dramma in un atto
di Dino Buzzati
(Su IL DRAMMA n. 285 - Giugno 1960)
rappresentato al Teatro del Convegno di Milano il 14 marzo 1960
LE PERSONE
Signora Anna, la madre - 43 anni,
donna energica, orgogliosa, un po' ostinata
Giovanni, suo figlio, soldato - 20 anni
Rita, sua figlia - 18 anni
Marietta, amica di Rita - 17 anni
Il sindaco - 50 anni
Il segretario comunale - 20 anni
Gino bambini di circa 11 anni,
Pietro scolari della signora Anna
Altro bambino
I due vecchi
L'atto di Dino Buzzati, Il mantello, è tratto da una sua novella. Una madre attende il ritorno di suo figlio Giovanni, caporal maggiore, dato per disperso. Ogni scricchiolio di ghiaia dei vialetti del giardino la fa sussultare. La notte spesso si alza e va ad appoggiare la fronte ai vetri della finestra scrutando nel buio. Si consuma dietro una speranza. Unico conforto è il far da maestra ad alcuni ragazzi. In casa tutti sono persuasi che, ormai, passato tanto tempo, s'ha da rassegnarsi a pensar Giovanni morto. Ma la madre no. Ha collocato un suo ritratto in una bella cornice; ma ella lo immagina sempre vivo. Una sera Giovanni entra in casa. E' una gioia e un affanno per la sorella. La madre, chiamata, interrompe la lezione e accorre. E' per lei un tripudio e per prima cosa stacca il ritratto e lo chiude in un cassetto. Giovanni è avvolto in un mantello e, sebbene invitato dalla madre a levarselo, non acconsente. Deve partire subito: ha avuto un breve permesso. Fuori c'è qualcuno che lo attende. E' venuto per un rapido saluto e non può far aspettare a lungo il misterioso compagno che non ha voluto entrare con lui. Dalle pareti i ritratti dei suoi bisnonni gli parlano il linguaggio dei trapassati. Egli soltanto lo sente.
Il sindaco e il segretario comunale intanto hanno saputo del suo arrivo e sono accorsi a rendergli omaggio. Avevano dato, essi, alla madre la notizia del «disperso», si affrettano a felicitare ora il reduce. Ma Giovanni non può indugiare. Invano la madre insiste perché si levi il mantello, invano vano glielo chiede il segretario comunale. Non può, non ha tempo, deve partire. Il segretario comunale lo abbraccia per salutarlo e apertogli il mantello, arretra spaventato. E' apparso un intrico di bende insanguinate. Giovanni resta impietrito. La madre grida: « Ma questo è sangue! Giovanni, figlio mio, che cosa ti hanno fatto? ». Ma egli deve andare, non può far aspettare di più colui che è fuori. Saluta: addio sorella, addio mamma! Si odono i passi che si allontanano, il rumore d'una macchina che s'avvia. La madre toglie dal cassetto la fotografia e la rimette al suo posto. Poi riprende la interrotta lezione ai suoi alunni.
Eligio Possenti
E' il pianterreno di una modesta casa di montagna, che può essere anche graziosa, comunque accogliente e pulitissima. Per due terzi è costituito da una specie di sala di soggiorno, in cui si entra direttamente dall'esterno; coi segni di una esistenza quieta e decorosa. Tendine alla finestra, un tavolo su cui sono i lavori di Rita, rammendatrice, una poltrona, alcune sedie, un armadio da vestiario, un ritratto fotografico di Giovanni con cornice o appoggiato sopra un mobile o appeso a una parete (questo ritratto deve potersi rompere facilmente). Un vaso con fiori. A volontà: un orologio, corni di cervo e camoscio, oleografie, a gusto del regista; eventuale scala di legno che porta al piano superiore. A destra una porta che dà sulla cucina. A sinistra, separato da una parete vista di sezione, in cui si apre una porta, è uno studiolo dove la signora Anna dà lezioni ai bambini. Basta che ci sia un tavolo, con tre calamai, quaderni, libri. Una lavagna con su scritto un calcolo in calligrafia infantile. Una scansia con libri. Una finestra che dà sull'esterno. Fuori c'è un prato, e attraverso questo prato un violetto conduce alla strada provinciale, distante circa duecento metri. Non importa che questo si veda.
La parte più a destra della stanza di soggiorno dovrebbe essere in penombra, in modo che improvvisamente possano emergere, circonfusi dì pallida luce, i due vecchi bisnonni di Giovanni, i quali non devono avere nulla di cadaverico; anzi ben vestiti e coloriti in volto, a guisa di antichi ritratti. Essi sono seduti uno di fianco all'altro, le mani sulle ginocchio, perfettamente immobili. Al gusto del regista è del resto affidata la realizzazione scenica di questi due personaggi simbolici più che fantomatici; potrebbe trattarsi ad esempio di due vecchi ritratti i quali di volta in volta si animano in volto e parlano. Al principio dell'atto (a meno che non si ricorra ai due ritratti) essi devono essere del tutto invisibili.
Al principio dell'atto il sole entra festosamente dalle finestre. Poi si attenuerà rapidamente come per nubi. A un certo punto una specie di ombra, quasi proiettata dall'invisibile personaggio che aspetta fuori sullo stradone, comincerà a dondolare lentamente su e giù, quasi come un gigantesco e silenzioso pendolo oscillante dinanzi al sole. Naturalmente il regista può trovare altri modi per richiamare in forma visiva la suggestione dell'ufficiale misterioso in attesa sulla strada o, se crede, può anche rinunciarvi del tutto. Quando si apre il sipario Rita sta cucendo, seduta nella stanza d'ingresso; nell'altra la signora Anna, sua madre, dà lezione a tre bambini seduti al tavolo davanti a lei. Dalle finestre entra il sole.
Gino (leggendo un libro) ... ma, giunti nel punto destinato, i due scudieri, impietositi dall'aspetto innocente del piccolo principe, gli dissero: « Il duca Corradino ci ha ordinato di ucciderti. Va', nasconditi nel folto del bosco e non farti più vedere. Tu e noi altrimenti saremmo perduti. Toltogli poi il giubbetto ricamato d'oro e ucciso nelle prossimità un cerbiatto, tuffarono la... ».
