NOTA
Il teatro di Molière è qui presentato nella traduzione di Luigi Lunari, che per la BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) ne sta traducendo l’opera omnia.
I testi sono qui pubblicati senza presentazioni o note: gli interessati possono comunque risalire – almeno per i titoli più noti – ai singoli volumetti pubblicati nella BUR, e per vari titoli minori al volume antologico “Molière – Commedie”, sempre a cura di Luigi Lunari, nella collana “radiciBUR”.
Le traduzioni sono condotte su testi originali in tutta fedeltà filologica; ma di alcuni di essi esistono anche versioni e adattamenti – sempre ad opera del sottoscritto Luigi Lunari – in occasione di particolari allestimenti, con interventi drammaturigici e aggiunte di canzoni (come ad esempio per Il Borghese Gentiluomo e per Le Furberie di Scapino). Queste rielaborazioni – ove interessino – si possono leggere chiedendone i testi a Luigi Lunari, tel. 039.883177 o via e-mail luigi.lunari@libero.it
M O L I E R E
IL MISANTROPO
Traduzione di Luigi Lunari
Copyright Luigi Lunari Via Volturno 80 20047 Brugherio (MB)
Tel. +39.039.883177 e.mail luigi.lunari@libero.it
PERSONAGGI
ALCESTE, innamorato di Selimene
FILINTE, amico di Alceste
ORONTE, innamorato di Selimene
SELIMENE, innamorata di Alceste
ELIANTE, cugina di Selimene
ARSINOÈ, amica di Selimene
ACASTE
CLITANDRO } marchesi
BASCO, servo di Selimene
UNA GUARDIA dell’Ufficio dei marescialli di Francia
DU BOIS, servo di Alceste
La scena è a Parigi.
ATTO I
I – FILINTE, ALCESTE
FILINTE Ma insomma, che c’è? Che cosa avete?
ALCESTE Vi prego, lasciatemi.
FILINTE Ma almeno ditemi per quale capriccio...
ALCESTE Vi ho detto di lasciarmi, e di togliervi dai piedi.
FILINTE Ma si ha almeno la compiacenza di ascoltare la gente.
ALCESTE Io questa compiacenza non ce l’ho, e non ascolto nessuno.
FILINTE Queste scenate improvvise non riesco a capirle; e per
quanto mi siate amico, sono il primo io...
ALCESTE Io vostro amico? Metteteci una croce sopra. Finora mi
sono comportato come tale; ma dopo quello di cui vi ho visto
capace, vi dichiaro in tutte lettere che non lo sono più, e che
non voglio trovar posto in un animo corrotto.
FILINTE Secondo voi, Alceste, sono dunque così colpevole?
ALCESTE Diamine, dovreste morirne di vergogna. Quello che avete
fatto è imperdonabile, e un uomo d’onore dovrebbe rabbrividire
al solo pensarci.Vi vedo coprire un uomo di complimenti,
offrirgli le più ampie manifestazioni di affetto; al sacro fuoco dei
vostri abbracci aggiungete dichiarazioni, offerte, giuramenti;e
un momento dopo, quando vi chiedo chi era quell’uomo, a mala
pena sapete dirmi come si chiama; come vi siete lasciati, tutto il
vostro calore si è spento, e me ne parlate con assoluta indifferenza.
Diamine! È una cosa indegna, vile, infame, tradire se stesso fino
a questo punto; se per disgrazia fosse capitato a me di comportarmi
così, andrei subito a impiccarmi per il dispiacere.
FILINTE A me però non sembra che il delitto meriti la forca, e vi
supplico di voler tollerare che io, colpito dalla vostra sentenza,
mi faccia la grazia e che tralasci, se non vi dispiace, di impiccarmi
per così poco.
ALCESTE Che spirito di cattivo gusto!
FILINTE Ma, seriamente, che cosa volete che si faccia?
ALCESTE Voglio che la gente sia sincera, e che nessuno, da uomo
d’onore, si lasci sfuggire una parola che non venga dal
cuore.
FILINTE Quando uno vi viene incontro, e vi abbraccia tutto festevole,
bisogna pur ripagarlo della stessa moneta; rispondere
in qualche modo alle sue premure, e contraccambiare profferte
e giuramenti.
ALCESTE No, io non posso sopportare questo sistema vile, ostentato
da quasi tutta questa gente alla moda; e non c’è niente che
odii tanto quanto le contorsioni di questi grandi funamboli delle
dichiarazioni d’amicizia, questi affabili dispensatori di frivoli
abbracci, questi accattivanti dicitori di parole inutili, che con
tutti fanno a gara a chi fa più cerimonie, e che trattano allo stesso
modo il galantuomo e il cafone.A che cosa serve che il primo
venuto vi abbracci e vi giuri eterna amicizia, fedeltà, premura,
stima, affetto, e tessa di voi il più luminoso panegirico,
quando si sa che farà lo stesso con l’ultimo pezzente? No, no,
un’anima bennata non deve aver nulla a che fare con un’amicizia
così prostituita, e si gloria di doni ben più cari che non quello
di vedersi confuso con tutto l’universo. La vera stima deve
fondarsi su una qualche ragione, e stimare tutti vuol dire non
avere stima per nessuno. E poiché anche voi lo praticate, questo
vizio alla moda, diamine!2 non potete essere dei miei amici.
Questa compiacenza, troppo generosa, di un cuore che non fa
alcuna differenza tra merito e merito, io la rifiuto; voglio che mi
si apprezzi per quel che sono; e per chiudere la questione, se
uno vuol essere amico di tutto il genere umano, con me non ha
nulla a che fare.
FILINTE Ma quando si vive in società, bisogna pur pagare il tributo
di quelle piccole esteriorità che il galateo richiede.
ALCESTE No, vi dico di no; bisognerebbe anzi punire senza pietà
questo vergognoso commercio di parvenze d’amicizia.Voglio
un comportamento da uomini; e che in ogni occasione, nei nostri
discorsi, sia il fondo del nostro cuore a mostrarsi; che sia il
cuore a parlare, e che i nostri sentimenti non si mascherino mai
sotto vani complimenti.
FILINTE Vi sono mille circostanze nelle quali un’assoluta franchezza
sarebbe ridicola e quasi imperdonabile: qualche volta,
col permesso del vostro austero senso dell’onore, è giusto nascondere
quello che detta il cuore.Vi parrebbe opportuno, o
gentile, dire a chiunque tutto quello che pensate di lui? E nel
caso che qualcuno vi riesca sgradevole e odioso, è proprio necessario
dirglielo in faccia nudo e crudo?
ALCESTE Sì.
FILINTE Come? Voi andreste dalla vecchia Emilia a dirle che alla
sua età è ridicolo fare la vezzosa, e che la cipria che si dà in
faccia è la favola di tutti?
ALCESTE Senza dubbio.
FILINTE E a Dorilla, che è un seccatore, e che in tutta la Corte
non vi è un paio d’orecchie che egli non rintroni con i racconti
delle sue prodezze e degli splendori della sua casata?
ALCESTE Certamente.
FILINTE Voi scherzate.
ALCESTE Non scherzo affatto, e sotto questo profilo non risparmio
nessuno. Queste cose mi danno fastidio; e dappertutto, tra
nobili e borghesi, trovo continue occasioni di riscaldarmi la bile:
vedo gli uomini vivere tra loro come vivono, e cado allora in
un umore nero, in una collera profonda. Non vedo che adulazione
vile, ingiustizia, interesse, tradimento, intrigo. Non resisto,
divento pazzo, e il mio impulso è quello di prendere a schiaffi
l’intero genere umano.
FILINTE Questa collera filosofica è un po’ troppo selvaggia.
Questi neri furori mi fanno sorridere, perché mi sembra di vedere
in noi due, educati allo stesso modo, quei due fratelli della
Scuola dei mariti, in cui...
ALCESTE Mio Dio, lasciate perdere questi stupidi paragoni!
FILINTE No: voi piuttosto, e seriamente, smettetela con queste
ripicche. Non è per le vostre premure che il mondo cambierà; e
visto che la franchezza ha per voi tanto fascino, vi dirò francamente
che questa vostra malattia, dovunque andiate, diventa
una farsa, e che tanta collera contro gli usi del mondo vi rende
ridicolo agli occhi di un sacco di gente.
ALCESTE Tanto meglio, perbacco! tanto meglio, è quello che
chiedo. Per me questo è un ottimo segno, e ne sono felice: tutti
gli uomini mi sono odiosi a tal punto che mi seccherebbe molto
esser giudicato saggio da loro.
FILINTE Le volete proprio male, alla natura umana!
ALCESTE Sì, provo per essa un odio spaventoso.
FILINTE E tutti noi poveri mortali, nessuno escluso, siamo coinvolti
in questa avversione? Eppure vi sono, anche nel nostro
tempo...
ALCESTE No, è un’avversione generale, e gli uomini li odio tutti.
Gli uni perché sono malvagi e vivono in modo malvagio, gli altri
perché ai malvagi si mostrano compiacenti, invece di nutrire
per loro quell’odio vigoroso che il vizio deve suscitare in un
animo virtuoso. Ed ecco il colmo di questa compiacenza, per
quello scellerato con cui sono in causa; sotto la sua maschera si
vede il volto del traditore; dovunque lo conoscono per quello
che è; e quando alza gli occhi al cielo e addolcisce la voce solo
chi non è di questo paese cade nell’inganno. Qui tutti sanno che
questo zoticone – che il cielo lo confonda! – con sporchi trucchi
si è fatto avanti nel mondo, e che grazie a questo la sua fortuna,
rivestita di splendore, suona biasimo al merito e vergogna alla
virtù. Per quanti titoli infami gli vengano dovunque attribuiti, il
suo miserabile onore non se ne dà per inteso; dategli del furfante,
infame, maledetto scellerato, tutti ne converranno, e nessuno
vi contraddirà. Eppure il suo ghigno ipocrita è dappertutto
il benvenuto: lo si riceve, gli si sorride, egli si insinua dovunque,
e se vi è un posto da conquistare brigando, è lui a spuntarla
anche sul più gran galantuomo del mondo. Perdiana! per me
son tante ferite mortali, vedere che con il vizio si hanno tanti riguardi;
e talvolta sento l’impulso improvviso di sfuggire, in un
deserto, a ogni contatto con gli uomini.
FILINTE Mio dio, non diamoci tanta pena per le usanze del giorno
d’oggi, e facciamo un po’ di grazia alla natura umana; non
giudichiamola con tanto estremo rigore, e guardiamo ai suoi difetti
con un po’ di comprensione. Quel che occorre, per vivere
nel mondo, è una virtù a portata d’uomo; la troppa saggezza può
essere riprovevole; la perfetta ragione evita tutti gli estremi e
anche nella saggezza non bisogna esagerare. Questa virtuosa intransigenza
da tempi antichi è troppo in contrasto con i giorni
nostri e con gli usi comuni; pretende dai mortali troppa perfezione:
bisogna assecondare i tempi senza irrigidirsi troppo, e non
vi è maggiore follia che quella di mettersi in testa di voler cambiare
il mondo. Anch’io, come voi, vedo ogni giorno cento cose
che potrebbero andar meglio, se prendessero un altro corso; ma
per quanto io possa vedere ad ogni piè sospinto, mai mi si vedrà
montare in collera come fate voi; accetto tranquillamente gli uo-
mini come sono, abituo il mio animo a sopportare quello che
fanno, e sono convinto che, sia tra i nobili che tra i borghesi, la
mia pazienza è razionale quanto la vostra collera.
ALCESTE Ma questa pazienza, signore, che ragiona così bene; a
questa pazienza, non c’è nulla che possa far perdere le staffe?
E ove si dia il caso che un amico vi tradisca, e tenti con la frode
d’impadronirsi dei vostri beni, o cerchi di spargere brutte calunnie
sul vostro conto, a tutto questo voi continuereste ad assistere
senza andare in collera?
FILINTE Sì; per me queste ingiustizie, di cui tanto vi indignate,
sono vizi legati alla natura umana; e il vedere un uomo disonesto,
ingiusto, egoista, non turba il mio animo più che il vedere
degli avvoltoi affamati di carogne, o delle scimmie che fanno
del male, o dei lupi furiosi.
ALCESTE E io mi vedrò tradito, fatto a pezzi, derubato, senza che
sia… Diamine! Non parlo più, tanta è l’impudenza di questo
discorso.
FILINTE In fede mia, se state zitto fate bene. E invece di tuonare
tanto contro il vostro avversario, occupatevi un po’ di più del
processo.
ALCESTE Non me ne occupo affatto: ho deciso.
FILINTE Ma chi volete, allora, che si raccomandi per voi?
ALCESTE Chi voglio che si raccomandi per me? La ragione, il
mio buon diritto, la giustizia.
FILINTE E non farete visita ai giudici?
ALCESTE No. Le mie ragioni sono forse errate, o insufficienti?
FILINTE Sono d’accordo; ma la causa è seccante, e...
ALCESTE No, ho deciso di non muovere un dito.O ho torto, o ho
ragione.
FILINTE Non fidatevi troppo.
ALCESTE Non farò niente.
FILINTE Il vostro avversario è forte, e potrebbe convincere, con i
suoi intrallazzi...
ALCESTE Non importa.
FILINTE Resterete deluso.
ALCESTE Sia pure.Voglio vedere come va a finire.
FILINTE Ma...
ALCESTE Avrò il piacere di perdere la causa.
FILINTE Ma in fin dei conti...
ALCESTE In questa farsa di processo vedrò se gli uomini sono
tanto sfrontati, tanto malvagi, scellerati e perversi da farmi torto
in faccia a tutto l’universo.
FILINTE Che razza d’uomo!
ALCESTE Costi quel che costi, pur d’arrivare a questa dimostrazione,
sarò contento di perdere la causa.
FILINTE Davvero, Alceste, la gente riderebbe di voi, se vi sentisse
parlare a questo modo.
ALCESTE Tanto peggio per chi riderebbe.
