Il morto

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GIORGIO CASINI

GIORGIO CASINI

IL morto

Commedia... quasi un giallo, in due atti

Personaggi

CELESTINA

padrona di casa

ARSACE

suo marito

GISCARDO

loro amico

VIOLETTA

sua moglie

VENANZIO

Investigatore

AURELIO

un po' malandrino...

GRAZIANO

...anche lui

LISA

la cameriera

GIUSEPPE

Poliziotto

In casa di Celestina fra morti, telefonate, bombe e ingredienti vari

PRIMO ATTO

Stanza di soggiorno arredata pacchianamente

SCENA 1 - AURELIO, GRAZIANO

AURELIO- (Entra con cappello e occhiali scuri, chiama fuori quinta). Graziano... Graziano. L'hai trovato il posto? Sbrigati, stanno per arrivare!... Quanto ti ci vuole?

GRAZIANO- (Entra: cappello e occhiali scuri, un pacchetto in mano). Ho inciampato nella moquette, è un po' raggrinzita. Con questi occhiali neri non ci vedo un tubo.

AURELIO- Dobbiamo tenerli: siamo in missione segreta; non dobbiamo farci riconoscere. Cerchiamo piuttosto di nascondere questo pacchetto e battiamocela.

GRAZIANO- Ma cosa vuoi sbattere. Io non vedo l'ora di aver finito per andarmene.

AURELIO- Appunto; troviamo un nascondiglio, così ci si batte.

GRAZIANO- Con chi ci dobbiamo picchiare?

AURELIO- Con nessuno.

GRAZIANO- Meno male! Già, ho questo pacchettino da nascondere...

AURELIO- Bisogna metterloin un posto sicuro, dove non lo possano trovare.

GRAZIANO- Se lo trovano subito, è finita... Dove ci può essere un posto che non ci vadano a rimestare? Cosa dici, Aurelio: in qualche cassetto dell'armadio?

AURELIO- No, se vanno a prendere un vestito, una camicia, lo trovano subito. Questa gente è capace di cambiarsi anche due volte il giorno.

GRAZIANO- Certo. Son signoroni, se la passano bene... Come avranno fatto a fare i soldi?

AURELIO- Dice commerciano. Per me, ci devono avere qualche giro poco pulito.

GRAZIANO- Hanno l'impresa per la vuotatura dei pozzi neri?

AURELIO- Noo, poco pulito per dire... disonesto. Come il sor Pompeo, che è diventato, come dire: il boss che controlla tutto il quartiere.

GRAZIANO- E noi siamo riusciti a portargli via questo pacchettino... è capace quest'aggeggino costerà... qualche milione accompagnato! O Aurelio, ma perché lo abbiamo portato qui? Non era possibile tenercelo noi?

AURELIO- Sei arretrato, caro mio! Quando si accorge che gli è sparita la roba, la va a cercare e se te la trova addosso… sei del gatto, bel mi' topo.

GRAZIANO- Se invece la trova qui, se la prende con il signor Arsace e la moglie.

AURELIO- Appunto. Poi, quando le acque si sono calmate, noi veniamo a riprenderla.

GRAZIANO- Ma il sor Pompeo ci verrà, a cercarla proprio qui?

AURELIO- Secondo me, sì. Te l'ho detto prima: deve essere un giro che ci sono tutti dentro. (Voci di dentro). Arriva gente; nascondi il malloppo!

GRAZIANO- Dove lo devo mettere?... (Lo posa sul tavolino).

AURELIO- No, lì no! Lo vedono subito. Dallo a me! (Lo prende e lo infila nella tasca di una giacca da camera appoggiata su una sedia)... Nascondiamoci. Tu vai di là, Graziano! (Per scappare si urtano, battono una testata, infine escono: Aurelio a destra, Graziano a sinistra).

SCENA 2 - CELESTINA, ARSACE, VIOLETTA, GISCARDO

CELESTINA- (Entra con gli altri. Tornano dal teatro, sono vestiti con eleganza pacchiana e chiassosa). Venite, venite. Non datevi soggezione: fate conto di essere in casa mia!

ARSACE- Un pochino è anche casa mia: se sono suo marito...

CELESTINA- Te, puoi ringraziare la comunione!

GISCARDO- Ti sei messo in combutta con il parroco?

CELESTINA- La comunione dei beni! Quella cosa, che il notaio ti dice che devi fare a mezzo di tutto; tutto a metà... L'unica cosa che mi devo sopportare tutta intera è il marito che, a dirsela fra noi, non vale nemmeno la metà!

VIOLETTA- E invece siete proprio una bella coppia. Al teatro lo dicevano tutti: quella gente lì sono persone molto fascinose; sembrano Amore e Psiche, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca... Beautyfull, Cuore Selvaggio, Febbre d'Amore...

GISCARDO- Potevi dire: l'anima e il corpo.

ARSACE- Celestina, dimmi una cosa per piacere: avevi lasciato accesa la luce?

CELESTINA- Io? Non me lo ricordo... ma non l'avevi spenta tu?

ARSACE- Difatti ero sicuro di averla spenta; ma ora entro in casa e la trovo accesa... Non sarà mica entrato qualcuno?

CELESTINA- La porta era chiusa per bene. Ed è anche di quelle blindate che se non hai la chiave, non entri nemmeno a dire se Dio vuole! Sei te che rincoglionisci giorno per giorno! Oh, esce e dimentica di spegnere la luce!

GISCARDO- Non avrete mica la comunione anche sulla bolletta della luce?

CELESTINA- Mettetevi un momento a sedere... Bevete qualcosa, prima di andar via?

GISCARDO- Grazie, solo un minuto perché è già piuttosto tardi. Quella Traviata non finiva mai.

VIOLETTA- Però è stata bella... Quel soprano era proprio brava, aveva certi acuti...

ARSACE- Alla romanza "Di quella pira" veniva giù il teatro dagli applausi.

VIOLETTA- (Insicura, a Giscardo). Ma... cosa abbiamo visto stasera?

GISCARDO- Mi pare... La Traviata... Vero?

ARSACE- Perché? Quella romanza non c'è?

GISCARDO- Quella romanza che dici te... vedrai che è nel Ballo in Maschera.

VIOLETTA- Noo, ti sbagli con il veglione di carnevale dell'anno scorso. Sì, tutti mascherati: io da Fata Turchina e te da Mago Merlino; che non volevano farci entrare perché dice avevano già una chiromante per leggere la mano alla gente. E poi non era mica al teatro, eravamo al circolo culturale che si chiamava... come l'hanno chiamato?...

GISCARDO- Quello dove fummo invitati dal figlio di Sergino, che di soprannome lo chiamano Grappolo di Trebbiano perché è sempre ubriaco...

ARSACE- Il circolo culturale si chiama "Ignoranti e Soddisfatti". Una volta ci andammo anche noi, te lo ricordi, Celestina?...

CELESTINA- (Offre le sedie. Sull'ultima c'è la giacca che lei prende e tiene sul braccio). Siete molto ritardati, bambini miei! E pensare che spendo un sacco di soldi per portarvi al teatro: oh, un palco! Ho fatto l'abbonamento... son tanti soldi! Prim'ordine! Di proscenico!... E lui prende la seggiolina, si sistema in fondo e ci fa certe dormite...

ARSACE- Non è vero! Io sto attento!

CELESTINA- Si vede! Mette la pira nel letto della Traviata! Mettila magari a riscaldare la gelida manina della Bohème. Una volta sentì "celeste Aida", voleva litigare col direttore perché dice Aida è nera... E quella sera davano la Manon! O la Fanteria Rusticana? Dice lui: siccome di cavalli non se ne vede nemmeno uno, come fanno a chiamarla Cavalleria!... Bei soldi sciupati!

VIOLETTA- In fondo, per andare a teatro, non c'è mica bisogno d'essere intenditori... basta farsi vedere, salutare la gente che s'incontra, mettersi il vestitino buono... a proposito: l'hai visto come ci guardavano? Vuol dire che si era messe benino: si faceva colpo.

CELESTINA- Io, dicano un po' quello che vogliono, porto soltanto capi firmati. (Arsace le guarda il vestito) Anche questo vestito è firmato... qui, in fondo alla gonna. Guarda.

ARSACE- Io non vedo nulla... Ah, si: c'è una croce.

CELESTINA- Appunto: il mio sarto non sa scrivere, si firma con la croce.

ARSACE- Senti lì: un sarto analfabetico!

GISCARDO- (A Violetta) Il tuo sarto invece, le firme le sa fare molto bene... in fondo alle fatture.

CELESTINA- Voi uomini, pensate sempre alle uscite!

ARSACE- E voi alle entrate.

CELESTINA- State un po' calmi! Vado a prendervi da bere, così metto via questa giacchetta. La metto al sudicio perché è da lavare... Ma come si sporca quell'uomo lì! (Accenna al marito)... Cosa vi porto da bere? Un po' di cognac va bene?

GISCARDO- O magari un goccetto di whisky.

VIOLETTA- Per me qualcosa di leggero... un gin, un bicchiere di rum ...

ARSACE- Ma li reggerai?

CELESTINA- Non preoccuparti, la bottiglia la tengo in mano io! (Esce a destra)

GISCARDO- Ma poi, a vedere le opere c'è da stancarsi... Tutta quella musica... ti stordisce il cervello... E la gente che batte le mani...

CELESTINA- (D.D. emette un urlo) Ah!... Ah! Ohimmei! (Entra) Ohimmei!... C'è… di là, c'è...

ARSACE- Cosa c'è? è finito il cognac? Vorrei sapere chi è che si attacca alle bottiglie!

VIOLETTA- No, non può essere il cognac; guardala lì: è cadaverica nel sembiante... Deve essere successo qualcosa di molto grave!... Cosa c'è, Celestina, dimmelo: c'è un topo?

CELESTINA- C'è... c'è... c'è un morto!

VIOLETTA.- Un topo morto? Ohimmei! Ma è nella trappola?

CELESTINA- No! Non è un topo! È un uomo!!

VIOLETTA- Nella trappola? O come ha fatto a entrarci?

