Il malato immaginario

Stampa questo copione

ILMALATO IMMAGINARIO

(sottotitolo. Un malato molto immaginario)

Adattamento e traduzione da Moliere (1622-1673) di

 Pasquale Calvino(Posizione SIAE n. 180531)

 Lungo atto unico, 6F-7M-scena unica.

(copione depositato alla SIAE di Napoli)

 PERSONAGGi:

1m-ARGAN: malato immaginario 

1f-TOINETTE : serva

2f-ANGELIQUE: figlia di ARGAN

3f-BELINE: seconda moglie di ARGAN

2m-BERALD: fratello di ARGAN

3m-CLEANTE: spasimante di ANGELIQUE

4f-LUISETTE: figlia minore  di ARGAN

4m-MONSIEUR DIAFOIRUS: medico

5m-THOMAS DIAFOIRUS: figlio del precedente

5f-MADAME TAIER: sarta – Dott.Crépin: (finto medico donna) 

6m-MONSIEUR PURGON:medico curante di ARGAN

7m-MONSIEUR BONNEFOY: notaio

6f-Madame MORIN: assistente del dottor Purgon

SCENOGRAFIA- La scena è sempre identica: è la stanza in cui vive il malato ARGAN, con letto matrimoniale al centro …piccolo scrittoio con sedie…libreria con libri di medicina…ai piedi del letto c’è una cassapanca chiusa che contiene le monete d’oro e i titoli al portatore…. (o secondo la fantasia del regista)

SCENA I

ARGAN

ARGAN - (ARGAN, solo nella  stanza su un tavolino davanti a lui, legge ad alta voce da un libro poi legge i prezzi dei medicinali avuti  dal farmacista…

 Astenia….Astenia, Astenia…. ah ecco…“ mancanza di forza, una insufficiente o mancata reazione agli stimoli; caratterizzata da un indebolimento generale con conseguente grave diminuzione della forza fisica, delle capacità intellettive, incapacità di prendere decisioni….  Può essere causata da superlavoro … preoccupazioni, patemi d’animo ecc.  (si guarda la lingua allo specchio) bah…Tre e Due  cinque e cinque dieci, e dieci  venti. Tre più due  cinque. « Il  ventiquattro, un piccolo clistere addentrativo, preparatorio ed emolliente, per ammollire, umettare e rinfrescare le viscere del Signore». Quel che mi piace di Monsieur Fleurant, il mio farmacista, è che i suoi conti sono sempre  così garbati: «le viscere del Signore: trenta soldi». Sì, va bene Monsieur Fleurant, essere garbati non basta, bisogna anche essere ragionevoli, e non spennarli i pazienti. Trenta soldi per un enteroclisma: servo vostro, ve l’ho già detto. Negli altri conti me lo avevate messi venti soldi, e venti soldi nel linguaggio dei farmacisti sta per dieci soldi; eccoli qua: dieci soldi. «Più il giorno suddetto, un buon clistere detergente, con semi di lino giganti, rabarbaro, miele  rosato, e altre erbe rare, secondo prrescrizioni, per spazzare, ripulire e disinfettare gli intestini del  Signore, trenta soldi.» col vostro permesso: dieci soldi. «Alla stessa data, la sera, un giulebbe epatico, soporifero e sonnifero, preparato per far dormire il Signore: trentacinque soldi.»  beh …. non me ne lagno, perché ho dormito bene . Dieci, quindici, sedici e diciassette soldi e sei danari. « Più il  25, una buona medicina purgativa e corroborante, composta di cassia novella, senna levantina, e altre erbe, secondo prescrizione di Monsieur  Purgon, per espellere ed evacuare la bile del Signore, quattro lire.» Ah! Monsieur Fleurant , state scherzando; occorre vivere con gli ammalati. Monsieur Purgon non ve la mica prescritto di fare  quattro franchi. Segnate, segnate tre lire. Ecco:Venti , trenta soldi. Così, questo mese ho preso una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto medicine; e uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette,otto, nove, dieci, undici e dodici enteroclismi; e il mese scorso c’erano, dodici medicine e venti enteroclismi. Ah! Nessuna meraviglia che questo mese io mi sento meno bene. Glielo dirò a monsieur Purgon, che pensi a mettere le cose in ordine. Su, via portate via tutto. Non c’è nessuno:  mi lasciano sempre solo; non c’è verso di farli star qui.(Suona il campanello per chiamare la servitù)Non sentono, e questo campanello non fa abbastanza rumore. Delin, delen, delin: niente da fare. Delin, delin,delin, delin,delin: tutti sordi. Toinette ! Delin, delin, delin: proprio comese non suonassi per niente! Cagna, carogna! Delin, (Smette di suonare e grida) delin,delin, drelin: ma io divento matto. Delin, delin,delin: carogna! È possibile abbandonare solo un povero ammalato? Delin, delin, delin: ma è scandaloso! Delin, delin, delin: ah! mio Dio, mi lascierannoqui a morire! Delin, delin, delin.

SCENA II

TOINETTE, ARGAN

TOINETTE -  (entrando nella stanza)  Oh…  Eccola.

ARGAN -  Ah! Cagna! Carogna!

TOINETTE - (facendo finta di aver picchiato la testa) Al diavolo la vostra impazienza! Delin

delin, delin. Mettete tanta di quella fretta addosso che ho  dato una gran testata contro spigolo

di una imposta.

ARGAN   -     (in collera) Vigliacca  traditrice!

TOINETTE -  ( per impedirgli di proseguire, va a lamentarsi molto vicino,)   Ah!

ARGAN   - È da un'ora...

TOINETTE  -  Ah...!

ARGAN   -     Mi avete lasciato...

TOINETTE  -  Ah...!                                                         

ARGAN - Ho capito, lazzarona! State zitta che devo sgridarti?!

TOINETTE  -  Ci mancava solo questo, dopo quello che mi son fatta!

 ARGAN  -  Mi avete fatto sgolare, carogna!

 TOINETTE -   E voi mi avete fatto rompere la testa. Dunque siamo pari.

ARGAN  -      Cosa, pari? Lazzarona!?..                      

TOINETTE  -   Se mi sgridate ancora, mi metto a piangere.

ARGAN   -     Mi avete lasciato solo. Vigliacca...

TOINETTE   -   ( con l’intenzione di interromperlo ancora finge di piangere) Ahi...!    

ARGAN    -  Brutta cagna!  Tu vuoi…

 TOINETTE  -   Ahi...! Ahi!

ARGAN    -  Ma insomma! Devo rinunciare anche al gusto di sgridarvi?

TOINETTE   -  Sgridate quanto vi pare, lo consento.

 ARGAN   - Me lo impedisci, lazzarona! Interrompendomi continuamente.

TOINETTE   -  Se a voi piace sgridarmi, bisogna pure che io trovi qualche piacere nel

piangere.   A ciascuno il suo, mi sembra giusto. Ah...! Ah...!

ARGAN -  Ah...! Ah...! Bisogna arrendersi. Porta via questa  roba lazzarona. (Si alza)   

L’enteroclisma di stamattina, ha fatto effetto?

 TOINETTE - L’enteroclisma? Il vostro enteroclisma… detto anche clistere

evacuativo..lenitivo…emolliente, disintossicante…ecc.ecc.?

ARGAN  -  Sì! … Ha portato via la bile?

TOINETTE – Ah, in fede mia, io non m'impiccio di certe faccende. Spetta a Monsieur Floraunt di

ficcarci il naso, visto che è lui a prendersi i denari...

ARGAN - … Mi raccomando di tenere pronta una pentola d’acqua calda nel caso che debba

farmene un altro.

TOINETTE -  Quel monsieur Flourant e quel Monsieur Purgon se la spassano sul vostro

Corpo eh.. eh? Hanno trovato proprio una buona vacca da mungere. Vorrei proprio chiedergli a quei

due, che male avete mai, per darvi tutti questi farmaci.

ARGAN - Ma tacete, ignorante. Non tocca a voi criticare le prescrizioni della medicina. Fate

venire mia figlia Angèlica. Devo dirle un cosa.

TOINETTE -  Eccola che viene da se, vi ha letto nel pen­siero.

SCENA III

ANGELIQUE, TOINETTE  , ARGAN

ARGAN  -  Ah..Venite, venite  Angellique. Arrivate a proposito. Devo parlarvi!

ANGELIQUE -    Sono pronta ad ascoltarvi. Padre mio

ARGAN   -  Aspettate. (Correndo al cesso) Datemi il basto­ne. Torno subito.

TOINETTE -  (gli grida dietro) Svelto, svelto Signore! (rivolta ad Angelique) Monsieur

Flourant ci  dà da fare ah ..ah.

SCENA IV

ANGELIQUE, TOINETTE

ANGELIQUE -  (languidamente, con confidenza)   Toinette .

TOINETTE   -      Cosa?                                  

ANGELIQUE -    Guardami bene.                            

TOINETTE     -     Beh?! Vi guardo.                                  

ANGELIQUE -     Toinette.                                                   

TOINETTE     -     Beh!...   « Toinette cosa?  »                       

ANGELIQUE -     Non immagini di che cosa voglio parlarvi?

TOINETTE     -     Sapete che mistero. Di lui immagino, del vostro giovane innamorato, perché

è su di lui che da sei giorni ruotano tutti i nostri discorsi; non state bene se  non ne parlate

ogni momento.

ANGELIQUE -  Perché non me ne parli tu per prima se lo sai,  risparmiandomi la fatica di

portarti sull’argomento?

TOINETTE -   Perché voi cara, non me ne date il tempo. Avete tanta furia di parlarne che non

è possibile anticiparvi!

ANGELIQUE -  Ti confesso che non posso fare a meno di parlare di lui. Il mio cuore

approfitta d’ogni istante favorevole per aprirsi a te. Ma tu, dimmi, Toinette, tu condanni

quello che provo per lui?

 TOINETTE   -    Me ne guardo bene.

ANGELIQUE -  Sbaglio a lasciarmi trasportare da queste dolci emozioni?

TOINETTE  -    Non l’ho  mai detto.

ANGELIQUE -  E mi vorresti insensibile alla suo slancio, alle  dichiarazione e ardenti

passione che tanto dolcemente mi va facendo?

TOINETTE   -     Dio non voglia!

ANGELIQUE -  Dimmi un po’, tu non trovi, come me, qualcosa di celestiale, qualche se­gno

del destino nel modo straordinario in cui ci siamo conosciuti?

 TOINETTE  -    Sì.

ANGELIQUE -  Non trovi che prendere le mie difese, senza co­noscermi, sia un atto di vero

gentiluomo?

TOINETTE    -   Sì.

ANGELIQUE -  E che non  poteva comportarsi più signorilmente?

TOINETTE      -  D’accordo.

ANGELIQUE -  E che ha fatto tutto questo con garbo incantevole?

TOINETTE     -   Oh! Si.

ANGELIQUE -  Tu non trovi Toinette, che ha un bell’aspetto?

TOINETTE      -   Sicuro.                                

ANGELIQUE -   E che ha dei modi incantevoli?    

TOINETTE      -  Garantito.

ANGELIQUE -  Che le sue parole, come i suoi atti hanno qualcosa di nobile?

TOINETTE     -   Senza dubbio

ANGELIQUE -  Che in quanto mi dice, c’è un ardore senza confronti?

TOINETTE -     Verissimo.

ANGELIQUE - Ma tu credi, cara Toinette,  che lui mi ami proprio quanto dice?

TOINETTE     -  Eh, eh...! Son cose, queste, da prendere con qualche beneficio d’inventario e

andarci piano, piano. Le smancerie  amorose assomigliano molto alla verità: e ho visto dei gran

commedianti in materia.

ANGELIQUE -  Ah, Toinette! Cosa dici! Oh, povera me! Allora… parlando in quel modo, può mai

essere che non sia sincero.

TOINETTE –     Comunque sia, vi sarà chiaro presto... e il proposito, come ha scritto ieri, di

chiederti ufficialmente in matrimonio, ci rivelerà  subito la via più rapida per arrivare a sapere

se  dice la verità o no.

ANGELIQUE -  Ah! Toinette, se m’inganna, non crederò più a nessun altro uomo  fin che vivo. (si

sente il rumore dello scarico del bagno)

TOINETTE -   Ecco che torna vostro padre.

                                                                                

SCENA QUINTA

ARGAN, ANGELIQUE - , TOINETTE - .

ARGAN - (si mette a sedere) Venite, venite Angelique sto per darti una notizia…. che

forse non vi aspettavate: vi si domanda in matrimonio….

ANGELIQUE -  Ah! (saltellando e con risate di contentezza )

 ARGAN –    Cosa c’è? … Ridete?  Si è divertente, questa parola …matrimonio; non c'è

niente di più fantastico per una ragazza. Ah! natura, natura! Da quel che ve­do, allora figliola,

è del tutto superfluo chiedervi se volete  sposarvi.

ANGELIQUE -   Il mio dovere, padre mio, è di fare tutto quello che vi piacerà ordinarmi.

ARGAN  -      Mi fa piacere avere una figlia così ubbidiente Dunque la cosa è decisa: vi ho

promessa.

ANGELIQUE -  Padre mio...a me non resta che ubbidire ad ogni vostro volere

ARGAN    -    Mia moglie, vostra matrigna, voleva che vi facessi monaca, voi e anche

vostra sorella Luisette; ah… si era proprio intestardita su questo.

TOINETTE -  (tra sé)    Quella bestiaccia ha le sue  ragioni.

ARGAN  -  Non voleva assolutamente acconsentire a questo matrimonio, ma ho vinto io.

Ho già impegnata la mia parola.

ANGELIQUE - Ah, padre mio! Come ve ne sono grata di tanta benevolenza.

 TOINETTE   -   Davvero me ne compiaccio; E’ la cosa più saggia che abbiate mai fatto in vita

vostra.

ARGAN  -  Non ho ancora veduto il giovanotto; ma dicono, però, che ne sarò contento, e tu

pure.

ANGELIQUE - Oh! Sicuramente, padre mio.

ARGAN     -  Come sarebbe? L'avete visto?           

ANGELIQUE - Poiché il vostro consenso mi autorizza d'aprirvi il mio cuore, non esito a

dirvi, il caso ci ha fatto incontrare  sei giorni fa, e che la richiesta di cui parlate, è l’effetto di

una reciproca inclinazione a prima vista.  

ARGAN   -  Questo non me l’hanno detto; ma mi fa piacere; si, si tanto meglio che sia così.

Dicono che è un gran  bel giova­notto.

ANGELIQUE - Sì, padre mio.                                    

ARGAN   -    Ben piantato.                              

ANGELIQUE - Oh, certo.                            

ARGAN      - Di aspetto gradevole.                                    

ANGELIQUE - Moltissimo.                                              

ARGAN   -   Con un bel viso.

ANGELIQUE - Bellissimo.

ARGAN     -  Posato, e perbene.

ANGELIQUE - Proprio così.

ARGAN     -  Un gentiluomo.

ANGELIQUE - Un vero signore...Il massimo che una ragazza può sperare...

ARGAN      - CheParla bene il latino  e il greco.

ANGELIQUE - Questo non lo sapevo.                      

