Il gabbiano Jonathan Livingston

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IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON

 


Il gabbiano

Jonathan Livingston

di Richard Bach

"arrangiamento di Manuela e Annarosa" (Oratorio Bruzzano - Milano)

con brani musicali

Se per imparare a nuotare basta tuffarsi nell’acqua,

per imparare a volare basta ’tuffarsi’ nel cielo.

PERSONAGGI    e     INTERPRETI:

Narratore                                Elena

JONATHAN                            Simone

VOCE fuori campo                    Dario

MADRE                                    Sabrina

PADRE                                     Alessandro

ANZIANO                               Cristina

SULLIVAN                               Federica

CIANG                                     Luca

FLETCHER                               Fabrizio

MAYNARD                               Clarissa

I GABBIANI                            Viviana – Serena – Nadia – Serena …


CANZONE: Le rondini

Vorrei entrare dentro i fili di una radio

e volare sopra i tetti delle città

incontrare le espressioni dialettali

mescolarmi con l’odore del caffè

fermarmi sul naso dei vecchi mentre leggono i giornali

e con la polvere dei sogni volare e volare

al fresco delle stelle anche più in là

sogni, tu sogni, nel mare dei sogni.

Vorrei girare il cielo come le rondini

e ogni tanto fermarmi qua e là

avere il nido sotto i tetti al fresco dei portici

e come loro quando è la sera chiudere gli occhi, con semplicità.

Vorrei seguire ogni battito del mio cuore

per capire cosa succede dentro e cos’è che lo muove

da dove viene ogni tanto questo strano dolore

vorrei capire insomma che cos’è l’amore

dov’è che si prende e dov’è che si dà

sogni, tu sogni, nel cielo dei sogni.

M U S I C A ………………..


Narratore:  Era di primo mattino e il sole appena sorto luccicava tremolando sulle scaglie del mare appena increspato. In men che non si dica tutto lo stormo Buonappetito si radunò; cominciava così una dura giornata.

                     Ma lontano, un gabbiano si levava solo. Il suo nome era Jonathan Livingston e lui no..., non era un uccello come tanti altri. A lui non importava di come procurarsi il cibo. A lui importava imparare a volare sempre meglio. Più di ogni altra cosa al mondo, a Jonathan piaceva librarsi nel cielo.

                     Passava intere giornate, tutto solo, dietro ai suoi esperimenti di voli planati a bassa quota. Ma a sue spese scoprì che, a pensarla in quel modo, non era facile trovare amici fra gli altri uccelli. E soprattutto questo suo modo di pensare affliggeva i suoi genitori.

(Jonathan è già in scena     -     entrano il padre e la madre)

Madre:        ma perché Jon, perché non devi essere un gabbiano come gli altri? Perché non lasci ai pellicani il volo radente? Non vedi come ti sei ridotto penne e ossa? Perché non mangi niente, figlio mio?

Jon:             vedi mamma, m’importa poco se sono penne e ossa; a me importa soltanto imparare cosa si può fare su per aria e cosa no. A me preme soltanto di sapere. Capisci mamma?

Padre:         Stà un po’ a sentire Jonathan. Manca poco all’inverno, e tu sai bene come le barche sono oramai pochine e i gabbiani molti. Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria e il modo di procurartela...(pausa) 'sta faccenda del volo è bella e buona, ma non puoi mica sfamarti con una planata! Non scordarti, figlio mio, che si vola per mangiare.

(il padre e la madre escono).

Narratore:  Jonathan, nei giorni successivi, cercò di comportarsi come gli altri gabbiani; giostrava con lo stormo intorno ai moli, intorno ai pescherecci, gareggiando per acchiappare un pezzo di pane, un pesciolino, qualche avanzo. Insomma viveva e volava solo ed esclusivamente per mangiare. Ma a un certo punto non ne poté più.

Jon:             Ma che senso ha tutto questo? (butta il pesce pescato e un gabbiano vicino lo raccoglie).

                     Perché sto qui a perdere tempo con vecchie acciughe che non mi interessano, quando potrei esercitarmi nel volo ed imparare tante cose!

