Il giudice dei divorzi

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Farsa in un atto

di Miguel De Cervantes y Saavedra

da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

GIUDICE

CANCELLIERE

VECCHIETTO

MARIANNA, sua moglie

SOLDATO

DONNA GUIOMAR,  sua moglie

CHIRURGO

ALDONZA DE MINIACA,  sua moglie

FACCHINO

DUE SUONATORI


Entra il Giudice, e con lui altri due, che sono il Cancelliere e il Procuratore,

e siedono sui seggi. Entrano poi il Vecchietto e Marianna, sua moglie.

Marianna       Meno male che il signor Giudice dei divorzi ha già preso posto sul seggio e aperta l'udienza. Questa volta devo liberarmi, o mai più. Questa volta, come lo sparviere, devo restar libera d'ogni tassa o dazio 11.

Vecchietto    Marianna, per amor di Dio, non vantarti tanto di questa faccenda. Parla sottovoce, per la passione di Cristo! Hai già fatto ammattire tutto il vicinato con i tuoi strilli. Il signor giudice ce l'hai davanti: digli quel che devi dirgli senza alzar tanto la voce.

Giudice           Che lite è codesta. brava gente?

Marianna       Signore, voglio il divorzio, il divorzio e il divorzio, e mille volte ancora il divorzio!

Giudice           Da chi e perché, signora?

Marianna      Da chi? Da questo vecchio qui presente.

Giudice           Perché?

Marianna       Perché non posso sopportare le sue scempiaggini né con­tinuare a curare le sue magagne, che sono innumerevoli. I miei geni­tori non mi hanno allevata per essere infermiera o ospitaliera! Dote considerevole ho portato a questa sporta di ossa, che ha rovinato tanti giorni della mia vita! Quando caddi in suo potere, il viso mi riluceva come uno specchio, e adesso ce l'ho pieno di rughe come un velluto. Vossignoria, signor Giudice, mi smariti, se non vuole che  m'impicchi. Guardi, guardi i solchi che mi scavano il viso, per le lagrime che ogni  giorno verso, vedendomi maritata a questo scheletro!

Giudice           Non  piangete, signora.  Abbassate la voce e asciugate le lagrime, che vi farò giustizia. 

Marianna     Mi consenta vossignoria di  piangere, che così  mi  sfogo. Nei regni e nelle repubbliche bene ordinate, la durata del matrimonio dovrebbe essere limitata, edi tre anni in tre anni si dovrebbe dichiararlo terminato oppure rinnovarlo un altra volta, come si fa con gli affitti: e non pretendere che debba durare tutta la vita, con perpetuo dolore di ambo le parti.

Giudice           Se codesta soluzione si potesse o si dovesse mettere in atto, e per denaro, lo si sarebbe già fatto. Ma specificatemi meglio, si­gnora  i motivi che vi spingono a chiedere il divorzio.

Marianna     L'inverno di mio marito e la primavera della mia età! Il perdere il sonno per dovermi alzare a mezzanotte a riscaldare pannolini e sacchetti di crusca da mettergli sui fianchi; il doverlo ben­dare ora qua ora là, che possa io vederlo bendato addosso a un palo per opera della giustizia; l'aggiustargli a notte alta il capez­zale del letto, il propinargli sciroppi lenitivi perché il catarro non lo soffochi; l'essere obbligata a sopportare il tanfo che gli emana dalla bocca, e che si sente a due tiri d'archibugio.

Cancelliere              Dev'essere qualche dente marcio.

Vecchietto    Non è possibile, giacché il diavolo mi porti se mi rimane un solo dente in bocca.

Procuratore            Ho sentito dire che esiste una legge in base alla quale solo per i cattivi odori della bocca si può smaritare la moglie e disam­mogliare il marito.

