Il guardiano

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IL GUARDIANO

 


di Harold Pinter

Nota introduttiva di Guido Davico Bonino

Persone

MICK, un uomo di quasi trent'anni

ASTON, un uomo di poco più di trent'anni

DAVIES, un vecchio

L'azione si svolge in una casa del West di Londra:

Atto i.    Una notte d'inverno.

Atto ii.   Qualche minuto dopo.

Atto iii. Quindici giorni più tardi.

1981    Giulio Einaudi editore


Una stanza. In fondo una finestra per metà coperta da un sacco. Lungo la parete di sinistra un letto di ferro. Sopra un armadietto con barattoli di vernice, viti, ecc. Alcune scatole, vasi, a fianco del letto. Una porta in fon­do a destra. Accanto, tutto ammucchiato, una scala a pioli, un acquaio da cucina, un secchio di carbone, una falciatrice, un carrettino per la spesa, dei cassetti vuoti, scatole. Sotto questo mucchio un letto in ferro. Di fron­te, una cucina a gas. Su questa, una statua di Budda. A destra un caminetto. A terra, un paio di valige, un tappeto arrotolato, una fiamma ossidrica, una sedia ro­vesciata, casse, un attaccapanni, alcune assi di legno, un vecchio tostapane. Più in basso una pila di giornali. Sot­to il letto di Aston vicino alla parete di sinistra un aspi­rapolvere, che non si vede finché non viene usato. Un secchio pende dal soffitto.


ATTO PRIMO

Mick è nella stanza, solo, seduto sul letto. Indossa una giacca di pelle. Silenzio.

Lentamente si guarda attorno soffermando lo sguardo sui singoli oggetti che sono nella stanza. Guarda il sof­fitto, e il secchio appeso in alto. Poi si fissa con lo sguar­do, appare calmo, vuoto, privo di espressione. Silenzio per trenta secondi.

Si sente sbattere una porta, poi giungono delle voci appena.

Mick gira la cesta. Si alza, va alla porta in silenzio, esce e chiude piano. Silenzio.

Si sentono nuovamente le voci. Si avvicinano e cessano. Si apre la porta. Entrano Aston e Davies. Aston per pri­mo, poi Davies, che si trascina respirando a fatica. Aston indossa un vecchio cappotto di tweed sopra un logoro vestito blu scuro, ad un petto; un pullover) camicia e cravatta sbiadita. Davies ha indosso un cappottacelo, pantaloni sformati, un gilet, maglia senza camicia, san­dali. Aston mette le chiavi in tasca e chiude la porta. Davies si guarda intorno.

aston    Siedi.

davies    Grazie... (Guardandosi intorno) Uuh...

aston Un momento... (Aston si guarda intorno alla ricer­ca di una sedia. Ne vede una sul letto in fondo. Si muove per prenderla).

davies Sedermi, eh? Uuh... Non ho da sedermi. Non mi siedo da... non saprei dire...

aston (mette la sedia al centro della stanza)    Ecco qua.

davies Dieci minuti tanto per bere un tè in piena notte in quel posto e non trovo una sedia, nemmeno una. Tut­ti l'avevano, i greci, i polacchi, quei greci là, e i negri, tutti gli emigrati. E io che lavoro per loro.., (Aston sie­de sul suo letto, caccia di tasca cartine e tabacco e si pre­para una sigaretta, Davies lo guarda) Tutti i negri, musi neri, i greci, i polacchi, tutti e io senza sedia. Trattarmi come un rifiuto. Ma quando e venuto da me stanotte, gliePho detto.

Pausa.

aston    Siedi.

davies Sì... ma prima devo fare una cosa, non so se, de­vo fare una cosa, sfogarmi capisci? Potevano farmi fuori laggiù. (Davies grida, tira pugni, volge le spalle ad Aston e resta faccia al muro).

Pausa. Aston si accende la sigaretta.

aston    Vuoi fartene una anche tu?

davies (si volta) Come? Ah no, non fumo sigarette io. (Pausa, viene avanti) Sai che ti dico? Prendo un po' di tabacco per la pipa, se vuoi.

aston (porgendogli la scatola del tabacco)    Serviti pure.

davies Ah, tante grazie, amico. Giusto un po' per riem­pire la pipa... (Caccia una pipa di tasca e la riempie) Ne avevo una scatola, tempo fa, me l'hanno fregata, sai do­ve? sull'autostrada. (Indicando la scatola) Dove la met­to?

aston    Dalla a me.

davies (gliela porge) Quando è venuto da me stanotte gliel'ho detto. Hai sentito che glielo dicevo.

aston    Ho visto che stavate a discutere.

davies A discutere? Stai fresco, quegli straccioni, un vec­chio come me... sono stato a tavola con gente altoloca­ta, io.

Pausa.

aston    Si, ho visto che stavate a discutere.

davies Tutti quegli straccioni; si comportano da maiali. Anch'io, amico, ci sono stato per la strada, per anni, ma puoi giurarci, io sono pulito. Mi tengo bene, io. E allo­ra? Avrei lasciato mia moglie? La sposo e dopo quindici giorni, no, era passata una settimana, ti scopro un te­game, e sai che trovo? Mutande e reggiseni. Suoi. Un mucchio. Sporchi. Nel tegame per la verdura. Quello per bollire la verdura. L'ho piantata e da allora non l'ho più vista. (Si trascina per la stanza; si porta davanti alla statua di Budda, la esamina per un istante, si volta) La vita io l'ho goduta. Mi sono preso la mia bella parte, io. Ora non sono pili giovane. Mi ricordo di quand'ero svel­to come il meglio di loro. Per questo non mi devono mal­trattare. Ultimamente non sono stato più bene. Ho de­gli attacchi. (Pausa. Si avvicina ad Aston) Hai visto co­me è andata con quello?

aston    Sono arrivato solo alla fine.

davies Viene da me, mi piazzadavanti il secchio dell'im­mondizia e mi dice, mettilo fuori. Non sono io che devo mettere fuori il secchio. C'è il ragazzo per mettere fuori il secchio. Mica mi pagano per il secchio da mettere fuo­ri. Io devo solo lavare per terra, sparecchiare i tavoli, sciacquare qualche piatto; non c'entro niente io con il secchio da mettere fuori.

aston Uh. Certo. (Traversa la stanza per prendere il to­stapane sopra il caminetto).

davies (seguendolo) E va bene. Ammettiamo pure che il secchio era lavoro mio. Ma che c'entra quel tipo che vie­ne e mi comanda. Noi due siamo lo stesso. Mica è il ca­po. Niente più di me.

aston    È greco lui?

davies Macché. È scozzese... della Scozia. (Aston torna verso il proprio letto e prende a svitare la spina, Davies lo segue) Ma l'hai guardato bene in faccia?

aston     Sì.

davies    Gli ho detto cosa doveva farci col secchio. Hai sentito? Guarda qua, gli ho detto, io sono vecchio. Ai miei tempi si sapeva il rispetto che si deve a un vecchio. Siamo venuti su bene, da noi. Se solo avessi un po' d'an­ni in meno, ti spaccherei in due. E così il capo mi ha li­cenziato. Fai troppo chiasso, mi dice. Chiasso, io? Guar­da qua, ho i miei diritti, gli ho detto. Vengo dalla strada io, ma nessuno ha più diritti di me. Lasciami i miei di­ritti. Ma niente, quello mi licenzia. (Siede sulla sedia) Capito che posto? (Pausa). Se non c'eri tu a fermarlo, lurido scozzese, sarei all'ospedale a quest'ora. Sul mar­ciapiedi con la testa rotta, se mi ci buttava. Ah, ma lo prendo. Qualche notte ti giuro lo prendo. Una notte che giro da quelle parti. (Aston va alla scatola e incomincia a mettere la spina al tostapane). Non m'importerebbe, ma ho lasciato tutta la mia roba in quel posto, nel tetro. Tutto in una borsa. Tutto quello schifo di roba l'ho la­sciata là, in quella borsa. Ci gioco la testa che ci sta guar­dando dentro adesso.

aston Un giorno o l'altro ci vado e ti prendo tutto. (Aston torna al letto e riprende ad armeggiare intorno alla spina).

davies Comunque ti sono grato, di questo, di questi mi­nuti di riposo. (Si guarda attorno) È la tua stanza?

aston     Sì.

davies    Ne hai di roba qui.

aston     Sì.

davies    Deve valere un bel po'. Fai il conto. (Pausa). C'è di tutto.

aston   Sì, un bel po' di roba.

davies  Tu dormi qui, vero?

aston    Sì.

davies     Dove, lì?

aston     Sì.

davies    Certo, stai al sicuro dalle correnti.

astok    Sì, almeno non prendo freddo.

davies    Stai proprio ben riparato. È un'altra cosa quando devi stare all'aperto.

aston    Certo, è così.

davies    Il vento allora.

Pausa.

aston    Eh già, quando s'alza il vento...

Pausa.

davies     Sì...

aston   Mnnn...

Pausa.

davies    C'è un sacco di vento.

aston               Certo.

davies    Io, poi lo sento molto.

aston   Sì, eh?

davies    Sempre stato così. (Pausa). Hai altre stanze qui?

aston   Dove?

davies    Voglio dire, lungo il corridoio... e poi di sopra.

aston   Sono tutte sfitte.

davies    Fuori uso, insomma.

aston   Avrebbero bisogno di una quantità di riparazioni.

Breve pausa.

davies    E quelle di sotto?

aston   Chiuse. Bisognerebbe aggiustarle... i pavimenti.

Pausa.

davies Meno male che sei capitato tu in quel bar. Lurido scozzese. Per poco mi faceva fuori. (Pausa). Nella casa accanto ci abita qualcuno.

aston    Che vuoi dire?

davies (con un gesto)    Mi pareva...

aston    Beh, certo, in tutta la strada abita della gente.

davies    Hanno chiuso le tende quando siamo venuti.

aston    Si. Sono i vicini.

Pausa.

davies    È la tua casa, eh?

Pausa.

aston   Ci vivo.

davies Sei tu il padrone, no? (Si mette la pipa in bocca e aspira delle boccate, senza accenderla) Sì, l'ho notato. Quelle tende si sono abbassate quando siamo arrivati. Proprio accanto alle nostre. Ci deve essere qualcuno per forza.

aston    Una famiglia di indiani.

davies    Negri?

aston    Non li vedo quasi mai.

davies Negri, negri. (Davies si alza e si muove per la stanza) Ne hai di roba qui. Bene, non mi piacciono le stanze nude. (Anche Aston si muove e raggiunge Da­vies sul fondo). Volevo dirti, amico, non hai un paio di scarpe?

aston    Scarpe?

davies Quei bastardi al monastero m'hanno fregato una altra volta.

aston (tornando verso il letto)    Dove?

davies A Luton, sai, il monastero che c'è là... Ho un amico da quelle parti,

aston (si inginocchia e cerca sotto il suo letto) Ne dovrei avere una paio.

davies Proprio da quelle parti ho questo amico. Sta ai gabinetti pubblici. Proprio ai gabinetti, oh, ma nei mi­gliori. (Guarda Aston che sta ancora rovistando sotto il letto) Mi passava sempre un po' di sapone, ogni volta che andavo là. Il meglio. Loro ne hanno. Per forza de­vono averne. Mai senza sapone io quando capitavo da quelle parti.

aston (viene fuori da sotto il letto con le scarpe) Sono marroni.

davies Non c'è più ora. Andato via. È lui che mi ha det­to del monastero. Proprio passato Luton. Aveva sentito dire che davano delle scarpe.

aston    Abbiamo tutti bisogno di un buon paio di scarpe.

davies    Scarpe? Si tratta di vita o di morte per me. Ca­pirai, ci ho fatto tutta la strada fino a Luton con queste.

Aston    E che è successo quando sei arrivato?

