Il medico per forza

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IL MEDICO PER FORZA

IL MEDICO PER FORZA

Commedia in tre atti (1666)

di Molière

Traduzione di Alberto Cesare Alberti[1]

Personaggi

Sganarello,  marito  di Martina

Martina,  moglie di Sganarello

Il signor Roberto, vicino di Sganarello

Valerio, domestico di Geronte

Luca, marito di Giacomina

Geronte, padre di Lucinda

Giacomina, balia in casa di Geronte e moglie di Luca

Lucinda, figlia di Geronte

Leandro, innamorato di Lucinda

Tebaldo, padre di Pierino

Pierino, suo figlio, contadino

[L'azione si svolge in campagna.]


ATTO PRIMO

SCENA  PRIMA

Sganarello, Martina,  appaiono  in  scena litigando.

Sganarello   No, ti dico che non voglio saperne, e tocca a me parlare  e  far  da  padrone.

Martina         Ed invece io ti dico che devi fare a modo mio, e che non mi son maritata con te per sopportar le tue scapestrataggini.

Sganarello   Oh, che fatica aver una moglie! e come ha ragione Aristotile quando afferma che una moglie è peggio d'un demonio!

Martina         Ma sentilo un po' il saputello con quel suo babbeo d'Aristotile!

Sganarello   Proprio così, saputo! Trovami uno che fa fascine il quale sappia, come me, ragionar di tante cose, sei anni abbia servito un medico famoso, e da ragazzo a memoria abbia imparato il suo abbiccì.

Martina         Diavolo d'un pazzo scatenato!

Sganarello  Diavola  d'una  carogna!

Martina         Maledetta l'ora e il giorno che m'è saltato in mente di dir sì.

Sganarello   Maledetto quel becco di notaio cornuto che mi fece  sottoscriver  la  mia  rovina.

Martina         Eh sì, proprio tu hai ragione di lamentarti di questa faccenda! Non dovresti per caso lasciar passare un sol momento senza render grazie al cielo d'avermi per moglie? e ti meritavi forse di  sposar una donna come me?

Sganarello   Oh certo, m'hai fatto tropp'onore, ed io ho avuto di che lodarmi la prima notte di nozze! Perdiana! non mi ci far aprire sopra la bocca;  direi certe cose...

Martina         Che!  cosa  avresti  da  dirci?

Sganarello   Basta, saltiamo capitolo. Ci è sufficiente saper quel che sappiamo, che tu sei stata proprio fortunata a trovarmi.

Martina         Come sarebbe a dire proprio fortunata a trovarti? Un uomo che mi farà finir all'ospedale, un dissoluto, un traditore, che mi mangia tutt'il mio?

Sganarello  Non dici la verità:  una parte la bevo.

Martina         Che mi vende, pezzo per pezzo, tutto quel ch'è in casa.

Sganarello  È sana economia familiare.

Martina         Che  m'ha  fatto  sparir  perfino   il  letto.

Sganarello  Così t'alzerai più di buon'ora.

Martina         Che  non  mi  lascia  insomma  nemmen un  mobile in tutta casa.

Sganarello  Così si fa più presto a sloggiare.

Martina         E che, da mattin a sera, non fa che giocar e bere.

Sganarello              È   per   non   annoiarmi.

Martina         E intanto cosa vuoi che faccia io colla famiglia?

Sganarello  Tutto quel che ti pare.

Martina         Con   quattro  poveri  piccini  in  braccio!

Sganarello              Posali  per terra.

Martina         Che mi chiedon continuamente del pane!

Sganarello   Fa loro assaggiare la frusta. Quand'ho ben bevuto e ben  mangiato, voglio che in casa  mia sian tutti  sazi.

Martina         E tu pretendi, ubriacone, che le cose vadano sempre avanti così?

Sganarello  Moglie mia, pianino coi titoli, se non vi dispiace.

Martina         Che io  debba  sopportar  in  eterno  le   tue  insolenze e  i  tuoi  stravizi?

Sganarello  Non lasciamoci trasportar dalla collera, moglie mia.

Martina         E che  io  non  sappia  trovar  il  modo di  metterti  a dovere?

Sganarello  Moglie mia,  sapete che non ho troppa pazienza e le  mani  pesanti.

Martina         Delle tue minacce me ne infischio.

Sganarello  Cara  mogliettina,  piccina mia,  avete com'al solito pruriti di pelle.

Martina         Ti farò veder io che non ho davvero nessuna paura di  te.

Sganarello              Cara la mia metà, avete voglia di strapparmi un ricordino.

Martina         Credi che le tue parole mi spaventino?

Sganarello  Dolce oggetto delle mie brame, vi allenterò qualche schiaffone.

Martina         Ubriacone  che  non sei  altro!

Sganarello  Sento odor di sganassoni.

Martina         Otre di vino!

Sganarello  Sento odor di randellate.

Martina         Infame!

Sganarello  Sento odor di strigliate.

Martina         Traditore,  insolente,   imbroglione, vigliacco,  cialtrone, furfante, malandrino, accattone, farabutto, delinquente, ladro!...

Sganarello   (prende un bastone, e gliele dà):   Ah,  proprio le volete?

Martina         (gridando):   Ah!   ah!   ah!   ah!

Sganarello  Ecco l'unico  sistema  per  calmarvi.

SCENA SECONDA

Il signor Roberto,  Sganarello,  Martina

Il signor Roberto Ohe! ehilà! Bè, che succede? Che infamia. Ti venga un accidente, mascalzone, a darle così alla moglie!

Martina         (le mani ai fianchi, gli parla facendolo indietreggiare, ed infine gli molla uno schiaffo) E io voglio che me le dia, io.

Il signor Roberto Beh, allora non ho proprio niente in contrario.

Martina         Di che v'immischiate, voi?

Il signor Roberto  Scusate  tanto.

Martina         Son  affari vostri?

Il signor Roberto  Avete ragione.

Martina         Ma guarda un po' quest'insolente che vuol impedire ai mariti di darle alle mogli!

Il signor Roberto  Ritiro  tutto.

Martina         Che ci avete a che veder voi?

Il signor Roberto  Niente.

Martina         Spetta a voi ficcarci il naso?

Il signor Roberto   No.

Martina         Impicciatevi   degli   affari   vostri.

Il signor Roberto  Non  parlo più.

Martina         A me piace prenderle.

Il signor Roberto  D'accordo.

Martina         Non  è  a  vostre  spese.

Il signor Roberto  Vero.

Martina         E allora siete un imbecille a venirvi a cacciar dove non  c'entrate per  niente.  (Gli dà un ceffone.)

Il signor Roberto (passa poi dalla parte del marito, che ugualmente gli parla, sempre facendolo indietreggiare, lo percuote con lo stesso bastone e lo fa scappar via; infine dice): Compare, vi chiedo perdono di tutto cuore. D'or innanzi fate a piacer vostro, bastonate, dategliele come si deve, a vostra moglie; vi darò una mano, se lo volete.

Sganarello  Questo non mi va,  a me.

Il signor Roberto  Ah, allora è un  altro conto.

Sganarello   Gliele do se mi garba, e non gliele do se non mi garba.

Il signor Roberto  Benissimo.

Sganarello  È moglie mia, mica vostra.

Il signor Roberto  Non c'è dubbio.

Sganarello   E voi non mi comandate per niente.

Il signor Roberto  Non lo pretendo.

Sganarello  Non so che farmene del vostro aiuto.

Il signor Roberto  Meglio così.

Sganarello   E siete un insolente a metter becco negli affari altrui. Tenete ben a mente che Cicerone dice che tra moglie e marito non bisogna metter il dito. (Batte il signor Roberto e lo scaccia. Voi torna verso sua moglie, e le dice stringendole la mano) Dai, via, facciamo la pace tra noi due. Qua la mano.

Martina         Sì, dopo tutte quelle botte!

Sganarello   Fa   niente. Su, la mano.

Martina         Non voglio.

Sganarello Eh, dai!

Martina        No.

Sganarello   Mogliettina  mia!

Martina         Neanche  per sogno.

Sganarello   Su, lascia perder, ti dico.

Martina         Niente da fare.

Sganarello  Vieni qui, avvicinati, dai!

Martina         No, voglio esser arrabbiata.

Sganarello   Eh,  per una scemenza!  Su, andiamo.

Martina         Lasciami stare.

Sganarello   Qua la mano, ti dico.

Martina         M'hai trattata troppo male.

Sganarello   E va bene! Su, ti chiedo scusa;  dà qua la mano.

Martina         Ti perdono; (dice il resto sottovoce:) ma me la pagherai.