Vecchietto    In verità, signori, il cattivo odore che ella dice che esalo, non è generato dai miei denti marci, dato che non ho denti, e nep­pure dal mio stomaco, che ce l'ho sanissimo, bensì dalle cattive disposizioni del suo animo. Le signorie loro non conoscono questa donna. Se la conoscessero, si farebbero il segno della croce e si darebbero a digiuni propiziatori. Ventidue anni son già che vivo con lei, martire, senza essere mai stato confessore delle sue insolenze, dei suoi strilli, delle sue mattane; e son quasi due anni, ormai, che ogni giorno mi va dando spinte e spintoni verso la sepoltura, mezzo assordato dai suoi urli e mezzo ammattito dalle liti. Se mi cura,com'ella dice, mi cura a denti strettì, mentre la mano e il modo di fare del medico devono essere blandi. Insomma. signori, sono io che muoio in sua balia, mentre ella vive a suo piacere, essendopadrona con pienezza di facoltà dei miei beni patrimoniali.

Marianna     I vostri beni? Che beni possedete voi che non li abbiate acquistati con la mia dote?   Miei sono i beni lucrativi almeno per la metà, vi piaccia o no, e di  essi e della dote se morissi ora, non vi lascerei un centesimo, perché vediate l'amore che vi porto!

Giudice           Ditemi, signore: quando vi ammogliaste, eravate sano, gagliardo e integro?

Vecchietto    Ho già detto che da ventidue anni sono caduto in suo potere, come nelle mani di un aguzzino calabrese che sorveglia i rematori delle galere: ed ero talmente sano che potevo parlare e agire come chi gioca a tressette.  

Marianna       Setaccio nuovo funziona bene per tre giorni!

Giudice           Basta, signora, tacete, e andate con Dio donna dabbene, ché io non vedo i motivi per smaritarvi. Avete mangiato la frutta matura, e adesso mangiate quella dura! Nessun marito è obbligato a correre più del tempo che passa per la sua porta e attraverso i suoi giorni! Scontate i brutti giorni che ora vi dà, con quelli belli che vi diede quando poté; e non replicate parola!

Vecchietto    Se fosse possibile, sarei molto grato a vossignoria se mi togliesse dalle pene di questo carcere; perché lasciandomi così, arrivato  già alla rottura, mi rimetterebbe nelle mani del carnefice che mi tortura. E se no facciamo una cosa: entri ella in un mo­nastero ed io in un altro, dividendoci il patrimonio e così po­tremo vivere in pace e in grazia di Dio quel che ci rimane da vivere.

Marianna       Bella roba! Buona sono io per andarmi a rinchiudere! Mi piacciono davvero, come a certe giovinette, le inferriate del parla­torio, la ruota e la monaca che assiste ai colloqui. Rinchiudetevi voi che potrete sopportarlo, perché non avete più occhi per guardare né orecchi per udire né piedi per camminare né mani per toccare! Io invece sono sana, ho i miei cinque sensi intatti e vivi, e voglio adoperarmeli allo scoperto e non coi sotterfugi, come quando si gioca alla quinola1.

Cancelliere              Sfacciatella è la signora!

Procuratore            E persona perbene è il marito; ma non può far di più.

Giudice           Io, comunque, non posso concedere questo divorzio, quia nullam invenio causam.

Entra un Soldato, decentemente vestito, e sua moglie donna Guiomar.

Guiomar         Sia lodato Iddio, che ha realizzato il desiderio che avevo di vedermi alla presenza di vossignoria! Con tutto l'ardore che posso, supplico vossignoria di smaritarmi da costui.

Giudice           Che significa costui? Non ha nome, forse? Almeno pote­vate dire « da quest'uomo ».

Guiomar         Se fosse un uomo davvero, non chiederei il divorzio da lui.

Giudice           E cos'è dunque?

Guiomar         Un pezzo di legno.

Soldato         (tra sé)  Per Dio, sarò davvero un pezzo di legno nel sop­portare e nel tacere! Forse se non mi difendo né contraddico, il Giudice sarà costretto a condannarmi, e pensando di darmi un ca­stigo mi libererà dalla prigione, come se per miracolo facesse uscire uno schiavo dalle celle sotterranee di Tetuán2.

Procuratore            Parlate con più rispetto, signora, e riferite il vostro caso senza insultare vostro marito; e il signor Giudice dei divorzi, qui presente, vi farà giustizia rettamente.                          

Guiomar         Come pretendono le signorie loro che non lo definisca pezzo di legno, se non agisce più d'una statua.

                                          

Marianna       Senza dubbio costei si lamenta per lo stesso motivo che ha indignato me.                   

