Il filosofo

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Carlo Goldoni

IL FILOSOFO

Intermezzo di due parti per musica rappresentato per la prima volta in Venezia l’autunno dell’anno .

PERSONAGGI

ANSELMO LESBINA

PARTE PRIMA

SCENA PRIMA

Anselmo solo. Mondo, misero mondo! Ognuno ti strapazza, E par che sol tu sia La cagion d’ogni danno. Oh di stolto pensier brutale inganno! La più bella fattura, Delizia de’ viventi, Ricreazion de’ mortali, Sarà fonte de’ mali? Oibò, pensate! È l’umana malizia Che il bene in mal converte, E, con ingorde voglie, Dove trovasi il mel, tosco raccoglie. Ma che veggo? Una donna! Io mi nascondo. Donna fatal, per cui sì brutto è il mondo!

SCENA SECONDA Lesbina e detto.

LESB.              Signor, perché fuggite?

Sono forse una furia,

Che v’arrechi timore?
ANS.               D’una furia la donna è assai peggiore.

LESB.              Affé, che v’ingannate;

Se fossero le donne orrende tanto,

Dagli uomini sarian meno bramate.


ANS.

Quei che non han giudizio,

Soglion sempre scherzar col precipizio.

LESB.

Signor, d’un grand’affare

Favellarvi degg’io;

Certa difficoltà bizzarra e strana...

ANS.

Parlate alla lontana.

LESB.

Proponervi vorrei, se mi è permesso...

ANS.

Ditela pur, ma non mi state appresso.

LESB.

Di che avete timor?

ANS.

Ah, non vorrei

Che gli atomi invisibili

D’un femminil sembiante

Facessero il mio cor misero amante

LESB.

I filosofi dunque

Son capaci d’amore?

ANS.

E in che maniera!

Se un uomo virtuoso

Ad impazzir comincia, egli diviene

In breve tempo pazzo da catene.

LESB.

(Volesse il ciel che arrender potess’io

Il filosofo ricco all’amor mio!)

ANS.

Orsù, spiegate tosto

Il vostro dubbio.

LESB.

Udite:

Voglio saper se il matrimonio sia,

Come vogliono alcuni, una pazzia.

ANS.

In massima dirò che il matrimonio

Necessario si rende al nostro mondo.

Ma chi meglio l’intende,

Per fuggir i travagli, e viver sano,

Da un laccio sì crudel vive lontano.

LESB.

E pur ve ne son tanti

Di contraria opinione,

Che si mariteriano ogni stagione.

ANS.

Ma s’io solo restassi

Fra gli uomini viventi,

Francamente rispondo

Che già per me si finirebbe il mondo.

LESB.

Tanto nemico voi del nostro sesso?

ANS.

Non mi venite appresso.

LESB.

E se donna gentil di voi invaghita

Vi chiedesse pietà?

ANS.

Sarei lo stesso.

LESB.

Perché così crudel?

ANS.

Non tanto appresso.

LESB.

Se una donna vi dicesse:

«Nel mio petto sento il core

Tutto fiamme, tutto ardore;

Voi ne siete la cagione,


Deh movetevi a pietà ». Che direste? Che fareste? Non sarebbe buon’azione Il mostrarle crudeltà.

ANS.               S’arde per me qualcuna,

Acciò l’ardor non cresca

Io la consolerò con l’acqua fresca.
LESB.              Vi vuol altro, signore!

Orsù, mi meraviglio

Che un uomo come voi dotto e civile

Dia in un pensier sì vile.
ANS.               Nella filosofia non v’è precetto

Che m’obblighi all’affetto.
LESB.              Se la filosofia dunque obbligasse

Ad amar, amereste?
ANS.               Io certamente

Farei quel che far deve un uom sapiente.
LESB.              Dunque aspettate un poco.

A’ piedi delle scale

V’è un giovine studente;

Egli provar s’impegna,

Che l’amar una donna

D’un filosofo saggio è cosa degna.
ANS.               Venga. S’egli lo prova, io vi prometto

Alle fiamme d’amore aprire il petto.
LESB.              Vinto dalla ragione

Resterete addrittura.