FILINTE Ma questa rettitudine, che voi esigete in tutto e per tutto
con tanta intransigenza; questa assoluta dirittura in cui vi rinchiudete,
la riconoscete in colei che amate? Visti i pessimi rapporti
in cui siete col genere umano, io mi stupisco che con tutto
ciò che ve lo rende odioso, abbiate trovato nel suo ambito di
che affascinare i vostri occhi; e ciò che ancor più mi sorprende,
è questa strana scelta in cui il vostro cuore è caduto. La sincera
Eliante ha un debole per voi, la saggia Arsinoè vi guarda con
occhi dolci; ma il vostro animo si rifiuta ai loro voti e si lascia
invece prendere al laccio dalle vane lusinghe di Selimene, che
mi pare, per la civetteria e il gusto della maldicenza, perfettamente
in tono con le usanze del giorno d’oggi. Come mai, voi
che odiate mortalmente queste usanze, le tollerate nella bella
Selimene? Forse, in una così bella persona, non sono più dei difetti?
Oppure non li vedete? Oppure li perdonate?
ALCESTE No. L’amore che sento per la giovane vedova non
chiude affatto i miei occhi ai difetti che si possono individuare
in lei; e quale che sia l’ardore che essa ha saputo suscitare in
me, io sono il primo sia a vederli che a condannarli. Ma con tutto
questo, e per quanto io possa fare, confesso il mio debole: Selimene
possiede l’arte di piacermi; e io ho un bel vedere i suoi
difetti; e ho un bel rimproverarglieli, a dispetto di tutto, ella si
fa amare; la sua grazia è più forte di ogni altra cosa, ma io sono
certo che il mio amore saprà affrancare la sua anima da questi
vizi del nostro tempo.
FILINTE Se farete questo, non avrete fatto cosa da poco. Credete
dunque che lei vi ami?
ALCESTE Sì, diamine! Non l’amerei se non credessi d’essere
amato.
FILINTE Ma se questo amore essa ve lo dimostra, come mai i vostri
rivali vi danno tanta noia?
ALCESTE Il fatto è che un cuore innamorato vuol essere padrone
assoluto, e io sono qui proprio per dire a Selimene ciò che a
questo proposito la passione mi suggerisce.
FILINTE Da parte mia, se dovessi soltanto formulare un desiderio,
la cugina Eliante avrebbe tutti i miei sospiri. Il suo cuore vi
stima, è saldo e sincero; e una tal scelta, più giusta per voi, sarebbe
senz’altro la miglior soluzione.
ALCESTE È vero, e la ragione me lo ripete ogni giorno. Ma non è
la ragione arbitra dell’amore.
FILINTE Questa vostra passione mi preoccupa: la speranza che
nutrite potrebbe...
II – ORONTE, ALCESTE, FILINTE
ORONTE Ho saputo dabbasso che per non so quali compere
Eliante è uscita, e Selimene anche; ma siccome mi hanno detto
che c’eravate voi, sono salito per dirvi, e vi parlo col cuore, che
nutro per voi un’incredibile stima, e che da molto tempo ormai
questo sentimento ha fatto nascere in me il desiderio bruciante
di entrar nel novero dei vostri amici. Sì, il mio cuore ama rendere
giustizia al merito, e io ardo perché uno stretto legame
d’amicizia ci unisca. Confido che non sia certo da respingersi
un amico fraterno, e del mio rango per giunta. (In questo punto
Alceste pare tutto assorto, e sembra non accorgersi che Oronte
gli sta parlando) Scusatemi tanto, è con voi che sto parlando.
ALCESTE Con me?
ORONTE Con voi. Le mie parole vi offendono?
ALCESTE No, ma la mia sorpresa è grande, non mi aspettavo l’onore
che mi fate.
ORONTE La stima che ho per voi non deve sorprendervi, potreste
pretenderla dall’universo intero.
ALCESTE Signore...
ORONTE In tutta la nazione non vi è nulla che superi i folgoranti
meriti che in voi si ravvisano.
ALCESTE Signore...
ORONTE Sì, da parte mia, io vi ritengo da più di quanto vi è di
più pregevole al mondo.
ALCESTE Signore...
ORONTE Che il cielo mi fulmini se dico bugie! E a immediata conferma
dei miei sentimenti, permettetemi, signore, che di tutto cuore
vi abbracci, supplicandovi d’un posticino nella vostra amicizia.
Qua la mano, vi prego; la vostra amicizia, me la promettete?
ALCESTE Signore...
ORONTE Come, vi rifiutate?
ALCESTE Signore, troppo grande è l’onore che volete farmi; l’amicizia
esige però un poco più di mistero, e vuol dire certo profanarne
il nome, lo spenderlo ad ogni piè sospinto. L’amicizia
deve nascere per libera e illuminata elezione; e prima di stabilire
tra noi questo legame, è opportuno conoscerci meglio l’un
l’altro, poiché potremmo rivelare aspetti tali da farci pentire
tutti e due di questo accordo.
ORONTE Perbacco! Questo sì che è un parlare da uomo saggio, e
per questo vi apprezzo ancora di più. Pazientiamo dunque fino
a che il tempo stringa tra noi i dolci nodi dell’amicizia; ma nel
frattempo, io mi offro interamente a voi. Se avete bisogno di
qualche introduzione a corte, come è noto io ho già un certo
ruolo accanto al re; il re mi ascolta e, in fede mia, non perde occasione
per trattarmi con estrema bonarietà. Insomma, io sono
a vostra disposizione in tutto e per tutto; e poiché il vostro spirito
è ricco d’ingegno, onde iniziare a stringere tra noi il dolce
nodo dell’amicizia, eccomi qua a leggervi un sonetto che ho
scritto poco fa, per sentire da voi se faccio bene a renderlo noto
al pubblico.
ALCESTE Signore, non sono la persona adatta a decidere una cosa
del genere, e vi prego di dispensarmene.
ORONTE Perché?
ALCESTE Ho il difetto di essere un po’ più sincero di quel che è
opportuno.
ORONTE Ma è quello che chiedo; e mi dispiacerebbe molto se
chiedendovi io di parlarmi in tutta sincerità, voi mi tradiste nascondendomi
qualcosa.
ALCESTE Se così vi piace, signore, farò come volete.
ORONTE Sonetto... Si tratta di un sonetto. La speme... Si rivolge
a una signora che alla mia passione aveva dato qualche motivo
per ben sperare. La speme... I miei non sono versi magniloquenti
e grandiosi, ma piccoli versi dolci, teneri, pieni di sentimento.
(A ogni minima interruzione osserva Alceste)
ALCESTE Sentiamoli.
ORONTE La speme... Non so se troverete abbastanza scorrevole
e facile lo stile, e se vi piacerà la scelta delle parole.
ALCESTE Adesso lo vedremo, signore.
ORONTE D’altra parte, dovete sapere che l’ho scritto in meno di
un quarto d’ora.
ALCESTE Sentiamolo, signore; che ci abbiate messo tanto o poco
non ha nessuna importanza.
ORONTE La speme, egli è pur vero, ci ristora
e nella diurna noia il cor trastulla;
ma, o Fillide, che magro è quel ristoro
se a quell’ultima dea non segue nulla!
FILINTE Già questo esordio, per me è affascinante.
ALCESTE (piano) Come? Avete la faccia tosta di trovare bella
questa roba?
ORONTE La bontà che per me mostrato avete
sortir poteva altr’opere di bene;
meglio, o Fillide, non darvi tanto affanno
per non sortire a me che un fil di speme.
FILINTE Ah, con che eleganza è espresso questo concetto!
ALCESTE (piano) Perdiana! Vile adulatore, lodate queste sciocchezze?
ORONTE Se egli è d’uopo che un’eterna attesa
sia destino al mio ardor, morte soltanto
a me tolga il fardel che al cor mi pesa.
Né salvarmi potrete d’altro canto:
ché di eterno sperar fidente attesa
sorte senza speranza eterno pianto.3
FILINTE La conclusione è graziosa, amabilissima, ammirevole.
ALCESTE (piano) Le colga la peste, alla tua conclusione, diavolo
di un inquinatore! Magari avessi concluso col romperti il naso!
FILINTE Non ho mai sentito versi così ben torniti.
ALCESTE Accidenti!
ORONTE Voi mi adulate, credendo forse...
FILINTE No, non vi sto adulando affatto.
ALCESTE (piano) E che cosa stareste facendo, traditore?
ORONTE (a Alceste) Voi, però, sapete quali sono i nostri patti: dite
dunque, per piacere, in tutta sincerità.
ALCESTE Signore, è una questione sempre molto delicata, perché
quando si tratta delle doti dell’ingegno, a tutti fa piacere
sentirsi lodare. Una volta, a una persona di cui tacerò il nome,
dicevo appunto, dopo aver visto alcuni versi che egli aveva
scritto, che bisognerebbe sempre essere abbastanza giudiziosi
da controllare con rigore il nostro capriccio di scrivere; e che se
ci coglie la smania di far del chiasso su questi passatempi, biso-
gnerebbe saperle mettere la briglia; e che a volte, per l’ambizione
di esibire le nostre opere, si corre il rischio di fare una pessima
figura.
ORONTE Volete farmi capire con questo che avrei torto a voler...
ALCESTE Non dico questo. Semplicemente, le dicevo io che dei
versi insignificanti fanno dormire, e che basta questa debolezza
a squalificare una persona, perché anche se si posseggono cento
altre buone qualità, quello che si vede nella gente sono soltanto
i lati negativi.
ORONTE O forse avete a ridire sul mio sonetto?
ALCESTE Non dico questo. Semplicemente, per dissuaderla dallo
scrivere, a quella persona, facevo notare come al giorno d’oggi
questa smania abbia guastato tanta gente molto per bene.
ORONTE Forse io scrivo male? E assomiglio a quella gente?
ALCESTE Non dico questo. Semplicemente, le dicevo: in fin dei
conti, avete davvero questo bisogno impellente di scrivere
poesie? E chi diamine vi obbliga a farvi pubblicare? Se si può
perdonare a qualcuno che escano dei brutti libri, è solo a quei
poveri diavoli che scrivono per vivere. Credete a me, resistete
alla tentazione, nascondete al pubblico questi vostri passatempi,
e per quante premure vi facciano non rinunciate alla
fama di uomo dabbene di cui godete a Corte, per farvi dare
da qualche esoso tipografo quella di compassionevole e risibile
scrittore. Questo è quello che cercavo di far capire a
quella persona.
ORONTE Questo è giustissimo, e penso di capirvi perfettamente.
Ma vorrei sapere che cosa nel mio sonetto...
ALCESTE Sinceramente, è meglio chiuderlo nel cassetto.Vi siete
ispirato a dei pessimi modelli, e le espressioni che usate non
hanno nessuna naturalezza. Che cosa vuol dire: Nella diurna
noia il cor trastulla? E che cos’è: Se a quell’ultima dèa non segue
nulla? E Non darvi tanto affanno per non sortire a me che un fil
di speme? E che cosa vuol dire: ché di eterno spirar fidente attesa
/ sorte senza speranza eterno pianto? Questo stile figurato, di
cui il sonetto si fa bello, non ha niente a che fare con la semplicità
e con la verità; è solo un gioco di parole, pura affettazione,
e non è così che parla la natura. Il cattivo gusto del giorno d’oggi,
in queste cose, mi fa paura; i nostri padri, per quanto rozzi,
avevano più buon gusto, e tutto ciò che al giorno d’oggi si trova
tanto ammirevole, io lo apprezzo molto meno di questa vecchia
canzone che voglio farvi sentire:
Se il re mi regalasse
la sua città sovrana,
e in cambio mi dicesse
di lasciar star chi m’ama,
gli direi: Sacra maestà,
tienti la tua città.
Io amo la mia bella, oilì,
io amo la mia bella, oilà.
La rima è fin troppo facile, lo stile è d’altri tempi; ma non sentite
anche voi che tutto questo vale più di quei fronzoli che ripugnano
al buon senso, e che il sentimento vi si fa sentire in tutta
la sua purezza?
Se il re mi regalasse
la sua città sovrana,
e in cambio mi dicesse
di lasciar star chi m’ama,
gli direi: Sacra maestà,
tienti la tua città.
Io amo la mia bella, oilì,
io amo la mia bella, oilà.
Ecco le parole che trova un cuore veramente innamorato.
(A Filinte) Sì, signor cinico, a dispetto di tutti i vostri begli spiriti,
io apprezzo questi versi più di tutte quelle false perle di cui
tutti si compiacciono tanto.
ORONTE E io vi rispondo che i miei versi sono molto belli.
ALCESTE Se li trovate belli avrete senz’altro le vostre ragioni;
ma non avrete nulla in contrario a che anch’io abbia le mie, e
che si rifiutino di cedere alle vostre.
ORONTE A me basta vedere che altri li apprezzano.
ALCESTE Altri sono bravi a fingere, e io no.
ORONTE Credete dunque d’esser tanto intelligente?
ALCESTE Certo lo sarei di più se sapessi lodare i vostri versi.
ORONTE Saprò far senza la vostra approvazione.
ALCESTE Dovrete farne senza per forza.
ORONTE Mi piacerebbe veder voi, scrivere versi su un soggetto
come questo.
ALCESTE Potrei anche, per mia disgrazia, scriverne di altrettanto
brutti; ma mi guarderei bene dal farli leggere agli altri.
ORONTE Mi parlate con estrema sicurezza; ma tanta presunzione...
ALCESTE Se cercate qualcuno che vi incensi, non rivolgetevi a me.
ORONTE Ad ogni buon conto, signorino, non alzate tanto la voce.
ALCESTE In fede mia, signorone, la alzo quanto è necessario.
FILINTE (mettendosi tra i due) Eh, signori! Basta così; di grazia,
smettetela!
ORONTE Ah, il torto è mio! Lo riconosco, e vi lascio libero il
campo. Servo vostro, signore, con tutto il cuore.
ALCESTE E io, signore, servitor vostro umilissimo.
III – FILINTE, ALCESTE
FILINTE Ebbene, avete visto? Per voler essere troppo sincero,
eccovi in un brutto affare. Era evidente che Oronte, pur di sentirsi
lodare...
ALCESTE State zitto.
FILINTE Ma...