Guiomar       Dico insomma, signore, che mi hanno accasato con  quest'uomo – già che vossignoria vuole che lo chiami così -; ma che non è con quest'uomo che io mi maritai.

Giudice           Spiegatevi meglio, che non vi capisco.

Guiomar         Voglio dire che io ritenni che mi maritassero con un uomo come gli altri e invece dopo pochi giorni mi accorsi che mi ero maritata con un pezzo di legno, come ho detto; perché egli ignora quale sia la sua mano destra, né cerca modi e mezzi per guada­gnare un reale con cui aiuti a sostenere la casa e la famiglia. Le mattine le trascorre andando a sentir messa e piazzandosi poi alla porta di Guadalajara a spettegolare, a raccoglier novità, a dir bugie e ad ascoltarne. I pomeriggi, e spesso anche le mattine, va da una bisca all'altra, ad aumentare il numero degli sfaccendati che stanno a guardare, gente che, a quel che ho sentito dire, i tenutari delle bische odiano di tutto cuore. Alle quattordici viene a pranzo, senza aver raccolto un soldo di mancia, perché ormai non si usa più darne; poi esce di nuovo, rientra a mezzanotte, cena, se trova qual­cosa, e se no sbadiglia, si fa il segno della croce, e si mette a letto, e tutta la notte continua a rivoltarsi. Gli domando che cos'ha, ri­sponde che sta pensando un sonetto, richiestogli da un amico; e si picca di esser poeta, come se fosse un mestiere del tutto alieno dalla necessità di stare al mondo.

Soldato         La mia signora donna Guiomar non ha detto una parola sola che uscisse dai confini della ragione; e se io non l'avessi in quello che faccio, com'ella ce l'ha in quello che dice, mi sarei già procurato il favore di qualche autorità e mi vedrei, come si vedono altri omuncoli furbacchioni e arruffoni, con un bastone di Giudice in mano e issato su una mula da nolo, di quelle piccole, magre e cattive, e sempre prive di stalliere, giacché mule di quel genere si noleggiano solo quando sono scompagnate e vedove. Nelle bisacce appese ai fianchi della bestia, quel Giudice si porta un colletto e una camicia, da una parte, e dall'altra mezzo formaggio, pane e una fiasca di vino; senza contare i vestiti che porta, che sono da città, e li fa diventare da viaggio usando le uose e un solo sperone; e con una commissione e un pizzicore in petto 1, esce dalla città per il ponte di Toledo di buon trotto, nonostante i ghiribizzi della bestiaccia che monta, e pochi giorni dopo manda già a casa sua qual­che prosciutto e alcune braccia di lino grezzo; di quelle cose cioè che gli costan poco nel distretto della sua commissione;  e così il peccatore mantiene la sua casa meglio che può. Io invece che non ho mestiere né beneficio, non so che cosa fare, e non trovo signore che voglia servirsi di me, perché sono ammogliato; e pertanto, signor giudice,  dato che i nobili sono già tanto noiosi perché poveri, e dato che mia moglie lo chiede, sono costretto a supplicare vossignoria di separarci e dividerci.

Guiomar         C'è da dire un'altra cosa, signor Giudice, e cioè che io vedendo mio marito così  inetto e così bisognoso, desidero ardenti mente aiutarlo, ma non posso farci nulla, perché infine sono una donna dabbene e non voglio commettere azioni disonorevoli

Soldato         Solo per questo meritava di essere amata, questa donna Ma a parte codesto senso dell'onore, ha il peggior carattere della terra: fa la gelosa senza motivo, strilla senza perché, si da arie senza averne i mezzi, e siccome mi vede povero, mi stima meno di zero1 e il peggio è, signor Giudice, che in cambio della fedeltà che mi man­tiene, pretende che io soffra e tolleri migliaia di migliaia di sgar­berie e di scenate che mi fa.

Guiomar         Certo! Perché non dovreste voi rispettarmi e onorarmi essendo io una signora così perbene come sono?

