Il mondo d’acqua

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Il mondo d'acqua

IL MONDO D’ACQUA

Commedia in due tempi

di ALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

Celestino Viola

La madre

Diana

Alberto Tranquilli

Mattea

Usciere

Enrico

Luciano

AMELIA

Commedia formattata da




PRIMO TEMPO

Scena fissa. L'azione si svolge in una città italiana ai nostri giorni. La scena: a destra, il tinello di una casa piccolo-borghese con pochi mobili massicci e vecchiotti. Nel muro centrale un piccolo acquario con due o tre pesci. A sinistra, misero e soffocato, il giardinetto di un caffè. In centro, un poco sopraelevato, un ufficio squallido ed incolore, con tre scrivanie. Tra questi elementi di scena, la strada. Nel centro, accanto ad un esile alberello, una panchina. All'alzarsi del sipario, mentre lentamente la scena si illumina, si sentiranno, dolcemente autoritarie, delle voci.

Voci                              - Celestino, mangia! Celestino, dormi! Celestino, gioca! Celestino, lavati! Celestino, prega! Celestino, baciami! Soldato Viola Celestino in libertà! (Sul palcoscenico, in una luce grigia, appare Celestino, un giovanotto dai venti ai trent'anni. È in piedi davanti all'acquario illuminato: ne regola la temperatura, la luce, e guarda ammirato i pesci che si muovono tranquilli. Soltanto in un secondo tempo verrà illuminata anche la figura della madre che, con uno scolapasta in grembo, sta sgranando piselli mentre continua a chiamarlo).

La Madre                      - Celestino? (silenzio) Celestino? (Celestino continua ad ammirare i pesci come se non avesse sentito) Celestino? (silenzio) Insomma, Celestino!

Celestino                       - (appena voltandosi) Sì?

La Madre                      - Io parlo, parlo, parlo e tu non mi stai a sentire. Sempre lì, attaccato a quei pesci, non vedi, non guardi altro. Stupida io che ti ho dato retta e ho lasciato che ti costruissi quel maledetto acquario. (Celestino, come se non ascoltasse, continua a trafficare attorno all'acquario) Non riesco a capirti, Celestino. Se non t'avessi fatto.

Celestino                       - (senza raccogliere) Guarda com'è decorativa questa sagittaria. Ma non l'ho messa soltanto perché è decorativa. Le piante assorbono anidride carbonica ed emettono ossigeno. Perciò contribuiscono a purificare l'acqua.

La Madre                      - (quasi implorante) Celestino.

Celestino                       - Quando amplierò l'acquario ci metterò anche delle alghe. Le characee, per esempio, che sono diffusissime. (esplicativo) Le characee sono verdi. Ma ci sono anche alghe rosse, azzurre. In certi mari per esempio.

La Madre                      - Celestino, per favore, smettila di parlare di pesci.

Celestino                       - (precisando) Ora parlavo di alghe.

La Madre                      - (supplichevole) Celestino, perché non vuoi darmi retta? Perché non farci contenti? Ci preoccupiamo tutti tanto per te.

Celestino                       - Tutti, chi?

La Madre                      - Io, tua sorella, tuo cognato. (supplichevole) Pensiamo alla tua felicità, al tuo avvenire. Io vorrei vederti sistemato. Soltanto questo chiedo al buon Dio. Poi, non me ne importa di chiudere gli occhi per sempre.

Celestino                       - (sempre guardando l'acquario) Ma sì, mi vedrai sistemato.

La Madre                      - Perché se potessi sempre starti vicino. (con un mezzo singhiozzo). ma anche io, purtroppo, un giorno me ne andrò. E allora cosa sarà di te, figlio mio?

Celestino                       - Non preoccuparti per me, mamma. Prendi esempio dai pesci che si limitano a deporre le uova e lasciano che ai figli ci pensi la natura.

La Madre                      - (non capisce l'allusione, lo guarda un attimo interdetta, poi continua) Me ne andrei così contenta se ti sapessi ben sistemato. con una casa tua. una buona moglie. dei bambini. una bella macchinetta.

Celestino                       - Sono giovane, mamma, c'è tempo.

La Madre                      - Ma chi ha tempo non aspetti tempo. E smettila di guardare i pesci, vieni qui, ti sto parlando. (Celestino le si avvicina) Cosa farai nella vita se continui così?

Celestino                       - (giocherellando coi piselli) Piselli freschi!

La Madre                      - Pensa al tuo avvenire, Celestino. Che c'è di meglio nella vita di un buon impiego? Con uno stipendio fisso potrai vivere comodamente senza preoccupazioni, né responsabilità.

Celestino                       - Te l'ho detto tante volte. Non voglio finire in un ufficio. La vita dell'impiegato non fa per me.

La Madre                      - Purtroppo nella vita non si può fare soltanto quello che piace. Nella vita bisogna fare anche e soprattutto quello che non piace. Nella vita bisogna sacrificarsi sempre ed adattarsi a tutto.

Celestino                       - E perché?

La Madre                      - Per essere felici.

Celestino                       - Bel modo di essere felici! (giocherella coi piselli)

La Madre                      - (severa) Non fare dello spirito, Celestino. Sto parlando di cose serie. E lascia stare questi piselli. (gli dà un colpo sulla mano) Se fosse vivo il tuo povero babbo ti convincerebbe lui, magari con quattro ceffoni. Invece io. Non hai serietà, non hai comprensione, ti approfitti di una povera vedova che.

Celestino                       - (dominandosi a stento) Ma, insomma, che cosa ho fatto di male? (avvicinandosi alla madre che sta soffiandosi il naso pronta alle lacrime) Perché non vuoi lasciarmi fare di testa mia? Ho le idee chiare, precise, so quello che voglio. Se m'imbarco.

La Madre                      - (pronta) Ci mancherebbe anche questa!

Celestino                       - Ma io non sogno altro, mamma. Il sole, il cielo, il mare, il contatto con la natura, la vita all'aria aperta. E poi sento bisogno del mare.

La Madre                      - Non sai nemmeno nuotare.

Celestino                       - Mi tengo a galla.

La Madre                      - (solenne) È nella vita che occorre tenersi a galla, non in mare.

Celestino                       - Ma facendo il pescatore.

La Madre                      - Bel lavoro.

Celestino                       - C'è tanta gente che lo fa.

La Madre                      - Perché non ha trovato di meglio.

Celestino                       - Ma vive felice e contenta.

La Madre                      - (cocciuta) Io, invece, per mio figlio sogno un avvenire migliore: un'occupazione solida, dignitosa, serena. Celestino, pensa ai vantaggi che ti dà un impiego. Faccia sole o tiri vento, il tuo stipendio, non te lo leva nessuno. Fai le tue ore di lavoro e sei libero. Se ne fai in più, ti pagano lo straordinario. Hai la tredicesima e la quattordicesima mensilità, le ferie pagate, ti fai tutte le feste civili e religiose, e ce ne sono, da noi, di feste. hai la mutua, la pensione, il panettone a Natale. Ma che vuoi di più? Dove la trovi una cuccagna come questa?

Celestino                       - (non sa cosa rispondere) Trovarlo un impiego al giorno d'oggi.

La Madre                      - Ci penseremo noi. Basta che tu dica di sì.

Celestino                       - (scatta) E io, invece, dico no. No, no e poi no! (si alza e va a piazzarsi davanti all'acquario mentre Diana, la sorella di Celestino, sui venticinque-trenta anni che, nonostante il matrimonio, ha un'aria di zitella, entra con Alberto sui trent'anni, di bell'aspetto, senza troppa personalità)

La Madre                      - Celestino, tu mi farai morire!

Diana                            - (severa e seccata) Siamo alle solite.

Alberto                          - (indicando Celestino) Guardalo lì: grande e grosso come un vitello e non ha voglia di lavorare.

Celestino                       - Sbagli, Alberto. Voglia di lavorare ce l'ho, ma.

Alberto                          - ... preferisci farti mantenere.

Diana                            - ... da noi.

Alberto                          - ... che manteniamo già tua madre.

La Madre                      - . che però il suo pezzo di pane se lo guadagna perché sgobba dalla mattina alla sera. E poi l'appartamento è mio e.

Diana                            - Scusa, mamma, Alberto diceva così per dire. E, poi, tu sei della famiglia.

Celestino                       - E io no?

Alberto                          - A casa tu non hai mai portato una lira.

Diana                            - Lui passa il suo tempo a bighellonare o a guardare i pesci. 5

Alberto                          - Però quando si siede, a tavola. mangia.

Celestino                       - Perché? Dovrei morir di fame?

Alberto                          - Te lo guadagni, forse, quello che mangi?

Celestino                       - Uff! Sono appena tornato dal servizio militare.

Diana                            - Sei tornato da quarantadue giorni. E lavoro, non ne cerchi.

Celestino                       - Non faccio che ripetervelo: lasciatemi partire.

Alberto                          - (deciso) No, giovanotto: tu resti qui.

Diana                            - Vergognati! Non hai cuore!

La Madre                      - (con un singhiozzo) Eppure. una volta non era così.

Celestino                       - (che non capisce) Cosi, come?

Diana                            - (melodrammatica, indicando la madre) A lei non pensi, Celestino?

Alberto                          - È tua madre. Ha fatto tanti sacrifici per te. Tutta la sua vita ti ha dedicato. E, ora, avresti il coraggio di andartene, lasciarla sola.

Celestino                       - Sola? Vive con voi.

Diana                            - Tocca anche a te alleviarle la vita, darle un po' di pace, di serenità, povera mamma.

Celestino                       - Perché? Cosa le manca? (tutti lo guardano in silenzio con rimprovero. Poi la madre scoppia a piangere)

Diana                            - (l'abbraccia) Povera mamma!

Alberto                          - Vergognati, Celestino! Cos'hai al posto del cuore?

Celestino                       - (sbottando) Cos'avete voi piuttosto contro di me? Cos'ho fatto di male? Dovrò pur pensare a me stesso e decidere della mia vita. Lasciate che faccia quello che voglio! Se mi piace fare il pescatore.

Diana                            - (con una risata beffarda) Il pescatore!?!

Alberto                          - Non è una carriera!

La Madre                      - È un mestiere da morti di fame.

Celestino                       - Non è vero. Una recluta che era con me ha un fratello imbarcato su un peschereccio. Guadagna un sacco di soldi.

Alberto                          - Ma tu sai pescare?

Diana                            - Figuriamoci! Non sa nemmeno come sia fatto il mare!

La Madre                      - Lui è alpino. Come il suo povero papà.

Celestino                       - (come morso da una vipera) Io però avevo fatto domanda per la marina!

Alberto                          - Lo so. E quanto ha dovuto brigare tua madre, povera donna, per farti destinare a un battaglione d'alpini.

Diana                            - Pensare che poteva starsene tranquillo a casa come figlio unico di madre vedova. No, ha voluto fare domanda come volontario.

Celestino                       - Perché io volevo diventare marinaio!

Alberto                          - Però mica te la sei passata male negli alpini. Un posto tranquillo, in fureria.

Celestino                       - Ma io avevo sognato fin da bambino di fare il marinaio!

Diana                            - Ecco la riconoscenza: dovevamo lasciarlo finire in bocca ai pesci!

La Madre                      - Per favore, Diana. (Celestino torna davanti all'acquario e guarda i pesci. A Diana) Bisogna prenderlo con le buone. Anche da bambino, quando non voleva sedere sul vasetto, ricordi? Io.

Celestino                       - (secco) Mamma, smettila!

La Madre                      - Celestino, vieni qui. Ascoltami. Vuoi farmi morire contenta?

Celestino                       - Non parlar sempre di morire. Stai benissimo.

La Madre                      - Se non per me, fallo almeno per la buonanima di tuo padre. E per la povera nonna che ti voleva tanto bene.

Alberto                          - E per tuo cognato, porca miseria, che deve tirare la carretta per tutta la famiglia!

Diana                            - E per la tua sorella che potrebbe fare la signora e invece deve sgobbare tutto il giorno e non è riuscita nemmeno a comprarsi l'aspirapolvere Ploc.

La Madre                      - Celestino, non sei cattivo. Tu hai cuore.

Alberto                          - Non essere egoista, devi pensare anche a noi. Specie in momenti come questi.

Diana                            - Con quello che costa la vita.

La Madre                      - Sarebbe tutto più semplice con un altro stipendio.

Alberto                          - E, poi, non discuto, ti piace pescare? Ebbene, se hai un impiego lavori tutta la settimana e la domenica parti con la tua canna e vai a pescare.

Celestino                       - (colpito) Dici?

Alberto                          - Naturalmente.

Celestino                       - (lo guarda. Un attimo di pausa. Poi guarda la madre e Diana che annuiscono) Ma dove lo trovo, un impiego?

Alberto                          - Ci ho già pensato. Ho un amico, nipote di un pezzo grosso. Potrebbe farti entrare come avventizio in un Ministero.

La Madre                      - Posso farti anche raccomandare dal colonnello del distretto. A un militare, qui, da noi, nessuno osa dire di no.

Diana                            - E poi c'è Alfonsina che è nipote di un monsignore.

Alberto                          - Lascia fare a noi.

Celestino                       - Ma che impiego posso trovare? Non so far niente!

La Madre                      - Meglio. Chi non sa fare niente può fare tutto.

Alberto                          - L'importante è mettere dentro un piede da qualche parte.

Diana                            - ... poi. ti fai strada da solo.

La Madre                      - Pensa che bello! Un lavoro, comodo, in un ufficio.

Alberto                          - Lo stipendio alla fine del mese.

Diana                            - Una carriera davanti.

La Madre                      - . e la Cassa Malattia dietro.

Alberto                          - Giovanotto, cosa puoi chiedere di più al Signore?

Celestino                       - (resta un attimo silenzioso) Un ufficio. Mah! Del resto anche il paguro, chiamato Bernardo l'eremita, vive in una conchiglia che non è la sua. (tutti lo guardano senza capire mentre la luce si spegne nel tinello e si accende nell'ufficio dove, seduti alle loro scrivanie sono Tranquilli, sui quarantacinque mal portati; Mattea, sulla quarantina, alta, robusta, vistosa. Il primo sta bollando dei fogli, la seconda scrivendo a macchina. Celestino è coll'usciere, all'ingresso dell'ufficio, dove si vede un orologio coi cartellini per registrare le presenze, che gli sta insegnando come si fa a timbrare)

Tranquilli                       - Le sembrerà una formalità noiosa, ma dobbiamo pensare che qui l'azienda è lo Stato. Perciò lo Stato deve tutelarsi.

L’usciere                       - E, poi, se si fa lo straordinario almeno non ci fregano perché risulta dal cartellino.

Celestino                       - Si deve fare anche lo straordinario? (posa un libro sulla sua scrivania)

Tranquilli                       - (strizzando l'occhio) Per arrotondare, no?

L’usciere                       - Il servizio bar lo faccio io. Caffé, panini, aranciata. Sigarette.

Mattea                           - Si troverà benissimo. Qui siamo l'uno per l'altro.

Tranquilli                       - Per qualsiasi informazione, qualsiasi consiglio disponga pure di noi.

L’usciere                       - Il gabinetto è in fondo al corridoio, l'ultima porta a destra, di fronte a quello delle donne.

Tranquilli                       - L'ufficio è piccolo, ma comodo. D'inverno è ben riscaldato.

Mattea                           - D'estate fa caldo, ma forse ci daranno un ventilatore.

Tranquilli                       - Se non quest'anno, il prossimo.

L’usciere                       - Qui le cose si fanno con calma. Il nostro è un ufficio serio.

Tranquilli                       - ... dove si può far anche carriera. Però è necessario fare il proprio dovere. Mai meno e mai più del proprio dovere.

L’usciere                       - Se incontra qualche difficoltà anche di lavoro, chieda pure consiglio a me. Sono qui da ventitré anni. (falsa uscita) Il gabinetto è l'ultima porta a destra, se lo ricordi, di fronte a quello delle donne. (esce)

Tranquilli                       - (forte, per farsi sentire dall'usciere) Che uomo!

Celestino                       - Mi pare molto gentile.

Tranquilli                       - (piano, confidenziale) Attento!

Mattea                           - È una spia!

Celestino                       - (spaventato) Eh?

Mattea                           - (misteriosa) Occhio attento, lingua lunga e orecchio fino. Riporta tutto quello che sente.

Celestino                       - A chi?

Tranquilli                       - Cerchi di capire. Qui anche i muri hanno le orecchie.

Mattea                           - Perciò bisogna parlar poco e tenersi amici tutti. Specie gli uscieri. (Celestino guarda Mattea e Tranquilli sbalordito)

Tranquilli                       - Lei sa, per esempio, che il Carlini ce l'ha con lei?

Celestino                       - Con me? Chi è Carlini? Non lo conosco nemmeno!

Tranquilli                       - Voleva il suo posto. Lei glielo ha portato via.

Mattea                           - Ma non si preoccupi. Abbiamo sistemato tutto noi.

Tranquilli                       - Lei ha avuto la fortuna di essere capitato tra amici.

Mattea                           - Però bisogna vigilare sempre. Ora vado a ritirarle la cancelleria. Cosi mi faccio dare tutto quanto le spetta. (sorride ed esce)

Celestino                       - Grazie. (a Tranquilli) Simpatica, eh?

Tranquilli                       - Sì, è una brava donna, ma. non si fidi troppo.

Celestino                       - Perché?

Tranquilli                       - Donne. (tira fuori la lingua e la indica col dito) E poi è un'arrivista. È qui da sette anni e già vorrebbe far carriera.

Celestino                       - E perché non dovrebbe farla?

Alberto                          - Cosa dovrei dire io, allora, che sono qui da quattordici anni? (sempre più misterioso) E, poi, c'è altro. L'hanno vista in un locale notturno, in abito da sera, con la schiena nuda.

Celestino                       - E che male c'è? Avrà pur diritto di.

Alberto                          - E, poi, perché non s'è sposata? Donne sole, brutta faccenda.

Mattea                           - (rientra con matite, blocchi di carta ed altra cancelleria che posa sulla scrivania di Celestino) Ecco, mi sono fatta dare anche una biro in più.

Celestino                       - La ringrazio molto.

Mattea                           - Gliel'ho detto. Qui siamo l'uno per l'altro.

Tranquilli                       - Domando scusa. Vado a farmi prestare il giornale da Carlini. Quello è un signore. Lo compra sempre. (esce)

Mattea                           - (appena Tranquilli è uscito) Che gliene pare?

Celestino                       - Del signor Tranquilli? Mi pare un brav'uomo.

Mattea                           - Sì, ma attenzione. È una persona poco pulita.

Celestino                       - In che senso?

Mattea                           - In tutti i sensi. Si lava anche poco. E poi c'è altro. Ha quarantasette anni, moglie, cinque figli, eppure sa che gli piacciono le peripatetiche? Una sera l'hanno visto in un locale notturno ballare con una donna che aveva la schiena tutta nuda. Meglio lasciare perdere. Piuttosto, come si trova qui da noi?

Celestino                       - Beh, è ancora troppo presto per.

Mattea                           - (improvvisamente allarmata) Ha già parlato col capoufficio?

Celestino                       - M'ha fatto dire che mi chiamerà appena arriva.

Mattea                           - Cauto!

Celestino                       - Perché?

Mattea                           - Con lui meglio stare attenti a quello che si dice. E soprattutto, mai raccontargli i fatti propri, mai discutere. Eh, per fortuna lei è un uomo. Ma io, quando sono entrata qui, ho dovuto difendermi. Non m'ha perdonato di avergli resistito.

Tranquilli                       - (rientrando) Di che parlate?

Mattea                           - ... del capoufficio.

Tranquilli                       - (avvicinandosi a Celestino) Lei è iscritto a qualche partito?

Celestino                       - No. (posa sulla scrivania il libro che teneva in mano)

Tranquilli                       - Simpatizzante?

Celestino                       - Oh, Dio. lo.

Tranquilli                       - Ssss! Basta così. Ho già capito tutto.

Celestino                       - Ma veramente.

Tranquilli                       - Mi raccomando. Eviti sempre certi argomenti.

Mattea                           - Non si scopra politicamente.

Tranquilli                       - Qui noi siamo come i militari: non dobbiamo avere opinioni.

Mattea                           - La giungla. Questa è come la giungla.

Tranquilli                       - Piuttosto, se può, gli racconti qualche storiella sporca. Se lo farà subito amico.

Mattea                           - Quando prenderà le ferie?

Celestino                       - Beh, veramente.

Tranquilli                       - Settembre è il mese migliore.

Mattea                           - Anche luglio. In agosto non conviene. Sono tutti in vacanza e non c'è lavoro.

Tranquilli                       - Cerchi di farsi amico il medico fiscale. È una peste.

Mattea                           - (confidenziale) Quest'anno andiamo bene, sa? (Celestino la guarda senza capire. Mattea indicandogli il calendarietto) Non c'è festività che capiti di domenica. Ce le facciamo tutte.

L’usciere                       - (entrando) Signor Viola, la vuole il capoufficio. Anche per lei un panino e un caffè alle undici?

