Il fiore necessario

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Il fiore necessario

Il fiore necessario

di Rosso Di San Secondo

Stanzone con le pareti ricoperte di scaffali affollati di carte legali, in gergo chiamate « pratiche », divise per annate: si comincia dal 1863. Una grande tavola da una parte traboccante di carte simili, di codici, di prontuari, di dispense. Panche unte presso gli scaffali; più vicine alla tavola, vecchissime poltroncine sventrate e con la stoffa fuori dalle lacerazioni. Porticina in fondo. Un breve lucernario alla sommità d'una parete, quasi al soffitto, lascia passare, qualche minuto del giorno, un raggio di sole, se bello; la casa è un sepolcro. Non importa! il vecchio avvocato vi riceve dal 1863.

Pomeriggio invernale. In mezzo allo stanzone arde un antico braciere di rame. Il vecchio avvocato esamina sul seggiolone avanti alla tavola le sue pratiche, torcendosi di tanto in tanto con le dita unghiute la barba lanosa. Giungono, non si sa da dove, echi di sospiri, di lamenti, di gemiti. Il vecchio non se ne cura, immerso nelle sue faccende. Quando però echeggiano alti pianti ed urli, allora si scuote e grida.

IL VECCHIO  Asello! Asello!

(La porticina si apre e compare lo scrivano, piccolo e sciancato. Egli guarda il Principale.)

IL VECCHIO   Che cosa sono codesti urli? Che cosa ti ho detto io?

ASELLO {balbettando) Vogliono... Vogliono entrare. Sono in molti oggi i cenciosi. Piano, signori miei - ho detto io - con garbo ed educazione. Voi entrate nel tempio della giustizia. Il Principale vi concede la carità d'ascoltarvi per alleviare le vostre miserie. Non lo fa né per ambizione, ch'è ormai celeberrimo, né per scopo di lucro, ch'è ormai sazio come Creso...

IL VECCHIO Bene, bene... Ma chi grida in quel modo? Vengo io a rompergli il mio bastone sul cranio.

ASELLO È un indemoniato che ride e non lascia pace agli altri... Fa piangere chi si lamenta soltanto e fa urlare chi piange. Io... io non posso tenerlo a bada.

IL VECCHIO Fallo entrare codesto irrisore del dolore altrui. Voglio insegnargli io a ridere qua! Chi ride non ha bisogno di consigli (Si alza e va a piantarsi sulla soglia della porticina. Gemiti ed urli cessano ad un tratto. Il Vecchio furibondo) Miserabili! Miserabili! chi vi ha insegnato a far tanto baccano nella casa altrui? Ah, io non vi aprirò più le mie porte! Io non v'accorderò più il lume della mia sapienza! Creperete come cani, sbranandovi l'un l'altro.

IL DELINQUENTE (fuori)    Ah! Ah! Ah!

IL VECCHIO  Chi è questo presuntuoso che osa ridere? Perché è qui venuto se è così allegro? 

IL DELINQUENTE (C.S.)   Sono venuto per chiederti consiglio. Ah! Ah! Ah!

IL VECCHIO  Entra, degenerato. Ti consiglierò la forca.  

IL DELINQUENTE   Ben detto: vengo.    

IL VECCHIO {toma a sedere. Entra il Delinquente)   Asello, chiudi la porta; ch'io non senta più alcun rumore, altrimenti bastonerò te per primo.     

IL DELINQUENTE (ad Asello)  Comincia a raschiarti il groppone. (Asello esce. Il Delinquente, dopo aver guardato intorno) Vecchio, e che fa tutto il giorno in questa tana?    

IL VECCHIO   Sbrigati, dimmi quello che hai da dire.

IL DELINQUENTE Non ero venuto per dirti nulla. E sono qui per combinazione. Stanotte ho ucciso qualcuno nel vicolo accanto: ero inseguito, ho trovato il tuo portone: mi sono rinchiuso e ho schiacciato un sonnellino. Nel pomeriggio quei miserabili che salivano pei tuoi  consigli m'han destato. Ora io non credo che né tu né la tua barba possiate suggerirmi il mezzo d'uscirne.

IL VECCHIO   C'è poco da suggerire. Tu sei un uomo incorreggibile, per  cui ti consiglierei la forca...

IL DELINQUENTE  Ma essendo la forca abolita...

IL VECCHIO   Ti consiglio di far tu quello che farebbe la forca.

(Si odono tre colpi alla porta.)

IL VECCHIO  Asello! Asello! Come finirai sotto le mie mani! Entra! Entra!

ASELLO   IO non ho colpa, io non ho colpa!... Qui c'è gente che dice di morire se non parla con te subito.      