ARSACE- Ma noi non possediamo trappole per topi... Qualcuno ce l'ha messa. Ecco perché c'era la luce accesa! (Alla moglie) E te dài sempre la colpa a me!

GISCARDO- I regali, di solito, si fanno portare da un fattorino... che non accende le luci... Non c'è, per caso, un biglietto di chi lo manda?

VIOLETTA- Ma ti pare che qualcuno si metta a regalare le trappole per topi?!

GISCARDO- Hai ragione. Di solito si regala... un mazzo di fiori, un pezzo artistico: una ceramica, magari un Baccarat.

CELESTINA- Ecco: pare propio un baccalà! Ritto, impalato, con gli occhiali neri strabuzzati...

ARSACE- Ritto?... Ma, non è sdraiato... come tutti i morti per bene?

CELESTINA- No: è attaccato al muro.

ARSACE- E come fa a starci?

GISCARDO- Avranno piantato un chiodo nel muro e ce l'hanno attaccato.

ARSACE- Mi hanno rovinata tutta la parete!... Un chiodo nel muro… Delinquenti, assassini! Ma io chiamo la polizia e li denuncio!

GISCARDO- Ecco, giusto: chiamiamo la polizia.

VIOLETTA- Per un chiodo nel muro, volete chiamare i tutori dell'ordine?

ARSACE- Ma se hanno bevuto anche tutto il cognac... (Alla moglie) Ma sei propio sicura che... quel coso di là... quell'uomo... sia… (Mimica per significare "morto").

CELESTINA- Vai a vedere, se non ci credi.

ARSACE- (Si avvia verso destra, si ferma) Sarà meglio chiamare il centotredici!? (Va al telefono)

CELESTINA- No, aspetta. Se arriva la polizia butta tutto all'aria, perquisisce, prende le impronte digitali... Te lo immagini: la mia bella casina, tutta sottosopra! Sentiamo prima, quel tale lì, come si chiama... il sor Venanzio, che ha l'agenzia investigativa. Abita proprio qui vicino.

ARSACE- Già. C'era il depliant nella cassetta della posta. Dev'essere qui... Eccolo (legge). Agenzia Canbarbone, il segugio del rione: corna, affari, amori col mio fiuto non fai errori. Si dipanano delitti anche a casa. Offerta: prendi tre morti ne paghi due. Telefono... cinque... sette... Lo chiamo?... Lo chiamo. (Compone il numero) Speriamo che sia in casa... Pronto. L'Agenzia Canbarbone? Qui l'accalappiacani... No, scusi, volevo dire: qui Arsace, Arsace Benincasa... No, in casa ce ne tengo pochi... la maggior parte li tengo nelle banche... a tenerli in casa ho paura che me li rubino... Signor Venanzio: non è mica colpa mia se mio padre si chiamava Benincasa!... Stia a sentire: io in casa ci avrei un morto... sì, un cadavere, lo venga a vedere... Glielo devo salutare io? O come faccio, non lo conosco nemmeno... Venga subito; a star lì si secca... no, non lo posso innaffiare... o via: faccia presto... abito proprio due porte più in là: al cinquantasette... L'aspetto. Grazie. (Riattacca) Ha detto fra poco è qui.

GISCARDO- Almeno, lui ci saprà dire come ci si deve comportare in simili, luttuose circostanze. Intanto... (stringe enfaticamente la mano ai due) condoglianze.

CELESTINA- (A Arsace) Ti è morto quarcuno?

ARSACE- A me no, a te?

CELESTINA- Che sappia io, no. O a lui chi lo avrà detto?... Mi fai toccare ferro!

ARSACE- (A Giscardo). Scusa, siccome noi non siamo stati avvisati... Che tu sappia: c'è stata una dipartita? Insomma, c'è un morto? (Giscardo annuisce gravemente)

CELESTINA- È capace è morto il mio zio Santino! Poveruomo... Eppure stava benino: mangiava come un bufalo... Quanti anni aveva? Mica tanti, vero...

ARSACE- Ottantotto. Ora come si farà a dirlo a suo nonno... Coraggio Celestina, sarà in Paradiso.

CELESTINA- Certo: se si chiamava Santino. (Piangono) Poverino, si era sposato l'anno scorso.

ARSACE- Bella donna... Aveva novantasette anni.

VIOLETTA- Scusate: vi è morto forse, qualcuno?

ARSACE- Il suo zio Santino... lo chiamavano così perché prendeva le sbornie con il vin santo.

VIOLETTA- O quando l'avete saputo?

CELESTINA- Proprio ora: ce l'ha detto tuo marito.

VIOLETTA- E a te, chi l'ha detto?

GISCARDO- Cosa?

VIOLETTA- Del libro da messa... del santino, volevo dire... il defunto!

GISCARDO- Ah, il trapassato. L'ha detto la Celestina: è arrivata tutta spaventata... testé.

ARSACE- Ma te ci hai fatto le condoglianze; testé... Testa di...

GISCARDO- È il meno che si possa fare in tali frangenti così angoscianti. Ma provvedo subito a ordinare una bella corona. (Si avvia al telefono). Permettete?

ARSACE- Ma cosa vuoi incoronare! Non è mica un parente.

GISCARDO- In tal caso, soprassiedo. (Attimo di silenzio) Però, una bevuta la farei volentieri... Il cognac, lo tenete di là?

CELESTINA- C'è il mobile bar, c'è il frigorifero...

ARSACE- Anche a me, una sorsatina mi ci andrebbe proprio.

VIOLETTA- Andatelo a prendere... Non avrete mica paura del morto!

GISCARDO- Allora... si va? (Esce a soggetto con Arsace. Rientrano subito, spaventati)

ARSACE- Il morto... al muro... attaccato al chiodo...

GISCARDO- Non c'è più!

CELESTINA- Come non c'è più? Non vorrete farmi passare da scema!? L'ho visto bene: capelli

neri, alto, giacchetta grigia, pantalone marrone... snello... Davvero non c'è più?

ARSACE- Vai a vedere.

CELESTINA- (Esce a destra. Rientra subito). Eppure non sono ubriaca! L'ho visto bene; con queste pupille, luce degli occhi miei!

VIOLETTA- Forse si era annoiato a stare lì e se ne sarà andato. Meglio così.

CELESTINA- Io non ci capisco più nulla... Oimmei. Fammi andare al bagno perché dall'emozione sento che mi stanno venendo dei grossi disturbi all'intestino... cose viscerali… Insomma: bisogna che vada! (Esce a sinistra. Urla) Ah!!... Ah! Oimmei!... (Entra) C'è... c'è...

VIOLETTA- Il morto?! (Celestina annuisce)

GISCARDO- Ma come ha fatto a spostarsi da lì... a là?

CELESTINA- Non è il solito! È un altro!

VIOLETTA- Ma cosa avete in casa: la fabbrica dei cadaveri?

ARSACE- Ma sei sicura?... O dov'è, ritto attaccato al muro?

CELESTINA- No; è nella vasca: tutto steso.

VIOLETTA- Nudo?!

CELESTINA- (Calma) No bimba, è vestito. O per cosa l'hai presa questa casa: per un cimitero a luci rosse?... Ha un bel vestitino verde, tu vedessi...

GISCARDO- Meno male fra poco arriva l'ispettore, scoprirà qualcosa lui.

ARSACE- È capace, ora che i morti sono due, pretende più soldi!

GISCARDO- E te, fai la comunione anche con lui, così gliene dài la metà! (Campanello)

CELESTINA- Deve essere lui, il segugio, il cane di san Bernardo. Vai ad aprirgli, Arsace, sennò è capace mettersi a graffiare la porta con quelle zampacce, finisce che la rovina tutta. (Arsace esce). Mi è costata un bel po' di soldi perché è di quelle blindate e di fuori è fatta con quel legno pregiato, come si chiama... Sandrino, no... Sandro... palissandro!

SCENA 3 - VENANZIO, CELESTINA, ARSACE, VIOLETTA, GISCARDO

ARSACE- (Introduce Venanzio) Venga signor Venanzio, si accomodi.

CELESTINA- Sor Bernardo buonasera. Volevo dire sor Barbone... signor coso, insomma.

VENANZIO- (Scruta tutti poi si avvicina a Giscardo, lo osserva minuziosamente. A Arsace) È lui il morto? Per essere morto sta abbastanza bene. O di cosa è morto? Soffriva di cuore?

ARSACE- No, vede: c'è un equivoco.

VENANZIO- Un equivoco? Gli è rimasto di traverso, eh? Son molto ma molto pericolosi gli equivochi, bisogna starci parecchio attenti. Un mio cliente, mi ricordo, lo trovarono a pancia sotto con un coltello così dentro il polmone mancino... cioè... sì (compita qual è la sinistra)... questo, proprio questo. Ma quello non sarebbe stato importante! Il guaio fu che quando gli fecero l'autopsia, gli trovarono sullo stomaco un equivoco grosso così, che l'aveva fatto restare lì, secco. Insomma gli dettero delle pasticchine che sembravano di liquirizia: dopo un paio di settimane era guarito.

VIOLETTA- Mi permette? Violetta.

VENANZIO- (Galante) Che nome profumato. E di cognome come fa?

VIOLETTA- Lavanda. Sposata Olezzi.

VENANZIO- Quando la chiamano, chissà che tanfate!

VIOLETTA- Deve sapere che in casa mia erano fissati sull'opera lirica e a tutti i figli hanno messo i nomi dei personaggi famosi: Tosca, Norma, Otello, Oberto... il più disgraziato è il bimbo più piccolo: avevano finito tutti i nomi decenti e gli toccò chiamarlo Nabuccodonosor.

VENANZIO- Non che sia un gran ché, ma non è poi tanto brutto come nome.

VIOLETTA- Tanto brutto non sarebbe ma il guaio è che lo chiaman tutti col diminutivo: Bucco.

VENANZIO- In fin dei conti è sempre un nome.

VIOLETTA- Ma quella doppia c, rappresenta un ostacolo e qualcuno cerca di mangiarne un po'... mangia oggi, mangia domani...

VENANZIO- Già: Bu-co... Povero bambino, cosa gli riserva la vita.

GISCARDO- Signor detective, se volesse, nel frattempo, ispezionare la salma.

