Il fantoccio irresistible

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IL FANTOCCIO IRRESISTIBILE

Commedia in tre atti e tre istantanee

Di ENRICO ROMA

PERSONAGGI

Kee Kurkans – L'avvocato Lorena

Apollo di Belvedere – Belli, astro­nomo

La signora Belli – Corinna

L'Omaccione – La sposina

Il padrone del ri­storante

Il turista america­no

Il francese – Un agente

Giornalista anziano

Gior­nalista giovine

Una « stel­la » (non parla)

Un vec­chietto

La vecchina

Il segretario di Lorena

Il ca­meriere del ristorante

Il guardasala

Primo giovi­netto – Secondo giovinetto -Terzo giovinetto

Prima si­gnorina - Seconda signorina - Terza signorina

I sarti - I parrucchieri - La « masseuse »

Primo poliziotto - Se­condo poliziotto - Terzo poli­ziotto

Il portiere - Il « groom » - Un facchino – Un cameriere d'albergo

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La sala del risto­rante della stazio­ne di Ventimiglia. È l'ora della cola­zione, tra l'arrivo del treno di lusso da Genova e la partenza del treno azzurro per Can­nes. È la primave­ra inoltrata. Quan­do si leva il sipa­rio, un signore calvo, in abito sportivo, sta man­giando, solo. In­tanto sfoglia alcu­ni libri e prende appunti su un notes. Dall' esterno giungono di tanto in tanto i rumori della stazione e co­sì fino alla fine dell'atto.

Un agente                     - (al padrone del risto­rante che è dietro il banco, in fac­cende) Pochi clienti anche oggi,

 Turista                          - All right! Quanto?

Il padrone                     - Otto lire.

Turista                           - Otto lire? (Storce la bocca, ma paga).

                                      - (Entra un facchino col bagaglio del turista).

Facchino                       - Ecco, signore. Le porto alla spe­dizione?

Turista                           - No, no, qui. Combien?

Facchino                       - Quello che vuole.

Turista                           - Comment?

Facchino                       - A plesire.

Turista                           - (gli dà cinquanta centesimi).

Facchino                       - No, monsiù, tre lire.

Turista                           - Mais e'est bien cher... yes.

Facchino                       - Tariffa.

Turista                           - Oh, là là! (Glieli dà).

                                      - (È entrato un altro turista francese che ha os­servato la scena, approvando l'americano).

Francese                        - On vous vote partout.

Turista                           - Ah! (Smorfia di disgusto. Si siede a una tavola apparecchiata e tira fuori dal ce­stino quanto contiene per mangiare).

 (Entra il giornalista giovine che vede subito l'uomo calvo, che è il giornalista anziano; lo riconosce e molto meravigliato va a stringergli la mano).

Giornalista giovine       - Come? Ma voi siete a Ventimiglia, illustre collega!

Giornalista anziano       - (infastidito) Sì…. di passaggio

Giornalista giovine       - Di passaggio… l'equatore?

Giornalista anziano       - Dall'equatore?

Giornalista giovine       - Eh! Non state pub­blicando sul vostro giornale articoli dall'equa­tore?

Giornalista anziano       - Oh, sono articoli ri­tardati. Li scrivo adesso, sugli appunti.

Giornalista giovine       - Ho capito.

Giornalista anziano       - E voi?

Giornalista giovine       - Io vado a imboscarmi a Montecarlo, per scrivere una serie di corri­spondenze 'da Hollywood. Ho la valigia piena di opuscoli, fotografie, materiale pubblicitario. Me la caverò benissimo. Tanto, Hollywood è tutta una fiaba. Temo anzi che non esista!

Giornalista anziano       - Fate bene. A che ser­ve viaggiare? A rovinare i giornali. Le cose che si immaginano, sono più credibili di quelle che si vedono. Basta avere il bagaglio tempestato di etichette d'albergo. Al resto provvede la fan­tasia.

Giornalista giovine       - E come si fa ad avere le etichette?

Giornalista anziano       - Come si vede che siete giovine. Ve lo dirò, ma mi dovete promettere di non dirlo a nessuno.

Giornalista giovine       - Ohibò! Segreto pro­fessionale, perbacco.

Giornalista anziano       - Ebbene... a Parigi esiste un'agenzia che con prezzi modesti vi for­nisce tutto l'occorrente. Può mettere a vostra disposizione etichette dei più famosi alberghi del mondo... autentiche. E ricordi caratteristici di ogni paese: i lei di Honolulu, i coralli di Sor­rento, i cucù di Interlaken, vecchi fez turchi, amuleti dei Galla, quel che volete. Provvede anche a far ispedire dai luoghi cartoline con le vedute pittoresche che voi avete scelto e firmate nel suo ufficio, in piena Avenue Malakoff. Que­sta è civiltà, non vi pare?

Giornalista giovine       - Perfetto.

Giornalista anziano       - In questi giorni gli amici ricevono i miei più cordiali saluti dal Congo belga, con la visione stupenda del Kenia, una cima inesplorata alta seimila metri sul li­vello del mare. Farà un effettone. Intanto pre­paro l'articolo. (Mostra un libro) Qui c'è tutto quello che si vuole.

Giornalista giovine       - E credete che anche i villaggi negri del centro d'Africa mettano in commercio cartoline illustrate?

Giornalista anziano       - Io credo che Io fac­ciano anche le scimmie dell'Uganda. Ma non ha importanza. Chi non viaggia, crede che tutti i paesi si somiglino nelle sciocchezze. E non ha torto. Ma io vi lascio. Sta arrivando il diretto di Genova e non vorrei che qualche fedele let­tore mi riconoscesse.

                                      - (Il giornalista anziano paga la colazione, pren­de libri e appunti e se ne va in fretta).

                                      - (S'è udito giungere il treno, col rituale avver­timento: « Indietro signori...». Voci di viag­giatori: a Facchino! ». «.Porteur! », ecc. E su­bito v'è chi entra nel ristorante e prende posto, smanioso. Poca gente. Una coppia di sposi, lui un omaccione poco complimentoso, autoritario; lei un donnino semplice e sottomesso; due vec­chi coniugi insignificanti; l'avvocato Lorena e il suo segretario; rimangono il turista americano e il francese, il giornalista giovine; dopo poco rientra, cauto, il giornalista anziano. L'avvocato Lorena è uno strano tipo: trentenne, magro, dimesso nel vestire, ha una barba nera, prolissa e capelli folti e arruffati; sembra uno spaven­tapasseri).

Lorena                          - (al segretario) Vada subito per il passaporto. Mi eviti di fare la coda. Mi cono­scono. Se non fa in tempo ora, mangerà dopo.

Segretario                     - Corro. Lascio qui la borsa?

Lorena                          - Sì, vada vada.

Turista                           - (che nota soltanto ora un cartello murale, in cui si vede un suggestivo paesaggio della riviera italiana, improvvisamente si leva e indicandolo al giornalista anziano, chiede) Please...

Giornalista anziano       - Come dice?

Turista                           - Cosa questo?

Giornalista anziano       - Oh, pardon! (Illu­strando il cartello, con gigionismo professionale) È la famosa villa Pallavicini... Come vede, la circonda un giardino meraviglioso... una ve­getazione lussureggiante... quasi africana...

Turista                           - (interrompendolo) Yes... yes.., Io non... non... non capisco italiano...

Giornalista anziano       - Me lo poteva dir pri­ma! (Gli volta le spalle) Mi fa' parlare inutil­mente.

Francese                        - (che è seduto accanto all'omaccione poco complimentoso e alla di lui compagna, te­nendo una sigaretta tra indice e pollice) Vous permettez monsieur, dame?

Omaccione                    - Eh?

Francese                        - Vous permettez?

La sposina                     - Dice a te.

Omaccione                    - A me?

Francese                        - (mostrando ancora la sigaretta) Vous permettez?

Omaccione                    - (prendendo la sigaretta e portan­dola alle labbra) Grazie. (Alla moglie) Sem­pre gentili questi francesi.

Francese                        - C'est rigolò!

                                      - (Torna il segretario di Lorena, cui consegna il passaporto).

La sposina                     - Perché fumi mangiando? Ti fa male.

Omaccione                    - Oh, non cominciamo, mia ca­ra. Io ho sempre fumato mangiando e conti­nuerò a farlo. Ti ci abituerai.

La sposina                     - (piagnucolosa) Già mi mal­tratti.

Omaccione                    - Non ti maltratto. Ma ti voglio dimostrare subito che, in casa mia, io porto i calzoni e chi porta i calzoni comanda.

La sposina                     - (piange) Oh! Voglio tornare dalla mamma!

Lorena                          - (al segretario) Vediamo come si può rimediare. Telegrafi subito all'onorevole Gualtieri. Scriva.

Segretario                     - (trae di tasca notes e stilo).

Lorena                          - (dettando) Segretario accompagnan­domi viaggio, porterà domani attesi docu­menti...

Giornalista anziano       - Ma che barba!

Lorena                          - (con un'occhiata minacciosa) Come dice?

Giornalista anziano       - Non dicevo a lei. Mi lamentavo di quest'attesa. Mi domando perché si debba perdere mezz'ora così.

Giornalista giovine       - E il ristorante come farebbe a tirare avanti?

Lorena                          - (poco convinto, di nuovo al segreta­rio) Attesi documenti. Ossequi. (Parlato) Te­legrafiamo anche al presidente del Tribunale. Non vorrei sorprese... Dunque... (Pausa) «Pre­go rinviare processo Natali quindici giorni, cau­sa mio impegno estero... Stop... Stop...».

Segretario                     - Due stop?

Lorena                          - Basta uno. Stop. Ossequi. No... de­ferenti ossequi.

La vecchina                  - (con compiacenza, alla sposina) Viaggio di nozze?

La sposina                     - Sì.

Il vecchietto                  - Anche noi.

                                      - (L'omaccione e la sposina li guardano sbalor­diti).

La vecchina                  - Per la terza volta.

Il vecchietto                  - Nozze... nozze d'argento... nozze d'oro... Tre, eh!

Omaccione                    - Auguri per quelle di diamante.

I due vecchi                  - Grazie. Auguri anche a loro...

La sposina                     - Grazie. Posso offrirle un con­fetto? (Trae il sacchetto dalla borsetta) Prego. Si serva, senza complimenti.

La vecchina                  - Grazie.

La sposina                     - (al vecchietto) Lei non ne prende?

II vecchietto                 - (fa per servirsi) Volentieri.

La vecchina                  - (severa) No. (Alla sposina) Ha il diabete. E lo vede com'è. Con tutta la proibizione del medico, avrebbe mangiato il confetto.

Omaccione                    - Per una volta.

La vecchina                  - No, no, mai. Eh, voi uomini siete sempre bambini. Guai a non tenervi gli occhi addosso!

La sposina                     - (guarda con intenzione il marito) Vedi eh? (Alla vecchina) Mio marito fuma mangiando. Che ne pensa?

La vecchina                  - (con orrore) Oh!

La sposina                     - Fa male, no?

La vecchina                  - Darà sopratutto fastidio a lei. Anche questo qui fumava, da celibe. Ma io, in ventiquattr'ore gli tolsi il vizio.

La sposina                     - Vedi eh?

Omaccione                    - Vedi eh, vedi eh! E con que­sto? Io mi diverto .a fumare e basta. Il matri­monio non è mica il penitenziario. Se suo ma­rito, cara signora, si fosse imposto subito, a quest'ora, non soltanto non le darebbe fastidio il fumo, ma forse anche lei fumerebbe. Magari la pipa. (Alla sposina) T'insegnerò a fumare la pipa.

La vecchina                  - Che orrore! Il matrimonio non è il penitenziario, ma lei lo vuol far di­ventare una caserma.

Omaccione                    - Signora, io compiango suo ma­rito!

La vecchina                  - E io compiango sua moglie.

La sposina                     - Lo vedi eh? (Piange).

Omaccione                    - Me la fa piangere.

La vecchina                  - Anche lei me lo fa piangere. Non si vede, ma piange, dentro, come i cocco­drilli. Siamo pari.

Omaccione                    - Ma di che s'immischia. O guarda un po'. (Le volta le spalle).

Il francese                     - (all'omaccione) Sposi... Spo­si... aujourd'hui?

Omaccione                    - (tra sé) Eccone un altro! (Sgar­bato) Sì.

Il francese                     - Oh! Moi seul... Jamais ma­rie... c'est dommage!

Omaccione                    - Ha fatto bene. Se fossi al suo posto, metterei i piedi sulla tavola. Che bel­lezza!

Lorena                          - Oh, mi faccia anche quest'altro te­legramma... per la signora Kurkaus... Dev'es­sere ancora al Grand Hotel... Le farà piacere.

Segretario                     - (sorride sotto i baffi) Non l'ho mai visto così tenero con una cliente!

Lorena                          - La signora Kurkans è la mia più bella vittoria. È come se l'avessi messa al mon­do io, un'altra volta.

Segretario                     - Allora è tenerezza paterna!

Lorena                          - No. Da ostetrico! Scriva. «Rin-graziola gentili espressioni... stop... Auguro le...». Oh... cosa le devo augurare, con quel temperamento!... Ringraziola gentili espressio­ni... e inviole auguri. Lorena... Meglio auguri infiniti... cordiali... Faccia lei...

Omaccione                    - (alla moglie, indicando Lorena) Oh! Ma sai chi è quel signore lì?

La sposina                     - Quale?

Omaccione                    - Quello con la barba.

La sposina                     - No.

Omaccione                    - È il famoso avvocato Lorena.

La sposina                     - (fa una smorfia, come per dire che ne sa meno di prima).

Omaccione                    - Ma sì. Il difensore di quell'americana pazza che tentò di uccidere l'a­mante...

Giornalista anziano       - (che ha udito) Perché pazza? Innamorata.

Omaccione                    - Se tutti gl'innamorati doves­sero sfogare in tal modo la loro passione, il mondo diventerebbe un enorme tiro a segno.

Giornalista anziano       - Siamo d'accordo. Ma la passione qualche volta fa uscire dai gangheri.

Omaccione ...... - No. È che in molte relazioni amorose, come in molti matrimoni, è sbagliato l'impianto. Guai cominciar male! Sono uomini che fin da principio fanno prendere il soprav­vento alla donna... (Guarda con intenzione la moglie e la vecchina).

La vecchina                  - Questa è anarchia.

La sposina                     - (guardando Lorena) Ah sì, adesso ricordo. Come si chiamava l'americana? Kerka... Kerkan... Ho capito. Ma com'è brutto!

Omaccione                    - Eh! Un grande avvocato... il più celebre penalista di tutta Italia... Per i pro­cessi passionali non c'è che lui. Bisogna sentire come parla!

La sposina                     - Sarà. Ma bisogna sentirlo ad occhi chiusi. Alla radio.

Il vecchietto                  - Come ha detto? Chi è?

Omaccione                    - L'avvocato Lorena.

Il vecchietto                  - (ammirato) Ah, quello? (Piano alla vecchina) È l'avvocato Lorena.

La vecchina                  - Ho capito. Però è giovane. Me lo figuravo più anziano... A furia di sen­tirlo nominare...

La sposina                     - L'ha fatta assolvere.

Omaccione                    - È un'indecenza. Meritava trent'anni.

Giornalista anziano       - Com'è feroce, lei.

Omaccione                    - Le auguro un'avventura simi­le. Però non faccia come quel vigliacco, che ha evitato il colpo. Perché è bella, invece di una condanna le dareste un premio. Che men­talità!

La vecchina                  - Ma chi ha fatto assolvere?

Omaccione                    - La Kurkans... quella celebre avventuriera!

La vecchina                  - Ah!

Giornalista anziano - Avventuriera non è la parola esatta. È ricca, ricevuta nella buona società... Avventurosa, ecco.

La vecchina                  - Sparare contro un povero ra­gazzo inerme!

                                      - (Entrano la signora Belli e Belli. Lei, 23 an­ni, civetta, mondana, frivola, elegante; ha un cagnolino sulle braccia; lui, 40 anni, legger-mente trascurato nell'abito, un po' miope, se­rio, distinto, malinconico e umiliato).

La signora Belli            - Non sai farti rispettare da nessuno. Sei un imbecille.

