Il medico della signora malata

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IL MEDICO DELLA SIGNORA MALATA

Commedia caricaturale in tre atti

di LUIGI BONELLI

(ex Cetoff Sternberg)

PERSONAGGI

IL MATTO

LA SIGNORA MALATA (Tatiana)

IL MARITO DELLA SIGNORA (Gregorio)

IL SUOCERO DELLA SIGNORA (Sua Eccellenza)

IL VECCHIO CUSTODE DI GIORNO

IL NUOVO CUSTODE DI NOTTE

IL DIRETTORE DEL MANICOMIO

LA GOVERNANTE DELLA SIGNORA (Lena)

UN MEDICO

UN CAMERIERE

UNA STUDENTESSA

ALCUNI INFERMIERI

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La portineria di un manicomio di provincia. In fondo, a destra, la porta d'entrata con due bussole a vetri. Si intravede, fuori, la strada in­vernale lucida di pioggia, su cui si riflette la serpentina rossa di un fanale da stabilimento di cura. Sul proscenio, a sinistra, la porta che comunica col giardino del manicomio. Nella stessa parete, verso il fondo, un uscio a muro. Un orologio, un calendario, una lavagna con ap­pesi, accanto, il gessetto e la cimosa. E' notte.

SCENA PRIMA.

Il vecchio custode di giorno e il nuovo cu­stode DI NOTTE. (Appesi all'attaccapanni sono: una cappabianca, un grembiule bianco, una papalina ditela, un cappotto e un cappello).

Il vecchio custode di giorno   - (guardando con sussiego e disdegno il collega nuovo, ch'è un ometto mingherlino vestito di scuro, e to­gliendosi cappa, grembiule e berretto, in tutto simili a quelli appesi all'attaccapanni) Il lavoro non è faticoso e non è nemmeno difficile: basta vegliare.

Il nuovo custode di notte        - (timorosamente, rigirando il cappello duro tra le mani) Vegliare... Come, « vegliare »?

Il vecchio custode di giorno   - (con autorità) « Stare svegli ». « Non addormentarsi ». Ve lo avranno detto in Amministrazione. Orsù (mostra col dito gli indumenti dell'attacca­panni), vestite la vostra divisa, (piega ac­curatamente la propria roba e la ripone in un cassetto del banco) E non siate cosi preoc­cupato, (comincia a parlare a macchinetta, con voce monotona, sonnifera) Non c'è pro­prio da spaventarsi dinanzi alla prospettiva di far niente. Perché non c'è niente da fare. Ve lo dico io: ho servito anche di notte, per supplenza. Oh! Di giorno è un'altra faccen­da! Di giorno c'è da tener nota di tutto il traffico;... segnare le entrate e le uscite;... regolare le visite; scacciar via quei curiosi im­portuni e sfacciati dei giornalisti che non danno mai un soldo di mancia e poi spar­gono il ridicolo sul personale;... c'è il tele­fono; la porta... Insomma, è un lavoro. Ci vuole abilità, metodo, pratica... spirito. In­vece, voi: niente di tutto ciò. Vegliare, e basta, (si spazzola i panni mentre l'altro, con la biancheria ospitaliera in mano, non sa decidersi a indossarla) Che c'è?

Il nuovo custode di notte        - C'è che... Ecco: per vegliare bene di notte, bisogna aver dor­mito un pochino di giorno!

Il vecchio custode di giorno   - (indossando il cappotto e il cappello appesi all'attaccapan­ni) E' naturale. L'Amministrazione non pretende mica il contrario. Capisco: è noio­so sulle prime, ma poi si fa l'abitudine e si finisce per assuefarsi a vivere la propria vita capovolta: il giorno a letto, la notte in piedi... E' l'esistenza dei principi, del resto, dei gaudenti, di quelli che hanno la fortuna di finire qui dentro, reparto alcoolizzati, lue­tici, cocainomani... Via, venite che vi aiuto.

Il nuovo custode di notte        - (togliendosi il cap­potto, appendendolo col cappello e indos­sando la cappa di cui l'altro gli lega, di die­tro, le fettucce) La vita capovolta: è una parola! Ma... prima di capovolgerla? Io, per esempio, non mi ero reso conto esatto della situazione ed oggi non ho dormito punto. Anzi... ho passato una giornata!... Avevo vi­sto là (indica l'uscio a muro dì sinistra che è semiaperto), una grande branda e pensavo che si potesse schiacciare anche un pisolino di tanto in tanto...

Il vecchio custode di giorno   - (con voluttà) La branda?! No. Non è per voi. E' per qualche infermiere aggiunto che debba pas­sare la notte in portineria... Casi eccezionali. (con gioia viva) Niente: voi dovete mettervi li a sedere (accenna alla poltrona), e tenere gli occhi ben spalancati... E' il vostro uffi­cio. Se no basterebbe un campanello. Ecco: siete pronto. Sedete. Buonanotte. Io sono un uomo metodico e discreto. Non voglio inva­dere il vostro campo. Buonanotte.

Il nuovo custode di notte        - (con voce incerta, spezzando la parola con uno sbadiglio) Buonanotte.

Il vecchio custode di giorno   - (che si era avviato per uscire, accendendo la pipa, torna indietro) Mi dimenticavo: badate bene di non fumare, (indica il cartello) E' proibito. C'è chi combatte il sonno col fumo. Qui non si può. Non si può nemmeno bere. Sono ri­gorosissimi contro l'introduzione clandestina dei liquori. Vedete? (leva dalla tasca del cappotto un bottiglia di grappa) Io requisi­sco sempre delle bottiglie a coloro che visi­tano il manicomio... C'è chi vorrebbe favo­rire qualche ammalato e c'è chi si premunisce credendo di dover assistere a degli spettacoli orribili., nauseanti, (beve alla bottiglia) E' buona, questa. Concludendo: niente liquo­ri. Ne avete, in dosso, per caso?

Il nuovo custode di notte        - (con voce sonno­lenta) No. Sono astemio. Ma gli è che da stamattina non ho fatto che girare e girare...

Il vecchio custode di giorno   - Astemio? Ot­timamente. L'acqua si può bere, io credo. Ma non il caffè perché, per riscaldarlo, c'è bi­sogno di accendere qualche cosa, ed hanno patirà degli incendi. Di giorno, invece, ce lo portano dalle cucine. E, potete capirlo, ci portano il meglio! Vi dico tutto ciò per spi­rito di cameratismo, per risparmiarvi dei di­spiaceri...

Il nuovo custode di notte        - (pulendo col faz­zoletto i vetri dei suoi occhiali d'oro) Grazie...

Il vecchio custode di giorno   - (con fatuità e con la voce traboccante di soddisfazione) Non mi ringraziate; non vi sacrifico che qualche minuto di passeggiata. Andrò subito a casa, invece, dove mi aspetta la mia Ge­netta calda... Me la pappo, me la gusto e mi fo coricare a letto da mia moglie, ch'è am­maestrata .alla parola e mi toglie persino gli stivali... Un bel lettone soffice;... un buon sonno tranquillo... A proposito: potete leg­gere. Ecco: potete leggere: Che mentalità avete?

Il nuovo custode di notte        - (sbadigliando) Mah!

Il vecchio custode di giorno   - Che tempe­ramento, dico?

Il nuovo custode di notte        - Dopo la menengite ho cambiato carattere... Perché ho avu­to la menengite.

Il vecchio custode di giorno   - Lo vedo. Il vostro predecessore era un uomo incolto e brutale. Non amava i letterati seri... Al con­trario di me. E per questo non andavamo diaccordo. Perché io sono, è vero, come visarete accorto, un uomo chiuso e taciturno, ma mi compiaccio, talvolta, di buttar giù tra i miei appunti dei pensieri poetici e delle osservazioni originali, (il nuovo custode si addormenta) Piccoli peccati che tengo na­scosti gelosamente. Roba per i miei figliuoli, i quali sapranno cosi che il padre loro faceva l'impiegato statale, è vero, ma, non si di­menticava di essere anche artista. Ora che ci penso: ecco una lettera che può fare al caso vostro, (si volge verso il collega) Oh! là, là! Già a questo punto? Buon per voi che io non sono un ispettore. Su... (grida) Su, marmotta!

Il nuovo custode Di notte       - (svegliandosi di so­prassalto) Eh?! Che c'è? Non dormivo! Non dormivo!

Il vecchio custode di giorno   - E che facevate:

Il nuovo custode di notte        - Ascoltavo, con attenzione. Dunque?

