Il matrimonio di Sganarello

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IL MATRIMONIO DI SGANARELLO

Le Mariage Forcé

Commedia in un atto

di MOLIÈRE

Traduzione di A. Brissoni

PERSONAGGI

SGANARELLO

DORIMENA, ragazza emancipata, promessa a Sganariello

ALCANTORE, padre di Dorimena

ALCIDE, fratello di Dorimena

LICASTO, amante di Dorimena

PANCRAZIO, filosofo peripatetico

MARFURIO, filosofo scettico

GERONIMO, amico di Sganarello

DUE ZINGARE

Commedia formattata da

Sganarello                     - (parlando verso l’interno della casa) Vado e torno. Fare bene attenzione alla casa, mi rac­comando, tutto deve filare alla perfezione. Se portano soldi venite a cercarmi dal signor Geronimo; se ven­gono a chiederne, sono uscito, e non sarò di ritorno fino a notte inoltrata.

Geronimo                      - (che ha sentito le ultime parole di Sgana­rello) Ecco una consegna piuttosto giudiziosa.

Sganarello                     - Ah! signor Geronimo, capitate come il cacio sui maccheroni: venivo giusto da voi.

Geronimo                      - Perché ?

Sganarello                     - Debbo parlarvi di un progetto che mi frulla per la testa e desidero il vostro parere.

Geronimo                      - Volentieri: sono lieto di questa combi­nazione; possiamo benissimo discorrere qui.

Sganarello                     - Ottimamente: veniamo al dunque. Si tratta di un affare molto importante che mi è stato of­ferto ed è saggio principio farsi consigliare dagli amici.

Geronimo                      - Vi ringrazio di avermi scelto per questo. Ditemi pure di che si tratta.

Sganarello                     - Però, prima di tutto, vi scongiuro di non nascondermi niente e di dirmi con la maggiore franchezza il vostro parere.

Geronimo                      - Lo farò, visto che me lo chiedete.

Sganarello                     - Per me non c'è niente di peggio di un amico che non parli in modo aperto.

Geronimo                      - Avete perfettamente ragione.

Sganarello                     - E oggigiorno si trovano così pochi amici sinceri!

Geronimo                      - Parole sante.

Sganarello                     - Ecco, signor Geronimo, dovete pro­mettermi di parlarmi con la massima sincerità.

Geronimo                      - Ve Io prometto.

Sganarello                     - Datemi la vostra parola.

Geronimo                      - Parola d'amico. Ma ditemi dunque.

Sganarello                     - Ecco, vorrei sapere da voi se farei bene a sposarmi.

Geronimo                      - Chi, voi?

Sganarello                     - Sì, io, io in persona. Qual'è allora il vostro parere?

Geronimo                      - Vorrei pregarvi prima di dirmi una cosa.

 Sganarello                    - Quale?

Geronimo                      - Che età potete avere adesso?

Sganarello                     - Io?

Geronimo                      - Sì.

Sganarello                     - Ma... non saprei, ma così come sono sto benissimo.

Geronimo                      - Come! Non sapete neppure all'incirca la vostra età?

Sganarello                     - No; ma che c'entra?

Geronimo                      - Eh! ditemi una cosa, per favore: quanti anni avevate quando noi ci siamo conosciuti?

Sganarello                     - Diamine, avevo vent'anni allora.

Geronimo                      - Quanto tempo siamo stati insieme a Roma?

Sganarello                     - Otto anni.

Geronimo                      - E per quanti anni siete stato in Inghil­terra?

Sganarello                     - Sette.

Geronimo                      - E in Olanda, dove andaste subito dopo?

Sganarello                     - Cinque anni e mezzo.

Geronimo                      - Da quanto tempo siete qui?

Sganarello                     - Sono ritornato nel cinquantadue.

Geronimo                      - Dal cinquantadue al sessantaquattro sono dodici anni, se non mi sbaglio. Cinque in Olanda fanno diciassette; più sette in Inghilterra, ventiquattro; otto della nostra comune permanenza a Roma, trentadue; e venti che ne avevate quando ci siamo conosciuti, fanno giusto cinquantadue. Dimodoché, signor Sganarello, se­condo le vostre stesse dichiarazioni, avete già passato la cinquantina di due o tre anni circa.

Sganarello                     - Chi, io? Questo non può essere asso­lutamente.

Geronimo                      - Perbacco! La matematica non è un'opi­nione, ed io vi dichiaro appunto sinceramente e in tutta amicizia, come m'avete fatto promettere, che il matri­monio non è più un affare per voi. E' una cosa questa sulla quale i giovani devono piuttosto riflettere prima di compierla, Ima le persone della vostra età non ci de­vono neppur pensare; e se è detto comune che la mag­giore pazzia del inondo è quella di sposarsi, io non vedo niente di peggio che fare questa pazzia proprio nell'età nella quale dobbiamo essere più saggi. Concludendo, io vi dico con franchezza la mia opinione. Vi sconsiglio nel modo più assoluto il matrimonio; e vi giudicherei la persona più ridicola di questa terra se, dopo esser stato libero fino ad oggi, vi legaste proprio oggi con la più pesante catena che si possa immaginare.

Sganarello                     - E io vi dico che ho deciso di sposarmi, e che non sarò per niente ridicolo con la ragazza che ho scelto.

Geronimo                      - Ah! Ma allora è un'altra cosa! Non mi avevate detto questo.

Sganarello                     - La ragazza mi piace, ed io l'amo con tutta l'anima.

Geronimo                      - Voi l'amate con tutta l'anima?

Sganarello                     - Certamente, e ne ho fatto regolare ri­chiesta a suo padre.

Geronimo                      - L'avete già chiesta?