Belli                              - Di' piano. Perché lo devono sapere tutti?

La signora Belli            - Il treno parte tra venti minuti. Se ci servono subito, facciamo appena in tempo a mangiare un boccone. Sediamo qui. Cameriere! (Il cameriere accorre e poi serve).

Omaccione                    - Eccone un'altra.

La sposina                     - Di che?

Omaccione                    - Un'altra domatrice di belve!

La signora Belli            - Tu non dovresti mai muoverti dal planetario. Le stelle sono la tua rovina.

Belli                              - Se debbo loro quello che sono.

La signora Belli          - E lo so. Sono le stelle che ti rimbecilliscono.

Il caposala                   - (affacciandosi) Il treno per Genova parte fra cinque minuti!

Lorena                         - (al segretario) Vada, vada. E mi raccomando. Subito i telegrammi. Li faccia dal treno. Mi telegrafi la risposta di Gualtieri a Nizza. Hotel Negresco. Se lo scriva.

Segretario                    - (prende gli appunti, poi saluta Lorena e se ne va).

                                      - (Poco dopo s'odono i rumori della partenza).

                                      - (Una giovine donna, eccessivamente elegante, piena di arie, attraversa la scena, ed esce).

La signora Belli          - Oh, una stella!

Belli                             - (scattando, guarda il cielo, attraverso la finestra) Una stella? Dove?

La signora Belli          - Non delle tue. È una stella del cinema.

Belli                             - (deluso) Ah!

La signora Belli          - Molto più importante. È l'interprete di « Amiamoci fino a domattina all'alba». Vista da vicino però ci perde.

Belli                             - (raccattando un fazzoletto) i Ci perde il fazzoletto.

La signora Belli          - Oh, dallo a me... Lo terrò come portafortuna. Oh, che buon profumo. Se invece di sposarti, mi fossi data anch'io allo schermo.

La sposina                   - (all'omaccione il quale fa sforzi per udire quanto dice la signora Belli) Che dice quella smorfiosa?

Omaccione                  - Non si sente bene.

La sposina                   - Chiami un medico.

Il francese                   - (mangiando prosciutto) C'est bon... du jambon... c'est bon.

 (Entra Kee Kurkans. Soprabito automobili­stico, molto elegante. Un fitto velo sul volto. Sta per dirigersi a una tavola libera quando vede Lorena, intento a leggere un giornale che tiene sollevato con le due mani, e allora va a sedergtisi davanti, in attesa ch'egli s'avveda di lei).

Belli                             - Quella dev'essere un'altra delle tue stelle fisse.

La signora Belli          - Non mi sembra. Con quel velo non si può vederla bene. Somiglia un po' ad Annie Ondra. Chissà.

Kee                               - (a Lorena che si scopre) Chi cerca trova, avvocato!

Lorena                         - (sorpreso, si leva, le bacia la mano, poi torna a sedersi) Lei?

Kee                               - (guardandosi un momento attorno) Non pronunzi il mio nome, la prego! (Solleva il velo) Le dispiace di rivedermi tanto presto?

Lorena                         - Come mai qui? Le ho telegrafato proprio adesso, per ringraziarla... La credevo sempre al Grand Hotel.

Kee                               - Sono partita improvvisamente... In quella città non mi ci potevo più vedere... Mi sembrava d'essere una bestia rara... da circo equestre. Sono stata a Milano, ho saputo che era partito per la riviera. Ed eccomi qui.

Lorena                         - Passerà... passerà presto.

Kee                               - Ho bisogno di riposarmi... di gua­rire...

Lorena                          - Però, le emozioni, a quanto pare, le donano... Non l'ho mai vista tanto carina!

Kee                               - Perché ho trovato lei!

Lorena                          - No! Le faccio l'effetto di un isti­tuto di bellezza?

Kee                               - Il piacere di rivederla. Non può im­maginare con quanta simpatia, con quanta gra­titudine io pensi a lei. Sempre!

Lorena                          - Ne sono lusingato. Cameriere! Lei dovrà far colazione.

Kee                               - Vuole che muoia di fame?

Lorena                          - Ma non farà in tempo se vuol par­tire con l'azzurro delle dodici e venti.

Kee                               - Partirò con la gialla. Le ho detto che ho la mia macchina.

Lorena                          - (al cameriere) Servite subito la signora.

Kee                               - . Una colazione fredda. Antipasti, pol­lo in gelatina o gelato, niente vino. Wisky and soda, Blac withe, mi raccomando.

Cameriere                     - Subito signora.

Kee                               - (riprendendo il discorso interrotto) Davvero! Ormai, di amici non ho che lei... in tutto il mondo... Mi permette di considerarla un amico?

Lorena                          - (un po' rude, nonostante le sue inten­zioni corsesi) Perché non dovrei permetterlo? Anzi...

Kee                               - Per lei, in fin dei conti, non sono che una cliente.

Lorena                          - i Oh! Una cliente... d'eccezione.

Kee                               - Non avrei mai immaginato di ritro­varla qui.

Lorena                          - Vado a Nizza per affari.

                                      - (Il cameriere serve la colazione a Kee).

La signora Belli            - No, non è Annie Ondra.

Belli                              - Peccato.

La signora Belli            - Ma una donna singolare deve esserlo.

Belli                              - Lo credo. Per intendersela con un istrice di quel genere.

La signora Belli            - Gli uomini non si giu­dicano dalle apparenze. Anche tu, a vederti, sembri un uomo normale; e invece...

Belli                              - Vorrei sapere che mi manca.

La signora Belli            - Poverino. Lo ha anche dimenticato!

Il caposala                     - (affacciandosi un attimo) I si­gnori che partono per la Francia, in vettura!

                                      - (Tutti si levano, pagano in fretta e s'avviano all'uscita).

La sposina                     - (alla vecchina) Arrivederla si­gnora. Tanto piacere.

La vecchina                  - Piacere il mio. E... mi dia ascolto. Non si lasci sopraffare. Niente pipa...

La sposina                     - Eh! Mio marito non è come il suo.

La vecchina                  - Provi.

La signora Belli            - (al marito) Il cane pren­dilo tu. Vai avanti. Io vado a comperare sigarette e giornali. Dev'essere uscita la biografia di Barbara Stanwjck, non la voglio perdere...

                                      - (A poco a poco tutti escono, tranne i due gior­nalisti).

Giornalista anziano       - Non dovevate andare a Montecarlo?

Giornalista giovine       - Sì, ma non con l'az­zurro. Mi basta un treno nero qualsiasi.

Lorena                          - Bisognerà che vada anch'io.

Kee                               - Ma come? Adesso che l'ho trovato vorrebbe lasciarmi sola?

Lorena                          - Non posso mancare ai miei impe­gni... Mi aspettano.

Kee                               - Chi lo dice che mancherà? L'accom­pagno io, in macchina. Non le sembra pre­feribile?

Lorena                          - Le sono grato, ma...

Kee                               - Non c'è ma che tenga. L'accompagno io e basta.

Lorena                          - Bisogna sottomettersi.

Kee                               - Prendiamoci una boccata d'aria, che ci ristori.

Lorena                          - E sia! Despota.

Il turista                        - (a Beili che sta per uscire) You speak anglich?

Belli                              - Non, monsieur.

Il turista                        - Strano. Da noi, anche piccoli bambini parlano inglese. (Accarezzando il ca­gnolino) Grazioso insetto! (Escono).

Kee                               - È innegabile... Il destino l'ha messa sulla mia strada... perché mi aiuti nei più gravi momenti.

Lorena                          - E uno dei suoi più gravi momenti è questo?

Kee                               - Forse il più grave... La libertà im­provvisa mi ha come stordita... L'avevo tanto desiderata e poi...

Lorena                          - E poi?

Kee                               - Mi ha dato un senso di sgomento... Potevo far tutto... e appunto perciò...

Lorena                          - E appunto perciò non sa cosa far­ne... È così di tutte le cose.

Kee                               - Ha ragione... Sono partita... arriverò in qualche luogo... mi annoierò di nuovo... so­la! Io sono giovine, capisce?

Lorena                          - Capisco. Son disgrazie che capi­tano... E perché sola? Troverà un mondo di gente... A una data ora, in ogni paese della terra, si balla... si giuoca... ci si diverte... Eppoi c'è il mare. Lei non ama il mare?

Kee                               - Sì, è carino. Ma un po' monotono.

Lorena                          - Oh, poterci vivere sempre. Vedrà. Il mare consola.

Kee                               - Lei è anche poeta, avvocato?

Lorena                          - Non è necessario per fare i bagni.

Kee                               - Io ho un bel costume di lamé. Sem­bra un serpente.

Lorena                          - Non vorrà, spero, che io faccia la parte di Adamo.

Kee                               - Adamo? Non conosco.

Lorena                          - Il primo gaffeur della storia. Be­viamo un cherry brandy?

Kee                               - Con entusiasmo!

Lorena                          - Due brandy l Voglio brindare alla vostra... resurrezione.

Kee                               - Resurrezione! È la parola. Lei trova sempre la parola precisa per definire una situa­zione o uno stato d'animo...

Lorena                          - Le parole... sono il mio mestiere.

                                      - (Il cameriere serve il liquore. I due brindano, senza toccare i bicchieri).

Giornalista giovine       - (al giornalista anziano che ha ripreso a lavorare) Collega, a voi non dicono nulla quei due signori?

Giornalista anziano       - Non saprei.

Giornalista giovine       - Devono essere un'ot­tima selvaggina per la nostra caccia. Lui mi ri­corda un filosofo russo... è un'impressione va­ga... E lei... non so bene se una celebre can­tante o una trasvolatrice dell'oceano o una fa­mosa esploratrice.

Giornalista anziano       - Dite sul serio? E al­lora conviene tenerli d'occhio.

Giornalista giovine       - Discretamente.

                                      - (Osservano infatti Lorena e Kee, comunican­dosi a bassa voce le loro impressioni).

Kee                               - (ride).

Lorena                          - La faccio ridere?

Kee                               - No... Pensavo a una cosa.

Lorena                          - Che non si può sapere?

Kee                               - ' Non saprei... Sì e no... È poco gen­tile.

Lorena                          - Brava! Lei pensa male di me.

Kee                               - Tutt'altro. Anzi... molto bene.

Lorena                          - E allora perché non me lo può dire?

Kee                               - Perché... Perché c'è mancato poco che non lo rifiutassi come avvocato.

Lorena                          - Ah! Non mi riteneva capace?

Kee                               - No.

Lorena                          - Grazie.

Kee                               - Come vuole che ritenessi capace di appassionarsi a un caso come il mio... un uo­mo... così.

Lorena                          - Così come?

Kee                               - Ma sì... cosa vuole? con quel bar­bone... con quei capelli... E poi quel suo modo d'interrogare... così gelido, impassibile...

Lorena                          - Ah, è divertentissimo!

Kee                               - Sì, a raccontarlo... Ma in quel mo­mento... capirà... doverle affidare così, a occhi chiusi, tutto il mio avvenire, le assicuro che era tutt'altro che divertente!...

Lorena                          - E allora... per la mia barba mi voleva bocciare!...

Kee                               - No... Per tutto l'insieme...

Lorena                          - E poi?

Kee                               - E poi invece non si faceva che ripe­termi: l'avvocato Lorena, non c'è che l'avvo­cato Lorena... Il direttore... il vicedirettore...

Lorena                          - Insomma, le ha fatto una grande impressione la mia barba...

Kee                               - No! Tutt'altro. Poi l'ho trovato bello!

Lorena                          - (trasecolato) Bello!

Kee                               - Sì. Quando lei parlava di me, davanti ai giudici, fu bello. Improvvisamente non c'era più barba, più capelli... ma un'anima vibrante, appassionata... un amante... un dio!

Lorena                          - Con barba!

Kee                               - Sì. Prima mi era parso troppo equili­brato, troppo assennato, troppo per bene... e le persone troppo serie... troppo per bene non so­no fatte per capire gl'innamorati! Considerano l'amore una specie di oscenità!...

Lorena                          - E invece è una follìa interessante.

Kee                               - Una follìa? Ma se lei ne ha fatto l'elo­gio da poeta... Come Edgardo Poe...

Lorena                          - Mestiere, mestiere. Non credete agli oratori.

Kee                               - (delusa) Oh! perché? Se la sua voce, la sua parola, le sue espressioni precise, inci­sive, pareva traessero dal mio cuore la verità che nessuno, quasi nemmeno io stessa, sospet­tavo, e l'analizzassero per spiegarla ai giudici, con una sicurezza, come... come se aveste pas­sato tutta la vostra vita da una passione all'al­tra... da un amore all'altro!

Lorena                          - Infatti...

Kee                               - Voi?

Lorena                          - Naturalmente... Passioni altrui, amori altrui... Ma l'esperienza si acquista ugual­mente... E al momento opportuno, ci se ne vale per i nostri giuochi d'illusionismo...

Kee                               - Illusionismo?

Lorena                          - Ma per carità. Credete, sul serio, che io vi dia ragione?

Kee                               - No?

Lorena                          - Signora mia... adesso siamo tra noi... non ci son giudici qui e posso anche per­mettermi il lusso di giudicarvi io... a mio mo­do... e di condannarvi.

Kee                               - Condannarmi? Voi?

Lorena                          - Vi pare strano? Ma come si fa a perdere la testa lino a quel punto, per un im­becille? Perché, siamo sinceri, quel vostro fa­moso uomo fatale, l'irresistibile, era un imbe­cille di tre cotte.

Kee                               - Oh!

Lorena                          - Ma sì. Ci ho parlato una diecina di volte e me ne sono reso conto perfettamente. Del resto, lo hanno capito tutti: gli stessi gior­nali hanno riferito la sua deposizione con tono ironico: La parola di Don Giovanni... Apollo alla sbarra... L'irresistibile... Il Narciso... Vi giuro: un imbecille!

Kee                               - Ma io lo sapevo benissimo. Lo avevo capito fin dal primo momento... E qui è il dramma. Era giovine, elegante, forte, audace, spregiudicato, cinico, crudele...

Lorena                          - Oh! quante cose!

Kee                               - E aveva deposto ai miei piedi tutte queste sue qualità negative, con tale grazia e con tanta spavalderia che io ci ho perduto la testa. È così.

Lorena                          - Andiamo, via... vi diminuite! Un fannullone...

Kee                               - E vi sembra una cosa da nulla, un fannullone! Era interessante... mi divertiva... mi riposava... Non capiva nulla e io potevo raccontargli tutto quello che volevo... Mi diceva sempre di sì... Per un bel pezzo è stata una villeggiatura... una vera villeggiatura... E che refrigerio, dopo la mia vita asfissiante: Tre ma­riti, pensate, avvocato, tre mariti!

Lorena                          - Sono abbastanza per una donna sola!

Kee                               - Sì, sola, sempre sola, nonostante tut­to. Che uomini! Il mio primo marito era un ufficiale russo... Karabcewski... Un uomo bru­tale, sempre ubriaco, ma distinto, rigido, fred­do, un militare nell'anima. Mi trattava come un attendente. Per poco, prima di darmi un bacio, non mi metteva sull'attenti. Un ufficiale esem­plare, ma come marito, meno di un coscritto. Per il mondo era una persona rispettabilissima, e invece mi batteva. Una volta, a sangue. Mi salvò da sicura morte un diplomatico inglese... ufficiale russo...

Lorena                          - Il vostro secondo marito.

Kee                               - Sì. Lord Kelton... Distinto, alto, ma­gro, sempre in frac; anche in pigiama sembrava che fosse in frac. Non dimenticava mai di darsi un tono. Invece dimenticava sempre che a me non potevano interessare affatto le sue corvées diplomatiche e i suoi ricevimenti idioti... Po­vero Carlo! Forse mi voleva bene, ma mi fa­ceva sbadigliare da mattina a sera. Fortunata­mente il suo governo lo mandò in Cocincina tra i gialli e questa mi sembrò un'ottima occa­sione per divorziare anche dall'Inghilterra...

Lorena                          - E due! Siete una specie di Società delle Nazioni.