ARGAN      -  E che avrà il titolo di medico fra tre giorni.

ANGELIQUE - Lui, padre mio?                                  

ARGAN    -  Sì, non te l'ha detto?                         

ANGELIQUE - Veramente no. E a voi chi l'ha detto?    

ARGAN  -   Monsieur Purgon.                                                              

ANGELIQUE - Monsieur Purgon lo conosce?

ARGAN     - Che domande! Certo che lo conosce! E’ suo nipote!

ANGELIQUE - Cleante, nipote di Monsieur Purgon?

ARGAN      -  Ma quale Cleante? Stiamo parlando del vostro futuro marito.

ANGELIQUE -  Eh! Si.                   

ARGAN      -  Ebbene, è il nipote di monsieur Purgon, figlio di suo cognato medico,

Monsieur Diafoirus, e questo figlio si chiama Thomas Diafoirus, e non Cleante, e il

matrimonio l’abbiamo stabilito questa mattina, Monsieur Purgon, Monsieur Diafoirus e io; e

domani il futuro genero me lo porterà qui suo padre.  Ma Cos'è? Vi siete  imbambolata?

ANGELIQUE -  Capisco ora, Padre mio, (piangendo) che voi parlavate di una persona, e io ne

intendevo un'altra.

TOINETTE -  Come? Signore? (da vicino) E’ questa l’idea bizzarra che vi è venuta? Ricco

come siete, vorreste sposare vostra figlia con un medico?

ARGAN   - Si, si, si,! Ma di che t'impicci, tu, lazzarona intrigante che non sei altro!

TOINETTE  -   Eh…Dio mio! Piano! …. passate subito  agli insulti. Non possiamo discutere

senza infuriarci? Su, parliamo tranquillamente. Qual è il motivo, per cortesia, di un tale  

matrimonio?

ARGAN - Il motivo è, credendomi cagionevole e malato come sono, voglio farmi un 

genero e dei parenti medici…. per assicurarmi una buona assistenza contro la mia malattia,

per tenere in famiglia le fonti dei rimedi che mi sono necessari e per avere a portata di mano

consulti e prescrizioni.

TOINETTE -  Ebbene! Questo si è un buon motivo; fa piacere rispondersi a vicenda con

tranquillità; ma, Signore, mettetevi una mano sulla coscienza; voi siete  malato,?

ARGAN - Cosa?  Lazzarona! Se sono malato? Se sono malato sfrontata!

TOINETTE -  Va bene, va bene….Signore! D'accor­do, siete malato, non discutiamo su questo

punto. Sì, siete malato e anche grave; comincio a pensarlo anch'io. Anzi, più malato ancora di

quanto crediate. Soddisfatto? Ma vo­stra figlia deve sposare un marito per se; e siccome non è

malata, non è necessario darle un me­dico.

ARGAN - Ma è per me che gli do un medico… non per lei; e una figlia di buon carattere,

deve essere entusiasta di sposare un uomo che torna utile alla sa­lute del  padre.

 TOINETTE -   BeneSignore, posso darvi un consiglio da amica, ?

ARGAN   -  Quale sarebbe questo consiglio?

TOINETTE -   Di non pensarci a questo ma­trimonio.                                             

ARGAN  -      Il motivo?        

TOINETTE  -  Il motivo? Perché vostra figlia non accetterà mai.

ARGAN  -  Non accetterà mai?                    

TOINETTE  -  No.                                                

ARGAN  - Mia figlia?                                           

TOINETTE  - Vostra figlia. Vostra figlia vi dirà che non sa che farsene di Monsieur Diafoirus,  

di suo figlio Tomas Diafoirus ne di tutti i Diafoirus del mondo.

ARGAN - Lo so io, cosa farmene, oltretutto il partito è più conveniente di quanto non si pensi.

Monsieur Diafoirus  ha solo quel figlio come erede...... Inoltre Monsieur Purgon, che non ha

ne moglie ne figlio, gli fa donazione d’ogni sua fortuna. Ha una rendita di ottomila lire l'anno.

TOINETTE  - Deve averne ammazzata di gente, per avere questa fortuna.

ARGAN  - Unarendita di ottomila lire l'anno sono qualcosa, senza contare i beni del padre

TOINETTE -  Tutto vero, Signore. Ma devo insistere; torno a consigliarvi in confidenza,

sceglietele un altro mari­to. Lei non è adatta a diventare la Signora Diafoirus.

ARGAN  -  E io invece penso di sì; e io sono il padre...

TOINETTE  -  Ma no, Signore! Non ditelo nemmeno.

ARGAN   - Come sarebbe «Non ditelo nemmeno? »                 

TOINETTE  -  Eh! No.                                         

ARGAN  -   E perché mai, non dovrei dirlo?

TOINETTE -    Diranno che non pensate a quello che dite.

ARGAN  -  Diranno quello che vorranno. Voglio che lei rispetti  la parola che ho dato ...

TOINETTE -   No,sono sicura che non lo farà.

ARGAN  -      E io la costringerò.

TOINETTE -   Nonon lo farà vi dico.

ARGAN  -  Lo farà, o la manderò in convento.

ANGELIQUE - Ah! (si sente il grido di disperazione della figlia)

 TOINETTE    - Voi?

ARGAN   -  Io.

TOINETTE   -  Bene.

ARGAN  -  Come, « bene »?                               

TOINETTE -   Voi non la manderete in convento.

ARGAN  -    Io, non la manderò in convento?                          

TOINETTE -    No.

ARGAN  -   No?                                                       

TOINETTE -    No.                                         

ARGAN   -       Ah, questa è bella! Io non mando mia figlia in convento, se voglio?

TOINETTE -    No, vi dico.                                    

ARGAN   -   E chi me lo impedisce?                   

TOINETTE  -   Voi stesso.

ARGAN   -   Io?

TOINETTE  -    Sissignore. Non avrete l'animo di farlo.

ARGAN   -    L’avrò.                

TOINETTE  -    L'affetto paterno, vi piegherà.

ARGAN   -   Non mi piegherà affatto.

TOINETTE  -  Una o due lacrimucce, le braccia al collo, un « paparino mio », detto con

tenerezza, basteranno a commuovervi.

ARGAN  -  No.. no.Non servirà un bel niente.   

TOINETTE  -  Si, si.   

ARGAN   - E io vi dico che non demorderò.                  

TOINETTE -  Sciocchezze.                                                                                  

ARGAN  - Cosa vuol dire « Sciocchezze  ».

TOINETTE -   Vi conosco troppo bene. Voi siete buo­no di natura.

ARGAN - (fuori di sé) Io non sono buono! E so di­ventare cattivo, quando voglio.

 TOINETTE -   Calma, Signore,  ….. ricordatevi la vostra malattia!

ARGAN - Le ordino categoricamente di prepararsi a prendere il marito che dico io.

TOINETTE -   E io, le proibisco categoricamente di provarci.

ARGAN -       Ma, dico, dove siamo? E come osa lazzarona di serva parlare in questo modo davanti al padrone?

TOINETTE -  Quando il padrone non pensa a quel che fa, una serva col cervello a posto, ha il diritto di metterlo sulla buona strada.

ARGAN - (inseguendo Toinette) Ah!Sfrontata, vuoi che ti accoppi. (si alza e prende il

bastone)

TOINETTE -  (evitandolo)Io mi devo opporre a tutto quello che vi può disonorare.È  mio dovere difendervi da voi stesso!

ARGAN - (fuori di sé, la insegue girando intorno alla poltrona, bastone in pugno)Vieni

qui che ti insegno a parlare. Carogna

TOINETTE -  (sempre scappando)Io cerco solo di non farvi commettere unafollia.

ARGAN   -     Cagna!

TOINETTE -   Non consentirò mai a questo matrimonio.  

ARGAN   -  Manigolda!                                           

TOINETTE -   Non voglio che sposi quel Thomas Diafoirus !

ARGAN   - Carogna!

TOINETTE -   E lei ubbidirà a me, non certo a voi !                     

ARGAN  - Angelique! Non mi vuoi fermare questa lazzarona?

ANGELIQUE – Padre ..non fatene una malattia!.

ARGAN     - Se non la fermi, io ti maledi­co!

TOINETTE    -  E io, io la diseredo, se vi ubbidisce.

ARGAN  -      (si lascia cadere sulla poltrona, sfinito) Ah! Ah! Dio mio! Dio mio! Non ne

posso più! Non ne posso più! (entra Bèline e si ferma sorpresa. Toinette  e Angelique   le

fanno una riverenza ed escono)

SCENA VI

BELINE, ANGELIQUE , TOINETTE , ARGAN

   

ARGAN  - Ah! Moglie mia, avvicinatevi.

BELINE        -   Cosa avete, marito mio caro?     

ARGAN -  Aiutami tu, ti prego, vieni qui.                   

BELINE            -   Ma cosa c’èbambino mio?

ARGAN -  Cuor mio.                              

BELINE     -  Caro.                             

ARGAN -  Mi hanno fatto arrabbiare

BELINE            -  Oh, no! Povero maritino  mio. E come mai?

ARGAN - Quella lazzarona della tua Toinette sta oltrepassando ogni limite. Diventa

sempre più insolente.

BELINE           -  Non state ad agitarvi.

ARGAN - Mi ha contradetto, per tutta un’ora, in quello che voglio fare.

BELINE            -  Su, su calma.

ARGAN - E ha avuto la sfacciataggine di dirmi perfino che non sono malato.

BELINE            - E’ un’insolente! 

ARGAN - Voi, cuor mio, sapete com’è.

BELINE      - Si, bambino mio. Lei ha torto.                                                            

ARGAN  - Amor mio, quella lazzarone mi farà morire.

BELINE             -  Eh, via!

ARGAN  - Lo so, è lei che mi fa fare tutta quella bile.

BELINE             - Da' retta, non prendetevela tanto .

ARGAN  - Quanto tempo è che vi dico di….di cacciarla via?

BELINE       -  Santo Cielo, bambino mio! Non c’è né servo, né serva che non abbia i suoi

difetti. (Abbassando la voce) A volte ci tocca sopportarne le qualità cattive per via delle

buone. Questa è abile, precisa, diligente, e soprattutto fidata; e voi sapete che al giorno d’oggi

bisogna essere molto attenti a chi ci si metta in casa. (chiama dalla porta) Ehi! Toinette.

TOINETTE -  ( rientrando)   Signora…..

BELINE       -  Si può sapere perché fate arrabbiare mio marito?

TOINETTE -  (tutta miele) Io, Signora? Povera me. Non capisco proprio di che  parlate. Io

cerco di compiacere il signore in ogni cosa.

ARGAN   - Ah! Che traditrice!                                            

TOINETTE -  Il Signore ci ha detto che avrebbe dato la figlia in moglie al figlio di Monsieur

Diafoirus; io gli ho risposto che il partito mi pareva conveniente, ma che pensavo fosse

meglio  metterla in convento.

BELINE - Ma non c’è niente di male, in questo, e mi pare che abbia ragione.

ARGAN - Ah! Voi le credete Amor mio? E’ una lazzarona....

BELINE      -   Ma si! Vi credo, amico mio. Su, rilassatevi. Quanto a te, Toinette: se stuzzicate

ancora mio marito, vi mando via. Su datemi la mantellina foderata e dei guanciali, che lo

sistemo nella sua poltrona. Guardate qui in che stato! (Ad ARGAN). Calcatevi bene la berretta

sugli orecchi: i raffreddori vengono quando si sta con le orecchie scoperte.

ARGAN - Ah, quanto vi sono grato, bene mio, di tutte le premure che avete per me ….

 BELINE    -   (aggiustando i cuscini attorno ad Argan) Sollevatevi un momentino in modo

che possa mettere questo sotto di voi. Questo lo mettiamo qua,  per appoggiarsi

..baci..baci..baci. …là.  Questo qua, dall’altro lato...baci..baci..baci…là. Questo dietro la

schiena, così, .baci..baci..baci …là.. .. e questo altro qua per sostenere su la testa...baci..baci..baci

…là.. ...(lo riempie di cuscini)

TOINETTE -  (sbattendo un cuscino sulla testa di ARGAN e poi scappando )…. E questo

contro  il fresco della sera….là!

ARGAN - (balza in piedi e scaglia i cuscini contro Toinette ) Sfrontata! Vuoi

soffocarmi!

BELINE       -   Eh, via! Che cosa è mai?

ARGAN - (si lascia cadere ansimante) Ah! Ah! Ah!  Dio mio! Non ne posso più.

BELINE       -   Perché infuriarsi così? Credeva di far bene.

ARGAN    -     Voi non la conoscete, tesoro,  non potete immaginare la malignità di quella

lazzarona.. Ah! Mi ha fatto andare in bestia. Mi ci vorranno più di … di dieci medicine e venti  

enteroclismi, per rimettere un po’ tutto in ordine.

BELINE       -  Su, su figlio mio! Mettetevi un po’ tranquillo!

ARGAN -        Si. si.  Bene mio, siete la mia unica consolazione.

BELINE            -   Povero figlioletto mio …

ARGAN -  E per ringraziarvi, amor mio, l’amore che mi portate, voglio, come vi ho detto,

fare testamento.

BELINE      -  Amico mio! Vi Prego! Non parliamone: è un pensiero che non posso

sopportare: la sola pa­rola « testamento» mi fa trasalire di dolore.

ARGAN -   Mavi avevo detto di parlarne col vostro notaio.

BELINE    -  È giusto qui. L’ho portato con me.

ARGAN -  (tra incredulo e sbalordito)Bhe…. E allora  fatelo entrare, amor mio.

BELINE     -    Oh!Amico mio, se si ama davvero un marito, non si ha l’animo di

pensare a queste cose...

SCENA VII

MONSIEUR BONNEFOY ( si legge BONFUA’), BELINE, ARGAN.

ARGAN - Venite, Monsieur Bonnefoy, venite. Prendete­vi da sedere, per cortesia.

Mia moglie mi ha detto, che siete un gran galantuomo e un vero amico. E io l’ho

incaricata di parlarvi  per un testamento che voglio fare.

BELINE - Oh, povera me! Io, non son capace di parlare di queste cose.

MONSIEUR BONNEFOY -            Mi ha spiegato le vostre intenzioni Signore, e anche quanto vi

proponete di fare per lei . Ma, vi devo dire che a vostra moglie, per testamento, non potete dare

niente.

ARGAN   - Ma perché?

MONSIEUR BONNEFOY -            Negat Consuetudo. La consuetudine si oppone. Si potrebbe fare se foste in un paese a legge scritta; ma a Parigi, e nei paesi a diritto consuetudinario, nella maggior parte almeno, non si può proprio, e la disposizione sarebbe nulla. Tutti i lasciti che possono farsi l’un l’altro un uomo e una donna congiunti in matrimonio, sono una mutua donazione fra vivi; e bisogna che non vi siano figli, né dei due congiunti, né d’uno di loro, al decesso di che muore per primo.

ARGAN - Ma… è una bella impertinente, questa consuetudine, che un marito non possa

lasciare nulla a una moglie che lo ama teneramente e che ha tanta cura di lui.

….. Io avrei voglia di consultare il mio avvocato, per vedere quello che si può fare.