Sganarello                     - Sì. E' un matrimonio che si deve fare questa sera medesima; ed io ho dato la mia parola.

Geronimo                      - Oh! Ma allora sposatevi! Io non parlo più.

Sganarello                     - Io non ritorno sulle mie decisioni! Ma scusate, signor Geronimo, mi sembra proprio che io non sia più buono a prender moglie? Non parliamo dell'età che posso avere, ma esaminiamo rigorosamente i fatti. Un uomo di trent'anni è forse più agile e virile di me? Non mi sono mai sentito così elastico; ho forse bisogno di una carrozza o di una portantina per recar­mi in qualche posto? Non ho forse ancora tutti i miei denti perfetti e al completo? (Apre la bocca e mostra i denti) Mi faccio i miei quattro abbondanti pasti al gior­no, e non credo si possa trovare uno stomaco più solido del mio. (Tossisce) Hem, hem, hem. Eh! Dunque, cosa dite?

Geronimo                      - Avete ragione da vendere, mi ero sba­gliato. Fate benissimo a sposarvi.

Sganarello                     - Una volta non potevo neppur sentirne parlare, ma adesso ,so quel che mi fo. Oltre alla soddi­sfazione di essere il proprietario di una bella donna che mi farà mille carezzine, mi coccolerà, e mi massag­gerà quando sarò stanco; oltre a questa soddisfazione, dico, bisogna pur considerare che, rimanendo come sono, si estinguerà nel mondo la razza degli Sganarelli, e che invece sposandomi potrò rivivere in altri me stessi, avrò la gioia di vedere delle creaturine uscite da me, dei pic­coli ometti che mi rassomiglieranno come delle gocce d'acqua, che si baloccheranno tutto il giorno, che mi chiameranno papà quando ritornerò a casa e mi diranno mille piccole stupidaggini deliziose. Guardate, mi sem­bra di esserci, e di averne qui intorno almeno una mezza dozzina.

Geronimo                      - Ah! Non c'è niente di più bello, e vi consiglio di sposarvi il più presto possibile.

Sganarello                     - Dunque, me lo consigliate?

Geronimo                      - Certamente. Non potreste far nulla di più saggio.

Sganarello                     - Sono veramente lieto che voi mi diate questo consiglio da vero amico.

Geronimo                      - E... se non vi dispiace, posso sapere chi è l'eletta?

Sganarello                     - Dorimena.

Geronimo                      - Quella giovane Dorimena così elegante e così compiacente?

Sganarello                     - Esattamente.

Geronimo                      - Figlia del signor Alcantore?

Sganarello                     - Proprio così.

Geronimo                      - E sorella di un certo Alcide, piuttosto esperto nel tirar di scherma?

Sganarello                     - Proprio lei.

Geronimo                      - Accidenti!

Sganarello                     - Che ne dite?

 Geronimo                     - Ottimo partito! Potete sposarvi di corsa.

Sganarello                     - La mia scelta non è dunque oculata?

Geronimo                      - Assolutamente! Ah! Sarete proprio a posto! Vi consiglio anzi di fare il più presto possibile.

Sganarello                     - Mi rendete felice con le vostre parole. Vi ringrazio di cuore del vostro consiglio, e v'invito sta­sera alle mie nozze.

Geronimo                      - Non mancherò; ci voglio anzi venire in maschera, per essere più intonato alla festa. .

Sganarello                     - Vi sono obbligato.

Geronimo                      - (a parte) La giovane Dorimena, figlia del signor Alcantore, e il signor Sganarello che non ha che cinquantatre anni! Oh, che bella festa! (Se ne va ripe­tendo più volte queste ultime parole).

Sganarello                     - (solo) Questo matrimonio dev'essere azzeccato proprio bene, mette tutti di buonumore e quando lo annuncio tutti cominciano a ridere. Sono ve­ramente il più felice degli uomini.

Dorimena                      - (nel fondo, ad un piccolo lacchè che la segue) Andiamo, ragazzino, tienimi bene lo strascico e non t'imbambolare

Scanarello                     - (a parte, vedendo Dorimena) Ecco la mia signora. Ah! Quant'è graziosa! Che figura, che porta­mento! Vedendola così, non verrebbe a chiunque la vo­glia di sposarsi? (A Dorimena) Dove andate, deliziosa piccina, futura sposa adorata del vostro futuro sposo?

Dorimena                      - Vado a fare qualche spesuccia.

Sganarello                     - Dunque, mia adorata, siamo arrivati al grande momento che ci renderà ambedue felici. Voi non avrete più il diritto di rifiutarmi niente; ed io potrò fare con voi tutto quello che mi piacerà senza che nes-suno si scandalizzi. Voi diventerete mia dalla testa ai piedi, ed io sarò padrone di tutto: dei vostri occhietti svegli, del vostro nasetto birichino, dei labbruzzi appe­titosi, delle vostre orecchiette da baci, del vostro piccolo mento civettuolo, delle vostre... insomma, sarete tutta a mia discrezione, e io potrò carezzarvi quando vorrò. Non siete contenta di questo matrimonio, mia cara bamberot-tola?

