Il gioco del lotto

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A T T O P R I M O

IL GIOCO DEL LOTTO

Commedia brillante in due atti

di Fabio Bertarelli

Prof.Bertarelli@libero.it     tel. 0731/211723

      Personaggi:

         DANZATRICE E CANTANTE

         BARISTA e gestore del lotto

         MARIETTA giocatrice accanita

         LUIGI – marito di Marietta

         IETTATORE

         PASQUALONE - malavitoso

         ARCHIMEDE – matematico

         GIORGIO – venditore di amuleti

         SIBILLA

         IMPICCIONE

         GIOVANNI – giovane giocatore

         NINETTE – amica di Giovanni

         CHECCO – altro giocatore 

         ERARIO

         Comparse

A T T O   P R I M O

La scena rappresenta una ricevitoria del lotto. Il gestore è dietro il banco in attesa dei clienti.

Ad uno dei tavoli c’è seduto Mario che sta facendo un solitario osservato da un impiccione. Ad un altro, a lato, c’è la Sibilla.

Alcuni avventori stanno compilando le cartelle.

Entra una donna vestita di veli multicolori cantando e ballando tra nuvole di fumo e luci psichedeliche e gettando in aria cartelle del lotto come coriandoli. Dopo alcuni giri esce.

 

Illusione, dolce chimera sei tu,

Che fai sognare in un mondo di rose

Tutta la vita…

                           Illusione, dolce incanto sei tu,

                           che fai dorata la nostra realtà

                           tutta la vita…

 

Illusione, raggio di luce sei tu

Che fai risplendere tutta di gioia

La nostra vita…

Si illumina il tavolo ove siede la Sibilla.

 

SIBILLA - Venite, venite gente, il mio oracolo non mente.

     Io sono Sibilla maga e veggente. Vedo passato futuro e presente

     Volete vincere al lotto? Venite a consultarmi nel mio salotto.

     Vi darò Il terno giusto da giocare. Sicuramente mi verrete a ringraziare

     Per poche migliaia di lire i numeri vincenti vi saprò dire.

     La vincita sarà già cosa fatta con la terzina che sarà estratta

     così con pochi spiccioli, miei cari, diventerete tutti miliardari.

Marietta, una donna di mezza età, un po’ sfatta, con minigonna e con trucco pesante, abbigliamento appariscente, si siede di fronte alla Sibilla per farsi dare i numeri da giocare. Ha una voce forzatamente bambinesca.

MARIETTA – Buongiorno, Sibilla. Se sei una brava veggente, per me, di   buono, vedi niente?

       Perché sono tanto bisognosa e di soldi sopra ogni cosa

       Come vedi, sono un bel tocco ma ho bisogno di qualche ritocco

       Sto facendo la ginnastica ma ci vuole la chirurgia plastica

       che con il bisturi ed il silicone e con la tecnica della liposuzione

       ridoni al mio corpo quella beltà  di seducente femminilità.

       Voglio le labbra più carnose per avere una boccuccia de rose.

       Il seno lo debbo proprio rifare perché prova un po’ a cascare.

       Poi una stiratina alla pelle e via queste brutte ciambelle!

       Poi le natiche cadenti e mosce da rinsodare insieme alle cosce.

       Ma il chirurgo venale e volpino vuole i soldi come uno strozzino

       e per questi quattro ritocchi mi ha chiesto un bel po’ di baiocchi.    

       ‘Sto gran figlio di mignotta mi ha sparato una bella botta

       perciò di tanti soldi ho bisogno e siccome non mi viene niente in sogno

       i numeri vincenti mi devi dare e così me li vado subito a giocare.

SIBILLA - Per poterti ben esaudire mi devi chiaro saper dire

          senza frode e senza inganni segno, giorno, mesi e anni.

MARIETTA – Sono Vergine. Adesso, maga, la mia risposta ti appaga?

       

SIBILLA -  Vergine sei?  Quasi non ci crederei…

           Fa nascere il tuo aspetto più di qualche sospetto.

MARIETTA – Vergine sono ma non casta questo adesso non ti basta?

       Dei fatti miei che te ne cale? Questo è il mio segno zodiacale.

SIBILLA -  Con la massima sincerità vuoi dirmi la sua età?

MARIETTA -  Oh! E’ presto detto, basta guardare il mio aspetto

           Senza ritegno alcuno ti va bene trentuno?

SIBILLA - Ci aggiungi al millesimo quelli del battesimo?

          o facciamo l’addizione con la cresima e la comunione?

MARIETTA – Beh… trendadue vanno bene? (la Sibilla fa sempre no con la testa)

          No?... trentatre?

          No?... trentacinque?

          No?... quaranta?... Nemmeno quaranta?

          Allora mi arrendo (piagnucolosa) Quarantatre.

 SIBILLA - Brava. Ora vediamo le carte che lette con la mia arte

           saprai quali saranno i numeri che usciranno.

Fa le carte con una certa atmosfera poi le consegna un biglietto con i numeri.

          Ecco i numeri signora bella, via da te miseria e jella

          E con essi fortuna avrai e tanti soldi vincerai.

Marietta prende il biglietto e lo esamina attentamente, soddisfatta. Poi si porta al centro del palcoscenico e recita con qualche accenno di canto.

Attacca, musica maestro!

Ho voglia di cantar, ho voglia di ballar, perché è bello giocar.

A cosa? Al lotto naturalmente! Puntate anche voi, gente!

E con pochi denari diventerete milionari. Ma che dico, miliardari.

Basta un terno soltanto e come d’incanto

Vi ritroverete gran ricconi come tanti Paperoni.

Oh che gioia, oh che felicità  perché ho finito di tribolar

Sì, ho sognato i numeri vincenti

me li ha dati mamma mia, non vi dico una bugia.

Anche la maga li ha confermati. Cosa? i numeri fortunati.

Oh che magnifica trovata, con una semplice puntata

azzeccherò un terno secco e tanti milioni mi becco.

Marietta mi son detta, un futuro roseo ti aspetta

solo gioie e cose belle, via le pentole e le padelle.

Girerò tutto il mondo sia per largo che per tondo.

Addio mia cara Italia. Maldive, Caraibi, Australia

crociere feste e balli  negli atolli di coralli.

Addio mio caro marito, ché sei bello che rincoglionito

Io sono una donna che piaccio, di te che me ne faccio?

