Il metropolitano

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IL METROPOLITANO

Commedia in tre atti (1935)

di  Ettore Petrolini

da Petrolini – Il teatro

a c. di Giovanni Antonucci

Newton Compton Editori s.r.l – Roma - 1993

Personaggi

Patera, metropolitano

Grazia, sua moglie

Claudina, loro figlia

Lola

Livio Garoffi, ex metropolitano

Piero de Gasperis, padre di

Mario

Attilio, padrone del bar

Del Cinque

Giggi

A Roma.

Recitata la prima volta

Iniziata a scrivere nel 1935, la commedia non fu portata a termine, nonostante Petrolini ne avesse ben chiara la storia e la struttura. Non è stata mai rappresentata.


ATTO PRIMO

Interno del Bar Sport. Sopra un tavolino dei giornali.

SCENA PRIMA

Attilio, Piero, Del Cinque, Giggi.

Giggi         (bevendo il caffè): C'è Il Messaggero?

Attilio:    Ci doveva essere, ma qui i giornali spariscono, però se me n'accorgo... No, eccolo qua, ce n'è mezzo.

Giggi:        Guarda se si trova l'altro mezzo perché, pare impossibile, da te o c'è mezzo giornale, o c'è quello del giorno avanti.

Del Cinque: Bravo! Così mi piace. Questo è l'unico modo per far quattrini. Con l'economia delle piccole cose, si mettono per dritto i fogli da mille. (Si alza e zoppica.)

Giggi:        Che ti sei fatto male a una gamba?

Del Cinque: Macché, questa mattina, quando sono uscito di casa, distrattamente mi sono messo a camminare con un piede su un marciapiede e l'altro giù. Penso che devo aver fatto tutta la strada così e adesso il piede deve essersi abituato perché sono rimasto zoppo. (Tutti ridono.)

Attilio:    E già, lui si salva con queste scemenze. Sa fare lo zoppo, il sordo, il balbuziente... fa il buffone, insomma. E tutto questo per cercare di farsi perdonare il mestiere che fa. Presta i soldi a interesse, strozza la povera gente e non ha neanche paura di andare al confino.

Piero         (che ha sentito, amaramente): Eh, eh, ma la colpa non è tutta di coloro che tu vorresti chiamare strozzini; è pure di quelli che vanno a cercarli.

Giggi:        Voi dite questo per vostro figlio, ma, credete a me, se non l'avessero messo in mezzo con l'astuzia, non l'avrebbe firmata quella cambiale. (Indicando Del Cinque.) Se sapeste che marpioni sono quelli lì.

Del Cinque: Ionon ti rispondo neanche. Dammi un Cheribram.

Attilio:    Combinazione lo Cheribram l'ho finito.

Del Cinque: Fa niente, dammi un Cordiale. (Si alza, lo va a prendere al banco, beve e fa per andare. )

Attilio:    Beh! Non mi pagate?

Del Cinque: Che cosa?

Attilio:    Il Cordiale.

Del Cinque: Ma tu, il Cordiale, me lo hai dato in cambio dello Cheribram.

Attilio:    Beh, ma lo Cheribram non l'avete pagato...

Del Cinque: Ma tu hai visto, che io, non me lo sono bevuto.

Attilio:    Andiamo via, questi scherzi con me non attaccano, datemi una lira.

Del Cinque: Beh, non t'arrabbiare... ci si prova... se la va la va... (e paga).

Attilio:    La mancia non la date mai?

Del Cinque: No, è perché vado de prescia... oggi scade il termine per riscuotere certi soldi e non posso perder tempo.

Giggi:        Chissà che cravatte oggi eh?

Del Cinque: Non sono più i tempi delle belle cravatte, siamo troppo sorvegliati. E poi che credi, non sono mica solo. È una specie di società anonima, siamo in tre a dividere... Gli altri due non figurano, perché sono i capitalisti, sono le persone per bene. Guai a parlar loro di usura, di quattrini, di interessi, di bische clandestine, di case da gioco... Tutte cose che a nominarle fanno paura, ma poi quando siamo al momento di riscuotere, pure i puritani, i timorati de Dio si beccano i quattrini.

Attilio:    Allora speriamo che se gli affari vanno bene, vi ricorderete di me.

Del Cinque: Ma sì, ma sì, già ho pensato, ti manderò una cartolina illustrata augurandoti il buon Natale. Anzi, hai famiglia?... Buon Natale a te e a tutta la tua famiglia... Lo vedi, io non ci guardo, penso anche alla tua famiglia. (Via.)

Piero:        Che sfacciataggine, scommetto che anche quella lira gliela hanno prestata. Gente da galera... Sì, perché, se non c'era lui, mio figlio non aveva inclinazione al gioco, ma poi gli hanno messo in testa che c'è un sistema per vincere con certezza... Ha cominciato a frequentare il Casinò giuocando alla roulette e dove mi diceva che erano tutti signori, tutte persone per bene. Però io prima di pagare mi volli levare la soddisfazione di andare a vedere se tutto questo era vero.

Attilio:    E dove siete stato?

Piero:        Un po' dappertutto, ma del resto è inutile che vi dica dove, perché questo non ha importanza. Sono stato in tutte le bische che esistono, anche in quelle che poi si chiamano Casinò e qualche volta Kursal.

Attilio:    Ma non avete giocato?

Giggi:        Eh no, non siete il tipo del giuocatore.

Piero:        Invece sì, pur'io so giuocatore, ma non abituale, occasionale. Se il giuoco nun lo vedo nun lo cerco, ma se disgraziatamente lo vedo, mi tenta, allora giuoco e naturalmente perdo. Capisco che è un'emozione che costa un po' troppo cara, ma che v'ho da dire la bisca a me piace. M'interessa quel mondo di filibustieri, pieni di decorazioni e di titoli. Tutti nobili! Tutti aristocratici! E non si contentano solo di questo, ma sono anche letterati, animatori, registi, ideatori e poi, quello che si sforzano di mettere in evidenza di più, è la loro grande umanità e la loro grande filantropia. Ho conosciuto certi direttori di queste bolge, che sono dei veri artisti. Bisogna vederli circolare per le sale della roulette e del baccarà! Naturalmente ci sono per sorvegliare il personale e la «cagnotte», ma con un contegno talmente dignitoso ed umile, da sembrare dei francescani quando entrano nel Tempio del Poverello di Assisi.

Attilio:    Altro che Poverello d'Assisi, per me quella è tutta gente da Corte d'Assise.

Piero:        Eppure se tu vedessi come si truccano bene da gentiluomini. Parlano d'onore, di signorilità, di eleganza, di buon gusto, di raffinatezze, di scienza, di musica, di teatro e guai a contraddirli. Naturalmente la «cagnotte» gli permette il mecenatismo... per cui per opportunità tutto è vangelo; e allora: «magna Pippo e mosca fa, sempre bene ti annerà». E come la danno bene ad intendere raccontando la loro vita piena di avventure, di emozioni, di prodezze e di azioni generose. La generosità è la loro bandiera... tutta finzione, tutto blef. Guai a pigliarle sul serio. Essi sono pericolosi come le loro sale le quali, anche se arredate artisticamente, sono tutto un tranello e una bugia. Eppure questa gente, che non stimo, m'interessa. Peccato ch'io non sia uno scrittore, ci sarebbe tanto da studiare, da imparare e da conoscere, perché, credete pure, che la conversazione di questi finti signori è sempre interessante. Essi apparentemente non sono mai volgari e quando poi sono alla testa di queste aziende, devono avere a loro disposizione per lo meno un paio d'amanti. La vecchia, matura e grassoccia, ma sempre elegante perché carica di gioielli e di un resto di autentica bellezza che sta per tramontare. Essa è sempre presente e non può essere mai liquidata completamente perché è troppo al corrente delle origini dell'azienda. Poi c'è la giovane: fresca, vivace, ridente con meno gioielli, ma piena di altre gioie preferibili... Insomma vi garantisco io che avendo dei milioni da buttare ci sarebbe da divertirsi un mondo. Ed è per questo che ho paura per mio figlio.

Giggi:        Per lui state tranquillo che oramai il pericolo è scampato e poi, non vedete che sta sempre al negozio, compra e vende automobili... insomma adesso vi aiuta abbastanza.

Attilio:   Mi pare che si sia ricreduto, non siete contento?

Piero:        Mah, lo credo, sono contento e speriamo che duri. Però sto sempre con la tremarella.

Attilio:    Durerà, durerà, state sicuro: quando il fondo è buono tutti si rimettono sulla retta via.

SCENA SECONDA

Patera e detti.

Patera      (entra in uniforme da metropolitano. Si ferma davanti al bancone, sicuro, marziale, compitissimo, salutando con un po' di voluta timidezza: togliendosi il cappello e posando il mazzuolo): Buongiorno.

Giggi         (sottovoce ad Attilio): Ma adesso qui ci vengono pure i metropolitani?

Piero:        E lo dici a me? Domandalo al padrone.

