Il gioco delle maschere

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Jayan Walter

Il gioco delle maschere

Commedia in due atti di

Jayan Walter

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Indice:

Sceneggiatura 1 atto - pag. 2

Sceneggiatura 2 atto – pag. 29

Personaggi pag. 49

 

Sinossi pag. 53

Contatti e profilo autore pag. 57

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Copyright Jayan Walter (Ezio Vantaggiato) – Sono riservati tutti i diritti – Sceneggiatura registrata alla S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori e degli Editori).


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ATTO PRIMO                         (durata: 55 minuti – min. 50’ – max. 60’)                                                      

Scena prima

Gli attori salgono sul palcoscenico provenendo dalla sala del teatro, passando in mezzo al pubblico – gli attori che devono recitare nella prima scena rimangono sul palco, gli altri vanno nei camerini.

Tutti i cambi di scena saranno fatti a sipario aperto, senza neanche abbassare le luci sul palco.

Al momento dell’intervallo tra il primo e il secondo atto, due persone mettono un cartello sul palco, con su scritto: INTERVALLO, e il sipario rimane aperto.

è importante trasmettere il messaggio che la vita è una commedia, per cui, anche la preparazione delle scene viene fatta vedere, anch’essa è recitazione.

Mentre gli attori vanno verso il palco si sente una musica in sottofondo, è quella di: “Ragtime Piano – Honky Tonk train blues" al pianoforte, o una musica simile. È una musica allegra, svelta e moderna, rappresenta l'attività frenetica della vita.

Il volume è abbastanza alto.

La recitazione è in italiano.

Quando la commedia è rappresentata in altre città d'Italia, la si può ambientare in quelle stesse città (menzionando quartieri diversi dai “Quartieri Spagnoli” e, a discrezione del regista, si potrebbe recitare sempre in italiano ma con accento nel dialetto della città in cui si mette in scena).

Siamo in un piccolo e anonimo teatro della periferia di Napoli.

La scena è quella di un palcoscenico di teatro, dove il regista e gli attori provano la commedia che dovranno rappresentare: “Il finto invitato”.

Abbiamo quindi una commedia nella commedia, dove la realtà si mescola con la fantasia (o forse la realtà è una proiezione della nostra stessa mente, come si afferma nel pensiero orientale?).

Gli attori, una volta saliti sul palco, si mettono, immobili, nelle loro posizioni:

Checco, il regista, è seduto, in primo piano, con le spalle al pubblico (è ben evidente la scritta "regista" sul retro della sua sedia da regista cinematografico), Ludovico è in piedi a ripassare il copione, Marianna pure, Lucrezia è seduta e tiene in mano uno specchietto e una matita per il trucco.

Di lato, sulla destra, seduto a terra, rivolto al pubblico, c’è Felice. È seduto a gambe incrociate e la testa raccolta tra le gambe, come un fiore chiuso, un bocciolo. Sembra dormire, o riposare, a occhi chiusi ma sempre con un grande sorriso sul volto, come se stesse sognando qualcosa di gioioso. È completamente assente, in un’altra dimensione.

Le persone presenti sono: Checco, Ludovico, Marianna, Lucrezia e Felice.

Tutti gli attori della commedia, con esclusione di Felice, hanno dipinta sul volto una maschera colorata (giusto i contorni). è la maschera della loro stessa persona, una maschera che non toglieranno mai, eccetto Ludovico, alla fine.

Felice, invece, ha il volto tutto bianco con su dipinto un grande sorriso rosso (il contorno). Felice è l’unico a non aver dipinta la maschera sul volto perché l’ha tolta da tempo, avendo raggiunto lo stato di libertà dal gioco delle maschere, lo stato di perenne felicità (perciò il sorriso fisso).

Quando, durante la commedia, gli attori che interpreteranno le parti dei personaggi dell’altra commedia, indosseranno le maschere per il periodo delle prove, metteranno tutti maschere nere e piccole, del tipo di Zorro.

Lo sfondo è scuro, nero.

Il mobilio è ridotto all’essenziale.

Addossata alla parete di fondo c’è una credenza bassa, con dentro le posate, i bicchieri, i piatti, le tovaglie e altre suppellettili (che serviranno per imbandire la tavola), e sopra di essa un grosso orologio a pendolo, oltre a monili d'oro. Nell’angolo a destra un tavolino con un telefono. Nell'angolo a sinistra un divanetto.

Al centro c’è un grande tavolo con sei sedie (è il tavolo del banchetto nuziale della commedia). Sopra di esso una bella tovaglia colorata. All'estrema sinistra c’è una porta, o meglio un varco, con l’intelaiatura intorno, ma senza né parete né porta: è l’entrata di questo piccolo teatro, ma funge anche da entrata della sala del banchetto nuziale della commedia. In un angolo, sulla destra, dopo il tavolino col telefono, c'è solo la struttura di due separè (uno per Marianna e uno per Ludovico, dove si spoglieranno prima delle prove), ma senza tenda. Vicino c’è una gruccia con l’abito nuziale.

è importante che sia la porta d’ingresso sia i separè siano fatti di solo telaio: essi rappresentano la realtà, che di fatto non c’è, siamo noi a immaginarla, è la nostra mente che crea la realtà.

All'improvviso Felice alza la testa, allarga le braccia, come se si stesse svegliando, si alza in piedi, come un fiore che si apre, facendo un piccolo salto e senza far leva sulle braccia. Comincia a camminare quasi danzando, tipo folletto o Pulcinella: flessuoso, giocondo e birichino come un bambino (fa sempre questo tipo di movimenti dolci e sciolti, femminili – per questo vorrei che fosse una donna a interpretare Felice). Inizia a parlare al pubblico per presentare la commedia e gli attori.

In seguito, ogni volta che Felice enuncerà un'affermazione di tipo filosofico (sottolineata nel testo) gli altri attori rimarranno tutti immobili.

Felice (facendo un inchino e un gran sorriso):

Salve, rispettabile pubblico! Mi chiamo Felice, e lo sono di nome e di fatto (e fa un altro gran sorriso e una risata), come potete vedere. La mia mansione ufficiale è il suggeritore,… (pausa) ma, a causa di questa cosa (si gira e mostra la gobba) che ho dietro la schiena, sono anche e soprattutto il “portafortuna” di lor signori…

Siamo alla fine degli anni settanta, in un teatro della periferia di Napoli.

Questi (li indica) sono gli attori, e lui è il regista. Si stanno preparando alle prove della commedia: “Il finto invitato”.

Sono tutti molto tesi e nervosi, perché non è ancora arrivato uno degli attori principali, Francesco, quello che deve interpretare il personaggio del Conte Antonio Cornelio, sposo di Marianna Sollazzo al banchetto nuziale.

(si avvicina al regista guardandolo attentamente, come per scrutare nella sua testa) E il regista ci tiene molto alla puntualità. È sempre preciso. Dice che lo fa per prepararsi spiritualmente all’incontro,… ma anche per essere "lui" il primo… Si, perché crede di essere il "primo" in ogni cosa; crede di sapere tutto, di poter fare tutto,… insomma, un "cugino" del Creatore! E crede, anzi è sicuro, che un giorno, prima o poi, diverrà un regista famosissimo… e con lui tutta la Compagnia…

(Ora si sposta e va verso Ludovico) Questo è il Conte Ludovico De Magistris (lo guarda attentamente, come per scrutare nella sua testa, nello stesso modo in cui ha fatto con il regista; ma con lui si ferma di più, e fa il gesto di aver trovato qualcosa di veramente grande, di bello, di prezioso – riferimento alla trasformazione che avverrà in lui alla fine), il proprietario della banca, uomo ricchissimo ma anche generoso, almeno verso tutto ciò che riguarda il teatro. Interpreta la parte di un povero che si finge Barone e va a un banchetto nuziale facendo credere a tutti di essere (lo dice allungando la parola “parente” per enfatizzare quel che sarà la truffa del "finto parente") un “lontano parente”. è lui che finanzia tutto. Si, gli dobbiamo davvero tanto!

Questa è (le si avvicina guardandola attentamente, stavolta invece di scrutarne la testa ne osserva il corpo ben fatto, molto attraente e sexy) Marianna Spilla, la moglie del regista. Interpreta la parte di Marianna Sollazzo, sposa di Antonio Cornelio. È una donna molto bella e affascinante,… e il conte Ludovico le farà la corte… E in questo modo diverrà realtà il cognome del suo sposo: (fa il segno delle corna) Cornelio!

Infine c’è (anche con lei, si avvicina e la guarda attentamente, ma con un certo disprezzo, come se volesse dire: “Ma questa vecchia chi si crede di essere?”) Lucrezia Specchi, che interpreta la (enfatizza sullo stato civile di nubile) "Signorina" Lucrezia Sborgia, amica di Marianna. È una donna di più di settanta anni che non vuole accettare l’età che avanza, e fa di tutto per mantenersi giovane: protesi, creme, parrucche di ogni tipo, vestiti costosi ed eleganti, scarpe dai tacchi alti, cappelli stravaganti, diete, ginnastica (ora inventando termini di cose inesistenti) "protobiotica", "carotenotica", "psico-cervellotica", "fallotica"  e… tutto ciò che esiste al mondo per cambiare le sembianze fisiche e ringiovanire… E ne spende di soldi!…

Ma il tempo passato non si può comprare!

(Ora fa una breve pausa e abbassa la voce come per rivelare un segreto)

Ma la cosa ancor più grave, è che non sono ancora arrivate (lo dice con enfasi, come se si trattasse di un oggetto degno di grande venerazione, un manufatto divino) le… “maschere”… Si, le maschere, i protagonisti principali della commedia, quegli affari di cartapesta o di plastica che si mettono sul volto per apparire con le sembianze di un'altra persona. Ma queste maschere non sono come quelle comuni, sono MASCHERE SPECIALI!!! (pausa)

(con voce grave) E ora diamo inizio al tempo!

Felice va verso la credenza e fa partire l’orologio a pendolo, che suona le tre del pomeriggio.

Solo a questo punto gli attori iniziano a muoversi (l’orologio a pendolo segna il tempo e lo scorrere della vita). Checco si alza e incomincia ad andare avanti e dietro: è estremamente agitato. Lucrezia si trucca guardandosi continuamente allo specchietto portatile. Sia Marianna che Ludovico, camminando, ripetono le parti che dovranno recitare (ogni tanto si guardano con concupiscenza: tra loro sta nascendo il grande amore).

C’è grande fervore e creatività, ma anche molta tensione e preoccupazione: sono in ritardo rispetto ai tempi preposti.

Felice, ora e per tutta la commedia, segue con attenzione tutto ciò che avviene, avvicinandosi alle persone che parlano e guardandole con fare curioso, come un bambino che assiste ai giochi degli adulti. Spesso mette la mano vicino alla testa, agli occhi e agli orecchi, per capire, vedere e sentire meglio. Assume molte espressioni di meraviglia, come per dire: “Ma che dicono questi qui? Ma che strano comportamento è il loro!” Ciò avviene specialmente quando li vede identificarsi sempre di più nelle maschere e nei ruoli che interpretano. Ha anche tanta compassione per loro, che si lasciano intrappolare da quelle maschere. Quando ci sono situazioni tristi, piange con loro, quando c’è gioia e allegria, ride con loro, ma non perde mai la serenità e la felicità completa che è nel suo cuore, il cui segno è manifestato dal grande sorriso dipinto indelebilmente sul volto.

Checco va al tavolino accanto alla credenza, telefona, ma non risponde nessuno. Dopo un po' richiama ad un altro numero, ma anche lì non risponde nessuno.

CHECCO (molto preoccupato, estremamente agitato):

Ma possibile che non arriva né Francesco né le maschere? Che disgrazia! Posso ammettere Francesco, arriva sempre in ritardo, e ogni volta trova qualche scusa… Ma prima o poi lo licenzio e mi trovo un altro attore, tanto la sua parte del Conte Cornelio la potrebbe fare chiunque,… (avvicinandosi a Marianna e Ludovico) di cornuti ce ne sono tanti in giro, e non hanno neanche bisogno di recitare! (pausa)

Ma le maschere… le maschere le avevo seguite fin nei minimi particolari…

Ogni giorno mi recavo dall’artigiano per controllare come procedeva il lavoro. E una volta gli dicevo di fare un ritocco qui, un’altra lì, e poi gli dicevo di cambiare l’espressione del viso, gli occhi, gli orecchi, il naso… Insomma, doveva venir fuori un capolavoro! Ed ora che ho ottenuto quello che volevo (breve pausa, come se stesse pronunciando una frase superlativa): …la "perfezione artistica del modello", ora che sono pronte,… non arrivano!

MARIANNA (rivolta verso Checco – stufa di aspettare):

Ma non si potrebbe recitare senza le maschere? Tanto sono soltanto le prove, e i costumi ci sono, e già abbiamo tutti recitato con quelle vecchie e odiose maschere, quelle che usavamo prima, che facevano soltanto sudare e ogni tanto cadevano dal viso.

CHECCO (infuriato, come se avesse sentito una bestemmia):

Ehi, dico, ti sei forse bevuta il cervello? Ma te li immagini questi attori recitare senza maschere? Non lo sai forse che sono proprio le maschere che creano i personaggi? Senza di esse gli attori sarebbero dei poveri manichini, senza vita. Mai potrebbero dar vita al personaggio!

(fa il gesto di mettere la maschera sul volto – ora inizia un breve monologo sulle maschere, parla delle maschere con estremo compiacimento, come se esse fossero la vera realtà e non il mondo che ci circonda, per lui la recitazione, l’illusione, il gioco, l’apparenza sono i valori fondamentali)

È quando calzano la maschera sul volto, è proprio allora che avviene (lo dice con lo stupore di un bambino che ascolta una favola sui poteri di un alchimista o di uno stregone) la magia, il miracolo,… (ora con massima enfasi) “la grande trasformazione alchemica”! Perdono completamente la vecchia identità e assumono un nuovo aspetto, nel corpo, nella mente e nello spirito… Quando cala la maschera si oscura l'attore e sorge il personaggio… La maschera modella l’animo degli attori, li forgia dal di fuori e penetra nel loro interno, fin nel profondo dell’anima… è la maschera che crea il gioco della vita, in tutte le sue manifestazioni… (pausa)

LUDOVICO (mentre parla Checco, non fa altro che muovere la testa in cenno di assenso – poi interviene a suo sostegno):

è proprio vero quel che dici, Checco! E tu certo sai cosa significa dirigere, perché l’arte del regista l’hai nel sangue. È vero: le maschere sono fondamentali per un attore!… (pausa)

E poi,… con quello che mi sono costate! Neanche fossero d’oro!

Ma io ci tengo a questa Compagnia, e non esito mai quando si tratta di elargir denaro.

E recitare mi diverte tanto, davvero tanto! Quando recito dimentico gli innumerevoli impegni di lavoro, i consigli d’amministrazione, le rogne del fisco,… il panico che mi assale quando vedo scendere le azioni…

Se potessi, abbandonerei tutto, e mi dedicherei soltanto al teatro!

(ora parla con fare trasognato come se vedesse sé stesso nell’immaginazione di un mondo senza problemi)

Non farei altro che recitare,… dalla mattina alla sera: Sheakespeare, Pirandello, Goldoni, Scarpetta, De Filippo,… incarnerei tutti i loro personaggi,… volerei libero nei giochi fantastici delle commedie…

Ah, se potessi nascere povero, senza tutti i pensieri e le preoccupazioni del banchiere! Mi accontenterei di un piatto di minestra e una casetta, anche una sola stanza, ma almeno vivrei in pace. Me ne andrei in giro a mendicare, senza lavorare. E, una volta raccolto lo stretto necessario per vivere, mi farei delle belle passeggiate nei parchi, nel fresco dei boschi, nella libertà di essere solo e non possedere nulla! E il resto del tempo lo trascorrerei tutto… (breve pausa – per enfatizzare la parola teatro) in teatro.

CHECCO (preoccupato per quel che ha appena detto Ludovico – alza la voce):

Ma che dici, Ludovico? Come puoi pensare, anche se per un solo istante, di essere povero? E non ci pensi a tutti noi? Alla Compagnia teatrale? Se non fosse per te questa commedia non potrebbe mai essere rappresentata. Tu sei il (con enfasi) "combustibile" che alimenta il treno della Compagnia e lo fa viaggiare,… e di questo ti siamo tutti grati.

(con tono di voce grave ed enfatico) Ma saresti così egoista da pensare soltanto a te stesso?