Pausa.

davies Conoscevo un calzolaio ad Acton. Un amico. (Pausa). Sai che m'ha detto quel bastardo d'un mona­co? (Pausa). Quanti negri hai detto che ci sono qua attorno?

aston    Che?

davies    Ci sono altri negri, qui?

aston  (porgendogli le scarpe)    Guarda se ti vanno bene.

davies  Lo sai che m'ha detto quel bastardo d'un mona­co? (Da una occhiata alle scarpe) Mi sa che sono un po' strette.

aston    Credi?

davies    Eh no, non sono della mia misura.

aston    Mica brutte però.

davies Non posso mettere le scarpe che non mi vanno. Niente di peggio. Io gli ho detto al monaco, lì: qui, guarda qui, mister. Aveva aperto la porta, una gran por­ta, beh la apre, guarda qui gli dico e gli faccio vedere queste. Non hai mica un paio di scarpe, di quelle scarpe gli dico, tanto per camminare? Guarda, mister, queste se ne sono andate, ormai, non servono più. M'hanno det­to che ne hai un bel po' qui. Pussa via, mi fa. Ma guar­da, gli dico, io sono vecchio. Come fai a parlarmi così? Chiunque tu sia, se non tagli subito, fa lui, a forza di calci ti mando al cancello. Ma, guarda qua, dico io, aspet­ta un momento, tutto quello che chiedo è solo un paio di scarpe. Tutti i figli di Dio hanno bisogno di un buon paio di scarpe. E tu, mister, non puoi mica trattarmi così. Mi ci sono voluti tre giorni per arrivare fin qui. Tre giorni senza un boccone. Me lo merito un boccone, no? Gira l'angolo e vai in cucina, fa lui. Gira l'angolo e quando t'hanno dato da mangiare fila subito via. Io l'ho girato l'angolo e sai che mi danno? Un pranzo, ti dico io, che un uccellino, un uccellino piccolissimo, l'avrebbe mangiato in due minuti. Bene, mi dice, hai man­giato adesso no? Ora vattene. Mangiato? Ma che ti cre­di che sono un cane io? E le scarpe, mister? Ho fatto tutta la strada fin qui, m'avevano detto che le davate. Quasi mi vien voglia di raccontarlo alla madre superio-ra. Uno di loro, un fottuto, mi viene vicino. Io allora taglio la corda. Faccio la strada in un lampo e arrivo in città. Lì, ne rimedio un paio. Sul raccordo però la suola se ne va, proprio mentre camminavo. Meno male che mi portavo dietro ancora quelle vecchie, incartate alla meglio, se no ero fregato. Così sono rimasto con queste, ma le vedi, sono andate. Non c'è rimasto niente.

aston    Prova queste.

Davies prende le scarpe, va a sedere, si toglie i sandali e le prova.

davies Non c'è male. (Cammina un po' per la stanza) Niente male. Forti, eh? Niente male. Cuoio buono. Un tipo, l'altro giorno, ha cercato di rifilarmene un paio di camoscio. Non le porterei mai. Il camoscio si consuma si unge e poi la macchia non va più via. Il cuoio invece chi lo rovina? Mmnn. Una buona scarpa.

aston    Bene.

Davies dondola il piede.

davies    Sì, ma non mi entra.

aston     No?

davies    Macché. Io ho la pianta larga.

aston     Eh!

davies    E questa, vedi, è troppo a punta.

aston    Ah!

davies  Due o tre giorni e addio piede. Queste che porto, niente di straordinario, ma almeno sono comode. Mi stanno, voglio dire. (Si toglie le scarpe e gliele restitui­sce) Comunque, grazie.

aston    Vedrò, se trovo qualcosa.

davies    Dio ti benedica. Non posso più andare avanti così. Sempre in giro da un posto all'altro. Dovrò darmi

da fare e cercarmi una sistemazione.

aston    Dove hai intenzione di andare?

davies    Beh, ho un paio di idee. Aspetto che aggiusti il tempo.

Pausa.

aston   (continuando a lavorare al tostapane) Ti andrebbe... di dormire qui?

davies    Qui?

aston    Puoi dormire qui se ti va.

davies    Mah, non so. (Pausa). E per quanto?

aston   Finché... non avrai trovato una sistemazione.

davies (sedendosi)     Oh, questo...

aston    Decidi.

davies    Mi sistemo presto, sai... (Pausa). Iodove dormo?

aston    Qui. Le altre stanze non... andrebbero bene.

davies  (si alza e sì guarda attorno)    Qui, ma dove?

aston  (alzandosi anche lui ed indicando il fondo) C'è un letto là dietro.

davies  Ah, però... sai che ti dico? Finché non trovo una sistemazione... Ne hai di roba qui.

aston  Sì. La raccolgo, per intanto la tengo qui, un gior­no potrebbe servirmi.

davies    Questa cucina qui funziona?

aston    No.

davies    Come fai per il tè?

aston    Niente.

davies  È scocciante. (Davies osserva le assi di legno) Ti costruisci qualcosa?

aston   Una tettoia per là fuori.

davies  Falegname, eh? (Vede la falciatrice) C'è dell'erba qui.

aston  Dai un'occhiata. (Aston solleva il sacco davanti alla finestra).

Entrambi guardano fuori.

davies   È alta.

aston   Sì, è cresciuta.

davies              Quello è uno stagno?

aston   Sì.

davies  Lì ci sono i pesci?

aston   No, non c'è niente.

Pausa.

davies    La tettoia dove la metti?

aston   (voltandosi)    Prima taglio l'erba.

davies    Ti ci vorrà un trattore.

aston    Ci penserò.

davies    Falegname, eh?

aston (fermo in piedi)    Mi piace... lavorare con le mani.

Davies solleva la statua di Budda.

davies    Questo cos'è?

aston   (la prende e la osserva)    Un Budda.

davies    Ma va.

aston    Sì. L'ho trovato in un negozietto. Mi piace. Non so perché. Che ne pensi, tu, di questi Budda?

davies    Oh sì... sono... vanno bene, no?

aston    Sì, sono stato contento di riuscire ad averne uno mio.

Davies si gira intorno, guarda sotto l'acquaio.

davies    Qui è il letto, eh?

aston (dirigendosi verso il letto)   Ora sgombriamo tutta questa roba. La scala ci sta sotto il letto. Qua.

Mettono la scala sotto il letto.

davies  (indicando l'acquaio)    Questo, dove?

aston    Potremmo mettere sotto anche quello.

davies    Ti do una mano. (Lo sollevano). Pesante, eh?

aston    Eh, sì.

davies    Se ti serve?

aston No, lo butto. Mettilo qui. (Sistemano l'acquaio sotto il letto). Là in fondo c'è il gabinetto. Lì è il lavan­dino. Questa roba possiamo metterla là.

Spostano le varie cose verso la parete di destra.

davies  (fermandosi)    Non lo dividi mica?

aston    Cosa?

davies    Non dividi mica il gabinetto con quei negri.

aston    Loro abitano nella casa accanto.

davies    Non entrano qui? (Aston poggia un cassetto con­tro il muro). Perché, sai, quello che è giusto...

Aston va verso il letto, soffia via la polvere, e scuote una coperta.

aston    Vedi una valigia blu?

davies  Blu? Là, guarda. Vicino al tappeto. (Aston va verso la valigia, la apre, prende un lenzuolo e un cuscino e li mette su letto). Che bel lenzuolo.

aston    C'è un po' di polvere sulla coperta.

davies    Fa niente.

Aston in piedi, caccia il tabacco e si arrotola una sigaretta.

aston    Come stai a soldi?

davies    Oh, beh... adesso come adesso... sto a corto.

Aston caccia di tasca alcune monete e gliele porge.

aston    Qua ci sono un po' di spiccioli.

davies (prende le monete)    Grazie, Dio ti benedica. Mi trovo proprio un po' al verde. Non ho avuto un soldo per tutta la settimana di lavoro che ho fatto laggiù. Ecco come stanno le cose.

Pausa.

aston Sono entrato in un bar, l'altro giorno. Ho ordina­to una birra. Me l'hanno data in un bicchiere di creta. Mi sono seduto ma non l'ho potuta bere. Non posso be­re la birra in un bicchiere di creta. A me piace berla in un bicchiere di vetro. Ne ho bevuta un po', ma non l'ho potuta finire. (Aston prende un cacciavite e una spina dal letto e comincia ad avvitare la spina).

davies    Potrei andare a Sidcup... se il tempo fosse buono.

aston    Sidcup?

davies  Ma il tempo è così schifoso. Come posso andare a Sidcup con queste scarpe?

aston    Che ci vai a fare a Sidcup?

davies    Ho i miei documenti, laggiù.

Pausa.

aston    I tuoi che?

davies    I mici documenti.

Pausa.

aston   Che ci fanno a Sidcup?

davies Un tale che conosco, li tiene lui. Glieli ho lascia­ti, capisci? Dicono chi sono. Non posso muovermi sen­za quelle carte. Dicono chi sono. Senza quelli sono fregato.

aston    Perché?

davies  È che io, vedi, ho cambiato nome. Anni fa. Sono andato in giro sotto un altro nome. Ma non è il mio vero nome.

aston    Qual è questo nome?

davies Jenkins. Bernard Jenkins. Questo è il mio nome. È così che mi conoscono. Ma è meglio che smetta con questo nome. Non va più bene. Ho un libretto. (Caccia di tasca un libretto) Al nome di Jenkins. Vedi? Bernard Jenkins. Guarda. Quattro marche, quattro ce ne sono. Ma non ci faccio niente perché non è il mio vero nome. Se mi beccano mi mettono dentro. Quattro marche. Se le son fatte pagare. Un mucchio di soldi si sono presi. Ce ne vorrebbero delle altre, ma io non ho mai avuto il tempo di andare fin lì.

aston    Dovevano timbrartelo.

davies  Non l'hanno fatto. Non sarebbe servito comun­que. Non è il mio vero nome. Se lo mostro mi mettono dentro.

aston    Ma qual è il tuo vero nome?

davies  Davies. Mac Davies. Questo era il mio nome pri­ma che lo cambiassi.

Pausa.

aston    Ma ora tu vuoi trovarti una sistemazione.

davies    Se solo potessi arrivare a Sidcup! Aspetto che si aggiusti il tempo. Quello ha i miei documenti, quel tale,ha tutto lui. È tutto scritto là.

aston   Da quanto tempo li ha?

davies    Eh?

aston    Da quanto tempo li ha?

davies Saranno... c'era la guerra... una quindicina d'anni circa. (Davies si è accorto all'improvviso del secchio e guarda in alto).

aston    Quando vuoi andare a letto, vacci pure. Non ti preoccupare per me.

davies (si toglie il cappotto)    Sì, bene, ora vado. Sono un po'... mi sento giù. (Si toglie i pantaloni e glieli mostra) Li metto lì, questi?

aston   Sì.

Davies appende il cappotto ed i pantaloni all'attaccapanni.

davies    Ci hai messo un secchio, lassù?

aston    Goccia.

Davies guarda il secchio in alto.

davies    Ora provo il tuo letto. Tu che fai?

aston   Devo riparare questa spina.

        

Davies guarda Aston, poi la cucina a gas.

davies    Non si potrebbe spostare questa? aston    È pesante.

davies    Sì, ma... (Davies s'infila a letto e ne esamina la solidità) Niente male. Niente male. Un buon letto. Mi sa che ci dormo bene.

aston    Devo mettere un paralume a quella lampadina. La luce è troppo forte.

davies  Non preoccuparti, non stare a preoccuparti per questo, amico. (Si volta e si copre meglio).

Aston siede, continuando a lavorare alla spina.

Le luci sì affievoliscono. Buio.

Le luci si accendono, è mattino.

Aston sta allacciandosi i pantaloni, in piedi accanto al letto. Accomoda il letto. Si volta, va al centro della stanza e guarda Davies. Torna, s'infila la giacca, si volta di nuovo, va verso Davies e lo guarda.

Tossisce. Davies salta su di colpo.

davies    Che è? Che è stato?

aston    Niente.

davies   (fissandolo)    Ma che è?

aston    Niente.

Davies si guarda attorno.

davies    Mah.

aston    Dormito bene?

davies    Come un ghiro.

Aston va verso il fondo, raccoglie la spina e la osserva.

aston  Tu... hai...

davies            Eh?

aston  Hai sognato stanotte.

davies            Sognato?

aston   Sì.

davies    No, non ho sognato. Non sogno mai, io.

aston    Neppure io.

davies  Io neanche. (Pausa). Perché me lo hai chiesto, allora?

aston    Facevi dei rumori.

davies    Chi è stato?

aston     Tu.

Davies salta fuori dal letto. Ha indosso dei mutandoni.

davies   Senti, aspetta un momento. Che rumori?

aston    Non lo so. Borbottavi.

davies    Io? Ma proprio io?

aston     Sì.

davies   Senti, amico, io non borbotto. Nessuno prima me lo ha mai detto. (Pausa). Che ho detto?

aston    Mah, non so.

davies    Ho detto qualcosa? (Pausa), Ma no, ti sbagli. (Pausa). Nessuno prima me lo ha mai detto.

aston  (tornando al letto con il tostapane)    No, no. Mi hai svegliato. Così ho pensato che tu stessi sognando.

davies  Sognavo un corno. Mai fatto un sogno in vita mia.