IL VECCHIO   Che attenda dunque la morte: non c'è miglior consiglio. (Al Delinquente) Vattene ora tu, vagabondo, ho altro da sbrigare.

IL DELINQUENTE   Lasciami in pace, ch'io faccio l'esame di coscienza poiché credo in Dio. Uscendo fuori, avrei appena il tempo di recarmi al fiume, ch'è bene pubblico, non avendo una trave di mia proprietà privata per impiccarmi.

IL VECCHIO  Bene: sta' allora zitto in un angolo. (Ad Asello) Fa' enttrare quelli che mostrano di non morire. ASELLO  Perdonami, non mi hai fatto ancora finire: c'è una dama che vuole conferire, mi ha dato un suo biglietto.

IL VECCHIO (furibondo)   Che importa a me del biglietto? Che importa a me del nome della gente? Per me non ci sono che gli animali chiamati uomini, maschi e femmine: questa è una femmina! Fa' entrare questa femmina. (Asello esce.)

IL DELINQUENTE   Vecchio, vengono a trovarti anche le signore.

(Entra una dama assai elegante e profumata. Appena respira l'aria della stanza, porta il fazzoletto alla bocca e cade su una poltroncina.)

IL VECCHIO   Bene, quando sei comoda me lo dici!

LA DAMA (solleva il capo e si alza)   Perdonatemi, signori, una vertigine.

IL VECCHIO   Va benissimo: ma tutto ciò che c'entra?

IL DELINQUENTE (sbellicandosi)   Lasciala parlare:   tu che ne sai, se c'entra o no? Forse t'ha portato un Tiziano da vedere: il suo volto.

IL VECCHIO   Vagabondo cencioso. Hai la morte alle spalle e ancora ti frulla il Tiziano!

IL DELINQUENTE Mi frulla quel che a te non può frullare, uomo centenario. Mi frulla questa bimba, perciò pretendo che fischietti.

IL VECCHIO   Vorresti adesso impancarti da padrone a casa mia!

LA DAMA Oh Dio mio, signori, io tremo tutta di rimorso! Non vorrei che per causa mia due gentiluomini...

IL DELINQUENTE Macché! Il vecchio si sbrodonzola in rustici rimbrotti da villano non abituato alla marsina. Per cui faccio io gli onori, quantunque non me ne trovi neanch'io una per caso, né posso farti servire un sorbetto, o meglio un thè, che a ciò l'ora è più adatta. Or dunque, fischietta, tesoruccio mio.

IL VECCHIO  Vieni al sodo.

LA DAMA Oh Dio! come spiegare seccamente l'inesplicabile ch'è dentro di me?

IL VECCHIO   E perché io devo torcermi le budella inutilmente?

LA DAMA Signore, perdono. Io sono così infelice, così triste che desidererei tutte le piaghe della gente che sta dietro la sua porta, anziché soffrire come soffro.

IL VECCHIO Or dunque tu vuoi farmi uscire dai gangheri. Dicci infine di che soffri e levaci l'incomodo.

LA DAMA   Soffro, signore, soffro di nulla.

IL VECCHIO (urlando) Asello, Asello! Tu dovevi alla mia tarda età ferirmi in simil modo? Via! via di qua! La casa è per coloro che soffrono di qualcosa. Tu sai che sei, sciocchina imbellettata? Tu sei la cancrena della società. Tu sei il nonnulla che rode le fibre del lavoro, della forza, della sanità. Ah, che io non me n'ero accorto, vecchio stupido! Tu sei la vanità, il superfluo scontento, la sazietà che ha nausea del suo ventricolo e disprezza e si torce in mali inverosimili: cerca l'inafferrabile, ozia in aride smanie, imbratta della sua bava profumata il mondo, e l'avvelena. Via di qua! Via di qua! Ah, le donnettine come te! Tutto il mondo diventa un giocattolo per le loro mani. Vergognosi scheletri vestiti di rotondità! Via! Via! (Cerca per terra il bastone e lo brandisce.)

IL DELINQUENTE (a squarciagola)   Ah! Ah! Ah!

LA DAMA   Picchiatemi! Io voglio soffrire di qualche cosa. Il mio dolore è il dolore del vuoto: colmatelo. Le vostre parole sono sacrosante verità.

IL VECCHIO (va verso la porta e l'apre. S'odono i pianti dei cenciosi) Silenzio! Vermi del mondo! Silenzio! Asello, dove sei, naso di teschio, butta fuori quella femmina.

IL DELINQUENTE Vecchio, non hai compreso nulla. Con le prediche vuoi convincere le persone? Lasciami a quattr'occhi con la bimba

IL VECCHIO   Vuoi insediarti supplente nella mia cattedra?