Sganarello   Sei una pazza a prendertela così! son bazzecole che, di quando in quando, si rendon necessarie per mantener l'amicizia; e cinque o sei tortorate tra persone che si voglion bene non fanno che rafforzar l'affetto. Torna a casa, ch'io vado al bosco, e per oggi ti prometto più d'un centinaio di fascine.

SCENA  TERZA

Martina, sola

Martina Va là, anche se faccio buon viso a cattivo gioco, non creder che per questo io dimentichi la mia collera, e non vedo l'ora di trovar il modo di castigarti delle botte che mi dai. So bene che una moglie ha sempre per le mani di che vendicarsi d'un marito; ma è una punizione troppo delicata per quel pendaglio da forca. Voglio una vendetta che si faccia sentir un po' di più, e non basta per l'affronto fattomi.

SCENA QUARTA

Valerio, Luca, Martina

Luca               (a Valerio, senza veder Martina) Cribbio! Ci siamo tirati appresso tutt'e due una bella gatta da pelare; e penso proprio, io, che prenderemo un pugnetto di mosche.

Valerio         (a Luca, senza veder Martina): Che vuoi farci, povero il mio balio? Bisogna pur obbedir al padrone; e poi ci sta a onore, all'uno e all'altro, la salute di sua figlia, la nostra padroncina; ed è fuor di dubbio che il suo matrimonio, rimandato per questa sua malattia, ci frutterà qualche mancia. Orazio, ch'è generoso, ha buone probabilità fra quelli che posson esser i suoi pretendenti; e benché lei abbia dimostrato della simpatia per un certo Leandro, sai bene che suo padre non ha mai voluto consentir ad accettarlo per genero.

Martina         (fantasticando, a parte) Che non m'ha da venir in mente  qualch'espediente per vendicarmi?

Luca               (a Valerio)  Ma che stramberia s'è ficcato in testa, dallo momento che tutti li dottori ci hanno sprecato lo loro latino?

Valerio          (a Luca)   Alle volte, a furia  di cercare, si  trova ciò che sulle prime non capita; e spesso in umili posti...

Martina         (sempre credendosi sola) Sì, ho da vendicarmi a qualunque costo: quelle bastonate mi son rimaste sullo stomaco, non le posso mandar giù, e... (Soprappensiero dice tutto questo, cosicché, non accorgendosi di quei due, voltandosi li urta, e dice loro) Oh, signori, vi chiedo scusa; non vi avevo veduti, che andavo cercando nella mia mente qualcosa che mi tiene in imbarazzo.

Valerio         A questo mondo ognuno ha i suoi pensieri, ed anche noi andiamo cercando qualcosa che saremmo ben lieti di trovare.

Martina         È forse qualcosa in cui vi posso esser utile?

Valerio          Potrebbe darsi. Stiamo cercando di trovar un valent'uomo, un medico del tutto particolare che possa dar qualche sollievo alla figlia del nostro padrone, colpita da un'infermità che le  ha tolto  improvvisamente l'uso della favella. Parecchi dottori  han  già dietro lei dato fondo a tutta la lor scienza; ma  talora ci s'imbatte in persone con segreti meravigliosi, rimedi specifici, che il più delle volte riescon laddove gli altri han fallito; ed è questo quello che cerchiamo.

Martina         (fra sé)  Ah, che il cielo m'ispiri una magnifica trovata per vendicarmi di quel pendaglio da forca!  (Ad alta  voce) Non potevate davvero capitar in posto migliore di questo se volete trovare quel che cercate; abbiam qui un uomo, il più straordinario uomo del mondo, per i casi disperati.

Valerio          E, per cortesia, dove possiamo trovarlo?

Martina         Adesso potete trovarlo là, in quell'angolo di bosco, che si diverte a spaccar legna.

Luca               Un dottore spaccalegna?

Valerio         Che si diverte a raccoglier erbe medicinali, vorrete dire?

Martina         No! È un tipo fuor del comune che si trastulla proprio così; un uomo strano, bizzarro, capriccioso, e che non prendereste mai per quello che è. Va vestito in modo stravagante, ogni tanto finge di sembrar ignorante, tiene tutta per sé la sua scienza, e, se c'è qualcosa che fermamente schiva, è l'esercitar le meravigliosi doti che ha avuto dal cielo per la   medicina.

Valerio         Certo ch'è curioso che tutt'i granduomini debbano sempre aver qualche stranezza, qualche granello di pazzia mischiato alla lor scienza!

Martina         La pazzia di questo qui poi è maggior di quanto si possa credere, perché talvolta arriva al punto di voler che gliele diano per persuadersi delle sue capacità; e vi avverto che non verrete a capo di niente, che non ammetterà mai d'esser medico, quando gli gira, a meno che non prendiate un bastone per ciascuno e non lo riduciate, a forza di tortorate, a confessarvi alla fine quel che v'avrà tenuto nascosto da principio. È così che noi lo trattiamo quando abbiam bisogno di lui.

Valerio          È una ben strana pazzia!

Martina         Certo, ma, una volta passata, vedrete che fa meraviglie.

Valerio          E come si chiama?

Martina         Si chiama Sganarello, ma è facile riconoscerlo: è un uomo con una gran barba nera, ch'indossa una gorgiera su un vestito giallo e verde.

Luca               Un vestito giallo e verde! E ched'è, il medico dei pappagalli?

Valerio          Ma  è  proprio  vero  ch'è tanto bravo come dite voi?

Martina         E come! Vi dico che fa miracoli. Sei mesi fa una donna era stata abbandonata da tutti gli altri medici. La davano per morta già da sei ore, e si preparavano a seppellirla, quando a forza fecero venir l'uomo di cui parliamo. Dopo averle dato un'occhiata, le mise una goccettina di non so che in bocca, e quella, sull'istante, si levò dal letto e si mise senz'altro a camminar per la camera come niente fosse.

Luca               Oh!

Valerio          Doveva essere qualche goccia d'oro potabile.

Martina         Può darsi. Non son ancora tre settimane che un ragazzino di dodici anni cadde dalla cima del campanile e si fracassò, sul selciato, testa, braccia e gambe. Non appena portaron là  il nostr'uomo, questi  gli strofinò per tutt'il corpo un certo unguento che sa far lui, e quel moccioso subito si drizzò in piedi e corse a giocar a biglie.

Luca               Oh!

Valerio         C'è da dir che quest'uomo conosce il rimedio per tutt'i mali.

Martina         E chi lo mette in dubbio?

Luca               Per tutti li ghiavoli! Ma è propio l'orno che fa per noi. Presto, andiamo  a cercallo.

Valerio          Vi ringraziamo del favore che ci fate.

Martina         Comunque ricordatevi bene del suggerimento che v'ho dato.

Luca               Eh, caspiterina! Lasciate che fassimo noi; se nun ci sta che di menare, la vacca la è nostra.

Valerio         (a Luca) Siam davvero fortunati ad aver fatto quell'incontro, e, per conto mio, ci faccio un grandissimo assegnamento.

SCENA QUINTA

Sganarello, Valerio, Luca

Sganarello   (entra  in  scena  cantando  e  tenendo   una   bottiglia in mano):    La, la, la.

Valerio          Sento qualcuno che canta  e  spacca della legna.

Sganarello  La, la, la... Parola d'onore, s'è lavorato abbastanza per una trincatella. Ripigliam un po' di fiato. (Beve, e, dopo aver bevuto, dice)  Questa  legna  è salata com'i diavoli dell'inferno. (Canta)

Come son dolci,

Bella bottiglia,

Come son dolci

I vostri piccoli glu-glu!

Ma la mia sorte molti renderebbe gelosi,

Se ognor foste piena.

Ah! bottiglia, mia  amata,

Perché vi vuotate?

Su,  perdinci!  non lasciamoci  prender da  malinconie.

Valerio         (sottovoce a  Luca)   Eccolo  in  persona.

Luca               (sottovoce  a Valerio)   Penso che voi dici il vero  e  che io ci abbiamo sbattuti il naso contro.

Valerio          Vediamo  da vicino.

Sganarello   (accorgendosi di loro, li squadra voltandosi prima verso l'uno e poi verso l'altro, e, abbassando la voce, dice mentre abbraccia la bottiglia) Ah, bricconcella! Quanto t'amo, turacciolin mio! (Canta: )

... La mia sorte... molti... renderebbe... gelosi, Se...

Che diavolo  vanno cercando  quelli  là?

Valerio         (a Luca)   È lui di sicuro.

Luca               (a  Valerio)   Lo  eccolo  nato  sputato  come c'è stato  sfigurato.

Sganarello (fra sé:  Si consultano dopo avermi adocchiato. Che andranno tramando?

