Il galantuomo per transazione

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Il galantuomo per transazione

Il galantuomo per transazione

di

Giovanni Giraud

PERSONAGGI  DEL  PROLOGO

l'autore, il signor carcafumi

il comico, che fa la parte di don giusto (accomodato e pettinato come deve comparire sulla scena, ma senza l'abito, in vece del quale tiene un soprabito)

il comico, che fa la parte di gaspero (vestito come deve comparirsulla scena)

 la comica, che fa la parte di marietta (vestita come sopra)

PERSONAGGI  DELLA  COMMEDIA

don giusto pencola, facoltoso possidente

la signora bibiana, sua moglie

elisa, loro figlia

don fintilio baciabassi, segretario attempato di Don Giusto Pencola

IL CONTE DI LUNERWILL

marietta, cameriera di Elisa

il dottor barbacane, procuratore di Monsieur Tirot

gaspero, servo del barone

La scena si rappresenta in una piccola città commerciale nel regno di Napoli, in casa di Don Giusto Pencola.

PROLOGO

SCENA UNICA

La recita sarà fatta alzando il sipario avanti il telone, chiamato comodino.

GASPEROe MARIETTA, indi il signor CALCAFUMI e quindi DON GIUSTO

GASPERO              - Sempre è andata cosi, e va cosi...

(stirandosi l'abito)

MARIETTA            -  (occupandosi di osservare il suo vestito) Che dite?

GASPERO              - Sempre l'ultime parti son le prime vestite.

MARIETTA            - E fra l'ultime parti tu metti la servetta!

GASPERO              - Ed in questa commedia dove vuoi che la metta?

MARIETTA            - Dirò: la parte è debole, ma spero che resista: Già tutti han poca parte, meno il protagonista.

GASPERO              - Che presagisci tu?

MARIETTA            -Della commedia?

GASPERO              -Sì.

MARIETTA            - Né liquido, né duro.

GASPERO              - Cioè?

MARIETTA              - Così, così.

CALCAFUMI         - (arrivando in fretta con la nota degli attori in mano) -Siete tutti vestiti?

MARIETTA                                 -Noi due.

CALCAFUMI         - Soli! Cospetto Bibiana, il Conte, Elisa?

GASPERO              - Si mettono il belletto.

CALCAFUMI         - Fintilio Baciabassi?

MARIETTA            - Ripassava la parte.

CALCAFUMI         -Ridursi adesso! Oh Dio!

GASPERO              - Eh! noi siamo dell'arte.

MARIETTA            - Eh! non si prenda pena; vedrà come va bene.

CALCAFUMI         - E il dottor Barbacane?

GASPERO              - Per adesso non viene.

MARIETTA            -Vorrebb'ella che stesse metà della commedia Vestito, imbellettato, a morirsi d'inedia?

CALCAFUMI         - Ma almen Don Giusto Pencola, il nostro primo attore...

GASPERO              - Su questo viva quieto.

MARIETTA            - Oh! non abbia timore. Per lui non v'è pericolo. È attento, dotto e pratico; E per le cose sue specialmente è fanatico.

CALCAFUMI         - Io voleva, a proposito, rammentarvi, Marietta, D'esser sempre nel dialogo franca, pronta, vispetta; E quei motti latini di dirli contraffatti...

MARIETTA            - L'impiccio mio sarebbe a proferirli esatti.

CALCAFUMI         - Fate che lo sproposito sia ben riconosciuto...

GIUSTO                  - Il signor Calcafumi, l'autor, non è venuto?

CALCAFUMI         - Giusto di voi cercava.

GIUSTO                  - (mostrando il volto accomodato) -Va cosi ben la faccia?

CALCAFUMI         - Si... si... non mi dispiace.

GIUSTO                  - Io voglio che le piaccia; altrimenti mi cambio.

CALCAFUMI         - No: davvero sta bene. E l'abito?

GIUSTO                  - Lo metto quando esco sulle scene. A metterselo prima, si può macchiar, si sciupa….

CALCAFUMI         - Di che color l'avete?

GIUSTO                  - Di malva.

CALCAFUMI          - Chiara?

GIUSTO                  - Cupa.

CALCAFUMI         - A meraviglia! E gli altri? Sono...

GIUSTO                  - In ordine.

CALCAFUMI         - Bravi! Mi raccomando, amico! I modi e i gesti gravi; Senza caricatura; perché, come vi ho detto, Il mio Don Giusto Pencola è un distinto soggetto. Vedete: Galantuomo per transazione.

GIUSTO                  - Intendo.

CALCAFUMI         - Sulla giustizia zoppa è il mio Don Giusto in scena. Don Chisciotte sull'asino, che picchia e si dimena. Egli d'essere onesto è quasi persuaso, E per mostrarsi tale si taglierebbe il naso; Ma perché la giustizia serva alle voglie sue, Non taglierebbe un naso, ne taglierebbe due. Pesca ragioni, scuse, consigli e mille diavoli, Per fare a modo suo, salvando capra e cavoli. Io, lo giuro, non feci il ritratto a nessuno; Perciò non posso darvi originale alcuno; Ma di questi campioni è sì grande la massa . Che può servirvi il primo galantuomo che passa. Poco più, poco meno, per ottener l'intento, Col dovere transigono novantanove in cento. Ed ogni transazione in fatto d'onestà È giusta in apparenza, ingiusta in verità. Senza l'uso di questi compensi medi, oh quanti. D'essere s'avvedrebbero crema e fior di birbanti! Ma quando in noi contrastano ragione ed interesse A pensar si principia... Eppur se si potesse... È ver che strettamente... Ma per altro riflesso... Si potrebbe... si può... tant'è quasi lo stesso! E mentre vien lo scrupolo con l'ali cupe e fosche,. Questi temperamenti servon di caccia mosche: Ed è molto più facile che s'emendi un briccone, Di chi si crede giusto, e l'è per transazione. Questo vecchio carattere (almeno a quel ch'io so) È nuovo sulla scena. Voi Io vedeste?

GIUSTO                    - No.

CALCAFUMI         - Dunque voi siete il primo, che qui, tra pochi istanti, Fonderete lo stemma de' Giusti Pencolanti. E forse il nome vostro, per chi vi rassomiglia, Servirà di casata alla vostra famiglia; Che qualche parentela o almeno affinità Ha co' bricconi ipocriti, ma v'è diversità. Perché questi gli scrupoli ed i rimorsi sprezzano: Quelli se stessi ingannano e l'inganno accarezzano.

GIUSTO                    - Ecco la forma e il conio sul quale io conto battere:I lazzi del Don Giusto, le maniere, il carattere. Io figuro quest'uomo un di quei tanti e tanti Che sono libertini e di una donna amanti. L'amata è la giustizia : e per la sua bellezza Don Giusto se la crogiola, la guarda e l'accarezza, Ne dice ben, la loda, si gonfia e pavoneggia. Ma come ganzo al fianco di rinomata dama, Pencola al buon boccone che ad altro ancor lochiama, Manovra e si maneggia per acquistar la preda, Senza che la sua dama s'irriti o se ne avveda. Pensa, almanacca, è trova il verso e l'espediente Onde, in buona coscienza, tradirla fedelmente;E la colpa a se stesso unge con tanto miele, Che, a domandarlo a lui, crede d'esser fedele: Perché cerca ed ottiene che si pensi e si dica Che l'entrare al bordello non fa torto all'amica; E che godersi può del fumo e dell'arrosto; Di libertino il gusto, di favorito il posto. Vesto cosi Don Giusto da ganzo libertino, Non falso galantuomo, maligno o malandrino; Uno di quelli amanti della bella giustizia, Che la chiamano cara, felicità, delizia.; Ma discoli, infedeli, o rispettosi assai, Che le fanno la corte e non l'abbraccian mai.

CALCAFUMI         - Si, si; questo è Don Giusto! È lui precisamente!

GIUSTO                  - Unisce anche l'ingegno d'avvocato eccellente; Perché, se giova in causa, o ragiona, o sragiona; O è tristo, o sciocco, o furbo, o bestia...

CALCAFUMI         - E non canzona! Voi siete intelligente e sapete il mestiere!...

GIUSTO                  -  Io soltanto mi pregio di fare il mio dovere.

CALCAFUMI         - Son nelle braccia vostre. Naturalezza estrema, Fuoco, coraggio!

GIUSTO                  - Ho inteso.

MARIETTA            - Non dubiti!

GASPERO              - Non tema!

GIUSTO                  -  Il successo è sicuro.

CALCAFUMI         - Non lo dite si presto.

GIUSTO                  -  È certo.

CALCAFUMI         - E in che fidate?

GIUSTO                  - Fido (da uomo onesto) Nell'arte dell'autore, unita all'esperienza.

CALCAFUMI         - Affidatevi al meglio. Nel buon cuor dell'udienza.

GIUSTO                  -  L'indulgenza di questa, dello scrittor l'ingegno, L'impegno nostro e tutto ci fan tranquilli a segno, Che per Don Giusto Pencola pencolar non possiamo.

CALCAFUMI         - Vedrem.

GASPERO              - Vedrà.

MARIETTA            - Si veda.

GIUSTO                  - Dunque vediam.

CALCAFUMI         - Vediamo.

(partono; e senza che sì riabbassi il sipario dopo la sinfonia comincierà la commedia)

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Camera. ELISA e MARIETTA

(Elisa terminando di acconciarsi il capo, si guarda allo specchio)

MARIETTA            - Siate pur certa, signorina, che in ogni modo siete bella. Anche appena levata eravate                        bianca e rossa quanto lo siete ora. Davvero non v'è un'altra ragazza che...

ELISA                     - Chetati; fammi il piacere.

(durante la scena ultimerà il suo abbigliamento mettendosi anelli, braccialetti, eccetera)

MARIETTA            - Se credete che dica per adularvi...

ELISA                     - Non mi dir queste cose, ti prego. Se fosse un giorno che tu stassi meco; se ignorassi le mie peripezie e quello che ho fatto...

MARIETTA            - Oh Dio buono! Se qualcuno vi sentisse e non vi co­noscesse, crederebbe che aveste tagliato i baffi al gran Turco. In verità! Se tutte le ragazze che avrebbero davvero ragione di dirlo, sospirassero cosi, sentirebbero il vento « turbem e tor-bem ».

ELISA                     - Che spropositi dici tu!

MARIETTA            - Non dico spropositi; sono parole latine e sono vere e vogliono dire: le turbe e gii orbi. Ma voi, che avete fatto voi, signorina mia?... Avete forse rubato qualche cosa? Avete avuto marito...

ELISA                     - Ma che marito!

MARIETTA            - Un briccone. E che? È questa una cosa straordina­ria? In cento matrimoni i bricconi... credete a me... sapete però qual'è stata una fortuna rara? Che dopo quarantott'ore, il Cielo se lo sia raccolto e che siate ritornata libera.

(riordinando le cose occorse per la toletta di Elisa)

ELISA                     - Che dici, Manetta?

MARIETTA            - Dico quello che ho sempre detto. Voi fate torto alla Provvidenza, sospirando. Burlate? Vi pare poca fortuna essere tornata in « stratu quod »? Alla fine (meno vostro padre, vostra madre e qualcuno di casa) nessuno ha saputo di questa specie di lampo matrimoniale...

ELISA                     - Ma lo so io! E non posso dimenticarmelo: né posso cessare di rimproverarmene.

MARIETTA            - Sono passati quasi due anni; e in due anni si dimen­tica altro ! Voi non avete ancora compiuto i diciannove : non v'è nessuno che possa dir nulla sulla vostra condotta; il signor Don Giusto vostro padre gode una stima tale che tutto il paese lo chiama « parter partri »...

ELISA                     - Dici certe parole che mi fai ridere non volendo.

MARIETTA            - Non c'è da ridere. In latino « parter partri » vuol dire padre del padre...

ELISA                     - Tu sei una gran donna erudita.

MARIETTA            - Non è ch'io voglia far la dottoressa; ma io, come sapete, ho servito tre anni in casa di un dottor di legge; e là si sentiva il latino continuamente come il rumore delle car­rozze... A forza di pratica, qualche cosa ho imparato anch'io...

ELISA                     -  (dandole poco retta) - È meglio di nulla...

MARIETTA            - E sapete chi è ii dottore che ho servito prima di venire in casa vostra? Per l'appunto quello che ora viene dal vostro signor padre, per quella causa fra quel bel giovane banchiere di qui e quell'altro bei giovine forestiere, il contino svizzero. Si chiama il dottor Barbacane. Non viene però in favore del contino... Lo conoscete voi il contino?

ELISA                     -  (sorridendo) - Marietta, assicurati che io...

SCENA SECONDA

GASPERO E DETTE

GASPERO              - La signora madre mi ha mandato a vedere se era levata.

ELISA                     - Vuol che vada da lei?

GASPERO              - No, signora. Mi ha detto solamente di sentire se era levata.

ELISA                     - Ditele di si, e che ora passerò nel suo quartiere.

GASPERO              - Sarà obbedita. Marietta, quando siete sbrigata ho a dirvi qualche cosa.

MARIETTA            - Or ora.

ELISA                     - Che volete?

GASPERO              - Nulla, signorina. Era per certa mia biancheria. Verrò più tardi.

(parte)

ELISA                     - Or sai che ti dico, Marietta. Se non vuoi farmi dispia­cere, non entrare piò in discorso delle mie disgrazie. Hai inteso? Mi fa troppa pena. Non posso pensarci senza che mi venga volontà di uccidermi con le mie mani... Incapricciarmi d'uno scellerato, d'un disperato! Ti pare ch'io possa sentirmi dir parola che mi richiami simili memorie? Ti pare... Non rispondi più?... Ah! Ti burli di me?

MARIETTA            - No, davvero, signorina mia; ma voleva farvi avver­tire che questo discorso torna in ballo, solo perché voi, sospi­rando, ci trascinate a me. L'aver avuto marito per quarantot­t'ore, a voi pare che sia un delitto di Stato. Pare che abbiate fatto un matrimonio «intestino»! Quando parlate di questo fuoco (e flattuo », par che si tratti della conquista del « vetro d'oro » ! se ho da dirvi la verità, voleva piuttosto divagar que­sti pensieri discorrendo del conte, che pare innamorato di voij e mi pare anche un'altra cosa...

ELISA                              - Cioè?

MARIETTA            - Che alla signorina il contino non sia antipatico...

ELISA                     - (ridendo) - Da che lo deduci tu?

SCENA TERZA

LA SIGNORA BIBIANA, DON FINTILIO e DETTI

BIBIANA                - Stai bene, figlia mia?

ELISA                     - Sì, cara mamma, (abbracciandosi)

FINTILIO                - Ha riposato bene la signora ELISA?

ELISA                     - Grazie, Don Fintilio. (alla madre) Mi dispiace di non essere stata in tempo a venir io...