Il vecchio custode di giorno   - Niente: vo­levo mostrarvi un mio quaderno che può riuscire interessante. E' qui. (apre con la chiave, e ne trae una specie di registro unto e logoro) Bazzecole... sciocchezze... ma con un briciolo di genialità. Molti che stampano libri pagherebbero di poter fare un panino con certe briciole! Ve lo dico io che me ne intendo: ne ho visti passare tanti da questa porta! Sentite: vi leggerò un piccolo saggio; basta un minuto! E' una pittura d'ambiente psicologico, (legge) « Sono come in un ponte tra il mondo della follia e quello della sa­viezza. Di qua i pazzi gridano... ». (inter­rompendo la lettura) Questo è vero; sappia­telo: non fanno che gridare e spesso, quando vuol piovere, anche di notte. Sono distra­zioni che capiteranno anche a voi e vi aiu­teranno bene a tener gli occhi aperti, (sorridendo) Mi piace di mettervi al corrente dei segreti del mestiere!... A bomba: (leg­ge) « Di qua i pazzi gridano, di là i sani tacciono. Ma è da osservare che anche gli asini tacciono quando i carrettieri gridano ed io, che sono sul ponte, farmi vedere quegli asini... Consegnare un biglietto al dottor Makiloff da parte della biondi... ». No. Questo non c'entra. Scusate. Siccome è un brogliazzo... Io sono un uomo metodico: posseggo una memoria di ferro, ma segno tutto. Così avviene, talvolta, che mentre scrivo, ca­pita un... (leggendo) « Mancia per visita fuori ora... » Niente... Ecco ce Ma tu, follia,che rifiuti il cibo e ti fai nutrir con la sonda, non somigli alla più perfetta spiritualità? Io stesso sono il tuo portiere al pari del poeta che è il tuo servo! (il nuovo custode si riad­dormenta dopo aver fatto tutti gli sforzi possibili per tenere gli occhi aperti) Oh! fol­lia... ». (interrompendo la lettura) Non cre­diate che io, nella realtà, ammiri i matti così come risulta da questo brano: sono de­gli sciocconi sudici e molesti, ma fa così bell'effetto alle persone savie tesserne l'elogio! La letteratura ha le sue esigenze. Io mi piego ad esse con una certa grazia, lo riconosco. (il nuovo custode russa) Ma non fatemi dei complimenti: ve ne prego, non ci sarebbe proprio di che! Sentite... « Avvertire il nuo­vo custode di notte... ». Come, come? Oh! Diavolo! E' vero. «... che vigili e prenda le dovute precauzioni essendo in giro per il giardino un demente fuggito dal padiglione degli agitati, nel caso che il demente stesso, prima di essere ripreso dagli infermieri, ten­tasse la fuga attraverso la portineria...». Ecco. Questo era quanto dovevo dirvi. Voi vedete che non sono uscito senza compiere il mio dovere. L'organizzazione perfetta del mio ufficio e la scrupolosità con la quale... (si vol­ge vede che il compagno dorme. Ha un moto di disgusto) Ma come?! Mentre io gli parlo! Mentre io gli leggo... Mentre io gli comunico degli ordini della Direzione?! Che miseria! Un vero portiere di notte! (chiude il suo scartafaccio nel cassetto con un colpo secco che fa riscuotere ma non sveglia il dormiente) Al diavolo, analfabeta! (esce sdegnoso, sbat­tendo le due porte d'uscita dietro di se).

SCENA SECONDA

Il nuovo custode di notte e il matto

(Un tempo di scena vuota. Dalla porta di sinistra sporge la testa guardinga il pazzo; ha un'espressione furba e maliziosa. Gira gli oc­chi intorno senza vedere subito il dormiente. Dopo avere ispezionato pavimento e soffitto, il pazzo - che nel costume dei ricoverati, di grossa tela bianco-grigia e in ciabatte - entra in punta di piedi con un buffo passo ballon­zolante, tocca la roba appesa alle pareti, ri­dacchia... finalmente si trova dinanzi al cu­stode).

Il matto                         - Oh! Poverino! Ha sonno... (con tenerezza materna) Fa la nanna il piccolo tesoro!... Ti sei addormentato, eh? canaglietta? E lo sai che non si deve farei la nanna sulle sedie (il custode russa)... Lo senti come dormi agitato?... (guardandolo con compiacenza) Ma, va, sei così bello a occhi chiusi! Non si può toccare da quanto è bello! (il dormiente si muove) Uh! Zittì, tutti! Se si sveglia guai!... Strilla!... No... no: è meglio mandarlo a letto, il signorino!... (batte leggermente sulla spalla del custode che non si scuote. Allora gli dà dei colpetti precipitosi sul ventre) Ehi! Ehi! Ehi!

Il custode                      - (aprendo appena gli occhi) Che c'è?

Il matto                         - (aiutandolo ad alzarsi, con voce te­nera) Vai a letto, carino, ch'è tardi...

Il custode                      - (stupito) Io? ! (guarda il matto che gli sorride affettuosamente e dice di sì con la testa) Ah! Sì?! Grazie. Vado subito. (si avvia verso sinistra sostenuto dal matto. Questi si accorge della stanzetta ov'è la bran­da e, tutto lieto, vi si dirige).

Il matto                         - (sulla soglia della stanzetta) Spo­gliati, tesoro... Su da bravo, che ti aiuto anch'io! (il custode, ebbro di sonno, si la­scia spogliare come un manichino. Ma la operazione non riesce bene) Vieni:... è me­glio sul lettino... sul tuo lettino... (lo spinge verso la stanzetta).

Il custode                      - (uscendo) Lo dicevo io che si poteva dormire!

Il matto                         - (di dentro) Levati anche le scar­pette... e gli occhiali... Non senti che ti danno fastidio? (canticchiando a mo' delle balie) Tzu! Tzu! Tzu! Niiinnaaa... naaan-naaa... il mio piccino... Niiinnaaa... naaannaaa... il mio bel piccino

(Pausa. Poi il matto esce in punta di piedi e,adagio, adagio, chiude la porta e mette il pestio. Quindi, allegro, si dirige verso la se­dia tenendo in braccio le spoglie del custode; le considera un momento e si decide: rapi­dissimo infila i calzoni sulle sue brache, getta via le ciabatte e si mette le scarpe, indossa la cappa, alla meglio, sulla gabba­nella di tela, si accomoda sul naso gli oc­chiali e, sulla testa, la berretta... Si fa su­bito serio, rigido e si pone a sedere nella poltrona, assumendo un atteggiamento mae­stoso. Resta immobile).

SCENA TERZA. Il matto - Il marito della signora malata

(Rumore, molto attenuato dalle due bussole, di un'automobile che si ferma all'ingresso. Ilmarito della signora malata, un signore di mez­za età, vestito con grande distinzione, entrain furia dalla porta d'ingresso e si arresta unmomento, vedendo il pazzo. Ma siccome questinon si muove come se non avesse inteso nulla,fa ancora qualche passo).

Il marito                        - E' permesso... Scusi...(Il pazzo resta impassibile nel suo serio atteggiamento. Allora il nuovo venuto aggiun­ge, con una certa impazienza) Scusi, io ho bisogno d'un medico. Qui ci sarà bene il medico di guardia. E' un caso urgente il mio La prego: mi chiami il medico di guardia.

Il matto                         - (dignitoso) Come dice?

Il marito                        - (sempre più annoso) Il medico:... C'è, o non c'è?

Il matto                         - (con un sospiro) Oh! Se c'è!

Il marito                        - Ah! Bene... Se volesse avvertirlo... Si tratta di cosa grave... Un attacco... Mia moglie...

Il matto                         - (con una nuova espressione autori­taria e risoluta) E' qui.

Il marito                        - Chi?

Il matto                         - Il signor Dottore, è qui. Se debbo andare a cercarlo altrove, preferisco che sia qui.

Il marito                        - (senza voglia di capire) E al­lora, la prego...

Il matto                         - (con estrema dignità) Non c'è di che. Il signor Professore sono io (si alza).

Il marito                        - (confuso e cortesissimo) Oh! Par­don!... Mille scuse, Professore... Avrei dovu­to vederlo subito... Ella ha voluto darmi una piccola lezione: ... me la merito! Mi per­doni... Sono così agitato!...

Il matto                         - (naturale) Anche voi?

Il marito                        - Già... Anch'io... Ma... mia mo­glie lo è molto di più... Uh!... Dottore...