Kee                               - Difatti, il terzo marito lo sposai pro­prio per una questione di carattere internazio­nale... politico... Una storia buffissima... di alta saggezza diplomatica... Ve la racconterò, forse, un giorno! (Ride e beve) Del resto è stato l'uni­co che non mi abbia dato noia. L'ho veduto cin­que minuti appena... Fu allora che incontrai...

Lorena                          - L'imbecille...

Kee                               - Se vi fa piacere. Ma un imbecille che finalmente seppe strappare qualche sorriso alle mie labbra. Latino, meridionale, sapeva ridere, ballare, divertirsi, infischiarsi delle cose gravi. Mi piacque. Senza sofisticare, senza analizzare.

Lorena                          - Tanto da volerlo uccidere...

Kee ............................. - Tanto da volerlo uccidere. Precisa­ mente. Perché alla fine, io, superiore a lui per intelligenza, educazione, gusti, per tutto, non potei tollerare la sua fatuità... la sua indifferenza... la sua freddezza. Non amava che sé stesso, capito, non si lasciava nemmeno ama­re... Era insofferente... Capii che un giorno o l'altro mi avrebbe lasciata. E questo no, non lo potevo ammettere. Toccava a me, lasciar lui!

Lorena                          - Questo tocca sempre alla donna.

Kee                               - (non ascoltando che la voce dei propri ricordi, come in sogno) Come diceste? Aspet­tate... Son qui le parole... Ritrovo la me stessa di allora, nella vostra eloquenza: « E nella don­na, mortificata dalla incuranza, par che balzi più vivo il senso fisico della vita. In lei è un'on­da di spiritualità sormontante, una gioia di fi­bre rideste, uno sprazzo di scintille salienti! un canto corale di amore! ». È così, è così; mera­viglioso! (Si commuove, si asciuga una lagrima) Sarei balzata fuori dalla gabbia e vi avrei ba­ciato davanti a tutti.

Lorena                          - (a mezza voce) In quanto a uscire dalla gabbia lo posso credere, ma per il resto... conosco il fenomeno...

Kee                               - Che fenomeno?

Lorena                          - Ma sì... C'è una specie di piccola ebbrezza spirituale che avvolge talvolta le si­gnore... L'ebbrezza per un uomo brutto, comu­ne... qualunque insomma... quando quest'uomo assume un determinato atteggiamento: se canta, per esempio, o se suona, o se balla... In quel momento una donna può amarlo, ma basta ch'egli taccia, si fermi, smetta, e tutte le sen­sazioni sfumano... Così è per noi oratori... Co­nosco il fenomeno!...

Giornalista anziano       - (con un grido soffocato di gioia) Ah! Finalmente ci sono. Un'occa­sione eccellente. Che articolo!

Giornalista giovine       - Sapete chi sono?

Giornalista anziano       - La famosa giuocatrice di rugby, Marcelle Régnières, vincitrice della coppa di Francia a Lione, che deve fare quattro matches in Inghilterra il mese prossimo. E quello è il suo ménuger, Castelford! Volevo ben dire...

Giornalista giovine       - Bisognerebbe intervi­starli.

Giornalista anziano       - Lasciate fare a me. (Si leva e per darsi un contegno accende una sigaretta; poi si avvicina lentamente ai due che parlano sempre più sottovoce).

Kee                               - Ma sì, mandate al diavolo il vostro bancarottiere. Che si buschi i suoi cinque anni.

Lorena                          - È impossibile!

Kee                               - Chi ve lo proibisce?

Lorena                          - La mia correttezza professionale!

Kee                               - La vostra correttezza professionale non può impedirvi di prendervi un piccolo ri­poso... Avete ottenuto un grande successo. Vi spettano. Pensate, amico mio... Il mare... il ma­re che consola!

Lorena                          - Ma ho tutt'altro bisogno che di consolarmi. Io sono contentissimo!

Kee                               - Tanto meglio.

Lorena                          - Ma ho tanto da fare. Sono aspet­tato a Nizza.

Kee                               - Che importa? Un telegramma. Una piccola scusa.

Lorena                          - Poi a Milano.

Kee                               - Vi aspetteranno un altro po'.

Lorena                          - Voi fate presto...

Kee                               - Dite di sì... (Graziosa) Dite di sì...

Lorena                          - (tentato) Adesso non vi dà più noia la mia barba?

Kee                               - Non l'avete più.

Lorena                          - E i miei capelli lunghi?

Kee                               - Vi vedo calvo.

Lorena                          - Questo è eccessivo.

Kee                               - Vi vedo come volete voi... ma ditemi di sì... amico mio!

Lorena                          - Tentatrice...

Kee                               - Un po' di sole, finalmente!

Lorena                          - Certo che il sole... fa bene.

Kee                               - E le belle gite in cutter...

Lorena                          - Non c'è che dire. Il programma è pieno d'attrattive.

Kee                               - Sì?

Lorena                          - Eh... sì!

Kee                               - Bravo! (Lo bacia).

Lorena                          - Che fate?

Kee                               - Mi pungo.

Giornalista anziano       - (seguito dal giovine) I miei più rispettosi omaggi, signorina Régnières... Siamo giornalisti. So che le interviste vi annoiano... ma siate cortese di fare una pic­cola eccezione per noi... Due o tre domande soltanto.

Kee                               - (assumendo un'attitudine di circostanza, divertita) Se è proprio per due o tre doman­de, fate pure.

Giornalista anziano       - Sono confermati i vo­stri matches in Inghilterra?

Kee                               - Certo. E ne farò anche in Norvegia, Scandinavia e Paesi Bassi.

Giornalista anziano       - (prendendo appunti) È vero che siete vegetariana?

Kee                               - Non mangio che agli e cipolle.

Giornalista anziano       - (come sopra) Squi­sita!

Giornalista giovine       - Dicono che siete re­frattaria all'amore, signorina Régnières. Che potete rispondere a queste calunnie?

Kee                               - Refrattaria all'amore, io? (A Lorena) Domandatelo al signore. Io per amore son ca­pace di tutto. Anche di... (Si trattiene) Lascia­mo correre!

Giornalista giovine       - In questo momento amate qualcuno?

Kee                               - Sì. Ma ve lo dico in segreto. Lo scim­panzè del giardino zoologico. Addio! (Prende Lorena per un braccio e lo trascina fuori. Dopo un istante rientra) Dimenticavo una notizia che può far colpo: Sono donna! (E via di nuovo).

INTERMEZZO

La hall di un albergane. Nel fondo, porta-ve­trata che dà sul giardino. A destra di chi entra, bureau del portiere. Nella parete di destra, scala e porta dell'ascensore (praticabile). Tavolini, sedie di cuoio e vimini, ecc. In fondo a sinistra, all'ammezzato, che taglia l'arcata, palchetto per jazz-band.

Portiere                         - (al telefono) Il bagaglio del numero venti, a basso. (Pausa) Bene.

Cameriere                     - Chi parte?

Portiere                         - L'americano. L'omnibus?

Lift                               - Pronto.

Portiere                         - Allora via, alla stazione.

Facchino                       - (rientrando) Arrivi!

                                      - (Tutti accorrono. Entrano Lorena e Kee).

Portiere                         - Buona sera, signore.

Lift                               - Buona sera, signora.

Cameriere                     - Buona sera.

                                      - (Durante il seguente dialogo vengono scari­cate e allineate nella hall dieci valige di tutte le dimensioni ma piuttosto voluminose, eccetto una, piccolissima).

Lorena                          - Due camere.

Portiere                         - . Con bagno. Comunicanti?

Kee                               - Sì, sì.

Portiere                         - Potrei offrire ai signori il 20 e il 21. Primo piano con balcone verso il mare.

Lorena                          - Bene, bene. Il mare ci vuole.

Kee                               - Portate di sopra il bagaglio, subito. (Accennando) Queste: una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, ai 20, que­sta...

Lorena                          - (indicando la valigia piccolissima) Questa al 21. (Intanto ha deposto su una tavola gli enormi libroni che aveva in viaggio).

Kee                               - (vedendoli) Ma che cosa ne fate di tutti quei libri?

Lorena                          - Ah già... (Al facchino) Anche que­sti: uno, due, tre, quattro, al 21. Attenzione, mi raccomando. Fragili. (Il facchino s'avvia, Lorena lo richiama, si toglie di tasca altri libri e glieli consegna) Anche questi.

Kee                               - Ma si può sapere a che cosa vi ser­vono, in viaggio, tutti quei libri?

Lorena                          - Eh, ne ho bisogno... (Siedono a un tavolino).

Kee                               - Prendiamo qualche cosa?

Lorena                          - Volentieri, un caffè e latte.

Kee                               - (inorridita) Eh? (Al cameriere) Gor­gon, due wisky and soda...

Lorena                          - Ecco, è quello che volevo dire anch'io... Wisky and soda... con molta soda.

Kee                               - Siete stanco?

Lorena                          - No, per carità. Mi sento benissi­mo... Poi il viaggio è stato così bello...

Kee                               - Se non abbiamo visto niente...

Lorena                          - Ho visto... ho visto voi. C'eravate voi. Che cosa dovevo vedere di più? Poi questo odore di mare!... Volete che andiamo sul mare?

Kee                               - Così, senza far toilette? Impossibile...

Lorena                          - Ma a quest'ora non c'è nessuno...

Kee                               - C'è il mare che mormora... No, no. Dovrei andare dal coiffeur... No no. Lo vedre­mo domani...

Lorena                          - Però... (Un po' timido) Scusate... io avrei un po' d'appetito... Non mangereste, per caso, un piccolo... piccolissimo sandwich di prosciutto cotto?

Kee                               - A quest'ora? Bisognerebbe andare nel bar... qui no, non mi piace.

Lorena                          - E va bene, andiamo nel bar...

Kee                               - E allora dovrei far prima toilette...

Lorena                          - Ah, già, già... Non ci pensavo... (Tra se) Non è mica comodo! (Il cameriere serve il wisky. Lorena beve con versacci di disgusto. Kee lo guarda e lui subito, rassere­nandosi) Buono, eh?

Kee                               - Vi piace il wisky?

Lorena                          - Eh! altro che! Lo bevo sempre... appena sveglio, la mattina, wisky...

                                      - (Kee, armatasi di trousses, si accomoda la faccia).

Lorena                          - (ha tratto di tasca alcune carte che legge, poi, tra sé, con una specie di sconforto) Macché! Non se la cava. Non se la cava!

Kee                               - Chi?

Lorena                          - Ma... un disgraziato qui... per una sciocchezza, un'appropriazione indebita... Ma non c'è modo di salvarlo. (Con disgusto) E poi non è un passionale!

Kee                               - Ma vi pare il momento, questo, di pensare ai processi? Ma mettete via quelle car­te! Che orrore!... (Versando) Bevete piuttosto un altro wisky.

Lorena                          - Ecco. Bevo piuttosto un altro wisky. (Beve). Eppoi... Ha un po' l'odore del mare anche il wisky... Buono!

Kee                               - (bevendo a sua volta) Oh! ma questo sa di acido fenico! Cameriere!

Lorena                          - (timidamente) Pareva anche a me!

Kee                               - (al cameriere) i Ma che wisky ci avete servito? (Guarda l'etichetta) Volevo ben dire! Questo non è Black White... Portate via, por­tate via... Dateci due coktails... Martini...

Lorena                          - (tra se) Ferdinando Martini? Mah! (Forte) Ma che bel viaggio!...

Kee                               - Lo avete già detto. Sembrate un bam­bino che non abbia mai viaggiato...

Lorena                          - Infatti è la prima volta che viag­gio... cioè che non viaggio per viaggiare. Perché il bello del viaggio in che consiste? Nell'arrivare in un luogo dove si va senza ragio­ne... Il viaggio è un mezzo per arrivarci... e in sé non ha uno scopo. Ecco. Il mio viaggio aveva uno scopo, ma non lo ha più. Cioè lo ha, nel non averlo. Dunque questo è il mio primo viaggio. È chiaro?

Kee                               - Ah, è chiarissimo...

Lorena                          - Sì, perché il mio destino è di do­ver viaggiare sempre per qualche delinquente...

Kee                               - (come prendendosela per se) Ah!

Lorena                          - No! questa volta ho viaggiato per nessuno.

Kee                               - (c. s.) Benissimo!

Lorena                          - (infatuato) E che bell'arrivo! Perché sono arrivato e non ho nulla da fare. Che gioia!

Kee                               - Vi ringrazio tanto. E io?

Lorena                          - Volevo dire che ho da fare, ma ho da fare con voi... non ho seccature, non ho clienti, non ho nessuno.

                                      - (// cameriere versa i coktails).

Kee                               - Avete consegnato la bolletta al por­tiere?

Lorena                          - (guardandosi addosso) Che bol­letta?

Kee                               - La bolletta del bagaglio!

Lorena                          - Ah, il bagaglio. Sì, sì. Lo hanno già portato di sopra. Alméno credo. (Chiama) Portiere!

Portiere                         - Comandi, signore.

Lorena                          - Il mio bagaglio è stato già portato di sopra?

Portiere                         - Numero...?

Lorena                          - 21.

Portiere                         - Ah! quell'astuccio? Sissignore.

Lorena                          - Ma che astuccio! La mia valigia.

Portiere                         - Sissignore, quella valigina...

Lorena                          - Eh dunque! Sempre la manìa dei diminutivi. Come gli imputati: un furterello... una truffettina.

Kee                               - E il bagaglio grosso?

Lorena                          - Il bagaglio grosso sarà in camera vostra...

Kee                               - E vestiti?

Lorena                          - E questo?

Kee                               - Soltanto?

Lorena                          - E non basta?

Kee                               - Né uno smoking, né un frac, né un vestito da mattina...

Lorena                          - Andavo per due giorni soltanto...

Kee                               - Sia pure, ma lo smoking non lo si la­scia mai...

Lorena                          - Difatti io non lo lascio mai... È stato una svista della domestica... Son partito in fretta e furia...

Kee                               - Eh! questi uomini senza donne...

Lorena                          - Io l'ho. Di servizio. Ma non serve.

Kee                               - E come si fa?

Lorena                          - Potrei telegrafare... (Fa per anda­re verso il bureau) Credete che occorra proprio lo smoking?

                                      - (A questo punto entra Apollo di Belvedere, il bello fatuo, sciocco, raffinato, eterno corteg­giatore in smoking. Vede Lorena e, interessato, si siede in disparte a osservarlo).

Kee                               - i Direi. Per andare a pranzo.

Lorena                          - Ah già! (Va al bureau) Per favore un modulo da telegramma. (Incomincia a scri­vere, poi torna da Kee col modulo e la penna) Però... non posso telegrafare.

Kee                               - Perché?

Lorena                          - Perché... ecco... adesso che mi viene in mente... io non ho uno smoking. Po­trei farmi spedire un vestito da mattina1. Ma siccome è identico a questo...

Kee                               - (guardandolo, con simpatia) Peccato!

Lorena                          - Peccato, di che?

Kee                               - Che voi siate come un pied-à-terre.

Lorena                          - Io, un pied-à-terre?

Kee                               - Sì. Sapete, quegli appartamentini da scapolo... comodi, dove c'è tutto il necessario... ma dove manca il superfluo... quel superfluo che viceversa è l'indispensabile...

Lorena                          - Ma io vi giuro che non manca nulla.

Kee                               - Eh! non vi rendete conto... ma man­cano i soprammobili... C'è qualche (toccandosi il mento) ragnatela...

Lorena                          - (toccandosi la barba) Ragnatela?

Kee                               - Ma... C'è sempre tempo!

Lorena                          - Più di così. Non abbiamo nulla da fare...

                                      - (/ due tacciono. Apollo, sempre solo in fon­do; accende una sigaretta. Dall'interno giunge improvviso il suono di uno jazz lontano. Kee sbadiglia, una volta, due volte).

Kee                               - Di là sì balla... eh!... E noi siamo qui... soli... abbandonati!... (Pausa; poi, d'un tratto, come avendo un'idea) Ma perché no?... a un uomo è lecito tutto!

Lorena                          - (spaventato) Che cosa?

Kee                               - Pensavo di andare lo stesso al dan­cing... Potreste venirci anche vestito così...

Lorena                          - È quello che dicevo!...

Kee                               - Arrivate dal viaggio...