(Ora posa la bottiglia a terra e, giacché Valerio s'è chinato per salutarlo, crede che questi lo faccia per prenderla, la mette dall'altra parte; quindi, poiché Luca fa lo stesso, la riprende e se la stringe allo stomaco, con una gran varietà di mimica che riempie la scena.)

Valerio          Signore, non siete voi che vi chiamate Sganarello?

Sganarello  Eh? Come?

Valerio          V'ho chiesto se non siete voi colui che si chiama Sganarello.

Sganarello   (volgendosi verso Valerio, e poi verso Luca) Sì e no, secondo quello che volete da lui.

Valerio          Vogliamo soltanto rendergli tutti i nostri rispetti.

Sganarello              In tal caso, son io che mi chiamo Sganarello.

Valerio          Signore, siamo lietissimi d'incontrarvi. Ci  hanno indirizzati a voi per quel che ci interessa, e veniamo ad implorar il vostr'aiuto di cui abbiam bisogno.

Sganarello  Se si  tratta, signori, di  qualcosa che dipenda  dal mio piccolo commercio, son prontissimo a servirvi.

Valerio          Troppa  grazia ci fate, signore. Ma, signore, copritevi, vi prego;  il sole potrebbe darvi noia.

Luca               Riparatevi il cranio, 'gnore.

Sganarello   (fra sé) Ecco della gente proprio compita. (Si copre.)

Valerio          Non dovete, signore, trovar strano se veniamo da voi, i valent'uomini son sempre ricercati, e noi siam informati delle vostre doti.

Sganarello   Sì, signori, non c'è che dire:  son il miglior di tutti a far fascine.

Valerio          Eh via, signore!...

Sganarello  Non bado a risparmi e le assesto in modo che non c'è niente  da  eccepire.

Valerio          Signore, non si tratta di questo.

Sganarello   Ma le vendo anche a centodieci soldi il centinaio.

Valerio          Non  parliamo di questo,  per favore.

Sganarello  V'assicuro che  non potrei darle  a  meno.

Valerio          Signore, sappiamo come stanno le cose.

Sganarello  Se  sapete come  stanno  le  cose,  saprete che non le vendo a meno.

Valerio          Signore, quest'è prender in giro il prossimo...

Sganarello  Non prendo in giro nessuno, non posso tirar giù un soldo.

Valerio          Parliamoci schietto, per piacere.

Sganarello   Non dico che non le possiate trovar a meno da un'altra parte, ma ci son fascine e fascine; quant'a quelle che faccio  io...

Valerio          Eh,  signore, smettiamola con questa storia!

Sganarello   Vi giuro che non le avrete per un centesimo di meno.

Valerio          Eh, via!

Sganarello   No, in coscienza, me le pagherete tanto. Vi parlo chiaro, e non son tipo da chiedervi più del giusto.

Valerio         Ma è proprio indispensabile, signore, che una persona come voi si diverta a finger tanto grossolanamente! s'avvilisca a tener simili discorsi! che un uomo così sapiente, un medico famoso, qual voi siete, voglia mascherarsi agli occhi del mondo e tener sepolto il bell'ingegno che possiede!?

Sganarello   (fra sé) Quest'è matto.

Valerio         Vi prego, signore, non fingete con noi.

Sganarello  Ma che dite?

Luca               Tutti questi raggiri non serbano di niente; io sappiamo cotesta che io sappiamo.

Sganarello   Ma che sapete? cosa volete dire? Per chi mi prendete?

Valerio          Per quel che siete, per un gran medico.

Sganarello   Medico sarete voi: io non lo sono, e non lo son mai  stato.

Valerio         (sottovoce) Ecco che gli spunta un ramo di pazzia. (Ad alta voce: ) Signore, non insistete nel negar l'evidenza; e non arriviamo, se permettete, ad estremi spiacevoli.

Sganarello  A  che cosa  insomma?

Valerio          A certe cose di cui poi ci sentiremo mortificati.

Sganarello   Corpo di bacco! Arrivate un po' a tutto quel che vi pare; non son medico, e non capisco cosa mi vogliate dire.

Valerio         (sottovoce) Vedo bene che bisogna ricorrere al rimedio. (Ad alta voce) Signore, ancora una volta, vi prego di confessar quel  che  siete.

Luca               Eh, cappero! Non ce lo fate tanta alla lunga, e ditecela alla   francamente  che  vi   siete  medicine

Sganarello   (fra  sé) Adesso m'arrabbio.

Valerio         A che serve negar quel che tutti sanno?

Luca               Perché tutte queste finzioni qui? a che questa vi serba?

Sganarello   Signori, una volta per tutte vi ripeto che non son per  niente  medico.

Valerio         Non siete per niente medico?

Sganarello              No.

Luca               Nun sete medico?

Sganarello  No, vi dico.

Valerio         Visto che lo volete voi, allora bisogna decidersi. (Afferrano ambedue un bastone e lo picchiano.)

Sganarello  Ah! ah! ah! Signori, son tutto quel che vi pare.

Valerio          Perché, signore, ci costringete a ricorrer alla violenza?

Luca               A che pro mollarci il fastidio di darvele?

Valerio          V'assicuro che  ne son dolentissimo.

Luca               Cribbio! Mi ne rencresce, francamente.

Sganarello   Che diavolo significa tutto ciò, signori? Ma insomma state scherzando o siete ammattiti tutt'e due a voler ch'io  sia medico?

Valerio         Come! Ancora non v'arrendete, e continuate a negar d'esser  medico?

Sganarello              Il diavolo  mi porti  se lo sono!

Luca               Non gli è vero che siate medico?

Sganarello   No, che mi prenda un accidente! (E così riprendon a dargliele.) Ah! ah! Ebbene, signori, sì, giacché ci tenete tanto, son medico, son medico; anche farmacista, se così vi piace. Preferisco dir sì a tutto piuttosto che farmi accoppare.

Valerio         Oh, adesso sì che va bene, signore; son proprio lieto di vedervi ragionevole.

Luca               Mi metete la gioia in il petto quando vi vedo parlare come  qua.

Valerio          Vi chiedo scusa di tutto cuore.

Luca               Io vi domandiamo scusa della liberalità che io abbiamo presa.

Sganarello   (fra sé) Ehilà, niente niente fossi io a sbagliarmi e fossi diventato medico senz'accorgermene?

Valerio         Signore, non vi pentirete di mostrarvi a noi quel che siete, e di sicuro vedrete che ne resterete soddisfatto.

Sganarello   Ma, signori, ditemi un po': non è che siete voi a sbagliarvi?  È  proprio sicuro ch'io sia medico?

Luca               Sì, cribbio!

Sganarello  Davvero?

Valerio          Senza dubbio.

Sganarello  Il  diavolo mi porti  se lo sapevo!

Valerio         Ma come, se siete il più valente medico di questo mondo!

Sganarello   Ah! ah!

Luca               Un medico ch'ha guarito non so quante malattie.

Sganarello  Caspita!

Valerio         E quella donna che era data per morta da sei ore? Stava per esser seppellita, quando con una goccia di qualcosa la faceste lì per lì ritornar in sé, sicché lei si mise senz'altro a camminar per la camera.

Sganarello  Canchero!

Luca               E quel moccioso di dodici anni che si fe' ruzzolar dalla cima d'un campanile? Si ruppe testa, gambe e braccia; eppure voi,  con  un  vattelappesca  d'unquento,  feste  ch'in un batter d'occhio s'alzatte in piedi e se ne fuì a giocar a biglie.

Sganarello  Diamine!

Valerio         Insomma, signore, vi troverete contento di noi; e guadagnerete quanto vorrete, se vi lascerete condurre dove vogliamo noi.

Sganarello  Guadagnerò  quanto vorrò?

Valerio          Certo.

Sganarello   Oh, sì! son medico è incontestabile. Me l'ero scordato, ma adesso me ne ricordo. Di cosa si tratta? Dove ci dobbiamo recare?

Valerio         V'accompagneremo noi. Si tratta di visitar una ragazza che ha perduto la favella.

Sganarello  In fede mia, io non l'ho ancor ritrovata.

Valerio         (sottovoce, a Luca) Gli piace scherzare. (A Sganarello) Andiamo,  signore.

Sganarello              Senza un abito da medico?

Valerio          Ne troveremo uno.

sganarello   (allungando la bottiglia a Valerio) Questa, tenetela voi: è lì che metto i miei sciroppi. (Poi, girandosi verso Luca e sputando a terra) E voi passateci sopra! È un ordine del medico.

Luca               Sangue di baccio! Lo è un dottore che mi piace; penso che farà bona riuscita, perché è un buffone.

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

SCENA   PRIMA

Geronte, Valerio, Luca, Giacomina

Valerio         Sissignore, credo che resterete soddisfatto; v'abbiam portato il più gran medico del mondo.