Il matto                         - Professore...

Il marito                        - ...Professore... se sapesse!... E' un attacco terribile! Siamo in viaggio. Io qui non conosco nessuno. All'Hotel mi hanno in­dicato questo stabilimento di cura come il luogo più vicino ove avrei potuto trovare un medico.

Il matto                         - Professore...

Il marito                        - Pardon!... Sì... Allora son corso: ho preferito venire di persona, in macchina, piuttosto che telefonare...

Il matto                         - (con un'occhiata amorosamente in­quieta alla porticina e con voce felpata) Avete fatto bene. Il campanello del telefono avrebbe svegliato il bambino...

Il marito                        - (abbassando la voce) Ecco. Invece ho avuto la fortuna d'incontrarla. Sia ringraziato Iddio. Immagino, se lei è qui, ch'ella sia uno specialista... uno specialista delle malattie che si curano in un luogo come questo...

Il matto                         - (con un fine sorriso) Avete indo­vinato, amico mio.

Il marito                        - Ciò non deve preoccuparla, Pro­fessore, giacché si tratta di un genere di indisposizione che non fu ancora - ahimè - ben precisato. Mia moglie è, forse, anche malata di nervi.

Il matto                         - Bene. Bene. Questo rientra nel mio ramo...

Il marito                        - Sì. Le prendono delle nevralgie. Ha delle crisi terribili! Terribili! Soffre molto, ma la sua sofferenza è specialmente penosa per gli altri. Per noialtri che dobbia­mo curarla...

Il matto                         - E voi, per curarla, chiamate me...

Il marito                        - Precisamente... Ma io sto tedian­dola mentre il suo tempo è prezioso, Profes­sore... D'altra parte quella povera donna è in mezzo agli spasimi... Se volessimo anda­re?... (il pazzo esita) Forse la disturbo... Forse ella non esce volentieri!...

Il matto                         - Io?! Uscire di qui?! Altro che! Volentierissimo!

 Il marito                       - (prendendo dall'attaccapanni il cap­potto e il cappello) Permetta che l'aiuti...

Il matto                         - Grazie... (si mette il cappello sul­la berretta e il cappotto sulla cappa. Sorride, beato, per un attimo, ma si irrigidisce subito, di nuovo) Benissimo. Eccomi a vostra dispo­sizione, signore: ho il dovere di seguirvi. Credo che vostra moglie sia molto, molto malata: ma l'avrà da fare con me.

Il marito                        - Grazie... grazie...

Il matto                         - (sta per uscire ma gli cadono gli occhi sulla piccola porta di sinistra e si ar­resta).

Il marito                        - Ella desidera avvertire il perso­nale, Professore?

Il matto                         - No... Questo non è il mio desi­derio.

Il marito                        - Scusi...

Il matto                         - Qui non c'è personale, no: qui c'è solo il bimbo che dorme, (fa segno di tacere col dito alle labbra).

Il marito                        - (esprime con la mimica che tacerà ed apre dolcemente la porta, muovendosi in punta di piedi).

Il matto                         - (si avvicina alla porticina; ascolta) Niente. Dorme tranquillo.

Il marito                        - (piano) Meno male, povero pic­cino... (si avvia ancora, apre la porta, pre­muroso, disponendosi a lasciar passare il pazzo. Questi si muove risoluto, ma si ar­resta ancora).

Il matto                         - Veramente, ci sarebbe il Direttore che potrebbe cercarmi...

Il marito                        - Troppo giusto, troppo giusto...

Il matto                         - (severo e agitandosi) Giusto?! Lo dite voi! Il Direttore non mi può soffrire...

Il marito                        - (confuso) Ah!

Il matto                         - (riprendendo a gradi il suo aspetto dignitoso) Egli mi cercherà... e ciò mi secca! Quell'uomo ha delle curiose idee sul conto mio!...

Il marito                        - (un po' impaziente ma cercando di scherzare, con un sorriso sforzato) Si ca­pisce: ... tra colleghi!

 Il matto                        - Ecco. Precisamente, (perentorio) Permettete un momento e precedetemi, (ge­sto di congedo).

Il marito                        - (inchinandosi) Senza dubbio, Professore. Ho qui l'automobile. L'aspetto alla vettura, (esce)

Il matto                         - (si dirige alla lavagna. Prende il ges­so e scrive a grossi caratteri irregolari, sil­labando le parole) « Al Signor Direttore. Esco un momento in automobile ». (contem­pla lo scritto e ride, poi si porta in mezzo alla stanza, si volge alla porta di sinistra che dà nel giardino, si leva, serio e dignitoso, il cappello e dice nobilmente) Arrivederci, signor Direttore, (si rimette il cappello, fa un mezzo giro sul posto e si avvia solenne verso l'uscita).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Una ricca camera d'albergo. Una finestra a destra. La porta dell'anticamera a destra. Una, porta di servizio a sinistra. Vicino al letto un comodino con occorrente per bere, bocce, car­tine di medicinali, salviette, ecc. Sul letto dei libri. Uno scrittoio a destra, sul proscenio; un tavolo dall'altro lato.

 SCENA PRIMA. La signora malata e la governante

(La signora è sul letto; la governante, al ta­volo di sinistra sta iniziando la cena fredda riunita sopra un cabaret).

La signora                     - (strillando a scatti e agitando lecoperte per farsi fresco) Lena! Lena!

La governante               - (lasciando, spaurita, il caba­ret) Son qui! Mio Dio, son qui!

 La signora                    - Ma non senti che si soffoca qui dentro! Mi volete avvelenare con l'aria vi­ziata? Apri la finestra...

La governante               - Buon Dio! Signora: piove, fa freddo!

La signora                     - Va bene: io creperò per farvi piacere a tutti quanti!... Apri la finestra.

La governante               - Ma...

La signora                     - Dov'è quell'arcangelo di mio ma­rito?

La governante               - E’ fuori, in cerca di un dottore.

La signora                     - Non lo voglio il dottore. Un dot­tore di provincia mi ucciderà! Voglio il mio medico di Mosca! Sua Eccellenza il suocero potrebbe benissimo farlo venire! Apri la fi­nestra... (le tira un volume) Apri la fìnestraaa!

SCENA SECONDA Dette - Il suocero

Il suocero                      - (entrando. E' una figura decorativa e ministeriale) Ebbene?! Che accade? (Lo signora s'intana mugolando sotto le co­perte, ma non cessa di agitare e di sbuffare).

La governante               - La signora vorrebbe che spa­lancassi la finestra... E' freddo...

Il suocero                      - (con. la voce della saviezza) Pos­siamo aprirne uno spiraglio, che si calmi... Tanto per cambiare l'aria (egli stesso va alla finestra e la schiude appena) Va bene, così?

La signora                     - (con progressione dell'ironia all'ira e da sotto le lenzuola a sedere sul letto) E' proprio un miracolo che Sua Eccellenza si degni di occuparsi di me... ma, com'era da prevedersi, non ne azzecca una... C'è qui una povera donna sofferente, che non trova re­quie, che si lamenta per l'afa infetta della sua stanza... e che cosa le offrite voi? Uno spiffero! Ecco che cosa ci offre Sua Eccel­lenza il Suocero! Uno spiffero! Roba da ammazzare un bue... (volge la schiena alla fi­nestra) col vento gelato che mi taglia la schiena come una lama di ghiaccio! Ah!

La governante               - (costernata, mentre il suocero passeggia taciturno, chiude la finestra) MioDio!

La signora                     - (alla governante) ...E voi, non crediate di aver rimediato a qualche cosa! Resto col gelo alla schiena e col fuoco alla gola! Ecco! Siete soddisfatta?! (il suocero fa cenno alla governante dì tacere e questa risponde, a gesti, che anch'essa crede conve­niente stare zitti)

La signora                     - (che ha seguito questa mimica con la coda dell'occhio) ... Non c'è bisogno proprio di tanto telegrafo senza fili per rovi­nare una disgraziata ridotta a questi estre­mi!... liiih! (batte i denti. Lamentosa) Bi­sogna finirla! Non ne posso più! (desolata) Non ne posso più! (tragica) Finirla! Meglio finirla! (versa con mano tremante il contenuto di una boccetta in un bicchiere ove èdell'acqua e si appresta a bere).

Il suocero                      - (accorato, insieme alla Governante,con un grido) Che fai?

La governante               - Mio Dio! (afferra la manodell'inferma)

La signora                     - (con calma) Cosa?