MONSIEUR BONNEFOY -            Non è mica dagli avvocati che bisogna andare, perché in genere sono molto  severi su questo; immaginano che sia un gran crimine  frodare la legge per sistemare le cose. Fanno sempre delle difficoltà, e ignorano le sinuosità della coscienza. Sono altre le persone da consultare, ben più accomodanti,  che hanno degli espedienti per passare con delicatezza sopra la legge, e trasformano in giusto quel che non è consentito; che sanno appianare le difficoltà di una faccenda, e trovano il modo di eludere la consuetudine con qualche lascito indiretto. Se no, dove si andrebbe a finire, ogni santo giorno? Ci vuole un po’ di scioltezza nelle cose; altrimenti non si farebbe niente, e per il nostro mestiere io non darei un soldo.

ARGAN - Me lo aveva  detto mia moglie, signore, che eravate un vero esperto … e un

gran galantuomo. Allora, come posso fare per lasciare tutte le mie sostanze, e privarne le

figlie?

MONSIEUR BONNEFOY -            Come potete fare?.... ( sguardo d’intesa con Beline) Potete scegliere con calma un amico intimo di vostra moglie e lasciargli, in debita forma per testamento tutto quello che potete, e quest’amico, dopo, le renderà tutto…. Potete anche contrarre un gran numero di obbligazioni, non sospette, a favore di diversi creditori, che faranno da prestanome a vostra moglie dichiarando per iscritto che l’hanno fatto solo per favorirla. E  potete pure, mentre siete in vita, mettere nelle sue mani del contante oppure delle cambiali di cui foste in possesso pagabili al portatore.

BELINE - Dio Mio! Non dovete tormentarvi per questo. … ( finge di piangere) Se  mi venissi

a mancare, figlio mio non ce la farei a vivere una sola ora di più?

ARGAN    - Gioia mia. Che tesoro....

BELINE     -    Sì, amoruccio mio. La vostra perdita….

ARGAN  -  Oh! Moglie miacara!                                    

BELINE             -  Segnerà la fine della mia vita.

ARGAN  -  Anima mia benenetta!                                            

BELINE      -   Verrò sui vostri passi, per provarvi tutto l’affetto che ho per voi.

ARGAN - Cuoricino, non mi straziate così. Su, fatemi un sor­riso, vi prego.

MONSIEUR BONNEFOY -            Sono un po’ prematurequeste lacrime. Non siamo an­cora a quel

punto…. Mi pare

BELINE - Ah! Voi non sapete, Signore, cosa vuol dire un marito che si ama….. teneramente.

ARGAN - Il mio maggior rimpianto, se muoio, è di non avere avuto un figlio da voi.

Monsieur Purgon … mi aveva detto che uno, me lo avrebbe fatto fare!

MONSIEUR BONNEFOY -   Può ancora succedere.

BELINE – ( non sentita)Oh! No.     

ARGAN - Bisogna che faccia testamento,Amor mio. Anzi, per precauzione, voglio

mettere nelle vostre mani ventimila franchi in oro che ho nascosto dietro il letto, e due

cambiali al portatore, che devono pagarmi monsieur Gerante e monsieur Damon.

BELINE - No, no, non voglio sapere. (pausa)...  ( diventa improvvisamente seria) Quanto

dite che c’è dietro il letto?

ARGAN  - Ventimila franchi, stellina mia bella...                             

BELINE       -  Non mi parlare più di denaro, ti prego. ( diventa improvvisamente seria) A

quanto ammontano le due cambiali?

ARGAN  - Una di quattromila franchi, amor mio, e l'altra di sei.

BELINE        - ( finge di piangere nuovamente)Tutte le ricchezze del mondo non sono niente,

bene mio, al vostro …….. confronto.

 MONSIEUR BONNEFOY- Vogliamo passare alla stesura del testamento, Signori?

ARGAN -  Si. Ma  sarà meglio nel mio studio. Amore mio,vi prego, accompagnatemi.

BELINE       -  Andiamo, povero figlietto mio. (vanno via, la scena resta vuota per qualche

secondo poi entrano Angelique   e Toinette   che hanno cercato di origliare)

              

SCENA VIII

ANGELIQUE, TOINETTE

 

TOINETTE -   Eccoli li con un notaio,e ho sentito parlare di « testamento ». Non dorme mica

la  vostra matrigna. E di sicuro qualche cospirazione contro i vostri interessi, che sta

spingendo vostro padre.

ANGELIQUE -  (in camicia  da notte)Disponga pure del denaro a suo capriccio, purché non

disponga del mio cuore. Vedete, Toinette, che violenze mi si preparano? Ti prego, non lasciarmi

sola in questi frangenti.

TOINETTE -   Io lasciarti? Preferirei morire. La vostra matrigna ha un bel prendermi per confidente e volermi tirare dalla sua , non ho mai  avuto simpatia per lei, e sono sempre stata dalla vostra parte. Lasciate fare a me: farò di tutto per aiutarvi; ma per aiutarvi con più efficacia ho intenzione di cambiare tattica, nascondere la simpatia che ho per voi, e fingere di essere dalla parte di vostro padre e della vostra matrigna.

ANGELIQUE -  Vi scongiuro, cercate di informare Cleante  del matrimonio che hanno

combinato.

TOINETTE -   Per oggi è troppo tardi; ma domani di buon mattino lo manderò a cercare.

BELINE   - (da fuori)  Toinette!

TOINETTE -   Ecco che mi chiama. Buonasera. Contate su di me. (esce di scena)

(Il notaio esce dallo studio, seguito da Beline, anvviandosi verso l’uscita)

 (Toinette ritorna con Argan portandolo a dormire. Argan viene messo a letto da Toinette che

subito si addormenta. Ogni tanto dice qualcosa senza senso.. come se sognasse…..)

DISOLVENZA INCROCIATA DI CHIUSURA E DI APERTURA LUCI

(con momenti di buio totale)

SCENA I

TOINETTE , CLEANTE

(E’ mattino arriva Cleante introducendosi furtivamente nella stanza)

TOINETTE -  CheCosa desiderate Signore?   Ah, ah, voi. Ma guarda che sorpresa! Ma che

cosa ci venite a fare, qui?

CLEANTE -  A conoscere il mio destino, a parlare con la deliziosa Angelique, consultare il

suo cuore, e a chiederle cosa a deciso su questo fatale matrimonio che mi hanno annunciato.

TOINETTE -  Sì, ma non si parla così, di punto in bianco, ad Angelique: bisogna farlo in

segreto. Vi è stato pur detto in che stretta  sorveglianza è tenuta, che non la si lascia uscire, né

rivolgere la parola a nessuno, e che solo per la curiosità di una vecchia zia, ci fu accordato il

permesso, quella volta, di venire a teatro, dove ha visto la luce la vostra passione, e noi ci

siamo ben guardate dal raccontare.

CLEANTE -    Infatti non vengo qui come Cleante, nelle vesti di innamorato,(mostrandogli il

foglio della musica)  ma come amico del suo maestro di musica, che mi ha concesso di dire

che mi manda in sua vece.

                (si sente lo scarico del bagno)

TOINETTE -  Ecco suo padre. Ritiratevi per un momento e lasciatemi il tempo di dirgli che

siete qui.

SCENA II

ARGAN, TOINETTE, CLEANTE

ARGAN -  (arriva soddisfatto…parla da solo interrogandosi come fare gli esercizi..)

Monsieur Purgon mi ha detto di passeggiare al mat­tino nella mia camera, dodici volte su e

dodici volte giù; e io mi sono dimenticato di chiedergli se per lungo o per largo.

TOINETTE -     Signore, c'è un signore...

ARGAN - (interrompendola) Parla piano, manigolda: mi fai rintronare tutta la testa. Non

hai ancora imparato come bisogna parlare  con gli ammalati?

TOINETTE -     Stavo dicendo, Signore...

ARGAN -   (interrompendola ancora)Parla piano, ti dico.

TOINETTE -  (muove le labbra facendo finta di parlare)    Signore...

ARGAN -   Eh?                                             

TOINETTE -  (come sopra)   Dicevo...   

ARGAN   - Ma cosa dici?

TOINETTE - (a voce altissima)  Dico che c'è un signore che vuole parlare con voi. .

ARGAN  -  (scocciato)Che venga avanti. (Toinette  fa segno a Cleante  di avvicinarsi).   

CLEANTE -     Signore...

TOINETTE -  (prendendolo in giro e fingendosi adirata)Non parlate così forte. Se no

rintronate il cervello del signore.( nel frattempo serve le medicine ad Arganimboccandolo)

CLEANTE -    Signore, sono  felice di trovarvi in pie­di e vedere che state meglio.

TOINETTE - Come sarebbe a dire « State meglio »? E’Tutto falso. Il Signore si sente sempre

male. (continuando a dare le medicine)

CLEANTE -    Ho sentito dire che il signore stava meglio, e gli trovo una bella cera.

TOINETTE -  Cosa volete dire con la vostra, « bella cera »! Il signore l’ha bruttissima, ed è un

bel’insolente chi vi ha detto che stava meglio. Non si è mai sentito così male.

ARGAN   - Ha ragione.

TOINETTE -  Cammina, mangia, beve e dorme come tutti, ma questo non gli impedisce di

essere terribilmente malato... (continuando a dare le medicine)

 ARGAN - È tutto vero.

CLEANTE  -  Signore, me ne dispiace molto. Vengo da parte del maestro di canto della

Signorina vostra figlia. È stato co­stretto a recarsi in campagna per qualche giorno; e ha

pregato me, come intimo amico, a continuare le sue lezioni, per paura che un’interruzione le

faccia dimenticare ciò che ha già imparato.

ARGAN - Benissimo. (A Toinette ) Chiamate Angelique.

TOINETTE -  Credo sia meglio, Signore, accompagnare, il Signore, nella sua camera

ARGAN  -  No, che venga lei qui .

TOINETTE - Ma nonpotrà farle lezione come si deve, se non stanno soli.

ARGAN  - Ma si, invece!

TOINETTE  - Qh…Signore, vi stordiranno. … e nello stato in cui siete, non ci vuol niente

agitarvi e a rintronarvi il cervello.  

ARGAN   - Ma per niente! Io amo la musica e sarà un piacere per me. Ah! Ecco Angelique.

Andate da mia moglie, invece, a vedere se è vestita.

SCENA III

ARGAN, Angelique , Cleante

ARGAN   - Venite figlia mia. Il vostro maestro di musica è andato in campagna, e c’è qui,

una persona in sua vece… per darvi lezione.

ANGELIQUE - Oh, Mio Dio!                             

ARGAN      - Che c'è? Perché questa sorpresa?

ANGELIQUE -  È che...                              

ARGAN      - Cosa…Perché tanta agitazione?

ANGELIQUE -  E’ …. che qui sopravviene, padre mio, un caso sorprendente.

 ARGAN    -  Come?

ANGELIQUE - Questanotte ho…ho… ho so­gnato che mi trovavo in una situazione

difficilissima, e che c'era una persona, tutt’identica al signore, a cui chiedevo aiuto, e che alla

fine riusciva a tirarmi fuori da quell'angoscia tremenda; e grande è stata la mia sorpresa a

trovarmi inaspettatamente qui davanti quello che ho avuto in mente tutta la notte.

CLEANTE    -  Non è davvero un dispiacere occupare i vostri pensieri,sia nel sonno che nella

veglia. E sarebbe grande, la mia felicità, se trovandovi per caso in qualche angoscia voi mi

giudicaste degno di liberarvene; e non c'è niente che non farei ..

   (suono del campanello di casa)

SCENA IV

Toinette , ARGAN, Cleante , ANGELIQUE

TOINETTE -  (in tono canzonante)In fede mia, Signore! Adesso sto con voi, e mi rimangio

tutto quello che ho detto ieri. Sono arriva­ti a farvi visita, Monsieur Diafoirus padre e

Monsieur Diafoirus figlio vengono a farvi visita. Avete proprio un bel genero!State per

vedere, signore, un ragazzo di una bellezza incantevole.… uno sguardo di

grande intelligenza… di un'intensità tale… Ha detto solo due parole, che mi hanno mandata in

estasi, e vostra figlia ne resterà incantata.

ARGAN - (a Cleante , che sta per andarsene )Rimanete signore, sto per dar marito a mia

figlia; e proprio ora vengono a presentarle il promesso sposo che lei non ha ancora veduto. 

CLEANTE -     Onoratissimo Signore di partecipare ad un’incontro tanto piacevole.

ARGAN - È il figlio di un grandissimo medico e il matrimonio sarà fra quattro giorni.

CLEANTE -     Ma bene!

ARGAN - Fatelo un po’ sapere al suo maestro di musica, che sia presente alle nozze.

 CLEANTE -   Non mancherò di avvisarlo …                                    

ARGAN   - Siete invitatoanche voi.

CLEANTE -    E’ un grandeonore.

TOINETTE -   Su … su tenersi da parte, arrivano!

(musica pomposa che introduce i due medici)

SCENA V

MONSIEUR DIAFOIRUS, THOMAS DIAFOIRUS, ARGAN, ANGELIC , CLEANTE , TOINETTE

ARGAN - (portando la mano alla berretta senza toglierselo )Monsieur Purgon, dottore,

mi ha proibito di rimanere a capo scoperto. Voi siete del mestiere, voi conoscete le

conseguenze …

 MONSIEUR DIAFOIRUS - L’intento delle nostre visite è di portare aiuto ai malati, e non

portar un malanno.

 (I due parlano nello stesso tempo, interrompendosi e con­fondendosi e mischiando i loro discorsi).

MONSIEUR DIAFOIRUS -   Siamo qui, Signore... Mio figlio Thomas Diafoirus e io a

mostrarvi. … Ad attestarvi, Signore...  ... la profonda riconoscenza... .. per l'onore che ci fate...   

.. compiacendovi di riceverci...   ...nell'intimità, Signore...   ... della vostra famiglia...  ... e a

dare piena garanzia...  ...che per ciò che attiene alla no­stra professione... ... come d'altronde

per tutto il resto...  ... siamo sempre pronti, Signore...  ...  a testimoniare  il nostro zelo. offrirvi

la nostra premurosa sollecitudine.

ARGAN    - Nonostante la mia gioia... anzi felicità inesprimibile …  … E il grande onore 

che mi viene...  …Che la vostra presenza mi procura … Anzi, avrei dovuto venire io da

voi...  ... per esprimervi...   ...purtroppo, Signore...  ... avete a che fare con un umile e povero

 malato...   ... il quale è impedito...  ... e può solo dirvi... ... che con ogni mezzo...  ...

cercherà di dimostrare, illustri medici…  ... che è a vostra completa disposizione...                                                                                                                                                                              

MONSIEUR DIAFOIRUS -  (Si rivolge al figlio). Thomas, venite avanti. Rendete i vostri

ossequi su!

THOMAS DIAFOIRUS –  (si avvia per esporre il discorso ma poi ritorna dal padre) E’ dal padre

che  tocca incominciare. No?

MONSIEUR DIAFOIRUS -   Si.