Luca               Eh, caspiterina! C'è da andarse a riponere appress'a lui, e tutti l'altri nun so' degnevoli di sfilargli manco le fangose.

Valerio          È  un uomo che ha fatto meravigliose guarigioni.

Luca               Che  ha  risolato gente che stavono morti.

Valerio         È un po' strambo, come v'ho detto, e, di tant'in tanto, gli prendon momenti in cui farnetica e non sembra quello che è.

Luca               Sì, li piace fa' il buffone, e alle volte se dirla, co' riverenzia parlanno, ch'ha intuzzato la zucca in quanche  parte.

Valerio         Ma, in sostanza, è un'arca di scienza, e molto spesso ha detto cose veramente elevate.

Luca               Quanno però ce si mette de buzzo tosto, parla tutto fino e speditoso come si leggiesse dentr'an libro.

Valerio         La sua fama s'è già sparsa dalle nostre parti, e tutti ricorron  a  lui.

Geronte         Non vedo proprio l'ora d'incontrarlo; fatemelo venir subito  qui.

Valerio          Vado  a  cercarlo.

Giacomina     Affé, 'gnore, 'sto qua farà giusto quello ch'han fatto li altri. Penso che sarà sempre la stessa minestra; e la meglio medicheria che se porrìa rifilar a vostra figlia, sarìa, secondo me, un bel pezzo de marcantonio de marito, che glie va a faciolo.

Geronte         Ehi! balia, bella mia, v'impicciate un po' troppo.

Luca               Zitta voi, Giarettina, pensateci a fa' la massara: nun ti tocca a voi de ficcarce il naso.

Giacomina     Ve dichiaro e ve dillùmino che tutti 'sti dottori nun ce faronno che li buchi nell'acqua; che pe' vostra figlia ce voi altro che ribbarbero e senna, e che 'n marito gli è 'n impiastro che te li garrisce tutti li mali de le ragazze.

Geronte         E nello stato in cui si trova, col mal che l'affligge, chi si può pretender che se la pigli? E quando mi proponevo di maritarla, non è stata lei ad opporsi alla mia volontà?

Giacomina     Te lo credo bene. Li volevate molla' un tizio che nun glie andava. Perché nun gli avete prenduto quer sor Liandro, che gli smoveva il core? Averebbe subbito ubbedito; e ce scommettarebbe che lui se la pigliarebbe essa, comme te sta,  se gliela vorebba dare.

Geronte         Quel Leandro non è partito che per lei ci vuole: non ha le ricchezze dell'altro.

Giacomina     Ce l'ha un zio ch'è ricco e esso è l'erede.

Geronte         Tutte queste ricchezze di là da venire mi sembran tanti castelli in aria. Si può parlar d'averi soltanto quando li si possiede; e si corre un grosso rischio di restar delusi quando si fa conto d'una fortuna ch'altri vi conserva. La morte non ha sempre le orecchie aperte agli auguri ed alle preghiere dei signori eredi; e fa a tempo a crepar di fame chi aspetta per campar che qualcuno vada all'altro mondo.

Giacomina    Insomma, i' ho sempre sentì'a di' ch'in matrimonio, comme pell'altro, contentezza val più assai meglio de la ricchezza. Padri e madri tengheno quello maledetto vizzio de dimanda' sempre: «Che cià esso? » e «Che cià essa?» e compar Petruzzo gli ha maritata la figlia Simonetta a Tomasone pe' quel quartello de vigna che l'aveva in più del giovine Rubino, mentre che lei a questo gli aveva buttati li occhi addosso; e adesso eccotela lì, poveraccia, che t'è diventata gialla come 'na cotogna, e dallora nun ce l'ha propio fatto tutto 'sto profitto. Gli è un bell'esempio pe' voi, signore. Nun s'ha ch'el su' piacer in 'sto mondo; e preferìa rifilar mi' figlia a 'n bon marito che glie fusse de gusto, più meglio ch'ave tutti l'ori dello  Perù.

Geronte         Accidenti, signora balia, che scilinguagnolo! Fatemi il piacer di starvene un po' zitta; ve la prendete troppo, e vi si rimescola il latte.

Luca               (dicendo questo, batte sulla spalla di Geronte) Cribbio! Statti zitta, ti sei 'na impertinenta. Il 'gnore nun sa che fàscene de le tu' ciarle; sa lui quel ch'ha a fare. Impicciati de da' la tettola al tu' moccioso, senza star a fa' tanto la sapientosa. Il padre de la su' figlia è lui, il 'gnore, e gli è bono e bravo a vede' quello che gli sta meglio assai.

Geronte         Piano! ehi! piano!

Luca               (seguitando a batter sulla spalla di Geronte) 'gnore, la vo' un po' mortificarla e imparargli el respetto che la ve deve.

Geronte         Sì, ma questi gesti non mi paion necessari.

SCENA SECONDA

Valerio, Sganarello, Geronte, Luca, Giacomina

Valerio          Signore, preparatevi;  ecco il nostro medico che arriva.

Geronte         (a Sganarello) Signore, son molto lieto di vedervi in casa mia dove abbiamo un gran bisogno di voi.

Sganarello   (in abito da medico, con un cappello a punta molto alto) Ippocrate dice... che dobbiam tener tutt'e due il cap­pello in testa.

Geronte          Ippocrate dice questo?

Sganarello   Sì.

Geronte         In quale capitolo, s'è lecito?

Sganarello  Nel suo capitolo sui cappelli.

Geronte         Beh, quand'è Ippocrate che lo dice, bisogna farlo.

Sganarello              Signor dottore,  giacché ho inteso le meraviglie...

Geronte         Scusate, con  chi  parlate?

Sganarello   Con voi.

Geronte         Ma io non son dottore.

Sganarello   Non siete dottore?

Geronte         No davvero.

Sganarello   (afferra allora un bastone e gliele dà come han fatto con lui)  Sul serio?

Geronte         Sul serio.  Ah!   ah!   ah!

Sganarello  Ora   siete  dottore: io non ho mai  ricevuto altro diploma.

Geronte         (a Valerio)  Che diavolo d'uomo m'avete portato?

Valerio          Ve  l'avevo detto ch'era  un medico burlone.

Geronte         Sì, ma lo manderei a quel paese con le sue burle.

Luca               Nun ce fate caso, 'gnore, fa così pe' ride'.

Geronte         Son scherzi che non mi piacciono.

Sganarello              Signore,  vi chiedo  scusa della  libertà che  mi  son presa.

Geronte         Servo vostro, signore.

Sganarello              Son spiacente...

Geronte         Fa nulla.

Sganarello  Delle tortorate...

Geronte         Niente di male.

Sganarello   Ch'ho avuto l'onore di darvi.

Geronte         Non parliamone più. Signore, ho una figlia ch'è stata colpita da una strana malattia.

Sganarello  Felicissimo, signore, che vostra figlia abbia bisogno di  me; e m'augurerei di tutto cuore che ne aveste bisogno anche voi, voi  e famiglia, per attestarvi la voglia che ho di servirvi.

Geronte         Obbligatissimo di questi sentimenti.

Sganarello  V'assicuro ch'è col cuor in mano che vi parlo.

Geronte         Tropp'onore!

Sganarello  Come si chiama vostra  figlia?

Geronte         Lucinda.

Sganarello  Lucinda!  Ah, bel nome da curare! Lucinda!

Geronte         Vado a veder un po' cosa fa.

Sganarello  E chi è quel tocco di donna lì?

Geronte         È la balia d'un mio piccino.

Sganarello   (fra sé) Accidenti! Che bel pezzo d'arredamento! (Ad alta voce) Oh, balia, vezzosa balia, la mia medicina è la schiava umilissima del vostro baliatico, e vorrei davver esser io quel pupattolo fortunato che tetta il latte (le mette una mano sul petto) da tanta grazia di Dio. Tutti i rimedi, tutta la scienza, tutta l'abilità che possiedo è al vostro servizio, e...

Luca               Col vostro permesso, 'gnor dottore, lasciate sta' la mi' moglie, se nun ve dispiacie.

Sganarello  Come?  È  vostra moglie?

Luca               Sì.

Sganarello (fa finta d'abbracciar Luca, girandosi dalla parte della balia, invece è lei che abbraccia) Oh, veramente non lo sapevo, e me ne rallegro per l'amor che all'uno e all'altra porto.

Luca               (tirandolo)   Andiamoce  pianino,  pe'  favore.

Sganarello   V'assicuro che son ben lieto di sapervi ben accasati. Le faccio le mie congratulazioni per aver (fa ancora finta d'abbracciar Luca, ma, passandogli sotto le braccia, si getta al collo della moglie) un marito come voi, e a voi, vi faccio i miei complimenti per aver una moglie così bella, così saggia, e così ben fatta come quella che avete.