Patera      (si accosta al tavolino dove sta Giggi, fa per prendere un giornale, ma questi che intuisce il pensiero lo prende prima lui): Faccia, faccia pure, tanto l'ho già letto. Se non mi sbaglio è la Tribuna Illustrata di due settimane fa, non è vero? Avevo fatto finta di prenderla per vedere quello che faceva lei, ma dal mio esperimento ne deduco, che lei mi considera come se stessi davanti al semaforo o sopra il podio, al crocevia del Tritone, è vero?

Piero:        Vuoi vedere che adesso l'arresta!

Patera      (va a guardarsi davanti allo specchio).

Giggi:        Ah, adesso stiamo bene qui dentro!... Se ti fai 'sta clientela!... E già la seconda volta che lo vedo qui e mi pare che questa faccenda non va. Deciditi, o autisti o metropolitani.

Attilio:    Come vuoi che faccia. Posso proibirgli di venire?

Piero:        Proibire? Io credo che quello (accenna al metropolitano) sia gente più che necessaria. Non sia mai non ci fossero.

Giggi:        Sì, sì, lo so, ma ce li ho tutto il giorno davanti; pure la notte me li sogno... e adesso me li trovo pure qui. (Parlando forte:) A proposito  hai letto che c'è sul Messaggero? (Prende Il Messaggero.) «Autista derubato...» (Legge:) «Ieri alle tre del pomeriggio in via dei Maroniti mentre l'autista Blando Pizzetti si trovava nella trattoria della stessa via, venne derubato di due ruote di ricambio con i copertoni nuovi, del valore di circa 500 lire».

Attilio:    E non è facile ripigliarli, perché le ruote corrono. (Tutti ridono.)

Patera      (che non ha perso una parola della conversazione, ride sarcasticamente): Eh già, non siamo buoni a niente... Secondo lei, dovrei corrergli appresso io a quelle ruote e riportargliele. Ma cosa vuol mai, anche noi abbiamo i nostri infortuni sul lavoro e non si può prevedere tutto, non si può stare attenti a tutto; molte volte s'indovina, ma qualche volta si sbaglia...

Attilio:    Meno male che lei lo riconosce.

Patera:     E perché non dovrei riconoscerlo, la vita è fatta di cose positive e d'incertezze, di coraggio e di paura, di verità e di bugie, di realtà e di finzioni. L'equivoco si trova sempre dappertutto.

Attilio:    Anche sui marciapiedi.

Patera:     Anche sui marciapiedi. Sarebbe la stessa cosa che lei volesse sostenere che tutto quello che vende è genuino.

Attilio     (offeso): No, mi dispiace sa, ma qui tutto è genuino, cominciando dal caffè, che è una miscela di puro Moka, S. Domingo e Portorico. Ma lei non se ne può intendere.

patera:     Invece io me ne intendo benissimo. Perché a casa il caffè lo faccio proprio io. Ma si capisce che quando è macinato non si conosce l'imbroglio... come le bibite d'estate, che quando sono gelatissime sembrano tutte buone e invece dentro chissà che robaccia ci mettono.

Giggi         (piano ad Attilio): Senti che bella reclame che ti fa. Dai retta a me, se non ce lo vuoi più qui dentro, quando riviene mettici un po' di tabacco macobino dentro il caffè.

Attilio:    Già, così vado a finire a Reina Coeli.

Giggi:        Senti, io te lo dico per il tuo bene. Tu lo sai che siamo diversi autisti a venire a questo caffè, ma se seguita a venire anche quel metropolitano, a noi non ci vedi più. (Via.)

Attilio:    Pazienza... Che bel modo di ragionare!

Patera      (dopo aver fatto un gesto col mazzuolo, come per indicare a Giggi che la strada è libera per la sua uscita, torna a sedersi al tavolo a leggere il giornale).

Piero:        Basta, mio figlio non si vede. (Ad Attilio:) Senti, se capita qui Mario prima d'andare a bottega, digli che venga subito alla stazione alla Piccola Velocità, perché sono arrivate due macchine nuove.

(Via.)

Attilio:    Ci penso io. (A Patera:) In che posso servirla?

Patera:     Veramente non ho ordinato nulla... ma se non disturbo vorrei un caffè e latte con un panino bruscato e un po' di burro.

Attilio:    Sì, va bene, ma per fare il pane bruscato ci vorranno dieci minuti.

Patera:     E allora rinuncio all'abbruscamento: dammi un panino fresco e basta.

Attilio:    E mica smobilizzo.

SCENA TERZA

Claudina e detti.

Claudina(appare dalla strada e guarda nell'interno del bar, entrando timidamente chiama): Papà.

Patera:     Chi ti ha detto di venire qui, che vieni a fare?

Claudina: È venuta una chiamata dalla caserma e bisogna che vai subito.

Patera:     Non è possibile stare cinque minuti tranquilli. (A Claudina:) Va bene, vengo. (Riprende il mazzuolo ed il cappello con un sospiro:)  Eh già, me l'aspettavo (ad Attilio:) così mi levo di torno e sarete contento. Mi credevo di essere libero mezza giornata e invece... Andiamo a sentire che c'è di nuovo.

Claudina: Scusa papà, ma bisogna che ti sbrighi, perché guarda (mostrando il biglietto) c'è scritto urgente.

SCENA QUARTA

Livio e detti.

Livio         (entra affannato): Andiamo Patera, è più di mezz'ora che ti cerco, fa presto. È un ordine del comandante.

Patera:     E va bene, mi piglio questo caffè e latte e vengo via.

Livio:        Macché caffè, lo piglierai dopo, fa presto.

Patera:     Eppoi bisogna che ripasso pure da casa, perché mi credevo di essere libero e ho lasciato la rivoltella.

Livio:        Allora tanto meglio, sbrigati! (Lo prende sotto braccio e lo trascina via.)

Patera      (andando via): Claudina, bevilo tu il caffè e va subito a casa. (Via con Livio.)

Attilio     (galante, dopo essere andato a prendere il caffè, servendolo a Claudina): Suo padre dev'essere proprio un bravo uomo, eh?

Claudina: Sì, è tanto buono.

Attilio     (servendo il caffè): E lei è molto carina.

SCENA QUINTA

Mario e detti.

Mario       (entrando affrettato): Un caffè ristretto al volo.

Attilio:    Signor Mario è venuto vostro padre e ha detto che vi aspetta alla stazione perché sono arrivate due macchine nuove. (Poi cambiando discorso:) Signor Mario, guardate un po' quant'è carina. È pudibonda e piena di verecondia.

Mario:      Già, è carina. (La guarda intensamente.)

Attilio:    La conoscete?

Mario:      Sì, l'ho conosciuta da ragazzina, poi non l'ho più vista, ma non si è cambiata. Abitavo da queste parti; s'è fatta una bella ragazza.

Attilio:    E perché non l'invitate a fare una passeggiata in macchina?

Mario:      No, perché ho paura che se l'invito, resto io invitato per tutta la vita. E non mancare di rispetto alle persone che non conosci... Pare impossibile, non hai ancora imparato a distinguere le persone per bene dalla zavorra.

Claudina(ad Attilio): Scusi tanto, ma papà l'aveva pagato il caffè?

Attilio:    Veramente non ha pagato nulla, ma non si preoccupi.

Mario:      Chi è il padre?

Attilio:    Dopo ve lo dirò. È una sorpresa.

Claudina: Quant'è? Perché non so se ci arrivo. Ad ogni modo si fida?

Attilio:    Ma per carità, neanche a dirlo!

Mario       (pronto cavando fuori una carta da cinquanta lire).

Attilio:    Non ho nemmeno un soldo spicciolo.

Mario:      Ma allora fammi il piacere, va a cambiare.

Attilio:    Ma nemmeno per ischerzo, pagherete un'altra volta. Eppoi adesso non mi posso muovere perché non ho nessuno in bottega. Ho mandato il garzone a prendere un fusto di birra e due colonne di ghiaccio.

Mario:      Ho capito, non ti fidi, hai paura che ti rubi qualche cosa.

Attilio:    Queste cose non le dovete dire nemmeno per scherzo (gli toglie le cinquanta lire dalle mani ed esce).

Claudina: Quanto costerà un caffè e latte?

Mario:      Voglio sperare che mi permetterà di offrirglielo io.

Claudina: Nosa, grazie, ma non voglio assolutamente.

Mario:      Adesso lei mi mortifica... io non credo alla fortuna che m'è capitata di rivederla. (Guardandola con molta commozione.) Se non altro per avere il piacere di guardarla da vicino. La conosco da tanti anni. Quella testina m'era rimasta in mente e poi l'ho perduta di vista. Se non vuole che pago, almeno mi permetta di farle un prestito con un piccolo interesse. Se lei permette, vorrei venire a riprenderli io stesso a casa sua.

Claudina(rossa dalla vergogna): Perché mi dice queste brutte cose? Che disillusione mi fa provare, non credevo che lei fosse così.

Mario:      Ma anche lei mi riconosce? Vuol dire che si ricorda?... Che le sono rimasto impresso? Sono passati due anni e poi non l'ho più vista. Ma si ricorderà bene che più d'una volta le sono venuto appresso... quando lei era impiegata a quella copisteria in via Ca­vour. Poi è sparita... forse ha cambiato casa?