THOMAS DIAFOIRUS - (incominciando prima lentamente ma poi sempre più veloce

facendo capire  di aver imparato a memoria il discorso)Signore, io vi vengo a

salutare, riconoscere, amare e riverire in voi un secondo padre; ma un secondo padre al quale

oso dire di sentirmi più debitore che al primo. Il primo mi ha generato, ma voi mi avete scelto.

Lui mi ha accolto per obbligo, ma voi mi avete accettato per benevolenza. Quel che mi viene

da lui è opera del suo corpo; ma quel che mi viene da voi è opera della vostra volontà; (aumenta la

velocità d’esposizione) e quanto più le facoltà spirituali sono al di sopra delle corporali, tanto più io

vi devo, e tanto più stimo preziosa questa futura filiazione, di cui oggi vengo a rendervi in anticipo i

miei umilissimi e rispettosissimi omaggi.

TOINETTE -  Evviva  le scuole, da cui escono simili portenti, ah..ah...

THOMAS DIAFOIRUS - E’ stato un buon discorso, babbo

MONSIEUR DIAFOIRUS -    «  Optimus et maximus discursus orazionis  »

ARGAN - (a Angelique ) E ora a voi, figliola su..su, salutate il Signore      

THOMAS DIAFOIRUS -(al padre)   Ho da baciare?  

MONSIEUR DIAFOIRUS   - Si.

THOMAS DIAFOIRUS        -   (ad Angelique baciandola maldestramente sulle guance )

Signora, a buon diritto il cielo vi ha concesso il nome di novella madre, perché si vede…..

ARGAN  -  (interrompendolo)No, non è a mia moglie che state parlando, ma a mia  figlia.

THOMAS DIAFOIRUS - E allora dov'è ?

ARGAN   - Sta arrivando.                                       

THOMAS DIAFOIRUS - Aspetto che sia arrivata,babbo?          

MONSIEUR DIAFOIRUS -   Rivolgete intanto  ossequio alla Signorina. 

THOMAS DIAFOIRUS - (incominciando prima lentamente ispirato da romanticismo

 ma facendo capire  di aver imparato a memoria il discorso)Signorina, non più e non meno della

statua di Memnòne, che mandava un suono armonioso quando veniva illuminata dai raggi del sole,

parimenti mi sento io animato da un dolce trasporto all’apparizione del sole delle vostre bellezze. E

come i naturalisti osservano che il fiore chiamato eliotropio si gira senza posa verso l’astro del

giorno, così il mio cuore dora innanzi si girerà sempre verso i risplendenti astri dei vostri adorabili

occhi, come verso il suo unico polo. (aumenta la velocità d’esposizione e il volume) Permettete

dunque, signorina, che oggi io deponga sull’altare del vostro fascino l’offerta di questo cuore, che

non aspira e non ambisce ad altra gloria che d’essere per tutta la vita, signorina, il vostro

umilissimo, ubbidientissimo e fedelissimo servitore e …(tenta di ribaciarla diverse volte sulle

guance ma viene interrotto da Angelique che si allontana).. ma..marito.

TOINETTE -  ( scherzosamente)Ecco  cos’e studiare, si impara a dire delle gran belle cose.

ARGAN -  (rivolgendosi a Cleante ) Eh voi! Cosa ne dite,?

CLEANTE -  Che il signore fa prodigi, e che se è un buon medico quanto è buon oratore, sarà

un  piacere essere tra i suoi ammalati.           

TOINETTE -  Ah..Sicuro. Sarà una cosa strabiliante se fa belle cure così come fa bei discorsi.

ARGAN - ( felice)Su ..su..su, la mia poltrona, e sedie per tutti. Voi figlia mia, accanto a

me... eh. (si siedono tutti in fila ma Thomas si siede, sbagliando, vicino ad Angelique)

MONSIEUR DIAFOIRUS -   (richiamandolo vicino dalla parte sua) Thomas!

ARGAN - Voi Vedete dottore, come tutti ammirano il vostro signor figlio. Ah! Vi considero

davvero fortunato, a ritrovarvi un ragazzo così.

MONSIEUR DIAFOIRUS - Signore, non perché sia io il padre, ma posso dire che ho motivo di essere contento di lui, e chiunque lo veda ne parla come di un ragazzo senza ombra di malizia. Non ha mai avuto un’immaginazione molto fervida, né quella vivezza di spirito che si nota in alcuni; ma proprio questo mi ha fatto ben sperare  nel suo giudizio, requisito necessario all’esercizio della nostra arte. Da piccolo non è mai stato quel che si dice un bambino vispo e sveglio. Lo si vedeva sempre tranquillo, pacifico, taciturno; non diceva mai una parola, ne giocava mai a quei giochi chiamati infantili. S’è fatta una fatica da non credere a insegnarli a leggere,e a nove anni non conosceva ancora l’alfabeto. “Bene”, dicevo fra me e me,  “Gli alberi tardivi danno i frutti migliori; è più arduo incidere sul marmo che sulla sabbia, ma le cose vi si conservano  più a  lungo; e questa lentezza a capire questo torpore della fantasia, è segno di molto giudizio futuro”. Infatti , a forza di battere il ferro, è arrivato gloriosamente ad avere la sua laurea; e posso dire senza vanità che in quest’ultimi  anni di studio, non c’è candidato che abbia fatto più scalpore di lui in tutte le dispute della nostra Facoltà, dove si è reso temibile; non lascia passare tesi senza argomentare subito ad oltranza ….l’enunciato contrario. Ma quel che più mi piace in lui sopra ogni cosa, e qui segue il mio esempio, è che si aggrappa ciecamente… alle opinioni dei nostri antichi, e mai ha voluto ascoltare e capire le ragioni e gli esperimenti delle pretese scoperte del nostro secolo riguardo le circolazione del sangue, o altre opinioni della stessa risma. ( rivolgendosi al figlio)Thomas!

THOMAS DIAFOIRUS ( si alza ed estrae  un rotolodi carta che presenta ad Angelique)

Contro i circolazionisti ho qui il testo di una tesi da me discussa,  (si inchina ad Argan) che con il

permesso delSignore, oso offrire alla Signori­na, come doverosoomaggio delle primizie  del

mio intelletto.

ANGELIQUE -  Signore, questo per me è un oggetto inutile; non me ne intendo di queste

cose.

TOINETTE -  Date qua, date qua, Può sempre tornar buono per la figura; servirà ad addobbare

la nostra camera.

THOMAS DIAFOIRUS – Ancora, sempre con il permesso del Signore, vi invito a vedere, uno di

questi giorni, per divertirvi, la dissezione di una donna, su cui devo argomentare.

TOINETTE -  Sarà un gran bel divertimento: c’è chi la fidanzata la invita a teatro; ma invitare a

una dissezione  è molto più galante.

MONSIEUR DIAFOIRUS -(appartato, continua il discorso) In quanto agli attributi richiesti dal

matrimonio e dalla propagazione della specie, nessun problema. Dalle analisi dei miei assistenti

risulta che il ragazzo è tale da considerarsi perfetto. Presenta un tasso elevato di virtù prolifica e una

struttura passionale adatta al rapporto con la donna e alla procreazione di figli in buono stato. Eh?

Tomas?

THOMAS-  (vergognandosene e gongolante dall’altra parte e scuotendo la testa) Uh.. uh.. uh.

ARGAN - Non avete mai pensato, dottore, di spingerlo a corte, di fargli avere là una

carica di medico?

MONSIEUR DIAFOIRUS - Se devo parlarvi con franchezza, con l’aristocrazia la nostra

professione, non mi è mai sembrata piacevole, ho sempre ritenuto che per noi fosse meglio

fermarsi al popolo. Il popolo è alla mano. Non dovete rendere conto a nessuno di quello che

fate. Ma la cosa più fastidiosa con l’aristocrazia è che, quando si ammalano, pretendono che i

medici li guariscano ad ogni costo.

TOINETTE -  Questa è bella! Che faccia tosta! Desiderare la guarigione da parte vostra.

Come se voialtri medici foste al loro ser­vizio per guarirli: non gli state mica appresso per

questo; non ci state che per ricevere stipendi e prescrivere farmaci ; tocca a loro guarire, se

possono.

MONSIEUR DIAFOIRUS -  E’ vero. E’ nostro primo dovere è di trattare  le persone secondo

le regole.

ARGAN - (a Cleante ) Signore, fate un po' cantare mia figlia, per nostri ospiti?

CLEANTE -    Non aspettavo che un vostro cenno, Signore. Stavo appunto chiedendomi, per

offrire un piccolo intrat­tenimento, di cantare con la signorina un duetto d’una breve opera

appena composta (ad Angelique )... Ecco qua la vostra parte.

ANGELIQUE - La mia parte?

CLEANTE -  Non rifiutatevi, per favore. Lasciate che vi spieghi in cosa consiste la scena che

dobbiamo cantare. La mia voce, certo, non è quella adatto allo scopo, ma basterà che mi

faccia sentire, e mi si vorrà perdonare, data la necessità in cui mi trovo, di far cantare la

signorina. 

ARGAN - I versi sono belli?.

CLEANTE -  Si tratta solo di una piccola opera a soggetto. Non sentirete  cantare che una prosa cadenzata, una specie di versi liberi, quali la passione e la necessità possono far trovare a due persone che seguono l’ispirazione delle loro vicende personali e dicono le cose a modo loro.

ARGAN - D'accordo. Sentiamo.

CLEANTE - (attraverso la finzione di un Pastore, racconta la storia del propria o incontro

con Angelique; poi entrambi adattano vicendevolmente i propri segreti pensieri alla traccia

del libretto) Ecco l’argomento della scena. Un  Pastore stava seguendo

attentamente gli incanti di uno spettacolo, che era appena incominciato, quando la sua

attenzione fu distratta da un rumore che sentì vicino a lui. Si volta, e vede un bruto, che

maltrattava con parole proterve una pastorella. Subito prende le difese di un sesso a cui tutti

gli uomini devono rispetto; e dopo aver punito il bruto della sua protervia, si rivolge alla

pastorella, e vede una giovane che dagli occhi più belli che avesse mai veduto, versava quelle

che gli parvero le lacrime più belle del mondo….. Lo spettacolo si svolge per intero senza che

lui vi presti alcuna attenzione; ma si lamenta che è troppo corto perché la fine lo separa  dalla

sua adorabile Pastorella;  ma la violenza della sua passione lo induce a chiedere in moglie

l’adorabile beltà senza cui non può vivere, e ne ottiene da lei il permesso con un biglietto che

abilmente le fa avere. Ma proprio allora lo si avverte, che il padre della sua bella ha concluso

le nozze con un altro, e che tutto è pronto per celebrarle….

MONSIEUR DIAFOIRUS -  (ride) ah, ah….

CLEANTE -  Immaginate che colpo crudele al cuore di questo triste Pastore. Non può

sopportare la terribile idea di vedere fra le braccia di un altro la sua adorata; e la disperazione fa

trovare al suo amore il modo d’introdursi nella casa della Pastorella, per conoscerne i

sentimenti e sapere da lei il destino cui deve predisporsi. Lì trova i preparativi di quanto teme;

lì vede arrivare l’indegno rivale che il capriccio di un padre oppone alle tenerezze del suo

amore… 

 MONSIEUR DIAFOIRUS -  (ride) ah, ah….

CLEANTE -  Lo vede trionfante, quel rivale ridicolo, accanto all’amabile Pastorella, come

accanto a una sicura conquista; e questa vista gli dà una collera che padroneggia a stento… 

MONSIEUR DIAFOIRUS -  (ride) ah, ah….

CLEANTE -  Getta sguardi struggenti sulla sua adorata; e il rispetto che le porta, e la

presenza del padre, gli impediscono di parlare se non con gli occhi. Ma infine spezza ogni

soggezione e lo slancio amoroso lo obbliga a parlare così ……(inizia a cantare):

                                              Mia bella Filli,  è troppo il soffrire;

                                         cessi il silenzio, parlatemi infine.

                                     Ditemi dunque il mio destino:

                                Ho da vivere o da morire?

                       ANGELIQUE -     (risponde cantando)Voi mi vedete, Tirsi,

           mesta e triste,

                                                   Per l’imeneo che vi ha tanto sconvolto:

                                               Gli occhi al cielo, vi guardo, sospiro,

                        E questo è dirvi molto.

ARGAN - Eh! Non pensavo che mia figlia fosse tanto brava da cantare così a prima vista…. senza esitazioni.

             ANGELIQUE – Come tacere in un caso sì gramo!

               Si, tirsi, io vi amo.

                                                    CLEANTE – O parola gradita!

                         Mio Dio, l’ho ben sentita?

                                    Riditela, e ogni pena sia bandita.

                                             ANGELIQUE –  Si, Tirsi, io vi amo.

                                                  CLEANTE –  Di grazia ancora, Filli

                                             ANGELIQUE –  Io vi amo,

                                                  CLEANTE –   e ancora

                                            ANGELIQUE –   io vi amo,

                                                 CLEANTE –   mille volte ancora

                                           ANGELIQUE –    Si, Tirsi, io vi amo.

                                                CLEANTE –    Dèi, re, che avete tutti ai vostri piedi,

                                                  Si può accostare al mio il vostro piacere?

                Ma, Filli, la dolcezza

                    Mi turba un’ansia forte:

                             Un rivale, un rivale, un rivale..

                                          ANGELIQUE –   Ah! Lo odio più della morte;

                  e come a voi la sua vista

                 Mi è supplizio crudele….

MONSIEUR DIAFOIRUS -  (ride) ah, ah….

                                             CLEANTE –   Ma un padre ai suoi voti vi vuole asservire.

                                        ANGELIQUE –   Meglio, meglio morire,

                                         meglio morire Piuttosto che acconsentire;

                       Meglio morire, meglio morire.

ARGAN – E che dice il padre di tutto questo?

CLEANTE – Non dice niente.

ARGAN - Bello stupido di un padre, che sta a sentire tutte queste scemenze senza dire niente.

                                           CLEANTE -    Ah, amore mio...

ARGAN -       Ah ... No, no,no,  basta così. Ah! Questa commedia è di pessi­mo esempio. Il pastore Tirsi è un insolente e la pa­storella Filli è un’impudente, parlare così davanti al padre. Avanti, mostratemi questo foglio. Ma dove sono le parole che avete detto? Qui c'è solo la musica.

CLEANTE -  Ma non sapete, signore, che recentemente è stato inventato il modo di scrivere le parole in note Signore?

ARGAN-  Va bene, va bene. Vi sono grato signore; ma adesso arrivederci. Avremmo fatto

a meno volentieri di questa opera impertinente.

CLEANTE -   Volevo solo divertirvi.

ARGAN - Le stupidaggini…. non divertono. Ah, ecco mia moglie.(Cleante  esce mentre

entra dalla parte opposta la moglie)

SCENA VI

BELINE, ARGAN, TOINETTE, ANGELIQUE, MONSIEUR DIAFOIRUS, THOMAS DIAFOIRUS.

ARGAN  - Questoèil figlio del Monsieur Diaforus.

BELINE – Ah…..

THOMAS DIAFOIRUS -(comincia il discorso che si è preparato, ma la me­moria lo

tradisce, e non può più proseguire) Signora, a buon diritto il cielo vi ha concesso il nome di

novella madre, poiché si vede sul vostro viso……

 BELINE - Signore, sono molto lieta d’essere arrivata in tempo per avere l’onore d’incontrarvi.