Il suocero                      - (alterato, accennando al bicchiere)Che è?!

La signora                     - (olimpica) Sciroppo di limone (accenna alla boccetta che ha adoperato) Non devo neppure bagnarmi la bocca?! (mentre ella beve tranquilla, la governante e il suo­cero si allontanano; quella giungendo le mani e con un gesto che vuol dire: « Vai al diavolo! ». Ma ode del rumore in anticamera,e, illuminandosi di speranza, accorre versola porta di destra).

Il suocero                      - Forse è il medico...

La signora                     - (riprendendo a battere i denti emettendo il capo sotto le lenzuola) Non lo voglio! Non lo voglio, il medico! (grida) Ah! Ah!

SCENA TERZA Detti - Il marito - Il matto

Il marito                        - (affacciandosi) Ebbene?

Il suocero                      - (facendo cenno ai nuovi venuti diarrestarsi) Le si riprende la crisi. Nonvuole il medico! Aspettiamo un momento...

Il marito                        - Ma pure...

La signora                     - (mugolando) Nooo! Nooo! Via...Viaaa...

La governante               - (accorrendo anch'essa alla por­ta di destra) Per l'amor di Dio... non fatelo entrare...

11 marito                       - (impaurito) No... no...

Il matto                         - (affacciandosi) Chi non deve entrare?!

Il marito                        - (sulla soglia trattenendolo) Scusi...Professore... Aspetti...

(La Signora si contorce e, da sotto le len­zuola, lancia gridi di protesta).

Il suocero                      - Un minuto...

Il matto                         - (mentre i tre cercano di trattenerlo) Ma come?! Io sono il Professore, qui c'è l'ammalata, voi mi avete chiamato... e non devo entrare? Siete pazzi?! Eh?! Siete pazzi, si. Io entro           - (con una spinta si fa largo e si inoltra violentemente. Ha trovato i guanti del custode e li ha calzati. Dice subito con aria secca e minacciosa) Io entro. Io visito.Io curo, (batte un tremendo pugno sul ta­volo).

(La Signora, che ha sporto il capo dalle len­zuola meravigliatissima, tace e si pone a guar­dare a bocca aperta il nuovo venuto. Questi, intanto, si è tolto il cappello - sotto cui è sempre la berretta - e con quello si ventola, con moto veloce e meccanico).

Il suocero                      - (al marito e alla governante con i quali è rimasto presso la porta, prima col timore di un cataclisma e poi in ammira­zione della scena inaspettata) E' un uomo energico, (al figlio) Presentatemelo.

Il marito                        - (al matto presentando il suocero) Mio padre, (al padre) Il Professor... (inter­rogativo, verso il pazzo) Professore? Scusi, il suo nome?

Il matto                         - Machiloff, medico del Re d'Inghil­terra, imperatore delle Indie. Ho insegnato lungamente alla Sorbona, (confidenziale) Sono qui a scopo di studio... (stringe la mano al suocero) in incognito... Mi si odia! Già. Mi si odia...

Il suocero                      - (al figlio, piano) E' un bel nome.

Il matto                         - Dunque... Dunque... l'ammalata?

Il marito                        - (portando il pazzo lungi dal letto, verso il proscenio) Senta, professore, sarà bene, io penso, informarla dei precedenti...

Il matto                         - Sicuro, sicuro...

Il marito                        - La signora è stata visitata a Mosca dal dottor Bakunine...

Il matto                         - Una bestia!

Il suocero                      - Ecco: io lo dicevo...

Il marito                        - E' molto quotato...

Il matto                         - Ma è una bestia. Che cosa ha detto delle vostre malattie questo dottore Baku­nine, la bestia?

Il marito                        - Ha ritenuto trattarsi di cosa com­plessa a cui è difficile dare un nome!

Il matto                         - Lo vedete?! Quello non sa l'a.b.c. del mestiere. La medicina consiste tutta nel dare i nomi alle malattie. Non è mica una cosa facile. Giacche le malattie si battezzano in lingua greca. Greca antica.

Il suocero                      - (a suo figlio) E' un dotto (al pazzo). Mia nuora fu visitata anche dal ce­lebre Bergmann...

Il matto                         - Un ciarlatano. Lo conosco, siamo amici. Per questo posso parlare di lui con confidenza: un ciuco. Egli stava uccidendo il Re del Siam quando fortunatamente inter­venni io. Bergmann curava a quel povero uomo la cefalea applicandogli delle sangui­sughe alle ascelle, mentre è noto che la cefalea si cura modernamente praticando nel cra­nio cinque o sei fori grossi quanto un soldo e appendendo per qualche ora l'ammalato con i piedi al soffitto: riversum. (spavento della signora e della governante) Basta. E che cosa ordinarono i due asini a questa disgraziata signora?

Il marito                        - Delle cure ricostituenti, ipernutri­zione, riposo...

Il matto                         - Somari, quanto il Direttore! E dico poco! Cure ricostituenti? Ipernutrizio­ne? Una bazza per le malattie! Sarebbe lo stesso che voler scacciare i topi da una stanza stivandola di cacio parmigiano. Il mio metodo è un altro: io riduco il degente agli estremi e son sicuro che quando il suo corpo non offre più nessuna risorsa i morbi ne scappan via come i sorci, appunto, fuggono da una dispensa vuota! (spavento della signora e della governante) Io parlo così, in termini poveri, per volgarizzare la scienza... Ma fida­tevi di me. Io posso dire, senza false mode­stie, d'essere unico nel mio genere. Suvvia! Suvvia! Non c'è tempo da perdere. Fatemi vedere l'ammalata... (interrompendosi) Pardon... (alla governante) Aiutatemi un mo­mento, famula... (agli uomini, confidenzial­mente) La scienza parla in latino. Latino basso, (la governante lo aiuta a togliersi il cappotto, ma egli serba i guanti. Consegna alla donna anche il cappello).

Il suocero                      - (a suo figlio) Non è un uomo co­mune. Parla in un modo impressionante. E poi non vedi la fronte spaziosa... le tempia calve... l'occhio profondo?! Ha tutte le ca­ratteristiche del genio... Possiamo davvero fidarci di lui.

Il matto                         - (dirigendosi verso il letto della si­gnora) Ecco: vediamo...

La signora                     - (gridando) No. Nooooo! Non voglio!

Il matto                         - (gridando più di lei) Bastaaaaa! Eh! Ah!... Oh!

(Lo Signora strilla, il pazzo strilla, si agita assai più di lei ed essa comincia, allora, ad affievolire la voce... finche le si spegne in gola).

Il matto                         - (calmo) Ah! Ora va bene...

SCENA QUARTA

Detti - Il cameriere

II cameriere                   - (facendo capolino da destra) I signori hanno chiamato?

Il marito                        - No... no...

Il cameriere                   - Ma questi gridi... così di notte...

Il matto                         - Che gridi?! Che notte?! Eh?! Non sapete che qui ci sono degli ammalati?! Idiota! (il cameriere fugge).

Il suocero                      - Bene.

Il" matto                        - (alla signora) Fatemi vedere che cosa c'è... Su, dritta... (la mette a sedere; la tasta da ogni parte) Sentiamo un po'... (poi­ché toccandola le fa il solletico e quella si contorce o ride, il pazzo si diverte al gioco e la solletica in fretta) Ecco... Brava!... Ah! Ah!... Qui qui qui e qui... Ah! Ah! Qui e qui... (le procura una vera convulsione e si dirige verso gli uomini mentre la governante soccorre la signora).

Il matto                         - Si scarica: ecco tutto! E' il mio metodo, (al marito) Ho notato che non porta lividi sulle spalle: non la battete?

Il marito                        - No!

Il matto                         - Oh! Dio! C'è chi prescrive la gin­nastica svedese... o il massaggio turco... Sono surrogati...

Il suocero                      - (approvativo) Ai nostri tempi, infatti...

Il marito                        - Beh! Questo, se mai, serbiamo­lo per dopo. Lo troveremo scritto nella ri­cetta... Intanto, mi dica, Professore: (indi­cando la moglie) che cos'ha?

La signora                     - (gemendo, esausta) Ho sete...

Il matto                         - Ecco: ha sete. Che beva... Bere è sempre un rimedio. Ma un ammalato che ha sete non può mica prendere dell'acqua e zuc­chero...

La governante               - (che stava porgendo, appunto, un bicchiere d'acqua alla signora) Ah! No?