Claudina: Sì e adesso siamo ritornati qui.

Mario:      E com'è che non l'ho mai incontrata?

Claudina: Veramente sono pochi giorni.

Mario:      E non esce mai di casa?

Claudina: Pocoperché ho comperato una macchina da scrivere e lavoro a casa per conto mio.

Mario:      Brava, brava.

SCENA SESTA

Attilio e detti.

Attilio     (entra, guarda i due giovani con intenzione e tentenna la testa): Eh, me l'ero immaginato, apposta sono andato con comodo. Come compenso mi manderete i confetti. (Comincia a contare nelle sue mani le monete d'argento.) Cinque, dieci, quindici, ecc.

Mario:      Adesso bisognerebbe che andaste a cambiare un'altra volta queste cinque lire, perché io non ho soldi spiccioli.

Attilio:    Sentite, se vi fa piacere, ci posso anche andare, ma i soldi spiccioli ce l'ho dentro al cassetto. (Eseguisce.)

Mario: E allora signorina... badi che non so ancora come si chiama... permette che pago il suo caffè?

Claudina: No, la ringrazio tanto, lei guasterebbe tutto adesso. (Indicando Attilio. ) Tanto si fida, è vero? Vado a casa e vengo subito a pagare.

Attilio:    Ma magari volesse tutta la bottega!

Claudina: Grazie.

Mario:      Ci rivedremo?

Claudina: Non lo so. (Via.)

Attilio:    Era commossa, allora vuol dire che andiamo bene. (Dandogli il resto.)

Mario:      Sì va bene, ma adesso non cominciate a fare chiacchiere, altrimenti divento la barzelletta del bar, e allora qui non ci vengo più. (Via.)

(Radio.)

SCENA SETTIMA

Patera e detti.

Patera:     Scusi tanto se sono andato via senza pagare il caffè e latte.

Attilio:    Ma come, non eravate stato chiamato d'urgenza in caserma?

Patera:     E apposta ho la lingua de fora. Ho fatto una corsa. Era un avviso, la chiamata è per oggi alle tre. Ho tempo da respirare un paio d'ore. (Cavando dal borsellino il denaro.) Mi dia il resto.

Attilio:    Ma c'era tempo, non potevo mica pensare che un metropolitano avrebbe lasciato un debito così meschino.

Patera:     Non vuol dire... il debito è un'istituzione sulla quale ci si trova tutti più o meno d'accordo. Mia figlia certo non avrà potuto pagare perché anche lei, poveretta, non ne ha tanti da buttare. Giacché m'hanno concesso un paio d'ore di libertà, me ne vado a casa a mangiare un piatto di maccheroni e alle tre, in servizio. Oggi c'è stato un ordine e un contrordine. Veramente dovevo essere tutta la giornata libero, ma alle quattro e mezza arriva una Commissione diplomatica e allora, capirà, bisogna trovarsi in parata alla stazione. Bè, basta, me dia un vermouth e me ne vado, così è contento pure lei, perché qui dentro meno ci sto e meglio è... perché mi pare che lei ci ha una clientela che siamo come il diavolo e l'acqua santa.

Attilio:    Ma no, lei qui ci può venire quando le pare.

Patera:     Lasci stare, lei mi dice così, ma non è convinto.

Attilio:    Ma no, le ripeto che quest'è un caffè eccezionale, una specie di cinematografo. Qui vengono autisti, commercianti, attori, gente da naso, galantuomini, impiegati, scemi, spiritosi. (Entrano Del Cinque e Giggi.) Quei due per esempio, uno è pignolo e l'altro è un intermediario degli strozzini.

Patera:     Loconosco quell'altro, è una buona pezza.

Giggi         (a Del Cinque): Oh, c'è il metropolitano, divertiamoci un po', fa' il sordo. (Poi ad Attilio:) Ecco qua il Signor Del Cinque... deve cambiar tempo, perché oggi ci sente meno degli altri giorni. (All'orecchio più forte:) È vero sor Del Cinque?

Del Cinque: Sìè vero, sono brutti giorni. (Rivolgendosi al metropolitano:) E lei che ne dice?

Patera:     Che non ho tempo da perdere.

Del Cinque: Che ho la cravatta verde?

Giggi:        Gli potete dire qualunque cosa, perché non sente niente, è sordo.

Patera:     Ma da quanto tempo, perché io questo qui lo conosco. (Rivolgendosi a Del Cinque:) Ma lei tempo fa, non abitava in via della Polveriera, nella stessa casa dove abitavo io?

Del Cinque: Eh!? Come!?

Patera      (forte): Via della Polveriera, con sua moglie.

Del Cinque: Ah, ho capito, quanno scoppiò la polveriera. (Gli altri ridono.)

Giggi         (all'orecchio forte): Il signore dice che ti conosce.

Del Cinque: Ah sì! Lo conosco pure io.

Patera:     E, altroché se lo conosco, lo conosco bene e non è nemmeno uno stinco di santo. Però non mi ero mai accorto che fosse sordo. Sapevo solo che era un celebre cornuto. Perché ha la moglie che non perde tempo.

Giggi:        E adesso come va a finire 'sto scherzo.

Del Cinque(esterrefatto) : Chi è cornuto?

Patera:     Tu.

del cinque: Misura le parole.

Patera:     E tu misurati le corna.

del cinque: Ringrazia Dio che porti questa divisa.

Patera:     Altrimenti che facevi?

Del Cinque(fa per mettergli una mano davanti. Patera l'afferra e fa per prendere la rivoltella. Attilio prende la mano del metropolitano dove ha la rivoltella, che improvvisamente esplode. Del Cinque e Giggi scappano. Patera che si è ferito cade affranto sopra una sedia mostrando il braccio dolorante).

Attilio:    Mi dispiace tanto; ...e adesso come si fa?

Patera:     Niente, sono incerti del mestiere, ma sta' zitto perché è una cosa che mi comprometterebbe. Fai sonare forte la radio.

Sipario


ATTO SECONDO

Modestissima camera da pranzo; sopra la credenza vi sono dei libri fra i quali un vocabolario.

SCENA PRIMA

Grazia: Ionon riesco a capire che diavolo gli sarà successo; certo è che non pare più lui, ha un contegno così strano e cerca troppo di evitarmi. La cosa non la vedo chiara.

Claudina: Stai tranquilla, mamma, non sarà niente di grave, si sentirà poco bene e avrà avuto qualche seccatura. Capirai non sta in ufficio, sta in mezzo alla strada.

Grazia:     E vedrai che pure noi andremo a finire in mezzo alla strada.

Claudina: Mamma non dire queste cose. Eccolo, adesso non lo martirizzare.

Patera      (entrando con una mano immobilizzata).

Grazia:     Che fai, Napoleone? Fermo, qui non si passa perché ho pulito proprio adesso, lo vedi come è lustro, passa dall'altra parte.

Patera:     Senti semaforo, non cominciare, perché non vengo dalla strada, ma esco dalla camera, poi non mi sento tanto bene perché mi duole questo braccio.

Grazia:     Che hai fatto? (Fa per toccarlo.)

Patera:     Per carità sta' ferma, non è niente. E una leggera scalfittura a fior di pelle e ringraziamo il cielo, perché poteva andare peggio assai.

Grazia:     Tu non sei contento, finché non ci lasci la pelle.

Claudina: Papà mio bello, che t'è successo? Ma come è stato?

Patera:     Ma come vuoi che sia stato, sono incerti del mestiere, non faccio mica l'agente di cambio, fò il metropolitano e per certa gente fare il metropolitano sai cosa vuol dire? Un impasto che sta fra l'antico questurino, la Regia guardia e il pizzardone.

Grazia:     E così questa mattina non potrai macinare neanche il caffè.

Patera:     Ma no, dammi il macinino e vedrai che farò lo stesso.

Claudina(guardando la ferita): Meno male che è roba da poco, però si è gonfiato, aspetta che te lo fascio bene. (Aggiusta la fasciatura.)

Grazia:     Per carità, stacci attento che ti potrebbe venire un'infezione, poi il tetano e poi il braccio se ne va in cancrena.

Patera:     Ma si capisce, poi la setticemia, la cassa, il mortorio e tu in appresso con le gramaglie, sei contenta?

Grazia:     Quanto sei antipatico, ti dicevo così per farti stare fermo e attento al braccio.

Patera:     Non aver paura, che ci sto attento, me lo porto sempre con me per ricordo tuo. E poi anche se morissi, per te sarebbe una fortuna, perché ti beccheresti la pensione e sta' pur sicura che ci potresti campare. Basta, vammi a pigliare il caffè che te lo macino. (Claudina va e torna.)

Grazia:     Ce n'è rimasto poco di caffè.

Patera:     Non vuol dire. Ci si metterà un po' di cicoria. Approfitti di tutte le occasioni per darmi una mortificazione eppure ti dovresti ricordare che siamo stati peggio di adesso. Una volta quando portavo a casa lo stipendio, ti pareva di toccare il cielo con le dita.

Grazia:     Sì, ma sei rimasto sempre lì, non sei andato mai né avanti né indietro.