Narratore:  Jonathan piantò lo stormo e tornò, solo, (lo Stormo esce) sull’alto mare ad esercitarsi, affamato e felice. Studiava velocità ed in capo a una settimana ne sapeva più di tutti al mondo, ma più aumentava la velocità più perdeva il controllo delle ali, finché ad un certo punto sembrò esplodere in aria...e precipitò. E svenne

(rimane al centro...svenuto)

Voce f.c.     La natura impone dei limiti. Non c'è niente da fare. Sei un gabbiano. Se tu fossi destinato a imparare cose nuove sul volo avresti un portolano nel cervello. Carte nautiche avresti, per meningi. Aveva ragione tuo padre. Torna a casa e accontentati di essere quello che sei: un povero gabbiano limitato...

Jon              E' vero, un gabbiano a quest'ora di notte dovrebbe essere a nanna, sulla costa. D'ora in poi sarò un gabbiano per bene. E tutti saranno contenti di me. Devo scordarmi quello che ho imparato. Gabbiano sei e da gabbiano vola.

Voce f.c.     Nel buio... i gabbiani non volano mai al buio... Se eri nato anche tu per volare di notte, avresti gli occhi di una civetta..., una bussola avresti per cervello... avresti l'ala corta del falcone... (molto lento)

Jon              (si porta una mano alla fronte e si dà un colpetto) L’ALA CORTA (gridando)  LE ALI CORTE DI UN FALCO (ancora più forte). Che sciocco a non averci pensato; quello che occorre è solo un’ala corta! E allora basterà che tenga le mie ali raccolte, che le tenga ritirate e ne adoperi soltanto le estremità. Ali corte.

Narratore:  Il gabbiano Jonathan si portò subito a seicento metri di quota, sopra il mare, e si gettò in picchiata a capofitto. Dapprima piccoli, pescherecci e stormo, sulla sua traiettoria di volo apparivano sempre più grossi. Non poteva più fermarsi né a quella velocità poteva virare. Chiuse gli occhi e, come una saetta, passò nel bel mezzo dello stormo Buonappetito a 212 miglia orarie per riprendere quota un attimo dopo. E non ci furono morti. Tutto andò bene. Ebbe un moto di trionfo. Aveva toccato il limite estremo della velocità.

Jon:             quando lo sapranno, quando sapranno delle nuove prospettive da me aperte, impazziranno di gioia.

                     Altro che battelli da pesca e pappatoria! Noi avremo una nuova ragione di vita. Lasceremo le tenebre dell’ignoranza per scoprirci intelligenti e abili. Saremo liberi e impareremo a volare!

(Alcuni gabbiani entrano e si siedono a semicerchio.   Jon li guarda).

                     Eccoli là riuniti. Sicuramente aspettano me. (si porta quasi al centro) Devo comunicar…

(viene interrotto dalla voce dell’anziano)

Anziano:     Il gabbiano Jonathan Livingston si porti al centro dell’emiciclo!

Jon:             (guarda il pubblico) ma io non voglio onori, desidero solo farli partecipi delle mie scoperte…

Anziano:     Il gabbiano Jonathan Livingston viene messo alla gogna e svergognato al cospetto di tutti i suoi simili…

Jon:             (guarda il pubblico) Messo alla gogna, ma non è possibile, non hanno capito niente, c’è un errore …

Anziano:     …per la sua temeraria e irresponsabile condotta; per essere egli venuto meno alla tradizionale dignità della grande famiglia dei gabbiani… Affinchè mediti e impari che l’incosciente temerarietà non può dare alcun frutto. Tutto ci è ignoto, e tutto della vita è imperscrutabile tranne che siamo al mondo per mangiare e campare il più a lungo possibile.

Jon:             …incoscienza, condotta irresponsabile? Ma fratelli miei, chi ha più coscienza di un gabbiano che cerca di dare un significato, uno scopo più alto all’esistenza? Per mill’anni ci siamo arrabattati per un tozzo di pane e una sardella, ma ora abbiamo una ragione, una vera ragione di vita… imparare, scoprire nuove cose, essere liberi. Datemi solo il tempo di spiegarvi quello che oggi ho scoperto…

Gabbiani :  non abbiamo più nulla in comune noi e te (vanno)

Narratore:  il gabbiano Jonathan visse il resto dei suoi giorni esule e solo. Volò oltre le scogliere remote, ed il suo maggior dolore non era la solitudine, era il rifiuto degli altri gabbiani a credere e aspirare alla gloria del volo. Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere. Imparò a venire giù in picchiata e ad andare sott’acqua. Imparò a dormire sospeso a mezz’aria dopo avere stabilito alla sera la sua rotta.

                     Imparò a volare attraverso la nebbia e sopra le nuvole più alte. Imparò a sfruttare i venti d’alta quota, e a portarsi nell’entroterra per cibarsi d’insetti.