Luca               (tirandolo ancora) Eh, cribbio! mica tante cerimonie, ve supplico.

Sganarello   Non volete che mi compiaccia con voi d'una sì ben assortita  unione?

Luca               Con me, quanto ve pare; ma con mia moglie, è meglio assai che la piantate.

Sganarello   Prendo parte in pari misura alla felicità d'ambedue; e (continua la stessa pantomina) se v'abbraccio per attestar la mia gioia, abbraccio anche lei perché pur essa lo sappia.

Luca               Ah, corbezzoli! 'gnor dottore, quante scemate!

SCENA  TERZA

Sganarello, Geronte, Luca, Giacomina

Geronte         Signore, a momenti vi condurranno qui mia figlia.

Sganarello  L'aspetto,  signore,  con  tutta  la  medicina.

Geronte        Dov'è?

Sganarello   (toccandosi la fronte) Qui dentro.

Geronte        Molto bene.

Sganarello   (volendo tastar le poppe alla balia) Ma siccome m'interesso a tutta la vostra famiglia, è necessario ch'io faccia qualche esame al latte della vostra balia e che dia un occhiata al suo seno. Luca (tirandolo e facendogli far una piroetta)  None, none;  me nun ne abiamo niente bisogno.

Sganarello  È compito del medico esaminar le poppe delle balie.

Luca               Nun ci è computo che tienga, ve so' servo.

Sganarello  Ed hai l'ardir d'opporti ad un medico? Fuori di qui!

Luca               Mi ne buscaro, io.

Sganarello   (guardandolo di traverso)  Ti farò venire la terzana.

Giacomina     (prendendo Luca per il braccio  e facendo far anche a lui  una piroetta)   E lévite puro te de là.  E che nun  so' granda abbastante pe' difenderme co' le mi' unghie, si  a lui glie sartassi il ticchio de farme quarche cosa che nun ha da fa'?

Luca               Nun vo' che te tasta, io.                                                     

Sganarello  Puah, lo screanzato, ch'è geloso della moglie!       

Geronte         Ecco mia figlia.

SCENA  QUARTA

Lucinda, Valerio, Geronte, Luca, Sganarello, Giacomina

Sganarello  È questa l'ammalata?

Geronte         Sì, non ho che questa figlia; e sarei l'uomo più disperato della terra se mi dovesse morire.

Sganarello              Se ne guardi bene! Guai a lei se muore senza prescrizione medica.

Geronte          Presto, una sedia.

Sganarello   (seduto tra Geronte e Lucinda)  Ecco una paziente che non è proprio ripugnante, e ritengo che un uomo sano come un pesce se ne potrebbe pur contentare.

Geronte         L'avete fatta ridere, signore.

Sganarello  Tanto meglio. Quando il medico fa rider l'ammalato, è davvero buon segno. (A Lucinda ) Ebbene, di che si tratta? Cosa avete? Che male vi sentite?

Lucinda         (risponde a segni,  portandosi la  mano  alla  bocca,  alla testa e sotto il mento)   Ahn, ih, oh,  ahn.

Sganarello  Eh? che dite?

Lucinda         (sempre con gli stessi gesti) Ahn, ih, oh, ahn, ahn, ih, oh.

Sganarello              Come?

Lucinda          Ahn, ih, oh.

Sganarello   (facendole   il   verso) Ahn, ih, oh, ahn, ah. Non capisco un'acca di quel che dite. Che diavolo di lingua è questa?

Geronte         Signore,  è questa  la  sua  malattia. È  diventata  muta, senza che finora si sia potuto conoscerne la causa;  ed è una disgrazia che le ha fatto rimandar il matrimonio.

Sganarello  E perché?

Geronte         Quello che la deve sposare vuol aspettar la guarigione per concluder la cosa.

Sganarello   E chi è questo scemo che non vuole che sua moglie sia muta? Voless'Iddio che mia moglie avesse questa malattia! Mi guarderei bene dal darmi da fare per guarirla.

Geronte         Noi però, signore, vi preghiamo di tentar tutt'il possibile per guarirla.

Sganarello   Oh, non preoccupatevi! Ditemi un po': il male l'opprime  molto?

Geronte         Sì,  signore.

Sganarello  Tanto meglio. Ha gran dolori?

Geronte         Grandissimi.

Sganarello  Molto bene. Va in quel posto dove deve andare?

Geronte        Sì.

Sganarello  Abbondantemente?

Geronte         Di  questo, io non me ne  intendo.

Sganarello              Quel che fa, lo fa bene?

Geronte         Non son competente in materia.

Sganarello   (volgendosi verso l'ammalata) Datemi il braccio. (A Geronte) Ecco un polso che denota che vostra figlia è muta.

Geronte         Eh sì, signore! Proprio lì sta il suo male; e voi l'avete capito immediatamente.

Sganarello   Ah! ah!

Giacomina     Guarda un po' comme te l'ha azzeccata de prim'acchitto  'sta malattia!

Sganarello   Noialtri gran dottori con un'occhiata capiamo le cose. Un ignorante sarebbe rimasto com'un allocco ed avrebbe preso a sentenziar: «È questo, è quello»; ma io colgo subito nel punto, e vi faccio saper che vostra figlia è muta.

Geronte         Sì, ma vorrei che mi diceste da che deriva.

Sganarello   Niente di più facile. Deriva dal fatto che ha perso la favella.

Geronte         Benissimo. Ma, se non vi spiace, qual è la causa che le ha fatto perder la favella?

Sganarello   Tutt'i nostri migliori autori vi diranno ch'è l'impossibilità   del  movimento   della  lingua.

Geronte         Ma almeno qual è la vostra opinione su quest'impossibilità del movimento della lingua?

Sganarello              Aristotile in merito dice... cose molto interessanti.

Geronte         Lo credo.

Sganarello  Ah, quello sì ch'era un grand'uomo!

Geronte         Senza dubbio.

Sganarello   (sollevando l'avambraccio) Grand'uomo nel vero senso  della  parola:   un  uomo  ch'era  di  tanto più grande  di me. Ma, per tornar a noi, ritengo che quest'impossibilità del movimento della lingua le derivi da certi umori, che fra noialtri uomini di scienza chiamiamo umori peccanti; peccanti, sarebbe a dir... umori peccanti; tanto più che i vapori formati dalle esalazioni degli influssi emanati nella regione delle malattie, venendo... per così dire... a... Capite il latino?

Geronte         Neanche  una  parola.

Sganarello   (alzandosi stupito) Non capite una parola di latino?

Geronte         Proprio così.

Sganarello  (prendendo vari ridicoli atteggiamenti) «Cabricias arci thuram, catalamus, singulariter, nominativo haec Musa» «la Musa», «bonus, bona, bonum, Deus sanctus, estne oratio latinas? Etiam», "sì" «Quare?» "perché"? «Quia substantivo et  adjectivum  concordat  in  generi,  numerum  et   casus.»

Geronte         Ah, perché anch'io non ho studiato!

Giacomina     Questo   sì   che  l'è  bravo!

Luca               Sì, gli è sì gagliardo, che nun ce raccapezzo niente.

Sganarello   Orbene, questi vapori dei quali vi parlo, nel passar dalla sinistra, dove sta il fegato, alla destra, dove sta il cuore, succede che il polmone, che noi in latino chiamiamo « rmyan», comunicando col cervello, che noi in greco diciamo «nasmuus», per mezzo della vena cava, che noi in ebreo chiamiamo «cubile», incontra, strada facendo, i detti vapori, che riempiono i ventricoli della scapola e siccome detti vapori... seguite bene il ragionamento, vi prego; e siccome detti vapori hanno nella lor natura qualcosa di maligno... State ben attento a quanto vi spiego, vi scongiuro.

Geronte         V'ascolto.

Sganarello   Hanno nella lor natura qualcosa di maligno, prodotto... Non vi distraete, ve ne prego.

Geronte         Son tutt'orecchi.

Sganarello   Prodotto dall'acredine degl'umori generati nella concavità del diaframma, succede che questi vapori... «Ossabandus,  nequeis, nequer, potarinum, quipsa milus». Ecco precisamente perché vostra figlia è muta.

Giacomina     Oh, comme te le spiffera bene, marito mio!

Luca               Perché nun gli ho anco io 'no scilinguagnolo sì sciorto?

Geronte         È indubbio che non si possa argomentar in maniera migliore; eppure c'è una cosa che non mi convince: la posizione del fegato e del cuore. Mica mi pare che li mettiate al posto giusto: il cuore sta a sinistra ed il fegato a destra.