Il matto                         - (accorrendo al comodino) Ma neanche per idea! Ma sarebbe una follia! L'acqua e zucchero non hanno nulla di disgusto so. (esamina delle boccette e ne versa il con tenuto nel bicchiere) Che è questo? Tamarindo. E questo? Aceto. E questo? Olio di mandorle... E questo? Acqua di colonia.... (alla signora) Siete fortunata: tutto ciò forma il miglior calmante tonico che si conosca Ho liberato con questo dalle coliche epatiche il defunto Bey di Tunisi. Bevete pure.

La signora                     - (respingendo il bicchiere) Ih! Che schifo! Mai e poi mai!

Il matto                         - (con calma tremenda) Ho detto: bevete. Qua la mano: a voi il bicchiere... Aprite la bocca. Giù!...

La signora                     - Mai!

 Il matto                        - (imperioso ma sempre calmo) Giù.

La signora                     - Ma...

Il matto                         - (c. s.) Giù.

(La signora trangugia la miscela. Il pazzo sor­ride).

La signora                     - (debolmente) Morrò...

Il matto                         - Sicuro che morrete! Pretendereste forse di non morire?... (agli uomini, tornan­do verso di loro) Ne hanno delle belle gli ammalati. Vorrebbero che si assicurasse loro l'immortalità! Io so bene che ciò non è pos­sibile. Ho provato: è impossibile.

La signora                     - (gemendo e singhiozzando) Sono abbandonata da tutti! Mi lasciano straziare... Nessuno si cura di me...

Il matto                         - Eccone un'altra! Tutti così gli in­fermi! Quando hanno detto: «Sto male!», credono che l'universo debba impensierirsi e scomporsi per loro. E invece l'universo se ne infischia e dice, con voce di piombo: c Lasciate che gli ammalati curino i loro am­malati! ». Infatti, eccomi qua. Al mio posto. Io sono il medico. Io. (al marito che lo guar­da interrogativo) E a voi che siete, invece, l'uomo sano a cui non duole nulla e per il quale è una gran pena star qui dentro e se­guire le nostre scaramucce e le nostre batta­glie, a voi che aspettate da me una parolina bastasia... un pretesto qualunque per sgat­taiolare fuori,... a voi, caro e sano signore, dico che ci vuole un po' di pazienza... Non si può veder niente così, su due piedi. Io ancora non ho constatato nulla di preciso. Il corpo è una scatola chiusa... è un orologio... La Signora è un orologino che va troppo in fretta... Sentite (tende l'orecchio: la signora, dibattendosi, nervosa, fa scricchiolare il let­to): tic-tac... tic-tac... tic-tac... Troppo in fretta... Bisogna aprire la cassa, bisogna ve­dere dentro, bisogna rendersi conto di quello che contiene; esaminare i visceri, gli organi interni, le molle e le rotelline: ripulire, ac­comodare, mettere a posto... (deciso) Bisogna aprire e vedere. Lasciate fare a me: son qui per questo! Poi, miei cari signori pieni di salute, potrete, magari, andare al Cafè-chan-tant. (pausa d'un istante. Poi il pazzo chiede col tono più naturale del mondo): Avete un coltello e un paio di forbici?... (la signora sussulta. Il marito e suo padre restano imbambolati a guardare il pazzo. La governan­te giunge le mani. Il pazzo si rivolge a lei, un po' alterato) ohe! Domando se avete un coltello e un paio di forbici.

La governante               - (con un fil dì voce) C'è il temperino del necessaire;... ci sono le forbici da unghie...

Il matto                         - Che temperino! Che unghie!... (suona il campanello) Come volete che lavori senza l'occorrente? (si rimbocca le maniche e fischietta un'aria popolare).

SCENA QUINTA

DETTI - IL CAMERIERE

Il cameriere                   - (facendo capolino) Comandi.

Il matto                         - Ah! L'idiota. Un coltello assai grande e ben tagliente; un paio di forbici... Non forbicette: forbici. E niente altro. Ma subito, (il cameriere esita un momento ma esce senza osare di chiedere una spiegazione. Il pazzo si volge di nuovo al marito e al suo­cero) In quanto a voi, signori, io vi consi­glio di lasciarmi solo: la visita è una confes­sione fisica: la si fa molto più facilmente quando ci si trova a tu per tu col confessore.

Il suocero                      - Io non ricordo chi disse codesta frase. L'ho letta in qualche luogo: sono le parole di un gran medico...

Il matto                         - (figgendogli gli occhi negli occhi) Sono le mie. Dunque, vi prego di ritirarvi.

Il marito                        - Troppo giusto. Troppo giusto...

La signora                     - (al marito, con rancore e disprezzo, battendo le mani) Ecco! Benone! Bravo Gregorio... Gregoriaccio mio! Vattene! Vai al Cafè-Chantanl che è meglio! Ha ragione il dottore...

Il matto                         - Professore, quando parlano gli altri!

La signora                     - Ha ragione il « Professore » che sei andato a cercarmi con tanta premura: perché vuoi stare sui carboni ardenti? Vai, caro, vai a divertirti... E stai tranquillo che potrai far presto la più gran baldoria: quando sa­rò crepata,... finalmente!

Il marito                        - Tatiana! (al pazzo) Ha sentito, Professore, come travisa tutto? Io sto sui car­boni ardenti?

Il matto                         - Certo... E non avete torto: a ca­gione del contagio. Un ammalato contagia sempre le persone sane; nel corpo o nell'ani­ma... Io vi esorto a seguire la spinta delle vostre gambe che vi dirigono verso l'uscita... (il marito e il suocero istintivamente' si riti­rano presso la porta).

Il cameriere                   - (comparisce con una guantiera su cui sono un coltellaccio da cucina e un paiodi grosse forbici e la porge da lontano, in­chinandosi al pazzo).

Il matto                         - Ah! Ottimamente, (sente se il col­tello taglia; maneggia le forbici e congeda col gesto, il cameriere che se la dà a gambe) Siamo pronti.

La signora                     - (mugolando) lo ho paura!... Gregorio, senti, io sapevo bene che tu sei una canaglia ed avevo già tutte le migliori ra­gioni per detestarti, ma non avrei mai cre­duto che saresti arrivato a portarmi in ca­mera, nella camera del mio martirio, un car­nefice travestito da dottore, per poi lasciarmi sola con lui!

Il suocero                      - Professore, scusatela, ve neprego

Il matto                         - Non c'è di che: in ogni dottore vive sempre un po' di carnefice riconosciuto dalla legge! (alla signora) Ma voi, signora mia, non abbiate paura: io non sono davvero qui per farvi del male! Farò di tutto per guarirvi, invece! So il mio mestiere. Sono sempre stato in mezzo ai malati! Che dia­mine! Non avete mai visto dei chirurghi, ma­gari dei chirurghi dentisti? Essi hanno degli strumenti di tortura assai più paurosi di que­sti, (accenna al coltello e alle forbici) State di buon animo: ci intenderemo... (al marito e al suocero) A tra poco; signori... (li spin­ge verso la porta di destra).

Il marito                        - (avviandosi per uscire) Avete sen­tito? Che carattere! Ella ha un'anima arida. Non solo non affetto per me... ma non ama nessuno

Il matto                         - Ah! Equesto.

Il marito                        - (sulla porta)

(esce con il suocero).

 Il matto                        - State tranquilli... E' in buonemani! (si volge alla governante) Uscite anchevoi, famula. Via. (la governante scappa).

SCENA SESTA

IL MATTO - LA SIGNORA

Il matto                         - Ed ora, a noi due.

La signora                     - Oh! Dio! Che cosa volete fare?... Io non ho mai visto un dottore come voi!

Il matto                         - Lo credo bene: non avete incon­trato che delle bestie, fin'ora... (si avvicina a lei e si mette, confidenzialmente a sedere sul letto. La considera con ammirazione; le palpa le braccia, ghigna, arricciando il naso e dice, mentr'ella lo guarda spaurita) Dite unpo'... come Via che non amate nessuno, mentre siete fatta proprio per amarne quanti più è possibile?

La signora                     - Che c'entra questo?

Il matto                         - (afferrandola per i polsi) Siete fat­ta molto bene...

La signora                     - (dibattendosi) Ma...

Il matto                         - (tenendola in modo saldo) lo cre­do che non si sia capito qual'è l'amore che potete dare voi... Io mi specchio nei vostri occhi dilatati dallo spavento: vedo il mio viso e capisco quello che chiedete per l'amore, voi

La signora                     - Mi fate male...