                     Egli imparò a volare, e non si rammaricò per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì che erano la noia, la paura e la rabbia a render così breve la vita di un gabbiano. Ma, con l’animo sgombro da esse, lui visse contento e a lungo.

(entrano due gabbiani bianchissimi: (due ballerine in punta  facendo alcuni passi)

Jon:             Molto bene, ma… voi… chi siete?

Gabbiano 1: veniamo dal tuo stormo, Jonathan. Siamo fratelli tuoi. Siamo venuti, Jon, per condurti più in alto. Per condurti a casa.

Jon              Non ho una casa, io, né una patria, né uno stormo. Sono un reietto e più in alto di così, ve l’assicuro, non riuscirei a sollevare questo mio vecchio corpo.

Gabbiano 2 sì che puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai imparato tutto. Hai terminato un corso d’istruzione, e adesso ne cominci un altro.

                    

Jon:             (fa altri movimenti e guarda il cielo) Sono pronto.

(si smorzano le luci mentre il narratore…)

Narratore:  Il gabbiano Jonathan Livingston fece prua verso l’alto, scortato dai quei due splendidi uccelli, e scomparvero insieme nella notte.

CANZONE:Senza Frontiere


CANZONE: Senza frontiere

Chi può fermare in cielo il volo dei gabbiani?

Chi può fermare l’impeto del mare?

Chi può fermare il vento?

Chi può fermare le nubi nel cielo?

Se la natura avesse frontiere sarebbe come un portone chiuso,

sarebbe un’aquila senza ali o una foresta senza sentiero,

sarebbe un campo che non ha grano, un fiume che non arriva al mare.

         Ma la natura non ha frontiere è tutta una canto alla libertà

         e in ogni angolo della terra porta l’impronta dell’unità.

Chi fermerà lo sguardo che scruta le stelle?

Chi può fermare un libero pensiero?

Chi ferma la speranza?

Chi può fermare l’amore nel cuore?

Se il nostro cuore avesse frontiere sarebbe un canto senza note,

sarebbe un fuoco senza fiamma, sarebbe un cielo senza stelle,

sarebbe inverno senza estate o morte senza risurrezione.

Ma il nostro cuore non ha frontiere è il vero canto della libertà

         e la speranza di un mondo nuovo porta l’immagine dell’unità.

E se la terra non avesse frontiere sarebbe un grande giardino in fiore,

sarebbe come un arcobaleno, la vera perla della creazione,

sarebbe bella come una madre, sarebbe immensa come l’amore.

         La nostra terra senza frontiere è una speranza che sarà realtà

quando ogni uomo si sentirà figlio di una sola umanità.

Jon:             (si guarda) è cambiato qualcosa, …le penne sono diventate splendenti come la neve (fa un giro su se stesso) ed il mio volo è molto più veloce di quello (scandisce bene le parole mentre osserva il paesaggio) della terra: ma dove mi trovo?

Gabbiano 1 e 2: (entrano dalle quinte – 1 destra 1 sinistra ) Buon atterraggio Jonathan! (poi escono)

Jon:             Il paradiso… Sicuramente è il paradiso. (guarda in basso) Una scogliera bellissima, un mare stupendo, e dei gabbiani.

                     Perché sono così pochi? Il paradiso dovrebbe essere gremito.

                     (si siede) e questa stanchezza? In un luogo così non ci si dovrebbe mai sentire stanchi. (guarda in alto con fare assonnato) Ho tanto da imparare qui sul volo, anche se tanto mi sono lasciato alle spalle. Ma una differenza c’è: qui gli altri gabbiani la pensano come me. (esce)

Narratore:  Passò parecchio tempo e Jonathan pareva proprio essersi scordato dell’altro mondo, donde era venuto. Ma se ne rammentò una mattina, mentre era fuori con il suo istruttore.

(entrano Jon e Sullivan)

Jon:             Ma dove sono tutti quanti, Sullivan ? Perché siamo così pochi qui? Sai, là, da dove vengo io, di gabbiani ce n’erano…

Sullivan:     a migliaia e migliaia, lo so. Cosa vuoi che ti dica? Mi sa tanto che tu, Jonathan, sei un uccello come se ne trova uno su un milione. Noialtri  passavamo da un mondo all’altro, e subito ci si scordava da dove venivamo e dove fossimo diretti.