IL DELINQUENTE Esci e non seccare. (Lo spinge fuori della porta) DAI udienza in cotest'altra sala, ch'io per oggi t'aiuto da qui nella bisogna. (Rimasto solo con la Dama, mormora rivolgendosi a lei) Abbi adesso un po' di pazienza, ch'io t'insegnerò poi il concetto essenziale della vita. Epperò meglio non potevi capitare per averne sufficiente spiegazione. (Trae fuori una lama ammanicata) Ecco come girando e rigirando si perviene ogni volta al proprio ferro del mestiere.

LA DAMA   Signore, voi vorreste forse insegnarmi la paura?

IL DELINQUENTE Se non fosse che questo, la predica del vecchio gli sarebbe bastata.

LA DAMA   Or dunque voi volete insegnarmi qualcosa di più?

IL DELINQUENTE Via, che ti dimeni come avessi sul dosso un paio di pulci! Se così è, ti lascio ancora il tempo di grattarti.

LA SIGNORA (bianca di paura)   Il tempo? Oh, che sarà poi?

IL DELINQUENTE In materia mi dichiaro incompetente: che nessuno di quelli ch'ho mandato al diavolo m'è tornato tra i piedi a palesare una sua idea sulla nuova dimora.

LA DAMA   M'ucciderete?

IL DELINQUENTE   Oibò; voglio solo provarti che la sarta avrebbe palesato molto gusto ornando di fiocchetti rossi la tua veste chiara.

LA DAMA   II sangue! È finita.

IL DELINQUENTE Non precipitare: ne abbiamo forse ancora per un quarto d'ora: il tempo di rifare con il pensiero tutta la nostra vita e di riflettere come sarebbe stato bello viverla, se avessimo saputo. Orbene, ne hai perso tanto a frullare, come il più sciocco passerotto di qua e di là, cercando chi sa che: non perder dunque quello che rimane e riflettici su.

LA DAMA  Non posso. Ho una paura!...

IL DELINQUENTE   Come mai non t'esprimi per immagini?

LA DAMA   Gli è che ho paura. Vi supplico.

IL DELINQUENTE   Non voglio che trangugi ancora l'aria appestata della stanza, comprendi?

LA DAMA   Ma no, ma che appestata! Anzi è così buona!

IL DELINQUENTE   Pensa, se per capriccio il vecchio ti lasciasse chiusa, qui, un anno.

LA DAMA   Che importa! Da quel brutto lucernario, un po' di sole pioverebbe sempre!

IL DELINQUENTE   Meglio morire, credetemi.

LA DAMA   No, vi dico: no. Se volete, proveremo a ragionare.

IL DELINQUENTE   II quarto d'ora sta per trascorrere.

LA DAMA   Ancora una mezz'ora!...

IL DELINQUENTE   Ho fretta. Si fa notte. Nella stamberga non si discerne quasi più. (La punge.)

LA DAMA (con un urlo)   Sono morta!

IL DELINQUENTE Non credo. Tranne ch'abbia sbagliato. (Una cartaccia ritorta, immersa un momento nel braciere e ritratta, gli serve da fiaccola. Esaminando) Un garofano rosso sul seno. Sembra, in fondo, che il tuo sangue sia puro. Non ne hai saputo nulla, della vita.

LA DAMA (rannicchiata in un angolo, con quel fiore che s'espande sul seno e gli occhi dilatati)   Sono stata un piccola incosciente.

IL DELINQUENTE   Bene:  segno ch'adesso ti comprendi.

LA DAMA   Adesso che sono morta!

IL DELINQUENTE   Non esagerare. Ancora un quarto d'ora. Voglio farti vedere la prima stella della sera.

LA DAMA   Grazie.

IL DELINQUENTE   TU parli più pacata. Brava!

LA DAMA Or non voglio che le mie parole ti sembrino ironiche: sento una dolcezza nuova, una calma sconosciuta: la morte non mi sembra sì cattiva. Grazie. Se puoi farmi vedere ancora una stella, te ne sarò grata.

IL DELINQUENTE Questo vecchio codice servirà da proiettile ad infrangere quel vetro appannato: scorgerai così un tratto di cielo limpido e un filo d'aria che ti ravviverà il volto. Va bene?

LA DAMA   Grazie.

(S'ode un vetro che s'infrange e un librone che precipita. Un lungo silenzio.)