Lorena                          - (alzandosi) Sì, sì, andiamo...

Kee                               - Ah no. Un momento. Io mi cambio!...

Lorena                          - Ah già!...

Kee                               - Ma faccio presto. Cinque minuti. Mi aspettate qui?

Lorena                          - Non mi muovo!

Kee                               - Vedete che si rimedia sempre a tut­to?... (Felice) Cinque minuti... cinque minu­ti!.,. (Via saltando).

Lorena                          - (sorridendo, scettico) Prima sì... poi no... Eh!

                                      - (Apollo senza muoversi, tossisce forte).

Lorena                          - (si volta per vedere chi sia, riconosce Apollo) Tu! Ma che cosa fai qui?

Apollo                           - Io prendo aria! E lei?

Lorena                          - Prendo aria anch'io!

Apollo                           - Ho visto... Anche... (Indicando) quella signora prende aria... e ne aveva bisogno dopo tanto...

Lorena                          - (interrompendolo, energico) Bada bene che qui né lei è lei, ne io sono io.

Apollo                           - Alino? perché?

Lorena                          - Così.

Apollo                           - Capisco!... E, bravi questi avvocati difensori, se la spassano con le belle clienti...

Lorena                          - Che c'è da ridere?...

Apollo                           - Nulla. Ma lei, in avventure, non me lo so immaginare!

Lorena                          - To', il galletto! Perché è tutto liscio e impomatato, pensa d'aver lui il mono­polio! Ti sbagli, ragazzo...

Apollo                           - « Eh, lo credo, una donna può aver­la chiunque... dipende dal modo... Anche i vec­chi ministri dell'antico regime avevano molte avventure...

Lorena                          - Io non sono né vecchio, né mini­stro, né dell'antico regime... (Canzonandolo) Ma pare che un certo fascino ci sia...

Apollo                           - Capisco! Il fascino del bel nome... della considerazione pubblica, ma poi? Spenta questa prima curiosità... è finita. Tre, quattro giorni. Capricci!... Ma la passione?... Conqui­stare una donna è relativamente facile... ma conservarla, cioè riconquistarla giorno per gior­no... questo non è per voi.

Lorena                          - Eh già, è per voi belli! (E ride).

Apollo                           - E lei crede che sia una cosa da nulla? ...

Lorena                          - Se mi ci mettessi di proposito, ti farei vedere io, caro moscardino!...

Apollo                           - Voi!

Lorena                          - Lei! (E lo guarda in tono di sfida).

Apollo                           - Purché il campo sia libero!

Lorena                          - Anche ingombro. E chi dovrebbe inquadrarlo, se mai? Tu?

Apollo                           - E chi lo sa?

Lorena                          - È una sfida?

Apollo                           - Una sfida!

Lorena                          - All'ultimo sangue?

Apollo                           - All'ultimo sangue.

Lorena                          - Accettato. Anzi, ti sbarazzo della più grave difficoltà.

Apollo                           - Quale?

Lorena                          - Conoscerla. Eccola... A noi!

                                      - (Kee, in toilette da sera, discende le scale).

Kee                               - Son qui. Ho fatto presto?

Lorena                          - Un lampo. D'altra parte non mi sono annoiato perché ho incontrato il mio gio­vine amico Apollo di Belvedere, che mi per­metto di presentarvi... (Kee, piccolo cenno del capo, Apollo le bacia la mano inchinandosi pro­fondamente) Un simpaticissimo ragazzo, figlio di un mio illustre collega... (Indicandolo) Guar­datevi: è pericoloso.

Kee                               - (freddissima) Ah!... (Silenzio).

Apollo                           - Non è la prima volta che ho la gioia di ammirare la signora. Ho già avuto la fortunata combinazione di vederla, da lontano, a Nizza, sulla Promenade des Anglais...

Kee                               - Ah!... (Silenzio) Avvocato, dovevamo andare, noi, vero?

Lorena                          - (guarda Apollo con la coda dell'oc­chio, ma senza ostentazione) Ai vostri ordini.

Kee                               - (senza muoversi, stende la mano verso Apollo) Molto piacere.

Apollo                           - (le bacia la mano) Onoratissimo... (Confuso, fa per andarsene senza neanche salu­tare Lorena).

Lorena                          - (quando l'altro è già lontano) Ad­dio, eh!

Apollo                           - (voltandosi) Ah già... Buonasera av­vocato. (Via).

Kee                               - Ma chi è quel biblet?

Lorena                          - Apollo di Belvedere. Si chiama così.

                                      - (/ lampadari si spengono. Rimane acceso qualche abat-jours e oltre la vetrata splende la, luna).

Portiere                         - (lasciando il bureau) Buona not­te, signori.

Lorena                          - Buona notte. (Si volge, vede la luna) Oh la luna... Bellina!... Era tanto tempo che non la vedevo più, che credevo l'avessero demolita. Adesso demoliscono tutto... Bella!

Kee                               - Allora andiamo al dancing?

Lorena                          - (si alza. Da questo momento inco­minciano lentamente a camminare verso la quin­ta di destra. Un sipario speciale, di velluto nero, possibilmente ricamato a firmamento, luna e stelle, segue i due chiudendo la zona scenica che essi via via abbandonano dietro di loro) Sì, andiamo! (Le offre il braccio).

Kee                               - Carina questa musichetta, così, da lon­tano... E che silenzio qui! Che senso di ripo­so!... (Pensa) Come diceste là, nella bolgia?... «Date riposo...».

Lorena                          - Non ricordo... (È lievemente tur­bato, suo malgrado).

Kee                               - Ma pure...

Lorena                          - (per scontentarla, sottovoce, con en­fasi) «Date riposo all'esule che esce stanca, affranta dal naufragio... Date candide ore all'anima... candide del candore della luna...».

Kee                               - Come parlate bene! Cullatemi con la vostra voce...

Lorena                          - Guardate com'è bello qui. Sentite che silenzio?... Appena un mormorio lontano che fa indovinare il mare e persuade alla pace...

Kee                               - (romantica, come un'eco) Alla pace... (Si volge a guardarlo) Mio caro... Come vi chia­mate?

Lorena                          - (stupito) Avvocato Giacomo Lo­rena...

Kee                               - (mettendogli una mano sulla bocca, che egli bacia) No... no... (Pensa un poco) Jak... facciamo Jak...

Lorena                          - (remissivo) Facciamo pure Jak...

 (Gli attori hanno raggiunto la quinta di de­stra, escono. Il sipario speciale si chiude completamente, sull'ultimo spiraglio).

(Una pausa, prima istantanea, sala buia).

PRIMA ISTANTANEA

Nel sipario speciale si apre a sinistra una por­tiera: si scorge su fondo nero un gabinetto sin­tetico di prova di una sartoria. Due sarti sono presso l'entrata a sinistra. Hanno il metro al collo e un libro da appunti in mano, oltre un album di figurini e dei piccoli campionari di stoffe. Entrano subito Lorena e Kee.

Primo sarto                   - Buongiorno, signora. Buon­giorno, signore.

Secondo sarto               - In che cosa possiamo ser­vire?

Kee                               - Un corredo completo per il signore.

Primo sarto                   - Un corredo?

Kee                               - Sì. Un paio di vestiti da mattino, un paio da pomeriggio...

Lorena                          - Tre o quattro smokìngs, una mezza dozzina di fracs. Insomma tutto quello che oc­corre per essere creduto a prima vista un galan­tuomo. Ho smarrito il bagaglio grosso... Non è arrivato che il piccolo e sono nudo come Adamo.

                                      - (/ due sarti inchinandosi, gli si precipitano addosso per prendergli le misure).

Primo sarto                   - Benissimo.

Secondo sarto               - Permette?

Primo sarto                   - Scusi...

Secondo sarto               - Il signore vuole alzare le braccia? Grazie.

Primo sarto                   - Il signore vuole abbassare le braccia? Grazie.

Secondo sarto               - Il signore vuole fare mezzo giro a destra? Grazie.

Primo sarto                   - Il signore vuol piegare la gamba sinistra? Grazie.

Secondo sarto               - Il signore...

Kee                               - E questi vestiti saranno pronti per stasera?

                                      - (/ sarti sospendono le operazioni, trasecolati).

Primo sarto                   - Per stasera?

Secondo sarto               - Impossibile.

Primo sarto                   - Almeno tre o quattro giorni...

Secondo sarto               - Forse qualche cosa per do­mani...

Kee                               - Oh! che paese! Da noi in America un uomo può entrare nudo in un magazzino e uscirne vestito.

Lorena                          - Ah! Da noi invece ci sono dei ma­gazzini nei quali un uomo può entrare vestito e dopo cinque minuti è già nudo.

Primo sarto                   - Faremo il possibile per accon­tentare i signori.

Kee                               - Va bene.

Primo sarto                   - Il signore vuol scegliere i fi­gurini?

Kee                               - Fate vedere a me... Ecco, questo va bene... Per i vestiti da mattina, mi raccomando, stoffe molto chiare, vivaci, giovanili...

Primo sarto                   - Benissimo, signora. (I sarti continuano a prendere le misure). Il signore è in libertà.

Lorena                          - Grazie. (Si volta e via, seguito da Kee, mentre si chiude la portiera).

SECONDA ISTANTANEA

Si apre un'altra portiera nel mezzo del sipa­rio e appare un gabinetto di manicure. Lorena è seduto con una mano nella catinella dell'acqua calda e l'altra tra le mani di una signorina che gli lucida le unghie. Ha un largo asciugamano al collo e tiene la testa reclinata, perché una se­conda signorina gli fa intanto un massaggio sulla fronte. Kee sorveglia le operazioni.

Kee                               - (alla masseuse) Più giù, più giù, guar­di. Quella ruga lì. Ecco, quella. Bisognerebbe farla scomparire. E anche le bozze frontali.

Masseuse                      - Ma come?

Kee                               - Prema, prema.

Lorena                          - Ahi! Ma che supplizio!...

Kee                               - Ma zitto. Lasciati confezionare, my darling.

Lorena                          - Sì, sì, confezionatemi.

Manicure                       - Molto rosso?

Lorena                          - Sì sì.

Kee                               - No, niente rosso.

Lorena                          - No, niente rosso.

Manicure                       - Ecco. Vuol darmi l'altra mano, signore?

Lorena                          - Questa è già confezionata? (L'os­serva) Carina, però, eh? Carina. (Fa gesti fem­minili) Non mi sembra più mia. Mi sembra pre­sa a nolo. Come luccicano! (Dà l'altra mano).

Masseuse                      - Vuol vedere, signora, se così va bene? (Porge a Kee una lente d'ingrandimento).

Kee                               - (osservando attraverso la lente) Se non si può fare di più, per oggi può passare...

Masseuse                      - Un po' alla volta, la spiane­remo...

Lorena                          - (impressionato) Ohi là!

Masseuse                      - Adesso proverò una piccola ap­plicazione calda.

Lorena                          - Ma questa è la battaglia della bel­lezza!

Masseuse                      - (deponendo sulla fronte di Lorena un asciugamano inzuppato di acqua bollente) Fermo, signore, attento agli occhi.

Lorena                          - (gridando) Ah! (Chiuso).

TERZA ISTANTANEA

Si apre nel sipario una portiera a destra e si scorge un negozio di barbiere. Due barbieri sono in attesa. Entrano subito Lorena e Kee.

Primo barbiere              - Buongiorno, signora.

Secondo barbiere          - Buongiorno, signore.

Primo barbiere              - Il signore e la signora?

Kee                               - No no. Il signore.

Primo barbiere              - Prego. (Accenna la pol­trona) Il signore desidera?

Lorena                          - (sedendo) Vorrei tagliarmi i ca­pelli alla gorgon.

Primo barbiere              - Pardon!

Kee                               - Scherza. Bisogna fargli una testa.

Lorena                          - (tra se) E la mia?

Primo barbiere              - Benissimo. Allora, diremo signora... perché il signore, vero, diremo, ha una testa, diremo, un po' vergine... Vogliamo fare una testa alla francese, oppure all'inglese.

Lorena                          - Quante teste... ci sono!

Kee                               - Una testa da gentlemen.

Primo barbiere              - Benissimo. Forse, diremo, bisognerebbe riunire un po' anche la barba?

Lorena                          - Anche la barba?

Kee                               - No. La barba la togliamo.

Lorena                          - (balzando sulla sedia) Eh?

Primo barbiere              - (senza badargli) Bene.

Lorena                          - Ma... dico non scherziamo!

Kee                               - Ma starai benissimo!

Lorena                          - Benissimo o malissimo, poco im­porta... Ma io non posso assolutamente prestar­mi a questo scherzo di cattivo genere! Domani dovrò ripresentare la mia faccia al pubblico!

Kee                               - Ti prego! sii gentile mon amour... Fallo per me!

Lorena                          - Né per te ne per altri! Non sono mica una marionetta, io! Diventerei lo zimbello di tutti, sarei rovinato! Ragiona!

Kee                               - (smontata tace un momento, pensa; poi al barbiere) Quanto tempo occorrerebbe per farla ricrescere?

Barbiere                        - Tre o quattro mesi, al massimo. Ma, probabilmente, con qualche pomata, con qualche rinforzatore del bulbo, si potrebbe an­che in un paio di mesi... un mese e mezzo!

Lorena                          - (passeggiando nervoso) Ma è inu­tile! Se anche si trattasse di aspettare un giorno...

Kee                               - Abbi pazienza. Dammi ascolto: l'av­vocato Baraldi, pure è celebre quanto te; è vero o non che quattro mesi fa... poco prima che ti conoscessi, un bel giorno s'è fatto radere barba e baffi?

Lorena                          - Be', Baraldi è un'altra cosa!... È giovanissimo...

Kee                               - Appunto per questo... Ti può giovare, sembrare più giovane...

Lorena                          - (tentennando) Sì... Non nego... Magari non c'è niente di male... ma...

Kee                               - E allora sii buono...

Lorena                          - Ma proprio? Ti farebbe tanto pia­cere?

Kee                               - Infinitamente! Capirai... quella tua barbacela, punge...

Lorena                          - (decidendosi) Sansone e Dalila!... (Si siede sulla poltrona).

                                      - (Il barbiere incomincia a tagliare).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La medesima scena dell'intermezzo. È mat­tina.

Il portiere è al suo posto. Un gruppo di vil­leggianti attraversa la scena.

Un facchino                  - (entrando dal fondo con un pacco che consegna al portiere) Questo pacco per il signor Jak Cantù.

Portiere                         - Bene. (Scrivendo col gesso sul pacco) Appartamento 21.

Signora Belli                 - (parlando verso il gruppo che è uscito) Aspettatemi, aspettatemi, Belvedere, vengo anch'io. Non scappate così. Vado a pren­dere la racchetta e vi raggiungo subito.

Voci                              - (d. d.) Noi andiamo avanti. Raggiun­geteci al Tennis-club.

Signora Belli                 - (attraversando la scena) Un minuto! (S'incontra col marito che scende dalla scala).

Belli                              - Dove vai, cara?

Signora Belli                 - Vado a prendere la rac­chetta.

Belli                              - Non stai un minuto con me!

Signora Belli                 - E tu impara a giuocare a tennis. (Via di corsa su per le scale).

Un facchino                  - (dal fondo, consegna un pacco al portiere) Per il signor Jak Cantù.

Portiere                         - (scrivendo sul pacco) Apparta­mento 21.

Belli                              - (che è rimasto un po' sconcertato, si avvicina al portiere) Portiere, non sono an­cora arrivati i giornali del mattino?

Portiere                         - (consegnando i giornali) Sissi­gnore. Ecco. Scusi sa, ho dato un'occhiatina, per essere al corrente.

Belli                              - (va a sedersi, apre un giornale e chia­ma un cameriere che passa) Cameriere, un caffè. (Legge. Pausa. Con un gesto di stupore) Eh! (Si sprofonda addirittura nel giornale).

Signora Belli                 - (ridiscendendo, con racchetta, fa per attraversare).

Belli                              - (vedendola) Elvira! Elvira! Vieni qua!

Signora Belli                 - Cosa c'è?

Belli                              - Una cosa enorme!

Signora Belli                 - Che cosa è successo?

Belli                              - Ma pensa, pensa, hanno scoperto...