(Soccorretemi voi, arte e natura). (parte)

SCENA TERZA

Anselmo solo.

Chi sarà mai quell’ignorante ardito

Che mi voglia provar cosa sì strana?

Sarà forse un di questi

Filosofi moderni,

Che sogliono offuscar l’altrui ragione

Con l’amor di Platone.

Questa invalsa nel mondo

Diabolica dottrina

Quante volte l’onor manda in rovina!

Certe visite fatte in ora fresca,

Certe conversazion di vario sesso,

Quel, sedendo d’appresso,

Toccarsi or con le mani, or con il piede,

È platonico amor? Pazzo chi il crede.


Chi consuma l’entrate in regaletti,

Chi maltratta la moglie

Per cagion del genietto,

Chi piange, chi sospira,

Chi geloso s’adira,

Chi con la vaga sua vive felice:

Questo è amor di Platon?

Pazzo chi il dice.

Tutti, tutti i seguaci

Di sì bella morale

Dicon ch’è gran delitto il pensar male.

Vede una madre vagheggiar la figlia,

Né dice una parola,

Seguendo anch’essa di Platon la scuola.

Li maritati poi,

Del volgo ignaro per sottrarsi all’onte,

La scuola di Platon portano in fronte.

È questa l’usanza Che corre oggidì: Lo sposo di là, La sposa di qui. Non so se Platone Faceva così.

SCENA QUARTA Lesbina in abito da Studente, e detto.

LESB.

Signor Anselmo, il ciel vi dia contento.

ANS.

L’uomo sempre è beato,

Se si vuol contentar del proprio stato.

LESB.

Ma lo stato è migliore

Di chi sente nel petto

Qualche fiamma gentil d’onesto affetto.

ANS.

Falsissimo principio.

LESB.

Anzi infallibile,

Come sarebbe a dir, l’uomo è risibile.

ANS.

Se tal proposizione

Voi sapete provarmi,

Prego il cielo, signore, (oh che scongiuro!)

Lo dirò, prego il ciel d’innamorarmi.

LESB.

Ascoltatemi, dunque, e rispondete.

Negar non mi potete

Che in questo nostro mondo

È la vita il maggior di tutti i beni.

ANS.

È vero.


LESB.                          E che la morte

Questo gran ben ci toglie.
ANS.                                                        È ver pur troppo.

LESB.              Il conforto maggior che nella morte

Provi l’uomo languente,

È il lasciar ne’ suoi figli

Un’immagine sua viva nel mondo.
ANS.               A questo non rispondo.

Si sa che la natura

Inclina ad eternar la propria spezie.
LESB.              Questo conforto, dunque,

Quel che moglie non ha, non può sperare.
ANS.               Voi dite ben.

LESB.              (Comincia a vacillare). (da sé, con gioia)

Ma chi vuol prender moglie,

Deve pria innamorarsi.
ANS.               In questo passo voi fallate assai.

Vi son de’ maritati

Che non s’erano pria veduti mai.
LESB.              Sì, ma in tal matrimonio,

Più d’un tenero amor, v’entra il demonio.

Che val somma ricchezza,

Che vale ogni grandezza,

Se l’amore non v’è?
ANS.                                              (Questo studente

Nella scuola d’amor è un gran sapiente).
LESB.              Concludiamola dunque.

L’amore è una virtude

Che anima si può dir di tutto il mondo.

Ei fa l’uomo giocondo,

Gli reca in dolce guisa

Conforto ne’ travagli, e nelle gioie

Moltiplica il piacer. Aman le piante,

Aman le belve ancor, aman le pietre,

Più di tutto insensate,

E voi, che siete un uom, voi non amate?

L’agnellino ama l’agnella, Ama il toro la torella, L’usignolo in sua favella Va dicendo: «Ardo d’amor».

ANS.               Amico, tai ragion m’avete detto,

Ch’io già vinto mi rendo.
LESB.                                                      Or ricordatevi

Del vostro gran scongiuro, e innamoratevi.
ANS.               Difficile cred’io

Trovar donna che piaccia al genio mio.

Io son dato agli studi,

Le donne per lo più son vanarelle.