Celestino                       - Non ho l'abitudine di mangiare fuori pasto.

L’usciere                       - A casa lo capisco, ma in ufficio. Bisogna far passare il tempo. Stia tranquillo, il pane è freschissimo e la mortadella di prima scelta. Andiamo.

Celestino                       - Con permesso. (esce con l'usciere)

Tranquilli                       - (a Mattea, alludendo a Celestino) Che gliene pare?

Mattea                           - Antipatico.

Tranquilli                       - Non piace nemmeno a me. Meglio non fidarsi.

Mattea                           - Ha ragione, meglio non fidarsi. (siede alla scrivania)

Tranquilli                       - (va a prendere il libro che Celestino ha posato sulla scrivania) Ha visto? S'è portato un libro.

Mattea                           - Curioso. Che libro è?

Tranquilli                       - (legge il titolo) «La vita in fondo al mare». (lo rimette sulla scrivania e va a sedere al suo posto)

Mattea                           - La vita in fondo al mare?

Tranquilli                       - Già. Ma se è venuto qui per dedicarsi alla lettura sbaglia di grosso. Qui si lavora. (riprende lentamente a timbrare)

Mattea                           - (riprendendo a scrivere lentamente a macchina) Qui si lavora. (la luce nell'ufficio si spegne e si accende sul terrazzino del caffè dove, seduti ad un tavolino, sono Luciano ed Enrico, due giovanotti piuttosto volgari, vestiti con una certa pretesa. Con loro è Celestino)

Luciano                         - ... una svedese con certe spalle ed un paio di cosce! Un tipo da copertina!

Enrico                           - Quand'è che me la fai conoscere?

Luciano                         - Te l'ho detto: era l'ultima sera che passava in Italia. Sono stato di un tempismo! Che temperamento, però, queste svedesi!

Enrico                           - Ti dirò che io preferisco le mulatte. Sanno di selvatico. E, poi, il sangue negro, quando si fa l'amore, lo senti.

Luciano                         - Vuoi mettere le mulatte con le nordiche? Le nordiche l'uomo lo stritolano, lo mangiano. Celestino? A te non piacciono le donne? Non ne parli mai.

Celestino                       - Mi piacciono sì, ma non ho una lira in tasca.              

Enrico                           - Che c'entra? Con le donne basta saperci fare.

Luciano                         - Sai quanto m'è costata la svedese di ieri? Un'aranciata. E ne ho bevuta mezza anch'io.

Enrico                           - A Celestino, dobbiamo fargli scuola. Portiamocelo con noi domenica.

Luciano                         - D'accordo. Ci stai, Celestino? Prima andiamo alla partita, poi.

Celestino                       - Domenica non posso.

Enrico                           - Perché?

Celestino                       - Domenica vado a pescare.

Enrico                           - Eh?

Luciano                         - Vai a pescare?

Celestino                       - Sì, lavoro da un mese e oggi ho preso il mio primo stipendio. Così mi compro uno spinning.

Luciano                         - Un che?

Celestino                       - Uno spinning. Si tratta di una canna sensibile, abbastanza lunga, con un buon mulinello. Anche un principiante come me con uno spinning può raggiungere i 25-30 metri. E non è difficile imparare. (ripetendo le parole del manuale) Si comincia il lancio portando la mano che impugna la canna. così. all'altezza dell'occhio, facendo perno sul gomito di modo che.

Enrico                           - (rifacendo il gesto e burlandosi di lui) E, tu, la domenica, tuo unico giorno di riposo, fai perno sul gomito e. (Luciano scoppia in una risata)

Celestino                       - C'è poco da ridere. La pesca è uno sport meraviglioso. E poi fa bene alla salute. (Enrico e Luciano lo guardano con compatimento) Anzi, dovreste venire anche voi con me.

Luciano                         - (volgare) No, caro mio, noi la domenica, si pesca ben altri pesci. (ride con Enrico)

Enrico                           - Beh, che si fa, stasera?

Luciano                         - Andiamo a vederci un porno.

Celestino                       - (vedendo Alberto passare davanti al caffè) Alberto, aspettami! (agli amici) È mio cognato. Ciao. (si alza e si dirige verso Alberto)              

Enrico                           - (alzandosi ed entrando nel bar) Se domenica ti decidi, alle due ci trovi qui.

Luciano                         - Lascialo perdere. Quello va a pescare. (entra anche lui nel bar. Si spegne la luce sul caffè e si accende nella strada)

Alberto                          - (a Celestino) Soddisfatto, oggi, eh?

Celestino                       - Ho in tasca il mio primo stipendio.

Mattea                           - Li capisci, ora, i vantaggi di un impiego?

Celestino                       - (fermandosi e guardandolo) Da dove vieni?

Alberto                          - Io? Perché?

Celestino                       - Hai tutta la faccia sporca di rossetto.

Alberto                          - Sul serio? Prestami il fazzoletto. (si pulisce)

Celestino                       - Non ti vergogni?

Alberto                          - E di che?

Celestino                       - Tu hai un'amante.

Alberto                          - Non esagerare. Mi è capitata una ragazza e.

Celestino                       - Tradisci mia sorella! Col bene che ti vuole!

Alberto                          - (restituendo il fazzoletto) Va bene così?

Celestino                       - (annuisce) Non avrei mai pensato che.

Alberto                          - Di un po': non mi farai la morale?

Celestino                       - E la povera Diana che ti aspetta a braccia aperte. Come hai il coraggio di avvicinarti a lei dopo che.

Alberto                          - Beh, quando rientro faccio la doccia.

Celestino                       - Ti credevo un marito esemplare.

Alberto                          - Non fa male, ogni tanto, variare un poco.    

Celestino                       - Quando due persone si vogliono bene.

Alberto                          - Sposati, capirai anche tu.

Celestino                       - Perfino i pescecani sono fedeli alla loro compagna. Non la lasciano per tutta la vita. (sono davanti alla porta di casa)

Alberto                          - Invece a me piace la varietà. E. adesso, acqua in bocca, come i pesci. (entrano nel tinello. Si spegne la luce nella strada e si accende nel tinello dove la madre ha appena finito di preparare la tavola)

La Madre                      - Oh, bravi. Una volta tanto arrivate puntuali. Allora, Celestino. (Celestino fa vedere la busta dello stipendio) Che bel giorno dev'essere questo per te. Il tuo primo stipendio. Sei contento, vero? Ed anche tua sorella è contenta come una pasqua. (chiamando) Diana? Diana?

Diana                            - (entra felice impugnando l'aspirapolvere in azione. Tutti parlano ad alta voce per farsi sentire nonostante il frastuono) Alberto, guarda che meraviglia! C'è tutto, sai? Anche lo spazzolone per i tappeti.

Celestino                       - (che è andato davanti all'acquario e comincia a dar da mangiare ai pesi) Come se noi ne avessimo!

Alberto                          - Ti sei fatta fare la garanzia?

Diana                            - Per due anni. Mettiti lì che ti spazzolo le scarpe.

Alberto                          - (assecondandola) Sei proprio una bambina.

Diana                            - (spazzolando le scarpe al marito) Vedi com'è comodo?

La Madre                      - E vedeste l'astuccio quant'è bello! Sembra una valigia. Che ne dici, Celestino?

Diana                            - Vuoi provarlo?

Celestino                       - Che dici?

Diana                            - (urlando) Vuoi provarlo?

Celestino                       - (gridando anche lui) No! Portalo via! Non vedi che mi spaventi i pesci? (Diana sbuffando spegne l'aspirapolvere)

Alberto                          - (a Celestino) Che gli dai da mangiare?

Celestino                       - Vermi rossi.                  

Alberto                          - Che schifo!

Celestino                       - A loro piacciono.

La Madre                      - Su, a tavola, la pasta si raffredda. Oggi ho fatto i vermicelli al pomodoro.

Alberto                          - Bene. (poi ricordandosi di quando ha detto Celestino fa una smorfia di disgusto)

La Madre                      - (comincia a servire gli spaghetti) Celestino, vieni a tavola ora.

Diana                            - (ad Alberto) Come sta il mio gattone?

Alberto                          - Come sta il mio topolino? (Celestino li guarda)

La Madre                      - Che fai, Celestino? La pasta diventa fredda. (Celestino lascia l'acquario e va anche lui a sedere a tavola)

Diana                            - (ad Alberto) M'hai pensato tanto, amore?

Alberto                          - Non sei il mio angioletto bello?

Diana                            - Gioietta di Diana sua.

Alberto                          - Amoruccio del suo Albertino. (la bacia)

La Madre                      - (fermandosi con una forchettata di spaghetti a mezz'aria, ammirata e commossa) Come si vogliono bene. Proprio due colombi.

Celestino                       - (scattando, ad Alberto) E smettila! Prima almeno fatti la doccia!

Diana                            - Tu che vuoi?

Alberto                          - (fulminandolo con uno sguardo) Scherza. Lui fa lo spiritoso.

La Madre                      - Celestino è un ragazzo. Voi due vi volete bene e lui sente un po' d'invidia, è logico! Ma anche a Celestino un giorno troveremo una bella mogliettina. E allora sarà felice, avrà tanti bei bambini.

Diana                            - (secca) Se noi non ne abbiamo, non dipende certo da me.

Alberto                          - Dipende da me forse? Anch'io ci terrei ad avere figli, ma.

La Madre                      - Su, su. Non facciamo discussioni, ora. Mangiate. Questi spaghetti sono una vera delizia. (tutti mangiano) Celestino, mi fai vedere la busta dello stipendio?

Celestino                       - (dà alla madre la busta) Guarda che ancora non l'ho toccata!

La Madre                      - Ci mancherebbe. (esaminandola) Accidenti, quante ritenute.

Alberto                          - Fa vedere. (leggendo) Stipendio. indennità contingenza. contributo mensa. Cassa Mutua. Ige. Totale. Come avventizio non c'è male. Io mi prendo quello che ho speso per il pranzo che ho offerto in trattoria al pezzo grosso e a suo nipote.

La Madre                      - Vacci piano, Alberto. Questo denaro è già tutto sistemato.

Diana                            - (attingendo anche lei alla busta) Prendo per la rata dell'aspirapolvere. (restituisce la busta alla madre)

La Madre                      - Povera me, non mi resterà una lira.

Celestino                       - Darai qualcosa anche a me, spero.

La Madre                      - Dopo, dopo.

Celestino                       - Io voglio solo centomila lire per comprarmi la canna da pesca.

La Madre                      - Centomila lire?

Alberto                          - Per una canna da pesca?

Diana                            - Ma non sarai diventato matto?

Celestino                       - Matto o no, domenica vado a pescare.

Alberto                          - E vuoi spendere centomila lire per una canna da pesca?

Celestino                       - Io non posso spendere centomila lire per una canna da pesca e Diana ne può spendere il doppio per l'aspirapolvere?

Alberto                          - Che c'entra? L'aspirapolvere serve per la casa!

La Madre                      - (cercando di calmare tutti) Su, su. servitevi ancora di spaghetti. (a Celestino, affettuosa) Che bambino, sei!

Celestino                       - Un momento. Parliamoci chiaro, io.

La Madre                      - (interrompendolo) Per fortuna c'è la tua mamma che pensa a te. Altro che canna da pesca. Guarda che cosa ti ho comprato. (si alza e va a prendere un pacco posato su di un mobile. Ne tira fuori un paio di pantaloni) Un bel paio di pantaloni di flanella. Ne avevi proprio bisogno.

Celestino                       - (alzandosi di scatto) Non li voglio i pantaloni. Voglio la canna da pesca!

La Madre                      - Non fare capricci, Celestino!

Diana                            - La flanella è magnifica.

Alberto                          - E i pantaloni ben tagliati.

Celestino                       - Me ne infischio dei pantaloni. Voglio la canna da pesca!

La Madre                      - Celestino, bisogna accontentarsi. Non si può avere tutto dalla vita. La canna da pesca l'avrai in un'altra occasione. (Celestino resta in piedi, deluso, non sa che dire. Tira fuori di tasca il fazzoletto per asciugarsi il sudore) Lo dice anche il proverbio. Prima il necessario, poi il voluttuario.

Diana                            - (indicando Celestino) Guarda, guarda il signorino. ha il fazzoletto tutto sporco di rossetto.

La Madre                      - Celestino, vergognati. Ecco perché volevi centomila lire. Altro che canna da pesca!

Alberto                          - Ma lasciatelo fare. È un giovanotto. Ha diritto anche lui di divertirsi. (Celestino si allontana e va verso la porta) Celestino, dove vai?

Diana                            - Che ti prende ora?

La Madre                      - Finisci almeno i vermicelli!

Celestino                       - (sulla porta, furibondo) Le zecche di mare in pochi secondi spolpano un pesce. Ma almeno poi lo scheletro lo lasciano in pace! (se ne va sbattendo la porta, lasciando tutti interdetti. Si spegne la luce nel tinello e si illumina il giardinetto del caffè dove al solito tavolo vedremo seduti Luciano, Enrico e Celestino)

Enrico                           - ... non sa dribblare. E poi a quello gli manca lo stop. Non ha visione di giuoco.

Luciano                         - Un momento. Se quel porco d'un arbitro non annullava il goal, la partita era ancora da vedere.

Enrico                           - Storie! Ci vuoi altro che oriundi. Quello ha un bel venire dal Brasile, ma ha le gambe molli. Piroetta, ecco la sola cosa che fa.

Luciano                         - Se ci fosse stato un altro arbitro, almeno. Però è una fatalità, eh? Se c'è una testa di legno, la mandano a noi.

Enrico                           - (quasi cantando) Quello non stoppa, il guaio è tutto lì. Non stoppa. Che ne dici, tu, Celestino?

Celestino                       - Della partita a me non importa niente. Sono venuto con voi soltanto perché m'avevate detto che, dopo, saremmo andati a donne.

Enrico                           - Ed è colpa nostra se non ne abbiamo trovate?

Celestino                       - Dite piuttosto che nessuna ci ha dato retta.

Luciano                         - Ma se abbiamo incontrato solo delle bruttone.

Enrico                           - E poi siamo senza macchina. Domenica scorsa con la spider di mio cugino, invece.

Luciano                         - Non c'era che da scegliere. Certe marcantonie.

Celestino                       - (serio e seccato) Tutta la settimana chiuso dentro ad un ufficio e la domenica. la domenica allo stadio!

Luciano                         - Sempre meglio che andare a pescare.

Celestino                       - Questo lo dite voi!

Enrico                           - Senti un po': mica ti abbiamo obbligato a venire con noi!

Luciano                         - Adesso che facciamo?

Enrico                           - Fuori gli indirizzi.

Luciano                         - (tira fuori un taccuino e comincia a sfogliarlo) Luciana.

Enrico                           - La domenica non riceve

Luciano                         - Carlina.

Enrico                           - Troppo grassa, tira

Luciano                         - Lilla.

Enrico                           - Cara!

Luciano                         - Rosetta.

Enrico                           - Ecco, si va a trovare la Rosetta. Ce!estino, ci stai?

Celestino                       - Però, voi due. quando siete soli. trovate le svedesi, trovate le mulatte. Poi quando siete con me.

Luciano                         - Non tutti i giorni sono uguali.

Enrico                           - E, poi, che ti frega? Quello che conta è andare a letto.

Celestino                       - (si alza) In questo caso preferisco andarci per conto mio. Buonanotte. (si alza e si allontana)

Enrico                           - Quello mi sa che con le donne. (fa un gesto negativo e ride)

Luciano                         - Eh, non tutti sono tori come noi. Andiamo dalla Rosetta. (esce di scena con Enrico. Si spegne la luce sul terrazzino del caffè e si accende sulla panchina dove è seduto Celestino annoiato)

Mattea                           - (vestita a festa col cappellino e i tacchi a spillo passa davanti a lui. Dapprima esita, poi gli si avvicina) Signor Viola.

Celestino                       - (si alza e nella confusione si mette in tasca i sassolini coi quali stava giocando) Signorina Mattea.

Mattea                           - Tutto solo e di domenica? O aspetta qualcuno?

Celestino                       - No. Prendevo un po' d'aria.

Mattea                           - Posso? (accenna a sedere)

Celestino                       - Certo.

Mattea                           - (sedendo) Si ha così bisogno di respirare. Tutta la settimana chiusi in un ufficio. (pausa) Perché mi guarda così?

Celestino                       - Sa che non la riconoscevo? Oggi è così elegante.

Mattea                           - Sa com'è la mentalità dei colleghi. Nei giorni di lavoro devo vestire semplicemente. Alla domenica, invece.

Celestino                       - Sembra un'altra.

Mattea                           - Infatti. sono un'altra. La domenica dimentico l'ufficio, il lavoro, le responsabilità e sono soltanto una donna. Non le pare giusto?

Celestino                       - Certo, signorina.

Mattea                           - Non mi chiami signorina. In fondo siamo colleghi. Mi chiami Mattea. Almeno. fuori d'ufficio. D'accordo? (gli dà la mano)

Celestino                       - (stringendogliela) D'accordo.

Mattea                           - E io la chiamerò Celestino. È un bel nome il suo: dolce, armonioso. (pausa) Si sta bene seduti qui.

Celestino                       - Non passano macchine. Almeno si sta in pace.

Mattea                           - Bravo, lei la pensa come me. C'è tanta gente, invece, che ama il chiasso, la confusione. A me la domenica, piace passarla sola. O con una persona amica. Anche lei dev'essere come me, un po' romantico.

Celestino                       - (annoiato) No.

Mattea                           - Possibile? Un giovanotto come lei.

Celestino                       - Quando non si riesce a fare quello che si vuole.

Mattea                           - A chi lo dice. (lasciandosi andare) Anch'io sognavo una vita diversa. Sono una donna sensibile, mi piacciono i fiori, la musica, la poesia. S'immagini: scrivo versi. Cosettine, ma piene di sentimento. Ho scritto l'altro giorno un sonetto per il mio gatto. M'è venuto così carino. Che vuole? Sono una donna sola. Il gatto è la mia unica compagnia. Intelligente, sa? Gli parlo come a una creatura. Quando vedo un film, torno a casa e glielo racconto. Lui mi guarda così attento. sono sicura che mi capisce. È un bel gattone nero. Un micione grasso, grasso. Sì, perché ho dovuto farlo operare. Mi passava tutte le notti fuori, quel birichino. Ora, invece, alla notte lo faccio dormire con me. Ho un letto grande, grande, pieno di piumini. Un vero talamo. Me l'hanno lasciato i miei genitori. Pensavano che mi sarei sposata. Invece. Non che mi siano mancate le occasioni. Semplicemente non ho mai incontrato l'anima gemella. Così. ho la mia libertà, ma a volte la solitudine mi pesa un poco. La mia sola distrazione è il lavoro. Ma passare la giornata a riempire moduli. Specie con un temperamento come il mio, pieno di slanci, di sentimento. Mi piace anche dipingere. Sui cuscini. Fiori, frutta, melagrane. Sono così belle le melagrane. Ma lei non mi ascolta.

Celestino                       - Sì. sì. l'ascolto.

Mattea                           - Sono un po' selvatica. Di solito non parlo con nessuno. È anche la vita d'ufficio che fa diventare diffidenti. Con lei, invece, è diverso. M'è stato simpatico appena l'ho conosciuta. Ecco una persona, mi sono detta, che vorrei mi diventasse amica. Lei crede all'amicizia tra l'uomo e la donna?

Celestino                       - Beh.

Mattea                           - (pronta) Anch'io. È un'amicizia vera, senza invidie, senza gelosie. Più profonda, più pura. Però non bisogna metterci malizia, mi spiego?

Celestino                       - Malizia in che senso?

Mattea                           - Non finga di non capirmi. Voglio dire che se lei non mi desidera come donna, possiamo diventare amici. Ma lei deve assicurarmi che non mi desidera.

Celestino                       - (sincero) Non la desidero affatto.

Mattea                           - No, non così. Mi guardi negli occhi. Peccato che di voi uomini non ci si possa mai fidare. Mentre a noi donne una buona amicizia è più che sufficiente, a voi uomini, invece,. non basta. Non vi accontentate. Non lo dico per rimprovero. Lei è giovane e alla sua età, lo so, è difficile scindere. Si conosce una donna, se ne ammira lo spirito, la vita interiore, la sensibilità, ma poi. si rimane presi dall'involucro.

Celestino                       - Da che?

Mattea                           - L'involucro: il corpo. Del resto io l'avevo già capito che cercava un'occasione per conoscermi meglio.

Celestino                       - (sincero) Io?

Mattea                           - Crede che sia cieca? Che non mi accorga di come mi guarda in ufficio? Certe occhiate. certi sguardi. Ho sempre paura che Tranquilli se ne accorga.

Celestino                       - Guardi che se in ufficio mi capita di guardarla è solo perché non ho voglia di lavorare e mi annoio.

Mattea                           - Lo so. La vita dell'impiegato non fa per lei che è un giovanotto così educato, simpatico. intelligente. Ogni tanto in ufficio alzo gli occhi e guardandola capisco tante cose. Lei vorrebbe essere mille miglia lontano dalla sua scrivania.