Pausa.

aston    Forse è stato il letto.

davies    Non credo.

aston    Forse ci devi fare l'abitudine.

davies Io l'ho fatta l'abitudine coi letti. Ho già dormito in un letto, io. Non mi metto a far rumori solo perché dormo in un letto. Ho dormito in tanti di quei letti. (Pausa). Sai che ti dico? Forse erano i negri.

aston     Cosa?

davies    I rumori.

aston    Quali negri?

davies    I tuoi. Quelli della casa accanto. Forse erano i ne­gri che facevano rumore attraverso il muro.

aston    Hmmnn.

davies  Io la penso cosi. (Aston ripone la spina e si avvia verso la porta). Che fai? Esci?

aston     Sì.

davies  (prendendo i sandali) Aspetta un momento, allora. Un momento solo.

aston    Che fai?

davies  (calzando ì sandali)    E meglio che esco con te.

aston    Perché?

davies    È meglio che esco con te, no?

aston    Perché?

davies    Ma, scusa, non vuoi che esca con te?

aston    Per quale motivo?

davies   Quando non ci sei... Non vuoi che io sia fuori... quando non ci sei?

aston    Non sei obbligato.

davies   Vuoi dite che posso rimanere?

aston    Se vuoi... Non devi uscire solo perché esco io.

davies    A te non dispiace se rimango qui?

aston  Ho un altro paio di chiavi. (Prende una scatola da sopra il letto e le cerca) Questa è della porta e questa è del portone. (Le porge a Davies).

davies    Grazie, tante grazie.

Pausa. Aston è in piedi.

aston Credo che farò un giro. C'è un negozietto. Ho vi­sto una seghetta da traforo, l'altro giorno. M'è sembrata buona.

davies    Traforo, eh?

aston    Sì. Potrebbe essere utile.

davies    Eeh. (Breve pausa). Ma, esattamente, cos'è?

Aston va alla finestra e guarda fuori.

aston  Una sega da traforo? È come le altre seghe, capi­sci? Solo che va fissata a un tornio portatile.

davies    Ho capito. Certo sono utili quelle cose lì.

aston   Sì. (Pausa). Ero seduto a un bar, l'altro giorno. Mi capita di sedere ad un tavolo dove era seduta una donna. Bene, cominciamo a... cominciamo a discorrere. Le sue vacanze, mi pare. Dove era stata. Stavamo seduti lì, a parlare del più e del meno, quando... mi mette di col­po una mano sulla mia, dice: Ti piacerebbe, eh, che stes­simo insieme, in un letto, nudi...

davies    Ma va.

Pausa.

aston   Sì. Uscirsene così, mentre stavamo parlando. So­no rimasto di stucco.

davies   Anche a me l'hanno detto.

aston   Davvero?

davies  Le donne? Più di una volta mi sono venute vici­no... mi hanno detto la stessa cosa.

Pausa.

aston  Come hai detto che è il tuo nome?

davies            Jenkins. Bernard Jenkins, è il nome che ho preso.

aston  No, l'altro.

davies            Davies. Mac Davies.

aston  Allora sei gallese.

davies Eh?

aston   Sei gallese.

Pausa.

davies   Beh, ho viaggiato... sono stato qua, là...

aston   Dove sei nato?

davies (ingrugnato)    Che vorrebbe dire?

aston    Dove sei nato.

davies   Sono... uh... è, è difficile. È come andare indietro con la memoria, un bel po' indietro. Si dimentica, lo sai com'è.

aston (andando verso il caminetto)   Vedi questa spina? Attaccala. È una stufetta.

davies    Sì.

aston    Attaccala lì.


davies Ho capito. (Aston si dirige verso la porta. Da­vies, preoccupato, con la spina in mano) Che devo fare?

aston    Basta attaccarla. È tutto. Si scalda da sola.

davies  Sai che ti dico? Non voglio averci a che fare con la stufa.

aston    Non c'è pericolo.

davies    Sì, ma non sono fatto per queste cose, io.

aston    Guarda che funziona. (Si volta per uscire) Bene.

davies    Senti, per questa stufa... non è che perde, no?

aston    Se è staccata,

davies  Il guaio è che è lì, capisci... attaccata al letto mio. Devo stare attento a non toccare col gomito la chiavetta quando mi alzo. (Gira attorno alla stufa e la esamina).

aston    Non ti preoccupare.

davies  Non mi devo preoccupare? Certo che mi preoc­cupo. La tengo d'occhio io questa qui da ora in poi. La­scia fare a me.

aston    Non penso che...

Davies gironzola intorno ad Aston.

davies   Senti, amico, non hai mica un po' di soldi... di quei soldi, sai, tanto per prendere un tè?

aston    Te li ho già dati ieri sera,

davies Sì, è giusto. Me ne ero scordato. Scordato com­pletamente. Giustissimo. Senti, sei sicuro che non ti di­spiace se rimango qui? Perché io non sono il tipo che si approfitta.

aston    No, non ti preoccupare.

davies   Forse vado a Wembley più tardi.

aston    Mmnn.

davies C'è un bar laggiù. Se ci vado quelli mi pigliano. Ci sono già stato. Lo so. Hanno bisogno di personale.

aston    Quando è stato?

davies  Eh? Oh, è stato, verso... È che non trovano uo­mini in gamba per quei posti. Devono togliere quei ne­gri dal banco, capisci? Vogliono un vero inglese per ver­sare il tè. Ecco quello che vogliono... E solo una que­stione di buon senso, no? Io vado. È chiaro. (Pausa). Basta che vado.

aston  Mmnn. (Va verso la porta) Bene, a più tardi.

davies Sì, d'accordo. (Aston esce e chiude la porta. Da­vies rimane fermo, in piedi Aspetta qualche secondo, va alla porta, l'apre, guarda fuori, la chiude, vi si appog­gia contro, si volta di scatto, la riapre, guarda fuori, rientra, chiude la porta, cerca le chiavi in tasca, ne prova una, prova l'altra, chiude la porta a chiave. Si guarda in-torno nella stanza. Poi va con sveltezza al letto di Aston, si china, raccoglie le scarpe, le esamina) Belle 'ste scar­pe. Ma troppo a punta. (Ripone le scarpe sotto il letto. Perlustra tutto intorno al letto di Aston, prende un va­so e ci guarda dentro, prende una scatola e la scuote) Viti! (Vede dei barattoli a capo del letto, ci va e li esa­mina) Vernici. Che ci avrà da verniciare, poi? (Ripone il barattolo, va al centro della stanza, guarda in alto ver­so il secchio e fa una smorfia) Qui, voglio vederci chiaro. (Si dirige verso destra, prende il cannello di una fiamma ossidrica) Ce n'è di roba, qui. (Prende il Budda e lo guar­da) Pieno di roba. Guarda qua. (Lo sguardo gli cade su di una pila di giornali) Che se ne farà di tutti questi gior­nali, poi? (Va alla pila di giornali e la tocca. Quella oscilla. Lui la trattiene) Ferma, sta' li ferma! (Regge la pila e rimette a posto i fogli. La porta si apre. Mick entra, si mette in tasca la chiave, e richiude la porta in silenzio. Si ferma accanto alla porta ed osserva Davies). Mah, che se ne farà di tutti questi giornali? (Davies sale sul tap­peto arrotolato, accanto alla valigia blu) Ha preso un lenzuolo ed un cuscino puliti da qua dentro. (Apre la valigia) Macché. Niente. (La richiude) Non faccio rumo­ri io quando dormo. (Guarda la finestra) Questa cos'è? (Prende un'altra valigia e cerca di aprirla. Mick viene avanti, in silenzio) Chiusa. (La posa e si dirige verso il fondo) Deve esserci qualcosa dentro. (Prende un casset­to, vi fruga dentro e lo rimette a posto. Mick si muove senza far rumore. Davies si gira per metà, Mick gli af­ferra un braccio e glielo torce dietro la schiena. Davies urla) Uuuuuuuhhh! Uuuuuuuhhh! Chi è? Ma chi è? Uuuuuuhhh!

Mick lo sbatte a terra con forza, con Davies che si dibat­te, fa smorfie e piagnucola sbalordito. Mick lo tiene per un braccio e gli mette una mano da­vanti la bocca. Davies si quieta. Mick lo lascia andare. Davies si lamenta. Mick lo ammonisce con il dito, poi si china ad osservarlo. Gli si pianta davanti, guardan­dolo. Davies si massaggia il braccio,> guardando Mick. Mick si volta lentamente e si guarda intorno. Va verso il letto di Davies e lo scopre. Va all'attaccapanni e pren­de i pantaloni di Davies. Davies fa per alzarsi. Mick gli è sopra e lo tiene a terra con il piede. Toglie il piede. Fruga nei pantaloni poi li getta. Davies è rimasto accoc­colato sul pavimento. Mick lentamente va verso la se­dia, siede, e guarda Davies, muto. Silenzio.

mick   Beh, a che gioco giochiamo?

Sipario.


ATTO SECONDO

Pochi secondi dopo.

Mick è seduto sulla sedia, Davies sul pavimento, accoccolato. Silenzio.

mick    Allora?

davies    Niente, niente.

Alcune gocce cadono nel secchio. Entrambi guardano in alto.

Mick guarda Davies.

mick    Com'è che ti chiami?

davies    Io non ti conosco, non so chi sei.

Pausa.

mick   Allora?

davies    Jenkins.

mick    Jenkins?

davies      Si.

mick    Jen... kins. (Pausa). Hai dormito qui stanotte?

davies      Sì.

mick   Dormito bene?

davies      Sì.

mick  Mi fa piacere, sono molto felice di fare la tua cono­scenza. (Pausa). Hai detto che è il tuo nome?

davies    Jenkins.

mick    Come?

davies    Jenkins.

        

Pausa.

mick Jen...kins. (Una goccia cade nel secchio. Davies guarda in alto). Tu mi ricordi il fratello di mio zio. Sem­pre in giro quell'uomo. Mai senza passaporto. Sempre dietro alle donne. Un fisico come il tuo. Un atleta. Spe­cialista nel salto in lungo. Aveva l'abitudine di mostrar­ci le diverse partenze in salotto, sotto Natale. Aveva la passione per le noci. Ecco, cos'era. Proprio una passio­ne. Non ne era mai sazio. Noci, nocchie, noccioline, noci di cocco, ma non avrebbe mai toccato una torta di frut­ta. Aveva un meraviglioso cronometro. Preso ad Hong Kong. Il giorno dopo fu cacciato dall'Esercito della Sal­vezza. Era un campione al suo paese. Questo avveniva prima che gli dessero la medaglia d'oro. Aveva un buffissimo modo di portare il violino appeso sulla schiena, come un bimbo pellirossa. Credo che avesse un po' di sangue pellirossa nelle vene. A dire il vero non ho mai capito come facesse a essere il fratello di mio zio. Spes­so ho pensato fosse il contrario. Cioè mio zio suo fra­tello e lui mio zio. Però non l'ho mai chiamato zio. Lo chiamavo Sid. Anche mia madre lo chiamava Sid. Pro­prio curioso. Il tuo ritratto sputato. Poi sposò una ci­nese e andò in Giamaica. (Pausa). Spero che tu abbia dormito bene stanotte.

davies    Senti, io non so chi sei.

mick     In che letto hai dormito?

davies    Guarda qua...

mick     Eh?

davies    In quello.

mick     Non nell'altro?

davies    No.

mick    Bel dritto. (Pausa). Ti piace la mia stanza?

davies    La tua stanza?

mick    Sì.

davies  Questa non è la tua stanza. Io non so chi sei. Non t'ho mai visto prima.

mick    Ascolta, che ti piaccia o no, rassomigli stranamente a un tale che ho conosciuto una volta a Shoreditch. Però abitava ad Aldgate. Io stavo con un cugino a Camden Town. Questo tale aveva un chiosco vicino al deposito degli autobus. Quando lo conobbi meglio, scoprii che era cresciuto da tutt'altra parte. Per me è lo stesso. Co­nosco un sacco di gente che è nata lì. Il guaio era che lui non era nato lì, ma solo cresciuto. Venne fuori che era nato in Caledonian Road, poco prima della Osteria del Cavallo. La sua vecchia mamma invece viveva ancora al bivio dell'Angelo. Tutti gli autobus fermavano lì. Lei poteva prendere il 38, il 581, il 30 o il 38a, ed arrivare alla stazione in un attimo per Essex Road. Il 30 l'avreb­be portata su per la Upper Street, aggirando Highbury Corner, e giù fino a St Paul's Church, ma alla fine sareb­be arrivata lo stesso alla stazione centrale. Lasciavo la bicicletta nel suo giardino quando andavo a lavorare. E un aliare davvero curioso. Il tuo ritratto sputato. Forse con il naso un po' più grosso, ma roba di poco. (Pausa). Hai dormito qui?

davies  Sì.

mick    Dormito bene?

davies    Sì.

mick    Hai fatto pipi durante la notte?

davies   No.