Patera:     Altra mortificazione, come sopra... Perché non ho studiato si capisce, e le promozioni senza titolo di studio, sono difficili. Se non c'è qualche spinta. Io l'ho avute in qualche dimostrazione e m'hanno buttato a terra. O qualche fatto eccezionale che ti distingue. (Campanello.)

Grazia      (va ad aprire, entra Lola): S'accomodi, come va?

Lola:         Bene. (A Patera:) E lei?

Patera:     Niente sono qui che faccio fare un po' di villeggiatura a questo braccio.

Lola:         Vedrà che non è niente perché non ha la febbre.

Patera:     Eh, già, voi ve ne intendete! Ma non è niente, è tanto per giustificare l'assenza mia d'oggi, ma vedrai che adesso viene Garoffi e m'accomoda tutto.

Grazia:     Ah! lui accomoda sempre tutto!

Patera:     Falla finita una buona volta in nome della legge.

Grazia:     Che vuoi, le mie generalità?

Lola          (rivolgendosi a Claudina) : Me l'ha copiato quel manoscritto?

Claudina: Sìè finito, adesso glielo dò.

Patera:     No, mi sono bastate quelle che m'hai date la prima volta che ti ho conosciuto. Le tue generalità... tu hai un solo nome, Santippe.

Grazia:     A me mi piacerebbe tanto di sapere chi è Santippe.

Patera:     Sai chi era Santippe? Era la moglie di Socrate.

Grazia:     E chi è quest'altro?

Patera      (a Claudina): Dopo faglielo vedere tu sul vocabolario. (Continua a macinare il caffè, mentre Claudina consegna il manoscritto alla maestrina.)

Lola:         Quant'è?

Claudina: Ci ho lavorato quasi tre giorni, continuamente, faccia cinquanta lire.

Lola:         Anzi troppo poco, in qualunque posto spendevo di più.

Patera:     Ma lei è troppo buona, come faremo a ricompensarla?

Lola:         Ma no, è Claudina che è buona, brava, intelligente, non è una cosa facile fare quello che fa lei.

Patera:     Ha ragione, ha ragione, Claudina è venuta su bene, si capisce per legge... come si dice... di...

Grazia: Di pubblica sicurezza.

Patera:     Ma no bestia, per legge atavica... atavistica. E adesso basta, il caffè è macinato e vado di là a scrivere un biglietto, perché se non viene Garoffi bisognerà che giustifichi l'assenza con un certificato medico. Con permesso, di nuovo e tante grazie. (Via.)

Claudina(guardando il macinino): Ha ragione la mamma, il caffè è poco.

Grazia      (prende il portamonete su la credenza) : Sì, vado giù dalla portinaia e me ne faccio comperare un etto dal droghiere qui di fronte.

Claudina: Brava mamma e senza cicoria. (Sottovoce:) Meno male che se n'è andata. (Poi alla maestrina:) Senti Lola, mi devi perdonare.

Lola:         Ma che diavolo hai fatto. Mi è arrivata una lettera con dentro una lettera per te. (Togliendo la busta.)

Claudina: Sìlo so, perdonami, ho fatto male, ma credimi è stata tanta l'insistenza per avere il mio indirizzo e allora io mi sono ricordata della bontà tua sicura che tu sola mi potevi fare questo grande piacere.

(Claudina dopo aver letto la lettera, cadendo seduta al tavolino dove è la macchina da scrivere, scoppia in singhiozzi:)

Ma chi lo aveva cercato, ma perché ha voluto darmi questa umiliazione? Leggi, leggi. (Dà la lettera a Lola.)

Lola:         Che mascalzone! Ma lo sapeva che tuo padre faceva il metropolitano?

Claudina: Pare di no, pensa un po' se questa lettera fosse venuta qui a casa e l'avesse letta papà.

Lola:         Ma poi che presunzione, lo impiegherebbe lui.

Claudina: Già, se invece sapesse quant'è orgoglioso papà mio di fare il metropolitano. Pensa che si sacrifica per noi perché non vuol perdere  la pensione che è l'unica speranza sua, perché dice che con la pensione e un'altra occupazione che troverà ci farà vivere da si­gnori, senza contare che spera sempre in una promozione.

Lola          (ascoltando per la scala): Zitta per carità, che ritorna tua madre, non ti far vedere con gli occhi rossi. La lettera lasciala a me adesso. (Claudina gliela consegna malvolentieri - si avvia verso la madre - Lola rimane un momento impacciata, vorrebbe nascondersi la lettera nel petto, ma poi guardando in giro per la stanza ferma lo sguardo su la credenza dove vi sono parecchi libri fra i quali un vocabolario che apre e vi nasconde la lettera.)

SCENA OTTAVA[1]

Grazia indi Patera.

Grazia      (entra con Claudina): Ecco fatto (e adagia i pacchetti sopra la credenza).

Patera      (entrando): Be' che hai fatto, sei andata a comperare la cicoria?

Grazia:       Ma no, niente cicoria, tutto caffè. (A Patera piuttosto affettuosa:) Come stai?

Patera:     Oh! Meno male che non sei arcigna!

Lola:         Ma no, tutti vi vogliamo bene qui dentro e molte volte le parole non corrispondono al pensiero.

Patera:     Voi siete troppo buona.

Lola:         Sarà, ma senta, io non vengo qui per sentirmi fare altro che complimenti.

Patera      (stringendole la mano) : No, io vi sono grato e riconoscente di questa vostra amicizia e anche delle vostre visite a casa mia, perché io so di essere così poca cosa. Sono un semplice metropolitano, nemmeno graduato e ormai senza speranza di far carriera. E poi, c'è sempre chi ci evita, c'è sempre chi si fa un certo riguardo...

Lola:         Purtroppo gli ignoranti, quelli che non capiscono che oggigiorno senza di voi non si potrebbe camminare neanche per strada.

Patera:     E questo sarebbe il meno! Ringraziamo il cielo che adesso l'opinione nei riguardi nostri è molto cambiata. Qualche anno fa, nei tempi infausti della regia guardia, mi beccai una bella sassata in testa e, dico la verità, me la meritavo. Cioè non me la meritavo io, ma se la meritava l'azione che ci volevano far fare per l'ordine e le disposizioni vergognose che ci avevano dato. Basta, di quell'epoca è meglio non ricordarsi.

Lola:         È vero, la regia guardia metteva paura e adesso invece il primo dell'anno è stata una gara a portare i regali ai metropolitani e, modestamente, anch'io ho contribuito.

Patera:     Brava.

Lola:         Per carità, arrivederci. (Sottovoce a Claudina:) E tu stai tranquilla. (Via.)

Patera:     È una brava ragazza... E tua madre dov'è andata?

Claudina: Sta di là in cucina a fare il caffè.

Patera:     E già, anche lei strilla, strilla, ma poi mi va a preparare il caffè.

Claudina(chinando la testa per nascondere le lagrime): Sì è vero mamma non è cattiva.

Patera      (fissandola): Dimmi un po' che t'è successo? Da qualche giorno non andiamo più d'accordo, io e te. Perché non mi parli serenamente? Guardami!... Anche tu mi rimproveri che non ho avuto mai una promozione; rispondimi, perché piangi? (Pausa.)

Claudina: Non ho nulla, papà, mi rattrista il pensiero di te che sei continuamente esposto al pericolo.

Patera:     No, non è per questo, c'è in te qualche cosa di cambiato, ma lo so bene a cosa pensi tu. Tu pensi più o meno come tua madre e come me, da un po' di tempo a questa parte. Ti sei fatta grande, sei anche carina e ti piacerebbe un papà che fosse qualche cosa di più che un semplice metropolitano. Eppure, ricordo che da ragazzina eri quasi contenta, quando ti dicevano che avevano visto tuo padre dirigere l'orchestra all'ingresso del tunnel, eri orgogliosa di uscire con me, mentre adesso lo eviti. Non protestare, ti capisco, me ne accorgo e ti dò perfino ragione. Certo che se fossi diventato brigadiere, maresciallo, o per lo meno metropolitano a cavallo...

Claudina: Sì, mi piacerebbe vederti a cavallo.

Patera:     Hai ragione, a cavallo, tutti sembrano più marziali. Guarda un po' Marco Aurelio quanti anni è che sta lì in mezzo al Campidoglio destando l'ammirazione di tutti.

Claudina: E Vittorio Emanuele che ha il monumento tutto d'oro!

Patera      (molto triste): Bè, per farti contenta mi vernicerò tutto di porporina e vernicerò pure il cavallo.

Claudina(pentita): Ma no, papà, ho detto così per scherzo tanto per parlare. Mi contento così come sei, anche semplice metropolitano.

Patera:     Ecco, brava, e non far caso alle scemenze che dico, ma chissà, potrebbe anche venire la promozione.

Claudina: Papà non pensare a queste cose che poi se non riescono tu stai male e noi stiamo peggio, contentiamoci.

Grazia      (rientrando va ad aprire la comune): C'è Garoffi, l'ho visto dalla finestra, gli vado ad aprire.

Patera:     Oh, meno male.

Garoffi    (entrando): Come va Socrate.

Patera:     T'aspettavo con impazienza.