Celestino                       - (colpito) È vero. Come se n'è accorta?

Mattea                           - (senza raccogliere) La vita dell'impiegato impoverisce spiritualmente. Schiaccia l'individuo. Lo distrugge. Ed un giovane come lei, capace, serio. un giovane con le ali per volare lontano, in alto. ne soffre. È ben altro che lei vorrebbe prendere all'amo.

Celestino                       - (colpito) È vero.

Mattea                           - Lei forse avrebbe voluto diventare scienziato, giornalista, poeta.

Celestino                       - (con semplicità) No: pescatore.

Mattea                           - (sconcertata) Pescatore?

Celestino                       - Sì. (ormai lanciato) Fin da bambino non ho sognato altro: una barca, dell'acqua attorno a me e pesci, pesci, pesci. So tutto sui tonni, sui delfini, sui crostacei, sugli spinarelli. Conosco il mare. storie meravigliose. Sa, per esempio, che i salmoni percorrono nella stagione dell'amore centinaia di chilometri nell'oceano fino all'estuario di un fiume? Poi lo risalgono, percorrendolo controcorrente, fino ad arrivare su, nelle alte valli, dove l'acqua è pura, limpida, fresca. A volte il viaggio dura dei mesi, per certi salmoni anche un anno. Arrivano magri, affilati, nell'acqua chiara dei ruscelli e dei torrenti, e qui avviene la fecondazione. Molti, dopo l'amore, sfiniti, non riescono a tornare al mare. E si arenano sulle rive e muoiono.

Mattea                           - (romantica) D'amore.

Celestino                       - E anche le aringhe, le sardine, i merluzzi, i tonni, le anguille compiono viaggi straordinari. Sapesse com'è interessante la vita che si svolge in fondo al mare. Il mio sogno è sempre stato quello di poterla conoscere più da vicino. Passare le mie giornate all'aria aperta. libero. sereno. Invece il mare non lo vedo mai. Desideravo una canna da pesca. Ho accettato un impiego per potermela comprare. Ero sicuro che, lavorando tutto il mese, dalla mattina alla sera, almeno, questa canna, l'avrei potuta avere. Invece ho dovuto accontentarmi di un paio di pantaloni: questi. E, invece di andarmene tranquillo in riva al fiume sono finito alla partita, io, che odio il calcio. Ho tanta rabbia in corpo che potrei far saltare in aria una cattedrale. Ma è inutile, la mia vita, non la posso cambiare.

Mattea                           - (un poco sconcertata ma in fondo attratta e affascinata) Ora capisco perché sulla scrivania tiene dal primo giorno quel grosso libro «La vita in fondo al mare».

Celestino                       - (un po' mortificato) Anche lei mi dirà, ora, come quelli di casa mia, che sono sciocco. che non ho il senso della vita pratica. che non capisco niente.

Mattea                           - No, perché? La pensavo diverso, ma non vuoi dire.

Celestino                       - In casa, con qualche sacrificio, mi sono fatto un piccolo acquario. Tre pesci, qualche conchiglia, una stella marina. Lì davanti passo ore ed ore. E penso a come sarebbe stata bella la mia vita se avessi potuto farmela come volevo io.

Mattea                           - La capisco. Anche a mio padre piaceva pescare.

Celestino                       - Davvero?

Mattea                           - Era la sua passione, poveretto. Anzi, se non è stata regalata, e non mi pare, in soffitta ci dovrebbe essere ancora la sua canna da pesca.

Celestino                       - (illudendosi) Davvero? Lei, in soffitta, ha una canna da pesca?

Mattea                           - Lunga, lunga, flessibile. dev'essere di bambù. Se riesco a trovarla, gliela regalo.

Celestino                       - Dice. sul serio?

Mattea                           - Certo. Se mi accompagna a casa possiamo andarla a cercare.

Celestino                       - Ma è meraviglioso! (nell'entusiasmo butta in aria i sassolini che si è ritrovato in tasca)

Mattea                           - (materna) Ma che fa? Lei è proprio un ragazzino. Scommetto che è anche goloso.

Celestino                       - Sì. Mi piacciono i dolci.

Mattea                           - Allora. le offrirò dei cioccolatini al liquore. Ne ho una scatola grandissima, a casa. Ma. deve promettermi che si comporterà con me non come con una donna, ma come con una amica.

Celestino                       - Logico.

Mattea                           - Logico. no. Io «sono» una donna.

Celestino                       - Voglio dire che. mi comporterò benissimo.

Mattea                           - (maliziosa) Ho un buon cognac francese. Da sola non ne bevo mai. Ci metteremo comodi, comodi sul divano e chiacchiereremo.

Celestino                       - E andremo in soffitta a cercare la canna da pesca.

Mattea                           - (c.s.) Non ci sarà bisogno di andare in soffitta, birichino.

Celestino                       - (sconcertato) Ma, io, signorina.

Mattea                           - Non chiamarmi signorina, chiamami Mattea. (si alza e gli sorride invitante. Celestino la guarda stupito) Andiamo? (silenzio) Prenderemo l'autobus. (sorride maliziosa) Ma stai tranquillo, non dovremo fare centinaia di chilometri come i salmoni. (si avvia. Celestino la guarda stupito, poi si decide a seguirla. La luce si spegne sulla panchina e si accende nel tinello. Ora vediamo in primo piano un frigidaire che la madre sta pulendo. L'acquario è leggermente più grande e ci sono ora cinque pesci. Diana sta asciugandosi i capelli con l'asciugatore elettrico)

La Madre                      - Bisognerà trovare una scusa per farla venir qui.

Diana                            - Ci penserò io. Appena arriva il televisore, l'invitiamo.

La Madre                      - Ma a Celestino piacerà?         

Diana                            - E perché non dovrebbe piacergli? Sono fatti l'uno per l'altra. Si rassomigliano come due gocce d'acqua.

La Madre                      - Certo sarebbe meglio se avesse un po' di dote.

Diana                            - Lascia stare la dote. Ai giorni nostri non si usa più. Tu, mamma, potresti cedere la tua camera matrimoniale e dormire in tinello.

La Madre                      - Questo è vero. La casa è abbastanza grande. E, poi voi non avete figli.

Diana                            - (risentita) Tu non pensi ad altro.

La Madre                      - No, facevo per dire. (silenzio) Certo che con un frigidaire come questo la vita è diversa. E pagandolo a rate uno neanche se ne accorge.

Diana                            - E, poi, è un'economia. Non si butta via più niente. Tutto si conserva. Hai visto, questa settimana: la minestra ci è durata cinque giorni.

La Madre                      - Eh, questi elettrodomestici sono una gran cosa. Ci voleva proprio un altro stipendio in questa casa.

Diana                            - Del resto anche Celestino è contento. E, poi, che altro poteva fare? Ora si sente più tranquillo perché è sistemato.

La Madre                      - Se si sposasse però la sua vita sarebbe più normale.

Diana                            - E si preoccuperebbe meno dei pesci. Hai visto? Ne ha comprato un altro. Quello lì striato.

La Madre                      - Buttar via tanti soldi per dei pesci. Una fissazione.

Diana                            - Va là che questo pallino gli passa, se si sposa.

Alberto                          - (entra sulla battuta) Chi è che si sposa?

La Madre                      - Parlavamo di Celestino.

Alberto                          - È il vostro chiodo fisso: sposarlo. Ma ha tempo per prender moglie.

Diana                            - (civetta) E lo dici proprio tu?

La Madre                      - Magari Celestino trovasse una mogliettina come la tua.

Diana                            - Io sono sicura che Amelia è la ragazza che fa per lui.            

Alberto                          - Un po' stretta di bacino.

La Madre                      - Anch'io lo ero. Al primo figlio però mi sono fatta.

Diana                            - Del resto guarda io che fianchi ho. Eppure.

Alberto                          - (affettuoso) Su, non ci pensare. Non siamo felici anche così, senza figli?

La Madre                      - Purché sia una brava ragazza. Perché se dovrà venire a vivere con noi.

Alberto                          - (stupito) Con noi?

Diana                            - E perché no?

La Madre                      - La casa è grande. C'è posto per tutti.

Diana                            - E, poi, se Celestino mette su casa, cosa ti credi? Che ci lasci a noi tutti questi elettrodomestici?

Alberto                          - Quello purché si porti via l'acquario. Ma. Celestino piace alla ragazza?

Diana                            - Le ho fatto vedere la fotografia. dice che lo trova interessante. E poi. non sogna che un marito.

Alberto                          - E lei piace a Celestino?

Diana                            - E perché non dovrebbe piacergli? È giovane, sana, dattilografa.

Alberto                          - Che discorsi! Bisogna che si conoscano.

Diana                            - Quelli appena si conoscono, si sposano, ne sono sicura. (la luce si spegne nel tinello e si accende nell'ufficio dove è seduto alla scrivania soltanto Tranquilli)

Tranquilli                       - (dopo aver ripetutamente suonato il campanello, perde la pazienza e chiama) Usciere? Usciere? Usciere?.

L’usciere                       - (compare sulla porta tranquillo) Ha chiamato, cavaliere?

Tranquilli                       - Sa quante volte?

L’usciere                       - No, ma me l'immagino. Il ragionier Martini stamattina ha chiamato quindici volte. Le ho contate.

Tranquilli                       - (seccato) E non le pare esagerato?

L’usciere                       - Sì, ma se non andavo a vedere che cosa voleva, chissà quante altre volte avrebbe chiamato. (a Tranquilli che è rimasto disarmato) Desidera?

Tranquilli                       - Ecco: le veline rosa del modulo B barra 47, non vanno più consegnate alla Quarta Sezione Contabilità dell'Ufficio Inquadramenti, ma, in seguito all'odierna circolare, sempre alla Quarta Sezione, ma dell'Ufficio Sviluppo della Sezione Avanzamenti. (Celestino entra con un pacco di scartoffie e va a sedere alla sua scrivania e comincia a bollare)

L’usciere                       - Dal ragionier Gasperini.

Tranquilli                       - Dov'era il ragionier Gasperini, vorrà dire. Perché, ora, il ragionier Gasperini è passato alla Terza Sezione dell'Ufficio Accertamenti.

L’usciere                       - Teoricamente. Però è sempre inquadrato nell'Ufficio Sviluppo della Sezione Avanzamenti.

Tranquilli                       - (stupito) Allora agli Accertamenti è soltanto interinalmente.

L’usciere                       - Sì, in attesa di passare all'Inquadramento.

Tranquilli                       - Ho capito. Adesso è chiaro. (riprende a sistemare le pratiche che sono sulla sua scrivania. L'usciere esce)

Celestino                       - È ora?

Tranquilli                       - Mancano ancora 7 minuti e mezzo.

Celestino                       - Purtroppo devo recuperare mezz'ora. Ma che colpa ho io se sono arrivato in ritardo? C'era lo sciopero dei tram.

Tranquilli                       - Io, sciopero o non sciopero, arrivo sempre puntuale. Piuttosto ha fatto i conti? Per me fa una bella sommetta.

Celestino                       - Ce li daranno tutti insieme o un tanto al mese?

Tranquilli                       - L'uno e mezzo per cento al mese.

Celestino                       - Una miseria.

Tranquilli                       - Non dica così, collega. Con questi quattrini se ne possono fare di cose. Dodici corse in autobus, per esempio. O comprare un etto e mezzo di lonza un giorno qualsiasi del mese, così, per far festa. Eh, aspetti di avere anche lei famiglia e vedrà.

Mattea                           - (entra eccitata) Pare che l'aumento del sussidio mensa rientrerà anche nella tredicesima.

Tranquilli                       - Benissimo: dovrebbe essere una bella sommetta.

Mattea                           - E ci daranno anche gli arretrati. Toccheranno anche a lei, signor Viola. Ormai è qui con noi da parecchio.

Celestino                       - Ventisette mesi.

Tranquilli                       - Beh, con gli arretrati mi farò un paio di scarpe. (suona il telefono) Pronto? Sì, signor vicedirettore. Glielo do subito. Sono Tranquilli. Molti ossequi. (a Celestino) È per lei. (gli porge il ricevitore)

Celestino                       - Pronto? Sì, signor vicedirettore, sono Viola. Con molto piacere, signor vicedirettore. Cioè volevo dire. mi spiace molto. Sì, è dalle mie parti. Sì signor vicedirettore. Grazie, signor vicedirettore. Naturalmente. Buona sera, signor vicedirettore. (posa il microfono)

Tranquilli                       - Buone notizie?

Celestino                       - M'ha incaricato di andare al funerale della madre di Pasquali della Terza Sezione. Domani mattina alle nove.

Tranquilli                       - Complimenti. Buon segno se il vicedirettore ha pensato a lei in questa occasione.

Celestino                       - Già, ma mi frego la domenica.

Tranquilli                       - (alzandosi) Ma va ad un funerale a rappresentare il nostro ufficio.

Mattea                           - È un incarico di fiducia.

Tranquilli                       - Proprio così. (mette a posto la sua scrivania, controlla l'orologio e si accinge ad uscire) Meno male che stasera vado a casa con una buona notizia. Non capita spesso. In una famiglia come la nostra anche un aumento di mille lire è importante. Esce anche lei, signorina Mattea?

Mattea                           - No. Mi trattengo ancora.

Tranquilli                       - (mette le pratiche nel cassetto che poi chiude a chiave) Allora. buonasera. (Mattea e Celestino restituiscono il saluto. Lo vedremo uscire e timbrare il suo cartellino all'uscita)

Mattea                           - (dopo un lungo silenzio) Ieri t'ho aspettato fino a tardi, Celestino.

Celestino                       - Non sono potuto venire.

Mattea                           - Avresti, almeno, potuto avvertirmi.

Celestino                       - Avevo da fare. C'era gente in casa invitata per vedere la televisione.

Mattea                           - (con mestizia accorata) Già, ora hanno anche inventato il televisore per occupare le serate. E noi, povere donne.

Celestino                       - Mi concederai almeno ogni tanto un po' di libertà.

Mattea                           - Celestino, perché sei così cambiato? Eviti di stare con me. Mi sfuggi. Da più di un mese. Perché? Ti voglio bene, lo sai. T'ho dato tutta me stessa. E con gioia, con amore. Ho sempre e soltanto voluto vederti contento. Non ho mai chiesto niente per me. Alla domenica ti accompagnavo persino a pescare.

Celestino                       - Sì. E strillavi tutto il tempo e mi facevi scappare i pesci.

Mattea                           - Non strillavo. Ti parlavo d'amore.

Celestino                       - Ma i pesci non lo capivano e scappavano lo stesso.

Mattea                           - Del resto quelli che prendevi li ributtavi nell'acqua.

Celestino                       - E questo che vuoI dire? Anche il gusto di pescare m'hai tolto.

Mattea                           - Di piuttosto che hai rotto la canna.

Celestino                       - Sfido! Ti sei seduta sopra.

Mattea                           - In fondo te l'avevo regalata io. (silenzio) T'ho dimostrato in tanti modi il mio affetto. T'ho perfino dedicato una poesia.

Celestino                       - Sette versi: come al gatto.

Mattea                           - Perché sei cosi aspro con me?

Celestino                       - Scusami, sono nervoso.

Mattea                           - Ho avuto così poco dalla vita. L'amore l'ho conosciuto soltanto con te, lo sai. Sono sempre stata sola. Ho cominciato a sentire la gioia di vivere soltanto il giorno in cui i tuoi occhi si sono posati su di me, da quel tavolo. affettuosi, pieni di desiderio.

Celestino                       - Ma che desiderio!? Come te lo devo dire che mi annoiavo?

Mattea                           - No, nel tuo sguardo c'era tanta tenerezza tanta passione. E in questi mesi sono stata così felice. Come una bambina. La vita mi aveva dato finalmente qualcosa. Non mi sentivo più sola. Nel mio grande letto pieno di cuscini c'eri tu.

Celestino                       - E il gatto.

Mattea                           - (senza raccogliere) Non dicevo più «io» quando pensavo, ma «noi. noi due». E non soffrivo più vedendo per la strada le donne che passavano felici al braccio di un uomo. Io ho Celestino, mi dicevo. E mi sentivo il cuore pieno di felicità. Tu venivi la sera da me. mi abbracciavi. io ti offrivo un pezzo di torta, un gelato. Anche tu eri felice.

Celestino                       - (ironico) Credi?

Mattea                           - Lo eri. lo eri.

Celestino                       - (duro) Non è vero. Con te mi annoiavo. Quando parlavi nemmeno ti ascoltavo. Pensavo ad altro.

Mattea                           - Che vuoi dire? Succede a tutti di distrarsi. di pensare ad altre cose. Ma io sono sicura che con me hai provato la felicità.

Celestino                       - (scettico) Sarà.

Mattea                           - (appassionata) Non si può avere di più Celestino, te lo giuro. (silenzio doloroso) Ma tu, ora, hai trovato un'altra donna e hai paura di confessarmelo, è così?

Celestino                       - (impacciato e nello stesso tempo commosso) Che vuoi? Può capitare d'innamorarsi.

Mattea                           - Ti sei innamorato?

Celestino                       - Non è colpa mia.

Mattea                           - L'avevo capito. E tu non mi dicevi niente.

Celestino                       - È una ragazza semplice, buona, infelice. Sembra fatta per me. Mi rassomiglia come una goccia d'acqua.

Mattea                           - E vuoi sposarla?

Celestino                       - È meglio che ci lasciamo da buoni amici, Mattea.

Mattea                           - Mi lasci perché sono vecchia?

Celestino                       - No. Perché amo un'altra.

Mattea                           - ... più giovane di me. (ha un singhiozzo, ma subito si controlla)

Celestino                       - È una ragazza che ha tanto sofferto. Anche lei ha il diritto di essere felice.

Mattea                           - E io? (si copre il viso con le mani, singhiozza ora senza più trattenersi)

Celestino                       - (confuso, addolorato) Non piangere, Mattea. Non voglio farti soffrire. (lunga pausa)

Mattea                           - (eroica) Vai da lei, Celestino, ora. Dovevi recuperare mezz'ora di lavoro. L'hai recuperata. (Celestino non si muove, non sa che fare) Vai, vai. Non preoccuparti per me. Ti auguro di essere felice con lei. Ma se non lo fossi, ricordati che ti amerò sempre. Addio.

Celestino                       - Ma noi. non ci lasciamo, Mattea. Noi. voglio dire. insomma. noi due.

Mattea                           - (illuminandosi ed aggrappandosi subito alla nuova speranza) Continueremo a vederci? Verrai ancora qualche volta da me? Oh Celestino, vedrai, mi farò piccola, piccola, non ti prenderò molto tempo. Io ti aspetterò sempre. Continuerai a venire da me? Me lo prometti?

Celestino                       - (imbarazzato) Questo non è possibile. Mi sposo.

Mattea                           - (timida) Ma. finché non ti sarai sposato avrai pure bisogno di una donna. (Celestino non sa difendersi) Le dirai che devi fare qualche ora di straordinario. (Celestino non sa che dire. Apre le braccia come per dire che non può opporsi) Grazie. Grazie. (lo abbraccia stretto, quasi disperatamente, poi) Ora vai da lei. Giurami, almeno, che non le parlerai mai dei salmoni.

Celestino                       - Lo giuro. (esce. Lo vedremo timbrare il cartellino e sparire. Mattea va a sedere alla scrivania di Celestino, abbraccia le sue carte, bacia le sue matite e poi scoppia a piangere disperatamente mentre si spegne la luce. Subito sentiamo la musica di una canzonetta sdolcinata, tipo Festival di Sanremo mentre si accende la luce nel tinello. Cinque sedie sono disposte verso la quinta nel fascio di luce di uno schermo televisivo. Celestino è seduto accanto ad Amelia, una ragazza sui vent'anni, insignificante e leziosa. Dietro di loro la madre, Diana ed Alberto. La trasmissione sta avviandosi alla fine)

Diana                            - (ridendo compiaciuta) Com'è bravo! Com'è bravo! E che canzone spiritosa.

La Madre                      - Io lo trovo molto bello, anche. Guarda che sorriso!

Diana                            - Che denti!

Alberto                          - Pare che si sposino.

Diana                            - Loro due?

Alberto                          - Sì, l'ho letto su di un settimanale dal barbiere. (più forte la musica) Ancora una caramella, Amelia.

Amelia                          - Grazie.

Alberto                          - Che sapore?

Amelia                          - Ratafià.

La Madre                      - Anche a lei piacciono le caramelle al ratafià? Gli stessi gusti di Celestino. (pausa) Non vi pare che il ballerino rassomigli un poco al cugino di Bianca?

Diana                            - È vero. Ha la stessa bocca.

La Madre                      - Il naso è uguale. Ed anche lo sguardo.

Alberto                          - A me non pare.

La Madre                      - (ad Amelia) Si diverte, signorina?

Amelia                          - Molto. Per me questa è una serata eccezionale. Non esco mai. (silenzio. Più forte la musica)

Celestino                       - Chissà quanto guadagnano quei due lì per cantare quattro canzonette.

Diana                            - A te che importa? Io li vorrei vedere tutte le sere.