VENANZIO- Di chi?

GISCARDO- Del caro estinto.

VENANZIO- (A Arsace) Ma cosa fa quello, il becchino?

ARSACE- No, è capitano dei pompieri in pensione.

VENANZIO- Ho capito: spegneva gli incendi con le pompe funebri! (A Giscardo) L'equivoco è passato? Ha preso le pasticchine di liquirizia, eh? Gliel'ho detto: fanno bene!

CELESTINA- Senta, sor Colombo, sor Derrick; ispettore, commissario; come la devo chiamare?

VENANZIO- Mi chiami il dipanatore delle matasse più aggrovigliate che ti dipana il filo delle conseguenze logiche per accalappiare il colpevole e invischiarlo nella matassa più intrigata che non si può ridipanare neanche con la chiave inglese.

CELESTINA- Piacere. Celestina Pallini nei Benincasa.

VENANZIO- A pallini? Celestina? No no: il celeste sta bene in tinta unita... Magari qualche pallino ce lo può fare rosso o giallo: sul celeste ci dice.

CELESTINA- A parte che il giallo sul celeste, il mio sarto (agli altri) quello della croce, sapete; non ce lo mette mai: ci ha lo stile classico. Volevo dire: sarebbe bene cominciare a parlare di questi morti?

VENANZIO- Morti? Quanti sono? Quello che m'ha telefonato, che non esce mai, sta bene in casa.

ARSACE- Benincasa, sono io.

VENANZIO- Piacere. Io invece sarei il dipanatore delle matasse più aggrovigliate...

ARSACE- Abbiamo capito! Difatti io avevo detto un morto ma poi, nel frattempo, ne è arrivato un altro.

VENANZIO- E ora come si fa? Ero venuto attrezzato per arrestarne uno... Non ne aspettate mica degli altri?

GISCARDO- Speriamo proprio di no. D'altra parte, in questo frattempo (allarga le braccia) uno dei due è sparito.

VENANZIO- È volato in cielo? Si vede che era un'anima buona che gli angeli hanno portato nella gloria celeste.

GISCARDO- Amen.

CELESTINA- E dagli col celeste! Il mio sarto, il celeste non l'adopra ...

VIOLETTA- Sarebbe bene lo avessero portato in Cielo! Ma i morti non spariscano mica così. E poi, è pesante, non è vero Celestina? Chi può averlo trasportato?

VENANZIO- (Indica Giscardo) Lui! Quello delle pompe funebri!... Allora il caso è risolto, l'assassino l'ho trovato, me ne posso andare. Trecentomila. (Tende la mano)

VIOLETTA- Di cosa?

VENANZIO- Lire, pecunia... valsente, controvalore. Per il mio disturbo.

CELESTINA- Guardi che non ci siamo capiti. A parte che l'amico Giscardo non lo vedo proprio ad ammazzare la gente; di morti ce n'è sempre uno di là. Lei dovrebbe indagare, scavare.

ARSACE- Scoprire chi è stato, come l'ha fatto, dove l'ha fatto, con chi l'ha fatto, perché l'ha fatto...

GISCARDO- Poi, se del caso, si vedrà di darle...

ARSACE- Tre o quattromila lire.

VENANZIO- Come volete. Io, il colpevole l'avevo già trovato ma se a voi non sta bene... allora, vuol dire che arresterò il morto!

VIOLETTA- Il morto? Cosa c'entra?

VENANZIO- Io, col mio metodo arresto subito il morto, così non scappa; lo interrogo, gli faccio il terzo grado e mi faccio dire chi è stato. Se poi il morto non sa nulla, lo rimetto in libertà.

GISCARDO- Ascolti me: da quella parte c'e la dispensa dove c'era il primo morto, che poi è sparito, di là c'è il bagno con il secondo morto sdraiato nella vasca.

VENANZIO- Si vede che aveva da lavarsi. Del resto comincia a far caldo: si suda.

GISCARDO- Bocconi! A pancia sotto!

CELESTINA- No, supino! A pancia in su.

GISCARDO- Ma è lo stesso.

VENANZIO- Lo dice lei! Se si deve giocare al lotto c'è differenza. A pancia sotto fa ventitré, a pancia in su farà... sessantanove!... Comincio da lì... Se non dovessi tornare, avvertite a casa mia: lascio tutte le mie cose al cane barbone. (Esce a destra)

CELESTINA- Allora non è un sambernardo? È un barboncino? Io non ci ho ancora capito nulla.

ARSACE- Io però, bisogna che beva qualcosa... ma qui non è l'ambiente adatto. Vado giù al bar; vieni anche te, Giscardo?

GISCARDO- Sì, mi ci vuole proprio un goccetto per ricomporre allo stadio naturale il mio sistema nervoso... ho tutte le interiora sottosopra! In convulsione, come si suole dire.

ARSACE- Anch'io! Mi gira la testa mi sembra di essere sull'ottovolante! Dall'affanno ho il cuore in gola, se mi viene da dargli un morso ci rompo tutta la dentiera! (Escono dal fondo).

SCENA 4 - CELESTINA, VIOLETTA, VENANZIO

CELESTINA- Guardate di far presto! Qui c'è il morto!... Quando gli entra nel capo il bere non li tieni... Ma te, Violetta, hai paura dei morti?

VIOLETTA- Beh, a dirtela in confidenza... per quanto... Il bar è a due passi, vero? E poi c'è il poliziotto!

CELESTINA- Buono quello! Chissà cosa combina di là. È capace ha trovato la bottiglia del cognac si è ubriacato! (Chiama a destra) Sor Barbone! Ha trovato qualcosa?

VENANZIO- (Entra). Allora è tutto al posto. Il morto è di là buono buono; è anche bello grassoccio. Se domani lo cuoce, ne verrei a assaggiare un pezzettino; col pagare, vero.

CELESTINA- Mangiare il morto?!

VENANZIO- O come lo vuol mangiare: vivo? A me, chiamatemi buongustaio, vado matto per la coscia.

VIOLETTA- La coscia?!

VENANZIO- Se non me la potete dare mi contenterò di una polpina di petto.

VIOLETTA- O mamma!! È un cannibale!!

VENANZIO- Chi?

VIOLETTA- Lei! Ha detto vuol mangiare la coscia!

VENANZIO- Sì, del pollo nel frigorifero. È di quelli ruspanti: ha sempre la cacca nelle zampe.

CELESTINA- Sor Venanzio; non mi faccia prendere certe paure. Assai guà, son tutta bagnata... dal sudore, dai patimenti.

VENANZIO- Pazienza. Se non mi invitate, domani starò a casa: mi faccio una frittatina. (A Violetta) Vuol venire a pranzo da me domani? Ho un bell'uovo, se vedesse.

VIOLETTA- Sicché lei mi invita a mangiare e mi dà una frittatina d'un uovo in due?!

VENANZIO- Le fa male la frittura? Allora lo sbatto e ci faccio un bello zabaione, colla marsala e parecchio zucchero.

VIOLETTA- (Disgustata). Mamma mia!

VENANZIO- Ha ragione: la marsala non piace a tutti; allora non ce la metto... anche perché non ce l'ho. Lo zucchero fa ingrassare... e lei se ingrassa ancora un po'... Beh, le farebbe male! Ma a mangiare l'uovo sbattuto senza nulla è piuttosto cattivo. E poi, a ripensarci, non ce l'ho nemmeno l'uovo. Pazienza... Però non lo doveva rifiutare l'invito. Me ne sono avuto a male!

CELESTINA- Non la faccia tanto palloccolosa, con le uova e con gli zabaioni. Guardi piuttosto di scoprire qualcosa: di là c'è un morto!

VENANZIO- Ma siamo sicuri? non vorrei che facesse come quell'artro che se ne è andato e ci ha lasciato il pollo.

CELESTINA- L'ho visto io, sdraiato nella vasca.

VENANZIO- Già, a proposito! Devo giocarlo al lotto. Si era detto ventitré, e poi?...

CELESTINA- Che cosa vuole che sappia dei numeri e della cabala!

VIOLETTA- Noi giochiamo, tutt'al più alla rulotte, alla canasta, a settemmezzo... ma mica al lotto!

VENANZIO- Vi alzate tardi la mattina, eh? Ma se giocate alle sette e mezzo potete giocare anche alle otto... Beh, vado di là. Se non dovessi ritornare avvertite la mia gente: lascio tutto il mio avere all'ospizio dei bambini abbandonati.

CELESTINA- Che anima nobile! O, a titolo d'informazione, a quanto ammontano le sue sostanze?

VENANZIO- (Si fruga nelle tasche, estrae pochi spiccioli) Millequattrocentocinquanta lire.

VIOLETTA- E li lascia ai bambini abbandonati?!

VENANZIO- No, me li porto dietro! Ci ho questi soli! (Esce a sinistra).

CELESTINA- Chissà cosa combina di là... O quei due, quanto stanno? Come entrano in un bar…

VIOLETTA- Ma lo sanno che siamo sole: due donne... indifese... Io dico che fra poco son qui.

CELESTINA- Speriamo. Ma ci credo poco. Lo conosco mio marito

VIOLETTA- E io conosco il mio!... O quanto sta quell'artro, di là. Ce l'avrà trovato il morto?

CELESTINA- Ma guarda cosa ci va a capitare! Era meglio se si restava a casa! C'era quella bella telenovela alla televisione.

VENANZIO- (Entra da sinistra) Allora questa qui deve essere la casa dei fantasmi! Spariscono le cose di qui a lì: non ti puoi fidare!

CELESTINA- Cosa le è sparito: le millecinquecento lire? Noi non siamo state!

VIOLETTA- Di certo! Te lo immagini: due gentildonne che si mettono a rubare qualche spicciolo.

VENANZIO- Dove sono?

VIOLETTA- Cosa?

VENANZIO- Le gentildonne.

VIOLETTA- Non mi faccia arrabbiare! Assai...!

CELESTINA- Piuttosto, l'ha trovato?

VENANZIO- Cosa?

CELESTINA- Il morto!