THOMAS DIAFOIRUS - .. Poiché si vede sul vostro viso... Poiché si vede sul vostro

Viso (controlla sul taccuino il discorso)... Signora, mi avete interrotto a metà del periodo, e questo mi ha offuscato la memoria. …

MONSEUR DIAFOIRUS – Thomas, riservatelo   per un'altra volta.

ARGAN - Avrei voluto, carissima, che foste qui poco fa.

TOINETTE -  Ah, Signora, cosa vi siete perduta: la statua di Memnòne, il secondo padre e il

fiore chiamato Eliotropio.

ARGAN  - Coraggio, figliola, date la mano al Signore, e pro­mettetevi a lui come a un

marito                                   

ANGELIQUE -  (stentando)Padre mio.

ARGAN      - E allora? Come sarebbe a dire, « Padre mio  »?

ANGELIQUE - Vi scongiuro,  non precipitate le cose. Dateci almeno il tempo di

conoscerci, di veder nascere in noi, quella simpa­tia che è così necessaria per formare una

unione perfetta.

THOMAS DIAFOIRUS – Quanto a me, signorina, mi è già nata dentro tutta quanta, e non ho

bisogno di aspettare di più.

 ANGELIQUE -  Se voi siete pronto, Signore, così non  è per me. Vi confesso che i vostri

meriti non hanno ancora colpito il mio animo quanto dovrebbero. 

ARGAN      -   Ma sì! Ma sì! Avrà tutto il tempo quando sarete sposati.

ANGELIQUE -  Vi prego, padre mio, datemi del tempo. Il matrimonio è una catena al quale non

bisogna legare il cuore con la forza. E se il Signore è un gentiluomo, non deve accettare una

persona solo perché costretta.

THOMAS DIAFOIRUS - Nego consequentiam, nego la conseguenza… Signorina. Posso

essere un gentiluomo, e nello stesso tempo accettarvi dalle mani del vo­stro signore padre.

ANGELIQUE -  È un pessimo modo di farsi amare da qualcuno, fargli violenza.

THOMAS DIAFOIRUS - Leggiamo  negli antichi, signorina, che l’uso era di togliere con

la forza dalla casa del padre le giovani che si conducevano a nozze, perché non fosse palese il

loro consenso a convolare nelle braccia di un uomo.

ANGELIQUE -  Gli antichi, sono gli antichi, Signore, e noi sia­mo di adesso. Le finzioni non

sono necessarie nel nostro secolo. Questi comportamenti  non son più di moda; e quando ci piace un

matrimonio, sappiamo andarci benissimo, sen­za farci trascinare. Abbiate pazienza: se mi

amate Signore, dovete volere, tutto quello che vo­glio io.

THOMAS DIAFOIRUS - Sì, Signorina, se è nell’interesse esclusivo del mio amore.

ANGELIQUE -   Ma la grande prova d’amore, è sottomettersi alla volontà dell’amata.

THOMAS DIAFOIRUS - «Distinguere oportet», Signorina: se non centra il possesso «consentio »;

ma se centra «denego».

TOINETTE -  (a Angelique ) Ah. Ah.. Avete un bel discutere voi: il Signore è  fresco  di

studi e vi metterà sempre nel sacco. Ma perché resistere tanto e rifiutare la gloria di essere aggregata

al corpo accademico?

BELINE  -  Forse  ha qualche innamoramento per la testa.

ANGELIQUE -  Se l’avessi, signora, sarebbe quale la ragione e l’onestà me lo potrebbero

consentire .

ARGAN   - Ohe! Qui io, ci faccio una bella figura.

BELINE        -  Sefossi in voi, figliolo, non la forzerei al matrimonio. So ben io quel che farei.

ANGELIQUE -  Signora, so cosa volete dire, e la benevolenza che avete per me; ma forse i vostri

consigli non avranno la fortuna di essere messi in atto.

BELINE         - E’che le ragazze di buona famiglia come voi non si fanno scrupolo di

disubbidire alla volontà dei genitori.. Ubbidienza, sottomissione... Questo andava bene una

volta.

ANGELIQUE -  Il dovere di una figlia ha dei limiti, Si­gnora, e la ragione e le leggi ...

escludono che si debba estendere il dovere a tutto.

 BELINE    -Vale a dire che al matrimonio ci pensate, e come; ma lo sposo ve lo

volete scegliere voi. 

ANGELIQUE - Se mio padre non vorrà darmi un marito che mi piaccia, lo scongiurerò

almeno di non costringermi a sposare uno che non posso amare.

ARGAN  -  Signori, io vi chiedo scusa di …di tutto questo.

ANGELIQUE -  In chi si sposa c’è sempre uno scopo.  Quanto a me, che voglio un

marito soltanto per amarlo sinceramente, e che aspiro a dedicarmi unicamente a lui per tutta la vita,

ho cura, vi confesso, di usare qualche cautela. Ce ne sono che prendono marito soltanto per

sottrarsi alla soggezione dei genitori, e poter fare tutto quello che vogliono. E ce ne sono,

signora, che del matrimonio fanno una questione di puro interesse, che si sposano solo per ottenere

delle rendite, per arricchirsi alla morte di quelli che sposano, e passano di marito  in marito

senza scrupoli per appropriarsi di quello che lasciano. Costoro, a dire il vero, non si fanno tanti

problemi, e guardano poco la persona.

 BELINE        - Oggi vi trovo di risposta assai pronta.  E Vorrei proprio sapere cosa volete dire.  

ANGELIQUE -  Io, Signora, cos’altro avrei potuto dire se non quello che dico?

BELINE            - Siete così stupida , mia cara, che non vi si può più sopportare.

ANGELIQUE -   Forse vorreste, Signora, una risposta impertinente …. ma vi avverto, non mi

presterò al vostro gioco.

BELINE             - La vostra insolenza supera ogni immaginazione.

ANGELIQUE - Senza mai raggiungere la vostra, Signora.

BELINE            - E voi avete un orgoglio ridicolo, una presunzione insolente che fa arricciare il

naso a tutti quanti.

 ANGELIQUE -   Tutto questo, Signora, non servirà a  niente. Manterrò la calma a dispetto

vostro. Anzi, per levarvi la speranza di poter arrivare dove volete, mi toglierò alla vostra vista.

ARGAN   -  Ascolta…. Scegli di sposare fra quattro giorni il signore o il convento.

(Angelique  esce)  (Alla moglie) Non ..non ti preoccupare… Non ti preoccupare sistemo tutto io

BELINE       -  Mi dispiace lasciarvi, figlio mio, ma ho una commissione da fare in città e da

cui non posso disimpegnarmi. Tornerò presto.

ARGAN - Andate, amor mio. E passate dal vostro notaio, che sbrighi quello che sappiamo.

BELINE       -  Addio, mio caro amico.

ARGAN  - Addio, amor mio. (imbarazzato) Ecco una donna che mi ama­... Da non credere.

MONSIEUR DIAFOIRUS - Noi, Signore, prendiamo congedo..

(incomincia la musica pomposa di sottofondo)

ARGAN  - Vi prego dottore, sentite un po’ come sto.

 MONSIEUR DIAFOIRUS - (gli tasta il polso) Coraggio, Thomas! Thomas prendete l'altro braccio

del signore, per vedere se sapete dare una buona valutazione del suo polso.. Quid refers?

THOMAS DIAFOIRUS - Refero… che il polso del Signore non è di quei polsi che stanno

affatto bene.

MONSIEUR DIAFOIRUS  - Giusto.

THOMAS DIAFOIRUS       - È duriusculus, per non dire duro.

MONSIEUR DIAFOIRUS  -   Esatto.

THOMAS DIAFOIRUS        - Tachipulsante.      

MONSIEUR DIAFOIRUS  -  Bene.                                      

THOMAS DIAFOIRUS       - E nello stesso tempo, aritmico, capriccioso.

MONSIEUR DIAFOIRUS -  Optime.

THOMAS DIAFOIRUS      - Dal che si dovrebbe dedurre un certo disordine del parenchima

splenico, cioè la milza.

MONSIEUR DIAFOIRUS  -  Benissimo.

ARGAN   -  No.  Il dottor Purgon sostiene che è il fegato che è malato.

MONSIEUR DIAFOIRUS - Appunto: chi dice parenchima dice l'una e l'altro, attesta la stretta

simpatia che corre fra i due organi tramite il “vas breve del piloro”, e non di rado at­traverso i

canali biliari. Vi avrà consigliato, senza dubbio, di mangiare molto arrosto.

ARGAN  -  No, solo cibi bolliti.

MONSIEUR DIAFOIRUS - Appunto: arrosti, bolliti, stessa cosa. Potreste aggiungere, se lo

desiderate,  un uovo ecco. Prescrizioni molto prudenti; non potreste trovarvi in mani migliori.

ARGAN - Dottore, quanti grani di sale si deve mettere, in un uovo?

MONSIEUR DIAFOIRUS - Sei, otto, dieci... a numeri pari. Come le medicine anumero

dispari.

THOMAS DIAFOIRUS – A numero dispari.

ARGAN    - ...Arrivederci, Dottori.

SCENA VII

BELINE, ARGAN

(Argan è afflitto e sconsolato e piangente)

BELINE - Figlio mio? Prima di uscire, vengo a informarvi di una cosa, a cui occorre che

facciate  attenzione. Pas­sando davanti alla stanza di Angelique , ho visto un giovane

con lei. Che se l’è filata, appena mi ha vista.

ARGAN   - Un giovane con mia figlia?

BELINE        -  Già. La vostra figlia più piccola Luisette, era con loro e potrà dirvene

qualcosa.

ARGAN   - Mandatemela qui, amor mio.  Ah, la sfontata! Non mi stupisce più la sua

resistenza.

SCENA VIII

LUISETTE, ARGAN

LUISETTE    - Checosa volete, papà? La matrigna m'ha detto che mi cercavate.

ARGAN   - Sì, venite qua…. avanti… Voltatevi…. Alzate gli occhi… Guardatemi… Eh!?

LUISETTE    - Cosa, papà?

ARGAN   -  Su.                                                  

LUISETTE    - Cosa?                                                         

ARGAN  -  Non avete niente, da dirmi?                   

LUISETTE -   Vi dirò, se volete, per togliervi la noia, il rac­conto “di Pelle d'asino”, oppure la

favola del “Cor­vo e della Volpe”...che mi hanno insegnato da poco

ARGAN  -  Non è questo che chiedo.

LUISETTE   - Allora  cosa,?

ARGAN  - Ah! mascherina, sapete bene quello voglio dire.

LUISETTE    - No, papà, scusatemi.

ARGAN   - È così, che mi  ubbidite?

LUISETTE     - Come?

ARGAN   - Non vi avevo raccomandato di venirmi subito a dirmi tutto quello che vedete?

LUISETTE   -  Sì, papà.            

ARGAN   - E, l'avete fatto?                                         

LUISETTE    - Sì, papa. Sono venuta a dirvi tutto quello che ho visto.

ARGAN   -  E oggi non avete visto niente,?

LUISETTE   - No, papà.                               

ARGAN  -   No?                  

LUISETTE   - No, papà.             

ARGAN  -  Sicura?                  

LUISETTE   - Sicura.

ARGAN  - Ah, bene, brava, brava?! Adesso ve lo farò vedere io… qual­cosa. (Va a

prendere un fascio di verghe).     

LUISETTE    - Ah! Papà mio.

ARGAN  - Ah, ah! Streghina, non me lo dite mica che avete visto un uomo nella camera di

vostra sorella?

LUISETTE – Papà!

ARGAN  - Adesso vi insegno io  a mentire.

LUISETTE  -  (si getta ai ginocchi del padre) Ah! Papà mio, vi chie­do perdono. Mia sorella 

mi aveva detto di non dirvelo. Ma ora vi dico tutto.

ARGAN  - Prima bisogna che vi frusti per aver mentito. Poi dopo si vedrà.

LUISETTE   - Papà mio vi chiedo Perdono!                                                

ARGAN  - No, no.                                                               

LUISETTE   - Non mi frustate paparino!                  

ARGAN  - Lo farò

LUISETTE    - In nome di Dio! Papà mio, non mi frustate.

ARGAN  -  (prendendola per darle delle frustate) Su, su..

LUISETTE  -   Ah, ….papà mio, mi avete fatto male. Aspettate: sono mor­ta. (Finge di essere

morta).

ARGAN -  Oh, Dio mio? Che succede? Luisette,. Oh, mio Dio! Luisette.! Ah! Povera

me! Miserabile che ho fatto. Ah! Maledette verghe! Un canchero alle Verghe! Ah! La mia

piccolina, la mia piccola Luisette.

LUISETTE -   Su, su, papà, non piangete tanto, non sono morta del tutto.

ARGAN - Guarda un po’, questa furbetta. Ma si! Ma si!  Per questa volta vi perdono,

…..a patto che mi diciate tutto per bene.

LUISETTE    - Oh! Sì, papà mio.

ARGAN - Però badate, che c’è un mignolo che sa tutto,  e mi dirà se mentite.

LUISETTE -   Però, papà mio, non dite a mia sorella che ve l'ho detto.                                                      

ARGAN -       No, no.         

LUISETTE -   E che … è venuto un uomo nella camera  di mia sorella  mentre ero li.

ARGAN -       E allora?                            

LUISETTE -   Gli ho chiesto di chi chiedeva, e lui mi ha detto che era il maestro di canto.

ARGAN-    Uhm. Ecco com’è. Poi?

LUISETTE -   Poi è venuta mia sorella.

ARGAN  -  Allora?

LUISETTE -   Gli ha detto: « Uscite, Uscite! Mi rendete tutto così difficile».

ARGAN  -      E allora?

LUISETTE    - E lui non voleva mica andar via.

ARGAN   - e cosa le diceva, lui?                             

LUISETTE   - Mah, tante di quelle cose.

ARGAN    - Che cosa, per esempio?

LUISETTE -   Mah, le diceva così e cosà, che l’amava tanto, che era la più bella del mondo.

ARGAN   -     E poi dopo?                                    

LUISETTE  -  E poi dopo, si  metteva in ginocchio davanti a lei.

ARGAN -  E poi dopo?                                         

LUISETTE  -  E poi dopo le baciava le mani.

ARGAN - E poi dopo?

LUISETTE -  E poi dopo la matrigna si è affacciata alla porta, e lui è scappato .

ARGAN  - Non c’è altro?

LUISETTE  - No, papà.

ARGAN  - Però, aspettate, il mignolo  borbotta qualcosa. (Mette il mignolo all'orecchio)

eh! Ah, ah!? Oh, oh! il mignolo mi dice che qualcosa avete visto, e non me lo avete detto.

LUISETTE  -  Ah! Papà, il vostro mignolo è un gran bugiardo.

ARGAN  - Badate!

 LUISETTE -  No, papà mio, non badategli, mente, ve lo assicuro.

ARGAN - Sì vedrà. E adesso, andate…. e sta' attenta a tutto. Andate.