Voglio altri amori, altre avventure… Altre fortune…

Tutti i soldi mi giocherò ed il lotto sbancherò

perché il mio terno uscirà e gran festa si farà

con dolci e spumanti, con cantori e musicanti

fra luci sfavillanti, balli, risate e canti.

Trallalallero, trallalallà oh che gioia, oh che gran felicità!

Ora via a far la giocata che mi renderà fortunata.

Entra Luigi, marito di Marietta che ha un battibecco con la moglie.

LUIGI – Marietta, è ora che te la fai finita con questo gioco del lotto! Non ti rendi conto che sono tutti soldi buttati? E non vedi che ci stiamo riempiendo di debiti?

MARIETTA – (eccitata) Ah, sono soldi buttati secondo te? Se lo vuoi proprio sapere, sono stanca di fare la casalinga e inoltre sono stanca di vedere sempre e solo la tua faccia. Voglio vincere tanti soldi e fare la signora, capito? E questa volta è la volta buona.

LUIGI – Io non ti do più una lira perché alle tue vincite miliardarie non ci ho mai creduto e non ci credo. Non è possibile che più di mezzo stipendio lo butti in questo maledettisssimo gioco. In quanto alla mia faccia devi sapere che è quella di tuo marito. Non la posso mica cambiare!

MARIETTA – E anche quella di un marito ad un certo momento stanca. Specialmente quella di uno come te che mi fa tanta tristezza. Non sei più un uomo, Luigi! Sei un povero vecchio… Che ci faccio più con te, me lo dici? Io voglio dare un taglio a questa vita di merda.

LUIGI – Ma sentila questa sfacciata! Non ti basta di avermi umiliato sia come uomo che come marito con il tuo comportamento? Vai in giro conciata in una maniera che sembri una…  e ti fai corteggiare da questo e da quello.

MARIETTA – Eh, caro mio, ti devi rassegnare. Io sono ancora una bella donna che ha le sue esigenze… E’ per questo che mi fai l’uccellaccio del malaugurio? Perché vuoi che ammuffisca insieme a te, vero? Invece io voglio vivere, sì, vivere! E sono sicura che questa volta sarà la volta buona. Ci siamo!

LUIGI – E ci resteremo, come diceva… non mi ricordi chi! Miliardi… miliardi… Ma fammi il piacere! Sono anni che sento sempre lo stesso ritornello: (in falsetto) questa volta sarà la volta buona per vincere i miliardi.

MARIETTA – Perché non vuoi essere per una volta ottimista? E smettila di portarmi jella. Li vedi questi? (gli mostra un foglio) Sono i numeri che mi ha dato questa notte mia madre in sogno.

LUIGI – Ma va’, i numeri che ti ha dato tua madre… Di’ piuttosto quelli che hai visto sotto l’effetto della sbronza che ti sei presa ieri sera. Per questo ti consiglio di dividerli tutti a metà perché sicuramente hai visto doppio. 

MARIETTA - (Gli mostra il biglietto della Sibilla) E li vedi questi? Sono i numeri della maga. Sono identici… o quasi…

LUIGI – Ah, pure la maga… Andiamo bene… Che terzetto! Tua madre che non qualifico, la maga che si qualifica da sola e tu con una bella sbronza…  Sa’ che bei numeri!

MARIETTA – Ma se era tutt’acqua quella che ho messo nel bicchiere ieri sera.

LUIGI – Sì, dopo, per lavarlo!

MARIETTA – Senti, Luigi, io ti capisco. Dato che sei ormai un uomo spento ti  sei rassegnato a fare questa vita da disgraziato, da morto di fame, tanto non hai prospettive.  Io invece  non ce la faccio più! Voglio fare un salto sociale, voglio vivere… Hai capito?

LUIGI – Ma che salto sociale… Se continui a giocare tutti i soldi al lotto dovremo cominciare veramente a saltare… A saltare qualche pasto, a saltare dalla finestra per sfuggire ai creditori… Eccola la nostra bella prospettiva. Poi, metti che vinciamo davvero qualche miliardo, ci saltano addosso i figli, i nipoti… come delle cavallette.

MARIETTA - Ah, no! Se vinco qualche miliardo me li voglio godere tutti io. Poi, quando sarò morta, se ci resterà qualcosa se lo piglino pure.

LUIGI – Ah, te li vuoi godere tutti tu? 

MAIETTA – Certo! Me li voglio godere tutti io. Tanto tu che ci fai più dei soldi. Non vedi come ti sei invecchiato?

LUIGI - Che vorresti dire? Se io sono vecchio, lo sei anche tu.

MARIETTA - Per noi donne è diverso. Noi abbiamo la possibilità di apparire sempre giovani. Per esempio tingendoci i capelli. Facendoli neri, bruni, biondi… o anche rossi, verdi… il nostro aspetto cambia come il giorno e la notte. Tu, invece, i capelli non li puoi più nemmeno tingere, sei rimasto quasi pelato.

LUIGI – Eh, ci vuol altro per apparire giovani.

MARIETTA – Certamente! Con le cure di un Istituto di Bellezza, un buon trucco, un reggiseno di quelli fatti bene, cioè di quelli conformati…  e la Marietta ritorna ad avere vent’anni. Per voi uomini purtroppo è diverso… la vecchiaia vi segna in modo indelebile. Tu poi…  guardati… oltre ad essere pelato hai messo su la pancia…  Sei sfasciato. Comunque sarò magnanima con te perché in fondo si siamo voluti bene. Ti passerò qualche soldo per andare a bere con i tuoi amici al bar mentre io farò qualche bel viaggio per esempio una crociera. D’altra parte non potrò mica portarti con me. Tu non sei adatto. Ti manca quello che si chiama lo phisique du role, cioè il fisico adatto. Le crociere non sono per te. Sei troppo grezzo, ti ci vedi con la giacca blu, i pantaloni bianchi, un foulard intorno al collo… fare vita di società?

LUIGI -  Ma che cavolo stai dicendo, Marietta? Ti rendi conto che sei fuori di testa?

MARIETTA – Sono questi numeri (sventola il foglio ed il biglietto con i numeri) che mi mandano fuori di testa perché si tramuteranno in tanti soldi. E tanti soldi vorranno dire che mi si aprirà davanti una stagione meravigliosa della mia vita.

Marietta, euforica, va al banco a fare la giocata ed esce. Luigi rimane seduto al tavolo, pensieroso.