Anna Cerbiatto. Gino, sai che cos'è un cerbiatto?
Gino Un cerbiatto, un cerbiatto... lo sapevo... dev'essere una bestia, una specie di volpe. Anna (guarda alla finestra) — Perché non domandi spiegazioni quando non sai? No, non è una specie di volpe... mi pare che ne abbiamo già parlato.
Pietro Ha due corna, signora Anna, ha quattro gambe, assomiglia a un cervo.
Anna Bravo. Il cerbiatto è un piccolo cervo. Va' avanti, Gino.
Gino «... tuffarono la veste nel sangue caldo della bestiola e, abbandonato il principino nella selva, tornarono dal duca Corradino a cui consegnarono il giubbetto insanguinato, come prova che l'ordine era stato eseguito. Allora il malvagio duca si recò dalla principessa Leonora madre del giovanetto e con volto addolorato... ».
(Si ode la voce del vento, il bimbo si interrompe un attimo).
Anna E adesso che c'è? (Guarda ancora verso la finestra).
Gino (riprende) «... con volto addolorato le annunciò che durante la caccia suo figlio era stato assalito dai briganti e trucidato; e le. mostrò il giubbetto tutto intriso di sangue. (Respira) Così Corradino salì al trono. E la principessa Leonora pianse tre giorni e tre notti ma da allora tutte le sere ella scese nel parco, soffermandosi sulla riva del laghetto, là dove suo figlio usava pescare e trastullarsi. Infatti un misterioso presentimento era nato in lei da quando... ».
Anna Gino, ti ripeto. Perché quando incontri una parola che non sai continui a leggere senza domandare? Oppure tu sai che cosa vuol dire presentimento?
Gino Mi pareva di sì... lo sapevo... Una volta l'ho sentito dire... lo sapevo... Ma adesso...
Anna Tu dici: lo sapevo, lo sapevo... Sempre così... E tu, Pietro?
Pietro Credo che vogliadire come quando si fa un sogno...
Anna (guardando ancora verso la finestra, si ri-scuote. A voce alta e apprensiva) Rita! Rita!
Rita (dall'altra stanza) Cosa c'è, mamma?
Anna (quasi irritata) C'è uno che viene dallo stradone. Ti prego, va' a vedere... si direbbe un militare.
(Rumore di vento. All'esterno si avvicinano dei passi affrettati).
Rita (va alla porta) Sì, c'è uno... vestito in strano modo... E chi può essere a quest'ora?
Anna (rigida, aspettando, mentre i bambini la fissano incuriositi. Dominandosi) Chi è? (I passi sono ormai sulla soglia) Chi è?
Marietta (sui 18 anni, graziosa. Si affaccia, trafelata, sulle spalle un cappotto da ufficiale) Rita, Rita!
Rita (ridendo) Dio, che spavento mi hai fatto! E che cos'hai addosso? Te l'ha regalato il colonnello?
Anna (ai bambini) Un momento... (Si affaccia all'altra stanza) Oh, Marietta! (Dominando la delusione) Buondì.
Marietta Riverisco, signora Anna. Ecco qua. (Getta il pastrano sul tavolo da lavoro, fa vedere uno strappo) Un bel disastro vedi?... Rita, non dirmi di no, ti supplico... Aggiustamelo subito.
Rita E come hai fatto?
Marietta E' il cappotto del signor colonnello, capisci?... Un maledetto fil di ferro... guarda che sette... La signora me l'aveva dato da spazzolare e mentre spazzolavo ho preso dentro in Dio sa cosa... un gancio o un fil di ferro... E stasera lui deve ripartire. Ti immagini se se ne accorge? Rita, non dirmi di no.
Anna (stranamente seccata) E con tutto questo che bisogno c'era di metterselo indosso per venire fin qui? Che cosa ti è saltato in mente?
Marietta (disorientata) Mah, non credevo che ci fosse niente di male... me lo sono messo sulle spalle nell'ultimo pezzo di strada. Tirava un vento, non capisco neanch'io che razza di vento... E allora, Rita, me lo fai questo rammendo?
Anna (avvicinandosi) Ecco i paltò dei signori colonnelli... (Palpa la stoffa) Stanno caldi in questo bel panno i signori colonnelli... Stanno caldi e dimenticano... E se poi una vedova domanda notizie di suo figlio, se qualcuno chiede informazioni del caporalmaggiore Berton Giovanni, dato per disperso, che pure era del suo reggimento... allora il signor colonnello scuote la testa, risponde che lui non sa, lui non ricorda il nome in mezzo a tanti altri. (Con improvvisa tristezza) Guarda, qui c'è anche la sua bottoniera per le medaglie. (Di scatto si volge verso la porta, come se dovesse apparire qualcuno).
Rita (esaminando il cappotto) Un magnifico sette, non c'è niente da dire. Panno fine... Mica semplice rammendare questo panno... E con tutto il lavoro indietro che ho! (Si accinge tuttavia al lavoro).
Marietta Oh, brava... Allenove lui riparte, capisci? Se almeno per le otto non glielo riporto in ordine, povera Marietta! Te lo immagini se lo vedessero questo sbrego?
Anna Marietta, ne ha tante di medaglie il tuo signor colonnello.
Marietta Credo, credo di sì, signora.
Anna Ne ha avuta una anche per la battaglia di Monte Ferro? Tu non lo sai?
Marietta Oh, io non so. Certo ne ha tante. Quando cammina sembrano tante campanelle.
Anna (rientra nello studiolo) Ragazzi, che cosa fate? Esco un attimo, torno e voi siete là con le mani in mano... Quante volte vi ho raccomandato... Il tempo fa presto a passare... Per esempio, l'avete già fatto il compito di aritmetica? No, vero?... E fatelo, allora, questo benedetto problema.
(Si ode in lontananza una tromba, poi un rumore di automobile in salita che si avvicina).
Ora risolvete il problema e prima di andarvene vi farò quattro righe di dettato... Mi raccomando la divisione. E tu, Gino, impara a non guardare sempre nel quaderno di Pietro... Io mi istruirò coi vostri capolavori di ieri... (Prende alcuni quaderni mentre i bambini si dispongono a fare il compito).
Marietta (a Rita, che intanto si è messa al lavoro) Rita, senti che vento?
Rita (senza sollevare la testa) Eh?