Sganarello   Sì, difatti una volta era così; ma noi abbiam cambiato tutto, ora seguiamo un metodo completamente nuovo nella nostra professione.

Geronte         Ah, ecco! Non lo sapevo. Vogliate perdonar la mia ignoranza.

Sganarello   Niente di male: non siete obbligato ad aver le nostre cognizioni.

Geronte:        Certo. Ma, signore, cosa credete convenga far per questa malattia?

Sganarello  Cosa credo convenga far?

Geronte         Eh, già!

Sganarello   Il mio parere è che la si rimetta a letto, e che le si faccia prender per medicina un bel po' di pane inzuppato nel vino.

Geronte         E a che pro, signore?

Sganarello   Perché c'è racchiusa nel pane e nel vino, mescolati assieme, una virtù simpatica che fa parlare. Avete mai notato che non si da nient'altro ai pappagalli, e che proprio in virtù di quest'alimentazione essi imparano a parlare?

Geronte         Quest'è vero. Ah, che grand'uomo! Presto, pane e vino in quantità!

Sganarello   Ritornerò verso sera a veder in che stato sarà. (Alla balia) Un momento, voi. (A Geronte ) Signore, quest'è una balia alla  quale conviene ch'io faccia qualche applicazioncella.

Giacomina     Chi?  Me?  Ma si crepo de sallute!

Sganarello   Tanto peggio, balia, tanto peggio. Di tutta questa salute c'è da diffidare; non sarà male farvi qualche amichevole salassino, darvi qualche clisteretto dolcificante.

Geronte         Ma, signore, quest'è un sistema che proprio non capisco. Perché farsi salassar quando s'è sani come un pesce?

Sganarello   Non ha importanza, è un sistema che giova alla salute; e come si beve per la sete che verrà, così è necessario farsi  salassar per  un'eventuale  futura  malattia.

Giacomina     (ritirandosi) Ma va! Me ne buggero de questo, e nun vo' pe' niente fa' de el mi' corpo na' bottega de formecista.

Sganarello  Siete restia alle cure; ma sapremo sottomettervi alla ragione. (A Geronte ) Vi  saluto.

Geronte         Aspettate un momento, per favore.

Sganarello  Cosa volete fare?

Geronte         Darvi del denaro, signore.

Sganarello   (tendendo la mano dietro a sé, sotto la veste, mentre Geronte apre la borsa)  Non l'accetterò, signore.

Geronte         Signore...

Sganarello  Niente  affatto.

Geronte         Un momentino.

Sganarello  Mai e poi mai.

Geronte         Ve ne prego!

Sganarello  Volete scherzare.

Geronte         Ecco fatto.

Sganarello   Non  ci  penso  neanche.

Geronte         Eh, via!

Sganarello              Non lo faccio per denaro.

Geronte        Lo credo.

Sganarello (dopo aver preso il denaro) È di conio?

Geronte        Sì, signore.

Sganarello              Non son un medico venale.

Geronte         Lo  so bene.

Sganarello              Non  mi lascio guidar dall'interesse.

Geronte        Non lo penso davvero.

SCENA  QUINTA

Sganarello, Leandro

Sganarello   (rimirando il suo denaro) Parola mia! La cosa non si mette male, e purché...

Leandro         Signore, è molto che v'aspetto, e son qui ad implorar il vostr'aiuto.

Sganarello   (tastandogli il polso)  Veramente un polsaccio.

Leandro         No, non son malato, signore, e non è per questo che vengo ad importunarvi.

Sganarello   Se non siete malato, perché diavolo non lo dite allora?

Leandro         No, che non lo sono. Per accennarvela in due parole, mi chiamo Leandro e son innamorato di Lucinda, colei che o ora avete visitata; e siccome per il caratteraccio di suo padre m'è impedito in ogni modo d'accostarmi a lei, prendo l'ardire di pregarvi di venir in soccorso del mio amore, e di darmi la possibilità di metter in esecuzione un piano che ho escogitato per poterle dir due parole dalle quali dipendon in tutto e per tutto la mia felicità e la mia vita.

Sganarello   (fingendo d'esser in collera) Per chi mi prendete? Come? Aver la spudoratezza di rivolgervi a me perché mi presti a favorir il vostr'amore! Avvilir la dignità d'un medico a tal  genere di mansioni!

Leandro         Signore, non fate baccano.

Sganarello   (facendolo indietreggiare): E invece voglio farne, io. Siete un insolente.

Leandro         Eh, signore, adagio!

Sganarello              Uno sfacciato.

Leandro         Per  favore!

Sganarello   Imparerete che non son tipo da far questo, e ch'è una grandissima insolenza...

Leandro         (cacciando fuori una borsa e porgendogliela)  Signore...

Sganarello (prendendo la borsa) Volersi servire di me... Non parlo per voi, che siete un galantuomo e a cui sarei ben lieto d'esser utile; ma a questo mondo ci son certi insolenti i quali prendon il prossimo per quel che non è; e vi confesso che questo mi manda in bestia.

Leandro         Vi chiedo scusa, signore, della libertà che...

Sganarello  Scherzate? Di che si tratta?

Leandro         Dovete allora sapere, signore, che questa malattia che volete guarire è una finta malattia. I medici v'han fatto sopra dissertazioni tanto belle; e non han mancato d'asserir che il male derivava chi dal cervello, chi dagli intestini, chi dalla milza, chi dal fegato; ma la verità è che nell'amore sta la vera causa, e che Lucinda ha inventato questa malattia per liberarsi d'un matrimonio che non le andava a genio. Ma temo che ci vedano assieme; allontaniamoci di qui, e vi dirò strada facendo quel che m'auguro dalla vostr'opera.

Sganarello   Andiamo, signore; m'avete ispirato per il vostr'amore una tenerezza che non si può immaginare; ed io ci metto in gioco tutta la mia medicina: potrò anche perder, ma state pur sicuro che o l'ammalata creperà, o sarà vostra.

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

SCENA   PRIMA

Sganarello, Leandro

Leandro         Mi sembra che non faccio brutta figura così conciato da farmacista; e dato che il padre non m'ha mai visto, questo cambiamento d'abito e di parrucca basterà, penso, a nascondermi ai suoi occhi.

Sganarello              Senza  dubbio.

Leandro         Vorrei solamente saper cinque o sei paroloni di medicina, per ornar il mio eloquio e darmi l'aria d'una persona preparata.

Sganarello   Lasciate perdere. Non c'è bisogno di tanto; basta l'abito, ed io non ne so più di voi.

Leandro         Come?

Sganarello   Il diavolo mi porti se capisco qualcosa di medicina! Siete un galantuomo e posso ben confidarmi con voi, come voi vi confidate con me.

Leandro         Cosa!  non siete effettivamente...

Sganarello   No, vi dico; m'han fatto medico ad onta d'ogni mia resistenza. Non m'ero mai dato pensiero d'esser tant'istruito; e tutt'i miei studi non son arrivati che alla sesta. Proprio non so in base a cosa è saltata lor in testa questa fantasia; ma quand'ho visto che volevan a tutt'i costi ch'io fossi medico, ho deciso d'esserlo a spese di chi capiterà. Non potreste creder come l'errore si sia diffuso e quanto si son tutt'incaponiti nel credermi un uomo di valore. Mi si vien a cercar da ogni parte; e se le cose continuano di questo passo, conto di seguitar a far il medico finché vivo. Trovo ch'è il miglior tra tutt'i mestieri; perché, sia che si faccia bene sia che si faccia male, s'è sempre pagati ugualmente. Il lavoro mal fatto non ricade mai sulle nostre spalle, e noi tagliamo, a nostro capriccio, la stoffa che lavoriamo. Un calzolaio, quando fa un paio di scarpe, non potrebbe rovinar un pezzo di cuoio senza pagarne le spese; invece qui si può rovinar un uomo senza rimetterci nulla. Gli sbagli non son a nostro carico; ed il torto è sempre di chi muore. Insomma, il bello di questa professione è che c'è tra i morti la  maggior civiltà, la maggior  discrezione di  questo mondo; e non s'è mai visto nessuno lagnarsi del medico che l'ha ammazzato.

Leandro         Bisogna pur ammettere che i morti si comportan davvero da gran brave persone in proposito.

Sganarello   (vedendo gente che vien verso di lui) Ecco gente che ha l'aria di venirmi a consultare. (A Leandro) Andate ad aspettarmi sempre vicino alla casa della vostr'innamorata.

SCENA SECONDA

Tebaldo, Pierino, Sganarello

Tebaldo          'gnore, me venimo a cercarve, el mi' figlio e me.

Sganarello  Cosa c'è?