 

Entra lo Iettatore vestito tutto di nero, con guanti e cappello nero e  con in braccio un gatto nero (finto naturalmente) e una specie di valigetta.

Cade il lampadario fra la costernazione generale. Si levano voci di protesta all’indirizzo dello Iettatore.

 

BARISTA- Accidentaccio! E’ stato lei.

IETTATORE - Io? Come si permette?

BARISTA - E’ entrato lei e quello... splasc!

IETTATORE - Vorrebbe dire che io faccio… “splasciare” i lampadari? Suvvia, sia serio! (Si siede ad un tavolino)

BARISTA – (raccoglie i cocci, innervosito) Allora, presto, cosa desidera?

IETTATORE - Non ho ancora deciso. Mi faccia pensare.

Gli avventori apostrofano quella presenza negativa con frasi di disappunto e rumoreggiano, toccandosi. Alcuni escono.

BARISTA - Guardi cosa è riuscito a combinare? Mi ha rotto un lampadario e sta portando confusione nel mio locale.

IETTATORE – Io le ho rotto il lampadario? Come si permette? Se la prenda con l’elettricista che sicuramente non lo ha attaccato bene al soffitto. Pensi piuttosto se sotto ci si fosse trovato qualcuno…

BARISTA – Allora, cosa desidera?

IETTATORE – Eh, quanta fretta. Questo è un pubblico locale e non ci sono vincoli di tempo.

BARISTA - (conciliante) La prego, sa, questa è una ricevitoria del lotto e… (a bassa voce) i miei clienti sono superstiziosi. Cerchi di capire…

Entrano due clienti alla vista dell’uomo vestito di nero con il gatto nero dicono alcune frasi di disappunto, fanno dietro front ed escono.

IETTATORE – E allora? Io che c’entro? Se sono superstiziosi sono affari loro.

BARISTA – Vede, lei così vestito… con quel gatto nero…

IETTATORE – Cosa vorrebbe dire? Che forse non posso vestirmi come mi pare? Lo sa che quest’anno il nero è di moda? E Nerone? Se è nero che colpa ne ha? Lei vorrebbe allora dire che io sono uno iettatore?

BARISTA – No, no… ma sa, ho notato che da parte dei miei clienti la sua presenza non è molto gradita.

IETTATORE – Allora l’accontento. Cercherò di sbrigarmi. Vede, il mio Nerone ha fame. (fa delle moine al gatto che miagola) E’ vero, Nerone? Gli dovrebbe portare una tazza con del latte. Mi raccomando  appena tiepido e con una inticchia di zucchero, ma piccola così. (Fa il gesto di dosare lo zucchero.)

BARISTA - Una tazza con del latte per il gatto? Ma questo è un bar.

IETTATORE – Appunto! Si va al bar per bere una tazza di latte. Guardi… (da una valigetta tira fuori un gufo) Anche questa meravigliosa creaturina ha fame. E’ deliziosa la mia Gigina, vero? A lei dovrebbe portare una pasta alla crema. Ti va bene, Gigina? Badi bene che è esigente.

BARISTA - Una pasta alla crema per il gufo? Ma si rende conto che non siamo allo zoo?

IETTATORE - Allora rettifico la domanda: lei mi porti una tazza di latte con una pasta alla crema. Poi chi la mangia la mangia. A lei che gliene frega?

BARISTA - Sì, sì le porto il latte, la pasta, basta che poi se ne vada via immediatamente.

IETTATORE - Perché ha tanta fretta di mandarmi via? Non sono un cliente come gli altri?

BARISTA – Sì, certo, ma mi faccia la cortesia…

Il barista porta allo Iettatore il latte e la pasta e quest’ultimo fa finta di dar da mangiare alle bestioline.

Pasqualone, con un vestito nero a righe bianche, da malavitoso, che si era tenuto in disparte ad osservare la scena va a parlare col barista.

PASQUALONE – Ne hai di problemi, vero?

BARISTA – (con un sospiro) Eh, tanti, purtroppo! 

PASQUALONE – Certo. Un gestore di una ricevitoria con annesso bar ne ha di problemi… Ti si può incendiare il locale, ti può saltare in aria la macchina… Perché non fai un’assicurazione?

BARISTA – Io ce l’ho l’assicurazione.

PASQUALONE – Sei sicuro che quell’assicurazione che dici di avere ti protegga realmente? Ma via! Credi a me: non ti dà nessuna garanzia. Se vuoi realmente avere la massima sicurezza l’assicurazione la devi fare con la mia Agenzia. Allora sì che puoi fare sonni tranquilli. Costa un po’, è vero, ma vuoi mettere la sicurezza di non avere più preoccupazioni di sorta? Per esempio: i danni che ti sta procurando quello iettatore la tua assicurazione te li copre?

BARISTA – E no che non li copre.

PASQUALONE - Ah, no? E allora che razza di assicurazione è? la mia assicurazione ti coprirà da qualsiasi danno. Qualsiasi, capisci?

BARISTA – Non mi dirà che mi copre anche dal danno che mi procura quello iettatore?

PQSQUALONE – Se di dico qualsiasi, significa qualsiasi. Quello non ti farà più alcun danno, te lo garantisco.

BARISTA – E allora mi faccia vedere la polizza.

PASQUALONE – La polizza? Ma quale polizza? Tra galantuomini non esiste polizza. Tu sei un galantuomo, io sono un galantuomo… Basta questo.

BARISTA – Ma, scusi, lei mi propone di stipulare un contratto di assicurazione senza una polizza?

PASQUALONE –Certamente! Le polizze portano spesso delle frasi scritte a caratteri microscopici che servono a fregarti. Poi quando ti devono rimborsare trovano un sacco di cavilli… i pagamenti te li fanno nei tempi e nei modi che dicono loro… Io più che garantirti il risarcimento ad un danno ti garantisco che il danno non si verifichi, capito? Io sono un uomo d’onore e come tale ti dico: la mia assicurazione costa, ma tu non dovrai avere paura più di niente.  Fidati e paga.

BARISTA – Allora cominci a mandar fuori dal mio locale quello iettatore.

PASQUALONE – Paga il premio dell’assicurazione e non te ne pentirai.

Il barista paga il premio dell’assicurazione e nel mentre lo iettatore esce dal locale.

