Il letto
di
Giuseppe Manfridi
a e per
Walter Manfrè
1 - Capiscimi
2 - Guardami
3 - Salvami
4 - Credimi
(Capiscimi)
(L’uomo e la donna sono giovani. Lo hanno fatto da poco. Ora, semirivestiti, stanno a gambe conserte seduti sul letto. Fra di loro un vassoio con su i pacchetti di un pasto cinese da asporto. Vi pescheranno per quasi tutta la durata del loro dialogo. Lei usando per lo più le bacchette, lui le mani)
DONNA: (Porgendogli un telecomando) Almeno i titoli li vuoi sentire?
UOMO: Per me ne faccio volentieri a meno. Di involtini quanti sono?
DONNA: Due e due. Dice che è caduto il governo
UOMO: Oh, tu però se vuoi accendere accendi
DONNA: (Lasciando perdere il telecomando) Non ci tengo particolarmente
UOMO: Comunque questa che è caduto il governo è vecchia
DONNA: No, ieri. Riso?
UOMO: Ieri l’avrai sentito, ma è già da una settimana. Ne ho, grazie
DONNA: Una settimana che se ne parla. Ma che è caduto, ieri
UOMO: Per me ti confondi con l’altra volta ancora.
DONNA: Che quando sarebbe stata?
UOMO: Neanche molto
DONNA: Comunque non roba di giorni
UOMO: No, che giorni. Qualche mese
DONNA: Eh, lo vedi! Mica che mi posso confondere una roba di giorni con dei mesi
UOMO: Sarà parecchio per confondersi, ma per un governo è poco
DONNA: Soprattutto se è ricascato ieri
UOMO: Ah, ma tu dici: ricascato, non cascato
DONNA: Ricascato rispetto a mesi fa
UOMO: Appunto
DONNA: E questo me lo ricordo. Pure mesi fa dicevano che era appena ricascato il governo. Me lo ricordo benissimo. Tutti a dire: è appena ricascato il governo
UOMO: Difatti era appena ricascato. Mi passi la soia, per favore
(Lei gli passa la soia. Per qualche secondo i due pensano a mangiare)
DONNA: E se fosse ricascato ieri quello di cinque giorni fa?
UOMO: Non lo dire tanto per battuta
DONNA: Non lo dico tanto per battuta
UOMO: Certo che almeno saperlo
DONNA: Se t’interessa, qui c’è il telecomando
UOMO: Fa’ una cosa. Senti tu. Io magari vado di là, poi me lo dici
DONNA: Se cerchi il bagno, è appena fuori la porta
UOMO: No, che non mi va di sapere il risultato della partita
DONNA: Mica è domenica oggi
UOMO: C’è l’anticipo per le coppe
DONNA: Oh, ma se non vuoi che accenda
UOMO: Basta che non mi dici niente del risultato
DONNA: Cioè non ho capito: andresti di là solo per questo?
UOMO: Mi rendo conto che è una cosa ridicola, ma
DONNA: Guarda, che io per te lo dicevo
UOMO: Occhèi, se non accendi rimango. Però che non mi va di impedirtelo
DONNA: Figurati, ne faccio tranquillamente a meno. Il maiale è tuo
UOMO: Ma non è in agrodolce. Gliel’ho chiesto in agrodolce
DONNA: Com’è che non la vuoi vedere? Te la stai registrando?
UOMO: Neanche per idea. Questo che è? Bambù?
DONNA: Mio marito fa così: se le registra senza farsi dire il risultato per poi vedersele come in diretta. Passa, ne prendo un po’
UOMO: Sì lo so come fa, ma io è che proprio non lo vorrei sapere per niente
DONNA: Credevo che il calcio ti interessasse. Sì, è bambù
UOMO: Guarda, è complicato
DONNA: Se non ti interessa, che ti frega di saperlo o no?
UOMO: Lascia stare, conviene
DONNA: Ma che ti cambia?
UOMO: Mi cambia che magari non m’interessasse. Com’è?
DONNA: (Mangiando) Decente. E allora?
UOMO: E allora cosa? Preferisco così
DONNA: Ma poi quand’è che pensi di saperlo?
UOMO: Fosse per me, mai
DONNA: Ah
UOMO: T’ho detto, è complicato
DONNA: Beh, abbastanza. Dai, assaggialo
UOMO: (Assaggiando) D’altronde, come prima noi due a cena.
DONNA: Che c’entra noi due a cena?
UOMO: Lo sai lo sai. (Con una smorfia) Troppo viscido
DONNA: Che c’entra noi due a cena?
UOMO: Non è stato complicato noi due a cena?
DONNA: Quando?
UOMO: Tu riflettici
DONNA: (Un pausa) Eh, c’ho riflettuto. Se dici complicato mi viene più da pensare che casomai può essere stato complicato dopo, non a cena
UOMO: Perché? Dopo è filato tutto benissimo
DONNA: Io ho detto: casomai. Quello che è?
UOMO: (Controllando in una vaschetta) Pare... boh. Ne vuoi?
DONNA: Dovessi dirti la verità, io tutta questa complicazione che dici...
UOMO: Se fai mente locale ti garantisco che la trovi. Vuoi o no?
DONNA: Un pochetto, và (Prende e condisce). Insomma, ammetterai che il problema poteva essere più di andare a letto insieme, che non di cenare insieme.
UOMO Beh, già chiedere a tuo marito di reggermi il gioco raccontando a mia moglie che io stasera ero con lui, mi pare di una perfidia
DONNA: Quando te l’ho suggerita l’hai trovata ottima
UOMO: Perfida è perfida
DONNA: Ma efficace. Figurati se potrà mai pensare che vai a chiedergli una cosa del genere per farlo cornuto e mazziato
UOMO: Appunto. Troppo perfida
DONNA: Poi ti ricordo che il problema era più tuo che mio
UOMO: Che c’entra? Con Giovanna la verità è sempre la scusa più improbabile. Anche quando esco con Marco per davvero: a lei mi tocca comunque dirle che faccio un’altra cosa sennò tanto non mi crederebbe lo stesso
DONNA: Ecco, bravo, dille che vai a scopargli la moglie
UOMO: Reggerebbe di più. Per lei quel conta è avere fiducia e con la verità non ci riuscirei mai
DONNA: Sicché, a ogni modo, l’impiccio che dici tu non sarebbe stato a letto
UOMO: Non proprio un impiccio
DONNA: Sì, ci siamo capiti. (Assaggiando) Buono il ‘tau-fu’. Insomma, non a letto
UOMO: Più a cena
DONNA: Dai, fuori il rospo
UOMO: Nessun rospo
DONNA: Quel che è
UOMO: Uffa
DONNA: Se sei pentito, guarda, nessuno ci prega. L’abbiamo fatto e amen. Per me, sta’ tranquillo, può anche finire qui
UOMO: Vorresti?
DONNA: Non mi ero fatta nessun’idea particolare. Nessun progetto, nessun programma, niente di niente. Era nell’aria, chiuso. Detesto le depressioni post-coitum. Niente strascichi, per cortesia
UOMO: Stai montando tutto un casino che t’assicuro non esiste proprio
DONNA: Visto che non ti vuoi spiegare
UOMO: Io mi riferivo solo a una cosa complicata del tipo di quella per cui non mi va di sapere il risultato della partita
DONNA: Ma che c’entrava tirare in ballo quando stavamo a cena?
UOMO: Dai su, che m’hai capito
DONNA: Attento a non rovesciare tutto. Capito cosa?
UOMO: Ma la cosa lì... e dai, quella dei preservativi
DONNA: Scusa, ma mi sfugge
UOMO: Ma sì, tutta la storia da quando tu hai cominciato a parlare di quell’amico tuo: di quello, poveraccio, che ha scoperto d’avere l’AIDS
DONNA: Specifichiamo. Primo: t’ho detto che è sieropositivo e non che ha l’AIDS. Secondo: non è un amico mio, ma di Marco. Perciò mi meravigliava che non lo conoscessi pure tu
UOMO: Oddio, ancora. T’ho detto sì, che lo conosco ma non molto. E al limite lo conosce molto più mia moglie di me. Comunque ho capito chi è: quello uno po’ strano
DONNA: Oh, mica t’ho detto omosessuale. Anzi
UOMO: E nemmeno lei. Solo strano
DONNA: Insomma, parlavamo di lui, e allora?
UOMO: E allora m’ha un po’ condizionato. E francamente avevo avuto la sensazione che la cosa avesse condizionato anche te. O no?
DONNA: Beh, che quando uno finisce a parlare di certe cose
UOMO: Sei tu che l’hai fatto, non io
DONNA: Altolà. Io ti ho parlato di lui perché tu avevi tirato fuori la faccenda di com’era nata la tua amicizia con Marco
UOMO: E con ciò?
DONNA: Con ciò, ti sei messo a raccontare del militare, e poiché mi pareva di ricordare che pure con quello si fossero conosciuti lì
UOMO: Sì, ma al CAR. Io con Marco sono diventato amico dopo
DONNA: Comunque m’è venuto in mente e te l’ho detto
UOMO: E m’hai detto pure che è sieropositivo
DONNA: Ma per il fatto che mi meravigliava che tu non ce l’avessi tanto presente
UOMO: Non vedevo come c’entrasse che dovessimo essere amici
DONNA: Beh, mi pareva logico. Coso lì, è amico di Marco. Marco è amico tuo, e quando tu hai conosciuto Giovanna, Giovanna già conosceva quello che era già tanto amico di Marco. Che tu lo conoscessi non sarebbe stato affatto improbabile
UOMO: Ma tu sostieni che dovrei conoscerlo perché amico di Marco o di Giovanna?
DONNA: Beh, a questo punto direi più perché amico suo di lei
UOMO: Poi amico... lo conosce
DONNA: E qui risiamo da capo a dodici col discorso di prima a tavola. Con te che dici di no e io di sì. Per me sono amici eccome. Tanto che ti ho detto: sennò come saprei che è sieropositivo? Perché me l’ha detto lei.
UOMO: Ma a Giovanna può anche averglielo detto Marco
DONNA: Impossibile. Lui neanche sa che è malato. O se lo sa, se lo tiene per sé. Come vedi, la mia non è che una deduzione elementare. (Offrendo) Tè?
UOMO: Ossia? Ho la birra, grazie
DONNA: Che a lei gliel’avrà detto direttamente quello. Il che non si spiegherebbe senza un minimo di confidenza. Ecco perché poi di lì siamo passati a parlare di malattie in generale
UOMO: Mica tanto in generale
DONNA: Insomma, dei pericoli del contagio, eccetera eccetera
UOMO: Oh, e io qui ti volevo. Ora la vicenda del preservativo ti è più chiara o no?
DONNA: Ahia. Ricominciamo. No che non mi è chiara
UOMO: Ho capito. Ristorante. Presente il ristorante? Io che apro la porta a vetri e ti dico "Prego dopo di te", e tu che mi fai: "Nei luoghi pubblici, le signore dopo"
(Lei annuisce masticando e con aria annoiata)
UOMO: Ci sediamo. Ordiniamo. Tavolo defilato verso le cucine
DONNA: Su, stringi
UOMO: Si parla di questo e di quello. Dei tuoi investimenti, dei miei. Anche un po’ di lavoro
DONNA: E con un certo non so che nell’aria. Poi?
UOMO: Poi si parla anche delle rispettive famiglie. Gli amici di qua, gli amici di là
DONNA: E sempre con quel non so che nell’aria. Poi?
UOMO: Poi tu ti alzi e vai a telefonare. La cosa ti torna?
DONNA: Perfettamente. Poi?
UOMO: Oh senti, io te lo dico, tanto oramai quello che è successo è successo. Quando ti sei allontanata ho sbirciato nella tua borsetta, va bene? No no. Inutile che strabuzzi gli occhi. In certi casi è lecito. Volevo capire se stavo prendendo una cantonata colossale o se avevo il diritto di andare avanti. Quando ho visto che avevi con te i preservativi mi sono risposto di sì. Altra soia, per favore
DONNA: Che figlio di
UOMO: Stacci, la trincea è trincea. Altra soia
DONNA: Senza dire che potevano anche essere
UOMO: Oh, non potevano essere un bel niente. Lo so benissimo che con Marco fate senza. Me l’ha detto lui. Mica che vi parlate solo tra femminucce
DONNA: Ah, buono a sapersi.
UOMO: Un po’ di soia, per cortesia
DONNA: (Passandogliela sgarbatamente) Poi?
DONNA: Poi sei tornata. Ti sei seduta. Mi guardi e mi fai: "E allora?". Capirai. Io per me ero già sull’attenti quando, attenzione, il discorso scivola su che? Sulla storia di quello sieropositivo. Ora... io pure mi ero portato i preservativi appresso
DONNA: Ma non mi dire
UOMO: Sennonché, al punto a cui era arrivata la conversazione sarebbe stato impensabile proporti qualsiasi cosa senza parlare subito di che? Ma ovviamente di preservativi. Beh, insomma, una cosa che frena. A me perlomeno frena. Solo che, vaffanculo, una parola tira l’altra, ne abbiamo dette talmente tante su quelli che scopano senza un minimo di precauzione da finire completamente incartati. E non mi dire che pure tu non l’hai trovata imbarazzante
DONNA: Va bene, e allora?
UOMO: Beh, non so te ma io non sapevo più come uscirne. Alché ho pensato: se le dico che ce li ho, questa magari mi fa pure una scenata come se avessi dato per scontato di portarmela a letto alla prima botta. D’altra parte, che sia a lei a dirmi di averceli, figurati: penserà di fare la parte della puttana. Per cui: zitta tu, zitto io: paralisi totale. Esagero? Dai, dì almeno se c’ho ragione o no?
DONNA: Non ti dico proprio un bel niente
UOMO: Sei sleale. Io cerco di essere sincero
DONNA: Sarebbe stata questa la complicazione?
UOMO: Direi
DONNA: E chi è che ti ci ha tirato fuori? Io. Fosse stato per te. Chi è che ha proposto di venircene via da quel buco, di passare dal cinese che conoscevo e di salire su da me visto che avevo casa vuota? Sempre io. Chi è che t’ha detto: portiamoci il vassoio sul letto che così vediamo meglio le stelle cadenti? Ai primi di dicembre
UOMO: Non colgo il nesso
DONNA: Parli come se i tuoi ragionamenti non fossero stati i miei
UOMO: Allora lo vedi
DONNA: Ma andando al sodo?
UOMO: Niente. Finito
DONNA: Ah
UOMO: Eh
DONNA: Finito che?
UOMO: Il percorso
DONNA: Quale percorso?
UOMO: Dei riferimenti
DONNA: A cosa?