LUCREZIA (ridacchiando):

Ah! Ah! Ah! Non ti ci vedo proprio nei panni del povero, continuamente preoccupato e in ansia per il futuro… A chiederti continuamente (cambia voce): “Chissà se riuscirò a sopravvivere anche questo giorno. Se qualcuno dall’animo buono mi regalerà un tozzo di pane o qualche soldo… perché altrimenti,… quanto dovrò patire per i crampi della fame!”.

Altro che vivere liberamente e senza preoccupazioni, tu non sai cosa significa essere povero. Io,… invece,… ho conosciuto la povertà,… quando ero (in realtà aveva 40 anni – parla a bassa voce, tentennando, per non far capire la sua età)…"piccola", durante la guerra,… qualche anno fa (cioè circa 30 anni fa, rispetto agli anni settanta). E oggi, che sono benestante e non mi lamento di ciò che posseggo, cerco sempre di aiutare chi è povero, perché solo io posso comprendere i patimenti e le sofferenze che sta passando…

Tu, invece,… sei nato ricco… (pausa)… e ti lamenti! (pausa)

FELICE (parla seriamente, come ad emettere una sentenza – gli altri rimangono immobili):

In questo mondo nessuno è mai contento! Ognuno desidera ciò che non ha e si lamenta di quello che ha!

Pausa. Silenzio. Tutti acconsentono a quel che Felice ha detto,… anche se qualcuno non ne afferra subito e in pieno il significato. Ludovico rimane perplesso, pensieroso, quella frase ha messo in moto qualcosa nel suo animo. Inizia in lui la "riflessione". Riflessione sulla vita, sul fatto che non siamo mai contenti. Perché? Cos'è che cerchiamo veramente?… Ma poi abbandona questo lavoro di riflessione e introspezione: è troppo complicato!

Non parla, è la mimica del suo corpo, il sedersi e mettere la mano vicino al capo come per ragionare meglio, e poi muovere la testa indicando che sta per afferrare il significato di quelle parole e le loro conseguenze. Infine, abbandonando la lotta e l’impegno, si accascia sulla sedia, con le braccia pendoloni, stanco di ragionare.

Si apre la porta (in realtà Gualtiero fa finta di aprire la porta, che non c'è) ed entra Gualtiero Bische, il maggiordomo. Entra piano piano, ha paura di rivelare quel che è successo. Tutti guardano verso di lui.

GUALTIERO (molto preoccupato e titubante, parla a balzi, non sa come dir loro ciò che è successo):

…Signor Checco,… sono andato dall’artigiano,… in via Toledo, come convenuto. E lui mi ha consegnato tutte le maschere… Sembravano vive,… così ben fatte, facevano quasi impressione,… nel prenderle in mano. Mi sembrava di toccare volti di persone reali, non delle semplici maschere da teatro. Don Alfonso ha fatto proprio un ottimo lavoro; credo che nessuno potrebbe realizzare un'opera simile!…

CHECCO (ansioso più che mai, guardando indietro e intorno a Gualtiero alla ricerca del sacco con le maschere – parla in modo brusco, lo interrompe):

Si, ma dove sono le maschere, le mie "creature"? Che fine hanno fatto? Cos’è successo a quegli esseri indifesi?

GUALTIERO:

Aspettate un momento, ora ve lo racconto…

Ho messo tutte le maschere in un sacco…

CHECCO (lo interrompe ancora, ansioso della sorte delle maschere):

Avrai fatto dei fori nel sacco, come ti avevo ordinato, vero? Perché altrimenti le mie maschere (Felice mima uno che muore soffocato) avrebbero potuto morire soffocate!

GUALTIERO:

Certamente, signore! Ho fatto come avete comandato: quattro buchi da un lato e quattro dall’altro,… per far entrare l’aria nel sacco. (parla con la piena convinzione che le maschere siano esseri viventi, in quanto, essendo per nulla una persona razionale, crede in tutto ciò che gli dicono) Altrimenti, come facevano a respirare le maschere?

Quindi sono uscito in strada e mi sono avviato verso il teatro, a passo svelto, essendosi fatto tardi.

All’improvviso, mentre camminavo in un vicolo… (parla con grande timore della reazione di Checco) – si,… perché,… per fare prima… ho tagliato per i Quartieri Spagnoli, invece di fare tutto il giro…

CHECCO (ancora più preoccupato, alza la voce):

Disgraziato! Sei andato nei Quartieri Spagnoli?! Ma non lo sai che lì è pieno di malfattori? Avremmo potuto anche aspettare un po’, invece di mettere a repentaglio le mie maschere!

GUALTIERO (quasi piangendo):

è vero, è tutta colpa mia! Sono stato un incosciente!… (pausa) Ma io so quanto ci tenete alla puntualità! Voi lo dite sempre: “Bisogna rispettare il programma, i tempi. Tutto deve essere perfettamente sincronizzato!

(muove la mano in senso verticale, per indicare il rispetto dei tempi, come se fosse un maestro di musica che dirige l’orchestra con la bacchetta) Una commedia è come una grande sinfonia: se non si riesce ad andare a tempo, si va fuori tono!”

FELICE:

e infatti Gualtiero, non è la prima volta che arriva in ritardo… e va "fuori tono"! È un po’ stonato… (pausa)… forse un po’ troppo! (fa il segno di uno che vola, dello sbattere d’ali) È sempre con la testa tra le nuvole!

Tutti (tranne il regista) mormorano in coro:

Si, Gualtiero è "proprio stonato"!  

GUALTIERO (mortificato):

Perdonatemi, signor Checco,… e perdonatemi tutti voi della Compagnia. È vero, in quel momento non ho proprio pensato che stavo entrando in un quartiere di malfattori… (pausa)…

E infatti, appena sono entrato in un vicolo stretto e buio (mentre parla, Felice mima i fatti da lui raccontati: l'arrivo dei malfattori che gli mettono il coltello alla gola e Gualtiero che gli da subito il sacco con le maschere), sono apparsi quattro giovinastri armati di coltello e mi hanno detto (qui parla con voce forte e autoritaria): “Dacci il sacco, o la vita!” Io non volevo darglielo, ma loro subito mi hanno messo un coltello alla gola, e non avrebbero esitato un istante a uccidermi… (pausa) E così ho lasciato loro il sacco e sono fuggito.

CHECCO:

Ma potevi dargli la vita!… (pausa)

(parla con voce lamentosa) Ah! Le mie maschere! In che mani saranno finite! Chi si prenderà cura di loro! Le venderanno al primo acquirente,… semmai un ignorante dell’arte teatrale, qualcuno che le maltratta e le rovina!

GUALTIERO (a voce bassa, mortificato):

Perdonatemi, mio signore! (si inginocchia davanti a Checco porgendogli la schiena) Datemi pure la punizione che merito: frustatemi! Sono stato proprio molto sbadato.

CHECCO (ora disperato e infuriato contemporaneamente):

Come farò senza le mie maschere? Fra due settimane dobbiamo debuttare!

(alzando la voce e dandogli un calcio nel sedere) E tu, Gualtiero, non ti voglio vedere più! Sei licenziato!

LUDOVICO:

Ma non si potrebbero far rifare, le maschere? Sono disposto a spendere qualsiasi cifra, pur di averne delle altre,… e subito!

CHECCO:

Non è possibile! Ci vogliono mesi e mesi di lavorazione. Quelle sono maschere speciali, sono fatte di un materiale particolare di moderna concezione, si adattano alla pelle, e plasmano il volto a tal punto che non si riesce più a distinguere il vecchio dal nuovo!

Una lunga pausa. C’è il silenzio della disperazione che aleggia nella sala.

FELICE (appena inizia a parlare tutti lo guardano con attenzione – sanno che, come ha fatto in passato, ha sempre saggi e utili consigli da dare, li ha sempre aiutati a venir fuori dai pasticci):

Io… un’idea ce l’avrei… Conosco un posto, non lontano da qui, dove potrei procurarmi le maschere. Le tengono conservate in un deposito, in uno scantinato. Sono lì da anni. Avrebbero dovuto usarle per una rappresentazione teatrale…

Poi… (ride – insieme a lui ridono Checco e gli altri, contagiati da quel riso schietto) il regista… (quando dice “morto” Checco diventa serio di colpo, non ride più, “si tocca” per scaramanzia, mentre gli altri e Felice continuano a ridere) è morto,… e subito dopo, anche (quando parla del proprietario della Compagnia, Checco guarda Ludovico, anch’egli smette di ridere – invece gli altri e Felice continuano a ridere) il proprietario della Compagnia, e infine… (ora, mentre Felice continua a ridere, tutti gli altri di colpo smettono di ridere) anche gli attori protagonisti… (pausa)

LUDOVICO:

Ma è stata un’ecatombe!

E tu, Felice, come fai a ridere a fatti così tragici?

FELICE (pur parlando di morti tragiche, non si scompone mai, ma mantiene sempre la gioia e la serenità interiore che sono parti integranti della sua natura):

Ma loro son morti, e cessato hanno di soffrire, per cui perché dovrei esser triste? (pausa) E poi, non li conoscevo neppure! (pausa)

Per cui, dopo tutte queste morti, quelle maschere sono rimaste in deposito, inutilizzate, per tanti anni. E sono di altissima qualità, anche migliori di quelle che hanno rubato! L’unico problema sarà aprire la serratura del deposito: deve essere tutta arrugginita, e io non possiedo la chiave.

GUALTIERO (sicuro di sé e delle sue capacità):

Potrei,… potrei andarci io insieme a Felice. Sapete,… in passato,… (lo dice quasi con vergogna, non volendo rivelare il suo passato di ladro) ma molto tempo fa,… mi è capitato di dover scassinare qualche porta… (guarda tutti i presenti, per giustificare il suo operato) Badate bene! L’ho fatto solo perché non avevo nulla per vivere!… E mi sono rivolto unicamente alle persone più ricche del paese. Per togliere un po’ del superfluo a quella gente, per “alleggerirli” delle loro preoccupazioni… Insomma, sono diventato un esperto di porte, serrature e chiavistelli.

CHECCO (parla quasi schifato di quell'ex-ladro, che però gli ritorna utile):

                Va’ insieme a Felice, "servo"!

GUALTIERO:

                Ma allora non sono più licenziato?!

CHECCO:

No, purché non torni alle vecchie abitudini e mi porti queste benedette maschere!

GUALTIERO:

                Felice, andiamo!

Gualtiero si avvia verso la porta insieme a Felice, escono di fretta.

MARIANNA (allegra):

Che ne dite di fare un break, mentre aspettiamo l’arrivo delle maschere? Preparo una bella cioccolata calda e vi porto i biscotti che ha fatto “mammà”, con le sue mani,… quelli di pasta frolla,… (guarda Ludovico invitandolo a gustare tali leccornie) che piacciono tanto a Ludovico.

Ludovico già pregusta i deliziosi biscotti e la cioccolata calda (mimica – con la lingua in fuori e strofinandosi le mani).

Mentre avviene il dialogo tra Checco e Ludovico, Marianna esce per preparare la cioccolata e prendere i biscotti – in un’altra stanza, fuori scena –.

CHECCO (con parlare categorico, imperativo):

No! No! No! Ludovico non li può e non li deve avere, né i biscotti né la cioccolata!

A lui gli possiamo dare al massimo un bel bicchiere d’acqua fresca e un tozzo di pane raffermo. Sarà più che sufficiente.

Mentre per noi, va bene, anzi benissimo! Con tutti questi problemi mi è venuta una certa fame!

LUDOVICO (con voce sbigottita, offeso per quella proibizione):

Ma perché? Non sono mica grasso! E non ho neanche il diabete! Godo di una splendida salute!

CHECCO (parla con massima enfasi, scandendo le sillabe della parola "povero"):

Ma sei "po-ve-ro"!

LUDOVICO (indispettito, furente, attonito):

Io, povero? L’uomo più ricco di Napoli?… Povero? Non vorrai mica scherzare? Ti sei forse dimenticato chi sono? Se non ci fossi io tutta questa commedia non si farebbe!

(indica tutti i presenti, uno a uno) E tutti voi, dal regista all’ultima comparsa, sareste a spasso, in mezzo a una strada!

(indica Checco con la mano, in segno di disprezzo) E tu, misero regista da strapazzo, osi negarmi dei biscotti e una tazza di cioccolata? Ma non hai detto, poco fa, che sono il "combustibile" che fa viaggiare il treno della Compagnia?

CHECCO (parla con decisione – prova gusto nel costringere Ludovico a digiunare):

Sarai l’uomo più ricco di Napoli, e colui che finanzia tutto questo spettacolo… Questo è vero,… ma nella "realtà"!

Nella "finzione" della commedia che stiamo per rappresentare tu sei soltanto un "poveraccio", che, per mangiare a sbafo, si finge invitato a un banchetto nuziale! Quindi, se vuoi interpretare bene la tua parte, devi digiunare per un po’… Così, quando ti troverai davanti a un bel piatto di spaghetti, li mangerai con tanto desiderio e avidità da sembrare davvero un poveraccio!

(alza la voce) Insomma, "Io" sono il regista! Io dirigo qui! Sono io il "forgiatore" del vostro destino. E se volete diventare dei grandi attori dovete "immedesimarvi totalmente" nei personaggi che interpretate. E qual modo è migliore del digiuno per interpretare un morto di fame?

Se vuoi rinunciare a questa parte, fallo pure. Riuscirò lo stesso a trovare un altro attore, non sei indispensabile. Ne trovo tanti di attori come te…

Ma "io" detto gli ordini qui, almeno finché si recita!

LUDOVICO (rassegnato):

E va bene. Vuol dire che farò questo sacrificio. Tu sai quanto ci tengo a diventare un grande attore.

Sottofondo musicale: "Danza di anitra" di E. Grieg, dal "Peer Gynt".

Ludovico inizia il suo calvario. Marianna arriva con una guantiera con la teiera di cioccolata fumante e i biscotti. Si diffonde nella sala l’aroma del cioccolato (se fosse possibile che qualcuno vada nei corridoi laterali della sala con teiere di cioccolato caldo per spargerne il vapore profumato… si darebbe un tocco di realismo). Si siede di lato a Ludovico e gli chiede di passare, prima le tazze e poi i biscotti, agli altri, che sono dall’altro lato del tavolo. Per lui è un supplizio sentire tutti quei profumi e vedere tutte quelle delizie passargli sotto il naso. C’è molta mimica da parte dell’attore che interpreta Ludovico, che ansima e sbava dal desiderio, mentre gli altri fanno segno, come per dire: “No, lui no!”.

CHECCO (godendo nel rimproverarlo – parla della saliva come se fosse la bava del cane):

Ah, Ludovico, asciugati la saliva che ti cade dall’angolo della bocca.

Checco prende il fazzoletto e si asciuga la bocca, mentre continua a vedere (allunga il collo) le leccornie passargli sotto il naso.

Marianna dà (sempre facendola passare sotto il naso di Ludovico) la tazza di cioccolata per primo a Checco.

CHECCO (con fare gentile):

No, prima le signore,… anche se vecchie!

Checco porge la tazza di cioccolata a Lucrezia.

Allora Marianna fa passare la seconda tazza sotto il naso di Ludovico, per darla a Checco, ma questi la fa ritornare indietro a Marianna (così la tazza di cioccolata passerà due volte sotto il naso di Ludovico – operare con lentezza).

CHECCO (con estrema galanteria):

No, prima a te, mia signora!

Infine Marianna fa passare l’ultima tazza a Checco.

CHECCO (soddisfatto):

Ecco, questa a me. Si sa che l’ultimo ha sempre la parte migliore, dove la cioccolata è più densa!

Iniziano a bere la cioccolata.

Poi Marianna passa i biscotti. Si ripete la stessa scena di prima. Anche stavolta la guantiera con i biscotti passerà sotto il naso di Ludovico. Ludovico soffre tanto. è un supplizio estremo.

Dopo che hanno bevuto quasi tutta la cioccolata e mangiato i biscotti…

CHECCO:

Ma, Marianna! Ti sei dimenticata di Ludovico! (pausa)(Ludovico ha un dolce sospetto: “Vuoi vedere che danno anche a me la cioccolata e i biscotti? Semmai finora mi hanno solo messo alla prova?”… Gli brillano gli occhi, ma per poco)

Va a prendere il pane raffermo e l’acqua. Gli spettano! Non vorrei che il mio primo attore muoia di fame!

Marianna prende il cestino con il pane raffermo, la caraffa con l’acqua e un bicchiere e li dà a Ludovico.

All’improvviso si sente bussare alla porta. Checco va ad aprire. All’uscio si presentano Felice e Gualtiero con un sacco pieno di maschere.

CHECCO (estremamente contento, si alza, abbraccia Felice sull’uscio e lo invita a entrare):

Ah! Come sono contento di rivederti! Sei la mia salvezza! Entra, e fammele vedere (non vede l’ora) queste adorate maschere!

