Se ti scusi tu, vuol dire che senti da te che...

Aldo                              - (senza trapasso affettuosissimo) Zitta! Che vuoi più scrivere, quando son passati tanti anni, e la vita per ognuno è arrivata così lontano da quella che si faceva insieme: così mutata tutta quanta, che non si può più avere il senso di come sarà diventata per l'altro: il senso vero, dico! Ora... ora sì! Torno per te, sai! Ricco, Mimmi: per te e per i tuoi figli. Già, son due! Non si può vedere, questo piccolino? (Risoluto) Signore mie, abbiate pazienza: io sono arrivato da ieri: ieri mattina. Capite?

Emma                            - E non sei venuto subito da me!

Aldo                              - Ecco! non ho potuto! ho dovuto studiare le ore in cui tuo marito era fuori, perché avevo bisogno, bisogno di stare con te; libero, almeno i primi momenti: una mattinata nostra!

Luisi                              - Andiamo, andiamo, zia: dovevamo lasciarli subito! Scusateci: ma la curiosità... Ciao, Emma: sono tanto felice per te.

Zio Cosimo                   - (dalla comune, in soprabito, bombetta in mano: esclamando) Ma che sento! che sento! (Avan­zando con la mano stesa) Il famoso fratello residente nell'India! Piacere! Lo zio Cosimo: ingegner Cosimo Rigagni!

Aldo                              - (stringendogli la mano, rassegnato) Felicis­simo...

Zio Cosimo                   - (sempre ad alta voce, imperterrito) Vi tratterrete, eh? almeno qualche giorno: venendo di lag­giù: non si domanda nemmeno! E allora permettete: avremo tempo. Io sono qua per una cosa della mas­sima urgenza. (A zia Rita) Gliene hai parlato?

Emma                            - Anche tu coi mobili di Marco? in questo momento, zio!

Zio Cosimo                   - Sì figliuola, sì figliuola, abbi pazienza: non e'è tempo da perdere, quando vanno in protesto le cambiali!

Emma                            - Cambiali? Marco?

Zia Rita                         - (subito) Già, vedi? senza dircene niente, aveva firmato!

Aldo                              - (con forza) E a te che te n'importa? Marco, chi è?

Zio Cosimo                   - Ah, scusate.: non immischiatevi! Marco è il fratello del padrone di casa: e se voi non lo sapete vuol dire che in questa faccenda siete un estraneo: e per­ciò tenetevi da parte! (A Emma) Un effetto da seimila, capisci?, da scalare mille al mese: ma dopo i primi tre mesi...

Emma                            - Dice che gli mancava solo l'ultima rata!

Zio Cosimo                   - Buffone. Se avesse pagato regolarmente! due mesi che paga a chiacchiere! il negoziante è venuto da me: domani gli protesta l'effetto: tremila lire da tro­vare subito!

Aldo                              - (impaziente e irritato, farà più volte per interlo­quire: ma sempre o zio Cosimo o zia Rita ci piglieranno avanti respingendolo).

Zia Rita                         - Se non interviene tuo marito...

Zio Cosimo                   - ...com'è il suo obbligo di fratello!

Zia Rita                         - ...tanto più che Marco, forse, potrebbe uscirsene restituendo la mobilia...

Zìo Cosimo                   - Ma una figura da cani per tutta la famiglia!

Zia Rita                         - ...e perderci le tremila già versate!

Zio Cosimo                   - Regalarle a un negoziante! uno di noi! costretto!

Zia Rita                         - Mentre Marco dice: almeno le regalo a mio fratello Filippo!

Zio Cosimo                   - Ecco! Filippo salda il debito e si pren­de i mobili: gli verranno a metà prezzo!

Zia Rita                         - Voi cercavate una sala da pranzo...

Zìo Cosimo                   - ...e la trovate a metà prezzo! scari­cando quel disgraziato! E' una combinazione che par creata apposta!

Zia Rita                         - Tutto si risolve in un cambio!

Zìo Cosimo                   - Un cambio!: la mobilia di Marco passa qui, e queste carabattole da lui!

Aldo                              - (esplodendo, indignato) Ma che carabattole!

Emma                            - (subito) No: da Marco no! Piuttosto chia­mo un robivecchi!

Aldo                              - Te li compro io: te li compro io, Mimmi!

Zio Cosimo                   - Voi, scusate, dovreste far conto che ar­riverete domani: quando noi avremo già sistemata que­sta faccenda! ch'è abbastanza imbrogliata anche senza che voi vi ci cacciate in mezzo! Oh!

Aldo                              - Sono i mobili di casa mia! che caccio in mezzo? di casa mia!

Zio Cosimo                   - Casa vostra? Si son salvati perché «non erano » di casa vostra! perché vostra madre potè dimo­strare che appartenevano a lei...

Zia Rita                         - E poi li legò in dote a Emma.

Zio Cosimo                   - ...e sono ora un bene di casa Rigagni: e il professor Rigagni ne dispone per l'utilità della famiglia: e li cambia con quelli del fratello, con van­taggio reciproco e soddisfazione di tutti!

Aldo                              - No: di mia sorella no: e mia nemmeno!

Emma                            - Non parlar di soddisfazione, zio Cosimo!

Aldo                              - ...e smettete codesto tono con me!

Zio Cosimo                   - Se non m'inganno, voi avete ancora un piccolo mandato di cattura dietro le spalle! (men­tre Emma, Luisi e zia Rita esclamano: « Zio! Ma no! Ma Cosimo! »).

Aldo                              - Rassicuratevi: ho pagato tutti i nostri cre­ditori, al cento per cento!

Zio Cosimo                   - Voi?

Emma                            - (insieme) Davvero, Aldo? Quando?

Aldo                              - Quattr'anni fa, Mimmi: ne avevo in più, e mi son regalato questo lusso! (Subito) E non te l'ho scritto! No! Perché? per farmene bello? non era di buon gusto, Mimmi.

Zio Cosimo                   - Comunque la questione è un'altra! e non muta!

Aldo                              - Muta tanto, che questi mobili ora son miei: come quelle sessanta ò settantamila lire di titoli e gioielli che mamma riuscì a sottrarre dal fallimento per dartele in dote. Ho ripagato tutto io! e tutto viene a me! La dote con cui il professor Rigagni t'ha sposata vedi che te l'ho fatta io.

Emma                            - Oh, Aldo: e io non sapevo niente...

Zio Cosimo                   - Non risulta!

Aldo                              - Ma è!

Zio Cosimo                   - E anche se risultasse, voi stesso dite: dote! E che fate? vorreste riprendervela?

Aldo                              - Voi mi mettete in primo moto! Io voglio conservarla a mia sorella! che nessuno gliela soffi!

Zio Cosimo                   - Non temete che il marito qui non sof­fia: e ha fatto più che conservare! ha investito quella doticina nell'acquisto di quest'appartamento, che si ven­deva per una sciocchezza, e che ora con le migliorie apportate anno per anno: coi suoi risparmi, egregio signore coi suoi risparmi! ha triplicato il valore! Voi qua parlate con persone serie: che ponderano ogni atto; e non accettano limitazioni perché conoscono per intero le proprie responsabilità: e dunque anche i propri diritti!

Emma                            - (trattenendo Aldo) Aldo, ti prego (Agli zii) Capisco anch'io che se le cose stanno così... se Marco ha firmato...

Zia Rita                         - Zio Cosimo . Oh, brava Emma! Non ne dubitavo!

Aldo                              - Mimmi, così ti fai vessare? Ah, no, signori: ora ci sono io e...

Zio Cosimo                   - Voi dovete arrivare domani, abbiamo detto!

Emma                            - Vedi, Aldo? Lo sapevo già che questi mo­bili... Ormai son diventati troppo brutti, per noi: e mio marito alla casa ci tiene: ha diritto di vederla in ordine...

Aldo                              - Ma se si tratta di denari: io posso appianar tutto! e conservarti una cosa che ti è cara!

Emma                            - No, Aldo: tu, a che titolo? Ragiona, caro. Questa non è più la nostra casa.

Aldo                              - E tu non sei più mia sorella? (Subito) Sta zitta! Lo so! E non credere che ci farò una malattia! Vedo che sei entrata in una famiglia... unita, in un gran traffico di parenti: molto meglio, molto meglio così! ne godo per te.

Luisi                              - Questa pena... vi passerà appena ci avrete conosciuti e vi sarete fatto all'ambiente anche voi, non vi pare? Qui, a Emma, le vogliamo bene tutti quanti.

Zio Cosimo                   - Ecco la parola giusta! Cara! (A Em­ma) E per concludere: non credi che sarebbe più sim­patico da parte vostra...? Bada: Marco non pretende nulla: ma forse, dargli altre mille lire: il guadagno è sempre vostro: ma non ci sarà troppa rimessa nem­meno per lui.

Zia Rita                         - Una tua parola presso Filippo...

Zio Cosimo                   - In un secondo tempo, però: non com­plichiamo! Siamo certi che tu farai quel che potrai. An­diamo! (Cava l'orologio) A quest'ora Marco ha già par­lato a tuo marito. Per mio consiglio, durante l'inter­vallo in sala dei professori. Filippo, davanti ai colleghi, si sarà dovuto contenere! E così, niente parole grosse: evitati i risentimenti e gli strascichi... Io penso a tutto. Qua il terreno è preparato... e ora corro a prenderli a scuola. Andiamo, Rita, Luisi. (A Aldo) E noi ci salu­teremo meglio domani, caro signore.

Aldo                              - Quando sarò arrivato.

Zio Cosimo                   - Ecco, già! (A Emma, con un buffetto sulla guancia) Ciao, cara! (Saluti a soggetto, baci tra le donne, Emma li accompagna fino alla comune).

Zia Rita                         - (uscendo dopo Cosimo e Luisi) Resta, resta: sappiamo la strada!

(Aldo resta un momento con la faccia tra le mani, Emma lo scruta impensierita).

Emma                            - Aldo... dimmi la verità: perché sei tornato?

Aldo                              - Non credi che sono tornato per te? No. Fai bene. Sono qua perché... ho un'idea. Su tuo marito.

Emma                            - Su... Filippo?

Aldo                              - Affari. Vedrai: una cosa molto seria.

Emma                            - Ah. (Contenta) Ma allora sei tornato per restare? Bravo, Aldo.

Aldo                              - (scombinato) Io? Aspetta: ne parleremo. Lasciami prima rifiatare.

Emma                            - Vieni a sedere... (Sorridendo) Ma Filippo, sai, non so che aiuto potrebbe darti. Uno studioso...

Aldo                              - Ho girato tanto da ieri che mi si muove ancora tutto negli occhi: tutta la città... Ci vuole una macchina, oggi la compriamo. Forse per le strade correvo senz'ac­corgermene! Sai: dov'era la tua scuola: il cantone dove t'aspettavo quando venivo a prenderti all'uscita? Mi ci son trovato all'improvviso: e non potevo più staccarmi!

Emma                            - Siedi, Aldo, f Lo prende per meno per con­durlo al divano: ma gli pone le mani su le spalle e piena di tristezza, guardandolo) Ah, è peggio, però... Ti vedo, e tutta quella vita nostra... mi pare... ancora più lontana... i

Aldo                              - (vibrato) Perché? Vedrai! Io ritrovo, invece! Sai dove dobbiamo' tornare? noi due soli! a quella trat­toria col pergolato, fuori le mura: è tal quale, ci ho mangiato ieri sera! (Separandosi) 'Ma forse sono illu­sioni... (Esce dalla comune).

Emma                            - Aldo... Dove vai? Aldo! (Aldo torna su­bito con una valigia e la depone sulla tavola per aprirla, cercando d'acquistare un'allegria che non gli viene spon­tanea). Ah... Ma no, lì sopra!

Aldo                              - Per aprirla! Regali, Mimmi: per tutta la famiglia.

Emma                            - Ma il tappeto, caro! (Accostandogli una seggiola) Qua: qua: fammi il piacere.

Aldo                              - Quante storie! (Apre la valigia sulla seg­giola) Mimmi, dimmi una cosa: quell'ingegnere, che è? il direttore generale di tutto il parentado?

Emma                            - (sorridendo) Zio Cosimo? Non ha figli, e si dà da fare per i nipoti.

Aldo                              - (restando): Ah: come me, allora. Ma io spero che sarò meno buffo. (Agita sopra pensiero uno scialle tolto dalla valigia) Mi porti a vedere questo Carluccio? In punta di piedi!

Emma                            - E se si sveglia, poi mi resta nervoso tutta la giornata. Aspetta avrai tempo! Ma così lo sciatii, quello scialle! Quant'è bello, Aldo!

Aldo                              - (lanciandoglielo) Tieni! E guarda quest'al­tro! Su, fammi vedere come ti sta! (gliene mette ad­dosso un altro, più bello).

Emma                            - (tra felice e impensierita) Oooh... Ma due: perché due? Chi sa quanto ti costano...

Aldo                              - (con ira) Sciocca: non ti posso sentire! (Su­bito, per riparare, ridendo) Piglia e zitta! Sai ch'è di­ventata allegra tutta la stanza, con te così? Dovresti ve­derti! Oh oh: ma ce n'è un altro... (fingendosi coster­nato) e questo sì, Mimmi, ho paura che costi un po': un Cascmir autentico, antico... Come si fa?

Emma                            - (quasi costernata davvero) Aldo...

Aldo                              - (glielo porge e, serio) Te lo dico io: lì da noi è necessario. Si misura a scialli. Le signore, più gli affari prosperano e più ne sfoggiano: e tu devi far la tua figura, capisci? nel mio stesso interesse. E' que­stione d'interesse, Mimmi.

Emma                            - Oh Dio, proprio non ti capisco, Aldo. Tu sei venuto... per portarci laggiù con te?

Aldo                              - No no: se preferisci, porto l'India qui: è lo stesso.

Emma                            - Come?

Aldo                              - Sveglia, Mimmi! Pipi se ne parla. Non ti piace? Guarda, guarda che bellezza di colori...

Emma                            - (attristata) Sì, Aldo: troppo bello, troppo ricco per me. Ma come hai potuto pensare una cosa si­mile? Filippo, qua...

Serafina                         - (dalla comune, con secchio) Allora faccio qua, signora.

Emma                            - Poi, Serafina. Ti chiamo io.

Serafina                         - Ma è impicciata anche la camera dei  bambini. Il signor professore, chi lo sente, quando torna?

Emma                            - Insomma, fa come ti dico io.

Serafina                         - Io faccio il dovere mio... (fa per   gridare) E... mangia qua il signor professore?

Emma                            - Certo! che domande! Va, va, Serafina.