Dorimena                      - Proprio contenta, ve lo giuro. Perché la severità di mio padre mi ha tenuta fino adesso nella più insopportabile delle schiavitù. Non ne posso più di que­sta costrizione, e ho desiderato mille volte di sposarmi, per essere libera e fare quel che mi pareva e piaceva. Grazie a Dio, voi siete arrivato proprio a puntino ed io mi sto organizzando per divertirmi e guadagnare tutto il tempo perduto. Voi siete un galantuomo, ed un uomo che sa vivere; io credo perciò che la nostra unione sarà ideale, e che non diventerete uno di quei mariti che tengono le loro mogli come delle marmotte. Vi comunico che non gradirei un siffatto modo di agire e che la soli­tudine mi condurrebbe sicuramente alla disperazione. Io adoro il gioco, le visite, la compagnia, i regali e le pas­seggiate; in una parola, tutte le cose piacevoli; e voi sarete felice di possedere una donna così ben intenzio­nata. Fra noi non ci sarà mai ragione di disaccordo, e sarete libero di fare quello che vorrete, proprio come lo farò io. Infatti, secondo il mio parere, occorre avere soprattutto una reciproca indulgenza e ricordarsi che non ci si sposa per far baruffa tutto il giorno. In una parola, noi vivremo come persone che sanno il fatto loro. Non sarete mai turbato da sospetti o gelosie; ciascuno di noi sarà convinto della fedeltà dell'altro ed io sarò sempre persuasa della vostra. Ma, .cos'avete? Mi sembrate un po' stravolto.

Sganarello                     - Niente : un po' di sangue alla testa.

Dorimena                      - E' un male piuttosto comune, oggidì; ma il nostro matrimonio farà scomparire anche questo. Ad­dio. .Non vedo l'ora di mettermi qualche vestito ragio­nevole, per buttar via subito tutti questi stracci. Vado a dare un'ultima ritoccatimi ai miei acquisti, e poi vi mando i fornitori. (Esce).

Geronimo                      - (entrando) Ah! signor Sganarello, sono felice di trovarvi sempre qui. Essendo infatti subito corsa voce che cercavate qualche bel brillante per farne dono alla vostra sposa, ho incontrato per combinazione un orefice che mi ha pregato di venire a dirvi a suo nome che ne ha per caso uno bellissimo.

Sganarello                     - Mio Dio! La cosa non è così urgente.

Geronimo                      - Cosa! Come sarebbe a dire? Dov'è tutto l'entusiasmo che avevate un momento fa?

Sganarello                     - Mi sono venuti, proprio un istante fa, dei piccoli dubbi sul matrimonio. Prima di continuare su questa strada, vorrei sceverare la questione con ocu­latezza ed avere delle spiegazioni su di un sogno che ho fatto stanotte, e che tutto ad un tratto mi è ritornato alla mente. Voi sapete benissimo che i sogni sono come degli specchi dove possiamo scorgere il nostro avvenire. Mi sembrava dunque di trovarmi su di un vascello, sopra un mare in burrasca e di...

Geronimo                      - Signor Sganarello, ho qualche coserella da fare che m'impedisce di starvi a sentire. Di sogni non me ne intendo proprio; quanto ai vostri ragiona­menti sul matrimonio, avete come vicini di casa due sapienti, due filosofi che son persone da potervi illumi­nare con tutta soddisfazione sull'argomento. Sono giusto di due scuole diverse, e potrete farvi così un giudizio preciso con i loro opposti pareri. Quanto alla mia opi­nione, ve l'ho detta poc'anzi. Vi son servo.

Sganarello                     - (solo) Giustissimo. Bisogna che mi con­ sigli un poco con quei signori per liberarmi da questa incertezza.

Pancrazio                      - (voltandosi verso la parte da dove è en­trato, senza vedere Sganarello) Andate, voi siete un impertinente, amico mio, un uomo digiuno di ogni buona disciplina, indegno della repubblica delle lettere.

Sganarello                     - Ah! bene, ecco uno che giunge a buon punto.

Pancrazio                      - (continuando, senza vedere Sganarello) Sì, io te lo sosterrò con argomenti stringenti e ti dimo­strerò, grazie ad Aristotile, filosofo dei filosofi, che tu sei un ignorante, un ignorantissimo, ignorantificante e ignorantificato in qualsiasi caso ed eccezione.

Sganarello                     - (a parte) Deve aver bisticciato con qualcuno. (A Pancrazio) Signore

Pancrazio                      - (continuando, senza vedere Sganarello) Pretendi di voler ragionare, e non sai neppure dove sta di casa la ragione.

Sganarello                     - (a parte) Per la collera non mi ha nep­pure veduto. (A Pancrazio) Signore...

Pancrazio                      - (continuando, senza vedere Sganarello) E' una proposizione da rigettare da tutte le terre della filosofia.

Sganarello                     - (a parte) Devono averlo fatto adirare sul serio. (A Pancrazio) Io...

 Pancrazio                     - (continuando, senza vedere Sganarello) «Toto coelo, tota via aberas».

Sganarello                     - Bacio le mani al signor dottore.

Pancrazio                      - Servo vostro.

Sganarello                     - Si potrebbe...

Pancrazio                      - (voltandosi verso la parte dalla quale è entrato) Ma ti rendi conto di quel che hai fatto? Un sillogismo «in balordo! ».

Sganarello                     - Io vi…..

Pancrazio                      - (continuando) La premessa maggiore è insufficiente, la minore impertinente, e la conclusione ridicola.

Sganarello                     - Io…..

Pancrazio                      - (continuando) Io creperei piuttosto che riconoscere ciò che sostieni, e manterrò la mia opinione fino all'ultima goccia del mio inchiostro.

Sganarello                     - Potrei...

Pancrazio                      - (continuando) Sì, io difenderò questa proposizione, «pugnis et calcibus, unguibus et rostro».

Sganarello                     - Signor Aristotile, potrei sapere cosa vi fa adirare in questo modo?

Pancrazio                      - Un motivo il più giusto del mondo.

Sganarello                     - E cioè?

Pancrazio                      - Un ignorante ha voluto sostenermi una proposizione sbagliata, una proposizione orribile, incon­cepibile, esecrabile.