Felice entra insieme a Gualtiero, deposita il sacco (in cui va aggiunta della paglia per farlo apparire gonfio e pieno) e inizia a tirar fuori le maschere.

A ognuna che tira fuori, Checco esprime un’esclamazione di meraviglia, le tocca una ad una e se le prova sul viso. È come un bambino che vede i giocattoli uscire dal sacco di Babbo Natale. Anche gli altri attori si avvicinano e guardano e toccano le maschere, per poi provarsele mettendole sul volto. Chiedono a Lucrezia di prestar loro lo specchietto per vedere come stanno… Molta mimica, si vedono, senza sentirli, gli attori che manifestano tante esclamazioni di stupore. Anche se in realtà le maschere sono tutte uguali e nere (con esclusione di quella di Ludovico, che è azzurra), gli attori fingono che siano tante maschere diverse.

All’improvviso squilla il telefono. Continua a squillare perché tutti sono intenti ad ammirare le maschere e non si accorgono degli squilli. Poi Felice si alza e prende la cornetta.

FELICE:

Pronto, sono Felice Nessuno. Desidera? (mentre ascolta la risposta, continua sempre ad avere il sorriso sul volto. Si sente solo lui che parla)

Ah! Francesco Begoni non può venire? Non potrà venire mai più? (mentre parla tutti rivolgono il viso e l’attenzione verso di lui, in particolare Checco, che è ansioso di avere notizie dell’attore)…

Ah! Ha avuto un incidente, un incidente d’auto. È morto. Va bene, arrivederci. (abbassa il telefono e comunica agli altri la notizia, rimanendo impassibile)

Francesco è morto.

Marianna e Lucrezia scoppiano in un gran pianto; disperate, si tirano i capelli, gridano, sembrano pazze. Checco rimane immobile, inebetito, lo sguardo triste e assente. Ludovico sta per piangere, ma si trattiene – un Conte, un uomo, non può piangere! Gualtiero non capisce bene cosa sia successo. Felice osserva curioso (movendosi e andando accanto a ognuno) il loro comportamento, e rimane quello che è: felice.

CHECCO (molto preoccupato, senza provare alcun dolore per la scomparsa dell'amico):

E come facciamo ora? Chi interpreterà il Conte Antonio Cornelio? Dove lo troviamo un attore così bravo come lui? Due disgrazie in un solo giorno: prima le maschere e ora l’incidente. (si mette le mani in testa) Sono proprio sfortunato io!

FELICE (con tono serio, di rimprovero):

Checco, non ti vergogni di considerare Francesco soltanto come un oggetto, un burattino, un "pezzo" della struttura della tua commedia?

(cambia tono, come per suggerire,… stimolare la creatività di Checco)

…Ma non hai sempre detto che puoi far divenire attore anche la persona più stupida che esista? E allora,… metti in pratica il tuo ingegno!

CHECCO (di nuovo sicuro di sé):

Come ho fatto a non pensarci prima! Vuol dire che scenderò per strada e proporrò, alla prima persona che incontro, di venire a fare l’attore in questa commedia.

(ora è rivolto verso il pubblico – parla con grande orgoglio)

Vedrete, con il talento di regista che ho, trasformerò anche (indica Gualtiero, che si offende, e fa segno con la mano, come per dire: “Ma che dici? Che vuoi da me? Smettila di trattarmi sempre male!”) uno “scemo” in un “grande attore”! (parla con enfasi) Dopotutto sono “io” il creatore dei miei attori!

Loro, quando giungono da me, sono soltanto della creta, della comune e informe creta. (qui fa i gesti di chi modella la creta e la plasma) Sono io che li plasmo uno ad uno. Li modello a mio piacimento,… finché non potranno più distaccarsi da me, che ho dato loro la vita!

Prima di venire in teatro a recitare, cos'erano, in realtà? Dei comuni mortali,… studenti, impiegati, casalinghe, medici… Ma quando divengono attori,… è “allora” che nascono a nuova vita, entrano nel mondo dello spettacolo per essere ammirati e applauditi,… e diventare immortali!

Vado. Torno presto.

Checco esce e gli altri rimangono seduti a piangere e a consolarsi, a riflettere sulla morte.

MARIANNA (singhiozzando all'inizio):

Mio cugino è morto! Lui che era tra le persone più care che avessi al mondo! (pausa)

Ieri c’era… e oggi non c’è più. È scomparso nel vento che porta via la vita, i ricordi, il tempo… Ah, il mio caro Francesco…

LUCREZIA (sbigottita):

Com’era "giovane" e bello… ed è morto. Un'altra gioventù persa. Qui rimangono soltanto i vecchi! (pausa) Non ha avuto il tempo di divertirsi nella vita. Eppure era così in buona salute, un lavoro l’aveva, una moglie, la passione per il teatro…

E proprio ora che vedeva realizzarsi il sogno di una vita… la vita l’ha lasciato! Che ingiustizia!

LUDOVICO (attonito, ma controllato, non perde la sua serietà):

Lo avevo conosciuto soltanto qui, in teatro. Ma sin dall’inizio ho sentito che era d’animo nobile e generoso… E ora non è più, non potrà fare alcuna parte, se non quella dell'angelo, (con la mano indica il cielo) lassù in cielo. (pausa)

La vita! È come un fantasma che si dilegua nel nulla. (mentre parla, approfittando della distrazione degli altri, prende un biscotto dal vassoio e lo inzuppa nella cioccolata di Lucrezia) Non hai neanche il tempo di goderne le gioie e le bellezze, che essa ti sfugge via… Che mistero! (e si mangia il biscotto inzuppato)

FELICE (con tono un po’ severo, come per spronarli – mentre parla gli altri restano immobili):

Ma perché non la finite di pensare che la morte non esista! E poi vi meravigliate ed entrate in panico quando qualcuno muore. Ma non lo sapete che, nel momento in cui siete nati avete firmato il decreto della vostra morte? È come una cambiale in bianco, che un giorno tutti dovranno pagare.

Prima o poi tutti moriremo. E allora, perché disperarsi? Lui è soltanto uscito di scena un po’ prima di noi. Un giorno la commedia di questa vita finirà… per tutti!… (pausa) E poi ricomincerà,… in un'altra vita,… con una nuova maschera.

(pausa lunga – silenzio – tutti continuano a rimanere immobili – cercano di riflettere su quelle parole forse un po’ troppo filosofiche – molti avevano paura soltanto di sentir proferire la parola morte)

Poi, dopo pochi minuti di questa "farsa" del pianto, si siedono a tavola e continuano a mangiare i biscotti e bere la cioccolata, come se nulla fosse successo –  tranne Ludovico, naturalmente.

(pausa) Si sente di nuovo suonare la porta. Gualtiero va ad aprire.

Entra Checco, tutto contento, insieme ad Antonio Fondelli, un poveraccio, un mendicante, un barbone con la barba lunga, vestito con un impermeabile lurido e pieno di buchi, con due grosse buste di plastica con tutti i suoi averi.

CHECCO:

Vieni pure, accomodati! Qui fa molto più caldo che in mezzo alla strada. Gualtiero, aiutalo a togliersi il soprabito.

GUALTIERO:

Ma signore, non ha nessun soprabito se non un mucchio di stracci! E poi, mi perdoni, ma puzza come il formaggio ammuffito… (indicando i buchi nei vestiti) pieno di buchi… (pausa)

Felice gli va vicino, lo osserva bene. È dubbioso nei suoi riguardi. Sente che c'è qualcosa che non va in lui. Lo indica con la mano che poi porta al mento, esprimendo la mimica della riflessione, cercando di penetrare nella personalità di questo nuovo attore un po' "eccentrico". Nell'avvicinarsi a lui sente una gran puzza e si tura il naso (qui si riferisce di più al fetore del suo essere ladro e truffatore, che al fetore fisico di mendicante).

CHECCO:

Allora portalo di là, fagli fare un bel bagno caldo e fagli indossare i vestiti dello sposo, il Conte Cornelio, di cui farà la parte. (rivolto agli attori) Vedrete che quando tornerà, tutto ben vestito e curato, non lo riconoscerete neanche.

Gualtiero e Antonio escono.

LUDOVICO (preoccupato):

                Ma non vorrai far recitare insieme a noi quel lurido mendicante?

CHECCO (sicuro di sé e delle sue capacità):

Quello che chiami “lurido mendicante” diverrà presto un grande attore, grazie alla magia della mia arte di regista. Vedrai che ti supererà nella recitazione: lui, che viene dal nulla! 

FELICE:

è vero, tutti abbiamo nel sangue la capacità di recitare… È un'arte che manifestiamo sin da bambini, quando fingiamo di piangere per attirare le attenzioni e le cure di nostra madre…

E poi, a scuola, quando fingiamo di conoscere argomenti che non sappiamo, e all'interrogazione ci inventiamo le risposte e recitiamo come se fossimo grandi sapienti…

Per non parlare di quando diventiamo adulti… Lì è tutta una recita!

Se abbiamo delle responsabilità, siamo dirigenti o esperti in qualche campo, allora dobbiamo far vedere agli altri che noi siamo i migliori…

E che dire dei politici? Quelli sì che sanno recitare, meglio di tutti noi teatranti! Riescono a convincere gli elettori che realizzeranno tanti grandi progetti, che trasformeranno la società, aumenteranno i posti di lavoro, renderanno il nostro paese fiorente e prospero… E persino quando non realizzano neanche la centesima parte del loro programma,… continuano a recitare, dicendo che le promesse sono state adempiute, che il ritardo è stato causato dalla "congiuntura economica",… e che presto tutto sarà come pianificato, e anche meglio…

E continuano a ingannarci, a indossare la maschera dei saggi, di coloro che agiscono per il bene della collettività e della nazione,… mentre non pensano ad altro che ai propri interessi, e a riempirsi le tasche di denaro!

LUDOVICO:

Ma io sono un Conte, e non posso lavorare insieme a persone di tal risma. Va bene per noi nobili elargire ogni tanto qualche donazione per aiutarli, quei poveracci, ma a starci insieme no! Non lo permetterò mai! Non mi abbasserò a quel livello! Ho anch’io una dignità da difendere!

CHECCO:

Avrai quante dignità vuoi da difendere, tu, nella vita normale, quella vera. Ma ti ricordo che qui stiamo recitando una commedia, per cui puoi benissimo venir meno ai tuoi "doveri di nobile". Anzi, sarai proprio tu ad insegnare a questo poveraccio come ci si comporta da nobili ricchi. (qui gode nell’imporgli di stargli vicino) Gli dovrai stare "gomito a gomito". Ah! Ah! Ah! E sarà lui, a sua volta, che ti insegnerà come ci si comporta da poveri plebei.

LUDOVICO:

Ma tutti coloro che verranno allo spettacolo mi vedranno! Che figura ci farò io?

CHECCO:

Non ti preoccupare, indosserai la maschera! Essa nasconderà il tuo vero volto. Vedrai che nessuno ti riconoscerà!

FELICE (mentre parla gli altri attori si fermano, restano immobili):

Questa volta è una maschera a nascondere un'altra maschera, e a proteggerci dall'ignominia!

LUDOVICO:       

Ma non si potrebbe cambiarmi il nome, solo quando devo recitare… Mettere sulla locandina, invece di Conte Ludovico De Magistris, Gennaro Esposito. Così, anche se qualcuno riconoscesse la mia voce, non potrà mai dire che sono io.

CHECCO:

E va bene. Come vuoi tu. Ma poi, se diventerai famoso, diventerà famoso Gennaro Esposito, e non il Conte Ludovico De Magistris!

LUDOVICO:       

Vuol dire che, non appena "inizio" ad essere famoso, "rimettiamo" il mio vero nome.

CHECCO (spazientito):

                E si! Togli, rimetti… ma che facciamo i giochetti?

FELICE:

E così il ricco Conte si finge povero plebeo per recitare la parte di un povero che si finge un ricco Barone. Che casino! (pausa)

E dire che poco fa sognava d'esser povero per non dover far fronte alle tante responsabilità del suo lavoro.

Ma come è strana la natura dell’uomo!

               

Ludovico si apparta in un angolo. Non riesce ad accettare di dover recitare con quel mendicante. Guarda verso il muro e, parlando a sé stesso, dice ad alta voce (lo dice gesticolando e arrabbiandosi): “Ma non posso proprio! è un oltraggio alla mia natura di nobile!” E non si accorge neanche dell’arrivo del conte.

Si apre la porta ed entra Gualtiero che annuncia l’arrivo del Conte, cioè di Antonio vestito da Conte, con il viso rasato, e completamente “ripulito e messo a nuovo”.

GUALTIERO (fa l’annuncio con grande serietà):

                Signori, il Conte!

Tutti lo vedono entrare e non lo riconoscono (eccetto Ludovico, che però, al momento non parla). Pensano stia entrando un vero Conte.

CHECCO (va verso la porta di ingresso per conoscere il nuovo arrivato):

Prego, Conte, si accomodi. Come mai questo onore? Forse lei è parente del Conte Ludovico De Magistris?

Conte Ludovico! Venga qui, c’è un suo collega di nobiltà.

(Antonio si guarda intorno pensando che stesse parlando con qualcun altro. Poi guarda il regista cercando di capire cosa volesse dire. Non è abituato a tutte quelle cortesie e a tutti quei nomi di conti e di gente altolocata…)

FELICE (mentre gli altri rimangono immobili):

è proprio vero che (enfatizza il FA) “l’abito FA il monaco”.

Basta vestirsi da Conte, avere un bell’aspetto, pulito e ben curato, e un poveraccio viene scambiato per nobile,… persino da un professionista della finzione!

LUDOVICO (ridacchia):

Ma caro Checco, non ti sei accorto che questo è Antonio, il mendicante che tu stesso ci hai portato poco fa? Io ho l’olfatto sopraffino, e i nobili li sento dall’odore. Costui, anche se camuffato, non potrà mai passare per Conte, almeno per coloro che, come me, il sangue ce l’hanno "blu".

               

CHECCO:

Con il solo vestito, raffinato ed elegante, mi avevi ingannato, caro Antonio. E vedo che sai recitare proprio bene la tua parte: sembri un Conte vero. Sento proprio che riuscirai a svolgere egregiamente il tuo lavoro di attore.

Per ora ti do 200.000 lire, come anticipo,… per le prime spese,… e per rifornirti il guardaroba… Ma poi ti pagherò come tutti gli altri – paga sindacale con tanto di contributi, sempre se dimostri di averne la capacità.

ANTONIO (parlando ancora in modo impacciato, intimorito da quel mondo che non conosce):

                Non si preoccupi, Dotto'. Farò del mio meglio.

CHECCO:

                E dammi pure del tu. Benvenuto nella nostra famiglia!

TUTTI IN CORO:

                Benvenuto, Antonio!

ANTONIO:

                Ma Checco, non me li presenti gli attori?

CHECCO (indicando Ludovico):

Il Conte Ludovico De Magistris, proprietario della Banca omonima e impresario della Compagnia.

ANTONIO:

(porgendogli la mano per stringergliela) Piacere, Signor Conte…

CHECCO (ironizzando e scostandogli la mano):

                No, lui il sangue ce l’ha blu!

ANTONIO (mettendo la mano in tasca):

Piacere, Signor Conte… Mi sembra di aver già sentito il suo nome,… lei deve essere proprio un attore famoso!… (gli porge un foglietto di carta che aveva in tasca) Me lo concederebbe un autografo, per favore?

CHECCO (invidioso):

                Eh, Ludovico, siamo agli autografi!

LUDOVICO (pieno di orgoglio):

Ma certo, Antonio. (e firma, soddisfatto di avere già un ammiratore – anche se plebeo!)

CHECCO (avvicinandosi a Marianna):

                Mia moglie Marianna.

ANTONIO (guardandole il corpo con desiderio):

                Incantato. Che bella signora!

CHECCO (ironizza su “signorina”):

                La “signorina” Lucrezia Specchi, amica di mia moglie.

ANTONIO:

                Piacere.

CHECCO:

Felice, il suggeritore. Ti sarà utile perché ancora non conosci bene il copione.

Felice si inchina e porge la mano per salutarlo. Ma Antonio, appena vede la gobba, ritrae la mano e la porta sulla gobba, strofinandola per bene.

ANTONIO:

Bella gobba, portami fortuna, che qui c’è da fare tanti soldi da vivere di rendita per il resto della mia vita. Devo soltanto saper sfruttare bene la situazione.

Felice lo guarda stupefatto e annoiato di quello sciocco comportamento superstizioso.

FELICE:

Bene, ora che è finito il “rito propiziatorio”, possiamo iniziare le prove. (enfatizza “rito propiziatorio”).