Serafina                         - (accennando Aldo) Io dicevo lui.

Aldo                              - Professore a me? Non sono di questo colore.

Emma                            - (sorridendo) Mio fratello non è professore: puoi chiamarlo signor, Aldo. Il signor Aldo. E certo che resta a mangiare.

Serafina                         - Allora... vado. (Esce).

Aldo                              - Signor Aldo, così spiccio, non le è sembrato abbastanza per potermi rispettare.

Emma                            - Vedi, Aldo, è meglio dirtelo subito... (Pre­venendolo) E' un sogno, caro: ascolta me! T'è potuto venire in mente perché non conosci Filippo; ma io... Filippo ha una posizione, qua: e lui non è come te, che, si vede subito: il tuo valore, tu, te Io porti do­vunque. Filippo è tutto in quel che fa!

Aldo                              - Lo giudichi male. Non esiste uno che sia tutto professore di matematica. (Siedono accanto sul di­vano).

Emma                            - Certo che non è tutto professore! Ma lì è a posto, lui: e questo gli serve per... per aver diritto... non so come spiegarmi: a esser padrone di sé: qui in casa, nella sua vita.

Aldo                              - Un uomo... con radici, eh? che s'abbarbica.

Esima                            - Non scherzare.

Aldo                              - E noi trasportiamo la famiglia, Mimmi. Nes­suno gliele tocca, le radici! Come quando si trapianta un albero, col suo bravo pane di terra.

Emma                            - li paragone non è giusto: perché la terra-Io nutre lei, l'albero: mentre qui noi...

Aldo                              - Ah, ti sei ridotta a credere così? che l'impor­tante sia quel che lui porta in casa, con cui mangiate? (mentre Emma fa: «Ma caro Aldo...»). E non la vita che tu dai a lui e a tutta la famiglia? Ah, Mimmi: sei tu la terra che li nutre! Noi, scusa: non vivevamo tutti quanti di nostra madre? quante volte poi l'ho pensato! povera mamma! Il babbo che credeva di dar tanto di più: che ci dava in realtà, di vero? Ah! E tu vuoi met­tere in conto quel po' che dà a voi tuo marito?

Emma                            - Ci dà la sicurezza della vita, Aldo.

Aldo                              - Benissimo. Ma la sicurezza non è necessaria­mente questa. Io non ti dico che debba correre avven­ture. So bene che tipo è. Non sarei venuto a cercarlo per questo! Rischi non ce n'è più. L'avventura l'ho corsa io, ed è finita. Finita bene! Giocar lutto per tutto ogni gior­no... Che vita ho fatto io, fino a due mesi'fa!

Emma                            - E me l'immagino! quella stessa del babbo! per l'ambizione d'arrivare ai grandi affari. L'hai detto: giocar «lutto per lutto ogni giorno!

Aldo                              - E' la prova, cara: il tirocinio, davanti agli arrivati: ai grossi Mammoni che ti studiano!

Esima                            - Sì! tutto campato sul nulla!

Aldo                              - Sul nulla? ti sei scordata il denaro che costa!

Emma                            - Io? Ancora mi sogno tutto quello che s'è gettato dalla finestra! e come siamo rimasti?

Aldo                              - Ah, il babbo sì: cadde, per uno sbaglio, alla vigilia di realizzare; un precipizio! Ma io...

Emma                            - ... non vi veniva l'angoscia, voi che non ne avevate altro, sperperarlo come quelli che invece son ricchi davvero? Vi sarebbe bastato metter da parte quello, a poco a poco...

Aldo                              - Mimmi! Ma se tu lo fermi per metterlo da parte, non ne fai più altro: perché esci da quel giro! L'unica speranza è d'afferrare il grande affare sicuro: e la speranza l'hai davanti ogni giorno! Ma ti fanno star sulla corda anni, invece! anni: per logorarti: fiutato il concorrente! colpi a tradimento: e se traballi un'altra spinta: e se cadi... è finita! o sparisci, o diventi uno di quelli che vivacchiano ai margini, raspando... Ma se hai avuto la forza di resistere a tutto, Mimmi!: quando viene il momento che i Mammoni si rassegnano a rico­noscerti dei loro, ch'è meglio averti alleato... e t'offrono il punto d'appoggio: finalmente una leva sicura: in mano! Ah, cara mia, lo puoi ben dire allora che la fa­tica vera, l'avventura, è chiusa! E io ci sono. Con l'ap­palto per la costruzione d'una strada ferrata. Comincia il lavoro regolare: e la raccolta. Perciò ho bisogno d'un uomo mio. Filippo: uno come lui. Per guardarmi le spalle.

Emma                            - Ah, ecco... Ma figurati se Filippo può met­tersi con te. Prima di tutto non s'intende di codeste cose...

Aldo                              - Non te ne dar pensiero. Deve servire a me soltanto: a tenermi in freno. E' difficile da spiegare... (s'alza) Aver vinto sugli altri dovrebbe esser tutto, no, Mimmi? Ma io... me ne sono scappato, vedi? Scappato. (Subito) Potevo, di fronte alla gente, senza alcuna compromissione: una vacanza. Ma la verità è que­sta. Ho avuto paura.

Emma                            - Paura di che? Non ti capisco... Se le cose stanno come dici...

Aldo                              - Paura di me: paura, se resto ancora solo... E' troppo che son solo, Mimmi... vivere da straniero... tu non sai!

Emma                            - Eh, me lo figuro. Tutto da te... darti con­siglio e coraggio...

Aldo                              - Ma riposo? Riposo, uno non se ne può dare, da solo. Solo! Gl'imbecilli che non l'hanno provato cre­dono che caricarsi... dover provvedere a figli, a tutta una casa, questo sia più fatica! Ma i figli che dormono quieti ogni notte nella pace procurata dal tuo lavoro: ecco il sonno che ti ristora davvero! che ti rifà le forze: che ti placa! Io non dormo più, sai? Per questo mi vedi qua.

Emma                            - Ma Aldo... scusa: se tu hai questo bisogno d'una famiglia...

Aldo                              - Lascia, lascia questo discorso, Mimmi!

Emma                            - Ma perché non te la fai?

Aldo                              - (con ira) Sta zitta, t'ho detto! (Mitigando) Non far caso a tutte le sciocchezze che dico quando mi eccito. Non mi serve altro che Filippo: avere accanto una persona assennata. (Tentando di volger la cosa in scherzo) Lo trapianteremo con tutte le sue radici. Suc­cederà un piccolo terremoto, Mimmi: si muove la terra, e l'albero segue.

Emma                            - Ma io, caro Aldo...

Aldo                              - Non mi dirai che la terra abbia le radici anch'essa! La terra è sul fuoco! la terra gira, Mimmi! Ora sta a te (le siede accanto).

Emma                            - Non scherzare. Che potere vuoi che abbia io su un uomo... che ora andiamo d'accordo, sì; ma perché ormai ho capito che bisogna adattarsi e...

Aldo                              - (troncando) No: tu ancora non riesci a ve­dere fuori di questa tua piccola sicurezza d'oggi. Ma una stessa sicurezza, pensa: in grande, però; coi grandi mezzi! Se non per te stessa, che ti sei adattata, dici: dovrebbe importarti per i tuoi figli! metterli in un mondo più bello! più alto! aprirgli uri grande avvenire!

Emma                            - (diffidente) Ma perché pensi ai miei figli, tu? Sai che sei curioso?

Aldo                              - Io dico che devi pensarci tu!

Emma                            - Ma io... per questo ci pensa il loro padre, - caro!

Aldo                              - E chi glielo leva, il loro padre? Ma tu hai ragione; la ricchezza... non dovevo nemmeno parlartene, a te: è un argomento da far valere davanti a tuo marito. Lui lo capirà!

Emma                            - Tu t'illudi, Aldo. Filippo...

Aldo                              - Con te, Mimmi, per averti dalla mia, devo dire una cosa sola. Io ti porto ben altro! non ricordi quanto desiderio avevi tu di scoprire mondo? vivere tante vite? e qui per te s'è chiuso tutto, così stretto! Pensa che sarà: che respiro...

Emma                            - Ah no no: allora no! io ringrazio Dio! Guarda, proprio stamattina io gli ho baciato la mano...

Aldo                              - Tu? a chi?

Emma                            - A mio marito, che mi dormiva accanto. Piena di gratitudine, perché, come oggi, è il giorno che dieci anni fa mamma mi riportò in casa, dopo che io, stupida, l'avevo abbandonata!

Aldo                              - (infuriato) Vorrei sapere allora perché m'hai scritto tutti quegli sfoghi: sono anni, che mi rompi l'anima: che ti senti soffocare, tirar giù a fondo, avvi­lire!

Emma                            - (stupita) Io? quando? (Subito, ammettendo, ma con ironia) Ma sì: cose che si dicono!

Aldo                              - Perché sono vere!

Emma                            - No... le dicevo a te! che non avresti potuto capire, se t'avessi detto tutto il contrario! Ecco! E non mentivo, no: volevo soltanto... esser d'accordo anche con te! Ma così, da lontano! Hai fatto male a crederci, se ci hai creduto davvero. (Aspra) E via! non mi dirai d'esser venuto (caricando): a salvarmi! Ora che grazie a Dio non ho più bisogno di niente!

Aldo                              - Tu? tu, di niente?

Emma                            - Di niente! di niente!

Aldo                              - (con uno scoppio di voce) D'aria, Mimmi! E che è, l'aria? Niente! Hai ragione! Ma se ti manca...

Emma                            - Caro: è l'idea che m'ero fatta: dieci anni fa: che mi mancasse l'aria! E tu non sai lo stupore... lo stupore di quella stupida ragazza quando s'accorse che bastava aver dentro un po' di vita e volerla... volerla per sé e per tutti, qua: e il miracolo era questo: che bastava esserci, una donna e un uomo: e tutto era pos­sibile! Tutto! Il mondo, qua dentro! tra queste quattro mura! (Con sprezzo) Ma davvero vi credete di vivere voi soli, che avete bisogno di tanto e niente vi basta? Io ne ho avuto abbastanza, caro, col babbo, delle gran­dezze! Se sei venuto per questo, mi dispiace: ma hai fatto un viaggio inutile.

Aldo                              - (considerandola) Ah, Mimmi: tu eri più bionda: più bionda. E come faccio, ora che t'ho vista così, a tornare senza di te? Resterò al buio, laggiù: spento tutto quel color d'oro che avevo negli occhi quando ti pensavo. (Emma non risponde. Aldo va alla valigia e rapidamente ne trae pacchetti, balocchi, e li di­spone sulla tavola). Regali per tutti, per tuo marito, per i bambini. Allora tu mi mandi via. Senza nemmeno sapere quel che venivo a offrire a Filippo. E' incre­dibile! mia sorella...

, Emma                          - Aldo, per piacere! Tu non sai il male che mi fai.

Aldo                              - Credevo d'averti alleata. (Irritato) E ora me ne vado. Resta fermo che tu m'hai scacciato di casa, come un nemico! E' così? Bene! (fa per andare, ri­chiudendo con un colpo la valigia: sulla soglia della co­mune si presenta Filippo, che ha udito: e non sa che pensare).

Filippo                           - Eh: Emma: che c'è?

Aldo                              - (subito, andandogli incontro) Caro Filippo: sono Aldo, tuo cognato.

Filippo                           - (lasciandosi abbracciare) Lo so, lo so, me l'ha detto zio Cosimo... Ma che c'è? litigi, anche qua? Io mi sono disturbato e ho dovuto lasciare la lezione della quarta bis. (Va a sedere).

Emma                            - (che s'è alzata, appressandosi) Ti sei di­sturbato?

Filippo                           - Sì: l'improntitudine... anche di zio Cosimo, sai? «Tanto, li hai in banca!»: capisci? «Li hai in banca! ». E allora, eh?: tutto fatto! che ci vuole? uno chèque! Tremila lire, di colpo!

Emma                            - Ma non ti alterare...

Filippo                           - No: ma io... Io voglio sapere che è suc­cesso tra voi. Tu lo scacci di casa come un nemico? perché? Badiamo! badiamo bene alla mia tranquillità, Emma! Tu lo sai, che tutta la nostra vita dipende dalla mia tranquillità! (A Aldo) Io non chiedo altro, caro cognato: non ho mai chiesto altro, e a tutto il resto provvedo io: perciò te l'avverto. Patti chiari.

Aldo                              - Caro Filippo, ma io volevo che il mio arrivo fosse una gioia per voi, una festa. Non so perché, Emma ha preso in mala parte..

Emma                            - (troncando) Ma se tu vieni con certe pre­tese... assurde! a sconvolgere tutta la nostra vita!

Filippo                           - Come? come?

Aldo                              - Io? per aprirvene un'altra: più bella: ricca: una vita da allargare il petto! E tu ti difendi questa coi denti, arrogandoti anche il diritto di parlare in nome di tuo marito, che invece è una persona ragionevole, e certo, prima di rifiutare, vorrà almeno vedere... esami­nare, ponderatamente, quello che vi offro!

Emma                            - Viene per portarci in India con lui! capisci? spiantare la casa: e tu negli affari con lui: che ora ha bisogno d'avere accanto un uomo di testa quadra: se no lui, ch'è un avventuriero nel sangue, si rigioca di nuovo anche la posizione che s'è fatta!

Aldo                              - Precisamente! E ti pare una proposta assurda?

Filippo                           - (sorridendo) A me pare che, assurda o no, non è il caso di far questioni per questo, quando in primo luogo c'è da notare la buona intenzione,  - (Severo, a Emma) Cara, ci troviamo davanti all'atto d'un parente affezionato. (Prevenendo) E se poi la proposta risultasse assurda, con garbo gli si fa vedere ch'è impossibile: ma intanto si coltivano i sentimenti! E' tuo fratello, mi pare! Ti sei comportata malissimo. (A Aldo) Io tengo a conoscerti meglio e intanto ti ringrazio.

Aldo                              - Oh, questo è parlare! E bada, Filippo, che la cosa più importante non te l'ha detta: che io chiamo te a consolidare, a fermare la mia fortuna, perché tu una ragione di lavorare a questo scopo ce l'hai: i figli: e questa fortuna la salveresti per loro; non per me: uni­camente per loro!

Filippo                           - (sbalordito) Ma che dici? Aldo! un patri­monio: per i miei figli?

Emma                            - (insorgendo) Sì: non fa che pensare ai nostri figli! E io non capisco il perché! e tutte le volte che cerco di fargli dire questa ragione, lui sfugge!

Filippo                           - Già... non vedo neanch'io...

