Il granchio

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Negro

I L      G R A N C H I O

due  tempi

di

Salvino Lorefice

PERSONAGGI:

-Il Capo

-Lo Specialista

-Il Morbido

-Il Negro

-L’Ebreo

-Ben

-Gus

CONTRO OGNI FORMA DI VIOLENZA

NOTE:

·Tra il primo ed il secondo tempo può non esserci intervallo.

· “Il Morbido” può essere un personaggio femminile.

PRIMO TEMPO

Un rifugio di nazisti e razzisti arredato con terminale per collegamenti Internet.

I tre lati della scena sono interamente coperti da pesanti drappi, una serie di tende scorrevoli, che nascondono le pareti della “stanza”, la porta e la finestra. Nella stanza vi sono due tavoli e delle sedie.

Scena Prima

La scena è in semioscurità. Dalla porta, sul lato destro, entrano tre figure.

Gus                      - Accendi la luce, Ben.

Ben                      - Un momento solo, Gus.

(La scena s’illumina. Uno dei tre uomini è incappucciato e con le mani legate dietro la schiena).

Ben                      - Oh! Qui siamo al sicuro. Vieni, tu. (E trascina l’incappucciato verso il centro della stanza).

Gus                      - Credi che dovremo aspettare molto?

Ben                      - Non lo so. Intanto potremmo divertirci noi, un po’. Che ne dici, Gus?

Gus                      - No, Ben   - Lo sai che il capo non vuole che si maltrattino gli ospiti.

Ben                      - (con ironia). Oh, lui è il capo, nostro signore. vuole il bello del principio. Non gli piacciono le cose sciupate. (pausa). Solo un colpo, Gus.

Gus                      - Lascia stare, Ben - Piuttosto: credi che resisterà sino alla fine?

Ben                      - Dipende da lui. (All’incappucciato). Eh? Dipende da te. (E lo spintona). A me sembra robusto.

Gus                      - Di robusto è robusto. E se non ce la fa?

Ben                      - Lo seppelliremo. O gli legheremo una pietra al collo e lo butteremo nel fiume.

Gus                      - Ih! Ih! Ih! Non farmi ridere,

Ben                      - “Dopo” dovremo liberarlo: dobbiamo dare l’esempio. Altrimenti…

(All’improvviso, dalla porta entra il Capo. Elegantemente vestito, con giacca e cravatta. Sembra un impiegato ministeriale, un uomo mite, ma col passare dei minuti si dimostra un uomo dallo sguardo duro, freddo. Lentamente assume un tono autoritario).

Ben                      - Salve, capo.

Gus                      - Hai visto? (indica l’incappucciato). Lo abbiamo trovato. Questo c’è sembrato robusto.

Capo                    - Ottimo. Ottimo lavoro.

Gus                      - Oh, non è stato difficile trovarne uno: ce ne sono tanti.

Ben                      - Però ho dovuto stordirlo, per poterlo legare e bendare.

Gus                      - Ma non l’abbiamo ammaccato, no.

(Mentre Ben e Gus parlano, il Capo comincia a spogliarsi, lentamente, iniziando un estenuante monologo. E mentre recita allarga, nella parete sinistra, due lembi della tenda: appare una finestra murata. Il Capo apre i due infissi interni e respira come se fosse entrata una ventata d’aria fresca).

Capo                    - Un elenco di detenuti. Di scomparsi. Di ritrovati morti. … Di quale elenco farai parte? … Non lo so. Non lo so ancora. Nessuno lo sa. E tutto dipende  da me. Io sono il tuo Dio. Io posso decidere della tua vita e della tua morte. E del tuo sangue. Le tue ossa rotte. Ruota. Ferro rovente. Che farò di te? Oh, che farò? Steso al sole d’estate… a imputridire sulla riva di un fiume. Tutto è possibile. Spera solo di vincere la gara. E forse ce la farai. Forse potrai raccontare la tua avventura. Questa tua, nostra, meravigliosa avventura..

(Ben e Gus ridono e approvano con ammirazione).

Capo                    - (che ormai si è spogliato ed è rimasto in slip). Ben e Gus, i migliori “trovatori” d’Italia.

Ben                      - Grazie. Grazie, capo.

Capo                    - Sì, i migliori. Bravi.

Gus                      - Puoi dirlo, capo.

Capo                    - Sì, sì. (Si avvicina ad una parete ed allarga atri due lembi della tenda: al muro sono appesi un paio di pantaloni di lucida pelle nera, un giubbotto senza maniche, anch’esso di pelle nera, un berretto da ufficiale militare. A terra, un paio di stivali neri).

Capo                    - (mentre indossa la “divisa”). Quando arriva lo Specialista?

Ben                      - Ormai dovresti saperlo, capo.

Gus                      - Il primo ad arrivare è sempre stato il Morbido.

Capo                    - Non so che farmene del Morbido. Con lo Specialista, invece, è tutto più divertente. Forza, cominciamo.

Ben                      - Sì, dai.

Gus                      - Conficchiamogli degli spilli roventi sotto le unghie.

(Il Capo va ad aprire altri due lembi della tenda e sulla parete che viene scoperta appare un grande pannello di legno, una specie di grossa insegna colorata, con un disegno vagamente somigliante alla svastica nazista: un simbolo molto appariscente con scritte e slogan razzisti. In pratica, la scena si dimostra sempre più, ma a gradi, una stanza della tortura, un covo di skiheads, con foto di Rudolf Hess e di Hitler, bottiglie con il collo insanguinato, filo spinato ed altri arnesi appesi. Su una mensola vi sono un grande video schermo e una web-cam ben disposta. Dopo aver messo in mostra i pannelli e le mensole prima nascosti dalle tende, il capo si toglie, con gesto rituale e lentamente, la parrucca: è completamente pelato).

Capo                    - ( a Ben e Gus). E voi, che cosa aspettate? Si comincia.

(Anche Ben e Gus si tolgono le parrucche: anche loro sono pelati. Si tolgono le camicie e le giacche e rimangono in canottiera nera, esibendo grossi cinturoni).

Capo                    - ( afferrando il cappuccio dell’uomo legato). Questi cani hanno bisogno del veterinario. Vediamo il muso di costui. (Gli toglie il cappuccio: l’uomo legato è un negro. È imbavagliato. Geme. Potrebbe essere un nordafricano, di pelle  più  chiara, ma per loro sarà sempre “un negro”).

Ben                      - Abbaiava, e così l’abbiamo dovuto imbavagliare.

 

(Il Capo comincia a girare intorno al negro, osservandolo):

Capo                    - Immigrati, li chiamano. Ah! Ah! Ah! immigrati! “sputh!” (Gli sputa).

Ben                      - No, ancora più fine: extracomunitari.

Gus                      - Sì, animali fuori del comune (ride, insieme a Ben).

Capo                    - Schiavi!

(Pausa. Lo sguardo e il silenzio del capo sono minacciosi. Ben e Gus ridacchiano, sembrano aspettare qualcosa).

Capo                    - ( al negro). Parli subito, o vuoi partecipare allo spettacolo? (gli toglie il bavaglio). E ti assicuro che ci sarà da divertirsi.

(Ben e Gus continuano a ridacchiare).

Negro                  - ( spaventato, riprende fiato). Chi siete? Che volete?

Capo                    - ( calmo). Lo sapevo. Lo sapevo che i tuoi primi latrati sarebbero stati questi. Domande. Domande.

Ben                      - Ti faremo sputare l’anima, scarafaggio.

Gus                      - Non vedo l’ora di usare “Carolina”. Vedrai che carezze.

Ben                      - Già, carezze di fuoco. (Ben e Gus ridono).

Capo                    - ( grida). Te lo chiedo per l’ultima volta: parla.

Negro                  - Ma che volete, da me?

Capo                    - Hai perso l’ultima occasione. Ormai dovrò lasciarti nelle mani dello Specialista.

Ben                      - Ti farà pisciare sangue, quello.

Gus                      - Ti arrostirà a fuoco lento. E se brucerai, ti seppelliremo.

Ben                      - E nessuno sentirà più parlare di te.

Negro                  - Ma che volete? Che volete?

Ben                      - Lo sai. E anche noi lo sappiamo. Quindi ti conviene parlare… negro.

Capo                    - E se parli, forse ti salverai. Vedi, noi non vogliamo cadaveri: sono solo fastidi. Ci basta che la gente impari la lezione. Capito, cane negro? (Lo spinge e il negro cade a sedere su una sedia. Ben e Gus riprendono a ridere).

Ben                      - Cominciamo?

Capo                    - No. Per ora no. Andiamo, lasciamolo riflettere. Da solo. Tra un paio d’ore forse parlerà. Non è vero?

(Il negro non risponde).

BUIO.

Scena Seconda

Al riaccendersi delle luci, sono in scena il negro e il morbido.

Morbido              - Ma come?, ti hanno lasciato legato? Potevano farne a meno.. (comincia a slegarlo). Qualche volta esagerano, quei bruti. Nel tuo caso, non credo sia necessario tenerti legato. Non mi sbaglio, vero? (aiuta il negro a rimettersi a posto, gli massaggia i polsi). Sono sicuro che li accontenterai. (lo osserva). Sì, li accontenterai. Che ti frega? Fai quei nomi, firmi e te ne vai. Di nuovo libero. E ti salvi. Io lo dico per te, sai? Ne ho visti, di duri, ma poi… dopo un breve trattamento dello Specialista… Parla, dai retta a me.