LESB.              Credete non vi siano

Donne nella virtù versate e franche?
ANS.               Sì, ma son rare come mosche bianche.

E poi, se ve n’è alcuna

Che sia un poco sapiente,

Tosto divien superba e pretendente.
LESB.              Signor, io vi propongo

Una giovine onesta,

Che non avrà certi catarri in testa.
ANS.               Fate pur che la veda,

E se mi piace, io sarò suo marito.
LESB.              Andremo a visitarla;

Ma quest’abito vostro,

Ch’è da stoico assai più che aristotelico,

Non mi sembra decente.
ANS.               Quest’è un abito alfin d’uomo sapiente.

LESB.              Sì, sì, ma con le donne

Cotanta antichità non istà bene.

Se volete tentar d’esser suo sposo,

Comparite più vago e spiritoso.
ANS.               Basta, m’ingegnerò, benché sia troppo

Difficile ad un savio

L’uniformarsi al gusto d’oggigiorno.

Tanti pizzi d’intorno,

Tanta polve di Cipro e tanti fiocchi,

Tante superflue gale,

Son fumo senza arrosto

Di zucche senza sale.
LESB.              (Consolati, mio core,

Che la filosofia vinta è da amore).
ANS.                    Andiam, signor studente,

La dama a visitar.
a due                     Oh gran virtù d’amore,

Che mi fa giubilar!
LESB.                   Alla dama spiritosa

Voi farete un complimento.
ANS.                    Come, come! Questa cosa

Or mi pone in gran spavento.
LESB.                   Nol sapete?

ANS.                                       Signor no.

LESB.                   Dunque a voi l’insegnerò:

Padrona illustrissima,

Che fa? come sta? La prego, s’accomodi.

No, no, non s’incomodi,

Son servo divoto

A tanta beltà.

ANS.                    Padrona illustrissima...


LESB.

Un poco più basso.

ANS.

Che fa? come sta?

LESB.

Movete quel passo.

ANS.

Così?

LESB.

Signor no.

ANS.

Così?

LESB.

Signor sì.

ANS.

Son servo divoto.

LESB.

Un poco di moto.

ANS.

S’accomodi, non s’incomodi.

LESB.

Rispetto, umiltà.

ANS.

Che pena, che imbroglio!

LESB.

Più lesto vi voglio!

ANS.

Sarò spiritoso,

Galante, grazioso.

LESB.

Ed io goderò.

ANS.

Fra pochi momenti

Maestro sarò.

LESB.

Fra pochi momenti

Maestro vi fo.


PARTE SECONDA

SCENA PRIMA

Lesbina sola.

Chi ben comincia è alla metà dell’opra;

Onde ho sicura spene

Di finir ben, se cominciai sì bene.

Il filosofo alfine io persuasi

Ad esser meno austero,

E in breve non dispero

Renderlo ancora amante

Con la virtù d’un femminil sembiante.

Per far che maggiormente

Egli di me s’accenda,

Farò che il mio saper siami di scorta:

Già imparai quanto basta

Per comparire in tal materia accorta.

Fin ch’ei sia preso al laccio

Sarò modesta e umile,

Ma quando sarò moglie,

Col filosofo mio cangerò stile.

Eccolo: a te, Lesbina:

Vincendo un uomo dotto

Farai vedere al mondo

Che le donne non van sempre al di sotto.

SCENA SECONDA Anselmo e detta.

ANS.

Siete voi la signora... (oh m’è scappata!)

Perdonatemi in grazia: è lei la dama

Padrona della casa?

LESB.

Al suo comando.

ANS.

(Già mi vado imbrogliando).

LESB.

(Questo è un uomo davver fatto all’antica).

ANS.

Ditemi... no: mi dica...

Orsù, signora, datemi licenza,

Se volete ch’io parli,

Di poter favellar in confidenza.

LESB.

Vussignoria si serva come vuole.

ANS.

Questo vussignoria lasciar si puole;

Se parliamo tra noi,


Basta il titolo voi.

LESB.

Dunque, signor, se voi...

ANS.

Zitto in malora;

Il termine signor lasciate ancora.

LESB.

Sapete pur che adesso

Tutti i titoli son superlativi.