Aldo                              - (d'impeto) Ma perché io, cari... io... (si trat­tiene. Altro tono) Io non voglio lasciarmi dietro niente: la vita finché campo: non sono nato per crearmi obblighi né legami. E' chiaro? Un avventuriero, come tu hai detto. Ma, per seguitare così, non avrei mai dovuto ap­prodare, mi capisci, Filippo? restar sempre sbattuto al largo, lottando per raggiungere una riva! Invece, per disgrazia, l'ho toccata, alla fine: e ora, che vuoi: riget­tarsi al largo spontaneamente, viene un certo ribrezzo, non ti pare? ribrezzo, per me: e rimorso pensando che quello che io ho tratto in porto sarebbe per voi un bene grandissimo. Ma io, da solo, in porto non ci resto. Ecco! (A Emma) E mi pare ora d'essermi spiegato chiara­mente. Voglio compagnia. Voglio un posto nella vostra famiglia. Allora avrò una ragione anch'io per conservare. Altrimenti, se mi fate tornar laggiù solo... per forza finirò col seguire la mia natura... e addio. (Notando &a-verli resi se non persuasi, perplessi) Sentite: ragioneremo poi di tutto, punto per punto. Io esco un momento, perché al solo pensiero di non avere la macchina al portone mi sento come legato, in prigione. Torno per mangiare. (A Emma) E tu intanto spartisci tra i bambini quelle cosucce che v'ho portato. Io credevo che ce ne fosse uno solo... Ma ora, Filippo, anche due sono pochi: eh? Arri­vederci! C'è qualcosa anche per te! (Esce dalla comune).

Emma                            - Lo vedi? Ti pare chiaro?

Filippo                           - Fammi vedere che cosa ha portato per me. (Va alla tavola e si mette a guardare, a scioglier pac­chetti) A me pare un po' scosso di nervi. Non somiglia per niente alla fotografia. Io credevo che fosse più sfac­ciato. Ho idea che ha qualche magagna: o qualche azione che ha fatto, o un sentimento... un sentimento da cui è stato vinto. Perciò non è tanto pericoloso. Guarda: un giuoco di scacchi coi pezzi d'avorio... che lavoro, oh! meraviglioso! Come t'era saltato in testa di scacciarlo?

Emma                            - (innervosita) Andiamo di là: qua c'è ancora da lavare in terra. Ora chiamo Serafina. E sarebbe meglio dirle di spazzare e buttar via tutta questa roba.

Filippo                           - Emma! Non facciamo ridicolaggini!

Emma                            - (chiamando dalla soglia) Serafina Serafina!

Filippo                           - (accorrendo alla comune) Niente, niente Serafina: state di là! Non c'è bisogno! Ma si può sapere...

Emma                            - Guarda qua: guarda: un Cascmìr antico: che vale da solo più di tutto quello che abbiamo in casa! (lo getta in terra e lo fa volare col piede) Ecco! E cosi devi fare anche tu, se hai un po' di dignità! Fargli sapere che li abbiamo buttati via! o rimandarglieli! ri­mandarglieli!

Filippo                           - (correndo a riacchiappare lo scialle) Non facciamo ridicolaggini, ho detto! Emma! Bada che... Ma si può sapere che t'è preso? perché sei così? Oggi è un giorno che... che sarà una data per la nostra famiglia! La sistemazione della sala da pranzo: non è un bel passetto avanti? Capisci? quello che voleva eclissarci! sciagu­rato! Mi tocca salvarlo dal disonore! E' la giornata che i fratelli ci portano in casa qualche cosa: da una parte e dall'altra! Su, Emma: è da rallegrarsi. Che stai a pen­sare? Su, su.

Emma                            - (gli toglie di mano il Cascmìr e se ne avvolge, davanti allo specchio. Mentre si rimira) Guarda che oggi tutti si sono seduti sul divano e sulle poltrone.

Filippo                           - (andando a sprimacciare i cuscini) Eh, l'a­vevo visto subito. Ma non ho detto niente. Non era il caso.

Emma                            - (a un tratto si fa una riverenza allo specchio e scoppia a ridere) Stupido! Dice che non sono più bionda!

Filippo                           - Chi?

Emma                            - Aldo. Dice che ero più bionda! Allora, quando torna, gli dirò che tu m'hai sgridata per la cattiva accoglienza che gli ho fatta: e gli chiederò scusa. Va bene? (Eccitata, avviandosi a sinistra) Vado a ve­stirmi. A farmi bella! (Dalla soglia) E ricorda che l'hai voluto tu! (Esce).

Filippo                           - (sopra mare) Io, che cosa? (Avviandosi per seguirla) Che cosa ho voluto io? Che cosa?

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Stessa scena. Verso il proscenio a destra la scrivania di Filippo. Ritto accanto alla porta di destra un alto baule da cabina. La credenza e la cristalliera, vuote e con gli sportelli aperti. A terra, entro alcune ceste, tutto ciò che v'era riposto di servizi da tavola: piatti, bicchieri, posate, biancheria, ecc.

Circa tre settimane dopo Fazione del primo atto. Mat­tina, d'inverno.

(Sono in iscena: Filippo, vestito per uscire, in sopra­bito e col cappello duro in testa, seduto alla scrivania in atto di scrivere, scuro in volto e fremente: e zia Rita e Serafina, che finiscono di vuotare la cristalliera parlando tra loro a bassa voce per non disturbarlo).

Zia Rita                         - (a Serafina, consegnandole una zuppiera) Attenzione, mi raccomando.

Serafina                         - (urtata, deponendo la zuppiera in una cesta) Attenzione, attenzione! L'ho sempre maneggiata io, questa roba.

Zia Rita                         - (accennando Filippo) Zitta, zitta...

Filippo                           - Avevo pregato un minuto di pace! sto fa­cendo un telegramma!

Zia Rita                         - Vuoi proprio andare a scuola anche oggi?

Serafina                         - Ma è già tardi, però.

Filippo                           - Lo so! (Pausa        - quindi con irosa risolu­zione) E allora... facciamo cosi        - (appallottola il foglio su cui scriveva e lo scaglia in terra. S'alza, si toglie sopra­bito e cappello e li lascia sulla seggiola). Non si può obbligare un uomo a perseverare lui solo, mentre la famiglia fa i capitomboli sulla neve! a Roccaraso! (Esce a sinistra).

Zia Rita                         - Eh, l'ha presa male. Dovrebb'esser con­tento, che il cognato si dà questo pensiero per la salute del bambino e, con tanta spesa, gli porta tutta la famiglia a Roccaraso!

Serafina                         - Contento? l'avesse veduto questi giorni... per le stanze vuote...

Zia Rita                         - Ma dov'è andato?

Serafina                         - A rivestirsi da casa. Vedrà che ora esce un po' riconfortato. Io telefono in segreteria che si sente poco bene. (Va al telefonale forma il numero. Filippo rientra con una vecchia vestaglia addosso, un po' ricon­fortato, e torna a sedere alla scrivania).

Filippo                           - Un telegramma di richiamo, .se ci manca la formula persuasiva, non serve a niente: anzi è peggio. Ma io, qua in mezzo... io ero abituato là: a concentrarmi nel mio studio! (Provando a ridere) Eh eh! Se la racconto faccio ridere! mi sono privato dello studio per ospitare mio cognato... e non se lo gode nessuno! Ne hanno slog­giato me: e via tutti quanti, con la scusa della malattia di Carluccio. Una scusa: un pretesto! (Frattanto Serafina avrà detto al microfono: « Pronto. Casa del professor Rigagni. Vorrei il segretario. Ah, è lei? Guardi che il professore si sente poco bene e... Filippo, Filippo. Sì, anche lui. Antivederla » ; e riappende il ricevitore). Brava Serafina. Aveva telefonato anche mio fratello?

Serafina                         - Poco bene anche lui (torna a sfaccendare).

Filippo                           - Poteva dare un'altra giustificazione, lui! (A zia Rita) Io, da bambino, quand'ero convalescente, mi mandavano al giardinetto pubblico con la donna, se c'era, un po' di sole! Ora, il rigido della neve: che rinsalda! ci vuole Roccaraso! Un pretesto, un pretesto di Aldo: per farli divertire. E mettermi da parte.

Zia Rita                         - (sedendogli accanto) Come si poteva rifiu­tare un benefizio offerto con tanto cuore? Pensa: anche Luisi! appena ha saputo che quella figliuola va matta pi­sciare: avanti, anche lei!

Filippo                           - Che m'importa di Luisi? Dovevano tornare il giorno stabilito! cioè ieri! Ieri era l'ultimo termine, l'ultimo comporto!

Zia Rita                         - Ma, Filippo: se quest'indugio facesse na­scere qualcosa fra Aldo e Luisi...

Filippo                           - Nascere? che?

Zia Rita                         - Come, che? un idillio!

Filippo                           - Ah!: voi sperate d'appioppargli Luisi? Mi fate ridere! Ma poi, quest'è bella! e la sconto io? ab­bandonato così? Dovevano tornare il giorno stabilito!

Zia Rita                         - (seccata) Eh, dovevano! Paga lui, caro! In questi casi s'accetta il benefizio senza cercare il pelo nell'uovo.

Serafina                         - Ma il signor professore è stufo di questi benefizi.

Filippo                           - Avete finito li, Serafina, avete finito? Bene, andate di là.

Zia Rita                         - E portatemi quell'involto che ho lasciato nell'ingresso.

Serafina                         - Sissignora. (Esce dalla comune).

Filippo                           - (alzandosi e passeggiando) Io... io è da un pezzo che avrei troncato netto. Anzi, per quanto riguarda me, l'ho scoraggiato totalmente. Io non faccio affari, io non mi muovo. E l'ha capito! Ma voi, i parenti... ha ra­gione lui! Sorrisi... e piglia piglia: ce n'è per tutti! bella dignità! gli state facendo spendere un patrimonio.

Zia Rita                         - (Ma che dici! E' più contento lui di fare un dono che noi d'accettarlo! proprio per non offenderlo!

Filippo                           - I regali: sono il suo segreto! corruttore! Ma che c'entrate voi? parenti miei! Io non posso impe­dirgli di fare un regalo a Emma, sua sorella, o ai bam­bini, suoi nipoti: ma voi? Che disgusto!

Zia Rita                         - E i regali che ha fatto a te?

Filippo                           - Io sono il marito! della sorella. E poi gli do ospitalità in casa mia. Gli ho dato la camera, là, dov'è morta sua madre... e gli è parsa una grazia: poter rias­saporare con noi on po' di vita di famiglia...

Serafina                         - (rientrando dalla comune con un grande in­volto) Questo qui?

Zia Rita                         - (alzandosi e consegnando a Filippo una caria) Sì sì, questo, Serafina, grazie. E tu, guarda la fattura. (Ha preso l'involto e lo svolge. Serafina via. Filippo, sto­nato, guarda la carta e l'involto).

Filippo                           - Che fattura? a me? una pelliccia? Zia! Trentaduemila lire?

Zia Rita                         - (ridendo) Ma è della contessa: quella del primo piano! Per farti vedere quant'è stato pagato! Guar­da che mantello: che splendore: visone: come nuovo: l'ha portato solo una stagione! E lb rivende: per dieci­mila lire!

Filippo                           - Perché? è in bisogno?

Zia Rita                         - Ma no! Una signora come lei? Se n'è stancata!

Filippo                           - E butta via, così, un patrimonio... Che gente! che schifo!

(Entra a tempesta dalla comune zio Cosimo con una busta di cuoio in mano da cui subito trarrà alcuni in­cartamenti).

Zio Cosimo                   - Tu sei una bestia, Filippo! Ho esami­nato i dati di Aldo: quelli raccolti per te: il quadro dei suoi affari! Tuo cognato ha una posizione solidissima!

Filippo                           - (infastidito) Lo so lo so, e ne godo... (all'improvviso, allarmato) Zia Rita! non penserai di far vedere quel mantello a Aldo!

Zio Cosimo                   - Zia Rita      - Tu hai acciuffato la fortuna! Guarda qui! Proprio a Aldo, invece: e vedrai se non Io prende subito, per offrirlo a Emma.

Filippo                           - A Emma? Portalo via immediatamente! hai capito? se t'arrischi...

Zio Cosimo                   - (insieme) Qui! Socio della Winkless: una ditta formidabile! formidabile! Guarda: nei capito­lati d'appalto: la ricevuta della cauzione... leggi qui, ti dico!

Zia Rita                         - (insieme, a Cosimo) Non vuol far vedere il mantello a Aldo!

Zio Cosimo                   - Il mantello passa in seconda linea! Di semplice cauzione: versate ventimila sterline! due milioni!

Filippo                           - (ridendo a singulti) Ih ih ih! In seconda linea, tu: avanza all'assalto lui!

Zio Cosimo                   - Di che ridi, incosciente? Iniziano i la­vori con due cantieri, dai due capi della strada: e pre­visto d'armarne un terzo! Una ditta che ha l'attrezzatura - non dico altro: la semplice attrezzatura - per tre cantieri di quella fatta... basterebbe quest'indice! E lui nicchia, pregato d'entrarci!

Filippo                           - Io? Intendiamoci bene, zio. Quando io ho messo alle strette Aldo perché mi chiarisse...

Zia Rita                         - (che ha deposto il mantello sul divano) Ma che chiarire! T'affida la sua cassa!

Zio Cosimo                   - Tutta l'amministrazione nelle tue mani!

Filippo                           - Quale amministrazione? Questo è il punto! La sua personale! E allora tu che mi parli a fare della Winkless? Alla Winkless ci sta lui: e non ha nessuna in­tenzione di farmici entrare, con una funzione definita, in un posto regolare! Il mio posto sarebbe privato: accanto a lui! E allora io vi faccio notare che qua, per vostra regola, io non sono il tirapiedi d'un professore di ruolo: il professore di ruolo, qua, sono io!

Zio Cosimo                   - E che pretenderesti? che Winkless, che non t'ha mai sentito nominare, su due piedi...? Tu infi­lati dietro tuo cognato, fatti conoscere...

Filippo                           - Io non m'infilo! io non ho bisogno di passar l'esame davanti a nessuno!

Zio Cosimo                   - (esplodendo) Ah, è inaudito! Bestia: come ti devo chiamare? Io ti dico così perché tu mi parli di funzione definita, di posto regolare! (A zia Rita) Perché lui, capisci?, di questo si preoccupa: del posticino!

Filippo                           - Sissignore! del posticino! del posticino!

Zìo Cosimo                   - Con un cognato che gli dice: non ti dar pensiero di niente, sta con me: governa le nostre finanze... E dice ancora di più! Non ti vuoi assumere questo carico? Bene: non importa! basta che tu, quando io devo prendere una decisione...