Signora Belli                 - Che cosa?

Belli                              - Il burro minerale!

Signora Belli                 - (facendo per andarsene) E cosa vuoi che m'importi?

Belli                              - (trattenendola) Ma è una scoperta colossale. Una rivoluzione nel campo scienti­fico-industriale. Capisci? Il burro minerale!

 Signora Belli                - Vai a farti friggere! (Per andarsene).

Belli                              - Elvira! Resta qui un momento. Pos­sibile che io non riesca a parlare cinque minuti con te?

Signora Belli                 - E di che vuoi che parliamo? Mi vieni fuori col burro!

Belli                              - Se non t'interessa, parliamo d'altro, ma insomma stai un momento con tuo marito. Signora

Belli                              - A far che?

Belli                              - Parliamo magari di tennis, ma... Signora

Belli                              - Poverino, se non te ne in­tendi!

Belli                              - Sei sempre con quegl'imbecilli là. Signora

Belli                              - Imbecilli? Mi diverto. Ciao. (Via di corsa).

Belli                              - (sospirando) Povera creatura... Non capisce... (Legge, mentre il cameriere gli serve il caffè. Pausa. Entra da sinistra la signora Co­rinna, di circa 50 anni, molto grassa, piccola, dai modi pettegoli di donna abituata a passare l'esistenza in albergo).

Corinna                         - (parlando verso la quinta di sinistra) Hai capito Kiki? La mattina si prende il latte senza biscotti, se no fa male allo stomaco. Capito? Siamo intesi, eh?... Mi raccomando a voi, Carolina. Se anche ve lo chiede, non glielo date.

Belli                              - (voltandosi) Oh, buongiorno, signo­ra. Parlava a me?

Corinna                         - Che cosa c'è di nuovo nei gior­nali?

Belli                              - Oh, una grande scoperta. Il burro minerale.

Corinna                         - Sul serio? Sarà la fine delle uova alla coque.

Carolina                        - (cameriera, entrando con un cagno­lino giapponese) Ecco, signora.

Belli                              - Oh Ki-ki! Buon giorno Ki-ki!

Corinna                         - È stato buono?

Carolina                        - Un angioletto! (Via).

Corinna                         - (a Ki-ki) Tesoro mio! (A Belli) Se sapesse come andiamo d'accordo. Mai un bi­sticcio.

Belli                              - Eh, credo, credo.

Corinna                         - E la sua signora?

Belli                              - (con un sospiro) Eh! non somiglia a Ki-ki.

Corinna                         - Oh! tanto carina, anche lei.

Belli                              - . Già! Giuoca al tennis.

Corinna                         - Ah! Ki-ki no... Ki-ki nessun vi­zio. Guai, guai, vero, tesoro? Lui non va mai con gli altri cagnolini!

Belli                              - Bella cosa!

Corinna                         - Lo vedo un po' giù, un po' me­lanconico, professore. Perché?

Belli                              - Eh, dispiaceri, signora mia.

Corinna                         - Ma come? un uomo come lei! In­telligente, colto, con un bel nome, una bella moglie.

Belli                              - Mah! (Pausa) In confidenza, signora mia... (Si guarda attorno) Lei crede che mia moglie... mi sia fedele?

Corinna                         - Ma sì! Forse sì. Perché, sospetta qualcosa?

Belli                              - No... Ma è così fredda con me. Lei lo vede. Mi lascia sempre solo per seguire quella comitiva di ragazzacci. Analfabeti, come sono i ragazzi d'oggi.

Corinna                         - Mah!

                                      - (Si apre la porta dell'ascensore e, preceduti dal lift entrano Kee e Lorena. Questi è com­pletamente raso, ben pettinato, vestito a nuovo, elegante, bello, fiore all'occhiello, ghette bian­che, cravatta vistosa, visibilmente compiaciuto della metamorfosi. Di quando in quando si os­serva le mani, si guarda le scarpe).

Kee                               - Rammentati di stare attento. E bada di non far gaffes. E non baciare la mano alle signorine come hai fatto ieri sera...

Lorena                          - Come si fa a distinguere le signore dalle signorine?

Kee                               - Ma dai modi. Quello che si compor­tano da signore, sono signorine.

                                      - (Vanno a sedersi).

Lorena                          - Ho capito. (Tra se) Ma non c'è un momento di riposo. Questo è un corso accele­rato. Si lavora dalla mattina alla sera e... dalla sera alla mattina!... (Forte) Però... io prenderei volentieri qualche cosa.

Kee                               - Naturale. È l'ora della prima cola­zione. (Chiama il cameriere e gli dà ordini).

Corinna                         - (accennando alla coppia) Li cono­sce lei?

Belli                              - No. Sono arrivati da tre giorni sol­tanto.

Corinna                         - Bella coppia, eh?

Belli                              - Eh sì.

Corinna                         - Lui, poi... bello, bello...

Belli                              - E lei? Dev'essere molto innamorata.

Corinna                         - Anche lui dev'essere molto inna­morato.

Kee                               - Dunque, hai riposato bene, my little boy?

Lorena                          - Sì, cara. Ero stanco da morire.

Kee                               - Di che?

Lorena                          - Ieri mi facesti cambiare di vestito una dozzina di volte.

Kee                               - Una dozzina! Esageri...

Lorena                          - Fai il conto.

Kee                               - Due la mattina, tre il pomeriggio.

Lorena                          - Poi lo smoking per il pranzo, il frac per il dancing.

Kee                               - Sette. Cos'è, infine?

Corinna                         - Io vado a portare Ki-ki a far due passi. Si diverte tanto a vedere le barchette.

Belli                              - Se permette, l'accompagno.

Corinna                         - Grazie. Sì. Andiamo tutti e tre. (Escono dal fondo).

Lorena                          - (mentre Kee era distratta a spalmare il burro sul pane, ha preso il giornale abban­donato da Belli e, curvo, ha cominciato a leg­gerlo avidamente).

Ree                               - (accorgendosene) Jak! Ti par bello questo?

Lorena                          - Quale?

Kee                               - Leggere il giornale, quando sei in compagnia di una signora...

Lorena                          - Ma noi siamo sempre insieme... Quando devo leggere il giornale?...

Kee                               - Mai.

Lorena                          - Mai?

Kee                               - Che bisogno c'è?

Lorena                          - Ma son tre giorni che non so quel che succede.

Kee                               - Che t'importa? Cosa vuoi che succe­da? (Chiama il cameriere) Cameriere, datemi quelle riviste...

                                      - (Cameriere gliele da).

Kee ^                            - « Grazie. (Si mette a sfogliarle).

Lorena                          - (cerca di riprendere il giornale).

Kee                               - Guarda guarda! La principessa Pim-pinelli, ha dato un ballo. Sarebbe stata un'oc­casione magnifica per la mia rentrée.

Lorena                          - C'era molta gente?

Kee                               - Eh tutti! La contessa Moretti, la baro­nessa Terrù, la signora Guendali, la contessa Vigoretti. Tutti, tutti.

                                      - (Un groom fa il giro dell'albergo deponendo qua e là manifestini).

Lorena                          - (ne prende uno e legge) Concerto a beneficio degli organizzatori.

Kee                               - Oh, meno male... Qui sì moriva di noia!

Lorena                          - Grazie.

Kee                               - (senza badargli, leggendo) Vediamo un po'... Bach, Beethoven, Chopin, Debussy...

Lorena                          - Interessante, molto interessante...

Kee                               - Non mi pare, tutt'altro.

Lorena                          - Volevo ben dire. Sarebbe interes­sante, se il programma fosse... interessante. Se suonassero, per esempio... che so io...

Kee                               - Gli ultimi charleston...

Lorena                          - Eh sì, perché effettivamente quel­la è musica... L'arte, in fondo, che cosa è l'ar­te? È una cosa che deve divertire, ti pare?

Kee                               - Come?

Lorena                          - Non mi stai neanche a sentire? A che pensi?

Kee                               - A nulla. A te.

Lorena                          - Di' la verità: non ti diverti abba­stanza, con me? Forse non sono abbastanza al­legro? abbastanza... Ma, vedi, se non sono ab­bastanza allegro, è perché ti amo... Quando si ama, non si può essere allegri.

Kee                               - Noi americani siamo tristi soltanto quando non amiamo.

Lorena                          - Noi invece, siamo sempre un po' tristi. Quando non amiamo, perché non amia­ mo; quando amiamo, perché amiamo...

Kee                               - Allora non potete essere mai felici?

Lorena                          - Oh sì, c'è un momento nel quale siamo felici!

Kee                               - E quale?

Lorena                          - Nei periodi intermedi. Quando in­cominciamo ad accorgerci di amare, e ancora non sappiamo, ma speriamo, di essere ricam­biati.

Kee                               - E adesso, sei allegro o triste?

Lorena                          - Adesso sono allegro, sono allegris­simo... Ma' vorrei diventare tanto triste! Se sa­pessi... Sono tanti anni che non ho più il tempo di esserlo!

Kee                               - Sei un grosso bambino, my little boy... Voi uomini serii siete dei grandi bam­bini...

Lorena                          - Vedrai che finirò col piacerti sul serio!

Kee                               - Chi ti dice che non mi piaccia diggià?

Lorena                          - Sì, ma di più, molto di più.

Kee                               - Che farai?

Lorena                          - Tante cose belle. Perché, vedi, la mia è una continua ascesa... Non credere che sia così facile... Ma sono a buon punto. Intanto non farò più l'avvocato...

Kee                               - Ecco una buona idea!

Lorena                          - Oh, basta!... Ho deciso di non la­vorare più!

Kee                               - Ah no! questo poi no... Non è degno di te. Non mi piace...

Lorena                          - Come! Vorresti che continuassi a fare l'avvocato?...

Kee                               - No, per carità. Ma fannullone no... Dovresti fare di più, molto di più!... innalzarti sempre...

Lorena                          - In che modo?

Kee -                             - Intanto iscrivendoti a una società sportiva. Scegli tra la box, il foot-ball, il polo.

Lorena                          - Il polo?

Kee                               - Sicuro. Eppoi potresti scrivere un bel libro, un libro di poesia, un romanzo... Mi pia­cerebbe che tu diventassi uno scrittore famoso... Perché quando io dormo o sono nel bagno o dal coiffeur, non ne approfitti per scrivere?

Lorena                          - È un'idea...

Kee                               - Eppoi ci sono tanti piccoli campi di attività... Per esempio, mio fratello, si è fatto una rinomanza... Credi... è ricercatissimo in tutti i salotti, in tutti i ricevimenti, perché ha inventato un nuovo coktail senz'alcool.

Lorena                          - Eh! non è mica facile.

Kee                               - Lo credo. Lo estrae dall'alluminio.

Lorena                          - Perbacco!

Kee                               - Se ne avesse bisogno, potrebbe guada­gnare milioni.

Lorena                          - E io che cosa potrei inventare?

Kee                               - Non so. Per esempio, io ho sempre accarezzato l'idea d'inventare un bigliardo a tre sponde...

Lorena                          - Ah!

Kee                               - Eppoi, una cosa anche più pratica... da diventare immortali... Un meccanismo, perché i birilli da bigliardo si rialzino da loro...

Lorena                          - Bello! Eh, ma io vorrei trovare qualche cosa di più... Non so... non so...

Kee                               - (prendendogli le mani) Se sapessi quanto ti amo quando ti vedo così pieno di idee. Così attivo...

Lorena                          - (sdraiandosi) Però... non ti na­scondo che è faticoso!

                                      - (Belli rientra con la signora Corinna).

Belli                              - Perché, vede, signora, si ha un bel fare, un bel dire, ma...

Corinna                         - Eh, ognuno ha il proprio destino segnato.

Belli                              - E se il mio fosse questo?

Corinna                         - (lasciandosi cadere su una poltrona) Mah!

Belli                              - (imitandola) Eh! (rimangono as­sorti).

                                      - (D. d. si ode una risata, poi voci).

Belli                              - (balzando in piedi) Ecco mia mo­glie. (Le corre incontro).

Corinna                         - (alzandosi) Eh, poveretto! An­diamo, Ki-ki... (Esce col cane).

                                      - (La signora Belli, entra in un gruppo di gio­vanotti e di signorine). Signora

Belli                              - Impertinente.

Primo giovanotto          - Perché?

Secondo giovanotto     - Anzi!

Apollo di Belvedere     - Allora, a stasera?

Signora Belli                 - Chissà, vedremo...

Apollo                           - Dica di sì, dica di sì.

Signora Belli                 - (Esce in mezzo ai giova­notti seguita dal marito che tenta inutilmente di parlarle. Le ragazze invece siedono da una parte).

Prima ragazza               - Simpatico!

Seconda ragazza           - Quanti anni avrà?

Prima ragazza               - Venti.

Seconda ragazza           - Eh!

Terza ragazza                - No. Se ne avesse così po­chi non mi piacerebbe.

Prima ragazza               - Sarà la moglie?

Seconda ragazza           - Ti piacerebbe per ma­rito?

Terza ragazza                - Dev'essere ricco. Non fa nulla.

Prima ragazza               - Il marito ideale. Io ho sem­pre sognato...

Seconda ragazza           - Io non vorrei fare la fine di Silvia, che vede il marito mezz'ora al giorno.

Terza ragazza                - Eppoi si lamentano delle mogli!

Seconda ragazza           - Le lasciano sempre sole!

Prima ragazza               - Vediamo chi di noi riesce a farsi guardare! (Si alza e si pavoneggia).

Seconda ragazza           - Vai a prendere quelle ri­viste!

Terza ragazza                - No, vai tu.

Prima ragazza               - No, vado io... (Eseguisce. A Lorena) Mi permette, signore, che prenda una rivista?

Lorena                          - Prego, signora.

Prima ragazza               - Signorina, prego!

Lorena                          - Oh, pardon!

Prima ragazza               - (tornando presso le amiche) Che bella voce! Simpatico!

Seconda ragazza           - Che cosa ti ha detto?

Prima ragazza               - Mi ha detto: « Oh, par­don! ».

Seconda ragazza           - Carino!

Terza ragazza                - Interessante.

Seconda ragazza           - Chissà come balla bene!

Terza ragazza                - Se stasera vengono al dan­cing, lo invito a ballare.

Prima ragazza               - Però queste americane, che antipatiche! Con la scusa delle antichità, ven­gono a prenderci tutti i belli uomini moderni.

 (Lorena guarda l'orologio).

Kee                               - Che cosa fai?

Lorena                          - Non vorrei perdere l'appuntamento con la manicure...

Kee                               - (appassionata) Oh, caro... My love... Ad ogni ora che passa ti sento più vicino al mio cuore... (Turbata) Non avrai già l'intenzione di tradirmi, vero?

Lorena                          - Affatto!

Kee                               - Eppure... quelle ragazze ti mangia­vano con gli occhi. Forse tenteranno di conqui­starti. Non essere civetto, leggero.

Lorena                          - Non temere. Ma nemmeno tu.

Kee                               - Io sono leggera?

Lorena                          - Ti. fai corteggiare da Apollo.

Kee                               - Per una donna è un dovere. Si ha sem­pre il timore di non piacere più e allora si prova, col primo venuto. Ma per giuoco.

Lorena                          - È un giuoco che non mi garba.

Kee                               - ' Non essere provinciale.

Lorena -                        - La gelosia è da provinciali?

Kee                               - Terribilmente.

Lorena                          - E allora io farò lo stesso. Per pro­vare anch'io!

Kee                               - (allarmata) No, tu no. Guai a te. Mi faresti andare suite furie. Ti farei una scenata. Devi amare me, soltanto me, molto. Promet­timi questo, caro.

Lorena                          - Vedremo. Dipende da te. Finora ho fatto tutto ciò che hai voluto, ti ho seguita in ogni tuo capriccio... senza mai protestare... Ho tatto violenza al mio carattere... Giuoco, co­me te... Quando sto per cascare nella rete, mi dico: ricordati che è una vacanza, una distra­zione estiva. Ciò non esclude che si possa... un giorno... chissà? Oh, mi piacerebbe molto. Ma non facciamoci illusioni!

Kee                               - Illusioni?

Lorena                          - Bisogna prendere la vita come vie­ne. Siamo qui per divertirci. Divertiamoci!