Sganarello                     - Potrei sapere cos'è?

Pancrazio                      - Ah! Signor Sganarello, oggi tutto è ca­povolto ed il mondo è caduto in una generale corruzione. Ovunque regna una spaventevole libertà di costumi, ed i magistrati, che sono collocati in questo Stato per man­tenere l'ordine, dovrebbero morire di vergogna, per degli scandali così tremendi come quello che vi racconterò.

Sganarello                     - Dunque?

Pancrazio                      - Non è una cosa orribile, una cosa che grida vendetta all'universo intero, tollerare che si dica pubblicamente «la forma di un cappello »?

Sganarello                     - Come?

Pancrazio                      - Io sostengo che bisogna dire «la figura di un cappello» e non «la forma»; appunto perché c'è questa differenza tra forma e figura, che la forma è l'apparenza esteriore dei corpi animati, e la figura l'apparenza esteriore dei corpi inanimati; e, essendo il cappello un corpo inanimato, si deve perciò dire la fi­gura di un cappello e non la forma. (Voltandosi verso la parte dalla quale è entrato) Sì, ignorante che siete, così bisogna parlare; e sono le parole medesime di Aristotile nel capitolo sulla qualità.

Sganarello                     - (a parte) Io credevo che tutto fosse perduto. (A Pancrazio) Signor dottore, non pensate più a queste cose. Io...

Pancrazio                      - Sono talmente in collera che mi sento mancare.

Sganarello                     - Lasciate la forma ed il cappello tran­quilli. Devo dirvi una cosa. Io….

Pancrazio                      - Impertinente matricolato!

Sganarello                     - Di grazia, ritornate in voi. Io...

Pancrazio                      - Ignorante!

Sganarello                     - Eh! Mio Dio! Io...

Pancrazio                      - Volermi sostenere una simile proposi­zione!

Sganarello                     - Quel signore ha torto. Io...

 Pancrazio                     - Una proposizione condannata da Ari­stotile!

Sganarello                     - E' verissimo. Io...

Pancrazio                      - Le parole medesime!

Sganarello                     - Avete perfettamente ragione. (Rivolgen­dosi verso la parte dalla quale è entrato Pancrazio) Sì, voi siete uno sciocco e un impudente mettendovi a con­fronto con un dottore che sa leggere e scrivere. Oh! Ecco fatto: ora vi prego di «tarmi a sentire. Vorrei chiedervi un consiglio su di una cosa che mi preoccupa. Avrei pensato di scegliermi una compagna. La persona in que­stione è bella, è ben fatta; mi piace molto, ed è felice di sposarmi. Suo padre me l'ha concessa; ma io temo un poco quella disgrazia, voi mi capite, per la quale nessuno è compatito; e vi vorrei perciò pregare, come filosofo, di dirmi la vostra opinione. Eh? Qual'è dunque il vostro parere su questa faccenda?

Pancrazio                      - Piuttosto che ammettere che si può dire la forma di un cappello, permetterei che si dicesse che « datur vacuum in rerum natura » e che io non sono che una bestia.

Sganarello                     - (a parte) Un accidente che lo spacchi! (A Pancrazio) Eh! signor dottore, date un po' retta alla gente. Vi si parla per un'ora di seguito, e voi non ri­spondete un bel niente a quello che vi si chiede.

Pancrazio                      - Vi domando scusa. Il mio animo è in­vaso da una giusta collera.

Sganarello                     - Eh! Lasciate stare e abbiate invece la compiacenza di darmi retta.

Pancrazio                      - E sia. Cosa volete?

Sganarello                     - Vorrei dirvi una cosa.

Pancrazio                      - E quale lingua volete adoperare?

Sganarello                     - Quale lingua?

Pancrazio                      - Sì.

Sganarello                     - Per Bacco! La lingua che ho in bocca. Credo che non andrò a chiedere in prestito quella del mio vicino.

Pancrazio                      - Vi sto dicendo, quale idioma, quale lin­guaggio?

Sganarello                     - Ah! Allora è un'altra cosa.

Pancrazio                      - Parlerete francese?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Spagnolo?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Tedesco?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Inglese?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Latino?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Greco?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Ebraico?

Sganarello                               - No.

Pancrazio                      - Siriaco?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Turco?

Sganarello                     - No.

Pancrazio                      - Arabo?

Sganarello                     - No, no, italiano, italiano.

Pancrazio                      - Ah! Italiano!

Sganarello                     - Ci siamo capiti.

Pancrazio                      - Passate dunque da quest'altra parte; perché quest'orecchio è destinato alle lingue straniere e scientifiche, e l'altro al volgare ed alla lingua materna.

Sganarello                     - (a parte) Che razza di formalità per questi tipi!

Pancrazio                      - Cosa volete?

Sganarello                     - Consultarvi su di un piccolo problema,

Pancrazio                      - Ah! Ah! su un problema filosofico, non è vero?

Sganarello                     - No, scusatemi. Io...

Pancrazio                      - Volete forse sapere se la sostanza e l'ac­cidente sono nei loro rapporti termini sinonimi o equi­voci ?

Sganarello                     - Macche. Io-

Pancrazio                      - Se la logica è un'arte o una scienza?

Sganarello                     - Non è questo.

Io-Pancrazio                  - Se essa ha per oggetto le tre operazioni dello spirito o solamente la terza?

Sganarello                     - Ma no. Io...

Pancrazio                      - Se vi sono dieci categorie, o una soltanto?

Sganarello                     - Neanche. Io...

Pancrazio                      - Se la conclusione è una parte del sillo­gismo ?

Sganarello                     - Mai più. Io-

Pancrazio                      - Se l'essenza del bene è compresa nell'ap­petibilità o nella convenienza?