ANS.

Pur troppo il so benissimo

Che chi ha lustro il vestito è un illustrissimo?

Ma ditemi di grazia:

Siete voi letterata?

LESB.

Quanto basta

A un femminil talento.

ANS.

(Se è dotta quanto è vaga, ella è un portento).

Studiaste la Grammatica?

LESB.

Sicuro.

Onde per saper dir la mia ragione,

Non la cedo in astuzia a un Cicerone.

ANS.

Ancor l’Umanità?

LESB.

Per dirla schietta,

In ciò son già perfetta.

ANS.

Rettorica?

LESB.

Pensate!

Ho un’arte sì eccellente,

Che ognuno persuader può facilmente.

ANS.

(Quest’arte traditora

Il cor d’Anselmo ha persuaso ancora).

E la filosofia come v’aggrada?

LESB.

Mi piace la Morale,

Perché co’ suoi precetti

Par che meglio s’accosti al naturale.

ANS.

(Il cor mi sento ucciso

Dalla moralità del suo bel viso).

LESB.

Appresi dunque che talvolta un core

Per simpatia può delirar d’amore.

Tutti voglion che si dia

Certo amor di simpatia,

Cui non possa senza sforzo

L’uom talvolta dir di no.

ANS.

(Aimè, pur troppo è vero un tal precetto,

Se mirando quel volto

Introdurmi nel cor sento l’affetto).

LESB.

(Il dotto va cadendo).

ANS.

Avete messa in pratica

Ancor codesta massima?
LESB.              Signor no, perché dubito

Di far qualche sproposito. Che se non trovo un uomo letterato, Farei all’esser mio non lieve scorno.


ANS.

(Questa è per me: filosofia, buon giorno).

LESB.

Comodatevi, in grazia.

ANS.

Eh, non son stanco.

LESB.

Almen per compagnia.

ANS.

Oibò, pensate! il mio temperamento

Niuna cosa sa far per complimento.

Io non sono uno di quelli

Ganimedi pazzarelli,

Che fortuna solo chiama

Il patir per la sua dama,

E che brama

Solo ad essa soddisfar.

LESB.

Ma se foste invaghito

Di qualche bel sembiante,

Qual segno gli dareste

D’esser un vero amante?

ANS.

Io gli direi:

«Madonna, mi piacete,

Son vostro; se volete,

Senz’altri complimenti

Io per moglie v’accetto, ecco la mano».

LESB.

Piano, signore, piano:

Lo dite in forma tale,

Che sembra a me diretto

Questo cerimoniale.

ANS.

È vero, io sol per voi ardo d’affetto,

Onde potiam, senz’altro testimonio,

Fra di noi stabilire il matrimonio.

LESB.

Signor, voi mi burlate.

ANS.

Giuro per Aristotile...

LESB.

Oh per amor del ciel, non bestemmiate!

Ma come così presto

V’invaghiste di me?

ANS.

Credo che sia,

Questo che a voi mi lega,

Effetto natural di simpatia.

LESB.

Ma se l’arbitrio mio

Contro la simpatia fosse uno scoglio,

E amar non vi volessi?

ANS.

(Questo saria un imbroglio).

Cotanta crudeltade

Io non posso temer nel vostro core;

Diceste che l’amore

È passion natural de’ nostri petti.

LESB.

Non per tutti gli oggetti.

ANS.

È forse il mio del vostro amore indegno?

LESB.

(Or mi convien usar l’arte e l’ingegno).

ANS.

Eccovi a’ vostri piedi


Un che amar non sapea, già reso amante.

LESB.

(A onor del nostro sesso,

Un sapiente al mio piede è genuflesso).

Levatevi; non posso

Più vedervi languire;

Vostra moglie sarò, ma con un patto

Che voi non m’impediate

Seguir il mio costume.

ANS.

Anzi prometto

Di sempre secondarlo.

(So che sol nelle scienze ha il suo diletto).

LESB.

Dunque la vostra mano

Unite con la mia.

ANS.

Mi confondo, né so dov’io mi sia.

LESB.

Via, fatevi coraggio.

ANS.

Oimè, son tutto foco.