VENANZIO- Proprio quello dicevo: non mi è riuscito di trovarlo in nessuna maniera! Nella vasca non c'è, nell'armadietto degli asciugamani nemmeno: ho guardato nel tubetto del dentifricio, nella boccetta dei profumi... perfino nella tazza del water! Non c'è verso di trovarlo!

VIOLETTA- Che mistero sia?

VENANZIO- E ora, al lotto, che numeri ci gioco?

CELESTINA- Stia zitto, per favore! Si figuri se ho la testa per pensare al lotto! Come lo risolviamo il problema?

VENANZIO- Non perdetevi d'animo. Aspettiamo; può darsi che ne capiti un altro, di morti.

CELESTINA- Ma stia zitto! (Telefono) Chi sarà?! (All'apparecchio) Pronto... Si, Benincasa, sarei la moglie: Celestina Pallini... No, non è morbillo, è proprio il cognome... Cosa vuole?! (Agli altri) Ha detto vuole il morto!... Non ce l'ho... Si figuri se non glielo darei... Pensi: ne avevo due, belli, robusti, bianchi e rossi crepavano di salute; sono spariti tutt'e due!... Cosa?... O il morto o un sacco di soldi?!... O dove glielo trovo un morto... Chi parla?... L'Organizzazione?... Senta signora Organizzazione, guardiamo di organizzarci. Un pollo morto non le andrebbe bene?... No, eh? Me lo immaginavo... Ho capito proprio un morto morto... farò di tutto... Ritelefona lei?... D'accordo, signora Organizzazione, mi saluti suo marito. (Riattacca).

VIOLETTA- Chi era?

CELESTINA- Una certa Organizzazione, che io non la conosco nemmeno. Ha detto vuole il morto, E se non glielo diamo vuole tanti soldi.

VIOLETTA- Quanti?

CELESTINA- Non l'ha detto. Ma aveva una voce metteva paura! Ora dove si trova un morto?

VENANZIO- Per me è tutt'un affare in codice. L'organizzazione non è una donna!

CELESTINA- Ha ragione. Difatti aveva la voce da uomo!

VENANZIO- Lo vedete? Dovete sapere che i criminali non si presentano mai con il nome e cognome, sennò sarebbe troppo facile acchiapparli.

VIOLETTA- E allora come si fa a scoprire chi sono?

VENANZIO- Si aspetta. Perché il morto, state a sentire che finezza di ragionamento, il morto non dev'essere un morto. Di sicuro è un nome in codice per voler dire qualcosa... come quando uno chiede una cosa e ne vuole un'altra: che tentenna il capo, strizza l'occhio, dà una gomitata. (Esemplifica) Mi dài il morto... Gliel'hanno data, al telefono, la gomitata?

CELESTINA- No.

VENANZIO- Perché magari non ci ha fatto caso. Son cose che bisogna starci attenti. Quest'altra volta ci stia più attenta; magari se lo faccia ripetere, perché dalle gomitate si capisce tutto.

SCENA 5 - CELESTINA, VIOLETTA, VENANZIO, ARSACE, GISCARDO

ARSACE- (Entra con Giscardo) Cosa è successo? I morti come stanno?

GISCARDO- Abbiamo bevuto un goccetto ma siamo ancora tutti mezzi rintronati

CELESTINA- Loro vanno a bere il goccetto e nelle peste ci lasciano le donne.

VIOLETTA- Se sapeste cosa è successo! Di morti non ce ne è più nemmeno uno!

ARSACE- Meno male!

VIOLETTA- Ma l'hanno cercati. Li volevano al telefono.

ARSACE- I morti?!

VIOLETTA- Hanno dato anche una gomitata a Celestina.

GISCARDO- I cadaveri?!

VIOLETTA- No, al telefono! Pare che il morto non sia morto ma hanno chiesto del morto perché volevano uno vivo! E volevano anche un mucchio di soldi: cinquecento milioni! Dovevi vederli come tentennavano il capo, strizzavano gli occhi, davano le gomitate... e se non riattaccava erano capaci di lasciar andare anche qualche pedata!

ARSACE- Per telefono?!

VIOLETTA- Ci sarà stata un'interferenza, cosa debbo dirvi... Del resto, l'ha vista anche il commissario... vero?

ARSACE- Cos'è questa storia dei cinquecento milioni?

VENANZIO- Probabilmente deve essere una banda che rapisce le persone, poi chiede il riscatto.

CELESTINA- Ma qui non hanno mica rapito nessuno! Siamo tutti qui, tutti presenti.

VENANZIO- Ma questi banditi sono più furbi: prima si fanno dare il riscatto e poi, quando uno ha pagato, gli rapiscono un parente stretto.

GISCARDO- Ma se hanno già preso i soldi perché rapiscono le persone?

VENANZIO- Quando uno paga, vuole la sua soddisfazione. Uno caccia fuori i miliardi, almeno una quindicina di giorni in una cantina, incatenato, a pane e acqua ci vuole stare. Una volta, io liberai un omino, si mise a litigare perché dice una settimana sola era poco per i tre miliardi che aveva pagato. Un suo conoscente, per ottocento milioni era stato imprigionato due mesi!

CELESTINA- Oimmei! A parlare di morti, di rapimenti; è venuta sete anche a me! Lo sai cosa faccio? Ora ci vado io giù al bar. Violetta, vieni anche te?

VIOLETTA- Volentieri. Mi ci vorrebbe proprio qualcosa per tenermi su...

GISCARDO- Una guêpière un busto con le stecche!

VIOLETTA- A te ci vorrebbe... ma dove lo so io! Noi torniamo subito. (Esce con Celestina)

SCENA 6 - VENANZIO, ARSACE, GISCARDO

GISCARDO- O se le rapiscono?

ARSACE- Stai tranquillo; son furbi i banditi. Impegolarsi con due chiacchierone di quel genere...

VENANZIO- Se non avete pagato il riscatto non le possono rapire. Dovrebbero mantenerle, attrezzarsi il covo, comprare le catene, le corde, fotografarle col giornale di domani per far vedere che sono sempre vive... Spenderebbero un mucchio di soldi. Gli conviene rapirle dopo.

ARSACE- Ecco ma, lei che c'è un po' dentro a questi delitti; cosa ne dice di questo via vai di morti. Le pare una cosa normale?

GISCARDO- Due! Mica uno! Vi sembra una cosa normale vedere due cadaveri che deambulano in casa d'altri?

ARSACE- O il telefono? Come fa un morto, a parlare al telefono?

GISCARDO- Hanno chiesto i soldi; cinquecento milioni! Di cosa se ne fanno?

VENANZIO- Eh, sa: i funerali costan cari al giorno d'oggi.

ARSACE- Ma con cinquecento milioni, uno ci compra tutto il camposanto!

VENANZIO- Questo qui, datemi retta, è un mistero che per risolverlo c'è da finircisi il capo. Nemmeno la questura, i carabinieri, la forestale, l' F.B.I ci possono far nulla. (Telefono).

ARSACE- Chi sarà? Speriamo che sia uno vivo! (Al telefono) Pronto, chi chiacchiera?... Sì, io sono io... lei è lei?... Senta signor Lei: ma lei è vivo?... Meno male, credevo che fosse morto... Sì, io son vivo. Cosa le occorre: un morto?... Mi dispiace ma non posso mica ammazzarmi per farle un piacere... O via, ci ripensi: o di cosa se ne fa di un morto? Non può mica metterlo nel frigorifero!... Cosa?? Cinque miliardi?!... O dove li trovo?... Domani a mezzogiorno... Cinque miliardi... mi richiama lei... ossequi. (Attacca) Ha riattaccato.

VENANZIO- Chi era, quella di prima?

ARSACE- Una certa Organizzazione... il cognome non me l'ha detto.

VENANZIO- Fanno così: non si vogliono far riconoscere, quei malfidati.

ARSACE- Domani a mezzogiorno!

GISCARDO- Cinque miliardi!... Ma se riusciamo a rimediare un morto, va bene lo stesso?

ARSACE- Non lo so... È già passata mezzanotte; a arrivare a mezzogiorno si fa presto.

VENANZIO- Bisognerà anche dormire un po'. Quasi quasi aggiunto due sedie e mi ci sdraio sopra così, mentre dormo, do un'occhiata per controllare.

ARSACE- Io scendo giù al bar. M'è venuta sete… Bisognerà dirlo alle donne.

GISCARDO- Mamma mia che arsione mi sento giù in fondo alla gola, non mi riesce respirare.

ARSACE- (A Venanzio) Noi usciamo, lei controlli. Mi raccomando il telefono. (Escono).

SCENA 7 - VENANZIO, AURELIO, GRAZIANO

VENANZIO- Andate andate. Qui, ci controllo io! (Sistema due sedie a mo' di lettino con frasi a soggetto) Nemmeno il Papa ci ha un lettino così... Però una copertina mi ci vorrebbe proprio: comincia a fare freschino di mattinata, sull'albore. Guardiamo un po' nella dispensa. (Esce a destra. Rientra subito rinculando con le mani alzate, seguito da Aurelio, senza occhiali, che lo minaccia con una pistola. Graziano, senza occhiali, con pistola spianata, entra da sinistra e gli si pone alle spalle) Stia buono! Se n'è avuto a male? Non volevo mica disturbarla. Cercavo una coperta: sa com'è: comincio a soffrire di dolori artritici in fondo alla schiena.

AURELIO- Zitto! O ti imbottisco di piombo!

VENANZIO- No. Per i dolori ci vuole l'acqua... a Bagni di Casciana... oppure i fanghi al Botro della Zoppina!

AURELIO- La giacca che era qui, che fine ha fatto?!

VENANZIO- Io di giacche non ne so nulla. Non son nemmeno capace di infilare un ago!

GRAZIANO- (Alle spalle di Venanzio) Poche chiacchiere! Chi sei?

VENANZIO- (Sobbalza). Ohimmei! Non si provi più a farmi bausette dal di dietro! Mi fa prendere un infarto al torace cardiaco!

GRAZIANO- Cosa ci fai qui in casa?

AURELIO- Chi sei?

GRAZIANO- Dov'è la giacca che era lì?!

VENANZIO- O quante cose volete sapere? Io mi chiamerei Venanzio ma di giacche non me ne intendo... ma perché vi sta tanto a cuore?