Soldato         Sentite, signora donna Guiomar. Qui, in presenza di questi signori, voglio dirvi questo: perché menate tanto vanto di essere una donna perbene, essendo per voi un obbligo l'esserlo, per la fami­glia in cui siete nata, perché cristiana e per quello che dovete a voi stessa? Perché devono pretendere le donne che i mariti le rispet­tino per la loro fedeltà e onestà, come se soltanto in questo con­sistesse tutta intera la perfezione, e che non tengano conto delle altre mille virtù che ad esse mancano? Per molto che me ne importi, che cosa importa a me che voi siate casta con voi stessa, se tra­scurate che lo sia la vostra cameriera, e se siete sempre aggrondata, furente, gelosa, assorta, prodiga, dormigliona, pigra, accattabrighe, mugugnona, con molte altre analoghe insolenze che basterebbero a rovinare la vita di duecento mariti? Nonostante ciò, io dico, signor Giudice, che la mia signora donna Guiomar non ha questi difetti, e che sono io il pezzo di legno, l'inetto, il cialtrone e il buono a nulla; e che per legge di buon governo, non fosse per altro motivo, vossignoria è obbligato a smaritarci. Da parte mia affermo senz'altro che non ho nulla da allegare contro quanto ha dichiarato mia mo­glie, e che do per conclusa la lite, soddisfatto se sarò condannato.

Guiomar         Che cosa c'è da allegare contro quel che ho detto io? Che non date da mangiare né a me né alla vostra donna di ser­vizio; e si noti che di serve non ne avete molte, bensì una sola, e per di più tanto piccolina che mangia quanto un grillo.

Cancelliere              Calmatevi, che arrivano altri litiganti.

Entra un tale vestito da medico, ed è Chirurgo; e Aldonza de Minjaca, sua moglie.

Chirurgo       Per quattro motivi, tutti più che sufficienti, vengo a chie­dere a vossignoria, signor Giudice, che dichiari divorziati me e la mia qui presente moglie, donna Aldonza de Minjaca.

Giudice           Risoluto venite. Sentiamo i quattro motivi.              

Chirurgo       Il primo è che non posso vederla più che non possa vedere il diavolo; il secondo è quello che ella sa; il terzo è quello che io non dico, e il quarto perché non mi rapiscano tutti i demoni quando uscirò di questa vita, se dovrò restare in sua compagnia fino alla morte.

ProcuratoreHa provato pienamente le sue affermazioni!

Aldonza       Signor Giudice, vossignoria mi ascolti, e sappia che se mio maritochiede il divorzio per quattro motivi, io lo chiedo per quattrocento.  Il primo è che tutte le volte che lo vedo mi par di vedere satanasso in persona; il secondo, che fui ingannata quando mi sposai con lui giacché affermò di essere medico laureato e risultò invece un aggiustaossi, di quelli che accomodano le slogature e fanno altre cure dappoco, che appetto del medico significa la metà del giusto prezzo; il terzo motivo è che è geloso del sole che mi tocca; il quarto che, non potendolo soffrire, vorrei che fra me e lui ci fosse una distanza di due milioni di leghe...

Cancelliere   Chi diavolo potrà riuscire ad aggiustare orologi che hanno i meccanismi così sregolati?

Aldonza         Il quinto motivo...

Giudice           Signora, signora, se avete intenzione di snocciolare qui i vostri quattrocento motivi, sappiate che io non starò ad ascoltarvi, né c'è il tempo di farlo. Il vostro allegato deve essere provato, se no andate con Dio, ché abbiamo altre faccende da sbrigare.

Chirurgo       Che altre prove ci vogliono, se non che io non voglio mo­rire con lei, e lei non vuol vivere con me?

Giudice           Se bastasse codesto per divorziare, infinitissimi si togliereb­bero di dosso il giogo del matrimonio.

Entra un tale vestito da Facchino,

col suo berretto fatto di quattro losanghe di vari colori.