BIBIANA                - Oibò. Anzi avevo detto a Gaspero di dirti d'aspettarmi nelle camere tue, perché da me vien sempre gente e non si può parlare con pace e in libertà. Dammi da sedere. Sedete anche voi Don Fintilio. Marietta, va di là, che se occorre ti chiameremo.

MARIETTA            - Come comandate. (V'è qualche novità: «latte san-guis in erba »).

(da sé e parte)

BIBIANA                - Or senti, Elisa mia; io non volli dirti nulla ieri sera; perché so che a dir certe cose alle ragazze prima d'andare in letto, le fan vegliare tutta la notte.

ELISA                     - Che cosa è accaduto, cara mamma?

BIBIANA                - Nulla. È una cosa che deve accadere.

FINTILIO                - E, piacendo al Cielo, accadrà con vostra soddisfazione. (Elisa abbassa gli occhi)

BIBIANA                - Tu hai già inteso. Ora perché fai cosi il collo torto? Ti rincresce il prevedere ch'io voglia proporti uno sposo? Che cosa è questo farti rossa e quest'aria compunta? Ti dispiace forse ?

ELISA                     - (strisciandolo) - No.

BIBIANA                - Hai forse qualche capriccetto?

ELISA                     - (forte, risoluta) - No, davvero.

BIBIANA                - Dunque che hai tu?

ELISA                     - Nulla.

BIBIANA                - Ebbene. Sappi che da qualche tempo io mi ero avvedu­ta che il conte di Lunerwill... Fai la bocca a riso?... Che? Ti ha già fatta qualche dichiarazione?

ELISA                     - Ti assicuro di no.

BIBIANA                - Ma ti eri avveduta di qualche cosa?

ELISA                     - Che mi guardava.

BIBIANA                - Sappi dunque che mi ero accorta che il conte, con l'oc­casione di venire frequentemente qui in casa per la sua causa rimessa da lui e dal suo avversario alia decisione in arbitraggio assoluto di tuo padre, prendeva ogni contrattempo per attaccar discorso meco e parlarmi sempre di te. Alla fine ieri, dopo pranzo, mi si è aperto e m'ha detto che qualora tu acconsen­tissi, egli ti sposerebbe... Il partito è ottimo sotto tutti i rapporti.

FINTILIO                - È un giovane di una moralità inattaccabile. Lo stessa Don Giusto, vostro padre, mi dice che lo trova un oro di cro­giuolo. E voi sapete che vostro padre è Giusto di nome e dì fatti. E se nulla nulla gli uomini non sono perfetti sul punto dell'onestà, egli li conosce ad un miglio di distanza. E Don Giusto mi ha assicurato che il conte si può chiamare una vera perla.

BIBIANA                - Ora che dici tu? Che cos'è questa tua riservatezza.? Da che nasce?

ELISA                     - Cara madre, voi sapete le vicende che ho passate.

BIBIANA                - Che dici? Che vai rivangando? Dove vai con la fanta­ sia? Credi di trovare un altro scellerato? Quella, più. che tua, fu colpa mia, nell'avere acconsentito ad una inconsiderata scèlta fatta dal tuo cuore ancor troppo gióvane.

FINTILIO                - Sbagli di fanciullezza. Questo vi vien proposto da una madre che vi ama e da un padre come Don Giusto Pencola che fa l'onore non solo di questa città, ma del secolo per la sua sagacità, probità ed eroica onestà.

ELISA                     - Temo che il conte quando saprà...

FINTILIO                - Non deve saper nulla.

BIBIANA                - Affatto! Non gli va detto nulla!

ELISA                     - Ma per altro... a me pare...

BIBIANA                - Figlia mia, per ora non va parlato di cose passate.

FINTILIO                - Per ora, signorina, si lasci consigliare: non convieoc che il conte sappia l'accaduto.

ELISA                     - E se qualche imprudente...?

BIBIANA                - E chi vuoi, figlia mia, che parli? La scena fu cosi breve, fu lontana di qui; nessuno, men che noi e Manetta, ha saputo nulla. Non se n'è mai sentito far motto in due anni.

FINTILIO                - Oibò, oibò, non temete. A tempo e luogo saprà quanto occorre.

ELISA                     - Ma per esser sincera...

FINTILIO                - Ragazza mia, le bugie non vanno dette, ma non v'è già obbligo di confessar la verità. E poi fidate nel consiglio di vostro padre.

BIBIANA                - Si; vostro padre dirà...

FINTILIO                - Don Giusto deciderà...

ELISA                     - Quando mio padre ancora...

FINTILIO                - Don Giusto anche lui vi dirà lo stesso...

BIBIANA                - A me basta aver capito che il conte non ti dispiaccia.

ELISA                     - Io non so mentire. È vero, mi piace... ma...

FINTILIO                - Basta così, (levandosi) Passiamo da Don Giusto.

BIBIANA                - Si, andiamo da lui. (levandosi) Mio padre sa la domanda del conte?

BIBIANA                - Sa tutto, figlia mia.

FINTILIO                - Non dubitate, signorina, tutti abbiamo a cuore il vostro bene.

BIBIANA                - Tu ritirati, e non ti far trovar dal conte, se mai, come è solito, nel passar da tuo padre cercasse di vederti.

ELISA                     - Fo come volete. Ma mi raccomando...

BIBIANA                - Zitta, figlia mia; sai che t'amo quanto me stessa.

FINTILIO                - Ed avete Don Giusto per padre. Questo deve togliervi da ogni inquietudine.

ELISA                     - Cara madre, mi fido in voi. Se mi volete sono in camera mia.

BIBIANA                - Si, cara.

(si abbracciano ed Elisa parte)

FINTILIO                - È un ottimo giovane.

BIBIANA                - Vi assicuro, caro Fintilio, che sebbene qualche volta io mostri d'essere annoiata d'avere in casa una figlia giovine, ora mi fa pena il pensare che deve allontanarsi da me.

FINTILIO                - Lo credo, (con tenerezza) Una volta vi avrebbe inte­ressato meno...

BIBIANA                - Oibò! Le ho voluto bene sempre.

FINTILIO                - Si; ma prima passavate delle ore e delle ore discor­rendo meco, senza che la solitudine vi recasse noia!...

BIBIANA                - E che! Vi pare che ora vi trascuri?...

FINTILIO                - No... ma... cara Bibiana... voi sapete che quando si ha vero attaccamento, si conosce...

SCENA QUARTA

GASPERO e DETTI

GASPERO              - Signora, il padrone è stato a cercare di lei e del signor Fintilio nelle camere dell'una e dell'altro. L'avverto, se mai...

BIBIANA                - Andate; che ora saremo da lui.

(Gaspero parte)

FINTILIO                - Andiamo. Se ci cerca, è segno che ora è libero.

BIBIANA                - Conviene però stare attenti sul modo da fargli conoscere la necessità di tacere al conte l'altro matrimonio.

FINTILIO                - Sicuramente; bisogna portarla in guisa che Don Giusto non creda...

BIBIANA                - Egli è cosi fanatico del galantomismo...

FINTILIO                - Si; ma Don Giusto non è poi un idiota. Sa distinguere la giustizia astratta dalia giustizia concreta; e l'onestà selvag­gia da quella sociale. Credetemi, Bibiana, che Don Giusto Pencola è uomo; fa grandissima differenza dal galantuomo greggio al galantuomo lavorato e civilizzato.

SCENA QUINTA

DON GIUSTO e DETTI

GIUSTO                  - Oh! finalmente vi trovo!

BIBIANA                - Oh! Precisamente ora venivamo da voi.

FINTILIO                - Signor Don Giusto, ben levato.

GIUSTO                  - Levato! Sono quattr'ore... anzi cinque che sono a tavo­lino. Vi cercava, Fintilio; perché bisogna incominciare a sten­dere la decisione di quest'arbitraggio.

BIBIANA                - Avete già deciso a chi dare ragione?

GIUSTO                  - Eh!... certo!... la giustizia!... E poi, domani è l'ultimo giorno. Domani termina il tempo fissato per la pronuncia del voto.

FINTILIO                - Sono con voi, quando e quanto vi piace.

GIUSTO                  - Sicuramente... (pensoso) Bisognerà farla...

BIBIANA                - Ma chi la vincerà? Il conte, è vero?

GIUSTO                  - Vorrei ben che la vincesse... per me... (un poco turbato)

FINTILIO                - È un uomo di cento carati.

BIBIANA                - E poi sapete le intenzioni che ha manifestate per ELISA.

GIUSTO                  - Lo so... lo so... (camminando impensierito) Ma io la giustizia... Non guardo che la giustizia...

BIBIANA                - Ma che? Forse?... Mi fate gelare il sangue!

GIUSTO                  - Quel demonio del dottor Barbacane, procuratore di Mon-sieur Tirot avversario del conte, è stato questa mattina un'ora da me...

FINTILIO                - Ed ha portato delle ragioni?...

GIUSTO                  - Mi ha fatto rimaner senza fiato!... Ha portato la let­tera di autorizzazione, la fede del contratto, e tante e poi tante... Basterebbe che la giustizia potesse restar salvata... per­ché senza questa, vada la vita...

BIBIANA                - Ma non ha da esser possibile?...

FINTILIO                - E non si ha da trovar verso che la giustizia?...

GIUSTO                  - Fintilio mio! Sa il Cielo se lo cerco! Il conte mi è stato raccomandato dal mio più caro e più ricco amico di Ginevra, il conte è un galantuomo, il conte ha delle ottime intenzioni... Ma la giustizia non si può tradire... ed io non cerco che que­sta... e quando si tratta di darla ad un amico e a un galan­tuomo come il conte, la cercherei sotto terra.

BIBIANA                - Ma certamente va fatto di tutto.

FINTILIO                - Se lo merita; è tanto buono quel conte, civile, manie­roso...

GIUSTO                  - E quel Monsieur Tirot è tanto soverchiatore, screanzato; una figura...

BIBIANA                - Non si potrebbe dir brutto giovane; ma mi è tanto an­tipatico, quanto un peccato senza gusto.

FINTILIO                - E poi non ha nessuna pratica pia... cammina con aria sfrontata...

GIUSTO                  - È un pessimo soggetto; vuol sempre aver ragione... io se potessi trovare un sol capello di giustizia per dargli torto, mi ci attaccherei come ad un canapo.

BIBIANA                - Fareste bene.

GIUSTO                  - Sì: ma se la giustizia non vi fosse, o non si potesse immaginare... saprei prima morire...

FINTILIO                - Ma, caro Don Giusto, rammentatevi i versi di quel celebre avvocato; e non vi stancate di cercar la giustizia.

GIUSTO                  - Quali?

FINTILIO                - Altro è il falso ed altro è il vero; Ma non v'è dal bianco al nero
La distanza che si crede :
Tutto sta come si vede.

GIUSTO                  - Questa è una gran verità.

FINTILIO                - La ragione naturale Non è già ragion legale.

GIUSTO                  - Pur troppo!

FINTILIO                - Il giudizio ne' giudizi Ha diversi frontespizi.

GIUSTO                  - È vero, è vero!

FINTILIO                - E perciò ne' zibaldoni

Vi son tante decisioni,

Chiare, scure, verdi, rosse

Tanti testi, tante glosse,

Che calmando la coscienza,

Fanno il Ietto alla sentenza...

GIUSTO                  - Bene!

FINTILIO                - Sia contraria, sia propizia Sempre in braccio alla giustizia.

GIUSTO                  - (con forza) - Si: sempre in braccio alla giustizia! Nulla si faccia senza la giustizia. Bibiana, venite anche voi. Le don­ne alle volte... hanno dei colpi...

BIBIANA                - Si, verrò anch'io. Si tratta dell'affare di uno che deve essere nostro genero.

GIUSTO                  - Veggon più sei occhi che quattro, e per trovar la giu­stizia non si devono risparmiare mezzi ed indagini; (riscal­dandosi nel discorso) io non sono di quelli che non abbrac­ci an la giustizia se non ne veggono una dose alta come una montagna. Io basta che ne vegga un briciolo, per un amico, l'afferro come cosa preziosa, come cosa sacra...

FINTILIO                - Che il Cielo vi benedica! La giustizia in favor del- . l'amico e dell'uomo da bene va cercata con la lanterna.

GIUSTO                  - Con la lanterna? Con la lanterna?... Col microscopio! Col microscopio!

(partono insieme)

ATTO SECONDO

Gabinetto di Don GIUSTO con vari libri e fogli sparsi sulla tavola da scrivere e sulle seggiole.

SCENA PRIMA

DON GIUSTO, BIBIANA e FINTILIO

GIUSTO                  - No: no davvero!

BIBIANA                - Ma se si dice al conte che la ragazza ha avuto il ca­priccio inconsiderato...!

GIUSTO                  - Cara Bibiana, voi ormai conoscete il mio odio per tutto quello che non è del pretto codice del galantuomo. Vedete? Io sono

GIUSTO                  - e ragionevole. Le riflessioni che voi mi avete fatto in favore del conte nella sua causa mi hanno persuaso; quelle addotte da Don Fintilio mi hanno convìnto e la mia coscienza è contenta. Chiudo gli occhi e, a dispetto di tutti i documenti e di tutti i ragionamenti di Monsieur Tirot e del suo Barbacane, gli do contro. Ma sul punto dì occultare al conte il disgraziato matrimonio di ELISA non converrò mai. Sarebbe un'occultazione indegna per un galantuomo qualun­que e per un Don GIUSTO           addirittura sacrilega.

FINTILIO                - Certamente... Ma il dirglielo prima che il conte s'im­pegni con la parola positiva...

GIUSTO                  - No, no, caro Fintilio! Io conosco d'esser rigorista; ma...

BIBIANA                - Gli si potrebbe dire dopo il contratto...

GIUSTO                  - No, vi dico, Bibiana; assolutamente...

SCENA SECONDA

GASPERO e DETTI

GASPERO              - Vi è il signor conte.

GIUSTO                  - Appunto, (a Bibiana) Andate di là. (volgendosi a Ga­sparo) Dite al signor conte che favorisca passare nell'apparta­mento della signora, ed accompagnatelo voi stesso.

GASPERO              - Ho inteso.

(parte)

GIUSTO                  - Andate, e ditegli ch'io lavoro per lui. Cioè non gli ma­nifestate il voto. Fategli intendere che Don GIUSTO conosce, apprezza e non disgusta i galantuomini e gli amici onesti come lui. Queste sono parole generiche, che non vogliono dir nulla.

BIBIANA                - Ma poi, devo svelargli la vedovanza di ELISA?...

GIUSTO                  - Senza dubbio. Non già cosi all'impazzata; ma ditegli che si presentò alla ragazza altro partito, al quale il suo cuore diede ascolto senza consiglio; e che la Provvidenza mise riparo allo sbaglio fatto, privandola dopo poche ore dello sposo. Con­tenetevi poi... Voi non siete una bambina.

BIBIANA                - Fintilio, venite anche voi...