Il matto                         - Appunto.

La signora                     - Siete brutale...

Il matto                         - Ecco... ecco... (si avvicina a lei sempre più, con un respiro frequente e il volto stravolto).

La signora                     - (languida) Io grido...

Il matto                         - No... Tu bisbigli...

La signora                     - Ma è assurdo! Non vi esaltate così!...

Il matto                         - Ecco finalmente un'esaltazione che viene incontro alla vostra... E' stata sola e vittoriosa, sin'ora, la vostra... Che farete di fronte alla mia?

La signora                     - (quasi cedendo) Quale avven­tura!...

Il matto                         - (con cupida passione) Una bella avventura... (passaggio improvviso dalla foia alla calma) Una magnifica avventura se io non fossi il medico, (la lascia palpitante e riversa sul letto e si allontana ridendo) Ah! Ah! Ecco una signora « che non ama nes­suno ». I mariti! Che imbecilli! (tornando alla signora) Su, su, ammalata: parliamo, ora che siamo amici. Parliamo pure dei vo­stri disturbi...

Ll signora                      - (passandosi una mano sulla fronte) Mio Dio!... Siete divenuto ragionevole?

Il matto                         - Lo sono sempre stato: come voi.

La signora                     - E credete anche ai miei disturbi?

Il matto                         - Sicuro che ci credo. C'è un idiota che non creda ai disturbi di una donna che dice di avere dei disturbi?

La signora                     - Ah! Se sapeste! Quanto si soffre!

Il matto                         - Lo so. Non siete mica la sola. Ma voi vi sopportano in libertà... Non vi com­prendono, ma vi sopportano...

La signora                     - Questo è vero: non ci capiscono! Non ci capiscono...

Il matto                         - ... Quando si parla restano a mez­zo: a un certo punto non ci seguono più! Ciurtano e poi si scandalizzano se ce ne la­mentiamo... Sono dei tipi!

La signora                     - Che tipi, amico mio! Da pren­dersi a schiaffi!

Il matto                         - Insistono, insistono - noiosi come la pioggia - per farci dire quello che vo­gliono... e poi si meravigliano delle nostre parole come se chiedessimo delle assurdità...

La signora                     - Per loro tutto è assurdo... tutto è falso... Quando hanno detto che noi ab­biamo le traveggole sono bell'e soddisfatti e non si preoccupano d'altro!... E' questo che fa rabbia.

Il matto                         - E' questo che ci mette fuori di noi.

La pignora                     - E' un'infamia, amico mio!

Il matto                         - Una vera infamia. Vedo che andia­mo d'accordo. Infatti, credetelo, non ci sia­mo che noi capaci di capire le donne!

La signora                     -: Io sono ammalata, davvero!

Il matto                         - Come no?! E' evidentissimo. Siete assai grave!

La signora                     - (con slancio) Ah! Professore sal­vatemi!

Il matto                         - Son qui per questo. Ma la cosa è grave!

La signora                     - Sto male.

Il matto                         - E' vero. Non può essere diversa­mente... Dove vi duole?

La signora                     - Non posso respirare. Soffro. Mi brucia lo stomaco; ho delle trafitture alla schiena; il cuore non funziona bene;... gli' occhi mi si velano e, sopratutto, mi sento in­dosso una smania terribile, come se un eser­cito di formiche mi camminasse lungo le vene...

Il matto                         - Vedete se avevo ragione a dire che la cosa è grave? Fortunatamente il rimedio è molto semplice... Si fa come quando si vuol mangiare delle pere col baco... Giusto la vo­stra bella pelle bianca, nei punti più intimi' e appetitosi, assomiglia tutta alla polpa umi­da e piena di voluttà delle pere mature... Si porta via destramente la parte andata a male e resta il frutto schietto, nitido, sano... (va a prendere il coltello e le forbici) Per la soffocazione, vi faccio un bucolino piccolo nella fontanella della gola:... respirate benissimo... Per il resto porto via le parti col baco... eh?! Una cosa da nulla!... Voi, se state zitta e buona, non vi accorgerete affatto dell'opera­zione. Per compir l'opera si tirerà fuori an­che il cuoricino... e vedremo... vedremo sei ha il baco anche lui... 0 se davvero è arido, come dice vostro marito... allora lo inzupperemo nell'acqua come una piccola spugna rossa e lo rimetteremo a posto così turgido e tenero...

La signora                     - (di nuovo terrorizzata) Ma è uno scherzo?!... (cercando di ridere) E' una burla...

Il matto                         - (gelido) Neppur per idea: un professore come me non scherza su queste cose. Le malattie sono le prove della morte: una cosa seria. Animo: lasciatemi operare. E' il mio diritto!...

La signora                     - (iniziando un urlo) Ah...

Il matto                         - (mettendole una mano alla bocca e sbattendo con l'altra le forbici) Se alzate la voce vi taglio la lingua, subito, subito.

La signora                     - (semiparalizzata balbettando) Senta, senta, professore: io non ho nulla! Ho mentito, sa! Come sempre! Sto bene... Non sento niente... Creda... Non mi duole da nessuna parte... Sono sana come una lasca.

Il matto                         - (caparbio) Ah! Sì?! Io opero lo stesso...

La signora                     - E perché?

li matto                          - Scusi: ormai mi son fatto portare gli arnesi! Cosa vuole che me ne faccia?

La signora                     - (fuggendo dalla parte opposta del letto, col coraggio della disperazione) Aiu­to! E' pazzo! E' pazzo!

SCENA SETTIMA

DETTI - IL MARITO

Il marito                        - (comparendo da destra) E' pazzo?! (La signora vorrebbe rifugiarsi verso il ma­rito ma il pazzo è nel mezzo e li separa).

Il matto                         - (terribile, brandendo il coltello e le forbici) Pazzo?! Chi è pazzo?! Io pazzo?! C'è forse qui il Direttore?! (si agita in mezzo alla scena; la signora si rincantuccia dietro il letto e il marito dietro lo scrittoio) Chi dice che io sono pazzo?

Il marito ------------------ - (facendo capolino) Ma che cosa èsuccesso?

Il matto                         - (calmo) Nulla: io ho guarito la si­gnora. Eccola. E' guarita.

!l marito                        - (riavvicinandosi) Ah! Sì?

ih matto                         - Certo, (alla signora, con voce che non ammette indugi) Venga qua la degen­te guarita, (la signora si fa avanti, tremante).

Il marito                        - Infatti, vedo che cammina: non si poteva muovere!

Il matto                         - (alla signora) Come vi sentite?

La signora                     - (subito) Benissimo.

Il matto                         - Disturbi?

 La signora                    - (c. s.) Nessuno!

Il matto                         - Le forze sono tornate?

La signora                     - (c. s.) Sì... sì...

SCENA OTTAVA

DETTI la GOVERNANTE e il SUOCERO

                                      - (La Governante e il suocero si affacciano da sinistra e da destra e restano in contempla­zione).

Il matto                         - Vogliate fare un piccolo passo di danza, vi prego. Così: Là-là-là-là-là-là-là! (egli stesso canta e batte le mani e la signora balla tenendo alzata la camicia da notte).

Il matto                         - Bene. E lo spirito è sereno? Gaio? Lieto?...

La signora                     - Sì... sì...

Il matto                         - Cantate qualche cosa, allora: qual­che cosa d'allegro... Una canzonetta... Via:... non vi fate pregare!

La signora                     - (canta una strofa d'una canzonetta buffa.

Il matto                         - (trionfante) Ecco. L'appetito?

La signora                     - Ho fame.

Il matto                         - (ha adocchiato la cena della gover­nante; prende il tavolo col cabaret e lo mette davanti alla signora) Mangiate!

La signora                     - Sì... sì... (si getta sui cibi e li co­mincia a divorare).

Il matto                         - Ma prima abbracciate teneramente vostro marito.

La signora                     - (abbraccia il marito con effusione) Gregorio!

Il matto                         - (accennando al suocero di entrare) E vostro suocero...

La signora                     - (abbraccia il suocero) Papà...

Il matto                         - (soddisfatto) E ora rifocillatevi pure...

Il marito                        - Ma è un portento! (abbraccia di nuovo la moglie che lo bacia) Tatiana mia!

Il suocero                      - Ah! Professore, che miracolo!

La governante               - (giungendo le mani) Ah! Mio Dio! Che gioia! Resto senza cena!