UOMO: Ma al fatto del perché non mi va di sapere il risultato della partita
DONNA: E cioè, perché?
UOMO: Perché non voglio avere la conferma di una sconfitta praticamente certa. Sapendolo, mi distruggerebbe, mentre invece non sapendolo posso anche presumere che non sia avvenuta. Lì dovrebbe esserci il dolce, guarda un po’
DONNA: E che c’entra questo con i preservativi? (Controllando) Latte fritto
UOMO: Se non lo vedi da te. (Pescando nella vaschetta) Io ne prendo, tu?
DONNA: No, non lo vedo. Pietà per una povera cieca
UOMO: Stesse pippe mentali
DONNA: Più in prosa?
UOMO: Oddio, è difficile da dire, mentre a intuirlo non ci vorrebbe niente. E’ per uno, dividiamo?
DONNA: Su, un piccolo sforzo
UOMO: Che abbiamo giocato un gioco del cazzo. Io per non sembrarti un assatanato e tu per non fare la parte di quella che la dà via subito. Insomma, tanti salti mortali per arrivare a un punto che poi, logico, sarebbe stato quasi più difficile non farlo che farlo
DONNA: Ah, grazie. Proprio attrazione fatale, eh
UOMO: Non ci scherzare, poteva anche esserlo. Divido?
DONNA: Tientelo. E cos’è che l’avrebbe impedito?
UOMO: (Aggredendo il dolce) Ma mille cose
DONNA: Angosce da virus?
UOMO: Perché ti viene in mente?
DONNA: Perché forse ce l’hai in mente tu.
(Silenzio. Lui rimane con la posata a mezz’aria)
DONNA:Colpito affondato?
(Ancora un silenzio. Poi lui, ingollando)
UOMO: Ma tu che pensi? Che sarebbe stato meglio usarli?
DONNA: E tu?
UOMO: No, dì tu
(Ancora un silenzio)
DONNA: Vuoi sapere se ci sono stata?
UOMO: Con chi? Con l’infettato?
DONNA: Sembra la cosa classica di domandare questo per sapere quello
UOMO: Beh, non è che sarebbe poi tanto...
DONNA: Ultimamente no
UOMO: Come ultima...
DONNA: Ma mi sa che c’è stata tua moglie
UOMO: Ah, ecco dov’è che volevi arrivare!
DONNA: Da nessuna parte, giuro
UOMO: Ora questa che vorrebbe essere, un vendetta o cosa?
DONNA: E contro chi?
UOMO: Non c’è bisogno che te lo dica
DONNA: Invece sì. Contro chi?
UOMO: Contro di lei. Ce l’hai sempre avuta la fissa che se la facesse con tuo marito
DONNA: E da dove uscirebbe fuori questa stronzata?
UOMO: Giovanna. Me l’ha detto
DONNA: Cioè che io penserei
UOMO: No, che ce l’ha avuta
DONNA: La storia?
UOMO: E che tu ne eri convinta
DONNA: Fammi capire: convinta di che? Di una cosa inventata o di una cosa vera?
UOMO: Beh, che fosse vera non c’entra. Io so che tu ne eri convinta comunque
DONNA: Comunque vuoi dire vera
UOMO: E ci fai! Non ti passa nemmeno per l’anticamera del cervello che magari di parlarne non è che mi vada molto
DONNA: Non mi sembrava che l’avessi presa tanto male
UOMO: Perché io le cose so tenermele dentro
DONNA: Tutti sappiamo tenercele dentro
UOMO: Che poi non ho mai capito se ne eri convinta perché lo sapevi o se era solo una cosa tua
DONNA: Senti, parliamo d’altro, và
UOMO: Era così o che?
DONNA: Per piacere
UOMO: Solo questo
DONNA: E se anche a me non andasse di rimestarci dentro?
UOMO: Però lo stavi facendo
DONNA: Per piacere, capiscimi
UOMO: Sì, va bene, ma capiscimi anche tu
DONNA: Io non intendevo parlare di loro, ma di noi
UOMO: Di noi io e te?
DONNA: Già, di noi
UOMO: Perché, tu prevedi repliche?
DONNA: Ah, non domandarlo a me. Il problema è sempre tuo, non mio
UOMO: Problema? Che problema?
DONNA: Che ne so. Forse la partita
UOMO: Dai, piantala
DONNA: O di essere insoddisfatto della tua ‘performance’
UOMO: Senti, non è aria
DONNA: Allora forse di esserti beccato l’AIDS
UOMO: E da chi?
DONNA: C’ho azzeccato? E’ questo?
UOMO: Da chi?
DONNA: Vedi che t’ho fatto tana
UOMO: Cazzo, mi vuoi rispondere! Da chi?
DONNA: Beh, se fai il giro partendo da me e supponendo che io sia stata da poco col sieropositivo è facile: da lui a me, da me a te. Da me
UOMO: Già ma facendolo invece partendo da mia moglie e supponendo che lei abbia scopato con l’amico vostro, beh allora le cose cambierebbero e sarebbe da lui a lei, da lei a me e da me a te. Cioè a te, da me
DONNA: Preferiresti?
UOMO: Solo per dire
DONNA: E mio marito da chi l’avrebbe preso: da me e da tua moglie?
UOMO: Gesù, ma stiamo facendo dei discorsi orribili
DONNA: Ma tu le hai mai fatte le analisi?
UOMO: No, ma ero pulito. Lo so che ero pulito. E tu?
DONNA: Fino all’ultima volta sì
UOMO: Vale a dire?
DONNA: Un quattro-cinque settimane fa
UOMO: E poi?
DONNA: Poi niente
UOMO: Mai più stata
DONNA: Col tipo?
UOMO: Eh, ma dico dopo aver saputo delle sue analisi
DONNA: Dopo no
UOMO: Però magari l’ultima volta che ci sei stata lui già
DONNA: No, le aveva appena fatte e quelle erano buone. Il casino, a dirla tutta, non sono io ma è tua moglie
UOMO: E cioè?
DONNA: Per me c’è stata prima che lui lo sapesse ma quando già se l’era beccato
UOMO: E da che lo diresti, scusa?
DONNA: Perché quando m’ha parlato di quest’amico suo che stava male, beh si capiva che era sconvolta in modo un po’ particolare
UOMO: Cioè dici più per sé
DONNA: Io la sensazione che ho avuto è stata questa
UOMO: Ma lei lo sapeva che anche tu e lui...?
DONNA: Per me sì
UOMO: E che tu sapevi che lei e lui...?
DONNA: Che lo sapesse non ci giurerei, ma certo avrebbe avuto una gran voglia di parlarmene
UOMO: Tu dici per sfogare?
DONNA: Beh, è quello che avrei voluto anch’io. Quando me l’ha detto, puoi figurarti come mi sono sentita
UOMO: Però tu dici che quando l’avete fatto insieme lui ancora non
DONNA: Intanto il colpo me lo sono preso lo stesso
UOMO: A ogni modo, concludendo. Diciamo, a essere ottimisti, che a te è andata bene mentre a Giovanna non si sa. E tu con tuo marito?
DONNA: Che ti frega di me con mio marito?
UOMO: Mi frega sì, perché immagina che mia moglie ci sia stata nel frattempo dopo essere stata con quello, e che poi ci sei stata tu
DONNA: Beh?
UOMO: Da lui a Giovanna, da lei a Marco, da Marco a te. Da te a me. Fila benissimo
DONNA: E allora scusa: tu con tua moglie invece?
UOMO: No, noi è un mese che
DONNA: Beh, anch’io con Marco. Uno e mezzo, se non due
UOMO: Ah-ah. Visto che ho l’occhio lungo! L’avevo capito che c’era maretta
DONNA: Il bue che dice cornuto all’asino
UOMO: Comunque almeno da quella parte siamo sicuri
DONNA: Certo però che questa che mi hai detto di Giovanna con mio marito rincasina un po’ tutto
UOMO: Ma se dici che lo sapevi
DONNA: Non è che lo sapevo: me l’immaginavo. Se permetti, averne la certezza è un’altra cosa. Ora tu mi vieni dire papale papale che quelli magari lo stanno facendo anche adesso
UOMO: Come adesso?
DONNA: No, così, tanto per dire
(Un lampo. L’uomo e la donna devono aver pensato all’unisono lo stesso pensiero. Si fissano negli occhi stentando a dire quello che hanno per la testa)
UOMO: Ma tu com’è che hai la casa vuota?
DONNA: Che doveva andare alla partita, può essere?
UOMO: Può essere sì, ma la partita è a duecento chilometri da qui
DONNA: E difatti m’ha detto che stava fuori tutta la notte
UOMO: Mai saputo che fosse tanto tifoso
DONNA: Dice che l’avresti convinto tu
UOMO: No, un attimo. La partita c’entra solo per il fatto che lui m’ha detto: "Casomai a tua moglie diciamo che siamo andati alla partita". Così, come un’idea
DONNA: E tu?
UOMO: Io gli ho detto: meglio di no perché il risultato non lo voglio sapere
DONNA: Beh, ma potrebbe esserci andato lo stesso
UOMO: Da solo?
DONNA: Cioè, un attimo: tu avevi messo in preventivo di stare fuori tutta la notte?
UOMO: Beh, ci contavo
DONNA: E a Giovanna che le hai detto?
UOMO: Che c’era una rimpatriata con altri del militare e che non sapevo quando sarei tornato
DONNA: E lei?
UOMO: Mi chiesto se sarebbe venuto pure Marco
DONNA: E tu?
UOMO: Beh, le ho detto di sì
DONNA: E lei?
UOMO: Ha fatto una risatina e basta
DONNA: Ma una risatina tipo di ‘ah, ho capito, ho capito’ o tipo ‘divertitevi’?
UOMO: Più tipo la prima
(Una pausa)
DONNA: Stanno scopando
UOMO: Dici?
DONNA: Come fossi lì
UOMO: Ma questo vuol dire che l’avranno fatto anche... cioè, dopo che
DONNA: (Terrea) Già, anche dopo che
(Una lunga pausa)
UOMO: Però aspetta un attimo: tuo marito, a parte con te (e non prosegue)
DONNA: A parte con me cosa?
UOMO: Dico con le altre... li usa i preservativi?
DONNA: Bella domanda. Pagherei per saperlo
UOMO: Certo che se fanno come abbiamo fatto noi
DONNA: Il punto è che io prima non è che ci badassi troppo. Poi, ovvio, con la storia di quello che si è ammalato
UOMO: Cazzo, vuoi dire che prima tu non
DONNA: Senti, l’hai detto da te: a me di portarmeli appresso come una puttana è una cosa che proprio
UOMO: E lui?
DONNA: Dirti che me l’abbia sbandierato sotto il naso sarebbe una bugia
UOMO: Quindi no
DONNA: L’avesse fatto, ma sai che sberla
(Una pausa. Entrambi sembrano alquanto annichiliti. Lei si mette a fare tante striscioline con la carta dei pacchetti. Lui tenta, con mosse funebri, di ingollare qualche boccone ancora. Poi desistendo)
UOMO: Oh, Chiara
DONNA: Bruno, che c’è
UOMO: Secondo te siamo nella merda?
(Silenzio. Lei riprende a fare striscioline)
DONNA: Assaggerei il tuo dolce se non lo finisci
(Lui glielo passa. Lei inizia a piluccare in punta di bacchetta. Lui la fissa in attesa)
DONNA: Io non è che sia una grande appassionata di poesia, però
UOMO: Scusa che c’entra?
DONNA: C’entra che m’ha colpito la prima riga di una cosa che ho letto in un libro sfogliato per caso. Diceva: tutto è simbolo e analogia. (Una pausa) Pensaci. Tutto è simbolo e analogia
UOMO: Se decifri è meglio
DONNA: Ma che ne so. Però è vero. Pure la storia del governo che cade e che ricade
UOMO: Ebbè?
DONNA: Tu non trovi che siano un po’ tutti degli intervalli quelli che ci toccano?
UOMO: Intervalli come?
DONNA: Da vivere. Tipo tra un’analisi e l’altra. Tra un governo e l’altro. O di te che ti fai le tue fantasie sulla partita sin quando non ti toccherà sapere come è finita per davvero. Per questo che poi scatta tutta una serie di analogie a catena. Tanto che da lì ti è venuto da pensare di noi a tavola, dove a furia di parlare di uno che si è beccato il virus non abbiamo fatto quello che sennò avremmo fatto. Risultato: nella merda pure noi
UOMO: Insomma tu sì: pensi che ci siamo
DONNA: Sai cos’è che penso invece?
UOMO: No, che?
DONNA: Che quando capisci una cosa il problema è come utilizzarla
UOMO: Tipo questa degli intervalli?
DONNA: Sì: a che mi serve?
UOMO: Io quello che ti dico è a che serve parlarne?
DONNA: Perché non mi va di avere paura senza ricavarci nulla in cambio
UOMO: Allora ce l’hai
DONNA: Tu no?
UOMO: Se ce l’hai anche tu, ti prego: fammelo vedere, perché io me la sto facendo addosso
(I due, in ginocchio sulle coperte, si tirano sù ben dritti sul dorso e si spingono l’uno verso l’altra raggiungendosi al centro del letto. Si fronteggiano. Si abbracciano. Si stringono forte forte)
(Guardami)
(L’uomo e la donna sono a letto. Lei è nuda. Lui indossa il pigiama)
UOMO: Va risolta
DONNA: Lo so da me
UOMO: E allora cerca di fare qualcosa pure tu. Non posso essere solo io a... a
DONNA: A?
UOMO: Insomma, sempre io che
DONNA: Che?
UOMO: Ma sì, essere sempre quello che, come la metti la metti
DONNA: Non mi risulta che tu lo sia mai
UOMO: Ma cos’hai capito? Chi è che sarei? Sentiamo
DONNA: Quello che deve sfangarsela da solo. E men che meno, per tutti e due
UOMO: Beh, questa è fantastica.
DONNA: Se la realtà ti pare fantastica, padronissimo di pensarla come ti pare
UOMO: Non lo dirai, spero, credendoci sul serio
DONNA: Io dico quello che noto. Punto
UOMO: Complimenti. Bel modo di affrontare una discussione
DONNA: L’ho imparato da te
UOMO: Poi detesto quando chiudi un discorso dicendo ‘punto’. Mi sembra una prepotenza bella e buona
DONNA: Dovrebbe esserci la mia camicia da notte dalle tue parti, controlla un po’
UOMO: Assolutamente no
DONNA: Non dico per terra. In mezzo alle lenzuola
UOMO: Te l’ho strappata. Dev’essere volata via
DONNA: Ma che strappata! Me la sono tolta da me
UOMO: Scherzi
DONNA: Ah beh, vuoi che non me lo ricordi?