GIUSTO                  - No. Bisogna che Fintilio rimanga meco per distender la sentenza. Andate voi. Che timidezza è questa? Quando si tratta di dir la verità, non ci vogliono timori. 11 galantuomo deve essere spartano... sempre con prudenza.

BIBIANA                - Farò a vostro modo. Ma ai galantuomini, per solito, non glie ne va una a verso e restano di solito con le mosche in mano.

(parte)

GIUSTO                  - Le donne son curiose! Credono che debba agirsi da ga­lantuomo altro che quando fa comodo. E voi scusate, Fin­tilio, in questo caso eravate troppo condiscendente...

FINTILIO                - Io diceva di ritardare...

GIUSTO                  - No. Bisogna esser franchi, specialmente quando non può nuocere. Che volete voi che faccia al conte questa notizia? Anzi questi avvenimenti romanzeschi e il conoscere nelle donne un cuore stravagante sono cose che riscaldano l'immaginazione.

FINTILIO                - Questo anche è vero.

GIUSTO                  - E che? Credete ch'io fossi un imprudente? E che se avessi creduto nocivo il dire al conte l'accaduto?...

FINTILIO                - Don Giusto, non vi £o questo torto.

GIUSTO                  - Oh! Pensiamo un poco a questa sentenza. Stiamo fermi nel concetto. Base fondamentale del ragionamento è che il conte di Lunerwill non è presumibile che si sia mosso dal suo paese, e sia venuto a perseguitare Monsieur Tirot per un cre­dito di trentamila ducati se non avesse ragione di averli.

FINTILIO                - Questa è una considerazione che salta agli occhi.

GIUSTO                  - Secondo punto. Non può supporsi che un galantuomo, un uomo ricco, facoltoso, svizzero, e conte...

FINTILIO                - E conte!

GIUSTO                  - E conte! pretenda un indebito e si rimetta alla sentenza arbitrale di uno del paese, come sono io, se non avesse ra­gioni da vendere.

fintilio                   - (approvando) - Ed a questo che ci si risponde?

GIUSTO                  - Terzo. Monsieur Tirot guadagna immensamente con queste commissioni degli esteri, onde una volta può perdere.

FINTILIO                - Senza dubbio.

GIUSTO                  - Voi mi dite che Monsieur Tirot ha delle prove d'aver imbarcato la mercanzia del conte sul bastimento « Bomba », per ordine espresso dell'agente del conte, e contro il suo con­siglio, e che la lettera dello stesso capitano, salvato dal naufra­gio, fa vedere che tutto era passato fra l'agente del conte e il capitano, senza intesa di Monsieur Tirot, il quale anzi non volle garantire gl'infortuni di mare.

FINTILIO                - Ma questi sono cavilli... Questo al più prova che Monsieur Tirot è un furbo, e non si è voluto esporre.

GIUSTO                  - Dite bene. Posto il principio chiaro e indubitato che il conte ha ragione perché è un galantuomo, ne vien per conse­guenza chiarissima che tutti i documenti non provano nulla, o al più provano soltanto che Monsieur Tirot è un furbo.

FINTILIO                - Secondo me non provano che questo... Ma poi, per tranquillizzare da ogni lato la vostra giustizia, ditemi: Mon­sieur Tirot e il conte, si sono rimessi al vostro sentimento?

GIUSTO                  - Al mio solo.

FINTILIO                - Ora, se i due litiganti volevano essere giudicati con le catene e le tenaglie legali, dovevano andare per le vie de' tri­bunali; subito che si sono riportati al sentimento vostro, quan­do voi, conoscendo il conte per un galantuomo vostro amico, siete persuaso che abbia ragione lui, tradireste la vostra giu­stizia, manchereste al dovere di galantuomo, pronunciando il contrario di quello che pensate.

GIUSTO                  - Ah caro! (abbracciandolo) Si, voi siete la panacea del mio cuore!

FINTILIO                - Mi mortificate! Voi non avete bisogno che di voi stesso!

GIUSTO                  - No, caro Fintilio; no, caro Baciabassi mio, io sono inna­morato della giustizia, appunto come fanno tra loro gl'inna­morati; vi litico sempre, ho bisogno di un conciliatore, di un paciere...

FINTILIO                - Non temete; che la giustizia e l'onestà non si possono dividere da voi.

GIUSTO                  - Lo credo anch'io. Per un verso o per l'altro trovo sem­pre che mi vien dietro quel che desidero. Orsù, dunque, caro Fintilio, buttate giù la decisione derivante dai principi che abbiamo detto.

FINTILIO                - Signor sì.

GIUSTO                  - Se credete di riportarvi qualche autorità... Latine ve ne saranno già?...

FINTILIO                - Figuratevi! Non voleste altro...

SCENA TERZA

GASPERO e DETTI

GASPERO              - Vi sarebbe il dottor Barbacane.

FINTILIO                - (a Don Giusto) - Ora sarà inutile...

GIUSTO                  - Anzi. Ditegli che abbia la bontà di ripassar quest'oggi perché ora sono occupato. Avvertite, Gaspero, ditegli : che avrò gran piacere di vederlo e che lo aspetto oggi dopo il pranzo.

GASPERO              - Obbedisco.

(parte)

GIUSTO                  - Vi pare che non volessi riceverlo! Quando gli do la sen­tenza contraria? Tanto, oggi, quando verrà, la cosa sarà de­cisa; onde posso lasciarlo dire quanto gli piace, senza timore che le sue chiacchiere mi confondano il capo e mi pongano al cimento dì allontanarmi dalla giustizia già abbracciata. Ma non sarebbe da galantuomo il negargli questa soddisfazione.

FINTILIO                - Dite bene. Bisogna essere

GIUSTO                  - anche nelle formalità.

GIUSTO                  - Dunque, sbrigatevi. Stendete la sentenza e cercate...

SCENA QUARTA

ELISA E DETTI

ELISA                     - Caro padre, sono stata sinora ad aspettar la mamma in camera. So che il conte è di là...

GIUSTO                  - Aspetta un momento, figlia mia. Ora amministro la giustizia.

ELISA                     - (volendo ritirarsi) - Scusate...

GIUSTO                  - Aspetta, aspetta. Non fa nulla che tu sii presente. Ma quando fo il mio dovere, non ho parenti, non ho figlia, non ho null'altro avanti gli occhi che il giusto. Dunque, come dicevo, cercate di far presto; perché quando viene Barbacane la sentenza sia già fatta e sottoscritta.

FINTILIO                - Fo in un momento.

(per partire)

GIUSTO                  - Ora, che vuoi tu?

ELISA                     - Dicevo che...

FINTILIO                - Perdonate. Di quei due pagamenti quale volete che faccia ?

GIUSTO                  - Perché in cassa non v'è il danaro che per uno?

FINTILIO                - Appunto. E sino alla fine del mese — oggi siamo alla metà — non coleranno altre somme in cassa.

GIUSTO                  - E chi sono quelli che pressano?

FINTILIO                - Il marchese Filiberto per quelle gioie comprate per le quali deste parola a lui stesso di fare il pagamento quest'oggi. E gli altri sono gli operai per quelle mercedi che avanzanO da qualche giorno.

GIUSTO                  - Pagate il marchese. Il galantuomo quando ha dato una parola deve mantenerla.

FINTILIO                - Cosi dicevo anch'io.

GIUSTO                  - Agli operai non fu data promessa in un giorno preciso.

FINTILIO                - Anzi a questi si fa un vantaggio, non dando loro si facilmente del danaro; altrimenti se lo sciupano...

GIUSTO                  - Dite bene: se lo scialacquano all'osteria...

ELISA                     - Ma questi che hanno più bisogno...

GIUSTO                  - Chetati tu. Tu sei bambina: non intendi quello che si chiama il GIUSTO del giusto, il sottile! Pagate il marchese.

FINTILIO                - Desideravo sapere ancora, se poi volete che faccia l'at­testato che prometteste a quel povero disgraziato che fu mal­trattato ed anche battuto dal sindaco in vostra presenza. Voi glielo prometteste ed egli...

GIUSTO                  - Fateglielo, fateglielo. Quando un galantuomo promette deve mantenere.

FINTILIO                - Ma il sindaco è un personaggio che...

GIUSTO                  - L'attestato, l'ho promesso. Il fatto è vero... La giustizia lo vuole... Sapete che potete fare? Aggiungere che Nicola, quella bastonata se la meritava. Ma l'attestato fatelo.

FINTILIO                - Farò cosi. In questo modo non fa danno a nessuno.

GIUSTO                  - Si. Anzi sottoscrivete l'attestato voi, come in mia assenza.

FINTILIO                - Per non compromettervi lo sottoscriverò per voi.

(partendo)

GIUSTO                  - Sarà meglio. Ma,

FINTILIO                - r (chiamandolo) Quando siete per fare la sottoscrizione, ditemelo; per quel momento uscirò di casa per non farvi dire una bugia nell'atto scrivendo che sono assente.

FINTILIO                - Non dubitate: vi avvertirò, (ad ELISA) Che angelo di giustizia che è vostro padre!

(parte)

GIUSTO                  - Vedi, figlia! Per esser galantuomo bisogna evitar l'om­bra della menzogna!

ELISA                     - Appunto per questo vengo da voi.

GIUSTO                  - Ti vogliono far dire qualche bugia?

ELISA                     - La mamma vi ha detto del conte?

GIUSTO                  - Ma che? Forse non ti piace?

ELISA                     - Anzi... ma...

GIUSTO                  - Sta' pur quieta che è un galantuomo, è ricco, è signore, è conte. Non è già un briccone come quel tuo...

ELISA                     - Ah! Padre mio, ecco appunto quello che mi lacera l'ani­ma!... Mia madre vorrebbe occultare la mia passata avventura con quel disgraziato.

GIUSTO                  - E tu?

ELISA                     - Ed io vorrei, o che non si pensasse a questo mio nuovo accasamento, o che fosse svelato al conte l'accaduto.

GIUSTO                  - Elisa mia! (abbracciandola) Ti riconosco figlia di Giusto tuo padre!

ELISA                     - Oh! Dunque voi pensate come penso io?

GIUSTO                  - Si, figlia: nulla devono occultare i galantuomini; in spe­cie quando si tratta di matrimoni.

ELISA                     - Mia madre aveva supposto...

GIUSTO                  - Oibò. Vostra madre diceva male in questo. Prima mo­rire che occultare una circostanza di questa sorte. Se non tì vuole vedova, ti lasci.

ELISA                     - Cosi dicevo anch'io.

GIUSTO                  - Brava! Cara! Conserva sempre questi principi! Sincerità, schiettezza, verità sempre e ad ogni patto.

SCENA QUINTA

MARIETTA e DETTI

MARIETTA            - Signor padrone!... Oh! Perdonate.

GIUSTO                  - Vieni, vieni; che vuoi?

MARIETTA            - Voleva pregarvi di un consiglio...

GIUSTO                  - (ad Elisa) - Va' pure figlia mia, non dubitare. Tua madre sta parlando di questo. Il conte saprà con la prudenza che si deve quanto è passato. Sii sincera, e sta' tranquilla.

ELISA                     - Mi consolate. (Il cuore mi presagisce bene, e la mia co­scienza è più tranquilla).

(parte)

MARIETTA            - Glielo avevo detto anch'io!

GIUSTO                  - Ti eri già accorta che il conte...

MARIETTA            - Immaginate!

GIUSTO                  - In somma, che volevi dirmi?

MARIETTA            - Abbiate la bontà di legger questo foglio, (dandogli un foglio)

GIUSTO                  - Di che si tratta?

MARIETTA            - Voi vi sarete già accorto che Gaspero il servitore... Avrete già capito?...

GIUSTO                  - Che cosa?

MARIETTA            - Che... in somma... via, che mi viene d'intorno.

GIUSTO                  - Si, ora che me lo dici, capisco: perché, o tu stai in sala o lui ha che fare verso le stanze tue... (prendendo un tono serio) Ma io credo che sia un galantuomo!...

MARIETTA            - Si, davvero!

GIUSTO                  - E che tu...

MARIETTA            - Vi pare, signor padrone! E poi quel foglio n'è la prova.

GIUSTO                  - È qualche promessa?

MARIETTA            - Signor si. Una promessa della sua zia che gli dona tutto sin da questo momento; ed è ricca sapete?... E gli fa do­nazione purché...

GIUSTO                  - Ti sposi?

MARIETTA            - No; al contrario! Purché non mi sposi.

GIUSTO                  - Dunque?

MARIETTA            - Ed io vorrei trovare il modo, onestamente, di far che Gaspero accettasse la donazione e mi sposasse.

GIUSTO                  - Va' via! Sciocca! (in collera) Va' via, ti dico! Vergognati! Pensare solamente a tradire la buona fede!

MARIETTA            - Scusate, mi sarò spiegata male. Io non voglio già spo­sare adesso Gaspero.

GIUSTO                  - Non puoi neppure accettare la promessa di matrimonio. Tieni il foglio, prendi...

MARIETTA            - Ma, scusate, vi dico! Sentite : la zia darebbe a Gaspero casa, vitto, vestiario ed anche qualche scudo al mese, finché vive, e gli lascierebbe tutto dopo la sua morte. Gaspero segui­terebbe a venire a fare il servizio qui, e potrebbe rinunziare anche al salario. Morta la zia, mi sposerebbe.

GIUSTO                  - Dopo morta?... Ma... ora non ho tempo di riflettere...

MARIETTA            - La zia non saprebbe il matrimonio nostro che dopo morta.

GIUSTO                  - (riflettendo) - Prima no?

MARIETTA            - (ridandogli il foglio) - Vi pare! Finché vive, Gaspero starebbe da lei e verrebbe a fare qui il suo servizio gratis.

GIUSTO                  - Lasciami il foglio. L'esaminerò. Ma se non si può fare onestamente, senti: non sperare...

MARIETTA            - Neppure io vorrei... Si tratterebbe di combinare bene « tinchinde »; e fare... intendete...

GIUSTO                  - Chetati con queste tue bestialità! Esaminerò il foglio, esaminerò il foglio.

MARIETTA            - Mi raccomando a voi. (L'affare è fatto, « tactum est »).

(parte)

GIUSTO                  - Dopo morta la zia!... Questi due sono innamorati... L'eredità della zia è GIUSTO    che vada al nipote... Gaspero è un buon servitore... Sarebbe mantenuto dalla zia...

SCENA SESTA

BIBIANA   e  DETTO

BIBIANA                - Io finora sono stata...

GIUSTO                  - Siete stata fino adesso col conte!

BIBIANA                - Fino ad ora e non ho fatto nulla.

GIUSTO                  - (spaventato) - Come! Quando ha sentito che

ELISA                     - era ve­dova?...

BIBIANA                - No... non è questo.

GIUSTO                  - Ah! (calmandosi) Questo non gli ha fatto effetto? Ve l'avevo detto! II parlar franco e da galantuomo non fa maI danno.