Negro                  - Chi sei? Ti hanno mandato loro?

Morbido              - Che importanza ha chi sono? Io ti sono amico, io non sono come “loro”. Parla, ti dico. Visto che non avrai la forza di tacere a lungo, tanto vale dire tutto e subito. È un consiglio che ti do. Gratis.

Negro                  - È tempo perso: non so di cosa stai parlando.

Morbido              - Non fare finta. Tanto sanno già tutto. È solo per essere sicuri che dici la verità. È una specie di prova di fedeltà. Se parli, ti lasciano libero. A che ti serve negare, dal momento che sanno già tutto?

Negro                  - Ma che volete, che volete da me?

(Improvvisamente, entra il capo seguito da Ben e Gus).

Capo                    - ( adirato). Basta. Basta sprecare fiato e tempo (schiaffeggia il negro ripetutamente).

(Ben e Gus tengono per le braccia il negro, che vorrebbe reagire, e poi lo colpiscono ai fianchi e sul collo. Il negro si accascia su una sedia).

Negro                  - ( ansimando). Mi cercheranno… denunceranno la mia scomparsa.

Capo                    - Un negro in più o in meno… chi vuoi che se ne accorga?

(Entra lo Specialista).

Specialista           - Come! Avete fatto sedere questo porco? Perché non gli diamo addirittura una poltrona?

Ben                      - Salve, Specialista.

Specialista           - Zitto, Ben            - E preparati a giocare a football. (con un piede spinge il negro e con la mano solleva la sedia. Il negro rotola a terra). Buon divertimento.

(Subito dopo, lo Specialista, Ben, Gus e il Capo iniziano a dare calci al negro, colpendolo con rabbia in viso e ai fianchi, per dieci o venti secondi. Poi, esausti, smettono).

Ben                      - ( ridendo). Ho fatto… ho fatto tre gol.

Gus                      - ( ridendo). E tu … hai visto quel rigore? Devo avergli colpito il fegato.

(Il Morbido, ipocritamente, si precipita a soccorrere i Negro           - Lo aiuta ad alzarsi).

Morbido              - Visto? Hai visto? Sei contento, adesso? Credimi: e questo non è niente.

Capo                    - ( ansimando). Ti conviene cantare subito, bastardo di un negro bastardo. Ti diamo l’ultima occasione.

Morbido              - ( al negro). Vuoi un po’ d’acqua? (E da una mensola posta dietro la tenda riempie un bicchiere d’acqua).

Specialista. Sì, perché non gli offri un whisky?

(Mentre il Morbido porge il bicchiere al negro e questi, assetato e con il viso insanguinato, sta per bere, il Capo dà un calcio al bicchiere. Ben e Gus ridono).

Specialista. Basta, ora. Ora facciamo sul serio. (A Ben e Gus). Preparate “Carolina”. E tu, verme negro, spogliati.

(Il negro esita).

Capo                    - ( con calma minacciosa). Ti spogli da solo, brutto marocchino, o ti spogliamo noi?

(Il negro, lentamente, comincia a spogliarsi, mentre Ben e Gus, da dietro la tenda tirano fuori un carrello con sopra “Carolina”, che è una bobina di filo di rame: una rudimentale batteria con fili ed elettrodi).

Morbido              - Te l’avevo detto, te l’avevo detto. Ora ti misurano la tensione del buco e poi t’inculano. Tutti e quattro. A turno. E Ben ce l’ha grosso, sai?

Ben                      - Cacherai sangue.

(Il negro è in mutande. Guarda spaventato Ben e Gus che stanno districando i fili della bobina e avvitando i morsetti. Per qualche secondo regna il silenzio assoluto).

Capo                    - Bene. Adesso andiamo a bere un goccetto alla tua salute e poi torniamo per iniziare la festa. Pensaci, negro.

(I cinque razzisti escono. il negro comincia a piangere, prima sommessamente, poi a singhiozzare freneticamente).

BUIO.

Scena Terza

Al riaccendersi delle luci sono presenti: il Capo, Ben, Gus, il Morbido e lo Specialista. Tutti e cinque sono seduti in “cerchio” al cui centro sta il negro, in piedi.

Specialista           - ( toccando con un frustino da cavallerizzo gli slip del negro). E questi cosa sono? Via, via. Tutto nudo, nudo. I vermi devono stare nudi. Avete mai visto un verme in mutande?

(Tra le risate dei presenti, il negro si toglie gli slip).

Specialista. Preparatelo.

(Ben e Gus e anche il morbido cominciano a legare le caviglie e i polsi del Negro Dietro le ginocchia gli fissano un bastone).

Morbido              - Mi dispiace, Negro Io non vorrei farlo. ma è colpa tua. Sei tu che non vuoi parlare. Parla, sei ancora in tempo. Non è vero, capo?

Negro                  - Smettila, ipocrita. Conosco questi sporchi giochetti.

Capo                    - Ehi, ma allora ci sei già passato. Ma sì: tu sei sudafricano, sei del Sudafrica.

Negro                  - No, non sono sudafricano.

Capo                    - Ma sì. Vediamo i tuoi documenti. (Cerca tra i vestiti del Negro Trova un documento e lo guarda). Ehi, Morbido Guarda-guarda-guarda dove è nato il nostro amico. (lancia il documento al Morbido).

Morbido              - ( leggendo il documento). Kingston Town.

Capo                    - Già. Un bel villaggio. Kingston Town. Ho vissuto più di sei mesi, a Kingston Town. Non conoscevi per caso un certo Sliman Kerdouci? Faceva il medico, a Kingston Town.

Negro                  - Non conoscevo nessun medico.

Capo                    - Ma sì, di sicuro l’avrai conosciuto. Lo chiamavano “il Granchio”, grazie a me. Ti ricordi del Granchio?

(A queste parole, il negro cerca di aggredire il Capo ma, avendo le caviglie legate, cade a terra, dove non può fare altro che dibattersi, cercando di rialzarsi).

Negro                  - Tu, sei stato tu. Sporco razzista.

Capo                    - Senti-senti… allora lo conoscevi. Ormai non puoi più negare: avevi rapporti col Granchio.

Negro                  - Slegami, slegami brutto assassino. Slegami.

Capo                    - Slegarti? E perché mai?

Negro                  - Voglio strangolarti con le mie mani.

Specialista           - Basta con le parole. Veniamo ai fatti.

Ben                      - Si comincia, finalmente.

Morbido              - Salvati, negro, salvati.

Gus                      - Smettila, Morbido Ci vuoi togliere tutto il bello?

(Da un carrucola-argano è fatto scendere un gancio. Il negro viene agganciato per le caviglie e sollevato lentamente, a testa in giù. Nel frattempo, Ben sfiora tra loro le estremità di due fili, producendo così scintille e un leggero stridore).

Capo                    - Sostengono che dopo un trattamento del genere ai testicoli si diventa sterili.

Negro                  - ( con orgoglio). Ho già due figli, sporco  razzista.

Capo                    - Due bastardini? Hai due bastardini? A me piacciono, i cuccioli dei negri bastardi: assomigliano a delle scimmiette: ci giochi, fanno compagnia… quand’ero a Kingston Town ne tenevo sempre due o tre.

Ben                      - Bisognerebbe ammazzarlo, questo stronzo.

Capo                    - Mi piacerebbe, Ben, mi piacerebbe. Ma poi chi fa la gara?

(Gus, che era uscito poco prima a prendere una bacinella colma di liquido scuro, rientra e la va a depositare sotto la testa del negro).

Gus                      - Senti che fetore? È acqua sporca con urina e merda. Hai sete? Vuoi bere?

Ben                      - Che c’è? Hai chiesto di bere, no?

Gus                      - Su, non fare lo schizzinoso: voi negri ci siete abituati. (Gli versa un po’ d’acqua in viso, con il palmo della mano. Il negro rigetta, tossisce).

Ben                      - Rigetta, il porco.

Gus                      - È duro, il porco.

Specialista           - Immergetegli la testa nel secchio.

(Ben e Gus eseguono e, allentando la carrucola, immergono la testa del negro nella bacinella per qualche secondo. Poi allentano completamente e lo fanno stramazzare al suolo).

Ben                      - Ecco fatto.

Gus                      - Il negro è servito.

(Il capo si pone davanti al corpo del negro e gli urina addosso).

Capo                    - Adesso ti ripuliamo un po’.

Ben                      - Ti laviamo….

Gus                      - …E ti profumiamo.

(Ben e Gus prendono a loro volta ad urinare in faccia al negro che, con i polsi legati e rotolando, cerca di scansare, invano, i “getti”).

Ben                      - Così bagnato sentirai più dolore, verme nero. Vedrai.

Negro                  - ( dibattendosi). Mi vendicheranno… la pagherete…

Gus                      - Ma ti stiamo bagnando, dovresti ringraziarci: così non resteranno tracce e non rovinerai la tua lurida pellaccia puzzolente.

Negro                  - La pagherete, mostri.