Marietta Ma che cos'ha tua mamma? Parlava in un certo modo...
Rita Lo puoi immaginare. Sempre la stessa storia. (Fa cenno alla fotografia del fratello) Non pensa ad altro. Mai che ne parli, naturalmente... E' così orgogliosa... Ma è come un'idea fissa. Basta che si senta un passo di fuori e le viene l'orgasmo. Sempre con gli occhi fissi sulla strada... Non sta due minuti senza guardare alla strada; come se lui dovesse arrivare da un momento all'altro...
Marietta Povera signora Anna! E quanto tempo è, ormai?
Rita (sempre lavorando) Un anno buono, ormai, che è arrivata la notifica di disperso. Un anno. Come ci si può illudere ancora? Ma lei aspetta sempre... Anche di notte... Mi sveglio nel pieno e la vedo là, in piedi, con le orecchie dietro le persiane, che ascolta chissà cosa... Sta là immobile per delle ore.
(Marietta scuote il capo. Intanto nell'altra stanza i bambini sono intenti al problema. La signora Anna alza gli occhi dai quaderni, sempre gettando occhiate verso la finestra. In tutto questo tempo il rumore dell'auto con ansiti alterni si è fatto vicino. Poi si ferma. Breve pausa di silenzio. All'improvviso)
Anna (balzata in piedi) Su, continuate da bravi, devo lasciarvi soli per un minuto. (Passa nella stanza di ingresso, chiude la porta divisoria. Con voce bassa e agitata) Rita!
Rita (la guarda) Mamma, non stai bene?
Anna (fa cenno alla porta) Guarda tu, ti prego, guarda. (Nel silenzio si odono avvicinarsi dei passi lenti e pesanti) Va' tu... preferisco.
Rita (la guarda con pietà. Poi si alza svogliatamente quasi ripetesse una cerimonia troppe volte eseguita invano, e va alla porta. Qui ha un soprassalto. Con voce ferma) Madonna Santa!
Anna (le spalle appoggiate alla porta dello studialo. Senza muoversi, imperiosa) — Chi è? Dimmi, su! E' lui? Dimmi, è lui? Dimmelo, prima che lo veda!
Giovanni (compare sulla soglia, con una strana luce. Ha il berretto militare, un mantello scuro con un lembo gettato sulle spalle, il volto pallido è affilato, le scarpe bianche di polvere. Non deve avere nulla di macabro ma dà l'impressione di essere svuotato dalla vita; i movimenti incerti e fragili come di certi vecchi) Mamma!... Rita!...
Anna (ansimando) Tu! Benedetto! (Si lancia ad abbracciarlo, subito imitata da Rita) Lo sapevo! Lo sapevo! Ti aspettavo, io... Sapevo io che dovevi tornare!
Giovanni Mamma! Mamma! (Non sa dire altro per la commozione. Avanza alcuni passi nella stanza, si guarda le scarpe impolverate, sorride come scusandosi) Oh, scusami sai, mi dimentico sempre di pulirmi...
Anna (raggiante e scherzosa) Il solito, il solito, mai che si ricordi! Su su, fatti vedere come sei bello... Giovanni, Giovanni, ci hai fatto pensare sai?... Che lunga storia... sembrava non dovesse mai finire... Ma sei pallido, Giovanni... Come sei pallido... Devi essere un po' stanco... Hai bisogno di un buon sonno... Chissà poi che porcherie vi davano da mangiare... E chissà quanta strada hai fatto. (Con dubbio improvviso) Ma non sei mica malato, dimmi, non sei malato?
Giovanni No, mamma, non son mai stato malato. (Per cambiare discorso, alla sorella) E guardala qui, la Rita!... Ti sei fatta grande, sì... proprio una signorina. (Vede i suoi lavori) E che fai con tutti questi stracci? Ti sei messa a lavorare?
Rita Lavorare!... Faccio qualche rammendo, cucio, ecco... bisogna industriarsi... E la mamma ha i suoi piccoli studenti.
Anna (quasi stentando a capacitarsi) — E' tornato, è tornato!
Giovanni Ancora a scuola, mamma? Sempre quegli spaventosi bambini coi loro strafalcioni?
Anna Dò lezioni. Qui in casa, sai? La vita non è più facile come una volta... Ma tu? Dove sei stato, ragazzo benedetto? E' questo il modo di farsi aspettare? E' più di un anno, lo sai? Disperso, ti avevano dato... Dimmi, sei stato prigioniero?
Giovanni Prigioniero? Lasciatemi respirare, mi pare ancora un sogno. Poi vi racconterò. (Ridendo con fatica) ...Il tempo di prendere un po' di fiato. (Si guarda intorno) Ma qui è tutto in ordine, tutto come prima, non è cambiato proprio niente... (Si accorge della Marietta, rimasta in disparte) E chi è questa bella ragazza?
Marietta (avanza sorridendo) Come, Giovanni, non mi riconosci?
Giovanni (anche lui sorridendo) Prova a dire qualcosa... Aspetta...
Marietta La barca... il laghetto... il molino...
Giovanni Tu scherzi. Vorresti farmi credere di essere la Marietta? La piccola selvaggia avrebbe messo su questo simpatico faccino?
Anna Oh, Giovanni! E' grande, ormai, Marietta... Fa presto una bambina a crescere... Ma non ti siedi? Non ti levi il mantello?
Giovanni (evasivo) Sì, sì... Ma raccontami, mamma, tu cosa pensavi, che fossi morto?
Anna No, io no... Gli altri ti credevano morto... E' arrivato l'avviso giusto dodici mesi fa... era un giorno come oggi... Merita che te lo faccia vedere. (Cerca in un cassetto e prende una certa carta, la legge) «... siamo dolenti di dovervi annunciare... », leggi, leggi... E poi è venuto il sindaco con una faccia da funerale, non sapeva neanchelui da dove cominciare... E poi sono passati i giorni, e la gente ha cominciato a guardarmi in un certo modo. Scommetto che dicevano: ma quando si decide la signora Anna a mettere illutto? E' così stupida da non aver capito? E ho dovuto accon-tentarli... La domenica mi sono vestita di nero... e ti ho fatto fare anche il ritratto, un bell'ingran-dimento con la cornice nera... guardalo, guardalo là. (Con improvvisa risoluzione) Ecco che cosa ne facciamo adesso del tuo ritratto, non lo voglio vedere un minuto di più. (Toglie il ritratto, lo piega in due spaccandolo) Ecco, per quel che mi ha fatto soffrire...