Pausa.

mick    Qual è il tuo nome?

davies (alzandosi a fatica)    Ora, guarda qua...

mick    Come?

davies    Jeeenkins.

mick   Jen...kins. (Davies fa per alzarsi. Un forte grugnito di Mick lo fa ricadere seduto. Mick, gridando) Hai dor­mito qui?

davies    Sììì.

mick (continuando a ritmo serrato)    Come hai dormito?

davies    Ho dormito.

mick    Dormito bene?

davies    Guarda qua...

mick    In quale letto?

davies    In quello.

mick    Non nell'altro?

davies    Noooo!

mick    Sei un dritto. (Pausa. Poi quietamente) Dritto lui! (Pausa. Di nuovo amichevole) Come hai dormito in quel letto?

davies  (battendo a terra)    Bene.

mick    Sei stato comodo?

davies  (gemendo)    Benissimo.

Mick si alza e va verso di lui.

mick    Sei forestiero?

davies No.

mick    Nato e cresciuto in Inghilterra?

davies    Sì.

mick  E che ti hanno insegnato? (Pausa). Ti piace il mio letto? (Pausa). Questo è il mio letto. Devi fare attenzio­ne a non prendete una corrente d'aria.

davies    Da letto?

mick  No, ora dal dietro. (Davies fissa Mick, con cautela. Mick si volta. Davies corre all'attaccapanni e afferra i pantaloni. Mick si volta e glieli strappa. Davies tenta di riprenderli. Mick lo minaccia) Hai intenzione di stabilirti qui?

davies    Dammi i miei pantaloni.

mick     Ti piazzi qui per molto?

davies    Dammi questi maledetti pantaloni.

mick     Perché? Dove devi andare?

davies    Dammeli che me ne vado. Me ne vado a Sidcup.

Mick sbatte ripetutamente i pantaloni in faccia a Da­vies. Davies si ritrae.

Pausa.

mick    Tu mi ricordi un tale con cui mi litigai una volta, dall'altra parte di Guildford...

davies  M'hanno portato, qua.

Pausa.

mick    Come?

davies    M'hanno portato, qua. Portato, capisci?

mick    Portato? E chi ti ha portato?

davies    Uno che vive qua... Lui...

Pausa.

mick    Balle.

davies Mi hanno portato, qua. Ieri sera... l'ho incontra­to in un bar... Io lavoravo... Poi mi sbattono fuori... La­voravo là... Mi salva dalle botte e mi porta... mi porta qua, dritto.

Pausa.

mick  Sei un imbroglione. Tu parli col proprietario. Que­sta stanza, è mia. Tu stai in casa mia.

davies    È sua... di lui. Lui lo sa...

mick (indicando il letto di Davies)    Quel letto è il mio.

davies    Quell'altro, allora?

mick    Quello è di mia madre.

davies    Ma stanotte non c'era.

mick   (andando verso di lui) Non cominciare ad offende­re. Lascia in pace mia madre.

davies    Io non ho...

mick   Attento a quello che fai. Non parlare male di mia madre. Abbi un po' di rispetto.

davies   Io ho rispetto. Non c'è nessuno che abbia più rispetto di me.

mick     Che imbroglione.

davies  Ma io non t'ho mai visto.

mick   Neppure mia madre hai mai visto, no? (Pausa). Sei un imbroglione. Non sei altro che un vecchio imbroglione.

davies    No, guarda qua...

mick    Ora basta, eh. Tu puzzi.

davies    Questo poi...

mick  Se hai impuzzolentito tutto. Sei un impunito e puz­zolente. Non puoi stare in un bel posto come questo. Non fa per te startene in un alloggio vuoto. Potrei affit­tare questa stanza a cinquantamila lire al mese, se vo­lessi. Troverei un inquilino domani. Seicentomila all'anno. Senza discutere. Voglio dire, se arrivi a questa ci­fra, dillo pure. Ecco qua. Per i mobili e gli arredi mi dai mezzo milione. Duecentomila di tassa. Calcola altre cento per acqua, riscaldamento e luce. In tutto un mi­lione e mezzo, diciamo. Se ti va, qua la mano e faccio stendere il contratto dal mio avvocato. Altrimenti ho giù il furgoncino. In cinque minuti ti porto alla polizia e ti faccio mettere dentro per violazione di domicilio, vagabondaggio, ruberia in pieno giorno, furto e puzzo dentro e fuori. Che ne dici? Ma forse t'interessa l'acqui­sto. Prima naturalmente mio fratello te la mette a posto. Io ho un fratello arredatore. Vedrai che lavoro ti fa. Se poi vuoi più spazio, di là ci sono altre quattro stanze disponibili. Stanza da bagno, salotto, camera da letto, e camera per i bambini. Questa puoi tenertela come stu­dio. Mio fratello sta per sistemare le altre stanze. Che ne dici? Un milione e mezzo trattabile per questa stan­za, oppure quattro milioni per tutto il piano. Se non li hai subito, non ti preoccupare. Puoi acquistarla a rate. Conosco una Società finanziaria che sarà ben lieta di trat­tare l'affare con te. Patti chiari? Venti per cento di in­teressi l'anno, cinquanta di deposito, pagamenti antici­pati, pagamenti arretrati, assegni familiari, mance, re­stituzione di cambiali per buona condotta, tè a volontà, trasferimento dei titoli, indennità di credito, plusvalore, comprensivo di assicurazione contro i sovvertimenti na­turali, i moti popolari, le proteste dei lavoratori, i danni provocati dal bestiame. Tutto sotto continuo controllo. Naturalmente serve una dichiarazione firmata dal tuo medico di fiducia che attesti il possesso da parte tua dei necessari requisiti fisici. D'accordo. Qual è la tua ban­ca? (Pausa). Qual è la tua banca?

Si apre la porta. Entra Aston. Mick si volta e lascia ca­dere i pantaloni. Davies li raccoglie e se li mette. Aston dà un'occhiata ai due, va al suo letto, posa una borsa che ha portato con sé, siede, e riprende a lavorare al to­stapane. Davies si ritira in un angolo. Mick si siede. Silenzio.

Una goccia cade nel secchio. Tutti guardano in alto. Silenzio. Goccia.

aston Sì. (Pausa). Viene dal tetto.

mick    Dal tetto, eh?

aston Sì. (Pausa). Lo dovrò asfaltare.

mick  Vuoi asfaltarlo?

aston   Sì.

mick    Cosa?

aston    Le crepe.

Pausa.

mick    Vuoi asfaltare le crepe sul tetto?

aston    Sì.

Pausa.

mick    Pensi che basterà?

aston    Basterà, per il momento.

mick    Uhm.

Pausa.

davies (d'improvviso)    Ma che fate? (Entrambi si volta­no a guardarlo). Che fate... quando il secchio è pieno?

Pausa.

aston    Si vuota.

Pausa.

mick   Stavo dicendo all'amico che stai per sistemare le altre stanze.

aston    Sì. (Pausa. A Davies) Ti ho portato la borsa.

davies  Oh. (Viene avanti per prendere la borsa) Ah gra­zie, tante grazie, Te l'hanno data, eh? (Davies torna in­dietro con la borsa).

Mick si alza e gliela toglie di mano.

        

mick    Questa cos'è?

davies    Dammela, è la mia borsa!

mick   (sorvegliandone le mosse) Questa borsa l'ho già vista.

davies    Che vuoi dire?

mick    Dove l'hai presa?

aston   (si alza e va verso di loro)  Lasciala.

davies  È mia quella borsa.

mick   Cosa?

davies   È mia! Diglielo anche tu che è mia!

mick    Ah, così sarebbe tua?

davies    Dammela.

aston    Su, dagliela.

mick    Cosa? Dargli cosa?

davies    Quella maledetta borsa,

mick   (la nasconde dietro la cucina a gas) Quale borsa? (A Davies) Di quale borsa parli?

davies   (si muove verso la cucina)    Guarda qua...

mick   (gli si para davanti)    Dove vorresti andare?

davies    Vado a prendere... la mia vecchia...

mick  Attento a quello che fai! Tu sei uno che bussi alle porte quando in casa non c'è nessuno. Tu entri in casa e metti le mani su roba che non ti appartiene. Tu oltrepassi i limiti.

Aston prende la borsa.

davies    'Sto ladro... è mia.

aston    Tieni. (Aston porge la borsa a Davies).

Mick la prende. Aston la riprende. Mick la prende. Davies si sporge per prenderla. Aston la prende. Mick si sporge per prenderla. Aston la passa a Davies. Mick l'afferra.

Pausa.

Aston la prende. Se ne impossessa Davies. Mick la ri­prende. Davies si sporge per prenderla. Aston la prende.

Pausa.

Aston la passa a Mick. Mick a Davies. Davies l'agguanta.

Pausa.

Mick guarda Aston. Davies si allontana con la borsa. Gli cade.

Pausa.

Entrambi lo guardano. Davies raccoglie la borsa, va al suo letto, e siede. Anche Aston va al suo e siede. Si arro­tola una sigaretta. Mick testa fermo, in piedi.

Pausa.

Una goccia cade nel secchio. Tutti e tre guardano malto.

Pausa.

aston    Come t'è andata a Wembley?

davies    Non ci sono più andato, (Pausa). Non ho potuto.

Mick va alla porta ed esce.

aston    Sono stato sfortunato con quella sega. Quando so­no arrivato non c'era più.

Pausa.

davies              Ma chi era quel tipo?

aston   Mio fratello.

davies              Lui? Gli piace scherzare, o sbaglio?

aston   Uhm.

davies  Sì... gli piace scherzare.

aston Ha il senso dell'umorismo.

davies              Eh, me ne sono accorto. (Pausa). Gli piace scher­zare a quello, si vede subito.

Pausa.

aston    Sì, ha la tendenza... a vedere il lato comico delle cose.

davies    Certo, dell'umorismo, oh, quello ne ha.

aston     Sì.

davies   Si può ben dirlo. (Pausa). L'ho detto io, come l'ho visto, quello ha un modo tutto suo di vedere le cose.

Aston si alza, va al cassettone, a destra, prende il Budda e lo ripone sulla cucina a gas.

aston   Hai sentito? Vuole che gli sistemi le altre stanze.

davies    Che vuoi dire?.,. Che la casa è sua?

aston   Sì. Vuole farci un appartamento con tutto il piano.

davies    Ma lui che fa?

aston    È negli affari. Ha un furgoncino suo.

davies    Non vive qui, no? O sbaglio?

aston  Una volta che ho costruito la tettoia... là fuori... potrò dedicarmi un po' di più all'appartamento. Le idee le ho. (Va alla finestra) Posso lavorare con le mani, ca­pisci, perché ne sono capace. Non pensavo di esserne capace. Posso fare qualsiasi cosa con le mie mani. La­vori manuali. Quando avrò fatto quella tettoia, avrò un laboratorio... Lavori in legno semplici... con legno buono. (Pausa). Naturalmente c'è molto da fare in questo posto. Quello che penso, metterò un tramezzo... in una delle stanze che danno sul pianerottolo. Penso che farò così. Vedi... c'è chi mette dei paraventi... orientali. Met­tono dei paraventi e dividono la stanza. La dividono in due. Potrei fare cosi, oppure metterci un tramezzo. Po­trei farlo in un attimo, avessi un laboratorio. (Pausa). Ma sì, metterò un tramezzo.

Pausa.

davies    Eh, guarda qua, non è mica la mia questa borsa.

aston    Oh, no.

davies  Questa non è la mia borsa. La mia borsa non era così. Sai che è stato? Si sono presi la mia borsa e t'han­no dato questa che non è la mia.

aston    No... è accaduto che la tua se l'è presa un altro.

davies  (alzandosi)    È quello che dico io.

aston   Questa l'ho presa in un posto. C'è dentro un po' di roba... Non è costata molto.

davies  (mette la borsa sulla sedia, l'apre e vi fruga den­tro) Ci sono scarpe? (Davies tira fuori due camicie a scacchi, una rossa l'altra verde. Le fa vedere) Scacchi...

aston    Sì.

davies  Eh... le conosco. Queste non vanno bene d'inverno. Figurati se non lo so. Quello che mi serve sono del­le belle camicie a righe. Quelle mi servono, capisci? (Estrae dalla borsa una giacca da camera di velluto ros­so) E questo cos'è?

aston    Una giacca da camera.

davies  Una giacca da camera? Eh, mica brutta, però. (La tasta) Voglio vedere come mi sta. (Se la infila) Hai mica uno specchio?

aston   No, non credo di averlo.

davies    Bene, non mi sta male. Che te ne sembra?

aston     Sì.

davies  Ah, questa sì, vedi. Questa mi piace. (Aston pren­de la spina e la esamina). Questa me la tengo. Scarpe, niente.

Pausa.

aston    Puoi fare... il guardiano qui, se vuoi.

davies    Che?

aston   Puoi dare... un'occhiata a questo posto per me... Pulire le scale e il pianerottolo. Sorvegliare l'ingresso. Lucidare i campanelli.

davies    I campanelli?

aston    Sì, ne metterò alcuni, giù al portone. Di ottone.

davies   Guardiano, eh?

aston    Sì.

davies   E' che io... non l'ho mai fatto... Voglio dire... quel­lo che voglio dire... non l'ho mai fatto prima.