Amelia                          - Ci mancherebbe. Li ho già fatti stare in piedi fino a quest'ora. Deve essere tardissimo.

La Madre                      - Per carità, noi non andiamo mai a letto presto.

Amelia                          - Allora, buonanotte a tutti. Ciao, Diana. A presto, Alberto.

La Madre                      - Verrà anche domani sera? C'è il concorso a quiz.

Amelia                          - Con piacere, grazie.

Alberto                          - Dorma bene.

Celestino                       - Io l'accompagno.

Amelia                          - Perché vuole disturbarsi?

Celestino                       - Ma a me fa piacere. Andiamo. Ciao a tutti.

Amelia                          - Buonanotte. (esce con Celestino)

La Madre                      - Che sonno, mamma santa! sbadiglia)

Diana                            - Hai visto come hanno preso fuoco?

La Madre                      - Purché sia felice. Se fai la camomilla, ricordati di spegnere il gas. Su, Alberto, andiamo a dormire anche noi.

Alberto                          - (malizioso) Dormire?

Diana                            - Svelto, allora, che è tardi. (spegne la luce. S'illumina la panchina sulla quale sono seduti Celestino e Amelia)

Amelia                          - Non sono mai stata fuori fino a quest'ora.

Celestino                       - È appena mezzanotte.

Amelia                          - Io vado sempre a letto con le galline. È un'abitudine che ho preso in paese.

Celestino                       - Da molto è in città?

Amelia                          - Poco più di un mese. Non ho i genitori. In paese mi sentivo così sola. La città mi è sempre piaciuta. E, poi, qui almeno ho trovato il modo di affrontare la vita e di lavorare.

Celestino                       - Dev'essere coraggiosa, lei.

Amelia                          - Cosa potevo fare in paese? La mia vita era così grigia.

Celestino                       - Ma qui uno si sente più solo, credo.

Amelia                          - Forse è meglio.

Celestino                       - Perché dice così? Ha avuto qualche dispiacere?

Amelia                          - In paese c'era un giovanotto che si era innamorato di me. Poi ha sposato un'altra ragazza che era ricca. Io non gli avevo mai dato retta, ma sa com'è la gente. Non  mi piaceva essere compatita.

Celestino                       - Lei era. innamorata di quel giovanotto?

Amelia                          - (risentita) Io sono una ragazza seria, cosa crede?

Celestino                       - Innamorarsi può capitare a tutti.

Amelia                          - Già. (alzando gli occhi) Guardi, c'è la luna!

Celestino                       - Com'è bella. Dev'essere meraviglioso il mare in una stagione come questa: onde leggere, cielo pieno di stelle. E, poi, è primavera e i cavallucci di mare staranno danzando quasi a fior d'acqua.

Amelia                          - Danzando?

Celestino                       - Sì, danzano quando vanno in amore, a primavera. Prima tutti insieme, maschi e femmine. Poi i maschi si scelgono la fidanzata e allora ballano solo con lei.

Amelia                          - Davvero?

Celestino                       - A volte un altro maschio si unisce a una coppia. Ma tra i cavallucci di mare non esiste gelosia. Lasciano fare. Forse perché quando sono in amore e danzano sono troppo felici.

Amelia                          - Quante cosa sa lei.

Celestino                       - Il mio sogno era di poter vivere sul mare. Non ci sono riuscito. Perciò mi consolo come posso: leggendo. Ma più leggo e più lo desidero, il mare. Ci sono giorni in cui non riesco a pensare ad altro. Darei tutto quello che ho per potermene andare, libero. felice. Lasciare per sempre l'ufficio, e passare le ore su una barca. al largo. pescare.

Amelia                          - A me piacerebbe avere una casetta sulla spiaggia, con le finestre sul mare. D'inverno un caminetto acceso, una radio per sentire tante belle canzoni. e dimenticarmi di tutto il mondo.

Celestino                       - E vorrebbe viverci sola in quella casetta?

Amelia                          - No.

Celestino                       - Con chi?

Amelia                          - Con l'uomo che amo.

Celestino                       - E. non potrei essere io quest'uomo? (silenzio) Perché lei si sarà accorta che io. da quando la conosco. da quando ho avuto la fortuna d'incontrarla. sono cambiato. Mi pare di non essere più solo. (piano) Ti voglio tanto bene.

Amelia                          - Non dica queste cose, per favore. Ci conosciamo solo da pochi giorni.

Celestino                       - (vince ogni timidezza) Non riesco a pensare che a te: ogni ora, ogni minuto. Sapessi quante volte ti ho detto che ti amo. Non ho mai conosciuto nessuna donna come te. Credimi, sono sincero.

Amelia                          - (dopo un lungo silenzio) Non sono la ragazza che fa per lei, Celestino.

Celestino                       - Ma se siamo fatti l'uno per l'altra. Abbiamo gli stessi gusti, ci piacciono le stesse cose. Lo dicono tutti, anche i miei.

Amelia                          - Ho così poche virtù. Come posso farla felice? Lei è un bel ragazzo, intelligente, affascinante. le donne devono andar matte per lei.

Celestino                       - Veramente.

Amelia                          - E. poi. ha una posizione, un avvenire sicuro. Io, invece, non sono bella, non sono ricca, non sono nemmeno elegante. nella vita le sarei solo d'impaccio, non di aiuto.

Celestino                       - Non dire così, Amelia, io.

Amelia                          - (troncando) Posso amare un uomo e dedicarmi a lui, questo sì, ma non è poco? Sono una ragazza troppo semplice. Sono solo brava a sbrigare le faccende di casa: cucire, stirare, lavare, rammendare. cucinare. Ma non so far altro.

Celestino                       - E non ti pare che basti?

Amelia                          - Lo dici per consolarmi. Sai che ti voglio bene e non vuoi farmi soffrire.

Celestino                       - Mi vuoi bene? Mi vuoi bene? Ma, allora, sono l'uomo più felice del mondo. Sposiamoci subito. Dimmi che mi vuoi per marito. dimmi di sì.

Amelia                          - Meglio che ti dica di no, Celestino.

Celestino                       - Forse pensi ancora a quell'altro? Al giovanotto del tuo paese?

Amelia                          - A Federico? (un attimo d'incertezza, poi subito) No, Celestino. Ho paura soltanto di non saperti rendere felice. (troncando Celestino che sta per parlare) E, poi, come sposarci? Io non ho nulla. Vivo in una camera d'affitto. Guadagno appena per mangiare. Tu quanto hai di stipendio?

Celestino                       - Non ti preoccupare, ce la faremo. Poi avremo gli assegni familiari e se da avventizio ho la fortuna di passare effettivo, posso guadagnare anche parecchio.

Amelia                          - Un appartamentino già costa una fortuna.

Celestino                       - Per il momento potremmo vivere con la mamma. La casa è grande, c'è posto per tutti. Poi, io mi darò da fare: farò gli straordinari, cercherò degli extra.

Amelia                          - No, sarò io, invece, che cercherò di guadagnare di più in copisteria. Farò più ore, mi porterò del lavoro a casa. Dobbiamo fare qualche economia, capisci? Così quando avremo un po' di danaro da parte ce ne potremo andare.

Celestino                       - In un appartamentino?

Amelia                          - No, in un paesino sul mare, come piacerebbe a te. Affitteremo una stanzetta in una casa di pescatori e tu andrai sul mare. a pescare.

Celestino                       - (sorpreso, sconcertato, felice) Parli sul serio? (un silenzio) Ma come faremo a vivere?

Amelia                          - Non preoccupiamoci, ora: ce la caveremo. Quello che conta è che tu possa vivere come desideri: liberi e sereno.

Celestino                       - (già sognando) Mi procurerò una piccola barca. imparerò a remare. Porterò anche te sulla barca.

Amelia                          - No. Io resterò a casa e ti preparerò i panini con la frittata, la bottiglietta del vino, il thermos col caffè. Ti farò una bella maglia perché al largo è umido e fa fresco.

Celestino                       - (le bacia le mani) Tesoro. tesoro. tesoro.

Amelia                          - Poi, la sera, ti aiuterò a sbarcare i pesci e andrò a venderli. (pratica) I migliori agli alberghi, lo scarto agli orfanotrofi.

Celestino                       - (chiudendo gli occhi) È troppo bello. Oh, se fossi un cavalluccio di mare come danzerei con te questa sera, come danzerei con te. Dimmi che non è un sogno.

Amelia                          - Per realizzarlo. basterà soltanto un po' di coraggio.

Celestino                       - Faremo le carte per sposarci subito. Domani stesso.

Amelia                          - Prima devi riflettere, Celestino. Perché se pensi che io ti possa essere solo di peso. che il matrimonio ti possa legare. sono disposta a seguirti anche così. Non pretendo che mi sposi.

Celestino                       - Sciocchina! Ma dove la trovo una moglie come te? Sei la donna della mia vita! (l'abbraccia)

Amelia                          - Sei sicuro che se passi effettivo guadagnerai di più?

Celestino                       - Certo!

Amelia                          - Tesoro!

Celestino                       - Dove andremo in viaggio di nozze?

Amelia                          - Dove vorrai tu.

Celestino                       - Sul mare.

Amelia                          - Sì. Andremo a cercare un bel paesino di pescatori dove un giorno ci stabiliremo.

Celestino                       - Ti amo! Ti amo! (l'abbraccia)

Amelia                          - (staccandosi) Ma potremo veramente vivere con tua madre e tua sorella? Perché se dovessimo pagarci un affitto.

Celestino                       - Stai tranquilla. Appena torno a casa, sveglio mia madre e gliene parlo subito.

Amelia                          - Grazie, amore. Sono così sola. Voglio vivere con te. Il matrimonio subito, entro la fine del mese.

Celestino                       - Appena fatte le carte. Ci sposeremo al mattino presto. Una cerimonia intima, modesta.

Amelia                          - Meglio alle dieci del mattino. Ci saranno dei violini che suoneranno la mancia nuziale, la chiesa sarà piena di fiori. io avrò un meraviglioso vestito di tulle. come una nuvola bianca. (Celestino cerca di abbracciarla. Energica) No, dopo sposati. (si spegne la luce sulla panchina e si accende nel tinello. Su di un mobile un grande mazzo di fiori bianchi. Sul tavolo una torta nuziale, vassoi, bottiglie, bicchieri. Un ciuffetto di tulle e di fiori d'arancio sopra l'acquario. La madre, aiutata da Mattea, vistosamente elegante, sta disponendo dei pasticcini sopra un vassoio)

La Madre                      - (vestita in pompa magna, emozionatissima). anche quando si è sposata Diana ero emozionata, ma non come oggi.

Mattea                           - Oggi è il maschio che si sposa.

La Madre                      - Se fosse vivo il mio povero marito, che soddisfazione, poveretto. (ha un mezzo singhiozzo) Mah, vedrà di lassù. No, quelli con la crema mettiamoli nel mezzo e ai Iati quelli con le cliegine. M'ha lasciato troppo presto, poveretto.

Mattea                           - (col suo risentimento personale) Gli uomini. tutti uguali.

La Madre                      - Non ha voluto curarsi. Ha voluto fare di testa sua.

Mattea                           - Come tutti gli uomini.

La Madre                      - Che cosa vuol farci? Destino! Fa bella figura così, il vassoio, non le pare? Ma lei ha voluto restar qui ad aiutarmi. forse le sarebbe piaciuto andare alla cerimonia.

Mattea                           - No. meglio di no. Avrei pianto.

La Madre                      - Anch'io ai matrimoni piango come una fontana. Chissà poi perché. Ad ogni modo mi sono tolta un peso dal cuore. L'unica cosa che mi spiace è che sia stato un matrimonio fatto così alla svelta. Nemmeno un mese di fidanzamento. Sognavo di vederlo sposato, Celestino, ma non con tanta furia. È un buon ragazzo, sa? Ma così strano. Ha certe idee, per la testa, qualche volta. Per esempio, il tempo che perde con quell'acquario. E i soldi che ci spende, anche. Lo so, ci sono uomini che hanno ben altri vizi, ma voglio dire. ha degli entusiasmi eccessivi. Ha bisogno di una moglie, ecco, di una moglie che gli faccia mettere la testa a partito. E Amelia mi pare proprio che sia la donna che ci vuole per lui: giudiziosa, dolce, energica.

Mattea                           - Celestino bisogna conoscerlo: è così buono.

La Madre                      - A parte certi difettucci, è un ragazzo d'oro.

Mattea                           - Ed è sensibile, onesto. Ma ha bisogno d'affetto. (si asciuga furtivamente una lacrima)

La Madre                      - Lei deve voler molto bene a mio figlio.

Mattea                           - Siamo colleghi. Nel nostro ufficio si è l'uno per l'altro.

La Madre                      - Amelia lo renderà felice. Certo se avesse portato un po' di dote, sarebbe stato meglio. Ma al giorno d'oggi, dicono, la dote non usa più. (bussano alla porta e va ad aprire) Lei è già qui?

L’usciere                       - (ha in mano un pacco) Tutto fatto. Li ho lasciati in sacrestia a firmare. Saranno qui fra poco.

La Madre                      - (commossa) È stata una bella cerimonia?

L’usciere                       - Bellissima. Ma il prete ha dovuto fare un po' alla svelta. Subito dopo c'era un funerale. Tanta di quella gente. Piangevano tutti.

La Madre                      - Alla cerimonia?

L’usciere                       - No, al funerale. (breve pausa) Mi sono permesso di portare una piccolezza.

La Madre                      - Ma perché ha voluto disturbarsi? (prende il pacco)

L’usciere                       - Faccia piano, c'è acqua dentro.

La Madre                      - Acqua?

L’usciere                       - Gli ho preso un pesciolino tropicale. So che al signor Viola piacciono tanto i pesci.

La Madre                      - Grazie. (prende il barattolo e lo mette sull'armadio col bigliettino da visita legato con un nastrino. Piano a Mattea) Con tanti oggetti utili che si possono regalare in un'occasione come questa.

L’usciere                       - Ma quante cose buone ha preparato. E che bella torta.

La Madre                      - L'ha preparata la signorina. Ha voluto incomodarsi.

Mattea                           - Speriamo sia buona. Ci sono dentro dodici uova.

Tranquilli                       - (affacciandosi) Si può?

La Madre                      - Prego, avanti. E la signora?

Tranquilli                       - È andata a casa a prendere gli altri bambini.

L’usciere                       - Fra poco saranno qui anche i miei. Ai matrimoni i bambini ci vogliono. Portano bene.

Tranquilli                       - Il mio Giorgetto sulla porta della chiesa ha detto la poesia senza sbagliare un verso. (posa un pacco sul tavolo) Con tanti auguri.

La Madre                      - S'è voluto disturbare.

Tranquilli                       - La mia intenzione sarebbe stata quella di regalargli un servizio da caffè. Ma lui ha preferito questo.

La Madre                      - (curiosa) Cos'è?

Tranquilli                       - Un pesce! (la madre, seccata, prende il barattolo e lo mette vicino all'altro)

Alberto                          - (entra con Diana) Eccoci, siamo arrivati. Tutto benissimo, mamma.

Diana                            - Una cerimonia magnifica. E un violino che suonava l'Ave Maria in un modo. Mi sono messa a piangere perfino io.

Tranquilli                       - Aspettiamoli sulla porta, gli sposi. (apre la porta e con Mattea, Diana, Alberto, l'usciere e la madre si dispone davanti alla casa per aspettarli) Ecco i testimoni. (Luciano ed Enrico appaiono. Ognuno di loro ha un barattolo in mano, ben incartato come quelli di Tranquilli e dell'usciere)

La Madre                      - (vedendoli, nota i barattoli, sospira, poi glieli prende di mano) Grazie. (e li porta dentro accanto agli altri. È però richiamata dal grido di «Viva gli sposi!» Infatti stanno comparendo Celestino, in abito scuro, che dà il braccio ad Amelia, in un vaporoso abito di tulle bianco. Tutti acclamano. La madre corre loro incontro scoppiando a piangere e li abbraccia. Gli sposi sono sorridenti e felici)

Mattea                           - (si fa avanti con un lunghissimo pacco che aveva appoggiato vicino alla porta. A Celestino) Questo è il mio regalo. Tanti auguri.

Celestino                       - Grazie, Mattea. (commosso e felice prende dalle mani di Mattea il lungo pacchetto e svolgendolo scopre una bellissima canna da pesca, nuova, nuova. La impugna e dà il braccio ad Amelia per entrare in casa)

La Madre                      - (scuote la testa, a Diana) Che regali. che regali.

Luciano                         - Però, visto che è stato Celestino ad essere preso all'amo, la canna da pesca bisognava regalar la alla sposa. (risate. Tutti. mentre gli sposi entrano in casa, buttano riso e intonano la Marcia Nuziale. Amelia ha un attimo di commozione e scoppia a piangere tra le braccia della madre. Tutti allora si occupano di lei. Celestino rimane appartato accanto all'acquario e, mentre la luce si spegne tutt'intorno e si accentra su di lui, una voce dolce ed imperiosa copre le

Voci                               - di tutti)

Una voce                       - Celestino, sii felice! (mentre la luce si spegne, cala la tela)

SECONDO TEMPO

La stessa scena del primo tempo. La luce si accende nel tinello, dove c'è ora maggior confusione. Il divano-letto su cui dorme la madre è in disordine. Celestino entra in scena agitato e compie affrettatamente le sue azioni: finisce di vestirsi, si allaccia le scarpe, beve a sorsate il caffè-latte. Si sentiranno dolcemente autoritarie le

Voci                               - dei componenti della famiglia.

La Madre                      - Celestino, mangia!

Amelia                          - Celestino, mettiti il cappotto!

Diana                            - Celestino, sbrigati!

Alberto                          - Celestino, svegliati, andiamo, altrimenti facciamo tardi! (entra in scena già vestito, finendo di bere il caffè) Pronto? (Celestino si fa il nodo alla cravatta, consultando l'orologio e finisce di vestirsi, mentre appaiono l'una dopo l'altra, Amelia, Diana e la madre, in vestaglia, in pigiama e in accappatoio)

La Madre                      - Mangia almeno un panino. Al mattino bisogna nutrirsi.

Alberto                          - Specie quando si è in luna di miele.

Diana                            - Sei ancora lì? Ma è tardi! Ciao, Alberto. (lo bacia)

Alberto                          - Ciao, amore. Fammi una bella pastasciutta per mezzogiorno. Ciao a tutti. Vieni, Celestino. (esce)

Amelia                          - Ciao, tesoro. Telefonami. Sarò tra un'ora in copisteria.

Celestino                       - (la bacia in fretta e fa un saluto agli altri, dà uno sguardo all'acquario dove il numero dei pesci è aumentato) Arrivederci. Ciao, mamma. (esce e lo vediamo attraversare di corsa la strada con Alberto)

Diana                            - (appena Celestino è uscito) Allora, racconta, Amelia. Da quando sei tornata non abbiamo ancora avuto il tempo di parlare. Sei felice? (fa sedere Amelia sul divano-letto)

La Madre                      - (siede accanto a lei) È andato tutto bene?

Diana                            - Su, svelta, Amelia. Allora? (si spegne la luce nel tinello e si accende nell'ufficio. Tranquilli sta timbrando il cartellino. Leggermente affannata, dietro di lui, Mattea. Anche lei bolla il cartellino)

Mattea                           - Dio mio, ce l'ho fatta. Credevo di essere in ritardo.

Tranquilli                       - Io non sono mai in ritardo e mai in anticipo, sempre puntuale. Dormito bene, signorina? (entrano nell'ufficio dove l'usciere sta finendo di fare le pulizie)

Mattea                           - Grazie, e lei?

L’usciere                       - Buongiorno. Hanno visto che bella giornata?

Mattea                           - (siede alla scrivania) Sì, ma caldina.

Tranquilli                       - (s'infila le mezze maniche) È strano, non c'è più stagione di mezzo. Troppi esperimenti. troppe scoperte. (Celestino arriva di corsa e timbra il suo cartellino, poi entra nell'ufficio)

L’usciere                       - Toh, ecco lo sposo! Ben tornato, signor Viola.

Mattea                           - (sorridente) Come va? Come va? Grazie dei confetti.

Tranquilli                       - Squisiti.

L’usciere                       - Molto bella la bomboniera. Mia moglie ne ha fatto un magnifico portacenere.

Tranquilli                       - Allora. questa luna di miele?

L’usciere                       - (strizzando l'occhio) Com'è andata? Com'è andata?

Tranquilli                       - Uh, che occhi cerchiati.

Mattea                           - Mi pare dimagrito.

L’usciere                       - (minacciandolo scherzosamente con la mano) Signor Viola. signor Viola. (Celestino schermendosi guadagna la sua scrivania) Non ci racconta nulla?

Tranquilli                       - S'è divertito?

Mattea                           - Era bello il mare?

Celestino                       - Beh, veramente. abbiamo cambiato programma.

Mattea                           - Non siete stati al mare?

Celestino                       - No. All'ultimo momento abbiamo pensato di andarcene al paesino di mia moglie. Lei desiderava tanto rivedere i suoi parenti e farmeli conoscere.