                     Prima di capire che c’è qualcos’altro che conta, oltre al mangiare, al beccarci, qualcos’altro oltre alla legge dello stormo, sono dovute passare mille, diecimila vite. E dopo questo primo barlume sono dovute trascorrere altre cento vite per capire che c’è una cosa chiamata PERFEZIONE. Per noi vale la stessa regola: scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima.

(ABBASSARE LUCI)

(esce Sullivan - entrano gabbiani e Ciang)

Narratore:  Una sera i gabbiani che non erano impegnati in prove di volo notturno, se ne stavano sulla spiaggia insieme al vecchio Ciang. Si diceva che costui fosse prossimo a trasmigrare in un mondo più evoluto.

Jon:             Ciang…

Ciang:         che c’è figliolo?

Jon:             Ciang, questo posto NON è il paradiso, dico bene?

Ciang:         non si finisce mai d’imparare, Jonathan.

Jon:             Ma allora, dopo di qui, cosa ci aspetta? Dove andremo?

                     E un posto come il paradiso c’è o non c’è?

Ciang:         no, Jonathan, un posto come quello, no, non c’è. Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio, e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti.

                     Tu sei uno che vola velocissimo, vero?

Jon:             Sì, mi piace andare forte.

Ciang:         Ebbene, raggiungerai il paradiso quando avrai raggiunto la VELOCITÀ PERFETTA. Il che non significa mille miglia all’ora o un milione di miglia all’ora, né vuol dire volare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero è un limite, e la perfezione invece non ha limiti.       Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là.

GIOCHI DI LUCI - BUIO

Jon:             (tastando l’aria) Ciang, non ti vedo più. (gridando) Ciang dove sei? (Ciang ricompare con un saltello che lo riporta al punto di prima, Jon lo rivede) per mille gabbiani! Come fai a far questo? Com’è che… (Ciang risaltella e riscompare) oh no, ancora… per favore… Ciang! (ricompare)

Ciang:         pare un giochetto, vero?

Jon:             Ma come fai? E che effetto fa? Fin dove puoi arrivare? Come…

Ciang:         (interrompendolo) puoi arrivare da qualsiasi parte, nello spazio e nel tempo, dovunque tu desideri. Io mi sono recato in ogni luogo possibile e immaginabile, in ogni dove e in ogni quando. È buffo. Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque e in un baleno. Ricordati Jonathan, il paradiso non si trova né nello spazio, né nel tempo, poiché spazio e tempo sono privi di senso e di valore.

                     Il paradiso è…

Jon:             Potresti insegnarmi a volare così?

Ciang:         se lo desideri, non c’è problema.

Jon:             lo desidero e come! Quando si comincia?

Ciang:         ma, anche adesso, se ti va.

Jon:             Dimmi cosa devo fare, e come.

Ciang:         Il segreto consiste nel sapere che la tua vera natura vive contemporaneamente dappertutto nello spazio e nel tempo.(Jon fa un saltello, ma non scompare. Ne fa tanti altri, ma rimane là).Lascia perdere la fede. Non t’è mica servita la fede per volare. Usa l’intelletto: devi solo capire la faccenda. Su riprova.

(Jon salta per un po’ di volte senza riuscire. Poi finalmente riesce - esce)

Jon:             (da fuori) Ciang, ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta. (entra) Tu sei un gabbiano perfetto, mi sono detto, non hai limiti, né limitazioni. E poi mi sono gridato: vai!

Ciang:         finalmente hai capito il principio, ecco perché ce l’hai fatta ad arrivare fin qui.

Jon:             ma qui, dove siamo?

Ciang:         quello che posso dirti è che siamo su qualche pianeta con un cielo verde (luce verde sullo sfondo – Ciang lo addita) e due astri per sole (si illuminano due luci a lato del palco – Ciang li indica). Bene. È giunto il momento di occuparci del fattore tempo. E ci si lavora su fino a che sei in grado di volare nel passato e nel futuro. Poi, dopo, uno è pronto per la parte più difficile, ma anche più piacevole di tutte: volare verso le alte sfere per capire il segreto della bontà e dell’amore.

(mentre il narratore comincia a parlare Ciang e Jon camminano per il palcoscenico)

Narratore:  Un giorno il vecchio Ciang parlava al gruppo, esortando tutti a non desistere mai dallo studio, a perseverare nelle esercitazioni, e soprattutto ad approfondire la conoscenza di quel perfetto invisibile Principio che governa la vita dell’universo; quand’ecco che, mentre parlava così, le sue penne divennero tanto splendenti che nessuno dei gabbiani poté sostenerne la vista.