(Ben e Gus sollevano di peso il negro e lo adagiano su un tavolo, supino. Lo legano).

Negro                  - ( urlando). La pagherete. La vera giustizia vi colpirà.

(Lo Specialista prende gli elettrodi e li avvicina lentamente al corpo del negro, mentre le luci si abbassano).

Negro                  - ( urlando di terrore). Nooooo!

BUIO – SCINTILLE – BUIO.

Scena Quarta

Al riaccendersi delle luci sono in scena il Capo e il Morbido.

Morbido              - Il dottore si è lamentato. Dice che senza di lui, senza il suo controllo, non dobbiamo usare “Carolina”.

Capo                    - Ma sì, in fin dei conti quell’animale negro non è morto.

Morbido              - Già, ma c’è mancato poco. E sai benissimo che senza un negro non possiamo iniziare la gara. I visitatori del nostro sito Internet sono stati categorici: il novanta percento vuole un negro, sulla scena.

Capo                    - Sì, i negri sono i più forti, sono i più quotati. Sono sicuro che anche stavolta vincerà il negraccio. Per questo dobbiamo indebolirli un po’, prima. Non si fa così anche con i tori delle corride?

Morbido              - Questi negracci! Stanno rovinando l’Italia, dopo aver rovinato la Francia e l’Europa.

Capo                    - Già. Con le loro storielle sulla minoranza etnica impietosiscono il mondo e poi che fanno? Ci rubano il lavoro e pretendono pari trattamento, pari diritti, pari di-gni-tà..

Morbido              - Ho letto qualche giorno fa che anche nella Repubblica Sudafricana, ultimo fortilizio della Razza Bianca e delle giuste separazioni biologiche, i negri hanno ottenuto il diritto di essere eletti in parlamento. Eh! De Klerk sta invecchiando. Figurati, ha persino liberato quel Mandela. Vedrai che farà succedere, adesso, quel negraccio.

Capo                    - Io, col  Sudafrica, ho chiuso. Da quando mi hanno messo “gentilmente” alla porta, con quel governo non voglio più averci niente a che fare. Meglio mettersi a lavorare in proprio. Qui, nella libera e democratica Italia. Il covo l’abbiamo, il Sito Web pure, che vogliamo di più? New Economy anche per noi.

Morbido              - A Città del Capo erano in troppi, ormai, a voler comandare. E i servizi segreti di mezzo mondo rompevano troppo i coglioni. In fin dei conti abbiamo fatto bene a cambiare aria.

Capo                    - E pensare che avevamo ben collaborato, eh Morbido?

Morbido              - E non solo: facevamo bene il nostro mestiere: tutti i prigionieri posti sotto la nostra tutela se la sono cavata. Nessuno è morto. Con i miei consigli, molti ribelli hanno parlato ancor prima di farci consumare energia elettrica. (Ride).

Capo                    - A proposito. Ti ricordi del Granchio, vero?… il Granchio, Sliman Kerdouci…

Morbido              - Chi, quello che…

Capo                    - Proprio lui. Quel negretto che abbiamo appena abbrustolito è di Kingston Town. Probabilmente erano amici, lui e il Granchio. Hai visto la reazione che ha avuto appena l’ho nominato.

Morbido              - Mi ricordo di lui. Un osso duro, quel Granchio. Peccato che abbia fatto quella fine. In fin dei conti si era salvato.

(Entra lo Specialista   - È contento. Mostra un quotidiano).

Specialista           - Avete saputo? Proprio oggi. La gente comincia a prendere coscienza. (Legge l’articolo). “Un operaio di una lavanderia industriale di Vicenza è stato aggredito da due individui, picchiato e rapinato dello stipendio mentre tornava a casa. I due aggressori sono fuggiti su un’auto bianca”.

Capo                    - ( un po’ adirato). Ben e Gus! Prima o poi quei due idioti si faranno beccare, per queste bravate.

Morbido              - Beh, l’importante è che non l’abbiano ammazzato.

Specialista           - E se anche l’avessero ammazzato? Dobbiamo respingere l’alluvione di allogeni che ci sta per sommergere. Dobbiamo preservare il nostro patrimonio ed il nostro paesaggio culturale.

Morbido              - D’accordo. D’accordissimo. Ma ammazzarli è sbagliato. Sbagliato!

Capo                    - Sbagliato, dici?

Morbido              - Beh, … Ammazzarli con la violenza, voglio dire.

Specialista           - Nessuna violenza del genere è sbagliata, se è operata da giovani della nostra Razza. Sarà sbagliata per gente molliccia e senza palle, ma è pur sempre un episodio di giustizia. Che resterà d’esempio per gli altri. Bisogna fermare i neri e i meticci.. rispedirli a casa, revocare i permessi di soggiorno. Tenere in Italia due milioni e mezzo di allogeni è un crimine. Un crimine.

Morbido              - E che vorresti fare, ammazzarli tutti?

Specialista           - Perché no? Una, dieci, cento, mille Dachau. Ai forni!

Morbido              - Ma è impossibile.

Capo                    - Calma, state calmi voi due. Non possiamo bruciarli tutti, no. No. Ma ogni tanto, dare fuoco ai loro sporchi tuguri dove dormono a dozzine in una stanza… non può che essere purificatore.

Specialista           - Ben detto, capo.

Morbido              - Capo, lo sai che non voglio sentire questi discorsi. Per me… sì, potete storpiarli, accecarli, mutilarli. Ma basta che li lasciate vivi. Quella gara, per esempio, io non la sopporto.

Specialista           - Uuuuuuh! Che c’è, morbiduccio? Sei debole di stomaco?

Morbido              - Non credere di essere peggiore di me, Specialista, solo perché arrivi alla soluzione finale, capito? (si avvia ad uscire). Chiamatemi, quando avrete il secondo concorrente: Ben e Gus non dovrebbero tardare. E non dimenticate il collegamento in Rete, stanotte. (Esce).

(Il Capo e lo Specialista rimangono soli. Lo Specialista si toglie la parrucca: anche lui è pelato. Il Capo lo guarda. I due stanno in silenzio. Si dividono il giornale e lo sfogliano. Si versano da bere. Si siedono e si guardano muti per qualche altro secondo. Il Capo si alza e si avvicina allo Specialista Anche lo Specialista si alza. I due si baciano sulla bocca. Appassionatamente).

BUIO.

Scena Quinta

Al riaccendersi delle luci, il Capo e lo Specialista sono semi nudi: si stanno rivestendo.

Specialista           - A Roma, gli zingari stanno diventando un problema.

Capo                    - Penseremo anche a loro.

Specialista           - Due zingare sono entrate in un ospedale e hanno rubato due neonati.

(Il Capo non dice nulla).

Specialista           - Li rivenderanno ad un’altra tribù che poi li userà per rubare e chiedere l’elemosina.

Capo                    - Penseremo anche agli zingari, ho detto.

Specialista           - Daremo fuoco a un campo nomadi,  vero? A quelle loro luride roulotte. Hai visto che roulotte? E che mercedes! Li bruceremo vivi: l’hai promesso, una volta. Vero che l’hai promesso? È un sacco di tempo che non ci divertiamo con un’azione dimostrativa.

Capo                    - Prima dobbiamo pensare ai negri.

Specialista           - Ma perché?

Capo                    - Perché sono neri, e aumentano sempre di più, di giorno in giorno.

Specialista           - E dopo i negri?

Capo                    - Poi… poi sarà il turno degli zingari.

(Mentre lo Specialista dimostra  la propria soddisfazione saltando e facendo mosse di karatè, entrano Ben e Gus preceduti da una persona incappucciata, ansimanti).

Ben                      - Ehi, capo, abbiamo trovato il secondo concorrente per la gara.

Specialista           - Bene, bene. Portatelo qui, fatelo riposare, poverino. Vediamo chi è? Chi sei, pesciolino?

Ben                      - ( accomodante). Beh, non è uno zingaro… però…

Specialista           - Non è uno zingaro? Ma  capo, avevi detto che… io credevo ad una sorpresa…

Ben                      - Ascolta, prima di sentirti deluso, Specialista.

Specialista           - Credevo che foste andati a prendere uno zingaro!

Ben                      - Per gli zingari c’è sempre tempo. Si trovano ovunque.

Specialista           - E questo qui, chi è, allora?

Gus                      - Questo, invece… non ci crederai, Capo - È un pezzo raro: Si chiama Levi. È un Levi.

Ben                      - Ha sentito, capo? Hai visto che colpo, Specialista? Avremmo dovuto lasciarcelo scappare per uno schifoso zingaro?

(Il Capo si alza di scatto. Il suo viso e i suoi occhi sprigionano felicità).

Capo                    - Levi! Un ebreo!

BUIO.

Scena Sesta

La scena è in penombra. Sono presenti il Morbido e l’ebreo. Quest’ultimo è seduto, legato alla sedia.

Morbido              - Credi che voi ebrei non siete più perseguitati, vero?

Ebreo                   - Noi ebrei siamo perseguitati da cinquemila anni.

Morbido              - Volevo dirti: credi che non ti faranno del male, vero?

Ebreo                   - E perché dovrebbero? Sono solo un insegnante di Storia e Filosofia. Non ho fatto nulla, niente di male. E poi, non faccio politica. E non sono nemmeno ricco.