ALCESTE Voglio stare in pace.
FILINTE È troppo...
ALCESTE Lasciatemi stare.
FILINTE Se io...
ALCESTE Silenzio.
FILINTE Ma insomma!...
ALCESTE Non voglio sentir niente.
FILINTE Ma...
ALCESTE Ancora?
FILINTE Qui si offende...
ALCESTE Ah, perbacco! Questo è troppo; guai a voi se mi seguite.
FILINTE Voi scherzate; non vi lascio, neanche se me lo proibite.
ATTO II
I – ALCESTE, SELIMENE
ALCESTE Signora, volete che vi parli in tutta franchezza? Il vostro
modo di comportarvi mi piace assai poco; contro di esso la
rabbia si accumula nel mio cuore, e sento che sarà necessario
arrivare a una rottura. Sì, vi mentirei se parlassi altrimenti; o
presto o tardi noi litigheremo senz’altro, e se anche vi giurassi
mille volte il contrario, so che non sarei in grado di mantenere
il giuramento.
SELIMENE È dunque solo per sgridarmi, a quanto vedo, che avete
voluto accompagnarmi a casa.
ALCESTE Non vi sto sgridando; ma le vostre maniere, signora,
offrono al primo venuto un troppo facile accesso al vostro cuore.
Troppi ammiratori, vi si vedono attorno; e questo non riesco
a sopportarlo.
SELIMENE Mi fate colpa degli ammiratori che ho? Posso impedire
alla gente di trovarmi graziosa? E alle dolci schermaglie che
mettono in atto per vedermi, devo opporre un bastone e metterli
alla porta?
ALCESTE No, signora, non è un bastone che vi occorre, ma un
cuore meno facile e meno arrendevole ai loro desideri. So bene
che il vostro fascino vi segue dovunque, ma gli uomini che i vostri
occhi attirano, è il vostro modo di fare a trattenerli; e tanta
bontà per chi vi ha ceduto le armi, non fa che completare nei
loro cuori l’opera delle vostre grazie. Lasciate adito a una tanto
sorridente speranza che ve li ritrovate sempre tutti d’attorno; e
basterebbe che foste un po’ più avara della vostra compiacenza,
e la folla dei vostri corteggiatori si disperderebbe subito.Ma
ditemi almeno, signora, per qual caso quel vostro Clitandro ha
la fortuna di piacervi tanto. Su quale base di merito e di valore
sublime voi fondate l’onore della vostra stima per lui? Forse è
perché ha l’unghia del mignolo così lunga, che si è conquistata
la stima di cui evidentemente gode agli occhi vostri? Oppure vi
siete arresa, anche voi come tutto il bel mondo, agli sconvolgenti
pregi della sua parrucca bionda? O sono i suoi grandi pizzi
che ve lo fanno piacere? O è il groviglio dei suoi nastri che ha
saputo incantarvi? O è il fascino delle sue brache rigonfie che
ha espugnato il vostro cuore, quand’egli era già vostro schiavo?
O il suo modo di ridere, e la sua voce in falsetto, hanno scoperto
il segreto per giungere fino a voi?5
SELIMENE Come siete ingiusto ad adombrarvi per lui! Non lo
sapete anche voi perché lo frequento? Non mi ha promesso forse
di mobilitare tutti i suoi amici, per la mia causa?
ALCESTE Perdete pure la causa, signora, senza darvene pensiero;
invece di frequentare un rivale che mi offende.
SELIMENE Ma siete geloso di tutto l’universo.
ALCESTE Perché a tutto l’universo fate buon viso.
SELIMENE Ma è proprio questo che dovrebbe placare la vostra
irritazione, visto che mi mostro compiacente con tutti; avreste
più motivo di offendermi se mi vedeste riservare la mia compiacenza
a una persona sola.
ALCESTE Ma io, che voi accusate di troppa gelosia, che cos’ho io
più degli altri, signora?
SELIMENE La fortuna di sapere che voi siete amato.
ALCESTE E che ragione ha di crederlo, il mio cuore che brucia?
SELIMENE Mi sembra che essendomi degnata di farvi una simile
confessione, questo vi dovrebbe bastare.
ALCESTE Ma chi mi assicura che non diciate ad altri la stessa cosa?
SELIMENE Certo, detto da un innamorato è proprio un bel complimento,
mi giudicate davvero una persona per bene. Ebbene,
per togliervi da un simile sospetto, ritiro subito tutto quello che
ho detto; e ora, se volete essere ingannato, dovete pensarci da
solo: accontentato.
ALCESTE Diamine! Dovevo proprio innamorarmi di voi! Ah, se
mai riuscirò a strapparvi dalle mani il mio cuore, benedirò il
cielo come per la più grande delle grazie! Non lo nascondo: faccio
tutto il possibile per infrangere la terribile schiavitù del mio
cuore; ma finora tutti i miei sforzi non sono serviti a niente, e
questo amore è certamente il castigo per i miei peccati.
SELIMENE Devo riconoscere che il modo in cui mi amate è unico
al mondo.
ALCESTE Sì, quanto a questo posso sfidare l’universo. Il mio
amore è di un’intensità inimmaginabile; e nessuno, signora, ha
mai amato come io amo.
SELIMENE In effetti, è un amore di tipo nuovo, perché voi amate
una persona per poter litigare con lei; la vostra passione si
esprime soltanto con male parole, e davvero non si è mai visto
un amore tanto fatto di rimproveri.
ALCESTE Ma dipende soltanto da voi che il mio amore si rassereni.
Ma per piacere, mettiamo una pietra sopra queste schermaglie;
parliamo a cuore aperto, e cerchiamo di troncare...
II – SELIMENE, ALCESTE, BASCO
SELIMENE Che c’è?
BASCO C’è Acaste qui dabbasso.
SELIMENE Ebbene, fatelo salire. (Basco esce)
ALCESTE Ma come! Non vi si può mai parlare a quattr’occhi? A
ricevere gente siete sempre pronta; e mai che possiate, una volta
tanto, rassegnarvi a far dire di non essere in casa.
SELIMENE Volete che faccia uno sgarbo simile ad Acaste?
ALCESTE Vi fate dei riguardi che non mi piacciono affatto.
SELIMENE Mai me la perdonerebbe, se sapesse che la sua visita
è per me una seccatura.
ALCESTE E che vi importa, che dobbiate preoccuparvene tanto?
SELIMENE Mio dio, con certa gente è sempre meglio essere in
buoni rapporti; è gente che, non so come, riesce a farsi ascoltare
a Corte, e a introdursi proprio dappertutto. Può darsi
non servano a niente, ma certamente sono in grado di nuocere;
e quali che siano gli appoggi sui quali si può contare altrove,
è sempre meglio non guastarsi con i tromboni di questa
sorta.
ALCESTE Insomma, checché se ne dica, per un motivo o per l’altro,
voi dovete sempre avere a che fare con tutti; e le precauzioni
del vostro giudizio...
III – BASCO, ALCESTE, SELIMENE
BASCO C’è anche Clitandro, signora.
ALCESTE (fa per andarsene) Giusto a proposito.
SELIMENE Dove scappate?
ALCESTE Me ne vado.
SELIMENE Restate qui.
ALCESTE A che fare?
SELIMENE Restate qui.
ALCESTE Non ce la faccio.
SELIMENE Ve lo ordino.
ALCESTE Niente da fare; queste conversazioni riescono solo ad
annoiarmi, e pretendere di infliggermele è troppo.
SELIMENE Ve lo ordino, ve lo ordino.
ALCESTE No, mi è impossibile.
SELIMENE E va bene! Uscite, andate, fate quel che vi pare!
IV – ELIANTE, FILINTE,ACASTE,
CLITANDRO, ALCESTE, SELIMENE, BASCO
ELIANTE I due marchesi stanno salendo con noi.Ve li hanno annunciati?
SELIMENE Sì. Da sedere per tutti. (Ad Alceste) Non ve ne siete
andato?
ALCESTE No, signora; ma esigo che voi vi decidiate: o per loro, o
per me.
SELIMENE Tacete.
ALCESTE Oggi stesso dovrete decidere.
SELIMENE Voi siete pazzo.
ALCESTE Affatto. Dovrete parlar chiaro.
SELIMENE Ah!
ALCESTE Deciderete da che parte stare.
SELIMENE Spero che stiate scherzando.
ALCESTE No; e voi farete la vostra scelta; ho pazientato anche
troppo.
CLITANDRO Perbacco, signora! Vengo or ora dal Louvre, dove
Cleante, nell’anticamera del re, si è comportato in modo assolutamente
ridicolo.Ma non ha dunque un amico, che caritatevolmente
lo aiuti ad aprire gli occhi sulle proprie maniere?
SELIMENE È proprio vero: in società è molto goffo, e dappertutto
si presenta con un’aria che salta subito agli occhi; e ogni volta
che lo si rivede dopo una breve assenza, lo si ritrova più stravagante
di prima.
ACASTE Perbacco! A proposito di persone stravaganti, ho appena
dovuto sopportarne uno dei peggiori. Damone, il chiacchierone;
il quale, col vostro permesso, mi ha tenuto un’ora buona
fuori della mia portantina, in pieno sole.
SELIMENE Uno strano oratore, che riesce sempre a fare grandi
discorsi senza dire nulla; delle sue dissertazioni non si afferra
mai la più piccola briciola, e tutto quel che dice è solo rumore
senza senso.
ELIANTE (a Filinte) Come inizio non c’è male. Quando si tratta
di parlar male del prossimo, la conversazione non langue mai.
CLITANDRO Anche Timante, signora, è un bel personaggio.6
SELIMENE Un uomo che è tutto un mistero dalla testa ai piedi.
Passandovi accanto vi getta uno sguardo assente, ed è sempre
occupatissimo senza aver niente da fare. Tutto quel che vi racconta
è costellato di smorfie; a forza di facce strane annoia tutti
a morte; ogni minuto interrompe la conversazione, perché in
un orecchio deve confidarvi un segreto, ed è sempre un segreto
da niente; di una qualsiasi sciocchezza fa una grande meraviglia,
e anche se deve dirvi buongiorno, ve lo sussurra con aria di
mistero.
ACASTE E Gerardo, signora?
SELIMENE Oh, che conversatore noioso! Mai che smetta per un
momento di recitare la parte del gran signore; è sempre immischiato
in qualche grande giro, e nomina soltanto duchi, principi
e principesse. La nobiltà gli dà alla testa; e tutti i suoi discorsi
non riguardano che i cavalli, le carrozze, i cani da caccia;
quando parla con persone di alto rango dà loro del tu, e di chiamarli
signore ha perso l’abitudine.
CLITANDRO Dicono che con Belisa sia in ottima posizione.
SELIMENE Che donna insipida, e che conversazione squallida!
Quando viene a farmi visita è per me un vero martirio; è una
continua fatica trovar qualcosa da dire, ma lei è così vuota e
insulsa che il dialogo si spegne a ogni istante. E contro il suo
ottuso silenzio non serve a niente neppure chiedere aiuto a
tutti i luoghi comuni: il bel tempo e la pioggia, il freddo e il
caldo, sono argomenti che con lei si esauriscono ben presto. E
ciò nonostante le sue visite, già insopportabili, sono di una
lunghezza spaventosa; inutile domandare che ora è, e sbadigliare
venti volte, lei non si muove, neanche fosse un pezzo di
legno.
ACASTE E che vi sembra di Adraste?
SELIMENE Ah, quante incredibili arie! È un uomo gonfio d’amor
proprio; ai suoi meriti non è adeguata neppure la Corte,
contro la quale si sente in dovere di imprecare ogni giorno; e
non si assegnano incarichi, titoli o benefici, che egli non giudichi
un torto fatto alla sua persona.
CLITANDRO E il giovane Cleone, dal quale si incontrano tutti i
più begli spiriti? Voi che ne dite?
SELIMENE Che si fa bello dei meriti del cuoco, poiché è alla sua
tavola che la gente rende visita.
ELIANTE Si dà cura che vi si servano sempre pranzi squisiti.
SELIMENE Sì, ma vorrei tanto che lui non se ne servisse; la sua
stupida presenza è un pessimo piatto, che guasta a mio avviso
tutto il pranzo.
FILINTE Si fa gran conto di Damide, suo zio.Voi che ne dite, signora?
SELIMENE È amico mio.
FILINTE Io lo trovo una persona dabbene, dall’aria molto giudiziosa.
SELIMENE Sì, ma vuole avere troppo spirito, e questo mi fa rabbia:
vuol mettersi continuamente in mostra, e ogni volta che
apre bocca si vede che si sforza di trovare una battuta brillante.
Da quando si è messo in testa di intendersi di tutto, è diventato
così difficile che nulla incontra i suoi gusti; si ostina a trovar difetti
in tutto ciò che si scrive, ed è convinto che una persona raffinata
non debba mai lodare niente; che quanto più si critica
tanto più ci si dimostra colti, che solo gli ignoranti possono ammirare
e divertirsi, e che basta storcere il naso a tutto ciò che si
fa al giorno d’oggi per mettersi un gradino al di sopra degli altri.
Perfino nelle conversazioni da salotto trova da ridire; e con
le braccia conserte, dall’alto del suo genio, qualsiasi cosa si dica,
non nasconde la propria commiserazione.
ACASTE Che dio mi fulmini, questo è il suo ritratto fatto e finito!
CLITANDRO È meraviglioso, come sapete dipingere le persone!
ALCESTE Forza, avanti, alla carica, miei cari amici di Corte! Sotto
a chi tocca, non ce n’è uno che vi sfugga. Eppure, basta che
uno di loro vi compaia davanti agli occhi, eccovi corrergli incontro,
porgergli la mano, abbracciarlo complimentosi, e giurare
e spergiurare d’essergli servi devoti.
CLITANDRO Perché ve la prendete con noi? Se quel che è stato
detto vi urta, il vostro rimprovero si rivolga alla signora.