Da destra e da sinistra entrano rispettivamente Archimede con una maschera a forma di monitor e Giorgio ornato di amuleti (gobbi, corni, numeri 13, ecc.) che illustrano i loro prodotti con quel tono tipico degli imbonitori.

 ARCHIMEDE –

         Signori mi presento: sono Archimede, mago della matematica,

         che per mezzo della statistica e con l’aiuto dell’informatica

         fa sistemi e combinazioni per far vincere milioni.

         Venite, signori a comprare le mie cartelle da giocare

         costruite con la logica della scienza tecnologica

GIORGIO – (ribatte)

     Signori, signori, non date retta ai sistemi e alle combinazioni.   Gli amuleti miei soltanto fanno vincere per incanto milioni, e pure miliardoni.

     Compra il 13, signore: avrai fortuna in amore.

     Il gobbo ti proteggerà da chi male ti vorrà.

     Il corno poi è un portento per ogni tuo intendimento.

     Se tutti e tre comprerai ogni jella scaccerai

     e risparmierai pure molto perché ti farò uno sconto.

 ARCHIMEDE -

     Signori, signori, siamo nel ventunesimo secolo…

     Scienza, computer, tecnologia altro che cabala e magia.

(a Giorgio) Tu sei solo un imbroglione che infinocchi chi è minchione.

(ai presenti)  Venite signori a comprare le mie cartelle da giocare

               costruite con la logica della scienza tecnologica.

GIORGIO - Signori,

     Della smorfia sono il re, dei sogni conosco il perché

     venite a consultarmi gente avrete il numero vincente

     Morto che parla quarantasette le gambe delle donne settantasette

     novanta la paura diciassette la iattura.

     (Poi rivolto a Luigi)

     Compra il corno, signore. Ti garantisco sul mio onore

     che molta fortuna avrai e tanti sodi vincerai.

 LUIGI -  Ma che vincere, ma che fortuna… con i corni non me ne va bene una!

    (si leva il cappello e mostra un grosso paio di corna)

     Io con questo bell’armamentario dovrei esser miliardario.

GIORGIO - (perplesso, cerca di rimediare)

     Ho visto, signore, ho visto! Mi scusi però se insisto

     quell’ornamento che mostra l’omaggio della signora vostra

     non è un amuleto ma un marchio indiscreto

     per un marito fottuto e pure becco e cornuto.

 LUIGI - Hai ragione, caro mio e ne sto subendo il fio

     di una crisi coniugale che per me non ha l’eguale.

    (si rimette il cappello)

     Copro ora la vergogna che mi mette ormai alla gogna

     per fortuna mi consolo di non essere proprio il solo.

     Anzi, sai cosa ti dico? Cambia articolo, o mio amico

     Perché… chi li comprerà se più gente corni avrà?

Alcuni avventori si avvicinano al venditore di amuleti ed altri all’uomo con la maschera a forma di monitor. 

Giovanni, un giovane giocatore, è seduto ad un tavolo con aria pensierosa e sta facendo un solitario in modo distratto. Un impiccione sta osservando con interesse lo svolgersi del solitario.

IMPICCIONE - Mi perdoni se mi intrometto, ma non vede che il fante si può agganciare al cavallo?

GIOVANNI - (lo guarda di sbieco, scocciato e risponde in maniera sarcastica) Il fante non va agganciato al cavallo altrimenti non sarebbe fante ma un cavaliere. (continua il suo gioco)

IMPICCIONE - Allora il fante lo agganci ad una spada.

GIOVANNI - Ma lei che vuole? che si impiccia? Non è per caso che vuole l’asso di bastoni in testa.

IMPICCIONE - Se non sa giocare, se la piglia con me? Se lei avesse agganciato il fante al cavallo, il solitario si sarebbe risolto.

GIOVANNI - E se io non volevo che si risolvesse?

IMPICCIONE - Allora perché gioca?

GIOVANNI - Per passare un po’ di tempo.

IMPICCIONE - Ma non pensa che in questo modo mette chi lo osserva in una situazione di ansia? Io mi stavo sentendo male… Mi dicevo: guarda un po’, quello stronzo ha la mossa vincente e non se ne accorge.

GIOVANNI – Stronzo a me? Allora cerca rogna… Se il mio gioco le procura uno stato di ansia perché non si gira da un’altra parte. Così lei non sta male per come gioco ed io gioco come mi pare.  Ha capito?

IMPICCIONE – Ehi, ehi! Che fa, alza pure la voce? Allora, oltre che essere un pessimo giocatore di carte è anche un maleducato…

GIOVANNI - Senta, io non ho voglia di litigare, ma se mi ci costringe  mi ci trova proprio. E’ questo che cerca?

IMPICCIONE – Calma, calma! Che diamine! Guardi.  (Gli piglia le carte e comincia e sviluppare il gioco) Visto come è facile? Basta saperci fare.

GIOVANNI - (battendo ironicamente le mani) Bravissimo! Adesso che vuole, la medaglia?

IMPICCIONE - Io non voglio niente, ma non posso sopportare quelli che non sanno giocare e giocano.

GIOVANNI – Ma allora non ha capito  che io dovevo solo fare qualcosa per passare il tempo? Potevo bere qualcosa, potevo fumare una sigaretta o potevo fare un solitario senza vedere nemmeno le carte, ma giusto per fare qualcosa.

IMPICCIONE - Ah, ma allora la sua situazione è grave… Ha pensieri, vero? Se vuole, dica pure ciò che l’assilla.

GIOVANNI – E a lei che le interessa dei fatti miei?

IMPICCIONE - Ecco svelato l’arcano. (Gli gira intorno guardandolo con interesse) Lei ha… problemi di donne, vero? Niente di grave. (Insinuante)Sua moglie lo cornifica? Lei la ripaghi con la stessa moneta.

GIOVANNI - Ma che dice? A me non mi cornifica nessuno: figuriamoci, non sono nemmeno sposato!

IMPICCIONE - Meglio così! Ma non si arrabbi, che le fa male. Allora la l’ha lasciato la fidanzata e si e messa con un altro.

GIOVANNI - Ma vada al diavolo!

IMPICCIONE - Io cerco di aiutarla. Se lei mi dice cosa lo rattrista io le do la ricetta giusta per guarire. Vuole che le racconti una barzelletta? Senta: Un uomo va dal barbiere...

GIOVANNI – Gliel’ho detto: vada al diavolo!