CHECCO:

Gualtiero, imbandisci la tavola per la scena del banchetto nuziale.

Antonio, vieni con me che voglio spiegarti meglio la parte che dovrai interpretare.

Mentre Gualtiero imbandisce la tavola e Checco parla con Antonio (non si sente la voce, ma si vedono tanti gesti, – Checco che gli fa vedere come deve salutare o comportarsi da Conte, e Antonio che cerca di apprendere velocemente), in un angolo Marianna siede sul divanetto insieme a Ludovico.

LUDOVICO:

Marianna, mia cara, sono rari i momenti in cui riusciamo a stare un po' da soli. Avrei tante cose da dirti, ma c'è sempre tuo marito presente…

MARIANNA:

Non ti preoccupare di Checco, quando è impegnato nel lavoro non vede più niente intorno a lui. È come se una tela scendesse e lo isolasse dal resto del mondo. Lui tiene più alla regia che a me. Ormai non mi pensa più…

Si vede Marianna e Ludovico che parlano di cose intime (senza sentirne la voce – c’è solo molta mimica), Ludovico che rivela il suo amore a Marianna (tutto il suo corpo è proteso verso di lei, la guarda intensamente…), e poi, un po' timido all’inizio, le dà un bacio appassionato.

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Scena seconda

GUALTIERO:

è tutto pronto. Possiamo iniziare le prove.

Si sente in sottofondo, sin dall'inizio della scena, mentre Gualtiero  imbandisce la tavola e mentre Marianna e Ludovico si cambiano d'abito, la musica nuziale ("Marcia Nuziale", dal Lohengrin di R. Wagner).

Marianna e Ludovico subito si lasciano. Marianna indossa di corsa il vestito nuziale (va dietro al finto separè, fa finta di chiudere la tenda, si spoglia in pubblico – lentamente, in modo provocante, un vero e proprio spogliarello –, mostrandosi solo in mutandine, reggipetto, giarrettiera, reggicalze e calze, tutto bianco… insomma, coperta, ma molto sexy – questo spogliarsi davanti a tutti serve ad accentuare l'aspetto della finzione, che viene mostrata al pubblico e non nascosta). Anche Ludovico si cambia dietro il finto separè, accanto a Marianna, guardandola con concupiscenza (ci sono due intelaiature, come se fossero due camerini o separè). Una volta cambiati d'abito, Marianna va a sedersi al tavolo insieme ad Antonio, e Ludovico esce (per poi rientrare) fuori della finta porta d'entrata (pur rimanendo sempre sul palco). Tutti gli attori che interpreteranno la seconda commedia (“Il finto invitato”) indossano le nuove maschere. Alla sinistra di Marianna siede Lucrezia.

Il regista è in piedi, ad osservare e dirigere gli attori.

CHECCO:

Ah! Antonio! Ti do un copione, così puoi leggere la tua parte. Sai leggere vero?

ANTONIO:

                Certo che so leggere! Ho fatto le scuole “alimentari”!

CHECCO (ironizzando su “alimentari”):

                Ah! Si! Le scuole “alimentari”.

ANTONIO (vuole enfatizzare il fatto che è stato a scuola per tanti anni, e che sa leggere bene):

                Pensa che sono arrivato alla decima!

CHECCO:

                Vorrai dire “la quinta”?

ANTONIO:

No, Checco, la decima volta che ho ripetuto la “terza alimentare”. Ho passato una vita negli studi!

CHECCO (ironizzando):

                Sei proprio una persona erudita!

Antonio non comprende il significato della parola “erudita”, non sa se è un elogio o un insulto. Lo guarda con interrogazione, sta per chiedergli dei chiarimenti, ma poi zittisce.

All'improvviso suonano alla porta: è Ludovico.

GUALTIERO (parla in modo altezzoso, come se stesse entrando il re in persona – enfatizza il cognome "De Scrocchis" – fa il gesto, con la mano, di chi ruba, o meglio mangia o riceve un servizio "a scrocchio", senza pagare):

Signori, il Barone Ludovico De Scrocchis

Tutti si voltano a guardare questo ospite inatteso, per di più un Barone!

Ludovico entra lasciando cappello, soprabito e guanti al maggiordomo e si accomoda al tavolo accanto ad Antonio. Ha sotto il braccio una borsa, che subito mette sotto il tavolo.

LUDOVICO (parla sicuro di sé, con la voce "tipica", sofisticata e curata, con la “r” moscia, dei nobili e dei benestanti):

                Buon giorno e tanti auguri agli sposi.

ANTONIO (sorpreso per quell’intrusione):

Ma io,… (non sa come dirglielo) ehm… veramente…, non credo di aver mai avuto il piacere di conoscerla, Barone,… né mi sembra di averla invitata. Volevamo fare una cerimonia per pochi intimi. Sa, non ci piace la confusione e il rumore.

LUDOVICO (parla con grande sicurezza di sé):

è vero, signor Conte, lei non mi conosce, e neanche la sua diletta consorte,… o almeno non può ricordarsi di me. Sono un "prozio" di Marianna, e l'ultima volta che ci siamo visti ella aveva soltanto sette anni (fa segno con la mano che era una bambina, indicandone la bassa altezza) – era così piccolina! –, quando partii per… "terre lontane"…

Sa, a causa del mio lavoro devo spostarmi continuamente: Milano, Roma, Firenze… Non posso mai restare nella stessa città per più di 3 o 4 giorni.

È stato soltanto l'altro ieri, quando sono venuto a Napoli, che ho saputo che la mia cara nipote andava in sposa a lei, signor Conte. Allora ho pensato di farvi una gradita sorpresa. Mi sono “auto-invitato” al vostro banchetto nuziale.

Sa, rivedere mia nipote dopo tanti anni, ora che è divenuta una donna così bella e “affascinante”, mi riempie il cuore di gioia.

(si siede su una sedia un attimo prima di chiedere se non vuole che rimanga) Comunque, se non vuole che rimanga, posso sempre andare. Mi basta averla rivista per pochi attimi.

Eh! Il tempo passa! Panta rei! Panta rei!…

(ora inventa parole latine senza senso per far mostra del suo sapere e delle origini nobiliari)

"De profundis, oremus semper, cum causa ripetitionis, ave Mater, profemus Patriae, nemo cognoscant cuibus cognitioni cogliones fallo retributione"…

ANTONIO:

Ma che cavolo dici? Parli arabo? Non ci capisco un tubo!

FELICE:

Lascia perdere, è latino… "maccheronico"!

ANTONIO:

Maccheronico?! Allora fra poco (muove le mani e allunga la lingua per la brama di poter finalmente mangiare) si mangiano i maccheroni! Ah, che bello!

CHECCO:

Ma questo non ha capito niente. Felice, va’ vicino a lui e suggerisci.

FELICE (nella sua funzione di suggeritore):

Antonio, ripeti con me: "…Non si preoccupi, signor Barone, può rimanere benissimo, è nostro gradito ospite…"

ANTONIO:

Ah si, scusatemi! (leggendo meglio il copione)

…Non si preoccupi, signor Barone, può rimanere benissimo, è nostro gradito ospite.

Gualtiero, aggiungi un posto a tavola per il Barone.

LUCREZIA (parla in modo accademico, come se "leggesse" la parte, ponendo troppa enfasi ai punti interrogativi):

Ma di cosa si occupa, Barone? Viaggia sempre per lavoro? A me pure piacerebbe tanto viaggiare, ma i vari impegni che ho, nel seguire la mia azienda, non mi lasciano per niente libera.

CHECCO:

Fermati! Parli con troppa enfasi, in modo accademico, come se stessi leggendo un romanzo! Devi ricordarti che non sei un'attrice che "interpreta" Lucrezia Sborgia, tu sei “Lucrezia Sborgia”, invitata a un banchetto nuziale! (indicando Antonio) TU SEI il Conte Antonio Cornelio, (indicando Marianna) e TU SEI suo marito! Questa è l'unica “VERA REALTà”!

Appena sente ciò, Antonio si alza, va verso Marianna e tenta di baciarla. Sente che è suo diritto, essendo sua moglie.

Marianna lancia un grido e contemporaneamente mette una mano tra la sua bocca e quella di Antonio, con l’altra mano cerca di fermarlo.

MARIANNA (è scandalizzata e impaurita,… anche perché in genere è abituata a sottomettere lei gli uomini, non ad essere sottomessa da loro):

Ma che fai? Cerchi di baciarmi?

ANTONIO (con concupiscenza e passionalità, ma anche stupito per la sua reazione):

Certo che ti bacio. Ci siamo appena sposati. Se non ti bacio ora, quando ti potrò baciare? L'ha detto il regista che dobbiamo entrare "completamente" nella nostra parte… E per me ora esisti soltanto tu, mia diletta!

CHECCO:

Ma non mi riferivo a te e Marianna… Lei è mia moglie… E poi questo bacio non è nel copione… Già vi siete baciati in chiesa, nella prima parte della commedia…

E impara a rispettare gli altri attori, o ti sbatto di nuovo per strada… (indicando il vecchio vestito che aveva) col “coso puzzolente” addosso!

E ora continuiamo.

Antonio lascia stare Marianna e se ne sta seduto, tranquillo, deluso per quella mancata occasione di baciare una bella donna.

LUDOVICO (rispondendo a ciò che prima aveva chiesto Lucrezia):

Beh! Mi occupo di… "finanza". In particolare di… "riscossioni",… da grandi aziende, principalmente del Nord (mentre parla, Felice, rivolto verso il pubblico, fa il gesto con la mano a indicare furti).

LUCREZIA:

Ah, possedete una società finanziaria! Chissà quanto denaro circola tra le vostre mani… E quante responsabilità avrete!… (pausa)

Ma vi piace il mio vestito?

(si alza per mostrare la bellezza del suo corpo, apparentemente bello ma, di fatto, pieno di protesi … Le scoppia prima il seno destro e poi quello sinistro – sono due palloncini che lei farà scoppiare con uno spillo –. Lei inizialmente si stupisce, poi arrossisce, piena di vergogna, e si siede guardando altrove.)

Mi calza bene?

LUDOVICO (guardando Lucrezia con finto apprezzamento, facendo finta che nulla sia successo ai seni – mentre parla guarda da un’altra parte):

Ehm, certamente, vi calza benissimo! Siete un'amabile e bellissima signora. Chissà in quanti vi corteggeranno!

Lucrezia, soddisfatta per il complimento ricevuto, rimane tranquilla per evitare che le cada o scoppi qualche altra protesi…

Nel frattempo arriva Gualtiero e serve la prima portata.

Quando mette il cibo nel piatto di Antonio, questi è sul punto di avventarsi sopra e divorare tutto. Ma Ludovico gli da una gomitata nello stomaco e gli indica, facendo lui da esempio, come mangiano i nobili: molto lentamente, a piccoli bocconi, e tenendo sempre il mignolo alzato… Allora Antonio lo imita, un po' impacciato e con molto sacrificio (ha davvero tanta fame).

Finiscono di mangiare.

Si sente ora una musica in sottofondo: un valzer lento (Valzer "Lo zingaro barone" di Johann Strauss).

CHECCO

Adesso c’è la scena del ballo.

Ludovico, è importante che fai vedere bene quando rubi i monili d’oro che sono sulla credenza.

Ora devi corteggiare Marianna. Mettici un po’ di sentimento, cerca di far credere che sia “vero” il tuo amore per lei!

Ludovico invita Marianna a danzare. Lei accetta. I due danzano. Mentre balla, Ludovico prende i monili d’oro che sono sulla credenza e se li infila in tasca. Fa questo con estrema abilità e destrezza (ma non tanto velocemente da non farsi vedere dal pubblico). Tra una "raccolta" e l'altra parla (non si sente la voce) con Marianna, facendole la corte.

Poi si scusa con Marianna, va al tavolo, come per prendere qualcosa, il fazzoletto, lo fa cadere a terra e, nel raccoglierlo, passa gli oggetti dalle tasche alla borsa che aveva portato con sé e che teneva sotto il tavolo.

Antonio si accorge di questo furto (che era parte del copione della commedia), e a sua volta, quando Ludovico si alza per continuare il ballo con Marianna, e quindi fare un'altra "raccolta" di oggetti dalla credenza, fa anche lui finta che gli sia caduto qualcosa a terra, il solito fazzoletto, prende gli oggetti che erano nella borsa di Ludovico e se li infila in tasca.

Badare molto alla mimica e far sì che si vedano bene i movimenti sotto il tavolo.

Il tutto avviene senza sentir parlare nessuno, si basa solo sulla mimica. Gli attori si muovono con grazia e disinvoltura, a ritmo di danza. Due furti a catena… a suon di valzer!

CHECCO (accortosi delle continue escursioni di Antonio sotto il tavolo):

Ma Antonio, che fai lì, sempre sotto il tavolo? Non è mica scritto nel copione! Invece tu dovresti ingelosirti di Marianna, la "tua sposa", che balla insieme a Ludovico e viene da lui corteggiata! (pausa)

ANTONIO:

Scusatemi, signor Checco, ma mi è caduto il fazzoletto (o “falzoletto” – in napoletano) e non riesco a trovarlo.

Altro giro di danza e relativi furti.

Finite le danze, arriva Gualtiero con lo champagne. Antonio, Marianna, Ludovico riprendono i loro posti. Gualtiero stappa la bottiglia di champagne e lo versa nei bicchieri.

TUTTI IN CORO (alzando i calici con lo champagne):

                Evviva gli sposi! (un grande applauso)

Gualtiero toglie la tovaglia, le posate e i piatti. Il gruppo si scioglie per una pausa.

Ludovico prende la borsa e la poggia sul tavolo per rimettere tutti i monili d’oro sulla credenza. Nell'alzarla si accorge che è molto leggera, fa un cenno di stupore con la testa. Poi la apre e scopre che è vuota. Intanto Antonio non si sposta dalla sedia su cui è seduto e gira il volto dall'altra parte, facendo finta di niente e fischiettando.

  

LUDOVICO:

Ma la borsa è vuota! Chi ha preso i monili d’oro che vi avevo messo dentro? Erano oggetti molto costosi, che avevo comprato personalmente per rendere la scena più realista.

CHECCO:

Ma come può essere? Un ladro tra noi? In tanti anni di lavoro teatrale non si è mai verificato un fatto del genere!

ANTONIO (alzandosi, per andarsene):

Io… devo andare a fare un servizio fuori… Torno presto.

Appena si muove per andare verso la porta, la tasca dei pantaloni si rompe e i monili d’oro cadono a terra, facendo un gran fracasso.

Tutti lo guardano attoniti e stupefatti.

CHECCO:

Ma come? Ti do un lavoro, ti pago, ti faccio mangiare e bere gratis, ti insegno una professione, ti tolgo dalla strada… e tu mi derubi in casa?… La prossima volta che ti becco chiamo subito la polizia e ti faccio arrestare… (pausa) Per ora puoi continuare a recitare…

(si rivolge al pubblico) Altrimenti dove lo trovo uno come lui: è un attore nato!

Ora andiamo di là per una pausa.

E tu, Antonio, rimani qui. Per te niente pausa! E rimetti ogni cosa a posto, al ritorno voglio trovare tutto in ordine. Anzi, dai pure una bella lucidata ai monili d’oro.

Antonio rimette i monili d’oro a posto e li lucida. Gli altri escono.

Felice rimane nel teatro, ma si siede in un angolo lontano da Antonio, verso gli spettatori.

ANTONIO (rivolto verso gli spettatori):

Visto che mi è andato male il furto, ora devo imitare alla perfezione la voce del Conte Ludovico...

Antonio va al telefono e chiama la banca di Ludovico. Prima di parlare si schiarisce la gola. Farà finta di parlare al telefono, stando con le spalle agli spettatori, in realtà sarà Ludovico a parlare da dietro le quinte. Lo schiarimento di gola è il segno che indica a Ludovico che sta per iniziare a parlare.

 

ANTONIO (con la voce di Ludovico):

                Pronto. Mi passi il Direttore.

Direttore, mi prepari le carte per il trasferimento di tutto il mio denaro su un nuovo conto, intestato al Conte Antonio Cornelio.

Come? Chi sono io? Ma non mi riconosce?

(parla con tono severo e sicuro di sé, alzando la voce per imporsi all’interlocutore)

Sono il Conte Ludovico De Magistris!

Bene. Passerò domani per la firma. Arrivederci.

ANTONIO (si strofina le mani contento):

Bene. La prima parte del piano è riuscita. La maschera di Ludovico ce l’ho, ed anche i baffi posticci e l’abito… La firma ho imparato a imitarla perfettamente… Sarà facile come bere un bicchier d’acqua!