(incomincia la musica di sottofondo)

LUISETTE -  Ah, Ah, Ah …..!( risata della bambina mentre va via)

ARGAN - Non ci sono più bambini. Ah….. che giornata! Non ho avuto neanche il tempo

di pensare alla mia malattia. Veramente …… non ne posso più.

SCENA IX

BERALD, ARGAN. TOINETTE

( Argan è sofferente. Arriva Berald insieme a Toinette )

BERALD -     Allora, fratello? Che c’è! Come state?                                  

ARGAN -   Ah..Fratello! malissimo!

BERALD -      Come, « malissimo »?

ARGAN -   Ho una debolezza da non credere.

BERALD -     E’ davvero spiacevole.

ARGAN -   Non ho nemmeno la forza di parlare.  

BERALD -     Ero venuto, fratello, qui a proporre un partito per  mia nipote Angelique .

ARGAN - (parlando con trasporto, e alzandosi dalla poltrona) Non parlate di quella

sciagurata. E’ una malandrina, una insolente, una sfrontata...  che chiuderò .. in convento…

entro tre giorni.(va a letto)

BERALD -    Ah! Vedo con piacere che vi tornano le forze. E che la mia visita vi faccia

bene.  Allora, fratello che ne dite.. vi va se parliamo un po’ tra noi?

ARGAN   - Ah…Un po di pazienza, fratello, torno subito.

TOINETTE -   Aspettate , Signore, non ci pensate… che non potete camminare, sen­za

bastone?

ARGAN  -  Hai ragione.  (prende il bastone e va di corsa al bagno) 

LENTA DISSOLVENZA DI APERTURA E CHIUSURA LUCI CON ISTANTI DI BUIO TOTALE

SCENA I

BERALD, TOINETTE

(luce)

TOINETTE -     Per favore, non rinunciate a difendere vo­stra nipote.

BERALD -     Userò ogni mezzo perché ottengaquello che desidera

TOINETTE -   Bisogna assolutamente impedire questo assurdo matrimonio che si è messo in

testa. Ho pensato, fra me e me, poter introdurre qui, un amica mia fidata, una sarta di svelta

favella, molto brava nel saper mettere nel sacco gli uomini, che vestito da medico, potesse mettere

in antipatia monsieur Purgon e ne screditasse il suo comportamento.

BERALD  -    In che modo?

TOINETTE -   Approfittando dell’abito che il signore vorrà cucito per la festa di questo

  matrimonio. E’ di là in camera mia che aspetta; muore dalla voglia di conoscerlo per saggiare bene il da farsi e poi agire. … E’ una idea bizzarra che avrà forse più fortuna.. che senso…. lasciate fare a me: voi assentatevi un momento e agite per conto vostro.. (Berald esce e Toinette va a chiamare Madame Taier)

SCENA II

TOINETTE, MADAME TAIER

TOINETTE -   Tra poco conoscerete il mio signore, e mi raccomando discrezione come si conviene

eh.. senza fargli intendere niente .

MADAME TAIER – Ah..Ah..Non preoccuparti, in quest’artefaccio meravigliosi progressi e mi

rendo conto che per ingraziarsi gli uomini non esiste via migliore che l'ammantarsi delle loro inclinazioni,

ripetere le loro massime, incensare i loro difetti e applaudire tutto ciò che essi fanno.

Ah..Ah.. E non si deve nemmeno temere di essere troppo compiacenti; il modo di abbindolarli può essere palese finché si vuole, le persone più perspicaci diventano poveri allocchi di fronte all'adulazione; e non c'è nulla di tanto impertinente e di tanto ridicolo che non si riesca a far trangugiare quando è preparato con la salsa della lode. Vedrete come mi darò da fare e quante maniere compiacenti  metterò in atto; sotto quale maschera di simpatia e di rapporti amichevoli io mi occulterò per essergli gradito, e quale personaggio di medico io fingerò di essere .

TOINETTE: Madame Taier, non avevo dubbi. Fra poco vi presenterò come si conviene e come d’accordo. Vi avvertirò in seguito,  quando preparavi per il cambio d’abito,. Diventerete il famoso medico Dott.Crepin. Ah.. ah..  c’è da ridere al solo pensiero. Cancellare, forse definitivamente, il Dott. Purgon dalla sua mente e dalla sua vita.  Sssh … …..(si sente lo scarico dello scarico del bagno) Ecco il nostro uomo. Presto venite con me! (escono insieme)

SCENA III

BERALD, TOINETTE, MADAME TAIER’ ARGAN

(Argan arriva tossicchiando e subito dopo seguito da  Toinette)

 TOINETTE- ( di filato) Signore! madame Taier, la sarta di Monsieur Fustagnè è

qui per il nuovo abito che indosserete al matrimonio di vostra figlia. Signore, ha per voi un modello che ne sarete immensamente soddisfatto.

ARGAN – Oh! Quanta fretta! Va bene fatela entrare.

MADAME TAIER-  (entra) E’ con il massimo piacere, Signore, che porto i saluti di Monsieur

Fustagnè, mortificato e addolorato di non essere potuto venire di persona. Purtroppo è’ stato

trattenuto dal principe Leroux al suo castello per  il rinnovo  del suo splendido

guardaroba parigino. Eh.. Parigi è una città ammirevole; vi accadono ogni giorno cose che, per quanto si possa essere persona d'ingegno, in provincia s'ignorano totalmente. Il mio padrone mi ha raccomandato  di fare tutto come si conviene: realizzare per vostra signoria uno dei nostri migliori abiti. Ho qui con me i bozzetti dei modelli degli abiti più belli che abbiate mai visto Signore. Potrete sceglierne le  stoffe, i  colori a vostro piacimento.(gli mostra i modelli disegnati su carta) Questo, per esempio,  è stato cucito per il duca Armonic, in broccato d’oro con ampi risvolti ricamati e  sciarpa di seta bianca, calzoni attillati, calze aderenti e morbide scarpette con fibbie e tacchi. Quest’altro, invece, è  un sontuoso farsetto con fitta abbottonatura coi bordi finemente ricamati e un ampio collo merlettato dai colori così vistosi ed esagerati che tutta la nobiltà maschile francese ne è attratto. Quest’altro costume, signore, è di un tale sfarzo che vi darà una maestosità ed eleganza incoparabile…..

ARGAN- Va bene ..va bene madame! Si vede da come parlate, che siete dotata di buon gusto e di raffinata classe. Veramente sono un po’ confuso e indeciso ecco;  ma …mi affido totalmente a voi… sono sicuro che saprete soddisfare i miei gusti.

MADAME TAIER- E’ così saggio ciò che dite, signore, da accrescere, ove fosse possibile signore, la mia stima per voi. Fate bene a fidarvi di me, ne rimarrete completamente entusiasta.. Consentite ch’io mi metta intanto interamente a vostra disposizione. A ben pensarci signore, noto che fra voi e me c’è una certa affinità di gusti. Per esempio, ecco, avete capito subito quanto sono estremamente raffinata e che  gusto ho nell’indossare abiti di buona confezione. Bene! Visto che il signore è così ben disponibile, vi chiedo ancora un po’ del vostro prezioso tempo e un po’ di pazienza. (l’aiuta ad alzarsi) Con piccolo sforzo ecco… ecco.. l’aiuto ad alzarvi in piedi, così potremo operare meglio.

ARGAN- Operare?

MADAME TAIER- Operare? Ma no! Che  ha capito! Mi fate arrossire, ecco, Signore.

Vogliamo prendere le misure dell’abito  signore? (mentre prende le misure scrive su un

taccuino) Ecco con il vostro permesso… spalle centoventicinque, bene… ullalla’ signore che spalle

importanti! … Allungate il braccio cosi’… ancora di piu’… ecco bravo cosi’….novantadue…. ah! Il

signore ha braccia muscolose e forti. Su piegatevi  in avanti così ..ecco si …ancora un

po’… bene.  Bacino..novantasei….cavallo trecentocinquanta

ARGAN- Come trecentocinquanta? Non vi sembra  eccessivo di cavallo madame?

MADAME TAIER-  Oh! Vi chiedo scusa signore … Volevo dire trentacinque… …

ARGAN- Ah! Volevo ben dire. Mi raccomando, ho voglia di fare bella figura.

MADAME TAIER - Tutto quello che faccio mi viene spontaneo, senza studio ma di buon

gusto Signore. Devo confessare però che non ho mai visto spingere a un tale grado di

desiderio l’eleganza di un importante signore come voi.

ARGAN- Signora, volete che vi parli chiaro? Mi gar­bano molto le vostre argomentazioni ma…ma

ritengo forse sia meglio troncare questa conversazione. Gli impegni m’impongono di salutarvi.

MADAME TAIER- Bisogna riconoscere che il signore si esprime in modo tutto suo e ricco d’inventiva. Tutti possono notare con quale garbo vi rivolgete  a una persona e vi ingannerei se dicessi diversa­mente. È,  pertanto, cosa giusta che io venga a tributarvi l'omaggio che vi è dovuto: le vostre grazie esigono diritti di signoria da ogni sorta di persone;  ma prevenendo  il vostro desiderio, non aspettando nemmeno che mi venga richiesto, rimando a momenti più felici questo interessante dialogo, salutandovi come si conviene (un inchino e va via)

SCENA IV

BERALD, ARGAN

(Argante rimane attonito dai modi garbati di madame Taier; nel frattempo arriva Berald)

BERALD - Allora, fratello che ne dite.. vi va se continuiamo? Permettetemi prima di tutto di

chiedervi, fratello, di non scaldarvi durate la nostra conversazione

ARGAN  -  Deciso. 

BERALD -     Di rispondere senza ostilità alle cose che potrò dirvi.

ARGAN  -  Sì.

BERALD -     E di discutere le nostre faccende con animo del tutto spassionato

ARGAN - Ho detto di sì. Quanti preamboli.

BERALD-   Com’è, fratello, che con tutta la vostra ricchezza, e con una sola figlia, perché

non conto la  piccola,  dico, com’è che parlate di mandarla in convento?

ARGAN - E com’è, fratello, che  sono padrone in casa mia di fare quello che mi pare e

piace?

BERALD - Vostra moglie non  manca di consigliarvi che vi liberiate, in questo modo, delle

due figlie. E non ho alcun dubbio che sarete felice, per spirito di carità, di vederle buone

monache tutte e due.

ARGAN - E già. Ci risiamo. Ecco subito messo in mezzo quella poveretta:  è lei che fa

tutti i mali …. è con lei che tutti se la prendono........

BERALD - No, no, fratello, lasciamola stare. È una moglie che ha le migliori intenzione

del mondo per la vostra famiglia, che non pensa minimamente al suo interesse e  per voi ha

una tenerezza prodigiosa, e per le vostre due figlie un affetto e una benevolenza  

inimmaginabili … questo è fuori discussione, non ne parliamo neanche.  e torniamo alla

ragazza. A che scopo, fratello, volete darla in moglie  al figlio di un medico.

ARGAN - Allo scopo, fratello, di procurarmi, il genero che mi occorre

BERALD - Il fatto è che, fratello, non fa al caso di vostra figlia. Le si offre un partito più

adatto per lei.

ARGAN  -  Si ma questo, fratello, è più adatto per me.

BERALD -     Ma il marito che  deve prendere, deve essere, fratello, per lei o per voi?

ARGAN - Dev'essere, fratello, per lei, e per me. Io voglio mettermi in famiglia le persone

di cui  ho bisogno.

BERALD -     Con la stessa ragione, se la vostra piccolina fosse grande, le dareste per marito

un farmacista?

ARGAN  -  Perché no?

BERALD -     Possibile che siate sempre fissato con i far­macisti e con i medici e che vogliate

essere malato a dispetto di uomini e natura

ARGAN    - Com’è che la pensereste, fratello?

 BERALD -    Penso fratello, che non conosco un uo­mo meno malato di voi. E che non potrei

desiderare un fisico migliore del vostro. La più bella prova che state bene e che avete un

organismo perfetto e che per quanta cura ci abbiate messo, non siete riuscito a rovinare la

vostra buona costituzione e che non siete morto con tutte le medicine che vi hanno fatto

prendere.

ARGAN -  Ma non sapete fratello,che è proprio così, che mi conservo.Monsieur Purgon  

dice che soccomberei in tre giorni, se lui non si prendesse cura di me!

BERALD -     Se non ci state attento, si prenderà tanta cura di voi, che vi spedirà all'altro

mondo…

 ARGAN - Ma Ragioniamo un po’, fratello. Avanti. voi Dunque non credete alla

medicina?

BERALD -     No, fratello. Nè penso sia necessario crederci, per stare bene.

ARGAN - Come? Voi non date credito ad una cosa avvalorata da tutti. E che in ogni

secolo è stata rispettata.

 BERALD-     Lungi dal dargli credito,  la trovo, detto fra noi,una delle più grandi follie

dell’umanità e a guardare le cose con filosofia, non vedo buffonata più divertente; non trovo

niente di più ridicolo, un uomo che vuole impicciarsi di guarirne un altro.

ARGAN - Perché non volete, fratello, che un uomo possa guarirne un altro ?

BERALD – Per la ragione che gli ingranaggi di questa nostra macchina, fratello, sono tuttora dei misteri di cui gli uomini non capiscono un accidente, e la natura ci ha messo davanti occhi dei veli troppo spessi per distinguerci qualcosa.

ARGAN – Allora, secondo voi, fratello, i medici non sanno niente?

BERALD – Ma si, fratello. Sanno per lo più di squisitezze letterarie, sanno parlare in buon latino, sanno dire il nome greco di tutte le malattie, definirle e classificarle; ma quanto a guarirle, non sanno proprio un bel niente.

ARGAN – Eppure, persone sagge e intelligenti come voi ce ne sono; e  vediamo che nella malattia, ricorrono ai medici tutti quanti.

BERALD – Questo prova la debolezza umana, non la verità della loro arte.

ARGAN – Ma i medici devono ben crederci, dal momento che se ne servono per loro stessi.

BERALD – Alcuni di loro condividono le credenze del volgo e le mettono a profitto, mentre altri le mettono a profitto ma senza condividerle. Il vostro dottor Purgon, ad esempio, non gioca per sfizio: egli è un uomo tutto medico, dalla testa ai piedi; un uomo che crede alle sue regole  più che a tutte le dimostrazioni della matematica, e riterrebbe un crimine sottoporle a verifica; che non vede niente di oscuro nella medicina, niente di difficile, niente di problematico, e che con la furia della prevenzione, l’accanimento della fede, la rozzezza del buon senso, ci dà dentro con purganti e salassi, senza dubitare un solo istante. Ma non bisogna volergliene per quello che vi potrà fare: è assolutamente in buona fede che vi spedirà  all’altro mondo, e uccidendovi non farà che quello che ha fatto a sua moglie e ai sui figli, e che al bisogno farebbe a se stesso.

 ARGAN – E’ che voi, avete il dente avvelenato , contro di lui, fratello. Ma veniamo al punto. Cosa si deve fare,  quando si è ammalati?

BERALD – Niente.

ARGAN – Niente?

BERALD – Niente. Non c’è che da restare tranquilli. La natura quando la lasciamo fare, si tira fuori da sola pian piano dal disordine in cui è caduta. E’ la nostra inquietudine, è la nostra impazienza che rovina tutto, e gli uomini muoiono quasi tutti per via dei farmaci , non per via delle malattie.