IMPICCIONE – Eh, che maniere! I giovani oggi non hanno più educazione. Ai miei tempi, sì… (Si appoggia di nuovo al bancone, contrariato)

Entra Checco, un uomo che ha fatto un sogno e recita:

     Mi son sognato nonno Vincenzino che è stato stanotte tanto carino

     m’ha detto caro Checco eccoti i numeri per un terno secco!

     Siccome analfabeta era ha trovato il modo e la maniera

     di dirmi i numeri da giocar con le cose di quand’era di qua.

     Compare una donna belloccia: Vincenzino la  prende e l’abbraccia.

     Che mi voleva indicare il numero due come erano state le mogli sue?

     O le 10, 20, 30, cioè le tante che Vincenzino aveva avuto per amante?

     Sì, perché cheto cheto incontrava le baldracche nel canneto

     E non era il caso raro che le fotteva dietro il pagliaio

     e spesso qualcun’altra se l’è fatta infrascato dietro una fratta.

     Poi è cambiato quadro e t’ho visto in un prato

     una pecorella che pascolava e di tanto in tanto belava.

     Ma che numero voleva dir con quella pecora lì?

     Perché di pecore ne aveva venticinque ma con gli agnelli facevan trentacinque.

     E quel bicchiere di vino in mano, mamma mia che difficile arcano!

     Intendeva la sua dose giornaliera e cioè quelli che beveva da mane a sera

     o era invece da interpretarsi quelli che tracannava per ubriacarsi?

     Nel primo caso era quaranta, nel secondo più di cinquanta.

     Sei stato poco chiaro, Vincenzì Che numeri mi volevi proprio dìre?

     Facciamo il punto della situazione ponderando tutto con attenzione.

     Per la donna bando agli imbrogli facciamo due, cioè solo le mogli

     venticinque le pecore soltanto ché gli agnelli non contano più di tanto

     quaranta i bicchieri de vino va bene nonno Vincenzino?

     Evviva! Stavolta i milioni mi becco come è vero che mi chiamo Checco. 

     Carissimo nonno Vincenzì se mi farai vincere tanti guadrì

     molte messe e preghiere te farò dire

     che come un razzo salirai nel cielo in alto tanto    

     pure se non sei stato in vita uno stinco de santo.

Va al botteghino a far la giocata.

Entra Ninette, una ragazza un po’ vistosa, e va al tavolo ove c’è  Giovanni che fa il solitario.

GIOVANNI – (si alza, va incontro alla ragazza e l’abbraccia. Poi la invita a sedersi al suo tavolo) Grazie, Ninette, di aver accettato il mio invito. La mia cara Ninette…  Accomodati.

NINETTE - Ho risposto alla tua chiamata e sono corsa qui in città. Ho preso alloggio al Motel del Viaggiatore.

GIOVANNI - Al Motel del Viaggiatore?

NINETTE - Perché? dovevo forse andare al Grand Hotel?

GIOVANNI – Domani, cara, ci andrai. Ne sono sicurissimo.

NINETTE – Dimmi allora, questa grande novità. Ho sentito per telefono la tua voce così eccitata e sono corsa da te per apprendere la grande notizia. Non mi dire che mi ami, che mi vuoi sposare, perché sono cose d’altri tempi.

GIOVANNI - Anche se non lo vuoi sentire ti dico innanzi tutto che mi piaci.

NINETTE - avanti, avanti, pochi preamboli. Dimmi allora.

GIOVANNI - (gli mostra la cartella del lotto) Vedi?

NINETTE - Vedo, vedo una cartella…

GIOVANNI – Ecco il nostro radioso futuro. Ho studiato quasi un anno. (tira fuori da un borsone una griglia ovale con dentro le palline come quella del lotto) Ho studiato, ti dicevo, più di un anno per capire tutti i meccanismi tecnici che avvengono durante l’estrazione. Ci sono delle leggi fisiche e delle leggi statistiche. Ho scoperto che le palline sono tutte perfettamente uguali, ma i numeri impressi sopra di esse, a seconda della vernice necessaria per scriverli fa variare il peso di ognuna e pertanto si posizionano in determinati modi a seconda dei giri al dritto e al rovescio che compie l’addetto che fa ruotare il cestello. Poi ci sono dei numeri che per una legge imponderabile escono più frequentemente di altri. Studiando questi fenomeni sono riuscito a fare una scelta che ritengo attendibile per non dire certa. Tali numeri li ho giocati in questa cartella, ma manca una cosa importantissima suggeritami da una maga: devo sfregare questa cartella sei volte e cioè tante quanti sono i numeri giocati, nel sedere di una donna con la quale intendo poi godere la vincita.

NINETTE – Aho, dico? Non mi dirai che mi hai fatto venire qui per sfregare la cartella nel mio sedere?

GIOVANNI - Ma non capisci? Si tratta di miliardi…

NINETTE - E tu credi a certe cose? Io posso anche  farti sfregare tutte le cartelle che vuoi nel mio sedere, ma mi pare una grande stronzata. Comunque eccomi pronta. (Si alza e gli porge il sedere)

Giovanni sfrega sei volte la cartella e si siede soddisfatto.

GIOVANNI – Lo sapevo che avresti collaborato. Appena avrò vinto ti farò diventare una regina.

NINETTE - Tutto qui? Ora posso andare.

GIOVANNI - Ma dove vai? Dobbiamo attendere insieme il grande momento. Domani c’è l’estrazione. Vinceremo i miliardi e faremo una vita da nababbi.

NINETTE – Che delusione! Ed io, stupida, pensavo già ad un tuo invito a fare una crociera… a qualche gioiello…  Son sicura che ci rimetterò anche i soldi dell’albergo, del ristorante… 

GIOVANNI – Devi invece crederci anche tu. E’ una cosa che si sente. Io la sento questa vincita… non lo so spiegare, ma è così. Capisci ora perché ti ho telefonato? Perché voglio godere insieme a te tutti i soldi che vinceremo. Questo perché mi piaci. Perché sento di amarti. 

NINETTE – Senti Giovanni, io non voglio sembrare esigente, ma vedi, posso pretendere. Ho un fisico che non è niente male, vero? Andiamo allora al sodo: tu non puoi farmi venire qui per mostrarmi una cartella del lotto e parlarmi di una eventuale vincita. Dimmi: tu, oggi come oggi, cosa mi puoi offrire?