ALCESTE No, perbacco, la colpa è vostra! Sono i vostri sorrisi
compiacenti che muovono il suo spirito a queste maldicenze;
quel suo talento satirico è di continuo alimentato dai colpevoli
incensi della vostra adulazione, e il suo animo non sarebbe tanto
lusingato a schernire se ne ricavasse meno applausi. Ecco
perché dei vizi in cui cadono gli esseri umani, bisogna accusare
anzitutto gli adulatori.
FILINTE Ma perché tante premure per certa gente, voi che condannereste
le stesse cose che noi critichiamo?
SELIMENE Ma volete dunque che il signore non contraddica? E
che si abbassi a essere d’accordo con gli altri, rinunciando a far
bella mostra anche qui di quello spirito da bastian contrario che
ha avuto in dono dal Cielo? Quel che pensano gli altri non è
cosa per lui; egli abbraccia sempre l’opinione contraria, e
avrebbe paura d’apparire uomo troppo qualunque se si facesse
vedere d’accordo con qualcuno. La virtù della contraddizione
ha per lui un tale fascino che non di rado lo si vede scendere in
campo contro se stesso; basta ad esempio che trovi le proprie
idee sulle labbra altrui, ed egli le combatte aspramente.
ALCESTE I begli spiriti sono dalla vostra parte, signora: potete
sfoderare tutto il vostro sarcasmo contro di me.
FILINTE Ma è pur vero che qualsiasi cosa si dica, voi partite sempre
lancia in resta; e per uno strano malanimo che voi stesso ammettete,
non tollerate né che si lodi né che si biasimi nessuno.
ALCESTE Perché gli uomini, perbacco, han sempre torto; qualsiasi
malanimo contro di loro non sarà mai ingiustificato; io li
vedo sempre comportarsi o da adulatori sfacciati o da temerari
censori.
SELIMENE Ma...
ALCESTE No, signora, no, dovessi morirne, voi vi date a dei passatempi
che non riesco a tollerare; e i signori fanno male a incoraggiare
nell’animo vostro questa grande inclinazione per un
vizio che poi vi rimproverano.
CLITANDRO Per quel che mi riguarda, non saprei proprio; dichiaro
anzi pubblicamente che ho sempre ritenuto la signora
Selimene del tutto priva del pur minimo vizio.
ACASTE Di grazie e di pregi la vedo dotata in abbondanza; i suoi
vizi, confesso, proprio non li noto.
ALCESTE Li noto io, e tutti quanti; invece di chiudere gli occhi,
la signora sa quanta premura mi faccio di rimproverarglieli.
Quanto più si ama una persona, tanto meno la si deve adulare;
il vero amore si manifesta quando nulla viene perdonato; e io
scaccerei da me quei pigri e vili innamorati che vedessi proni a
tutti i miei voleri, e sempre pronti a incensare con languida
compiacenza ogni mio capriccio.
SELIMENE Insomma, a darvi retta, quando si ama bisognerebbe
rinunciare a ogni dolce complimento, e considerare suprema
gloria di un perfetto amore l’ingiuriare per bene la persona
amata.
ELIANTE L’amore, di solito, si adatta male a queste leggi, e gli innamorati
non fanno che esaltare l’oggetto dei loro sogni. La passione
li porta a non vedere nulla di ciò che potrebbe essere biasimevole,
e tutto, nella persona amata, risulta loro adorabile; i
difetti appaiono tratti di perfezione, e si trovano per loro definizioni
elogiative. Se una donna è pallida, gareggia con il biancore
del gelsomino; se è nera da far paura, è un’incantevole brunetta;
la magra ha una figurina slanciata; la grassa ha una presenza
maestosa; la sciattona, senza eleganza, va sotto il nome di bellezza
négligée; la gigantessa pare una dea; la nana il riassunto
d’ogni meraviglia celeste; l’orgogliosa ha il cuore degno di una
corona; la furbastra è piena di spirito, e la stupida è tanto buona;
se è una chiacchierona ha un carattere gioviale, se invece non
parla osserva un casto pudore. È così che un innamorato in preda
a grande passione, ama i difetti stessi della persona amata.7
ALCESTE E io sostengo invece...
SELIMENE Basta con questa discussione; andiamo a fare due
passi in galleria. Come! Voi ve ne andate, signori?
CLITANDRO E ACASTE Certo che no, signora.
ALCESTE Il vostro cuore teme dunque tanto che se ne vadano.
Ve ne andrete quando vorrete, signori; ma vi avverto che io non
uscirò di qui se non dopo che voi sarete usciti.
ACASTE A meno di vederne la signora annoiata, nulla mi chiama
altrove per tutta la giornata.
CLITANDRO E io, purché presente questa sera a Corte, non ho
per quest’oggi impegni di sorta.
SELIMENE Spero ancora che vogliate scherzare.
ALCESTE Non scherzo affatto; e vedremo se vorrete che sia io
ad andarmene.
V – BASCO, ALCESTE, SELIMENE, ELIANTE,ACASTE,
FILINTE, CLITANDRO
BASCO (ad Alceste) Signore, c’è un uomo che desidera parlarvi
per un affare che, a quanto dice, non può essere rimandato.
ALCESTE Ditegli che non ho nessun affare tanto urgente.
BASCO Indossa una giacca con le falde pieghettate, e ricamata
d’oro.
SELIMENE Andate a vedere di che si tratta. O meglio, fatelo passare.
ALCESTE (alla guardia che entra) Che cosa desiderate? Avanti,
signore.
VI – LA GUARDIA, ALCESTE, SELIMENE, ELIANTE,ACASTE,
FILINTE, CLITANDRO
LA GUARDIA Signore, devo dirvi due parole.
ALCESTE Parlate pure ad alta voce, signore, e ditemi di che si
tratta.
LA GUARDIA I signori marescialli, per ordine dei quali sono qui,
vi ordinano di presentarvi subito a loro.8
ALCESTE Chi: io, signore?
LA GUARDIA Voi in persona.
ALCESTE E a fare che cosa?
FILINTE È per quella ridicola questione che avete avuto con
Oronte.
SELIMENE Come?
FILINTE Oronte e Alceste si sono urtati poco fa, per via di certi
piccoli versi che ad Alceste non sono piaciuti, e ora si cerca di
spegnere la cosa sul nascere.
ALCESTE Io non mi abbasserò a nessuna compiacenza.
FILINTE Dovete comunque obbedire; andiamo, rassegnatevi...
ALCESTE Ma in qual modo si pensa di sistemare la questione?
La decisione di quei signori potrà mai condannarmi a trovar
belli i versi per i quali abbiamo litigato? Io non ritiro nulla di
quel che ho detto: per me, sono pessimi.
FILINTE Ma se con modi meno brutali...
ALCESTE Non farò un solo passo indietro: quei versi sono orrendi.
FILINTE Dovete dimostrarvi un po’ più conciliante. Su, andiamo.
ALCESTE Andrò, ma nessuna forza al mondo potrà farmi cambiare
idea.
FILINTE Venite a presentarvi.
ALCESTE Salvo che un ordine espresso dal re non mi imponga di
trovare belli questi versi per i quali ci si dà tanta premura, io
sosterrò sempre, perbacco, che sono dei pessimi versi, e che colui
che li ha scritti merita la forca.9 (A Clitandro e ad Acaste che
ridono) Sangue di diana, signori, non credevo d’esser tanto divertente.
SELIMENE Andate subito dove dovete.
ALCESTE Vado, signora, ma tornerò qui immediatamente a concludere
la nostra discussione.
ATTO III
I – CLITANDRO,ACASTE
CLITANDRO Caro marchese, ti vedo in cuor tuo perfettamente
soddisfatto: tutto ti rende allegro, e nulla t’inquieta. Ma, in buona
fede e senza lasciarti abbagliare: credi tu davvero di aver
tanti motivi di mostrarti così felice?
ACASTE Perbacco, per quanto mi esamini, non vedo proprio nessuna
ragione per essere triste. Sono ricco, sono giovane, nasco da
una famiglia che ha pur qualche motivo di dirsi nobile; e credo,
dato il rango cui mi pone la mia nascita, che vi siano ben poche
cariche alle quali non potrei aspirare.Quanto al coraggio, che è
la cosa più importante, è noto – e non per vantarmi – che non mi
manca certo; e già si è avuto occasione di vedermi, in società,
condurre una questione d’onore in modo alquanto deciso e vigoroso.
È fuor di dubbio che sono molto intelligente, e di buon gusto
ne ho quanto basta per saper dar giudizi anche senza aver
studiato, e per essere in grado di discutere di tutto, per far figura
di competente sui banchi del teatro, con qualsiasi commedia
nuova, cosa che adoro; e sentenziare dall’alto, e fare un gran baccano
in tutti i punti belli che meritano un «ah, ah!» di approvazione.
Sono piuttosto furbo, ho bella cera, un’aria simpatica, soprattutto
dei bellissimi denti, e un’ottima presenza. Quanto all’eleganza,
credo di non illudermi se dico che chi volesse negarmela
farebbe una pessima figura. Molto amato dal gentil sesso, benvoluto
dal re, credo che nessuno al mondo, con tutto questo, mio
caro marchese, possa non essere soddisfatto di se stesso.
CLITANDRO Sì, ma visto che avete altrove facili conquiste, perché
venire qui a sospirare per niente?
ACASTE Io? Perbacco, non ho certo né lo stomaco né la voglia di
digerire la freddezza di una donna! Siano gli uomini goffi, dai
meriti volgari, a bruciare d’amore e di costanza per una qualche
bellezza severa ed arcigna, a languire ai suoi piedi e sopportare
il suo rigore, e chiedere l’ausilio di sospiri e di pianti, nella speranza
di ottenere con una lunghissima e fedele assiduità quel
che viene negato alle loro misere virtù. Un uomo come me, caro
marchese, non è fatto per amare a credito e pagare le spese. Per
quanto raro sia il merito di una bella donna, io penso, grazie a
dio! di valere anch’io qualcosa; e che l’onore di avere un amante
qual io sono merita pure qualche sacrificio anche da parte
sua, o per lo meno, tanto per tener conto di tutti i punti di vista,
che alle spese per i passi avanti si concorra tutti e due.
CLITANDRO Tu pensi dunque, marchese, di aver qui delle buone
chances?
ACASTE Ho buoni motivi, marchese, per pensare di sì.
CLITANDRO Credi a me, liberati di questo madornale errore; tu
ti illudi, mio caro, e ti accechi con le tue stesse mani.
ACASTE E va bene: mi illudo e mi acceco.
CLITANDRO Che cosa ti fa credere di poter avere fortuna?
ACASTE Mi illudo.
CLITANDRO Su che cosa fondi le tue congetture?
ACASTE Mi acceco.
CLITANDRO Prove sicure, ne hai?
ACASTE Sono un povero illuso, te l’ho detto.
CLITANDRO O forse Selimene t’ha confessato i suoi sentimenti?
ACASTE Anzi, mi disprezza.
CLITANDRO Rispondimi, per piacere.
ACASTE Ricevo soltanto rifiuti.
CLITANDRO Lascia stare i sarcasmi, e dimmi se t’ha dato qualche
motivo di speranza.
ACASTE Io sono il miserabile, e tu sei quello fortunato; tutti mi
dimostrano una grande antipatia, e uno di questi giorni sarà
meglio che mi impicchi.
CLITANDRO Insomma, caro marchese, per tagliar corto con questa
discussione, vuoi che facciamo un patto? Non appena uno
di noi due potrà fornire la prova certa di essere il più gradito al
cuore di Selimene, l’altro gli cederà il campo come a un vincitore,
liberandolo dalla presenza di un assiduo rivale.
ACASTE Ah, perbacco, quando dici così mi piaci! E di tutto cuore
accetto senz’altro d’impegnarmi a questo. Ma silenzio!
II – SELIMENE,ACASTE, CLITANDRO
SELIMENE Ancora qui?
CLITANDRO L’amore trattiene i nostri passi.
SELIMENE Ho appena sentito arrivare una carrozza. Sapete chi sia?
CLITANDRO No.
III – BASCO, SELIMENE,ACASTE, CLITANDRO
BASCO Arsinoè, signora, vuol salire a farvi visita.
SELIMENE Che cosa vuole quella donna da me?
BASCO Eliante, da basso, sta parlando con lei.
SELIMENE Che cosa avrà in mente, e chi la manda?
ACASTE È nota dovunque come perfetta beghina, e l’ardore del
suo zelo...
SELIMENE Sì, sì, pura ipocrisia: in cuor suo non pensa altro che ai
piaceri terreni, e a darsi da fare per prendere al laccio qualcuno,
anche se mai si dà il caso che vi riesca. Non fa che guardare con
occhi invidiosi gli innamorati che corteggiano le altre donne, e i
suoi squallidi meriti, che non interessano nessuno, sono pieni di
rancore contro questo mondo tanto cieco. Con un falso velo di
pudore si sforza di nascondere quella che è la sua tormentosa
solitudine, e per salvare l’onore delle sue pallide grazie, considera
peccaminoso quel potere che peraltro non hanno. Eppure darebbe
chissà che cosa pur di avere un corteggiatore, e direi che
ha un debole proprio per Alceste. Le attenzioni che egli mi dedica
suonano offesa al suo fascino, si sente come se io l’avessi
derubata, e i suoi gelosi sospetti, che a fatica nasconde, non perdono
occasione di scatenarsi contro di me. Insomma, è la donna
più stupida ch’io conosca, e sfacciata quanto lo si può essere, e...
IV – ARSINOÈ, SELIMENE
SELIMENE Ah, quale felice combinazione vi ha condotta fin qui?
Dico la verità, signora, ero preoccupata per voi.
ARSINOÈ Vengo per qualche consiglio che ritengo dovervi dare.
SELIMENE Ah, mio dio! Come sono contenta di vedervi!
(Escono Acaste e Clitandro)
ARSINOÈ Davvero non potevano andarsene più a proposito.
SELIMENE Vogliamo sederci?