(LUCE BIANCA SU CIANG)

Ciang:         Jonathan... tu seguita a istruirti SULL’AMORE.

Narratore(pausa) E quelle furono le sue ultime parole, perché quando i gabbiani aprirono gli occhi Ciang non c’era più.

CANZONE: Sarai un uomo nuovo …


CANZONE: Sarai un uomo nuovo …

Dentro il cuore di ogni povero c’è la corona di un re

nei suoi occhi troverai la dolcezza di tutto il cielo e vedrai

che tutto cambierà nella tua vita.

E volare, essere libero come il gabbiano và

dalla riva verso l’azzurro e poi,

metti le ali alla tua vita

per arrivare dove più in alto puoi trovare Dio

e potrai respirare il suo respiro

e finalmente

sarai un uomo nuovo…

Dentro il cuore di ogni debole trovi la forza di Dio

nei suoi occhi troverai le risposte alla tue domande e vedrai

che tutto cambierà nella tua vita.

E volare …

E volare, essere libero come il gabbiano và

dalla riva verso l’azzurro e poi,

metti le ali alla tua vita

per arrivare dove

più in alto puoi trovare Dio

e potrai respirare il suo respiro

e finalmente

sarai un uomo nuovo…

sarai un uomo nuovo!!!


Jon:             Chissà se laggiù, sulla terra, c’è qualche gabbiano che lotta per superare i propri limiti, e per scoprire che il volo non serve solo a procurarsi un po’ di cibo sulla scia d’una barchetta. Chissà se qualcun altro, come me, è stato esiliato per aver proclamato le sue idee al cospetto dello stormo.   (entra Sullivan) Ehi, Sullivan, posso confidarti una cosa?

Sullivan:     ma certamente Jon.

Jon:             sai, ultimamente mi succede che più medito sulla natura dell’amore, più cresce in me la nostalgia della terra. Perché vedi Sulli, per me mettere in pratica l’amore vuol dire partecipare la verità che ho appresa e conquistata a qualche altro gabbiano che aneli alla stessa verità.

Sullivan:     Come puoi illuderti che i gabbiani, gli stessi di allora ti ascolterebbero? L’antico proverbio dice “più alto vola il gabbiano, e più vede lontano”.Ma quei gabbiani lì, dalle tue parti non si levano quasi da terra, e stanno sempre a schiamazzare e litigare fra di loro. Jon, quelli lì non vedono al di là del proprio becco. Ascolta me: il tuo  posto è qui, dove puoi insegnare a novellini che sono già abbastanza evoluti per intenderti. (pausa) E se Ciang fosse tornato al suo vecchio mondo prima di incontrarti, dimmi, che cosa saresti tu oggi?

Jon:             quello che dici è sensato e logico Sullivan, ma nessuno può garantirmi la certezza che sulla terra non vi siano due o tre gabbiani in grado di imparare perché ansiosi di volare. Sulli, devo assolutamente tornare sulla terra. Qui i tuoi allievi già se la cavano bene. Ti aiuteranno loro a tirare su le nuove reclute.

Sullivan:     (sospira - tristemente)  Sentirò la tua mancanza, Jonathan...

Jon:             Che dici mai, Sully, vergogna! non dire sciocchezze! Cosa studiamo a fare tutto il giorno? Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superati spazio e tempo noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio non vi sarà nient'altro che l'Adesso e il Qui, il Qui e l'Adesso. E non ti sa che noi avremo occasione di vederci eh, ogni tanto?

Sully:           Che uccello matto che sei. Semmai c’è uno che possa insegnare a quelli laggiù a vedere lontano, questi è il gabbiano Jonathan Livingston. Addio Jon, amico mio!

Jon:             Arrivederci Sullivan. Ci rivedremo ancora.

(Jon esce di scena)

Narratore   Jonathan si concentrò col pensiero per trasferirsi con esso su un’altra spiaggia e in un altro tempo, laggiù, dove vola un grande stormo di gabbiani. Ormai sapeva bene di non essere di carne e ossa e penne, ma un’idea: senza limiti, né limitazioni, una perfetta idea di libertà.

(entra il gabbiano Fletcher Lynd)

Narratore   Il gabbiano Fletcher era giovane ancora  ma era certo che nessun gabbiano avesse mai subito un trattamento più duro del suo.