GIOVANNI - Beh, oggi come oggi, poco o niente, ma dopo...

NINETTE - dopo, dopo… io ho delle spese. Le spese dell’albergo, le spese per il vitto, e per tutto il resto. Io non voglio sembrare venale. Tu mi piaci, ma non si vive solo di piacere. Io sono donna ed ho un debole per gli abiti firmati… Amo fare qualche crociera… Amo le macchine veloci, lussuose, le cene al ristorante… Tutto questo serve  per trovare nuovi stimoli all’amore. Non ti annoieresti anche tu a fare l’amore sempre nello stesso letto? Io, ai gioielli non resisto: una collana di diamanti, orecchini… qualche sera al teatro con una pelliccia di  zibellino…

GIOVANNI – Avrai tutto questo. Te lo prometto. Intanto, nell’attesa, perché non andiamo a fare all’amore. Dicono che porti bene.

NINETTE - No, no. Pensavo ad un incontro diverso fra noi due, Se devo essere sincera, sono delusa. Ora ritorno in albergo.

GIOVANNI – Mi prometti di venire domani qui per l’estrazione? Anzi, ti passo a prendere.

NINETTE – E va bene, a domani. (Esce)

A T T O    S E C O N D O

 

Gli avventori sono in attesa dell’estrazione. La televisione sta per trasmettere l’estrazione dei numeri. C’è un clima di souspence. Entra lo Iettatore con in braccio il gatto nero e sulla spalla il gufo. Un coro di disappunto lo accoglie.

IETTATORE – I signori ce l’hanno con me?

TUTTI – (gridando) Vai via, vai via! (lo iettatore imperterrito gira fra i tavoli e gli avventori si toccano e si girano dall’altra parte)

IETTATORE – Vi ho detto che vorrei sapere perché ce l’avete con me.

TUTTI – E ce lo chiedi? Vai via prima che ti buttiamo fuori a calci nel sedere.

IETTATORE – Questo è un locale pubblico ed io sono un cliente, pertanto… (si siede ad un tavolo, poi al barista) Barista, Una tazza di latte ed una pasta alla crema, le mie bestiole hanno fame.

BARISTA – Se sono per le sue bestie io non le servo proprio niente.

IETTATORE – Che cuore… così si tratta il mio micetto e l’uccellino?

BARISTA – Ma che micetto e uccellino… si tratta di un gattaccio nero e di un gufo.

IETTATORE – Sono tanto care creaturine…

BARISTA – Le avevo detto di non farsi più vedere. Allora ci fa apposta per scacciare i miei clienti.

IETTATORE – Anch’io sono un cliente e come tale voglio essere trattato e servito.

PASQUALONE – (fa cenno al barista di stare calmo e lentamente si avvicina al tavolo dello Iettatore.  Apre un grosso coltello a serramanico con il manico rosso e si mette a pulirsi le unghie) Senti, amico, perché non vai a fare due passi?

IETTATORE – Lei chi è? che vuole? E tolga via quel coltello che mi mette a disagio.

PASQUALONE – Oh! Ti impressiona tanto il mio temperino?

IETTATORE - Che significa quel manico rosso?

PASQUALONE – Vedi, infilare questo temperino nella pancia di chi mi è antipatico mi procura addirittura un gusto…  Ma non sopporto la vista del sangue e allora questo mi si confonde con il rosso del manico e non soffro. Sai debbo essere sincero con te: Mi sei antipatico e ti ho detto poc’anzi cosa faccio a chi mi è antipatico

IETTATORE – Ma questa è una minaccia a mano armata. Ora chiamo i carabinieri. (fa cenno di alzarsi)

PASQUALONE – (pone una mano sulla spalla dello iettatore e li rimette a sedere, poi riprende a pulirsi le unghie con il coltello) Chi vuoi chiamare, amico? I carabinieri? Pensi che ti convenga? Io al posto tuo me ne andrei subito e in questo locale non ci rimetterei più piede.

IETTATORE – Ah, dovrei uscire?

PASQUALONE – Come sei intelligente… Lo hai capito subito.

IETTATORE – E se io non volessi uscire?

PASQUALONE – Ti avevo lodato perché mi eri sembrato intelligente, ma ora mi deludi… Cerco allora di essere più chiaro. Da questo locale devi uscire e subito, solo che sta a te scegliere il modo. Puoi scegliere di uscire con i tuoi piedi o… in orizzontale.

IETTATORE – Ma questa è una violenza!

PASQUALONE – Già! E guarda il mio temperino… vedi come comincia a fremere? Ti sta già puntando. Allora?

IETTATORE – Questo è un locale pubblico…

PASQUALONE – Certo, dal quale si entra e si esce. Dato che sei entrato, non ti resta che uscire. Dimmi: come vuoi uscire?  Se preferisci l’orizzontale bisogna che ti alzi.

IETTATORE – perché mi devo alzare?

PASQUALONE – (facendo roteare il coltello) Se ti dico di alzarti, ti devi alzare hai capito?

Lo Iettatore si alza ed il malavitoso con un metro gli prende la misura dell’altezza.

PASQUALONE – Ora siediti. (Chiama con il telefonino) Agenzia pompe funebri?… Sono io. C’è da fare un altro vestito… di legno naturalmente… Allora, prendi l’appunto: è alto 1,70… corporatura normale… Di noce?… (allo Iettatore) Mi chiede se la vuoi di noce…

IETTATORE – Ma che noce? Che vuole da me?

PASQUALONE – (al telefonino) Sembra che la noce non gli interessi… Allora diciamo… un vestito normale… Ah, gli devo chiedere se il funerale deve essere di 1° o di 2° classe?… (allo Iettatore) Come lo vuoi il funerale di 1° o di 2° classe?

IETTATORE – Io non voglio nessun funerale

PASQUALONE – A me sembra che lo vuoi proprio. Allora di 1° o di 2° classe?… (Lo iettatore è confuso. Il malavitoso al telefonino) E’ un tapino… Facciamo di 2° classe… Non merita tanti fiori. Qualche crisantemo… Ah se vuole essere portato in chiesa? (allo iettatore) Vuoi essere portato in chiesa? (al telefonino) Non ha preferenze… Fra 5 minuti ti do la conferma. (riattacca. Allo Iettatore) Hai sentito? Quello delle pompe funebri vuole la risposta entro 5 minuti. Sai, in questo periodo gli commissiono molto lavoro.  Allora, che dici? prenoto o non prenoto? Ti ripeto che hai due sole possibilità: o esci in posizione verticale con le tue gambe o in posizione orizzontale. Quale scegli? (guarda l’orologio) Non ti rimane molto tempo… meno tre… meno due…

Lo Iettatore vista la mala parata si alza dal tavolo ed esce di corsa. Tutti i presenti applaudono. La televisione sta per fare il collegamento in diretta dell’estrazione.