Sganarello                     - No. Io...

Pancrazio                      - Se il bene equivale al fine?

Sganarello                     - E dagli! Io-

Pancrazio                      - Se il fine si può percepire attraverso il suo essere reale, oppure attraverso il suo essere intenzio­nale?

Sganarello                     - No, no, no, no, no, per tutti i diavoli, no

Pancrazio                      - Spiegatemi allora il vostro pensiero, perché io non posso indovinarlo.

Sganarello                     - Anch'io voglio spiegarmi; ma bisogna starmi a sentire. (Mentre Sganarello dice) Dovete dunque sapere che io vorrei sposarmi con una giovane e bella ragazza. Io l'amo molto, e l'ho chiesta a suo padre; ma appena ho saputo...

Pancrazio                      - (dice nello stesso tempo, senza ascoltare Sganarello) La parola è stata data all'uomo per spie­gare il proprio pensiero; e, come i pensieri sono il ri­tratto delle cose, così le nostre parole sono il ritratto dei nostri pensieri. (Sganarello, che ha perso la pa­zienza, chiude più volte la bocca del dottore con la mano, ma il dottore continua a parlare tutte le volte che Sganarello leva la mano) Ma questo secondo ritratto differisce dal primo ritratto perché il primo ritratto è completamente distinto dal suo modello, e la parola in­vece s'immedesima con il modello non essendo altro che il pensiero espresso con un segno esteriore; onde ne viene di conseguenza che quelli che pensano bene sono anche quelli che parlano meglio. Esponetemi dunque il vostro pensiero con la parola, che è il più intelligibile di tutti i nostri mezzi.

Sganarello                     - (spinge il dottore in casa, e chiude la porta per impedirgli di uscire) Un accidenti che lo spacchi!

 Pancrazio                     - (dall'interno della casa) Sì, la parola è « animi index et speculum ». E' l'interprete del cuore, l'immagine dell'animo. (Si affaccia alla finestra e continua) E' uno specchio che ci fa scorgere con chiarezza i segreti più riposti del nostro individuo; e, dato che voi avete riunite le facoltà del raziocinio e del linguaggio, cosa v'impedisce di servirvi della parola per farmi intendere il vostro pensiero?

Sganarello                     - E' quello che vorrei fare, ma non mi «tate a sentire.

Pancrazio                      - Vi ascolto, parlate.

Sganarello                     - Dunque, io dico, signor dottore, che...

Pancrazio                      - Ma soprattutto siate breve.

Sganarello                     - Sarò breve.

Pancrazio                      - Evitate la prolissità.

Sganarello                     - Eh! Signo...

Pancrazio                      - Tagliate il vostro discorso con un apoftema alla laconica.

Sganarello                     - Io vi.-

Pancrazio                      - Evitate ambagi e circonlocuzioni. (Sganarello per la rabbia di non poter parlare si mette a rac­cogliere pietre per rompere la testa al dottore) Eh che! Andate in collera, invece di spiegarvi! Siete più imper­tinente di quel tale che mi voleva sostenere che bisogna dire la forma di un cappello; ed io vi proverò di ri­mando con degli argomenti dimostrativi e convincenti, che voi non siete e non sarete mai altro che una pecora, « che io sono e sarò sempre, « in utroque jure », il dottoore Pancrazio.

Sganarello                     - Diabolico chiacchierone!

Pancrazio                      - (rientrando m scena) Uomo di lettere, uomo d'erudizione.

Sganarello                     - Ancora?

Pancrazio                      - Uomo di capacità, uomo di valore; (andandosene) uomo incallito in tutte le scienze naturali, morali e politiche; (ritornando) uomo sapiente, sapien­tissimo, «per omnes modos et casus»; (andandosene) uomo che conosce cose enormi, favole, mitologie e sto­rie; (ritornando) grammatica, poesia, retorica, dialettica e -sofistica; (andandosene) matematica, aritmetica, ottica, onirocritica, fisica e matematica; (ritornando) cosmometria, geometria, architettura, speculoria e speculatoria; (andan­dosene) medicina, astronomia, astrologia, fisionomia, meSoposcopia, chiromanzia, geomanzia, eccetera.

Scanarello                     - (solo) Al diavolo i sapienti che non vo­gliono dar retta alla gente! Mi avevano informato bene quando mi dicevano che il maestro Aristotile era un gran chiacchierone. Andiamo a cercare l'altro; speriamo sia un po' più ragionevole e trattabile. Olà!

Marrubio                       - (entrando) Cosa c'è, signor Sganarello?

Sganarello                     - Signor dottore, vorrei un vostro consi­glio su di un affaretto che debbo concludere, e sono venuto qui appunto per questo. (A parte) Ah! Comincia­mo ad andar bene. Questo qui almeno ascolta la gente.

Marfurio                        - Signor Sganarello, se non vi è discaro, cambiate questo modo di parlare. La nostra filosofia ci comanda di non enunciare mai delle proposizioni de­cisive, ma di parlare di tutto con incertezza, di non sentenziare su niente; perciò voi non dovete dire: «io sono venuto»; ma: «Mi sembra di essere venuto».

Sganarello                     - Mi sembra?

Marfurio                        - Sì.

Sganarello                     - Perbacco! Bisogna pure che mi sembri, »e sono qui.

Marfurio                        - Questa non è affatto una conseguenza; e può sembrarvi, mentre in realtà non è.

Sganarello                     - Come? Non è vero che io sono venuto?

 Marfurio                       - E' incerto, e noi dobbiamo dubitare di tutto.

Sganarello                     - Che! Io non sono qui, e voi non mi parlate?