BIBIANA                - La questione sta ancora se gli si deve o non gli si deve dire.

GIUSTO                  - (con forza, alterandosi) - Orsù, Bibiana: io sul punto di far il galantuomo non transigo.

BIBIANA                - (alzando la voce) - Orsù, Don Giusto: volete mandare a monte il matrimonio? Fatelo. Volete far perdere alla ragazza un partito simile? Fatelo. Volete rinunziare ad un'unione cosi vantaggiosa, ad un parente cosi distinto? Fate quel che volete, io me ne lavo le mani!

GIUSTO                  - (gridando) - Ma che cosa ha detto il conte? Quali sono ì motivi? Ditemi le ragioni che un galantuomo possa con giu­stizia ingannare!

BIBIANA                - La ragione è che il conte ha incominciato dal dire che era incantato, innamorato pazzamente di

ELISA                     - per l'impres­sione che gli ha fatto la sua fisionomia modesta ed ingenua, sulla quale egli dice d'aver letto l'innocenza di una ragazza che non ha sentito amore.

GIUSTO                  - Queste sono stranezze che vengono in capo a tanti!...

BIBIANA                - E che in questa supposizione egli si è perdutamente innamorato. Io, prendendo la cosa in celia, ho cominciato a dire che per moglie talvolta una ragazza troppo innocente... non è la migliore; e che anzi le vedove...

GIUSTO                  - Brava!

BIBIANA                - Alla parola vedova, mi credeva che mi volesse mordere! Mi ha detto che le vedove erano oggetti per lui detestabili.

GIUSTO                  - Che?

BIBIANA                - Che una donna, perduto ch'abbia un marito, se è one­sta, deve conservare la sua fede alla di lui memoria...

GIUSTO                  - Dovrebbe... Ma quando la memoria è passata...

BIBIANA                - Mi ha detto di aver rinunziato a tre ottimi partiti di vedove ricchissime...

GIUSTO                  - Diavolo!

BIBIANA                - Ed è giunto perfino a dirmi che se una donna rimasta vedova cerca di venire a nuove nozze, egli la reputa una ri­balda, una donna perduta!

GIUSTO                  - Che mi dite!...

BIBIANA                - Stando le cose così, il dirgli che essa è vedova sarebbe lo stesso che sagrifìcare l'onore di ELISA!

GIUSTO                  - (pensando) - Questa è ragione! Questa è ragione!

BIBIANA                - Ed in coscienza non si può!...

GIUSTO                  - (come sopra) - Certamente!... non si può in coscienza!...

BIBIANA                - E se sentiste come è ricco! Che possessioni, che ville, quante gioie ha! Come vuol trattare la sposai

GIUSTO                  - (quasi tra sé) - Non si può in coscienza!

BIBIANA                - Ma non vi è mezzo: o bisogna rinunziare al partito In­GIUSTO (come sopra) - Non si può in coscienza.

BIBIANA                - O bisogna occultar tutto.

GIUSTO                  - Credo non diciate male. Per il bene della figlia, per ora, bisogna occultar tutto... Per ora... non sarebbe giustizia...

BIBIANA                - Ve l'avevo detto.

GIUSTO                  - Dov'è andato ora il conte?

BIBIANA                - Ha detto che passava da FINTILIO...

GIUSTO                  - (scuotendosi) - Avesse a dirgli!...

BIBIANA                - È vero!

GIUSTO                  - Correte! (chiamando) Gaspero! Aspettate : (suona il cam­panello) chiamate

FINTILIO                - (forte) E quello stende la sentenza!

BIBIANA                - Vado io.

GIUSTO                  - No: voi prevenite

ELISA                     - Gaspero? (suona) Gaspero?

BIBIANA                - Vado da

GIUSTO                  - Avvertite anche Manetta.

BIBIANA                - Ho inteso.

GIUSTO                  - Presto! Gaspero? Fintiiio?... Nessuno sente. Andrò io. Avesse da scoprirsi? Povera ragazza, sarebbe un'ingiustizia. E quello stende la sentenza!         (parte)

ATTO TERZO

Camera da ricevere.

SCENA PRIMA

ELISA e DON GIUSTO

GIUSTO                  - Io dico... per ora. Per ora non deve saper nulla. Fidati a tuo padre. Un giorno saprà tutto...

ELISA                     - (mesta e con gli occhi bassi) - Che io mentisca!

GIUSTO                  - Guardi il Cielo! Anzi se il conte cadesse in questo pro­posito tu non devi far altro che tacere. Guarda bene: non dir di si o non dir di no. Hai inteso. Va'; ritirati nella tua camera. Quando il conte verrà, che deve esser qui tra poco, ti farà chiamare. Obbedirai a tuo padre?

ELISA                     - Obbedirò.

GIUSTO                  - Oh brava! Non dir di si... non dir di no. Data che il conte avrà la parola, o la promessa in scritto, son galantuomo» e son Don Giusto: non dubitare. Va',

ELISA                     - mia, avverti... non dir di no... ma bada di non dir di si...

ELISA                     - V'obbedirò. (Dirà bene mio padre; ma l'animo mio vi ripugna).

(parte)

GIUSTO                  - Un istante dopo che fossi arrivato, Don Fintiiio me l'aveva fatta! Svelava tutto al conte. Diceva bene mia moglie! Già le donne per certe vedute sono eccellenti! Sarebbe stato-un tradire la figlia: sarebbe stato un agir contro il dovere di buoni genitori. Un giorno saprà tutto! Tutto passerà come si deve tra galantuomini.

SCENA SECONDA

FINTILIO e DETTO

FINTILIO                - (portando de' fogli) - Ecco qua!

GIUSTO                  - Avete fatto?

FINTILIO                - Ho disteso la minuta: voi emenderete.

GIUSTO                  - Avete fatto benissimo. Avete dato ragione al conte?

FINTILIO                - Pienamente.

GIUSTO                  - Per i motivi giusti che abbiamo detti?

FINTILIO                - Per quelli; e poi ho aggiunto: e per molti molti altri che per brevità si tralasciano.

GIUSTO                  - Avete fatto bene. Per quiete della coscienza; se mai ve ne fossero degli altri che si fossero trascurati.

FINTILIO                - Se prima di metterla in pulito volete rivederla?

GIUSTO                  - Già non occorrerà! (aprendo i fogli e scorrendo il conte­nuto legge i capoversi) « Considerando che il conte ha ragione », eccetera, eccetera (va bene!). « Considerando che il conte non può aver torto », eccetera, eccetera (sicuramente!). « Conside­rando che Monsìeur Tirot non può aver ragione », eccetera, eccetera (mai e poi mai!). «Considerando... Considerando-Considerando... ». Bravo

FINTILIO                - ! Quanti motivi avete trovato!

FINTILIO                - Vi sarebbe da trovarne delle migliaia. Quando il giu­dice è sicuro che una parte ha ragione!...

GIUSTO                  - (voltando la pagina) - « Considerando... Considerando... » (voltando l'altra pagina) <c Considerando... Considerando... Con­siderando... ». Bastano e avanzano, (con beatitudine) E poi vengono i testi latini! A meraviglia! Bravo! Bravo! Fatela pur copiare; che va eccellentemente! (dandogli le carte, e poi riprendendole) Ma no. Voglio dettarla io stesso, perché sia vero che l'ho pronunciata io, secondo il convenuto fra le parti!

FINTILIO                - Cosi è più regolare.

GIUSTO                  - Vado subito. Ma! Don

FINTILIO                - , me l'avevate fatta bella col conte!

FINTILIO                - Non me lo dite; che ne sono ancora mortificato! Far perdere a vostra figlia un partito simile!... Il conte è di una ricchezza!...

GIUSTO                  - Vado a dettar la sentenza, affinché sia sigillata quando viene Barbacane. Non si deve permettere che la giustizia sia neppur cimentata.

FINTILIO                - Va evitata anche l'occasione di tradirla.

GIUSTO                  - Cosi è. Vado. Ora ho la coscienza quieta.

(parte)

FINTILIO                - Voglio che sia ricco il conte; ma se perdeva questa causa, fra spese, danni... Già- non poteva perderla!... Questo matrimonio è una fortuna per la signorina

ELISA                     - che aveva sofferto una vicenda di quella sorte e che viene da una madre che è stata capricciosa!

SCENA TERZA

BIBIANA e DETTO

BIBIANA                - Il conte è venuto?

FINTILIO                - Non ancora. Almeno io non l'ho veduto.

BIBIANA                - Bisognerebbe che ELISA si mettesse un poco in galante­ria. Quella sciocca mi fa paura che dica qualche parola, e che faccia intendere al conte...

FINTILIO                - Non temete; che ad ognuno preme il proprio interesse

BIBIANA                - Si; ma ha certe massime quella ragazza come suo padre

FINTILIO                - Vostro marito però vedete che si persuade alla circo­stanza.

BIBIANA                - Questo è vero. Don GIUSTO  - è GIUSTO quando si deve. Vi rammentate quando era geloso? (sorridendo) Anche allora mentre gridava per quel pittore... e per quell'altro bel giovane... Vi rammentate... Come si chiamava?

FINTILIO                - Si chiamava Demonio!

BIBIANA                - (ridendo) - Si era antipatico anche a voi. Ebbene in quel tempo stesso, Don

GIUSTO                  - voleva per forza che facessi delle politezze a quell'uomo di quarantanni che venne a comandar qui... e a quell'altro vecchio ricevitor generale. E con questi mi lasciava andare a trattar sola, mi lasciava in conversazione!...

FINTILIO                - Perché eran persone da non dare a sospettare, ed erano signori onesti.

BIBIANA                - Già, è per questo; ma vengo a dire che non è tenace.

FINTILIO                - Oibò! Vostro marito è GIUSTO ragionevolmente e di buon senso.

BIBIANA                - Io voglio passar da mia figlia. Trattenetevi qui se mai giungesse il conte, al quale ho promesso di farlo parlare con ELISA.

SCENA QUARTA

gas pero e detti, indi il conte

GASPERO              - Vi è il signor conte di Lunerwill.

BIBIANA                - Appunto! Rimanete voi. (a Don FINTILIO) Ora condurrà la ragazza, (a Gaspero) Fatelo passare.

(Gaspero parte)        - Ora torno.

(parte)

FINTILIO                - Basta far le cose con giustizia e con prudenza che sem­pre vanno bene.

IL CONTE               - Sono a presentare... Non v'è la signora?

FINTILIO                - Ora sarà qui, signor conte, con la sua bella figliuola.

IL CONTE               - Attenderemo. Come poco fa vi dicevo, signor segretario: io pensando al foglio che ha prodotto il mio avversario, incomincio a dubitare quasi delle mie ragioni.

FINTILIO                - Che andate dicendo? Io già non ne so nulla. Il signor Don Giusto...

IL CONTE               - Ma io, sentite : non mi chiamo Giusto; ma mi vanto di esserlo davvero : se il mio agente mi avesse tradito non deve soffrire Monsieur Tirot.

FINTILIO                - Ma scusate... Ora il parlar della causa, e il parlare a me...

IL CONTE               - È vero; avete ragione.

SCENA QUINTA

BIBIANA, ELISA -  e DETTI

IL CONTE               - (piano alla figlia prima d'esser vedute dal conte) - Poi ti lascierò sola con lui : avverti di condurti da giovane savia. Non dir nulla del passato. Bada, (avanzandosi) Signor conte: ecco... ecco...

IL CONTE               - (rimanendo confuso) - Signora!... Signorina!...ELISA facendo una riverenza modestamente e con gli occhi bassi, non risponde)

BIBIANA                   - Che? Rimanete muti!

IL CONTE               - Sarebbe difficile che io vi esprimessi quale sorta d'im­pressione faccia in me... la fisionomia... la presenza... di vostra figlia...(ELISAabbassando gli occhi e facendosi rossa)

BIBIANA                - (volgendosi alla figlia) - Sentite? Rispondete.

ELISA                     - Se vi è risposta che mi convenga più del silenzio, sugge­ritemela. il conte (a FINTILIO ) - Che angelo! Che angelo agli occhi miei!

FINTILIO                - (al conte) - È una colomba. il conte (a FINTILIO- ) - Lo veggo.

BIBIANA                - Non vi faccia meraviglia la sua timidezza.

ELISA                     - è fan­ciulla...

IL CONTE               - Dispensatevi, signora, dall'aggiungere parola a quello che il mio cuore sente in questo momento... Altro non desidera se non che la mia presenza

BIBIANA                - non le sia discara...

(sorridendo alla figlia) - Che ne dite?

ELISA                     - (con somma modestia) - Oh, no, certamente!

IL CONTE               - Ah! voi non sapete di qual prezzo sono queste parole per me...

FINTILIO                - Signore, permettetemi: il signor Don GIUSTO mi at­tende...

BIBIANA                - È vero. Anch'io bisogna che...

ELISA                     - Ma!... io... (mostrando che non vorrebbe che la madre si allontanasse)

BIBIANA                - Restate, restate pure,

ELISA                     - . Già Marietta è qui nella camera vicina. E poi conosco il conte e voi: l'affare di cui si tnitta permette ch'egli possa parlarvi e che voi possiate rispon­dere con quella franchezza, alla quale non è favorevole la presenza anche di una madre e di un amico.

IL CONTE               - In quanto a me non mi farò pregare. E voi ancora, amabile ELISA, compiacetevi ubbidire a vostra madre, e potete ben contare che la mia conversazione...

BIBIANA                - Si, si; siate tranquilla: vostra madre conosce gli uomini. (piano a ELISA ) Regolati come ti ho detto. Fra poco sarò da voi.

FINTILIO                - Il tempo della nostra assenza non vi sembrerà lungo certamente.

BIBIANA                - (a FINTILIO) - (Il matrimonio è fatto).

FINTILIO                - (Senza dubbio!).

(parte con Bibiana)

ELISA                     - (Quale imbarazzo il mio! Come contenermi per non in­gannarlo!)

IL CONTE               - (dopo un momento di silenzio) - ELISA!... Tanto vi tor­menta l'idea di passar pochi momenti vicino a me!

ELISA                     - Signore, v'ingannate se dubitate che il mio silenzio derivi da dispiacere...

IL CONTE               - No? (con emozione) Non da dispiacere?...

ELISA                     - Credetelo piuttosto effetto del trovarmi mortificata delle espressioni e dell'entusiasmo col quale vi dichiarate amante...

IL CONTE               - Ma che volete ch'io vi dica? Ve lo giuro, sono uomo che ho girato, ho conversato e vi dirò ancora che credo di essere stato amato; ma il colpo che avete fatto voi nell'animo mio è decisamente nuovo!

ELISA                     - Non saprei che rispondere. (La sua maniera franca accre­sce la mia confusione).

IL CONTE               - Mi crederei perduto se avessi la disgrazia di non in­contrare il vostro genio e di non ottenere la vostra mano.