Tranquilli                       - È naturale. Ha ancora i genitori sua moglie?

Celestino                       - No. Zii, cugini, nipoti. tanta di quella gente. non ci lasciavano un minuto soli.

L’usciere                       - Chissà quanti bei pranzetti.

Celestino                       - Sì, non siamo stati male. È un paesino allegro, in mezzo ai prati.

Tranquilli                       - Scommetto che ci sarà stato anche un bel fiume per pescare.

L’usciere                       - Che pescare! Quando si è in viaggio di nozze.

Celestino                       - Sì. non sarebbe stato possibile. Si è troppo occupati.

L’usciere                       - (malizioso) Certo. certo.

Mattea                           - Ed ha passato tutta la luna di miele al paese di sua moglie?

Tranquilli                       - Ben fatto! In campagna si mangia sano, si spende poco e si sta in pace.

L’usciere                       - Io, però, quando mi sono sposato sono andato a Venezia. Se uno non approfitta del viaggio di nozze per conoscere un po' il mondo.

Mattea                           - Come sta la signora?

Tranquilli                       - Ancora niente in vista? (Celestino non capisce)

Mattea                           - (intervenendo) Beh. ancora è presto.

Tranquilli                       - Io mi sono sposato il quindici aprile. Ebbene, il quindici gennaio, esattamente nove mesi dopo, mia moglie partoriva.

Celestino                       - Noi, per il momento. non vogliamo bambini.

Mattea                           - Si dice sempre così, ma poi.

L’usciere                       - Anch'io e la mia Beatrice la pensavamo come lei. Invece. un figlio dietro l'altro, come le ciliege. Nove in dieci anni di matrimonio.

Celestino                       - Ma lei è più prolifico di un merluzzo.

Tranquilli                       - 11      matrimonio senza bambini non ha senso. Certo, i figli costano, ne so qualcosa io. Per fortuna che, ringraziando il cielo, ora, con la promozione, posso far fronte meglio alla vita.

Celestino                       - Ha avuto il passaggio al grado C? Complimenti.

L’usciere                       - Promozione meritatissima.

Mattea                           - Doverosa.

Tranquilli                       - Ho sempre fatto soltanto il mio dovere. Nulla di più.

L’usciere                       - Un po' di pazienza e la promozione toccherà anche a lei, signor Viola.

Celestino                       - Detto tra noi, spero di poterne fare a meno. Appena posso. taglio la corda.

Mattea                           - Come sarebbe a dire?

L’usciere                       - Vorrebbe lasciare un posto come questo?

Tranquilli                       - Ha trovato di meglio?

Celestino                       - Non si tratta di questo. Appena posso mi licenzierò per trasferirmi con mia moglie in un paesino sul mare.

Tranquilli                       - E che cosa farà?

Celestino                       - Andrò a pescare.

Tranquilli                       - Questa è bella. Uno si sposa, mette su famiglia e poi pianta il lavoro per andarsene a pescare.

Celestino                       - Ognuno nella vita deve fare quello che gli piace. Del resto, mia moglie è d'accordo con me.

Tranquilli                       - Scusi, ma i figli come li manterrà?

Celestino                       - Ho già detto che per ora non ne vogliamo. Mia moglie ed io lavoreremo: quando saremo riusciti a fare qualche economia. faremo il salto.

Tranquilli                       - (con sarcasmo). nel buio.

Celestino                       - Affari miei. (siede alla sua scrivania. Un attimo di pausa)

Tranquilli                       - Io non voglio certo permettermi di darle consigli. Però siccome sono più vecchio ed ho più esperienza di lei le dico soltanto: prima ci pensi bene.

L’usciere                       - Uno stipendio non è da buttare. Specie ora che si riparla di aumento.

Celestino                       - La libertà non c'è nulla che la paghi. Nemmeno uno stipendio.

Tranquilli                       - Sì. Ma. e i figli?

Celestino                       - Per ora non ne avremo.

Tranquilli                       - Ma verranno.               

L’usciere                       - Certo. È legge di natura.

Celestino                       - (seccato) E se verranno. ci penseremo. (consulta le pratiche che ha sulla scrivania) Ma chi è stato a mettere i moduli C.47 insieme ai moduli E.42?

Tranquilli                       - Una nuova circolare ha disposto che i moduli C.47 ed i moduli E.42 vadano, d'ora in poi, catalogati assieme. I C.47 si chiamano C.47 barra A e gli E.42 si chiamano C.47 barra B. È chiaro?

Mattea                           - È stato fatto per semplificare.

Celestino                       - Allora. li posso mettere insieme?

Mattea                           - Eh no. Catalogati insieme, ma i barra A con i barra A e i barra B con i barra B. Cartelle separate. E attento a non confonderle.

L’usciere                       - (che sta per uscire) Allora, signor Viola, il solito panino alle undici?

Celestino                       - No. D'ora in poi risparmio. Il panino lo mangerò quando andrò a pescare.

L’usciere                       - Le diventerà lungo lo stomaco, signor Viola. (esce. Celestino incomincia a bollare. Tranquilli e Mattea riprendono il loro lavoro, mentre si spegne la luce nell'ufficio e si illumina il terrazzino del caffè)

Enrico                           - ... cose che succedono soltanto da noi.

Luciano                         - All'estero, caro mio, c'è democrazia.

Enrico                           - Qui, diciamolo pure, siamo tutti caproni. Chi protesta? Nessuno. Mugugniamo, questo sì, perché siamo italiani, ma poi. chiniamo la testa.

Luciano                         - Sai che ti dico? Sono le aree depresse quelle che ci fregano.

Enrico                           - E chi paga è sempre Pantalone.

Luciano                         - Mi dirai che in fondo anche se il caffè costa cento lire in più non casca il mondo. Ma non è per le cento lire. È per il principio. Dov'è la democrazia? Io da domani non prendo più caffè.

Enrico                           - Va là, resisterai due o tre giorni, poi.

Luciano                         - Lo prenderò se qualcuno me l'offrirà. (vedendo Celestino avvicinarsi) Guarda chi si vede: lo sposino.

Enrico                           - Come va, sposo? Finita la luna di miele? (Celestino sorride e dà la mano ai due amici)

Luciano                         - Sei un po' sbattuto, eh?

Enrico                           - Su, raccontaci com'è andata.

Luciano                         - (volgare) È stata contenta la sposina?

Enrico                           - Ha imparato a farti lo zabaione?

Celestino                       - (secco) Beh, avete finito?

Luciano                         - Celestino!? Sei diventato permaloso.

Enrico                           - Hai avuto qualche sorpresa? Non è andata come pensavi? Come ci si sta con la corda al collo? Ti fa rigare dritto la mogliettina?

Luciano                         - Comanda già lei in casa?

Enrico                           - Te lo porta il caffè al mattino quando ti svegli? (ridono)

Celestino                       - Amelia ed io siamo fatti l'uno per l'altra. Siamo felici e ci vogliamo bene.

Enrico                           - Speriamo che duri.

Celestino                       - Certo che durerà.

Enrico                           - E che ne sai? I primi mesi di matrimonio sono sempre deliziosi. Per forza! Si passa il tempo a far l'amore. Ma, poi, sempre la stessa donna finisce che ti stufa. E perfino far l'amore diventa un'abitudine. E allora. vengono fuori i guai.

Celestino                       - Quando ci si vuol bene veramente, quando c'è comprensione.

Luciano                         - A proposito di comprensione, a quando l'erede?

Celestino                       - C'è tempo. Prima abbiamo ben altri programmi da realizzare.

Enrico                           - Meno male che hai la testa sul collo. Dà retta a me. Io, se fossi al tuo posto, il primo figlio lo farei fra dieci anni.

Celestino                       - Amelia ed io la pensiamo come te.

Enrico                           - La tua mogliettina ha del buon senso.

Celestino                       - E, tu, Luciano, quando ti sposi?

Luciano                         - Prima devo sistemarmi. Per fortuna comincio ad ingranare.

Enrico                           - Lo sai che questo filibustiere il mese scorso s'è fatto un capitale?

Luciano                         - L'articolo è buono, basta saperci fare. Pare niente la carta, ma pensate a quanta se ne consuma in un giorno in un quartiere. Se non ci fosse la carta come andrebbe avanti il mondo? Senza la carta bollata, per esempio, senza le cambiali.

Enrico                           - Luciano s'è trovato il mestiere che fa per lui. Con la sua parlantina se li conquista subito i clienti.

Luciano                         - Specie le donne. Me n'è capitata una. la padrona di una macelleria. Abbiamo combinato un giro d'affari che non so se mi spiego. Oltre al resto, dopo, certe bistecche.

Enrico                           - Anch'io per fortuna ho quasi sempre a che fare con le donne. Il negozio, anche se è piccolino, comincia a marciare.

Luciano                         - La tua merce è delicata. La carta invece.

Enrico                           - Ma vendere fiori è un divertimento. Sotto le feste per esempio, solo col vischio te ne fai di soldini. Certo, è un lavoro che ha i suoi rischi: con un impiego invece si va sul velluto. Però vuoi mettere le soddisfazioni che dà un negozio di fiori?. Le corone da morto, per esempio. Guadagni quanto vuoi. E di gente ne muore sempre. Specie d'inverno quando i fiori costano di più.

Celestino                       - Beati voi che avete un lavoro che vi piace. Io, invece, col mio impiego. una tristezza.

Luciano                         - Ma hai la vita facile! Non ti viene certo l'esaurimento.

Enrico                           - E lo stipendio corre sempre.

Celestino                       - Ma guadagno poco. E la vita è grigia. noiosa. Ogni volta che entro nel mio ufficio mi sento stringere il cuore. Non ero nato per fare l'impiegato. (sospira) Per fortuna che ora ho qualcuno che mi capisce. che mi consola. La sera, tornare a casa ha un senso per me. Eh, è una gran cosa l'amore. (alza le spalle con un po' di malinconia. La luce si spegne sul terrazzino del caffè e si accende nel tinello. Amelia è seduta al tavolo coi gomiti appoggiati e la testa tra le mani. Sta piangendo. La madre è vicino a lei e tenta di consolarla)

La Madre                      - Amelia, per favore. non prendertela così. Ti fa male piangere a quel modo.

Amelia                          - Sono così. mortificata.

La Madre                      - Sei stanca. Il matrimonio è stato per te una grossa emozione e. (Amelia scoppia nuovamente a piangere)

Celestino                       - (entra in casa fischiettando. Vedendo Amelia che piange, si arresta stupito) Che c'è?

La Madre                      - (con dolcezza) Anche tu, figliolo mio. la riduci in un modo tale questa povera creatura.

Celestino                       - Io?

Amelia                          - (tra le lacrime) No. lui non ha colpa.

La Madre                      - (materna, orgogliosa e preoccupata) Di notte non la fai dormire. E di giorno lei deve lavorare.

Celestino                       - Ma cos'ha? Non ti senti bene? Amelia.

Amelia                          - Un'umiliazione come questa.

Celestino                       - Ma cos’è successo. ?

La Madre                      - Stai calmo, Celestino. Parlale dolcemente.

Amelia                          - Non voglio più tornare in copisteria. mai più.

La Madre                      - E perché ci dovresti tornare?

Celestino                       - Cos'è successo?

Amelia                          - La relazione di fisica nucleare che dovevo ricopiare era difficilissima. piena di formule, di cifre strane. E io ero stanca. una cosa che può succedere a tutti. Deve avere confuso qualche cifra, qualche formula, non so. Quello ch'è capitato. Il professore che aveva letto la relazione in un congresso. sembrava una belva. Le parole che mi ha detto. Come se fosse mia la colpa se lui ha fatto una figuraccia. (si rimette a piangere)

Celestino                       - Non prendertela, passerotto. Resterai a casa. Aiuterai la mamma.

La Madre                      - Quello che le ho consigliato io.

Amelia                          - Mamma, sei tanto buona. Ed anche tu, Celestino. Ma io volevo aiutarti. volevo esserti utile. Tu, tesoro, fai una vita così dura per me. (piange)

La Madre                      - (piano, a Celestino) Cerca di consolarla. (forte) Io vado a scolare la pasta. (esce)

Celestino                       - Su, Amelia, perché farne una tragedia? (le fa una carezza) Cosa sono queste lacrime? Prendi esempio dai pesci che non piangono mai! Su, Amelia.

Amelia                          - Ho così paura di esserti solo di peso, ora. E abbiamo così bisogno di danaro. Devo comprarmi, scarpe, vestiti, borsetta. Ma non ti preoccupare, Celestino. Mi darò da fare, mi arrangerò da sola. Sono sicura che troverò un altro lavoro. Dimmi solo che non sei in collera con me.

Celestino                       - E perché lo dovrei essere?

Amelia                          - Tu hai fiducia in me?

Celestino                       - Lo sai: ti voglio tanto bene.

Amelia                          - A volte non mi pare nemmeno che tu sia mio marito.

Celestino                       - Il guaio è che stiamo così poco insieme. Da soli, voglio dire. Qui ci sono i miei, là al tuo paese, tutti quei parenti, tutti quegli amici. Certe volte mi arrabbio se penso al denaro che abbiamo speso a offrir pranzi a destra e a sinistra continuamente. Avremmo potuto farci un viaggio di nozze meraviglioso.

Amelia                          - Lo so, è stata colpa mia. Ma sono orgogliosa e ci tenevo a far vedere che avevo fatto un buon matrimonio e che ero felice. Sai, dopo quello che era successo con Federico.

Celestino                       - Amelia, dimmi la verità: tu pensi ancora a lui?

Amelia                          - No. Ora voglio bene solo a te. (ritornano a commuoversi) Ma ti do solo preoccupazioni, dispiaceri. Povero tesoro. (si rimette a piangere) Oggi ho anche lasciato il mio lavoro in copisteria. Come faremo a tirare avanti? Il tuo stipendio basta appena per mangiare.

Celestino                       - Non preoccuparti. Cercherò degli extra, farò degli straordinari.

Amelia                          - (singhiozzando) Ma io non voglio che tu ti sacrifichi per me!

La Madre                      - (rientra con la zuppiera) Ancora piangi? Su, Amelia, per favore. Vai a metterti in ordine, andiamo a tavola. (Amelia dà un bacio a Celestino, un bacio alla madre e corre via) Devi trattarla molto dolcemente, Celestino. È una ragazza che ha dei grandi meriti. Non devi essere nervoso con lei, poverina. È così sensibile.

Celestino                       - Lo so, mamma. (si è alzato ed è andato all'acquario. Controlla la temperatura e dà da mangiare ai pesci)

La Madre                      - Anche nell'intimità. cerca di essere carino. di non esagerare insomma. Questo è un periodo difficile per lei. Se qualche volta ti pare strana, non devi farle caso.

Celestino                       - (guarda la madre stupito) Perché?

Alberto                          - (entra) Allora si mangia?

La Madre                      - È tutto pronto.

Alberto                          - (chiamando) Diana? Amelia? (Diana e Amelia entrano subito e si mettono a tavola con gli altri)

La Madre                      - (comincia a servire) Celestino, vieni a tavola. Lascia stare i pesci, ora.

Alberto                          - (guarda severo Celestino. Lunga pausa, poi) Oggi quel mio amico. il nipote del pezzo grosso che ti ha raccomandato mi ha parlato di te. Pare che in ufficio siano contenti di come lavori.

Celestino                       - (continuando nella sua occupazione) Sì?

La Madre                      - Speriamo che da avventizio, ti passino di ruolo.

Alberto                          - (severo) Dipenderà da lui. Se si toglierà certi grilli dal capo.

La Madre                      - Cioè?

Diana                            - Celestino sa quello che vuoi dire Alberto.

La Madre                      - Cos'ha combinato? Vuoi sederti a tavola, Celestino? (Celestino siede anche lui a tavola)

Alberto                          - (serio) Non sarai diventato matto, per caso.

Celestino                       - Io, perché?

Alberto                          - Ho saputo da Amelia che vuoi lasciare l'impiego.

La Madre                      - (le va di storto il boccone che stava trangugiando) Eh?

Amelia                          - Per favore, Alberto. non è il momento.

La Madre                      - Vuoi. vuoi lasciare l'impiego?

Alberto                          - Sissignore.

Diana                            - Per andare a pescare.

La Madre                      - Ma non è possibile. L'avrà detto per scherzo.

Alberto                          - Domanda ad Amelia.

Amelia                          - (angelica) Per me. purché lui sia felice sono disposta a qualsiasi sacrificio.

La Madre                      - Ma cosa dici?

Amelia                          - Certo. ora che mi sono licenziata.

Diana                            - Per quello che ti davano.

Amelia                          - Ma se avessi continuato a lavorare, avremmo potuto fare qualche risparmio e.

Celestino                       - C'è ancora un po' di pasta? (si serve)

Diana                            - Per fortuna che a te l'appetito non manca mai.

Amelia                          - ... dovendo affrontare una nuova vita occorre del danaro.

Diana                            - Non vorrai dare retta a mio fratello, spero. Se lui non ha la testa sul collo.

Alberto                          - Ma perché di tutto questo non hai mai parlato?

Amelia                          - Era il nostro piccolo segreto.

La Madre                      - (a Celestino) E tu non dici niente?

Celestino                       - (continuando a mangiare) Parlate tanto voi. Cosa volete che dica io?

Alberto                          - A me fa rabbia quell'individuo. Ho faticato come un negro per trovargli un posto e lui.

La Madre                      - Su. su. non rovinarti l'appetito, Alberto. Sai come è Celestino. Fa sempre castelli in aria.

Amelia                          - Non sono castelli in aria. Ha proprio deciso. Ed io per la sua felicità sono disposta a tutto.

Alberto                          - Per la sua felicità? Ma che pretende di più? Ha un buon impiego, una brava moglie, una famiglia, una casa con tutte le comodità, perfino il televisore. Cosa gli manca?         

Celestino                       - La libertà.

Alberto                          - La libertà? Mica sei carcerato.

Amelia                          - A Celestino pesa l'ufficio, l'orario, la disciplina del lavoro.

Alberto                          - Oh, bella. A chi non pesa? Questa è la vita.

Diana                            - Caro mio, che ti credi? Anche a me piacerebbe avere la Cadillac, la villa al mare e la cameriera che mi lava la schiena.

La Madre                      - Celestino, stiamo parlando con te. Ma che uomo sei? Dovrai pur sentirle, le tue responsabilità.

Amelia                          - (dolce) Sì, ma lui sogna il mare.

Alberto                          - Il mare può goderselo d'estate, quando va in ferie.

Diana                            - (ironica) A lui manca la libertà!? (ride)

Alberto                          - Cos'è, poi, questa libertà? Spiegamelo un po'!

Celestino                       - (scattando) Basta! Smettetela una buona volta di scocciarmi!

Tutti                              - Come? Come? Celestino!

Celestino                       - Che diritto avete di ficcare il naso nelle mie faccende? Sono maggiorenne. Faccio quello che mi piace. Non mi avete mai lasciato libero di me stesso. Mai. Volevo fare il marinaio, m'avete mandato negli alpini, volevo diventare pescatore, m'avete rinchiuso in un ufficio. Fino a quando sarò costretto a darvi retta? Quando potrò fare quello che piace a me? Non v'impicciate più nella mia vita. (urlando) Lasciatemi in pace una buona volta, per la miseria, o io.

La Madre                      - Celestino, non gridare, per carità.

Celestino                       - Non gridare? E perché non dovrei? Grido invece. Urlo finché ne ho voglia. Ecco: (gridando) Ih! Oh! Ah! (Amelia scoppia a piangere)

Alberto                          - (si alza e prende per il bavero Celestino) Ma non hai coscienza? Fallo almeno per lei. (indica Amelia)

Diana                            - Vergogna! Nelle condizioni in cui si trova.

La Madre                      - Mi stupisco, Celestino.

Alberto                          - Sei un farabutto! (lo lascia e lo fa cadere di nuovo sulla sedia)

La Madre                      - (abbracciando Amelia) Non piangere. Non ti fa bene. Stai calma.

Diana                            - (cercando anche lei di calmarla) Su. non è niente.

Celestino                       - (realizzando) Nelle condizioni in cui si trova? Ma in che condizioni?

La Madre                      - Come? Celestino? Ma dove vivi? Sulla luna?

Amelia                          - A lui non ho ancora detto niente.

Alberto                          - Come, non sai che aspetta un bambino?

Celestino                       - L'hai detto agli altri e non a me?

Amelia                          - Avevo paura che non fossi contento. A te dispiace, lo so. Con un bambino tutto cambierà. E i nostri progetti. Ma non è colpa mia, Celestino. Non è colpa mia.

Celestino                       - (è commosso, stupito. Tutti lo guardano con riprovazione. Abbraccia Amelia) Scusami, ma io che ne sapevo? Sono contento. Davvero. sono contento. Del resto. è giusto. È la natura.