Marfurio                        - Ho l'impressione di vedervi lì, e mi sem­bra di parlarvi; ma non è affatto sicuro che ciò sia.

Sganarello                     - Eh! Che diamine! Voi scherzate. Io son qui, e voi siete lì; mi sembra che c'è poco da dire « mi sembra », in queste condizioni. Vi prego non ci occupiamo di queste sottigliezze, e parliamo piuttosto del mio caso. Sappiate dunque che io voglio prendere moglie.

Marfurio                        - Non ne so niente.

Sganarello                     - Ve lo dico io.

Marfurio                        - Può darsi.

Sganarello                     - La ragazza da me scelta è bellissima e giovanissima.

Marfurio                        - Non è impossibile.

Sganarello                     - Farò bene o male a sposarmi?

Marfurio                        - Bene e male.

Scanarello                     - (a parte) Ahi Ahi Comincia un'altra musica. (A Marfurio) Vi sto domandando «e farò bene a sposare questa ragazza.

Marfurio                        - Dipende.

Sganarello                     - Farò male?

Marfurio                        - Forse.

Sganarello                     - Per favore rispondetemi a tono.

Marfurio                        - E' il mio programma.

Sganarello                     - Io ho una grande simpatia per la ra­gazza.

Marfurio                        - E' una cosa possibile.

Sganarello                     - Il padre me l'ha concessa.

Marfurio                        - Potrebbe darsi.

Sganarello                     - Ma, dopo averla sposata, ho paura che mi faccia becco.

Marfurio                        - La cosa è fattibile.

Sganarello                     - Ma voi cosa ne pensate?

Marfurio                        - Che si può fare.

Sganarello                     - Al mio posto voi cosa fareste?

Marfurio                        - Non so.

Sganarello                     - Cosa mi consigliate?

Marfurio                        - Quello che vi pare e piace.

Sganarello                     - Io divento idrofobo!

Marfurio                        - Me ne lavo le mani.

Sganarello                     - Gli prenda un colpo a questo vecchio pazzoide!

Marfurio                        - Sarà quel che sarà!

Sganarello                     - Mondo assassino! Ora ti faccio cantare in un altro modo, cane arrabbiato di un filosofo! (Co­mincia a bastonare Marfurio).

Marfurio                        - Ah! Ah! Ah!

Sganarello                     - Ti ho pagato per la tua filastrocca, e sono a posto.

Marfurio                        - Come! Che insolenza! Perdermi di ri­spetto in questo modo! Avere l'audacia di bastonare un filosofo come me!

Sganarello                     - Cambiate, se non vi è discaro, questo modo di parlare. Bisogna dubitare di tutto; e voi non dovete dire che io vi ho bastonato, mia che vi sembra che io vi abbia bastonato.

Marfurio                        - Ah! Vado a sporgere querela dal com­missario del quartiere, per i colpi che mi avete dato.

Sganarello                     - Me ne lavo le mani.

Marfurio                        - Ho i lividi da per tutto.

Sganarello                     - Può darsi.

Marfurio                        - Sei tu che mi hai ridotto in questo stato.

Sganarello                     - Non è impossibile.

Marfurio                        - Otterrò un mandato di cattura contro di te.

Sganarello                     - Me ne lavo le mani.

Marfurio                        - E sarai condannato secondo il codice.

Sganarello                     - Sarà quel che sarà.

Marfurio                        - Lascia fare a me. (Esce in furia).

Scanarello                     - (solo) Insomma! Non si può tirar fuori una parola a modo da un simile animale, e io nè so quanto prima. Cosa potrei fare per vederci un po' chiaro sulle conseguenze del mio matrimonio? Non c'è mai stato uno più nei guai di me. Ah! ma ecco delle zingare, mi farò leggere l'avvenire da loro.

Le Zingare                    - (con i loro tamburelli a sonagli, entrano cantando e ballando).

Sganarello                     - Perbacco che belle figliole! Ehi, voi, ascoltatemi: potete dirmi la buona ventura?

Prima Zingara               - Sì, mio bel signore, eccoci in due per servirti.

Seconda Zingara           - Tu devi darei solamente la mano, con una monetina dentro, e noi ti diremo qualcosa che ti sarà utilissima.

Sganarello                     - Eccovele tutte e due, e anche il resto.

Prima Zingara               - Tu hai una buona linea, mio buon signore; una buona linea.

Seconda Zingara           - Proprio, una buona linea; linea di un uomo che un giorno sarà qualcuno.

Prima Zingara               - Ti sposerai fra pochissimo, mio bel signore; ti sposerai fra pochissimo.

Seconda Zingara           - Tua moglie sarà una donna gra­ziosa, una donna graziosa.

Prima Zingaba               - Proprio, una donna che sarà vezzeg­giata ed amata da tutti.

Seconda Zingara           - Una donna che ti procurerà tanti amici, mio buon signore; che ti procurerà tanti amici.

Prima Zingara               - Una donna che farà venire l'abbon­danza nella tua casa.

Seconda Zingara           - Una donna che ti procurerà una grande fama.

Prima Zingara               - Sarai tenuto in gran conto in virtù sua, mio bel signore; sarai tenuto in gran conto in virtù sua.

Sganarello                     - Tutto questo va molto bene. Ma ditemi un po': c'è pericolo di diventar becco?

Seconda Zingara           - Becco?

Sganarello                     - Sì.

Prima Zingara               - Becco?

Sganarello                     - Sì, c'è il pericolo di diventar becco? (Le due zingare ballano e cantano) Per tutti i diavoli! Non è questo il modo di rispondere! Venite qui. Do­mando a voi due: sarò becco?

Seconda Zingara           - Becco? Voi?

Sganarello                     - Sì, sarò becco?