Morbido              - ( sorridendo con compassione). Allora non sai con chi hai a che fare.

Ebreo                   - L’Anonima Sequestri? Chiederete un riscatto alla mia famiglia? L’ho già detto: non siamo ricchi.

Morbido              - Voi ebrei siete tutti ricchi. Non ho mai visto un ebreo povero. Nemmeno nei film. E non riuscirei ad immaginarmelo.

Ebreo                   - Viviamo dignitosamente: è una colpa?

Morbido              - Lascia perdere, Ebreo     - Non ti dicono nulla questi quadri? Questi simboli? (Scosta un paio di tende).

Ebreo                   - ( rabbrividendo). Nazisti.

Morbido              - E della peggiore specie, credimi. Io sto con loro, è vero, ma non sono un violento. Condivido le loro idee, ma non i loro metodi e le loro azioni. E perciò, sai che ti dico? Ti farò fuggire.

Ebreo                   - ( sorpreso). Mi farai fuggire?

Morbido              - Sì.

Ebreo                   - Ho capito. E cosa vorresti in cambio?

Morbido              - Nulla. Assolutamente nulla. Ora ti slego.

(Il Morbido comincia a slegare le caviglie e i polsi dell’ebreo).

Morbido              - Vogliono ucciderti e io sono contrario. Eccoti slegato.

Ebreo                   - ( esitando, un po’ diffidente). Grazie.

Morbido              - Io odio i neonazisti, i nazionalisti come certi leader italiani, francesi, austriaci…

Ebreo                   - Perché non fuggi?

Morbido              - Non posso abbandonare il mio capo, i miei camerata. Ho giurato. E poi… dove andrei?

Ebreo                   - Intanto vieni via con me: ti daremo una sistemazione.

Morbido              - E cosa farei? Mi ritroverebbero. Non hanno pietà con i traditori. Specialmente con i traditori.

Ebreo                   - Ma li denunceremo, faremo cessare questa … pazzia.

Morbido              - No, Ebreo            - Va via tu, finché sei in tempo. (Pausa). Vai, salvati.

(L’ebreo lo guarda, quasi con pietà, per qualche secondo. Poi si avvia ad uscire, ma esita ancora. Il Morbido lo incoraggia. L’ebreo fa ancora qualche passo e, improvvisamente, la scena si illumina con violenza. Sulla porta compare il capo, seguito da Ben e Gus).

Capo                    - ( urlando). Fermo là, Ebreo         - Stavi fuggendo eh?

Ben                      - ( incalzando). Dove volevi andare?

Gus                      - ( idem). Volevi farci fessi, eh?

Capo                    - Tutti uguali, voi ebrei.

(Il Morbido comincia a ridere sadicamente, a crepapelle, indicando l’espressione confusa e impaurita dell’ebreo, che indietreggia smarrito. Vedendo ridere il Morbido si smarrisce ancor più, capendo di quale ignobile scherzo è stato vittima).

Morbido              - ( ridendo). Voleva portarmi via con sé…

Capo                    - ( adirato e con finta indignazione). Cooosa? Volevi portartelo via? Volevi “corromperlo”?

Morbido              - ( ridendo). Voleva denunciarvi…

Capo                    - Cose da pazzi! Ma in che mondo viviamo? Un ebreo che vorrebbe denunciare degli onesti e bravi cittadini?

Morbido              - È furbo, l’amico. È un filosofo, un intellettuale.

Capo                    - E magari è di quelli che scrivono su quei giornali di merda: Scialòm o Scialàm o come cazzo si dice. È così, filosofo dei miei coglioni?

Gus                      - Adesso sì, che sei nei guai, filosofo.

Ben                      - A me i filosofi mi fanno scorreggiare. (Spernacchia in faccia all’ebreo e ride).

Capo                    - E così sei uno sporco ebreo e per sovrappiù filosofo.

Ben                      - I filosofi ebrei, invece, mi fanno cagare.

(Ben e Gus ridono. L’ebreo scatta con rabbia verso il Morbido, cerca di aggredirlo, ma il Capo gli fa uno sgambetto e lo fa cadere).

Gus                      - È caduto, poverino. (e gli assesta un calcio alle costole).

Ben                      - Aiutiamolo, dai. (fa finta di aiutarlo, e quando è quasi in piedi, gli dà una gomitata sul collo e lo ributta a terra).

(Entra lo Specialista e si avvicina in silenzio).

Capo                    - Alzati, sporco Ebreo       - ( gli dà un primo calcio).

Specialista           - Avete già incominciato la festa, a quanto vedo.

Capo                    - Volevi fuggire… (gli da un secondo calcio).

Specialista           - Scommetto che voleva fuggire (Come dire: che ingenuo!).

Capo                    - Avete ucciso Gesù. (terzo calcio). …Siete usurai. (quarto calcio). …e volevi fuggire col Morbido  (quinto calcio).

Specialista           - (continuando l’azione del capo). … vi siete inventati i campi di concentramento…

(Ben dà un calcio all’ebreo).

Specialista….E persino i forni.

(Gus dà un calcio all’ebreo).

Capo                    - E con quella scusa avete occupato la Palestina.

Specialista           - L’olocausto! (Pausa). Dite che sono morti sei milioni di ebrei, invece ne sono morti un milione “soltanto”. (Pausa). Ogni dieci anni dichiarate un milione di morti in più. (urlando). Altri cento olocausti dovevano fare! (in tono crescente, colpendo ripetutamente l’ebreo). E vi siete fatti la bomba atomica… e ora fingete di volere la pace coi palestinesi… ma uccidete donne e bambini…donne e bambini… donne e vecchi, anche i vecchi e i bambini… (calci, calci, calci).

Morbido              - ( con tono imperioso). Fermati, Specialista        - Basta. (urlando). Basta, ho detto.

(Lo Specialista smette. L’ebreo, a terra, rimane immobile).

Capo                    - ( al Morbido). Che c’è? Difendi gli ebrei, adesso?

Morbido              - ( quasi a scusarsi). Non lo vedi? È svenuto.

Specialista           - ( sputando sull’ebreo). Non ha le palle.

Ben                      - ( ridendo). Dicono che sono dei circoncisi.

Gus                      - Non ho mai visto un “circonciso”.

Ben                      - ( prendendo un secchio d’acqua da dietro una tenda). Eccolo lì, ce l’hai sotto gli occhi, no?

Gus                      - Volevo dire: non ho mai visto “un cazzo” circonciso.

Capo                    - Non ti sei perso nulla, Gus.

Ben                      - Si dice che serve per non fargli fare le seghe quando sono giovanotti.

Gus                      - Accidenti! Ma così restano repressi per sempre. Freud diceva che la masturbazione inizia nella più tenera età…

Capo                    - Proprio così. E poi sfogano i loro bassi istinti contro un popolo indifeso.

Specialista           - E gli tolgono anche le terre.

(Ben versa il secchio d’acqua in faccia all’ebreo che, dolorante, si riprende).

Morbido              - ( aiutando l’ebreo ad alzarsi). Su, su. Ora hanno smesso. Hanno smesso.

(L’ebreo allontana con sdegno il Morbido e si alza da solo, barcollando).

Morbido              - Non vuoi il mio aiuto, eh? Bene. Adesso di do pane per i tuoi denti. (prende un pesante libro e lo porge all’ebreo). Prendi.

(L’ebreo esita).

Morbido              - ( urlando). Prendi, prendi, ho detto.

(Ben e Gus ridacchiano. L’ebreo prende il libro).

Morbido              - E adesso tienilo con le braccia distese, davanti a te.

Specialista           - E non farlo cadere.

Ben                      - Sei un intellettuale, no? I libri sono preziosi, per te.

Gus                      - Se ti stanchi, fai un fischio.

Specialista           - Perché non fai un po’ di ginnastica? Forza, ebreo, così ti tieni in allenamento. Fletti quelle ginocchia. Fai qualche flessione… così… su, su. Così, dai: suuu… e giuuuuù…. Suuuu e guuuuù. Così, bravo.

(Mentre l’ebreo inizia ad eseguire le flessioni, il capo prende un altro vocabolario. Il Morbido comincia a contare e si ode in sottofondo).

Capo                    - Diamogliene un altro. (mette il secondo libro sulle braccia dell’ebreo). Dimmi, ebreo: com’è il peso della Cultura?

(Mentre i presenti ridono, lo Specialista prende un grosso elenco telefonico).

Specialista           - Vediamo se resisti. (getta di peso l’elenco telefonico sulle braccia dell’ebreo).

(Le luci cominciano ad abbassarsi molto lentamente, fino all’oscurità. Contemporaneamente, anche le voci si affievoliscono).

Ben                      - Io dico che arriva a cento flessioni.

Morbido              - …ventitré …. ventiquattro … venticinque…

Gus                      - Gli ebrei sono molluschi, non arriverà neanche a cinquanta.

Capo                    - Vedrai che tra qualche secondo crolla.

Specialista           - Se crolla lo faccio secco.

BUIO.

FINE PRIMO TEMPO

SECONDO TEMPO

Prima Scena

Al riaccendersi delle luci sono presenti Ben e Gus.