Il matto                         - (alla governante, con premura) Famula, famula, presto: il cappotto, il cap­pello... Ho fretta: il bimbo potrebbe sve­gliarsi... (La governante corre a prendere cap­pello e cappotto e aiuta il pazzo ad indos­sarli. Intanto il marito e il suocero hanno scambiato qualche parola a bassa voce).

Il marito                        - (al pazzo) Professore, non sap­piamo come esprimervi la nostra riconoscen­za. Ella ha compiuto un'opera al disopra di ogni compenso. Guardi: mio padre è ministrodell'interno; presiede, quindi, anche alla sa­nità pubblica. Egli può fare tutto ciò che vuole per lei. Chieda dunque il posto che ambisce, esprima i suoi desideri...

Il suocero                      - Sono onorato di soddisfarli.

Il matto                         - (volgendosi verso di lui sospettoso) Ah! Ella dice di essere il ministro dell'inter­no? Non mi fa meraviglia. Ne conosco un altro che dice di essere l'Ente supremo! Senta, dunque, caro ministro... Non chiedo il posto di Re di Polonia perché ho già i miei titoli a sufficienza, ma se proprio insistete nell'offrirmi un compenso nazionale...

Il marito e il suocero     - Ma sì... ma sì...

La signora                     - Ma certo, Professore!

Il matto                         - (al suocero) Ebbene, Eccellenza, accompagnatemi, se non vi dispiace... (si av­via per uscire, accompagnato dal suocero).

Fine del secondo tempo

ATTO TERZO

La portineria del manicomio. Tutto vi restanella posizione che aveva alla fine del primoatto.

SCENA PRIMA

IL DIRETTORE, UNA STUDENTESSA, TRE INFERMIERI

(Il direttore è in piedi, verso destra ed al suo fianco si trova la studentessa, una ragazza non brutta, civettina, che prende continuamente de­gli appunti. Dinanzi al Direttore è un infermiere - quegli che sta parlando - gli altri duerestano più indietro, come in attesa di ordini).

Il direttore                     - (all'infermiere) Dunque, voi avete seguito le indagini del capo squadra?

L'infermiere                  - Si, signor Direttore. Abbiamo visitato l'ala delle camere a pagamento: il custode ha ammesso di essersi intrattenutoin un ripostiglio che gli serve da guardaroba, per cambiarsi la biancheria e, infatti, stava ancora rivestendosi. Così non ha visto nulla. Però, siccome abbiamo trovato un letto di­sfatto in una camera non occupata, lo stesso custode si è affrettato a riconoscere che do­veva essersene servito il pazzo...

Il direttore                     - Ecco: ecco un buon indizio... Il fuggiasco si è nascosto là dentro.

L'infermiere                  - Ma anche visitando le dispen­se abbiamo trovato un disordine sospetto, come di un simposio clandestino interrotto sul più bello e i dispensieri, i quali, viceversa, per caso, erano ancora svegli, attribuiscono quell'anomali a un'invasione del pazzo che si sarebbe rifugiato nei loro locali, approfittan­do della cosa per...

Il direttore ................... - Ho capito. E' possibile (al­ la studentessa) Gli ammalati più probi, quan­do capita loro l'occasione, divengono ingordi... come i sani! Bisognerà purgarlo quando lo ritroviamo.

L'infermiere                  - Il Capo squadra, intanto, ha fatto purgare uno dei dispensieri che sentiva di averne bisogno... C'è poi il giardiniere che racconta una strana storia: rientrando in casa pochi minuti or sono, ad ora insolita, poiché è corista in un teatro e suole far tardi la notte, si è recato in camera ed ha potuto ve­dere un individuo che scappava dalla fine­stra... Ora la moglie assicura che si trattava del pazzo il quale ha cercato anche di farle violenza... Di ciò si constatavano le tracce...

Il direttore                     - (interrompendo) Va bene... va bene.

La studentessa              - (interessandosi vivamente della cosa, al direttore) E' un erotomane?

Il direttore                     - No, un semplice agitato... In ogni modo, signorina, potete vedere - e ciò sarà - molto interessante per i vostri studi - quante cose riesce a fare un pazzo, entro poche ore, quando possa fuggire dalla sua cella! Perciò vi ho permesso molto volentieri di accompagnarmi in questa inchiesta nottur­na. Considerate, ora, che a quanto ci hanno rivelato le nostre ricerche, bisogna aggiun­gere l'azione compiuta dal soggetto qui, in portineria. Egli ha semplicemente rapito il custode di notte e si è eclissato con lui! Sic­come non si è sentito alcun rumore e nemmeno si sono trovate tracce di sangue è evidente che lo ha colto di sorpresa, lo ha soffocato, si è caricato il cadavere sulle spalle ed èuscito... Sono delitti meno rari di quanto creda. Quando ritroveremo il corpo della vittima studieremo con minuzia le aberra­zioni dell'uccisore... (la studentessa ha un vivo moto di curiosità morbosa).

Un infermiere                - (che ha adocchiato le ciabatte del pazzo) Ecco le sue ciabatte, (le presen­ta al Direttore).

Il direttore                     - Benissimo: la cosa si ricostrui­sce chiaramente (alla studentessa) Per noi, pratici basta un'inezia per comprendere tut­to: siccome con il peso del morto i suoi passi gli sembravano troppo sonori, ha lasciato le ciabatte ed ha preferito camminare scalzo sul selciato della strada deserta... Cerchiamo me­glio per vedere se si raccolgono altri ele­menti... Io telefonerò, intanto, il particolare alla polizia, (gli infermieri si danno a guar­dare intorno. La studentessa scrive. Il di­rettore va al telefono e suona) Pronto... Po­lizia. Pronto. Guardi. Sono il direttore del Manicomio. Già. No: non è uno scherzo... non è il « solito scherzo »... Ecco. Niente... Dicevo: quel pazzo che è fuggito, sa... Dun­que. C'è un fatto molto importante da se­gnalare: non solo egli reca con sé un morto, ma è anche scalzo. Ciò potrà aiutarvi per lai identificazione. Sicuro. Cosa dice? Se è pericoloso? Oh! Dio! Secondo! Ma, insomma, in linea generale, le dirò che dei pazzi non c'è mai da fidarsi. Vede?! Questo non aveva ancora fatto male a nessuno... ed ecco che ha? cercato di violentare la moglie del giardinie­re, ha forzato la dispensa, ha ucciso il portinaie... Armi?! Sa: non ne dovrebbe avere, f ma se la vittima ne aveva... sì, sì... una die­cina di uomini forti possono bastare. Buona­notte. Grazie. Buonanotte, (nel girare la ma­novella volge gli occhi verso la lavagna e vi legge quanto il pazzo vi ha scritto) O questa? Non può essere un'annotazione del custode, questa: « Al signor Direttore. Esco un mo-mento in automobile ». E' lui! (alla signo­rina) E' il fuggiasco! Ecco un esempio evi-i: dente della megalomania che accompagna sempre la demenza. Egli si è immaginato di uscire in automobile! Ed ha sentito il biso­gno di avvertirmi, perché io, secondo lui, crepassi d'invidia e di rabbia! Questo episo­dio è sommamente caratteristico: ne prenda nota. Nel momento stesso del delitto, egli pensa a questo scherzo puerile! Faremo foto­grafare la lavagna, (ai custodi) Non cancel­late quelle parole. Sono materiale scientifico.

SCENA SECONDA

DETTI - IL VECCHIO CUSTODE DI GIORNO

Il vecchio custode di giorno   - (entra attabarrato e frettoloso dalla porta del fondo).

Un infermiere                - (al direttore) C'è il custode di giorno; quello che ha dato il cambio al povero ucciso. Lo abbiamo fatto chiamare...

Il direttore                     - Benissimo... (volgendosi) Ah! siete qui?

Il vecchio custode di giorno   - (guardando in giro) Comandi, signor Direttore. E' avve­nuto qualche cosa?! Lo dicevo io!

Il direttore                     - Che dicevate, voi?

Il vecchio custode di giorno   - Ma sì: appena ho veduto quel povero imbecille che mi ha sostituito nella guardia, mi son detto: Stanotte succede qualche cosa di grosso! Ne ero sicuro; avrei fatto una forte scommessa...

Il direttore                     - E allora perché non avete av­vertito?

Il vecchio custode di giorno   - Per camerati­smo, signor direttore! Io non dico mai male dei colleghi.

Il direttore                     - Voi avete trasmesso al vostro... collega la nota di servizio che raccomanda di vigilare, data la fuga del demente?