GRAZIANO- Perché dentro... c'era il morto!

VENANZIO- Un altro?! Bimbi non scherziamo... ce ne sono già due in giro per la casa che non son capace di agguantarne uno. Un altro spavento così, va a finire che ci rimango secco!

AURELIO- Basta così! Ora andiamo via. Ma te... silenzio! Sennò... (Gesto per tagliare la gola)

GRAZIANO- Capito?! (Ripete il gesto)

VENANZIO- Ma chi siete? Si può sapere?

GRAZIANO- Certo che lo puoi sapere. Siamo i due cadaveri...

AURELIO- I defunti...

GRAZIANO- I trapassati… (Risatina) Lui era appiccicato al muro, di là.

AURELIO- (Risatina) E lui era steso nella vasca, di là.

VENANZIO- Ah: vi cercavano al telefono. Era una certa signora Organizzazione. Dice che vi conosce... Deve vedervi in tutte le maniere prima di mezzogiorno.

GRAZIANO- Parlaci te, con l'Organizzazione!

AURELIO- E se proprio ci vuol trovare, dalle il nostro numero di telefono!

GRAZIANO- Il centralino dell'Inferno!!

AURELIO- Perché siamo morti!! Siamo fantasmi!!

GRAZIANO- E non dirlo a nessuno... (Ripete il gesto tagliagola)

AURELIO- Se chiacchieri... (Gesto)

GRAZIANO- Ti sbuzzo!

AURELIO- Ti scortico!

GRAZIANO- Ti taglio a fettine!

AURELIO- Ti dovranno riconoscere dalla dentiera!

GRAZIANO- Addio Venanzio, stammi bene!

AURELIO- Ricordati... (Gesto. Escono Aurelio e Graziano).

VENANZIO- Aiuto!!... Gente correte!! (Va verso la porta, viene meno, cade svenuto su una sedia). Oimmei... non reggo... L'infarto... l'infarto al cardiopalma... Vengo meno...

SECONDO ATTO

La stessa scena del primo atto.

SCENA 1 - LISA, CELESTINA, ARSACE

LISA- (Sta spolverando. Canticchia. Cerca qualcosa). Larallalà... Qui non c'è... Larallalà... Nemmeno qui.

CELESTINA- (Entra da sinistra con Arsace. Stessi abiti del primo atto) Buongiorno Lisa, sei già arrivata?

LISA- Certo signora, sono sempre puntuale: debbo guadagnarmi lo stipendio. Tra due ore, poi, ho un'altra famiglia; bisogna fare molti servizi per raggranellare un salario decente. È piuttosto dura la vita, per noi domestiche a ore.

ARSACE- (Si è seduto, stanco, come Celestina) Per piacere, mi guardi di là, se la bottiglia del cognac c'è sempre. (Lisa si avvia) No, aspetta, non andarci. Ci potrebbe essere... il coso, lì: quell'uomo

CELESTINA- Non c'è mica più. Magari ci fosse! Si darebbe a quella signora... e ci leveremmo da tutti i pensieri!

LISA- Non vorrei essere indiscreta ma dovete avere qualche preoccupazione. In camera c'è il letto ancora intatto; non siete rientrati... e ora vi vedo così stanchi, depressi... Se posso aiutarvi...

CELESTINA- Grazie Lisa. (A Arsace) Ma sarà carina la bimba... Sì, siamo parecchio stanchi e abbacchiati. Abbiamo passato tutta la notte in giro. Quando hanno chiuso il bar, verso l'una e mezzo, non ce la siamo sentita di tornare a casa...

ARSACE- E abbiamo girato... girato... A proposito: quando sei arrivata, c'era nessuno in casa?

LISA- No, però la luce era accesa e due seggiole, messe come se qualcuno ci avesse dormito sopra.

ARSACE- Il barboncino!

LISA- Avete un cane?

CELESTINA- No... Positivo ha avuto paura ed è scappato anche lui.

LISA- Paura? Di che cosa?

ARSACE- (A Celestina) Glielo diciamo? Tanto lo verrebbe a sapere... Siamo nelle peste, bimba mia... Prima di mezzogiorno bisogna trovare tanti di quei soldi che non ne puoi aver idea!

LISA- Tanti soldi? Per cosa farne?

CELESTINA- Devi sapere che prima c'era un morto di là, che poi non c'era più.

ARSACE- Perché io volevo prendere la bottiglia del cognac.

CELESTINA- E siccome io avevo gli stropiccioni di pancia, c'era un altro morto nel bagno.

ARSACE- Poi hanno telefonato.

CELESTINA- Volevano il morto.

ARSACE- Ma noi eravamo rimasti senza.

CELESTINA- E allora vogliono cinque miliardi.

ARSACE- Che noi non abbiamo.

LISA- Oh, poveretti... Scusate: avete detto che volevano... il morto.

CELESTINA- Si... era una certa Organizzazione.

LISA- E non vi hanno spiegato come deve essere, questo morto?

ARSACE- Non ci si ragiona con quella lì! (Campanello).Chi sarà? (Lisa esce).

CELESTINA- Almeno fosse un morto. Avremmo risolto il problema.

SCENA 2 - AURELIO, CELESTINA, ARSACE, LISA

LISA- C'è un signore che deve parlare con voi.

ARSACE- È vivo?

LISA- Sì.

ARSACE- Tutte le disgrazie... Fallo passare.

AURELIO- (Vestito diverso dal primo atto. Senza cappello né occhiali) Buongiorno. I signori Benincasa?

ARSACE- Per servirla. Si accomodi... Lei chi sarebbe, cosa voleva?

AURELIO- (Siede in modo da poter vedere Lisa) Io sarei un musicista, inviato e appassionato dell'Ascùlol... Siamo venuti a conoscenza che anche voi siete appassionati di questo genere.

ARSACE- Sì... insomma... nel mio piccolo...

CELESTINA- Arsace! Non darti tante arie! Sei vecchio!

ARSACE- Beh, volendo. (A Aurelio) Sa, mia moglie è di idee un po' antiquate, vero...

AURELIO- Avete un palco a teatro. Cosa c'è di meglio, lì, nell'oscurità, affondati nelle poltroncine, con la musica in sottofondo... nell'intimità...

ARSACE- Al teatro? sulle poltroncine? Ma è sicuro?

AURELIO- Certo. Ci sono tanti iscritti...

ARSACE- O lei, scusi, come fa?

AURELIO- Beh, io un palco non me lo posso permettere. Io vado in loggione.

ARSACE- E non le è mai capitato di ruzzolare in platea?

AURELIO- Ci sto attento.

ARSACE- Oltre a spaccarsi tutto, le farebbero pagare anche la differenza del biglietto... Ma, per esempio, al di fuori del teatro non ci sono proprio altri posti?

AURELIO- Per gli amanti della musica è il posto ideale.

CELESTINA- Scusi, sor coso.

AURELIO- Aurelio.

CELESTINA- Stia a sentire, signor Aurelio. Io ho l'abbonamento al palco di proscenico, vero... Ma se devo passare per una di quelle, da qui in avanti vado al cinematografo, vero?

AURELIO- Sarebbe un tradimento. L'Ascùlol è un'associazione che cerca di portare sempre nuovi soci sulla strada dell'opera.

ARSACE- Che associazione ha detto che è?

AURELIO- Sarebbe una sorta di confraternita di appassionati della musica classica, dell'opera lirica. Ascùlol: "Associazione Culturale Opera Lirica"

CELESTINA- Aahh!... Ora si comincia a ragionare!

ARSACE- Peccato. Io ci avevo già fatto la bocca.

AURELIO- Cerchiamo di tenerci in contatto con tutti gli operisti. La tessera (ammicca a Lisa) La tessera, uno se la mette in tasca... in tasca della giacca... uno ce l'ha sempre una giacca... Anche una giacca da camera, grigia... la tiene sempre a portata di mano... magari su una sedia... per ogni bisogno. (Lisa fa cenno di aver capito; esce a destra).

CELESTINA- Scusi, ma lei fa il sarto o il musicista?

AURELIO- Nessuno dei due. Dicevo: la tessera uno se la mette nel portafoglio, il portafoglio lo mette in tasca, le tasche ce l'hanno le giacche che, a volte, sono appoggiate sulle sedie.

ARSACE- Io, il portafoglio lo tengo nella tasca dei pantaloni.

AURELIO- Ma uno non può mica levarsi i pantaloni per metterli sulla spalliera della sedia.

ARSACE- Già: resterei 'n mutande... Ma perché mi dovrei levare i pantaloni?

AURELIO- Per metterli sulla sedia.

ARSACE- O nell'armadio, non ci stanno bene?

AURELIO- No!... Cioè, sì!... Ma insomma, li metta un po' dove crede meglio!

LISA- (Rientra e fa cenno di no a Aurelio).

CELESTINA- Senta: ora noi avremmo degli impegni parecchio urgenti. Caso mai, della tessera se ne parlerà un'altra volta.

AURELIO- Certo. Mi dispiace di avervi disturbato. Ci rivedremo un'altra volta.

ARSACE- Sì sì, mi interessa la cosa. Ci si vede al teatro, se ne parla. Arrivederla.

AURELIO- Ossequi. (Esce accompagnato da Lisa, che rientra subito).

CELESTINA- Non ti salvi più! Tutti i giorni capita sempre qualcuno che ti vuole appioppare qualcosa... (A Lisa) Noi andiamo un po' di là: dobbiamo cambiarci, ripulirci un po'... poi c'è da trovare il modo di risolvere il problema dei morti... Speriamo bene.

LISA- Va bene, io continuo le faccende.

CELESTINA- Dovrebbero venire i nostri amici; falli accomodare... Ah, può darsi che venga anche il sor Venanzio, l'investigatore che abbiamo assunto per il caso. Fallo passare... Almeno risolvesse qualcosa lui...

LISA- Coraggio signora, non si abbatta. Vedrà che tutto si rimedia.

ARSACE- Povera bambina... Quasi quasi prendo una tessera anche a lei!

CELESTINA- Arsacino!! Corri in camera! Lesto! (Esce con Arsace).