Ben                      - Il capo ha detto che dopo il negro e l’ebreo ci occuperemo degli zingari.

Gus                      - Davvero?

Ben                      - Sicuro. Me l’ha detto lo Specialista.

Gus                      - Hai visto come si è arrabbiato lo Specialista?

Ben                      - Si aspettava uno zingaro.

Gus                      - Embè? Gli abbiamo trovato un ebreo, che poteva pretendere di più? Al posto di un selvaggio, un culopiatto raffinato.

Ben                      - Sono d’accordo con te Gus.

Gus                      - Ieri, in televisione, hanno detto che una madre zingara ha marchiato a fuoco suo figlio perché si rifiutava di andare a rubare.

Ben                      - Sono degli animali, lo sanno anche loro e si marchiano a vicenda.

Gus                      - Sì, ma… (si ferma, esitate).

Ben                      - Ma…?

Gus                      - ( impacciato). Voglio dire… non tutti. Capisci?

Ben                      - No, Gus   - Non capisco.

Gus                      - Oh, non capisci mai niente, tu.

Ben                      - Che vuoi dire?

Gus                      - Beh, certe zingarelle di quattordici-quindici anni io… io me le farei.

Ben                      - ( sorpreso). Chi ti faresti, tu?

Gus                      - Certe zingarelle. Sai? Quelle che stanno a chiedere l’elemosina agli automobilisti fermi ai semafori.

Ben                      - ( con disgusto). E ti fotteresti una di quelle?

Gus                      - ( sognante) e subito, anche. Di corsa. Alla conigliesca.

Ben                      - Ma puzzano. Puzzano come cani morti.

Gus                      - Che c’entra? È logico che prima le farei fare una bella doccia. Anzi, due. Le metterei addosso un po’ di profumo e poi, come prima cosa, l’inculerei. Poi la sverginerei – a quell’età le zingarelle sono tutte vergini – e poi mi farei fare un pompino. E poi…

Ben                      - Basta, Gus, ché mi fai eccitare, cazzo.

Gus                      - ( malizioso). Che ne dici eh? Anche tu ti faresti una zingarellea, eh? (ammiccando). E ammettilo, dai.

Ben                      - ( impacciato). Beh, sì… sì.  Ma solo per sfregio, però.

Gus                      - Ma si capisce, Ben          - Si capisce: solo per sfregio.

Ben                      - Invece, una negra non la toccherei neppure con un bastone lungo due metri.

Gus                      - Per forza, quelle attaccano l’AIDS, quelle sono tutte infette. (Pausa). Le zingarelle, invece… (Ride e ammicca malizioso).

(I due restano qualche secondo in silenzio. Bevono o fumano).

Gus                      - Ehi, Ben.

Ben                      - Sì?

Gus                      - Secondo te, perché il capo ci ha soprannominato Bene e Gus?

Ben                      - E che cazzo ne so, io, Gus.

Gus                      - E dai, che lo sai. Sai sempre tutto, tu.

Ben                      - Non lo so, ti dico.

Gus                      - Tu te l’intendi con lo Specialista.

Ben                      - ( minaccioso). Dove vuoi arrivare, Gus?

Gus                      - ( con tono ricattatorio). Voglio farti capire che non sono uno scemo come credi, Ben.

Ben                      - No?

Gus                      - No.

Ben                      - E allora?

Gus                      - Allora, se non te l’ha detto il Capo, te l’avrà detto lo Specialista         - E lui se l’intende col Capo       - (pausa). Ci dovrà pur essere una ragione, Ben.

(Ben non risponde, ma è indeciso).

Gus                      - Perché il Capo ci chiama Ben e Gus?

(Ben continua a non rispondere).

Gus                      - Vuoi che lo domandi al tuo amichetto Specialista?

Ben                      - Zitto, Gus            - Zitto e non dire più una cosa del genere.

Gus                      - Scusa, Ben           - Ma credevo che fossimo amici… ne abbiamo visto di tutti i colori, insieme. Credevo che non ci fossero segreti, fra noi.

Ben                      - ( cedendo). Ben e Gus    - Ben e Gus     - Sono due stramaledetti killer di una stramaledetta commedia di uno stramaledetto autore inglese. Il Capo è andato a teatro a vederla, tanti anni fa, e gli sono rimasti impressi quei due maledetti nomi. E un bel giorno ha preso a chiamare noi due Ben e Gus          - Prima per scherzo, poi sul serio. Tu potresti essere Ben ed io Gus - O viceversa. E non cambierebbe di un cazzo la nostra vita. Sei contento adesso?

Gus                      - Due killer, hai detto?

Ben                      - Due killer.

Gus                      - E che fanno?

Ben                      - Aspettano. Aspettano un ordine o chissà che cazzo. Qualcosa che deve arrivare con un montacarichi.

Gus                      - Un montacarichi?

Ben                      - Un montacarichi, sì. Un montacarichi in un albergo abbandonato.

Gus                      - E poi, arriva?

Ben                      - Che cosa?

Gus                      - L’ordine, arriva?

Ben                      - Sì.

Gus                      - E qual è?

Ben                      - Uno dei due killer deve uccidere l’altro.

Gus                      - E come va a finire?

Ben                      - Che i due si uccidono a vicenda.

Gus                      - Non mi piace, Ben.

Ben                      - Neanche a me, Gus         - Neanche a me.

BUIO

Seconda Scena

Al riaccendersi  delle luci sono in scena il negro e l’Ebreo   - Il negro è nudo. Entrambi sono legati con le mai dietro la schiena e con la corda che scende sino alle caviglie, rendendo difficoltosi i movimenti. I due sono seduti a terra, uno di fronte all’altro, appoggiati alle scrivanie. È evidente la loro spossatezza.

Ebreo                   - Tu… tu non sei uno di loro.

Negro                  - Tu che ne dici? (E sorride, ironico).

(Pausa).

Ebreo                   - Non riesco ad odiarli.

Negro                  - Io sì. Noi negri li odiamo da centinaia d’anni. Li odiamo da sempre.

Ebreo                   - Anche noi ebrei abbiamo subìto.

Negro                  - Sei un ebreo? Ottimo! Ecco perché non li odi. Vi siete già presi la vostra rivincita. Ormai siete un popolo agguerrito. Siete una Potenza che conta. L’olocausto vi ha insegnato qualcosa. Voi non dovete più chiedere: prendete e basta. Avete cominciato a prendere sin dalla fine della seconda guerra mondiale.

Ebreo                   - Senti, amico. Non so chi tu sia, né come la pensi. E io non sono un politico. Ma io e te siamo sulla stessa barca.

Negro                  - Stai già pensando di farmi remare, vero?

(Pausa).

Ebreo                   - Li ho sentiti parlare di una gara. Ne sai qualcosa?

Negro                  - Li ho sentiti anch’io. È una gara che si svolgerà tra me e te, suppongo.

Ebreo                   - Tra me e te?

Negro                  - C’è da aspettarsi di tutto. Magari ci faranno scappare e poi, mentre corriamo, ci spareranno addosso.

Ebreo                   - Non dirai sul serio. Non possono essere così feroci. Certe cose si vedono solo nei film.

Negro                  - Solo nei film? Li ho visti, una volta, sai? In Sudafrica. Molti amici miei sono stati impallinati come conigli, proprio in quella maniera.

Ebreo                   - ( spaventato). Eh, no. Non ci casco, sai? No. Tu non sei un prigioniero. Tu sei uno di loro. Ci provano con un negro, ora. Dopo quel “Morbido”, un Negro     - Non ti vergogni? Tu stai peggio di me perché quel colore non lo puoi nemmeno nascondere. Un negro non può fottere un ebreo.

Negro                  - ( ridendo amaramente). Senti-senti-senti.

Ebreo                   - Non so cosa volete, ma tu devi essere uno di loro. Sì. E volete spaventarmi, per divertirvi alle mie spalle. Non è così, negro?

Negro                  - ( con rabbia). E queste bruciature, eh? E questi lividi? E quest’occhio nero? Un trucco anche questo? Beh, mi hanno truccato quei due animali, Ben e Gus, fanatici senza cervello, della peggiore specie, perché non ragionano.

Ebreo                   - Scusami, scusami… io…

Negro                  - See, see!

(Pausa).

Ebreo                   - Hanno sequestrato anche te con la forza?

Negro                  - Erano le tre del mattino. Lo so perché quando ho sentito bussare ho guardato istintivamente l’ora. Neanche il tempo di aprire che subito m’è sembrato di essere tornato dieci, venti anni indietro, nel Sudafrica. Quei due individui, pistola in pugno, hanno spalancato la porta e mi sono saltati addosso. Ho cercato di difendermi ma uno di loro mi ha colpito alla nuca con il calcio della pistola. Così tramortito e incappucciato è stato facile per loro trasportarmi in questo maledetto posto.

Ebreo                   - Ma… i tuoi vicini… non hanno sentito rumori?

Negro                  - I vicini? In quel quartiere i negri sono visti come il fumo negli occhi.

Ebreo                   - Ma che vogliono? Perché lo fanno?

Negro                  - Chiedere a questa gente “perché” è come chiedere al leone perché mangia la scimmietta.. per questa gente, noi siamo carne da macello. (sorride amaramente). Figurati: è talmente assurdo quello che fanno, che cercano persino di dare una giustificazione, di trovare un motivo per colpire, picchiare, uccidere. A te, non hanno chiesto di “parlare”?