Il vecchio custode di giorno   - Altro che! Guardi: (apre il cassetto ove tiene il suo re­gistro e lo mostra al direttore) lo avevo se­gnato qui, nel brogliazzo e prima di uscire gli ho letto tutto il brogliazzo... Anzi ho per­duto la mia solita passeggiata e ho fatto tardi a cena... Ma cosa vuole, signor diret­tore, quello non era un uomo: era un animale impastato di sonno, insensibile a tutto, tanto alla poesia quanto alla prosa... Che cosa è successo?

Il direttore                     - E' stato trucidato dal povero pazzo che ne trasportati i resti con sé.

Il vecchio custode di giorno   - Ma guarda! Mi dispiace! I pericoli della portineria sono gravi e aumentano ogni giorno di più... Bisognerà che l'Amministrazione ci passi uno speciale indennizzo.

Il direttore                     - Che tipo era la vittima?

Il vecchio custode di giorno   - Ah! Ora che è morto posso dirlo: pareva un brav'uomo. Non molto sveglio ma distintissimo. Misero amico! Egli sognava di riposarsi stanotte in quella branda là... (indica a sinistra) e in­vece ha trovato la grande branda del nulla...

Il direttore                     - Quale branda? Dov'è?

Il vecchio custode di giorno   - Oh! Dio! Erauna immagine poetica per dire ce la Morte »!

La studentessa              - lo l'avevo capito.

Il direttore                     - (seccato) Eh! Via! Non parlavodella seconda, parlavo della prima: la«branda là », dov'è?

Il vecchio custode di giorno   - (andando adaprire la porticina di sinistra) Ah! E' quiè serve... (ha gettato uno sguardo dentro) Oh! Dio! Il cadavere!

Tutti                              - (accorrendo) Il cadavere?!

SCENA TERZA

DETTI - IL NUOVO CUSTODE DI NOTTE

Il nuovo custode di notte        - (uscendo in mutan­de e senza scarpe, sbadigliando e stropiccian­dosi gli occhi) Che c'è?

Il direttore                     - Chi è costui?

Il nuovo custode di notte        - So...no il nuovo custode di notte, signo...or Direttore.

Il direttore                     - Il morto? E il pazzo?

Il nuovo custode di notte        - Cosa?! E' im­pazzito un morto?

Il direttore                     - (desolato) Mio Dio! Mio Dio! Ma che facevate là dentro?

Il nuovo custode di notte        - Non Io so... Io ascoltavo attentamente la poesia del col­lega... io...

Il vecchio custode di giorno   - (interrompendo­lo) Voi cascate dal sonno!

Il direttore                     - Lo si vede! E con coteste atti­tudini volete fare il custode di notte?

Il nuovo custode di notte        - Oh! Bella! Vor­rebbe che coteste attitudini le esplicassi di giorno?

Il direttore                     - (smaniando) E del fuggiasco non sa nulla! E lo lascia uscire così... con tutta comodità, permettendogli anche di scri­vere sulla lavagna: a Esco un momento in automobile! ». E' il colmo! (rumore di un'automobile che si ferma all'ingresso).

Il vecchio custode di giorno   - Toh! Eccolo, in automobile!...

Il direttore                     - (agli infermieri) Forse gli uf­ficiali di polizia: andate ad aprire... (Il nuovo custode di notte, si accomoda nella poltrona e riattacca a dormire considerato con curiosità dalla studentessa che ne studia l'anatomia).

SCENA QUARTA

DETTI - IL SUOCERO - IL MATTO

Gli infermieri                - (tornando con i più chiari se­gni dello stupore) E' lui! Il pazzo!

Il direttore                    - In automobile?!

Un infermiere               - Ma sì... scende ora dalla macchina...

Il direttore                    - (indicando la lavagna) Perdio! Perdio! Era vero!.,.

Un altro infermiere       - (mentre il suocero apre la porta e la controporta, facendo largo al pazzo) Eccolo! Chi l'ha vestito così?!

Il direttore                    - (vedendo il suocero) Lo dicevo che era la forza pubblica! L'hanno colto... (alla studentessa che si precipita a vedere il matto). Voi, indietro. E' un soggetto perico­loso, (al suocero) Scusi, lei è della Polizia, vero?

Il suocero                      - (sorridendo) No. Sono del... Mi­nistero dell'Interno, (presenta un biglietto da visita)

Il direttore                    - (dopo aver letto, con il più vivo stupore, inchinandosi) Oh! Voi, Eccellen­za? Sono il Direttore del Manicomio, Eccel­lenza e mi sento vivamente onorato di acco­gliervi nel mio stabilimento...

Il suocero                      - (protestando spiritosamente) Eh?! No. Io non faccio che accompagnare...

Il direttore                    - Lo vedo... Scusate l'espressione che mi è sfuggita... Com'è, Eccellenza, che avete potuto ricondurrai... proprio voi...

Il matto                         - (ridendo, al suocero) Ah! Ah! Vuol sapere?!... Ah! Ah! Glie lo diremo, eh?

Il suocero                      - (sorridendo) Sì, sì che glielo di­remo... al mostro ottimo direttore!

Il direttore                    - (al pazzo) Ebbene, che cosa hai fatto?

Il matto                         - (battendogli famigliarmente sulla pancia) Lo sentirai, caro collega!

Il direttore                    - (sdegnato) Ohe! Del tu?!

Il suocero                      - Può darvelo... credetelo... Egli ha reso così straordinari servizi a mia nuora...

La studentessa              - Diamine! Un erotomane!

Il suocero                      - Cosa dice, signorina?

La studentessa              - Dico che è interessante, Ec­cellenza; dopo i tentativi compiuti su la moglie del giardiniere, poche ore fa...

Il suocero                      - (ammirativo, al matto) Ma siete infaticabile, amico mio...

Il direttore                    - (che non connette più) Cosa?!... Scusate, ma in tutto questo io non vedo chiaro... Intravedo un...

Il matto                         - (al suocero) Non è mai contento, lui! Eccolo lì con quella sua faccia da in­quisitore...

Il suocero                      - E' curioso. Capisce che c'è qualcosa di nuovo e... (sorridendo, al direttore, indicando il matto) Sì: potete congratularvi con lui...

Il matto                         - (pavoneggiandosi) Ebbene, presen­tateci, caro Ministro.

Il suocero                      - (seguitando il discorso) ... giac­ché ci siamo degnati riconoscere i suoi me­riti: egli è il nuovo Ispettore generale dei Manicomii dello Stato.

Il direttore                    - (al colmo dello stupore) Chi?! Lui! Ispetto...?! Ah! (dimenandosi come un ossesso) Ma è inaudito! (boccheggia come per parlare agli infermieri e al custode di giorno i quali son rimasti di sale. La studentessa guarda il matto con grande ammirazione ed evidente desiderio).

Il matto                         - (compassionevole, al suocero) Lo vedete?! E' l'invidia! (con disprezzo) Peuh! I savii!

Il direttore .................. - Cosa dici?! Disgraziato! Tu?! Io?...

Il suocero                      - (secco al direttore) E' deplore­vole, signore, vedere uno scienziato e un alto funzionario come voi siete, abbandonarsi ad espressioni così poco dignitose dei suoi più bassi sentimenti! Non vi vergognate?!

Il matto                         - E' quello che dicevo io!

Il direttore                    - (furibondo, al suocero) Eh! devo vergognarmi?! Perdio! Siete pazzo an­che voi? (si agita).

Il suocero                      - Cosa? Insulti? A me?! (volgen­dosi al matto) Signor Ispettore Generale, io mi appello a...

Il matto                         - (fermandolo) Calmatevi. Ci penso io. (autoritario) Lo destituisco, (agli infer­mieri che, ipnotizzati dalla meraviglia, se­guono i suoi ordini) Animo! (indica il Diret­tore che soffoca, sbuffa, grida parole stran­golate) Mettetegli la camicia di forza...

Il direttore                    - (si agita sempre di più gridando al pazzo ingiurie inarticolate).

Il matto                         - (calmo) Reparto agitati.

La studentessa              - (avvicinandosi a lui, emozio-natissima, mentre gli infermieri riducono il direttore all'impotenza) Permettete, signor ispettore, che io prosegua la mia lezione pra­tica con voi?

Il matto                         - Voi non siete ammalata, signorina?

La studentessa              - Oh! No.

Il matto                         - Ecco, ecco! Perché due nella stes­sa notte sarebbero state troppe anche per me!

 

FINE