ARSINOÈ Non è necessario, signora. È nelle cose che più ci devono
stare a cuore, che si palesa evidente la vera amicizia; e siccome
nulla esiste di più importante dell’onore e delle convenienze, io
vengo qui a darvi prova dell’amicizia che nutro per voi nel mio
cuore, con un consiglio che riguarda appunto il vostro onore. Ieri
mi trovavo a casa di gente di rara qualità, quando a un tratto la
conversazione è caduta su di voi; e disgrazia ha voluto che la vostra
condotta, signora, così scoperta e vistosa, risultasse tutt’altro
che lodata.Tutta quella gente di cui tollerate le visite, la vostra galante
compiacenza e il gran parlare che essa suscita, hanno trovato
tra i presenti più censori del necessario, e ben più severi di
quanto non avrei desiderato. Potete ben immaginare da che parte
io mi sia schierata; ho fatto tutto il possibile per difendervi, protestando
l’innocenza delle vostre intenzioni, e dichiarandomi pronta
a mettere la mano sul fuoco per voi.Tuttavia sapete che esistono
nella vita cose che non è possibile scusare, per quanto lo si desideri;
e io mi sono trovata costretta ad ammettere che il vostro
modo di vivere torna assai poco a vostro onore; che agli occhi del
mondo assume un’aria alquanto equivoca, che non vi è particolare
imbarazzante che non gli venga attribuito, e che se soltanto voi
voleste, tutta la vostra condotta potrebbe dar meno adito a tanti
severi giudizi. Non ch’io creda, in fondo, che l’onestà ne sia davvero
lesa: mi guardi il cielo dal pensarlo! Ma alle apparenze del peccato
si presta fede facilmente, e il sapere di non far nulla di male
non è sufficiente. Signora, so che siete troppo intelligente per non
prendere in giusta parte il mio consiglio, e per non capire che nasce
dalle intime pene della premura ch’io ho pe’l vostro bene.
SELIMENE Signora, devo davvero ringraziarvi.Vi sono obbligata
per il consiglio che mi avete dato, e lungi dall’offendermene voglio
subito ricambiare il favore, dandovi anch’io un consiglio che
può giovare alla vostra reputazione; e dato che mi avete dato
prova della vostra amicizia riferendomi le voci che corrono sul
mio conto, voglio anch’io seguire un così bell’esempio riferendovi
quel che si dice di voi. L’altro giorno, in una casa in cui m’ero
recata in visita, ho incontrato alcune persone di assai rare virtù,
che parlando di quelle che dovrebbero essere le vere cure di
un’anima che intenda viver bene, hanno fatto cadere il discorso
su di voi, signora. E lì, il vostro rigoroso pudore e le vostre grandi
dimostrazioni di zelo, sono state citate tutt’altro che a buon
esempio; questa ostentazione di severità, il vostro continuo parlare
di onestà e di saggezza, le vostre smorfie e i vostri gridolini a
ogni minima parola ambigua, come se foste l’innocenza stessa
che si scandalizza, l’alta considerazione che nutrite di voi stessa,
e gli sguardi di commiserazione che gettate al vostro prossimo, le
vostre continue lezioni e le continue censure delle cose più semplici
e innocenti, tutto questo, signora, se posso essere sincera, è
stato oggetto di critiche unanimi e convinte.A che serve – dicevano
– quest’aria pudica e saggia che tutto il resto smentisce? Ha
un bel recitare le sue preghiere a puntino; ma poi picchia i suoi
servi, e fa a meno di pagarli. Non vi è luogo sacro nel quale non
ostenti un grande zelo; ma poi si copre di cipria per sembrare più
bella. Fa nascondere le nudità dei quadri; ma poi le piacciono
molto le cose nude e crude. Quanto a me, ho preso le vostre difese
contro tutti, assicurando che era tutto e soltanto maldicenza;
ma ho trovato la mia opinione avversata da tutte le altre, e la
conclusione comune fu che voi fareste bene a darvi meno pensiero
di quel che fanno gli altri, e a darvene un po’ di più di quel
che fate voi; che si deve guardare molto bene in se stessi, prima
di poter pensare a condannare gli altri; e che se si vogliono correggere
i difetti altrui bisogna farlo con l’autorità di una vita
esemplare, ma che comunque – se è il caso – è sempre meglio rimettersi
a coloro ai quali il Cielo ha affidato questo compito. Signora,
so che anche voi siete troppo intelligente per non prendere
in giusta parte il mio consiglio, e per non capire che esso nasce
dalle intime pene della premura ch’io ho pe’l vostro bene.
ARSINOÈ Per quanto si corrano rischi a dar consigli, non mi aspettavo
una risposta simile, signora; e vedo bene, dall’asprezza del
vostro tono, che il mio sincero consiglio vi ha toccata nel vivo.
SELIMENE Al contrario, signora; e se davvero avessimo un po’ di
giudizio, questi reciproci consigli dovremmo seguirli senz’altro.
Guariremmo così, semplicemente parlando a cuore aperto e in
buona fede, da quella totale cecità che ciascuno ha per se stesso.
Non dipenderà che da voi, che con immutato zelo noi si prosegua
sulla strada di questa amichevole e sincera collaborazione,
premurandosi di riferire a vicenda quel che sentiremo dire,
voi di me, e io di voi.
ARSINOÈ Ah, signora! Di voi, certo, non si dirà mai nulla: molti,
invece, sono i miei difetti.
SELIMENE Signora, io credo che tutto si possa lodare o biasimare, a
seconda dei gusti e dell’età di ciascuno. La galanteria ha la sua
stagione, e ve n’è una anche per la pruderie. E può essere buona
politica schierarsi dalla sua parte, una volta spento lo splendore
della giovinezza: serve a nascondere disavventure seccanti. Non
dico che un giorno o l’altro non possa anch’io seguire i vostri passi:
ci penserà l’età a cambiare le cose; ma si sa anche, signora, che
non è a vent’anni il momento di esser tanto severe.
ARSINOÈ Certo, vi fate scudo di un ben misero vantaggio, e fate
gran chiasso della vostra giovinezza. Ma poiché altre possono
essere più giovani di voi, fareste meglio a non vantarvene tanto;
e non capisco perché vi adiriate tanto, signora, da aggredirmi
in questo modo così strano.
SELIMENE E io non capisco, signora, perché dobbiate sempre e
dovunque scatenarvi tanto contro di me. Dovete proprio prendervela
sempre con me, per le vostre disgrazie? Che cosa posso
fare, io, se nessuno si cura di voi? Se la mia persona ispira simpatia,
e se non passa giorno senza che mi si offrano quei voti d’amore
che il vostro cuore desidera mi vengano tolti, io non so che
farci, e non è proprio colpa mia; avete carta bianca, e se vi manca
il fascino per suscitarne altrettanti, non sono io che ve l’ho tolto.
ARSINOÈ Ahimè! E credete davvero che vi si invidii tanto per
la folla di innamorati di cui menate vanto, e che non ci sia fin
troppo facile giudicare a qual prezzo li si può avere al giorno
d’oggi? Pensate davvero che la gente creda, visto come vanno
le cose, che sian soltanto i vostri meriti a richiamare questa folla?
Che tutti ardano per voi d’onesto amore, e che vi corteggino
per le vostre virtù? Nessuno si lascia accecare da così frivole
sconfitte. Il mondo non è poi tanto sciocco; e conosco altre
donne, in grado di ispirare teneri sentimenti, che purtuttavia
non hanno la casa sempre ingombra di corteggiatori. E da questo
possiamo anche trarre qualche conclusione: che non si conquista
il cuore degli uomini senza grandi smancerie, che nessuno
corteggia noi donne per i nostri begli occhi, e che tutte le
cortesie di cui siamo oggetto hanno pur sempre il loro prezzo.
Non gonfiatevi dunque di tanta vanagloria, per lo splendore di
così miseri trionfi; e cercate di evitare che il vostro fascino vi
faccia tanto inorgoglire da trattar la gente dall’alto al basso. Se
i miei occhi invidiassero tanto le conquiste dei vostri, credete:
farebbero anche loro così; e vi dimostrerebbero che, a non aver
tanti scrupoli, si hanno tutti i corteggiatori che si vuole.
SELIMENE E fatelo dunque, signora, e vedremo come va a finire:
visto che conoscete il segreto, rendetevi affascinante; e senza...
ARSINOÈ Basta con questa discussione, signora: potrebbe spingere
troppo oltre il vostro spirito e il mio. E io già mi sarei congedata,
molto opportunamente, se la mia carrozza non mi obbligasse
a trattenermi.
SELIMENE Potete restare quanto più vi piace, signora; non v’è
motivo per cui vi affrettiate. Ma per non tediarvi con la mia presenza,
vi lascio subito in migliore compagnia. Il signore, che il
caso fa giungere veramente a proposito, saprà svolgere meglio
di me il compito di intrattenervi. Signor Alceste, devo andare a
scrivere una lettera che non posso rimandare senza commettere
scortesia. Restate qui voi con la signora; che sarà tanto gentile
da perdonare senz’altro la mia inciviltà.
V – ALCESTE, ARSINOÈ
ARSINOÈ Avete visto, lei desidera che mi intrattenga con voi,
mentre aspetto la carrozza che sarà qui tra un momento; e mai
avrebbe potuto offrirmi cosa per me più gradita di questa occasione.
È proprio vero che le persone di più sublime merito attirano
l’affetto e la stima di tutti; e il vostro merito ha indubbiamente
delle virtù segrete, che spingono il mio cuore a interessarsi
di tutto ciò che vi riguarda.Vorrei tanto che la Corte, con
più giusta considerazione, rendesse giustizia al vostro vero valore;
avete ben ragione di lamentarvene, e anch’io me ne irrito,
quando vedo di giorno in giorno che nulla si fa per voi.
ALCESTE Io, signora? E per qual ragione dovrei pretendere
qualcosa? Quali servizi ho mai reso allo Stato? Che cosa ho fatto
di tanto brillante ch’io debba lamentarmi con la Corte perché
non si fa niente per me?
ARSINOÈ Come se tutti quelli che la Corte guarda con occhio
benigno avessero reso chissà quali servigi! Occorre l’occasione,
oltre che il poterlo fare; e dunque il merito di cui voi date prova
dovrebbe bastare...
ALCESTE Mio dio, lasciamo stare, per favore, il mio merito; perché
diamine la Corte dovrebbe occuparsene? Avrebbe un bel
daffare, e chissà quanti fastidi, se dovesse anche mettersi a scoprire
i meriti della gente.
ARSINOÈ Un merito eccezionale si scopre da solo; e del vostro si fa
davvero gran conto in molte sedi. E vi dico io che ieri, in due salotti
molto importanti, siete stato lodato da persone di grande autorità.
ALCESTE Eh, signora, al giorno d’oggi ci sono lodi per tutti, e il
nostro mondo non si perde in distinzioni. Tutto è ricolmo d’ogni
virtù allo stesso modo, e sentirsi lodare non è neanche più
un onore; affoghiamo negli elogi, ce li tirano dietro, e anche il
mio cameriere è citato dalla «Gazzetta».
ARSINOÈ Per me, sarei felice se un incarico a Corte vi mettesse in
più giusta luce. Per quanto poco dimostriate di tenerci, potrei anch’io,
per farvi un favore,mettere in moto qualche ingranaggio;
posso contare su persone ben in grado di facilitarvi la strada.
ALCESTE Ma che cosa potrei farci, a Corte, signora? Con il carattere
che mi sento addosso è molto meglio che me ne tenga alla
larga. Il Cielo, dandomi alla luce, mi ha dotato di un animo che
patisce l’aria della Corte; e so bene di non avere le qualità necessarie
per emergervi e giovare ai miei interessi. La mia maggiore
abilità è quella d’esser franco e sincero; quando parlo non
so prendere in giro la gente; e chi non ha il dono di nascondere
ciò che pensa, non fa molta strada in questo paese. Fuori della
Corte, non c’è dubbio, non si gode di quell’aiuto e di quei titoli
d’onore che essa dona al giorno d’oggi; ma in compenso non si
ha neanche la disgrazia di dover recitare la parte dell’idiota: non
si è costretti a sopportare sgarbi crudeli, non si devono lodare
per forza le poesie del signor tale, né incensare la signora tal’altra,
o tollerare le brillanti invenzioni dei nostri cari marchesi.
ARSINOÈ Lasciamo stare, se così vi piace, la questione della Corte.
È il mio cuore, piuttosto, che deve lamentarsi del vostro
amore; e per dirvi su questo argomento il mio pensiero, mi augurerei
di vedere i vostri voti indirizzati a miglior fine.Voi meritate
certamente una sorte molto più dolce, e la donna che tanto
vi affascina non è degna di voi.
ALCESTE Parlando cosi, signora, vi prego, vi ricordate che questa
donna è vostra amica?
ARSINOÈ Sì, ma il torto che vi vien fatto offende la mia coscienza,
che non lo tollera oltre. Lo stato in cui vi vedo affligge troppo
il mio cuore, e vi avverto che il vostro amore viene tradito.
ALCESTE Questo è un pensiero molto delicato nei miei riguardi,
signora, notizie di questo genere sono gradite agli innamorati!
Sì, per quanto amica mia, affermo che essa non è degna di legare
a sé il cuore di un gentiluomo. Quanto al suo, essa finge i sentimenti
che vi dimostra.
ALCESTE Questo può essere, signora: nel cuore non si legge.Ma
il vostro spirito di carità avrebbe fatto meglio a non insinuare
nella mia mente un dubbio simile.
ARSINOÈ Se non volete che vi si aprano gli occhi, basta non dirvi
nulla; è facile.
ALCESTE No, ma su questo argomento, qualsiasi cosa ci dicano, i
dubbi sono la cosa più tormentosa; e io vorrei, per quel che mi
riguarda, che nessuno mi dicesse niente che non possa essermi
fatto vedere in tutta chiarezza.
ARSINOÈ E va bene, basta così! Su questa questione vi sarà fatta
ben presto piena luce. Sì, voglio che i vostri occhi stessi siano
testimoni di tutto; datemi soltanto il braccio fino a casa mia: e
là vi farò vedere la prova fedele di quanto la vostra bella vi è
infedele. E se esistono altri occhi che d’amore possano infiammarvi,
potrà esservi anche offerta l’occasione di consolarvi.
ATTO IV
I – ELIANTE, FILINTE
FILINTE No, non si è mai vista persona con cui sia tanto difficile
aver a che fare, né accomodamento più faticoso da concludere.