Ebreo                   - Parlare? E cosa dovrei dire?

Negro                  - Niente. Perché non c’è niente da dire. Vogliono crearsi un motivo per torturarti. “parla”, ti dicono, “parla”. E vorresti gridargli in faccia tutto il tuo odio. Ma non te ne danno il tempo, perché appena apri bocca…

(Pausa).

Ebreo                   - Tutto sommato, io non ho sofferto.

Negro                  - ( guardando stupito e poi ridendo). Non hai sofferto? Ah! Ah! Ah! non hai sofferto? Non ha sofferto, lui. (Cambia tono). Non è finita, Ebreo - Non è finita. Vedrai se non soffrirai.

Ebreo                   - ( urlando). Non ridere, Negro     - Non ridere. Anch’io sono stato picchiato, calpestato… (Pausa, si calma). Volevo dire fisicamente. Non ho sofferto fisicamente. E poi, il dolore fisico sparisce. (pausa). Quel lurido verme. Quell’essere ignobile. Uno di loro, mi ha ingannato, mi ha fatto credere di volermi aiutare, liberare: il Morbido, lo chiamano. Anche questo modo di agire fa parte della tortura, sai? Ed ho sofferto di più che se mi avessero bastonato. Carogna. E come rideva!

Negro                  - Ogni tanto lo fanno. È per farti capire ancor di più che sei un essere inferiore, un essere impotente, indifeso, che non puoi fidarti di nessuno.

Ebreo                   - Io, di te, mi fido.

Negro                  - Non farlo. Se la mia vita dipendesse dalla tua morte, ti ucciderei.

Ebreo                   - Ma lo faresti lealmente. Non mi colpiresti alle spalle.

Negro                  - No?

Ebreo                   - No.

(Pausa).

Negro                  - E tu?

Ebreo                   - Io, cosa?

Negro                  - Tu mi colpiresti alle spalle?

Ebreo                   - Per salvare la mia pelle?

Negro                  - Sì, per salvare la tua  vita: mi uccideresti a tradimento?

(L’ebreo non risponde).

Negro                  - ( ride amaramente). Tu devi saperla più lunga di me, Ebreo     - Sei sicuro di quel che farei io, ma non sei certo di quello che faresti tu. Questa è bella. (Ride).

(L’ebreo resta muto. Dai sussulti sembra che stia ridendo anche lui. Poi si capisce che i sussulti sono dei singhiozzi e che, invece, sta piangendo).

(Pausa).

Negro                  - Com’è che ti hanno preso?

Ebreo                   - ( riprendendosi). Ero uscito dalla chiesa ebraica. Dapprima non ci avevo fatto caso, ma poi ho notato che quei due loschi individui mi seguivano. Mi sono venuti vicino in quella strada secondaria che da alle spalle della sinagoga, dove avevo posteggiato l’auto e mi hanno messo un cappuccio ordinandomi di non gridare. E mi hanno ammanettato. Mi hanno preso le chiavi dell’auto e mi hanno fatto salire sul retro. (Pausa. Singhiozza). E poi… poi mi sono… mi sono pisciato addosso. Non ho saputo trattenermi, capisci? Io… io non sono un vigliacco, ma non ce l’ho proprio fatta quando li ho sentiti che dicevano: “che ne facciamo? Lo buttiamo subito nel fiume o prima ci divertiamo un po’?” Non ho resistito e mi sono pisciato addosso. (Piange).

Negro                  - Certe cose succedono, Ebreo      - Succedono. Ma io conosco questi trucchetti. Li conosco da quand’ero in Sudafrica. Lì, però, era la polizia segreta. Quando mi arrestarono, a Kingston Town, mi bendarono e mi trasportarono con un’auto. Gli agenti sghignazzavano. Uno di loro mi spinse la punta del coltello alla gola. Dio! Ho creduto proprio che volessero uccidermi: erano dei mercenari.

Ebreo                   - E… e ti sei pisciato addosso?

Negro                  - ( sorridendo). No, quella volta no. Fu poi, quando, sempre con gli occhi bendati, mi fecero attraversare un corridoio dove si sentiva urlare: urla di terrore. E non ce la feci. E poi salimmo per una scala stretta. Quattro pianerottoli. E mentre percorrevamo un lungo corridoio mi tolsero la benda, perché potessi vedere, oltre che sentire, ancora più forti, quelle urla. Urla di sofferenza, di vero dolore. E quello che vidi passando davanti ad una porta non potrò mai dimenticarlo, sebbene l’immagine non fosse durata che pochi secondi. Da una di quelle porte usciva, sostenuto da due “infermieri”, un uomo che era stato appena “interrogato”. Potei distinguere l’aspetto informe del suo viso: era come una piaga mostruosa, e soltanto gli occhi, occhi stravolti, fuori dalle orbite, facevano capire che si trattava di un viso umano. Le labbra erano due grotteschi pezzi di carne rossastra, il naso era spaccato e gonfio, le mani sanguinanti… Aveva un aspetto allucinante. E quando mi passò vicino mi guardò e lo riconobbi. Era…

Ebreo                   - Perché mi racconti queste cose, negro?

Negro                  - Che c’è? Queste storie ti fanno cagare sotto, ebreo?

Ebreo                   - Non c’è nulla che ci fa capire che ne usciremo vivi: perché non dovrei cagarmi sotto?

Negro                  - No, forse ne usciremo. Magari uno solo di noi. Vivo. Vivo fuori, perché dentro… dentro saremo morti.

                            (Pausa).

Ebreo                   - Continua con quella tua storia. Chi era quell’uomo che avevi riconosciuto?

Negro                  - Era Sliman Kerdouci, un medico di Kingston Town, al quale rimproveravano di essere stato uno dei capi di una rivolta. Rivolta: poco più di una protesta. Aveva tre figli. Col più giovane eravamo amici. Non avevano torturato solo il medico. Anche la sua famiglia era stata torchiata, in un cortile. Davanti ad un pubblico di bianchi, tra cui anche dei bambini: “dovevano imparare da piccoli”. Proprio così. (Ride amaramente). Dopo le torture, i Kerdouci furono medicati, curati per qualche giorno e rimessi in libertà. Erano un esempio vivente per tutta la popolazione. Il medico, però, non poteva più esercitare.

Ebreo                   - Glielo avevano proibito?

Negro                  - No. Con delle tenaglie affilate gli avevano strappato tre dita per mano. E nelle due mani gli avevano lasciato solo il pollice e il mignolo. Fu per questo motivo che, per derisione, i soldati presero a chiamarlo “il Granchio”.  E i suoi familiari “i figli e la moglie del Granchio”.

Ebreo                   - Il Granchio! E come reagì?

Negro                  - La popolazione lo consolava ripetendogli che si poteva ritenere fortunato: in fin dei conti era ancora vivo. Così, gli dicevano. Ma tutti erano convinti che lo avessero lasciato vivere perché aveva parlato. (Pausa). Il capo di quei soldati, tutti mercenari,  era questo lurido pelato che tutti chiamano “Capo”, ed era aiutato nelle torture dal Morbido e da questo Specialista.

Ebreo                   - E poi?

Negro                  - Dopo un “interrogatorio” e qualche giorno di prigione, anch’io venni “momentaneamente” rilasciato.

Ebreo                   - Te la sei cavata.

Negro                  - Ma solo perché ne approfittai per lasciare l’Africa. Fuggii e venni in quella che ritenevo la civile Italia.

Ebreo                   - L’Italia non è tutta così.

Negro                  - ( con scetticismo). See, see!

(Pausa).

(Ad un certo momento l’ebreo comincia a salmodiare ritmicamente, dondolando il busto avanti e indietro. Dopo qualche secondo, tra un Salmo e l’altro, il negro comincia a canticchiare una canzone vagamente reggae, una sorta di nenia del suo lontano villaggio, nostalgicamente. Dopo qualche ulteriore tempo, la nenia reggae e il canto salmodico si intrecciano e si sovrappongono e vanno a costituire una ritmata e malinconica melodia. Continuano così, in armonia, per un tempo adeguato).

Scena Terza.

Improvvisamente, compare il Capo   - Il suo ingresso interrompe bruscamente la melodia.

Capo                    - Basta così. (Si avvicina minaccioso e lentamente ai due uomini, parla con ironia e con disgusto). Avete fatto conoscenza. Bene, bravi. Ho seguito la vostra bella chiacchierata.

Negro                  - Ci hai spiato.

Capo                    - Oh, non ti sarai dimenticato, specialmente tu, negro, che i prigionieri devono essere sempre sorvegliati. giorno e notte. Anche quando sono soli.

Ebreo                   - Perché ci torturate?

Negro                  - Ma che fai? Ti vuoi mettere a conversare con questo razzista?

Capo                    - ( non badando al negro). Perché vi torturiamo? “perché” domandi?  Perché siamo raffinati.

Ebreo                   - Raffinati?

Capo                    -  Garantito. In alcune zone, a Padova o a Roma, per esempio, a certa gente gli danno direttamente fuoco. Che barbari!