Facchino       Signor giudice: facchino io sono, non lo nego, ma vecchio cristiano1 e uomo dabbene se altri mai; e se non fosse che qualche volta prendo del vino, o piuttosto il vino prende me, per essere più esatti, sarei stato prevosto della corporazione dei portatori; ma lasciando cotesto da parte, giacché si dovrebbe parlarne a lungo, de­sidero che il signor giudice sappia che trovandomi una volta in preda ai fumi di Bacco promisi di sposarmi con una donna di malaffare; tornato in me, mantenni la promessa e presi in moglie la donna tratta fuori dal peccato, permettendole di assumere una bancarella di erbivendola. Ma è rimasta così cattiva e di bestiale carattere, che attacca lite con quanti si avvicinano alla sua bancarella, o per via del peso scarso o perché gli si accostano alla frutta, e in un attimo li picchia coi pesi della bilancia sulla testa o dove capita, e li insulta fino alla quarta generazione, sicché non ha un'ora di pace con le vicine, già chiacchierone per conto loro e io devo tenere tutto il giorno la spada più a portata di mano d'una trom­betta per difenderla; e non guadagniamo abbastanza per pagare le multe per i pesi irregolari e le continue baruffe. Vorrei dunque, col beneplacito di vossignonoria, essere separato da lei, o almeno che le facesse cambiare il carattere violento che ha, inducendola alla calma e alla moderazione. Prometto in cambio a vossignoria che le porterò a casa gratis tutto il carbone che comprerà quest'estate, avendo io molta autorità nella confraternita dei fratelli dalla schiena solida.

Chirurgo       Io conosco la moglie di questo buon uomo ed è altrettanto cattiva quanto la mia Aldonza, che è tutto dire.

Giudice         Udite, signori:  quantunque alcuni di voi abbiano esposto alcune cause che richiedono necessariamente sentenza di divorzio, è necessario però che ogni cosa consti per iscritto e che lo confermino i testimoni. Vi ammetto dunque le prove..  Ma cosa vedo? Musica e chitarre alla mia udienza? Gran novità è questa!

Entrano due suonatori.

Suonatore     Signor Giudice, quella coppia di sposi tanto inferociti che l'altro giorno vossignoria pacificò, conciliò e tornò a unire, sta aspettando vossignoria a casa sua per una gran festa, e ci manda a pregare vossignoria che si degni di andare colà e d'onorarli con la sua presenza.

Giudice           Verrò molto volentieri, e piacesse a Dio che tutti i presenti si riconciliassero come coloro.

Procuratore            Se ciò accadesse, noi procuratori e avvocati di questo tribunale morremo di fame! Speriamo perciò il contrario, che tutti chiedano il divorzio; tanto più che alla fine tutti restano come prima, e noi ci godiamo il frutto delle loro liti e delle loro stupidaggini.

Suonatore                Vogliamo cominciare la festa fin da questo istante.

Cantano i musicanti:

Fra marito e moglie onesti,

quando c'è una lite aperta,

val meglio il peggiore accordo

che il migliore dei divorzi.

Se non acceca l'inganno

sciocco in cui sono alcuni,

le liti del dì di San Giovanni

dàn pace per tutto l'anno.

Risuscita allor l'onore

e il diletto, ch'era morto,

quando il peggior accordo

val più del miglior divorzio.

Anche se la gelosia

è forte e molto crudele,

se ne è causa una bella donna

non è gelosia, ma cielo1.

Tale è il parere d'Amore

che è il sapiente più esperto:

val meglio il peggior accordo

che dei divorzi il migliore.

Termina la farsa chiamata Il Giudice dei divorzi


1   Nel Medioevo, i rapaci usati dal re e dai nobili per la caccia erano effettivamente esenti  da  ogni  imposta.

1   Gioco di carte in cui vinceva chi aveva in mano quattro carte della stessa figura.

2 Città sulle coste del Marocco; era il punto di partenza e d'arrivo dei corsari mori, e centro di raccolta degli schiavi cristiani.

1   Nel testo c'è un gioco di parole fra comisión e comezón. La comisión era la nomina regia che permetteva al giudice di andare ad esercitare l'autorità in un determinato territorio; la comezón, il prurito o voglia di andare ad arricchire illecitamente grazie a quella comisión.

1   Nel testo, letteralmente:   « Non mi stima nel ballo del re Pierino ».

1   Nella Spagna filippina il "vecchio cristiano" era colui il cui lignaggio non aveva mai avuto contatti con Ebrei o con Mori.

1   Nel testo vi è un intraducibile gioco di  parole fra celos (gelosia) cielos (cieli).