ELISA                     - abbassa gli occhi senza rispondere) Perché tacete?... Voi avete qualche cosa che vi turba. Confi­datevi: sono un uomo d'onore. Non mi valutate come un amante qual sono, ma come un vecchio amico... Dite: il vostro cuore è impegnato?

ELISA                     - Vi assicuro di no...

IL CONTE               - Amereste me?... Dite. (Questo suo ritegno m'incanta!). Rispondetemi: non vi piaccio?

ELISA                     - Se non mi piaceste non ve ne farei un mistero.

IL CONTE               - Ah! ELISA!... Dunque sarete mia? Sarete mia?

ELISA                     - (timidamente) - Non so...

IL CONTE               - Come?... Perché! non sarete mia? E perché? (Io perdo il senno!). Non amate altri; non vi dispiaccio... e non sarete mia? Giuraste forse?...

ELISA                     - (Io non so dove mi sia! Il mio animo ripugna ad ingan­narlo e temo d'altronde di disobbedire a mio padre!).

IL CONTE               - Voi avete qualche cosa che mi occultate! Negatelo. Perché non volete esser mia?

ELISA                     - (tremando) - Non potrò.

IL CONTE               - Perché siete d'altri...?

ELISA                     - (come sopra) - No...

IL CONTE               - E perché dunque?

ELISA                     - Non mi vorreste...

IL CONTE               - Prima morirei che non volervi! E perché non volervi? (con forza)

ELISA                     - (Non reggo). No... Perché...! Son vedova!... (disperandosi) Che dirà mio padre?

IL CONTE               - Che importa a me che siate vedova!

ELISA                     - Zitto, per carità!

(agitata, andando a vedere agli usci se alcuno può sentire)

IL CONTE               - Che? Vostro padre non lo sa?

ELISA                     - (sempre agitata, guardando come sopra) - Lo sa!

IL CONTE               - Non lo sa vostra madre?

ELISA                     - (come sopra) - Lo sa, lo sa!

IL CONTE               - L'ignora Don FINTILIO?

ELISA                     - Lo sa anche lui!...

IL CONTE               - E chi non Io sa? La vostra cameriera?

ELISA                     - Anch'essa, anch'essa lo sa!

IL CONTE               - E dunque, io solo, che non dovevo saperlo, ora Io so.

ELISA                     - Oh per amor del Cielo! (quasi gettandosi ai suoi piedi)

IL CONTE               - Ah!... Che fate? ELISA mia!

ELISA                     - Per amor del Cielo, vi scongiuro non dite nulla, (sempre in timore d'essere ascoltata)

IL CONTE               - Ma a chi? Che cosa è stato? Fra l'amore che per voi m'accieca e fra la vostra agitazione io non so dove mi sia!

ELISA                     - Per carità, che nessuno ci senta. 11 mio matrimonio ter­minò tragicamente... (come sopra)

IL CONTE               - (tranquillamente) - Uccideste vostro marito?

ELISA                     - Che dite?

IL CONTE               - Comincio di qui, per farvi intendere che sono cosi preso di voi che anche dopo ciò vi sposerei. Insomma dite...

ELISA                     - Non vogliono che vi dica nulla.

IL CONTE               - Dite pur tutto, ELISA mia!

ELISA                     - Già ora è inutile tacere. Sappiate... (sempre agitata) Un indegno introdottosi in casa col pretesto di corteggiar mia madre mi innamorò. Non avevo compiuto sedici anni. Era di una buona famiglia di Trieste. Propose una ricca speculazione a mio padre da eseguirsi in Parigi. Oh Dio!

IL CONTE               - Proseguite.

ELISA                     - Indusse mio padre a dargli delle somme ed a permettere che io, mia madre, la cameriera ed un servo si andasse con lui a Parigi. Non posso pensarci!...

IL CONTE               - Era un birbante?

ELISA                     - Uno scellerato! Appena giunti... anzi incominciò per viaggio, svelò a mia madre il suo genio per me, e senza dirvi altro... oh Dio! ho timore che giungano...

IL CONTE               - Sbrigatevi, terminate...

ELISA                     - Insomma obbligò mia madre, ora son due anni compiuti, ad acconsentire alle nostre nozze repentinamente, e ci sposam­mo.

IL CONTE               - Ebbene?

ELISA                     - Credereste? Quarantott'ore dopo!...

IL CONTE               - Fuggi?

ELISA                     - Peggio! Si attendeva di ritorno a casa... giunse a mia madre una lettera di poche righe... oh Dio! gelo in pensarloI

IL CONTE               - Terminate vi dico!

ELISA                     - Ah, conte mio! Voi non mi amerete...

IL CONTE               - Morirò prima di non amarvi. Terminate.

ELISA                     - Nel biglietto diceva: «Io non esisterò più quando legge­rete questo foglio. I miei affari erano in orribile dissesto. Col danaro vostro che avevo in mano tentai un colpo; fui al giuo­co, ho tutto perduto! Maledite pure l'ora in che mi conosceste, e che vi tradii ». (piange)

IL CONTE               - Calmatevi.

ELISA                     - « Nulla del mondo richiamo fuor che la vittima che feci... vostra figlia». (come sopra)

IL CONTE               - Ma è morto davvero?

ELISA                     - Si gettò dal balcone della stessa casa di giuoco...

IL CONTE               - E voi che faceste?

ELISA                     - Accertate del fatto, partimmo da Parigi, e qui nessuno penetrò dell'accaduto.

IL CONTE               - È morto? Rimanga in pace.

ELISA                     - Ah voi non potrete amarmi!

IL CONTE               - (con entusiasmo) - Se mai non vi avessi amato, tanto ora sarebbe l'interesse che mi ispira la disgrazia accadutavi, ch'io...

ELISA                     - Ah se ciò è vero, conte mio, giuratemi di non dare a divedere ch'io v'abbia svelato...

IL CONTE               - Ne do la mia parola. Ma che? Vostro padre? Don

GIUSTO                  - voleva che mi occultaste?

ELISA                     - Voleva per ora... Voleva prima...

IL CONTE               - (Bravo Don Giusto!). Ma perché?

ELISA                     - Perché voi avevate detto a mia madre che detestate le vedove!

IL CONTE               - (ridendo) - Come mai! È vero; ma io, sappiate che lo dissi per brio di conversazione, e credendo far la corte a voi, di cui l'aria circospetta mi annunziava semplicità di fanciulla.

ELISA                     - (con calore) - Davvero? ma per amor del Cielo, proseguite a dir lo stesso!... Non mostrate ch'io v'abbia detto... Ve ne supplico!...

IL CONTE               - Non temete: seguiterò a dir contro le vedove roba di fuoco!

ELISA                     - (tremando) - Mio padre stesso... non temete... vi dirà tutto... perché mio padre è incapace!... Eccoli! Vengono... mi racco­mando a voi...

IL CONTE               - (stringendole la mano) - Sarò vostro, tacerò, ve lo giuro! Mi amate voi?

ELISA                     - Si.

SCENA SESTA

don giusto, bibiana, don FINTILIO e detti

GIUSTO                  - (di dentro, parlando a voce altissima) - Ai galantuomini, come

IL CONTE               - di Lunerwill, i genitori non giungono mai im­portunamente.

BIBIANA                - (di dentro, come sopra) - No, davvero.

FINTILIO                - (come sopra) - Non può dubitarsene.

IL CONTE               - Che? È sordo vostro padre?

ELISA                     - Oibò. Fa cosi per ischerzo.

GIUSTO                  - (sulla porta) - Giungiamo all'improvviso, sicuri che non cangereste discorso.

IL CONTE               - Oh! no, sicuramente. Le diceva che l'amavo per la sua ingenuità ed innocenza e che non sarei stato felice che otte­nendo la sua mano. E cosi ripeto avanti a suo padre e a sua madre.

GIUSTO                  - E tu che gli hai risposto? (piano al conte) Avete veduto quanto è timida!

IL CONTE               - (a don Giusto) - E per questo son cieco d'amore per lei.

BIBIANA                - (sorridendo) - Scommetto che tu gli hai risposto di no.

ELISA                     - Gli ho risposto di si; subordinandolo alle vostre approva­zioni.

GIUSTO                  - Approviamo, approviamo!

BIBIANA                - - Approviamo, e di cuore!

GIUSTO                  - Un galantuomo come il conte!...

FINTILIO                - Gli si legge in viso!...

IL CONTE               - Spero che leggerete anche meglio nelle mie azioni...

GIUSTO                  - Ditelo a me che ho veduto la vostra causa...

IL CONTE               - Anzi su di quella, Don Giusto...

GIUSTO                  - Tacete. Ho veduto tutto, e lasciate...

SCENA SETTIMA

gaspero e detti, indi marietta

GASPERO              - La zuppa è in tavola.

GIUSTO                  - Ora... (Gaspero parte)signor conte, sarete, de' nostri?

BIBIANA                - Si, certamente!

IL CONTE               - Oggi a me sembra che dovendo voi decidere...

GIUSTO                  - (dandosi la mano sulla fronte) - È vero!

IL CONTE               - Non dico che...

GIUSTO                  - È vero! Ogni uomo per GIUSTO che sia è soggetto a degli oblìi. Andate anzi, andate, conte...

IL CONTE               - Si, vado; ed essendo mio sistema esser preciso in tutto, dalla mia casa vi manderò il biglietto di richiesta della mano di vostra figlia e l'obbligazione dalla mia parte.

GIUSTO                  - Voi siete di una delicatezza...

BIBIANA                - - Senti, ELISA?...

                                

ELISA                     - Sono confusa!...

GIUSTO                  - Conte, scusate l'imbarazzo; è fanciulla...

BIBIANA                - - È primo amore!

FINTILIO                - È semplice come l'acqua!

MARIETTA            - (affacciandosi alla porta, tra sé) - A forza di complimenti non vanno mai via.

(parte)

IL CONTE               - Signor Don Giusto, a momenti avrete il mio biglietto.

GIUSTO                  - Non occorrerebbe; ma se volete farlo per mandar le cose in regola... (a Don FINTILIO, che approva) È meglio che lo metta in iscritto.

IL CONTE               - Non fate soffrire il vostro desinare. A rivederci, ELISA! (stringendole la mano)

ELISA                     - Si, a rivederci, (sottovoce al conte) Mi raccomando; tacete.

GIUSTO                  - Addio, conte.

IL CONTE               -  Tra poco, mi direte genero. (Sono al colmo del con­tento!).

(parte)

BIBIANA                -  Tornate di buon'ora, che ELISA vi attende.

FINTILIO                - Che brav'uomo! Che carattere franco! (MARIETTA mette il capo fuori della porta)

GIUSTO                  - Andiamo a tavola, (alla figlia) Già non diceste nulla?

ELISA                     - Non mi parlate di questo...

(andando via col padre)

BIBIANA                - (seguendoli) - Non temete che non è tanto sciocca.

FINTILIO                - Non parliamo di cose tetre; quest'è la vigilia del pranzo di nozze.

(partono)

MARIETTA            - (venendo fuori) - Se ne sono andati finalmente! A quello che mi ha detto Gaspero, il dottor Barbacane deve essere già in saia! (affacciandosi alla porta d'ingresso) Venite, venite qui, camminate piano.

SCENA OTTAVA

il dottor barbacane e detta

barbacane (parlando con circospezione per non essere inteso) - Gaspero m'ha detto...;

MARIETTA            - Si, si ma sbrigatevi.

BARBACANE        - Sapete nulla come pensi il vostro padrone della causa di Monsieur Tirot?

A me pare che non vi sia da dubitare.

BARBACANE        - La portiam fuori noi?

MARIETTA            - Pe' piedi.

BARBACANE        - Burlate? Dopo quei documenti!...

MARIETTA            - Il documento del conte secondo me, è parlante! Sposa la figlia.        

BARBACANE        - Sposa!                                                              

MARIETTA            - « Secunda tacta e provata ». Vedete che mi ricordo il latino?

BARBACANE        - Sposa la figlia?                                     .

MARIETTA            - La cosa non è fatta, ma il trattato... Io in fondo rido; perché v'è ancora un intoppo grosso, che IL CONTE non sa nulla dell'altro marito!

BARBACANE        - Che? La ragazza ha avuto un altro marito?

MARIETTA            - Eh no... no!... (riprendendosi) Che imprudenza ho fatto!

BARBACANE        - Dite, dite,

MARIETTA            - già ho dato parola a Gaspero di combinare con tutte le regole il contratto per far che vostra zia rimanga con le mosche in mano dopo la donazione.

MARIETTA            - Si? Ma voi poi farete qualche ciarla!

BARBACANE        - Vi pare? Sono un galantuomo; sono un legale. La fede pubblica sapete che sta in mani nostre. Dite, non dubitate.

MARIETTA            - Sappiate dunque che quando la signora andò a Parigi con quel «monsieur»...

BARBACANE        - Monsieur Biloff.

MARIETTA            - Sì, quello che faceva il servente alla signora

BIBIANA                - ...

SCENA NONA

GASPERO € DETTI

GASPERO              -(di dentro) - MARIETTA?

MARIETTA            - Oh Dio! Entrate in camera mia.

GASPERO              - (ansante) - MARIETTA, non temete; son io.

MARIETTA            - (sorpresa) - Che v'è?

GASPERO              - È venuto un disturbo alla signorina.

MARIETTA            - Ma come?

GASPERO              - (a Barbacane) - Voi andate via che se Don GIUSTO vi vede...

MARIETTA            - Conducilo in camera tua.

BARBACANE        - Si, perché devo sapere.

MARIETTA            - (forte) - Eccomi! (a Barbacane) Vi dirò tutto.

GASPERO              - (a Barbacane) - Venite meco.

BARBACANE        - Sono con voi.

MARIETTA            - La cosa cresce. « Crescit tundo ».

ATTO QUARTO

Gabinetto di Don Giusto.

SCENA PRIMA

don ciusto e FINTILIO, quindi GASPERO

GIUSTO                  - (sottoscrivendo la sentenza) - L'incomodo della ragazza non è che un effetto della contrarietà provata nell'occultare al conte le vicende passate.

FINTILIO                - Ed anche del timore che IL CONTE   - un giorno sapendolo non s'irriti.

GIUSTO                  - IL CONTE lo saprà quando non potrà onoratamente ritirarsi.

FINTILIO                - Eppoi IL CONTE è incapace...

GIUSTO                  - Ecco fatto, (terminando di sottoscrivere) Vi ho messo la data, e tutto di mio carattere. Quando si sottoscrivono le cose giuste, ed a seconda del proprio cuore, si sente una tranquillità di spirito, e par che la penna voli.

FINTILIO                - Vogliamo sigillar il pacco per depositarlo dal cancel­liere?

GIUSTO                  - (suonando il campanello) - Sicuramente. Non vi è tempo che tutt'oggi?

FINTILIO                - (facendo l'inviluppò) - Fino a domattina di buon'ora. Prima di mezzogiorno le parti andranno a leggerla.