(Tutti ridono)
Giovanni (disorientato) Ma perché, mamma?
Gino (dall'altra stanza, con l'occhio a una fessura della porta, sottovoce agli altri due bambini) Venite a vedere!... Il figlio della signora! Guarda come è magro!
(Da questo momento i bimbi si avvicenderanno alla porta bisbigliando).
Anna (dura) Mi credevano una fissata... Sembrava che li defraudassi di qualche cosa continuando ad aspettarti... E invece sei qui, sano e salvo... Tutto sta nel non perdere la speranza... Il giorno che non ti avessi aspettato più avevo l'impressione che saresti morto davvero. Così è figlio mio... Guarda per esempio la Poletti. Te lo ricordi Manlio Poletti, quello che dipingeva?
Giovanni Figurati se non me lo ricordo.
Anna La Poletti, quando è arrivata la lettera che lui era disperso, si è buttata lunga distesa per terra... Subito vestiti di lutto, lacrime, messe da requiem... E così lui non è più tornato... Ancora adesso sta chiusa tutto il giorno nello sgabuzzino dove lui dipingeva e piange, piange. Passando per la strada si sente. « Manlio, perché mi hai lasciato? », dice. « Qui c'è tutto quel che ti occorre, qui c'è la lampada, qui c'è la matita, qui ci sono le tue carte ». Un lamento da cavar l'anima. E lui naturalmente non tornerà più. Insom-ma guai a disperarsi neppure quando si è soli in una stanza... Anche quando c'è solo Dio bisogna farsi vedere coraggiosi... Ah, io no che non ho mai pianto... neanche quando è venuto il sindaco. Di' tu, Rita, se mi hai vista piangere.
Rita E' vero, non ha mai pianto.
Anna Possibile che tu non tornassi? Pensa: la tua casa... il tuo letto... la tua doppietta... E adesso vedrai, in due o tre giorni, che bella cera ti torna... Ma perché non ti levi il mantello?
Giovanni No, mamma, lascia. Preferisco di no. Non ho caldo.
Anna Hai freddo? Non avrai mica la febbre?
Giovanni (con vago imbarazzo) No no. Perché la febbre? Solo che non ho caldo. Mi hanno lasciato un gelo addosso quelle montagne. Da allora, non so neppure io come, ma ho sempre freddo.
Anna Che assurdità. Non ti terrai il mantello in casa di questa stagione, spero. Mettiti una maglia di più, se hai freddo. Siamo in maggio, ormai.
Marietta Già, non senti che caldo?
Rita (guardando fissa la mamma) Che male c'è, poi? Se preferisce tenerlo, che lo tenga, dopo tutto male non gli sta... Perché contrariarlo?
Giovanni Ma non sono contrariato!
(Volgendo in giro gli sguardi avvista i due vecchi da pochi istanti usciti dall'ombra. Essi sono seduti fianco a fianco, uomo e donna, vestiti di vecchissimi costumi della metà Ottocento. Lui, sui 60 anni, con un grande cappello di feltro a larghissima tesa. Lei molto più giovane. Un alone di luce li illumina. Devono apparire statuari e antichi ma non spettrali. A volontà del regista la realizzazione di questi due personaggi. Potrebbero essere anche due ritratti appesi al muro che ogni tanto si animano e parlano)
E chi sono quelli?
Anna Quelli chi? Che vuoi dire? Non c'è nessuno.
(I vecchi fanno cenno di tacere).
Giovanni Niente, mamma, che strano... mi pareva.
Anna Ti pareva che cosa?
Giovanni Mi pareva che ci fosse qualcuno...
Anna Ah, quando si è molto stanchi succede, specie in queste vecchie case di montagna... Avrai anche fame... Che cosa vuoi che ti prepari?... Hai bisogno di tirarti un po' su...
I Vecchi (recitando un po' lui e un po' lei, le parole della donna sottolineate; con voce dolce e semplice, ritmando con una specie di automatismo, poetico) Giovanni, tu vuoi sapere? Siamo i tuoi vecchi sepolti. Uomo, donna: bisnonno, bisnonna.
Giovanni (scuotendosi) — No, mamma, grazie. Io non ho fame... Ho già mangiato giù a un'osteria. Proprio non ho fame.
Anna (delusa) Un caffè almeno. Un buon caffè non lo prendi volentieri? E una bella fetta di torta... Giusto ieri abbiamo fatto la torta di mandorle, una volta era la tua passione...
Giovanni Un caffè, sì... preparami un caffè, grazie.
Anna Allora vado. Vado e torno. E tu, Rita, vieni ad aiutarmi. (Esce in cucina con la figlia).
I Vecchi Giovanni, perché sei tornato? Anche a noi piaceva la casa, le buone cose da mangiare, e stare al fuoco la sera, e il caldo letto e cantare quando la valle era nera, e dall'inquieto cuore si spandeva l'amore... Ma noi non siamo tornati, nessuno è tornato di noi, da migliaia di anni. Da migliaia d'anni. Tu il primo oggi, Giovanni.
Giovanni (guardando i vecchi, confuso) Ma... voi...
Marietta Con chi parli, Giovanni? Sei così strano.
Giovanni (riprendendosi) Niente... Pensavo...
Marietta (gaiamente) Senti, Giovanni, sii sincero, con me puoi avere confidenza, vero? Sei ammalato? Cos'hai? Ti vedo tanto pallido...
Giovanni Non ho niente, ti dico, non ho niente. Forse è il rancio cattivo, lo strapazzo del viaggio.
Marietta Però come sei diventato serio in questi anni, una volta non eri così.
Giovanni Serio? Chi lo sa se sono diventato più serio. (Sorride).
Marietta Eh, sì, quando sei partito per la guerra eri diverso. Scommetto che non sapresti più giocare come una volta. Ti vergogneresti. A proposito, lo sai, Giovanni, della nostra barca? Te la ricordi?
Giovanni (sopra pensiero) — La nostra barca...