Tebaldo         La su' pora madre, che se chiama Peretta, la è drento 'no letto malata, gli so' sei mesi.

Sganarello   (tendendo la mano per prender quattrini) Che volete che  ci  faccia?

Tebaldo         Me se vorria, 'gnore, che ce propinaste quarche intruglio pe' rimettela in sesto.

Sganarello  Bisogna veder di che cosa è ammalata.

Tebaldo          La è malata d'ipocrisia, 'gnore.

Sganarello  D'ipocrisia?

Tebaldo          Sì, gli è a dire che la s'è enfiata indappertutto; e l'han detto che gli è pe' la tanta seriezza che l'ha in corpo, e  che 'l su' fegato, 'l su' ventro, o la su' mirza, comme la volete chiama' voi, invecia de fa' sangue, nun fa più che acqua. A essa, un giorno sì un antro no, glie prenne la febbre quotignana co' mancazioni e dolori nelli muschi de le cianche. Glie se sente nel su' gargarozzo scoli che stanno lì lì pe' strozzalla, e cierte vorte glie prendeno sinagoghe e conversioni, e ce piglia la tremarella e se pensàmio che l'è crepata. I' s'ha in el nosto villagio uno farmacisto, co' rispetto parlanno, che glie ha dato va' a sape' quante sozzerie; e la me costa più de 'na dodecina de boni scudi in lavativi, me scusassi la parola, in apostolemi che glie ha fatto piglia', in infezioni de giacinto, e in porzioni cordiali. Ma so' stati tutti, comme quell'antro va dicenno, pannicelli caldi. Glie voléa molla' 'na droga che di cono che se chiama vino ametile; ma io s'è avuto paura, a dilla papaia, che te la spedissi alIl alberi pizzzuti, perché se dice che quelli dottoroni là t'ammazzano nun se sa quanto prossimo co' quelo ritrovato.

Sganarello   (tendendo sempre la mano e movendola come per chieder quattrini) Veniamo ai fatti, amico mio, veniamo ai fatti.

Tebaldo         Il fatto gli è, 'gnore, che me venimo pe' pregarve de dirce che noi s'ha a fare.

Sganarello  Non  vi capisco proprio.

Pierino           'gnore, la mi' mamma la è malata; e noi s'ha du' scudi qua co' noi che ve portamo, così ce date un quarche remedio.

Sganarello  Ah,  voi  sì  che  vi  capisco!   Ecco  un   ragazzo  che parla chiaro e che sa spiegarsi come si deve. Dite che vostra madre è ammalata d'idropisia, che le si è gonfiato tutt'il corpo, che ha febbre, dolori alle gambe, e che a volte le prendon sincopi e convulsioni, che poi sarebbero svenimenti?

Pierino           Eh, sì, 'gnore, gli è propio propio questo.

Sganarello  Ho capito subito quel che dicevate. Avete un padre che non sa quel che dice. Adesso mi chiedete un rimedio?

Pierino           'gnorsì.

Sganarello  Un rimedio per guarirla?

Pierino           Gli è così che me l'intendemo.

Sganarello  Ecco, prendete questo pezzo di formaggio e fateglielo mangiare.

Pierino           Del cacio,  'gnore?

Sganarello  Certo. Non è un formaggio comune: ha mescolati dentro oro, coralli e perle, e molte altre cose preziose.

Pierino           'gnore, me ve semo tanto obbligati; e me andamo a farglielo prende' subbito.

Sganarello  Andate. Se poi muore, non mancate di farla seppellir meglio  che  potete.

SCENA  TERZA

Giacomina,  Sganarello,  Luca in fondo alla scena

Sganarello   Ecco la bella balia. Oh, balia del mio cuore, son proprio felice di quest'incontro! La vostra vista è il rabarbaro, la cassia, la senna che purgano tutta la malinconia della mia anima.

Giacomina     Parola mia, 'gnor dottore, gli è troppo ben detto pe' me, e me nun ce capisco un'acca dello vostro latino.

Sganarello   Ammalatevi, balia, vi prego; ammalatevi per amor mio.  Proverei  tutte le  gioie  della  terra a guarirvi.

Giacomina     Serva vostra; ma me piace più meglio che nun me se guarisce.

Sganarello   Come vi compiango, bella balia, ch'abbiate un marito geloso e molesto come quello che avete!

Giacomina     Che la ci volete fare, 'gnore! Gli è in penitenzia delli mi' peccati; e lì dove la capra l'è ligata, la bisogna che la bruca.

Sganarello   Che! Unozoticone come quello! Un uomo che vi spia sempre, e non vuoi che  nessuno vi parli!

Giacomina     Ahimè! Ancora nun avete veduto niente, e quello nun gli è che 'no picciol assaggio del su' cattiv'umoro.

Sganarello  È mai possibile? E un uomo ha da aver l'animo sì basso da maltrattar una persona come voi? Eh, quanti ne conosco, bella balia, e che non son lontani di qui, che si direbbero beati di baciarvi soltanto le punte dei piedini! Come può esser che una donna così ben fatta sia cascata in mani simili, e che un vero e proprio animale, un bruto, uno stupido, un grullo... Scusatemi, balia, se parlo così di vostro marito.

Giacomina     Eh, 'gnore, lo so che se li merita tutti quelli titoli  là.

Sganarello   Sì, certo, balia, che se li merita; e meriterebbe pure che gli metteste qualcosetta sulla testa, per punirlo dei sospetti che ha.

Giacomina     Gli è propio vero che si nun avrei davant'alli occhi el su' interesse, me costringiarebbe a fa' qualche stranezza.

Sganarello   Parola d'onore! non farete niente di male a vendicarvi di lui con qualcuno. È un soggetto, ve lo dico io, che davvero se lo merita; e se fossi io tanto fortunato, bella balia, d'esser il prescelto per...

(A questo punto, tutt'e due,  vedendo Luca ch'era dietro loro ed ascoltava quel che dicevano, se ne  vanno  ognuno dalla  sua parte, ma il Medico in modo assai ridicolo.)

SCENA  QUARTA

Geronte, Luca

Geronte         Ehi, Luca, non hai visto il nostro dottore?

Luca               Eh, sì! per tutti li ghiavoli, che l'ho visto, e anco la mi' moglie.

Geronte         Dove mai può essere?

Luca               Nun lo so, ma vorrìa che si fusse a tutti li ghiavoli.

Geronte         Va un po' a veder cosa fa mia figlia.

SCENA  QUINTA

Sganarello, Leandro, Geronte

Geronte         Oh, signore; cercavo appunto di voi.

Sganarello   Mi divertivo giù in cortile ad espeller il superfluo delle mie bevute. Come sta l'ammalata?

Geronte         Un po' peggio, dopo la cura che le avete ordinata.

Sganarello  Tanto meglio:  segno che fa effetto.

Geronte         Sì, ma nel far effetto, ho paura che la soffochi.

Sganarello  Non  datevi  pensiero:  ho rimedi che se la ridono d'ogni  male.  L'aspetto  all'agonia!

Geronte         (indicando Leandro)  Chi  è quell'uomo che vi portate dietro?

Sganarello   (facendo segni con la matto per indicar ch'è un farmacista)   È...

Geronte        Cosa?

Sganarello Quello...

Geronte        Eh?

Sganarello Che...

Geronte         Capisco.

Sganarello  Vostra figlia n'avrà bisogno.

SCENA   SESTA

Giacomina,  Lucinda, Geronte, Leandro,  Sganarello

Giacomina     'gnore, ecco vostra figlia che la voi fa' du' passi.

Sganarello   Le farà bene. (A Leandro ) Su, signor farmacista, tastatele un po' il polso, che poi voglio ragionar con voi della sua malattia.

                                                                              

(A questo punto, attira Geronte sul fondo della scena e, passandogli un braccio sulle spalle, gli piazza la mano sotto il mento e gli gira il viso verso di lui per impedirgli di guardar quel che sua  figlia  ed  il  farmacista stanno facendo,  tenendogli  frattanto tale discorso per tenerlo a bada)

Sganarello Signore, c'è una grande e sottil disputa fra i dotti medici per appurar se le donne sian più facili a guarir degli uomini. Vi prego di star a sentire, per favore. Alcuni dicono di no, altri di sì; io dico sì e no: considerando il fatto che l'incongnienza degli umori opachi che son propri del temperamento naturale delle donne fa sì che la parte bruta vuoi sempre dominar sulla sensitiva, si constata che la disparità delle lor opinioni dipende dal movimento obliquo del circolo lunare; e come Il sole, che lancia i suoi raggi sulla concavità della terra, trova...

Lucinda         (a Leandro) No, non son davvero capace di mutar di sentimento.