Zia Rita                         - ...già: il tuo parere! come tu vedi la cosa!

Zio Cosimo                   - ...questo è il suo bisogno: un consi­gliere fidato!

Zia Rita                         - A noi ha detto perfino ch'è meglio, se tu resti estraneo all'imprese...

Zio Cosimo                   - ... così non c'è paura che sii preso anche tu dalla febbre degli affari: e conservi la mente serena per consigliarlo!

Filippo                           - Ma guardate che situazione di privilegio! Tutto facile e liscio! E perché così facile? perché così liscio? perché?

Zìo Cosimo                   - Perché vi vuol bene! perché siete pa­renti!

Zia Rita                         - Perché Aldo con te avrebbe lì la com­pagnia della sorella e dei nipotini...

Filippo                           - Ah, ecco! ecco! non per me, dunque! ma per i miei!

Zìo Cosimo                   - Perché un uomo ricco come lui: che soffre d'esser solo, straniero, non guarda a spese, per offrirsi questo rifugio: d'un po' d'intimità! E' così chiaro!

Filippo                           - (agro, rilevato) E che vuole da me? l'inti­mità?

Zia Rita                         - Che c'entra, da te? l'avrebbe da sua sorella e dai bambini!

Filippo                           - E io? (Furioso, scattando) Ma insomma: vi vuole entrare in testa che io, un padre di famiglia... Io: i pareri! già: quando me li domanda! e a spasso! Io sarei... il caìcco, eh? che lo si porta appresso! non lo capite?

 

Zia Rita                         - Zio Cosimo Il caìcco? Ma fa il piacere!

Filippo                           - Sì: un ammennicolo! visto che c'è: ma sa­rebbe meglio se non ci fosse! Tanto, non si sa che fargli fare! Basta: sentite: tronchiamo!

Zio Cosimo                   - Tronchiamo, sì: se no scoppio! (Parte per il fondo e torna) Vado da quel povero Marco che oggi si vede portar via i mobili: e tu che hai acciuffato la fortuna, non sei stato capace nemmeno di confortarlo un po' con quelle mille lire!

Zia Rita                         - ...che è un miseria, per te!

Filippo                           - Miseria? Dovevate dirmelo prima! non ne avrei fatto nulla! per la sala da pranzo, io che sono un povero professore come lui, avevo stabilito di non su­perare... lo so io! E ho già fatto uno strappo! per aiutarlo! Ma se lui crede di rimetterci: si tenga i mobili e mi ridia indietro il denaro! Siamo ancora a tempo.

Zio Cosimo                   - Marco? e dove li trova? Guarda: se li avessi io, ti darei la risposta!

Filippo                           - Io sto ai patti!

Zio Cosimo                   - Està ai patti! Sei un fratello snaturato! esoso! e ti saluto! (fa per partire in fondo).

Zia Rita                         - Zitti: ecco i facchini!

(Si presenta sulla soglia a sinistra il cav. Figoli, intro­dotto da Serafino).

Figoli                             - (con un sorrisetto nervoso) No: sono io. Di­sturbo?

Zio Cosimo                   - Ah, cavaliere: già! scusate! me n'ero dimenticato! Vi      presento qua il padron di casa, mio ni­pote professor Rigagni. Il cavaliere Figoli, mio amico.

Figoli                             - Molto lieto, caro professore: ho già visto, gi­rato con la vostra domestica... e: non sarebbe nel mio in­teresse, ma...

Zio Cosimo                   - Aspettate, caro amico!

Figoli                             - ... no no, in coscienza devo dirlo! dopo averne girate tante, questa è la casa per me! questa! mi quadra a capello!

Filippo                           - Che?... vi quadra... la mia casa?

Figoli                             - (ridendo) Ora voi non strozzatemi!

Zio Cosimo                   - (subito, frapponendosi) Non t'ho avver­tito che il cavaliere cerca in fitto un appartamento mobi­liato, e io l'ho condotto qui a vedere: nel caso che tu ti trasferissi!

Filippo                           - (come sotto una mazzata: incapace di reagire) Zio...

IFicoli                           - ...per il mese entrante! basta che voi mi la­sciate libera la casa il mese entrante!

Zio Cosimo                   - Io v'ho detto: nel caso, cavaliere!

Zia Rita                         - ... e non guardate questi mobilucci qui: stiamo appunto aspettando i facchini con una sala da pranzo nuova... e veramente lussuosa! (conducendolo a destra) E di qua: venite: c’è un'altra bella camera. Pas­sate, passate.

(Escono a destra zia Rita e Figoli. Filippo è come in­tronato. Zio Cosimo gli parla concitato, ma a bassa voce).

Zio Cosimo                   - Capisci? 1L0 conosco: solvibilissimo. Sa­rebbe un altro cespite e sicuro: la pigione te la risede­remo noi.„ Nel caso, dico! Meglio prevedere che trovarsi affogati all'ultimo momento. Per era, senza impegno. Non dici niente?

Filippo                           - Io? No...

Zio Cosimo                   - Ma non fare codesta faccia da babbeo.

(Filippo                         - (lo guarda e va a sedere sul divano).

Figoli                             - (rientrando con zia Rita) Ah, mi quadra! mi quadra! Tornerò con la mia signora! E a quando una parola definitiva?

Zio Cosimo                   - Oh, prestissimo... non è vero, Filippo? Tra giorni: o sì o no.

Figoli                             - Speriamo nel sì! Specialmente per la matri­moniale: voglio esser franco: che non è di quelle solite camere. Sapeste che roba ho visto! Eh, questa è veramente simpatica... abitabile, ecco! con tante piccole cose: quelle cosette che una donna apprezza subito! E allora a pre­sto, caro professore: non vi disturbate! e concluderemo: vedrete!

Zio Cosimo                   - Io v'accompagno, esco anch'io: cento cose da fare! Torno subito. Piego: passate voi, per carità! qua è come casa mia.

(Escono dalla comune Figoli e Cosimo, e dietro Serafina. Filippo immobile. Zia Rita lo; osserva, irresoluta).

Zia Rita                         - E già... In fondo... meglio pensarci prima...

Filippo                           - La casa abbandonata... e io, solo come uno stupido, aspettando, senza capire che non c'è più niente da aspettare... La casa è del cavalier Figoli... (Di dentro s'ode la voce di Luisi).

Zia Rita                         - (subito) Filippo: ma questa è Luisi! Sono tornati!

Filippo                           - Ah. (Alzandosi stralunato) Ora Emma mi sente. Dov'è?

(Entra dalla comune Luisi in costume da sciatrice e subito si sbarazza di berretto, sciarpa, occhialoni, guanti, gettando tutto qua e là). .

Luisi                              - Ah, li ho piantati! che ci stavo a fare? L'in­trusa: nel loro idillio?

Filippo -

Zia Rita                         - Che idillio? Ma che dici? Sei partita sola?

Luisi                              - M'avevano presa per la governante dei bam­bini! per andarsene alle gite loro due soli! Oh, bada a te, Filippo: a quel che ti dico. Tu la moglie non la raccapezzi più, sai? Filippo   

Zia Rita                         - Non è venuta? Luisi!

Luisi                              - (a Filippo) T'avevo scritto una lettera per de­nunziarti tutto!

Filippo                           - Per denunziarmi?

Luisi                              - ... che non la raccapezzi più: se non fai un atto da uomo: e subito! senza perdere un minuto!

Zia Rita                         - Ma che fai? lo metti su contro la mo­glie?

Luisi                              - (gridando) E' successo uno scandalo! in pub­blico! all'albergo!

Filippo                           - Emma? Con chi?

Luisi                              - Come, con chi? con me! tra me e lei!

Zia Rita                         - Ah, ora mi spiego! Vergognati, ragazza! qualunque sia stato il motivo...

Filippo                           - Aspetta, zia: io voglio sapere! (A Luisi) Ma con calma!

Luisi                              - T'avevo scritto... oh! te lo dirò per filo e per segno! Ma prima... Prima di spedir la lettera, io, per lealtà, bada bene: e per farla rinsavire, mettendole sotto gli occhi un... un giudizio spassionato su i suoi atti...

Zia Rita                         - ...ma quali atti, in nome del Cielo!

Luisi                              - ... aspetta! gliel'ho data da leggere! « tieni »!

Filippo                           - A Emma? La lettera?

Luisi                              - «Leggi quel che ho sentito il dovere di sve­lare a tuo marito! ». E allora... (scoppia a piangere) in pubblico! in sala di lettura! (si getta di peso su una poltrona).

Zia Rita                         - Filippo…Ah, che storia! Piano con le poltrone! Maledetto vizio! Che t'ha detto? che ha fatto?

Luisi                              - (piangendo) L'inchiostro ancora fresco... me l'ha stropicciata sulla faccia! E la gente... (Con brusco trapasso a una fredda ira) Ah, ma io stanotte mi sono alzata di nascosto, e via!: con la macchina di Aldo! Li ho lasciati senza macchina! Ora vadano a fare le gite!

Zia Rita                         - Filippo … Sciocca! Ma che m'avevi scritto? insomma! si può sapere?

Luisi                              - Potresti anche immaginarlo! E' la sua vacan­za! (Caricando) «La prima, vera, bella vacanza della mia vita »!

Zia Rita                         - (subito) Ma si capisce, povera Emma!

Filippo                           - (subito) Ti prego, zia, ti prego! o te ne vai di là o ti stai zitta. (A Luisi) Dimmi tutto, dimmi tutto. La sua vacanza, eh?

Luisi                              - (piena d'ira e di cordoglio) Appena Aldo si fermava un po' con me: subito lei, in mezzo: per la paura di perdere un divertimento! Figurati che all'alber­go nessuno voleva credere che fossero fratello e sorella! tutti li prendono per amanti!

Zia Rita                         - Filippo       - E tu le dai ascolto? Zia Rita! Ma che fanno?

Luisi                              - Quel che le ha comprato e messo addosso! Abiti da sera per la « table d'hóte », come a una prin­cipessa! costumi per la neve, sciarpe, berrettini... un ber­rettino ch'era un amore: che l'aveva scelto con me al negozio, e io credevo che me... (pianto).

Filippo                           - (a Rita) Capisci come me l'avvezza? Capisci che disastro? la principessa! mia moglie... Il baratro, io mi vedo il baratro sotto i piedi!

Zia Rita                         - Io ho bell'e capito e tu sei uno sciocco! Questa qui parla per gelosia!

Luisi                              - (balzando in piedi) Io? gelosia?

Zia Rita                         - Ragazza! Chi sa che t'eri messo in testa!

Luisi                              - Io? per quell'esaltato? che non lo posso sof­frire? (Conducendo a parte Filippo) Io parlo per te, Filippo; che nessuno ha capito ancora la gravità della tua situazione!

Filippo                           - Dimmi tutto, dimmi tutto.

Luisi                              - I tuoi stessi figli, con la festa in cui li ha fatti vivere... divertimenti da stordirli! senti: perfino uno spettacolo di fuochi d'artificio sui campi di neve! con la ban­da che sonava! in onore di Din e Cèrli!

Filippo                           - Din e Cèrli? chi sono?

Luisi                              - I tuoi figli! (Mentre Filippo ripete: «Din e Cèrli? »). I padroncini dell'albergo, con quello che spen­de e spande; tra inchini e sorrisi da tutte le parti: come figli- di Re!

Filippo                           - Non m'hanno scritto più! una cartolina in lutto.

Luisi                              - A te? e chi sei più, tu, ormai? un'ombra, caro! L'ombra d'un incubo!

Filippo                           - Io?

Luisi                              - (fredda fredda) Però già quasi svanito, come incubo. E appena si riaffaccia: sciò!

(Dalla comune, introdotti da Serafino, entrano tre fac­chini).

Serafina                         - Sono qua i facchini. (Si ritira).

Zia Rita                         - Ah, bene. Ecco: la roba da portar via è questa.

Primo Facchino             - Questa qui? I tre pezzi e le seg­giole? Bè, si fa presto. Sotto, ragazzi.

(/ facchini cominciano a smontare, battendo martellate, chiamandosi tra loro, invadendo la scena; quindi cari­cheranno e porteranno via in più volte, l’uno o l’altro, o insieme secondo il bisogno. Zia Rita rimetterà il mantello nell’involucro per salvarlo dalla polvere, mentre Luisi condurrà Filippo sul proscenio).

                                      -

Luisi                              - Domani andranno tutti in Riviera.

Filippo                           - (con un salto) In Riviera? Ma io li aspetto a casa!

Luisi                              - Si, aspettali! Non li ripigli più, Filippo! In Riviera! e poi chi sa dove!

Filippo                           - (smarrito e adirato, a zia Rita) Lo vedete, lo vedete: il benefizio?

Zia Rita                         - Filippo: chiami tua moglie al telefono: calmo, serio: le dici le ragioni per cui devono tornare: e vedrai che tutto finisce, subito.

Filippo                           - (annaspando) Sì: ora chiedo la comunica­zione... (S'avvia al telefono. Ma torna indietro frastornato dalla confusione dei facchini) E vedremo! sentirete come le parlerò!

Luisi                              - Prova, prova! (ride).

Zia Rita                         - Ma riuscirà certo!

Filippo                           - Emma ha una coscienza!

Luisi                              - (alterata, violenta) Sì, una coscienza! con quel diavolo tentatore al fianco! Emma ha trovato un altro so­stegno per la sua vita! E tu speri di ripigliartela con una telefonata? (Ridendo, aspra) Già verrà lui: che ti farà i fischiolini nel ricevitore!

Filippo                           - Fischiolini?

Luisi                              - ...ti manderà tanti baci e staccherà la comu­nicazione! davanti ai ragazzi che si divertiranno un mon­do alle tue spalle! Fatti, caro; altro che parole! te l'ho detto: senza perdere un minuto!

Filippo                           - Ah... io farò uno sproposito! (Come se di­cesse una cosa enorme) Io piglio il treno! piglio il treno! la valigia, zia Rita! (A LuUì) Che partenze, che partenze ci sono?

Luisi                              - (soddisfatta) Ce n'è voluto per sradicarti! Se corri subito hai la corsa delle dieci e dieci. Senza vali­gia! Devi riportarli qui stasera! Risoluto! o domani siete in Riviera tutti quanti, te compreso, al rimorchio.

Filippo                           - (rigirandosi) Sì, senza valigia; piglio il tre­no: fatti fatti.

Zio Cosimo                   - (di colpo, dalla comune) Bene: i fac­chini! Avete detto la roba da portar via? (Ai facchini) Presto presto: non pesa niente! (Agli altri) Occorre af­frettare; per impedire complicazioni, serie complicazioni!