Marietta La nostra barca è andata a fondo-Nessuno più l'adoperava e un bel giorno è andata sott'acqua... Anche il nostro laghetto non c'è più... Hanno costruito la centrale elettrica e il laghetto è sparito.
Giovanni E tu? Anche tu sei un poco cambiata. Tu che dici, vai ancora di notte a rubare le pere? E c'è ancora qualcuno che ti dà scapaccioni?
Marietta (ride) Partito tu, più nessuno... Sono grande adesso. Ho messo giudizio... Quello che si dice una brava ragazza... Adesso sono a servizio dal signor colonnello Melandri; proprio il tuo colonnello.
Giovanni (pensieroso) Il mio colonnello. Da un pezzo non lo vedo più. Era un brav'uomo allora... Chissà, se mi vedesse...
Marietta (con improvviso entusiasmo) Giovanni, ho un'idea. Senti: domenica puoi venire con me? Domenica c'è la sagra, verranno i baracconi, il padiglione delle scimmie, gli equilibristi, la banda, e la sera si balla. E' così bello il giorno della sagra! Da prima della guerra non si è fatta più... Mi accompagneresti, Giovanni?
Giovanni (animato) Sì, certo che mi piacerebbe... sarei proprio felice... (Tra sé) Bisognerebbe che studiassi il modo... Di qua a domenica, chissà... O non sarebbe meglio?...
(Si alza, va alla porta, guarda fuori con insistenza. Da questo istante una ombra progressivamente più densa e precisa comincia a oscillare dinanzi alla casa lentamente, togliendo un poco della luce del giorno. Ombra simbolica di colui che fuori aspetta. Marietta si avvicina a Giovanni, cercando di guardare anche lei. Lui la riporta nell'interno della stanza. Ha un gesto di impazienza)
Oh, Marietta, sentì, ho paura. (Le prende le mani) Vedi? E' così difficile spiegare...
Marietta Non vieni, scommetto. Non potrai venire, è così?
Giovanni Vedi, prima di domenica possono capitare tante cose. Potrebbero mandarmi in missione. Sono qui per poco. Ho solo un permesso. Potrei essere lontano di qui a domenica...
Marietta (tristemente scherzosa) Sempre così. A me van tutte male. (Notando l'ombra fissa intensamente Giovanni) Chi c'è fuori?
Giovanni Oh, niente. C'è uno...
Anna (entra risoluta e festosa, col vassoio del caffè) Ecco servito il soldatino, ecco la torta. Rita, vuoi portare un tovagliolo?
Rita (va all'armadio, apre un cassetto) Giovanni, vieni un po' a vedere.
Anna (lietamente va col figlio a esaminare l'armadio) Oh sì, guarda qui... Guarda se non è vero che ti aspettavo... Ecco tutta la roba in ordine. (Apre i vari cassetti) Qui le camicie... qui le. maglie... qui le calze... (apre un'anta) e qui i vestiti... il grigio, il marrone, quello da caccia... Tutto pulito e stirato... e qui le scarpe... e qui in fondo il tuo schioppo... lo tengo sempre unto, come mi hai raccomandato... Vedi?
Giovanni O mamma! (Prende in mano il lembo di un abito e lo considera scuotendo il capo).
Anna Adesso non hai che da scegliere. (Apre un involto) E poi guarda qui... guarda questo vestito nuovo, ho voluto che fosse proprio una sorpresa. L'ho fatto fare di nascosto. Se no dicevano ch'ero matta... Sai poi che cosa? La bellezza del tessuto.
Giovanni Che magnifico, mamma, come sei stata buona...
Anna Ma adesso siedi. Prendi in pace il tuo caffè... E dimmi, ti prego: non te lo toglieresti il mantello? Mi dà quasi l'impressione che tu non ti senta a casa tua...
Giovanni Non dirlo, mamma... Il fatto è... il fatto è che tra poco devo andare.
Anna Andare? Vuoi dire che te ne vai?
Giovanni Devo ripartire subito.
Anna Ma è una pazzia! Lo capisci che è una pazzia? E' più di un anno che non so niente di te, ti credevano morto, è un'eternità che non ti vedo... Finalmente ritorni. E vuoi subito ripartire. Tu scherzi, vero? La guerra non è finita? Dove vorresti andare?
Giovanni (prendendo la tazza del caffè) Sono venuto con un permesso straordinario. Non bisogna lamentarsi. Quasi tutti i miei compagni sono rimasti ancora al confine... C'è uno che mi aspetta... E' fuori, là sullo stradone, capisci? Mi ha accompagnato apposta fin qui e adesso mi aspetta. E' stato buono... posso dirmi fortunato se mi ha accompagnato fin qui...
Anna Chi è che ti aspetta? E' fuori sulla strada?
Giovanni L'ho lasciato là. Non credo che si sia mosso.
Anna E perché allora non l'hai fatto entrare? E' un compagno di reggimento?
Giovanni No. E' un ufficiale. Un capitano di Stato Maggiore credo, uno importante... Non so neanch'io perché sia stato così buono...
Rita E' là sulla strada che aspetta e non l'hai fatto entrare? L'hai lasciato in mezzo alla strada?
I Vecchi Porta il grado di capitano ma basta che lui passi vicino e i signori colonnelli balbettano, i generali si fanno bianchi, perfino le loro eccellenze, cariche di medaglie, non appena l'han visto, chiedon misericordia a Cristo. E i grandi condottieri salutano sull'attenti se la sua nera ombra passa sulla bandiera. Eppure a te vuole bene, per te cammina su e giù, e si impolvera gli stivali per te, lui più forte dei re, lui grande, innamorato di te, povero soldato. (Anna si è fatta intenta sulla porta a guardare verso lo stradone).
Rita Mamma, si vede?
Anna Deve essere lui. C'è uno che cammina su e giù, ma è troppo lontano per vedere. Cammina su e giù lentamente.
Giovanni Lascialo. E' un tipo così. Ha le sue fissazioni. Passeggiare gli piace.
Anna Dio mio, ma non sei proprio cambiato, Giovanni. Che testa! Un ufficiale ti accompagna fin qui e tu non pensi neanche a farlo accomodare.
Giovanni Te l'ho detto, mamma. Lui preferisce così. Lo conosco ormai.
Rita Ma un bicchiere di vino, non glielo possiamo offrire? Un bicchiere di grappa?