Prima Zingara               - Voi? Becco?

 Sganarello                    - Sì, lo sarò o non lo sarò? (Le due zin­gare, sempre cantando e ballando, escono. Sganarello rimasto solo, brontola) Razza di bestiacce che mi lasciano nei pasticci! No, bisogna che io sappia a tutti i costi l'esito del mio matrimonio; andrò da quel grande indo­vino del quale tutti parlano, e che può far vedere con la sua magia tutto quello che si vuole... in fede mia, credo che non ci sia più bisogno dell'indovino; ecco qualcuno che può mostrarmi tutto molto chiaro. (Entrano Dorimena e Licasto. Sganarello si nasconde in un angolo).

Licasto                          - Come! Bella Dorimena, parlate sul serio?

Dorimena                      - Parlo sul serio.

Licasto                          - Vi sposate veramente?

Dorimena                      - Mi sposo veramente.

Licasto                          - E le vostre nozze si faranno proprio -que­sta sera?

Dorimena                      - Proprio questa «era.

Licasto                          - E voi potete, o,crudele, dimenticare in tal modo il mio amore per voi, e la parola che un giorno mi avete dato?

Dorimena                      - Io? ma neanche per sogno. Io vi consi­dero sempre nello stesso modo e non dovete davvero disperarvi per questo matrimonio: quest'uomo io non lo sposo affatto per amore; la sua ricchezza soltanto me l'ha fatto scegliere. Io non possiedo niente e voi nean­che, e voi sapete meglio di me che con niente si passa il tempo piuttosto male, e bisogna allora arrangiarsi per procurarsi qualcosa. Ho approfittato dell'occasione per mettermi a posto; e l'ho fatto anche con la speranza di liberarmi al più presto di quel vecchio barbogio. E' un uomo che morirà presto: avrà sì e no ancora sei mesi da campare, ve lo garantisco; ed io non avrò da aspet­tare per molto tempo lo stato invidiabile di vedova. (Scorgendo Sganarello) Ah! Stavamo giusto parlando di voi, e dicendo tutto il bene che vi meritate.

Licasto                          - Sarebbe il signore...

Dorimena                      - Sì, è lui il signore che mi sposa.

Licasto                          - Signore, permettete che io mi feliciti per il vostro matrimonio, e mi metta umilmente a vostra disposizione. Posso assicurarvi che sposate un fior di candore, e quanto a voi, madamigella, mi congratulo per una scelta così felice. Non potevate cascare meglio perché il signore ha tutta l'aria di diventare un ottimo marito. Sì, signore, voglio diventarvi amico, ed organiz­zare insieme un vero e proprio scambio di visite e di divertimenti.

Dorimena                      - Voi fate veramente un grande onore a tutti e due. Ma andiamo, perché ho piuttosto fretta e potremo intanto farci buona compagnia.

Scanarello                     - (solo) Mi è passata di colpo la voglia di prender moglie; e credo che farò proprio bene a sfìdanzarmi. Ci ho rimesso un po' di denaro; ma è molto meglio perdere qualche soldo che andare incontro a , qualcosa di peggio. Studiamo scaltramente di liberarci da questa faccenda. Olà! (Bussa alla porta della casa di Alcantore).

Alcantore                      - Ah! Genero mio, siate il benvenuto!

Sganarello                     - Signore, vi son servo.

Alcantore                      - Siete già qui per concludere il matri­monio?

Sganarello                     - Scusatemi...

Alcantore                      - Posso assicurarvi che sono impaziente quanto voi.

Sganarello                     - Sono venuto per un'altra ragione.

Alcantore                      - Ho già provveduto a tutto il necessario per la festa.

Sganarello                     - Non si tratta di questo.

Alcantore                      - I violini sono fissati, il rinfresco ordi­nato, e mia figlia è già addobbata per ricevervi.

Sganarello                     - Non è per questo che sono qui.

Alcantore                      - Finalmente sarete soddisfatto; perché nulla si oppone alla vostra felicità.

Sganarello                     - Mio Dio! Non ci siamo.

Alcantore                      - Ma entrate dunque, genero mio.

Sganarello                     - Vorrei dirvi una parolina.

Alcantore                      - Ma insomma, non facciamo delle ceri­monie! Entrate, vi prego.

Sganarello                     - No, dicevo, prima devo parlarvi.

Alcantore                      - Dovete dirmi qualcosa?

Sganarello                     - Sì.

Alcantore                      - Cosa?

Sganarello                     - Signor Alcantore, io ho chiesto vostra figlia in isposa, è vero, e voi me l'avete concessa; ma io sono un po' troppo vecchio per lei, e trovo perciò che non faccio al caso suo.

Alcantore                      - Perdonatemi, ma mia figlia vi trova adattissimo, e sono certo che vivrà con voi felice « contenta,

Sganarello                     - Ma niente affatto. Spesso io cado in preda ad accessi raccapriccianti, e, lei soffrirebbe troppo per causa mia,

Alcantore                      - Mia figlia è molto compiacente, e ve­drete che si adatterà alla perfezione.

Sganarello                     - Il mio corpo è afflitto da alcune disgu­stose infermità che potrebbero farle ribrezzo.

Alcantore                      - Sciocchezze. Una donna onesta non ha mai ribrezzo del proprio marito.

Sganarello                     - Insomma, volete proprio che ve lo dica? Non vi consiglio di darmi vostra figlia.

Alcantore                      - Scherzate, non è vero? Preferirei morire piuttosto che mancar di parola.

Sganarello                     - Dio mio! Sono io che vi dispenso € io...

Alcantore                      - Neanche per sogno. Io ve l'ho promessa e voi l'avrete a dispetto di tutti gli altri pretendenti.