FELICE (rivolto al pubblico):

Certo è che questo Antonio ha una maschera "molto consolidata".

Prima li deruba dei monili d’oro, poi vuole addirittura appropriarsi di tutti gli averi del povero Conte Ludovico. Questo dopo che gli hanno offerto un lavoro onesto e ben pagato!

È proprio vero il detto: "Il lupo perde il pelo ma non il vizio".

Si accendono le luci in sala.

Due attori (gli ultimi in scena: Felice e Antonio) mettono al centro del palco un cartello con la scritta: “INTERVALLO”. I cambi di scena avvengono a vista, mentre il pubblico fa il break.

FINE DEL PRIMO ATTO

INTERVALLO (15 minuti)

                                  

         


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ATTO SECONDO                     (durata: 45 minuti – min. 40’ - max. 50’)

Scena prima

L’ufficio del direttore della Banca De Magistris (si userà lo stesso mobilio anche per la scena seguente dei Carabinieri – lì si aggiungerà solo la gabbia della prigione).

C’è una grande scrivania al centro (lo stesso tavolo usato per il banchetto di nozze ma con un drappo grigio). Di lato c’è un tavolino con una macchina da scrivere. Sulla parete, al centro, sul fondo, una grande scritta: BANCA DE MAGISTRIS (sotto di essa c’è già la scritta per la scena seguente: CARABINIERI). Anche qui c’è una porta (la stessa di prima) dove esiste soltanto l’intelaiatura, senza la porta: un’intelaiatura nel vuoto. Davanti alla scrivania c’è solo una sedia per i clienti.

Il Direttore è seduto alla scrivania, sta controllando alcuni documenti.

Felice è in un angolo a sinistra, sul proscenio.

Antonio, con i baffi finti (di Ludovico) e gli stessi abiti di Ludovico, con la sua stessa maschera dipinta sul volto, sta per entrare in banca, dalla finta porta, molto sicuro di sé, ormai totalmente immerso nella nuova identità.

FELICE:

Ma guarda un po'! Antonio si è camuffato, ora è identico a Ludovico!

ANTONIO (muove le labbra, ma di fatto è sempre Ludovico a parlare al posto suo da dietro le quinte, in modo da far sembrare che imiti perfettamente la voce del Conte):

                Permette?

Il Direttore, nel vederlo, ha qualche dubbio (c’è in realtà qualche differenza di corporatura tra i due), ma poi, quando lo sente parlare, si rassicura.

DIRETTORE (CARLA CARUCCI):

Buon giorno,… Conte De Magistris, si accomodi. Ho preparato la richiesta di trasferimento del suo denaro, come mi ha detto a telefono.

ANTONIO:

Bene.

DIRETTORE (anche lei siede alla scrivania):

Cortesemente, mi può ripetere il nome dell’intestatario del conto?

ANTONIO:

Conte Antonio Cornelio.

E non si preoccupi di compiere gli accertamenti, garantisco io per lui.

DIRETTORE:

Vuole trasferire tutto il denaro che è sul suo conto? Proprio tutto?

ANTONIO (deciso):

Si, tutto. Ha inteso bene. Posso fare ciò che voglio del mio denaro, e non devo dare spiegazioni a nessuno, neppure a lei.

DIRETTORE (un po’ offesa):

Ciò vuol dire che lo estingue?

ANTONIO:

Lasci pure 10.000 lire, giusto per non estinguerlo. E mi dia il saldo, per favore.

DIRETTORE (dopo aver completato lei stessa il modulo):

Se cortesemente può firmare qui, soltanto per tenere in ordine la contabilità.

ANTONIO:

Bene (e firma la richiesta).

Il Direttore controlla attentamente la firma depositata in archivio e quella apposta da Antonio-Ludovico, quasi a non credere in quel gesto.

ANTONIO (indispettito per l'esitazione del direttore, parla severamente):

C'è qualcosa che non va?

DIRETTORE:

No, tutto a posto, signor Conte. I soldi saranno versati al più presto sul conto… (esita un po’, guarda il foglio per leggere bene il nome del beneficiario) del Conte Antonio Cornelio. Come lei ha dato disposizione.

ANTONIO (rassicurato):

Grazie e arrivederci.

DIRETTORE:

Arrivederci, signor Conte.

FELICE (sgomento – rivolto verso il pubblico):

Ma è proprio un farabutto questo Antonio!

Antonio esce, tutto contento. (pausa)

Il direttore esce e rientra il giorno dopo (un gioco di luci per figurare il passaggio di un giorno e una notte).

In seguito arriva Ludovico insieme a Marianna. Vuole fare un prelievo per portare la sua amante a pranzare nel miglior ristorante della città e poi, semmai, andare in albergo e… Entrano in banca.

LUDOVICO:

Vorrei fare un prelievo di 50.000 lire.

DIRETTORE (esterrefatta):

Ma come, Signor Conte, proprio ieri ha tolto tutti i soldi dal suo conto per versarli sul conto del Conte Antonio Cornelio!

Sono rimaste soltanto 10.000 lire! Non si ricorda di quello che ha fatto?

LUDOVICO:

Ma che dice?! Ieri non sono venuto affatto!

Chi è quest'impostore che si spaccia per me e preleva il “mio” denaro?

Ma l'avete visto bene?…

E la firma corrispondeva alla mia?

DIRETTORE:

Era proprio identico a lei. Stesso volto, stessi baffi, stessi abiti… Ed aveva la sua precisa e identica voce.

E guardi (facendogli vedere la firma posta in calce alla richiesta di bonifico), questa è proprio la “sua” firma,… o almeno di qualcuno che l'ha saputa imitare alla perfezione.

LUDOVICO:

Ah! (ricordandosi dell'incontro avvenuto due giorni prima) Quel tizio! Quel mendicante! Quel farabutto! L’attore che recita con  noi, il ladro…: Antonio! Si è finto un mio ammiratore e mi ha chiesto l'autografo…

Bloccate il bonifico! Vado subito dai Carabinieri a denunciare quel malfattore.

MARIANNA (arrabbiata):

E io ti lascio. A me gli uomini che si fanno spillare tutti i soldi dal conto non mi piacciono. Che sicurezza mi possono dare? Oggi hanno tanta ricchezza e domani sono più poveri di un mendicante di strada,… ed io… dietro a loro! Cercati un'altra amante. Me ne torno dal mio Checco,… almeno lui, quel poco che ha non se lo fa fregare così facilmente!

LUDOVICO (afflitto, supplichevole, lamentoso):

No, Marianna, ti prego, non mi lasciare! Tu sei stata il primo e unico grande amore della mia vita. Non mi lasciare solo! Proprio ora che mi hanno truffato e sono nei guai.

MARIANNA:

Addio, Ludovico!

 

Marianna esce, e poi anche Ludovico, ma vanno in direzioni opposte.

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Scena seconda

La stazione dei Carabinieri. Qui basta togliere la scritta BANCA DE MAGISTRIS ed apparirà la scritta CARABINIERI che è sotto. All'interno lo stesso mobilio: una scrivania e due sedie, oltre a un tavolino con una macchina da scrivere. Di lato, all'estrema destra, nell’angolo, la cella – basta una grata di sbarre finte, dei tubolari di plastica a forma di “L”.

L’appuntato Salvatore Trippa è seduto alla scrivania e dorme russando forte, con la testa poggiata sul tavolo.

CARABINIERE SCELTO (GIOVANNA RANDELLI) (gridando forte):

Appuntato! Appuntato!

L’appuntato si sveglia di soprassalto. Muove le mani sulla scrivania facendo cadere alcuni oggetti a terra. è sconvolto, non sa dov’è e cosa sta succedendo.

APPUNTATO (SALVATORE TRIPPA):

Ma che succede? Il terremoto? Hanno ucciso qualcuno? Sta venendo il Capitano?

CARABINIERE SCELTO:

No, sono io che vi chiamavo per svegliarvi. Qui c’è un signore che vuole fare una denuncia di furto.

APPUNTATO (molto infastidito per essere stato svegliato):

Ma non puoi parlare normale, senza gridare? Mi hai quasi rotto un timpano. E per poco non mi veniva un infarto.

CARABINIERE SCELTO:

Mi scusi, ma non si svegliava, e allora ho alzato la voce.

APPUNTATO:

Va bene, ma che non accada più Giovanna. Fai pure entrare questo scocciatore. Lo dico sempre: le denunce bisogna farle la mattina, non dopo pranzo, quando tutti i cristiani riposano.

CARABINIERE SCELTO:

Prego, si accomodi.

Ludovico entra, rimanendo in piedi.

LUDOVICO (è così agitato che non riesce quasi a parlare, balbetta un po’):

Devo fare una denuncia di furto e truffa.

APPUNTATO:

Questo l’abbiamo capito. Si sieda per favore.

Ludovico siede alla scrivania. L'appuntato lo guarda curioso e con senso di superiorità. Si comporta come se fosse il comandante della stazione (il maresciallo), essendo questi assente.

LUDOVICO:

Un farabutto, una persona deplorevole, un ladro, un truffatore, un essere malvagio come mai si son visti su questa terra…

APPUNTATO:

Venga al sodo. Chi è? Cosa ha fatto? Me lo descriva.

LUDOVICO:

è entrato nella "mia banca", ha prelevato tutti i "miei soldi" e li ha trasferiti su un altro conto. Ho già dato ordine di bloccare il bonifico. Ma voglio che quel farabutto sia acciuffato!

APPUNTATO:

Non è che sia stato molto chiaro. Me ne descriva le sembianze fisiche.

Colore dei capelli?

LUDOVICO:

(mettere il colore dei capelli dell'attore che interpreterà Ludovico – lo stesso per gli altri connotati fisici)

Scuri, identici ai miei, con la stessa pettinatura.

APPUNTATO:

Colore degli occhi?

LUDOVICO:

Scuri, identici ai miei.

APPUNTATO:

Ha barba, baffi o pizzo?

LUDOVICO:

Baffi grossi e neri, come i miei.

APPUNTATO:

Corporatura?

LUDOVICO:

Identica alla mia.

APPUNTATO (porgendogli un foglio):

Mi descriva meglio il volto. Può fare un disegno qui sopra? Sa, è per l'identikit.

LUDOVICO:

No, mi dispiace, non so disegnare.

(gli dà la patente con la sua foto)

Ecco, le do una mia foto.

APPUNTATO:

                E che me ne faccio della sua foto, la tengo per ricordo?

LUDOVICO (con enfasi):

Quel tizio è identico a me… Parla come me… Agisce come me… Firma come me.

Quello è il Conte Ludovico De Magistris,… cioè io,… o meglio un mio sosia…

APPUNTATO (inizia a innervosirsi):

Sosia? Ma che mi racconta? Un altro Conte De Magistris che deruba sé stesso?

Ma lei è forse ubriaco?

LUDOVICO:

Sono astemio. Non ho mai bevuto in vita mia.

APPUNTATO:

E allora si accomodi (enfatizza la parola salotto) in "salotto"… nell'attesa… (e lo invita ad andare in direzione della prigione)

LUDOVICO (soddisfatto):

Ah bene! Riconoscete la mia importanza e mi date una sistemazione consona al mio rango nobiliare.

APPUNTATO:

Ma certo,… (ironizza sulla parola Conte) signor “Conte” … entri! (e lo spinge in prigione – Ludovico, nell’entrare, rendendosi conto che è una prigione, prima si stupisce, poi si rattrista e resta in silenzio)

Almeno lì dentro non combinerà guai. Ed io nel frattempo deciderò se mandarla in manicomio o in carcere.

È proprio assurdo quel che mi è capitato oggi!

Ludovico inizia a piangere e lamentarsi, disperato.

In un angolo del palco appare di nuovo Felice che parla a sé stesso, rivolto agli spettatori. Si tocca la testa come se volesse cercare un modo per risolvere la situazione.

FELICE (si immedesima nei panni di Ludovico):

Povero Ludovico! Devo proprio trovare il modo per farlo uscire di galera. Fammi pensare un po'…

Entra il Carabiniere scelto Giovanna Randelli insieme ad Antonio, ammanettato; lo forza ad entrare tirandolo per il bavero della giacca.

CARABINIERE SCELTO:

Cammina, farabutto, cammina!

Appuntato, finalmente l'abbiamo preso Antonio Cornelio, il rapinatore di banche.

Ma possibile che non abbia mai letto i giornali? Tutti sanno che possediamo il suo identikit… E lui si presenta in banca così com'è, senza neanche una maschera, un camuffamento, una barba finta… Deve essere proprio diventato un imbecille!

APPUNTATO:

Bene. Fallo accomodare in cella, insieme a quell'altro tipo strano… Ah, mi sembra dicesse di essere stato proprio un certo Antonio Cornelio il complice del suo truffatore,… o meglio di lui che ha truffato sé stesso… (pausa) Qui più si va avanti e meno ci capisco… Sarà meglio aspettare l'arrivo del maresciallo. Forse lui, che ha studiato più di me, che ha fatto le scuole “grandi”, riuscirà a capirci qualcosa.

FELICE (rivolto verso il pubblico):

Certo è che a volte la realtà entra nella fantasia e la fantasia nella realtà.

L'autore della commedia aveva inventato un personaggio che poi si è visto che esiste "veramente" nella realtà.

C’era davvero un Conte Antonio Cornelio, un truffatore che rapinava le banche fingendo di essere un nobile e ricco possidente terriero. Indossava una maschera che cambiava completamente le fattezze del viso. Poi un giorno qualcuno riuscì a togliergli la maschera… Lui scappò e scomparve nel nulla, come se non fosse mai esistito.

Ed ora eccolo riapparire nella banca che aveva rapinato un mese fa, con la stessa maschera e identiche sembianze fisiche. è chiaro che l’hanno preso subito…

Antonio, che voleva truffare Ludovico, è stato ora truffato dalle circostanze della vita.

Lo dico sempre:

“Chi la fa l'aspetti”. Quel che facciamo agli altri, prima o poi ci ritorna,… né più né meno.

Il carabiniere fa entrare nella cella Antonio. All’inizio, Ludovico, che stava dormendo, non si accorge di Antonio.

FELICE (rivolto al pubblico):

Debbo proprio fare qualcosa! Ora vado a chiamare Checco, forse lui potrà spiegare all'appuntato quel che è veramente accaduto.

Felice va via.

LUDOVICO (svegliatosi e accortosi di Antonio):

Fetente, farabutto, ladro… ma io ti ammazzo! Non importa se poi marcirò in galera per il resto della mia vita… (e gli da tante botte in testa)

APPUNTATO:

Stia fermo lei! Lo lasci stare! O vi sbatto tutti e due in cella di isolamento. Non mi costringa a usare le maniere forti.

Ludovico smette di colpire Antonio e rimane in un angolo, seduto a terra, arrabbiato e umiliato,… come un leone costretto a comportarsi da agnellino.

Poco dopo Felice ritorna insieme a Checco. Entrano di corsa nella stazione dei Carabinieri e si rivolgono all'appuntato.

CHECCO:

Appuntato, “io” posso spiegarle ogni cosa!

APPUNTATO:

Dica pure.

E tu, Giovanna, verbalizza.

CHECCO (mentre Checco parla, Giovanna, seduta a un tavolino, scrive a macchina la deposizione):

Ebbene, sono Checco Sferza, il regista,…

APPUNTATO (lo interrompe):

Ah! è arrivato il capo!

CHECCO:

…e loro sono gli attori… E questo qui, Felice Nessuno, è il suggeritore, ma anche il mio principale collaboratore nella stesura delle "sceneggiature".

APPUNTATO (lo interrompe ancora):

C’è pure il suo vice!

CHECCO (un po’ disturbato da queste continue interruzioni):

A volte gli vengono in mente (enfatizza) "idee e piani favolosi"…

Ed è sempre riuscito a tirarmi fuori dai pasticci…

Sa, lui è il mio "portafortuna" (e indica la gobba).

Non siamo mai andati a finire in galera! E tutto è “filato liscio"… finora!

Di finzioni e camuffamenti siamo davvero dei maestri!

APPUNTATO (soddisfatto):

Ah! Così lei è venuto a confessarmi tutto, vero? Ed è disposto a firmare la deposizione di ciò che ha appena detto?

CHECCO:

Certo! Quel che ho detto è pura verità. (fa segno alzando la mano con il palmo aperto) Lo giuro!

APPUNTATO (rivolto al carabiniere):

Giovanna! Fai firmare al Sig. Sferza la sua deposizione.

Il carabiniere invita Checco a firmare, porgendogli la deposizione battuta a macchina; il regista si avvicina alla scrivania e firma immediatamente.