Fletcher:     non me n’importa niente di come la pensano loro: volare non può voler dire portarsi da qua a là sbatacchiando le ali. Perfino … una zanzara ne è capace. Solo per aver eseguito qualche evoluzione, così, per gioco, mi hanno esiliato. Ma possibile non riescano a capire cosa potrebbe dar loro il volare sul serio?

                     Non m’importa niente di come la pensano: io sarò un fuori legge, ma li farò pentire amaramente.

(entra in scena Jonathan)

Jonathan:  Gabbiano Fletcher Lynd, desideri tu volare?

Fletcher:     Sì, desidero volare!

Jon:             Gabbiano Fletcher, sei disposto ad amare tanto il volo da perdonare i torti che hai subito, e tornare un giorno presso lo stormo per insegnare agli altri?

Fletcher:     sono disposto, sì.

Jon:             allora Fletch, cominceremo con il volo orizzontale

(comincia l’istruzione:  Fletch tenta di fare l’esercizio in volo: cade)

Fletcher:     Con me perdi tempo, Jonathan. Ho i riflessi troppo lenti. Sono troppo scemo. Ce la metto tutta ma non riesco.

Jon:             certo che non ci riesci. Non basta esser decisi. Bisogna anche esser sciolti, perché scioltezza è coordinazione. Adesso ci proveremo insieme, e starai molto attento al passaggio, a come deve essere scorrevole.

Narratore:  Jonathan istruiva ormai una compagnia di esuli e reietti accomunati da un unico credo: volare per la gioia di volare. Però, tutti loro riuscivano meglio nella pratica, che non nella teoria: più lesti ad eseguire gli esercizi che ad afferrare l’arcano celato in essi. E così, spesso, li riuniva sulla spiaggia e approfondiva la teoria

(Jon li riunisce)

Jon:             ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del Grande Gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti. Noi dobbiamo lasciar perdere, scavalcare tutto ciò che ci limita. Ecco il perché di questi nostri esercizi di volo rallentato, volo veloce,volo acrobatico. Il vostro corpo, dalla punta del becco alla coda, non è altro che il vostro pensiero, una forma del vostro pensiero, visibile, concreta. Spezzate le catene che imprigionano il pensiero, e anche il vostro corpo sarà libero. Bene. Adesso, è tempo di far ritorno allo stormo.

Fletcher:     ma non siamo ancora pronti! E poi, quelli là non ci vogliono proprio. Non possiamo mica imporre la nostra presenza dove non è gradita!

Jon:             noi siamo liberi di andare dove ci pare e di essere quello che siamo.

(va verso lo stormo mentre gli altri lo seguono)

Narratore:  Fu quello un momento d’angoscia per i discepoli: la legge dello stormo vietava ferreamente il ritorno del reietto, e Jon comandava di andare. Ma tale momento durò solo un istante: seguirono Jonathan, ed il mattino dopo arrivarono in volo da occidente, sorvolarono la spiaggia del Consiglio. Ottomila pupille di gabbiano guardarono in alto, e osservando quei voli, non fu difficile capire che si trattava di reietti. Sbigottimento e confusione discesero sullo stormo.

Gabbiano 3: beh, d’accordo, si sono reietti, ma accidenti!

Gabbiano 4  dove avranno imparato a volare in quel modo?

Narratore:  Ci volle quasi un’ora perché l’ordine dato dall’anziano si diffondesse di becco in becco per tutto lo stormo: la consegna era IGNORARLI. Il gabbiano che rivolge la parola ad un reietto, è reietto anche lui, il gabbiano che posa lo sguardo su un reietto, infrange la legge dello stormo. Sicchè da quel momento tutti quanti si voltarono dall’altra parte ma lui, Jonathan non parve farci caso e seguitò a tener lezione, imperterrito, proprio lì sulla spiaggia.

Jon:             Gabbiano Martin, ma tu quello lo chiami volo rallentato? Puoi fare di meglio..

Maynard:    (strascicando un’ala sulla spiaggia) Aiutami, desidero volare più di qualunque altra cosa al mondo.

Jon:             Beh, che aspetti a venire con noi? Sollevati dal suolo insieme a me, e cominciamo subito.

Maynard:    ma… mi hai osservato bene.

Jon:             certamente. Tu sei un gabbiano come tanti altri.

Maynard:    ma, non capisci?… la mia ala… io non riesco a muoverla.

Jon:             Gabbiano Maynard, tu sei libero di essere te stesso, e nulla ti può essere d’ostacolo. Questa è la legge del Grande Gabbiano. La legge che È.