Filippo                           - Vado a fare un altro scandalo io!

Zìo Cosimo                   - (invadente) Che c'è, che c'è? sentiamo: dillo a me!

Filippo                           - Zio, non t'immischiare! Me li batto di fron­te! Subito a casa!

Zio Cosimo                   - (offeso) Parla chiaro! vuoi dire che io m'immischio?

Filippo -

Zia Rita                         - Eh, l'hai detto! Lascialo stare, Cosimo!

Zio Cosimo                   - (indignato) Ah, e sbrogliatela da solo! Ma t'avverto che le cose non vanno più lisce perché Mar­co è disperato!

Filippo                           - Io devo partire! (fa per avviarsi, scansando i facchini).

Zìo Cosimo                   - (inseguendolo e afferrandolo: concitato, drammatico) Ah, te ne scappi? L'ho dovuto fermare a forza, che voleva correre da uno strozzino per resti­tuirti le tue maledette tremila lire e tenersi i mobili! C'è sua moglie in convulsioni su una poltrona! i bambini che piangono!

Filippo                           - (gridando) E non me ne importa niente!

Zio Cosimo                   - (gridando) Ah, niente? una famiglia de­solata, in lutto?

Zia Rita                         - Ma fatti di coscienza, Filippo! Quelle mil­le lire!

Filippo                           - La « mia », la «mia » famiglia... (Additando la scena spogliata, in disordine) Ecco il simbolo dello sfa­celo! lo sfacelo morale!

Zio Cosimo                   - Non cercare diversioni! Ti pongo la do­manda perentoria:

Filippo                           - No! Basta! L'ho detto!

Zio Cosimo                   - (gridando) Ah sì? E io: ti rinnego! (parte infuriato verso la comune: s'imbatte in Aldo e Emma che entrano e lo fermano. Emma è trasformata: elegantissima: pare ringiovanita. Scena concitata: una battuta sull’altra).

Aldo                              - Allò, vecchio Filippo! Buongiorno a tutti!

Emma                            - Ma che succede? Zio!

Filippo                           - Ah, siete tornati? Bene! Benissimo!

Zio Cosimo                   - Io non parlo più!

Aldo                              - Vieni a vedere che figlioloni ti riporto!

Filippo                           - Lasciami! non ho bisogno che mi ci guidi lo! (A Emma) Dove sono?

Emma                            - Ma, Filippo: è questo il modo d'accogliermi?

Zia Rita                         - Visto che sono tornati...

Filippo                           - Si ha quel che si merita! E ora vedrai!

Emma                            - Sì sì, va dai bambini: li ho affidati a Serafina.

Luisi                              - A rotta di collo: hai visto, Filippo? col primo treno!

Aldo                              - Se sapeste la ragione!

Emma                            - E' arrivata all'improvviso...

Luisi                              - ... Luisi! e avete sentito il bisogno di correre a giustificarvi...

Filippo                           - ...di ciò che lei è venuta a svelarmi!

Emma                            - Oh, che sciocchezze!

Aldo                              - Filippo: è arrivata mia moglie Cynthia.

Luisi                              - (ferita, con un grido) Non è vero!

Filippo                           - Tua moglie? quale moglie?

Aldo                              - ... è una cosa penosissima: ti spiegherò. Se Tifi 'accompagni...

Filippo                           - Ma: tu hai moglie e non ne dicevi niente?

Luisi                              - No! Non è vero! non è vero! (scoppia in pianto e fugge dalla comune).

Zia Rita                         - Luisi! (le corre dietro uscendo) Oh che storia!

Zio Cosimo                   - (fermo sulla soglia: fiero) Non parlo più!

Aldo                              - Bada a me! Quella benedetta figliuola s'imma­gina che...

Filippo                           - Eh eh! Ora rinsavirà!

Aldo                              - Ma io ti parlo di Cynthia, di mia moglie!

Filippo                           - (fissando Emma) Ma non è la sola che deve rinsavire! non è la sola!

Emma                            - Aspetta, Aldo! Prima devo dirgli che non sono tornata con l'animo di sopportare ancora...

Filippo                           - Ah: tu? sopportare: tu? Ora vedrai!

Aldo                              - (alterato) Ma smettila! è ridicolo! Io ti parlo di cose serie!

Zio Cosimo                   - (,c.s.) Filippo: io non parlo più! per l'ultima volta ti domando...

Filippo                           - (come rischiarato da un lampo) Zio Co­simo: aspetta! (Correndo alla scrivania per trarre da un cassetto un libretto di chèques e riempirne uno) Marco potrà ringraziare la signora Mimmi!

Primo Facchino             - Scusate: c'è altro da portar via? (indica le ultime cose che gli altri due si son caricate).

Emma                            - (« Filippo) Ma che fai?

Zi© Cosimo                  - (al facchino) No, mi pare di no.

Primo Facchino             - (uscendo coi compagni) Questo è un manicomio!

 Filippo                          - (a Emma, scrivendo) Coi regali: coi re­gali: t'ha fatto girar la testa come un carosello! Regali ci vogliono, per esser considerati! Mentre io, eh?: l'af­flizione di tutti! con la mia gretteria!

Emma                            - Tu hai perso ogni diritto a rinfacciarmi i re­gali di mio fratello: perché mi hai obbligata ad accettarli proprio tu! Io glieli rimandavo! io l'avevo scacciato.

Filippo                           - Ma tu, accettandoli, come volevo io, per il bene della famiglia: non dovevi imparare a disprezzarmi per questo!

Emma                            - Io? Filippo, che dici?

Aldo                              - Ma guardate che sciocchezza gli è entrata in testa!

Filippo                           - T'ha fatto diventare il nume tutelare della mia casa! tu: piccolo dio benefico! Ma ti guarirò io, cara; con la stessa medicina! (Sventolando lo chèque) Ho capito che ci vuole: e ora te ne accorgerai! Ecco, zio Cosimo: a Marco! (Scoppia a ridere) Ora che i regali si pagano di tasca nostra.

Zio Cosimo                   - (esultante) Ah, ti sei fatto di coscienza! Io corro... Ma no! come? tremila?

Filippo                           - (sfavillante di gioia maligna) Tremila! il prezzo intero! e in più i miei mobili! Così il regalo glielo faccio io! Voglio regalare! Voglio esser buono anch'io: più buono di lui! (A Emma) Non sono padrone di fare un regalo a mio fratello? Tu ne hai accettati tanti dal tuo: non puoi dirmi niente! Va, zio Cosimo: va a con­solare Marco!

Zio Cosimo                   - (sbalestrato) Sì, vado... Ma, dico, non vorrai metterti a competere con Aldo su questo punto...

Filippo                           - E perché no? Avreste paura? Via, via, zio Cosimo: sei di troppo! (lo spinge fuori, mentre zio Co­simo dice: « E va bene: vi saluto!». Subito voltandosi a Emma, ridendo) Che lo faccia io, ti dà... ti dà un po' di palpitazione?

Emma                            - (calma) Senti, Filippo: ora che possiamo par­lare...

Filippo                           - No: rispondi!

Emma                            - ... ricorderai che io diffidavo di lui...

Aldo                              - ...perché non si spiegava come mai il bisogno d'avere una famiglia mi spingesse a cercarla tra voi, in­vece di farmene una, io, mia propria.

Emma                            - Proprio così. Ma ora fatti dire quali sono i rapporti tra lui e Cynthia, e ti spiegherai anche tu...

Filippo                           - Non m'interessa! Io voglio sapere...

Emma                            - (irritata) ...con Marco? hai fatto bene! era brutto, approfittarsi delle sue strettezze!

Filippo                           - (livido) Lo so, meglio di te: perché io gli voglio bene, a Marco! E perciò non mi si doveva lasciar solo, oggi: mi dovevate aiutare tutti quanti, tu e i bam­bini, qua attorno, a non farmici pensare! a impedirmelo!

Aldo                              - (decidendosi a parlare: lui da un lato, Emma in mezzo, e Filippo dall'altro lato) Tu devi rassicurare mia moglie che venite per il suo bene, capisci? per il suo bene! perché io, se no, con tutto l'amore che ho per lei, io, in quel covo ch'è diventata la nostra casa vuota: non ci resisto!

Filippo                           - E la tua, cara, non è bontà: ma vanità!

Emma                            - (o Filippo) Senti quello che ti dice!

Filippo                           - (esasperato) Vanità! Vanità!

Aldo                              - Questa è la vera solitudine, Filippo: la soli­tudine in due! Una casa dove dall'amore non nasce niente...

Emma                            - ... non possono più aver figli, capisti?

Aldo                              - ... seguitare ad amarsi quando è inutile!

Filippo                           - Vanità! E quello: Regali! regali!

Aldo                              - E sai qual è la vendetta della vita tradita? la casa morta! Voi soli potete rifarmi una casa come io speravo d'averla da lei: piena di vita!

Emma                            - E' il bene di tutti!

Filippo                           - Regali! E così si diventa estranei! Veder le cose da fuori: io che m'approfitto del bisogno d'un fra­tello e commetto una bella azione: mentre lui... la bontà in persona! La bontà è la sua, eh? che fa i regali!

Aldo                              - No, Filippo: lo so: io non posso più esser buono! Accanto a lei mi sento sempre più solo! atro­cemente solo!

Filippo                           - Facile, però, facile, caro mio: profondendo un denaro che non costa, non sudato soldo a soldo: facile non far pesare la vita, quando la vita è un giuoco! (Afferrando Emma per le braccia) E questa è l'ingiustizia!

Emma                            - (liberandosi) Ma lasciami! e cerca di cal­marti: altrimenti è inutile ragionare!

Aldo                              - (frattanto, come disperato che nessuno l'ascolti, rivolgendosi al pubblico) Quante volte le ho detto: facciamo venire i miei parenti: vedrai come staremo bene: tutto sarà risolto! Di che temi? di che temi? Ah! (esasperato, si copre la faccia e compie un pic­colo giro per tornare allo stesso posto).

Filippo                           - (frattanto, respinto da Emma, perorando al pubblico dall'altra parte) L'ingiustizia che mi si fa, umiliandomi! umiliandomi perché io invece, sono un stare nei miei limiti! (si volge a Emma che lo scansa: torna e. s.).

Aldo                              - Non capisci che sarà l'unico modo di sal­vare anche il nostro amore? Avessi ancora la mia lotta, per distrarmi... ma così! così...

Filippo                           - Non capisci che non ci metto niente io, se mi cimenti, a far tutto facile anch'io? arioso? senza peso? Ma sarebbe la rovina! la rovina della nostra famiglia!

Emma                            - (risoluta) Filippo: dunque non vuoi ascol­tare Aldo?

Filippo                           - (risoluto) No-: se tu non ascolti me!

Emma                            - (dominandosi: quasi affettuosa) Ma sì, caro: avremo tempo! Ora non t'impuntare: bisogna che qual­cuno di noi lo accompagni da Cynthia. Cominciamo da questo momento a lavorare per l'avvenire dei nostri ragazzi!

Aldo                              - Brava Mimmi!

Filippo                           - Ma che avvenire! voi avete perso la testa! Io ti richiamo all'ordine, Emma! Bada! bada che, se tutto non torna com'era...

Emma                            - T'accompagno io, Aldo! (A Filippo) E quando ti sarà passata... (Avviandosi a sinistra) Vado a rassettarmi un po'!

Filippo                           - Te lo proibisco!

Emma                            - (dalla soglia, ridendo) Mi proibisci d'an­dare a conoscere mia cognata, che s'è partita apposta dall'India? Non ha senso, caro.

Aldo                              - Non ha senso, scusa!

Emma                            - Come non ha senso tutto quello che fai e che dici! E comincia a capire, se ti riesce... intanto due cose: che a fare il babau, perdi altro terreno di fronte a lui! che s'è conquistato il cuore di tutti!

Filippo                           - Ah: mentre io l'ho perso!

Emma                            - Se fai così, per forza! e perciò t'avverto!

Filippo                           - Ma tu mi vedi così, perché l'ho capito! che t'ho detto finora? io, il babau? al contrario: la mia tentazione è di mettermi a fare il buono: più buono di lui! E io posso, ti dico... io posso!

Emma                            - (come liberala) E se puoi: fallo! e Dio sia j ringraziato: vuol dire che hai capito anche l'altra cosa:! che ormai ho diritto anch'io a qualche maggior riguardo da parte tua! finalmente: come si trattano fra loro le persone che non hanno bisogno di stare a tu per tu con le piccole miserie della vita e possono godere d'un po' più di dignità l'uno di fronte all'altro! Questo lo debbo a te, Aldo caro: e non lo dimenticherò mai. (Esce).

Filippo                           - (fisso, come insensato) Dunque: è necessario. (Va alla scrivania e si inette a riempire un altro, chèque).

Aldo                              - (astratto) Sì, Filippo: è necessario: perché Mimmi era abituata altrimenti, e tu forse non ti sei mai reso conto del sacrifìcio che ha fatto a ridursi qui.

Filippo                           - Ah, qui: un sacrifìcio. Io l'ho conosciuta povera! e non la volevo pensando appunto com'era abi­tuata: e fu lei stessa: lei e vostra madre... il mio stato modesto ma sicuro: sicuro: questa era la sua aspira­zione! E ora: i riguardi... tra noi! Quando si è nell'intimità e tutto si fa per la famiglia, non c'è bisogno di tanti riguardi.

Aldo                              - Perché? perché ora comincia a pretenderne qualcuno anche lei?

Filippo                           - Io non ne ho mai pretesi! perché so che

Aldo                              - Oh, Filippo: tu li hai avuti: ed era natu­rale, come padre di famiglia. Li hai avuti, tu: e non ti sei nemmeno accorto che, se in questa casa così mo­desta, hai potuto vivere con tutte le tue comodità...

Filippo                           - (di scatto) Ah: io? te l'ha detto lei? Dimmi, dimmi!

Aldo                              - Lascia stare, ormai. Pensa che d'ora in poi tu potrai pagarti il piacere di star comodo tu, senza sacrificio dei tuoi, e di offrire anche a tua moglie qualche larghezza... senza timore che ciò ti porti alla rovina.

Filippo                           - Dove? quando? Voi sognate! Io l'ho ca­pito, perché tua moglie s'è precipitata qui! e io le do ragione! la tua pretesa di portarci tutti quanti da te, per ridarti una casa, una casa piena di vita: per lei significa perderci il suo posto! cessare d'esserne la pa­drona!