Amelia                          - Sei contento? Davvero? (tutti ora guardano Celestino sorridendo, rappacificati con lui)

Celestino                       - (guarda tutti, poi si alza ed avvicinandosi all'acquario) Certo. certo. Però. come sono saggi i pesci. Non fecondano la femmina, loro. Fecondano le uova. (guarda Amelia e mentre tutti lo osservano sconcertati, la luce si spegne nel tinello e si accende nel giardinetto del caffè dove sono seduti Luciano ed Enrico)

Luciano                         - ... quando canta certe canzoni tipo americano è magnifico!

Enrico                           - Magnifico? Straordinario!

Luciano                         - Una voce fantastica!

Enrico                           - Sensazionale!

Luciano                         - Ha un senso del ritmo feroce, spaventoso.

Enrico                           - Un colosso!

Luciano                         - Per me è geniale.        

Enrico                           - Poi, invece, quando canta le altre canzoni è schifoso.

Luciano                         - Fa pietà.

Enrico                           - È fasullo.

Luciano                         - Insopportabile.

Enrico                           - Bela.

Luciano                         - Una vocetta da castrato.

Enrico                           - Dovrebbe vergognarsi. (Celestino entra in scena)

Luciano                         - Ciao, «papà».

Enrico                           - Contento? Maschio, no?

Celestino                       - Maschio.

Luciano                         - Però. non hai perso tempo, eh? Da quando conosci tua moglie?

Celestino                       - Otto mesi.

Enrico                           - Allora. proprio un settimino.

Celestino                       - Ma a vederlo sembra un bambino normale.

Enrico                           - Come l'hai chiamato?

Celestino                       - (pensoso) Federico.

Enrico                           - Hai cambiato idea? Volevi chiamarlo Delfino.

Celestino                       - Sì, ma mia moglie, dopo le doglie. esausta, quando la suora le ha chiesto come voleva chiamarlo, ha detto il primo nome che le è venuto in mente.

Luciano                         - E tu, volevi aspettare qualche anno prima di.

Celestino                       - Abbiamo pensato che i figli è meglio averli quando si è giovani.

Enrico                           - Specie se sono già in fabbricazione. (ride con Luciano)

Luciano                         - Allatta tua moglie?

Celestino                       - Mezzo e mezzo. Quello è nato con una fame. Strilla notte e giorno. Vorrebbe sempre mangiare.

Luciano                         - E tu. notti bianche.

Celestino                       - Dormo con mio cognato.

Enrico                           - Bell'egoista!

Celestino                       - Non so se sia meglio il bambino che strilla o mio cognato che russa.

Enrico                           - Ad ogni modo tutto bene?

Celestino                       - Mia madre e mia sorella sono impazzite dalla gioia: la casa è piena di pannolini. A tavola, invece dei tovaglioli usiamo i pannolini. E vedeste poi mio cognato: sembra lui il padre.

Enrico                           - E tu sei contento, eh?

Celestino                       - (senza eccessiva convinzione) Beh, certo. Però. non riesco mai ad avvicinarmi nemmeno alla culla. Tra mia moglie, mia madre, mio cognato, mia sorella, le amiche, i vicini, c'è sempre tanta di quella gente che gli sta attorno. L'altro giorno sono riuscito a farmi largo e ad arrivare fino alla culla; ho fatto per prenderlo in braccio. tutti addosso: non lo sai tenere. lo fai cadere. hai le mani sporche. Quello, poi, manco a farlo apposta strillava come un indemoniato.

Enrico                           - (sincero) Certo un figlio dev'essere una gran cosa. Chissà come sei felice.

Celestino                       - (con sforzo) Sì.

Enrico                           - (con una punta d'invidia) Sei nato con la camicia. Ora hai tutto. Che ci manca?

Celestino                       - Sì, me lo dico anch'io. (dopo una esitazione) Eppure, sapete, pensavo fosse diverso essere felici.

Luciano                         - Diverso, come?

Celestino                       - Non so. Pensavo di sentirlo dentro, di rendermene conto da solo. Pensavo che la felicità fosse. come posso dire? Come un foruncolo sul naso, che, quando spunta, uno se ne accorge subito. Invece so di essere felice perché tutti me lo dicono. perché tutti me lo dimostrano. Ma io pensavo che la felicità fosse un'altra cosa, che mi riempisse di allegria. di voglia di cantare. di gioia di vivere.

Luciano                         - Parli così perché invece che con tua moglie dormi con tuo cognato.

Enrico                           - Forse ha ragione. Ora la sua vita è cambiata. Prima era felice quando correva dietro alle ragazze, quando faceva una conquista. Ora la felicità è avere una famiglia, una vita propria, un equilibrio.

Celestino                       - Forse se avessi un lavoro in cui credere. Se potessi fare qualcosa per me. proprio per me.

Luciano                         - Non lamentarti, cosa vuoi di più dalla vita?

Celestino                       - Non mi lamento. Ma mi sento inutile. Ho l'impressione di non essere necessario a nessuno. In ufficio che io ci sia o no, non cambia niente. In casa. nessuno si occupa di me. specie, ora, col bambino. (riprendendosi) Ma è un bellissimo bambino, sapete? Bianco e rosso come la mela. E fa tanta di quella pipì.

Luciano                         - Su, su. Andiamo alla partita che si fa tardi. Vieni con noi, Celestino?

Celestino                       - (rassegnato) Perché no? Una boccata d'aria alla domenica fa bene. (si avvia con loro. Si spegne la luce sulla terrazza del caffè e si accende sulla panchina dove è seduta Mattea, in abito da festa. Mattea ha una matita in mano ed un'aria ispirata. Sta componendo una poesia e si ispira al cielo, all'albero, all'ultimo sole. Celestino passa davanti a lei per rientrare in casa)

Mattea                           - (vedendolo) Signor Viola.

Celestino                       - Signorina Mattea.

Mattea                           - Mi chiami «signorina Mattea»?

Celestino                       - E tu «signor Viola». (sorridono. Mattea fa cenno a Celestino di sedere. Celestino, dopo un momento d'esitazione, siede) Che fai qui?

Mattea                           - Nulla. Cercavo di. buttar giù qualche verso.

Celestino                       - Fa vedere. (cerca di prenderle il quaderno)

Mattea                           - (schermendosi) No, sciocchezze. No, ti prego, lascia stare. Dimmi del bambino.

Celestino                       - È bello grasso. È nato di tre chili e mezzo.

Mattea                           - Parecchio. per un settimino.

Celestino                       - Già. (pausa) È carino. Sorride già.

Mattea                           - Un bambino precoce.

Celestino                       - Molto vispo.

Mattea                           - Come suo padre.

Celestino                       - (si fa serio) Non mi somiglia molto.

Mattea                           - I maschi, di solito, prendono della madre.

Celestino                       - Già. (pausa) Ti trovo bene.

Mattea                           - Per la salute non mi lamento. E tu, come stai? Felice? (Celestino fa cenno di sì) Hai lasciato tua moglie sola, oggi?

Celestino                       - È rimasta con il bambino. Ha insistito perché uscissi io. Ora tornavo a casa.

Mattea                           - Al focolare domestico. (sospirando) Chissà come ti coccolano. come ti viziano. (Celestino sorride suo malgrado) Naturale, sei il beniamino. Mi rendo conto di come sia importante per te esserti fatto una famiglia. Sei un buon ragazzo, sensibile, sentimentale. Ma non hai un carattere facile. Sei esigente. Hai bisogno di tenerezza continua. e sei un poco egoista. Con te bisogna dare. Dare sempre. Eh, ti conosco. (sospira) E sei anche goloso. Ti piace la buona cucina. i dolcetti. Ti ricordi delle torte che ti preparavo io?

Celestino                       - Me le ricordo sì.

Mattea                           - Chissà quante buone cose ti prepara ora tua moglie. (silenzio) E a pescare non ci vai più?

Celestino                       - No.

Mattea                           - Certo. La felicità ora è tra le mura della tua casa.

Celestino                       - (troncando) Proprio così.

Mattea                           - Ricordi, invece, una volta? Quando mi parlavi dei salmoni, dei mari del sud, dei battelli che andavano a pesca di foche, di balene, lassù nel Baltico?.

Celestino                       - (amaro) Sogni.

Mattea                           - Speravi di realizzarli, questi sogni. Ad ogni modo. (affettuosa). l’importante è che tu sia felice. (lunga pausa) Io, invece, sono sempre così sola.

Celestino                       - II     gatto come sta?                

Mattea                           - È diventato più grosso. Non fa che mangiare.

Celestino                       - Chissà se mi riconoscerebbe ancora.

Mattea                           - Vieni a trovarci. Ti preparerò un dolcetto. Già, ma ora chissà quanti te ne fa tua moglie.

Celestino                       - Sai. ora. con tutto il lavoro che ha.

Mattea                           - Beato te. Ora te ne vai a casa. Il bambino ti sorriderà. tua moglie anche. Sei fortunato, Celestino. (si alza commossa, legge il verso che ha scritto) Il cielo è azzurro e io in mezzo al verde tapina e sola ti penso ognor felice. (esce. Celestino resta un attimo a guardarla con il cuore pieno di malinconia poi sospira, si alza ed entra in casa. Si spegne la luce sulla panchina e si accende nel tinello dove Diana sta stirando. Celestino, entrando, chiude la porta sbattendola)

Diana                            - Ssss! Il bambino s'è appena addormentato. fa piano.

Celestino                       - Bel tipo, quello! Di giorno dorme e di notte strilla.

Diana                            - A te che importa? Non dormi con Alberto?

Celestino                       - Amelia dov'è?

Diana                            - In cucina. Sta facendosi uno zabaione.

Celestino                       - Ne ho voglia anch'io.

Diana                            - (secca) Tu allatti forse? (a Celestino che sta per mettersi a sedere sulla sedia) Non vedi? C'è la roba del bambino. (Celestino fa per sedere su di un'altra sedia) No, lì devo mettere i panni stirati.

Amelia                          - (entrando) Sei tornato, Celestino?

Celestino                       - Come va, Amelia?

Amelia                          - Un po' stanca. (siede e comincia a mangiare lo zabaione. Celestino la guarda con l'acquolina in bocca)

La Madre                      - (entra con dei panni che ha lavato e li stende nella stanza) Oh, Celestino. La casa per te è un albergo. Ti si vede solo per mangiare e dormire.

Celestino                       - È stata Amelia che ha insistito tanto per farmi uscire.

Amelia                          - Sei stato alla partita?

Celestino                       - Sì.

La Madre                      - Ti sei divertito?

Celestino                       - Figurati, c'era un chiasso d'inferno. una confusione.

Diana                            - Bravo, lamentati anche. (pausa) La pupù era bella, stasera?

La Madre                      - Bella, ma non come quella di ieri.

Amelia                          - Quella di ieri era più bella?

La Madre                      - Quella di ieri era bellissima!

Celestino                       - (annusando affettuoso Amelia) Uhm, sai di latte.

Diana                            - E di che vuoi che sappia? Di profumo francese? (pausa)

La Madre                      - Che faremo domani da mangiare?

Celestino                       - Da tanto non facciamo il cotechino con i cavoli.

La Madre                      - (categorica) Meglio un minestrone. Fa latte.

Celestino                       - (ad Amelia, che continua a mangiare zabaione e biscotti) Posso andare a vedere il bambino?

Diana                            - No, lo svegli.

Celestino                       - Andrò in punta di piedi.

La Madre                      - Dovrai accendere la luce.

Celestino                       - Non l'accenderò.

Amelia                          - Se non accendi la luce, non lo vedi. Perciò è inutile che tu vada a disturbarlo. (silenzio. La madre piega i pannolini. Diana stira. Amelia mangia)

Celestino                       - (alla madre) Lavori anche di domenica, eh? (si ferma davanti all'acquario)

Diana                            - Non tutti possono andare alla partita.

Amelia                          - Povero Celestino. è giusto che la domenica si prenda qualche distrazione.

La Madre                      - Bella fortuna portare i pantaloni.

Diana                            - Per noi donne, invece, la domenica significa soltanto andare a messa. (pausa)

Amelia                          - Tesoro?

Celestino                       - Sì? (resta davanti all'acquario)

Amelia                          - Non potresti chiedere un altro anticipo?

Celestino                       - È il terzo che chiedo. E alla fine del mese? Con lo stipendio che ho.

Diana                            - Dovresti fare più straordinari.

Celestino                       - Questo mese ho fatto quasi il massimo.

Diana                            - Quasi.

Celestino                       - (perdendo la pazienza) E va bene. Ne farò ancora di più.

La Madre                      - (dolcissima) Non gridare. Svegli il bambino. (pausa)

Celestino                       - Dov'è il giornale?

Amelia                          - L'ha preso Alberto. Perché? Volevi leggerlo?

Celestino                       - No. Mangiarlo. (si alza di scatto e va ad accendere il televisore)

La Madre                      - Celestino, svegli il bambino.

Celestino                       - Lo metto piano.

Amelia                          - Anche se lo metti piano si sveglia lo stesso.

Celestino                       - Accidenti, che udito fino! (va all'acquario e guarda i pesci. L'acquario è ora molto più grande. Amelia ha finito di mangiare e ora lavora a maglia)

La Madre                      - Anche oggi non finivo mai di lavare.

Diana                            - Non è possibile andare avanti così. Ci vuole la lavatrice più grande. Bisogna comprarla.

Celestino                       - Ma abbiamo già troppe scadenze alla fine del mese.

Amelia                          - (dolcissima) Con tutta la roba che c'è da lavare, Celestino. Ti rendi conto?

Diana                            - Fanno delle ottime condizioni di pagamento. E servirà sempre più di un acquario.

Celestino                       - Ma le cambiali con che le paghiamo?

Diana                            - Alberto dice che dovresti trovarti un lavoro extra ufficio.

Celestino                       - Perché, invece, non se ne trova uno lui?

Diana                            - Alberto non ha figli da mantenere. (pausa)

Celestino                       - (passeggia nervosamente per la stanza, poi) Stasera non si mangia?

Diana                            - Hai fame? Con tutto quello che hai divorato a mezzogiorno. Noi abbiamo cenato presto. Vogliamo andare al cinema.

La Madre                      - Nel frigidaire c'è del latte e una fettina di manzo dell'altro ieri.

Celestino                       - Una fettina di manzo? Io ho una fame da lupo. Che mangia Alberto?

La Madre                      - Alberto è andato in trattoria con degli amici.

Celestino                       - Non poteva rimorchiare anche me? Stasera ho una fame. (entra in cucina)

Amelia                          - Credete che si sveglierà?

Diana                            - Se si sveglia lo cullerà.

Amelia                          - Mi dispiace lasciarlo solo.

La Madre                      - Del resto. lui è stato fuori tutto il giorno.

Amelia                          - No, alludevo al bambino.

La Madre                      - (a Celestino che torna mangiando pane e formaggio) Celestino, il formaggio era per domani.

Celestino                       - Ma io ho fame. Posso farmi un uovo?

Amelia                          - Con gli ultimi due mi sono fatta lo zabaione.

Celestino                       - In questa casa i soldi non servono per mangiare, ma solo per comprare elettrodomestici.

Diana                            - E per mantenere i tuoi pesci. (ha finito di stirare) Sbrighiamoci, facciamo tardi.

La Madre                      - Mi metto il cappotto e sono pronta. (esce con Diana. Celestino siede avvilito)

Amelia                          - (lo guarda, poi) Qualcosa che non va? (silenzio) Povero tesoro, ti diamo tante preoccupazioni. La tua vita non è quella che sognavi. Ma è il destino. (silenzio) Perché mi sei cosi lontano?

Celestino                       - Ti pare che siamo ancora marito e moglie noi due?

Amelia                          - Celestino, nelle mie condizioni.

Celestino                       - Non in questo senso. Non abbiamo più tempo per stare insieme.

Amelia                          - Lo so, ma col bambino.

Celestino                       - Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Però.

Amelia                          - Credevo fossi contento di avere un figlio.

Celestino                       - Lo sono. O, per meglio dire, lo sarei, se il bambino.

Amelia                          - Cosa vuoi dire?

Celestino                       - Niente. Niente. Non te ne ho mai parlato, perché farlo ora? Sono passato sopra a tutto. così. per vederti serena.

Amelia                          - (subito sulla difesa) Non capisco, spiegati.

Celestino                       - (senza raccogliere) Ho fatto come i cavallucci di mare che quando sono in amore si sentono felici e danzano. E non badano se un altro cavalluccio di mare.

Amelia                          - Ma, Celestino, io voglio.

Celestino                       - No, lasciamo stare, acqua passata. Ti voglio tanto bene che non voglio pensare a niente. A niente. Vieni qui, vieni più vicino. (le prende le mani) Stasera Alberto non c'è, la mamma e Diana vanno al cinema, il bambino dorme. tra poco saremo noi due soli, qui. Noi due soli: io e te. Ricordi quando la sera ti accompagnavo a casa e ci sedevamo su una panchina a parlare? Quanto tempo è già passato. (sospira) Peccato che il nostro fidanzamento sia stato così breve. Sono stati i più bei giorni della mia vita. Ma per essere ancora felici. basta così poco, Amelia. Basta che noi due.

Amelia                          - Povero Celestino. mi spiace che tu debba lavorare tanto per me.

Celestino                       - No, per favore. Non parliamo di lavoro, non parliamo di tristezze. (la prende dolcemente, la fa sedere sulle sue ginocchia e l'abbraccia) Ecco. ora mi sento felice. Tu ed io. Noi due insieme. Ti stringo e dimentico tutto il mondo. Ti bacio qui, dietro l'orecchio. Ricordi, una volta, come ridevi.

Diana                            - (entra con la madre. Tutt'e due sono vestite per uscire) Amelia, non sei ancora pronta?

La Madre                      - (con un dolce rimprovero) Non farle perder tempo, Celestino. Deve essere di ritorno a mezzanotte per la poppata.

Celestino                       - (guarda tristemente Amelia che si è alzata) Esci anche tu?

La Madre                      - Poverina, sta sempre chiusa qua dentro.

Amelia                          - Diana e la mamma hanno tanto insistito.

Celestino                       - Se volevi andare al cinema avrei potuto accompagnarti io.

Diana                            - Sei già stato alla partita, tu.

La Madre                      - (affettuosa) Ti lamenti che non ti lasciamo mai col bambino. Questa sera potrai averlo tutto per te. Su, svelta, Amelia.

Amelia                          - Faccio in un momento. (esce)

La Madre                      - Se piange fagli la camomilla. È nel barattolo di smalto in cucina. Non più di un cucchiaino, mi raccomando.

Diana                            - Attento alla spilla di sicurezza, se lo sfasci. Che non se la ingoi.

La Madre                      - Qui ci sono i pannolini.

Diana                            - Non fasciarlo troppo stretto alla vita.

Amelia                          - (rientra vestita per uscire) Mi spiace lasciarti solo, ma.

Celestino                       - Vai, vai tranquilla. (ricambia il suo bacio)

Diana                            - Non far sciocchezze, eh? (si avvia per uscire)

La Madre                      - Mi raccomando.

Amelia                          - Posso star tranquilla, Celestino?

Celestino                       - Ma che credete? Che faccia come i pesci combattenti, che si mangiano la prole? (le tre donne lo guardano un attimo interdette, poi escono) Ciao. (rimasto solo sospira, cammina per la stanza, fa per accendere il televisore, ma subito si arresta. Allora si avvicina all'acquario e comincia a trafficare, graduando la luce, dando da mangiare ai pesci, controllando l'acqua. Ma, subito, si sentirà lo strillo acuto del bambino, seguito da altri strilli, altrettanto acuti e prepotenti. Esce dalla stanza e si sentirà la sua voce che cerca di far addormentare il bambino) Chicco. Chicchino. Ninna nanna. Nanna ninna. (il bambino strilla più forte. Allora rientra in scena spingendo la culla nel tinello. Fa smorfie e gesti per calmare il bambino che continua a piangere. Non sa più che fare. Prende il bambino in braccio e gli fa vedere i pesci nell'acquario. Il bambino continua a piangere. Lo rimette nella culla. Si guarda attorno, disperato, poi scopre in un angolo la canna da pesca. Attacca all'amo un sonaglietto ed impugnando la canna, la fa muovere sopra la culla. Il bambino smette immediatamente di piangere. Continuando a muovere la canna canta una ninna nanna. Si spegne la luce nel tinello e si accende nell'ufficio, dove Tranquilli, Mattea e Celestino, insieme all'Usciere, stanno mettendo a posto delle pratiche d'archivio, passandosele l'un l'altro)

Tranquilli                       - ... lei, Viola, non può lamentarsi: quest'anno ha già avuto il passaggio da avventizio a impiegato di ruolo.

L’usciere                       - ... e non ha nemmeno pagato da bere.

Celestino                       - Non posso mai disporre di danaro. Guadagno poco e abbiamo tante spese. Questo mese si è aggiunta la lavatrice. Poi il lettino per Federico. Ora bisogna pensare alla villeggiatura.

Mattea                           - Porta la famiglia al mare?

Celestino                       - Il medico ha consigliato la mezza montagna.

Tranquilli                       - In casa mia non si è mai saputa cosa fosse villeggiatura. Ci muoviamo soltanto il giorno di Ferragosto per andare a fare merenda in campagna, tutti assieme.