Negro                  - ( facendogli il verso e sfottendolo). Già, che barbari!

Capo                    - A proposito, Negro         - Dopo che vigliaccamente sei fuggito da Kingston Town, la vita è continuata, nel villaggio. Ti sei perso il meglio dello spettacolo. Uno spettacolo che ha avuto come protagonista il Granchio.

Negro                  - Non nominarlo. Non nominarlo nemmeno, brutto razzista schifoso.

Capo                    - Ma io non voglio raccontarlo a te, voglio raccontarlo al tuo compagno Ebreo - Non fare l’egoista: tu non vuoi sentire perché forse conosci già com’è andata a finire, vero? Sì, l’avrai sicuramente saputo. Nel vostro ambiente usate i tamtam.

Negro                  - Tu, l’hai ucciso. Tu.

Capo                    - Stava diventando un simbolo vivente della tortura. E non era questo ciò che volevamo. Un piccolo errore di valutazione.

Ebreo                   - Allora è vero. L’avete ucciso voi. Dopo averlo torturato. Allora ucciderete anche noi.

Capo                    - Lo lascio valutare a te, Ebreo     - Ma sappi che il fine ultimo della tortura non è la morte, bensì la sofferenza. E se possibile mantenere la sofferenza anche dopo che la tortura è finita. Quel povero medico soffriva. Soffriva, poverino. E sapete che ha fatto?

Negro                  - Taci, taci.

Capo                    - Sto parlando con l’Ebreo            - (ironico). Lui è ebreo,  quindi più disponibile al dialogo. (Pausa): sai che cosa ha fatto il Granchio? Un bel giorno è salito in auto con tutta la sua famiglia e si è recato su quel ponte a tre chilometri dal villaggio, un ponte alto più di cinquanta metri. E, da lì, ha lanciato l’auto a tutta velocità, finendo nel torrente, che in quei giorni era in piena. I corpi di quella famiglia non furono mai ritrovati. Per la popolazione, quel ponte diventò il ponte del Granchio. E il Granchio, purtroppo, diventò leggenda. E c’è persino chi dice  che sia ancora vivo e che guidi delle associazioni internazionali di liberazione negra.

Negra (prendendo la palla al balzo). Sì, il Granchio è vivo. Vivo.

Capo                    - Stai zitto. Tanto non faremo più simili errori. Non ci saranno più Granchi. I prigionieri è meglio farli “sparire”.

Negro                  - Fammi rivestire, bastardo.

Capo                    - Cosa? Rivestirti? Ti senti insicuro, così eh, verme? Nel 1600, oltre a spogliarti, ti avrebbero anche rasato i peli. E sai perché?

(Il negro non risponde e gira lo sguardo).

Capo                    - ( urlando). Sai perché?

Negro                  - ( urla anche lui). Non m’interessa. Non m’interessano le tue cazzate.

Capo                    - Perché a quei tempi si credeva che nei capelli e nei peli e nei vestiti e persino negli intestini – trangugiandolo – il sospettato potesse avere un amuleto o un patto col diavolo. Per cui, rasandolo, svestendolo e purgandolo con l’imbuto o col clistere ne veniva disarmato.

Ebreo                   - Ma la tortura veniva praticata…

Capo                    - “Veniva”?

Ebreo                   - Viene. Viene praticata soprattutto per ricercare una pretesa verità. Ma quale verità cercate voi, da noi?

Capo                    - No, no, no. La tortura è la peggiore maniera di ottenere la verità. Chi è quell’uomo che, sotto tortura, non sottoscriverebbe qualsiasi “verità”? se ti mettessi del fuoco sotto i piedi, non firmeresti di avere scopato tua sorella? Dimmi. O di aver ucciso tua madre? George Orwell, grande scrittore, in un suo libro ha descritto uno dei più efficaci metodi per far rinnegare persino l’amore: una gabbia intorno alla testa del torturato. E poi, dentro la gabbia, metterci due o tre topi. Affamati, naturalmente. (Pausa). Volete provare? (Pausa). Nel vostro caso non occorre, perché noi conosciamo già la verità.

Negro                  - La verità? Di che verità vai blaterando?

Capo                    - ( con decisione). Una verità… vera.

Negro                  - ( strafottente e ironico). E dilla anche a noi: ti prego. Ti  preeego.

Capo                    - ( furibondo). Voi appartenete a due delle quattro razze che noi detestiamo, che sporcano il mondo con la loro semplice presenza: negri. (Pausa). Ebrei (Pausa). Zingari… e comunisti.

Specialista           - ( entrando). Dimentichi i drogati, capo.

Capo                    - Già. Tutti una banda di schiavi, esseri inferiori… per certa gente non può che esserci il bastone.

Specialista           - Il bastone? È un po’ poco.

(Entrano Ben e Gus seguiti dal Morbido Ben e Gus trasportano una cyclette, del tipo di quelle che servono a fare ginnastica pedalando).

Ben                      - Dove la mettiamo? Qui, come al solito? (Ed escono a prendere un’altra cyclette).

Morbido              - Le scommesse danno il negro vincente, dieci a uno. L’ebreo è dato uno contro cento. Che gara, eh capo?

Specialista           - Nei luoghi di ritrovo di gente pura come noi, in tutta Europa, vi vedranno gareggiare in diretta, grazie a quelle web-cam che trasmetteranno le fasi della gara.

Negro                  - Voi, gente pura? Voi razzisti siete la peggiore razza del mondo.

Capo                    - Guardate cosa è diventata oggi l’Italia. O la Palestina, o l’Albania o la ex Jugoslavia o tutto l’Est europeo. Ma i comunisti sono stati sconfitti. E al più presto verrete distrutti anche voi. Eccola la verità. Negri, vi abbiamo persino insegnato a cacare in un buco. Ebrei, per voi non esiste altro che il denaro: usurai. Il denaro e il potere che da esso deriva. (Inneggiando). Viva la razza pura. Viva l’imperialismo.

Morbido, Specialista, Ben e Gus       - ( ripetono in coro). Viva la razza pura. Viva l’imperialismo.

Capo                    - Abbasso gl’inferiori. A morte i traditori.

In coro:                - Abbasso gl’inferiori. A morte i traditori.

Capo                    - ( placatosi). Gli zingari! Ora gli vogliono persino dare le case popolari. E le pretendono. Drogati! Diffusori di AIDS. Mi viene da vomitare.

Negro                  - Per fortuna, in Sudafrica il regime di separazione razziale è caduto. Le lotte hanno pagato.

Morbido              - Bei tempi, quelli. Come rimpiango le bidonvilles! Quei camion stracolmi che portavano i negri a lavorare nelle miniere!

Capo                    - E proprio per quello il Sudafrica è oggi nel mondo tra i primi produttori di oro, platino, uranio, diamanti... tutto da solo. Non ha nemmeno bisogno di petrolio. Alla faccia dell’ONU, che l’aveva isolato.

Negro                  - Già: vi bastava prendere gli sporchi negri, mandarli a centinaia di metri sotto terra, pagarli un decimo di quello che era giusto e ricavare carbone a prezzi concorrenziali. Bella, la vita, lì.

Capo                    - E avevate il coraggio di lamentarvi. Sai, ebreo? Ogni tanto protestavano. Ma noi prendevamo i loro capi, li facevamo sparire e tutto ritornava tranquillo. Ma poi, quel pappamolla di de Klerc gliel’ha data vinta e ha persino liberato Mandela, che poi è diventato presidente.

Negro                  - E tu che hai avuto, “capo”, eh? Ti hanno buttato via a calci in culo: loro a governare e tu a raccogliere spazzatura come noi.

Capo                    - ( adirato). Basta. Ti passerà la voglia di fare lo spiritoso. Morbido, che hai detto sull’ebreo?

Morbido              - Che chi scommette su di lui un euro ne vince cento. Se l’ebreo batte il negro, beninteso.

Ebreo                   - Ma di che gara andate parlando?

Negro                  - Niente di buono, Ebreo   - Niente di buono.

Capo                    - Ben detto, negro: niente di buono. Per voi. (imperioso). Forza, cominciamo.

Scena Quarta

Ben e Gus vanno a prendere dei carrelli che trasportano delle grosse batterie con dei fili elettrici attaccati. Il morbido e lo specialista fanno alzare il negro e l’ebreo, li costringono a salire sulle cyclette e li ammanettano al manubrio.

Ben e Gus districano i fili e con le pinze-morsetto addentano i tubolari delle cyclette.

Le battute che seguono vengono dette quasi contemporaneamente. La scena è molto animata e movimentata.

Capo                    - Forza cominciamo.

Ben                      - Finalmente. Vieni, Gus, aiutami.

Gus                      - Con piacere, Ben - (ed escono a prendere i carrelli).

Specialista           - ( al negro). Alzati, pigrone: è ora di lavorare. Lavorare, sai che vuol dire?

Morbido              - ( all’ebreo). Vieni, carino. Non hai voluto il mio aiuto e vedrai quello che ora ti aspetta. Su, sali a cavallo e datti da fare.

Specialista           - Sì, fatevi una bella cavalcata.

(Gli aguzzini ridono).

Capo                    - Sapete quello che dovete fare, no?

(Il negro e l’ebreo si scambiano uno sguardo).