Garoffi:   Come va, come va signora Grazia (stringendo la mano a Patera) qua la mano mio vecchio amico.

Grazia:     I due sergenti.

patera      (amaramente): La senti, quanta grazia.

Garoffi:   Ma no scherza, siamo i due metropolitani è lo stesso. Io ancora per poco perché fra un paio di mesi me ne vado in pensione. (Siede.) Ho saputo dell'incidente al bar Sport (Patera gli fa cenno di star zitto).

Patera:     Sì, me lo racconterai dopo... Grazia portaci il caffè.

Grazia:     Subito è già fatto... Claudina prendi due tazze. (Claudina esegue.)

Patera      (a Garoffi): Per carità non raccontare le cose come sono, perché qui sanno di questo piccolo incidente, ma non sanno la ragione. Ora bisognerebbe giustificare l'assenza mia d'oggi.

Garoffi:   Ho già provveduto, siamo o non siamo amici, ho parlato col brigadiere e ho già detto che ti dia malato. Al comando non si saprà nulla a meno che tu non voglia fare il rapporto a vantaggio tuo.

Patera:     No, per carità, cose di questo genere non fanno per me.

Garoffi:   Se mi ci trovavo io non lo facevo scappare sai, perché lo mandavo all'ospedale e poi, lo so io come avrei fatto il rapporto. Dopo l'ospedale poi l'avrei fatto passare in guardina.

Patera:     Se c'eri tu non so come avresti fatto perché certe volte succedono delle cose con le quali non sai come comportarti, probabilmente avresti combinato un guaio peggiore del mio.

Grazia      (entra con il caffè; come impressionata dalle ultime parole che ha udito): Che guaio? Che guaio t'è successo?!

Patera:     Ma niente, niente, tu prevedi sempre cose nefaste.

Grazia      (servendo il caffè aiutata da Claudina): Io prevedo tutto quello che può succedere a un uomo come te. Che se avessi dato retta a me, a quest'ora saresti per lo meno questore.

Patera:     Lascia stare il questore a quest'ora, non so quest'ore da parlare di questore.

Garoffi:   Lasciamo andare gli scherzi, questore no, ma tu sei stato sempre un po' troppo magnanimo e credi a me, che a questo mondo per avere un po' di bene bisogna fare un po' di male.

Grazia:     Losenti?

Patera:     No, non lo sento, ma vedo la carriera che ha fatto lui di fronte alla mia.

Grazia:     Ma almeno lui è caporale.

Patera:     Sìper anzianità di servizio. Credi a me, è meglio essere semplice metropolitano che caporale perché dai meno nell'occhio. Tanto tanto se eri caporale a cavallo. (Alla figlia:) Non è vero Claudina?

Claudina(ride amaramente): Ma no papà, non mettere in ridicolo quello che ho detto così, senza pensare. (Via trattenendo le lacrime.)

Grazia:     Beh, adesso ch'è successo? (La segue.)

Garoffi:   Credi a me, sei proprio uno stupido se non approfitti dell'occasione. Si tratta di uno strozzino, il padrone del caffè me l'ha detto. T'ha offeso e avevi tutto il diritto di mettere mano alla rivoltella. Il colpo è stato lui a farlo deviare.

Patera:     Sì, ma se il colpo non deviava lo potevo ferire o ammazzare dopo d'avergli detto cornuto, sia pure in conseguenza di uno scherzo.

Garoffi:   Ma se mi hanno detto che è un cornuto autentico.

Patera:     Va bene, ma se dovessi sparare una rivoltellata a tutti quelli che so' cornuti il mondo sarebbe un mezzo cimitero. Non si possono risolvere i problemi di cornologia con le revolverate!

Garoffi:   Sei proprio Socrate di nome e di fatto.

Grazia      (rientra): Lo senti, lo senti cosa ti dice.

Patera:     Già, Socrate fu condannato a bere la cicuta, così; (beve) come io sono condannato a bere questo caffè con la cicoria.

Grazia:     No, senza cicoria, tutto caffè che ha fatto oggi Santippe. (A Garoffi:) Lui mi chiama Santippe, ma non ho mai saputo chi sia stata né cosa ha questa Santippe.

Garoffi:   È stata la donna più insocievole del mondo.

Grazia:     Ma allora perché Socrate se la sposò?

Patera:     Per ammaestrarsi alla pazienza.

Grazia:     E tu perché m'hai sposato?

Patera:     Perché mi ero convinto che quando fossi riuscito a sopportare te, avrei sopportato tutta l'umanità, anche la più pestifera.

Grazia      (a Garoffi): Sentite che bella maniera di trattare la moglie.

Garoffi:   E lasciatelo dire, tanto mi pare che l'esperimento non sia riuscito.

Patera:     Ma no, scherzavo, si fa così per dire, vedi questa benedetta donna certe cose non le capirà mai. Per esempio lei vorrebbe che dessi le dimissioni.

Garoffi: Per carità, è il più gran sbaglio che ho fatto in vita mia perché adesso m'accorgo d'essermi sacrificato quindici anni in servizio,  e dando le dimissioni ho perduto una pensione che sarebbe quasi il doppio. Bastava aspettare altri cinque anni, ma ormai non ci pensiamo più, la domanda è stata avanzata, accettata, e fra tre mesi sarò in borghese.

Patera:     Ma mi avevi detto che avevi speranza di un buon impiego?

Garoffi:   Sì, infatti mi avevano fatto una promessa, ma sono promesse, speranze.

Patera:     Si capisce, ma dato che tu puoi dare le dimissioni, ci sarà chi ne avrà più diritto di te. (AGrazia:) Dunque vedi che il peggio non è morto mai.

Garoffi:   E sì ho tutto sbagliato, mi prenderei a schiaffi da me.

Patera:     Non drammatizzare le cose più del necessario. Mettiti a sedere.

Grazia      (accostandogli la sedia al tavolo, con il sorriso delle occasioni): Su, su non faccia il malaugurio. È un piatto di pasta asciutta e un pezzettino d'umido. (Torna in cucina.)

Garoffi    (mortificato): Grazie, ma mi dispiace di essere venuto a quest'ora, pare che lo abbia fatto apposta.

Patera:     Se tu credi che noi pensiamo a questo, ci offendi tutti.

Garoffi    (stringendogli la mano): Sì hai ragione, ti ringrazio.

Patera:     Se sapessi invece quanto mi fa piacere questa tua visita. Trovi la pasta asciutta di sera perché non ti avevo detto nulla, ma oggi è festa e paga il Ministero, ho avuto una gratificazione. Le botte che presi nel caffè me le hanno pagate bene.

Garoffi:   Meno male che sei di buon umore. Certo la famiglia è una gran cosa.

Patera:     Sì, ma adesso fammi il piacere, mangia.

Garoffi:   Sei stato più fortunato di me, hai avuto più giudizio. Ti sei formato una famiglia, hai una figlia che è un tesoro.

Patera:     Ah sì, questo sì, Claudina è l'orgoglio mio (interrompendosi). Non ti ho detto che ho ricevuto un fonogramma dalla Prefettura con un solemmio encomio e una gratificazione di lire cento e poi buone speranze per la promozione, chi sa che non ci riesco, intanto studio.

Garoffi:   Tu studi! E quando lo trovi il tempo.

Patera:     Non solo studio, fra poco darò l'esame per vedere se questi ultimi anni posso passarli alla meno peggio con un paio di tagliatelle  (facendo segno all'estremità della manica della giubba) oltre la soddisfazione morale poi ci sarebbe anche qualche migliaio di lirette di più all'anno.

Garoffi    (mettendogli la mano sopra la spalla): Bravo, bravo Socrate, non me lo sarei mai immaginato, ma credimi sono contento e non t'invidio.

Patera:     Mi raccomando Garoffi, silenzio e mistero, è la parola d'ordine, mi potresti rovinare.

Garoffi:   E perché non lo vuoi far sapere?

Patera:     Perché caso mai non passassi all'esami nessuno sa niente e io resto per tutti il solito parpagnucco, ma senza far ridere la gente alle spalle mie.

Garoffi:   Hai ragione, non ci avevo pensato.

Claudina(entra, saluta affettuosamente Garoffi. Si siede intorno al tavolo. Frattanto Grazia rientra con un grande piatto con dentro un pezzettino di carne in umido): Dunque ha sentito la bella notizia?

Patera:     Gliel'ho detto, cento lirone per curarmi...

Grazia:     Sono arrivate oggi e lui è stato ferito da tanti giorni, si vede che volevano vedere se prima moriva così risparmiavano pure le cento lire.

Patera:     Tunon apri mai bocca se non per rompere l'ossa a qualcheduno. Adesso perdi il fiato per un momento che voglio leggere l'encomio. Dove sta?

(Claudina va alla credenza e toglie da un cassetto una busta che consegna al padre.)

Garoffi    (alzandosi):  È un elogio che ti fa molto onore. È una specie di titolo per passare diritto diritto... mi capisci?!

Patera      (raccomandandosi): Ti capisco purtroppo. A proposito di quello che mi avevi promesso...

Garoffi:   Ti volevo dire che è sempre un titolo.