 Kee                              - Jak, tu non hai fede in me! (Si com­muove sul serio; le spunta una lagrima) Invece bisogna credermi... Io sono come una bambina.

Lorena                          - Lo so. Ti hanno viziata.

Kee                               - Tutti, tutti. Io vivo così, senza pen­sare.

Lorena                          - Nel tuo paese l'istinto è re. Da noi invece è considerato un anarchico da sorve­gliare.

Kee                               - Vorrei che tu fossi tanto felice con me. (Gli getta le braccia al collo) Non mi hai detto ancora se ti piaccio sul serio.

Lorena                          - Puoi non piacere?

Kee                               - Vorresti vivere con me, sempre?

Lorena                          - Si vorrebbero fare tante cose, a questo mondo!

Kee                               - ' Vuoi che ci sposiamo, Jak?

Lorena                          - Non dimenticare che in Italia il divorzio non esiste.

Kee                               - (un po' imbarazzata) No? Ebbene, non divorzieremo.

Lorena                          - Sei adorabile.

Kee                               - Sì?

Lorena                          - Tu parli di cose serie, senza riflet­tere?

Kee                               - Oh, perché complicare la vita con la riflessione! Questo è bello, questo è brutto, que­sto mi piace, questo no. Ecco. Il resto non conta...

Lorena                          - Proprio come una bambina!

Kee                               - Non voglio che tu mi consideri una bambina. Sono una donna piena di esperienza. Sai che cosa desidero ardentemente, invece? Un piccino, un vero piccino, mio, da tenere sulle braccia.

Lorena                          - E che ne faresti?

Kee                               - Un uomo forte, ricco, potente. Vor­rei che la gente lo ammirasse, io rispettasse...

Un groom                     - (a Kee) Il coiffeur avverte la signora che è a sua disposizione.

Kee                               - Vedi. Non si è padroni un momento di sé stessi. Stai sognando e ti destano.

Lorena                          - Oh, a proposito, io ho la ma­nicure...

Kee                               - A bientót...

Lorena                          - Buona applicazione.

Kee                               - Buona manicure... (Ed esce, grazio­samente).

Lorena                          - (spia che Kee sia uscita, poi come un assetato, si precipita sul giornale e lo scorre avi­damente) Oh, guarda, guarda! Dodici anni! Dodici anni per una simile sciocchezza. Ma chi lo difendeva? Ah, il Barbini. Lo credo. Mi me­raviglia che non gii abbiano dato l'ergastolo.

                                      - (Intanto è rientrato Belli che, tutto pensie­roso si è seduto a un tavolino).

Lorena                          - (continuando a scorrere il giornale) Oh oh! questa è bella! (Si guarda intorno come per sfogarsi con qualcuno e guardando Belli, con l'intenzione di attaccar discorso) Hanno scoperto il burro minerale! Questa fa il paio col coktail estratto dall'alluminio! Cose da pazzi! Ma dove vogliono arrivare?

Belli                              - (freddamente) Non vedo che vi sia nulla di così esilarante...

Lorena                          - Ma come? le sembra verosimile?

Belli                              - Eh! se prima della scoperta dell'elettricità qualcuno gliel'avesse predetta, lei avrebbe riso ugualmente. Giulio Verne insegni...

Lorena                          - Ma non c'è nessuna1 logica, scusi.

Belli                              - Sembra a lei che non s'interessa alla chimica. Ma invece, una mescolanza di azoto, di argilla, di zolfo e di acqua minerale, for­mano già... non siamo ancora al burro, ma in­somma è un principio, formano già una sostan­za lievemente lattiginosa, da cui scaturiscono, specie in talune terre, come avviene in Sicilia, erbe grasse, quali ad esempio il fico d'India.

Lorena                          - Perbacco.

Belli                              - Nella natura, caro signore, non c'è niente d'impossibile. Il nostro sottosuolo è così ricco che io non mi stupirei se un giorno o l'al­tro scoprissero, scavando, una tavola apparec­chiata.

Lorena                          - Difatti a Pompei ne sono state trovate.

Belli                              - Quella è un'altra faccenda. Si tratta di una città sepolta. Di questo passo si arriva fino all'Atlantide. Ma creda, l'avvenire dell'u­manità è sotterra.

Lorena                          - (facendo le corna) Eh, lo so.

Belli                              - Lei scherza perché probabilmente non si dedica a studi scientifici.

Lorena                          - Scusi, lei è uno scienziato?

Belli                              - Astronomo.

Lorena                          - Io ho conosciuto un celebre astro­nomo. Anzi, ho passato con lui molte notti in bianco nell'osservatorio... Interessante, molto. Mi ha fatto conoscere Sirio, Arturo, Procióne, Artorèto, Ateir... Dal nome Atair!

Belli                              - Beato lei... Bella signora la sua...

Lorena                          - Troppo gentile. Ma anche lei...

Belli                              - Io?

Lorena                          - Ma sì. Ho ammirato. A tavola.

Belli                              - Eh! Nebulose...

Lorena                          - Possibile?

Belli                              - Meteore.

Lorena                          - Andiamo, via! Fata Morgana...

Belli                              - Proprio così!

Lorena                          - Oh! e come mai?

Belli                              - (pirandelliano) Mah!... Casi della vita, signor mio!... Siamo qui al mare per di­strarci... E difatti, lei, si distrae...

Lorena                          - E lei no?

Belli                              - Escluso!... Eclissi, capisce? Ecco perché anche il burro minerale può assumere una così grande importanza!... E lei ne ride!...

Lorena                          - Eh, sa... Altre cose da pensare... Mille piccole preoccupazioni... Manicure, coif­feur, sarto, calzolaio...

Belli                              - Ma lei, signor mio, è un mondano! Mi piace la mondanità. L'osservo così, dal di fuori... e mi interessa. Quante volte non ci si ferma davanti a una vetrina a osservare una cosa che non si comprerà mai? Brilla, risplen­de, distrae per un attimo, si rimane lì a guar­dare, senza capire il perché. Mah! beato lei...

Lorena                          - E lei crede che non ci sia rimasto anch'io, a guardare, davanti della vetrina? Al­tro che! Soltanto, a un certo momento, il caso imi ha dato uno spintone e mi sono trovato den­tro la vetrina...

Belli                              - (vedendo passare un cameriere) Ca­meriere? (A Lorena) Mi permette di offrirle qualcosa?

Lorena                          - Grazie. Un coktail...

Belli                              - E per me un vermouth. Come dice­vamo?

Lorena                          - Non ricordo più. Mi sono distratto.

                                      - (Entrano le tre ragazze, dandosi di gomito tra loro, come per ricordarsi un'intesa precedente e si avvicinano a Belli).

Prima ragazza               - (a Belli) Buongiorno, pro­fessore...

Seconda ragazza           - (c. s.) Buongiorno!

Terza ragazza                - (c. s.) Come sta?

Belli                              - Buongiorno, signorine. Bene, gra­zie. Loro si vede... (A Lorena) Le tre grazie dell'albergo...

Lorena                          - (si alza e s'inchina).

Belli                              - (presentando) La signorina Lilì, la signorina Lolò, la signorina Lulu. Il signor...

Lorena                          - Jak Cantù... (Strette di mani).

Prima ragazza               - Molto felice!

Seconda ragazza           - Fortunatissima!...

Terza ragazza                - Piacere!

Lorena                          - Onore il mio, prego... s'accomo­dino, prego...

Prima ragazza               - No, dobbiamo andare...

Seconda ragazza           - Più tardi.

Terza ragazza                - Non dubiti, la ritroveremo.

Seconda ragazza           - Ma certo, al ballo, tra poco...

Lorena                          - Ci sarà un ballo tra poco? Se non è ancora mezzogiorno!

Le ragazze                    - (scoppiano a ridere).

Prima ragazza               - L'aperitif dansant.

Lorena                          - Ah, ecco... Non mancherò...

Seconda ragazza           - Ci possiamo contare al­lora?

Lorena                          - Ma certo.

Prima ragazza               - Allora a più tardi...

Seconda ragazza           - Arrivederla. Arrivederla, professore... (Via di corsa ridendo).

Lorena                          - Carina!

Belli                              - Lei crede che si siano fermate per me? Macché! Si sono fermate per lei.

Lorena                          - (si pavoneggia) Vuol dire?

Belli                              - Signor mio, io non ballo e le ra­gazze d'oggigiorno non pensano che a ballare!

Lorena                          - Le donne hanno sempre pensato a ballare. Il mondo non muta.

                                      - (Lungo squillo di campanello di allarme dell'ascensore. Il portiere si precipita alla portici­na di questo e l'apre. Guardando all’insù).

Portiere                         - Che cosa è successo?

Voce di Kee                 - (dall'alto dell'ascensore che s'è evidentemente fermato) Portiere. Ma che cosa accade qui? L'ascensore si è fermato.

Portiere                         - Stia ferma, signora. Mi racco­mando. Non tocchi nessun bottone. Faccio chia­mare il meccanico. (Il portiere s'avvia).

Voce di Kee                 - Ma presto!

Lorena                          - (fermando il portiere) Cos'è stato?

Portiere                         - Non so come mai... Un piccolo guasto... C'era la sua signora nella cabina dell'ascensore... si è fermato a metà!

Lorena                          - Ma c'è pericolo?...

Portiere                         - Niente. Provvedo subito... (Via).

Lorena                          - (chiamando) Kee... sono io...

Voce di Kee                 - Sii tranquillo caro!

Lorena                          - Dove sei?

Voce di Kee                 - Tra il terzo e il quarto piano...

Lorena                          - Che cosa sei andata a fare lassù?

Voce di Kee                 - Ero andata in terrazza...

Lorena                          - Ma che seccatura!... Non muo­verti!

Voce di Kee                 - No, no...

Lorena                          - (tornando verso il professore) Ma che spiacevole incidente!...

 (Il portiere è rientrato con un meccanico, so­no andati alla porticina dell'ascensore, salgono le scale, le ridiscendono, riescono).

Belli                              - Una cosa da nulla!... (Tace e si mette a guardarlo estasiato).

Lorena                          - Perché mi guarda così?

Belli                              - Lo ammiro!

Lorena                          - E perché?

Belli                              - Per la sua bella spavalderia...

Lorena                          - Spavalderia, io? Perché la mia si­gnora è in ascensore?

Belli                              - Ma no! Che ascensore!... Vorrei so­migliare a lei, sentirmi così sicuro anch'io di fronte alle donne, come si sente lei! Ma come si fa? Mi dica come dovrei regolarmi con mia moglie? Qual'è il segreto?

Lorena                          - Non ci sono segreti! (All'ascen­sore, con voce dolcissima) Kee? Abbi pazienza!

Voce di Kee                 - Sì, sì.

Lorena                          - (a Belli) Non c'è che un segreto: la specializzazione. (Piccola pausa) Lei per esempio sa certamente guidare un'automobile.

Belli                              - Sì. Come tutti!

Lorena                          - Bene: si sentirebbe di mettersi in gara con Nuvolari?

Belli                              - Mi romperei l'osso del collo!

Lorena                          - Ecco. E così è in tutto.

Voce di Kee                 - Jak! Sei sempre lì? Mi aspetti?

Lorena                          - (dolce) Sì, cara! Ti aspetto! Spe­riamo che tu scenda prima di sera!

Voce di Kee                 - Speriamo!

Belli                              - Scusi, scusi, scusi, signor mio! E un astronomo, secondo lei, non può essere anche un amante?

Lorena                          - Amante sì, anche no.

Belli                              - (offeso. Non ha capito, crede d'essere burlato, lo guarda male) Già. Ma con tutta la sua scienza amatoria (pavoneggiando un po') come si comporterà lei, signor mio, di fronte a quel giovinotto che fa l'occhio di tri­glia alla sua signora?

Lorena                          - Eh?! Come sarebbe a dire?

Belli                              - Ma sì... Quell'Apollo di Belvedere...

Lorena                          - Ma mi faccia il piacere! S'imma­gini! Cosa vuole che faccia quell'Apollo! La si­gnora non gli rivolge mai la parola.

                                      - (A questo punto l'ascensore è disceso, la por­ticina si apre ed escono dalla cabina Kee e Apollo di Belvedere).

Kee                               - Eccoci qui!

Lorena                          - Ah!... Ma non eri sola?...

Kee                               - Per fortuna, no!

Lorena                          - Ah!

Kee                               - Il signore mi ha fatto involontaria­mente compagnia...

                                      - (Belli, tronfio, si allontana e dà occhiate si­gnificative a Lorena).

Apollo                           - (pavoneggiandosi) Già. Una piace­vole combinazione.

Lorena                          - (con ironia) Ah!

Kee                               - E stato tanto gentile il signore.

Lorena                          - Ah! piacere!...

Apollo                           - Mi sono permesso d'invitare la si­gnora a fare una gita sul mio moscone...

Lorena                          - Ah c'è anche il moscone?

Apollo                           - Lei permette?

Lorena                          - Perbacco! (Seccato) Ti ringrazio molto! Se la signora ci si diverte, col moscone!

Kee                               - Moltissimo. Tu permetti, vero, my little boy? Vado a indossare il costume da ba­gno! (Via di corsa verso l'ascensore, poi, spa­ventata, infila le scale).

                                      - (Nel palchettone dell'orchestra entrano gli tzigani negri. Nella precedente conversazione i tavolini sono andati man mano affollandosi. I camerieri servono gli aperitivi. Accordi di stru­menti dello jazz).

Apollo                           - (rimasto solo con Lorena, lo guarda e ride sardonicamente).

Lorena                          - (con compatimento) Belle prodez­ze! Piccoli espedienti di repertorio. Mezzucci!

Apollo                           - Mezzucci.

Lorena                          - Sì! L'ascensore! Con venti lire al lift, si può fare anche di meglio!

Apollo                           - . Eh! Duello! Senza esclusione di colpi.

Lorena ........................ - Mi fai pena! Oh! incomincia l'ope­ ri ri/ dansant. (L'orchestra suona: poche battute. Nessuno balla).

Prima ragazza               - (a Lorena) Allora, signori, il primo ballo è per me.

Lorena                          - Si figuri! Con gioia! (E guarda Apollo).

Seconda ragazza           - Il secondo per me.

Terza ragazza                - E per me il terzo.

Lorena                          - Eh! quante clienti!

 (La musica riprende. E Lorena, tra le altre coppie, incomincia a ballare con la prima ragazza).

Lorena                          - Lei è molto carina. Da1 che sono arrivato non penso che a lei. Un sogno ad occhi aperti... (Seguita a ballare).

 (Kee, in costume da bagno e accappatoio, riappare. Apollo le si precipita incontro).

Kee                               - E Jak?

Apollo                           - Balla!

Kee                               - (con stupore) Eh!?

Lorena                          - (lasciando la prima ragazza, durante una breve interruzione dell'orchestra, mentre i ballerini, rimanendo al loro posto, applaudono, e prendendo tra le braccia la seconda ragazza, mentre la danza ricomincia) Lei è molto ca­rina. Da che sono arrivato non penso che a lei. Un sogno a occhi aperti.

Belli                              - (lo sta guardando) È un fenomeno!

Apollo                           - Vogliamo andare, signora?

Kee                               - (pentita e preoccupata) Dove?

Apollo                           - Sul moscone!

Kee                               - Sì... no... dopo... adesso si balla!...

Lorena                          - (stesso giuoco precedente, alla terza ragazza) Lei è molto carina! Da che sono arrivato non penso che a lei... Un sogno a oc­chi aperti!

Apollo                           - (invitando Kee a ballare) Allora... Se permette?

Kee                               - Dopo... al prossimo charleston...

                                      - (La musica smette. Lorena s'inchina alla ra­gazza, fa per tornare al suo posto, vede Kee).

Lorena                          - Oh, mia cara... Non eri col mo­scone?

Kee                               - (sorpresa) Ma tu balli? Così bene? E non me lo dicevi?

Lorena                          - Era la sorpresa!

Kee                               - (ammirata) Jak, sei grande!

                                      - (La musica riprende. Il solo saxofono).

Apollo                           - Signora...

Kee                               - Sono impegnata con mio marito! Do­po... dopo!