Anna Vuoi che glielo porti io?
Giovanni (alzandosi, allarmato) No no, mamma, lascia stare. E' meglio. Scommetto che si seccherebbe. E' fatto così.
Anna Che stramberie. Non riesco a capire...
Rita Ma sì, mamma, non insistere. Giovanni avrà pur le sue buone ragioni... Sarebbe bello litigare proprio oggi...
Anna (sempre intorno al figliolo) Perché non bevi? Non ti piace il caffè?
Giovanni No, no, va benissimo. (Guarda intensamente le tazze, ì piatti, prende una fetta di torta che mastica svogliatamente) Di', mamma... e Mario Sicco?
Anna Mario Sicco? E' morto in guerra.
Giovanni E Ludovico il mugnaio?
Anna Anche lui. Non se ne è saputo più niente... Ma non ti piace la torta?
Giovanni Perché, mamma? E' buonissima.
Anna Si direbbe che tu la mangi per forza... una volta ti piaceva tanto...
Giovanni Oh, no, è squisita, proprio. Ma oggi, te l'ho detto, non ho tanta fame.
Anna Hai freddo ancora? (Quasi supplichevole) Senti, anche se fra poco devi andare, non te lo toglieresti il mantello, almeno per un momento?
Rita Perché insisti, mamma? Ce l'ha detto che non ha piacere di levarselo...
Anna (accarezzando un lembo del mantello) Ma sì, bisognerebbe almeno spazzolarlo, è tutto pieno di polvere... Guarda qui questa macchia... Ti costerebbe così poco...
Giovanni Un'altra volta, mamma. Togliere la polvere non servirebbe, dopo mezz'ora sarebbe lo stesso...
Anna Un'altra volta!... Chissà quando ritorni adesso... Sempre così, voi soldati. Devi andare lontano?
Giovanni Tutto dipende da lui, dal capitano.
Anna Ma non ti ha detto niente?
Giovanni Niente. E' così taciturno. Io gli chiedo: dove si va signor capitano? Lui fa segno così, con la mano. Arriveremo, arriveremo. E non dice altro.
Anna Ma è buono con te, o è severo? Ti tratta bene?
Giovanni Hai visto, mi ha accompagnato apposta fin qui. Credo che mi voglia bene...
Anna Eh, lo so, questo è il destino delle mamme. Ti sei messo a girare il mondo. Chi ormai ti terrà più. Che ti importa ormai della tua casa?
Giovanni Se tu potessi sapere, non diresti così, mamma.
Anna Oh, vi conosco voi ragazzi. Più crescete e meno i genitori vi servono. Alla mamma il minimo indispensabile. Un saluto di dieci minuti, e poi via! (Con rammarico) Alla mamma però riservate tutti i capricci. Scommetto che quando sei con lui (fa segno alla strada) non stai mica così imbacuccato! Tu almeno hai avuto sempre l'arte di farmi stare inquieta.
Rita (in tono di rimprovero) Mamma!
Giovanni (il sole si è spento ma l'ombra continua a pendolare all'esterno) Se vuoi proprio che te lo dica, me l'ha ordinato lui.
Marietta (ridendo incredula) Ti ha ordinato di non levarti il mantello?
Giovanni Sì, lui ha di queste manie. Alle volte penso che sia un po' superstizioso. Me l'ha ordinato. E io devo obbedire.
Anna Che destino. E' stato il più bel momento della vita quando tu sei comparso là, sulla soglia. Mi sei sembrato la grazia di Dio. Ero così felice, dopo tante pene. E adesso...
Giovanni Ma perché? Cosa c'è adesso?
Anna Non so... Tutte queste cose strane. Il mantello che non ti vuoi togliere... il tuo capitano là fuori che non vuole entrare... (Ha un pensiero. Lentamente, in tono molto significativo) Come si chiama questo tuo capitano?
I Vecchi Giovanni, perché non vuoi dire quel che hai sotto il mantello? O il nome di quello, il nome di quello con cui devi partire?
Giovanni Ha un nome difficile, sai? Sarà ridicolo, ma non me lo ricordo. A pronunciarlo si fa una fatica!
Marietta (che si è avvicinata alla finestra) Signora Anna, c'è gente.
Anna (contrariata) Dio mio, proprio oggi.
Marietta Sono già qui... Mi pare che ci sia il sindaco.
Anna (muovendo verso la porta) Speriamo di no.
Il Sindaco (entra seguito dal segretario comunale. Il sindaco è sui 50 anni, tipo professionale; si sforza di essere piacevole e cordiale) Dov'è il nostro eroe? Ah, eccolo. (Va incontro a Giovanni) Qua la mano... bravo, bravo giovanotto... Stai bene, bravo... non sei molto grasso ma stai bene... sono proprio contento... (Rivolto alla signora Anna) Meno male che questa volta ho motivo di rallegrarmi... si ricorda, signora Anna, quell'altra mia visita? Che brutto mestiere il sindaco! (Torna a contemplare Giovanni) E bravo! Ti sei fatto un bel soldato, Giovanni. Ma perché stai lì tutto infagottato nel mantello?
Rita Sa? E' un po' freddoloso Giovanni, preferisce stare coperto...
Il Sindaco Freddoloso un vecchio montanaro come te? Non ci credo. (Paterno) Ci sarà qualche altro motivo... Ma lo sai che ti avevano depennato? Nel registro di stato civile al tuo posto c'è una bella crocetta. Caduto in combattimento!... Vuol dire che stasera ti facciamo resuscitare... per questo c'è qui il nostro ottimo segretario... non occorrono presentazioni, credo.
Il Segretario (giovane, molliccio, con occhiali, piuttosto antipatico. Si fa avanti con un piccolo inchino) Riverisco. Ben tornato, Giovanni.
Giovanni Ciao, Stefano. Ci si rivede, eh?
Il Segretario (osservandolo, con ironia) Sei vivo, ma piuttosto magretto, caro il mio braccio di ferro. Ti ricordi quando ti chiamavano così? (Gli palpa un braccio attraverso il mantello) Pelle e ossa sei... Sei cambiato, se devo essere sincero, straordinariamente cambiato.
Anna (risentita) E' un po' più asciutto di prima, ecco, un tantino pallido. Lei, segretario, mipare esagerato.