SCENA 3 - LISA, VENANZIO

LISA- (Continua a cercare). La giacchetta, da camera... è quella del signor Arsace... sulla sedia... di là non c'è. Ma non avevano altri posti dove nascondere il morto! (Campanello. Va ad aprire, rientra con Venanzio). Si accomodi; i signori sono a riposare. Non so se devo annunciarla: lei chi è?

VENANZIO- Io sarei il dipanatore delle matasse più aggrovigliate, che sa sdipanare il filo delle conseguenze logiche... Ma tanto, a te la cosa non interessa, puoi chiamarmi Venanzio. O te, non per voler sapere i tuoi interessi, cosa ci fai... nella zona?

LISA- Faccio il servizio

VENANZIO- Il servizio... servizio?

LISA- Eh, sì.

VENANZIO- Voglio dire: un servizio che può anche servire a serviziare un servimento servizievole, si potrebbe dire, per tutte le servizioni. Insomma, per non farla tanto appiccicosa, te saresti la donna del servizio.

LISA- A ore.

VENANZIO- A ore?... E... quanto ti ci vuole, per esempio, a fare un servizio?

LISA- Dipende. Sa com'è: il servizio si fa in tanti modi.

VENANZIO- Hai ragione! In queste cose, bisogna andarci piano, con calma, senza farsi prendere dalla frenesia.... Sennò dopo, quando il servizio è già stato fatto, vengono tutti i pentimenti: potevo fare, potevo dire... E invece se uno si organizza prima, quando si sono stabilite per bene tutte le cose...

LISA- D'altronde c'è un contratto di lavoro che parla chiaro.

VENANZIO- Perché bisognerebbe fare un contratto, eh?

LISA- Veramente il contratto, l'hanno già fatto i sindacati.

VENANZIO- O che vai anche con loro?

LISA- Sicuro.

VENANZIO- Con tutti ?!

LISA- Bisogna rispettare l'unità sindacale

VENANZIO- Anche con quelli autonomi?!

LISA- No, solo con i confederali.

VENANZIO- Meno male!... O, tanto per sapermi regolare, in un'ora cosa ti c'entra di fare?

LISA- Beh, in un'ora si possono fare tante cose.

VENANZIO- Sii? O quali, quali?

LISA- In un'ora c'entra buttare all'aria il letto, rigovernare, scopare un stanza... e magari, fare anche la colazione.

VENANZIO- C'entra anche la colazione?... Allora bisogna fare alla svelta.

LISA- Il tempo che ci vuole ma non un minuto di più. Dopo devo andare in un altro posto.

VENANZIO- A fare un altro servizio?!

LISA- Certo. Una famiglia mi ha fissato per due ore.

VENANZIO- Due ore?! Se la prende comoda quello lì!

LISA- Ma non è mica un single.

VENANZIO- Non è un uomo?!

LISA- Sì. Voglio dire che ha famiglia: moglie e due bambini, un maschio ed una femmina.

VENANZIO- E fai il servizio a tutti assieme?!

LISA- Beh, quando arrivo, lui è già uscito; è avvocato in tribunale. La moglie è insegnante, quindi trovo solo i due figli.

VENANZIO- Meno male! O quanti anni hanno? Saranno due giovanotti.

LISA- La bambina ha undici anni, il maschietto nove.

VENANZIO- E gli fai il servizio?!

LISA- Sono tanto carini; stanno lì buoni buoni mentre io faccio le faccende.

VENANZIO- Queste famiglie moderne!... Meno male che io non mi sono mai sposato!

LISA- E lei, sor Venanzio, posso chiamarla così? Lei è intimo dei signori Benincasa? È abitué del salotto? (Mimica di Venanzio) Compartecipe del ménage...

VENANZIO- No... vado in bicicletta. Mi si è anche forata, ho dovuto venire a piedi.

LISA- Insomma. se posso permettermi, qual è la sua posizione?

VENANZIO- Dormo a pancia sotto... ma a volte mi giro sul fianco destro. Sa: dipende da cosa mangio.

LISA- Intendevo la sua posizione qui, nella casa.

VENANZIO- Stanotte per esempio, ho dormito su due seggiole proprio qui; ma a un certo punto ho dovuto alzarmi perché mi erano presi certi dolori alla schiena. A dirsela fra noi, comincio ad avere qualche annetto sulle spalle... Per quelle cose lì son sempre capace!… Osteria!… Ma dormire sulle seggiole comincia a darmi noia

LISA- Ma perché ha dormito qui? Non poteva andare a casa sua?

VENANZIO- No, c'erano i morti: due. Che poi sono scappati; mi hanno fatto paura! Quei farabutti! A dirla a te, mi ci sono svenuto sulle seggiole.

LISA- Sono scappati, va bene... ma il morto... il morto, per capirsi, non lo sa dov'è?

VENANZIO- Sarà al camposanto! Bimba non farmi venire l'intasamento alle vene coronariche. Son mezzo morto per aver visto due morti vivi, se mi ci metti anche il morto morto, defungo per davvero.

LISA- Della giacca da casa che il signor Arsace indossa quando sta in casa e che ieri sera doveva essere appoggiata qui su una sedia, lei ne sa niente?

VENANZIO- E ridagliela con le giacche! Anche quei morti vivi di ieri sera lo volevano sapere. O cosa c'entra?

LISA- In una tasca, c'è il morto!

VENANZIO- Bimba: te mi vuoi vedere cadavere! Ma poi, come fa un morto a stare nelle tasche d'una giacchetta... Nemmeno si trattasse di un bimbetto... nemmeno un gatto. Sara un topo? E quelli vogliono cinque miliardi per un topo? Allora in casa mia ci sono certi tarponi così!

LISA- Già, c'è anche il malloppo! Lei, sor Venanzio, è stato assunto per trovare il morto, vero?

VENANZIO- Due! E non me ne hanno pagato nemmeno uno!

LISA- Uniamo le nostre forze e cerchiamolo!

VENANZIO- Uh bene! Facciamo un servizio assieme? Io e te soli?

LISA- Sì. (Campanello) Ci mancava anche il campanello!... Avviati di là, compare: vado ad aprire e ti raggiungo.

VENANZIO- Fai prestino! Il servizio dura un'ora? Rimetto l'orologio. T'aspetto! (Esce a destra)

LISA- (Va ad aprire: introduce Violetta e Giscardo. Abiti diversi dal primo atto). Vengano, si siedano; i signori saranno qui tra poco. Io ho da fare di là, con permesso. (Esce a destra).

SCENA 4 - VIOLETTA, GISCARDO

GISCARDO- Chissà se la domestica è al corrente di tutto questo rigiro.

VIOLETTA- Chi deve averglielo detto... è vero che la servitù sa sempre tutto. Guarda quando fu del Palmiro, che sua moglie se l'intendeva con quel giovane che era stato trasferito dal Piemonte e andò ad abitare in casa della sora Argìa che gli dette la camera d'angolo che prima ci dormiva sua figlia che da quando si era sposata era rimasta vuota e le finestre davano proprio sul cortile dove si affacciano quelle della moglie del sor Palmiro e affaccia oggi affaccia domani cominciarono a fare l'alfabeto telegrafico senza fili e finì che se la intendevano e lui andava ad aspettarla quando veniva dal supermercato le caricava le borse sull'automobile, che poi ci aveva la cinquecento vero, e andavano nel vicolo dietro la casa del sor Demetrio che c'è sempre buio perché i ragazzacci ci giocano a palla e rompono tutte le lampadine. Ora: nessuno sapeva nulla di tutto questo romanzo. Fu la serva della signora Clelia che principiò a dire che lo faceva mangiare troppo il sor Palmiro e fu così che scoprirono tutto l'arcano.

GISCARDO- E te, naturalmente, non sapevi nulla.

VIOLETTA- O che io m'interesso delle cose degli altri?

GISCARDO- Piuttosto, i nostri amici avranno rimediato? L'avranno trovati tutti quei soldi?

VIOLETTA- Io, ancora non ho mica capito tanto bene: vogliono un morto. O di cosa se ne faranno? O il segugio, avrà scoperto qualcosa?

GISCARDO- Ma cosa vuoi che scopra quello lì!... Però, il morto non deve essere un morto vero. Per me è qualcosa che chiamano "il morto" perché non si muove, sta lì fermo: immarcescibile.

VIOLETTA- E difatti i morti marciscono!...O il telefono? Avranno più chiamato?

GISCARDO- Per me, hanno scherzato! I soliti burloni che ti rovinano la serata; a trovarli ci sarebbe da... troncarli! In due: come grissini! (Campanello). Suonano: Lisa è di là, non sente. Andrò io, ad aprire. (Esce. Rientra con Graziano senza occhiali né cappello)

SCENA 5 - GRAZIANO, VIOLETTA, GISCARDO

GRAZIANO- Posso entrare?

GISCARDO- Si introduca, prego. Se posso esserle utile in qualsivoglia cosa...

GRAZIANO- Ecco, vede; io, come qualmente, sarei venuto qui perché dovrei fare un'indagine.

VIOLETTA- Anche lei?! Per caso è un amico del segugio... del canbarbone... del sanbernardo?

GISCARDO- Lascia stare, cara; si vede subito che il giovanotto non ha l'aria del cinofilo. Vero?

GRAZIANO- Sì sì... io al cinema... qualche film a luci rosse...

GISCARDO- (Con aria di sufficienza) Cinofilo significa... che le piacciono i cani.

GRAZIANO- Ma nemmeno i gatti!!

VIOLETTA- E… su cosa indaga? Non ci avrà mica un morto anche lei?

GRAZIANO- Appunto... Cioè, no! Volevo dire... non si sa mai. Sa com'è: si può morire da un momento all'artro.

GISCARDO- Mi fai toccar ferro!!... Di che cosa si occupa, se è lecito?

GRAZIANO- Di indici.

VIOLETTA- Il dito indice?! O a cosa le serve?

GRAZIANO- Avete preso un equivoco.

GISCARDO- Badi come parla, sa! Siamo gente per bene!

GRAZIANO- Lo prendono tutti.

GISCARDO- Ma noi no! Non sappiamo che farcene del suo indice!