Sganarello                     - (a parte) Diavolo!

Alcantore                      - Vedete, io ho per voi una stima e una fiducia tutte particolari; e rifiuterei mia figlia ad un principe per darla a voi.

Sganarello                     - Signor Alcantore, sono molto obbligato per l'onore che mi fate; ma vi debbo dichiarare solen­nemente che non voglio sposarmi in nessun modo.

Alcantore                      - Chi, voi?

Sganarello                     - Sì, io.

Alcantore                      - E perché ?

Sganarello                     - Perché ? Perché non sono per niente adatto al matrimonio, e voglio seguire le orme di mio padre, e di tutti quelli della mia razza, che non hanno mai voluto prender moglie.

Alcantore                      - Statemi a sentire. La volontà è libera, ed io non son davvero tipo da costringere nessuno. Voi vi siete impegnato di sposare mia figlia, e tutto è pronto per la cerimonia; ma, dacché voi volete ritirare la vo­stra parola, vado a vedere quel che si può fare, e avrete mie nuove quanto prima.

Sganarello                     - (solo) E’ ancora più ragionevole di quello che non pensassi; credevo davvero di far più fa­tica. Parola mia, a ripensarci ho fatto proprio bene a tirarmi fuori da questo ginepraio, perché stavo per fare un passo del quale forse mi sarei pentito per molto tempo. Ma ecco il figlio che mi porta la risposta.

Alcide                           - (parlando con tono mellifluo) Signore, io sono il vostro umilissimo servo.

Sganarello                     - Signore, io sono il vostro con tutto il cuore.

Alcide                           - (sempre sullo stesso tono) Signore, mio pa­dre mi ha detto che volete tirarvi indietro.

Sganarello                     - Sì, signore, mi dispiace molto, ma...

Alcide                           - Oh! Signore, non c'è nulla di male.

Sganarello                     - Sono proprio addolorato, ve l'assicuro; e desidererei...

Alcide                           - Ma non è niente, vi dico. (Alcide presenta a Sganarello due spade) Signore, abbiate la bontà di scegliere quale preferite fra queste due spade.

Sganarello                     - Fra queste due spade?

Alcide                           - Sì, se non vi dispiace.

Sganarello                     - E perché ?

Alcide                           - Signore, visto che vi rifiutate di sposare mia sorella dopo aver dato la vostra parola, credo che apprezzerete molto la mia delicatezza.

Sganarello                     - Come sarebbe a dire?

Alcide                           - Altre persone avrebbero provocato uno scan­dalo, e se la sarebbero presa con voi; invece noi siamo gente usa a condurre gli affari con molta finezza; ed è perciò che io vi chiedo con la maggiore cortesia d'in­filzarci a vicenda.

Sganarello                     - Come delicatezza non c'è male.

Alcide i                         - Andiamo, signore, scegliete, vi prego.

Sganarello                     - Sono il vostro servo, ma non sono in condizione di farmi infilzare. (A parte) Che brutto modo di esprimersi.

Alcide                           - Signore, bisogna farlo, ve ne prego.

Sganarello                     - Signore, vi scongiuro, ringuainate questa cortesia.

Alcide                           - Facciamo presto, signore. Dopo ho un ap­puntamento.

Sganarello                     - Ma io non ne voglio sapere, vi ripeto.

Alcide                           - Non volete battervi?

Sganarello                     - Proprio no.

Alcide                           - Nel modo più assoluto?

Sganarello                     - Nel modo più assoluto.

Alcide                           - (dopo avergli dato diverse bastonate) Al­meno, signore, non potrete lamentarvi; potete vedere da voi che io seguo un ordine rigorosamente logico. Voi ci mancate di parola, io vi chiedo di battervi; voi vi rifiutate di battervi, io vi bastono; è un procedimento assolutamente regolare; e voi siete troppo una persona onesta per non approvarmi.

Sganarello                     - (a parte) Che razza d'uomo è mai questo ?

Alcide                           - (gli ripresenta le due spade) Andiamo si­gnore, fate le cose con eleganza, e senza farvi tirare le orecchie.

Sganarello                     - Di nuovo?

Alcide                           - Signore, io non obbligo mai nessuno; ma è necessario che vi battiate, o sposiate mia sorella.

Sganarello                     - Signore, io non posso fare ne l'una ne l'altra cosa, ve lo giuro.

Alcide                           - Davvero?

Sganarello                     - Davvero.

Alcide                           - Allora, con il vostro permesso (Si rimette a bastonare Sganarello).

Sganarello                               - Ah! Ah! Ah!

Alcide                           - Signore, soffro molto nel trattarvi così, ma io non smetterò, perdonatemi, finché voi non mi avrete promesso di battervi, o di sposare mia sorella. (Alcide alza nuovamente il bastone).

Sganarello                     - Si, sì, mi sposo, mi sposo.

Alcide                           - Ah! Signore, sono davvero felice che ridi­ventiate ragionevole, e che le cose si svolgano con finez­za. Perché vi assicuro che voi siete un uomo che io stimo moltissimo; e sarei caduto nella più nera disperazione se fossi stato costretto a trattarvi male. Chiamo mio padre, per dirgli che la faccenda è appianata. (Bussa alla porta di Alcantore, il quale entra in scena con Dorimena) Padre mio, il signore è veramente ragionevole. Mi è venuto incontro con assoluta comprensione e po­tete concedergli senz'altro mia sorella.

Alcantore                      - Signore, eccovi la sua mano; non avete che ad allungare la vostra. Mi son liberato di un bel peso: d'ora in avanti ormai ve la «brigherete voi. An­diamo a divertirci, e a celebrare questo bel matrimonio d'amore.

FINE