Lorena                          - (occhiata significativa a Apollo).

                                      - (Kee e Lorena ballano).

Kee                               - (appassionatamente) Jak, Jak... ti amo, ti amo, lo sai, lo senti?...

Lorena                          - Sì. Ti sento... ti sento!... Ho tutto il tuo corpo tra le mie braccia....

Kee                               - Che vertigine, my darling... my little boy... Kies me, kies me...

 Lorena                         - Non qui... andiamo!...

Kee                               - Non mi crederai... ma mi sento come una1 bimba... È delizioso!

                                      - (Ballando Lorena viene a trovarsi proprio di­nanzi a Belli che continua a studiarlo come un fenomeno).

Lorena                          - (con fatuità, sostando un attimo) Eh! (Musica rumorosa).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena del secondo atto. Pomeriggio.

(Il portiere è al bureau. Entrano le signorine del secondo atto e il portiere le ferma, consegnando a ciascuna un foglio).

Portiere                         - Signorine, signorine, un mo­mento.

Prima ragazza               - C'è posta?

Portière                         - Eh! altro che posta... Guardino qui.

Seconda ragazza           - Che cos'è?

Terza ragazza                - Cosa vuol dire?

Prima ragazza               - (leggendo) Gabinetto del giudice istruttore? Ma non ho fatto nulla di male...

Seconda ragazza           - Oh, Dio, Dio!... Nem­meno io.

Terza ragazza                - Ma come? anche voi?

Seconda ragazza           - Ma cos'è?

Prima ragazza               - Mah!

                                      - (A questo punto entra la signora Corinna).

Portiere                         - (a Corinna, consegnandole un fo­glio) Permette signora? C'è qualche cosa per lei...

Corinna                         - Per me? Chi ami scrive? (Dando un'occhiata al foglio) Eh! Ma che porcheria è questa! Io non sono abituata a certe cose... Non m'è mai capitato... Ma che albergo, che albergo!

 (Entrano alcuni giovinetti).

Portiere                         - Anche per loro signori...

Primo giovinetto           - Cosa?

Portiere                         - (consegna i fogli) Ecco.

Primo giovinetto           - Oh!

Prima ragazza               - Ma è una circolare! L'han­no ricevuta tutti!

Seconda ragazza           - Che sia uno scherzo?

Portiere                         - Oh no. È una cosa seria. L'ho ricevuta anch'io.

Prima ragazza               - Anche lei?

Portiere                         - Tutti quelli che hanno visto...

Terza ragazza                - Di che si tratta?

Primo giovinetto           - Ma non hanno capito? È per il delitto!

 (Apprensione generale).

Prima ragazza               - Ah già, già!...

Seconda ragazza           - Pover'uomo!

Terza ragazza                - Lo condanneranno?

Primo giovinetto           - Una trentina d'anni...

Prima ragazza               - Eh andiamo!...

Seconda ragazza           - Per lo meno!

Corinna                         - Potrebbero anche assolverlo...

Primo giovinetto           - Dipende dai giudici...

Terza ragazza                - Ma come? Ci saranno an­che i giudici domani?

Primo giovinetto           - Ma no! I giudici saranno al processo...

Prima ragazza               - Ma noi, che cosa dobbiamo dire?

Seconda ragazza           - Quello che abbiamo vi­sto!

Corinna                         - Ma se io non ho visto nulla?

Seconda ragazza           - E allora... lei dice che non ha visto nulla... È tanto semplice...

Terza ragazza                - Io invece ho visto...

Prima ragazza               - Non lo dire... Ti compro­metti...

Terza ragazza                - Ma se ho visto!

Prima ragazza               - Non è una buona ragione... Eppoi, che cos'hai visto?

Terza ragazza                - Ho visto che si baciavano...

Seconda ragazza           - Eh! sembrava che avessi visto chissà che cosa!

 Terza ragazza               - Ma poi lo avevano capito tutti che è una donna leggera...

Prima ragazza               - Stai attenta a parlare: ti puoi prendere una querela!

 (A questo punto entra dal fondo la signora Belli con Apollo e si avviano a destra).

Prima ragazza               - Oh, eccola...

Seconda ragazza           - Io non la voglio salutare...

Terza ragazza                - Nemmeno io. (Tutti volgo­no le spalle alla coppia che passa).

Signora Belli                 - (a Apollo) E allora?

Apollo                           - Allora bisogna attenersi a questo... Illusione ottica... (Escono a destra).

Prima ragazza               - Avete visto che sfronta­tezza?

Seconda ragazza           - E che cinismo! Farsi ve­dere col complice!

Terza ragazza                - Come prima! Come se non fosse successo nulla...

(A questo punto entrano tre poliziotti in bor­ghese che, senza guardare in faccia nessuno, cappello in testa, si mettono a prendere misure).

Prima ragazza               - Chi sono?

Seconda ragazza           - Mah!

Terza ragazza                - Cosa fanno?

Portiere                         - I signori desiderano?

Primo poliziotto            - (con autorità) Sttt! La­sciateci lavorare...

Portiere                         - (inchinandosi, tra se) Saranno ingegneri...

Primo poliziotto            - Quanti metri?

Secondo poliziotto       - Undici e sessantatrè di larghezza.

Primo poliziotto            - La vittima si trovava là. Mettetevi là. Il delinquente veniva da questa parte. Voi fate il delinquente. Venite in qua, a lenti passi, parlando...

Terzo poliziotto            - Con chi?

Primo poliziotto            - Parlando forte, tra voi... Fingete di parlare con qualcuno...

Terzo poliziotto            - (avanzando, mormora parole sconclusionate).

 Primo poliziotto           - Alt! Bisogna accendere i lampadari, perché quel giorno era di sera... Portiere, accendete i lampadari... (Il portiere eseguisce) Ricominciamo...

Terzo poliziotto            - (rifà l'avanzata bronto­lando).

Primo poliziotto            - Alt! Manca l'effetto perché c'è troppa luce... Non si vedono le ombre... Non si può ricostruire esattamente... Con l'ef­fetto notturno un dito può sembrare un obeli­sco... Ritorneremo di sera... (Via tutù e tre i poliziotti, in fila indiana, senza salutare nes­suno).

Prima ragazza               - Ma chi erano?

Seconda ragazza           - Dev'essere quello il giu­dice istruttore...

Terza ragazza                - Ma no... Il giudice istrut­tore deve avere la barba... Dev'essere una per­sona imponente...

Corinna                         - Oh che fatti, che fatti! Chissà se lo pubblicheranno sul giornale?

Primo giovinetto           - i Ma c'è già in tutti i gior­nali... Due, tre colonne...

Seconda ragazza           - Un giornale di Genova pubblica anche i ritratti dei protagonisti... Lei viene male in fotografia... Non è fotogenica... Lui invece ci guadagna...

Primo giovinetto           - Eh sì... Ci guadagna trent'anni di galera!

Prima ragazza               - Ma no...

                                      - (Entra Lorena, tutto trafelato, calzoni scuri, nuovissimi sotto una giacca chiara, vecchia, quella del primo atto. Ha la barba trascurata, è tutto spettinato, cravatta di traverso. Asciugan­dosi il sudore).

Lorena                          - Auff! Portiere... Mandatemi una aranciata. (Dalla busta di cuoio trae alcuni fogli che consulta, ecc.).

Prima ragazza               - Chissà se avrà avuto il fo­glio anche lui?

Terza ragazza                - Ora glielo domando... (Si avvicina) Scusi, signor Cantù, lei non ha rice­vuto l'invito?

Lorena                          - Che invito? C'è una festa?

Seconda ragazza           - Altro che festa! Guardi qui... Siamo stati chiamati tutti dal giudice istruttore...

Lorena                          - Ah lo so, lo so... A proposito: mi raccomando che domani non manchino...

Terza ragazza                - Ma scusi, cosa c'entra lei?

Lorena                          - Come! Se lo difendo io, il profes­sore...

Terza ragazza                - Lei? Ma lo farà condan­nare...

Lorena                          - Veramente non m'è mai successo!

Terza ragazza                - Perché ha difeso altre vol­te, lei?

Lorena                          - Sì, qualcuno...

Prima ragazza               - Ma allora, è avvocato sul serio?

 Lorena                         - Dicesi: Sono l'avvocato Lorena... L'hanno mai sentito nominare?

Prima ragazza               - Lorena?... Quello del pro­cesso Kurkans?

Lorena                          - Io!

Prima ragazza               - (delusa) Oh! allora lei non è il signor Cantù...

Lorena                          - Non sono il signor Cantù!

Tutte                             - Oh!... (Si allontanano lentamente).

Corinna                         - (avvicinandosi a Lorena) Scusi, avvocato, c'è pericolo di essere coinvolti?

Lorena                          - Come?

Corinna                         - Sa, dovessero sospettare della mia onestà...

Lorena                          - No, signora, stia tranquilla... Lei è insospettabile!

Corinna                         - Ah, mio Dio! Perché, sa, sul mio conto nessuno ha mai detto nulla! (Vedendo entrare Kee esce).

Kee                               - (entrando da destra) Finalmente ti trovo! Ma che diavolo fai? Da tre giorni sei di­ventato irreperibile. Ti pare una vita questa?

Lorena                          - Ah! sono occupato, ho molto da fare...

Kee                               - Sì, sì, avrai da fare, ma così non si può andare avanti. Non mi accompagni più in nessun posto. Sei mancato al ballo mascherato, al tè di ieri, al garden party...

Lorena                          - Eh, insomma... insomma.

Kee                               - Bada, peggio per te. Ricordati che il torto è sempre degli assenti.

Lorena                          - Che torto?

Kee                               - Capirai... mi vedono sola... natural­mente mi fanno la corte...

Lorena                          - Suppongo che questo non ti dis­piaccia...

Kee                               - Ma potrebbe dispiacere a te. Non si sa mai... (Lo guarda e si accorge di come è ve­stito) Ma come sei vestito? Jak... Jak mio... Ma sei irriconoscibile... Bisogna sorvegliarti come un bambino...

Lorena                          - Oh sai, mi sono vestito in fretta...

Kee                               - Ma neanche la barba ti sei fatto... Jak!

Lorena                          - Più tardi... più tardi...

Kee                               - Suvvia... almeno vai a cambiarti... so­no già le quattro...

Lorena                          - Sì... sì.

Kee                               - Io ti aspetto sulla spiaggia... Ram­mentati che alle cinque c'è il corso dei fiori...

Lorena                          - Ma sì... ma sì...

Kee                               - Non mancare! (Esce dal fondo).

Prima ragazza               - Hai visto, lei, che fred­dezza? ...

Seconda ragazza           - Ha ragione.

Terza ragazza                - È proprio irriconoscibile!

Prima ragazza               - Pare impossibile, che un vestito possa cambiare un uomo così, da un mo­mento all'altro...

Seconda ragazza           - Eh non ti è mai capitato di vedere un ufficiale in borghese? Non è più lui... Sembra subito un pensionato...

 (Entra la signora Belli da destra e si dirige verso Lorena; intanto le signorine a poco a poco escono parlottando').

Signora Belli                 - Oh avvocato, ho proprio bi­sogno di lei...

Lorena                          - Ah! appunto...

Signora Belli                 - L'ha visto? gli ha parlato?

Lorena                          - Sì, sì...

Signora Belli                 - Com'è? Che cosa dice?

Lorena                          - Calmo... tranquillo... Ma ora pen­sare piuttosto al da farsi. Lei che cosa ha de­posto?

Signora Belli                 - Ma...

Lorena                          - Spero bene che abbia riconosciuto il suo torto...

Signora Belli                 - Cioè?

Lorena                          - Ma sì... che lei lo tradiva con quell'Apollo di Belvedere...

Signora Belli                 - Ma che dice avvocato? An­che lei crede a questa infamia?

Lorena                          - Io non credo nulla. Voglio sperare anzi, che non sia vero affatto, ma, per la sal­vezza di suo marito bisogna farlo credere...

Signora Belli                 - Povero Tonino! Ma perché lo devo rendere ridicolo, quando non è vero?

Lorena                          - Questo non è il momento di badare al ridicolo. Lo renda ridicolo finché vuole, ma lo salvi!...

Signorina Belli              - Oh, ma come si fa? Se al­meno fosse vero...

Lorena                          - Questo dipende da lei... Faccia che sia vero...

Signora Belli                 - Avvocato! Ma che cosa mi consiglia? Lei mi spinge alla perdizione...

Lorena                          - Insomma: che cos'ha deposto?

Signora Belli                 - La verità.

Lorena                          - Cioè?

Signora Belli                 - Che quel giovinotto mi cor­teggiava con una certa assiduità, come corteg­giava altre signore... Anche la sua, del resto...

Lorena                          - Prosegua...

Signora Belli                 - Quella sera m'ero trattenuta con lui nella hall a discorrere un po' più del solito, mentre gli altri erano andati a letto: non avevo sonno, ero nervosa, il ballo mi aveva un po' irritata... Quel giovinetto mi fece bere due coktails, uno dopo l'altro... mi parlò di amore, di poesia, di Capri, della Tripolitania... mi re­citò dei versi, io non capii più nulla e mi lasciai baciare...

 Lorena                         - A lungo? Signora

Belli                              - Così così...

Lorena                          - Mi spieghi bene... Come, così? (E la bacia lunghissimamente).

Signora Belli                 - (serena, come si trattasse di nulla) Un po' meno di così...

Lorena                          - (serio, prendendo appunti) Ho ca­pito. E poi?

Signora Belli                 - Poi... mi parlò di altre co­se, fantasiose... romantiche... e mi lasciai ba­ciare un'altra volta...

Lorena                          - Sempre un po' meno di...

Signora Belli                 - Sì... Un po' meno di... ma un po' di più di...

Lorena                          - Ho capito. (Appunti) E allora?

Signora Belli                 - Allora, tutto a un tratto comparve lui... scivolando nell'ombra, in pigiama e galoches... gridando minaccioso la famosa frase: «Ah vi ho colto, sciagurati! ». E sparò... Io sentii un gran fracasso, perché aveva colpito quel gran vaso di ceramica che era là. Apollo fuggì e io mi rifugiai nell'ascensore gridando a più non posso!... Scusi, avvocato, ma potrà ot­tenere la libertà provvisoria?

Lorena                          - Ma che libertà provvisoria! Non ne parliamo neanche... Per ora l'accusa è di mancato omicidio, signora mia... Non c'è che da affrettare il processo e lavorare per l'asso­luzione...

Signora Belli                 - Oh Dio! Per una leggerez­za! (A questo punto si volta, per caso, e vede, in fondo, Apollo e Kee che stanno parlando te­neramente. Fa una smorfia accompagnata da un'esclamazione di terrore) Oh!

Lorena                          - (fa per voltarsi a sua volta).

Signora Belli                 - (impedendoglielo) No...

Lorena                          - Che c'è?

Signora Belli                 - Non guardi, avvocato...

Lorena                          - Che cosa?

Signora Belli                 - Niente, niente...

Lorena                          - (si volta e vede i due).

Signora Belli                 - (melodrammatica) Fer­mo!... No! non dia peso ai gesti cretini di quel ragazzaccio... che compromette tutte le signore e finirà col trasformare quest'albergo in un cel­lulare!...

Lorena                          - (calmissimo) Oh... li lasci fare... sono giovani... è la loro età...

Signora Belli                 - Ah!... allora... se la pren­de su questo tono...

Lorena                          - E che vorrebbe? che sparassi anch'io? Non siamo mica al tiro al bersaglio! Pensiamo piuttosto alle cose serie... Adesso lei vada e stia calma... non abbia paura. Io cer­cherò di fare tutto quanto è in me. Intanto, la farò chiamare di nuovo dal giudice istrut­tore, il giudice istruttore insisterà per strappar­le una confessione completa... e lei... mio Dio... non confesserà, ma lascerà dubitare... con qual­che silenzio... qualche reticenza... Insomma, bi­sogna creare il dubbio, ecco. Mi basta il dub­bio... Poi, lasci fare a me.

Signora Belli                 - (congedandosi) Grazie, av­vocato... (Andandosene) Mah!... Se avessi sa­puto che occorreva questo... Perché, dopo tut­to, l'onestà costa fatica!... (Via a destra).