VIOLETTA- E nemmeno del mignolo!

GRAZIANO- Non ci siamo capiti. Volevo dire che rappresento la grande casa editrice "Indice & Indice": padre e figlio. Effettivamente suscita una certa confusione e tutti cadono nell'equìvoco.

GISCARDO- Certo che mettersi a stampare i libri uno che si chiama Indice... Avrebbe fatto meglio ad impiantare un'industria di cartelli stradali.

GRAZIANO- Vede: il fatto è che, al giorno d'oggi la gente non legge più. I più grandi autori del passato, chi li conosce più? Per esempio… Boccaccio!

VIOLETTA- Mio marito! Quando è a letto che russa, certe boccacce!

GISCARDO- O te chi credi d'essere? Leopardi? Tu non sei nemmeno una gattina con le pulci!

GRAZIANO- Scusate: non volevo sollevare i veli della vostra intimità. La casa "Indice & Indice" per venire incontro a chi non ha voglia di leggere, stampa i libri con tutte le pagine bianche: certi libroni così; costano poco, una bella copertina, un bel titolo, qualche illustrazione in qua e in là e l'indice; che uno se lo impara a mente e quando gli chiedono, mettiamo, di quel punto dove lui scappa con lei e si ritrovano nel deserto in mezzo a tanta gente, uno risponde: capitolo trentasette, pagina duecentotrentatré. Ci fa la sua bella figura e non dura assolutamente fatica

GISCARDO- Ingegnoso.

VIOLETTA- A me pare una grossa scemanza. Si dorme meglio alla televisione

GRAZIANO- Per esempio: La Divina Commedia. A leggerla tutta diventa una cosa da farti scoppiare il cervello. Invece, uno va a vedere l'indice. Inferno, canto trentatreesimo, il conte Ugolino muore di fame dopo aver mangiato i suoi figlioli e i suoi nipoti.

GISCARDO- O cosa gli ci voleva per mantenersi in salute: tutto lo stadio dei Campionati del mondo?! Con trentadue squadre, comprese le panchine, gli arbitri, i segnalinee e anche i raccattapalle?

GRAZIANO- Era la legge del contrappasso.

VIOLETTA- Del contrabbasso? Allora, io dico che lui sarebbe stato capace di spolverare tutta l'orchestra in tre balletti!

GRAZIANO- Credete che la cosa vi possa interessare?

VIOLETTA- L'orchestra? No no: i tromboni mi restano sullo stomaco.

GISCARDO- Ecco; veda buon uomo: Noi non siamo mica i padroni; siamo degli amici che son venuti fin qui a esternare i sensi per una visita di condoglianze.

GRAZIANO- Dunque c'è il morto!!

VIOLETTA- O lei, come fa a saperlo?

GRAZIANO- Io? Beh, se si fanno le condoglianze, un morto ci dovrà pur essere.

SCENA 6 - CELESTINA, GISCARDO, GRAZIANO, ARSACE, VIOLETTA

CELESTINA- (Entra con Arsace. Indossano altri vestiti). Buongiorno.

VIOLETTA- Buongiorno, come state?

CELESTINA- Come vuoi stare: si aspetta.

ARSACE- O quel giovane chi è? Cercava qualcosa?

GRAZIANO- Vede, signora: io sarei qui per l'indice.

GISCARDO- Dovete sapere che questo simpatico giovanotto ha inventato un sistema letterario molto originale, che tutti possono capirlo perfettamente.

ARSACE- Vuol vendere qualcosa?

GRAZIANO- Voglio mostrarvi come si fa a far leggere chi non ne ha voglia; addirittura chi non sa leggere.

CELESTINA- Gli... analfabetichi?

GRAZIANO- Quasi

CELESTINA- Sì, ma sul momento non siamo abbastanza concentrati. Abbiamo ben altri problemi.

GISCARDO- I nostri amici hanno altre problematiche.

ARSACE- Ne è venuto un altro stamani a chiedere soldi. C'è la processione: sembra di essere alla banca dei monchi.

CELESTINA- Lisa dov'è? Ci dovrebbe stare attenta a non far passare la gente. (Chiama) Lisa, Lisa...

VIOLETTA- A me, quella ragazza non è mai garbata.

SCENA 7 - LISA, CELESTINA, ARSACE, GISCARDO, VIOLETTA, GRAZIANO

LISA- (Entra da destra). Mi ha chiamato, signora? (Vede Graziano: cenno d'intesa).

CELESTINA- Sì; stamattina c'è un via vai di gente che non si sopperisce!

LISA- Questo, signora, non l'ho fatto passare io.

GRAZIANO- Glielo ripeto: devo proporre un sistema letterario nuovo. Pensate: (A Arsace) Lei, la sera sta qui, a sedere... colla giacca da camera, grigia! (Cenni di Lisa) Leggiucchia, guarda le illustrazioni... poi vuole andare a letto: prende il libro, edizione tascabile, lo infila nella tasca della giacca, se la toglie, l'appende alla spalliera della sedia... magari propio questa (Lisa fa cenno di no).

ARSACE- Ma io la sera non leggo mica.

CELESTINA- E nemmeno la mattina!

ARSACE- Cosa c'entra la giacchetta? Anche a quello di prima interessava...

LISA- (A Graziano) Signore, mi pare che i signori Benincasa non siano interessati alle sue proposte.

GRAZIANO- Ho capito: forse è meglio che ritorni un'altra volta. Con permesso. (Esce).

SCENA 8 - CELESTINA, ARSACE, VIOLETTA, GISCARDO, LISA, VENANZIO

CELESTINA- Mamma mia che bailàmme c'è in questa casa da un po' di tempo a questa parte! Ieri sera i morti; oggi i vivi che, a dirla tutta, non mi sembran tanto normali nemmeno loro.

ARSACE- Ma poi la storia della giacchetta! Stai a vedere che ora, in casa mia, non ci posso stare vestito come mi pare!

VIOLETTA- Sarà ma per me, qui, c'è un arcano.

GISCARDO- C'è un mistero. Ci vorrebbe il detective: non si è più visto?

CELESTINA- Rimase qui ieri sera, poi è sparito. Chissà che fine ha fatto.

LISA- Il signor Venanzio, penso che parliate di lui, è di là; è arrivato poco fa ed ora sta facendo delle indagini

ARSACE- Che abbia scoperto qualcosa? Senti un po', bimba.

LISA- (Chiama). Sor Venanzio... può venire di qua?

VENANZIO- (Entra) Dove eri finita? Sei sparita, non ti trovavo più... Aspettavo per il servizio.

LISA- I signori Benincasa le vogliono parlare. (Esce)

SCENA 9 - CELESTINA, ARSACE, VIOLETTA, GISCARDO, VENANZIO

VENANZIO- Ah: ci siete anche voi? Aspettate per il servizio? Oh, ci sono prima io!

CELESTINA- Lasci stare il servizio! Ha scoperto qualcosa?

VENANZIO- Non ho fatto a tempo: è sparita.

GISCARDO- Lei, sor Venanzio, ci nasconde qualcosa. Ci dica la verità: lei l'ha scoperta e ci vuol tenere sulle spine.

VENANZIO- Mi si seccasse il gargarozzo! Vi dico che non ho fatto a tempo! Stavo per agguantarla, mi è scappata di fra le mani... Ormai il servizio è andato a farsi benedire.

VIOLETTA- Le è scappata di mano?... Ma poi, cosa sarebbe questo servizio?

VENANZIO- Non lo posso dire... mi vergogno.

ARSACE- Ma allora, c'è qualcosa di poco serio! (Lo prende in disparte) Putacaso, c'è di mezzo una donna?

VENANZIO- (Sottovoce) Ha fatto centro!

GISCARDO- (Si avvicina; sottovoce). Parlate di donne? Com'è, com'è?

ARSACE- A me, le rosse mi hanno sempre fatto perdere la testa!

GISCARDO- O una bionda, con i capelli lunghi, occhi color fumo di legna in autunno, seni a coppa di champagne, anche ondeggianti come il rollìo d'un brigantino nella tempesta del mare dei Caraibi...

VENANZIO- Badi: non lo so se sa nuotare.

CELESTINA- Bimbi! Sveglia! C'è il morto!

ARSACE- Sii?... dove?

CELESTINA- Qui. Fra poco scade l'ultimatum! Cinque miliardi!

GISCARDO- Già: è quasi mezzogiorno. (Piano, a Venanzio) Caso mai, se ne parla dopo.

VIOLETTA- Sor Venanzio, ma è possibile che lei, che è del mestiere, non sappia risolvere certi misteri.

VENANZIO- Io, nel mio piccolo, il mistero l'avrei già risolto. I morti, quei due che ieri sera erano qui, sono andati via.

VIOLETTA- Se non ci son più, è chiaro che sono andati via.

VENANZIO- L'ho visti io. Stanotte, quando mi avete lasciato qui solo, mi sono apparsi davanti... no: uno era dietro; e mi hanno anche minacciato con la rivoltella!

ARSACE- Ma è sicuro?

VENANZIO- Che dice: mi è venuto anche il singhiozzo dallo spavento!

CELESTINA- Ma allora, quella del telefono cosa vuole, se i morti non ci sono più?

VENANZIO- Ma ce ne hanno lasciato un altro!

CELESTINA- Di morti?!

VENANZIO- Per me, sono un po' citrulli. Lo sapete dove l'hanno sepolto? In tasca della giacchetta!

ARSACE- E ridagli con questa giacchetta!

VENANZIO- Ma non è possibile. Si sono sbagliati.

GISCARDO- Però: questo tambureggiare sulla giacchetta, mi suona male.

VIOLETTA- Di certo! Come fai a suonare il tamburo sulla giacchetta! Eppure vai a teatro a vedere l'opera lirica!

GISCARDO- Ma io parlavo in senso figurato... e tu non le afferri queste finezze. Sei una zoticona, ecco! (Telefono. Lisa entra).

SCENA 10 - LISA, CELESTINA, ARSACE, VIOLETTA, GISCARDO, VENANZIO

CELESTINA- Sono loro! Ora cosa gli diciamo? Arsace, vai te.