Pausa.

aston  Allora, che ne dici? Te la senti?

davies   Io... dovrei sapere...

aston  Che genere di...

davies            Che genere di... eh, sai...

Pausa.

aston   Bene, io penso...

davies              Eh, io dovrei...

aston   Voglio dire...

davies   È questo... capisci?

aston   Quando sarà il momento...

davies   Proprio questo... non so se mi spiego.

aston   Tu dovrai...

davies   Dovrei sapere... che genere di lavoro.

Pausa.

aston    Bene, ci sono le scale... i campanelli...

davies   Mi ci vorrà una scopa... Me la trovi tu una scopa, perché sai non posso fare senza una scopa.

aston    Sì, anche delle spazzole naturalmente.

davies    Sicuro... mi ci vorranno, vedi, gli attrezzi adatti.

Aston prende un camice bianco da un gancio sopra il suo letto e lo porge a Davies,

aston    Puoi mettere questo, intanto.

davies    Mmnnn... è bello, no?

aston    Ripara dalla polvere.

davies   (lo indossa) Eh, altroché. Ripara bene. Tante grazie.

aston   Sai che possiamo fare?... Metto un campanello giù al portone con scritto «guardiano». E tu poi rispondi quando suonano.

davies    Ah, ma non so.

aston    Perché?

davies   Eh, io non so chi viene a suonarlo. Devo stare attento.

aston    Perché, ti cerca qualcuno?

davies  Mi cercano? Eh, può essere chiunque. Quello scozzese lì a cercarmi. So come va. Sento il campanello, scendo, apro la porta, e chi trovo, uno qualsiasi. Mi fre­gano facile. Mi chiedono il libretto, qui ho solo quattro marche, non ne ho altre, suonano il campanello con scrit­to guardiano, mi trovano là, e non ho scampo. Ho altri libretti, qua e là, sono pieno di libretti io, ma loro non lo sanno, e che glielo posso dire?, come posso, se no sco­prono che ho cambiato nome. Tu sai che quello di ades­so non è il mio vero nome. È un altro. Il nome di adesso non è quello vero. È falso.

Silenzio.

Le luci si abbassano fino al buio completo. Quando si riaccendono, una debole luce filtra dalla finestra.

Una porta sbatte. Rumore di una chiave che apre.

Davies entra, chiude la porta, gira l'interruttore, una, due volte.

davies (borbottando) Che è? (Apre e chiude l'interrutto­re di nuovo) Che ha questa luce? (Gira altre due volte) Se n'è andata pure la luce, ora. (Pausa). Che faccio? Se n'è andata la luce. Non vedo niente. (Pausa). Che fac­cio, ora? (Si muove, inciampa) Cos'è? Luce. Aspetta un momento... (Cerca i fiammiferi in tasca, caccia una scatola e ne accende uno. Il fiammifero si spegne. La scato­la gli cade) Aah! Dov'è? (Si china) Dov'è 'sta scatola?... (Urta la scatola con il piede) Cos'è? Cosa? Chi è?... (Pausa. Si muove) Dov'è la mia scatola? Era qui a terra. Chi è? Chi l'ha mossa? (Silenzio). Fatti vedere. Chi sei? Chi ha preso la mia scatola? (Pausa). Chi è là (Pau­sa). Caccio il coltello, eh... L'ho pronto. Fatti avanti, chi sei? (Si muove, inciampa, cade, lancia un urlo. Silenzio. Davies piagnucola debolmente. Si solleva) Va bene... (Si alza in piedi. Respira affannosamente. D'improvviso l'a­spirapolvere comincia a funzionare, lo aziona una figu­ra indistinta. Lo sposta lungo il pavimento dietro Da­vies, che fa un salto e cade lontano senza fiato) Aaaaah! Vai viaaaaaaa... (l'aspirapolvere si ferma. La figura in­distinta balza sul letto di Aston). Scendi giù. Vieni... vie­ni qui... se hai coraggio.

La figura stacca la spina dell'aspirapolvere dalla presa e riavvita la lampadina. Si accende la luce. Davies si ad­dossa al muro di destra, con il coltello in mano. Mick È in piedi sul letto e regge la spina.

mick Stavo facendo le pulizie di Pasqua. (Scende dal let­to) C'è una spina per questo aspirapolvere. Ma non fun­ziona. Così ho dovuto attaccarla qui. (Ripone l'aspira­polvere sotto il letto di Aston) Come ti sembra, ora? Gli ho dato una bella pulita, no? (Pausa). Facciamo a turno, mio fratello ed io, una volta ogni quindici giorni. Ho lavorato fino a tardi stasera, sono appena arrivato. Ma ho pensato di farlo subito, visto che è il mio turno. (Pausa). In realtà io non vivo qui. No. Vivo in un altro posto. Ma dopo tutto sono responsabile della manuten­zione della casa. Posso dire di esserne orgoglioso. (Va verso Davies ed indica il coltello) Che fai lì con quel coso?

davies    Prova ad avvicinarti...

mick  Mi spiace averti fatto paura. Ma pensavo anche a te, l'ospite di mio fratello. Dobbiamo fare in modo che ti trovi bene qui, no? Non vogliamo che ti riempi il naso di polvere. A proposito, quanto pensi di stare qua? Stavo pensando di ribassarti l'affitto. Fin tanto che non trovi una sistemazione. Proprio una sciocchezza. (Pau­sa). Eh, ma se mi fai il difficile, certo ci dovrò ripensare. (Pausa). Ehi, non penserai di aggredirmi, vero? Non sei mica un violento, tu?... O lo sei?

davies  (con irruenza) Io non comincio mai, amico. Ma se qualcuno ci prova, sa quello che gli capita.

mick    Lo credo bene.

davies  È così. Ero tutto sconvolto, sai? Anch'io scherzo, ogni tanto. Ma, chiedilo a chi vuoi... nessuno ci prova con me.

mick    Capisco benissimo quello che vuoi dire.

davies    Con me fino a un certo punto... poi...

mick    Certo, non oltre.

davies  Proprio così. (Mick siede sul tappeto arrotolato). Che fai adesso?

mick     Quello che hai detto... mi ha fatto impressione.

davies    Eh?

mick  Eh sì, sono molto impressionato per quello che hai detto. (Pausa). Sono cose che impressionano, queste.

Pausa.

davies    Allora tu hai capito di che parlo, vero?

mick    Certo. Ci capiamo noi due.

davies  Uh? Beh... ti dirò... mi piacerebbe che ci capissimo. Ma tu ti metti a prendermi in giro. Non so perché, non t'ho fatto niente, io.

mick  No, ma sai com'è? Abbiamo cominciato male. Ecco il perché.

davies  Uh, uhm... (Davies siede accanto a Mick sul tappeto).

mick    Vuoi un panino?

davies    Cosa?

mick   (caccia di tasca dei panini)    Ne vuoi uno?

davies    Ricominci.

mick  No, non mi hai capito. È giusto che m'interessi ad un amico di mio fratello. Tu sei un suo amico, no?

davies    Beh... non esageriamo.

mick    Forse non lo trovi simpatico?

davies    Proprio amici. Non m'ha fatto niente, ma chi di­ce che c'è tutta questa amicizia. Che c'è in quel panino?

mick   Formaggio.

davies     Mi va.

mick     Piglia.

davies    Beh, grazie.

mick   Mi spiace sentirti dire che mio fratello non è simpatico.

davies    È simpatico, è simpatico, non dico di no.

mick   (prende di tasca una saliera)    Sale?

davies   No, grazie. (Addenta il panino) Io non riesco... non riesco a capire come la pensa.

mick   (si fruga nelle tasche)    Ho dimenticato il pepe.

davies    Bene non riesco a capirlo.

mick  Avevo una carota da qualche parte. Mah, l'ho per­duta. (Pausa. Davies mastica il panino. Mick l'osserva mentre mangia. Si alza e va verso il fondo) Ah... senti... posso chiederti un consiglio? Tu sei un uomo di mondo. Posso chiederti un consiglio?

davies    Chiedi.

mick   Sai com'è? Sono un po'... preoccupato per mio fratello.

davies   Tuo fratello?

mick    Sì... vedi, il suo guaio è...

davies    Cosa?

mick    Non è facile a dirsi...

davies (si alza e gli va vicino)    Avanti su, dimmelo.

Mick lo guarda.

mick    Non gli va di lavorare.

Pausa.

davies   Ma va!

mick    Non gli va di lavorare, capisci?

davies    È questo il suo guaio?

mick    E terribile dover dire così del proprio fratello.

davies  Eh già.

mick    È uno scansafatiche. Questo.

davies    Conosco il tipo.

mick    Conosci il tipo?

davies    Ne ho incontrati di quelli lì.

mick    Io vorrei che cominciasse qualcosa.

davies    Più che logico.

mick   Se hai un fratello maggiore, vuoi che vada avanti nella vita. Non puoi vederlo cosi pigro, si fa del male e basta. Questo è quello che penso.

davies    Sicuro.

mick    Ma lui non vuole legarsi ad un lavoro.

davies    Non gli va di lavorare.

mick   Capito che tipo?

davies    Figurati, io li conosco.

mick    Ah, sì?

davies    Ne ho conosciuti di quelli lì.

mick   Per me è una grande preoccupazione. Io sono un uomo attivo: un costruttore. Ho giù il furgoncino.

davies    Questo è importante.

mick   Deve fare un lavoro per me... Lo tengo qui per far­mi questo lavoretto... ma, non so... sto pensando che come lavoratore vale poco. (Pausa). Tu, che consiglio mi dai?

davies    Beh... è un tipo strano tuo fratello.

mick    Cosa?

davies    Voglio dire, è... è un tipo strano; tuo fratello.

Mick lo fissa.

mick    Strano? Perché?

davies    Beh... è strano...

mick    Che c'è di strano?

Pausa.

davies    Non gli va di lavorare.

mick     Che c'è di strano in questo?

davies    Niente.

Pausa.

mick    Io non lo chiamerei strano.

davies   Neanch'io.

mick    Non cominciare a fare il criticone, adesso.

davies    No, no, non è questo... io dicevo...

mick    Non è il caso di criticare, tu parli troppo.

davies    Quello che volevo dire...

mick   Piantala. (Spiccio) Piuttosto, ho una proposta da farti. Sto pensando di occuparmene io di questo posto, vedi? Penso che andrebbe avanti meglio. Ho delle idee, un sacco di progetti. (Guarda Davies) Vorresti restare, qui, a fare il guardiano?

davies     Cosa?

mick  Sarò franco. Potrei fidarmi di uno come te, che sta qui e dà un'occhiata in giro.

davies  Guarda qua... aspetta un momento... Io... Io non ho mai fatto il guardiano prima...

mick    Non ha importanza. Tu mi sembri un tipo in gamba.

davies  In gamba lo sono. Voglio dire, ho avuto una quantità di offerte in passato, non dico di no.

mick  L'ho visto subito quando hai tirato fuori il coltello, che non sei il tipo che si lascia fregare.

davies    Per questo, caro, nessuno ci prova a fregarmi.

mick    Hai fatto il soldato?

davies    Che?

mick   Il soldato, l'hai fatto no? Si vede da come ti comporti.

davies  Oh... sì. Ci ho passato metà della mia vita. Là... oltremare... a fare il soldato.

mick    Nelle colonie?

davies    Sicuro. Sono stato tra i primi ad andare.

mick    Ecco l'uomo che cerco.

davies    Per cosa?

mick    Per fare il guardiano.

davies    Sì, va bene... ma chi è il padrone qua, tu o lui?

mick     Io. Sono io. Te lo posso provare.

davies   Ah!... (Deciso) Allora ci sto, a fare un po' il guardiano per te.

mick    Bene, per la paga ci mettiamo d'accordo, con van­taggio per tutti e due.

davies    Questo lo decidi tu.

mick    Grazie. C'è solo una cosa.

davies    Che c'è?

mick    Puoi darmi delle referenze?

davies      Eh?

mick    Solo per mettere a tacere il mio avvocato.

davies  Sono pieno di referenze, io. Basta che vado lag­giù, a Sidcup, domani. Là ci ho tutte le referenze che voglio.

mick    Dove?

davies  Sidcup. Quello non ha solo le mie referenze, ma ha tutte le carte che voglio, là. Conosco quel posto co­me le mie tasche. Io vado e prendo quello che mi serve, se no sono fregato.

mick    Così puoi avere queste referenze quando vuoi.

davies  Sai che ti dico, un giorno di questi ci vado. Vo­levo andarci oggi, ma... aspetto che si. aggiusti il tempo.

mick    Eh già.

davies  Senti, non puoi rimediarmi un bel paio di scar­pe? Ho un tale bisogno d'un buon paio di scarpe. Non posso muovermi senza un paio di scarpe. Non ti capita l'occasione di rimediarmene un paio?