Grazia      (sparecchiando) : Eh, un gran bel titolo! Domani ce lo facciamo fritto dorato.

Garoffi:   Ora scappo. Levo l'incomodo.

Patera:     Non dire queste brutte parole: levo l'incomodo. Torna presto, anzi vieni domenica a pranzo da noi.

Grazia      (fra sé): Giusto ce ne avemo tanto da buttà, invitiamo pure la gente a pranzo.

Patera      (che si accorge dei borbottamenti della moglie): Ma sì, domenica dobbiamo solennizzare lo scampato pericolo. (A Grazia:) E tu, vattene a levà l'incomodo, ora la parola è bene appropriata.

Garoffi:   Domenica non posso.

Grazia:     Ecco, lo vedi lo scampato pericolo?

Patera      (alzandosi ed accompagnando l'amico): Fai come credi, ad ogni modo senza impegni; ma domenica vieni mi farai piacere.

Grazia:     Noi l'aspettiamo allora, buona sera.

Garoffi:   Buona sera. (Via dalla comune.)

Grazia:     Iome ne vado subito a letto tanto tu rimani a leggere il giornale con Claudina.

Patera:     Ma io non so se Claudina andrà a letto, certo che io adesso non ho sonno e resto qui a leggere un po' il giornale.

(Grazia via e nel frattempo entra Claudina portando calamaio, penna, fogli di carta e una grammatica, poi dice:) Sembriamo dei congiurati, dei cospiratori.  (Patera va a spegnere il lume grande rimanendo con la luce della lampada che si trova sul tavolino al centro della scena.) E l'ora dei delitti e dei misteri. Bada Claudina che mi fai fare una cosa che se non riuscissi la figura sarebbe proprio barbina.

Claudina: Aspetta, voglio prendere il libro di lettura per i ragazzi di terza classe.

Patera:     Già, io sono un ragazzino un po' anziano.

Claudina(cercando fra i libri sulla credenza): Ma qui chi ha messo le mani, non ci capisco più niente, hanno mandato tutto a soqquadro.

Patera:     Come hai detto?

Claudina: A soqquadro.

Patera:     Non avevo mai sentito dire questa parola.

Claudina: E ricordati che è l'unica parola che si scrive con due q.

Patera:     Quante cose m'impari.

Claudina: Ma sì signor brigadiere (facendogli il saluto).

Patera      (tappandosi gli orecchi) : Non me la dire questa parola, non me la dire che vedo i galloni che me ne vado tutto a soqquadro. Ma sei proprio sicura che solo questa parola si scrive con due q?

Claudina(mostrandogli il vocabolario, severa): Ti prego di non mettere in dubbio quello che ti dice il maestro.

Patera      (mortificato): Non parlo più.

(E comincia a sfogliare il vocabolario. All'improvviso si arresta e toglie dai fogli una lettera che guarda con una certa curiosità, ma poi riguarda l'indirizzo, legge:)

Alla signorina Claudina Patera presso la sig.na Lola Monti... (Guardando la figlia:) Perché non l'indirizzo di casa tua...

(Claudina rimane confusa. Patera apre la lettera e dopo aver letto i fogli esplode:)

Canaglia, mascalzone, vigliacco (a Claudina:) e tu hai prestato fiducia alle parole di questo manigoldo.

(Si alza in piedi come volendo inveire contro la figlia, arrestandosi:)

No, meriti solamente di essere difesa (abbracciandola). Ah, ma la dovrà fare con me. Dovrei dare le dimissioni, si crede che io faccia la spia, sono orgoglioso di fare quello che faccio.

Claudina(aggrappandosi al padre): Papà mio perdonami, non sapevo di darti tanto dolore.

Patera      (si lascia cadere esausto sulla sedia col capo tra le mani): E adesso facciamo vacanza, niente più studio, niente esami, niente promozione. All'occorrenza darò le dimissioni, ma prima questo signore dovrà parlare con me. (Mette la lettera in tasca e fa per uscire, torna da Claudina e con voce tremante:) Dimmi... puoi guardarmi in faccia serenamente? Sei sempre degna di quel galantuomo di tuo padre?

Claudina(sincerissima): Sì papà mio, te lo giuro. (Piange.)

Patera:     Allora non piangere che non è proprio nulla, adesso vattene a letto e zitta con tutti.

Claudina: Ma ora che fai esci? Sei ancora così debole!

Patera:     Debole io?!... Vattene a letto.

Claudina(piangendo): Tutto per colpa mia, tutto per colpa mia.

Patera      (torna indietro e affettuosamente accompagna la figliola nella stanza. Rimasto solo si riasciuga la fronte, si toglie la giacca da metropolitano, infila una giacca civile, si mette un cappellaccio, scorge un bastone da una parte, va a prenderlo, poi ci ripensa e dice): No. (Posa il bastone ed esce.)

Sipario


ATTO TERZO

Scena del secondo atto.

Patera      (apparecchiando la tavola, canticchia):Che non ho amato mai tanto la vita... l'ora è fuggita...

Garoffi    (viene dalla cucina in manica di camicia): Cosa canti?

Patera:     La Cavalleria dei Pagliacci.

Garoffi:   Mi sembra che stonicchi.

Patera:     La vita mia è stata tutta una stonatura.

Garoffi:   Adesso quando parlo con te non so più come regolarmi; ogni risposta è un'ironia, ma lascia perdere, guarda, io sto peggio di te eppure non ci penso.

Patera:     Bravo, sei l'unico che ha risolto il problema di non aver pensieri.

Garoffi    (indossa la giacca).

Patera:     Te ne vai via?

Garoffi:   Sì, ma torno subito, e spero di portarti una buona notizia. Bada che in cucina ti ho acceso il fuoco e preparato tutto.

Patera:     Senti io non ti domando dove vai, ma non mi fare il brutto scherzo di cattivo gusto di andare a comprare qualche cosa perché io quando invito a casa mia, invito perché mi fa piacere. Le mie condizioni sono modeste, ma credimi non c'è cosa che m'infastidisce  come l'invitato che porta una parte della sua razione e che generalmente è sempre quello che racconta: sai mi hanno invitato a pranzo, ma io non ci sono andato a mani vuote. Ma tu sei fuori discussione.

Garoffi:   E tu credi che in tanti anni che ci conosciamo io non sappia come tu la pensi: prima di tutto non m'è passato neanche per la mente quello che mi dici e poi non ho un soldo in saccoccia. Devo uscire un momento, faccio uno zompo in Prefettura e ti ripeto che se la notizia è buona per me, sarà meglio per te.

Patera      (levando dei soldi dal portamonete): Tieni, già che esci comperami tre etti di prosciutto, oggi scialacquamento senza riserve. Sono le dieci, t'aspettiamo per la mezza... il prosciutto comperalo all'ultimo momento altrimenti ti si squaglia in saccoccia.

Claudina(Garoffi esce ridendo mentre entra Claudina che mette sul tavolo un involto): Addio Garoffi, papà qui ci sono le fettine di vitella e le frutta. (Entra in cucina mentre Patera seguita a parlar da solo. )

Patera:     Ti pare Claudina che Garoffi sia diventato un po' misterioso? Dove diavolo sarà adesso? Ad ogni modo è veramente un caro amico, molto affezionato alla nostra casa, sai l'ho invitato a pranzo e oggi bisognerebbe fare una cosa alla svelta perché vorrei poi uscire con lui.

Claudina(rientrando): Papà mio, il tempo necessario. Si deve ancora accendere il fuoco.

Patera:     Ma se l'ho fatto accendere da Garoffi... che ritorna alla mezza, sarà a pranzo da noi.

Claudina: E la mamma le sa tutte queste novità?

Patera:     No, perché è uscita con Lola proprio pochi minuti avanti che venisse Garoffi.

Claudina: È venuta Lola! E dove sono andate?

Patera:     E che ne so io? Non è mica la prima volta che viene in casa ed esce con te e con tua madre; non capisco perché ti faccia tanta impressione.

Claudina: No, dicevo così perché oggi c'è molto da fare, abbiamo anche un invitato. Quante novità da un momento all'altro: Lola via con mamma, Garoffi invitato. Ora bisogna preparare. (Entra in cucina irritata.)

Patera      (forte): Senti piuttosto, mi pare che da qualche tempo qui dentro nessuno abbia più lo spirito sereno. C'è tutta un'aria di mistero e ti dico francamente che non capisco (entrando in cucina) questo improvviso (d. d.) urto di nervi... (si perde la voce).

Grazia      (entrando cautamente dalla comune seguita da Lola, sottovoce, sospettosa): Che facce che hanno la gente! quante facce!

Lola:         Ma che bisogno c'è da pigliarla così drammaticamente? Che ho fatto di male in conclusione.

Grazia:     Voi non dovevate prestarvi e vi dico francamente che questo non me lo sarei mai immaginato, per quanto io già m'ero accorta di tutto.

Lola:         Ma allora scusate tanto, se voi ve n'eravate accorta perché fate tutto questo chiasso adesso, con me? È perché siete voi che non siete sincera in questo momento. Se io non ero franca e non avessi avuto il coraggio di venirvi a dire la verità, adesso non mi trattereste così perché non vi sareste accorta di niente.