IL DELINQUENTE II crepuscolo è serenissimo: qualche nuvoletta tenue serba ancora nella sua bambagia un barbaglio di sole. (S'odono sirepiti nella stanza attigua) E quest'eterno vecchio rompiscatole non finisce mai di urlare; mai! Cerca il rimedio per l'umanità, stolido! (silenzio. La tana si fa sempre più buia) Bimba, non ti vedo più: che fai? Piangi silenziosamente?

LA DAMA   Piango!... Voglio piangere!...

IL DELINQUENTE   Mi dispiace non vedere le tue lacrime; devono essere così belle sui tuoi occhi. E forse, bimba mia, questo soltanto ti mancava: piangere. Piangere, bimba, l'ho desiderato tanto dopo la fanciullezza e non ho più potuto. E forse ho ucciso per questo, perchè non m'era dato più di piangere. Voglio nascondere quel bracer che con il suo rosso fuoco, turba la dolcezza della notte che incombe. Spesso, creatura mia, in questi imbrunire, qualcosa m'è sorta dall'anima ma, m'ha chiuso la gola: e sono andato per vicoli solitari, per quartieri deserti, cercando un angolo buio dove buttarmi a singhiozzare e gridare, e piangere la mia pena. La frescura dell'ombra notturna mi sfiorava la fronte, portava via tutto il sudiciume dell'anima mia. A un tratto mi sentivo degno della donna più pura, dell'amore più sacro. La palma della madre sul collo fresco, adolescente! La voce della sorella! La campagna si assopisce in un canto lontano di campagnoli tornati alle case. Frizzante brezza del crepuscolo, mentre già fumava la minestra nel tugurio santo! Tutto in quest'ora mi torna in mente: il sorriso dei bimbi alla fiamma della lampada, i piccoli gridi, e il rimbrotto bonario del padre stanco. Ed io in quest'ora non ho commesso nessun delitto. Nulla ho commesso di male! Che se al mondo tutto si fosse chiuso in quel casolare, se fosse la vita bontà tutta come in quel casolare, nulla avrei commesso! In me non v'era che un gran desiderio d'amore, d'amore, cercato poi in ogni viso cercato in ogni strada, in ogni vicolo e non trovato mai. Ecco perché t'ho punto, creatura senza amore. Ora ti apro la porta e ti dico: ho scherzato. Va', piccolo nonnulla, va' a sciupare la tua vita. Non una, ma tutte le stelle sono per te nel cielo. Sapessi goderne! e se non sai, da ora in poi, guardandole, premiti con una manina il petto, lì dove ora è il garofano, e risentine il dolore: pensa a quando il delinquente tentò d'ucciderti. E io ti auguro, piccola, che ogni stella allora sia per te una lacrima, una lacrima d'amore, di dolcezza. Va', piccolo nonnulla, t'apro la porta. Va'.

LA DAMA   Aspetta.

IL DELINQUENTE   Non mi toccare, adesso. Perché mi tocchi la mano? Sei fredda come il marmo.

LA DAMA   Riscaldami, amore, riscaldami. Io m'avvinghio a te: non mi buttar via. Le tue parole, amore!

 IL DELINQUENTE  Eh, via, bimba, adesso non t'illudere di soverchio. Ch'io stasera ho una faccenda da sbrigare, e tale che non posso rimandarla.

LA DAMA   Ti scongiuro: non mi gettar via. Cercavo il dolore e non lo sapevo.

IL DELINQUENTE   Bimba, va', credimi, io non ti getto via: che sarebbe troppa felicità, adesso, vivere in ginocchio accanto a te. Va', non t'indugiare. Fuori è così bello il mondo con tutte le sue terre, con tutte le sue città, il suo mare, sotto la pioggia di stelle. Va', carina.

LA DAMA   Ancora un poco. Siedi sulla panca e cullami sulle ginocchia. Un po' soltanto. Vuoi?

IL DELINQUENTE E sia. Sarà questa l'ultima tenerezza e anche la prima. Ecco, ti cullo come una bimba. (Silenzio. La dama bisbiglia: « un | bacio ». I due volti si congiungono). Suvvia. Va'. Ecco la prima stella. È comparsa al finestrino.

LA DAMA   Così bello non mi è apparso mai tutto il cielo.

IL DELINQUENTE Apro la porta. Il vecchio vi picchia su con tutta la sua forza ed urla.

LA DAMA  Ancora un poco.

IL DELINQUENTE  Ho aperto, scappa, addio bambina.

IL VECCHIO (entrando furiosamente, mentre fugge la Dama)  Asello, Asello! acchiappami quel mostro, ch'io vo' finirlo a colpi di bastone.

IL DELINQUENTE  Ah! Ah! Ah!

IL VECCHIO  Asello!

IL DELINQUENTE  E basta, che ho concluso. Vo a dare una capatina al fiume.

fine