L’usciere                       - Io da tre anni vado ai fanghi. Mi manda la Cassa Malattia. (convinto) Bella fortuna i reumatismi!

Mattea                           - Io andrò a far la cura delle acque, come sempre.

Celestino                       - Mia moglie rinuncerebbe volentieri a partire. Ma per il bambino.

L’usciere                       - I miei, li mando in colonia.

Tranquilli                       - La villeggiatura potrei permettermela anch'io, intendiamoci. Ma non voglio mode nuove. Ne abbiamo fatto a meno finora e siamo stati benissimo. Perciò, anche se ho la promozione. Andiamo più spesso al cinema, ora. Prima una volta al mese, adesso ogni quindici giorni. Ma vent'anni ho lavorato per arrivare a questo. Vent'anni. Prenda esempio da me, signor Viola. Ci vogliono costanza e spirito di sacrificio per fare carriera. E, ora, vi saluto.

L’usciere                       - Dieci minuti ancora, signor Tranquilli, e abbiamo finito.

Tranquilli                       - Finiremo domani. (guarda l'ora) Alle cinque io stacco. (si infila il cappotto, prende il cappello e se ne va) Buonasera.

Tutti                              -  Buonasera. (Tranquilli esce. Lo vediamo timbrare il suo cartellino e uscire)

Celestino                       - Aspettare vent'anni per far carriera?! Ma vi rendete conto di che cosa sono vent'anni? Una vita. E se penso che sono qui già da cinque. (smette di sistemare l'archivio. Anche gli altri due interrompono il lavoro)

L’usciere                       - E io che cosa dovrei dire, allora? Come usciere ho cominciato e come usciere finirò. Col lavoro di fiducia che faccio. Pratiche delicate, da portare da una sezione all'altra. Lettere a mano personalissime. Come me le affidano, le consegno. E se mi capita, così, per caso, di leggerne il contenuto. una tomba! Almeno mi facessero usciere capo!

Celestino                       - Io non ho mai chiesto permessi. Se sono arrivato qualche volta in ritardo ho sempre ricuperato, non mi sono mai compromesso politicamente, a Natale e a Pasqua ho sempre mandato gli auguri a tutti i capi servizio.

Mattea                           - E i moduli che ho riempito io in tutti questi anni? Tutti uguali, tutti dello stesso colore.

L’usciere                       - Allora qui. meglio lasciare tutto così com'è. Finiremo domani. Ora vado a chiudere le persiane. Trentasei finestre. Calcolando un minuto e mezzo per ogni finestra sono cinquantaquattro minuti. (esce. Celestino si è seduto sulla scrivania, sconfortato)

Mattea                           - Su, coraggio, Celestino.

Celestino                       - Ma ti pare giusto vivere così? Ho smesso perfino di fumare.

Mattea                           - Scusa, Celestino, ma. senza complimenti, quando ti serve qualcosa.

Celestino                       - Grazie.

Mattea                           - Lo farei così volentieri.

Celestino                       - Lo so, ma. (lunga pausa. Mattea lo guarda interrogativamente) Sono stato troppo cattivo con te.

Mattea                           - Non mi amavi.

Celestino                       - Almeno con te potevo parlare. sfogarmi.

Mattea                           - E con tua moglie?

Celestino                       - È difficile spiegarti. Viviamo in famiglia. In più c'è anche il bambino. La sera, dirai tu, quando andiamo a letto. Ma quello è proprio il momento in cui si cerca di non pensare. E poi. poi si è stanchi. Qualche volta, sì, cerco di parlare; ma o lei si addormenta. o il bambino si mette a piangere.

Mattea                           - Tu vuoi bene a tua moglie?

Celestino                       - (a fatica) Sì. E anche lei me ne vuole. Ma tutto è così diverso da come immaginavo. Amelia fa tutto per amor mio, dice. Ma quello che fa non è quello che io vorrei. Chissà! Per lei ci voleva un altro uomo: Federico. (ha la voce quasi spenta dalla commozione) Beata te che vivi con un gatto.

Mattea                           - (affettuosa, commossa) Povero Celestino.

Celestino                       - Eppure, da ragazzo, la vita mi pareva così facile. Farò un lavoro che piace a me, mi dicevo. Mi sposerò. avrò dei figli.

Mattea                           - Tu, almeno, qualcosa hai raggiunto. Cosa dovrei dire io?

Celestino                       - Ma io volevo ben altro.

Mattea                           - (quasi a sé) Pescare, eh?

Celestino                       - Non soltanto per pescare, Mattea. Ma per allontanarmi da tutto quello che di brutto, di cattivo c'è in questo mondo. Ed essere libero, libero. Ma, ormai, la mia vita è quella che è, come poterla cambiare? Non mi resta che sognare. Amelia, invece, non sogna mai. Vedi la differenza? Lei è felice così, non desidera cose irraggiungibili. Dorme serena. Io invece la notte penso e quando mi addormento sogno: barche che si gonfiano al vento. frotte di pesci colorati bianchi coralli. meduse gigantesche. miracolose visioni di fondi marini. oceani tempestosi e mari fermi nella bonaccia. Tutto un mondo d'acqua che mi attrae e mi affascina. Solo a contatto con quel mondo io potrei essere felice. (sospira) Eh, forse la felicità, quella vera, la raggiungiamo soltanto nei sogni. Perché dormendo, almeno, non abbiamo obblighi, non abbiamo doveri, non abbiamo responsabilità.

Mattea                           - (serena) lo con te sono stata felice. E non era un sogno.

Celestino                       - (un po' mortificato) Vedi? Dico delle sciocchezze.

Mattea                           - (si alza, gli fa una carezza e poi siede accanto a lui) Se trovassi un lavoro. un lavoro qualsiasi, sul mare. saresti ancora disposto a lasciare tutto ed andartene?

Celestino                       - Certo. Basterebbe che guadagnassi qualcosa da poter aiutare la mia famiglia.

Mattea                           - Una mia cugina s'è sposata qualche giorno fa col capitano di una baleniera finlandese.

Celestino                       - (quasi non riuscendo a convincersi) Il capitano. di una baleniera. finlandese. ? Tua cugina?

Mattea                           - Potrei scrivergli. Dirgli di prenderti con lui.

Celestino                       - (le prende le mani e gliele bacia, poi, subito sognando) Su di una baleniera?. Dev'essere meravigliosa la vita su di una baleniera. I mari del Nord. le isole. le aurore boreali. i ghiacci. (tornando in sé) Ma che posso fare io su di una nave?

Mattea                           - Imparerai a fare il marinaio. Ci riuscirai. Ma tua moglie.

Celestino                       - (implorante) Scrivi a tua cugina, Mattea! Per favore! Scrivile subito.

Mattea                           - Ci vorrà molto tempo per avere una risposta. Lui sta in mare mesi e mesi.

Celestino                       - Avrò pazienza, aspetterò.

Mattea                           - Scriveremo la lettera insieme. Questa sera quando verrai da me. Ora però. zitto. Dobbiamo lavorare. (va a sedere alla sua scrivania e comincia a riempire un modulo)

Celestino                       - Già, lo straordinario. (comincia a bollare, dapprima rapidamente, poi sempre più lentamente fino a fermarsi) Le balene! Sai, Mattea, che le balene sono dei mammiferi come noi?

Mattea                           - Proprio come noi?

Celestino                       - Beh. quasi. (allegro, energico, riprende a timbrare. Si spegne la luce nell'ufficio e si accende nel giardinetto del caffè, dove sono Luciano, Enrico e Celestino)

Luciano                         - ... il mio quando è nato pesava tre chili e trecento.

Enrico                           - La mia tre chili. Ma è una bambina. Ha certi occhietti che sembrano mirtilli.

Luciano                         - Vedrai quando comincerà a parlare.

Enrico                           - Certo, ora, ho più lavoro. Mia moglie finché allatterà verrà in negozio solo qualche ora. Dovrò mandare avanti tutto io.   

Luciano                         - Vedrai i soldi che ci vogliono con un bambino. Domandalo a Celestino.

Celestino                       - Ora mio cognato mi ha trovato un lavoretto extra ufficio: vado a registrare i conti in una sartoria per signora.

Luciano                         - Una sartoria per signora? Mica sei fesso, eh?

Enrico                           - A proposito di signore. Quando sono andato a prendere mia moglie in clinica, ho conosciuto una infermiera. Delle gambe, un petto. Vi giuro, potrebbe fare l'attrice. Ieri le ho mandato quaranta rose. Se non le mandavo a lei avrei dovuto buttarle perché fino a oggi non duravano. Ho fatto colpo. La vedo domani.

Luciano                         - Io, da quando sono sposato, niente più relazioni fisse. Costano. Soltanto, ogni tanto, qualche avventura.

Celestino                       - Voi che avete conosciuto tante donne, come sono le finlandesi?

Enrico                           - Le finlandesi? Perché?

Celestino                       - Così. mi piacerebbe sapere come sono le finlandesi. (Luciano ed Enrico lo guardano stupiti mentre si spegne la luce nel giardinetto e si accende nel tinello. L'acquario è ora grandissimo e tiene quasi una parete. Si vedono pesci strani e colorati che vanno avanti e indietro. Sul fondo c'è una piccola grotta, dei rami di corallo e delle bellissime conchiglie. È mattina; la madre, leggermente invecchiata, in vestaglia, sta preparando il caffè, seduta sul letto ancora in disordine. Diana sta pettinandosi)

La Madre                      - . io proprio non so più dove mettere la roba. Quest'acquario occupa tutta la parete.

Diana                            - Tu gli lasci fare tutto quello che vuole.

La Madre                      - Lo sai anche tu, è un buon ragazzo, ma quando si tratta dei suoi pesci. non ascolta nessuno.

Diana                            - Con quello che gli costano.

La Madre                      - Ha rinunciato a tutto per questo acquario. Non fuma più, non va al cinema. Io non lo capisco, non lo capisco proprio. A volte ci penso, non mi pare nemmeno normale. Stanotte mi sono svegliata all'improvviso e non me lo vedo lì, davanti a me, tutto bianco, in pigiama?. Mi sono presa uno spavento! Alle due di notte s'era alzato per venire qui a guardarsi i pesci.

Diana                            - Cose dell'altro mondo!

La Madre                      - Certo è un bell'acquario, non c'è che dire. Ma come può un uomo, perché a trent'anni si è uomini.

Alberto                          - (entra in pigiama ed interrompe sbuffando) Insomma, cosa fa là dentro?

Diana                            - (parte in picchiata e va a bussare fuori scena) Celestino, ti decidi di uscire? (rientra in scena e riprende a pettinarsi)

La Madre                      - Una volta si sbrigava in cinque minuti.

Alberto                          - Roba da matti! Come se il bagno fosse suo. (gridando) Celestino, vuoi uscir fuori? (Celestino entra in maniche di camicia con un librone sotto il braccio. Alberto esce di scena)

Diana                            - Volevo ben dire. S'era chiuso dentro a leggere la vita dei pesci!

Celestino                       - Certo! In camera mia non posso far luce perché sveglio Federico. (a Diana) In camera tua ci sei tu con tuo marito. Qui dorme la mamma; in cucina, tra lavatrice, macchina a gas e il resto, non c'è spazio nemmeno per una sedia. Dove posso mettermi allora a leggere un poco in santa pace?

La Madre                      - Ma che gusto ci provi a leggere sempre.

Alberto                          - (dall'esterno) Diana, la camicia!

Diana                            - Vengo. (esce)

La Madre                      - A volte penso persino che tu sia un po' matto. (Celestino non risponde, tutto preso dall'acquario) Invece di occuparti di tua moglie, del bambino. Ma cosa ci trovi in quei pesci? Sono belli, hanno dei magnifici colori, ma che per loro tu debba dimenticare tutto il resto.

Amelia                          - (entra in vestaglia e con una tazza di caffè-latte in mano. Siede e comincia a mangiare) Celestino, ma a che ora ti sei alzato, alle sei non c'eri già più.

Celestino                       - I pesci non dormono mai.

La Madre                      - Che ragionamenti! Tu non sei un pesce. (gli versa il caffè)

Celestino                       - (sorseggiando) È freddo.

La Madre                      - Per forza, te ne stai chiuso un'ora in bagno. Su, fai tardi. Vèstiti. (Celestino si tira giù le maniche della camicia, si fa il nodo alla cravatta)

Alberto                          - (entra fischiettando, annodandosi anche lui la cravatta) Bella giornata, oggi. Scommetto che fuori ci sono almeno diciotto gradi.

La Madre                      - (quasi angosciata) Cosa faremo, oggi, per colazione?

Celestino                       - (abbottonandosi il polsino) Amelia, mi manca un bottone.

Amelia                          - Ma che ci fai coi bottoni? Ci giochi? (infila un ago, si mette il ditale e comincia a cucirglielo) Stai fermo, per favore.

La Madre                      - Vado a prenderti il caffè-latte. (esce)

Alberto                          - (intanto fa qualche movimento di flessione) Devo fare qualcosa per mandar giù la pancetta.

Celestino                       - Alberto, ci metteresti anche la nave affondata?

Alberto                          - Dove?

Celestino                       - Nell'acquario.

La Madre                      - (entra col pentolino del latte) Ecco il latte. (lo versa ad Alberto) Dammi la tua scodella, Celestino.

Alberto                          - A me piace così. Non metterci più niente. (Celestino porge, con la mano libera, la sua scodella alla madre, che comincia a versare il latte. Si sente la voce del bambino che chiama «Mamma! Mamma!»)

La Madre                      - (posa il pentolino sul tavolo ed uscendo) Gioia, ti sei svegliato?

Diana                            - (mettendo dentro la testa) Amelia, Chicchino s'è svegliato!

Amelia                          - Eccomi. (a Celestino) Finisci tu. (Celestino resta con la scodella in mano e il bottone cucito a metà, con l'ago che gli penzola dalla camicia. Alberto scoppia a ridere)

Celestino                       - (seccato) C'è poco da ridere. (posa la scodella e finisce di attaccarsi il bottone)

Alberto                          - Non te la prendere. Hai l'acquario! (pausa)

Celestino                       - Alberto. tu non. tu non hai mai desiderato una vita diversa?

Alberto                          - Certo. Se avessi un po' di milioni.

Celestino                       - Non voglio dire questo. Avrai pure fatto sogni anche tu da ragazzo.

Alberto                          - Certo! Pensavo di diventare un grande calciatore.

Celestino                       - E non ci sei riuscito?

Alberto                          - Non ne avevo la stoffa. Ero fatto per diventare un impiegato, come te. (Celestino lo guarda, vorrebbe dire qualcosa, ma rinuncia e beve il caffè-latte. Alberto lo guarda; evidentemente gli fa pena) Che fai, stasera?

Celestino                       - Che vuoi che faccia? Starò in casa.

Alberto                          - Conosco due ragazze. carine e di spirito. Vuoi che combini? (Celestino non risponde, indeciso) Pensaci. Mi dai la risposta stasera. Se poi tu non vieni, telefono ad un mio amico. (pausa) Sai, a volte anch'io ho bisogno di stordirmi un poco. Se uno si mette a pensare. guai! Andiamo, è tardi.

Celestino                       - Saluto il bambino. (esce. Si sentono le Voci)

Amelia                          - Non entrare. Fai corrente.

Diana                            - Stiamo facendogli il bagno.

La Madre                      - Saluta papà, Chicchino.

La voce di Ciccino        - Ciao, papà!

Celestino                       - Ciao, ciao! (rientra) Andiamo, allora. (esce con Alberto. Li vediamo passare correndo per la strada mentre si spegne la luce nel tinello e si accende nell'ufficio dove sono Tranquilli e Mattea. Tranquilli sta facendo dei conti con la calcolatrice. Mattea sta battendo a macchina. Un rumore infernale che si interrompe ad ogni battuta e riprende immediatamente come se fosse il seguito della conversazione)

Mattea                           - Tranquilli?

Tranquilli                       - Sì?

Mattea                           - Sa che questa settimana usciremo alle sedici e trenta invece che alle diciassette?

Tranquilli                       - Perché?

Mattea                           - Perché sabato è festa. (pausa. Ognuno riprende il suo lavoro)

Tranquilli                       - Signorina Mattea?

Mattea                           - Sì.

Tranquilli                       - Che c'entra?

Mattea                           - Che cosa?

Tranquilli                       - Il fatto che usciamo mezz'ora prima col fatto che sabato è festa.

Mattea                           - C'entra, sì, perché siccome sabato è festa, noi non dovremmo ricuperare ogni giorno mezz'ora per avere il sabato pomeriggio libero. Si tratta di una nuova disposizione.

Tranquilli                       - Ah! (riprende a lavorare. Pausa) Ma noi non verremo a lavorare sabato mattina?

Mattea                           - No. Perciò, usciremo mezz'ora prima gli altri giorni.

Tranquilli                       - Ah, capisco, ora. (riprende a lavorare)

Mattea                           - Il signor Viola è venuto?

Tranquilli                       - Sì, ma è andato giù all'archivio generale. (riprende a lavorare)

L’usciere                       - (entra) Una petizione. (fa vedere un foglio da firmare)

Mattea                           - Di che si tratta?

L’usciere                       - È diretta al capo del personale. Si richiede che i cartellini per firmare le presenze cambino di colore ogni mese.

Tranquilli                       - Perché?

L’usciere                       - Così. per variare un poco. Ogni mese un colore diverso, secondo le stagioni.

Mattea                           - È un'idea bellissima. (firma)

Tranquilli                       - Trova?

Mattea                           - A me sembra molto poetica.

Tranquilli                       - Io non firmo. Idee di donne.

L’usciere                       - Infatti, sono le signorine del secondo piano che hanno preso l'iniziativa. Secondo me, però, quando si fa una petizione bisognerebbe chiedere cose più serie. Per esempio: che i cartellini fossero messi per ordine di anzianità. Il mio sarebbe il decimo. (esce. Mattea e Tranquilli riprendono a lavorare. Suona il telefono)

Tranquilli                       - Pronto? Sì, Tranquilli. Ma no! Il modulo C.47 va in nove copie. È il modulo E.49 che va in sette. Prego. (posa il ricevitore scuotendo il capo)      

Celestino                       - (entra in scena con una pila di pratiche) Uff! Quanto pesano. Mi manca il fiato. (le posa sulla sua scrivania. Tranquilli prende delle pratiche, le mette in una cartella ed esce)

Mattea                           - (avvicinandosi a Celestino) È arrivata.

Celestino                       - Che cosa?

Mattea                           - La lettera. (si toglie dal seno un foglio)

Celestino                       - La lettera?

Mattea                           - Sì. Dalla Finlandia il marito di mia cugina dice che può prendere in considerazione la tua richiesta.

Celestino                       - (fuori di sé dalla gioia) Dici sul serio?

Mattea                           - Senti: «Non ho nessuna difficoltà ad imbarcare sulla baleniera il tuo collega. Non avendo egli pratica, né mestiere, sarà per lui una vita da cani. ».

Celestino                       - Che bellezza!

Mattea                           - (continuando a leggere) «La paga che gli potrei dare si aggirerebbe in moneta italiana più o meno sulla cifra proposta da te. Fammi sapere qualcosa. Come stai? Eccetera, eccetera. ». Ora, rifletti bene, Celestino, devi decidere tu. Può essere un.'esperienza molto dura per te.

Celestino                       - Sarà l'inizio di una nuova vita.

Mattea                           - Ma la tua famiglia.

Celestino                       - Avrò vitto e alloggio gratis. Manderò a casa quanto guadagno. E poi. non importa. Andrò nei mari del Nord. vedrò i banchi di ghiaccio galleggiare sulle onde. le foche. le balene. Ti porterò un pinguino, quando tornerò. No, i pinguini sono nei mari del sud. (l'abbraccia)

Mattea                           - (confusa) No, Celestino. Calmati. Vorrei che mi rispondessi: non è per vigliaccheria che te ne vai.

Celestino                       - Vigliaccheria? (la guarda stupito)

Mattea                           - Pensi che lontano di qui avrai meno responsabilità. Meno doveri.

Celestino                       - Non sono un vigliacco, Mattea.

Mattea                           - E se sulla baleniera. ti sentissi più infelice ancora. inadatto a quella vita. un marinaio tra tanti marinai.

Celestino                       - Sul mare sarò felice, Mattea. È qui che non posso vivere, è qui che mi sento soffocare. Non sono come gli altri. Sono diverso, Mattea.

Mattea                           - Ne sei sicuro?

Celestino                       - (la guarda, poi sicuro) Sì.

Mattea                           - Allora. scegli la tua strada.

Celestino                       - Sì. partirò. La vita è meravigliosa, Mattea. Meravigliosa. (butta per aria con gioia ed entusiasmo tutto quello che trova sulla sua scrivania) Al diavolo queste carte. questi moduli. questi scartafacci. La vita per me comincia domani.

Mattea                           - (spaventata( Che fai? Ti licenzieranno.

Celestino                       - E che importa ormai? Ho la mia libertà.

Tranquilli                       - (rientrando) Ma che succede?

Celestino                       - Carissimo e stimatissimo collega, succede che.