ARGAN – Ma bisogna convenire, fratello, che certe cose possono aiutare questa natura.

BERALD – Dio mio! fratello, sono illusioni di cui amiamo pascerci; ci sono sempre insinuate tra gli uomini tante belle fantasie, cui arriviamo a credere perché ci lusingano e vorremmo che fossero vere. Quando un medico vi parla di dare aiuto, soccorso o sollievo alla natura, di toglierle quello che le nuoce e darle quello che le manca di ristabilirla e riportarla alla sua piena funzionalità; quando vi parla di avere il segreto per allungare la vita di molti anni: vi dice esattamente le favole della medicina. Quando arrivate alla verità e all’esperienza, di tutto questo non resta più niente, e accade come con quei bei sogni che al risveglio  vi lasciano solo il dispiacere di averci creduto.

ARGAN – Come dire che tutta la scienza del mondo è racchiusa nella vostra testa, è volete saperne  più di tutti i grandi medici del nostro secolo.

BERALD – I vostri grandi medici nelle parole sono una persona, e nelle azioni un’altra. Sentiteli parlare: i più esperti del mondo; guardateli fare: i più ignoranti fra gli uomini.

ARGAN – Oho! Voi siete un gran dottore, invece… eh;  mi piacerebbe che ci fosse qui qualcuno di quei medici, a rintuzzare le vostre argomentazioni e a chiudervi il becco.

BERALD – Io, fratello, non mi sono mica assunto il compito di combattere la medicina; ognuno, a suo rischio e pericolo, creda quel che gli pare. Quello che dico resta solo fra noi; mi auguravo di togliervi un po’ dall’errore in cui siete e, per divertirvi, portarvi a vedere …. una delle commedie di Moliere, su questo argomento.

ARGAN – Ah, si. Proprio un bel impertinente, quel vostro Moliere; proprio una bella cosa prendere in giro galantuomini come i medici.

BERALD – Non sono i medici che prende in giro, ma il ridicolo della  medicina.

ARGAN – Tocca a lui dettare le regole della medicina;  che gran babbeo, che gran impertinente, scherzare su consulti e prescrizioni, prendersela con la classe dei medici, e andare a mettere sulla scena persone venerabili come loro.

BERALD – Che volete che ci metta, se non le diverse professioni degli uomini? Ci mettono ogni giorno principi e re, che sono di gran casato quanto i medici.

ARGAN – Ma porco diavolo! Porco diavolo!  Fossi io uno di quei medici, mi vendicherei della sua impertinenza; e quando si ammala, lo lascerei morire senza soccorrerlo. Avrebbe un bel dire e un bel fare, non gli prescriverei il benché minimo salasso, il benché minimo clistere, e gli direi: “Crepa, crepa, Crepa! Così impari a prendere in giro il corpo accademico”

 BERALD – Siete proprio in collera così!

 ARGAN – Si, si è uno sconsiderato, e se i medici hanno cervello faranno quel che dico io.

BERALD – Avrà ancora più cervello dei vostri medici, perché non chiederà di essere soccorso.

ARGAN – Peggio per lui se non ricorre ai farmaci.

BERALD – Ha le sue buone ragioni per non volerne; sostiene che sono permesse solo a persone robuste e prestanti, con un sovrappiù di forze per sopportare i farmaci oltre che alla malattia; ma che, quanto a lui, ha giusto la forza per sopportare il suo male.

ARGAN – No. Guardate, fratello, non parlatemi più di quell’uomo, perché mi scalda la bile, e vedrete tornare il mio male.

BERALD – D’accordo, fratello, d’accordo; e per cambiare discorso, vi dirò che non dovete, per qualche resistenza che vi fa vostra figlia, prendere la decisione precipitosa di mandarla in convento;  che, per la scelta di un genero, bisogna che non vi facciate trascinare ciecamente dalla vostra passione, e che ci si deve un po’ adattare, in casi come questi, all’inclinazione della figlia, visto che è per tutta la vita e ne dipende tutta la felicità di un matrimonio.

SCENA V

Madame Morin. ARGAN , BERALD

(si sente lo scampanellio del campanello e aella porta appare madame Morin)

ARGAN – Ah! Un po’ di pazienza, fratello. Torno subito.

BERALD – Come? Che cosa volete fare?

ARGAN – Farmi quel piccolo clistere, ci metto un attimo.

BERALD – Non potete stare neanche un momento senza enteroclismi e senza medicine? Rimandatelo a più tardi, e datevi un po’ di tregua.

ARGAN – Madame Morin, a stasera o a domattina.

MADAME MORIN – ( con una pompetta in mano, a BERALD)Cosa v’immischiate di opporvi alle prescrizioni della medicina, e d’impedire al signore di farsi il mio clistere? Una bella impudenza, la vostra!

BERALD – Suvvia, signora, si vede bene che non è alle facce  che voi siete solito parlare. MADAME MORIN – Non ci si deve prendere gioco così dei farmaci, e a farmi perdere tempo. Sono venuto qui su regolare prescrizione, (irritandosi) e dirò a Monsieur Purgon che mi è stato impedito di eseguire i suoi ordini e di svolgere le mie funzioni. Vedrete… vedrete… vedrete.

ARGAN – Oh! Fratello! farete succedere una tragedia.

BERALD – La grande tragedia di non farsi un enteroclisma prescritta da Monsieur Purgon. Per l’ennesima volta, fratello, possibile che non ci sia modo di guarirvi dalla malattia dei medici, e che vogliate stare seppellito tutta la vita nei loro farmaci?

ARGAN – Dio mio, fratello, voi parlate come uno che sta bene; ma, se foste al mio posto, usereste tutt’altro linguaggio. E’ facile attaccare la medicina si è in buona salute.

BERALD – Ma che male avete?

ARGAN – Volete  farmi arrabbiare? Vorrei che l’aveste voi, il mio male, a vedere se sareste tanto a blaterare. Oh! Ecco Monsieur Purgon.

SCENA VI

Il dottor Purgon, BERALD, Toinette

( si sottolinea con una breve musica l’arrivo del dottor Purgon irritatissimo)

DOTTOR PURGON – Ne ho appena sapute delle belle, giù alla porta: che qui ci si fa gioco delle mie prescrizioni, e ci si è rifiutati di prendere il farmaco che avevo ordinato.

ARGAN – Monsieur Purgon …..

DOTTOR PURGON – E’ una grandissima impudenza, una ribellione inaudita di un malato contro il proprio medico.

TOINETTE  – E’ Spaventoso!

DOTTOR PURGON – Un clistere che mi ero compiaciuto di comporre io stesso.

ARGAN – Non sono io ….

DOTTOR PURGON – Inventato e preparato a regola d’arte.

TOINETTE   – Imperdonabile!

DOTTOR PURGON – E che avrebbe fatto sulle viscere un effetto meraviglioso.

ARGAN – Mio fratello …

DOTTOR PURGON – Mandarlo via con disprezzo!

ARGAN – E’ lui ….

DOTTOR PURGON – E’ un’azione spropositata.

TOINETTE   – Verissimo!

DOTTOR PURGON – Un attentato madornale contro la medicina.

ARGAN – Lui  è la causa ….

DOTTOR PURGON – Un crimine di lesa facoltà, che non sarà mai punito abbastanza.

TOINETTE   – Avete ragione.

DOTTOR PURGON – Vi dichiaro che rompo ogni rapporto con voi.

ARGAN – E’ mio fratello …

DOTTOR PURGON – Che non voglio più parentele con voi.

TOINETTE  – Fate bene.

DOTTOR PURGON – E per chiudere ogni relazione con voi, ecco la donazione che facevo a mio nipote per il matrimonio.

ARGAN – E’ mio fratello che ha fatto tutto il male.

DOTTOR PURGON – Disprezzare il mio clistere!

ARGAN – Mandatelo a prendere, me lo farò adesso.

DOTTOR PURGON – Vi avrei potuto guarire in men che non si dica.

TOINETTE  – Non lo merita.

DOTTOR PURGON – Vi avrei potuto nettare il corpo ed evacuare completamente gli umori cattivi.

ARGAN – Ah, fratello mio!

DOTTOR PURGON – E bastava una dozzina ancora di medicine, per vuotare il fondo del sacco.

TOINETTE  – E’ indegno delle vostre cure.

DOTTOR PURGON – Ma poiché non avete voluto guarire grazie alle mie mani.

ARGAN – Non è colpa mia.

DOTTOR PURGON – Poiché vi siete sottratto all’obbedienza che si deve al proprio medico.

TOINETTE  – Da gridar vendetta.

DOTTOR PURGON – Poiché vi siete dichiarato ribelle ai farmaci che vi prescrivevo …

ARGAN – Ma niente affatto.

DOTTOR PURGON – Ho da dirvi che vi lascio alla vostra cattiva complessione, al disordine delle vostre viscere, alla corruzione del vostro sangue, all’asprezza della vostra bile e al fecciume dei vostri umori.

TOINETTE  – Ben detto.

ARGAN – Dio mio!

DOTTOR PURGON – E voglio che in quattro giorni vi riduciate in uno stato incurabile.

ARGAN – Ah! Misericordia!

DOTTOR PURGON – Che cadiate nella bradipepsia.

ARGAN –Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – Dalla bradipepsia nella dispepsia.

ARGAN – Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – Dalla dispepsia nella apepsia.

ARGAN – Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – Dall’apepsia nella lienteria.

ARGAN –Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – Dalla lienteria nella dissenteria.

ARGAN –Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – Dalla dissenteria  nell’idropisia.

ARGAN – Monsieur Purgon!

DOTTOR PURGON – E dall’dropisia nell’agonia e poi via, per colpa della vostra follia.

(uscita di Monsieur Purgon sottolineato dalla stessa musica che l’ho aveva annunciato)

SCENA VII

ARGAN, BERALD

ARGAN – (disperato) Oh, Dio mio! Dio mio! Sono morto! Fratello, mi avete rovinato.

BERALD – Cosa? Che c’è.

ARGAN – Sento già che la medicina si vendica.

BERALD – Fratello, voi siete matto, e ho buone ragioni per volere che nessuno vi veda fare quel che fate. Svegliatevi un poco, vi prego, rientrate in voi, e non cedete così all’immaginazione.

ARGAN – Avete sentito, di che malattie inaudite mi ha minacciato

BERALD – Che credulone che siete!

ARGAN – Dice che in quattro giorni diventerò incurabile.

BERALD – Ma quel che dice, cambia forse le cose? E’ un oracolo che ha parlato? A sentir voi, sembra che monsieur Purgon tenga in mano il filo dei vostri giorni e che, dall’alto della sua autorità, ve lo allunghi o ve lo accorci come gli pare. Provate a pensare che i principi della vostra vita sono in voi stesso, e che la furia di monsieur Purgon è tanto poco in grado di farvi morire quanto i suoi farmaci di farvi vivere. Ecco un’occasione, se volete, per disfarvi dei medici; oppure, se proprio non  potete farne a meno per natura, fratello, potete facilmente trovarne un altro, che vi faccia correre meno rischi.

ARGAN – Ah! Fratello, lui sa tutto della mia costituzione, lui sa come guidarmi.

 BERALD – Devo riconoscere che siete molto ostinato, e che vedete le cose con occhi ben strani.

SCENA VIII

TOINETTE, ARGAN, BERALD

TOINETTE  – Signore, c’è un medico che chiede di vedervi.

ARGAN – E che medico è?

TOINETTE   – E’ un medico della medicina.

ARGAN – Ti sto chiedendo chi è?

TOINETTE  –  Ma non lo conosco.

ARGAN – Fallo entrare.

BERALD –  Eccovi servito a dovere: un medico vi lascia, un altro si presenta.

ARGAN – Ah! Fratello. Io ho paura che voi siete causa di qualche gran disgrazia.

BERALD – Ancora! Battete sempre su quel tasto?

ARGAN – Ecco vedete? Mi sono rimaste  sullo stomaco tutte quelle malattie che non conosco …

(stessa musica del dottor Purgon)

SCENA VIII – IX - X

Dott. CREPIN (Una donna finto medico amica d Toinette), ARGAN, BERALD

(Si annuncia l’entrata del Dottore con la stessa musica  dell’entrata del dottor Purgon)

Dott. CREPIN –  Signore, compiacetevi che venga a farvi visita e ad offrirvi i miei piccoli servigi per tutti i salassi e le purghe di cui avrete bisogno.

ARGAN – Signore, sono  vostro servo. (a Berald) In fede mia mi sembra proprio Madame Taier!

BERALD –.Ma non è la prima volta che si vede questo genere di cose; le cronache sono piene di simili giochi della natura. Ho letto cose sorprendenti su queste somiglianze.

Dott. CREPIN –  Spero non volete disapprovare la mia curiosità di vedere un malato illustre come voi; la vostra fama, che arriva dappertutto, può scusare la libertà che mi son preso.

ARGAN – Signore, io sono vostro servo. (a Berald) A me sembra proprio Madame Taier.

Dott..CREPIN –  Vedo, signore, che mi state fissando. Quanti anni pensate che abbia?

ARGAN – Direi che al massimo potete avere trentasei o trentasette.

Dott. CREPIN –  Ne ho novanta.

ARGAN – Novanta?

Dott. CREPIN –  Si. Voi vedete un effetto dei segreti della mia arte, di conservarmi così fresco e prestante.

ARGAN – Un bel giovane gagliardo per i suoi novant’anni.

Dott. CREPIN –  Sono un medico senza fissa dimora; vado di città in città, di provincia in provincia, di regno in regno, a cercare soggetti all’altezza della mia bravura, a trovare malati degni della mia cura, che sappiano valersi dei grandi e bei segreti che ho scoperto nella medicina. Io disdegno perder tempo con quell’insignificante guazzabuglio delle malattie consuete, quelle inezie di reumatismi e flussioni, quelle febbriciattole, quei vapori, e quelle emicranie. Io voglio malattie di rilievo: belle febbri continue con delirio, belle febbri petecchiali, belle pesti, belle idropisie avanzate, belle pleuriti con infiammazioni polmonari: è qui che ci ho gusto, è qui che trionfo; e io vorrei, signore, che voi aveste, , tutte le malattie che ho appena nominato, che fossi abbandonato da tutti i medici, disperati, in agonia, per mostrarvi l’eccellenza dei miei farmaci, e il mio desiderio di servirvi.

ARGAN – Signore, io, sono sempre il vostro servitore.

Dott. CREPIN –  Datemi il polso. Su dunque, battiamo come si deve. Vi farò andar io come si compete. Questo polso fa l’impertinente: si vede che non mi conosce ancora. Chi è il vostro medico?

ARGAN – Monseur Purgon.

Dott. CREPIN –  Non c’è questo nome nella mia lista di grandi medici. Di cosa dice che siete malato?

ARGAN – Lui dice di fegato, altri dicono di milza.

Dott. CREPIN –  Sono tutti ignoranti: è di polmoni che siete malato.

ARGAN – Di polmoni?

Dott. CREPIN –  Si. Che cosa vi sentite?

ARGAN – Sento ogni tanto dei dolori alla testa.