GASPERO              - Comandate?

GIUSTO                  - Portate un lume per sigillare. (GASPERO       - parte e tornò)

Monsieur Tirot rimarrà brutto.

FINTILIO                - Ed il conte, che poco ci sperava, ne sarà sorpreso.

GIUSTO                  - Vi mette della delicatezza male intesa. A proposito, il biglietto del conte non si è veduto!

FINTILIO                - Verrà a momenti.

GASPERO              - (posa il lume sulla tavolò) - (Sigillano? Che sia la senten­za? Quello stordito del dottore giungerà quando non sarà più a tempo).

(parte)

GIUSTO                  - Cosi non ci si pensa più. (avvicinando la ceralacca alla candela, poi scostandola) Ma il biglietto di domanda formale

IL CONTE               - non l'ha mandato! (posando la ceralacca sul tavolino)

FINTILIO                - Al modo col quale lo ha promesso pareva dovesse scri­verlo di volo... ma IL CONTE è un galantuomo.

GIUSTO                  - Un galantuomo per quaranta... Ma è sempre meglio..

SCENA SECONDA

GASPERO - e detti

GASPERO              - - Un biglietto, signor padrone.

GIUSTO                  - (dando fuoco alla ceralacca) - Eccolo.

FINTILIO                - N'era sicuro.GIUSTO (a FINTILIO) -Apritelo pure.

FINTILIO                - (aprendolo) - Non è del conte.

GIUSTO                  - (spegnendo subito la ceralacca) - Non è del conte!

FINTILIO                - È il marchese che ringrazia per il pagamento delle gioie.

GIUSTO                  - (seguitando a soffiare sulla ceralacca) - Veramente non intendo questo ritardo.

FINTILIO                - Fa maraviglia anche a me.

GIUSTO                  - Non sarebbe prova di galantuomo... Avesse d'aver torto anche nella causa?

FINTILIO                - Mi pare impossibile. La faccia del conte non può in­gannare.

GIUSTO                  - Ma questo ritardo...

GASPERO              - (rientrando) - Vi è il signor dottor Barbacane.

GIUSTO                  - (Demonio f).

GASPERO              - - E v'è quest'altro biglietto.

GIUSTO                  - Dite prima che v'è il biglietto! (riprendendo la ceralacca) Pregate il dottore di pazientare un istante.

GASPERO              - - (Un poco più tardi giungeva il medico quando l'amma­lato era morto)

(parte)

GIUSTO                  - (prima di struggere la ceralacca) - Guardate bene: è del conte?

FINTILIO                - È suo. È suo.

GIUSTO                  - Va bene, (cominciando a sigillare) Leggete, leggete.

FINTILIO                - (legge) - « L'innocenza e il candore della fanciulla Elìsa vostra figlia mi hanno incantato; e queste sue qualità mi han­no deciso a domandarla in sposa... ».

GIUSTO                  - (sigillando in fretta e contento) - N'ero certo.

FINTILIO                - (seguitando a leggere) - « Io non dipendo che dalla vo­lontà sua e dei genitori suoi per essere suo sposo. Accorda­temi, vi prego, la sua mano, dalla quale solo dipende la feli­cità del vostro servo ed amico. Conte di Lunerwill ».

GIUSTO                  - È un galantuomo. Ecco la sentenza, (dandogli il pacco sigillato) Fate che non la veda il dottor Barbacane.

FINTILIO                - Non dubitate.

GIUSTO                  - Date il plico a GASPERO, che lo consegni al cancelliere.

Fate entrare il dottore.

FINTILIO                - (spegnendo il lume) - Vado subito. cwsto - Il dottore è venuto anche questa mattina. Non conviene abusare della sua pazienza; alla fine viene per il suo cliente.

FINTILIO                - È vero.

(nasconde bene il pacco e parte)

GIUSTO                  - Il matrimonio è fatto, e la sentenza è pronunciata! È una gran consolazione vedere che tutto cammina veramente con la benedizione del Cielo! Facciamo ora questo sacrifizio di pa­zienza voluto dalla giustizia : sentiamo le ciarle di costui.

SCENA TERZA

IL DOTTOR BARBACANE e DETTO

BARBACANE        - Illustrissimo signor Don Giusto.

GIUSTO                  - Non fate complimenti meco. Pensiamo alla giustizia e non ai titoli. Accomodatevi e dite su.

BARBACANE        - Sentite, signore. Il vostro Don

FINTILIO                - mi ha detto che voi non attendevate che me per sentire le ultime osserva­zioni e quindi decidere questa sera stessa, lo non voglio impor­tunarvi con ripetizioni, desidero solo che mi diciate...

GIUSTO                  - Caro dottore, vi avverto che quando le cause sono in istato imminente di decisione ho il sistema di ascoltare, ma di non rispondere nulla; onde dite pure tutto ad un fiato quello che credete utile al vostro cliente.

BARBACANE        - Ma pure...

GIUSTO                  - No, caro. Io sento ma non rispondo. Parlate pure a vo­stro bell'agio; che io fo attenzione senza aprir bocca. (Cosi si stancherà più presto).

BARBACANE        - Dunque mi limiterò a parlarvi dell'ultimo documen­to mostratovi. L'avete esaminato?(GIUSTO- non risponde)

Avete veduto che è la lettera originale dell'agente del conte?

GIUSTO come sopra)

Una lettera simile mi pare che basti a provare che il contratto è passato fra IL CONTE e il capitano del bastimento, e non già fra questi e Monsieur Tirot. Non vi pare?

GIUSTO                  - (come sopra) - (Puoi dire quello che vuoi, tu non mi fai tradire la giustizia).

BARBACANE        - In ogni modo, vi ripeto, non ho niente da aggiungere in sostegno delle ragioni bastantemente offerte dal mio cliente. Non mi rimane che farvi una parte della sua commissione: cioè protestarvi i sentimenti della sua stima e del suo rispetto pel vostro giudizio, qualunque sia per essere.

GIUSTO                  - Oh!... questo!... (chinando la testa in atto di ringraziar e-e mostrando soddisfazione)

BARBACANE        - E sapendo che vi sono state fatte delle false ciarle circa la sua amicizia e venerazione per voi, e per smentirle per vìa di fatto, mi ha incaricato di rimettervi questo foglio, (ca­vandosi di tasca una lettera)

GIUSTO                  - Riguarda la causar

BARBACANE        - No, signore.

GIUSTO                  - Dunque non lo prendo.

BARBACANE        - Anzi, perché non riguarda punto la questione, non-potete, onesto e delicato come siete, ricusarlo. Ma poi, essendo, aperto, ve ne dirò io stesso il contenuto.

GIUSTO                  - Sì, è meglio! (Parrebbe che agisse da galantuomo).

BARBACANE        - Monsieur Tirot, per mostrarvi che nell'incertezza at­tuale dell'esito della causa ha per voi e per la vostra famiglia un illimitato rispetto, vi fa la formale domanda di vostra figlia per isposa.

GIUSTO                  - (volendosi contenere dalla sorpresa) - Come!

BARBACANE        - Anche nel caso di perder la causa.

GIUSTO                  - (come sopra) - Come!... Come!...

BARBACANE        - Promette sposarla nell'atto stesso di leggere la sen­tenza, ancorché contraria.

GIUSTO                  - (come sopra ma non potendo frenarsi) - Come!... Come!... Come!...

BARBACANE        - (lasciando la lettera sul tavolino) Eccovi la lettera.

GIUSTO                  - Oggi... non posso... tenetela voi!... Domani... dopo... (pensando, confuso)

BARBACANE        - Ciò vi provi almeno l'onestà e il disinteresse di Mon­sieur Tirot, l'attaccamento alla giustizia, la venerazione per voi ed il suo carattere di galantuomo.

GIUSTO                  - Non v'è che dire... questo... è agir da galantuomo; ma...

BARBACANE        - Devo aggiungervi che egli sa quello che accadde a vostra figlia...

GIUSTO                  - (spalancando gli occhi) - Cioè?

BARBACANE        - L'altro matrimonio disgraziato...

GIUSTO                  - (spaventato) - Lo sa!

BARBACANE        - Lo sapeva da gran tempo, ma ha sempre taciuto con tutti... ha agito da galantuomo...

GIUSTO                  - È vero... da galantuomo! (Oh Dio!... Se è galantuomo, avrà anche ragione nella causa!) Scusate!... (suonando il cam­panello) Perdonate)

BARBACANE        - Accomodatevi.

GIUSTO                  - Mi è venuto in mente!... mi era scordato!... (tornando a suonare) Vi domando scusa, (chiamando) Fintiiio?... Fintilio! Con permesso.

(andando verso la porta)

SCENA QUARTA

FINTILIO e DETTI

FINTILIO                - (incontrandosi sull'uscio) - Comandate!

GIUSTO                  - (sottovoce a  FINTILIO con affanno) - Avete mandato ilplico ?

FINTILIO                - (È andato).

GIUSTO                  - (Maledetto! Vedete se poteste riaverlo!).

FINTILIO                - (Correrò dietro a GASPERO   - ).

GIUSTO                  - (Si, per amor del Cielo! Mi è venuto uno scrupolo. Vo­late!).

FINTILIO                - (Vado, vado!).

(parte in fretta)

GIUSTO                  - (tornando al tavolino, forzandosi ad essere ilare) - Scusate; il nominar mia figlia mi ha fatto rammentare un invito, che avevo...

BARBACANE        - Anzi mi spiacerebbe esservi stato importuno.

GIUSTO                  - Oibò! E Monsieur Tirot sapeva la disgrazia che accadde alla povera mia figlia?

BARBACANE        - Conosceva anche quello sciagurato di Monsieur BilofT.

GIUSTO                  - Per carità, non pronunciate questo nome! Monsieur Ti­rot è troppo buono... Egli è un galantuomo, di ricchezza tale che ogni ragazza può chiamarsi fortunata... (E la sentenza sarà già depositata!).

BARBACANE        - Non starò a magnificare i meriti personali e i beni di fortuna del mio cliente: l'immensa sua ricchezza è ricono­sciuta. A me basta aver compiuti i miei doveri, come suo di­fensore in causa e come suo commissionario nella sua propo­sizione di nozze. Non voglio pili oltre abusare...

GIUSTO                  - La vostra compagnia non pesa mai... (E

FINTILIO                - non torna!).

BARBACANE        - Siete troppo gentile.

GIUSTO                  - Favorite fare i miei complimenti a Monsieur Tirot... ed i miei ringraziamenti.

BARBACANE        - Posso assicurarlo...

GIUSTO                  - Cioè!... (guardando verso la porta)

BARBACANE        - Non parlo della causa.

GIUSTO                  - Potete assicurarlo...

BARBACANE        - Della mano di vostra figlia?

GIUSTO                  - Cioè... (come sopra) (E FINTILIO non si vede!). Bisogna sentir la ragazza...

BARBACANE        - Credo che qualche occhiata già da qualche tempo sia corsa.

GIUSTO                  - (mostrandosi contentò) - Sì?

BARBACANE        - Certamente.

GIUSTO                  - (La sentenza non torna, e temo d'aver tradito la giusti­zia! Sento un peso nell'anima!...).

BARBACANE        - Dunque, vi resto servo.

GIUSTO                  - Se avete altro da aggiungere...

BARBACANE        - Vi lascio la lettera...

GIUSTO                  - (confuso) - La lettera!... riprendetela pure, (smaniando) Maledetto FINTILIO!

SCENA QUINTA

FINTILIO e DETTI

FINTILIO                - (sulla porta, col respiro affannato, a Don Giusto) - (Quel­la persona è tornata).

GIUSTO                  - (non potendo occultare la consolazione) - Si? (a FINTILIO- ) Ora sarò con voi.

BARBACANE        - Dunque, vi rimango buon servitore. Riprenderò la lettera, se volete.

GIUSTO                  - (scostando dal tavolino il dottore e accompagnandolo verso la porta) - Riverite Monsieur Tirot e ditegli : (con bocca ri­dente) che sia sicuro della mia giustizia nella sua causa, della mia soddisfazione per la sua richiesta e della mia gratitudine per la prudenza avuta...

BARBACANE        - Porterò le vostre parole. (Se Monsieur Tirot vince questa causa, mi deve un bel palmario. 11 testo che ho pescato io non l'avrebbe trovato Cicerone).

(parte)

GIUSTO                  - (dopo un poco di silenzio con gli occhi fissi sopra Finti­no) FINTILIO           - mio!

FINTILIO                - Che vi è di nuovo, Don Giusto? Io non ho pili flato; sono corso dietro a

GASPERO              - , e l'ho raggiunto che picchiava all'uscio del cancelliere. Che c'è di nuovo?

GIUSTO                  - FINTILIO mio! Siamo stati sull'orlo del precipizio!

FINTILIO                - Fate celia! Accadeva qualche disgrazia?

GIUSTO                  - (con voce patetica) - Tradivamo la giustizia!

FINTILIO                - Possibile!

GIUSTO                  - Monsieur Tirot è un galantuomo!

FINTILIO                - E  IL CONTE no?

GIUSTO                  - Saranno due galantuomini; ma i documenti,

FINTILIO                - ... siamo giusti... i documenti parlano per Monsieur Tirot. FiNriLro - Certo che...

GIUSTO                  - Quando questi documenti erano in mani di uno non conosciuto per galantuomo, potevano giustamente non valu­tarsi, ma quando Monsieur Tirot è galantuomo quanto

IL CONTE               - e più del conte!...

FINTILIO                - Più del conte?

GIUSTO                  - Leggete quella letera che io non ho per delicatezza nep-pur toccata.

FINTILIO                - (prende la lettera di Monsieur Tirot e la legge sottovoce) - Domanda la figlia anche perdendo la causa!

GIUSTO                  - Ed aggiungete! Sa l'accaduto ad ELISA.

FINTILIO                - Mi burlate!

GIUSTO                  - Sa tutto; e, notate! Ricco, com'egli è, potrebbe aspirare anche alla figlia di un prìncipe! Malgrado ciò, domanda la mano di ELISA, anche perdendo la causa!

FINTILIO                - Altro che galantuomo! Questo è l'eroe... la quinta es­senza...

GIUSTO                - Alle corte. Qui non bisogna imbrattarsi la coscienza!

Ermete Novelli, uno dei più grandi interpreti deila figura di Don GIUSTO nel Galantuomo per transazione, in una caricatura di F. Franarli - 1851

FINTILIO                - No davvero!

GIUSTO                  - Già, io non era quieto sul punto d'occultare al conte il tragico matrimonio di ELISA!

FINTILIO                - Tanto più ch'egli mostra avversione decisa alle vedove. E potrebbe sapere dallo stesso Monsieur Tirot...

GIUSTO                  - Questa è la spina che mi tormenta la coscienza.

FINTILIO                - Andrebbe fatta giustizia piena...