Geronte         Ah, mia figlia parla! Oh, che potenza quel rimedio! Oh, che straordinario medico! Quanto vi son obbligato, signore, di questa mirabil guarigione! E che posso mai far per voi dopo un tal servigio?

Sganarello   (passeggiando per la scena ed asciugandosi la fronte)  È stata una malattia che me n'ha dato da fare!

Lucinda         Sì, padre mio, ho riacquistato la favella; ma l'ho riacquistata per dirvi che non avrò mai altro sposo se non Leandro, e ch'è inutile che cerchiate di darmi Orazio.

Geronte         Ma...

Lucinda         Non c'è niente che possa distogliermi dalla risoluzione ch'ho presa.

Geronte         Come?...

Lucinda          Non v'affaticate invano ad oppormi bei ragionamenti.

Geronte         Se...

Lucinda         Tutti i  vostri  argomenti non serviranno a  niente.

Geronte         Io...

Lucinda          È  cosa alla  quale son  già decisa.

Geronte         Ma...

Lucinda         Non c'è autorità paterna che possa costringermi a sposarmi  contro voglia.

Geronte         Ho...

Lucinda          I vostri tentativi son del tutto vani

Geronte         Lui...

Lucinda         Il mio cuore non potrebbe sottostare ad una simil tirannia.

Geronte         La...

Lucinda         Piuttosto rinchiusa in un convento che sposar un uomo che non amo!

Geronte        Ma...

Lucinda         (parlando con un tono di voce da stordire) No. In nessun modo. Niente da fare. Perdete il vostro tempo. Non consentirò mai.  È  deciso.

Geronte         Ah, che inarrestabil scilinguagnolo! Non c'è maniera di resistervi. (A Sganarello) Signore, vi prego, fatela ridiventar muta.

Sganarello   Questo non m'è possibile. Tutto quel che posso fare, tanto per venirvi incontro, è di far diventar sordo voi, se volete.

Geronte         Grazie tante. (A Lucinda ) E così tu pensi...

Lucinda         No. Tutte le vostre ragioni non varranno a smuover il  mio cuore.

Geronte         Sposerai  Orazio  questa  sera  stessa.

Lucinda          Piuttosto sposerò la morte.

Sganarello   (a Geronte) Eh, Dio mio, calmatevi! Lasciate a me medicar la faccenda. Quest'è una malattia, e so io il rimedio che  le  si conviene.

Geronte         Possibile, signore, che sappiate guarir anche quest'infermità  di  spirito?

Sganarello   Sì, lasciate far a me; ho dei rimedi per tutto, e il nostro farmacista ci sarà utile in questa cura. (Chiama il Farmacista e gli parla.) Una parola. Vedete che la passione che lei prova per questo Leandro è del tutt'in contrasto coi voleri del padre, che non c'è tempo da perder, che gli umori si son molto inaspriti, e ch'è necessario trovar un rimedio immediato a questo male che potrebbe aggravarsi cogli indugi. In quanto a me, non ne vedo che uno solo e vai a dire una presa di fuga purgativa, che mescolerete come si deve con due dramme di matrimonium in pillole. Forse lei sulle prime farà qualche difficoltà ad ingerir questo rimedio; ma, siccome voi conoscete i ferri del vostro mestiere, spetta a voi persuaderla, e farle inghiottire il tutto come meglio potrete. Su, andate a farle far due passi in giardino per predisporle gli umori, mentre io tratterrò qui suo padre; ma soprattutto non perdete tempo. Avanti;  presto,  al rimedio,  al rimedio specifico!

SCENA   SETTIMA

Geronte, Sganarello

Geronte         Che droghe, signore, son quelle di cui avete parlato? Mi  pare  di  non   averle  mai  sentite  nominare.

Sganarello              Son droghe di cui ci si serve nei casi urgenti.

Geronte         Avete mai visto un'impertinenza pari alla sua?

Sganarello              Le  ragazze talvolta son un po' testarde.

Geronte         Non potreste immaginar che cotta s'è presa per quel Leandro.

Sganarello  Effetti che produce nei giovani il calor del sangue.

Geronte         Per  parte   mia,   da  quand'ho  scoperto  la  violenza  di questa passione,  ho saputo tener sempre mia figlia rinchiusa.

Sganarello  Vi  siete comportato saggiamente.

Geronte         Ed ho impedito che avesser alcun contatto.

Sganarello  Benissimo.

Geronte         Avrebbero fatta qualche pazzia, se avessi lor permesso di vedersi.

Sganarello              Senza  dubbio.

Geronte         E sarebbe stata, credo, una ragazza capace di scappar con lui.

Sganarello  È ragionar da padre accorto.

Geronte         M'è   stato   detto   che   lui   fa   di   tutto   per   riuscir   a parlarle.

sganarelo     Che furfante!

Geronte         Ma  perderà il suo tempo.

Sganarello  Ah! ah!

Geronte         Saprò ben io impedir che la veda.

Sganarello              Mica ha a che fare con uno sciocco, e voi capite l'antifona  assai  più  di  lui.  Chi   è  più  scaltro  di voi,  non è uno  stupido.

SCENA OTTAVA

Luca,  Geronte,  Sganarello

Luca               Ah, sangue de tutti li corbezzoli, 'gnore, starno in uno bello intruglio. Vostra figlia se n'è fuìta col su' Liandro. Gli era lui che gli era lo farmacisto; e questo qua, el 'gnor dottoro,  gli  è ch'ha  fatto  'sta bell'operaziona.

Geronte         Come! Assassinarmi in questo modo! Presto, un commissario! Gli s'impedisca d'uscire! Ah, traditore, vi farò punire  dalla giustizia!

Luca               Eh, parola mia, 'gnor dottoro, ve impiccaranno! Bòno lì, nun ve  smovete.

SCENA  NONA

Martina,  Sganarello,  Luca

Martina         (a Luca) Ah! Dio mio! Che fatica per trovar questa casa! Ditemi un po': che ne è del medico che v'ho procurato?

Luca               Eccovelo là che sta a esse' appiccato.

Martina         Come!  mio  marito impiccato!  Ohimè!  E che ha mai fatto di male?

Luca               Gli ha fatto rapir la figlia del mi' patrone.

Martina         Ohimè!   marito mio  caro,  è proprio vero che ti  devono impiccare?

Sganarello              Lo  vedi.  Ahimè!

Martina         E dovrai farti ammazzar in presenza di tanta gente?

Sganarello   Che  vuoi  che  ci   faccia?

Martina         Se almeno avessi finito di spaccar la legna per casa, mi potrei consolar un po'.

Sganarello  Vai  via  di   qui,   che  mi   spezzi  il  cuore.

Martina         No,   voglio   restar  per  darti  coraggio  nella   morte, e non ti lascerò finché non t'avrò visto impiccato.

Sganarello  Ahimè!

SCENA  DECIMA

Geronte, Sganarello, Martina, Luca

Geronte        (a Sganarello) Il commissario sarà qui subito, e sarete portato in un luogo dove mi si risponderà di voi.

Sganarello   (con il cappello in mano) Ahimè! non si può proprio risolver la questione con qualche bastonata?

Geronte        No, no ci penserà la giustizia... Ma che vedo?

SCENA   ULTIMA

Leandro, Lucinda, Giacomina, Luca, Geronte, Sganarello, Martina

Leandro         Signore, vedete innanzi a voi Leandro pronto a restituir Lucinda nelle vostre mani. Avevamo progettato di fuggir assieme e di sposarci; ma quest'idea ha dato luogo ad un proceder più onesto. Non pretendo rapirvi la figlia, e non è che dalle vostre mani che voglio averla. Aggiungerò soltanto, signore, che or ora ho ricevuto lettere dalle quali ho appreso che mio zio è morto, e che io son l'erede di tutti i suoi beni.

Geronte         Signore, la vostra virtù è degna di tutta la mia stima, e vi dò mia figlia con la più gran gioia del mondo.

Sganarello   (fra sé)   La medicina l'ha scampata bella!

Martina         Dato che non sarai impiccato, ringraziami d'esser dotore;  che son io che t'ho procurato quest'onore.

Sganarello   Sì, sei tu che m'hai procurato non so quante tortorate.

Leandro         (a Sganarello) Il risultato è troppo felice perché ne conserviate  risentimento.

Sganarello   E sia. (A Martina) Ti perdono quelle tortorate in grazia della dignità alla quale m'hai innalzato; ma d'or innanzi preparati a viver col rispetto dovuto ad un uomo della mia importanza, e pensa che la collera d'un medico è più terribile di quanto si può immaginare.

F I N E



[1] In Tutto il teatro  * * - a cura di Gianni Nicoletti - Newton Compton editori srl – Roma – 1992