FELICE (sbigottito – rivolto verso il pubblico):

Ma che sta facendo quello stupido di Checco? Firma la nostra condanna?!

APPUNTATO:

Ah, benissimo, ora che avete firmato la deposizione…

CHECCO (indicando la porta, perché pensava li facesse tutti uscire):

Andiamo tutti fuori…

APPUNTATO:

…No, tutti in cella! Voi, il regista delle rapine, il capo della banda, e questo qui, il gobbo, il vostro collaboratore, l’artefice dei “piani favolosi”. Andate insieme ai vostri complici, i due attori che recitano la farsa dei finti clienti, uno addirittura del “proprietario della banca”, per poi rapinarla… Che aveva un sosia, che “s’è svaligiato la banca sua”,… (muove le mani facendo i gesti di rubare a sé stesso) che “s’è rubato da solo”…

Ma che cavolo succede in questa caserma… Ah?!

Giovanna, sbattili in cella a questi due. Sbattili dentro!

(Giovanna li spinge e li rinchiude in cella)

(l’appuntato è ora rivolto verso il pubblico) Aspettiamo che viene il maresciallo, che lui ha le idee più chiare di noi… Dai, ora riposiamoci,… che non ce la faccio più.

(si siede alla scrivania, e poi anche Giovanna)

Non mi aspettavo un caso così semplice da risolvere. Hanno fatto tutto loro: rapina, confessione e consegna alle Forze dell’Ordine… Così (rivolto verso Giovanna) riceveremo certamente una bella promozione! Un encomio ci faranno!

Ora dormiamo, sono proprio stanco. (entrambi poggiano la testa sul tavolo per dormire)

CHECCO:

Ma come?! Gli ho spiegato che siamo il regista e gli attori di una commedia e lui ha messo anche noi in prigione?!

FELICE:

Ma non hai mai pronunciato la parola "commedia"! E l’Appuntato ha pensato fossi il regista della banda e noi i tuoi complici…

A volte, anche una sola parola può cambiare tutto il significato di ciò che diciamo! Bisogna saperle usare "le parole"!

CHECCO:

Ah, ma io chiamo il mio avvocato e ci faccio tirar fuori da qui in un baleno.

Maledetto il giorno in cui ho incontrato (si volge verso Antonio, dandogli uno schiaffo sulla testa – e anche Ludovico gliene dà uno, a sua volta) questo mendicante e farabutto di Antonio! Ma appena esco di qui ti faccio sbattere in galera per tutta la vita… (gli guarda le manette, realizzando che è già in galera) o meglio, non ti faccio più uscire, visto che sei già dentro… Devo solo spiegare meglio le cose,… certamente mi capiranno…

FELICE:

No, forse è meglio che stai zitto e non cerchi di spiegare un bel niente! Se aspettiamo di uscire di qui,… con le vie "regolari" della giustizia e con gli avvocati,… rischiamo tutti di diventare vecchi e decrepiti. (pausa)

… Io comunque ce l'avrei un modo per uscire…

Tutti gli prestano la massima attenzione e lo guardano come se fosse giunto il Liberatore.

LUDOVICO, CHECCO E ANTONIO:

E diccelo!

FELICE:

Avevo un certo timore che succedesse un pasticcio,… per cui ho portato con me questa borsa (e tira da sotto la casacca una piccola borsa di pelle, da cui preleva tre maschere, anch’esse tutte nere). Vedete queste maschere? Erano insieme a quelle che abbiamo usato per la commedia. Ma poiché non dovevamo interpretare questi personaggi, le ho conservate… Non si sa mai!

Ed ora ci tornano utili! Quella di capitano la metti tu, Checco,…

CHECCO (indossando la maschera):

                Ah! Ho capito…

FELICE (indossando anch’egli la maschera):

…il maresciallo lo faccio io, e Ludovico fa l'appuntato (indossa la maschera). E tu, Antonio, rimani quel che sei, cioè un furfante,… o meglio un "terrorista". Diremo di essere venuti in incognito, perciò siamo vestiti in borghese, per prelevare Antonio e trasportarlo in un carcere di massima sicurezza.

Chiodo scaccia chiodo.

A causa delle maschere siamo finiti in galera e con le maschere ne verremo fuori! Basta soltanto saper ben recitare!

CHECCO (con molto orgoglio):

                Per questo ci sono io!

LUDOVICO:

Ma come? Portiamo con noi questo farabutto? Lo liberiamo come se fosse innocente?

FELICE:

Non possiamo certo lasciarlo qui. Direbbe tutto. Dobbiamo per forza portarlo con noi!

CHECCO:

                Facciamo una cosa (rivolto verso Ludovico):

Tu, dammi la giacca, che la mettiamo sul cuscino. Così penseranno che sia tu che stai dormendo. Tanto questi “sono carabinieri”!

Si sentono sia l'appuntato che il carabiniere semplice russare della grossa.

FELICE:

Vedete? La fortuna è dalla nostra parte! Le due guardie si sono addormentate. Così sarà più facile inscenare la nostra piccola farsa.

CHECCO (alza la voce):

Appuntato! Appuntato! Si svegli e apra subito la cella!

APPUNTATO (si sveglia di soprassalto – è la seconda volta in una giornata! –, non comprende dov'è, è confuso, essendo ancora insonnolito, porta le mani sul viso e sugli occhi stropicciandoseli):

Chi è? Cosa succede? Un altro terremoto?

CHECCO (parla con tono autoritario):

Sono il Capitano Branzi, sono venuto qui con il Maresciallo Caputo e l'Appuntato Di Stefano a prelevare questo prigioniero per portarlo in un carcere di massima sicurezza. Non si ricorda? Poc'anzi mi ha aperto lei stesso la cella per farmi parlare con loro! Ma che fa, si dimentica le cose? E poi non si dorme quando si è di guardia!

APPUNTATO (ancora disorientato, con la voce tremolante):

Si,… certo che mi ricordo… Lei è il Capitano Branzi che è venuto poco fa. Ora la apro, signor Capitano.

Nel frattempo si sveglia anche il carabiniere.

CHECCO (abbassa la voce):

Le ricordo che siamo qui in incognito, siamo del "servizio segreto". Questo tizio, che si fa chiamare Antonio Cornelio, non è un rapinatore di banche, ma un (scandisce bene la parola) “TERRORISTA”! Stava organizzando un “attentato”! Voleva mettere una bomba! Ma mi raccomando! Non ne parli con nessuno! Acqua in bocca! Dobbiamo ancora acciuffare gli altri terroristi della banda.

Per quanto riguarda quel certo Conte Ludovico, ci penserete domani a trasferirlo in un carcere normale: è soltanto un comune ladro, non è pericoloso,… forse è un po' matto.

  

APPUNTATO:

Certo, signor Capitano, non ne parlerò con nessuno. Sarò (facendo segno di cucirsi la bocca) muto come un pesce, e (guardando Giovanna) lei sarà muta come una “pescia”.

(ora si rivolge a Giovanna)

Mi raccomando, Giovanna, acqua in bocca! Qui è in gioco la salvezza del nostro paese! Questo qui (indicando Antonio) può uccidere tanta gente innocente! Una bomba in una piazza…  Boom!… E fa una strage…

Ecco perché quel Conte De Magistris diceva di lui quelle cose che non riuscivo a capire… un sosia che entrava in banca dicendo di essere lui… Ah, ma il Conte non è suo complice, non è un terrorista ma solo un semplice ladro… Ora tutto quadra! O no?

E non dormire durante le ore di servizio! Qui bisogna vigilare… vigilare… vigilare… Il nemico è in agguato!

Checco, Felice e Ludovico si avviano di fretta verso l’uscita portando con sé Antonio. Ma, nell'uscire, a Ludovico cade la maschera e l'appuntato scopre l'inganno. Allora tutti si mettono  a correre.

CHECCO:

Scappiamo, prima che ci prendano. Su, presto!

L'appuntato estrae la pistola e spara in aria.

APPUNTATO (rivolto a Ludovico):

Fermati! Fermati! O t’ammazzo!

L’appuntato mira (in realtà si copre gli occhi). Spara tre colpi (in direzione sbagliata). Li manca tutti e tre.

LUDOVICO (sente gli spari, è impaurito a morte):

Mi hanno colpito!… Sto morendo! (e si accascia al suolo, esanime)

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Scena terza

Nel cambio di scena, sottofondo musicale: J. S. Bach – "Cantate" – corale BWV147 (Jesus joy,…) – aria BWV147.

La camera da letto (quella del Conte), con intorno al letto (nella stanza c’è soltanto il letto e due sedie accanto) tutti gli attori, il regista, il maggiordomo, l'appuntato, il carabiniere e alcune donne pagate appositamente per piangere (sono le “prefiche”, le si sentono piangere in sottofondo). C'è anche una lontana cugina di Ludovico: Giorgia, unico suo parente… ed erede! Ludovico è steso sul letto, esanime. Tutti lo credono morto. Hanno chiamato il medico per constatare l'avvenuto decesso.

Il medico arriva, gli sente il polso e poi usa lo stetoscopio: il cuore ha cessato di battere!

MEDICO (parla in modo flemmatico e freddo, come un automa, per niente coinvolto in ciò che accade ai suoi pazienti: per lui sono soltanto casi clinici e non esseri umani):

è morto, deceduto da circa mezz'ora. Causa della morte: infarto. Il cuore non batte più. Con questo, me ne vado. Potete passare domani per il mio studio a ritirare il certificato di morte. Arrivederci.

APPUNTATO (momentaneamente rinfrancato):

Ma come, dottore? Infarto? Non è stato ucciso dai colpi che ho sparato con la mia pistola? Allora vuol dire che non l'ho ucciso io!

MEDICO:

Non lo avete ucciso voi… ma siete stato la causa della sua morte. Sentendo gli spari ha avuto paura e gli è venuto un infarto,… di quelli "fulminanti". Sul corpo non c'è nessun segno di colpi d'arma da fuoco, neppure un graffio. Anche se non avete affatto una buona mira e non l'avete neanche sfiorato,… lui è morto lo stesso. Che volete! Sono disgrazie che accadono! È il destino! Ed ora devo proprio andare, ho un altro morto di cui verificarne il decesso… Sapete, è il settimo morto che visito, da stamattina!

Il medico se ne va.

FELICE:

Ma questo è il medico dei morti, non dei vivi!

APPUNTATO (ancora con sensi di colpa):

Ma io non volevo ucciderlo, gli ho sparato soltanto per fermarlo! Ho mirato alle gambe, per farlo cadere. Non sono responsabile della sua morte, è stata una fatalità. Come ha detto il dottore: "Sono disgrazie che accadono! È il destino!" E l'ha detto un dottore, non io che sono un semplice appuntato!

FELICE:

Non vi preoccupate, voi non ne avete colpa. Avete soltanto fatto il vostro dovere. Dopotutto noi stavamo scappando!… Anche se in seguito, quando è arrivato il maresciallo, che conosceva bene il Conte e tutti noi, è stato chiarito tutto… Ma voi non potevate sapere nulla, essendo arrivato da poco in questa città!

MARIANNA:

Povera me, misera! Gli ho rifiutato l'amore che tanto desiderava! E soltanto perché si è fatto truffare di tutto il denaro che aveva. Come sono venale! Come sono venale!

Se solo gli avessi concesso l'amore,… almeno adesso,… nell'al di là, conserverebbe un buon ricordo di me. Ah, che male gli ho fatto! Non me lo perdonerò mai!

CHECCO:

Ma come Marianna, ti eri messa con Ludovico e mi tradivi con lui senza che io ne sapessi nulla?

MARIANNA:

Veramente non abbiamo “fatto” niente. Ci siamo soltanto scambiati… un bacetto innocente…

E poi, se una tradisce il marito,… gli deve forse fare ogni sera un rapporto particolareggiato di quel che ha fatto? O gli deve dare la lista dei suoi amanti con tanto di indirizzi?…

(cambia voce, più sensuale) E dove va a finire il gusto del tradimento,… dell'amoreggiare con l'amante fingendo di essere fedele al proprio consorte? Mantenere un legame d'amore con uno,… due,… tre,… quattro,… decine di uomini…

FELICE:

Marianna! Mi sembri un treno merci! (pausa)

MARIANNA:

Se tutto avvenisse alla luce del sole, allora non ci sarebbe proprio nessun piacere… nessun intrigo,… niente di scabroso, di carnale, nessuna passione nascosta… (pausa) La vita diverrebbe insipida, senza sale... piatta!

CHECCO:

Va bene, per ora ti perdono. Anche perché ho tanti problemi (si mette le mani in testa) per la testa. Chi sostituirà Ludovico nella commedia? Mancano pochi giorni al debutto e lui, il primo attore, mi va a morire proprio adesso? E non perché una "vera pallottola" l'abbia colpito a morte, nella "realtà" – in quel caso avremmo potuto dire che è stato il destino, la fatalità – ma soltanto perché ha avuto paura di morire… – si è “cacato sotto” – ed è morto per davvero,… come un coniglio!

FELICE:

Sempre il teatro al primo posto! Per Checco non contano proprio né i sentimenti né l'amicizia!

LUCREZIA:

Ah! Quel povero Ludovico. Non faceva altro che complimentarsi della mia bellezza. Mi diceva che certamente avrei avuto tanti corteggiatori!

CHECCO:

Beh! Veramente lo diceva nella finzione della recitazione. Era tutto scritto sul copione!

LUCREZIA (rivolta verso Checco e alzando la voce per imporsi):

Finzione o non finzione, la mia bellezza è una realtà!

MARIANNA (cambiando completamente atteggiamento, da "disperata" ad “amante della buona cucina”, comunica una brillante e “saporita” idea):

Sentite, a casa mia ho preparato gli gnocchi, quelli di patate, con la mozzarella. Volete venire a cena da me? Ce ne sono abbastanza per tutti! Sapete, a furia di sentir parlar di morte,… m'è venuta una fame!… Ormai Ludovico se n'è andato…

A cosa serve restare qui a vegliarlo? Lui non c'è più! È salito in cielo! Ora riposa in pace… Qui c'è solo un pupazzo, il pupazzo del suo cadavere, che presto andrà sotto terra!

CHECCO (indicando il conte morto):

Si, si! Così, mentre il pupazzo di questo “vigliaccone” di un conte riposa, noi ce ne andiamo tutti a mangiare gli gnocchi.

FELICE (contento di liberarsi di tutti quegli ipocriti che fingevano soltanto di piangere e rattristarsi, mentre non erano per nulla afflitti):

Si, forse è meglio che ve ne andate tutti. Anche perché in questa stanza "non c'è più aria". E lasciamolo riposare in pace, il Conte Ludovico,… lasciamolo riposare in pace!

(escono tutti tranne Giorgia)

(ora Felice è rivolto verso Giorgia) E lei non se ne va?

GIORGIA (ben decisa a rimanere):

No, io non mi muovo di qui finché non viene messo sottoterra. Devo testimoniare!

FELICE (sorpreso):

E cosa deve testimoniare lei?

GIORGIA:

L'avvenuto e definitivo decesso del Conte, che è un mio lontano cugino, e di cui "io" sono "l'unico parente in vita",… e quindi… "unico erede di tutti i suoi beni"! Finché non mi accerto della sua effettiva morte, finché non viene seppellito, non posso reclamarne l'eredità, che è davvero cospicua, come ben sapete. Sono venuta fin qui da Torino soltanto per questa ragione, non per altro. Non lo vedevo da vent’anni. Se l'avessi incontrato per strada non l'avrei riconosciuto.

FELICE:

Beh! Almeno lei è sincera. È venuta qui per i soldi e non per l'affetto che la legava a suo cugino. Può rimanere benissimo. Si sieda pure. Si metta comoda.

(pausa)

GIORGIA (perplessa):

Dovrò restare qui tutta la notte?

FELICE:

Si. Devono passare ventiquattrore dal decesso. I funerali sono stati fissati per domani alle 15.

GIORGIA:

Ma c'è qualche ristorante aperto a quest'ora, di notte, da cui mi posso far portare qualcosa da mettere sotto i denti? Sa com'è, non sono abituata a mangiare mentre viaggio. E appena arrivata, sono subito corsa qui.

FELICE:

Lei ha deciso di rimanere per constatare che sia veramente morto… E questo è fuori discussione. Forse ha paura che qualcuno glielo rubi il suo cadavere d'oro? O ha paura che si risvegli, che resusciti dalla morte?

GIORGIA:

Ma no, non ci credo a queste sciocchezze della resurrezione o della morte apparente, sono una persona razionale io. E nessuno può desiderare di rubare un cadavere.

Che se ne farebbe? (pausa) Vuol dire che andrò in centro a cercare un ristorante dove cenare e un albergo dove andare a dormire.