GIUSTO                  - Sì; piena. Dar la sentenza a favore di Monsieur Tirot.

FINTILIO                - Cosi dicevo anch'io.

GIUSTO                  - E nello stesso tempo...

FINTILIO                - Svelare al conte la vedovanza d'

ELISA                     - , affinché la la­sciasse in libertà.

GIUSTO                  - Voi avete la giustizia nelle ossa. Orsù, chi vuol far da Catone non deve aver rispetti umani, (con risoluzione prende il plico e strappa con violenza la sopraccarta) Si cambi la sen­tenza.

FINTILIO                - Bravo! L'uomo probo deve emendare l'errore quando si è in tempo. Vada al diavolo il conte.

SCENA SESTA

GASPERO e detti

GASPERO              - - Vi è il signor conte di Lunerwill.

GIUSTO                  - (sorpreso, gridando) - Cospetto! Un momento!

FINTILIO                - (avviluppando le carte) - Un momento!

GIUSTO                  - Che faccia grazia di passare dalla Signora...

GASPERO              - - (Che pasticci!). Ho inteso.

(parte)

GIUSTO                  - Par che il demonio ci ponga le corna!

FINTILIO                - Sbrighiamoci, sbrighiamoci.

GIUSTO                  - Già... penso... che...

FINTILIO                - Che si possono lasciare i medesimi.

GIUSTO                  - Questo appunto voieva dire.

FINTILIO                - Cambiare i nomi, e dove dice estero, diremo di que­sta città.

GIUSTO                  - Si, FINTILIO ! In questo bisogna stare attento. Ma, che dirà il conte?

FINTILIO                - Quando sente che ha perduto là causa e che

ELISA                     - è vedova, fugge come una lepre e torna in Svizzera.

GIUSTO                  - Che ci volete fare? La giustizia vuol cosi. Oh! Dunque presto, FINTILIOcaro!

SCENA SETTIMA

BIBIANA -  £ DETTI

BIBIANA                - In somma, mi mandate di là IL CONTE ed io non so...

GIUSTO                  - Non occorre altro.

BIBIANA                - Posso dirgli tutto?

GIUSTO                  - No! Avvertite bene! Non ancora!

FINTILIO                - Per ora no, sembrerebbe che gli si fosse data la sentenza contraria dopo aver sentito che non vuol più sposare ELISA.

BIBIANA                - Ma che dite? Non intendo. Sentenza contraria al conte?

GIUSTO                  - Sì, la giustizia ha voluto così.

BIBIANA                - Come! Ed io proprio ora gli ho detto che aveva vinto.

GIUSTO                  - (con rabbia) - Perché gliel'avete detto?

FINTILIO                - (alterato) - Che imprudenza avete fatto!

BIBIANA                - Ho veduto GASPERO partir col plico; sapevo che la sen­tenza era in favore; che segreto vi era più?...

GIUSTO                  - (alterato) - Già, siete sempre stata una bes... una stordita!

BIBIANA                - (con collera) - E chi può indovinare i vostri impicci?

GIUSTO                  - Come parlate della giustizia?

FINTILIO                - Quietatevi, Don Giusto. Lo sbaglio di BIBIANA farà credere al conte che voi abbiate occultata la sentenza anche a vostra moglie.

GIUSTO                  - Si. Ma voi non dovevate imbarazzarvi in queste cose, perché non fate che inciampo a chi deve agire con la sola guida del dovere.

BIBIANA                - (fresa dalla collera) - Eh! finite di rompermi il capo con questa vostra giustizia, dovere, gaìantuotnismo ed imposture simili!

GIUSTO                  - Che bestemmie dite voi?

BIBIANA                - - Dico che l'onestà vostra non è altro che il capriccio e l'interesse.

GIUSTO                  - BIBIANA!...

FINTILIO                - Chetatevi, signora.

BIBIANA                - - L'esser presa per balorda non lo tollero. Voi non avete che la vanagloria d'esser creduto quell'uomo integerrimo, che non siete.

GIUSTO                  - (frenandosi) - Se dessi ascolto alla giustizia, vi darei un ceffone...

FINTILIO                - Per amor del Cielo, calmatevi, non fate clamore! Riti­ratevi, signora.

BIBIANA                - (sempre in collera) - Ma, insomma, che v'è di nuovo? Dite.

GIUSTO                  - (reprimendosi) - FINTILIO, facciam trionfare la pazienza! Restate voi a calmar costei che ha perduto il cervello.

BIBIANA                - - Si; è meglio che ve n'andiate!

GIUSTO                  - Ringraziate il Cielo che sono un galantuomo! Donna in­considerata! Si fa tutto per il bene di tutti e, per non tradir la giustizia, e voi!...

FINTILIO                - , mi raccomando a voi. Hanno delle buone cose le donne, ma ne hanno delie altre che, se non si fosse giusti a prova di bomba, farebbero vender l'anima al diavolo!    

(parte, frenandosi)

FINTILIO                - BIBIANA mìa cara, voi fate delle scene che...

BIBIANA                - - Io, quando perdo la pazienza, non veggo lume. In fine, perché fate perder la causa al conte?

FINTILIO                - Perché Monsieur Tirot è un galantuomo ed ha ra­gione lui.

BIBIANA                - - Da quando in qua? E il matrimonio di ELISA?

FINTILIO                - Non avrà più effetto col conte.

BIBIANA                - - Come!

FINTILIO                - Don GIUSTO  non resiste all'idea di occultargli la qualità di vedova...

BIBIANA                - - Si è cambiato di nuovo! Ed ELISA  deve rimanere senza partito ?

FINTILIO                - (in segreto) - La sposerà Monsieur Tirot...

BIBIANA                - - Che!... Ah!...

FINTILIO                - La vuole a tutti i patti. È più ricco del conte, sapete?

BIBIANA                - - Ma!... Siete pazzi?...

SCENA OTTAVA

IL CONTE  e DETTI

IL CONTE               - Scusate, se m'introduco come se fossi già vostro gè­nero...

FINTILIO                   - Oh, signor conte: Don

GIUSTO                  - è occupato...

BIBIANA                - - Perdonate... ma...

IL CONTE               - Non volevo altro che il permesso di passare da ELISA.

BIBIANA                - (imbarazzata) - Scusate. A desinare si è sentita disturbata

IL CONTE               - Che mi dite!

BIBIANA                - - Non è nulla; si è ritirata per riposarsi. Anzi ora vado da lei. Vedrò... Con permesso, conte... (a FINTILIO- ) (Venite poi a dirmi qualche cosa, altrimenti impazzo).

(parte)

IL CONTE               - Ma che cos'è? ELISA?...

FINTILIO                - Cosa da nulla! Vi domando licenza: il signor DonGIUSTO m'attende...

IL CONTE               - Favorite dirgli che io avrei poche parole a dirgli.

FINTILIO                - Dubito che ora non possa, ma vi obbedirò. Con vostro permesso. (Sarà contento: non prenderà la vedova).

(parte)

IL CONTE               - Che cos'è questa sparizione!... La signora mi lascia, e vien di qua... Vengo qua io, ed essa va di là... ELISA non si vede...

SCENA NONA
GASPERO traversando la scena con candela accesa, e detto

IL CONTE               - Galantuomo!...

GASPERO              - - Scusate, devo portare al padrone questo lume...

IL CONTE               - Appunto, ditegli che se potesse per qualche istante...

GASPERO              - - Sarete servito. (Ho timore che sia tardi!).

(parte)

IL CONTE               - Qui la cosa non è naturale.

SCENA DECIMA

MARIETTA  - e detto

MARIETTA            - Non v'è la signora?

IL CONTE               - È partita un momento fa. Sentite, ragazza...

MARIETTA            - Vi domando scusa; ora non posso. La signorina vuole subito la signora madre...

IL CONTE               - Deve esser andata da lei. Si potrebbe vedere la signo­rina?

MARIETTA            - Perdonate; ora no. Ognuno al suo luogo. « Squisqui in pronuncia sua ».

IL CONTE               - Che dite?

MARIETTA            - È latino! È latino!

(parte)

IL CONTE               - (rimanendo sorpreso e senza parlare) - Tutti han che fare!

SCENA UNDICESIMA

DON GIUSTO e DETTO

GIUSTO                  - (sulla porta) - Vi domando un milione di perdoni, ma ora non posso...

IL CONTE               - Signor Don Giusto, io sono un uomo franco...

GIUSTO                  - (sempre sulla porta) - Domattina, ci vedremo.

IL CONTE               - Ma io ho bisogno...

GIUSTO                  - (come sopra) - Favoritemi domattina di buon'ora, signor conte.

IL CONTE               - Ma parliamoci da galantuomini.

GIUSTO                  - Si, si; da galantuomo. Ora sto sentenziando...

IL CONTE               - io non curo la causa...

GIUSTO                  - Domattina di buon'ora. Son galantuomo: di buon'ora domattina. Domattina.

(parte)

IL CONTE               - Giuro al Cielo! Ve qualche trama. Domattina vedre­mo se sei galantuomo o lo sarai per forza!

(parte alterato)

ATTO QUINTO

Camera da ricevere.

SCENA PRIMA

GASPERO, indi MARIETTa

GASPERO              - (chiamando con voce moderata) - MARIETTA!

MARIETTA            - Sei già tornato?

GASPERO              - - Il padrone mi ha detto di andar correndo. Il cancelliere era ancora a letto. Ho dovuto picchiar quattro volte. Gli ho consegnato il plico e sono venuto via.

MARIETTA            - E tua zia come sta?

GASPERO              - - Povera vecchia! Dopo quella specie di colpo di ieri sera non è più tornata in sé.

MARIETTA            - Domandai ieri sera al padrone se era bene di mandare il notaro per il testamento; mi disse di no...

GASPERO              - - Il dottor Barbacane mi ha detto che in caso l'avrebbe fatto lui...

MARIETTA            - Ma, se la zia non parla...

GASPERO              - - Non fa nulla. Barbacane mi ha assicurato che basta che ci sia il notaro e che l'ammalato non sia morto bene.

MARIETTA            - Il signor Don GIUSTO mi disse: lasciatela morire, che suo nipote è erede del necessario e viene tutto a te « brutto de iure ». E se facesse testamento ti potrebbe mettere per condi­zione di non sposarmi.

GASPERO              - - Si; ma Barbacane mi ha assicurato che, a male andare, questo non lo scrive. E poi, spero bene..;

MARIETTA            - Speriamo che muora presto... « talia vita », alla fine è « ita ».

SCENA SECONDA

don GIUSTO in ovatta e berrettino, e detti

GIUSTO                  - Hai consegnato?

GASPERO              - - Illustrissimo, si.

GIUSTO                  - Bravo! Che ha detto?

GASPERO              - - L'ha preso, e si è rivoltato dall'altra parte.

GIUSTO                  - Perché?

GASPERO              - - Perché era in letto: avrà voluto dormire ancora.

GIUSTO                  - Che uomini infingardi! Chi vuol far la giustizia, come me, non fa sonni lunghi. Va' a vedere dov'è FINTILIO.

GASPERO              - - Vi raccomando l'affare di mia zia...

(parte)

MARIETTA            - Si; ci raccomandiamo di trovare in ogni caso il modo...

GIUSTO                  - Lasciate che la giustizia operi da sé. La donna è vecchia, ha avuto un colpo, morirà. Va' a dire a mia figlia che venga qui.

MARIETTA            - Vado subito. Ma credete che morirà?

GIUSTO                  - Morirà. Morirà. La giustizia vuole che il nipote abbia l'eredità.

MARIETTA            - E che

GASPERO              - mi sposi. Già siamo mezzo sposati; subito che v'è ìa promessa... « promisso boni vini tobbligatio ». Vado a chiamare la signorina.

(parte)

GIUSTO                  - Questa

MARIETTA            - dice degli spropositi; ma ha del talento e delle massime giuste. Ora il più è fatto. La sentenza è data. Conviene ora fare da galantuomo col conte; e perciò conviene preparar la ragazza.

SCENA TERZA

ELISA e DETTI

ELISA                     - (mesta) - MARIETTA - m'ha detto che mi volete.

GIUSTO                  - Ti disse nulla tua madre ieri sera?

ELISA                     - Non capii per verità ciò che voleva dirmi. Mi parve però che... il mio matrimonio...

GIUSTO                  - Senti, figlia mia. Tuo padre ti parla franco e da pari suo. II conte non è possibile che ti sposi.

ELISA                     - (con sorpresa) - E perché? Voi non volete più?

GIUSTO                  - Io!... Figlia mia, n'ero contento... e lo sarei, ma egli non vuol vedove a nessun patto. Ed un uomo onesto, come tuo padre, non può più occultare...

ELISA                     - (sorpresa) - Ma che? Glielo avete detto ch'io son vedova?

GIUSTO                  - Quando tuo padre ti dice che

IL CONTE               - non ti sposa, puoi contentarti...

ELISA                     - (tremando) - Ma glielo avete voi detto?...

GIUSTO                  - Come se glielo avessi detto...

ELISA                     - (Respiro!).

GIUSTO                  - Ti dispiacerebbe assai se dovessi perdere quest'occasione?

ELISA                     - Non mi potrebbe dispiacere di perdere chi non mi volesse.

GIUSTO                  - Brava

ELISA                     - ! E ad un partito che ti proponessi, accon­sentiresti ?

ELISA                     - Quando IL CONTE non mi voglia... e che voi crediate... che un altro...

SCENA QUARTA

GASPERO  e DETTI

GASPERO              - - Il signor FINTILIO ra sarà da voi. E vi è il signor conte.

GIUSTO                  - Già. (ad ELISA- ) Ritirati,

ELISA                     - . Non pensare più al conte. Fidati a tuo padre; v'è un affare cento volte migliore.

ELISA                     - sONo nelle vostre braccia. (V'è qualche imbroglio. Ma che

IL CONTE               - mi manchi di parola! Non mi par possibile)

(parte)

GIUSTO                  - Dite al signor conte ch'io sono andato a pormi un abito, ed intanto lo farete passar qui. (GASPERO parte) Ora, nel discorso al conte, conviene mostrare lo spirito e l'animo del vero galantuomo.

IL CONTE               - non potrà a meno di riconoscere che sono incapace di un inganno; ed il premio della mia lealtà sarà il vantaggio di mia figlia... Eccolo! An­diamo a vestirci.

SCENA QUINTA

GASPERO e IL CONTE

GASPERO              - - Favorite. All'istante il padrone sarà qui; vi prega scu­sarlo per pochi momenti...

IL CONTE               - (pensieroso, passeggiando) - Va bene.

GASPERO              - - (Al signor conte non ribattono i conti).

(a parte)

IL CONTE               - (passeggiando) - Mi si vuol fare qualche brutto giuoco. Potessi vedere per un momento

ELISA                     - ! (accostandosi alla porta delle camere di lei e guardando) È là in fondo, (facendo qual­che piccolo rumore, e con riserva, fingendo di tossire) Mi vedesse! (facendole cenno di venir fuori) Eccola!