Grazia:     Già, perché voi vi credete che io non facevo caso alle spese di nuovo genere che finora non aveva mai pensato. Il rossetto, il nero per gli occhi, la cipria: io sorvegliavo più di quello che voi credete.

Lola:         Voi avrete sorvegliato tutto quello che volete, ma io non ho mai fatto cose disoneste; tutt'al più devo rimproverarmi di essere troppo buona, troppo stupida e troppo altruista. Io nella vita sono stata sfortunata e non sono poi da disprezzare, eppure non m'ha guardato  mai in faccia nessuno. E il destino mio e l'ho accettato rassegnata così non sento l'invidia della fortuna che capita alle altre. E qualche volta faccio Cirano de Bergerac che una volta vidi e mi rimase tanto impresso: godo e soffro del godimento e delle sofferenze altrui.

Grazia:     Non c'è che dire, parli bene assai e già che sei tanto franca ed hai la parola facile ecco mio marito. Raccontagli un po' come stanno le cose.

Lola:         Sì, sì, gliele racconto subito, tanto non c'è niente di illecito, di disonesto.

Grazia:     Me lo auguro. (Si siede in fondo alla stanza.)

Patera      (rientrando piuttosto di malumore getta uno sguardo sulla tavola, accomoda le stoviglie per darsi da fare): Ah! Voi siete ritornata. Volete stare anche voi a pranzo con noi?

Lola:         Ci mancherebbe altro, non potrei nemmeno perché a casa non ho avvisato e poi ero venuta per un altro scopo...

Patera:     Sentiamo lo scopo. (Fra sé:) Vediamo come va a finire.

Lola:         No... io... volevo dire... (Grazia dal fondo ride sommessamente:) che c'è qualche cosa... che riguarda Claudina.

Patera      (con uno scatto energico): Lo prevedevo, me l'ero immaginato.

Grazia:     Sta' calmo, non t'arrabbiare, senti prima come stanno le cose.

Lola:         Ma che c'è di male, che c'è di straordinario? È innamorata!...

Patera      (pausa): Solamente innamorata? Senza nessun seguito?

Lola:         Nessuno, tutto è limpido, c'è solamente un piccolo intoppo.

Patera      (serio): Fuori l'intoppo.

Grazia:     La famiglia del giovanotto che vorrebbe impalmare...

Patera:     Il frutto dei nostri amori...

Lola:         Cerca di ostacolare o meglio trova un ostacolo...

Patera:     E l'ostacolo sono io.

Lola:         A questo mondo c'è della gente maligna.

Patera:     Hocapito, dovrei sgomberare da questo mondo.

Lola:         Non sia mai detto.

Patera:     Queste chiacchiere, questi pettegolezzi mi avviliscono, mi esasperano, io me ne sto per i fatti miei, ma non giova; c'è sempre chi mi deve amareggiare.

Lola          (scoppiando in lagrime): No, non voglio amareggiare nessuno. Maledetto il momento che mi sono messa... (fa per andarsene. Grazia la trattiene).

Grazia:     A fare il Cirano di Bergerac. (Rivolgendosi al marito:) Almeno senti tutto quello che ti deve dire.

Patera      (calmandosi): Be', sentiamo, cosa mi voleva dire.

Lola:         Che la famiglia di lui sarebbe pronta a farla sposare domani però a condizione che... (si ferma).

Patera:     A condizione che?

Lola:         Che... che non ho il coraggio di dirlo. Se vuol parlare col padre lo posso andare a chiamare subito.

Patera:     Ma sì, vallo a chiamare, adesso non capisco più niente o capisco troppo, ma certo mi hai messo in curiosità. Che cosa sarebbero queste condizioni?

Grazia:     Ma dài retta a me, parlaci, e giacché questa è tanto buona (indicando Lola) te lo va a chiamare, sentirai quello che ti dice, cerca di essere calmo, pensa che si tratta di nostra figlia.

Lola          (commuovendosi e cercando di commuovere): Ma sì, che poi voi siete meno cattivo di quello che sembrate. Sì, lo capisco, voi mi guardate e pensate; ma cosa c'entra questa qui nei fatti miei, eppure, credetemi faccio tutto questo perché voglio bene a Claudina. Non mi pare di fare una cattiva azione. Ho visto tante cose a questo mondo, ho visto...

Grazia:     Il Cirano de Bergerac.

Patera      (che è rimasto seduto appoggiato alla tavola con la testa tra le mani: sbalordito, trasognato): Cirano di Bergerac? Non ci capisco niente. Ma perché a me mi devono capitare tutte cose non chiare, misteriose, nebulose, Cirano di Bergerac?

(Entra Claudina che rimane  sulla porta non avendo il coraggio di proseguire perché intuisce il brutto momento. Allora per darsi da fare va al tavolo e accomoda le stoviglie.)

Patera:     Pare impossibile, da quando è apparecchiato quel tavolino è diventato il refugium peccatorum.

Grazia      (alla figlia): Senti, io credo che tu abbia più da fare di là che di qua (e si avvia verso la cucina).

Claudina(per sfuggire agli sguardi paterni segue la madre come àncora di salvezza): Vengo anch'io mamma.

Patera:     Aspetta... vieni qui, senti (Claudina si ferma intimorita.) Dunque, a quel che pare, fai l'amore di nascosto?

Claudina(piangendo): Papà perdonami, prima di tutto non ho fatto niente di male, poi da oggi in poi ti giuro che è tutto finito e non ci penso mai più.

Patera:     Ah, già, non ci pensi più. Va bene da oggi in poi ci penso io. (Alterandosi:) Quando non ci si pensa più non si vive come vivi tu, che da un tempo a questa parte sei sempre in agitazione, vivi convulsamente, mi fai sentire, mi fai capire tutta l'umilissima nostra situazione, non sei più l'allegria di questa casa, ma lo capisco ti sarai innamorata di quello che non si può realizzare.

Claudina(piangendo): Sì, è vero papà, ma capisco tutto, hai ragione; ma stai pur certo che dimenticherò a costo di tutto...

Patera:     Già, bisogna che lo dimentichi... e perché lo devi dimenticare: se è un buon ragazzo, se è un galantuomo, a qualunque rango appartenga, se vi volete veramente bene... o meglio, se ti vuole veramente bene, perché deve soffocare anche lui questa passione. Ma il mondo è vigliacco: e non potendo offendere me, offende te, non ti credere, c'è sempre chi mi disprezza e me ne accorgo perché per i manigoldi, specialmente, sono sempre un po' poliziotto, e allora hanno paura. E così m'avvelenano l'esistenza. Tu sei graziosa,  carina, ed avresti tutte le qualità per diventare una signora, ma sei la figlia del metropolitano; è banale, non è chic, lo capisco, hai ragione, sì, la colpa è più mia che tua. (Va verso la finestra come per respirare più liberamente, ma è per nascondere la propria commozione.)

Claudina(silenziosamente si avvicina per calmarlo).

Patera:     Vattene di là, fammi il piacere... Lasciami un momento solo!... (Passeggia nervosamente:) Grazia!...

Grazia      (appare dalla cucina): Senti, io sarò Santippe, ma tu adesso diventi Catone, esageri, fai il tragico prima... della tragedia.

Patera:     Hai ragione, sono un po' sconvolto, ho bisogno di andare a prendere una boccata d'aria, torno subito; tanto più che fra poco deve venire Garoffi: non dire niente a Claudina, dopo ne riparleremo noi.

Grazia:     Ma io già sapevo, non ti ho detto niente per non angustiarti, poveretta, non è per lei: è ricco, ma non è signore... (campanello).

Patera:     Sarà Garoffi.

Grazia:     No, questa non è la sua suonata. Chiunque sia stai calmo, mi raccomando.

(Grazia va ad aprire. Rientra precedendo Lola e Piero:)

S'accomodi. (A Piero che sorride impacciato rimanendo in piedi. )

Lola          (dopo una riverenza a Patera): Scusatemi signora Grazia, ma io ho voluto portare le cose a fondo; il signore (presentando Piero) sarebbe il padre.

Grazia:     Di chi?

Lola:         Ma, speriamo dello sposo.

Grazia      (a Piero): Questo è mio marito.

Piero:        Tanto piacere. Scusi se mi siedo (sedendosi), non sono più un giovanotto; ho fatto tante scale, e sono un po' affannato.

Patera:     Lo so, ci sono molte scale, ma ognuno abita dove può. (Piero fa per alzarsi). Prego, stia comodo, prima si faccia passare il fiatone.

Piero         (contrariato): Ah, grazie...

Lola          (presentando): Ecco questi sono... i genitori...

Piero         (rivolgendosi a Patera): Ah! Mi compiaccio, lei sarebbe il padre.

Patera      (ironico): Mah, si dice... C'è questa chiacchiera (rivolgendosi alla moglie:) questa è la madre.

Lola          (porgendo le sedie a Patera e Grazia): Ma perché voi state in piedi? Beh, io vi lascio adesso, così potete parlare con tutta libertà.