Il barista prende un mazzo di corni, gobbi e peli di tasso e come fosse un turibolo dell’incenso passa per tutto il locale pronunciando Vade retro, jettator. Vade retro, jettator. I presenti rispondono in coro vade retro, jettator…

Avviene l’estrazione accompagnata da esclamazioni di euforia, di sconforto. Alla fine un coro di imprecazioni sottolinea la mancata vincita da parte dei presenti. Poi cala un’atmosfera di cocente delusione. Tutti sono pensierosi e mogi. Alcuni chiedono da bere per tirarsi su.

La televisione comunica il nome della ricevitoria dove è avvenuta la vincita e risulta proprio quella di questa commedia.

GESTORE – (esulta) Evviva, evviva! Ha vinto un mio cliente. Offro da bere a tutti.

Tutti bevono in allegria mentre divampa la curiosità per conoscere il nome del fortunato vincitore.

MARIETTA – (ha una cristi isterica)

    Ahi, ahi me disgraziata, sono proprio sfortunata

    Ahi, ahi… povera me, povera me! Perché, perché…

    La fortuna non m’assiste e mi rende così triste?

    E quell’imrogliona della Sibilla dov’è? Dovè?

    Io la piglio a schiaffi e la coprirò di graffi.

    Ha voluto sapere anche i miei anni

    La ficcanasa, ma io le chiederò i danni.

    Mi aveva garantito il terno vincente

    Invece non ho vinto proprio niente!

    Ahi, ahi… povera me, povera me! Perché, perché…

    ‘Sto sedere del quale mi vanto e che agli uomini piace tanto

    perché non mi porta porca luna un bel colpo di fortuna?    

    E adesso? Che faccio, adesso? M’uccido?

LUIGI – (sarcastico) Brava, cara, ucciderti è una saggia decisione. lo fai da sola, o ci debbo pensare io?

MARIETTA - Accidenti accidentaccio che tremendo momentaccio!

           Senza manco una liretta so’ rimasta assai in bolletta

LUIGI – Ti ci sta bene, cara. Eh, la delusione è amara.

MARIETTA - Vedevo tutto spumeggiante frenetico, abbagliante

           or che è finita la festa la delusione mi resta.

           Ma in fondo di un gioco s’è trattato che tante illusioni mi ha regalato

           e se alla fine è andata male, a piangere, che vale?

LUIGI – E allora ridi e fai festa, se il coraggio ti resta.

MARIETTA - Pentole e padelle riprenderò a far la casalinga tornerò

           vedrò il mondo per televisione come fanno tante altre   persone

LUIGI – (senza più controllo) Brutta testaccia, sei contenta ora’?

MARIETTA – Contenta no, ma appena qualche soldo avrò un terno secco rigiocherò

           perché non c’è più cosa bella che sentirsi ricchi con una cartella.

GIOVANNI – Ah non ti è bastata questa bella legnata?

MARIETTA – No, no e no! Perché son sicura che prima o poi vincerò

           Trallalallero, trallalallà. Via la tristezza, oh che

bellezza sperare sempre nella ricchezza.

                             Trallalallero, trallalallà. Via la tristezza, oh che   bellezza sperare sempre nella ricchezza.   

            

Cantando trallalallero, trallalallà esce seguita dal marito che scrolla la testa deluso.

      

GIOVANNI – (getta la cartella a terra e la pesta con entrambi i piedi)

Porcaccia della miseriaccia, arciporcaccia…

NINETTE – (sarcastica) E bravo, Giovanni! I tuoi studi sul Lotto hanno dato ottimi risultati. Mi hai fatto venire qui illudendomi con la vincita miliardaria. Adesso mi trovo con un palmo di naso.

GIOVANNI – Hai visto’ Quattro numeri sono usciti… dobbiamo avere fiducia… vedrai che la prossima volta sarà quella buona.

NINETTE – E adesso il conto dell’albergo chi me lo paga?

GIOVANNI – Pensi che per me questo sia un giorno felice? Eppure ci contavo… Porca miseriaccia! (sbatte i pugni sul tavolo) Tanto sono sicuro che prima o poi… Ora dobbiamo superare questo momentaccio. Perché non andiamo a fare amore? Ci solleverà il morale, non ti pare?

NINETTE – A far l’amore? Ma come ci pensi? Amore per me significa una vita diversa, una vita di viaggi, di vestiti, di gioielli…

GIOVANNI – Avrai, avrai tutto questo, vedrai.

NINETTE – Basta con questa storia del lotto, dei miliardi. Sai che ti dico: sei un illuso! Ed hai illuso con questa storia anche me. Ed io, cretina, che sono venuta qui per sentirmi dire che con i miliardi della vincita sarei diventata una signora. Con i miliardi della vincita… Intanto pagami almeno il conto dell’albergo ed il vestito che ho preso a credito in quella boutique in piazza per presentarmi in modo decoroso.

GIOVANNI – Attualmente non posso pagarti niente, ma la prossima volta vedrai…

NINETTE – Come? Non mi puoi pagare nemmeno il conto dell’albergo e della boutique?

GIOVANNI – Purtroppo non ho una lira. Ho giocato tutto quello che avevo al lotto. Io speravo… anzi ero sicuro…

NINETTE – Ma va al diavolo!

Le si avvicina Pasqualone.

PASQUALONE – Ehi, bellezza… mi è sembrato di capire che il signorino non è il tuo tipo. Ebbene, sei fortunata perché ci sono qua io. Mi è parso di aver sentito che hai dei problemi di soldi, vero? Dimmi, sai ballare?

NINETTE – Me la cavo abbastanza bene.

 

PASQUALONE – Allora, visto che sei un bel tipino e con un fisico niente male, potresti andare bene per i miei locali notturni. 

NINETTE – Andare bene per fare cosa?

PASQUALONE – Mi sembri grandicella e vaccinata, no? I miei locali non sono posti per educande… ma se ci sai fare guadagni bene.