Giovanni (al segretario) Un po' cambiato per forza. Sono pochi quelli che ingrassano in guerra.
Il Segretario No, non dico la guerra. Sei cambiato nel complesso, voglio dire. Lo sai che mi metti quasi soggezione? (Ride con una certa malignità) Adesso non ce la faresti, eh, una sfida al braccio di ferro? Il rammollito Fortini, segretario comunale, avrebbe forse qualche chance...
Giovanni Chi lo sa. Certo io sono un po' stanco.
Anna (interviene recisa) Signor sindaco, ma chi l'ha avvertita? Come ha fatto a sapere che Giovanni era tornato?
Il Sindaco Io stesso, signora Anna, i miei occhi mortali. Un'automobile forestiera si nota subito da queste parti. E appena l'ho vista fermarsi all'altezza di questa casa mi son detto: vuoi vedere che il giovane Berton è tornato? Io sono curioso, lei lo sa. Sono venuto qui diretto... Poi, le. confesso, sono anche un poco avido di notizie. Sto preparando un libretto, oh niente di importante, un opuscolo sulla guerra per le tecniche inferiori... sarei venuto lo stesso, si capisce... ma qui c'è un soldato autentico, uno che ha visto e combattuto... Eri sul fronte della montagna, vero Giovanni? (Si siede sulla poltrona offertagli).
Giovanni (siede anche lui. Gli altri fanno ala intorno) Signor sì. Ho fatto undici mesi filati di fronte, senza neppure un giorno di licenza.
Il Sindaco E della battaglia di Monte Ferro sai niente? Si sono fatte tante chiacchiere su questa sciagurata battaglia.
Giovanni Qualche cosa ricordo, signor sindaco. Noi eravamo proprio sotto la vetta.
Il Sindaco (sorridendo) Quando ne ho chiesto al colonnello Melandri, il tuo comandante, se non sbaglio, lui si è trincerato, come suol dirsi, in un prudente riserbo. Non c'è stato verso. Non c'è stato verso... Tu allora c'eri?
Giovanni C'ero anch'io, si capisce.
Il Sindaco E dimmi, allora: che cosa è successo?
Giovanni Che cosa è successo? E' presto detto. Noi non si aveva quasi più munizioni, si era tutti mezzi congelati... E quelli sono venuti...
Il Sindaco Qui è il punto oscuro. I testimoni non sono d'accordo. Qualcuno sostiene che la ritirata sia avvenuta prima che il nemico avanzasse.
Giovanni (con grande distacco) Hanno fatto fuoco di preparazione, erano più di cento batterie, ci hanno coperti di rovine. E non si aveva quasi più fiato quando è cominciato l'attacco.
Il Sindaco Vuoi dire che siete stati travolti? Uno mi ha raccontato che è stato un fuggi fuggi, mi ha detto che sembravate tante lepri.
Giovanni Dipende, signor sindaco, dipende. Chi è stato travolto e chi no. Era di notte, buio pesto. Ma non direi proprio lepri.
Il Sindaco I giornali hanno parlato di resistenza elastica, ha fatto un'orribile impressione.
Giovanni (sorpreso) Io? come faccio a dire? Non so più nemmeno io come è finita quella notte.
Il Sindaco (bonario) — Meglio sorvolare? Questo vuoi dire?
Giovanni No, non voglio dire questo. E' che non sono in condizioni di rispondere. Come se a un certo punto non si ricordasse più niente.
Anna (con inquietudine) Sa, signor sindaco? Giovanni deve ripartire subito. Forse è un po' nervoso. Forse è meglio non angustiarlo con questi brutti ricordi...
Il Sindaco Deve ripartire subito? Non sapevo.
Anna C'è il suo capitano, fuori, che l'aspetta. L'ha accompagnato apposta fin qui, ma fra poco devono ripartire.
Il Sindaco Ah già, ho visto, qui fuori sullo stradone, un tipo sconosciuto. Ma voltava le spalle, non ho potuto vedere la faccia... Mi perdoni, signora Anna, non sapevo... Io parlavo in via accademica, per una onesta curiosità, credo. Ho pure un certo diritto, per dir così, come vecchio combattente... Se ne sono sentite raccontare tante... Avrei avuto piacere che Giovanni mi spiegasse tutto... Pazienza...
Giovanni Ciascuno dice la sua, signor sindaco, quelli che non c'erano e quelli che c'erano... certo ne sono rimasti parecchi sul Monte Ferro... Più di mezzo reggimento...
Il Segretario (ambiguo) Tu no, per fortuna, e ringraziamo Dio... E poi penso che voi siate tenuti al segreto militare, vero? E' forse per questo che preferisci tacere? E' di una grandissima utilità alle volte il segreto militare. Uno dice: segreto. E nessuno fiata più.
Anna Giovanni, non vuoi proprio rispondere?
Giovanni Ti giuro, mamma, non posso...
Il Sindaco E la nuova linea, dove si è stabilita?
Giovanni (serio) Non ricordo. Non ricordo assolutamente nulla.
I Vecchi Giovanni, sei troppo modesto. Diglielo, diglielo questo: montagne, ghiaccio, fame, pianti, pidocchi, bombe, sterco, schianti, sonno, urla, paura, venti; preghiere, pioggia, terra tra i denti. E poi gli occhi per sempre fermi, pace, buio, eternità, vermi.
Anna Giovanni, scuotiti! (Al sindaco) E' stanco il mio figliolo, signor sindaco, forse per questo non risponde. E' stanco e frastornato.
Il Segretario Si capisce. E chi non sarebbe frastornato?... Sei magro e stanco, Giovanni, ep pure in questo momento ti invidio. Come devi sentirti grande al paragone di me, per esempio, non è vero?
Giovanni (estremamente serio) Tu vuoi tentarmi, Stefano. E' proprio così come dici.
Il Segretario Vedi? vedi? Ma si può sapere perché non ti levi il mantello?
Il Sindaco Già. Perché ti tieni sempre il mantello così stretto?
Anna Deve ripartire, è per questo. Vero Giovanni che è per questo?
Giovanni Sì, tra poco devo andare.
Il Segretario (sempre pieno di unzione) E' una così bella giornata, siamo già in estate si può dire, fa caldo. Tu soffocherai sotto un materasso simile.