ARSACE- Io?... Sor Venanzio: lei che ci ha il caso nelle mani...

VENANZIO- Il capo di casa è lei. Io non son mica della parrocchia.

ARSACE- (Al telefono) Pronto... sono io; la signora Organizzazione?... Come sta? Suo marito?... Sì, anche noi, non c'è male... Non si arrabbi... Dica: son tutt'orecchi... Veramente, guardi, ho rivoltato tutte le tasche, ho rotto persino il salvadanaio che me lo serbavo per Pasqua, ci volevo comprare un bell'uovo alla mia Celestina... sono arrivato al massimo... una ventina di mila lire... Non bastano, eh?... No, cinque miliardi non li ho: ma si ruzza!... Cosa?... Una bomba?! Ma è impazzita?... Scusi, non dicevo a lei... va bene aspetto... arrivederla... mi saluti il bimbo. (Riattacca e si siede spaventato)

CELESTINA- Allora?

VIOLETTA- Cosa dice?

GISCARDO- Quali nuove?

ARSACE- Una bomba! Dice arrivano qui con una bomba e fanno saltare tutto per aria!

VIOLETTA- Scappiamo!

ARSACE- Non facciamo più a tempo. Son già partiti di casa.

CELESTINA- Tutta la mia roba... L'avevo comprata con i miei risparmi

GISCARDO- Ma che bomba è?

ARSACE- Ha detto una bomba.

VENANZIO- Le bombe ci sono di diverse specie: ci sono quelle puzzolenti - chiedo licenza - che si tirano a carnevale, ma siccome siamo già in quaresima, non può essere. Ci sono quelle per fare i topi matti l'ultimo dell'anno, ma di qui a dicembre c'è tempo... Bimbi: positivo è un bomba di quelle vere; mi dispiace per voi ma ci dovete crepare! Io non sono vostro parente e me ne posso andare. Bòna, ci si vede!

CELESTINA- Ma dove vuole andare? Lo abbbiamo chiamato apposta per risolvere il caso.

LISA- Se me lo consentite, posso spiegare tutto io.

VIOLETTA- Tee?... Cosa sai?

LISA- Tutto. Quei due "morti" che avete visto iersera, si erano introdotti qui per nascondere un pacchetto di roba... che avevano rubato al sor Pompeo, ras del quartiere, capo dell'organizzazione. Io, poi lo avrei controllato.

ARSACE- Senti senti, il sor Pompeo: è il marito dell'Organizzazione!

GISCARDO- Ma come hanno fatto quei due lestofanti a introciu... introcer... introducersi qui dentro?

LISA- Gli ho dato io le chiavi.

VENANZIO- Allora anche te sei del giro? Fai i servizi anche con quei delinquenti?

LISA- Mentre cercavano un nascondiglio, hanno sentito arrivare gente e si sono nascosti... fingendosi due cadaveri.

CELESTINA- E mi hanno fatto venire un mezzo infarto al cuore e regioni limitrofe!

ARSACE- Ecco perché abbiamo trovato la luce accesa! E te dài sempre la colpa a me!

GISCARDO- Ma in quel pacchetto che hanno "grattato" al sor Pompeo, cosa c'era?

VENANZIO- Positivo, del formaggio... se era grattato...

LISA- C'erano mille dosi di... polverina... droga: valore tre miliardi!

CELESTINA- Nato d'un cane ci voleva guadagnare sopra! (La zittiscono. Piano) Ne ha chiesti cinque.

LISA- Disturbati dal vostro arrivo, hanno infilato il pacchetto nella tasca della giacca da camera del signor Arsace, che era qui sulla seggiola.

ARSACE- Ecco cosa c'entrava la giacchetta!!

LISA- E ora che sapete tutto, se possiamo recuperare il malloppo, cerchiamo di sistemare la cosa. Dov'è finita quella giacca?

CELESTINA- La giacca; quella del malloppo, l'ho messa nella lavatrice. Era tutta frittellosa. Che volete: Arsace è peggio dei bambini: ci si rovescia sopra il caffé, le briciole di pane... la gomma da masticare!

GISCARDO- Ma è sempre dentro la lavatrice?

CELESTINA- Si, ma la feci partire. Ve l'ho detto: era piena di patacche!

LISA- Quindi, se è stata lavata, quello che c'era nella tasca... si è disciolto e non esiste più.

VIOLETTA- Allora, non ci resta altro che aspettare la bomba.

ARSACE- (A Lisa) Hai combinato tutto te! Ma io ti denunzio! ti mando ai lavori forzati!

VENANZIO- Fermi tutti! Ho scoperto il colpevole! Ma ora l'arrosto! Volevo dire: l'arresto! In nome della legge ti ammanetto. (Estrae un paio di manette. Nasce una colluttazione: frasi a soggetto da parte di tutti - Te lo faccio io il servizio - Arrestala - La manderei all'ergastolo - Attento ti scappa - Alla fine Venanzio rimane ammanettato).

VIOLETTA- Allora è lui il colpevole?

GISCARDO- A dirsela fra noi, non ci ho ancora capito, come si suol dire: una sema!

SCENA 9 - TUTTI

GIUSEPPE- (Di dentro. Colpi alla porta). Aprite!... Aprite o faccio abbattere la porta! (Lisa va ad aprire. Rientra con Giuseppe seguito da Aurelio e Graziano con cappello e occhiali).

ARSACE- O mamma! Ecco i bombardieri!

GIUSEPPE- (Mostra una palla che ha in mano) Sì, è questa la bomba. Ma non abbiate paura: non la faccio scoppiare. (Mostra un distintivo di poliziotto) Ecco qua: agente scelto Gasperetti Giuseppe.

CELESTINA- (Riconosce i due) Ma quelli... o mamma! Sono risuscitati!... Lesto, Arsace: vai in chiesa, da don Ranieri, e accendi un cero grosso così! C'è stata una... risuscitazione! (Aurelio e Graziano si tolgono gli occhiali).

ARSACE- Ma lei è quello del coso... al teatro; nel palchetto... Ha visto l'hanno arrestato a fare quel mestiere!

GISCARDO- E tu sei il venditore degli indici! Signor brigadiere: li traduca in questura questi lestofanti!

GIUSEPPE- Questi giovanotti sono due poliziotti della Squadra Mobile, come pure la nostra infiltrata: l'agente Lisa qui presente.

VENANZIO- Allora i servizi, li fai alla Squadra Mobile? Per incontrarti devo venire in questura? O se mi arrestano?

LISA- Lei è già in stato di arresto.

VENANZIO- O cosa ho fatto?

LISA- Tentata molestia di pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.

VENANZIO- Io? Sapevo assai se eri un ufficiale. Non li avevi mica i gradi sulla manica!

GIUSEPPE- Poche chiacchiere! (A Aurelio e Graziano).Traducetelo al fresco!

VENANZIO- Gradirei un po' di calduccio: sa, ho i dolori alla schiena.

GIUSEPPE- Poche chiacchiere. Traducetelo!

VENANZIO- Vi occorre un vocabolario?

CELESTINA- Scusi, ci potrebbe spiegare cosa è successo?

ARSACE- Non abbiamo mica capito nulla.

GIUSEPPE- Il nominato sor Pompeo, detto il boss del quartiere, da qualche tempo riciclava dei pacchettini misteriosi e noi credevamo che anche in questa casa ci fosse un rigiro der genere.

GISCARDO- Mia moglie ed io, ci siamo trovati per puro caso, in questo frangente. Vero cara?

VIOLETTA- Sì sì.

GIUSEPPE- Silenzio!

GISCARDO- Non siamo della famiglia, Vostro Onore.

VIOLETTA- Li conosciamo a malapena... di vista.

GIUSEPPE- Silenzio!... O vi metto ai ferri!

VENANZIO- Per me al sangue... la bistecca ai ferri. (Si guarda in giro) Non mi tocca?

GIUSEPPE- Tutti zitti!... Gli agenti Aurelio e Graziano, di concerto con l'agente scelto Lisa, hanno sottratto un pacco di roba al nominato sor Pompeo e lo hanno nascosto qui.

LISA- Per vedere le reazioni, se veramente c'era connivenza fra i due clan.

GIUSEPPE- Facendo il pedinamento si è scoperta la banda del nominato sor Pompeo che veniva qui a piazzare la bomba. Li abbiamo arrestati tutti e si è proceduto alla confisca del corpo del reato. (Mostra la bomba)

CELESTINA- Allora noi, non c'entriamo per nulla?

GIUSEPPE- Proprio così. Si è potuto stabilire che voi siete innocenti.

VIOLETTA- Ma io l'ho sempre detto: I nostri amici son tanto bravi!

GISCARDO- Tanto buoni!

GIUSEPPE- L'unico colpevole è quel signore lì, che, tra l'altro, è già ammanettato.

ARSACE- Ma cotesto gingillo, non è pericoloso a portarlo in giro?

GIUSEPPE- No, basta tenerlo in mano, che non cada per terra. (Fa un movimento falso, la bomba cade, grande lampo, fracasso, buio, luce stroboscopica per alcuni secondi. Torna la normale illuminazione: gli attori sono sconvolti: alcuni per terra, altri con cravatta allentata, vestiti scomposti ecc.)

CELESTINA- Bimbi, ci siamo tutti?

ARSACE- Mi pare di sì.

VIOLETTA- Siete tutti interi?

VENANZIO- Sì, mi pare di avere tutte le cosine al proprio posto. Magari, signor capitano, se mi potesse levare questi aggeggi, perché dovrei grattarmi qui dietro nelle vergogne. (Giuseppe fa cenno a Lisa che gli toglie le manette).

LISA- Però non tenti più. Potrebbe restarci male, perché... (si toglie la parrucca) appuntato Pasquale Lo Priore.

VENANZIO- O mamma! fra poco facevo il servizio col priore!... Allora, gente: da qui in avanti il servizio, me lo faccio da me!

CELESTINA- E visto che per questa volta è andata bene, cosa si fa?

VENANZIO- Si saluta questo gentilissimo pubblico, sperando che si sia divertito; che se putacaso non gli fosse piaciuto lo spettacolo... peggio per lui! Arrivederci, gente

TUTTI- Arrivederci!