Le luci si abbassano fino al buio completo. Quando si riaccendono, è mattina. Aston sta infilandosi i pantaloni sopra un paio di mu­tande lunghe. Fa una leggera smorfia. Guarda verso il capo del letto, prende un asciugamano e lo sbatte. Lo posa, va verso Davies e lo scuote. Davies salta su di colpo.

aston Hai detto che volevi essere svegliato.

davies   Perché?

aston Hai detto che volevi andare a Sidcup.

davies    Già, io andrei, se potessi.

aston Non sei fortunato, il tempo non è granché.

davies    Questo rovina tutto, non ti pare?

aston    Ho... non ho dormito molto bene, stanotte.

davies    Io pure.

Pausa.

aston    Tu hai fatto dei...

davies   È schifoso come ho dormito. Ha piovuto, stanotte?

aston  Un po'. (Torna al suo letto, prende una sottile as­se di legno ed inizia a scartavetrarla).

davies Allora avevo ragione io. M'c venuta in testa. (Pau­sa). Gli schizzi mi sono piovuti dritti in testa. (Pausa). Non si può chiudere quella finestra?

aston  Certo che si può.

davies  Allora, perché non la chiudi? La pioggia mi schiz­za in testa.

aston   Un po' d'aria ci vuole.

Davies si alza dal letto. Ha indosso i pantaloni, il gilet e la maglia.

davies (calza i sandali) Senti, caro, ci ho vissuto tutta la mia vita all'aria. Non mi devi parlare dell'aria. So quel­la che ci vuole, ma qui arriva troppa aria dalla finestra quando io dormo.

aston Sì, ma c'è troppa puzza senza la finestra aperta. (Aston va alla sedia, vi pone l'asse e continua a scarta­vetrarla).

davies Non mi hai capito. Questa pioggia mi cade dritta in testa e mi rovina il sonno. Prendo un raffreddore e mi frego. Ci muoio con quelli schizzi li. Tu invece chiudi la finestra e uno non prende nessun raffreddore.

Pausa.

aston    Sì, ma io non posso dormire qui senza la finestra aperta.

davies    Eh, ma io?... Tu a me non ci pensi?

aston    Perché non dormi dall'altro lato?


davies    Che vuoi dire?

aston    Dormi coi piedi contro la finestra.

davies  E allora?

aston    Non ti pioverebbe in testa.

davies   No, non posso. Non posso. (Pausa). Ormai mi sono abituato a dormire cosi. Non sono io che devo cam­biare, è la finestra. Guarda ora che piove, guarda, entra tutta dentro.

Pausa.

aston Credo che andrò a Goldhawk Road. Ho da parla­re a un tale laggiù. Aveva una sega. Mi pareva in buone condizioni. Non credo che a lui serva molto. (Pausa). Devo passarci.

davies Quest'acqua manda all'aria il mio viaggio a Sidcup. Allora che ne dici di chiudere la finestra, eh?

aston    Chiudila un po' per il momento.

Davies chiude la finestra e guarda fuori.

davies    Che c'è sotto quel telo là fuori?

aston   Legno.

davies              Per cosa?

aston   Per la tettoia.

Davies siede sul suo letto.

davies    Quelle scarpe, le hai trovate poi?

aston    Oh. No, Vedrò un po' oggi.

davies    Non posso più uscire con queste. Neppure per andare a prendere un tè. aston    C'è un bar qua sotto.

davies    Ah si, eh?

La luce diminuisce sul discorso di Aston. Verso la fine si può vedere solo Aston. Davies e tutto il resto sono in ombra.

aston Io andavo sempre lì. Oh, anni fa. Poi smisi di an­darci. Mi piaceva quel posto. Ero sempre lì, in quel po­sto. Prima che partissi. Proprio prima. Credo che... quel posto, abbia a che fare con la mia partenza. Erano tutti vecchi... più vecchi di me. Ma ascoltavano sempre quan­do parlavo. Credevo... che capissero ciò che dicevo. Io parlavo. Parlavo troppo. Ecco l'errore. In fabbrica lo stesso. Se si lavorava io parlavo, se non si lavorava io parlavo lo stesso. E quelli, tutti quelli lì, stavano a sen­tire quanto dicevo. Tutto andava bene. Il guaio era che io avevo delle allucinazioni. Non vere allucinazioni, era­no... io mi sentivo dentro di poter vedere... chiarissimo... tutto vedevo... tutto chiaro... silenzioso... quieto e chia­ro... tutto questo... tranquillissimo... ma, forse mi sba­gliavo. Comunque qualcuno deve aver detto qualcosa. Io non ne ho saputo nulla. Qualcuno deve aver detto una bugia. E... questa bugia ha fatto il giro. Io mi accor­gevo che la gente diventava strana. In quel bar. In fab­brica. Non capivo. Poi un giorno mi portarono in un ospedale, un po' fuori. Mi... portarono li. Io non vole­vo. Comunque... ho provato a venir via più di una volta. Ma... non era facile. Mi hanno fatto delle domande in quel posto. Mi hanno messo dentro e mi hanno fatto ogni genere di domande. Bene, io ho detto... quando vo­levano saperlo... quali erano i miei pensieri... Hmmmnn. Poi un giorno... un tale, questo tale... dottore suppon­go... primario... una persona... importante... forse no. Mi ha chiamato da lui. Ha detto... mi ha detto, che ave­vo qualcosa. Ha detto che avevano finito le analisi. Que­sto ha detto. Mi ha fatto vedere un mucchio di carte, ha detto che avevo qualcosa, dei disturbi. Ha detto... pro­prio cosi. Tu hai... delle allucinazioni. Questi sono i tuoi disturbi. Abbiamo deciso, ha detto, nel tuo interesse, c'è solo una cosa da fare. Dobbiamo farti... una cosa al cervello. Ha detto... se non te la facciamo dovrai rima­nere qui per sempre, ma se te la facciamo ti restano del­le possibilità. Potrai uscire di qui, ha detto, e vivere come gli altri. Cosa volete farci al mio cervello, ho det­to, ma lui ha solo ripetuto quello già detto. Bene, io non ero pazzo. Sapevo di essere minorenne. Sapevo che non poteva farmi nulla senza permesso. Sapevo che do­veva avere il permesso di mia madre. Allora io le scrissi e le raccontai cosa cercavano di farmi. Ma lei firmò, ve­di, la richiesta dandogli il permesso. Lo so perché mi fece vedere la sua firma quando ho protestato. Bene, quella notte, ho cercato di scappare quella notte. Stetti per cinque ore a segare una sbarra della finestra in cor­sia. Al buio completo. Ogni mezz'ora passavano con la pila fra i letti. Avevo calcolato bene il tempo. Quando ce l'avevo quasi fatta, uno... lui ha avuto un attacco, lì vicino a me. Comunque mi presero. Una settimana dopo vennero per farci quella cosa al cervello. In quella cor­sia dovevano farcela a tutti. E cominciarono, uno per volta. Uno per notte. Io ero tra gli ultimi. E vidi benis­simo quello che facevano agli altri. Arrivavano con que­ste... non so cosa.., come delle grosse pinze, coi fili attac­cati, i fili attaccati a un congegno. Elettrico. Tenevano uno immobile, e questo primario... il dottore primario, gli piazzava le pinze, qualcosa di simile ad una cuffia, le piazzava ai due lati del cranio. Uno si occupava del con­gegno, e quello... l'altro lo faceva andare e il primario piazzava le pinze e le premeva ai lati del cranio. Poi le staccava. Coprivano l'uomo con... lo coprivano tutto, lo lasciavano lì un bel po'. Alcuni si ribellavano, ma la maggior parte si lasciava fare. Rimanevano stesi... Bene, arrivarono anche a me e la notte che vennero saltai su e mi misi contro il muro. Mi dissero di tornare a letto, e io sapevo che avevano bisogno che io stessi a letto, per­ché se me lo avessero fatto in piedi, potevano rompermi la spina dorsale. Rimasi in piedi, e due di loro allora vennero verso di me, bene, io ero giovane allora, più forte, proprio forte, uno lo stesi e presi l'altro per la gola, allora di colpo il primario mi pose le pinze sul cra­nio e io sapevo che non avrebbe dovuto farlo mentre ero in piedi. Ecco perché io... comunque lo fece. Così potei venir fuori. Venni fuori da quel posto... ma non potevo camminare. Non credo che la mia spina dorsale si fosse rotta. Quella era a posto. Il guaio era... i miei pensieri... uuuuhh... non riuscivo... a metterli insieme... non del tutto. Il guaio era, che non sentivo quello che la gente diceva. Non potevo voltarmi né a destra né a sinistra, dovevo guardare sempre avanti, perché, se pie­gavo la testa... non riuscivo a tenerla... dritta. E poi c'e­rano quelle emicranie. Stavo seduto in camera mia. Al­lora vivevo con mia madre. E mio fratello. Lui era più giovane di me. Cosìmisi tutto a posto, in ordine, nella mia stanza, tutto quello che era mio. ma non morii. Il fatto è che sarei dovuto morire, proprio morire. Ora sto molto meglio. Ma non parlo più con la gente. Sto lon­tano da posti come quel bar. Non c'entro più. Spesso mi è venuta voglia di tornarci per scoprire... chi è stato a farmi questo. Ma ho da fare qualcosa prima. Devo costruirmi quella tettoia, là fuori, in giardino.

Sipario.


ATTO TERZO

Sono passate due settimane.

Mick è steso sul pavimento, la testa poggiata sul tappe­to arrotolato, guarda in alto. Davies è seduto sulla sedia, tiene in mano la pipa. Indossa la giacca da camera. È pomeriggio inoltrato. Si­lenzio.

davies Qualcosa ci ha fatto a quelle crepe. (Pausa), Scu­sa, ha piovuto sempre in questa settimana, ma nel sec­chio niente. (Pausa). Sta a vedete che lo ha asfaltato. (Pausa). Qualcuno camminava sul tetto l'altra notte. Scommetto che era lui. (Pausa). Ma lo sai che è perico­loso quel secchio? Quello mi cade in testa un giorno o l'altro, proprio quando ci sto sotto. Che lo so io quando è pieno o no? (Pausa). Deve proprio averlo asfaltato. Però a me non ha detto niente. (Accende un fiammifero, lo tiene sulla pipa, lo spegne) E poi non mi dà il coltello. (Pausa). Non mi dà il coltello neppure per tagliare il pa­ne. (Pausa). Come lo taglio il pane io senza coltello? (Pausa). È impossibile.

Pausa.

 

mick    Ma tu ce l'hai un coltello.

davies  Cosa?

mick    Un coltello, tu ce l'hai.

davies  Certo che ce l'ho un coltello. Ma come fai a chie­dermi di tagliare il pane con quello? Non è mica un col­tello per tagliare il pane. Quello, non è per il pane. Quello è... l'ho preso da qualche parte. Che ne so dove. No, io vorrei...

mick    Lo so quello che tu vorresti.

Pausa. Davies si alza e va verso la cucina.

davies E questa? Mi dice che non è attaccata. Ma io co­me faccio a saperlo? Io d dormo vicino. Mi sveglio la notte e mi trovo con la testa nel forno. Che ne so... sto a letto, mi scoppia addosso, sai che divento. (Pausa). Ma lui non sente quello che gli dico. L'altro giorno gli ho parlato di quei negri, quelli della casa accanto, che vanno in gabinetto. Gli ho detto, là dentro è tutto nero. Lui dovrebbe occuparsene, e invece niente. Neppure una parola. (Pausa). Quindici giorni fa... mi fa un lungo di­scorso. Era seduto là... mi fa 'sto discorso. Dopo di che non ha quasi più aperto bocca... Io non so che gli ha preso... non guardava me, non parlava a me, io come se non ci fossi. Parlava a se stesso! Questo mi preoccupa. Vedi, tu vieni da me, mi chiedi un consiglio, lui non lo farebbe. Con lui mai un po' di conversazione, capisci? Tu puoi vivere nella stessa stanza con uno... che non fa mai conversazione? (Pausa). Io non so come fare con lui. (Pausa). Io e te potremmo mandare avanti bene questo posto.

mick (meditativo) Eh sì, tu hai ragione. Sai che ti fac­cio... di questo posto? (Pausa). Ne faccio una villa. Per esempio... questa stanza. Potremmo farci la cucina. La misura è giusta, la finestra è grande, c'è sempre il sole. Qui ci mettiamo del linoleum blu garganello picchietta­to di rame ed avorio. Lo stesso colore sulle pareti. I ri­piani della cucina grigio antracite. Tutta la stanza piena di cristalliere. Una piccola qua, uria grande là. Un'altra ad angolo, coi piani girevoli. E dentro mensole per il vasellame. La sala da pranzo, potremmo sistemarla sul pianerottolo. No? Tende veneziane alla finestra. Mo-quettes sui pavimenti. Una tovaglia di lino bianco, un tavolo in... teak afromosia, cassetti nero sabbiati, puff sonici e rotondi, poltrone in giallo canarino, un divano con la cornice in faggio e l'imbottitura verde prato, un carrello da cucina bianco, laccato. Poi c'è la stanza da letto. Che cos'è una stanza da letto? Un rifugio. Un luo­go intimo, riservato e tranquillo. Occorre perciò un arre­damento adatto. Luci funzionali. Mobili... in mogano e ciliegio. Tappeto azzurro intenso, tende blu e bianche, un copriletto chiaro con disegni a piccole roselline blu. Una toletta con il «necessaire» e una lampada col para­lume di rafia bianca... (Mick si siede) Non sarebbe un appartamento, sarebbe una villa.

davies    Eh certo, è così.

mick   Una villa.

davies    E chi ci vivrebbe qui?

mick    Io. Mio fratello ed io.