UOMO: Quello che ti ricordi non significa che sia quello che è successo
DONNA: Me la sono tolta da me.
UOMO: Neanche per sogno. Te l’ho strappata io
DONNA: Ma sentitelo! E ne sarebbe pure orgoglioso
UOMO: Non c’entra che ne sarei orgoglioso. C’entra che l’ho fatto
DONNA: E insiste
UOMO: C’è poco da insistere. Qua non si tratta di convincerti. Un bicchiere non può essere più bicchiere di quanto non sia
DONNA: Prego?
UOMO: Intendo, che se ti mostro un bicchiere e ti dico: quello è un bicchiere, non avrei da usare argomenti ulteriori per approfondire quanto ti ho detto dicendoti: quello è un bicchiere
DONNA: E quale sarebbe il bicchiere che mi avresti indicato?
UOMO: Ovvio: il fatto che la camicia da notte te l’ho strappata io
DONNA: E come faresti a mostrarmelo?
UOMO: Altrettanto ovvio: riferendotelo. Andare oltre non avrebbe senso
DONNA: Bella pretesa credere che il tuo bicchiere sia più bicchiere del mio
UOMO: Quale tuo bicchiere?
DONNA: Ma il fatto che la camicia da notte me la sono tolta da me.
UOMO: Comodo modificare il passato a parole, quando i fatti sono quel che sono
DONNA: Come che sia, aiutami a trovarla. Ho freddo
UOMO: Lo farò, ma solo cercandola per terra
DONNA: Dai, non fare lo stupido, dammi una mano a tirare su tutta questa roba
UOMO: Mi spiace. Detesto adoperarmi in dispendi inutili di energie
DONNA: Mi sembri scemo
UOMO: Massimo che posso consentire è che, se non da questa parte, sia volata oltre i piedi del letto. Comunque per terra. Te l’ho strappata io, lo saprò
DONNA: Qui non c’è
UOMO: Come volevasi dimostrare
DONNA: Che?
UOMO: Che lì non c’è
DONNA: Ma nemmeno là
UOMO: Tempo al tempo
DONNA: Sì, tempo al tempo e io intanto muoio di freddo
UOMO: Potevi dirlo. Vuoi il mio pigiama?
DONNA: Sto gelando. Tu no?
UOMO: Allora?
DONNA: Allora che?
UOMO: Lo vuoi?
DONNA: Voglio la mia roba
UOMO: Ma se non si trova
DONNA: Perciò ti chiedo di aiutarmi a cercarla
UOMO: Santo cielo, stai tremando. Dammi retta, approfittane
DONNA: Boh. No. Non lo so
UOMO: Ma perché no?
DONNA: Ci debbo riflettere
UOMO: Cioè?
DONNA: Cioè, non lo so se mi va
UOMO: Nel senso?
DONNA: E dagli!
UOMO: Dàgli tu! Se non rispondi...
DONNA: Ah, che strazio! Devo ancora capire se mi è più insopportabile il freddo che sento o il ribrezzo per quanto è sudicio il tuo pigiama
UOMO: Gentile
DONNA: Dal momento che tu le cose te le vuoi sentir dire a tutti i costi, uno finisce col dirtele
UOMO: Va bene, allora?
DONNA: Dammelo, và.
UOMO: Neanche grazie, mi raccomando
DONNA: Graaazie
UOMO: Preeego
DONNA: Hai freddo?
UOMO: Insomma
DONNA: Lo rivuoi?
UOMO: Si trovasse almeno la tua camicia da notte
DONNA: E’ qui in mezzo
UOMO: Ma figurati
DONNA: Non è stato carino, comunque, l’esempio che hai fatto prima. Neanche un po’
UOMO: Quale?
DONNA: Quello del bicchiere
UOMO: Perché?
DONNA: Ah, e me lo domandi pure?
UOMO: Illuminami
DONNA: Ecco, lo vedi... sei proprio insopportabile
UOMO: Ancora?! Ma vuoi spiegarti sì o no?
DONNA: Pure questa cosa di dire ‘illuminami’
UOMO: Si usa
DONNA: Casomai ‘la usano’. Gli altri. Io, se me lo consenti, mai
UOMO: Beh, io invece spessissimo
DONNA: Ah, lo so bene. Perché sei un cafone, sennò non si spiega. Come prima, quando hai detto: "Ti mostro un bicchiere e ti dico guarda"
UOMO: Era solo un esempio. Cos’è che non ti suona?
DONNA: Che a farlo con me è stonato.
UOMO: Stonato?
DONNA: Già, dal momento che sono cieca
UOMO: Che fesseria! Se per questo lo sono pur io
DONNA: A te non darà fastidio, a me sì
UOMO: Sarebbe molto più faticoso starmi sempre a controllare mentre parlo
DONNA: A me dà fastidio che tu non faccia nulla per farmi sentire come tutti gli altri
UOMO: Giustamente: non lo sei
DONNA: Certo che no, se tu mi obblighi a non poterlo essere
UOMO: Tipico tuo: te la suoni e te la canti
DONNA: Ma stai ancora cercando?
UOMO: Per forza, ho i brividi
DONNA: Bruno
UOMO: Eh? Che c’è?
DONNA: Non fare che ti raffreddi un’altra volta. Ne sei appena uscito
UOMO: Manco ci provassi gusto
DONNA: Vieni sotto. Tienti coperto
UOMO: Più di così
DONNA: Se continui a tener fuori le braccia nude
UOMO: Qui sta. Deve
DONNA: Poi è tutto sporco là sotto, lascia fare
UOMO: Mica se le sarà inghiottita il pavimento
DONNA: Dai, accostati. Ti scaldo io
UOMO: Com’è d’improvviso così carina?
DONNA: Sono tua moglie. Te lo debbo
UOMO: Delle due l’una: o è una risposta tristissima, o fra le cose più belle che tu mi abbia mai detto
DONNA: Decidi tu
UOMO: Pensavo ce l’avessi con me
DONNA: Beh, a dire il vero, io t’ho proposto di scaldarti nonostante fossi tu ad avercela con me
UOMO: Occhèi, ne approfitto. Curioso però
DONNA: Che?
UOMO: Stringermi al mio pigiama. Non mi era mai accaduto
DONNA: Vero. Mai. Perché sorridi?
UOMO: Ammetto. Non è proprio immacolato
DONNA: Naturale, te lo cambi ogni morte di Papa. Ci avrai rovesciato almeno una ventina di cappuccini qui sopra
UOMO: E’ che sono un po’ a corto di ricambi
DONNA: Dio, sei un ghiacciolo. Dai, riprendilo
UOMO: No no, mi piace. E’ strano... davvero curioso
DONNA: E ci rifai. Ma curioso che?
UOMO: Beh, stavo riflettendo che questo è un po’ quello che dovresti sentire tu quando sei tu che ti stringi a me
DONNA: Che ragionamenti. Io è le tue braccia che sento. E’ il tuo corpo, mica il mio.
UOMO: Ma dentro questo pigiama qui
DONNA: E con ciò?
UOMO: Niente. Mi stupisce. Poi non dovrei essere io a spiegarlo a te
DONNA: Provaci, invece. Sarebbe meglio
UOMO: Quanto sei vanitosa! Quando subodori un complimento, lo vuoi tutto intero. Impossibile lasciarlo a metà
DONNA: Stavolta non è per questo, giuro. C’è qualcosa che mi preme sul serio in quello che stai... o forse mi sbaglio... diciamo, ecco, in quello che potresti stare per dirmi
UOMO: Brava. Infatti i complimenti non c’entrano proprio
DONNA: Va’ avanti. Ti supplico, va’ avanti
UOMO: Oh, ma non aspettarti neppure troppo. La mia era solo
DONNA: Era?
UOMO: No, hai ragione. Non era: è. E’ una sensazione
DONNA: La voglio. Prosegui
UOMO: Al mio solito, t’avverto, sarò un po’ arzigogolato
DONNA: Dunque, poiché ti conosco, sincero. Prosegui
UOMO: E per riuscire a farmi capire, debbo prenderla un po’ da lontano. Da cose che sai
DONNA: Come sempre. Prosegui
UOMO: Ecco. Allora. Dunque. Fra me e te, quella che pur avendo un senso in meno è come se ne avesse guadagnati due, sei tu e lo sai benissimo. Non io, che rimango solo un povero cieco, magari dall’udito un po’ più fine del normale ma nient’altro. Va bene va bene, non scuotere a testa. So che lo stai facendo. Evita commenti. E’ così. Prima fammi arrivare sino in fondo, poi potrai dire tutto quello che ti va. Io sono cieco, punto e basta. Chi mi chiamasse così, non farebbe che definirmi a dovere e io non mi sentirei per niente offeso. Né sminuito. Sarebbe giusto. Bisogna pur vivere, e per vivere è necessario riconoscersi. Se uno, ignorando il mio nome o parlando con altri, si riferisse a me come a quello privo della vista, nessun problema: io mi sentirei individuato e basta. Certo, lo si potrebbe fare anche in altre maniere, purtuttavia questa non sarebbe sbagliata. Con te invece no, con te è diverso. Per te bisognerebbe inventare un’altra parola. Una parola che non esiste. Forse tocca a me trovarla e chissà che un giorno non mi riesca. Sarebbe il mio regalo più riuscito. Il più dovuto omaggio che potrei mai farti. Comunque. Dicevo. Sei tu, tra noi due, quella che percepisce ciò che a me è vietato cogliere. Ma non solo a me: a quasi tutti. E non dico fantasie, ma cose reali, concrete. Le cose che sono. Fatti. Consistenze. Per questo ti ribelli quando qualcosa, parlando, ti ricorda quello che un po’ potresti anche sembrare, ma che in realtà non sei. Ecco, proprio: che in realtà non sei
DONNA: Dio, che sofferenza essere la moglie di un filosofo mancato. Non me ne risparmi una
UOMO: No, per piacere, cerca di capirmi
DONNA: Sai che lo faccio sempre. Tranne quando litighiamo
UOMO: Sì, lo so; come tu sai chi sei. Tu sai quello che puoi. E non ammetti equivoci
DONNA: Temo che tutto questo non sia che un preambolo. Anche se dolce
UOMO: Appunto. Ma non smettere di carezzarmi, mi serve
DONNA: Sembri un po’ più caldo
UOMO: Non smettere lo stesso. E’ fondamentale. Ancora più adesso di prima
DONNA: Così?
UOMO: Di più
DONNA: Se vuoi che ti ecciti, dillo
UOMO: Non ci pensare, ci stai riuscendo benissimo
DONNA: Il mio malatino. Se non debbo più farlo per scaldarti, almeno copriti. Toh, non mi dire che forse
UOMO: Che è?
DONNA: La mia camicia da notte. Che t’avevo detto? Me la sono ritrovata attorcigliata alle caviglie. E dove? Tra le lenzuola. Altro che strappata. Avevo ragione io. Tieni, puoi anche riprenderti il tuo pigiama
UOMO: No, non togliertelo!
DONNA: Ma io volevo solo rimettermi
UOMO: Dalla a me. Tu rimani così
DONNA: Che matto
UOMO: Tutt’altro. Mi stai regalando qualcosa di tuo. Non dico la camicia da notte, non mi fraintendere, ma qualcosa di quello che sei. E di quello che puoi. Io, fuori dal mio pigiama e carezzando te col mio pigiama addosso, sono quasi un po’ come te che carezzi me. Anzi, te carezzata da me
DONNA: Le mie mani ti sembrano le tue?
UOMO: Quasi. Poiché, grazie a dio, io non le ho mai viste
DONNA: Ma le conosci lo stesso
UOMO: Ma proprio questo è il tuo dono. La possibilità che mi dai di non riconoscerle. Di dimenticare quello che so delle tue mani, sino al punto da potermi immaginare qualsiasi altra cosa
DONNA: Come, ad esempio, che non siano le mie?
UOMO: Sì. Come ad esempio questo
DONNA: Tocca più su. Qui. E allora? Questo seno potrebbe per caso essere il tuo?
UOMO: Neanche tu l’hai mai visto il tuo seno. Che ne so io di come te lo immagini
DONNA: E adesso cos’hai da agitarti tanto? Che stai facendo?
UOMO: Mi vesto
DONNA: Con che?... O no! Ma dai, è ridicolo
UOMO: Hai tanta fame di cose serie? Tu? Proprio tu? E da quando?
DONNA: Ma si può sapere che ti ha preso? Sembravi così scontroso stasera
UOMO: Ma cosa ha preso a te? Per una volta che vengo dalla tua parte
DONNA: Bel modo di farlo, mettendoti la mia camicia da notte
UOMO: Ci stavo riuscendo benissimo anche senza bisogno di questo
DONNA: Allora evita. Non mi piace
UOMO: Mi ha ripreso freddo
DONNA: Non dire balle, scotti
UOMO: Prendilo in mano
DONNA: Lo stavo facendo, sei tu che ti sei tolto
UOMO: Riprendilo
DONNA: Non è più come prima
UOMO: Oh sì. Per me sì
DONNA: Che vuol dire ‘per me sì’?
UOMO: Lo senti che è come prima? E’ la tua eccitazione questa, non la mia
DONNA: Se quello che vuoi è inventarti qualche giochetto, dillo
UOMO: Voglio amarti di più. Cos’è che senti? Dì cos’è che senti
DONNA: Qualcosa che non so se c’entri con l’amore
UOMO: Fruga bene. Fruga. Fruga
DONNA: Facciamo a capirci. Questo non è neppure un gioco. Cos’è?
UOMO: Lo sarà, se mi risponderai in modo diverso
DONNA: Se ti risponderò a che?
UOMO: Voglio sapere cos’è che senti, ma devi dirmelo in modo diverso
DONNA: Tipo?
UOMO: Tipo non con le parole solite. Tipo non il tuo cazzo che mi piace tanto, oppure tipo non
DONNA: Oh, guarda che smetto! Queste cose, ce lo siamo giurato, possiamo dircele solo quando siamo... quando
UOMO: Solo a letto, sì. Dunque: solo qui. Questo ci siamo giurato
DONNA: E allora perché lo fai? Mi dà fastidio. Mi offende
UOMO: Ma io i patti li rispetto: noi stiamo facendo proprio quello che ci consente di dire le cose che ho detto
DONNA: No, è diverso se sei tu che dici quelle che... o dio mio, le cose che
UOMO: ...dovresti dire tu?