GIOVANNI – Ninette, non dare ascolto a quest’uomo. Ti porta in un ambiente poco raccomandabile. Farai una finaccia. Devi continuare ad avere fiducia in me, perché ti voglio bene.

PASQUALONE – (a Giovanni) Signorino, ti pare che un pezzo di ragazza come questa possa vivere con un morto di fame come te?

GIOVANNI – Come si permette? Ho una crisi di soldi momentanea è vero, ma vedrete quando diventerò miliardario. Mi dovrete venire a pulire le scarpe.

PASQUALONE – Ma fammi il piacere! Ninette è una ragazza che ama la vita. Io la collocherò nel suo mondo. Vieni Ninette, andiamo. (La prende per un braccio e Ninette docilmente se se va col malavitoso)

GIOVANNI – Ninette, non mi lasciare.

NINETTE – Ciao Giovanni, quando sarai miliardario dammi un fischio.

PASQUALONE – (si gira e rivolto a Ninette) Che facciamo, confortiamo un po’ il tuo amichetto? Lo vedo tanto depresso… (Gli getta sul tavolo un po’ di soldi) Tieni, amico, bevi alla nostra salute. Anzi, eccoti altri soldi e brinda anche alla tua, ché ne hai bisogno. (con un sorriso sarcastico esce con la ragazza)

L’impiccione si avvicina a Giovanni.

IMPICCIONE – Su, su, amico. Cos’è quella faccia? Chi era quella ragazza, la tua fidanzata? Ah, non vuoi rispondere? E va bene… Era, sì, una bella ragazza, ma non te la prendere, ce ne sono tante! Ora sai che facciamo? Ordiniamo da bere e ci giochiamo la bevuta a carte. Va bene?

GIOVANNI – Ma lei, scusi, che vuole, che sta a rompere gli stivali? Si faccia i fatti suoi.

IMPICCIONE – Ehi come sei su di giri. Ti capisco, ma devi reagire. Vedrai che una bella partita ti farà bene. Il gioco a carte è una medicina favolosa, dai retta a me.

GIOVANNI – Le ho detto di lasciarmi in pace.

IMPICCIONE – Guarda che io ti ho sfidato pur sapendo di essere il perdente. Sì, perché tu in questo momento sei sfortunato in amore e sai come si dice: sfortunato in amore, fortunato a carte. E allora la facciamo questa partita?

GIOVANNI – Senta, se non si leva dai piedi e subito, io… (batte i pugni sul tavolo) Ma non lo capisce che mi ha seccato? E allora se ne vada al diavolo!

IMPICCIONE – Sì, si me ne vado, ma non sono queste le maniere di apostrofare un signore, che sarei io, che voleva aiutarti a superare questo momento brutto. Non c’è proprio riconoscenza, nemmeno educazione, rispetto… Che gente c’è, al mondo!

GIOVANNI – (Si alza in piedi) Il maleducato sarà lei che viene a rompere gli stivali a uno che sta per i fatti suoi. Se ne vada!

IMPICCIONE – (allontanandosi) Vado, vado… (Bofonchiando) Se la sua ragazza lo ha fatto cornuto significa che ben gli sta!

 

Entra Checco euforico sventolando una cartella e dichiarando che è lui il vincitore miliardario.

CHECCO - Ho vinto, ho vinto! Venite, amici! Offro da bere a tutti!

Il gestore riempie i bicchieri e tutti bevono in allegria fra complimenti, pacche sulle spalle e complimenti di circostanza.

CHECCO - Barista il conto…

BARISTA - 90.000 lire.

CHECCO – (tira fuori dalla tasca una banconota da 100.000 e la dà al barista. Poi comincia ad imprecare contro il nonno)

     Oh, nonno Vincenzì, ma  va’ a farti benedir

     Sprofonda giù nell’inferno tu ed il tuo terno

     Che razza di numeri m’hai dato, disgraziato!

(Poi con tono grave dice di aver mentito)

     Signori io non ho vinto niente! Ero e rimango un pezzente.

     Ho voluto gustare per un momento lo sperato avvenimento.

     Il lotto è il gioco più bello che ci sia perché ci fa ricchi con la fantasia

     Ognuno fa la sua puntata cullandosi nella vita beata

     sperando sempre che si avveri  il sogno dei suoi desideri

     anche se la scontata delusione puntualmente arriva ad ogni estrazione.

(Riprende ad imprecare)    

     E tu vecchiaccio di un nonnaccio

     Che m’hai  buggerato da gran disgraziato

     Sai quale messa ti faccio dire? Quella nera così vai a finire

     Tutto quanto grosso e tondo, giù nello sprofondo!  

    

Vari commenti dei presenti. Poi tutti vanno via.

Poco dopo entrano la Sibilla, Archimede e Giorgio.

BARISTA - Venite amici, ora possiamo brindare alle nostre sempre sicure vincite.

Stanno per brindare quando entra un personaggio misterioso: è l’ Erario.

ERARIO – Signori, buona sera. Aspettate che offro io.

BARISTA - Il botteghino è chiuso! Ma chi è questo intruso

          che viene a disturbare mentre siamo a festeggiare

          questa parte di cuccagna che col lotto si guadagna?

             

ERARIO -  Amici miei, io l’intruso? Mi offendete, sono deluso…

          Chi guadagna forte e tanto sono quasi io soltanto

          l’Erario io sono, il fisco dal viso buono

          perciò andiamo a festeggiare e in allegria a brindare.

          Brindiamo a chi mi riempie la cassa con questa furba tassa

          che il cittadino senza un lamento paga felice e contento.

          Fa anche la fila al botteghino, fa pure ressa il tapino

          per pagare a me, l’Erario, con l’illusione di diventar miliardario. Ah, ah!

Tutti brindano e ridono contenti e infine se ne vanno. Fa buio. Poi come nel primo atto ritorna l’atmosfera irreale e le luci psichedeliche. Entra la donna vestita di veli multicolori e tra nuvole di fumo inizia a cantare ballando:

 Illusione, dolce chimera sei tu,

Che fai sognare in un mondo di rose

Tutta la vita…

                           Illusione, dolce incanto sei tu,

                           che fai dorata la nostra realtà

                           tutta la vita…

 

Illusione, raggio di luce sei tu

Che fai risplendere tutta di gioia

La nostra vita…