Specialista           - Sì, l’hanno capito. In fin dei conti sono due ragazzi intelligenti. (Risata).

Ben                      - Sì, intelligenti. (Risate comuni):

(Il negro, improvvisamente, sputa in faccia allo Specialista - Questi, per ripicca, va a girare un interruttore posto sulla batteria e il negro, contemporaneamente, grida e si scuote perché viene percorso da una scarica elettrica).

Capo                    - ( imperioso). Basta, Specialista.

(Lo specialista spegne l’interruttore. Il negro si rilassa).

Morbido              - ( con gentilezza). Per favore, basta. Altrimenti chi farà la gara?

Specialista           - State tranquilli: non era una dose mortale. (si asciuga vistosamente il viso dallo sputo ricevuto): gran bella invenzione, l’elettricità.

Ebreo                   - Ascoltate… (si ferma, è imbarazzato).

Capo                    - Sììì? Hai qualcosa da dire?

Ben                      - Forse vuole esprimere l’ultimo desiderio. (Ride).

Ebreo                   - Volete… volete dei soldi? Se volete dei soldi… Lasciatemi fare una telefonata e…

Specialista           - Sempre così. È per questo che mi fanno incazzare.

Capo                    - Sì, credono sempre di risolvere tutto con il denaro.

Specialista           - Culi piatti!

Gus                      - Cazzi rasati!

Ben                      - Saponette mancate!

(Preso da una crisi isterica, l’ebreo cerca di ribellarsi, si scuote, vorrebbe smontare dalla cyclette ma è ammanettato. Poi si calma. Piange).

Morbido              - Che spettacolo disgustoso. E pensare che volevo aiutarlo.

Gus                      - Ora capisco perché è un brocco. Non vincerà mai la gara.

Negro                  - Ehi, Capo - Facciamola finita. Spiegaci di che gara si tratta.

Capo                    - Tu sì che ragioni, Negro  - Sei più temprato. Questo mollusco, invece, l’hanno temprato i suoi nonni. La vita l’hanno vissuta nei banchi di scuola, accumulando odio vecchio di cinquant’anni. E non la smettono. Ma veniamo a noi. Se vinci, negro, noi diventiamo ricchi. E ce ne sarà anche per te. E in più ti lasceremo libero. (A ben). È aperto il collegamento?

Ben                      - Lo faccio subito, Capo    - (Va ad accendere la web-cam e il computer e poi accende il modem per il collegamento ad Internet: si ode il caratteristico suono).

Gus                      - Qualche secondo ancora e possiamo partire.

Capo                    - (al negro, indicando la web-cam). Vedi quella telecamera? Quell’occhio che ci scruta? È collegata con tutti i computer del mondo, in Rete, su un sito che ancora non è stato individuato, ma che tutti gli adepti conoscono. In ogni club, in diverse zone d’Europa e forse del mondo, vengono fatte delle scommesse che vengono trasferite in tempo reale nel nostro sito e poi in un conto cifrato, in una banca svizzera.

Morbido              - ( contento perché ha “navigato” in Internet qualche secondo per consultare dei dati). Ehi, ragazzi. Il nostro sito ha ricevuto più di duecentomila contatti in soli due ore. Il contatore elettronico delle visite sembra impazzito.

Specialista           - Si vede che i “motori di ricerca” hanno fatto un buon lavoro.

Negro                  - Ma cos’è, cos’è, questa maledetta gara?

Capo                    - Semplice. Devi pedalare, Ebreo  - Devi-solo-pedalare.

Morbido              - Pedalare più forte che puoi.

Specialista           - Devi pedalare più veloce di questo Negro         - Tu odi i negri, vero?

Ebreo                   - ( isterico). Non odio nessuno, io.

Specialista           - Ti converrà odiarli. L’odio mette le ali ai piedi, credimi. Ma vedrai che tra un po’ odierai questo negro con tutte le tue forze.

Morbido              - E tu, negro? Odi gli ebrei? Ma sì, vi odiate, vi odiate. E se non vi odiate, vi odierete.

Capo                    - Sì, vi odierete. Ed è per questo che dovrete pedalare. Pedalare quanto più potete. Perché ogni pedalata che darete scaricherà sull’altro la corrente elettrica.

Specialista           - Al mio via comincerete. E se vi fermate siete perduti.

Morbido              - Il collegamento in Rete è a pieno ritmo. In tutti i club, il tifo è alle stelle.

Capo                    - Allora, siete pronti? (fa un cenno allo Specialista).

(Il negro e l’ebreo si guardano negli occhi).

Specialista           - Uno… due…. Tre: Via!

(Il negro e l’ebreo restano immobili. Non pedalano. Gli aguzzini cominciano a ridere).

Morbido              - Cominciano ad arrivare e-mail di protesta capo.

Specialista           - ( con calma intimidatoria). Credete di essere furbi, eh? Ho inventato io, questo meccanismo. Ho previsto anche questo. Guardate. Adesso giro questa manopola. La giro un poco. Poco-poco. (esegue). Così.

(L’ebreo comincia a scuotersi: una leggera scarica elettrica percorre il suo corpo. Non quello del negro).

Ebreo                   - ( urlando). Basta, basta.

Specialista           - Vuoi che smetta? Vuoi veramente che la scarica elettrica abbia fine? Rispondi.

Ebreo                   - Sììì. Sì! Sì! Sì!

Specialista           - Vedrai che se pedali cesserà automaticamente.

(L’ebreo comincia a pedalare, lentamente. In tal modo, la scarica elettrica si trasferisce sul Negro           - L’ebreo ha un sollievo e continua a pedalare, lentamente. Il negro, che è colpito dalla scarica, cerca di resistere, benché sofferente).

Negro                  - Basta, Ebreo        - Basta. Fermati.

Ebreo                   - Non posso.… non posso, Negro - Se mi fermo muoio.

Morbido              - Le scommesse riprendono vita, Capo     - I Gruppi esprimono soddisfazione.

(Ben e Gus cominciano ad incitare il Negro  - Lo invitano a pedalare, come se incoraggiassero un ciclista durante una gara in salita. Iniziano a tifare ora per il negro, poi per l’ebreo).

Ben                      - Forza, Negro       - Parti. Fagli vedere chi sei.

Gus                      - Questo vigliacco di ebreo ti sta arrostendo.

Negro                  - Fermati. Non dare a questi porci la soddisfazione…

Ebreo                   - Non posso fermarmi… Non ti odio, negro, ma non posso fermarmi…

Negro                  - Sì che lo puoi.

Ebreo                   - No, Negro           - No.

Specialista           - Sai cosa fare, Negro        - Se pedali più veloce…

(Il negro, con un ultimo sforzo, cerca di resistere, ma poicede e comincia a pedalare anche lui. E così l’ebreo ricomincia a soffrire).

Specialista           - ( contento). Sì, così.

Morbido              - Ehi,  Intervengono persino dal Giappone. Se continua così, in pochi minuti raddoppieremo l’incasso. Vinci, negraccio, vinci. Tutti abbiamo scommesso su di te, sui tuoi muscoli.

Capo                    - Diventerai ricco, negro.

Ben                      - Un negro ricco, Ebreo     - Te l’immagini?

Gus                      - ( all’ebreo). E tu vorresti farti battere da un negro?

Ben                      - Più veloce, Ebreo            - Dai che lo batti. Sarai tu a vincere. Voi ebrei siete i più forti.

(Il tifo è ormai sfrenato. Pian piano il negro e l’ebreo iniziano una vera e propria gara che li porta in breve allo stremo. Una gara in cui la vita di uno dipende dalla morte dell’altro).

(A turno, il negro e l’ebreo si fermano qualche istante, forse per darsi modo a vicenda di riprendere fiato, di alleviare un poco la sofferenza. Ma ogni qualvolta c’è una pausa, lo specialista aumenta la tensione della corrente).

(Ad un certo punto, il negro lancia un urlo e, con la forza della disperazione, si ferma, rifiutandosi di pedalare. In questa situazione, lentamente, le luci cominciano ad  abbassarsi).

Negro                  - Perderai, Capo     - Perderai la tua scommessa. Ti sconfiggerò, così come ti ha sconfitto il Granchio.

Capo                    - ( adirato). Il Granchio non mi ha sconfitto. Sono andato via io, dall’Africa. Non mi hanno cacciato. Non mi hanno cacciato, vero, specialista?

(Lo Specialista non risponde).

Negro                  - Perderai la tua scommessa, Capo           - Ti cacceranno via anche da qui, Capo.

Capo                    - ( avvicinandosi al Morbido). Diglielo tu, Morbido, che sono stato io a lasciare loro. Non mi hanno cacciato.

(Il Morbido tace).

Negro                  - Odiami, Ebreo     - Odiami con forza.

Ebreo                   - ( piange e si sforza di pedalare velocemente). Perderete tutti, sporchi razzisti. Perdonami, Negro       - Perdonami.

Negro                  - Pedala, Ebreo Più veloce. Lo sporco culo ebreo ha battuto lo sporco schiavo Negro Aaahhh!

(Il negro crolla. Il corpo è a terra, ma le braccia, sostenute dalle manette fissate al manubrio, restano levate al cielo, come in un ultimo disperato urlo di aiuto).

BUIO