Invano si è provato a prenderlo da tutti i versi, non si è riusciti a
fargli cambiare atteggiamento; e credo che mai quei signori abbiano
dovuto usare la loro saggezza per un litigio tanto assurdo.
«No, signori – diceva – non ritiro affatto ciò che ho detto, e a tutto
acconsentirò meno che a questo. Di che cosa si offende Oronte,
e che cosa può dirmi? Ne va del suo onore, se non sa scrivere?
Che danno gli fa la mia opinione, per prenderla tanto a male? Si
può essere una persona perbene e scrivere brutte poesie. Non
sono questioni che toccano l’onore; io lo considero un gentiluomo
in tutto e per tutto, una persona di qualità, di merito, di cuore,
e tutto quel che voi volete, ma pessimo scrittore. Posso lodare,
se ci tenete, la vita che conduce, la sua bravura di cavaliere, di
spadaccino, di ballerino, ma per quel che riguarda le poesie che
scrive, servo umilissimo: quando non si ha la fortuna di saper fare
di meglio, non si deve neanche farsene venire la voglia, a meno
che non si sia obbligati sotto pena di morte.» Insomma, la sola
cosa che, non senza sforzo, si è degnato e ha avuto la bontà di
dire, convinto di mitigare il suo stile, è questo: «Signore, mi dispiace
di esser di gusti così difficili; e per l’amore che vi porto
vorrei di tutto cuore che il vostro sonetto mi fosse sembrato migliore
». Al che, in tutta fretta, tanto per concludere, con un abbraccio,
gli han fatto mettere una pietra su tutta la questione.
ELIANTE È una persona davvero strana, con questi suoi modi di
fare; ma io lo considero, lo confesso, un caso a parte, e mi pare
che questa sincerità di cui egli si compiace abbia in sé qualcosa
di nobile e d’eroico. È una virtù molto rara ai nostri tempi, e mi
piacerebbe vederla dappertutto come la vedo in lui.
FILINTE Per me, quanto più lo vedo tanto più mi meraviglia que-
sta passione di cui il suo cuore si è acceso. Con il carattere che il
Cielo ha voluto dargli, non so come possa risolversi ad amare
qualcuno; e meno che mai riesco a capire come la persona per
cui dimostra la sua inclinazione sia proprio vostra cugina.
ELIANTE Questo dimostra che l’amore non nasce sempre tra
anime gemelle; poiché tutte le ragioni che creano di solito una
dolce simpatia, mancano del tutto in questo caso.
FILINTE E voi pensate, a quanto è dato vedere, che il suo amore
sia ricambiato?
ELIANTE Questo non è tanto facile saperlo. Come si può sapere
se essa lo ama davvero? Neppure lei è sicura del suo cuore, che
a volte ama senza esserne certo, a volte invece crede di amare,
e non è vero.
FILINTE Io credo che il nostro amico, con vostra cugina, avrà più
dispiaceri di quanto non immagini. E se la pensasse come me, a
dir la verità, rivolgerebbe i suoi voti in tutt’altra direzione e allora
lo vedremmo approfittare con scelta più giudiziosa della
bontà che il vostro cuore, signora, gli manifesta.
ELIANTE Per quel che mi riguarda, io non faccio cerimonie, e
credo anzi che in questo gener di cose si debba essere sempre
in buona fede. Io non mi sono mai opposta a questa sua passione,
e al contrario me ne interesso di tutto cuore; e se dipendesse
da me, lo legherei io stessa all’oggetto del suo amore.Ma dato
che tutto può accadere, se questo suo amore dovesse incorrere
in un destino avverso, e fosse costretto a rivolgersi altrove
e coronare altre passioni, potrei pur risolvermi ad accettarne i
voti; né i rifiuti sofferti in questa circostanza mi sarebbero d’ostacolo.
FILINTE E io, da parte mia, non mi oppongo, signora, alla bontà
che il vostro fascino ha per lui; e lui stesso, se crede, potrà rendervi
conto di ciò che a questo proposito mi sono fatto premura
di dirgli. Ma nel caso che Imeneo unisse Alceste a Selimene,
e voi vi trovaste nell’impossibilità di accogliere i suoi voti, i
miei voti tutti tenterebbero lo strepitoso favore che con tanta
bontà il vostro cuore per ora gli riserva; felici se questo favore,
ove il cuore di Alceste ne venga spogliato, possa invece ricadere
su di me.
ELIANTE Voi vi state divertendo, Filinte.
FILINTE No, signora, vi sto parlando anzi dal più profondo dell’anima;
non attendo che l’occasione d’offrirmi a voi in tutto e
per tutto, e tutti i miei voti non mirano che a quell’istante.
II – ALCESTE, ELIANTE, FILINTE
ALCESTE Ah, datemi conto voi, signora, di un’offesa che ha distrutto
tutta la mia costanza!
ELIANTE Che c’è? Che avete per agitarvi tanto?
ALCESTE Quanto basta per morirne al solo pensiero. Lo scatenarsi
di tutti i miei istinti non riuscirebbe ad abbattermi quanto
ciò che mi è accaduto. Il fatto è che... Il mio amore... Non riesco
a parlare.
ELIANTE Cerchi dunque il vostro animo di dominarsi un poco.
ALCESTE Giusto cielo! È possibile che a tanta bellezza siano
uniti gli odiosi vizi delle anime più volgari?
ELIANTE Ma insomma, chi mai...?
ALCESTE Ah, tutto è distrutto! Io sono, io sono tradito, mi hanno
assassinato: Selimene... Chi avrebbe potuto crederlo? Selimene
m’inganna, non è che un’infedele.
ELIANTE Avete qualche serio motivo per crederlo?
FILINTE Può darsi sia un sospetto nato con leggerezza; la vostra
gelosia prende a volte delle chimere...
ALCESTE Ah, perdiana, signore, occupatevi dei fatti vostri! Si
possono aver dei dubbi sul suo tradimento, quando lo si ha qui,
in tasca, scritto di sua mano. Sì, signora, una lettera, indirizzata
a Oronte, ha svelato ai miei occhi la mia disgrazia e la sua vergogna;
Oronte, di cui credevo non curasse le premure, e che di
tutti i miei rivali era quello che temevo di meno.
FILINTE Una lettera può essere un’ingannevole apparenza, e a
volte non è una colpa come sembra.
ALCESTE Signore, ancora una volta, lasciatemi in pace, per
piacere, e occupatevi soltanto di ciò che vi riguarda.
(Esce Filinte)
ELIANTE Dovete moderare i vostri impulsi, poiché l’affronto...
ALCESTE Signora, questo dipende da voi. È a voi che il mio cuore
fa ricorso quest’oggi, per tentare di liberarsi di questo bruciante
tormento.Vendicatemi voi di questa vostra cugina perfida
e ingrata che tradisce vilmente un amore fedele come il mio.
Questa azione non può non farvi orrore: vendicatemene voi.
ELIANTE Io, vendicarvi! E come?
ALCESTE Accogliendo voi il mio amore. Accettatelo, signora, al
posto di quell’infedele; così posso vendicarmi di lei, e punirla
grazie ai voti sinceri, l’amore profondo, le premure rispettose,
lo zelo più assiduo e pronto, che il mio cuore intende porre al
vostro servizio.
ELIANTE Provo la massima simpatia, ve lo assicuro, per ciò che
voi soffrite, e non sottovaluto affatto l’offerta che mi fate: ma
può darsi che il male non sia poi così grave come sembra, e voi
potreste anche lasciare presto questo desiderio di vendetta.
Quando a offenderci è una persona di tanto fascino, si formulano
molti progetti che poi si abbandonano; e per quanto valide
ragioni si vedano per mandare tutto a monte, la donna amata
colpevole è ben presto innocente; il male che le si vuole è
facile a debellarsi, e si sa quanto poco dura la collera degli
amanti.
ALCESTE No, no, signora, no. L’offesa è troppo mortale, tornare
indietro è impossibile, tutto è finito con lei. Niente potrà
mutare la decisione che ho preso, e se mai mi accadesse di ridarle
la mia stima mi punirei da me stesso. Eccola. La mia
rabbia raddoppia, vedendola. Voglio rinfacciarle la sua nera
azione, smascherarla, e poi portare a voi un cuore affrancato
ormai dal suo fascino bugiardo.
(Esce Eliante, entra Selimene)
III – SELIMENE, ALCESTE
ALCESTE O cielo, riuscirò a dominare i miei istinti?
SELIMENE Oh, che c’è dunque che vi tormenta, a quanto vedo?
E che cosa vogliono dire quei sospiri e quegli sguardi truci che
mi lanciate contro?
ALCESTE Che tutti gli orrori di cui un’anima è capace, non hanno
nulla di paragonabile alla vostra slealtà; che il destino, il demonio
e il Cielo irato non hanno mai creato nulla di tanto malvagio
quanto voi.
SELIMENE Ecco un’altra delle finezze che tanto mi piacciono.
ALCESTE Ah, non scherzate, che non è il momento di ridere! Arrossite,
piuttosto, che ne avete ragione: ho prove sicure del vostro
tradimento. Ecco che cosa significavano i turbamenti del
mio animo; le mie preoccupazioni non erano poi tanto immotivate;
con tutti quei sospetti, tanto odiosi e assurdi, cercavo quella
sventura che adesso ho qui davanti agli occhi: e malgrado tutte
le vostre attenzioni e la vostra abilità nel mentire, la mia buona
stella me lo diceva, qual era il pericolo. Ma non crediate che
io sopporti, senza vendicarmi, il dispetto di vedermi offeso. So
bene che al cuore non si comanda, che l’amore non nasce mai
per ordine ricevuto, che non si entra con la forza nel cuore altrui,
e che ciascuna anima è libera di scegliersi il proprio conquistatore.
E quindi non avrei motivo di lamentarmi se le vostre
labbra mi avessero parlato senza menzogna; e se, respingendo
voi i miei voti fin dal primo istante, il mio cuore non potesse
rimproverare che il destino. Ma che il mio amore sia stato
lusingato da una corrispondenza bugiarda, questo è un tradimento,
una perfidia, per la quale non esiste punizione sufficiente,
e io darò carta bianca al mio rancore. Sì, sì, potete temere
tutto dopo un simile affronto; non sono più padrone di me stesso,
padrona di me è la mia rabbia; trafitto dal colpo mortale con
cui mi avete assassinato, i miei sensi non sono più governati dalla
ragione; io cedo agli impulsi della mia sacrosanta collera, e
non rispondo più di ciò che potrò fare.
SELIMENE Ma come nasce, se è lecito, tutta questa collera? Ditemi
un po’: avete per caso perso il senno?
ALCESTE Sì, sì, l’ho perso, quando ho bevuto nei vostri occhi, per
mia disgrazia, questo veleno che mi uccide, e quando ho creduto
sincero il fascino traditore da cui sono stato incantato.
SELIMENE E quale sarebbe questo tradimento di cui tanto vi lamentate?
ALCESTE Ah, quanta doppiezza d’animo, e conosce bene l’arte di
fingere! Ma per mettervi con le spalle al muro, ho qui pronte le
armi. Gettate qui gli occhi, e dite se questa non è la vostra scrittura;
questa lettera, scoperta da me, è quanto basta a confondervi
per sempre: una testimonianza che non ammette replica.
SELIMENE È questo dunque che vi turba tanto?
ALCESTE Voi non arrossite vedendola?
SELIMENE E perché dovrei arrossire?
ALCESTE Come?! Sfrontata, oltre che bugiarda? La sconfessate
perché non è firmata?
SELIMENE E perché dovrei sconfessarla, se l’ho scritta io?
ALCESTE E potete vederla senza restarne confusa, per ciò che
significa di infame ai miei danni?
SELIMENE Parola mia, siete davvero un essere stravagante.
ALCESTE Come?! Sfidate così questa testimonianza inoppugnabile?
Tutta la vostra simpatia per Oronte, che essa dimostra,
non avrebbe niente di oltraggioso per me, e che torni a mia vergogna?
SELIMENE Oronte? E chi vi dice che la lettera sia per lui?
ALCESTE Me l’han detto coloro che poco fa me l’han data. Ma
ammettiamo pure che essa sia per un altro; dovrei avere meno
motivi di lamentarmi di voi? E sareste voi meno colpevole nei
miei riguardi?
SELIMENE Ma se questa lettera è destinata a una donna, in che
cosa vi ferisce, e che cos’ha di colpevole?
ALCESTE Ah, buona l’idea, e ammirevole la scusa! Questa mossa,
lo confesso, non me l’aspettavo, e tanto basta a convincermi
del tutto. Osate ricorrere a trucchi tanto grossolani? Credete
che gli altri sian così poco intelligenti? Vediamo, vediamo un
po’ con che aria, con che faccia potete sostenere una menzogna
così evidente; e come potete giustificare per una donna parole
che danno a vedere tanta passione! Spiegate dunque, per nascondere
il vostro tradimento, ciò che ora vi leggo...
SELIMENE A me questo non garba. E trovo davvero di buon gusto,
da parte vostra, usare quel tono minaccioso e dirmi in faccia
quel che osate dirmi.
ALCESTE No, no, cerchiamo di non perdere la calma, e datevi la
briga di spiegarmi queste espressioni.
SELIMENE No, non farò un bel niente; e viste anzi le cose come
stanno, pensate quel che volete, ché non me ne importa nulla.
ALCESTE Vi prego, dimostratemi come questa lettera può esser
stata scritta a una donna, e io sarò soddisfatto.
SELIMENE No, è per Oronte, e non desidero affatto che si creda
il contrario; accetto tutte le sue premure con grande piacere,
ho la massima ammirazione per tutto ciò che egli dice, una
grande stima per lui, e riconosco dunque tutto quello che volete.
Fate, risolvete, e che nulla vi fermi, purché la smettiate di infastidirmi.
ALCESTE Cielo! Che cosa di più crudele può essere inventato?
E si è mai visto un uomo innamorato trattato in questo modo?