Aldo                              - Questo è il suo sciocco timore: che le pas­serà subito appena vedrà chi siete: brava gente, di cuore! appena vedrà che tu, anzi, preferiresti di non muoverti, e ti sacrifichi solo per il bene della tua fa­miglia! questo la rassicurerà moltissimo.

Filippo                           - Guarda che caso! lei: come me! siamo nell'identica situazione! Ma io, stanne pur certo', io non mi faccio mettere da parte! io non mi faccio scalzare! non mi lascio soppiantare! E resto qui: dove tutto deve tornare com'era.

Aldo                              - Povero Filippo.

Filippo                           - Povero Aldo.

Aldo e Filippo               - (insieme, l'uno all'altro) Povero illuso: come se tutto non dipendesse da tua moglie. (Si guardano stupiti e frementi: d'un tratto scaglian­dosi in faccia le parole) Ma io la costringerò a ragio­nare! (S'allontanano, furiosi).

Aldo                              - Qui: tutto com'era? se vuole lei, caro! ma se lei non vuole più, se l'accordo è finito, è finito anche il tuo bene: qui! (Con gioia maligna) E lei non vuole più. (Sopraffacendolo) Con ragione! Tant'è vero che i tuoi stessi parenti... è un coro unanime! tutti dalla tua parte! E tu sei solo! Mentre io, su mia moglie, io sono in netto vantaggio: perché la sua felicità di­pende da me: e quando vedrà che, se non si persuade, io la lascio», davvero...

Filippo                           - Bello!

Aldo                              - Ma non ce ne sarà bisogno!

Filippo                           - E Emma che farà, con me? mi vuol la­sciare anche lei? Se è questo: guarda: via libera! se ne vada con te, a godersi i riguardi! ma sola, i figli sono miei e restano con me: nella casa che lei avrà abbandonato.

Aldo                              - Non ce n'è bisogno, neanche di questo. Anche tu ti persuaderai. Con te non si andrà per le brusche: tu sei un uomo, in fin dei conti. Tu sarai cu­cinato a fuoco lento, Filippo. Te l'ho detto: ti terranno scomodo, caro. Nessuno avrà più a cuore la tua pace, nessuno si romperà la testa per tenerti lontano un fastidio: anzi... Ma con garbo, sai: in modo che tu non possa neanche strillare! una vita impossibile! Il piano è fatto, punto per punto.

Filippo                           - Ah, così? (Con odio) Tu sei una canaglia. Un filibustiere.

Aldo                              - (sta per rispondergli per le rime: sì domina) Sii buono: e pensa che tanto tu quanto Cynthia avete la garanzia del nostro amore. Tua moglie ti vuol bene: come io voglio bene alla mia. Affidatevi a noi e sarete contenti.

Filippo                           - (scansandosi, con ribrezzo) Non mi toc­care!

Aldo                              - (amorevole) Ma è a fin di bene, caro: per tutti! Sollevati! sollevati a una visione più ampia: entra te un altro ordine d'idee!

Filippo                           - Io sono un uomo a posto! un uomo ri­spettabile! e non un avventuriero come te! e ai miei figli io voglio dare il mio esempio! e ho il diritto di restare quello che sono!

Emma                            - (rientrando da sinistra, rivestita per uscire) Ancora? (Ridendo) Oh, povero caro: quello che sei! (A Aldo) Con che orgoglio lo dice!

Filippo i                         - Non ridere! Ti prego di non ridere!

Emma                            - Se io ' mi mettessi di punta a farti sentire quello che sei... Basta. Ciao. Andiamo, Aldo.

Filippo                           - Dove vai? non voglio, t'ho detto! in casa mia comando io!

Aldo                              - (perdendo ogni freno) Sì. E tu sei di quelli che ci stanno male, se perdono un'occasione di tor­mentare. Devi pesare così, tu, togliere il respiro a tutti: impedire ogni rinfranco: tener tutto fermo...

Filippo                           - (con un grido) Tutto fermo: sì! la mia casa!

Aldo                              - ... tutta la vita, ferma: e giù: bassa! perché altrimenti tu non ci resisteresti! Ecco la verità! Alla gioia, tu non ci resisti! alla salute, alla lotta, all'aria aperta, non ci resisti! (Minaccioso in modo che Filippo, sbigottito, comincia a dare addietro) Gira a te, la testa! a te: davanti alla vita! questa testolina secca! Sei un omettino, hai capito? un omettino con quei baffi per farlo credere ai bambini!

Emma                            - (intervenendo a riparare Filippo, che senza ac­corgersene piange a singulti, e abbracciandolo) Oh Dio, no! Così no, Aldo! Buono, buono, caro: non piangere: non è niente: Aldo è già pentito!

Filippo                           - Io... (senza fiato, annaspando) questa è un'aggressione! in casa mia! io potrei chiamare le guardie!

Aldo                              - Scusami». Su, Filippo; non pensiamoci più! Su: un abbraccio: vuoi?

Emma                            - Lascialo, Aldo!

Aldo                              - (tornando a infuriarsi) Ma non ricominciare, però! (Calmo e deciso) E' meglio che andiamo, Mimmi. Presto. Si consola da sé     - (la prende per mano).

Filippo                           - (come un pazzo, spremendosi in sorrisi) Sì, cara: va come vuoi... come vuoi! Tu non m'ascol­tare, perché tanto io non conto: io ti bacio la mano! permetti? e m'inchino! Ma come vuoi andare? (Cor­rendo alla soglia della comune e chiamando) Serafina! Serafina! Venite qui! Aspetta, Mimmi: con questo vestitino addosso? no!

Emma                            - E che vuoi che mi metta?

Filippo                           - Ci penso io! Aspetta! Serafina!

Emma                            - Ma fammi il piacere: sta buono!

Aldo                              - Che ti prende, ora?

Filippo                           - Fatti, fatti: non più parole! (A Serafino, comparsa dalla comune, consegnandole la sopraccarta in cui aveva chiuso lo chèque e che ha sempre tenuto in mano) Questo, da recapitare subito alla contessa, sa­pete? quella del primo pian»! Subito, eh? (Mentre Se­rafina via, dicendo: «Sissignore») Il colpo è partito! (e corre a svolgere dal montino il mantello di pelliccia) Larghezze! Splendori!

(Sopravvengono dalla comune zia Rita e Luisi).

Zia Rita                         - Che c'è? che c'è?

Emma                            - Ma... sembra impazzito! E voi dov'eravate?

Zia Rita                         - Dai bambini. M'ero fermata a confor­tarla».

Filippo                           - Sì: pazzie: tutto a soqquadro! (Mostrando il mantello) Già pagato, zia Rita! (A Emma) Tieni! con questo, devi andare da Cynthia! Gran lusso!

Emma                            - (sbalordita) Oh Dio, Filippo... Aldo

Luisi                              - Che significa? Ma senti!

Filippo                           - (a Emma, mettendole il mantello e lisciando­glielo addosso) Bello, eh? bello, eh? Per te! regalo mio! per cominciare! larghezze! vedrai! fino alla fine! fino alla fine!

Emma                            - (avvolgendosi nel mantello, in un guizzo) Per me? davvero? Oh... che impressione mi fa... (quasi vacilla: getta via il cappellino).

Filippo                           - (pronto, con un ghigno) Impressione, eh? un patrimonio! Lo capisci, ora: eh? lo vedi: il baratro sotto i piedi?

Emma                            - (con un'esplosione di gioia) Caro! caro, Filippo mio! Ho la pelliccia anch'io! Da quanto tempo la desideravo! Ah, che gioia!

Filippo                           - (arretrando, trasecolato e atterrito) Ma come...?

Emma                            - (prendendo tutta la scena, in festa) Questa: questa è la via, Filippo! Ah, come saremo felici! Ah, che cosa grande è questo mantello! (Rigirandosi, am­mirandosi, tutta nella sua gioia) E' mio... è mio... oh, Aldo... è mio! Grazie con tutta l'anima, Filippo! (Gri­dando felice e correndo via da sinistra) Bambini, bam­bini: venite a vedere com'è bella la mamma con la pelliccia! (Dalla soglia, voltandosi a Filippo) Me l'ha regalata papà! (Uscendo) Me l'ha regalata papà!

Filippo                           - (cadendo a sedere) Tutti i risparmi di dieci anni!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La sera dello stesso giorno. Coi mobili nuovi, che fanno un figurone, la sala da pranzo pare un'altra. Ma al levar della tela non se ne vedrà nulla, perché la scena è nella penombra dell'ultimo crepuscolo e solo dalla stanza a destra, illuminata, verrà dentro, per la porta aperta, una breve fascia di luce cruda, a contrasto.

(Sono in iscena Filippo, Luisi e Serafino. Filippo, al­lungato su una poltrona, scompostamente (più per pro­testa che per stanchezza); Luisi, raccolta sul divano, su cui è steso il mantello di pelliccia; e Serafino, che pre­para il baule di Aldo, aperto a libro presso la soglia e coi cassetti fuori, andando e venendo dalla stanza. Pausa. Sospirano l’uno dopo l'altro: Filippo, di scon­forto; Luisi d'impazienza; Serafino, di stanchezza. Altra pausa.

Serafina                         - Ma qua non ci si vede più, a lavorare,

Filippo                           - E allora smettete. Non vi basta, come avete sfacchinato da stamattina?

Serafina                         - Potrei accendere la luce, e finire il baule.

Filippo                           - (brusco) Ho detto che voglio restare a) buio.

Luisi                              - Emma ha telefonato, per il baule: che Aldo lo rivuole all'albergo. Ora che c'è la moglie...

Filippo                           - Andate pure, Serafina. Ora c'è la moglie, glielo farà lei, il baule! Andate, andate! (Mentre Serafina esce dicendo; «Sissignore... per me!» (a Luisi) Ha telefonato, già. Sparita da stamattina! E io ho man­giato solo, in cucina, in mezzo al trambusto. Solo, coi bambini.

Luisi                              - Ma perciò, forse avevano ragione loro; d'an­dare tutti a mangiar fuori, oggi.

Filippo                           - (irritato e commosso) Ma quando si ama la casa... ci si sacrifica, in certi frangenti! si mangia tutti in cucina, pane e formaggio: ma è una festa! perché il cuore... dovrebbe battere di più, per l'avvenimento che hi compie: una data nella storia della famiglia: i mo­bili nuovi ch'entrano a far parte della nostra vita.

Luisi                              - Eh, caro Filippo... Ma perché tu hai ab­bassato le armi? Ancora non ci so credere: da che pa­revi un leone... di colpo, proprio nel punto che Emma era rimasta impressionata...

Filippo                           - T'era parsa impressionata?

Luisi                              - Ma sì, Filippo: t'assicuro!

Filippo                           - No. Sul momento, forse. Ormai è partita. E non si può lottare, Luisi, non si può, contro una aspirazione che è diventata quella di tutti! l'ideale del secolo! (Staccando) « Vivere gratis »! (S'alza e si muove per la scena).

Luisi                              - Vivere gratis?

Filippo                           - Sì, ragazza mia. E anche tu: gratis! non avevi sperato d'accalappiare il nababbo?

Luisi                              - Io... Io volevo,

Filippo                           - Tu volevi il colpo di fortuna! come tutti! Un pallone che ci rapisca in aria, comunque: pur di non restare con la terra sotto i piedi! Eh, la terra è di­ventata troppo dura, per i nostri piedini.

Luisi                              - Caro Filippo, io ti capisco: ma...

Filippo                           - E' l'ideale di tutti, ti dico! e i miei l'hanno raggiunto, che non par vero! I miei: povera gente dai piedi tribolati: ora volano! Volano! E io che faccio? li voglio tirar giù di prepotenza? giù: fermi? Mi par» tono con la testa     - E perché... perché poi dovrei fati­care... tanto... io solo?

Luisi                              - Ma per la tua dignità! Non ti dico davanti alla moglie e ai figli': ma davanti a te stesso! come ti troverai?

Filippo                           - (con un'alzata di spalle) Mi faccio portare in pallone anch'io. (Fermo, alla ribalta) Uno nasce, e pensa di vivere la sua propria vita: ci si mette serio serio... provvede, corre, ripara...: poi farò questo e quest'altro: raggiungerò quel punto... la mia vita, insom­ma! Invece no. (S'allontana) Tutto è il case! conte porta il caso! (Accende la luce e mostra la scena). Guar­da! Un sogno di tanti anni: e noi, nel momento stesso che diventa realtà, da viverci: noi ce ne andiamo... possiamo andarcene! e qua, questo scenario inutile e deserto... dopo avere aspettato invano da noi la vita... nell'abbandono... tornerà un sogno!

Luisi                              - (alzandosi, sbalordita) Filippo!

Filippo                           - (tragico) La vita è sogno. La vita è tutta a caso.

Luisi                              - Ti mi fai paura.

Zia Rita                         - (entrando dalla comune) Oh, bravi. E' tornata Emma?

Filippo                           - (tetro) Emma... non tornerà più, « Emma » zia Rita,

Zia Rita                         - Uh, veniamo alle cose serie, Filippo. Co­simo allora t'ha preparato la domanda... (mostra unii carta).

Filippo                           - (stizzito) Sì: e digli che può seguitare.

Zia Rita                         - Seguitare, che?

Filippo                           - A occuparsene lui. A inoltrarla al Mini­stero, per esempio. E se ha qualche aderenza; per spin­gere la pratica...

Zia Rita                         - Ma certo! Tu non darti pensiero! ha già pensato con chi deve parlare. I parenti servono in que­ste occasioni.

Filippo                           - Bravi. Fate voi.

Zia Rita                         - (a Luisi) Sei mesi d'aspettativa gli spet­tano: e lui si tagliava dietro i ponti: lasciava il posto così...

Filippo                           - Sì, così! senza nemmeno congedarmi dai Preside.

Luisi                              - Ma, per ogni evenienza...

Zia Rita                         - Ecco! è sempre un'ancora di salvezza metti il caso che laggiù...

Filippo                           - Ah, no: per me: fatto il passo...

Zia Rita                         - Certo: tutto andrà a gonfie vele! ma...

Filippo                           - (seguitando) Per me andrà bene in ogni caso. Se andasse a rotoli, a catafascio: che spettacolo di prim'ordine! di quelli allestiti proprio senza risparmio!

Zia Rita                         - (restando) Spettacolo? ma che dici?

(Entra dalla comune Emma. Scossa dalla resistenza di Filippo e, ora, da quella di Cynthia, si fa forza per non rinunziare al sogno: spera e dispera, contrastata. E' lietamente sorpresa alla vista dei mobili nuovi. Si sba­razza del cappellino e del soprabito).

Emma                            - Oh, che improvvisata: tutto a posto.» La stanza pare un'altra...