Lei rimarrà tutta la notte a vegliare, vero?… Sento che di lei mi posso fidare, sembra un bravo giovanotto! Arrivederci.

In camera rimane soltanto Felice e il morto. Le luci si abbassano. C’è solo una luce diffusa blu-azzurra.

Si sente in sottofondo una musica strumentale indiana al sitar, lenta e dolce – "Two Lovers" di Ali Akbar Khan.

Felice è seduto e guarda Ludovico.

All'improvviso, si vede il braccio di Ludovico alzarsi lentamente.

Appena Felice si accorge del movimento del "morto", si avvia verso il telefono per chiamare gli altri, ma Ludovico porta il dito al naso in segno di fare silenzio.

LUDOVICO (all'inizio a voce bassa, come proveniente da un'altra dimensione, poi sempre più con voce normale):

No, Felice, ti prego, non li chiamare. Voglio godermi questi attimi di silenzio. Finora hanno fatto un tale baccano… che mi hanno fatto ritornare sulla terra! Mentre io volevo andarmene… nell'al di là… (pausa)

(parla con voce incantata, per i luoghi in cui è stato)

Com'era bello! C'era una luce così intensa… mi sembrava di stare in Paradiso. E c'era tanta pace… e tantissima gioia… Non ho mai provato una tale gioia sulla terra… (pausa – ci riflette un po' su)

O forse, se ben ricordo… quando ero bambino e la mamma mi cullava… e sentivo il suono del carillon con le sue note fatate… Si, credo che quello sia stato l'unico momento in cui ho provato la "vera gioia".

FELICE:

Si, ti capisco. Anch'io l'ho provata, tante volte.

LUDOVICO:

Ma perché, anche tu sei morto e poi sei tornato in vita?

FELICE:

No. Questa esperienza di morte apparente non l'ho mai provata. Ma quando "medito" provo ogni volta la gioia di cui tu parli,… e anche quando non medito,… anche ora…

LUDOVICO:

Ma come posso fare a provare sempre questa gioia?

Sono stufo di questa vita infame, piena di piccole gioie… e grandi dolori! Non ne posso più di indossare tutte queste maschere: il Conte, il banchiere, il nobile, l'attore… di trovarmi ingarbugliato in situazioni così complesse che mi fanno soltanto soffrire… (pausa)  Felice, non è che potrei ritornare lassù… tanto qui sanno che sono morto… Ora chiudo gli occhi e torno da dove sono venuto. (e chiude gli occhi, si mette immobile, come un morto,… aspettando…) (pausa)

FELICE:

No, non è possibile. Devi per forza rimanere qui. Non è ancora giunto il tuo momento.

Devi imparare a "trovare qui la gioia che hai provato lì".

Vedi, è solo una questione di convinzione. Finché credi che certe cose le puoi trovare soltanto in un luogo lontano da te stesso, non le troverai mai, e ti sembreranno irraggiungibili.

Ciò che devi fare è liberarti di tutte le maschere che hai indossato, e che continui a indossare. Questa è meditazione.

Finché ti identificherai in tutte queste maschere, continuerai a soffrire.

Da bambino ti identificavi nella maschera del bambino, poi in quella dello studente, quindi in quella del lavoratore, dell'imprenditore, dell'uomo di potere,… e ora in quella dell'attore. E ogni volta che ti identificavi in una maschera,…  soffrivi…

è un bene che ora desideri di finirla con questo tipo di vita,… che senti il bisogno di qualcosa di più bello e appagante. Ma non basta morire per trovare la felicità. (pausa)

Ora chiudi gli occhi e ascolta bene quel che ti dico.

Ludovico è seduto sul letto a gambe incrociate, con le mani in grembo. Chiude gli occhi.

FELICE (con voce forte, potente, come per scuotere la coscienza di Ludovico nel profondo):

TOGLITI LA MASCHERA, CONTE LUDOVICO DE MAGISTRIS!!!

LUDOVICO (impaurito):

Ma se mi tolgo la maschera del Conte Ludovico, cosa rimarrà di me? Che fine farò io? Dove andrò a finire?… Nel nulla?… Ma io ho paura del nulla!

FELICE:

Ascolta bene, Ludovico.

Finora sei corso dietro alle maschere e ti sei identificato in esse. Ogni maschera che mettevi non faceva altro che "restringere" la tua felicità, la tua libertà.

È come se avessi a disposizione uno spazio illimitato su cui costruire la tua casa, una grande casa spaziosa e comoda,… e ti limitassi a costruire una "casetta piccola piccola", di una sola stanza e il tetto alto soltanto "un metro"… e ti chiudessi lì dentro, forzandoti a vivere nella sofferenza, (curva la schiena) "con la schiena sempre piegata",… mentre invece hai a disposizione (allarga le braccia) uno spazio enorme, senza confini!

Devi imparare “a toglierti la maschera”, “a non identificarti più in essa”, a vivere nello “spazio illimitato della tua coscienza”, lo “spazio interiore”. Dentro di te c'è tanta felicità e libertà – e tu l'hai provata da piccolo!

Allora, perché continuare a vivere così, dietro una maschera?

Ora prova a ricordare quei momenti di grande felicità,… quando eri nella culla… (pausa)

FELICE (con voce dolce – senza musica in sottofondo):

Ora togliti lentamente la maschera… Non ti preoccupare… Rimani rilassato… Ti sarò vicino per assisterti e sostenerti in questa grande impresa.

LUDOVICO:

Ma proverò dolore?

FELICE:

Forse un poco, ma soltanto all'inizio: è il distacco dal tuo ego, a cui sei molto attaccato. Ma dopo non proverai mai più dolore, per sempre!

Si interrompe la musica indiana. Silenzio.

Ludovico rimane seduto a occhi chiusi, rilassato, per un po'. Poi, con l'aiuto di Felice, si toglie lentamente la maschera, quella color blu, che aveva sempre indosso (indosserà, durante il cambio di scena, un’altra maschera, dello stesso colore blu di quella che aveva dipinta dall’inizio della commedia, in modo da potersela togliere), la sua propria maschera di Conte De Magistris.

Una volta tolta la maschera c'è una breve pausa, e quindi Ludovico si alza e si muove, con movimenti lenti, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno. È in uno stato estatico, di totale appagamento e beatitudine. Inizia a ridere, a ridere… sempre più forte. Ha un gran sorriso sul volto. Poi si ferma, rimanendo in piedi. Quindi si siede sul letto, ma è sempre felice e ride.

LUDOVICO (estremamente contento):

Grazie, Felice, ora so che dentro di me c'è soltanto felicità illimitata.

Ora non mi interessano più le cose della vita. Ho trovato quel che cercavo da tempo.

Sono libero! (alza la voce, in modo liberatorio) Sono LIBEROOOOO!!!

Ora posso anche ritirarmi dal mondo…

FELICE:

No, Ludovico, devi continuare a vivere nel mondo per aiutare qualcun altro a togliersi la maschera, come ho fatto io con te.

Vedrai, che ora che hai compreso "IL GIOCO DELLE MASCHERE", la vita sarà soltanto un "grande divertimento"!

È proprio come quando si va al cinema. Se ci si immedesima nella storia che si vede e nei suoi personaggi, si soffre insieme a loro. Ma se rimaniamo consapevoli del fatto che è soltanto una "finzione", una proiezione sullo schermo, allora anche un film tragico ce lo gusteremo per quello che è, e ne apprezzeremo l'interpretazione. Vedrai che la vita diventerà un "grande gioco".

A questo punto Felice si sposta e si volge al pubblico.

FELICE (facendo segno con la mano di togliersi la maschera):

E voi, ve la volete togliere la maschera?

 

Felice rimane in piedi, sul lato destro, con la maschera in mano, immobile, ad occhi aperti. Ludovico rimane seduto sul letto a gambe incrociate, anch’egli immobile, in meditazione a occhi chiusi.

La sala è al buio. C'è soltanto la luce bianca intermittente della strobo.

In sottofondo, a volume forte, si sente la canzone (bhajan) molto ritmata OM NAMAH SHIVAYA (dal CD "Cafè de la luna…").

Entra la danzatrice e inizia una danza libera di stile indiano-orientale. Indossa vesti con abiti orientali colorati chiari (color pesca o rosa). Lei è al centro, si muove in modo flessuoso, ondeggia braccia e gambe come se fosse una dea indiana.

Rappresenta Shakti, l'aspetto femminile e creativo dell'Infinito, di Shiva, quello che lo rende manifesto e che quindi dà luogo alla nascita e alla morte degli universi, della vita, del divenire.

Si ha l'effetto della danzatrice con abiti colorati che appare per brevi attimi sotto la luce della strobo. È l'immagine di Maya, l'illusione, che fa apparire l'Assoluto immobile come manifesto e in movimento. Se si vuole, dopo un primo tempo con lo strombo, si può tornare alla luce normale, ma intermittente (preferirei però la strombo fino alla fine della danza, ma a intervalli non troppo veloci e corti).

È una danza, la danza della vita, un gioco di luci e di ombre,… che coinvolge totalmente gli spettatori.

è la danza della beatitudine in cui è ora Ludovico, essendosi tolto la maschera dell’ego e dell’attaccamento alle forme esteriori, che ci impediscono di essere consapevoli della nostra vera natura interiore.

Ludovico seduto sul letto rappresenta Shiva, l’Assoluto, l’Infinito immanifesto ed eterno. Felice rappresenta il Maestro, il Guru che ha aiutato Ludovico a togliersi la maschera.

Alla fine della danza, massima luce, e Felice (che si toglie la cuffietta e si rivela come donna) presenta al pubblico gli attori uno ad uno e poi tutti insieme.

Quindi gli attori si ritirano nei camerini.

In sottofondo, in particolare durante l'applauso, di nuovo la musica di: “Ragtime Piano – Honky Tonk train blues" al pianoforte).

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"Cala la tela"

FINE DELLA COMMEDIA

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Durata totale della commedia:

100 minuti (min. 90’ – max. 110’)

       


Personaggi

Checco (Francesco) Sferza

Il regista

Regista teatrale emergente, marito di Marianna Spilla. Il suo sogno è di divenire un grande regista e poter finanziare una Compagnia di attori tutta sua. Di fatto, almeno per ora, dipende economicamente dal Conte De Magistris, il produttore e finanziatore della Compagnia. Si immedesima totalmente nelle commedie che rappresenta, al punto da vivere la finzione della commedia come la vera realtà. Per il teatro è disposto anche a ignorare i continui tradimenti della moglie. Rappresenta, dal punto di vista del pensiero orientale: Maya, l'illusione, che ci fa credere che questo mondo in cui viviamo sia vero, che sia la realtà, mentre invece è illusorio. A causa di questa identificazione col mondo transitorio (le Maschere), perdiamo l'esperienza dell'Essere Infinito che è in noi, e quindi la nostra felicità e libertà illimitata.

Conte Ludovico De Magistris

(Barone Ludovico De Scrocchis)

Banchiere, molto ricco, finanziatore e produttore della Compagnia, oltre che attore protagonista esordiente. Ha una grande passione per il teatro. L'attività di attore lo gratifica. Non riuscendo a realizzarsi nel lavoro di imprenditore, si realizza nell'attività teatrale. Nella commedia che dovranno rappresentare fa la parte di un povero che finge di essere il Barone Ludovico De Scrocchis, finto invitato a un banchetto nuziale per poter mangiare a sbafo e rubare oggetti di valore. è proprietario della Banca De Magistris. Si lamenta sempre di tutte le preoccupazioni che gli vengono a causa della sua attività di imprenditore e finanziere. Sarà lui che, con l'aiuto di Felice, riuscirà a "togliersi la maschera" e raggiungere la liberazione. Rappresenta il discepolo (in questo caso di Felice), il cercatore della vera e illimitata felicità.

Dettaglio tecnico: indossa dei baffi grossi e neri posticci, che poi li indosserà Antonio quando si travestirà da Conte Ludovico prima di entrare in banca e truffarlo.

Antonio Fondelli

(Conte Antonio Cornelio)

Povero mendicante – viene assunto come attore per sostituire quello assente, morto in un incidente stradale –. Dovrà recitare la parte del Conte Antonio Cornelio. Sarà lui, nel suo tentativo di derubare il Conte De Magistris di tutti i suoi averi, a combinare un gran casotto ed a srotolare l'intreccio della commedia. Rappresenta il lato peggiore dell'uomo: l'egoismo, l'avidità, la falsità, colui che truffa gli altri, li deruba e gli fa del male pur di diventare ricco. Per lui esiste soltanto il denaro. Rubare è intrinseco nella sua natura. Truffa anche gli amici più cari, coloro che lo vogliono aiutare a uscire dalla sua miseria. Egli rappresenta anche Maya, l’illusione, che ci truffa di tutti i nostri averi, mascherandosi come noi.

Marianna Spilla

(Marianna Sollazzo)

Attrice, moglie di Checco Sferza. Recita la parte di Marianna Sollazzo, sposa del Conte Antonio Cornelio. È una donna bellissima. Si è sposata con il regista Checco Sferza perché sperava di diventare ricca e famosa insieme a lui, ma, dopo tante attese e disillusioni, ormai non crede più che questo sogno possa avverarsi. Così si mette con il Conte Ludovico De Magistris, essendo interessata alle sue ricchezze – anche se non riusciranno ad avere un rapporto completo ma solo a darsi un “innocente” bacio.

Rappresenta la sensualità, il godimento dei sensi e la brama dei desideri. è una ninfomane ed ama tradire ed avere tantissimi amanti, per provare ogni esperienza di piacere sessuale. È interessata alle ricchezze degli altri, ma ci tiene anche che i suoi amanti siano belli e le diano piacere, oltre che denaro (non è disposta a concedersi a un uomo brutto pur di appropriarsi dei suoi beni).

Felice Nessuno

(sé stesso)

Gobbo, orfano, innocente come un bambino e intelligente come un adulto, di carattere schietto e diretto, “ride sempre, anche nelle situazioni più tristi e disperate”. È il saggio (o Maestro o Guru, se vogliamo usare un termine orientale), il presentatore della commedia, colui che ne fa rilevare al pubblico i punti più salienti, che commenta i vari fatti e comportamenti, e spesso dà buoni consigli e insegnamenti per la vita. Ufficialmente il regista lo tiene con sé come suggeritore, anche se in realtà è il suo “portafortuna” (essendo gobbo).

è vestito tutto di bianco, con casacca e pantaloni larghi e lunghi; in testa ha una calotta bianca che lo fa apparire calvo, il viso è tutto spalmato di crema bianca, intorno alle labbra c’è il disegno, di colore rosa shocking, di un grande sorriso (un po' come un pagliaccio che ride).

E' l’unico che non indossA mai una maschera, PERCHé INTERPRETA Sé STESSO!

Può essere interpretato benissimo da una donna – anzi sarebbe meglio, forse fondamentale, per conferirgli una voce dolce e dei movimenti flessuosi. Però deve essere una donna con il seno non troppo grande e vistoso. E' un personaggio un po’ bizzarro, tipo folletto, che si muove in modo flessuoso, come se danzasse, con le vesti bianche e fluttuanti.

Sarà Felice ad aiutare Ludovico a togliersi la maschera e raggiungere la liberazione.

Gualtiero Bische

(Gualtiero Lo Schiavo)

Maggiordomo (o meglio servo, a tutti gli effetti) del regista, commesso tuttofare della Compagnia Teatrale e attore (piccole parti, sempre di maggiordomo). è una persona che vive continuamente nelle nuvole (pensa sempre alla sua compagna Rosina); non pensa in proprio né riflette, non fa altro che obbedire agli ordini, e quasi sempre combina guai.

Lucrezia Specchi

(Lucrezia Sborgia)

Attrice, fa la parte di una donna vecchia e brutta: Lucrezia Sborgia, che si trucca tanto e si fa fare continuamente protesi facciali e su tutto il corpo (le protesi che ci si poteva permettere negli anni settanta). Purtroppo per lei, queste protesi cadono spesso, si scollano e rivelano l'aspetto vero del suo corpo: un ammasso di pelle appesa e rattrappita, piena di rughe e macchie, in totale sfacelo. Sembra una donna molto giovane, e sono molti gli uomini che le corrono dietro. Ma in realtà lo fanno perché è anche molto ricca, e pensano di sistemarsi… tanto presto morrà e loro ne diverranno gli eredi! Si vede lontano un miglio che è una donna “tutta rifatta”, una bellezza finta come una bambola di carta.

Rappresenta la donna narcisista, innamorata della sua stessa bellezza, attaccata alle forme esteriori e alle apparenze. Non riesce ad accettare l'età che avanza e non fa altro che truccarsi, per dare un'immagine che non corrisponde più alla sua realtà.  