Dott. CREPIN –  Precisamente, i polmoni.

ARGAN – Qualche volte mi sembra di avere un velo davanti agli occhi.

Dott. CREPIN –  I polmoni.

ARGAN – Qualche volta ho la nausea.

Dott. CREPIN –  I polmoni.

ARGAN – Qualche volta sento una spossatezza in tutto il corpo.

Dott. CREPIN –  I polmoni.

ARGAN – E altre volte mi vengono dei dolori al ventre, come avessi le coliche.

Dott. CREPIN –  I polmoni. Mangiate con appetito?

ARGAN – Si, signore.

Dott. CREPIN –  I polmoni. Vi piace bere un po’ di vino?

ARGAN – Si, signore.

Dott. CREPIN –  I polmoni. Dopo mangiato, vi viene un tantino di sonno e dormite con gusto?

ARGAN – Si, signore.

Dott. CREPIN –  I polmoni, i polmoni vi dico. Che tipo di alimentazione vi prescrive il vostro medico?

ARGAN – Mi prescrive minestre.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – Pollame.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – Vitello.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – Brodi.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – Uova fresche.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – E alla sera delle prugne cotte per stimolare il ventre.

Dott. CREPIN –  Ignorante.

ARGAN – E soprattutto bere vino molto annacquato.

Dott. CREPIN –  Ignorantus, ignoranta, ignorantum. Il vino lo dovete bere puro; e per ispessire il vostro sangue che è troppo sottile, dovete mangiare del bue bello grosso, del porco bello grosso, del bel formaggio d’Olanda, polenta, riso, marroni e caldoni per incollare e conglutinare. Il vostro medico è un cretino. Voglio mandarvene io uno, e finché resto in questa città, verrò ogni tanto a controllarvi.

ARGAN – Io sarò sempre a vostra disposizione.

Dott. CREPIN –  Che diavolo ne fate di quel braccio li?

ARGAN – Come?

Dott. CREPIN –  E’ un braccio che mi farei tagliare subito, se fossi in voi.

ARGAN – Tagliami il braccio?

Dott. CREPIN –  Non vedete che si prende tutto il nutrimento, e che impedisce all’altro lato di averne profitto.

ARGAN – Si; ma io ho bisogno del mio braccio.

Dott. CREPIN –  Uh! .. Avete anche, là, un occhio destro che mi farei cavare, se fossi al vostro posto.

ARGAN – Cavare un occhio?

Dott. CREPIN –  Si, non vedete che disturba l’altro, e gli ruba il suo nutrimento? Credete a me, fatevelo cavare al più presto,  vedrete meglio con l’occhio sinistro.

ARGAN – Non è poi così urgente.

Dott. CREPIN –  Addio. Mi dispiace lasciarvi così presto; ma è necessaria la mia presenza ad un grande consulto per un uomo che è morto ieri.

ARGAN – Per un uomo che è morto ieri?

Dott. CREPIN –  Si, per vagliare,  e vedere  che cosa si sarebbe dovuto fargli per guarirlo. Arrivederci.

ARGAN – Voi  sapete che i malati non accompagnano alla porta.

BERALD – Ecco un medico che pare davvero … bravissimo.

ARGAN – Si, si, si, ma va un po’ troppo in fretta.. eh.

BERALD – Tutti i grandi medici fanno così.

ARGAN – Tagliarmi un braccio, cavarmi un occhio perché l’altro stia meglio? Io Preferisco non stia proprio benissimo. Un bel’operazione ridurmi …. guercio e monco!

SCENA XI

TOINETTE , ARGAN, BERALD

TOINETTE  – ( risata) Su, su, non ho nessuna voglia di scherzare, io.

ARGAN – Che succede?

TOINETTE – Il vostro medico! Che mi voleva tastare il polso ( risata).

ARGAN – ( risata insieme a Berad) Guarda un po’, a novant’anni suonati! ( risata).

BERALD – ( risata).Beh, fratello, dal momento che il vostro monsieur Purgon  è in urto con voi, non volete che vi parli del partito che si offre a mia nipote?

ARGAN – No, no, fratello; ho deciso di chiuderla in convento, perché si è opposta ai miei voleri. Ho capito che c’è di mezzo una passioncella: e ho scoperto un  incontro segreto, che nessuno sa che ho scoperto.

BERALD – E allora, fratello, se anche ci fosse qualche piccola inclinazione, sarebbe poi questo gran crimine? E cosa mai può recarvi offesa, se alla fine c’è qualcosa di onesto, come il matrimonio?

ARGAN – Ho detto, la cosa è decisa; sarà monaca.

BERALD – Lo fate per accontentare qualcuno.

ARGAN – Ci siamo: battete sempre sul quel chiodo; mia moglie  vi sta proprio a cuore… eh?

BERALD – Ebbene si, fratello, se bisogna parlare francamente, è a vostra moglie che alludo; proprio come la fissazione per la medicina, così non posso sopportare neanche la fissazione che avete per lei, né vedervi cascare a piè pari in tutte le trappole che vi tende.

TOINETTE  – Eh, no!  No, Signore, non parlate così della signora:  è una donna su cui non c’è nulla da dire,  una donna senza malizia, che ama suo marito, che lo ama …   non si può … neanche dirlo.

ARGAN – Domandatele un po’ le carezze che mi fa.

TOINETTE  – Verissimo.

ARGAN – E come sta in pena per la mia salute.

TOINETTE – Sicuro.

ARGAN – E di quante cure e premure mi circonda.

TOINETTE – Certamente. Volete che mi convinca, e vi faccia vedere subito come la signora ama il signore? Permettetemi, signore, che lo tragga d’inganno e  gli mostri la cantonata che ha preso.

ARGAN – In che modo?

TOINETTE – Vostra moglie è appena rientrata. Mettetevi sdraiato su questa poltrona, e fingetevi morto. Vedrete che dolore, quando le darò la notizia.

ARGAN – ( entusiasta con leggera risata) Ci sto.

TOINETTE – Si, ma non lasciatela troppo nella disperazione, potrebbe anche morirne.

ARGAN – ( compiaciuto) Lasciate fare a me.

TOINETTE – ( a Berald) Voi, nascondetevi in quell’angolo.

ARGAN – ( preoccupato) Non è che ci sia pericolo a fingersi morto?

TOINETTE – Oh, no; che pericolo vuoi che ci sia? Voi state qui sdraiato e basta. (sottovoce) Sarà divertente svergognare vostro fratello.

SCENA XII

Beline, Toinette , ARGAN, BERALD

TOINETTE – ( con un forte grido fingendo di piangere) Ah, Ah, …Oh Dio mio! Oh Dio ….che sciagura! Che disgrazia inaudita! ( sottovoce) Ecco la signora …fermo. (continua a fingere di piangere)

BELINE – Che è, Toinette ?

TOINETTE – Ah, signora!

BELINE – Cosa c’è?

TOINETTE – Vostro marito è morto.

BELINE – Mio marito è morto?

TOINETTE – si. Il povero defunto è trapassato.

BELINE – Sicura?

TOINETTE – Sicura. Nessuno sa ancora della disgrazia; non c’ero che io, qui. Mi è appena spirato fra le braccia. Guardatelo, eccolo li disteso sulla poltrona.

BELINE – (con entusiasmo) Sia lodato il cielo! Eccomi liberata d’un bel peso. Quanto sei stupida, Toinette , a rattristarti di questa morte!

TOINETTE – Pensavo, signora, che bisognasse piangere.

BELINA – Ma va là, non ne vale la pena. Che perdita è mai la sua? A cosa serviva sulla terra? Un uomo sgradito a tutti, sudicio, disgustoso, un enteroclisma o una medicina sempre nella pancia, tutto uno smoccolare, un tossicchiare, uno sputacchiare, noioso, senza giudizio, di cattivo umore, sempre a tormentare le persone e a rimproverare giorno e notte serve e camerieri.

TOINETTE – Una bella orazione funebre!

BELINA – Bisogna, Toinette, che mi aiuti ad attuare il mio piano, e sta pur certa che il tuo servigio sarà ricompensato. Dal momento che, per fortuna, nessuno è stato ancora avvertito,  teniamo nascosta la sua morte finché non avrò sistemato le cose. Ci sono delle cambiali, ci sono dei soldi di cui voglio impossessarmi, e non è giusto che io abbia passato accanto a lui senza profitto …. i miei anni migliori. Vieni, Toinette , per prima cosa prendiamo tutte le sue chiavi.

ARGAN – (alzandosi di botto) Piano.

BELINA – ( sorpresa e spaventata) Ah!

ARGAN – Si,si,  signora moglie, è così … che mi amate?

TOINETTE – Il defunto non è morto.

ARGAN – ( a Belina che sta uscendo) Sono molto contento di aver visto il vostro amore. E aver sentito il bel panecieco che avete fatto per me. Ecco un’avvertenza al lettore che mi renderà più saggio per l’avvenire, e mi impedirà di fare, molte cose.

BERALD – (uscendo dal luogo dov’era nascosto)  Avete visto?

TOINETTE –  Non l’avrei mai creduto. Ma rimettetevi come prima, e vediamo come l’accoglie vostra figlia, la notizia della vostra morte. Non è male fare la prova; già che  ci siete, conoscerete i sentimenti di tutta la famiglia.

SCENA XII

Angelique, ARGAN, Toinette , BERALD

TOINETTE  – (con un forte grido e fingendo di piangere) Ah!.. Ah!... Sciagurato giorno! Malaugurato caso!

ANGELIQUE – Che hai, Toinette, e di che piangi?

TOINETTE – Ahimè! Devo darvi una cattiva notizia. 

ANGELIQUE –  Cosa?

TOINETTE – Vostro padre è morto.

ANGELIQUE – Mio padre è morto, Toinette?

TOINETTE – E’ appena morto d’uno svenimento che ha avuto.

ANGELIQUE – Oddio! Che sciagura! Che ferita crudele! Perdere mio padre, la sola cosa che mi restava al mondo! E per colmo di disperazione …perderlo, proprio quando era adirato con me! Cosa farò, io, infelice, e come potrò consolarmi d’una perdita così grande?

SCENA XIV

Cleante , Angelique ,ARGAN, Toinette ,BERALD

CLEANTE – Che avete mai, cara Angelique? Che sventura piangete?

ANGELIQUE – Ahimè! Piango tutto quello che di più caro e di più prezioso potevo perdere nella vita; piango la morte di mio padre.

CLEANTE – Oddio! Che disgrazia! Che colpo improvviso! Dopo la domanda che avevo pregato vostro zio di fargli a mio nome, venivo da lui per cercare, con il mio rispetto e le mie preghiere, di indurre il suo cuore ad accordarmi la vostra mano.

ANGELIQUE – Ah! Cleante , non parliamene più. Abbandoniamo ogni idea di matrimonio. Dopo aver perduto mio padre, non voglio più appartenere al mondo, e ci rinuncio per sempre. Si, padre mio, se poco fa ho contrastato i vostri voleri, voglio assecondare almeno uno delle vostre intenzioni, e riparare così al dispiacere che m’accuso d’avervi dato. Permettetemi, padre mio, di farvene qui promessa, e di abbracciarvi per testimoniare il mio amore.

ARGAN – ( si alza) Figlia mia!

ANGELIQUE  – (spaventata) Ah!

ARGAN – Vieni. Non aver paura, non sono morto (contento  e con un leggero compiacimento). Si, si tu sei mia figlia, il mio sangue; sono felice di aver constatato la bontà del tuo animo.

ANGELIQUE – Che piacevole sorpresa, padre mio! Poiché il cielo, per somma fortuna, vi ridona ai miei voti, permettetemi che mi getti qui ai vostri piedi per una supplica. Se non approvate l’inclinazione del mio cuore, se mi rifiutate Cleante  come sposo, vi scongiuro almeno di non costringermi a sposarne un altro. E’ la sola grazia che vi chiedo.

CLEANTE – (si getta in ginocchio) Signore, lasciatevi commuovere dalle sue preghiere, e dalle mie, e non mostratevi contrario alle mutue premure di una passione così bella.

BERALD – Fratello, potete ancora opporvi?

TOINETTE – Signore, sarete insensibile a tanto amore?

ARGAN – …..Si faccia medico, e acconsento alle nozze. Si, fatevi medico, e vi darò mia figlia.

CLEANTE – Ben volentieri, signore: se essere vostro genero non dipende che da questo, mi farò medico, persino farmacista se volete. Non è gran cosa; farei ben altro per ottenere la bella Angelique.

BERALD – Ma a me, fratello, è venuta un’idea; fatevi voi stesso  medico. Sarà ancora più comodo avere in voi tutto  quanto vi bisogna.

TOINETTE – E’ verissimo. Ecco il  modo  migliore per guarire subito; non c’è malattia che osi farsi gioco della persona di un medico.

ARGAN – Ma io credo, fratello, che voi mi prendiate in giro: sono forse in età per studiare?

BERALD – Beh, studiare! ne sapete già abbastanza; e molti di loro non sono certo più bravi di voi.

ARGAN – Si, ma bisogna saper parlare in latino, conoscere le malattie,  i rimedi che bisogna prescrivere …

BERALD – Ricevendo la toga e la berretta da medico, imparerete tutto, e sarete poi, più abile di quanto vorreste.

ARGAN – Come? Basta vestirsi a quel modo  per poter disquisire su tutte le malattie.

BERALD – SI. Basta parlare con una toga e una berretta, che ogni sproloquio diventa intelligente e ogni idiozia sapienza.

TOINETTE – Senza contare, signore, che la vostra barba da sola è già parecchio; una barba fa più che mezzo medico.

CLEANTE – Io, comunque, son pronto a tutto.

BERALD – Volete che la cosa si faccia subito?

ARGAN – Come subito?

BERALD – Si, e in casa vostra,

ARGAN – In casa mia?

BERALD - Ma si, non vi costerà niente.

ARGAN – Ma, io, che cosa devo dire, cosa devo rispondere?

BERALD – Vi informeranno in due parole, e vi daranno per iscritto quel che dovrete dire. Andate e mettetevi un vestito decente.

ARGAN –  Ma si, proviamo. (con una risata generale di tutti va via)

CLEANTE – Ma che volete dire.

TOINETTE – Qual è il vostro piano?

BERALD – Di divertirci un po’ questa sera. Voglio che ce lo godiamo tutti insieme, e che mio fratello  sia il protagonista.

ANGELIQUE – Zio, mi pare che vi prendiate gioco un po’ troppo di mio padre.

BERALD – Ma no, nipote mia, non è tanto per prendersi gioco di lui. Quanto per adattarsi alle sue fantasie. La cosa resta fra noi. E possiamo anche scegliere una parte ciascuno, e farci la commedia gli uni con gli altri. Ci autorizza il carnevale. Su, svelti, andiamo a preparare tutto..eh.

CLEANTE – (ad Angelique) Siete d’accordo?

ANGELIQUE – Si; purché lo zio ci accompagna. ( una risata di soddisfazione escono di scena)

Musica  (rientra Argan con una sonora e continua risata di follia)

BALLETTO PANTOMIMA DELLA LAUREA IN MEDICINA DI ARGAN

 

SIPARIO