Filippo                           - (osservando Emma) Già già. Figura abba­stanza.

Emma                            - Sembrano più belli, qui da noi: i mobili: proprio i mobili... l'hai notato? (Filippo le volta le spalle - a Zia Rita) Pensare che li disprezzavo tanto: i «monumenti »...

Zia Rita                         - (ridendo) Perché non erano vostri!

Emma                            - Eh, può darsi! Ma il baule di Aldo... (Chiamando) Serafina! Avevo telefonato...

Filippo                           - ...e io l'ho mandata di là perché mi dava ai nervi.

Emma                            - Scusa, ma... (subito) Lo farò io. (Alla soglia della comune) Non occorre, Serafina. Prima vede i bambini, che manco loro da stamattina... (S'avvia a sinistra).

Luisi                              - (che finora l'ha scrutata - con un sorrisetto) E non ci parli di Cynthia?

Filippo                           - (di colpo, con cordoglio) Emma: non ti dice niente la casa, ora, tutta a posto? (Emma s'è arre­stata, a capo basso: non risponde - egli, esasperato, a Luisi) Ora: sistemati: è la nostra vita, no? come noi ce la siamo fatta a poco a poco: da noi: no? da noi: rutta! come non si sente? E quest'altra che si presenta... che ha da fare, con noi? Potrebbe esser quella di chiun­que altro! Diventa tutta a caso! (Emma c. s.) Quando si tratta di ragionare, non risponde!

Luisi                              - (sorridendo) Ma, Filippo, se tu parli, di sen­timento è un conto: ma se...

Filippo                           - Io voglio ragionare! ragionare!

Luisi                              - ... e allora, appunto perché qui sareste a posto! (Mentre Filippo fa: «Come»?) Se abbandonate una sistemazione bella e raggiunta: il caso non c'entra! è proprio una vostra risoluzione!

Emma                            - (subito) Ecco...

Filippo                           - (gridando) Mia, no! Mia, prego di cre­dere: no!

Emma                            - (in ansia) E allora, Filippo, in nome di Dio: finiamo quest'altalena! Opponiti: risoluto: e non par­liamone più! Prenditi la responsabilità di chiudere ai bambini l'avvenire che...

Filippo                           - No, cara! no, cara! Ah, no! questa respon­sabilità si prende in due! e ti dico di più: sopra tutto nella tua coscienza!

Emma                            - (rivoltandosi, ironica) E dì che dovrei pre­garti!

Filippo                           - Pregarmi: precisamente!

Emma                            - Tu sei pazzo!

Filippo                           - Io ti ricordo che una donna, sposando, non accetta soltanto per se le condizioni di vita che il marito potrà farle: le accetta anche per i figli che le verranno! Sì, cara! Se tu avevi tutto questo bisogno che i tuoi figli fossero ricchi: perché hai sposate me? Per gettarmi via, a un certo punto: da parte? come un buono a nulla? Per spezzarmi la vita?

Emma                            - (in furore) E va bene: allora è colpa mia, d'aver condannato anche i figli miei alla tua miseria! Ma si vede che non era condanna a vita! E' venuta la grazia! e che pretendi? che sia proprio io a rinunziarci? se non mi ci costringi tu?

Filippo                           - Io? Per negarvela, io dovrei volere solo il mio bene...

Emma                            - (di colpo, amorevole) E lo so, Filippo. E io vorrei... credi!, che anche a me costasse come costa a te: e il bene fosse tutto dei bambini. Ho quasi rimorso di goderne, mentre tu...

Filippo                           - Grazie, cara, grazie di questi nobili senti­menti!

Emma                            - Ma tu, vedi?: tu ti sacrifichi per loro: e...

 

Filippo                           - Per loro! sì! non certo per chi mi butta via! per loro!

Emma                            - ... e poi a me chiedi che io invece pensi sol­tanto a te? Ma penso a loro anch'io! scusa! Fammi andare a vederli...

Filippo                           - (davanti la porta da cui Emma vorrebbe uscire agro) Ti prego! Li ho messi a fare i compiti. Son rimasti indietro ch'è uno spavento! se non rigua­dagnano il tempo perduto... perduto in baldorie! A meno che tu non pensi che ormai sarà sempre vacanza! vacanza per tutti! domenica tutti giorni: per te per me per loro! Si vive gratis!

Emma                            - (cedendo) Ma no, Filippo. Dovranno stu­diare di più, anzi. Mi metto a finire il baule. (Esce a destra; ne tornerà subito portando capi di biancheria da disporre nei cassetti, e così più d'una volta).

Zia Rita                         - (con un sospiro) Eh, pazienza...

Filippo                           - (sta un po' a pensare, poi, con, un sogghigno) Io... intralcio: e nient'altro. Mi ritiro. (Esce, ciondo­lando, a sinistra).

Emma                            - (ch'è rientrata - dopo un po', innervosita) Ma b inutile, non mi convince, non mi convince... io non posso più dar retta alle sue storie. (Via di nuovo a destra).

Luisi                              - (le dice dietro, ironica) Eh, lo credo! speravi forse che ti convincesse?

Zia Rita                         - Lasciala stare, lasciali stare tutt'e due, Luisi...

Luisi                              - Al marito c'è sempre da ribattere! (A Emma, rientrata) Cynthia forse t'aveva scosso un po' di più, di' la verità. Da come sei rientrata... io t'osservavo: e...

Emma                            - (impaziente) Oh, Luisi: il fatto è che ci segue: dunque in fondo sente anche lui che la nostra via è questa.

Luisi                              - Te l'ha pure dichiarato come e perché vi segue. Ma che t'ha detto Cynthia?

Zia Rita                         - Già, Emma: che tipo è? non ce ne dici niente ?

Emma                            - (e. s.) E'.,, è un'isterica! Io non so: beve come un carrettiere, e resta... angelica!

Zia Rita                         - Beve?

Emma                            - E trema! come se tutti volessero farle paura: fa la bambina, aggrappata a Aldo... (Con uno scatto d'insofferenza, per il mantello) Ancora qua in mezzo! Non posso più vedermelo davanti!

Zia Rita                         - (che accudisce al baule stupita) Il man­tello? gli hai fatto tanta festa...

Emma                            - Sarebbe bella che mi restasse davanti come un rimorso eterno! Lui, questo voleva. Me l'ha messo addosso come un cilicio, per rammentarmi in eterno le mie colpe. Come potrò usarlo? Posso portar pellicce, io?

Zia Rita                         - Ormai sì, direi! Se non le porti tu!

Emma                            - Io... io... dove? Anche laggiù, scusa: non serve! Io, zia, vorrei vedere di darla via: per recupe­rare il denaro. Quanto l'ha pagata, Filippo?

Zia Rita                         - Ma... non so se posso dirtelo. Un regalo...

Emma                            - Ma che regalo, fammi il piacere! Un regalo! Dimmi, dimmi!

Zia Rita                         - Bè: diecimila.

Emma                            - Tutto quello che c'era rimasto. Ah, Dio mio: è impossibile, impossibile che me lo tenga.

Zia Rita                         - (prendendo dalla scrivania la fattura) Ma ne valeva trentacinquemila! Guarda: c'è la fattura.

Emma                            - (fissa nella sua idea) E non si può rivendere a meno.

Zia Rita                         - (restando) A meno di trentacinquemila lire?

 

Emma                            - Ma zia! a meno di quanto l'ha pagata Fi­lippo! Tu non ci pensi: ma se per disgrazia mia ci si dovesse perder sopra qualcosa: anche soltanto cinque­cento lire.» quelle cinquecento lire diventerebbero il mio tormento per tutta la vita! me le rinfaccerebbe ogni giorno!

Luisi                              - Tu, allora... pensi che non andrete più con Aldo?

Emma                            - (alzandosi di scatto, irritata) Luisi: lo sai che secchi? Lasciami stare! Io non penso niente! (si concentra - quasi per persuadersi) Io non devo dargli retta. Le resistenze che oppone sono comprensibili. Sono sicura che, quando sarà sul posto, vedrà! E vedrete anche voi il bene che gli farà, quante energie gli si ri-sveglieranno dentro. Filippo è stato sempre un uomo a posto: lo sarà anche laggiù. (Innervosita di nuovo) Tutt'è che si superi, ora... quest'incontro con Cynthia. La sto aspettando. Vuol parlargli...

Zia Rita                         - (che ha posato di nuovo la fattura sulla scri­vania) Ah. E tu temi che... che quest'incontro?

Emma                            - Ora che m'ha conosciuta, dice, non teme più per sé...

Zia Rita                         - ... già; capisco!

Emma                            - (rilevata) ». teme per lui! Che capisci tu, zia? E' in gran trepidazione per Filippo: per mio ma­rito! (Contraffacendo una voce) «Solo per lui... solo per lui™ ».

Luisi                              - Ma perché teme per lui?

Zio Cosimo                   - (dalla comune, in fretta, sprizzante soddisfazione) Oh, dunque! Dov'è Filippo? Vengo dalla « Cit », per le partenze. Ma procediamo con or­dine. I passaporti. Figuratevi: ho parlato col questore in persona: un italiano chiamato ad amministrare una grande società inglese... motivi eccezionali! congratula­zioni! (A Filippo, che entra da sinistra) li avremo in tre giorni!

Filippo                           - Ma che hai inventato? io, chiamato a am­ministrare?

Zio Cosimo                   - E' lo stesso! Bestia! Tu non sai la considerazione in cui Aldo è tenuto: com'è seguita e apprezzata l'opera sua! Tu vai con lui: e tutti si con­gratulano! Sta zitto. Il viaggio: ora sentirai la novità! Tua moglie, con Cynthia e i ragazzi, e il bagaglio, per via mare: partenza tra otto giorni da Venezia, col «Sa­turnia». Ma tu con Aldo: in volo! perché Aldo non può più indugiare: e ve la farete in tre tappe: freschi freschi e leggeri.

Filippo                           - • In aria, Luisi: il pallone...

Zio Cosimo                   - Pallone? che pallone? Un trimotore, caro mio: italiano: un capolavoro! E non sapete tutto! Di proprietà. Vostro! Aldo l'ha acquistato perché laggiù vi servirà moltissimo! Già battezzato: il « Falco d'ar­gento »!

Emma                            - Ma, Dio mio, in volo... una simile distanza...

Filippo                           - (rimbeccando, adirato) In volo! in volo! e se non ci pensava lui, l'avrei preteso io! per aria! (A zio Cosimo, sempre adirato) Ma perché « falco » ? crede forse di rapire un passerotto dal nido? i passe­rotti rapiti, caso mai, sono:     - (dì colpo, a Emma) i tuoi figli! (Subito, a zio Cosimo) Io... c'è una poltrona per me?

Zio Cosimo •                 - Ma, Filippo... non ti capisco!

Filippo                           - Una poltrona per me: su questo trimotore? comoda! c'è?

Zìo Cosimo                   - Ma c'è sicuro! posti comodissimi!

Filippo                           - E allora tutto è a posto. Assicuratemi una poltrona:        - (va a sdraiarsi) e io faccio come volete. Io tiro le conseguenze.

 

Emma                            - Quali? che conseguenze?

Filippo                           - Queste. Che eccomi qua.

Emma                            - Qua? che vuol dire? qua, come?

Filippo                           - Qua, seduto, placido. Mentre voi v'agitate.

Zio Cosimo                   - (intervenendo, diplomatico) Ma sì, ma sì, Emma: lascia... (A Filippo) Noi, caro, bisogna agitarsi, perché il tempo stringe. Io ora devo correre al Ministero per la tua domanda.» presentandola subito, guadagniamo un giorno. L'hai firmata?

Filippo                           - Io? Allora non hai capito. Io sto in pol­trona a guardare. E vi levo ogni scrupolo. Fate voi.

Zio Cosimo                   - (alterandosi) Ma sì, caro: faccio tutto io! ma la domanda almeno devi firmartela tu! almeno! questo! (prende la carta dalla tavola e gliela porge).

Filippo                           - (placido, agli altri) Lo dice come se fosse niente. Se presentare questa domanda vi sembra proprio necessario...

Zio Cosimo                   - ... ma tu sei pazzo, sai? questa è pazzia netta! io non te la lascio commettere!

Emma                            - Ma basta! basta! lasciatelo perdere!

Filippo                           - Ecco. Emma ha capito! E, per tagliar corto: j guarda: lei la mia firma la sa falsificare benissimo! (A Emma) E perché no, Mimmi?

Emma,                           - (di scatto, prendendo la carta dalle mani di Cosimo) Dà qua, zio! (S'avvia alla scrivania).

Zìo Cosimo                   - Ma Emma! un documento? la firmai falsa su un documento?

Filippo                           - Via di davanti, zio! m'impalii! mi levi lo spettacolo!

Emma                            - (tornando verso Filippo) E così vuoi venire? per stare in poltrona?

Filippo                           - Se quel che so fare io non vi serve più». tira le conseguenze, cara! Io le ho tirate, ti dico. Non sono più padrone né della famiglia che ho fatto io, e nemmeno di me stesso! Per il bene dei figli, d'accordo! E ci sto! Ma allora, così.

Emma                            - (amorevole) No, Filippo. Padrone sarai sem­pre, se invece ti metti davvero, di buona voglia, in società con Aldo: a lavorare con lo stesso animo di lui. (Filippo nega col dito) Ma perché no, Filippo? Fa così: e vedrai!

Filippo                           - (violento) E se tu sèguiti a farmi donna, non mi capirai più!

Emma                            - Io? a farti donna?

Zio Cosimo                   - Ma che dici?

Filippo                           - A farmi donna, sì! se ti sembra così natu­rale che uno tutt'a un tratto possa mettersi per una strada che non è la sua!

Zio Cosimo                   - Perché le donne, forse...?

Filippo                           - (senza dargli conto, seguitando, a Emma) Così pronte ad adattarvi potete esser voi; basta pen-sare: secondo l'uomo che vi sposa: così o così: vite di­versissime, e quella che sarà diventa la vera: la vostra!

Emma                            - Ma, caro Filippo: anche un uomo...

Filippo                           - No! E perché? ma perché voi la prendete da chi ve la fa! Ma un uomo... io! : uno che la vita l'ha sempre fatta a se stesso e agli altri: a voi! doverla fare, doverla cavar di se stessi si può soltanto a modo proprio: secondo la propria natura: nei limiti... nei li­miti del proprio carattere! Questa, è la vita che io posso fare e dare, e solo questa!

Emma                            - Ma non vuoi nemmeno provare? Aldo è si-curo che imparerai, subito!

Zio Cosimo                   - Ma naturale! riuscirai per forza!