Mattea                           - (intromettendosi). un colpo di vento, da quel finestrino lassù, ha fatto volare tutto quanto. (si china a raccogliere le carte)

Tranquilli                       - ... da quel finestrino? Strano! In tanti anni non era mai successo. Occorrerà almeno una settimana per mettere tutto a posto.

Celestino                       - Non sarò certo io che me ne occuperò. (scoppia a ridere fragorosamente in faccia a Tranquilli che lo guarda sbigottito. Si fa buio nell’ufficio e si accende il tinello. La madre, Amelia, Diana, sono intorno ad Alberto, che sta raccontando qualcosa di sensazionale)

Alberto                          - Vi garantisco che le cose stanno esattamente così, come vi ho detto.

La Madre                      - Vergine Santissima, che notizia!

Amelia                          - A partire da quando?

Alberto                          - Dal prossimo mese.

Diana                            - Mi pare impossibile.

Amelia                          - Come lo hai saputo?

Alberto                          - Dal mio amico, il nipote di quel pezzo grosso. «Tuo cognato fa carriera», mi dice. «Avrà in questi giorni un avanzamento importante». «Come mai?», faccio io. «Non so», mi ha risposto, «è morto uno e lo devono sostituire. E tuo cognato è un ragazzo tranquillo, che non dà fastidio a nessuno. perciò lo faremo funzionario».

Amelia                          - Come sono contenta!

Diana                            - Avrà un buon aumento di stipendio.

La Madre                      - Io ero sicura che avrebbe fatto carriera.

Amelia                          - Che soddisfazione per lui!

Alberto                          - Zitti, sta arrivando. (la porta si apre)

Celestino                       - (entra risoluto e sorridente. Vedendo tutta la famiglia riunita che lo guarda compiaciuta, resta per un attimo interdetto) Buonasera.

Amelia                          - (corre ad abbracciarlo) Tesoro!

La Madre                      - (lo abbraccia anche lei) Caro! Sono fiera di te!

Diana                            - (mentre aumenta lo stupore di Celestino) Che vuoi che ti dica? Sono contenta. Sono proprio contenta.

Alberto                          - (gli batte la mano sulla spalla) Vecchio mio, complimenti. Non bisogna mai avvilirsi.

Celestino                       - Voi sapete che.

La Madre                      - Sappiamo tutto.

Amelia                          - Non volevamo crederci. ma poi.

Diana                            - Bravo!

Celestino                       - Beh, meglio così. L'avete presa bene.

La Madre                      - È naturale.

Celestino                       - Davvero siete contenti che io.

Alberto                          - Che domande! È una notizia che fa piacere a tutti.

Celestino                       - Meno male. (sospira sollevato) Mi sentivo un peso sullo stomaco, prima di entrare. Non sapevo come dirvelo. Ora, invece, mi sento sollevato.

La Madre                      - Un biricchino. Dobbiamo brindare.

Diana                            - Non ti stancare. Faccio io. (tira fuori dalla credenza bottiglia e bicchieri e comincia a versare) A te, mamma, poco. Per la pressione.

Celestino                       - Dov'è Federico?

Amelia                          - L'ho portato ai giardini e s'è stancato. Già dorme.

Diana                            - (brindando) Alla tua salute, allora. (tutti bevono)

Celestino                       - (beve un sorso, poi cominciando a dubitare) Scusate, ma voi come avete saputo che io.

La Madre                      - Da Alberto.

Celestino                       - E a te chi te l'ha detto?

Alberto                          - Il mio amico, il nipote di quel pezzo grosso che ti ha raccomandato.

Celestino                       - Lo sapeva già anche lui?

Amelia                          - Ma tu hai già avuto la comunicazione ufficiale?

Celestino                       - (cadendo dalle nuvole) Che comunicazione?

Diana                            - Che sei stato promosso funzionario.

Celestino                       - Io? (si lascia cadere su di una sedia)

Diana                            - Ormai. sei a cavallo. La tua carriera è assicurata.

La Madre                      - Grazie a Dio, le nostre preoccupazioni sono finite.

Amelia                          - Dev'essere stata una bella soddisfazione per te. Potremo cambiare anche la macchina, ora. A rate, naturalmente. Ma, Celestino. che hai? Non sei contento?

Alberto                          - Non mi dirai che tu non ne sai niente? Ma di che cosa credevi che parlassimo, allora?

Diana                            - Guardate com'è diventato pallido. su, bevi ancora un goccetto. ti tirerà su. (Celestino è immobile davanti all'acquario. Guarda volteggiare i pesci)

Amelia                          - Celestino, non restare così. Parla. di qualcosa.

La Madre                      - Gli faccio un po' di vento. (esegue) Povero figliolo, è l'emozione.

Amelia                          - Sapessi che gioia è questa per me, Celestino. I nostri problemi sono finiti. Entreremo in una cooperativa. Ci faremo a rate l'appartamento anche noi. Con due bagni.

La Madre                      - Ho tanta voglia, io, di vivere in una casa moderna.

Diana                            - E questa l'affitteremo.

Alberto                          - Buona idea. Ora che sei funzionario potrai toglierti tutti i gusti che vorrai. Anche quello di andare a pescare.

Celestino                       - (guarda la sua famiglia, poi i pesci; lunga pausa, poi) No, a pescare non andrò più.

Amelia                          - Perché?

Alberto                          - T'è passata la voglia?

Celestino                       - Sì. Me n'è passata la voglia. (silenzio; le donne preparano la tavola. Alberto si è seduto in un angolo a leggere il giornale. Improvvisamente) E se. rinunciassi?

Alberto                          - A che cosa? (le tre donne si sono fermate e lo guardano col fiato sospeso)

Celestino                       - Alla promozione, alla carriera, a tutto. E me ne andassi via. Lontano. Sul mare.

Alberto                          - Non parlerai sul serio, spero. Ormai hai fatto carriera. Hai una famiglia. La tua vita è qui.

Celestino                       - (lo guarda tristemente e ripete rassegnato) Già. La mia vita è qui. (le tre donne, evidentemente sollevate, riprendono i loro lavori. Lungo silenzio. Guarda i pesci) Beati loro! (è distrutto. Non sa che fare, non sa che dire. Si asciuga il sudore della fronte. Poi, si avvicina ad Alberto e gli parla piano) Alberto.

Alberto                          - Che c'è?

Celestino                       - Usciamo insieme, stasera?

Alberto                          - Ssss! (piano) L'appuntamento è per le nove.

Celestino                       - Usciamo subito, per favore. Qui soffoco, mi manca l'aria. Trova tu una scusa. Portami via.

Alberto                          - Ma che cos'hai?

Celestino                       - (disperato) Dimostrami che mi sei amico. Andiamo via. via.

Alberto                          - Lascia fare a me. Non preparate per noi. Porto fuori Celestino a mangiare. Devo pur festeggiarlo, no?

La Madre                      - Che bravo ragazzo sei!

Diana                            - Ha un cuore d'oro.

Amelia                          - Non fate troppo tardi, però.

Alberto                          - Celestino? Che ne dici di andarcene fuori noi due, stasera, a far festa? Ci stai?

Celestino                       - Sì. (va in silenzio a mettersi l'impermeabile che si era tolto entrando)

Amelia                          - Mi raccomando, eh?

Diana                            - Ti puoi fidare. Esce con Alberto.

La Madre                      - Divertitevi. Non bevete troppo. Dammi un bacio, figliolo. Sono tanto contenta, sai? (lo bacia)

Amelia                          - Ciao, Celestino. Svegliami quando torni. (lo bacia)

Diana                            - (baciando Alberto) Fate piano rientrando. (Celestino rimane fermo, assente, davanti all'acquario. Diana, ad Alberto, alludendo a Celestino) Ma cos'ha?

Alberto                          - Che vuoi che abbia? È l'emozione. È logico non se l'aspettava. Glielo abbiamo detto così. senza prepararlo. Andiamo, Celestino. (esce con lui)

La Madre                      - L'ho sempre detto. Celestino è un ragazzo troppo sensibile. Ha preso da me. Su. su. a tavola, ora, in fondo questa vittoria dobbiamo festeggiarla anche noi. (versa da bere; le tre donne siedono a tavola mentre si spegne la luce nel tinello e si accende nella strada, dove camminano adagio, ognuno sotto l'ombrello, Celestino e Alberto)

Alberto                          - (fermandosi) Che hai? Invece di far salti di gioia. Insomma, che ti prende? Sfogati almeno con me!

Celestino                       - (lontano, assente) E a che serve?

Alberto                          - Hai impostato nel modo giusto la tua vita. Dovresti sentirti tranquillo, sereno, ora.

Celestino                       - (c. s.) Non era questa la vita che volevo.

Alberto                          - Non mi dirai che pensi ancora ad andare a pescare? (Celestino lo guarda accorato) Su, andiamo. Sarebbe come se io pensassi ancora a diventare calciatore. Certi grilli bisogna toglierseli dalla testa. Si deve essere pratici e prenderla com'è, la vita. E, poi, basta sapersi organizzare. Su, allegro. Vedrai che seratina ci combineremo. Due pezzi di ragazza, che nemmeno te li sogni. E una bella bottiglia di whisky. Tu pensi troppo, caro mio. Ed è questo che ti frega. Bisogna imparare a vivere, invece. Il mondo è quello che è. Si gode come si può e poi. buonanotte. Su, andiamo. (si avvia fuori scena. Celestino ha un’esitazione, poi mogio, mogio, si avvia dietro di lui. Si spegne la luce. Un attimo di buio, poi la luce si riaccende nell'ufficio dove Tranquilli e l'usciere stanno ascoltando Mattea)

Mattea                           - ... ecco tutto. Non vi posso dire altro.

Tranquilli                       - Sparito? Come sarebbe a dire «sparito»?

Mattea                           - Non si trova più.

Tranquilli                       - Sarà partito.

Mattea                           - Senza denaro? Senza documenti?

Tranquilli                       - Sarà in casa di amici. di conoscenti.

Mattea                           - Non è da nessuna parte.

L’usciere                       - Questa è bella. Da qualche parte sarà.

Tranquilli                       - Chi l'ha visto per l'ultima volta?

Mattea                           - Anche questo è un fatto strano. Era uscito con Alberto.

L’usciere                       - ... il cognato.

Mattea                           - Appunto. Dovevano andar insieme a cena, non so dove. Suo cognato gli stava parlando, ad un tratto si volta: non lo vede più. Pensa che sia tornato a casa. Corre a cercarlo. A casa nessuno l'aveva visto rientrare. Eppure su di una sedia, proprio sotto l'acquario, c'erano il suo impermeabile, il suo ombrello, il suo cappello, come se fossero stati posati lì, in quel momento.

Tranquilli                       - Allora a casa era tornato.

Mattea                           - Invece non era tornato.

L’usciere                       - Non l'avranno visto rientrare.

Mattea                           - Impossibile. Sua madre era seduta a far la maglia proprio vicino alla porta d'ingresso.

L’usciere                       - Questa è bella, questa è bella veramente. Ma allora l'impermeabile, il cappello, l'ombrello?

Mattea                           - Mah, questo è il mistero.

Tranquilli                       - A me pare che questa storia non si regga in piedi. Se ha lasciato la sua roba sulla sedia, segno evidente che a casa è tornato. Avrà fatto piano piano per non farsi sentire. Ma io vorrò vedere come giustificherà qui, in ufficio, la sua assenza, quando tornerà. Perché qui non si scherza in fatto di assenze.

Mattea                           - Io non sono sicura che tornerà.

Tranquilli                       - Figuriamoci! Con la promozione a funzionario. Più o meno meritata.

Mattea                           - Io sto tanto in ansia per lui. Non vorrei che avesse commesso qualche sciocchezza.

L’usciere                       - Ma no, il signor Viola era un uomo tranquillo.

Tranquilli                       - Se devo dire la verità, non ho mai avuto troppa simpatia per lui: un uomo che non ama il proprio lavoro non suscita né stima, né rispetto. E poi era uno stravagante. Con tutto il lavoro che c'era da fare in ufficio. lui perdeva il suo tempo a parlare di pesci.

Mattea                           - Beh, si occupava di pesci perché gli piacevano. Ne era uno studioso. Conosceva le loro abitudini, il loro modo di vivere, le loro caratteristiche.

L’usciere                       - Aveva il pallino dei pesci, che c'è di male? Tutti quanti abbiamo qualche pallino.

Tranquilli                       - Uno stravagante!

L’usciere                       - Ma era un buon ragazzo. Poca cosa, ma a Natale e a Pasqua la mancia non se la dimenticava mai.

Tranquilli                       - E, poi, che cos'è questa storia che è sparito? Semplicemente ha disertato il suo lavoro, ecco tutto.

Mattea                           - Io sento un'angoscia. un'angoscia. Se ci penso. E dire che due giorni fa era             81 così felice. così felice. (si spegne la luce nell'ufficio e si accende nel giardinetto del caffè dove sono Luciano ed Enrico)

Luciano                         - Ma che mi dici? Non si sa dove sia?

Enrico                           - Sparito. Ti dico che è sparito!

Luciano                         - Adesso che ci penso. sono parecchi giorni infatti che non lo vedo.

Enrico                           - I suoi non si danno pace.

Luciano                         - Non ha lasciato nemmeno una lettera?

Enrico                           - Niente, niente. La famiglia ha cominciato a muoversi per fare delle ricerche. Hanno messo di mezzo le Questure, i Commissariati, gli Ospedali. Nessuna traccia. Sua madre, poveretta, non fa che piangere. E sua moglie, vedessi in che stato è, con quella creatura in braccio, fa una pena.

Luciano                         - Sarà andato all'estero a pescare.

Enrico                           - Non fare dello spirito. E poi come avrebbe potuto andare all'estero. Senza passaporto?

Luciano                         - Come clandestino.

Enrico                           - Per me, se vuoi proprio saperlo, c'è sotto una donna.

Luciano                         - Dici?

Enrico                           - È sempre stato una gatta morta, dà retta a me. Lui non diceva mai niente di quello che faceva, ma sotto sotto.

Luciano                         - Pensi che sia scappato con una donna?

Enrico                           - Ci metterei la mano sul fuoco.

Luciano                         - Ma cosa ci può trovare una donna in un tipo come quello? Voglio dire che non è un uomo, come posso dire? Come noi. Bello. lasciamo perdere, simpatico non direi, in tasca non ha mai una lira.

Enrico                           - Tu non conosci le donne, allora. Sono strane. Con degli introversi come lui ci cascano sempre. E, poi, lui alle donne chissà cosa raccontava.

Luciano                         - Magari le incantava con le sue storie di pesci.

Enrico                           - E perché no? Ne sapeva di bellissime. Quando parlava di pesci. diventava un altro. si trasformava. (si spegne la luce nel giardinetto e si accende nel tinello. La madre ha un fazzoletto in mano e ogni tanto si asciuga gli occhi. Sotto l'acquario, sopra una sedia c'è ancora l'impermeabile di Celestino con sopra il cappello. Diana è seduta al tavolo e si tiene il viso tra le mani. Alberto fuma, appoggiato alla porta. Amelia con il bambino in braccio, quasi addormentato, canta a mezza voce una monotona ninna nanna. C'è un'atmosfera da tragedia. La scena è illuminata unicamente dalla luce del grande acquario. Per qualche secondo i personaggi non parlano, solo le note della ninna nanna di Amelia)

La Madre                      - (rompendo il silenzio) È successa una disgrazia. Ne sono sicura ormai.

Diana                            - Se così fosse, a quest'ora, l'avremmo saputo. Le brutte notizie vengono subito fuori.

La Madre                      - (monotona) Per me. è successa una disgrazia.

Alberto                          - Mamma, per favore, cerca di calmarti. Prova a non pensarci.

La Madre                      - (c.s.) Già. non pensarci.

Diana                            - Quello sta benissimo. Chi sta male, invece, siamo noi che siamo qui a preoccuparci.

Amelia                          - Ci avesse almeno lasciato un biglietto. Invece.

La Madre                      - (piangendo, monotona) Povero figlio mio. povero figlio mio.

Diana                            - Fatti forza, mamma, non tormentarti.

Amelia                          - Se piangi tu cosa dovrei fare io, allora, con questa povera creatura tra le braccia?

La Madre                      - Io non capisco. Non era felice? Cosa gli mancava?

Diana                            - Aveva tutto, tutto. Una casa. una famiglia. un lavoro.

Amelia                          - Ora, poi, sarebbe diventato funzionario.

Diana                            - Incosciente. incosciente!

La Madre                      - Anche quella Mattea. Mettergli in testa la storia della Finlandia.

Alberto                          - Poveretta! L'ha fatto a fin di bene. Per aiutarlo a vivere con un'illusione.

Amelia                          - (dura) E un padre di famiglia ha forse bisogno di un'illusione per vivere? (silenzio.            83 Riprende la ninna nanna. Un grosso pesce dorato appare nell'acquario e pare osservare la famiglia)

Alberto                          - E questo pesce. (indicandolo) Vorrei proprio sapere quando è che lo ha messo nell'acquario.

Diana                            - Dev'essere stato quella sera quando è tornato a posare l'impermeabile.

La Madre                      - L'avrei visto.

Amelia                          - Eppure prima di quella sera nell'acquario non c'era.

Alberto                          - Già. (preoccupato). non c'era.

La Madre                      - A me ha fatto un'impressione quando l'ho visto per la prima volta. È stato proprio dopo che tu, Alberto, eri venuto a domandarmi se avevo visto Celestino. Poi te n'eri andato e io ero rimasta preoccupata a pensare. Quando d'un tratto, alzando gli occhi, ho visto quel grande pesce. Mi sono presa uno spavento. Perché un momento prima non c'era, lo potrei giurare. E mi guardava. mi guardava. Non mi sembrava un pesce come gli altri. Perché ha un qualcosa. un qualcosa. Non so. rassomiglia a qualcuno.

Diana                            - Ma figurati. (silenzio)

Alberto                          - (si avvicina all'acquario, guarda il pesce e improvvisamente spaventato) Ma infatti. (si trattiene)

Diana                            - Che c'è?

Alberto                          - (dominandosi) Niente. niente.

Amelia                          - Certamente deve averlo portata a casa proprio quella sera.

Diana                            - Strano, perché di solito, prima di comprare un pesce, ne parlava per dei giorni. per delle settimane. E un pesce come quello, poi.

Amelia                          - Dev'essere venuto qui. ha posato la sua roba, ha messo il pesce nell'acquario e se n'è andato.

La Madre                      - (insistente) Ma vi dico che me ne sarei accorta, lo avrei visto.

Diana                            - Eppure. quale altra soluzione ci può essere?

Alberto                          - (torna a guardare il pesce) Quello non è un pesce come gli altri.

Diana                            - Dev'essere di una specie rara. Ed è proprio per questo che non riesco a spiegarmi come Celestino dopo averlo messo nell'acquario se ne sia andato. Che abbia lasciato noi, la sua famiglia, la sua casa, il suo ufficio ancora arrivo a capirlo, ma che abbia lasciato i suoi pesci no.

Amelia                          - È vero, è vero.

Diana                            - Per il suo acquario aveva una vera mania. Ci si sarebbe ficcato dentro anche lui, se avesse potuto.

Alberto                          - (secco) Non dire queste cose, Diana!

Diana                            - (tranquilla) Perché? Non è vero, forse, che se fosse stato possibile gli sarebbe piaciuto trasformarsi anche lui in un pesce? (si accorge di aver detto qualcosa di grave. Silenzio pesante. Si guardano l'un l'altro atterriti ed evitano di guardare il pesce. La luce si va sempre più spegnendo e rimane illuminato soltanto l'acquario)

Alberto                          - (dà uno sguardo di sfuggita al pesce. Con un grido) Dio mio! Guardatelo!

Amelia                          - (con un filo di voce, guardando il pesce) Mamma santa! L'occhio è il suo.

Diana                            - Ma cosa state dicendo? Mi pare che adesso. (inavvertitamente guarda il pesce ed ha un attimo di smarrimento. Aggrappandosi al tavolo) No!

La Madre                      - Fin dal primo momento ho avuto la sensazione che in quel pesce ci fosse qualcosa di strano. Ora finalmente, ve ne accorgete anche voi. Ci guarda. Muove la bocca come volesse parlare.

Diana                            - (esitante, debolmente) Ora stiamo suggestionandoci. È un pesce come gli altri.

Alberto                          - Sì, ma. rassomiglia a lui.

La Madre                      - (finalmente, arrivandoci anche lei) A lui? Volete dire. volete dire che. (si alza, guarda il pesce, poi) Ma è vero, ecco, gli assomiglia: Celestino!

Amelia                          - Mamma! (si avvicina alla madre, piangendo. Diana insieme ad Alberto si unisce al gruppo di Amelia e la madre. I personaggi sono di spalle in ombra, nella scena ormai completamente spenta, mentre la sola luce è quella dell'acquario dove splende il grande pesce tutto dorato)

La Madre                      - (con voce tranquilla, come all'inizio, comincia a chiamarlo) Celestino? Celestino? Celestino? (cala la tela)

FINE