SCENA SESTA

ELISA e DETTO, indi FINTILIO     -

ELISA                     - (sulla porta, furtivamente) - Ebbene, non mi volete più?

IL CONTE               - ELISA! (con entusiasmo) Siete mia?

ELISA                     - Si, se mi volete. Ma mio padre mi dice che voi...

IL CONTE               - Non credete,

ELISA                     - . V'è qualche trama, non mi abban­donate.

ELISA                     - Non lo temete mai.

IL CONTE               - Me lo giurate?

ELISA                     - Ve lo giuro.

IL CONTE               - Ed io, prima morire che rinunziarvi! Ritiratevi, vien gente. (ELISA  si ritira. IL CONTE seguita a passeggiare con indifferenza)

FINTILIO                - Oh! scusate, signor conte. Credevo vi fosse Don Giusto.

IL CONTE               - (passeggiando) - Non vi è. L'attendo.

FINTILIO                - Ora Io farò sollecitare, rammentandogli che siete qui.

IL CONTE               - (come sopra) - Come vi piace.

FINTILIO                - (Già il cuore non gli predice bene. Sente d'aver perduto la causa).

(parte)

IL CONTE               - (come sopra, dopo breve silenzio) - Perché Don

GIUSTO                  - avrà detto ad ELISA che io non voglio più sposarla? Perché mai? (pensieroso)

SCENA SETTIMA

 don GIUSTO - e detti

GIUSTO                  - Condonate, vi scongiuro, se ieri sera...

IL CONTE               - Nulla, nulla...

GIUSTO                  - Assolvetemi, se anche questa mattina ho indugiato...

IL CONTE               - Nulla vi dico, signor Don Giusto. Devo anzi io scu­sarmi d'avervi importunato.

GIUSTO                  - Tutt'altro. Sappiate ch'io avevo una montagna sul cuore, del peso della quale non potevo alleggerirmi che parlandovi, e dandovi a conoscere con quale sorta di galantuomo...

IL CONTE               - Signor Don Giusto, lasciamo questo titolo!

GIUSTO                  - Perché?

IL CONTE               - Questa è una qualità che se non è sottintesa, più volte si ripete, meno si suppone. Il vero galantuomo non deve affati­carsi per averne il nome presso gli altri.

GIUSTO                  - Come? II buon nome!...

IL CONTE               - Il buon nome non va disprezzato; ma io lo reputo piò effetto di fortuna o di destrezza che di vero merito. Ma questo non ha che fare al nostro proposito.

GIUSTO                  - Dite, dite, vi prego; perché io su ciò ho continue discus­sioni fra me e me. Credete voi che la fama di galantuomo e di uomo giusto...

IL CONTE               - In quanto a me, l'uomo che viene nominato per

GIUSTO                  - da tutti ed a voce troppo piena, credo che non lo sia inte­ramente.

GIUSTO                  - Burlate?

IL CONTE               - Tant'è. Il vero GIUSTO non può mentire, il vero GIUSTO non può avere riguardi, il vero GIUSTO            - non può transigere con la giustizia: tutte cose che obbligano a far dei malcontenti. II dispiacere di questi, l'invidia degli altri, la maldicenza di tutti devono produrre varietà di partiti e di opinioni sul conto dell'uomo veramente giusto. Ma per amor del Cielo, parliamo di ciò che interessa...

GIUSTO                  - Si; lasciamo questo discorso. (Mi par che stringa trop­po!). Sediamo.

IL CONTE               - Come vi piace, (siede)

GIUSTO                  - Dunque, conte mio, io devo, per agire da galantuomo... (riprendendosi) cioè, per agir come si deve, sono in debito di dirvi che non può aver luogo il matrimonio fra voi ed ELISA.

IL CONTE               - Perché mai! (con calore) Voi non volete più?

GIUSTO                  - Al contrario, caro conte. Io ne sarei contentissimo.

IL CONTE               - È contraria vostra moglie?

GIUSTO                  - Anzi, ne sarebbe soddisfattissima.

IL CONTE               - E chi dunque? La ragazza?...

GIUSTO                  - Il difetto vien dalla ragazza...

IL CONTE               - Non mi vuole?

GIUSTO                  - Non vi può volere... Alle corte; voi vi siete esternato, io sono un galantuomo... (riprendendosi) cioè io non posso permettere una occultazione...

IL CONTE               - Ebbene: cos'è?

GIUSTO                  - ...

ELISA                     - ... lo credereste? È vedova!

IL CONTE               - (balzando in piedi) - È vedova!

GIUSTO                  - È vedova malamente...

IL CONTE               - (sbuffando) - Vedova ELISA!

GIUSTO                  - Uno scellerato allucinò la madre ed ingannò la figlia. Fu suo marito per poche ore, e quindi si uccise.

IL CONTE               - Vedova! e vedova d'uno scellerato!

GIUSTO                     - Tant'è. Conviene abbandonare ogni trattativa...

IL CONTE               - (con aria seria) - E perché tacermelo, Don Giusto?

GIUSTO                  - Io sperava che vedendola da vicino...

ELISA                     - non è bella...è insulsa... Son padre, ma non m'illudo, è cosi sciocca!...

IL CONTE               - Vedova!... Non se ne faccia più parola... Vedova ELISA      - !

(in atto di partire)

GIUSTO                  - Mi rincresce, ma... restiamo amici però!

IL CONTE               - (soffermandosi) - Ma: Don Giusto, vi sarebbe pericolo che m'ingannaste?

GIUSTO                  - Come! Temereste?

IL CONTE               - Vi sarebbe pericolo che questo fosse un pretesto per­ché non mi voleste per genero?

GIUSTO                  - Io, non volervi per genero! Sono un galantuomo!... Io ne sarei vano! Temete che v'inganni? (chiamando) GASPERO? GASPERO?

SCENA OTTAVA

GASPERO e DETTI, indi BIBIANA e FINTILIÓ

(GASPERO comparisce sull'uscio)

GIUSTO                  - Dite a BIBIANA ed a Fintilió che vengano qui.

(GASPERO parte)

IL CONTE               - (fingendo di parlare alterato tra sé, ma in modo da farsi sentire) - (Che sento! Vedova ELISA!).

GIUSTO                  - Ascolterete, conte, se questo è un pretesto.

IL CONTE               - Don Giusto, voi non mi volete per genero!

GIUSTO                  - Io ambirei questa fortuna; ma sapendo la vostra avver­sione... non posso permettere...

BIBIANA                - Che volete? Oh! vi è il conte!

FINTILIO                - Signor conte!

GIUSTO                  - (a  BIBIANA     - e Fintilio) - Dite francamente: ELISA ha avuto marito?

BIBIANA                - (sospirando) - Ah! Pur troppo!

FINTILIO                - (alzando gli occhi al cielo) - Cosi non fosse mai stato!

GIUSTO                  - V'inganno, conte?

IL CONTE               - (dopo un momento di riflessione) - Intendo: ELISA deve avervi manifestato che non mi vuole.

GIUSTO                  - Sbagliate.

BIBIANA                -  No, davvero, (chiamando) ELISA? MARIETTA, dite ad ELISA- che venga.

FINTILIO                - Signor conte, sentirete e vi persuaderete che la sola delicatezza sforza un padre e una madre a non permettere questa unione, vista la vostra decisa avversione a non unirvi con vedove...

SCENA NONA

MARIETTA ELISA e DETTI

MARIETTA            - Volevate la signorina?

GIUSTO                  - Dov'è?

MARIETTA            - Eccola.

ELISA                     - Mi cercate? (con gli occhi bassi)

GIUSTO                  - Dite, figlia, ma con la verità sulle labbra, come l'hanno detta sempre tutte le persone che m'appartengono : sposavate volentieri IL CONTE?

ELISA                     - Devo dirlo?

BIBIANA                - Sì, figlia, con libertà.

ELISA                     - Volentierissimo.

GIUSTO                  - Ma sapete voi l'avversione manifestata dal conte?

(ELISA non rispondendo e mortificandosi)

BIBIANA                - Rispondete.

ELISA                     - Me l'avete detta.

GIUSTO                  - E voi... non avete avuto marito?

ELISA                     - L'ebbi... disgraziatamente! (quasi piangendo) (IL CONTE dandosi le mani in fronte, in atto di partire)

 

BIBIANA                - Conte! Vogliamo però che riconosciate in noi...

FINTILIO                - Questo tratto deve provarvi qual galantuomo è DoN Giusto, (a Don Giusto) Va a meraviglia!

GIUSTO                  - Credete che questa combinazione mi lacera l'anima...

IL CONTE               - (con sdegno) - Tacete, Don Giusto! Né voi, né vostra moglie, né

ELISA                     - volevate queste nozze.

BIBIANA                - Siete in inganno, conte mio!

GIUSTO                  - Sarei stato contentissimo.

FINTILIO                - Siatene certo.

ELISA                     - Ve lo giuro.

IL CONTE               - Tutti erano contenti? Tutti lo siano. ELISA, siete mia sposa, (dandole la mano)

ELISA                     - Ed io son vostra...

GIUSTO                  - (urlando) - Come!

BIBIANA                - Che!

FINTILIO                - Ah!

GIUSTO                  - (in collera) - No... no... Sarebbe complimento.

IL CONTE               - (con fermezza) - Calmatevi. ELISA, ora che siete mia sposa, confessate e domandate scusa a vostro padre...

ELISA                     - (gettandosi in ginocchio) - Vi disubbidii. Non seppi men­tire...

GIUSTO                  - Gli avevi detto?

ELISA                     - Tutto.

GIUSTO                  - (jacendola alzare) - (E la causa l'ha vinta Monsieur Tirot!) (volgendosi spaventato al conte) Ma la vostra avversione alle vedove?

IL CONTE               - Lo dissi per fare la corte a vostra figlia che credevo ragazza.

GIUSTO                  - (volgendosi in collera a BIBIANA- ) - Ah! stordita! balorda!Vedete voi che figure si fanno per la vostra...

FINTILIO                - (mettendo pace) - Zitto! Calmatevi!

BIBIANA                - E come si fa con la vostra giustizia, ch'or la vuol cruda, ora la vuol cotta?

FINTILIO                - Zitta, signora! Non fate pubblicità.

GIUSTO                  - Per cagion vostra, scioperata... (ritenendosi dal dir di più)

IL CONTE               - E perché questo sdegno?

FINTILIO                - Rincresce a Don GIUSTO l'aver fatto per un momento una occultazione.

IL CONTE               - Non v'è altra ragione?

BIBIANA                - No, davvero.

FINTILIO                - Nessun'altra...

IL CONTE               - Non v'era altro motivo?

GIUSTO                  - Nessun altro affatto.

SCENA ULTIMA

GASPERO,

BARBACANE e DETTI

GASPERO              -Il signor Dottor Barbacane.

GIUSTO                  - (Oh Dio!)

BARBACANE        - (con eccesso di gioia) - Entro senza permesso perché trattasi di benedirvi, ringraziarvi per la vittoria della causa, e Monsieur Tirot mi segue, per fare altrettanto e presentare la mano a vostra figlia, secondo la promessa.

GIUSTO                  - (Misericordia!)

BIBIANA                - (Mi nasconderei sotto i mattoni!)

IL CONTE               - (Ora intendo!)

ELISA                     - (Che dirà mio padre?...)

MARIETTA            - (Due mariti!)

BARBACANE        - Che cos'è questo silenzio? Sono giunto inopportuno?

FINTILIO                - Anzi opportunissimo. (con sfrontatezza) Signor dot­tore! Ammirate l'umiltà di Don Giusto, uomo integerrimo ed esemplare. Diede la sentenza in favore del vostro cliente perché la ragione era dalla sua parte, e nel momento stesso, calpestando ogni riguardo pel suo stesso sangue, diede la mano di sua figlia al conte.

BARBACANE        - Che dite! (vedendo il conte) Oh! signor conte, scu­sate, non vi avevo veduto.

GIUSTO                  - (Benedetto FINTILIO!)

IL CONTE               - Dite a Monsieur Tirot che impari a conoscere gli uomini come il bravo mio suocero. Mi diede il torto perché l'avevo. Mi diede la figlia perché l'amavo.

BARBACANE        - Dunque?

GIUSTO                  - Dunque, tornate da Monsieur Tirot, ditegli che non venga, perché non ricevo ringraziamenti per la fatta giustizia.

BARBACANE        - Vado, signore, e non vi sarà angolo della città che non sappia questo vostro classico eroismo. Vado, corro, volo.

(parte; rimangono tutti gli altri in silenzio, guardandosi l'uno con l'altro. Dopo qualche tempo)

gaspero                   - (a Don Giusto) - Siete stato profeta. La zia è morta.

GIUSTO                  - Eh! levati!...

MARIETTA            - Ora ci sposeremo senza scrupoli. « Finit corna topo ».

GIUSTO                  - Levatevi di qui.

BIBIANA                - Lasciatelo in pace. Andate di là, andate di là, voi altri.

(GASPERO e MARIETTA partono)

FINTILIO                - Don Giusto, di che siete confuso?

GIUSTO                  - Ah! FINTILIO , FINTILIO!

FINTILIO                - La giustizia vi è così abituale...

GIUSTO                  - Si, che la fo anche non volendo, (andando ad abbrac­ciare il conte) Genero mio, che opinione formerete di me?

IL CONTE               - Caro suocero, vi rispetterò sempre ed amerò vostra figlia.

GIUSTO                  - Amalo, figlia, che lo merita.

ELISA                     - (stringendo la mano al conte) - Non ne dubitate.

GIUSTO                  - Ma ditemi, conte, io non sono giusto? Eppure ho la mania di trovar la giustiziai

IL CONTE               - Si, caro suocero; ma per trascinarla a servire alle vo­stre passioni. Non dubitate che non siete solo.

GIUSTO                  - Dunque... sono un briccone?

IL CONTE               - No, Don Giusto. I bricconi ingannano gli altri sola­mente, e voi cercate ingannare anche voi stesso.

GIUSTO                  - Credo non diciate male, perché spesso ho bisogno...

IL CONTE               - (guardando FINTILIO ) Di chi faccia delle fomenta ai dolori della nostra coscienza.

GIUSTO                  - Ma insomma: in che classe son io?

FINTILIO                - Non andate filosofando...

IL CONTE               - Siete quello che sono tanti...

ELISA                     - Non pensiamo al passato, caro padre...

GIUSTO                  - Zitti! Voglio il parere del conte. Sono briccone, furbo, impostore, ipocrita?...

IL CONTE               - Volete la verità?

GIUSTO                  - Si.

IL CONTE               - Un impasto. Uno di quei tanti galantuomini per tran­sazione...

GIUSTO                  - È vero! Veggo pur troppo che le azioni di Don GIUSTO Pencola mostrano che altro non è che un briccone circospetto.

FINE