Filippo                           - Prove, io? Io non faccio prove, cari: i ragazzi. Vedrò sul posto! E se sul posto poi non vedo niente? anche quest'umiliazione? No, cara. Io mi muovo solo perché ora so quel che vado a 'fare e sono sicuro ' che ci riuscirò magnificamente.

Zio Cosimo                   - Ah, dunque! che cosa?

Filippo                           - Niente. Non fare niente, E Aldo, ne è felicissimo.

Zio Cosimo                   - Tu non parli sul serio!

Filippo                           - (stendendo la mano) Lo giuro su quel che ho di più sacro! sulla testa».

Emma                            - Filippo!

Filippo                           - E di che ti lamenti, tu? non l'hai accettata proprio tu, una situazione così umiliante per il mio amor proprio? L'unico modo che io ho d'avvilirmi di meno, è questo: di chiarirla, la situazione, e di portarla alle estreme conseguenze.

Emma                            - (prevenendo gli altri) Zitti, zitti. Anzi, fatemi il piacere, andate un momento di là. (Li sospinge: escono dalla comune, commentando a soggetto, zio Cosimo, zia Rita e Luisi) Io ti scongiuro, Filippo, di toglierti dal cuore questa spina. Ora capisco tutto! Tu hai pensato che io abbia potuto umiliarti, levarti il tuo valore, al paragone di Aldo! per questo, la pazzia di quel man­tello! e quest'altra pazzia di volerti annullare!

Filippo                           - Ma che spina! ma non compiangermi! io mi divertirò!

Emma                            - No, Filippo: non puoi ingannarmi. Ma tutta questa tua amarezza non ha ragione d'essere, caro...

Filippo                           - Ah no?

Emma                            - ... no: solo che tu pensi che la fortuna di Aldo è ancora tutta da fare: e che tocca a te! Lui ha saputo coglierla a volo...

Filippo                           - ... coi suoi artigli di falco!

Emma                            - ... ma non ha mai saputo ne amministrare né conservare! I vostri compiti saranno diversi: e tu ne avrai uno tuo particolare: e noi, Filippo, noi allora dovremo tutto a te e soltanto a te! E questo ho pensato sempre io, che ora voglio... voglio volerti più bene! un bene più grande: più bello: ora, col senso d'una bella vita forte per tutti: a cominciare da te! Il tuo compito, il tuo orgoglio, sarà di conservare ai figli questa for­tuna...

Filippo                           - ... di cui poi tutto il merito sarà sempre riconosciuto allo zio Aldo. No, Emma.

Emma                            - Ma perché, Filippo?

Filippo                           - Perché sì! ed è giusto! perché l'uomo che fa è lui! io amministro e conservo! E tu sèguiti! E erede di non avvilirmi!

Emma                            - Io sèguito? Filippo...

Filippo                           - (alzandosi, livido) Sì: a farmi donna! an­cora! e non te ne accorgi nemmeno più: tanto in questa tua testa l'uomo della famiglia è diventato tuo fratello! Amministrare, conservare, per la famiglia, denaro gua­dagnato fuori: ma questo è il compito vostro! d'una donna di casa!

Emma                            - (adirata) Ah, così? E sta bene! T'ho pregato e scongiurato: t'ho detto tutto quello che umanamente si poteva dire: basta! stai pure in poltrona! Ma poiché Aldo d'uno accanto ha bisogno, e noi non possiamo met­terci tutti snlle sue spalle senza far nulla: sta bene: del tuo lavoro me ne incaricherò io: io! vedrai! e così i miei figli dovranno tutto a me sola!

Filippo                           - (furioso) Di ciò che guadagno io, tu! Tu sei mia moglie! E io non sono la moglie di tuo fra­tello! Io sono un uomo! sono un uomo!

(Sopraggiunge dalla comune Aldo, che agirà simulando un'animosa alacrità: seguito da zio Cosimo, zia Rita e Luisi).

Aldo                              - (ridendo) Ehi, piano' piano! vi si sente dalle scale!

Filippo                           - ... e sono discussioni inutili!

 Aldo                             - ... e io vengo a troncarle! Filippo: ora ve­diamo se sei un uomo. M'arriva un trave fra capo e collo...

Zio Cosimo                   - (subito, invadente) Dite a me! che cosa! che cosa!

Filippo                           - Non si parte più?

Aldo                              - Al contrario! mi chiamano d'urgenza. E tu„ vediamo: te la sentiresti di partire senz'altro?

Zio Cosimo                   - (insistendo) Ma dunque che è successo?

Emma                            - (restando) Come, senz'altro?

Aldo                              - Per favore, zio! Tra qualche ora. Il tempo di prepararsi e salutarsi!

Zio Cosimo                   - Allora è cosa grave! Sentiamo!

Aldo                              - (senza badargli, seguitando, e rivolgendosi ora a Filippo ora a Emma) Dammi retta: forse è anche meglio: all'improvviso! abolire questi pochi giorni prima della partenza     - è un gran risparmio d'energia! Zio: non posso dirlo: segreti d'ufficio: quasi segreti di Stato! Partiamo in serata. Eh? Tra un'ora!

Filippo                           - Sta bene.

Emma                            - Tra un'ora? ma Aldo: io...

Zia Rita                         - Il baule! bisogna finire il baule!

Filippo                           - (duro e calmo, a Emma) Tu, che cosa? Tu partirai dopo con tutto il tuo comodo.

Aldo                              - Bravo Filippo!

Luisi                              - (insieme) Ah, che sciocco!

Filippo                           - Risparmio d'energia, hai ragione. Comincia il mio riposo! (Esce a sinistra).

Emma                            - Oh, santo Dio... (fa per seguirlo: si volge a Aldo) Ma... e Cynthia?

Aldo                              - (subito, adirato) Insomma, Mimmi: che hai? perché ti metti tra mezzo?

Emma                            - (irritata anche lei) Ma vorrei sapere! Cyn­thia; l'aspettavamo qui: voleva conoscere Filippo...

Aldo                              - Lo conoscerà laggiù! Andiamo, su: va a pre­parargli un valigiottino col necessario: fa conto, come per una gita. Con l'aeroplano è così!

Zia Cosimo                   - (entrando in mezzo, perentorio e soddi­sfatto) Ma non si può. Non si può.

Aldo                              - (alterato) Che non si può? anche voi, ano Cosimo ?

Zio Cosimo                   - Eh, che zolfanello! Calma, caro. No» si può per via del passaporto. L'avremo fra tre giorni!

Aldo                              - (irritato) Ma perché fra tre giorni? quante storie! (Risoluto) Ora scappo agli Esteri e gli faccio rilasciare un passaporto di servizio come il mio: in un quarto d'ora! (S'avvia alla comune).

Luisi                              - E questa vi sembra una partenza? è una fuga!

(Entra dalla comune Cynthia: bellina, infantile, ele­gantissima: è tutta smarrita).

Cinthia                          - Emma... dove sei, Emma?

Emma                            - Cynthia!

Aldo                              - (investendola) Che sei venuta a far qui? t'a­vevo detto che saremmo passati a salutarti!

Emma                            - (tra le cui braccia Cynthia s'è rifugiata) Ma Aldo..

Cyothia                         - (lacrimosa, ma rianimata dalla protezione che sente in Emma) E io... io non ci ho potuto credere, Doddi, perché, come l'hai detto...

Aldo                              - (tirandola via da Emma per un braccio) Tu sei una sciocca!

Cynthia                         - Sì, Doddi, sì...

Aldo                              - E non chiamarmi Doddi! è ridicolo! Ora an­diamo insieme: io devo fare una corsa: verrai in mac­china con me! (fa per condurla via).

Zio Cosimo                   - (come se lo scoprisse ora) Ah, questa è sua moglie.

Aldo                              - (c. s.) Vieni via! vieni via!

Cynthia                         - No: non voglio!

Aldo                              - Vieni via: oaltrimenti io...

Emma                            - Aldo, non così... è una prepotenza!

Cynthia                         - (tendendo un braccio verso zio Cosimo) Non vorrete proteggermi voi, nella vostra casa, Filippo? Su, Filippo!

Zio Cosimo                   - (con un sussulto) Io? dice a me?

Emma                            - (subito) Non è Filippo, Cynthia: è zio Cosimo.

Aldo                              - (subito) E Filippo è fuori di casa. Vedi che hai fatto un viaggio inutile? Andiamo: lo troveremo al ritorno.

Emma                            - (subito) Ma Aldo!

Cynthia                         - (d'improvviso serissima, liberandosi da Aldo con uno strappo) Filippo c'è! (Chiama) Filippo!

Emma                            - Vieni, Cynthia: ti conduco io.

Aldo                              - (frammettendosi, deciso e minaccioso) Bada, Cynthia: lo sai! se tu non ti rassegni: mi perdi. Lo sai!

Cynthia                         - No! Io sono, io sono...: (apre le braccia) preparata a tutto! ormai... Ma lui...

Aldo                              - (con un riso feroce) Oh, anche lui: rasse­gnato più di te: non temere! E non fare la sciocca! (Spie­gando agli altri) Scrupoli di coscienza! (A Cynthia) Ma Filippo ha fatto i suoi conti, non dubitare, ha visto bene il prò e il contro: e prende tutto in blocco.

Emma                            - E allora perché non vuoi che tua moglie gli parli?

Aldo                              - Perché fa storie inutili! da bambina! perché fa perder tempo!

Emma                            - E per questo minacci d'abbandonarla?

Cynthia                         - No. Lui non può. Non mi lascia: perché io sono il suo rimorso: e ha paura. Ma io voglio sal­varti, Aldo. Non voglio che tu abbia altri rimorsi. Che Filippo sappia bene avanti, e tu allora sarai più libero d'agire senza riguardi.

Aldo                              - Filippo sa ch'io lo faccio pei vostri figli. Filippo l'ha capito.

Cynthia                         - No: Filippo non può aver capito che tn li vuoi per te. Bada, Emma: glieli vuole prendere! glieli vuole rubare!

Aldo                              - Se tu m'avessi dato una creatura mia...

Cynthia                         - Sono stata per morire per dartela, per morire! e sarei felice, se potessi: a costo della mia vita!

Aldo                              - Sì: una creatura mia! Voglio darle la mia anima, la mia anima! voglio la continuazione del mio sangue!

Emma                            - Vattene.

Aldo                              - Ma perché, Emma? ma se tuo marito stesso... (Chiamando) Filippo!

Emma                            - (assoluta) Non voglio più io. Non voglio io. Vattene.

Aldo                              - (contro Cynthia) Maledetta. Maledetta.

Cynthia                         - (atterrita) No, Aldo, no! io l'ho fatto per te! (gli va incontro con le braccia tese).

Aldo                              - (scansandosi) Va via. Non posso più nem­meno toccarti.

Cynthia                         - (attonita) Sì, sì... (Guardandosi attorno smarrita e retrocedendo) Sì, sì... So io, sì... so io, quello che debbo fare... (fugge dalla comune).

Emma                            - (subito) Aldo! Aldo, rincorrila! In nome di Dio! (Ma Aldo, fermo, per nascondere l'aspettazione che gli luce nello sguardo, si copre il viso con le mani tremanti - Emma, con un grido d'orrore) Aldo! è orribile!

Aldo                              - (sconvolto dal richiamo - correndo alla comune) Perdonami, Cynthia! (Esce) Perdonami!

                                      - (S'ode disserrare la porta a sinistra  entra Filippo che s'è rasato i baffi, e sospettoso si guarda attorno).

Filippo                           - Se n'è andato, eh?

Emma                            - Ma che hai fatto?

Filippo                           - Io? Ah. Sì: per andare in paesi anglo­sassoni...

Zio Cosimo                   - (trace) Avevi rinunziato ai baffi?

Filippo                           - (inviperito) Mascalzone! Davanti a tutti,  - (A Emma) E tu ti senti della sua razza, eh?

Emma                            - (guardandolo con disprezzo, esce rapida a sinistra).

Luisi                              - (sbrigativa) Senti: cerca di non esser ridicolo!

Zio Cosimo                   - Luisi! Filippo è stato ammirevole! Hai saputo resistere alle lusinghe e alle minacce! E’ un uomo di prim'ordine! (Via dalla comune).

Luisi                              - Ecco: e ora andiamocene subito subitoli   (Avviandosi alla comune) Prima che Emma venga al metterci alla porta: e ne avrebbe tutto il diritto! (Esce).

Filippo                           - Ma no: perché? questa è casa mia!

Zia Rita                         - Andiamo, andiamo! (Correndo a prendere il mantello) E questo lo porto via. (Furba, uscendo)! Te lo rivendo: e con profitto: vedrai! (Via).

Filippo                           - (solo) E intanto chi aveva ragione sono io. La ricchezza! (Fremente, tra sé) Chi ha mai quest'obbligo, di dargli la ricchezza, ai figli? Io da mio padre non ho avuto niente. ( Va a sinistra, spalanca la porta e grida dentro) E intanto lascerò un appartamento, io! (ma resta male, di faccia a Emma, che lo scansa) Emma...

Emma                            - (rivestita da casa, va diretta al baule e s'af­fretta a riempirlo, andando e venendo dalla stanza a i destra).

Filippo                           - (la segue con lo sguardo, sospeso alla fine, non resistendo più) Ora... dobbiamo stare... senza ; parlarci?

Emma                            - (asciutta) Aiutami a chiudere.

Filippo                           - (accorre, premuroso) Ah, sì (chiudono insieme il baule),

Emma                            - (subito s'avvia a sinistra).

Filippo                           - (dolorosamente stupito) Emma!

Emma                            - (dalla soglia: ferma) E il mantello di pel­liccia? Il tuo regalo?

Filippo                           - (disperato) Oh, santo Dio... io... non...

Emma                            - (c. s.) Non ti scusare, ho sentito. (Co» un sorriso) Hai fatto bene... (subito) Vado, che i bambini m'aspettano: sono già a letto. E tu... non gli dai il bacio di tutte le sere?

Filippo                           - (con riconoscenza) Sì, andiamo.

Emma                            - (gli va incontro rapida e si riavvia a paro con lui) E sono tanto contenta che ti ricorderanno sem­pre così. (Allegra) Oh, ci abbiamo guadagnato questo, se non altro! L'aspetto influisce!

Filippo                           - (arrestandosi) L'aspetto?

Emma                            - Eh, caro: senza quei baffi ti sentirai più leggero: e sarai un po' meno affliggente: per tutti! (esce).

Filippo                           - (seguendola: per uscire) Affliggente io? io affliggente? Oh questa è nuova! (E' uscito) Afflig­gente?

FINE