DONNA: Ma sì, lo sai
UOMO: E allora tu parlami della fica e di quanto è bagnata
DONNA: Non lo è per niente, se vuoi saperlo
UOMO: Forse perché io in quei calzoni non ho mai avuto una fica bagnata
DONNA: Ma piantala
UOMO: Però intanto mica smetti
DONNA: E non so perché. Neanche mi sembra che ti vada troppo
UOMO: Vuoi saperlo? Le vere parole indecenti io non le ho pronunciate affatto. Me le tengo tutte dentro. Non lo capisci che mi manca il coraggio di tirarle fuori? Che aspetto sia tu a farlo. Nessun’altra donna al mondo tranne te potrebbe capire quello che io adesso sto chiedendo a te
DONNA: Cos’è? Vuoi che indovini la risposta che hai in testa tu?
UOMO: No, e lo sai
DONNA: Vuoi lusinghe? Cosa?
UOMO: No! No! E lo sai
DONNA: Non fare così. Non così. Come quando lo abbiamo fatto la prima volta. Che mi hai portata a letto senza dirmi di essere come me e spezzandomi il cuore con l’idea che volevi solo scoparti una cieca
UOMO: Più piano, più piano. Non farmi venire
DONNA: Hai saputo essere, almeno per un giorno, la creatura più feroce che abbia mai incontrato
UOMO: Ma ti sei innamorata di me
DONNA: Non per quello
UOMO: Sì, anche. Allargale
DONNA: Vieni. Mettimelo, mettimelo
UOMO: No, voglio toccarla. Com’è leggera questa seta, vero?... Te l’eri mai immaginata con un altro corpo dentro?
DONNA: No. Francamente no. Sono tante le cose che non immagino
UOMO: E perché?
DONNA: Perché non ha senso immaginare tutto
UOMO: Ma questa che ti chiedo sì che ce l’ha. La fantasia è tremendamente logica, perciò ti sconvolge: poiché ti costringe a immaginare che io sia lì, e tu qui. Che io sia te penetrata da me. Ora sì, più forte. Fa’ più forte, molto più forte. Ancora più forte, più forte. Noi non ci siamo mai, mai e poi mai... o io... io perlomeno... io di sicuro no, io mai, tu invece sì, ne sono convinto: tu sì... molte, molte volte
DONNA: Sì che cosa? Sì che cosa?
UOMO: Io lo so che tu mi vedi. E’ questa la risposta che mi serve. Sapere come sono. Come sono a vedermi. A vedermi per davvero
DONNA: Non c’è nessuno che te l’abbia mai detto?
UOMO: Perché? Con te l’hanno fatto?
DONNA: Sì, come l’hanno fatto con te: di dirti come sono. L’avranno fatto, no?
UOMO: Pochi
DONNA: Ma l’hanno fatto. E tu, non sei andato a chiederlo in giro?
UOMO: M’hanno raccontato del tuo viso. Del tuo passo. Dei tuoi occhi. E di come stai coi capelli lunghi e quando ce li hai un po’ corti. A chi piaci più e a chi meno. Dico, a chi in un modo e a chi nell’altro. In generale sembra che piaci a tutti. M’hanno raccontato di certe tue espressioni che fai quando ascolti. Poi ci sono le cose che mi racconta un certo amico, e quelle che mi racconta soprattutto un altro. Quelle che mi racconta mia madre e quelle che mi confidano le tue amiche. Dei vestiti che metti, ad esempio. O del tuo colorito. O se sembri ingrassata o dimagrita. Ma tutto con limiti molto precisi. So poco, per dire, delle tue gambe. O di quello che gli altri pensano delle tue gambe. Di come le vedono. Di come sono per il mondo. Nessuno che si azzardi. Né io, ammetto, mi sono mai azzardato a domandare. Cosicché mi sono più volte lanciato in esperimenti astrusi, e le tue gambe, tra le mie mani, succede che si fanno ogni volta differenti. Gigantesche e minuscole. Quando siamo arrabbiati sono in un modo, sennò in un altro. A volte, allora, le misuro con le mie quando ci sfrego le cosce contro e m’accorgo di confondermi lo stesso, e che neanche le mie so davvero come siano, e a fare da metro finisce quasi che sono più le tue. Come ora ad esempio, che sto misurando il mio membro sulle tue mani
DONNA: Le ho piccole. Il che dovrebbe inorgoglirti. Ti sarei fatto l’idea di avercelo enorme
UOMO: Sei crudele. Perché non vuoi credere che sia lui a fartele sembrare piccole?
DONNA: Perché a mia volta le confronto con quelle degli altri. O vuoi impedirmi di stringerle quando saluto qualcuno?
UOMO: Forse sì. Non sappiamo preservarci abbastanza. Tu l’hai detto per scherzo, ma quasi quasi dovrei impedirtelo sul serio
DONNA: Non l’ho detto completamente per scherzo. Tu chiedimelo, e può essere che t’obbedisca
UOMO: Guardami, Chiara. Descrivimi. Non ridere, fallo davvero. Descrivimi
DONNA: Ripeterei parole altrui. I tuoi colori. La tua statura. Certe tue rughe
UOMO: Io ti chiedo quello che nessuno può averti detto. Descrivimi come sono quando lo facciamo. I miei sguardi in questi momenti qui. E lui: descrivimelo. Tiralo fuori da dentro la tua testa, mettilo nella mia.
DONNA: Allora vieni su di me. Se vuoi che lo veda, montami sopra. Entra. Entra
UOMO: Ma non spogliarti. Non farmi spogliare
DONNA: E’ lei. Ora è lei. E’ uguale a lei. Ha la sua forma. La sua carne, il suo colore. Una volta un bambino, l’unico che l’abbia mai fatto, ha cercato, pensa, di descrivermi il rosso. E ci si dannava in tutti i modi, non voleva smetterla di farlo. Non sopportava di non riuscirci. Non sopportava che certe cose non sia possibile dirle. Che non sia possibile capirle, e si era perso in un labirinto spaventoso mettendosi a fare il confronto con altri colori, solo che ogni colore aveva bisogno di altri colori ancora per essere descritto, e quello, poveretto, ci stava uscendo matto. Allora mi ha detto: "Il rosso è come una carezza qui", e mi ha carezzato sulla guancia. Ma a quel punto era già lui che non capiva più cosa stesse dicendo e gli è toccato ricominciare coi paragoni. "E’ come il fuoco" "Ma io non lo vedo il fuoco. Continua con le carezze", gli dicevo. Lo sentivo disperarsi. E poco a poco iniziai a disperarmi anch’io. Eravamo talmente segati via l’uno dall’altra, talmente separati. Nessuna parola avrebbe potuto farci stare insieme dentro la stessa idea. Nel rosso che m’immaginavo io, e nel rosso che vedeva lui, che piangeva piangeva. Mi detti tutte le colpe del mondo per quel pianto, e allora ho mentito: proprio come a volte tu mi accusi di fare pur di accontentarti. Gli ho mentito: "Ma no, scherzavo. L’ho capito benissimo come sia il tuo rosso. Il fuoco... il fuoco è rosso", e lui furibondo: "No, così non vale: questo te l’ho detto io", e a quel punto ha detto una cosa tremenda. Ha detto: "Non lo capisci che in questo modo io non ti posso credere!", per me è stata una folgorazione, e gli ho detto: "E va bene: come il berretto del tuo pupazzo. Il rosso è il colore del berretto del tuo pupazzo", e lui ha smesso di piangere. Se n’è rimasto per un po’ in silenzio, poi l’ho sentito correre via e rimettersi a giocare ridendo con qualcuno. Oh, adesso!... E’ adesso che devi venire!... Vieni adesso! Vieni adesso, amore mio. Adesso. Vieni addosso a questo pianto qui, che non potrà durare a lungo. - Io non sapevo un bel nulla. Non sapevo se quel pupazzo avesse un berretto. E se fosse davvero rosso. E se quel bambino non mi chiedesse altro che la frase giusta per potermi credere. Io gli ho dato solo quello che voleva, come spero di riuscire a fare con te
UOMO: Due imbroglioni. Non eravate che due imbroglioni
DONNA: E ora che fai? Piangi anche tu?
UOMO: Non mi hai detto nulla di quello che volevo sentirti dire
DONNA: Ma se non ho parlato d’altro
UOMO: Ne so quanto ne sapevo prima
DONNA: Molto di più, invece. Te ne accorgerai nel tempo
UOMO: Non parlarmi come se fossi il ragazzino della tua storiella
DONNA: Ammetto. E’ vero. E’ quello che ho fatto molte volte
UOMO: Dunque, mentendo
DONNA: Con quel bambino l’ho fatto per amore
UOMO: O per pietà
DONNA: Provare pietà è un modo di amare
UOMO: Un modo che io non voglio
DONNA: Quello che non vuoi è sentirtelo dire. In realtà, l’hai voluto sempre
UOMO: Te l’inventi
DONNA: E allora perché l’hai sempre accettato? Da me non hai avuto altro che questo
UOMO: Solo pietà?
DONNA: E’ moltissimo. Magari ne avessi un po’ io da te
UOMO: A volte non ci credo che sei cieca
DONNA: Quando ti ho conosciuto, per me era ovvio che tu non lo fossi. E te ne sei approfittato
UOMO: E quando ti ho detto che lo ero?
DONNA: Stupita
UOMO: E basta?
DONNA: E basta
UOMO: Ma ci hai messo molto a credermi?
DONNA: Vuoi la verità?
UOMO: Certo che la voglio
DONNA: Non ti ho mai creduto
UOMO: Vuoi dire: fino ad oggi?
DONNA: Ovviamente
UOMO: Ah. E ti è piaciuto fare l’amore con me?
DONNA: Quando? Ora?
UOMO: Sì, diciamo ora
DONNA: Vuoi la verità?
UOMO: Ah. Già. Capisco. Ottima risposta
DONNA: Chissà se hai gli occhi aperti
UOMO: Mi stavo domandando lo stesso di te
DONNA: Adesso, però, sento un po’ caldo
UOMO: Francamente, anch’io.
DONNA: Posso spogliarmi?
UOMO: Beh, se lo fai tu...
(Una lunga pausa. Lei non si spoglia. Neanche lui)
DONNA: Sei nudo?
UOMO: La verità?
DONNA: Mh mh
UOMO: Ma la verità verità?
DONNA: Mh mh
UOMO: Completamente. E tu?
DONNA: Toccami
UOMO: Stando a quello che credi, mi basterebbe guardarti
DONNA: Fallo
(Lui rimane immobile)
UOMO: Fatto
DONNA: Allora?
UOMO: Nudissima. Nudissima
(Salvami)
(La donna, bellissima, indossa abiti da stupro. Se ne sta eretta sulle ginocchia in un angolo del letto di faccia alla testiera. Ha tra le mani una bottiglia che si porta spesso alla bocca prendendone grandi sorsate. Il ragazzo è sdraiato di fronte a lei, con qualche lembo di sovraccoperta sul torace nudo. E’ scalzo e porta solo un paio di jeans slacciati e allentati in vita. Sotto di lui, stoffe ammassate. Ha l’aria spenta, ferita. Quella di lei, al contrario, è accesa e violenta. Il ragazzo, oltretutto, è anche molto raffreddato. Tra le coltri, una borsetta aperta e dalla lunga tracolla a catena. Ne usciranno varie cose. Musica pulsante)
DONNA: Ti ho pagato molto. E allora? Che si fa?... Beh? Almeno la lingua s’è visto che ti funziona, vuoi rispondermi o no? Che si fa?
RAGAZZO: Scusa
DONNA: Ah, scusa. E’ mezz’ora che ripeti ‘scusa’. Troppo poco. Pretendo una spiegazione. Io perlomeno ho avuto la decenza di evitare banalità tipo: "Cos’è? Non ti piaccio abbastanza?", per cui tu risparmiami i tuoi ‘scusa’ del cazzo
RAGAZZO: Ma no, io
DONNA: Sono del cazzo (E beve)
RAGAZZO: Volevo dire, non è vero che non mi piaci
DONNA: Te l’ho chiesto? No, non te l’ho chiesto (E beve)
RAGAZZO: Tu mi piaci molto
DONNA: Ma non lo capisci da te che dirmelo è perfettamente superfluo? Sei una marchetta. Che io ti piaccia o no, è del tutto superfluo. Sai che vuol dire ‘superfluo’? Comprati un dizionario e cerca: superfluo
RAGAZZO: Ma non con te. Sennò non te lo direi. Per spiegarmi
DONNA: Bella testa di cazzo. Si vuole spiegare, lui. Ma che ti spieghi? L’oratore... si spiega. ‘Ffanculo che sega che sei. Tu avevi solo da fartelo venire duro e scoparmi. Bum bum bum. Do you understand scopare? Scopare. Ti ho riempito le mutande di soldi, dimmi tu perché. O forse cos’è? Ti viene meglio a prenderlo che a usarlo?
RAGAZZO: Ti prego, almeno una parola
DONNA: Occhèi, ti piaccio. Me l’hai detto. E ora che m’hai sciolto il cuore?
RAGAZZO: Non si può abbassare quella musica?
DONNA: No. Allora?... Tutto qui?
RAGAZZO: Almeno cambiarla. Sono due ore che
DONNA: Che ce l’hai moscio. Nero, grinzoso e moscio. (Andando a tirargli giù la lampo) Fa’ rivedere
RAGAZZO: Dai, ti prego
DONNA: Cazzo, nemmeno questo. Fa’ vedere e non rompere i coglioni
(Lei glielo guarda)
DONNA: Alla grande. C’hai un filo d’erba lì dentro. E lo mette pure sul mercato! Mi sembra di sentire quella merda di mio padre. Sempre a ripetere che siamo nell’epoca degli improvvisati (e beve). Perché glielo mettevano in culo li chiamava improvvisati (e beve). Poi vai a vadere, cazzo, è vero: uno si sveglia e decide: faccio il medico, faccio l’attore, faccio la mignotta, faccio lo stallone. Ma prima datti perlmeno un’occhiatina tra le gambe. Comunque la musica sta bene come sta. Cos’è, non ti piacciono i Doors?
RAGAZZO: Non è che non mi piacciono, è che... cioè, ricominciando, io volevo dirti che se ti dico che mi piaci è per dire che tu non c’entri. Cioè, io per me che interesse avrei? Te lo dico, insomma, anche per non farti sentire in colpa se... cioè nel senso se tu adesso metti che, capito cosa, magari ti sei fatta l’idea che
DONNA: Troppo divertente. Va’ avanti
RAGAZZO: Ti prego, è difficilissimo
DONNA: Lo vedo. Su, va’ avanti.
RAGAZZO: Ma cazzo... tu sei troppo, troppo bella
DONNA: Gesù, mi struggo. (E beve) Stronzo
RAGAZZO: Non è che potrei averne un sorso?