Patera      (fermandola): Niente affatto, voi dovete stare qui perché non c'è niente che non deve essere fatto alla luce del sole. Dunque facciamola finita con le mezze parole ed andiamo al fatto.

Piero:        Ma si capisce, andiamo al fatto.

Lola:         Sì, sì, al fatto.

Grazia:     Al fatto.

Piero:        Ma scusate, voi ancora non sapete niente?

Lola:         Sì, veramente qualche cosa sanno, ma è meglio che glielo dite voi.

Piero         (a Lola): Ma scusate, allora perché ieri sera voi mi avete fatto parlare con la signorina?

Lola:         Sì, ma poi alla signorina è mancato il coraggio di dirlo al padre.

Patera:     È quello che dico sempre io che quando la gente mi sta davanti non ha il coraggio di dirmi più niente.

Grazia      (sottovoce): Lo credo, hanno paura della contravvenzione.

Piero         (alzandosi): Scusate, forse mi sono sbagliato, ma sono stato tratto in inganno dalla signorina (indicando Lola) e poi sono capitato in un brutto momento. (A Patera:) Perdonatemi, ma voi oggi mi sembrate un po' nervosetto.

Lola          (scattando): Io per una certa regola sua non ho mai tratto in inganno nessuno.

Piero:        Sì, perché voi m'avevate detto che la signorina avrebbe parlato prima di me ai suoi genitori e io non sono uomo di dire una cosa per un'altra. Ero venuto qui animato da tutti i buoni sentimenti.

Patera:     Che sono spariti quando si è trovato di fronte a un semplice metropolitano. Sì, capisco perfettamente che voi avete qualche simpatia  per il mio corpo, naturalmente parlo della divisa del corpo dei metropolitani e data la simpatia avrà sperato, o spera, di convincere anche suo figlio, ma io non la farei tanto lunga, gli porterei solo questo esempio... qualunque divisa quando è portata con dignità, con onore, nobilita chi l'indossa, come vi posso assicurare che non ci sono divise gallonate o zeppe di decorazioni che possano nascondere  le innumerevoli magagne che ci sono sotto. Se capisce al momento, bene, diversamente non si perda più tempo.

Piero:        Siamo perfettamente d'accordo.

Patera:     E allora perché anche lui vuole ostacolare questo matrimonio, non gli va a genio la mia uniforme?

Piero:        Ma no, non sono io, sono le idee dei giovani ultra moderni!... E più che altro gli suona male sentirsi dire «il marito della figlia del metropolitano». C'interessiamo principalmente di automobili da piazza, con una clientela formata di autisti in prevalenza e l'autista per quanto sia, è sempre un curioso animale del nuovo secolo e mio figlio, aveva già sentito qualche battuta e qualche ironia. Infine per facilitare la cosa... avevamo pensato... che sarà mai... dopo tutto, potreste abbandonare quel posto... la metteremmo nell'azienda,  potreste tenere l'amministrazione... sorvegliare il personale e facciamo tutta una famiglia.

Patera:     Sono cose facili da dirsi, sicché dovrei abbandonare il servizio per poi venire a servizio da voi; senza contare che sono alla scadenza dei primi dieci anni per pigliarmi una pensione che poi aumenta ogni anno che resto di più in servizio. E chi ha detto che debbo sempre rimanere semplice metropolitano? Non potrei essere promosso? Vedete, ho parlato con tutta franchezza e vi ripeto che preferisco il mio stato piuttosto che venire a guardare le automobili nella vostra rimessa; e l'autista, preferisco vederlo in macchina e dirigerlo quando sono nel crocicchio di una via. (Abbracciando la figlia.) Sono tanto addolorato per te, ma sono anche certo che tu non saresti stata contenta di veder mettere delle condizioni a tuo padre, sì, perché, prima lo avevano detto a te, che non hai avuto il coraggio di dirlo a papà tuo: brava, brava. (Guardando Piero.) Ha visto? E della medesima razza.

Piero         (non sa più cosa rispondere, non sa se restare o andarsene. Da ultimo come per rifarsi con qualcheduno si rivolge a Lola) : E voi, mi ci siete venuta a cercare, per farmi fare questa bella figura davanti a questo galantuomo!

Lola:         E a me me lo venite a dire, ma andatelo a dire a vostro figlio.

Claudina: E già, ora mi pare che non ci sia altro da fare. Dite a vostro figlio che questo matrimonio non è per lui: è banale, perché si tratta della figlia del metropolitano, è meglio che rimanga scapolo o si trovi un'altra donna, certo io non sono la moglie per lui... ma poi che m'importa, faccia il comodo suo, si dia alla pazza gioia, alle donne galanti, al giuoco. Tanto gliene ha pagati parecchi di debiti (in questo frattempo Patera e Lola si danno sempre il solito da fare intorno al tavolo).

Piero:        Signorina non parlate così, a tutto c'è rimedio ed io invece spero di venire ad un accomodamento e di convincere questo benedetto  ragazzo, che non è quello che voi credete anzi, se lo vuol sapere è giù che aspetta. (A Lola:) Lo vuole andare a chiamare? (Lola via.) Finché c'è vita c'è speranza...

Patera      (seccato): Ma che speranze! Io non ho bisogno di queste elemosine, di accomodamenti e convincimenti, specialmente adesso che Claudina si è resa conto della nostra situazione di fronte alla vostra che non era delle più invidiabili. Vi siamo grati di tutta questa vostra sopportazione nei nostri riguardi (avvicinandosi affettuosamente alla figlia) ci contentiamo delle nostre modestissime condizioni piuttosto che imparentarci con chi ci farebbe sentire il peso di averci beneficiato. Credo di essermi spiegato chiaro.

Claudina: Bravo papà, hai ragione.

Grazia      (per niente convinta del discorso del marito): Non ce ne va bene una, parlano come due miliardari (avvicinandosi amorevolmente  a Claudina). Sì, papà è bravo ed ha ragione, ma adesso se quello viene su, non ti fare vedere così, non si sa mai, potrebbe accomodarsi tutto senza perderci il decoro da una parte e l'altra, pensa che sono pieni di quattrini.

Claudina(con un'alzata dì spalle): Se li tenga stretti, ormai non me ne importa più niente né di lui e tanto meno dei suoi quattrini.

Mario       (seguito da Lola, volgendosi al padre): Èun bel pezzetto che mi fai aspettare, se mi facevi chiamare subito mi levavo il pensiero dei cinque piani.

Claudina(ironica): Sentite, prima di tutto non v'ho mandato a chiamare io, e state pur sicuro che per me tanto non dovrete più scomodarvi a salire cinque piani...

Patera:     Brava, mi hai letto nel cervello, hai detto quello che pensavo, io mi ricordo che per vedere tua madre - con tutto che non è stata il giulebbe della vita coniugale - sarei arrivato pure sulla cupola di San Pietro e me la sarei sposata anche se era la figlia di... non voglio dire di chi, perché nessuno ha diritto di umiliare chiunque faccia la professione più umile e miserevole, tanto non dovevo vivere  con il padre, dovevo vivere con la figlia e non m'importava di chi era figlia, se era ricca o povera e me la sarei sposata lo stesso perché mi piaceva, ne ero innamorato, le volevo bene senza riserve, senza condizioni: quando il bene si vuole colle condizioni non è il bene vero, il bene vero non ha tempo di riflettere se il padre fa lo scopino o il becchino. (A Mario:) Perché, secondo voi, se io facevo il becchino voi avreste detto che il mondo avrebbe detto: s'è sposato la figlia d'un beccamorto! Io non credo che il mondo si occupi tanto di voi.

Mario:      Ma voi m'insultate.

Patera:     Siete stato prima voi ad insultarmi, ed anche per lettera.

(Campanello, Lola va ad aprire.)

Garoffi    (con un pacchettino in mano, affannato, ma raggiante): Lo vedi che non m'ero sbagliato? L'avevo sentito vociferare in Prefettura...

Patera:     Che cosa?

Garoffi:   Che c'era la nomina per te, la nomina a brigadiere (cavando fuori una carta) tieni, qui c'è la copia, me l'ha data personalmente il questore e m'ha detto: portategli voi la notizia a quel brav'uomo.

Patera      (emozionatissimo): Scusami, non me l'aspettavo.

Grazia:     Ci sarà pure l'aumento dello stipendio?

Garoffi:   Ma si capisce, e anche abbastanza rimarchevole.

Patera      (guardando l'involto che ha in mano Garoffi): Che hai lì, hai comprato il prosciutto?

Garoffi:   No, ti dico la verità, invece del prosciutto ciò comprato i galloni (apre la carta e svolge i due galloni d'oro e glieli appoggia all'estremità della giacca).

Piero         (volgendosi a Mario): Adesso sarebbe la figlia del brigadiere.

Claudina(altera): E diventerò pure la figlia del maresciallo.

Patera:     A tavola (poi prende una sedia, la mette a due metri distante dalla porta principale, ci monta sopra e come se si trovasse nel crocicchio di una via, fa il movimento di via libera a Piero e a Mario perché abbandonino la casa).

Sipario


[1] Nel testo rimasto c'è un salto dalla scena prima all'ottava.