Maynard:    intendi dire che… posso volare?

Jon:             dico che tu sei libero.

(fa un gesto come per dire: provare per credere. Maynard al primo tentativo vola)

Maynard:    SO VOLARE, EHI GUARDATE SO VOLARE!

CANZONE: Tutta la vita è un dono


CANZONE: Tutta la vita è un dono

Tutta la vita è un dono per ogni uomo,

tutta la vita è un dono in ogni momento,

tutta la vita è un dono canta per lei, canta per lei.

Corri corri a perdifiato

contro la corrente che trascina,

infrangi la marea di chi ti porta in giù,

distruggi le barriere dell’indifferenza,

sorridi a chi lo sa

che la vita non si ferma mai.

Tutta la vita è un dono non la sciupare,

tutta la vita è un dono non la bruciare,

tutta la vita è un dono vivi per lei, vivi per lei.

Corri corri a perdifiato

contro la corrente che trascina,

infrangi la marea di chi ti porta in giù,

distruggi le barriere dell’indifferenza,

sorridi a chi lo sa

che la vita non si ferma mai.

Anche nei giorni tristi la vita è amore,

anche tra le bufere la vita è amore,

la vita è sempre un dono che Dio ci dà, che Dio ci dà.


Jon:             (rivolto al suo gruppo) l’unica vera legge è quella che conduce alla libertà, altra legge non c’è. I gabbiani dello stormo adesso ci credono fuori del comune, e non sanno che l’unica differenza fra noi e loro è che noi abbiamo compreso ciò che veramente siamo e lo mettiamo in pratica, e loro no.

Fletcher:     Quelli dello stormo vanno dicendo che o sei il figlio del Grande Gabbiano o sei in anticipo di mille anni sul tuo tempo.

Jon:             E tu Fletcher, che ne pensi?

Fletcher:     Beh… direi che questo modo di volare può benissimo essere cosa dei tempi nostri, bastava che qualcuno si desse la briga di scoprirlo. Voglio dire, non è cosa che ha a che fare col tempo.

Narratore:  Accadde giusto una settimana dopo. Fletcher stava impartendo una lezione ad un gruppo di matricole. Era appena uscito da una picchiata da oltre duemila metri e sfrecciava a pochi palmi dalla spiaggia quando un giovane uccello ai primi voli planò direttamente sulla sua traiettoria. Il gabbiano Fletcher per evitare il piccolo effettuò una virata e andò a schiantarsi contro un masso di granito.

(Fletcher vola -contro una roccia e cade svenuto. Jonathan si china per risvegliarlo )

Jon:             Il fatto è, Fletcher, che bisogna superarli un po’ alla volta, i nostri limiti, con un po’ di pazienza. Qui sta il trucco. Tu non eri ancora pronto per volare attraverso la roccia.

Fletcher:     Jonathan

Jon              Noto anche come il Figlio del Grande gabbiano

Fletcher:     Jon, che ci fai tu qui. Io sono… morto, non è vero?

Jon              Morto… che vuol dire, morto… non stai forse parlando con me? Diciamo che, hai cambiato, in maniera un po’ brusca, livello di coscienza. Ecco tutto. Adesso puoi: o rimanere qui e imparare nuove cose più elevate, oppure tornare allo stormo e prestare lì la tua opera.

Fletcher:     Voglio tornare presso lo stormo, è chiaro. Avevo appena cominciato il corso con quel gruppo di matricole.

Jon:             D’accordo Fletcher. Ricordi?  Ti dicevo che il corpo non è altro che un grumo di pensiero…

(Grida di gabbiani)

Gabbiano 3: è risuscitato! Era morto e adesso è vivo un’altra volta!

Gabbiano 4 L'ha sfiorato con la punta dell’ala: Gli ha ridato la vita. Il figlio del Grande Gabbiano!

                    

Gabbiano 3: No, Lui stesso lo nega: è un demonio, è il diavolo!

Gabbiano 4:E’ venuto a disfare lo stormo

Jon:             dì un po’ Fletcher, ti sentiresti più tranquillo se tagliassimo la corda?

Fletcher:     non credo che farei molte obiezioni.

Jon:             (mentre volano) Chissà perché la cosa più difficile del mondo è convincere un uccello che egli è libero? e che può dimostrarlo a se stesso, solo che ci metta un po’ di buona volontà? La libertà basta solo esercitarla. Ma perché? Perché dev’essere tanto difficile?