DONNA: E a che brindiamo?
RAGAZZO: Brucio. C’ho tutto un casino tra naso e gola. Solo un sorso
DONNA: Te lo sconsiglio. Beh? Finita la dichiarazione?
RAGAZZO: Ma non è una dichiarazione
DONNA: Ah, no? Pareva (e beve). Dai, quello che è, ti ascolto
RAGAZZO: Cioè io non capisco perché una te come debba andare a rimorchiare per strada qualcuno che se la porti a letto
DONNA: Forse perché ogni tanto una come me non ha voglia di essere portata a letto, ma ha voglia di portarsi a letto chi cazzo le va. Ti torna?
RAGAZZO: Ma che c’entra pagando? Non mi dire che non potresti comunque
DONNA: (Afferrandolo per il collo) Ma dov’è che hai imparato a battere? In sagrestia? Sta’ vedere che devo renderne conto a te
RAGAZZO: No no, ferma. Io volevo solo farti capire che è per questo che non ci riesco, perché non ci sono abituato
DONNA: (Spingendo la sua faccia addosso a quella di lui) Ripetere please
(Lui si scosta con una smorfia)
DONNA: Oh, scusa. Forse ho l’alito un po’ pesante. Non di solito. E’ il mio cocktail. Molto meglio per te se non te l’offro
RAGAZZO: Ma che cazzo ci hai messo?
DONNA: Benzina. Wiskie e benzina. La sopporto bene (e beve)
RAGAZZO: Ma sei matta! Che diavolo vuoi fare?
DONNA: Un tempo mi ci guadagnavo da vivere senza dover scopare a tutti i costi
RAGAZZO: Come senza dover... ma perché, sei una mignotta?
DONNA: No, caro mio, una signora coi controcazzi. Anzi, una vedova coi controcazzi. Come se fossero solo le mignotte a scopare per vivere. Però tu mica hai finito, eh. Voglio sentirla tutta ‘sta faccenda che con te se una è fica te lo ammoscia
RAGAZZO: Non se è fica. Tu non sei solo fica. Tu lo sei molto. Troppo. Per questo che non ci capisco un cazzo
DONNA: Ah, troppo
RAGAZZO: Sì, troppo
DONNA: Occhèi, troppo (e beve). Dì, ora te ne racconto una (e beve). Lo sai che io mi sono scopata anche Mike Tyson
RAGAZZO: Che?
DONNA: E con questo il tuo pisellino l’abbiamo completamente steso
RAGAZZO: Ma dai, con Tyson
DONNA: Ce l’ha grosso quanto te. No no, abbassa le penne. Non come il tuo, che al suo non gli farebbe manco da pelo dei coglioni. Ma proprio quanto te: di statura dico. Ce l’ha tanto grosso che ti slarga i fianchi. Vorrei vedere se ti toccasse prenderlo in culo uno così. Dì, avresti capienza? Dai, sul serio: ce l’avresti? Se ti beccasse per strada come ho fatto io, ci andresti? Tu lo pigli anche didietro, no... e allora? Ci andresti?
RAGAZZO: Ma che balle mi stai raccontando
(Vola una sberla)
DONNA: Qui se c’è uno che racconta balle quello sei tu, non io. Chiaro? (Altra sberla) Era una domanda vera, rispondi. Chiaro?
RAGAZZO: Chiaro, chiaro
DONNA: Insomma, ci andresti?
RAGAZZO: Ma che ne so
DONNA: Ah, non lo sai (e beve). Sicché non sei di quelli che basta che paghino. Tu fai il prezioso. Selezioni. Scegli. Bravo, bravo. E con me, allora: com’è che ti sei degnato visto che non ero il tuo tipo
RAGAZZO: Non ho detto questo
DONNA: Ma è quello che m’hai dimostrato. Fosse per te potrei essere ancora vergine
RAGAZZO: Te lo giuro, non pensavo che andasse così
DONNA: Perché tu in genere solo con le vecchie
RAGAZZO: Non è questione di vecchie o non vecchie
DONNA: E di che?
RAGAZZO: Dio, te l’ho detto. Una come te per me è la prima volta
DONNA: O che forse è la prima volta in assoluto
RAGAZZO: Dai, non sfottere
DONNA: Sei tu che ti sfotti da solo (e beve)
RAGAZZO: Cazzo, potessi portartele qui tutte quelle che
DONNA: Allora? Ci credi che ho scopato con Tyson?
RAGAZZO: Cioè, vuoi dire... come Naomi Campbell
DONNA: Eh, come quella. Per te fra me e lei chi è meglio?
RAGAZZO: Lo dicevo perché so che ci è stata insieme
DONNA: Se per questo l’ho anche conosciuta. Pure Sharon Stone ho conosciuto
RAGAZZO: Dai
DONNA: Mezza lesbica (e beve)
RAGAZZO: Non ci credo manco se
DONNA: M’ha messo le mani al culo. Mezza lesbica (e beve)
RAGAZZO: E dov’è che l’avresti
DONNA: Mio marito ne conosceva un fottio di gente così. Ci lavorava
RAGAZZO: Ah. Uno fico
DONNA: Uno stronzo
RAGAZZO: Beh, magari quando c’è un rapporto privato è diverso
DONNA: Mica me l’hai detto però se ci credi
RAGAZZO: Credo più alla cosa che lavoravi nel circo. Se riesci a bere la benzina
DONNA: Tieni, godi (Prende dalla borsetta alcune foto e gliele tira)
RAGAZZO: (Sfogliandole) Occristo, è vero: sei davvero tu qui che... è davvero lui che... e sì che sei tu. Cazzo come state trombando di brutto
DONNA: C’è chi può
RAGAZZO: (Passando ad altre foto) Ma questo è David Bowie
DONNA: E quello che gli sta addosso è lui
RAGAZZO: Lui chi?
DONNA: Mio marito. Quando dico ‘lui’ è sempre di quello stronzo che parlo
RAGAZZO: E quello che sta addosso a te?
DONNA: Uno morto poco dopo
RAGAZZO: Acidi?
DONNA: Cos’è che te lo fa pensare?
RAGAZZA: L’aria che c’avete tutti quanti
DONNA: No, in un off-shore
RAGAZZO: Cazzo, tu solo gente con la grana
DONNA: Presente Casiraghi, quello di Carolina? Tipo lo stesso
RAGAZZO: Cioè non ci posso credere, ti sei fatta pure il ma...
DONNA: Sè, a diecianni. Certo che tu tra cervello e il resto, c’hai tutto in proporzione
RAGAZZO: Se dici ‘tipo lo stesso’
DONNA: Per come è morto, idiota. Che ha fatto la fine del marito di Carolina. Scraniato contro l’acqua. Peccato, era uno forte. C’era la Kidman che gli sbavava appresso. Lei a lui, e lui a me. Misteri della vita (e beve)
RAGAZZO: No, perché, può essere
DONNA: Mike però l’ho conosciuto da sola. Prima di sposarmi. Anzi, è proprio per quello che ho conosciuto lui
RAGAZZO: Lui questo
DONNA: No, lui-lui. Che gli piaceva l’idea di prendersi una che era stata con quella specie di bestia. Praticamente è stata la sua domanda di matrimonio (e beve)
RAGAZZO: Ma, oh... mica te la finirai tutta
DONNA: Io ho capienza. Da tutte le parti. Lui me lo diceva sempre. "Datti fiducia: hai capienza. Da tutte le parti". E ci rideva. A me invece come battuta faceva un po’ schifo, ma ora che è crepato la trovo pure divertente. Mi sa che la userò spesso
RAGAZZO: Ma lui è molto che
DONNA: Pochissimo
RAGAZZO: Ma pochissimo di mesi o di anni?
DONNA: Pochissimo di qualche ora
RAGAZZO: No, io dicevo di lui-lui: di tuo
DONNA: Appunto. Qualche ora
RAGAZZO: Ma qualche quante?
DONNA: Se ti dico cinque è tanto
RAGAZZO: Cioè, oggi
DONNA: Ridà (le foto)
RAGAZZO: Ma che vuoi farmi credere... sì, insomma, che tuo marito è morto che non saranno manco cinque ore e tu subito vai a... a
DONNA: Su, concludi
RAGAZZO: Beh, a
DONNA: A scopare non direi proprio
RAGAZZO: Cioè, porca puttana, io... cioè, insomma, con te non si capisce se t’inventi un mucchio di cazzate o cosa
DONNA: Queste le hai viste, no. Chi c’è, qui? Tua madre?
RAGAZZO: Beh, che mi sembrava un po’ pesantuccia
DONNA: Su: chi c’è? Tua madre? Magari le andava pure, ma mi sa che questa non è tua madre
RAGAZZO: Va bene, ho capito ho capito
DONNA: E allora chi è?
RAGAZZO: Ah, che palle. Tu, sei tu
DONNA: Mica me l’hai detto chi preferisci tra me e la negra
RAGAZZO: Io però mi sento un po’ fuso. Vorrei andarmene
DONNA: Col cazzo. Di qui non esci
RAGAZZO: Se è per i soldi te li ridò. Non c’è bisogno che me lo spieghi. Ormai è andata così e pace
DONNA: Giusto (Gli passa un telefonino recuperato dalla borsa) Prego, a te
RAGAZZO: Io cosa?
DONNA: Chiama qualche tuo amichetto, forza
(Lui non sa che fare. Lei scola quel che rimane della bottiglia, poi prende un pacchetto di sigarette e dei fiammiferi. Il ragazzo la fissa terrorizzato)
DONNA: T’ho detto: chiama
RAGAZZO: Ma così
DONNA: E spiega bene che hai fatto una figura di merda (Tira via una sigaretta dal pacchetto e se la mette tra le labbra)
RAGAZZO: Cazzo, mi sembri davvero una disperata
DONNA: Che vuoi farci, è il mio look. Dai
(Lui esita ancora. Lei accende prima un fiammifero, poi la sigaretta. Lui, infine, inizia a formare un numero)
RAGAZZO: (Al telefono) Marco... sono io. Volevo dirti... che fai, sei con qualcuno?
DONNA: Quanto ce l’ha grosso, Marco?
RAGAZZO: (c.s.) Beh, meglio. Perché allora ci sarebbe una cosa... - Sì, una cliente... - No, buona direi
DONNA: Chi è? Uno di quelli che ho già visto? Se è di quelli che ho già visto, lascia perdere
RAGAZZO: (Piano, a lei) Sì, c’era, ma non è di quelli che hai visto. (Al telefono) No niente, parlavo appunto a questa tipa con cui
DONNA: Questa tipa si chiama Chiara
RAGAZZO: (Al telefono) Sì, t’assicuro. - Ma no, che problemi
DONNA: Diglielo che mi chiamo Chiara
RAGAZZO: (Al telefono) Niente, mi sta dicendo di dirti che si chiama Chiara. - Ma sì, no, niente t’ho detto. Solo che le va di fartelo sapere
DONNA: E digli che sono una gran fica. Così almeno evitiamo sorprese
RAGAZZO: (Al telefono) Scherzi, che situazione che non ti va. E’ perfetta
DONNA: Diglielo
RAGAZZO: (Al telefono) Ma sì, è sempre lei. Mi dice pure di dirti che è una gran fica. - Sì, giuro, lo è per davvero
DONNA: Molto una gran fica
RAGAZZO: (Al telefono) Molto una gran fica
DONNA: E che tu non ci hai combinato un cazzo
RAGAZZO: (A lei) Dai, ti prego
(Lei tira via la sigaretta. Rovescia la testa all’indietro, accende un altro fiammifero e lo solleva sulla bocca spalancata)
RAGAZZO: O merda
DONNA: Diglielo (E insiste a restare sul punto di ingoiare il fiammifero acceso)
RAGAZZO: (Al telefono) E poi... (Tra i denti) dio, che stronza... m’ha detto di dirti... che dovresti venire perché io, insomma, c’ho avuto qualche piccolo impiccio. - Ma vaffanculo, perché non mi vuoi credere! Ti dico che non c’è niente di... è solo che
DONNA: Dì bene: non sono riuscito a scoparmela
RAGAZZO: (Al telefono) Vabbè, che non sono riuscito a scoparmela, ecco
DONNA: Fa lo spelling: a sco-pa
RAGAZZO: (Al telefono) A sco-pa... Oh!
DONNA: Beh?
RAGAZZO: Contenta? Ha chiuso
DONNA: Chiuso come?
RAGAZZO: Chiuso riattaccato. Non si fida
DONNA: Come non si fida?
RAGAZZO: Vorrei vedere. L’avrei fatto pur io. Hai esagerato a farmi dire tutte quelle puttanate. Noi lo capiamo al volo quando c’è qualcosa che non va
DONNA: E qui cos’è che ci sarebbe che non va?
RAGAZZO: Cosa non lo so, ma lui è questo quello che ha capito
DONNA: Certo che fate spavento: uno meglio dell’altro
RAGAZZO: Ma no, sarebbe anche venuto. Che non dovevi farmi dire quelle cose. Era ovvio che io da me non le avrei mai dette se non ci fossi stato costretto
DONNA: Sentite come lo protegge. Cos’è, fate incularella voi due?
RAGAZZO: Guarda, sei proprio lontana anni luce
DONNA E allora che?
RAGAZZO: Viviamo insieme e basta
DONNA: E fate incularella
RAGAZZO: O madonna, ti ho detto di no
DONNA: Poi vorrei sapere in che modo ti avrei costretto
RAGAZZO: Come in che modo?
DONNA: Appunto. Dimmelo tu
RAGAZZO: E dai che lo sai. Stavi per ficcarti quell’accidenti di fiammifero in una pancia che è una tanica di benzina
(Lei accende un terzo fiammifero e, con mossa lenta se lo spegne in bocca. Lui sbianca)
DONNA: Be quiet. Non è qui il pericolo
RAGAZZO: Ah no? E dove?
DONNA: Se mi fosse caduto dalle mani, ad esempio. Allora sì. Ti sta colando il naso. Prendi, soffia
(E gli passa un fazzoletto di carta. L’altro si soffia)
DONNA: Sai perché fra tutti quanti che eravate ho scelto proprio te?
RAGAZZO: Perché?
DONNA: No, dopo dopo. Meglio che te lo dico dopo
RAGAZZO: Perché?
DONNA: Con mio marito scommetto che invece ce l’avresti fatta
RAGAZZO: Era frocio?
DONNA: Anche
RAGAZZO: Ma che aveva? Era malato?
DONNA: Sì, abbastanza
RAGAZZO: Beh, abbastanza... se c’è morto
DONNA: Non di questo. Rimettiti a letto
RAGAZZO: Ci sto già a letto
DONNA: Forse se mi fossi spogliata sarebbe andata meglio. Ti va se ci provo?