Come?! Una giusta collera mi muove contro di lui, vengo qui
per lamentarmi, e sono io a venire aggredito! Il mio dolore e i
miei sospetti vengono spinti fino all’estremo limite, mi si lascia
credere tutto, e di tutto ci si gloria; e ciò nonostante il mio cuore
è ancora tanto vile da non riuscire a spezzare la catena che lo
tiene avvinto, armandosi di un nobile disprezzo per l’ingrata di
cui fin troppo si è invaghito! Ah, come sapete bene servirvi,
perfida, contro me stesso, della mia estrema debolezza, e volgere
a vostro vantaggio gli incredibili eccessi di questo amore fatale
nato dai vostri occhi traditori! Negate almeno questo delitto
che mi uccide, e smettetela di fingere d’essere colpevole verso
di me; restituitemi, se possibile, quella lettera innocente, e
l’amore che vi porto vi darà una mano; sforzatevi, voi, di sembrare
fedele, e mi sforzerò anch’io di credervi tale.
SELIMENE Su, siete pazzo quando diventate geloso, e non vi
meritate l’amore che vi si porta. Mi piacerebbe sapere che cosa
potrebbe costringermi, per voi, alla bassezza di fingere; e
perché, se il mio cuore avesse altre inclinazioni, non dovrei
dirlo apertamente! Ma come: io mi degno di darvi assicurazione
dei miei sentimenti, e questo non basta a difendermi dai
vostri sospetti? Che cosa valgono essi, di fronte a tanta garanzia?
Il solo prestar loro orecchio, non è già un’offesa per me?
E dato che il cuore di una donna compie già un enorme sforzo
confessando il proprio amore, poiché a confessioni di questo
genere si oppone con tutte le sue forze l’onore del nostro sesso,
nemico della nostra passione, l’uomo che vede per amor
suo infranto un tale ostacolo deve poter impunemente dubitare
di tanto oracolo? E non è una colpa, la sua, se non si accerta
di ciò che dice, se non dopo tante discussioni? Orsù, questi
vostri sospetti meritano la mia collera, e voi non valete la
stima che ho per voi; io sono una stupida, e abuso della mia
semplicità a essere ancora tanto buona con voi; dovrei davvero
rivolgere altrove la mia attenzione, e dare a voi ben più
fondate ragioni per lamentarvi.
ALCESTE Ah, traditrice, la mia debolezza vi sembra dunque follia!
Con quelle dolci parole senza dubbio mi ingannate; ma non
importa, devo seguire il mio destino; la mia anima si abbandona
a voi; voglio vedere fino in fondo dove arriverà il vostro cuore,
e se davvero sarà tanto perfido da tradirmi.
SELIMENE No, voi non mi amate come bisogna amare.
ALCESTE Ah, nulla è paragonabile al mio infinito amore; che
nell’ardore di mostrarsi a tutti giunge a formulare voti contro
di voi. Sì, vorrei che nessuno vi trovasse bella ed amabile, che
voi foste ridotta a una condizione miserevole, che nulla vi avesse
dato il Cielo alla vostra nascita, che non aveste né rango, né
titoli, né beni, affinché fosse il clamoroso sacrificio del mio cuore
a riparare l’ingiustizia della sorte, e io potessi avere la gioia e
la gloria di vedervi allora padrona dell’amor mio.
SELIMENE Uno strano modo di voler bene! Non voglia il cielo
che vi sia data l’occasione... Ecco il signor Du Bois, conciato come
si deve...
IV – DU BOIS, SELIMENE, ALCESTE
ALCESTE Che significano questa messinscena e quest’aria spiritata?
Che cos’hai?
DU BOIS Signore...
ALCESTE Ebbene?
DU BOIS Ci son dei begli imbrogli.
ALCESTE Che c’è?
DU BOIS Siamo nei guai, signore.
ALCESTE Come?
DU BOIS Posso parlare ad alta voce?
ALCESTE Sì, parla, e in fretta.
DU BOIS Ma non c’è per caso qualcuno...
ALCESTE Ah, quante storie! Vuoi parlare?
DU BOIS Signore, bisogna tagliar la corda.
ALCESTE Cosa?
DU BOIS Bisogna sloggiare, e in silenzio.
ALCESTE E perché?
DU BOIS Vi dico che bisogna andarcene di qui.
ALCESTE E il motivo?
DU BOIS Che bisogna partire, signore, senza salutare nessuno.
ALCESTE Ma si può sapere perché mi parli in questo modo?
DU BOIS Vi parlo in questo modo perché bisogna far fagotto.
ALCESTE Ah, ti spaccherò la testa senz’altro, poltrone, se non ti
decidi a spiegarti meglio.
DU BOIS Signore, un uomo nero d’abito e di faccia, è venuto da
noi, fino in cucina, a consegnarci un foglio di carta tanto pieno
di scarabocchi che per leggerlo bisogna esser peggio del demonio.
È roba del vostro processo, non c’è dubbio; ma neanche il
diavolo d’inferno, credo che riuscirebbe a capircene qualcosa.
ALCESTE Ebbene, e allora? È per quella carta, canaglia, che vieni
a parlarmi di dover partire?
DU BOIS Il fatto è, signore, che un’ora dopo, un uomo, che viene
spesso a trovarvi, è venuto a cercarvi in fretta e furia, e siccome
non vi ha trovato mi ha pregato gentilmente di dirvi, sapendo
che vi servo con tanto zelo... Aspettate un momento: com’è che
si chiama?
ALCESTE Lascia perdere il nome, canaglia, e dimmi che cosa ha
detto.
DU BOIS Insomma è un vostro amico, e tanto basta. Mi ha detto
che dovete andarvene per il pericolo che correte, che potrebbe
capitarvi di essere arrestato.
ALCESTE Ma come, e non ti ha detto nient’altro?
DU BOIS No; mi ha chiesto carta e calamaio, e vi ha scritto due
righe, che potranno forse spiegarvi a fondo questo mistero.
ALCESTE Dà qua!
SELIMENE Che cosa può nascondersi in tutto questo?
ALCESTE Non lo so, ma spero che questa lettera me lo chiarisca.
Ci vuole ancora tanto, cialtrone del diavolo?
DU BOIS (dopo aver lungamente frugato) Accidenti, signore, l’ho
lasciata sul vostro tavolo.
ALCESTE Non so chi mi tenga...
SELIMENE Non perdete la calma, e correte a districare questo
pasticcio.
ALCESTE Sembra che il destino, per quanto io faccia, abbia giurato
di impedirmi di stare con voi; ma affinché possa sconfiggerlo
permettetemi, signora, che prima di questa sera io vi riveda
ancora.
ATTO V
I – ALCESTE, FILINTE
ALCESTE Ormai ho deciso, vi ho detto.
FILINTE Ma per quanto grave sia la cosa, dovete per forza...
ALCESTE No, potete fare e dire quel che volete, niente potrà distogliermi
da quanto ho deciso; troppa perversità regna nel
mondo in cui viviamo, e io non voglio aver più nulla a che fare
con gli esseri umani. Ma come! L’onore, la probità, la buona fede
e le leggi sono tutte evidentemente contro il mio avversario;
a tutti è manifesta la giustezza delle mie ragioni; sulla fiducia
nel mio buon diritto il mio cuore riposa tranquillo; ed eccomi
disingannato dall’esito del processo: ho dalla mia parte la giustizia,
ma perdo la causa! Un traditore, di cui è nota la scandalosa
storia, è uscito trionfante da questa nera menzogna! Tutta
la mia buona fede non vale la sua slealtà! Sgozzandomi, trova
modo di aver ragione! Bastano le sue smorfie, gonfie d’ipocrisia,
a gettare a terra il buon diritto e a distorcere la giustizia! E
una sentenza corona il suo misfatto; e non contento ancora del
torto che subisco, mette in giro per il mondo un abominevole libello,
che è già un delitto leggere: un libro che meriterebbe la
condanna più severa, e che quel bugiardo ha la faccia tosta di
far credere scritto da me!E su questo, ecco Oronte che pettegola,
e fa di tutto malvagiamente per dar credito all’impostura!
Proprio lui, che a Corte ha fama di perfetto gentiluomo, con il
quale non ho avuto altro torto che quello di essere aperto e sincero,
che viene da me, mio malgrado, spronato da non so quale
ardore, a chiedere il mio parere su una poesia che ha scritto; e
solo perché io gli rispondo con onestà, rifiutandomi di ingannarlo,
ecco che ora afferma il falso, contribuendo a infamarmi
di un delitto che non ho commesso! Eccolo diventato il mio più
grande nemico! E mai riuscirà a perdonarmi in cuor suo, per
non essere riuscito a trovare bello il suo sonetto! E gli uomini,
perbacco, sono fatti così! E queste sono le azioni cui li conduce
la vanagloria! Ecco la loro buona fede, la loro voglia di far bene,
la giustizia, l’onore! Via, non è possibile sopportare il fastidio
di queste azioni: andiamocene via da questa selva e da questa
carneficina. Poiché tra gli esseri umani è costume vivere da
lupi, traditori, io mi rifiuto di essere con voi.
FILINTE Mi sembra un po’ precipitoso, questo vostro progetto; e
il male non è poi tanto grande come voi pensate. Quel che il vostro
avversario nel processo ha osato imputarvi, non ha trovato
evidentemente tanto credito da farvi arrestare: si vede che le
sue false affermazioni si smontano da sole, e può darsi che possano
anche ritorcerglisi contro.
ALCESTE Quello? Di cose di questo genere non teme certo l’effetto;
ha la licenza di comportarsi da mascalzone, e non solo
questa avventura non nuoce al suo credito, ma anzi in futuro
sarà ancora più apprezzato.
FILINTE Insomma, quel che è certo è che nessuno ha dato retta a
queste calunnie maliziosamente messe in giro; da questo lato,
dunque, non avete nulla da temere. E quanto al processo, di cui
avete ragione di lamentarvi, la giustizia vi dà modo di ricorrere
contro questa sentenza...
ALCESTE No, voglio che la sentenza resti. Per quanto grave sia il
torto che essa mi fa, mi guarderò bene dal chiedere che venga
annullata.Vi si vede troppo chiaramente il buon diritto maltrattato,
e voglio che resti lì, per i posteri, prova insigne, testimonianza
solenne della malvagità degli uomini del nostro secolo.
Son ventimila franchi, che mi costerà; ma per ventimila franchi
avrò il diritto di imprecare contro l’iniquità della razza umana,
e di guardarla con un odio che non si spegnerà mai.
FILINTE Ma tuttavia...
ALCESTE Ma tuttavia le vostre premure sono inutili; che cosa
potete rispondermi, signore? Avreste la faccia tosta di giustificare,
davanti a me, l’orrore di tutto quel che succede?
FILINTE No, sono d’accordo con voi su tutto quel che volete; tut-
to procede a seconda degli intrallazzi e degli interessi; la carta
vincente ce l’ha oggi chi più imbroglia, e gli uomini dovrebbero
essere fatti in tutt’altro modo. Ma basta il loro scarso senso di
giustizia, come ragione per fuggire dalla società? I difetti degli
uomini sono per noi l’occasione di esercitare in questa vita la
nostra filosofia; e questo è il modo migliore di usare delle nostre
virtù; se tutto fosse permeato d’onestà, se gli uomini fossero tutti
sinceri, giusti, rispettosi, la maggior parte delle nostre virtù sarebbero
inutili, poiché il loro esercizio consiste soprattutto nel
sopportare senza tragedie che l’ingiustizia altrui prevalga a volte
sul nostro buon diritto; e così come un animo ricco di virtù...
ALCESTE Signore, so che voi parlate come meglio non si potrebbe,
e di bei ragionamenti siete sempre ben fornito; ma state perdendo
il vostro tempo e sprecando la vostra eloquenza. La ragione
esige, per il mio bene, che io me ne vada; io non ho un così
assoluto dominio sulla mia lingua; non posso rispondere di
quel che potrei dire, e finirei con il tirarmi addosso mille fastidi.
Smettiamola di discutere, e lasciatemi aspettare Selimene; voglio
che anche lei approvi il mio progetto; questa occasione mi
dovrà dimostrare se nel suo cuore c’è dell’amore per me.
FILINTE Andiamo dunque da Eliante, ad aspettare che venga.
ALCESTE No, il mio animo è troppo sconvolto. Andate voi a farle
visita, e lasciatemi in questo piccolo angolo buio, con la mia
nera nostalgia.
FILINTE Brutta compagnia, per un’attesa. Dirò a Eliante di scendere.
(Esce Filinte, entrano Oronte e Selimene)
II – ORONTE, SELIMENE, ALCESTE
ORONTE Sì, tocca a voi decidere, signora, se legarmi interamente
a voi con nodi tanto dolci. Ciò che mi occorre è una piena assicurazione
del vostro cuore; gli innamorati non amano le esitazioni.
Se la forza della mia passione è riuscita a smuovervi, non
dovete esitare a dimostrarmelo; e dopo tutto, la prova che vi
chiedo è soltanto quella di non tollerare più che Alceste vi corteggi,
di sacrificarlo al mio amore, e di allontanarlo da casa vostra
oggi stesso.
SELIMENE Ma per quale ragione vi irrita tanto, dopo che tante
volte vi ho inteso parlare bene di lui?
ORONTE Signora, darvene conto è superfluo: voglio sapere quali
sono i vostri sentimenti.Vi prego di scegliere tra l’uno e l’altro;
la mia decisione non attende che la vostra.
ALCESTE (uscendo dall’angolo in cui si era ritirato) Sì, il signore
ha ragione; bisogna scegliere, signora; la sua richiesta si accorda
con il mio desiderio. Un’identica passione mi sollecita, un identico
scrupolo mi guida; il mio amore esige una prova certa del
vostro, non è più possibile trascinar oltre le cose, e questo è per
voi il momento di aprire il vostro cuore.
ORONTE Io non intendo, con una passione importuna, turbare,
signore, la vostra buona fortuna.
ALCESTE E io non voglio, signore, geloso o no ch’io sia, dividere
il cuor suo con chicchessia.
ORONTE Se il vostro amore le sembrerà preferibile al mio...
ALCESTE Se manifesterà per voi la minima inclinazione...