(escono dalla scena – buio – e rientrano)

Fletcher:     ma come hai fatto? Come siamo arrivati da qui a lì?

Jon:             tu eri d’accordo no, che si tagliasse la corda?

Fletcher:     sì, ma come hai fatto?

Jon:             te lo ripeto ancora Fletcher, per tutte le cose è questione di esercizio.

Fletcher:     Ti ricordi Jonathan quella volta che mi dicesti che bisogna voler bene allo stormo, perdonarli, tornare tra loro e aiutarli a capire?

Jon:             certo che mi ricordo.

Fletcher:     ma dì un po’, come fai ad amare una tale marmaglia di uccelli che ha tentato addirittura d’ammazzarti?

Jon:             Oh Fletch non è mica per questo che li ami! È chiaro che non ami la cattiveria e l’odio. Bisogna solo esercitarsi a discernere il vero gabbiano, a vedere la bontà che c’è in ognuno, e aiutarli a scoprirla da se stessi, in se stessi.

                     È questo che intendo per amore.

                     Mi ricordo per esempio di un bellicoso giovane uccello di nome Fletcher. L’avevano esiliato e aveva giurato vendetta. Ed eccolo qua, oggi, invece, intento a guidare tutto lo stormo verso questa meta…

Fletcher:     guidarli?, ma cosa intendi dire? …sei tu l’istruttore qui…mica puoi andartene così…

Jon              Non posso eh?  Ma non pensi che potrebbero esserci altri stormi dove c’è più bisogno di un maestro che non qui?

Fletcher:     ma io, Jon sono un semplice gabbiano, mentre tu…

Jon:             sarei l’unico figlio del Grande Gabbiano, vero? No Fletcher, tu non hai più bisogno di me… Devi solo seguitare a conoscere meglio te stesso. Trovare il vero gabbiano Fletcher. E’ lui il tuo maestro.

(Jon si siede nella posizione del loto o similare)

                     Fa che non si spargano sciocche dicerie sul mio conto, e fa che non mi trasformino in un dio. Intesi, Fletch? SONO SOLO UN GABBIANO. E MI PIACE VOLARE.

(si fa buio. Si sente la voce di Fletcher)

Fletcher:     Jonathan!

(si ode la voce di Jon – da fuori)

Jon:             Povero Fletch! Non dar retta ai tuoi occhi e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.

(la scena si riillumina poco a poco mentre cresce un vocìo di gabbiani.

Fletcher è sulla scena da solo – lavagna -.

Entrano i gabbiani, si siedono, e Fletcher comincia a istruirli)

Fletcher:     Innanzi tutto dovete sapere che un gabbiano è fatto ad immagine del Grande Gabbiano, che è un’infinita idea di libertà, e che il vostro corpo, da una punta dell’ala all’altra, altro non è che un grumo di pensiero.

(Fletcher sorride via via sempre di più)

Narratore:  E quantunque cercasse di mostrarsi tutto serio e severo ai suoi allievi, il gabbiano Fletcher, a un tratto, per un attimo, li vide come veramente erano, e sorrise: non soltanto gli piacevano, li amava. Quello che vide era molto bello.

                     Nessun limite, eh, Jonathan? pensò, e sorrideva. Era come l’inizio di una gara: aveva cominciato a imparare.

CANZONE: Liberi

CANZONE: Liberi

Liberi, l’amore ci fa liberi, perché l’amore è vita.

Liberi, sei Tu che ci fai liberi, perché sei Tu la vita.

In un mondo vuoto e fra noie e paura,

eravamo prigionieri della città,

ma quelle catene che stringevano il cuore

si ruppero e caddero,

e la gioia non potemmo contenere.

Liberi, l’amore ci fa liberi, perché l’amore è vita.

Liberi, sei Tu che ci fai liberi, perché sei Tu la vita.

Una scia di luce che avvolge la terra,

nasce come un fuoco dove sei passato Tu,

è una catena con anelli d’amore

che legano e uniscono

e danno una gioia che non si può contenere.

Liberi, l’amore ci fa liberi, perché l’amore è vita.

Liberi, sei Tu che ci fai liberi, perché sei Tu la vita.

Ora un orizzonte vasto come la terra

s’apre ai nostri occhi ed attende da noi

tutto quell’amore che ci hai messo nel cuore

e fiorirà e frutterà

quella gioia vera che non si può contenere.

Liberi, l’amore ci fa liberi, perché l’amore è vita.

Liberi, sei Tu che ci fai liberi, perché sei Tu la vita.