RAGAZZO: No dai, oramai
DONNA: Tu però rimettiti a letto
RAGAZZO: Se t’ho detto che ci sto già. Non lo vedi?
DONNA: Sotto le lenzuola. Per bene (E inizia a sfilarsi le scarpe)
RAGAZZO: (Senza crederci) Ma che è? Vuoi che di nuovo pur io
DONNA: No, tu resta così. Ma sotto le lenzuola (e via la gonna). Senti quel nasino... andiamo, copriti. Ah, la mammina ci vorrebbe per te
(Il ragazzo, senza troppa convinzione, si mette sotto le lenzuola ma coprendosi solo approssimativamente. La donna è adesso rimasta con la sola camicetta addosso)
DONNA: Niente, eh
RAGAZZO: Non è questione di niente o no, è che
DONNA: E’ questione, è questione
RAGAZZO: Perché prima hai detto: non è di questo che devi preoccuparti? Di cos’è che invece dovrei?
DONNA: Sapessi quanto mi sono dovuta preoccupare io nella mia vita
RAGAZZO: Vabbè, mai io intendevo
DONNA: Prova a indovinare: quanto?
RAGAZZO: Beh, se lo dici così sarà stato parecchio
DONNA: Molto. (E inizia a levarsi anche la camicetta) Moltissimo
(Ora, in ginocchio sul letto, la donna è completamente nuda. Sta ben dritta sul dorso. Il ragazzo fa tanto d’occhi: il corpo di lei è pieno di lividi, tagli ed ecchimosi. Alcune ferite sembrano recentissime)
RAGAZZO: O la madonna
DONNA: Ci sono vite di cui, a lungo andare, anche una come me finisce con averne le palle piene. Mica dico brutte, ma che a un bel momento ti va di andare un po’ in pausa. Càpita. A te no? Mai?
(Il ragazzo, sempre più inebetito, farfuglia qualcosa di incomprensibile)
DONNA: Capiterà. E anche quelle mandorline che hai al posto dei coglioni, vedrai come si metteranno a fumare
RAGAZZO: C’entra la cosa di tuo marito?... Eh? C’entra quello?
DONNA: La cosa che?
RAGAZZO: Beh, la cosa che è morto
DONNA: C’entra con cosa?
RAGAZZO: Con come sei conciata
DONNA: Cioè, come?
RAGAZZO: Ma porca puttana, sei da ricovero
DONNA: Tu sei da ricovero. Vedessi che occhietti lucidi. (Lo tocca sulla fronte) Questa è febbre vera. Certo se continui a scoprirti. (Lo spinge giù) Proprio da balia mi tocca fare con te, ma è mai possibile
(E con gesti quasi strategici comincia a seppellirlo sotto le lenzuola... lenzuola che sembrano emergere da profondità inesplorate del letto. Lenzuola rosse. Sudicie. Orribilmente insanguinate)
RAGAZZO: Ehy, ma che merda è?
DONNA: La merda ce l’avrai nei calzoni tu. Allora, vuoi saperlo perché ho scelto te? Magari tu ti pensi perché m’arrapavi. Eh, come no. T’ho scelto perché, primo, tutto incimurrito com’eri, a vederti lì buttato su quei gradini in mezzo all’umido del parco mi hai fatto quasi pena. Secondo, perché mi serviva
RAGAZZO: Che?
DONNA: Uno che non sentisse bene gli odori. Questi, ad esempio (e gli preme con il pugno un lembo del lenzuolo contro il naso. Come è già accaduto, lui si scosta disgustato). Ti ricorda il mio alito, per caso? Decifri, cherì? Ecco di che devi aver paura. Non della benzina che ho in pancia, ma di quella che hai intorno
(Lui ha uno scatto improvviso. Fa per scappare via. Lei, velocissima, accende un fiammifero)
DONNA: Sta’ fermo o lo faccio cadere! Lo faccio cadere? (Il ragazzo si blocca paralizzato) Bravo, direi che è meglio di no. Qui tutto è inzuppato di benzina. Materasso, lenzuola, coperte, tende, tappeti, divani. Sino alla porta è tutto inzuppato di benzina. Anche la moquette. Credimi, conviene che te ne stai calmino
(Il ragazzo, con movimenti rigidi, si rimette sdraiato)
DONNA: Dicevi di quel testa di cazzo di mio marito. Beh, era la mia vita. E poiché della mia vita ne avevo le palle piene... due più due... li sai fare i conti? Falli. Due lui, due la mia vita... risultato: quattro, una bella grigliata generale e strafanculo a tutto. Peccato che su certe cose sia un po’ difficile trovarsi d’accordo. A lui non andava. A me invece sì. E dato che dormiva così bene... fottiti, amore mio, fottiti! E ho cominciato a farmi tutta la casa, metro per metro. Era due giorni che avevo riempito di taniche lo sgabuzzino. Due giorni che aspettavo. E basta. Tutto qui
RAGAZZO: Tutto qui
DONNA: Tutto qui
RAGAZZO: E tu
DONNA: Eccomi. Sono uscita e ho scelto... te
RAGAZZO: E lui?
DONNA: Oh. Già. Lui. Non dicevo mica una cazzata. Gli saresti piaciuto sul serio. Magari avrebbe pure trovato qualcosa da farti fare. Tu hai l’aria di uno che sa farsi scopare come cristo comanda. Vero?... Rispondi: vero o no?
RAGAZZO: Che c’entra questo?
DONNA: Oh, scopare dagli uomini, ovviamente. Per certe cose era molto più generoso con i suoi amanti che con le sue troie. Sei arrivato tardi, ti ha detto male
RAGAZZO: Non me ne può fregare di meno, va bene
DONNA: Bugiardo
RAGAZZO: Se permetti, lo so da me quello che
DONNA: Se permetti... ma che si parla ancora così?
RAGAZZO: Poi ti stupisci se ha riattaccato. Cazzo se c’aveva visto giusto
DONNA: E i tuoi che dicono?
RAGAZZO: Ma vaffanculo
DONNA: Di te, che dicono?
RAGAZZO: Sai chi se ne strafotte
DONNA: Te lo domando sul serio, rispondi. Papà è contento?
RAGAZZO: Sarà una vita che non lo vedo
DONNA: (Imponendogli il telefonino) Chiamalo
RAGAZZO: Se t’ho appena detto che
DONNA: Io non mi sono mai pentita abbastanza di aver fatto crepare il mio senza neanche avergli potuto dire: "Stronzo, non è vero che ce l’avevo con te". Chiamalo
RAGAZZO: Ma levati
DONNA: Quando stava lì lì che se n’era già quasi praticamente andato, mia madre, poveraccia, sai che ha fatto? S’è inventata che c’ero anch’io vicino a lui.E sostiene che mio padre c’avrebbe creduto. Capirai, era proprio il tipo. Mia sorella mi ha detto che è morto cercando di stringermi la mano e che lei gli avrebbe dato la sua con mamma a dirgli che era la mia. Patetico, no. Su, chiamalo.
RAGAZZO: Poi neanche mi ricordo il numero
DONNA: Conviene che te lo ricordi o m’incazzo sul serio
(E accende un fiammifero. Lui prende il telefonino e comincia a provare angosciosamente dei numeri. E’ chiaro che stenta davvero a ricordare quello giusto)
DONNA: E allora? (Il fiammifero si spegne, lei ne accende un altro) Te ne concedo altri due e finish. Me ne rimarrebbe uno e non voglio sprecarlo
RAGAZZO: (Provando) Che forse è sette-otto, non otto-sette
DONNA: Tu prova
RAGAZZO: (c.s.) ‘Ffanculo, saranno cinque anni che
DONNA: Prova
RAGAZZO: (Ascolta) Sì, forse... (Al telefono) Pronto...mamma... mamma, sono Bruno. - Sì, io
DONNA: Non mi frega un cazzo di tua madre. E’ con tuo padre che devi parlare. Mi serve lui
RAGAZZO: (Al telefono) No, aspetta. Mamma, zitta per piacere... ascolta un attimo. Dopo parlo anche con te, ma che ora vorrei prima... c’è papa?... - Ti prego, sta’ tranquilla, dopo parlo anche con te, ma ora passami papà. (Alla donna) Dice che c’è, lo sta chiamando
DONNA: Digli che gli vuoi bene. Ora che viene, dì: papà, ti voglio bene. Capito come? Papà, ti voglio bene. Papà, ti voglio bene
RAGAZZO: (Al telefono) Papà... ciao, papà, sono Bruno... - No, non mi servono soldi... - Ma no che non sono nei guai, volevo dirti... - No, ti giuro... fammi parlare, volevo dirti... - Ma cos’è che non debbo azzardarmi mai più
DONNA: Diglielo, cazzo!
RAGAZZO: (Al telefono) Papà, se non mi fai parlare questa è la volta che poi te ne penti sul serio... - Ma chi minaccia, sono io che ne ho bisogno. - Cazzo ti urli! Cazzo ti urli!
DONNA: Diglielo! Diglielo! Anche se non ti vuol sentire, diglielo lo stesso
RAGAZZO: Ha messo giù
DONNA: E due
RAGAZZO: Io, l’hai sentito, più di questo
(Un silenzio)
DONNA: Occhèi. Perfetto.
(Il ragazzo la guarda terrorizzato)
DONNA: No te preocupe. Esperimento riuscito. Visto che ho fatto bene a non tornare quando m’hanno detto che stava morendo?... Dice: "Torna, torna... vedrai, è importante per tutti e due". Sè, col cazzo. Se ci avesse creduto che stavo davvero lì, quello ci avrebbe sputato sopra alla mano di mia sorella, altro che no. Tutti stronzi. (Una pausa) Due orfanelli. Abbiamo qualcosa in comune
(Il ragazzo la fissa impietrito. Fra i due, un lungo silenzio)
DONNA: Guarda qua sotto
RAGAZZO: Sotto dove?
DONNA: Sotto dove. Sotto al letto, no
(Il ragazzo sta per sporgersi a guardare, ma poi ci rinuncia e fa di no con la testa)
RAGAZZO: Perché dovrei guardare?
DONNA: E tu perché non guardi?
RAGAZZO: Perché se me lo chiedi così
DONNA: C’hai le antennine, eh
RAGAZZO: Chi c’è?
DONNA: Bravo. Esatto. Chi c’è
RAGAZZO: Lui?... Eh?
DONNA: Lui chi, sentiamo
RAGAZZO: Lui-lui. C’è lui-lui? E’ lì che sta? Qui?
DONNA: Bingo
RAGAZZO: E’ sì?
DONNA: Che quell’idiota s’è svegliato troppo presto, e m’è toccato bum-bum. Dove avrei dovuto metterlo? Lì sotto, logico. Il letto mi serviva libero. Per cui, prima bum-bum e poi sono venuta a caparmi il peggio di tutti. Te. Pensa che occhio di lince. L’idea c’era. Un bel vaffanculo generale col marito carbonizzato sotto il materasso e io che gli piovo addosso in cenere con un bel cazzone abbrustolito tra le cosce. T’ha detto culo che sei una sega. Pensa che onore, ti avevo scelto per dare un senso a tutta la mia vita. (Gli spinge una mano sul ventre) Hey, ma che sta succedendo qui?
RAGAZZO: Niente, perché?
DONNA: (Scivolando con una mano nei jeans e masturbandolo) Come niente, c’è movimento
RAGAZZO: No... no... che movimento
DONNA: (c.s.) Oh, sì che c’è
RAGAZZO: Ma no, davvero
DONNA: (c.s.) Forse perché ora ti sembro un po’ meno fica. E’ per questo?
RAGAZZO: Ma sì, no, è
DONNA: (c.s.) O che proprio non lo vedi più che sono una gran fica
RAGAZZO: Sì, lo vedo lo vedo
DONNA: (c.s.) Ah, sì? Ma posso anche non esserlo. Ci riesco benissimo
RAGAZZO: Cazzo, ma tu sei completamente fuori
DONNA: (c.s.) Già, sennò cercavo te
RAGAZZO: Poi che c’entro io? Neanche sai... neanche so
DONNA: (c.s.) Certo che siamo fatti davvero strani
RAGAZZO: Però ti prego, leva quella mano
DONNA: (c.s.) Non ci penso nemmeno
RAGAZZO: Ti scongiuro
DONNA: (c.s.) Non ci penso nemmeno
RAGAZZO: Ti prego
DONNA (c.s.) Ma proprio, guarda
RAGAZZO: Non mi va, non mi va
DONNA: (c.s.) C’è il tuo cazzo che pare davvero voglia condannarti a morte
RAGAZZO: Eppoi non è che ne ho voglia, sarà la paura. Non lo so che è
DONNA: (c.s.) Beh, così almeno hai imparato che la paura ti fa quest’effetto
RAGAZZO: Non sono io. Io non voglio
DONNA: (c.s.) Lui ti odia. Questa la verità. Forse per la vita di merda che gli hai fatto fare. Sempre a destra e a sinistra, nei posti peggiori. Mi immagino le schifezze a cui l’avrai costretto. Vero o no? Ci credo che ti odia. E difatti... prima che volevi, non ci pensava nemmeno; e ora che non vorresti tu, non chiede altro. E pur io
RAGAZZO: Cazzo, me lo taglierei
DONNA: (c.s.) Ti vorrei vedere, fallo! Te lo strappo?... Tiro? Te lo strappo? (E tira)
(Il ragazzo urla per il dolore)
DONNA: Vedi che non vuoi. Lo so io quello che vuoi
RAGAZZO: (Slanciandosi contro di lei) Porca puttana, dammi quei fiammiferi
(La donna lo ributta giù con uno schiaffo violentissimo che è quasi un pugno)
DONNA: (Mettendosi a cavalcioni su di lui) Mi dispiace, ma ti tocca
RAGAZZO: (Più che mai piagnucoloso) Lasciami stare, va’ via! Ti scongiuro, non farmi bruciare, non farmi bruciare
DONNA: (Premendolo con tutto il peso del corpo) Dai che ci siamo, dai che ci siamo
RAGAZZO: Per pietà, salvami, non farmi bruciare!
DONNA: (c.s.) Salvami tu, stronzone! Salvami tu
RAGAZZO: Che cazzo t’inventi, brutta mignotta... io che?
DONNA: (c.s.) Più duro. Più duro. Più duro. Più duro. Più duro.