Direttore Carla Carucci

Il Direttore, o Direttrice della Banca De Magistris. è una signora zitella e molto pignola, vuole assicurarsi sempre che tutti i documenti siano a posto e che si seguano tutte i regolamenti alla lettera. Si crede molto bella e affascinante, ma di fatto non lo è. Ha un carattere eccessivamente razionale e freddo, perciò non riesce a innamorarsi e trovare un amante o un compagno.

Appuntato dei Carabinieri

Salvatore Trippa

è il classico appuntato, un po' grassoccio e molto ignorante. Cerca di fare la parte del comandante della stazione (il maresciallo), di cui ne fa le veci, ma di fatto combina soltanto guai. Si crede di essere un grande detective, ma non riesce a distinguere un gentiluomo da un ladro. Questo avviene anche perché era arrivato da poco in quella stazione dei Carabinieri e non conosceva affatto il Conte Ludovico De Magistris, persona stimata da tutti i cittadini e amica del maresciallo.

Carabiniere scelto

Giovanna Randelli

è ancora più ignorante dell'appuntato. Non fa niente di sua iniziativa, ubbidisce soltanto agli ordini – come del resto le si chiede di fare, dato il suo basso grado! E in più ha un comportamento brusco e autoritario, quasi da maschio, pur essendo una donna.

Medico

Domenico Curato

è una persona molto fredda, non cura i pazienti considerandoli come esseri umani ma soltanto come casi clinici. è molto professionale nel parlare e nei movimenti. è tutto vestito di nero.

Giorgia Vaccaro

Unica cugina ed erede del Conte Ludovico De Magistris. Non ha alcun legame affettivo con il Conte e pensa soltanto all'eredità che avrà con la sua morte. è molto venale.

le maschere

Sono i principali protagonisti della commedia. Rappresentano il ruolo che noi interpretiamo nella vita, proprio come si fa sulla scena del teatro ("la vita non è altro che una grande commedia").

Gli attori indosseranno ognuno la maschera del personaggio che dovranno interpretare (le maschere sono piccole, tipo quella di Zorro, tutte nere).

Inoltre, tutti eccetto Felice, hanno, dall’inizio alla fine della commedia, una maschera dipinta sul volto: è la maschera propria della loro persona. Ognuno ha una maschera di colore diverso: gli uomini: colori verde, viola e blu; le donne: colori giallo, arancione, rosa e rosso.

Il Conte Ludovico De Magistris avrà dipinta una maschera di colore blu. Alla fine, nell’ultima scena, invece della maschera dipinta, indosserà una maschera di plastica, sempre blu, in modo da potersela togliere.

Quando toglie la maschera raggiunge il Nirvana, la Liberazione Finale, lo stato di infinita beatitudine e unione totale con l’infinito, che è la nostra vera natura, sotto le maschere.

Tutta la vita è un gioco di maschere, un continuo identificarci nei vari ruoli che assumiamo e interpretiamo. Soltanto quando ci togliamo le maschere, e principalmente cessiamo di identificarci con esse, solo allora potremo vivere liberi, in uno stato di totale felicità, senza più soffrire, perché questa è la vera natura dell'essere umano. Il nostro identificarci con le maschere ci porta  soltanto sofferenza e restringe il campo della nostra felicità. Quando ci liberiamo dalle maschere allora viviamo la vita come un grande gioco,… e ci divertiamo tantissimo!


TRAMA – IL GIOCO DELLE MASCHERE – Commedia in due atti di Jayan Walter

Primo atto

Scena prima

Palcoscenico del teatro dove si svolgono le prove di una commedia.

Felice presenta al pubblico i vari personaggi.

Il regista e gli attori sono in attesa delle maschere e dell’attore che deve interpretare il Conte Antonio Cornelio. Gli attori sono immobili in attesa dell’inizio della commedia, l’orologio a pendolo è fermo. Felice fa una breve presentazione dei vari personaggi, poi avvia il pendolo dell’orologio e inizia la commedia, gli attori cominciano a muoversi e recitare.

Il regista, molto esigente sulla puntualità, è furioso, perché non arrivano né l’attore né le maschere. Va avanti e indietro impaziente, telefona ma nessuno risponde. Gli attori rivedono le parti, si sente un gran vociare, c’è chi si trucca, chi si prepara…

Il Conte Ludovico si lamenta delle tante preoccupazioni che deve avere un ricco, che gli piacerebbe tanto essere povero, non aver nulla di cui preoccuparsi… Checco gli fa notare che tutta la Compagnia dipende dal suo sostegno economico, e Lucrezia gli dice che i poveri hanno preoccupazioni maggiori delle sue.

Felice osserva che nessuno è felice perché nessuno accetta ciò che ha, ognuno vorrebbe avere qualcos'altro, quel che non ha!

Arriva Gualtiero, il maggiordomo che avrebbe dovuto portare le maschere, e spiega che gliele hanno rubate. Checco è disperato.

Marianna suggerisce di iniziare le prove senza maschere. Il regista inizia il suo piccolo monologo sull’importanza delle maschere e sulla finzione, nel teatro come nella vita.

Felice propone una soluzione, lui sa dove può trovare delle maschere altrettanto buone, se non superiori… Felice e Gualtiero vanno a prendere queste maschere.

Nell’attesa, Marianna propone di fare una pausa e prendere della cioccolata con i biscotti. Quando il Conte pregusta quelle leccornie ed è sul punto di mangiarle, il regista glielo vieta. Ludovico si ribella, dice che è ricco e in buona salute, e gli chiede perché dovrebbe rinunciare ai biscotti e alla cioccolata. Il regista risponde che nella realtà è ricco, ma nella finzione è povero! Anzi, per entrare bene nella parte che dovrà recitare (del povero che si finge Barone), dovrà digiunare nei prossimi giorni: soltanto così potrà davvero comprendere cosa significhi essere poveri e soffrire la fame.

Così servono la cioccolata e i biscotti passandoli proprio sotto il naso di Ludovico (mimica divertente), che è costretto a un tale supplizio.

Torna Felice con le maschere. Tutti le ammirano e se le provano.

Arriva la notizia che Francesco, l’attore che doveva recitare la parte di Antonio Cornelio, è morto in un incidente. Tutti sono disperati, chi piange chi grida: sono afflitti dal dolore per la perdita di un caro amico o parente. Invece il regista si preoccupa soltanto della mancanza dell'attore, proprio a due settimane dalla rappresentazione teatrale. Checco, dietro suggerimento di Felice decide di scendere in strada a cercare lui stesso una persona per rimpiazzare l’attore; dice che avrebbe preso la prima persona che avrebbe incontrato, tanto la sua capacità di dirigere e manovrare gli attori gli avrebbe permesso di creare un buon attore persino da un analfabeta o da un mendicante. Così esce, mentre gli altri, tranne Ludovico, continuano a mangiare i biscotti e a bere la cioccolata.

Poco dopo torna Checco, insieme ad Antonio, un mendicante trovato per strada, che sarà il sostituto di Francesco. Checco fa vestire Antonio con abiti belli e ben fatti e gli spiega la parte che dovrà interpretare. Quando Checco presenterà ad Antonio i vari attori, e Antonio verrà a conoscenza che Ludovico è un uomo molto ricco e proprietario di una banca, subito nella mente di Antonio comincerà a formarsi un astuto piano per truffare il conte. Così, con una scusa, gli chiede l'autografo.

Scena seconda

Iniziano le prove: sono tutti seduti a tavola. Gualtiero entra e presenta un ospite inatteso: il Barone Ludovico De Scrocchis. Questi si presenta a sua volta, dicendo di essere un prozio della sposa. Lo fanno accomodare.

In seguito Lucrezia chiede al conte di cosa si occupa, e lui le risponde: “Finanza… riscossioni… da grandi società” (riferendosi ai furti), allora Lucrezia esprime la sua ammirazione per il lavoro delle società finanziarie. Poi fa vedere al Conte il suo vestito, e le sue bellezze fisiche (a questo punto le scoppia il seno, o la protesi del seno – due palloncini – mimica divertente), chiedendogli che cosa ne pensi. Lui risponde che è una gran bella signora.

Iniziano le danze; il Barone balla con Marianna. Mentre balla si avvicina alla credenza e prende i monili d' oro e se li mette in tasca. Quando torna al tavolo li passa nella borsa che aveva nascosto sotto al tavolo. Poi, altro giro di danza e altri furti connessi.

Antonio non bada proprio alla sua sposa (mentre nel copione è scritto che dovrebbe fare la parte del marito geloso di Ludovico) e, ogni volta che il Barone nasconde nella borsa gli oggetti rubati, con una scusa va sotto il tavolo e li passa dalla borsa di lui alle sue tasche.

Brindano agli sposi.

A questo punto finisce la prima parte delle prove. C'è una pausa.

Ludovico poggia la borsa sul tavolo per riporre tutti gli oggetti che aveva finto di rubare, ma la trova vuota. Tutti si chiedono chi avesse rubato quegli oggetti.

Antonio fa per andarsene, ma le tasche si rompono e cadono a terra tutti gli oggetti d’oro e d’argento che aveva preso dalla borsa di Ludovico.

Checco rimprovera Antonio minacciando di denunciarlo alla polizia. Però lo tiene lo stesso come attore perché si accorge che è molto bravo nel recitare. Antonio rimette ogni cosa al suo posto e si siede mortificato.

Quando gli altri vanno via dal teatro, Antonio mette in atto la prima parte del suo piano per appropriarsi di tutti beni di Ludovico. Telefona alla banca, imita la voce di Ludovico e chiede di iniziare le operazioni di trasferimento di tutto il denaro del conte sul suo (che apre a nome del conte Antonio Cornelio, apparentemente inesistente). In seguito sarebbe andato in banca, travestito da Ludovico, per firmare.

Secondo atto

Scena prima

Banca De Magistris: ufficio del Direttore.

Antonio, travestito da Conte Ludovico, entra in banca e fa trasferire tutto il denaro del Conte sul suo conto, intestandolo al Conte Antonio Cornelio, di cui possiede la maschera… e poi, è un Conte!

Poi arriva Ludovico insieme a Marianna per fare un prelievo e si accorge che sul suo conto ci sono soltanto 10.000 lire e che è stato truffato. Marianna lo lascia. Lui, sconvolto, va alla stazione dei Carabinieri.

Scena seconda

Stazione dei Carabinieri.

Ludovico denuncia un tizio che lo ha derubato di ogni suo avere. Nel descriverlo non fa altro che descrivere sé stesso (essendo Antonio entrato in banca con la sua maschera e a nome suo). L'appuntato lo scambia per un pazzo o per un delinquente un po' strano, e lo rinchiude in cella in attesa di decidere sul da farsi.

Quindi arriva un carabiniere che consegna Antonio, colto in fragrante mentre cercava di prelevare dei soldi dal suo conto (in realtà esiste un vero Antonio Cornelio, un rapinatore di banche, identico fisicamente al personaggio della commedia, e quando Antonio si presenta in banca per fare un prelievo, lo arrestano immediatamente). Antonio viene sbattuto in cella insieme a Ludovico.

Infine arriva Checco, insieme a Felice. Vuole spiegare tutto all'appuntato. Dice di essere il regista insieme al suo "suggeritore", mentre loro sono gli "attori", senza fare alcun cenno alla parola "commedia". L'appuntato pensa siano il regista della banda e il suo stratega, e li mette entrambi in cella.

Allora Felice mette in atto il suo piano di fuga. Aveva portato con sé delle maschere, di capitano, maresciallo e appuntato dei carabinieri, che indossano tutti e tre, lasciando Antonio senza maschera. Chiamano l'appuntato di guardia e gli dicono che sono dei servizi segreti e che quello lì (Antonio) è un terrorista. Perciò lo devono trasferire in un carcere di massima sicurezza. Lasciano un fagotto facendo credere che fosse Ludovico, un delinquente comune, che rimane in cella in attesa di essere trasferito. Escono, ma a Ludovico, travestito da appuntato, cade la maschera e viene riconosciuto. Fuggono. Il vero appuntato spara, ma non colpisce nessuno. Eppure Ludovico cade a terra, esanime (gli è venuto un infarto per la paura).

Scena terza

Camera da letto di Ludovico.

Ludovico giace morto sul letto. Intorno tutti piangono e si lamentano. Il dottore gli tasta il polso e ne verifica la morte, dicendo che è avvenuta per infarto. L'appuntato si rinfranca un po' dai sensi di colpa che gli erano venuti, comprende di non essere stato lui ad ucciderlo direttamente, con la sua pistola, anche se ne è stato la causa indiretta.

Tutti vanno via, a casa di Marianna, Felice rimane a vegliare il morto.

Ma Giorgia, una lontana cugina di Ludovico vuole rimanere con lui: è l'unica erede e le interessa soltanto impadronirsi dei suoi beni, perciò vuole controllare fino all'ultimo che il Conte sia effettivamente morto. Poi ci ripensa, avendo fame, ed esce per andare a mangiare qualcosa.

Mentre Felice veglia il "morto", questi, Ludovico, si alza e gli parla. Gli racconta la sua esperienza in cui era andato nell'al di là, in un mondo di pace e di gioia (in realtà era stata una "morte apparente"). Gli dice che vorrebbe rimanere nell'al di là e non tornare più qui, sulla terra. Felice gli spiega che non è possibile, ma che può imparare ad esperimentare la gioia in sé stesso, basta soltanto togliersi la maschera del Conte Ludovico. Gli dice che non bisogna identificarsi nelle maschere e nei ruoli che assumiamo nella vita, soltanto così potremo scoprire il nostro "spazio interiore", che è senza limiti e colmo di felicità. Gli dice che quando indossiamo le maschere non facciamo altro che confinare e restringere questo "spazio interiore" e lo invita a togliersi la maschera.

Ludovico si toglie la maschera e scopre la vera felicità interiore, si sente libero, davvero libero, e danza contento.

C'è, in conclusione, una danza orientale, che rappresenta la danza della vita, dell’universo, la danza di chi ha raggiunto la liberazione e vive per sempre nella beatitudine dell’Essere Infinito

FINE


Curriculum - breve profilo dell'autore

Ezio Vantaggiato – nome d'arte: Jayan Walter.

Vico Cacciottoli 43 – Napoli 80129.

Tel. 0815785829 – 3334710130.

E-mail: jayanwalter@interfree.it - Sito internet: www.jayanwalter.com

Nasce a Napoli il 15/3/57, dove risiede ancora oggi.

Dopo gli studi universitari di filosofia, si dedica all'insegnamento della meditazione e viaggia in varie nazioni del mondo.

Lavora come programmatore di computer, webmaster, docente di pensiero orientale e traduttore di testi dall'inglese all'italiano.

Scrive il saggio divulgativo sul pensiero orientale, lo yoga e la reincarnazione: "L'uomo è Dio. Lo yoga della conoscenza e la natura dell'universo", edito da Tempo lungo (Cuzzolin), pubblicato nel 2002 con il suo nome d'arte: Jayan Walter.

Per il romanzo inedito "Naufragio" riceve due premi letterari: secondo posto al concorso internazionale Pomigliano D'Arco e segnalazione al concorso Nuove Lettere di Napoli (nella giuria Alberto Bevilacqua).

Scrive una commedia: "Il gioco delle maschere", che viene rappresentata a Napoli, al Teatro Paradiso, via Mariano Semola, sabato 13 e domenica 14 novembre 2004 dalla Compagnia Lo Scrigno, con la regia di Giancarlo Bianco.

Scrive due romanzi, per ora inediti, e le rispettive sceneggiature di film (da realizzare): "Oltre l'oceano della reincarnazione" e "Fusione fredda".

Scrive il romanzo: "Sotto il segno dell'arcobaleno", che uscirà quasi certamente entro la fine del 2010, da cui trae la sceneggiatura del film.

Scrive una seconda commedia: “La vita è un boomerang”, rappresentata a Napoli, al teatro Il Piccolo, il 27-28 febbraio e il 1 marzo 2009, e a Marano, al teatro Lily (ora Giancarlo Siani) il 17 aprile 2009, dalla compagnia Teatro Esperienza diretta da Alfredo Severino.

Scrive un altro romanzo: "Il Codice OM. Alla ricerca della felicità perduta", anch'esso inedito.

Scrive infine il romanzo: "La morte viene dal passato", da cui tra le sceneggiatura del film.

Ha partecipato per alcuni anni alle azioni di Greenpeace.

È da sempre impegnato in attività umanitarie.

è esperto di filosofia indiana e pratica la meditazione da 35 anni.

Ha insegnato un corso sul pensiero orientale all’Humaniter di Napoli.