Pausa.

davies    Ed io?

mick (calmo) Tutta questa roba non serve a niente. È ferro vecchio. Robaccia. Non puoi mettere su casa con questa roba. Non puoi neanche venderla, non ti dareb­bero niente. (Pausa). Robaccia. (Pausa). Ma quello che ho in mente, non gli interessa. Questo è il guaio. Perché non provi a parlargli tu? Vedi se gli interessa.

davies     Io?

mick    Sì. Tu sei suo amico.

davies    Lui non è amico mio.

mick    Vivi nella stessa stanza con lui, no?

davies  Sì, va bene, ma lui non è amico mio. Non sai mai cosa fare con lui. Con te, uno sa come sei. (Mick lo guar­da). Tu hai proprio il tuo modo di fare, chi dice di no. Magari un po' strano, eh. Ma siamo tutti un po' così. Con lui è diverso, capisci? Con te almeno... tu sei...

mick    Schietto.

davies    Ecco, sì, tu sei schietto.

mick    Appunto.

davies Ma con lui non sai mai quello che gli passa per la testa.

mick    Uhm.

davies Non ha anima! (Pausa). Vedi, quello che a me serve è un orologio. Mi serve un orologio per sapere l'o­ra. Come faccio a sapere l'ora senza orologio? Non pos­so, no? Gli ho detto, che ne dici di pigliare un orologio? Così io posso sapere che ora è. Se non sai che ora è, non sai dove sei, capisci? Sai che mi tocca fare ora se vado un po' fuori? Devo guardare l'orologio e mettermi l'ora in testa per quando torno. Ma così non va. Dopo cinque minuti me la sono già scordata. Mi sono scordato che ora era. (Davies cammina su e giù per la stanza) Se sto male me ne sto a letto, no? Ma quando mi sveglio l'ora chi me la dice? Che ne so io quando è l'ora di uscire per prendere il te. Quando torno posso vedere l'orologio al­l'angolo, così quando rientro lo so che ora è. Ma quando sono in casa?... Eh? Non ho la più pallida idea di che ora sia. (Pausa). No, quello che a me serve è un orologio qua, in questa stanza. Allora sì che me ne starei più tran­quillo. Ma quello mica me lo dà. (Davies siede sulla se­dia) Mi sveglia! Mi sveglia in piena notte. Mi dice che faccio dei rumori. Ho una mezza idea di dargli un caz­zotto uno di questi giorni.

mick    Non ti lascia dormire, eh?

davies    Macché dormire. Mi sveglia.

mick    È terribile.

davies  Sono stato in tanti altri posti. Mi hanno sempre lasciato dormire. In tutto il mondo è così. Meno che qua.

mick   Dormire è essenziale. Io l'ho sempre detto.

davies Eh, essenziale. Mi alzo la mattina e sono a pezzi. Io ho affari. Mi devo muovere. Devo sistemarmi, no? Ma quando mi sveglio la mattina non ho forze. E poi non ho orologio.

mick   Eh, già.

davies (alzandosi e muovendosi) Se ne va, io non so do-ve, mica me lo dice dove va. Prima un po' parlavamo, adesso niente. Io non lo vedo mai. Se ne va, torna tardi, io so solo che poi in piena notte mi sveglia. (Pausa). Guarda qua, la mattina mi sveglio... Io mi sveglio e lui mi sorride. Sta lì in piedi, mi guarda e sorride. Io lo posso vedere. Lo vedo da sotto le coperte. Si mette la giac­ca, si volta, guarda verso il mio letto e sorride. Ma che ci avrà da sorridere. Lui non lo sa che io lo vedo. Si cre­de che io dormo. Ma, io lo tengo d'occhio. Lui non lo sa. Mi guarda e ride ma non lo sa lui che io lo vedo mentre fa cosi. (Pausa. Si china verso Mick) No, quello che devi fare e... devi parlargli. Io ho quella cosa da fare. Gli devi dire... che noi abbiamo delle idee per questo posto, che possiamo incominciare. Vedi, ti imbianco io, qui, te la do io una mano... tra noi (Pausa). Ma tu dove vivi adesso?

mick Io? Ho un posticino. Non c'è male. Tutto pulito. Devi venire una volta a bere qualcosa. Possiamo ascol­tare Cajkovskij.

davies    No, vedi, tu devi parlargli. Sei suo fratello.

Pausa.

mick    Sì... forse lo farò.

Fuori una porta sbatte.

Mick si alza, va alla porta ed esce.

davies    Dove vai? È lui questo.

Silenzio.

Davies sta in piedi, poi va alla finestra e guarda fuori. Entra Aston. Porta un sacchetto di carta. Si toglie il cap­potto, apre il sacchetto e tira fuori un paio di scarpe.

aston    Scarpe.

davies   (si volta)   Eh?

aston   Te ne ho rimediate un paio. Provale.

davies   Scarpe, eh? Come sono?

aston    Della tua misura, credo.

Davies viene avanti, si toglie i sandali e prova le scarpe. Ci cammina un po', muove il piede, lo piega, preme il cuoio.

davies    Non mi stanno.

aston     No?

davies    Macché. Non mi entrano.

aston    Mmnn.

Pausa.

davies Sai che ti dico, me le faccio entrare... finché non ne trovo un altro paio. (Pausa). E i lacci?

aston   Non ci sono.

davies    Non posso mica metterle senza lacci.

aston    C'erano solo le scarpe.

davies  Questo è il colmo. Come faccio a camminare sen­za lacci? Il piede esce se non ci sono i lacci. L'unico mo­do per non perdere le scarpe è di rattrappire il piede. Ma non fa bene al piede, gli fa prendere una cattiva po­sizione.

Aston si china e guarda sotto il letto.

aston    Dovrei averne un paio, qua sotto.

davies    Lo vedi pure tu che così non posso stare.

Pausa.

aston    Eccoli. (Li porge a Davies).

davies    Ma questi sono marroni.

aston    Questi soli ho.

davies  E le scarpe sono nere. (Aston non risponde). Sai che ti dico, me li faccio andare... finché non ne trovo un altro paio. (Davies siede sulla sedia e prende ad allac­ciarsi le scarpe) Così domani mi portano a Sidcup, que­ste. Se ce la faccio, mi sistemo. (Pausa). M'hanno offer­to un buon lavoro. Un tale, quello è... pieno di idee. Con quello sto tranquillo. Però m'ha chiesto le referenze. E io ho tutto lì, a Sidcup. capisci? Il difficile è arrivarci. È il tempo che mi frega. L'ho sempre contro. (Aston esce piano,, inosservato). Non so se ci arrivo con queste scarpe. La strada è cattiva. L'ho già fatta prima. Venivo da un'altra parte, però. L'ultima volta, fu... l'ultima volta... tanto tempo fa... la strada era cattiva, pioveva a di­rotto, ce l'ho fatta per un pelo ad arrivare fino qua... sì... ho camminato sempre per tutta la strada. Ma che sono scarpe, queste? Eh, come faccio? Io devo tornare là, trovare quell'uomo. (Si volta e sì guarda intorno) Cri­sto, 'sto fesso al solito mica mi ascolta.

Buio.

Una debole luce filtra dalla finestra. E notte. Aston e Davies sono a letto, Davies russa, Aston si alza a sedere, viene fuori dal letto, accende la luce, va verso Davies e lo scuote.

aston    Ehi, smettila, capito? Non posso dormire.

davies    Che è? Che è? Che è stato?

aston    Fai dei rumori,

davies  Io sono vecchio, ma tu che vuoi da me? Che smet­ta di respirare?

Aston va verso il suo letto e si mette i pantaloni.

aston   Vado a prendere una boccata d'aria.

davies Guarda qua, non mi meraviglia che ti abbiano messo in manicomio. Svegliare un vecchio come me in piena notte, devi essere proprio matto! Gli incubi mi fai venire e poi la colpa di chi è? Se non mi rompessi l'anima ad ogni momento, non farei rumori. Ma cosi, come vuoi che dorma tranquillo. Devo smettere di re­spirare? (Tira via le coperte e scende dal letto, con in­dosso la maglia, il gilet ed i pantaloni) Fa così freddo qua dentro che devo andare a letto coi pantaloni. Non mi era mai successo in vita mia. Ma mi tocca farlo qui perché tu non vuoi mettere un po' di riscaldamento! Guarda qua, m'hai scocciato. Basta di rompermi le sca­tole. Ho più anni di te, amico, ma in quei posti non ci sono mai stato. Sono sano, io. Non mi scocciare. Se tu te ne stai al tuo posto io me ne sto al mio. Stai al tuo posto, però. Perché, se vuoi saperlo, tuo fratello ti tiene d'occhio. Sa tutto di te. Lui è amico mio, non ti credere. Mi posso fidare. Trattarmi come una merda. Perché por­tarmi qui se poi mi tratti in questo modo? Ma chi ti credi di essere? Aspetta e vedrai. Ne ho sapute di cose su di te. Ti hanno già messo in quel posto prima, attento che ti ci rimettono. Basta che gli dicano una parola. Ven­gono qua, in ogni momento, ti prendono e ti rinchiudo­no là dentro. Ti mettono le pinze in testa e sei fregato. Basta che vedono dov'è che mi fai dormire che s'accor­gono subito che sei un criminale. Il più grosso errore che hanno fatto è stato farti uscire di là. Mica si sa quel­lo che ti passa per la testa. Esci, rientri e nessuno ci capisce niente. A me non mi porti in giro. Ma credi davvero che mi metta a fare quel tuo sporco lavoro? Eeeehhh! Non te lo credere, caro mio. Vuoi farmi fare tutto quello sporco lavoro, su e giù per le scale, per poi di notte svegliarmi quando dormo? No, per te no, caro. Tu sei matto. Basta guardarti. Trattarmi come un rifiu­to. Io in quei posti non sono mai stato. Quando mai mi hai dato un soldo. (Aston fa un leggero movimento ver­so di lui. Davies estrae il coltello di tasca) Ehi, non av­vicinarti. Ho questo. L'ho già usato. Non avvicinarti. (Pausa. Si guardano). Attento a quello che fai. (Pausa). Non provarci con me.

Pausa.

aston    Io credo... è meglio che ti trovi un altro posto. Non ci intendiamo noi due.

davies    Trovarmi un altro posto?

aston    Sì.

davies    A me? Parli con me? Non io, caro. Tu!

aston     Eh?

davies    Tu. Tu è meglio che ti trovi un altro posto.

aston     Io ci vivo qui. Tu no.

davies   Io no? No, io ci vivo. Mi è stato offerto un posto, qui.

aston     Sì... ma non credo che tu sia il tipo adatto.

davies   Non adatto? Beh, c'è qualcuno qui che non la pensa così. Sai che c'è, io rimango a fare il guardiano. Ti va? Tuo fratello l'hna detto. M'ha detto che il posto è ormai mio. Mio! Qua sto, hai capito. Io sono il guardiano.

aston    Mio fratello?

davies  Ci viene lui qui adesso. Ne fa una villa ed io rimango con lui.

aston   Senti, io ti do... qualche soldo. Tu puoi andare a Sidcup.

davies  Ma va, costruisciti la tettoia. Qualche soldo. Quan­do posso avere una paga sicura, qui. Costruisciti 'sta tet­toia puzzolente, dai retta.

Aston lo fissa.

aston  La mia tettoia non è puzzolente. (Silenzio. Aston va verso Davies) È pulita. Tutto legno buono. Io la co­struirò. È facile.

davies    Non ti avvicinare, sai.

aston  Non hai alcun motivo per dire che la mia tettoia è puzzolente. (Davies gli punta contro il coltello). Tu, sei puzzolente.

davies   Cosa?

aston   Tu hai appestato tutto qua dentro.

davies   Cristo, tu dici questo a me.

aston    Per giorni. È il puzzo che non mi fa dormire.

davies    Proprio tu mi dici che puzzo.

aston    È meglio che te ne vai.

davies Ah, così io appesterei! (Spinge il braccio in avan­ti, il braccio trema, avvicina il coltello allo stomaco di Aston. Aston non si muove. Silenzio. Il braccio di Da­vies non va oltre. Si guardano). Puzzolente, eh?...