RAGAZZO: Noooooooo
DONNA: Più duroooooo
(E, agitandosi frenetica, alza in alto le mani che tengono stretta la bustina con l’ultimo fiammifero. Il ragazzo, per sottrargliela, tenta di rimontare con le sue braccia quelle di lei. Smania. S’affanna. Niente. Non ce la fa. Grugnisce. Geme. Ha la schiuma alla bocca. Poi lancia un urlo terrificante. E’ come preso da una crisi isterica sino a che ricasca all’indietro collassato. O forse il cuore. Lei prova a scuoterlo ancora. Inutilmente. Ha il fiatone. Lo guarda)
DONNA: Perché non vuoi farmi morire? Eh, razza di frocio impotente... (E mettendosi a schiaffeggiare il corpo esanime del ragazzo) Dimmi perché no! Dimmi perché no!... Perché non vuoi farmi morire? Perché non vuoi farmi morireeeee?
(Rinuncia. Gli crolla addosso. La musica dei ‘Doors’ è più che mai violenta)
(Credimi)
(Penombra. L’uomo e la donna sono a letto. Lui si tiene seduto con la schiena poggiata contro la testiera. Lei, invece, se ne sta infagottata nelle coperte spalle a lui. L’uomo lo si direbbe abbastanza irrequieto. Si sporge a controllare il sonno della donna che sembra non convincerlo, poi torna con la schiena contro la testiera ma senza restarsene fermo a lungo. Pochi secondi e ricomincia con le sue indagini. Da ultimo, si tira completamente fuori di sotto le lenzuola. Si guarda tra le gambe. Forse è eccitato. Ma anche frustrato. Percepiamo che smadonna a bocca di pesce senza emettere un fiato. Si siede sul bordo del letto. Si masturba. Ma svogliatamente. E’ chiaro che lo fa con pochissima soddisfazione. Forse anche con una certa inefficacia. Desiste, ma senza mollare la presa sul membro. Si volta a guardare la donna, che non si è minimamente smossa da come stava. L’uomo riprende a masturbarsi. Peggio di prima. Non ne vale proprio la pena. Alché, vi rinuncia del tutto e si rifà sotto presso di lei. Tende una mano quasi a toccarla ma non ha l’ardire di compiere il suo gesto per intero e rimane così, con il braccio sospeso a mezz’aria. La donna sembra di pietra, anche se adesso la vediamo aprire gli occhi. L’uomo, però, data la sua posizione non può accorgersene. Lei spinge le pupille all’insù per controllarne i movimenti. Avvertendo che lui, cautamente, si sta affacciando oltre la sua spalla a scrutarle il viso, serra immediatamente le palpebre. L’uomo, deluso, torna a rimettersi come stava all’inizio. Sbuffa. Si guarda in giro. Bofonchia. Tiene le mani incrociate sulla pancia tamburellando con le dita della destra sul dorso della sinistra. Controlla sotto le lenzuola è ha una smorfia di autocommiserazione. Controlla la donna. Altra smorfia. Poi lei, inopinatamente, starnutisce. Per l’uomo è un segnale che lo ravviva. Scatta col dorso verso di lei, ripiombata nella stasi più intangibile. Dopo alcuni secondi, però, la donna è costretta a tirare un po’ su col naso. Per lui, un’occasione da non perdere )
UOMO: Oh
DONNA: Eh?
UOMO: Beh, allora?
DONNA: Allora che?
UOMO: Niente, che ti sentivo muovere
DONNA: Nessun problema. Tutto a posto
UOMO: Sempre uguale?
DONNA: Così
UOMO: Sai, stavo pensando... oh, mi ascolti?
DONNA: Sì, sì
UOMO: Magari un colpo di vento
DONNA: Eh, forse
UOMO: Sai cosa? Dev’essere stato quando sei uscita a spegnere la caldaia
DONNA: Ecco, può essere
UOMO: Già con l’acqua che ti sei presa stando fuori tutto il pomeriggio. Per fare cosa, poi
DONNA: Senz’altro
UOMO: Eri tutta sbracciata, dì la verità
DONNA: Lascia perdere, non ne vale la pena
UOMO: Avevi solo la camicetta, non mi meraviglierebbe. Per una colica ci vuol nulla
DONNA: Lo stomaco va meglio. Mettiti giù, non ci pensare
UOMO: Come sarebbe che va meglio? E allora cos’è?
DONNA: Ma niente, che sono solo un po’ scombussolata. Passerà
UOMO: Sì, non c’è dubbio: per la caldaia. Quando sei uscita a spegnere la caldaia. Quello il colpo di grazia. Per forza. Se t’ha messo sottosopra l’intestino, logico che poi t’abbia beccato un po’ dappertutto. (Silenzio) O sbaglio? (Silenzio) Sbaglio?
DONNA: (In un soffio) Non sbagli, non sbagli
UOMO: Eh?
DONNA: Ho detto che non sbagli
UOMO: E certo che non mi sbaglio. Io di cagotti me ne intendo
DONNA: Già
(La donna sospira pesantemente continuando a starsene coricata su un fianco immobile, mentre l’uomo sembra non riuscire a darsi pace)
UOMO: Accendo? (Silenzio) Accendo? (Silenzio) Ma sei sveglia o no?
DONNA: Sì che sono sveglia
UOMO: Accendo?
DONNA: Ma dici per me?
UOMO: Se hai bisogno di qualcosa
DONNA: No, di niente. Dai, proviamo a dormire
UOMO: Però se c’è qualcosa
DONNA: A furia di farci domande che girano a vuoto, qualcosa ci sarà per forza
(Lui accende)
UOMO: Questa me la spieghi
DONNA: Massimo che posso è ripetertela
UOMO: Com’è ‘sta storia? A furia di domande a vuoto
DONNA: Di farci domande che girano a vuoto
UOMO: Qualcosa prima o poi
DONNA: Ci sarà per forza
UOMO: Qualcosa che?
DONNA: Qualcosa
UOMO: Ma che?
DONNA: Qualcosa, qualcosa
UOMO: Ma qualcosa che?
DONNA: Non lo so. Qualcosa. Per cortesia, vorrei provare a dormire
UOMO: Se tanto non ci riesci
DONNA: A dormire non lo so, ma almeno a provarci ci riesco benissimo
(La donna, perentoriamente, riprende la sua solita posizione sotto le coperte mentre l’uomo s’azzittisce rimettendosi seduto contro la testiera. E’ una pausa che dura poco)
UOMO: Ma qualcosa di cui avere paura?
DONNA: O Gesù
UOMO: Di cui avere paura?
DONNA: Può essere
UOMO: Cioè, spiegati: più sì o più no?
DONNA: Sì, può essere
UOMO: Ma sì che?
DONNA: Sì che è più sì che no, contento?
UOMO: Ah, meglio mi sento
DONNA: E ora, per cortesia, lasciami riposare
UOMO: Scusa, ma se lo sai dillo. Che è?
DONNA: Giuro. Non ti sto nascondendo nulla
UOMO: E sarebbe questo che non ti fa dormire?
DONNA: Questo che?
UOMO: Questo qualcosa
DONNA: No, non direi. Semmai l’inverso
UOMO: Che inverso?
DONNA: Ci penso poiché non dormo. Spegni
UOMO: Porca puttana, ma come ‘spegni’? Così adesso sarò costretto a pensarci anch’io
DONNA: Sempre con le parolacce tu
UOMO: Ma chi se ne frega delle parolacce! Col magone che mi hai messo addosso
DONNA: Te la sei cercata col lanternino. Dormi
UOMO: Lanternino?... Parli come se non vivessimo insieme. Dice lanternino, dice
DONNA: Va bene, dormi
UOMO: Se permetti, vederti in questo stato mi preoccupa. Prima dicevi di stare male. Che non sapevi che avevi. Di non sentirti tanto in forma. Che ti girava qui, ti girava lì, di sopra, di sotto
DONNA: Lo so da me quello che ti ho detto
UOMO: Poi, comunque, neanche ce ne sarebbe stato bisogno. Io ti guardo, mica no
DONNA: Mai negato
UOMO: Eppure ogni tanto mi tratti come se mi rimproverassi di non farlo
DONNA: O santo cielo, e va bene, qualche volta capita che ti rimprovero, ma non per questo
UOMO: E allora perché?
DONNA: Ma non lo so
UOMO: Sei tu che l’hai detto, non io
DONNA: Io mi riferivo alle volte che ti rimprovero, non a questa. Ora non c’entra
UOMO: Cioè, non mi staresti rimproverando?
DONNA: Spegni, su
UOMO: Insomma, mi stai rimproverando o no?
DONNA: Bruno, ti prego, ho la testa che mi scoppia
UOMO: Allora dillo, mica lo sapevo
DONNA: Ecco, te l’ho detto. Spegni
(L’uomo spegne. Per un po’, silenzio)
UOMO: (Quasi tra sé) Qualcosa. Si fa presto a dire qualcosa
(Riaccende)
UOMO: (Forte) Capirai, si fa presto a dire qualcosa! Prestissimo! Che ci vuole? Una apre la bocca e dice: ‘qualcosa’. Poi, se proprio è in vena di chiacchiere, ci mette su un bel carico da undici aggiungendoci pure: "Qualcosa che non va... c’è qualcosa che non va". Come non lo sapessi. Ne conoscessi poche di storielle così!... Una si fa uscire una frasetta del genere, e la frittata è fatta. Fottuti. Non c’è più scampo. Croce sopra e ti saluto
(La guarda. Inutilmente. Lei rimane voltata su un fianco dandogli sempre la schiena. Immobile. In silenzio)
UOMO: Insomma, mi hai sentito o no?... Cos’è, parlo ai muri?... Quello che ti sto dicendo io, mia cara, non è meno serio di quello che prima hai detto tu a me. Anzi, forse anche di più. Solo che io sono stato ad ascoltarti, mentre tu con me non pensi che valga nemmeno la pena di farlo.
DONNA: Mi sembrava che fossi preoccupato perché non riuscivo a dormire
UOMO: Certo che lo ero. Ci mancherebbe altro
DONNA: Beh, ora ci stavo riuscendo
UOMO: Già. Naturale. Dopo aver scaricato questo bombardamento al napalm lei si sente tranquilla e dorme. Ah, grazie tante
DONNA: (Tirandosi su al culmine della sopportazione) Oh, insomma! Non mi sento bene, ma che vuoi?... Posso? Ho l’autorizzazione? Cos’è, adesso per star male ci vuole anche il permesso in carta da bollo?... Se io ora ho bisogno di stare così, pretendo che tu mi lasci stare così. D’accordo?
UOMO: Ma io
DONNA: Tu niente. Piantala e basta. Si può sapere chi ti dà il diritto di frugare in tutti, in tutti... in tutto quell’accidente di diavolo che mi va di avere? In tutti miei pensieri, in tutti i miei malumori... di rovistarci come se ti appartenessero! Di entrarci dentro come fossero i tuoi calzini, le tue mutande
UOMO: Oh-oh. Signora marchesa i miei rispetti
DONNA: Eh?
UOMO: No, niente. Solo che i tuoi paragoni mi sembrano molto più grevi delle mie parolacce
DONNA: Ma rendono l’idea
UOMO: Comunque, se ci tieni tanto a saperlo, il diritto di cui sopra me lo dà il diritto che ho di badare alla mia vita. E la mia vita, fino a prova contraria, è con te
DONNA: Se pensi che i tuoi diritti debbano essere un mio dovere, scordatelo
UOMO: Cazzo, sono a letto con Cicerone
DONNA: No, con me. Impara a sopportarlo senza bestemmiare
UOMO: Cazzo non è una bestemmia
DONNA: Per me sì
UOMO: A ogni modo, pare che io ci riesca benissimo a stare a letto con te, visto che ormai sono più di quindicianni che lo faccio
DONNA: Quasi, non ancora
UOMO: Di più, di più
DONNA: Va bene, domani controlliamo sul calendario
UOMO: Non ne ho bisogno
DONNA: Io sì. Non escludo che abbia ragione tu
UOMO: Ti seccherebbe?
DONNA: Sì, un po’
UOMO: Cioè, vuoi dire, l’idea che sia già tanto tempo che noi
DONNA: No, l’idea di cominciare a perdere la memoria. Buonanotte
UOMO: Buonanotte un accidente. Mi hai sentito prima che ho detto?
DONNA: Ne hai dette duemila
UOMO: Prima, del tuo qualcosa. M’hai sentito o no?
DONNA: Non lo so. Forse. Che hai detto?
UOMO: Ho detto che una, bella bella, si fa uscire dalla bocca così come se niente fosse...
DONNA: O uno
UOMO: Uno chi?
DONNA: Uno, uno. Può anche essere che fra i due non sia lei a farselo uscire dalla bocca, ma lui. Cioè, tu
UOMO: Hey, hey... guarda che a inventarmelo non sono stato io
DONNA: Non mi sono inventata un bel nulla. Per piacere, non mi affliggere
UOMO: Ah, ora sarei io ad affliggere te
DONNA: Chi è che accende e spegne la luce di continuo?
UOMO: Te l’ho chiesto se ti andava, e non mi hai detto di no
DONNA: Ti conosco. Non sarebbe servito a niente. Sei l’essere più irrefrenabile che abbia mia conosciuto
UOMO: Cioè?
DONNA: Cioè, quando hai una fissa in testa, dirti di no è la cosa più insensata di questo mondo, per cui
UOMO: Mica vero, visto che di no me ne dici eccome
DONNA: Ad esempio quando?
UOMO: Ad esempio prima. Ma non prima adesso: prima prima
DONNA: Oddio, di nuovo
UOMO: Non sono io quello che non ha voluto fare l’amore
DONNA: Difatti, ecco che ricominci
UOMO: Ricomincio sì. Voglio arrivarci sino in fondo a questa storia
DONNA: Vedi... tu dici ‘storia’, io dico ‘qualcosa’. A volte non sembra, ma parliamo davvero la stessa lingua
UOMO: Fatto sta che m’hai detto no. E la scusa del mal di testa l’hai pure tirata fuori dopo
DONNA: Appunto perché non è una scusa, sennò l’avrei usata da subito
UOMO: Tanto di cappello per la sincerità. Cominciamo a scoprire gli altarini
DONNA: Che poi tanto lo sai benissimo come andrà a finire
UOMO: Ossia?
DONNA: Che si farà quello che vuoi tu
UOMO: E che diavolo, neanche fossi uno stupratore
DONNA: No, no. Intendo: quello che vuoi tu completamente
UOMO: Completamente?
DONNA: Che faremo l’amore, e come non bastasse io finirò addirittura per farlo senza sentirmi costretta. Anzi
UOMO: Anzi che?