LESB.

Ecco la man.

ANS.

La mano...

LESB.

Su, stringetela.

ANS.

Piano!...

LESB.

Nella scuola d’amor non siete instrutto.

Datemi questa mano.

ANS.

Io sudo tutto.

LESB.

Voi siete mio marito.

ANS.

Voi... la... mia... mo... glie siete.

LESB.

Siete contento?

ANS.

Sì.

LESB.

Quest’è il contratto.

ANS.

Adunque, o cara...

LESB.

Il matrimonio è fatto.

ANS.

Felicissimo Anselmo,

Prodigioso scolaro! Il vostro nome?

LESB.

Lesbina è il nome mio.

ANS.

Come ! Lesbina?

LESB.

Sì.

ANS.

Siete forse quella...

LESB.

Appunto quella sono

Che con superba ingiuria

Voi chiamaste una furia.

ANS.

Oh cosa sento!

Ma dell’inganno mio già non mi pento.

Che siate questa o quella,

A me già poco importa:

Basta che agli occhi miei voi siate bella.

LESB.

Lo scolaro io fui

Da cui rimasto siete persuaso.

ANS.

Oh che bella invenzione, oh che bel caso!

Alfin siete mia moglie.

LESB.

Che vale a dir vostra fedel compagna,

Ma non già serva o schiava.


ANS.

Con quella dipendenza

Che la femmina deve al suo marito.

LESB.

Vussignoria mi scusa,

Cotanta dipendenza oggi non s’usa.

ANS.

Che vorreste voi dir?

LESB.

Che i nostri patti

Abbiam da mantener.

ANS.

E quali sono?

LESB.

Non ve li ricordate?

ANS.

Spiegatevi, di grazia.

LESB.

Che voi non v’opponiate al mio costume.

ANS.

Ben, bene, già s’intende

Di lasciarvi studiar.

LESB.

Eh, v’ingannate.

Qual è il costume mio dunque ascoltate:

Alle feste ed ai ridotti

Voglio andar quando mi par;

Consumar voglio le notti

Nel ballar e nel cantar.

M’intendete?

Né l’avete da vietar.

Voglio star in allegria

Poco poco in casa mia,

Ne’ ci avete da pensar.

ANS.

Signora moglie mia, non son sì matto:

Intendo in questo punto

Che il matrimonio sia fatto e disfatto.

LESB.

Come! sì facilmente

Mancate di parola?

ANS.

Non vuò che mi pigliate per la gola.

LESB.

Quest’è dunque l’amore

Che diceste per me sentir nel petto?

ANS.

Per voi sentivo affetto

Fino che vi credea saggia zitella;

Ma poiché vanarella

Vi scorgo come l’altre, io già mi pento

D’esservi stato amante un sol momento.

LESB.

(Ho fatta la castagna).

ANS.

Mi pareva impossibile

Una donna trovar di tal bontà,

Che non avesse in sen la vanità.

LESB.

Dunque, signor Anselmo...

ANS.

Badate a’ fatti vostri.

LESB.

Non mi volete più?

ANS.

No certamente!

LESB.

Perché così crudel?

ANS.

Donna imprudente!


LESB.

Pentita son del fallo.

ANS.

Andate, andate al ballo.

LESB.

Per voi son tutta foco.

ANS.

Andate, andate al gioco.

LESB.

Se voi non vi placate,

Il duol m’ucciderà.

ANS.

Al gioco, al ballo andate,

Che tutto passerà.

LESB.

Sì ostinato?

ANS.

Ostinatissimo.

LESB.

Sì crudele?

ANS.

Crudelissimo.

LESB.

Ite dunque alla malora.

ANS.

All’inferno va tu ancora.

LESB.

Ti conosco, tu sei pazzo.

ANS.

Men strapazzo, più rispetto.

LESB.

Oh guardate il bel soggetto!

ANS.

Oh di grazia, che signora!

LESB.

Oh che vezzo che innamora!

ANS.

Mai più donne.

LESB.

Mai più matti.

ANS.

Va all’abisso.

LESB.

Alla malora.

a due

Vanne, fuggi via di qua.

Fine dell’Intermezzo.