Pausa.

aston    Prendi la tua roba.

Davies ripone il coltello, respirando a fatica.

Aston va al letto di Davies, raduna le sue cose e le mette nella borsa.

davies Tu non hai... il diritto... Metti giù, è roba mia! (Davies prende la borsa e sistema le sue cose) Mi è sta­to offerto un lavoro qui... vedrai tu... (Indossa la giac­ca da camera)... aspetta... tuo fratello... ti sistema lui... mi hai detto... così... nessuno me lo aveva mai detto prima... (Indossa il cappotto) Ti pentirai di avermi det­to così... non è mica detta l'ultima parola... (Prende la borsa e va alla porta) Ti pentirai di avermi detto così... (Apre la porta, Aston lo osserva). Ora so di chi posso fidarmi.

Davies esce, Aston rimane fermo.

Buio completo.

Le luci si riaccendono. Tardo pomeriggio.

Voci nelle scale.

Mick e Davies entrano.

davies    Puzzolente! Hai capito? A me! Ecco come m'ha detto. Puzzolente...

mick     Tch, tch, tch.

davies    Che puzzo. Così ha detto.

mick     Tu non puzzi.

davies   No!

mick    Se puzzassi, sarei io il primo a dirtelo.

davies  Io glie l'ho detto... non è detta l'ultima parola, ca­ro mio. Ricordati che c'è tuo fratello. Lui viene e ti but­ta fuori. Non sai mica in che pasticcio ti sei messo. Dir­mi così. Lui ha cervello, non come te.

mick    Che vuoi dire?

davies    Eh?

mick    Che mio fratello non ha cervello?

davies   No, chi dice... tu hai delle idee per questo posto... Vuoi farne una villa. Lui non può darmi ordini. Io gli ordini li prendo da te, È per te che faccio il guardiano. Tu hai considerazione per me... non mi tratti come una merda. Io e te... lo vediamo lui com'è.

Pausa.

mick    Che ha detto quando ha saputo del guardiano?

daviess    Mah... ha detto... che lui ci abita qui.

mick    Ha ragione, non ti pare?

davies Come ha ragione? Questa casa è tua, no? Sei tu che ce lo lasci vivere.

mick    Sì, potrei dirgli di andarsene.

davies    Come dico io.

mick  Già. Potrei dirgli di andarsene. Sono il padrone. Lui non è che un inquilino. Dargli lo sfratto, in fondo, che cos'è? Una cosa di ordinaria amministrazione. Que­sto è. Tutto dipende da come vedi la stanza. Se la consi­deri cioè con i mobili o senza. Capisci quel che voglio dire?

davies    No, non lo capisco.

mick Tutti i mobili che sono qui, tutti, sono suoi, eccet­to il letto, naturalmente. È una questione, una sottile questione legale, questo è.

Pausa.

davies    Potrebbe tornarsene da dove è venuto.

mick   (si volta e lo guarda)    Da dove è venuto, eh?

davies     Sì.

mick    E da dove credi sia venuto, secondo te?

davies    Lui... è...

mick   Ogni tanto esageri, no? (Pausa. Alzandosi, brusca­mente) Bene, stando così le cose, mi va di cominciare a sistemare questo posto...

davies    Oh, è quello che volevo sentire.

mick  Mi va, mi va... (Si volta e guarda Davies) Ma, at­tento, dovrai essere bravo come hai detto.

davies    Che vuoi dire?

mick     Dovrai essere bravo. Un arredatore.

davies    Un cosa?

mick   Che vuol dire un cosa? Un arredatore, no? Un fine arredatore,

davies    Io, ma che vuol dire? Io non l'ho mai fatto.

mick    Come non lo hai mai fatto?

davies    Guarda qua, non sono un arredatore. Troppo da fare, io. Troppe altre cose da fare. Ma... potrei sempre imparare... dammi il tempo... per imparare.

mick Non m'interessa niente che tu impari. Voglio un arredatore di prim'ordine e subito. Io credevo che tu lo fossi.

davies Io? Aspetta un momento. Tu m'hai preso per un altro.

mick Come è possibile? Io non ho parlato che con te. Tu sei l'unico al quale ho detto i miei pensieri, i progetti, a te solo, perché credevo che tu fossi un arredatore di prim'ordine, un eccellente fine arredatore.

davies    No, ma scusa...

mick  Vuoi dire che tu non sapresti mettere del linoleum blu garganello picchiettato di rame ed avorio e richia­mare lo stesso colore sulle pareti?

davies    Ma come vuoi...

mick  E neppure sapresti impiallacciare un tavolo in teak afromosia, ricoprire una poltrona in giallo canarino, un divano con la cornice in faggio e la storia verde mare?

davies    Mai saputo.

mick    Cristo. Ho preso una bella fregatura.

davies    Io non t:ho mai detto una cosa simile.

mick     Sei un vecchio imbroglione, amico!

davies  Tu non mi devi dire cosi. Tu mi hai parlato di fare il guardiano. Dovevo darti una mano per una paga piccola... proprio piccola, non ho mai parlato di quella roba lì... tutti quei nomi.

mick    Qual è il tuo nome?

davies    Non ricominciamo, eh.

mick    No, qual è il tuo vero nome?

davies    Davies.

mick    E l'altro?

davies    Jenkins.

mick  Hai due nomi. Figuriamoci il resto. Eh? Ora, dim­mi, perché mi hai raccontato la balla che eri un arredatore?

davies Io non t'ho detto niente! Vuoi starmi a sentire quando parlo? (Pausa). È stato lui a dirtelo. Tuo fratello te lo ha detto. È matto. Ti direbbe qualsiasi cosa pur di farmi dispetto. È tutto matto. Te lo ha detto lui.

Mick cammina piano verso di lui.

mick   Che hai detto che è mio fratello?

davies    Quando?

mick    Cos'è lui?

davies    Io... sentimi bene...

mick   Matto? Chi è matto? (Pausa). Tu non hai detto che mio fratello è matto? Mio fratello. Hai... una bella fac­cia tosta, eh? O sbaglio?

davies    Ma se è lui stesso che lo dice!

Mick cammina lentamente intorno a Davies, osservan­dolo. Gli gira intorno, si ferma.

mick Che tipo strano sei tu. Veramente strano. Da quan­do sei qui non c'è stata altro che confusione. Non ti si può mai prendere sul serio. Ogni parola che dici si pre­sta a differenti interpretazioni. La maggior parte sono balle. Tu sei un violento, bugiardo, un irresponsabile. Niente più d'un animale selvaggio. Un barbaro. E poi puzzi, dalla mattina alla sera. Sta a sentire. Vieni qui, ti offri come arredatore e io cosi ti assumo. E che succe­de? Fai un lungo discorso di tutte le referenze che hai a Sidcup, ma non t'ho mai visto andare a Sidcup per pren­derle, no? È molto spiacevole ma io sono costretto a li­cenziarti. Non sei più il guardiano. Eccoti la liquidazio­ne. (Si tasta le tasche, tira fuori dei soldi che lascia ca­dere ai piedi di Davies).

Davies rimane fermo. Mick va alla cucina e prende il Budda.

davies  (lentamente) Bene... se è questo... se è questo che vuoi.

mick   Sìììì. È questo che voglio! (Lancia con forza il Bud­da contro la cucina a gas. Il Budda si rompe. Con intensità). Tutti credono che questa casa sia la mia unica preoccupazione. Io ho altre cose che mi preoccupano. Altri interessi. Sono pieno di interessi, io. Ho i palazzi da tirar su. Devo espandermi... in tutte le direzioni. Non posso stare fermo. Devo muovermi, ogni momento. De­vo pensare al futuro. Questa casa non m'interessa. Non mi dà preoccupazioni. Mio fratello, può occuparsene lui. Può rimetterla a posto, sistemarla, farci quello che vuo­le con questa. Io credevo di aiutarlo lasciandolo vivere qua. Lui ha le sue idee. Bisogna lasciargliele. È tutto tempo sprecato.

Pausa.

davies   E io?

Silenzio. Mick non lo guarda. Una porta sbatte. Silenzio. Essi non si muovono.

Entra Aston. Chiude la porta, fa qualche gasso nella stanza, e si ferma davanti a Mick. Si guardano e si sorri­dono debolmente.

mick  (inizia a parlare ad Aston) Guarda... uh... (Si arre­sta, va alla porta ed esce).

Aston lascia la porta aperta, passa dietro a Davies, vede il Budda rotto, e guarda i cocci per un attimo. Va quin­di al suo letto, si toglie il cappotto, siede, prende il cac­ciavite e la spina e comincia a lavorare.

davies    Sono tornato solo per prendere la pipa.

aston     Oh sì.

davies Esco e... a metà strada... di colpo... mi accorgo... guarda qua... che non ho la pipa. Così torno a prender­la... (Pausa, Va verso Aston) È mica la stessa spina che... (Pausa). Ancora non sei riuscito, eh? (Pausa). Beh, se continui, io dico, tu probabilmente... (Pausa). Senti... (Pausa). Tu non volevi dire che puzzavo quando hai detto che ero puzzolente, è così? (Pausa), E così? Tu mi sei stato amico. Mi hai portato qui, non mi hai fatto doman­de, mi hai dato un letto, mi sei stato amico. Senti. Ci ho pensato perché facevo tutti quei rumori. La colpa è del­la goccia. Quella goccia, vedi, è sopra di me quando dor­mo, mi fa fare tutti quei rumori e io mica me ne accorgo. Così ho pensato, tu mi dai il tuo letto e ti prendi il mio. Non c'è poi tanta differenza. Per te è lo stesso. Tu ti prendi il mio, tu puoi dormire dovunque, io mi prendo il tuo e tutto fila a meraviglia. Io sono lontano dalla goc­cia. A te il vento non da fastidio. Hai bisogno d'un po' d'aria, e questo lo capisco, sei stato li tanto tempo, con tutti quei dottori, e tutto quello che ti hanno fatto, chiu­so là dentro. Quei posti, so come sono, caldi, vedi. Ci ho messo la testa ima volta, quasi soffoco. Così, penso, la soluzione migliore, scambiamo i letti e torniamo co­me prima. Io guardo il posto per te... non per tuo fra­tello, vedi, non per lui, per te. Sarò il tuo uomo di fidu­cia, basta che dici una parola... (Pausa). Che ne dici, eh?

Pausa.

aston No, a me piace dormire in questo letto.

davies  Tu non hai capito!

aston E quello, è il letto di mio fratello.

davies            Tuo fratello?

aston Qualche volta si ferma qua. Questo è il mio letto. L'unico dove possa dormire.

davies              Ma tuo fratello se n'è andato! Proprio andato!

Pausa.

aston    No, non posso cambiare letto.

davies    Non hai capito quel che voglio dire.

aston    Comunque, ora ho da fare. Devo costruire quella tettoia. Se non lo faccio ora non lo farò più. Fintanto che non l'ho fatto non sarò tranquillo.

davies    Ti do io una mano. Lo faccio. (Pausa). Hai capito che faccio? Ti do io una mano. La costruiamo insieme. In poco tempo la finiamo. Mi senti?

Pausa.

aston    No. Posso farla da solo.

davies  Ma, senti. Io sto con te, starò qui con te, la farò per te! (Pausa). La faremo insieme! (Pausa). Cristo, ba­sta che cambiamo i letti! (Aston va alla finestra e vi resta dando le spalle a Davies). Vuoi cacciarmi via? È questo? Tu non puoi farlo, eh? A me non importa. Se non vuoi, non cambiarne letto, continuiamo così, resto lo stesso. Forse, se copro meglio quella finestra... io resto. Va be­ne così?

Pausa.

aston   No.

davies    Perché... no?

Aston si volta e lo guarda.

aston    Fai troppo rumore.

davies Ma... guarda qua... ascolta... Io che faccio? (Aston si volta verso la finestra). Che posso fare? (Pausa). Do­ve vado? (Pausi). Dove posso andare? (Pausa). Se vuoi che vado... io vado. Basta che me lo dici. (Pausa), Le scarpe... quelle scarpe... che mi hai dato... vanno bene per camminare... vanno benissimo. Forse posso... arriva­re fin là... (Aston rimane alla finestra, voltato di spalle). Guarda qua... se... vado laggiù... a prendere i miei docu­menti... tu poi mi lasci, eh? Se vado... io vado... i miei...

Un lungo silenzio.

Sipario.