DONNA: Sarai convinto di aver esaudito un mio desiderio
UOMO: Ma questo è orribile. Praticamente due schizofrenici
DONNA: Non è per niente orribile, è normale. Perché forse sarà davvero la verità
UOMO: O cristo santo, ma che t’ha preso stanotte? Ragioni in un modo
DONNA: Dici? E come? Su, spiegamelo. Com’è che ragiono? Io non lo so. Direi come sempre, ma a guardare la tua faccia mi tocca quasi crederti. Allora, com’è che ragiono?
UOMO: Come se mi odiassi
(Una pausa. La battuta della donna ne risulterà più sincera)
DONNA: (Accennando a carezzarlo) Povero. Pare che lo pensi sul serio
UOMO: Non puoi saperlo più di me quello che penso
DONNA: E tu non puoi saperlo più di me quello che provo
UOMO: Dio mio, non sei mai stata tanto... tanto violenta nel... nell’ostentare qualcosa che... che vuoi farmi sapere di tenerti dentro... qualcosa... un tuo segreto... qualcosa che non vuoi dirmi. E io non riesco... non riesco a capirci nulla, ecco
(Ancora una pausa. E di nuovo la replica di lei risulterà sincera)
DONNA: Spaventato?
UOMO: Ebbè sì, da morire
(Ancora una pausa. Lei lo fossa come finora non era mai accaduto)
DONNA: Insomma, ti va?
UOMO: Che?
DONNA: Di farlo. Ti va?
UOMO: No, frena. A questo punto, meglio pensarci
DONNA: Perché? Tanto s’è capito che di dormire non se ne parla neppure
UOMO: Mi sa che invece sarà meglio se ci proviamo. Senza dire che domani ho una giornataccia
DONNA: Ah, una giornataccia
UOMO: Sì, una giornataccia
DONNA: Ma ti rendi conto che stai scappando. Quant’è che non succedeva?
UOMO: Non è mai successo
DONNA: Altroché
UOMO: No, con te mai
DONNA: O sì, e se te ne ricordassi un po’ più spesso, mi sa che riusciresti anche a capirmi meglio
UOMO: Vuoi dire che mi trovi troppo sicuro?
DONNA: Adesso no davvero
UOMO: Vuoi dire che fingo?
DONNA: Che domanda da donna
UOMO: Ma non per la storia di quando facciamo l’amore, dico in generale
DONNA: A ciascuno il suo mestiere. Tu cerca di fare il tuo
UOMO: E sarebbe, di grazia?
DONNA: Ostentare sicurezza. Da bravo maschietto
UOMO: Ho capito, va’. Non è davvero giornata. Io spengo
DONNA: Fa’ come ti pare
(E la donna si rimette sdraiata su un fianco, spalle a lui)
UOMO: Spengo?
DONNA: Per me
(Una lunga pausa)
UOMO: Oh
DONNA: Eh?
UOMO: No, niente
DONNA: Dì
UOMO: Niente niente
DONNA: Su, avanti
UOMO: Ma che è? Pensi di lasciarmi?
(Silenzio)
UOMO: Pensi di lasciarmi o no?
(Silenzio)
UOMO: Se pensi di lasciarmi, dillo
(Silenzio)
UOMO: Madonna, più stai zitta e più vuol dire che è sì
(Silenzio)
UOMO: Lo vedi che pensi di lasciarmi. Gesù, è così: pensi di lasciarmi. Avanti: abbi almeno il coraggio di
DONNA: Sono stanca, ti supplico
UOMO: No, tu non sei per niente stanca. Tu pensi di lasciarmi, è per questo
(Silenzio)
UOMO: Oh, mi stai a sentire o no?
(Silenzio)
UOMO: Io li conosco i tuoi qualcosa. Questo non è uno dei tuoi soliti qualcosa
(Silenzio)
UOMO: Dì, mi sbaglio?
(Silenzio. Lui si alza in piedi sul letto, comincia a camminarci su e giù come aggirandosi sul pavimento della stanza. Sembra preso da una crisi compulsiva. Respira coi ritmi di un asmatico. Poi, quasi inginocchiandosi presso di lei)
UOMO: Va bene, magari ancora non è detto. Magari non lo pensi ancora con certezza. Forse c’è qualche possibilità. C’è? (Silenzio) Occhèi, non vuoi rispondere? Non rispondere. Facciamo così. Io conto fino a dieci. Fino a dieci. Da uno a dieci. Se pensi davvero di lasciarmi, e sia: fammi arrivare sino alla fine da uno a dieci e per me vorrà dire che sono fottuto. Non ci farò i salti di gioia ma almeno l’avrò saputo e pace. Sennò interrompimi. Basta che dici: ferma e io mi fermo. Quando vuoi. Da uno a dieci. Però, se non è una cosa a cui proprio pensi seriamente, dico quella di lasciarmi, beh allora fermami subito, altrimenti no, altrimenti dopo. Fa’ tu. Dipende da quello che ti senti. Giusto per rendermi conto. Anche fosse al nove. O al nove e mezzo. Ci metto anche il nove e mezzo. Vorrà dire che ci siamo quasi ma che non è del tutto finita. Se invece mi farai arrivare... che ne so, al quattro o al cinque... beh, cercherò di capire che significhi e di regolarmi di conseguenza. Io ci tengo maledettamente a noi. Forse tu credi di no, ma io ti giuro di sì. Allora?... Proviamo così?... Conto?...
(Silenzio)
UOMO: O è che ce l’hai con me? E’ perché ce l’hai con me?
(Lei fa lentamente di no con la testa)
UOMO: Insomma, che cazzo è?
(Silenzio)
UOMO: Va bene, conto. (Ispira profondamente, poi) Uno... (E si ferma ad aspettare una risposta che non arriva) Niente?... (Silenzio) Vado avanti?... (Silenzio) Sicché è vero, qualcosina c’è. Ma d’accordo, forse anch’io non ti avrei fermata all’uno. Vorrebbe dire che saremmo proprio in paradiso, e chi può dirsi davvero in paradiso su questa terra? Nessuno. Bon... due... (Silenzio) tre... tre... (Silenzio. L’uomo inizia a ostentare uno sguardo atterrito) Tu lo sai cosa mi sto giocando adesso, vero?... Per me non è uno scherzo. O forse per te sì... dimmi almeno questo: per te sì?
(Lei fa lentamente di no con la testa)
UOMO: Vado avanti?
(Ora lei fa di sì con la testa)
UOMO: Magari è una stupidaggine. Meglio smettere
(Lei rimane immobile)
UOMO: Smetto?
(Lei fa nuovamente di no con la testa)
UOMO: Vabbè. Tre. No, tre già l’ho detto. Quattro... (Silenzio) Quattro. E’ quasi la metà. Forse questo sperimento avremmo dovuto farlo qualche volta anche in passato. Almeno per fare i paragoni. Tanto per sapere se ‘quattro’ sarebbe già molto oppure no. Non ci sarebbe nulla di male a vivere una storia sempre un po’ bilico. Molte volte sono quelle che durano di più. (Silenzio) Occhèi, proseguo. Proseguo?
(Lei fa di sì con la testa, mentre la sua espressione sembra riempirsi di sofferenza)
UOMO: Ci...nque. (Silenzio) Certo che mi sono scelto proprio una bella tortura. Sei... ho detto sei. (Silenzio) Che è? Devo cominciare a fare gli scatoloni?
(Silenzio. Ma ora sembra che la donna stia quasi per mettersi a piangere)
UOMO: Sette
(Silenzio. La donna si asciuga una lacrima che gli cola lungo la guancia. Pure lui sembra che stia per piangere. A dircelo è soprattutto la sua voce sempre più sgranata)
UOMO: Otto. (Silenzio) Otto. (Silenzio) Amore mio, ho detto otto. Otto è molto. E’ moltissimo. Cioè, voglio dire, molto poco. E’ quasi finita. Questo vuol dire? Che è quasi finita?... O che sei solo una maledetta sadica, ecco che vuol dire! E dovevo scoprirlo così! Quindicianni sempre con la stessa donna affianco, per poi scoprire di non averla mai conosciuta. Neanche un po’
DONNA: Nove
UOMO: O Chiara. Sei tu che vuoi lasciare me. Per cui non rubarmi il mio dolore. Almeno questo me lo devi
DONNA: Nove e mezzo
UOMO: Stai zitta, stai zitta. Devo finire io, sono io che devo finire: io. Lo dico? Debbo dirlo? Guarda che per me la cosa è seria... tutto questo è molto serio. Se tu non mi fermi e io lo dico, non sarà come se non fosse successo niente
(Lei gli poggia l’indice della destra sulle labbra per farlo stare zitto)
DONNA: Sai mentre contavi a che stavo pensando? A una cosa che ho letto su una rivista
UOMO: Come su una rivista?
(Lei preme con più forza il suo dito sulle labbra dell’uomo che non osa replicare)
DONNA: Una lettera. Molto triste: un signore racconta di avere rincontrato, dopo tanti anni, una donna conosciuta in giovinezza durante una festa
UOMO: Ma che c’entra co...
DONNA: Ti ho fermato, cosa vuoi di più? Ora però zitto. Se vuoi sapere, fammi parlare, d’accordo?
(L’uomo fa di sì con la testa)
DONNA: I due, allora, si piacquero molto. Lei gli diede il suo numero di telefono che lui trascrisse su una scatoletta di fiammiferi. Ma la scatoletta andò subito persa, e con essa il numero. Ciascuno dei due sapeva che quandomai, alla prima occasione, si fossero rivisti qualcosa sarebbe accaduto. E sai perché? Perché già si amavano. Ma negli anni che seguirono quei due amori dovettero per forza essere spenti entrambi. In un oceano, penso, di rimpianti e di nostalgia. Sin quando l’uomo e la donna non si sono d’improvviso ritrovati, così, per caso: l’uno di fronte all’altra. E riconosciuti. E guardati, immagino, a lungo: a cercare, l’uno nell’altra, l’evidenza della propria assenza. Non ti sembra commovente? A me sì
UOMO: Ma c’entra con noi?
DONNA: Me li vedo. Al tavolino di un caffè. Con la pioggia di fuori. A dirsi niente, come in una canzonetta.
UOMO: C’entra con me?
DONNA: (Senza ascoltarlo) Lo so, nessuna vita può contenerne due. Perciò, ora, la vita dell’uomo guarda nella donna la vita con lei che lui non ha avuto, mentre pure lei con lui fa lo stesso. L’uomo guarda... guarda lei che lo guarda... e tutto in lui... si stringe. Si stringe. Forte forte. Guarda la sua vita non vissuta, non avuta, e quella non avuta di lei, che lo fissa, e che inutilmente lo implora. E allora sai che succede? Che la vita dell’uomo, quella che invece è stata vissuta, si mette d’improvviso a ostentare l’orgoglio della propria esistenza dinanzi all’altra, a quella mai esistita e che ora, all’improvviso, viene a dare annuncio di sé. Dio mio, come se mia madre, tutto a un tratto, venisse e mi dicesse: "Non l’hai mai saputo, ma eravate in due nel mio grembo, e tu per nascere hai ucciso l’altro." Così la vita che è stata vissuta sente adesso il rimprovero dell’altra; non lo sopporta, allora la fronteggia e le parla. E le dice: "E va bene! Non rimpiango di aver voluto vivere. Fosse dipeso da te mi avresti uccisa e adesso ci sarebbe un’altra vita, qui, al posto mio. Ci saresti tu, non io." Curioso, le loro vite si danno del ‘tu’, mentre l’uomo e la donna si danno del ‘lei’. Vorrebbero evitarlo, ma non ce la fanno. Lui le dice "Vuol saperlo?... Quella scatoletta l’ho anche sognata", e la donna ha come uno slancio: "Non è possibile, pur io." "Giuri!" "Giuro", e lui: "Mi ricordo ancora il disegnino che c’era sopra. Un specie di fumetto. Giallo e blu." "Sì, mi pare", fa lei... "Mi pare"... mi pare. Poi lui vorrebbe aggiungere: "E mi ricordo anche come eri vestita", ma non lo fa. Non gli riesce proprio di darle del tu, allora non dice niente. Non dice niente, però lo pensa. Ci scommetterei che l’ha pensato. Eppure tra quei due si dà un’intimità assoluta. Diversa da quelle condivise. E’ l’intimità che nasce dall’aver frequentato, insieme, per anni lo stesso sogno. Capisci che vuol dire lo stesso sogno?... A distanza, come due amanti che si diano appuntamento, a una data ora, guardando la luna. L’unica cosa che quei due abbiano fatto insieme. Ma l’hanno fatta, per anni e anni, sempre: anche scordandosene. Lo sanno, ma non osano dirselo, non ci si azzardano nemmeno, quasi come se neanche lo sapessero. Poi tanto... il tempo di un caffè è breve, brevissimo. La vita che è, quella che scorre, è sempre la più forte. Non sopporta di essere accantonata a lungo. Insorge. E richiama a sé. - A mai più, cara signora... a mai più, caro signore
(L’uomo la guarda con dolore infinito. Come sapendo di averla davvero persa)
DONNA: No, amore, sta’ tranquillo. L’ho davvero letto. Credimi, non è successo a me. Poi, lo sai, io caffè di giorno non ne bevo. Ne bevevo. Ormai non più
UOMO: Sono io la vita che scorre?
DONNA: No, amore mio. Sta’ tranquillo. Sta’ tranquillo
UOMO: La vita che è
DONNA: Sta’ tranquillo, t’ho detto
UOMO: Quella che t’è rimasta. Quella che ha ucciso l’altra
DONNA: Vieni
UOMO: Non accudirmi. Non mi serve
DONNA: Serve a me
UOMO: Il tuo qualcosa... il tuo maledetto qualcosa
DONNA: Sccch
UOMO: Appeso a mezzo punto. Così che sto
DONNA: Per ricominciare
UOMO: No. No. E’ troppo poco. Io non ce la faccio
DONNA: Ce l’hai sempre fatta
UOMO: Capirai... pensavo alla caldaia, pensavo
DONNA: E’ stato meglio così
UOMO: Meglio cosa?
DONNA: Arrivarci
UOMO: Tu non l’hai letto su una rivista
DONNA: Sì, invece
UOMO: Tu non le leggi certe riviste, lo so
DONNA: Vieni
UOMO: Dove?
DONNA: Da me, vieni
UOMO: Per chi è che lo fai?
DONNA: Vieni
UOMO: Ne hai bisogno?
DONNA: Infinitamente
(Un silenzio)
UOMO: Spengo
DONNA: Sì
UOMO: E ti ricorderai di me anche al buio?
DONNA: Io non mi sono mai dimenticata di te
(L’uomo spegne la luce)
DONNA: Vieni. Su, vieni
(I due corpi si stringono con forza l’uno all’altro)