Lorena                          - (si mette a cavalcioni di una sedia, fissando i due che non si avvedono e continuano a discorrere. Quando si voltano) Bene, bra­vi, bis.

Kee                               - (si alza e gli si avvicina) Che pensi?

Lorena                          - Io? nulla.

Kee                               - Non sei andato a cambiarti?

Lorena                          - (ad Apollo) Vieni avanti, caro Bel­vedere.

Apollo                           - Si stava parlando del delitto...

Lorena                          - Ah, del delitto? E tu, come credi di uscirne?

Apollo                           - Io che c'entro?

Lorena                          - Come? Non sei uno dei protago­nisti?

Apollo                           - Protagonista, io?

Lorena                          - Certo... più di quella povera si­gnora che hai compromesso e di quel disgra­ziato di professore che se la fa con le stelle.

Apollo                           - Io?

Lorena                          - Ma sì, caro. Sei tu, tu il maggior responsabile.

Apollo                           - Se non ho fatto nulla!

Lorena                          - Tu non fai mai nulla... Ti pavo­neggi. Le donne sono sensibili alle apparenze, anche le intelligenti. E così voi, con la minima fatica, riuscite spesso ad apparire interessanti. Conducete un'esistenza vuota ed inutile, ma che importa?

Apollo                           - Ma che storie son queste?

Lorena                          - Non andartene. Aspetta. Questa volta ti è capitato un infortunio sul lavoro. Pre­metto che mi sei simpatico, perché, a ben riflet­tere, i tipi come te spesso fanno le vendette degli uomini seri. Forse voi servite la legge d'equilibrio che regola il mondo. Quando non si sa ridere a tempo, non si sa perdere un po­meriggio in un trattenimento mondano, in una gita, si rischia di farsi soffiare la dama. Nel settecento esistevano per questo i cicisbei. Ma la vostra superficialità delude le donne. Per merito vostro, apprezzano noi, rispettano il no­stro lavoro. Ciò basta alla nostra indulgenza. Ti ripeto: mi sei simpatico. Tuttavia, qualche verità bisogna che te la dica.

Kee                               - Poverino, lascialo andare!

Lorena                          - Tu fai un giuoco pericoloso. Uno come te, la nostra gentile amica, ha avuto la tentazione di spedirlo al mondo di là. (Prende una mano di Kee) Queste belle manine, così morbide, può accadere che si armino per la vendetta. Fin dall'età della bambola, hanno l'istinto di rompere il fantoccio per tirarne fuo­ri la stoppa.

Kee                               - Jak!

Lorena                          - È Lorena che parla, ora. L'avvo­cato. (Ad Apollo) Dunque, ti metterò in catti­va luce dinanzi a tutti. E ne approfitterò, for­se, per fare una requisitoria contro gli abusi della bellezza, che sono i più deleteri. Non mi lascerò sfuggire l'occasione. Sentirai. Sarà una conferenza magnifica!

Apollo                           - (infastidito) Siamo seri, avvocato. Lei dica ciò che vuole, difenda il suo cliente come meglio crede. E sfoghi pure la sua rabbia contro di me perché ho vinto la scommessa.

Lorena                          - (soprapensiero) La scommessa?

Apollo                           - Ma sì, non ricorda?

Kee                               - Hai scommesso con lui?

Lorena                          - Oh, sciocchezze!

Apollo                           - Sciocchezze che bruciano.

Lorena                          -Sì. Voleva portarti via a me e mi ha sfidato a difendermi.

Kee                               - Mascalzone!

Lorena                          - (le bacia la mano) Grazie, cara.

Apollo                           - (furente) Se lei mi ha visto finora deferente verso di lei, per la sua fama, per la sua età, non per questo devo supporre che mi lascerò pestare i piedi da lei. So anche essere meno elegante, avvocato! Se vuol proprio sa­perlo, me ne infischio del foro e delle sue il­lustrazioni. Al momento buono, con quattro sciabolate metto a posto tutto. Ha capito? (In­chinandosi a Kee) Signora... (E via).

Lorena                          - Povero ragazzo!

Kee                               - Lo hai mortificato troppo. È un gen­tleman.

Lorena                          - Quando di un uomo non si può dire altro di bene, si dice che è un gentlemen. In tal caso, i francesi, più realistici, dicono vaurien.

Kee                               - (ride) Sei divertente, Jak! Adesso va a far toilette.

Lorena                          - L'ho già fatta.

Kee                               - Se ti vedessi. Hai i calzoni, che sto­nano con la giacca...

Lorena                          - È di moda. Kee …. Sei spettinato, impresentabile.

Lorena                          - Non è vero. Mi sono presentato al procuratore della Repubblica, che mi ha rice­vuto con la massima deferenza.

Kee                               - Anche questa ripresa della tua atti­vità d'avvocato! Se mi avevi promesso...

Lorena                          - Che cosa?

Kee                               - Di metterti a fare l'inventore, non so, il romanziere...

Lorena                          - E hai pensato che dicessi sul se­rio? Si può cambiar mestiere, alla mia età?

Kee                               - Tutta colpa di quella stupida della signora Belli. Avevi dimenticato anche il Codi­ce. Non consultavi più i tuoi libroni... non par­lavi più di delinquenti... Ti ha fatto venire la nostalgia della toga.

Lorena                          - (sorridendo) No, cara. Anche sen­za la signora Belli sarebbe stato lo stesso. Per vivere, sopratutto con una donnina elegante come te occorre denaro, molto denaro. Bisogna approfittare di tutte le occasioni.

Kee                               - E allora?

Lorena                          - Allora, che cosa?

Kee                               - Noi?

Lorena                          - Noi? Lo stesso... Torniamo in cit­tà, e si va avanti, finché tu non ne sarai stanca.

Kee                               - (pensa un momento) Se non se ne può proprio fare a meno...

Lorena                          - Ci stai con piacere con me?

Kee                               - (gli prende un braccio e gli si addossa, graziosa) Molto.

Lorena                          - Perché?

Kee                               - Non so... Jak! Perché sei simpatico, cordiale, buono, perché non mi contraddici mai... Perché... Sai che debbo dirti? Tu sei il solo uomo che mi abbia realmente compresa...

Lorena                          - Sì?

Kee                               - Sì, serio, non geloso ma nello stesso tempo affettuoso. Insomma hai tutte le qualità.

Lorena                          - -Sei molto gentile. Ti ringrazio. Non vorrei però che ti fossi fatta un'idea falsa sul mio conto.

Kee                               - Non credo.

Lorena                          - Mi hai visto così arrendevole ai tuoi capricci, sempre pronto a secondarti in tutto.

Kee                               - Lo so bene. Perché?

Lorena                          - Riprendo a poco a poco il mio aspetto normale.

Kee                               - Ti farai ricrescere la barba?

Lorena                          - Rimetto a posto i miei connotati. La gente mi conosce così.

Kee                               - No, Jak, non farlo!

Lorena                          - E poi sarà bene che c'intendiamo su tutto. Io non potrò frequentare i tè, i dan­cing. Me ne manca il tempo e la voglia. E non potrò neppure mutar d'abito continuamente co­me facevo qui. Intanto non è serio e poi tu credi che mi servirebbe a qualche cosa? Ho ben altro da fare. Figurati che spesso, la sera, pran­zo così tardi, che non posso più andare alla Scala e ti assicuro che è una bella privazione per me. Ci vuol pazienza!

Kee                               - Dici queste cose per provarmi, vero? Per vedere se ti amo sul serio?

Lorena                          - Anche. Per non ingannarti, anzi­tutto. Temo che le molte ore di solitudine che conoscerai, accanto a me, ti peseranno molto e ho timore anche che tu non riesca ad occuparle leggendo buoni libri, facendo passeggiate in auto, andando a prendere il tè con qualche si­gnora che potrò presentarti; evitando - que­sto è essenziale   - di farmi dubitare della tua fedeltà. Siamo d'accordo?

Kee                               - Cosicché, in tutti questi giorni non hai fatto che mentirmi? Mi avevi fatto credere di essere abbastanza ricco per non lavorare più; di voler fare una vita mondana, viaggiare, di­vertirci.

Lorena                          - È stato un sogno. Un bel sogno!

Kee                               - Non sei sincero nemmeno tu!

Lorena                          - Sono sincero quando ti dico che mi piaci e che vorrei amarti.

Kee                               - Ah, non ti credo più. Sei come tutti gli altri. Un egoista bugiardo. E poi accusate noi donne di mentire!

Lorena                          - Vedi? Appena ti ho parlato since­ramente, da uomo, ho cominciato a piacerti meno. Lo sapevo prima.

Kee                               - Ah, lo hai fatto apposta? Per la­sciarmi?

Lorena                          - Per non andare incontro a dispia­ceri... Non sono nato oggi. Sarà pure accaduto qualche cosa nella mia vita per farmi dubitare anche di me stesso. Gli uomini come me, per le donne ambiziose, molto eleganti, molto bel­le, molto corteggiate, esuberanti, irrequiete, so­no troppo seri, noiosi. L'amore che possono dare è intenso, magari appassionato, ma appa­rentemente distratto, senza slanci, tranquillo, un po' monotono. Se dovrai lasciarmi tra un mese, magari con parole sgarbate, non è meglio farlo subito, qui, nel mondo delle favole?

Kee                               - Di' la verità. Tu credi ch'io sia in­namorata di quell'imbecille di Belvedere? Ti giuro che mi è odioso.

Lorena <                       - Lo credo.

Kee                               - Non ti piaccio più?

Lorena                          - (serio, l'abbraccia) Vorrei essere ricco, per poter disporre del mio tempo per dedicartelo interamente. Non mi è mai piaciuta una donna quanto te! Sarebbe così bello... Soli, noi due, viaggiare, essere felici, senza ombre. Gli uomini della mia specie sanno apprezzare questo supremo dono che voi rappresentate sul­la terra...

Kee                               - (affettuosa, senza comprendere il senso delle parole di Lorena) E allora non lasciar­mi... Proviamo... Chissà? Non son mica una sciocca, io. Vedrai... Una cosa soltanto ti chie­do: non farti ricrescere la barba... E prometti di non leggere libri e giornali quando sei con me. Non è meglio discorrere?

Lorena                          - (sorridente, l'accarezza) E va be­ne. Farò come tu vuoi.

Kee                               - Allora, d'accordo?

Lorena                          - D'accordo.

Kee                               - Vai a vestirti. Ci troveremo tra qual­che minuto, qui. Sì?

Lorena                          - Sì. (La bacia).

                                      - (Kee esce).

Lorena                          - (rimane assorto, triste. Poi dà una scrollata di spalle e chiama) Cameriere.

Cameriere                     - (accorrendo) Il solito wisky, signore?

Lorena                          - No, gradirei un bicchiere di birra. E un sigaro. (Richiama il cameriere che s'è av­viato) Ah! Chiamatemi il signor di Belvedere... (Tra sé) Ma che uomo!

Cameriere                     - Il signor di Belvedere è in sala di scherma.

Lorena                          - Ah, si agguerrisce! Chiamatemelo ugualmente. (Il cameriere fa per uscire quando Apollo entra).

Apollo                           - (in tenuta da scherma, guantone, ma­schera rialzata sulla fronte, fioretto nella mano) Cameriere! Non c'è nessuno di là?

Cameriere                     - Il signor Cantù la desidera.

Apollo                           - Sono molto occupato. Portatemi un pacchetto di Lorains. (Il cameriere esce).

Apollo                           - Il signore voleva me?

Lorena                          - (ridendo) Il signore voleva pro­prio te.

Apollo                           - Non è il momento di scherzare.

Lorena                          - Infatti ti sei vestito da persona seria.

Apollo                           - Insomma?

Lorena                          - Dunque...

                                      - (Entra il cameriere che reca birra, sigaro e sigarette ed esce).

Lorena                          - Dunque, a che punto sei con la bella signora Kee?

Apollo                           - Questo non la riguarda.

Lorena                          - Mi riguarda invece moltissimo.

Apollo                           - Se fossi a buon punto, crede che verrei a raccontarlo proprio a lei? Sono un gentiluomo.

Lorena                          - Certo. Lo racconteresti a tutti, fuori che a me. Però, te l'ho ricordato or ora, fra noi due è corsa una sfida...

Apollo                           - (mostra il fioretto) Infatti.

Lorena                          - Non questa... un'altra.

Apollo                           - Ma...

Lorena                          - Lasciami dire. Dunque, non sei a buon punto. Questo è matematico. Però, e poi dimmi che non sono gentile... Voglio portartici io, a buon punto.

Apollo                           - Eh?

Lorena                          - Ma sì.

Apollo                           - E come?

Lorena                          - Eclissandomi. Io parto fra poco. Solo. Non la saluto neppure. La signora andrà su tutte le furie... le darai ragione... le dirai di me tutto il male possibile... che nulla imi sarebbe più penoso che saperla tra le tue brac­cia... Il resto vien da sé.

Apollo                           - Sempre scherzi.

Lorena                          - Dico sul serio. Non lo faccio certo per i tuoi belli occhi. Ma ho deciso di rientrare nelle mie spoglie. Questi pochi giorni mi sono bastati per sperimentare un fatto di cui ho sempre avuto il presentimento: Dongiovanni non è che un rinunziatario, senza personalità, senza carattere, una maschera e basta. È umi­liante. Comunque, la professione dell'amante dev'essere esclusiva e richiede sacrifici enormi.

Apollo                           - Professione?

Lorena                          - La più faticosa. Ti prende ogni ora, ti inibisce ogni gesto spontaneo... Non è per me. Ascoltami. Tra due minuti la signora verrà a cercarmi... o meglio, a cercare Jak. Troverà te. Un altro Jak. Tutti gli Jak si somigliano. Fatti trovare così. Farai colpo. L'abito sportivo ti dona... Siedi. Così... (Lo accomoda e lo guarda in prospettiva, da pittore) Metti meglio quella gamba... appoggia il gomito... I Ecco. Lievemente assorto... romantico... Ah, un momento. Cameriere. Faccio portar via il bic-chiere perché la signora non creda che bevi birra. E volgare. (Al cameriere) Portate via. (Il cameriere esce) Eccola. Mi nascondo. Quan­do ti vedrò avviato me ne andrò. In bocca al lupo. Ciao. (Esce da sinistra).

Kee                               - (rientra da destra. Ha mutato abito. Pri­ma di apparire chiama) Jak! (Vede Apollo) Avete visto Jak?

Apollo                           - Il vostro caro Jak se n'è andato.

Kee                               - Dov'è andato?

Apollo                           - Via. È partito.

Kee                               - Non è vero.

Apollo                           - Cercatelo e vedrete.

Kee                               - Cameriere! Non è possibile che se ne sia andato così. Senza ragione. Era qui con me un momento fa.

Apollo                           - Voi non lo conoscete, Lorena. Vi ha presa in giro. Lo ha fatto per offendere me, per darmi, dice lui, una lezione. Ma ha altro per il capo che l'amore, quello là. Io se fossi in voi, mi vendicherei andandogli a passeggiare sotto il muso con un altro.

Kee                               - Con chi per esempio? Con voi?

Apollo                           - Perché no?

Kee                               - Ah, è per questo? Povero stupido. Ma non capite che mi fate pietà! Andatevene, non fatevi più vedere da me. Fantoccio!

Apollo                           - Si comincia sempre col disprezzo.

Kee                               - Vi farò vedere. Cameriere! Jak!

Lorena                          - (riappare) Che è accaduto, mia cara?

Kee                               - L'ho con quell'imbecille. Voleva far­mi credere che tu eri fuggito.

Lorena                          - Son mezzucci sleali!

Apollo                           - Riparleremo anche di questo. (Via).

Kee                               - Quando partiamo?

Lorena                          - Hai riflettuto bene?

Kee                               - Parli sempre di riflettere. So che vo­glio restare con te.

Lorena                          - Pensaci bene. Se ne farai qualcuna delle tue, non mi vedrai più sorridente come ora.

Kee -                             - Saresti capace di picchiarmi?

Lorena                          - Spero di no. Ma non si sa mai!

Kee                               - Ti adoro, Jak! (Si baciano).

                                                          

FINE