Giovanni Oh, non è mica tanto pesante. Io sto bene così.
Il Segretario Hai freddo e ti tieni coperto. Fai bene, fai. Non è così?
Giovanni Ho freddo, sì. Il gelido vento delle montagne mi batte sempre nella schiena. Per il freddo che si prende lassù dicono che non bastino dieci anni di sole.
Il Segretario Sia pure. Ma la casa paterna ti dovrebbe bastare. Anche i morti si scaldano al fuoco acceso dalla mamma. Dimmi, piuttosto, sii sincero, qui sono tutti amici e ti puoi completamente fidare. Che cosa nascondi là sotto? Perché almeno non apri uno spiraglio? Forse perché sei sudicio?
Giovanni (cercando di sorridere) Ho paura che sia proprio per questo, hai indovinato. Mi vergognerei a farmi vedere.
Il Segretario (pensandoci su) No no. Un soldato non si vergogna di essere sporco. La polvere e il fango non sono la bandiera del fante? Ti piace scherzare, ecco il fatto. Oppure è perché l'uniforme è tutta stracciata? E con la mamma ci tieni a far bella figura?
Giovanni O, certo, un po' è anche per questo. In verità sono ridotto tutto un brandello.
Il Segretario No, no. A pensarci non può essere neppure per questo. Si è mai visto un soldato che è stato in battaglia nascondere gli strappi dell'uniforme? E poi tu sei sempre stato un giovane disinvolto. No no, non ci credo. Deve essere un altro motivo... Chissà, forse hai qualche cosa di contrabbando?
Giovanni Sei veramente un indovino, Stefano. Neanche stavolta ti sei sbagliato. (Con sorriso amaro) Ho veramente qui con me qualche cosa di proibito... Non, non son diamanti, non oro... Una piccola cosa modesta che mi ha affidato il capitano... E non ve la posso far vedere.
Il Segretario La curiosità è una maligna creatura, Giovanni. Più la respingi, più diventa grande. Non vuoi proprio accontentarci?...
Giovanni (si alza risoluto) Ma adesso è ormai tardi... è l'ora di andare. Non vorrei che quello là si spazientisse.
Anna (ansiosamente) Giovanni, figlio mio! Sei appena tornato, non ho fatto neanche in tempo a vederti!
Il Segretario Ma sì, Giovanni, un minuto ancora. Accontenta la tua mamma. Starà dormendo nella macchina, il tuo capitano... Accomodati ancora dieci minuti... e lasciati togliere questo tuo benedetto mantello. (Si avvicina a Giovanni) Fatti finalmente vedere, misterioso soldato, un momentino solo!
I Vecchi Giovanni, ascolta, ascolta, guardala bene la tua mamma, guardala per l'ultima volta. Guarda la vecchia casa, guarda i muri, l'armadio, guarda i fiori e la polvere, guarda il ragno nell'angolo, guarda il fuoco e le ombre. Guarda negli occhi tua sorella, guarda il sole e la mamma, guardali bene, che mai tu più li rivedrai...
Anna (che finalmente ha udito, con terrore) Chi ha parlato? Chi è stato a parlare?
(Giovanni smarrito arretra verso la porta).
Il Segretario (facendoglisi addosso) — Un abbraccio, Giovanni!... Su su, hai paura di me? (Gli pone le mani sulle spalle, cercando di afferrare i lembi del mantello).
Giovanni (resistendo) No, Stefano, ti prego, lasciami, lasciami! E' meglio che non sappiate!
Anna Ma, segretario, che cosa fa? Lo lasci stare se lui non vuole.
Il Sindaco Fortini, non sia così noioso! Che cosa vuole che gliene importi del suo abbraccio?
Rita (afferrando il segretario per le spalle cerca di trarlo indietro) Basta, segretario, quante scene inutili!
Giovanni (la cui resistenza sta per cedere) No, no! Te ne pentirai, Stefano!
(Il mantello si è aperto. Il segretario arretra spaventato. E' apparso un intrico di bende insanguinate. Giovanni resta impietrito, il mantello leggermente aperto. Silenzio. Poi, acutissima e tragica, la voce della signora).
Anna Maria Vergine! Ma questo è sangue! Giovanni, figlio mio, che cosa ti hanno fatto?
Giovanni (con voce già assente) Devo andare, mamma... l'ho già fatto aspettare abbastanza il mio capitano... L'ho fatto aspettare fin troppo. Ciao Rita, ciao Manetta... Mamma, addio, addio!
(Si volta ed esce. Voltandosi espone il petto sanguinolente agli sguardi dei bambini che guardano attraverso le fessure della porta. Poi si allontana a grandi passi).
I Bimbi (terrorizzati) Aaah!
(Pausa. Si odono i passi allontanarsi).
Anna (lentamente, con voce alterata) Segretario, perché ha fatto questo? Lo sapevo che doveva finire così...
(Il sindaco e il segretario, borbottando incomprensibili saluti, fanno un inchino e si affrettano fuori. Silenzio. Si ode il rumore dell'auto che mette in moto. Rita e Marietta sono sulla soglia, immobili, a guardare. La signora Anna raccoglie da terra la fotografia del figlio, cerca di rimetterla in sesto, amorosamente, e la riappende al posto di prima).
Rita e Marietta (fisse allo stradone) E' salito in macchina... adesso partono... sì, sì... vanno, vanno... Dio, come vanno! (Si ode il rumore dell'auto svanire lontano).
Anna (dominandosi, con mosse rigide entra nello studiolo, sorprendendo i bambini pallidi e imbarazzati, stretti al davanzale della finestra. Precipitosamente essi riprendono i loro posti e fissano ansiosi la signora. Allora, lei, con voce profondamente diversa e con desolazione tutta contenuta)
Che cosa c'è? Si può sapere che cosa avete?
(China un attimo il capo, quasi sopraffatta. Si riprende, annuncia) Un po' di dettato... Su, i quaderni a posto!... Le penne! Siamo pronti?
(Aspetta che i bimbi si siano preparati. Meccanicamente, senza guardarlo, prende un libro e lo apre a caso. Lentamente comincia a dettare) « ... e la principessa Leonora... pianse... tre giorni... e tre notti... (i bimbi scrivono con impegno) ... ma da allora... tutte le sere... ».
F I N E