ORONTE Giuro di abbandonare ogni pretesa.
ALCESTE Giuro di non rivederla mai più.
ORONTE Signora, parlate pure liberamente.
ALCESTE Signora, dite il vostro pensiero senza timori.
ORONTE Dovete soltanto dirci a chi mirano i vostri voti.
ALCESTE Dovete tagliar netto, e scegliere tra noi due.
ORONTE Come?! Una simile scelta sembra mettervi in pena?
ALCESTE Come?! Il vostro cuore esita e pare incerto?
SELIMENE Mio dio, quanto è inopportuna questa insistenza, e
quanto poco giudizio dimostrate tutti e due! Sono perfettamente
in grado di esprimere la mia preferenza, e non è il mio cuore
che in questo momento sta esitando; esso non è affatto librato
a mezz’aria tra voi due, e nulla di più facile che operare la scelta
dei miei voti. Ma per dire il vero, troppo intenso è il mio disagio
nel mettere a nudo di fronte a voi i miei sentimenti; trovo
che discorsi di questo genere sono assai sconvenienti, e che è
impossibile pronunciarli di fronte ad altri; e che il cuore di una
donna dimostra sempre assai bene la propria inclinazione, anche
senza sentirsi obbligato a divulgarla ai quattro venti; e che
non vi è bisogno di tanto indelicate dichiarazioni per chiarire a
un corteggiatore il cattivo esito delle sue premure.
ORONTE No, no, io non ho nulla da temere da una franca dichiarazione,
e per quanto mi riguarda vi acconsento.
ALCESTE E io la pretendo. È proprio la sua aperta manifestazione
che intendo esigere, e tutti questi vostri riguardi non mi
interessano. La vostra unica preoccupazione è quella di aver
ottimi rapporti con tutti! Ma basta con questo doppio gioco e
con questi tentennamenti: dovrete su questo tema pronunciarvi
chiaramente. Altrimenti prenderò il vostro rifiuto a parlare
per una sentenza. E per quanto mi riguarda, saprò interpretare
questo silenzio, e mi terrò per detto tutto il male che ne penso.
ORONTE Apprezzo molto, signore, la vostra collera, e anch’io mi
associo a quanto avete detto.
SELIMENE Quanto mi infastidite con questo capriccio! Vi pare
giusto quello che pretendete? E non vi ho già spiegato perché
ve lo nego? Ma ecco Eliante: chiederò a lei di esserne giudice.
(Entrano Eliante e Filinte)
III – ELIANTE, FILINTE, SELIMENE, ORONTE, ALCESTE
SELIMENE Eccomi qui, cugina mia, perseguitata da due persone
che sembrano essersi messe d’accordo per farlo. L’uno e l’altro,
con identica insistenza, pretendono che io dichiari apertamente
la scelta che ha fatto il mio cuore; e che con una sentenza, pronunciata
loro in faccia, proibisca a uno di essi tutte le premure
che egli voglia darsi per me. Ditemi voi se si è mai vista una cosa
del genere.
ELIANTE Non chiedete la mia opinione su questo: potrebbe accadervi
di restare delusa, poiché a me piace la gente che dice
quel che pensa.
ORONTE Signora, è inutile che cerchiate di sfuggire.
ALCESTE Contrasteremo tutti i vostri sotterfugi.
ORONTE Dovrete dire da che parte pende la bilancia.
ALCESTE Non dovete far altro che continuare a tacere.
ORONTE A me basta una parola per chiudere la discussione.
ALCESTE E il vostro silenzio sarà per me una risposta. (Entrano
Acaste, Clitandro,Arsinoè)
IV – ACASTE, CLITANDRO, ARSINOÈ, FILINTE,
ELIANTE, ORONTE, SELIMENE, ALCESTE
ACASTE Signora, siamo venuti qui, sperando di non disturbarvi,
per chiarire con voi una piccola faccenda.
CLITANDRO (a Oronte e Alceste) Molto a proposito, signori, siete
qui anche voi, poiché appunto anche voi riguarda questa faccenda.
ARSINOÈ Signora, sarete sorpresa nel vedermi, ma causa della
mia visita sono questi signori.Tutti e due sono venuti da me, lamentandosi
di un fatto al quale il mio cuore fatica a prestar fede.
Troppo alta è la stima che nutro per le vostre virtù, e non
posso credervi colpevole di un simile delitto; i miei occhi smentiscono
le loro testimonianze di maggior peso; e confortata dal-
l’amicizia a superare i piccoli disaccordi del passato, ho voluto
accompagnarli fin qui per vedervi mondare da una calunnia come
questa.
ACASTE Sì, signora, senza malanimo di sorta, vogliamo vedere
come vi giustificate di questo.Avete scritto questa lettera a Clitandro?
CLITANDRO E ad Acaste avete scritto questo tenero biglietto?
ACASTE (A Oronte e Alceste) Signori, questa calligrafia dovrebbe
esservi ben nota, poiché di certo la signora è stata tanto gentile
da rendervela alquanto familiare; ma val la pena anche di
leggerla:
Siete davvero ben strano, a condannare la mia voglia di divertirmi,
e a rimproverarmi di essere contenta soltanto quando non
sono con voi. Non vi è nulla di più ingiusto di questo; e se voi
non verrete subitissimo a chiedermi perdono per questa offesa,
non ve la perdonerò mai più per tutta la vita. Quel flaccido bestione
del Visconte...
Peccato non sia qui.
Quel flaccido bestione del Visconte, il primo nella lista delle vostre
lamentele, non è proprio il tipo cui possa dedicare un pensiero;
per tre quarti d’ora filati l’ho visto sputare in un pozzo per
fare dei cerchi nell’acqua, e proprio non mi è riuscito di farmene
una buona opinione.Quanto a quel microbo del marchese...
Questo sono io, signori, non per vantarmi.
Quanto a quel microbo del marchese, che ieri non ha fatto altro
che darmi il braccio, direi che non vi è nulla di più striminzito a
questo mondo, e che proprio non ha altri pregi che il nome e il titolo
che si ritrova. Quanto a quello dei nastri verdi...
(Ad Alceste) Tocca a voi, signore.
Quanto all’uomo dai nastri verdi, mi diverte qualche volta con i
suoi modi bruschi e le sue lune; ma ben più numerose sono le oc-
casioni in cui lo trovo l’uomo più noioso del mondo. E quanto
all’uomo della palandrana...
(A Oronte) Questo è il vostro regalo.
E quanto all’uomo della palandrana, che si è messo a fare il bell’ingegno
e ha deciso d’essere poeta a tutti i costi, non riesco proprio
a sopportare le cose che dice, e la sua, conversazione mi annoia
non meno delle sue poesie. Cercate dunque di capire come
io non mi diverta poi tanto quanto voi pensate; che in tutti i luoghi
nei quali vengo trascinata voi mi mancate più di quanto non
vorrei, e che il miglior condimento dei piaceri che ci è dato gustare
è la presenza della persona amata.
CLITANDRO E adesso ecco me.
Il vostro Clitandro, di cui tanto mi parlate, e che fa tanto il cascamorto,
è l’ultima delle persone al mondo per la quale potrei avere
della simpatia. Lui è un pazzo a credere d’essere amato, e voi siete
pazzo a credere di non esserlo. Siate giudizioso, e fate cambio
con lui di questi sentimenti; e venite a trovarmi quanto più spesso
potete, per aiutarmi a sopportare il fastidio del suo assedio.
Ecco dunque il ritratto di un animo esemplare. Signora, sapete
come si chiama tutto questo? Tanto basta: ci penseremo noi due
a divulgare dappertutto questa bella immagine del vostro cuore.
ACASTE Anch’io avrei qualcosa da dirvi; la materia non manca.
Ma non vi ritengo degna della mia collera. E vi farò vedere che
anche un povero marchese striminzito può trovare di che consolarsi
con signore di ben altra stima. (Escono Clitandro e Acaste)
ORONTE Come?! In questo modo dovrei vedermi sbeffeggiato,
dopo tutto quello che voi mi avete scritto? Dunque il vostro
cuore, agghindato di sentimenti d’amore, lo promettete così, a
tutto il genere umano? Via, sono stato uno stupido, ma non lo
sarò più.Avete fatto vedere quel che siete, e mi avete reso un
grande favore, poiché in questo modo io ridivento padrone del
mio cuore, e la mia vendetta è in quel che voi perdete. (Ad Alceste)
Signore, non sono più d’ostacolo alla vostra passione; con
la signora, concludete pure voi. (Esce Oronte)
ARSINOÈ Non v’è dubbio, mai si è vista al mondo azione più ne-
ra; non riesco a tacerlo, sono tutta sconvolta. È possibile dunque
un comportamento simile al vostro? Non voglio occuparmi
delle buone ragioni di quei signori; ma il signor Alceste, che
rappresentava la vostra fortuna, un uomo come lui, così rispettabile
e di tanto merito, che aveva per voi una vera e propria
adorazione, doveva forse...?
ALCESTE Lasciate che sia io, signora, per piacere, a occuparmi delle
cose mie a questo proposito, e non prendetevi tanto inutile disturbo.
Per quanto possiate difendere la mia causa, il mio cuore
non è in grado di compensare il vostro zelo; non siete voi la donna
cui potrei pensare, ove intendessi vendicarmi in questo modo.
ARSINOÈ Ohibò, credete dunque, signore, che davvero, abbia
pensato a questo, e che abbia tanta smania di avervi per me?
Siete davvero ben vanitoso, a lusingarvi di questo. Un rifiuto
della signora non è mercanzia che possa tanto entusiasmare.
Disingannatevi, di grazia, e non datevi tutto quel tono; una donna
del mio rango non è cosa per voi; e davvero fareste meglio a
continuare a spasimare per lei, e io ardo dal desiderio di vedere
una così bella unione. (Si allontana)
ALCESTE Ebbene, ho saputo tacere, malgrado tutto quel che ho
sentito. E ho lasciato che tutti parlassero, prima di me. Ho saputo
dunque dominarmi abbastanza a lungo, e posso dunque...?
SELIMENE Sì, potete dire tutto; avete ogni diritto di lamentarvi
di me e di rimproverarmi tutto quel che vorrete. Ho torto, lo riconosco,
e la mia anima confusa rinuncia a tentar di rabbonirvi
con inutili scuse. Di quegli altri posso anche disprezzare le collere,
ma nei vostri riguardi ammetto di essermi comportata male,
e il vostro rancore è giusto; so quanto vi debbo parer colpevole,
so che tutto manifesta come io abbia tradito, e che avete
motivo di odiarmi. Fatelo, e io vi approvo.
ALCESTE Ah, dite che posso, traditrice? Potrei dunque vincere
tutto il mio amore? E quand’anche con tutte le mie forze volessi
odiarvi, sarebbe disposto il mio cuore a obbedirmi? (A
Eliante e Filinte) Voi vedete qui a che cosa porta una passione
indegna, e siete testimoni della mia debolezza. Eppure, parola
mia, non è ancora tutto; e mi vedrete spingerla all’estremo limite,
e mostrarvi quanto a torto siamo a volte definiti saggi, e
come in fondo a tutti i cuori si nasconda un pover’uomo. Sì,
perfida, voglio dimenticare le vostre malefatte; saprò nel mio
cuore scusare tutte le vostre azioni, e mascherarle ai miei occhi
con quel nome di debolezza cui la malvagità del nostro tempo
porta la vostra giovinezza, purché il vostro cuore voglia accon-
sentire alla decisione che ho preso, di fuggire tutti gli esseri
umani, e a seguirmi senz’altro indugio nel solitario recesso in
cui ho fatto voto di vivere. Solamente in questo modo, agli occhi
di tutti, voi potrete riparare il male fatto con quelle lettere,
e a me sarà concesso di amarvi anche dopo questo scandalo
orrendo.
SELIMENE Io, rinunciare al mondo prima d’esser vecchia, e andare
a seppellirmi in mezzo al deserto?
ALCESTE Ma se il vostro amore deve rispondere alla mia passione,
che cosa vi importa di tutto il resto del mondo? Io non basto
a tutti i vostri desideri?
SELIMENE La solitudine spaventa, a vent’anni. E io non mi sento
tanto nobile e tanto forte da riuscire a prendere una simile decisione.
Se la mia mano in dono può soddisfare i vostri voti, potrei
decidermi a legarmi a voi per sempre; e le nozze...
ALCESTE No; il mio cuore in questo momento vi detesta, e il vostro
rifiuto, da solo, pesa più di ogni altra cosa. Poiché il vostro
amore non è tanto grande da trovare tutto in me, come io trovo
tutto in voi, andate pure, io vi respingo; l’oltraggio subìto mi libera
per sempre delle vostre indegne catene.
(Selimene si ritira, e Alceste si rivolge a Eliante) Signora, cento
virtù adornano la vostra bellezza, e altro non ho visto in voi che
sincerità: di voi, da molto tempo, ho la massima stima; ma lasciate
ch’io continui a stimarvi così, e tollerate che il mio cuore,
in tutte le sue varie pene, non si presenti a chiedervi l’onore di
esservi schiavo. Non me ne sento degno, e comincio a capire che
il Cielo non mi ha fatto nascere per questo; che sarebbe per voi
un troppo vile omaggio, un cuore rifiutato da una donna che
non vale quel che voi siete: e che insomma...
ELIANTE Fate come vi sentite di fare. Io non mi sento imbarazzata
nel far dono della mia mano; e senza far troppa fatica, ecco
qui il vostro amico che, se lo pregassi, potrebbe accettarla.
FILINTE Ah, questo onore, signora, è tutto ciò che desidero! E
per esso darei il sangue e la vita.
ALCESTE Possiate conservare per sempre questi sentimenti reciproci,
ed essere così pienamente felici! Tradito da tutti, oppresso
da ogni sorta di ingiustizie, io uscirò da questo baratro in cui
trionfano i vizi, e cercherò sulla terra un angolo lontano, dove
sia possibile l’onestà ad un essere umano. (Esce)
FILINTE Andiamo, signora, a far di tutto per impedire che metta
in pratica quel che ha in animo di fare.