Il nudo e la nuda

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Il NUDO E LA NUDA

Il NUDO E LA NUDA

di Samy Fayad

LE PERSONE

Attilio

Ludovico

Letizia

Monique

Il professor Paulo

Gutierrez

Guendalina

La vedova Piscopo

                        In Italia, oggi.

LA SCENA

Soggiorno modernissimo in casa di Attilio e Letizia.

Sul fondo, a sinistra, la porta d'ingresso che dà sul pianerottolo; subito accanto, quella di un ripostiglio guardaroba. A destra, ad angolo smussato, una portafinestra dalla quale si accede al terrazzo.

Una porta, nella parete di destra, mette in comunicazione con il resto dell'appartamento.

La parete di sinistra è occupata da un unico mobile componibile; vi trovano posto il bar, un giradischi, il telefono, un piccolo registratore a nastro, libri, giade, vasi, etc.

Un comodissimo e soffice divano.  In un angolo morto, un carrello porta bottiglie.

PRIMA PARTE

ATTILIO Letizia! Letizia, sei in casa? (Dispone le valige accanto al divano e va ad affacciarsi alla porta del terrazzo) Letizia! (Nessuna risposta. (Attilio chiude la porta finestra: si sfila il soprabito, lo lascia cadere sul divano e va al bar a versarsi da bere, azionando nel contempo un piccolo registratore che si trova su una delle mensole.)

VOCE DI LETIZIA - Attilio, sei tu? (Pausa) Attilio, sei tu?

ATTILIO - (Con un sospiro, guardando il soffitto) Si, sono io, Letizia.....

VOCE DI LETIZIA - Sono andata a vedere il cassettone per la camera degli ospiti e poi a cinema a provare un po' di brivido.  Se sei tu ritornato dal viaggio, nel tinello c’è una cena fredda.  Se invece non sei tu, come non detto, dal momento che cenerai fuori. (Attilio guarda il soffitto, paziente) In tal caso, non esagerare con le salsicce, che poi passi la notte attaccato al bicarbonato.  Ah, aspetta.  Al tuo ritorno, ricordami che ho una sorpresina per te. (Attilio ferma il regi­stratore e guarda l'orologio al proprio polso. (Prende l'apparecchio telefonico dotato di un filo allungabile, si sdraia sul divano e forma un numero).

ATTILIO (con calda voce da amatore professionista) - Micina?  Ciao, sono appena arrivato. Mia moglie è andata a cinema. (Languido) Il viaggio l'ho fatto al calduccio... Ero e sono ancora caldo di te.  No, micina, purtroppo giovedì prossimo sarò a Genova... poi a Firenze.  Ci rivedremo fra tre settimane, tesoro.  Come?  La tua sorpresina?  Anche tu?  Voglio dire, quale sorpresina? (Lancia uno sguardo alla valigetta) Non l'ho ancora disfatta... Va bene, guardo subito. (Allunga un braccio, prende la valigia, la apre e ne trae un reggicalze nero) Cara, cara... (Con un mugolio) Viziosetta mia... sì, certo, mi farà ricordare di te fino alla prossima volta.  Ciao, micina. (Ripone la cornetta, ha un ripensamento, forma un altro numero) Micina?  Ciao... Sì, sì... Giovedì prossimo sarò a Genova da te... Tanto, tesoro, tanto... Conto le ore.  Come? (Ascolta con un sorriso beato) Viziosetta mia... Da adesso conterò i minuti... Ciao, micina. (Riattacca, ripone il telefono sulla mensola del mobile e, raccolto il soprabito, si dirige verso il guardaroba, canticchiando voluttuosamente.  Nell'aprire la porta, il soprabito gli scivola di mano e Attilio si china per raccoglierlo.  Nel guardaroba c’è una donna in camicia da notte.  Sempre canticchiando, Attilio raccoglie il soprabito, lo scuote e si gira per appenderlo.  (Alla vista della donna, lancia un urlo). Aaah!  Chi è?! (La donna, rigida, cade in avanti, giusto in modo che Attilio possa accoglierla nel soprabito.  (Egli la guarda in viso.) Monique! (Le infila il soprabito.  (La testa di Monique, una bionda testa con i capelli a casco, ciondoloni.) Monique, che scherzo è questo?  Compostezza! (Le solleva un braccio e lo lascia: il braccio ricade inerte). Oddio!  Oddio!  Questa è morta! (La spinge nell'interno del guardaroba e chiude la porta. Fissa il vuoto, atterrito.  Poi, con improvvisa decisione, corre al telefono e forma un numero.  (I denti gli battono rumorosamente). Pronto, micina? (Correggendosi) Antonietta? (Batte i denti) Come chi sono? Io! (Batte i denti) Quali nacchere?  Non sto suonando le nacchere!  E lei quanto impiega a rispondere?  Dormiva?  Alle otto e mezza? (Un tempo) Sì, sì, va bene.  Mi dia l'avvocato.  Come? (Fuori di sè) Lo svegli, perdio. (Un tempo) Sono in casa mia e impreco quanto mi pare. (Un tempo) E suono anche le nacchere.  Svegli l'avvocato! (Resta in attesa, mordicchiandosi le unghie) Ludovico, scendi subito. (Un tempo-) Me ne frego delle tue regole di vita!  Scendi subito! (Riattacca, si versa da bere e manda giù di colpo. (Poi corre ad aprire la porta d'ingresso e guarda in su dal pianerottolo) E dai, e dai! Forza in quelle gambe! (Spinge dentro Ludovico - sonnacchioso e sommariamente vestito - e chiude la porta) Ma che fai al letto, che fai?

LUDOVICO - Che ci debbo fare?  Dormo, no?

ATTILIO - Alle otto e mezza?

LUDOVICO - L’attività del penalista logora. Attilio. (Sbadigliando) Coltellate, fucilate, morti ammazzati... Se non dormo, come dimentico? (Attilio lo afferra per gli avambracci e lo fissa negli occhi).

ATTILIO - Ludovico, è accaduta una cosa spaventosa. (Ludovico lo guarda assonnato e inespressivo) Mi stai sentendo?

LUDOVICO - Come no?

ATTILIO - E mettici un po' di vita negli occhi! (Lo schiaffeggia su entrambe le guance. (L'espressione di Ludovico non muta) Ludovico, non mi rivolgo a mio cognato, ma al penalista.  Mi serve un uomo pratico di legge e dai riflessi pronti.

LUDOVICO - A quest'ora chi possiamo chiamare?

ATTILIO - Ho già chiamato te, animale!

LUDOVICO (stranito) - Ah... (Un tempo) Cos'è questa cosa spaventosa?

ATTILIO (agitato) - Là dentro, nel guardaroba, c’è una co... una mo... Signore, dammi la forza di parlare! c’è una co... una morta... Rincaso dal viaggio, apro e là...

LUDOVICO (senza la minima emozione, soffocando uno sbadiglio) Che mi dici... Apri e ci trovi una...

ATTILIO - Eh!

LUDOVICO (c.s.) Gesù. (Un tempo) E quanto è corta? 

ATTILIO (sbalordito) - Che hai detto?

LUDOVICO - Quanto è corta?

ATTILIO - E che ne so?  La dovevo misurare?

LUDOVICO - Va bene, l'hai valutata a occhio.  E allora?

ATTILIO - Come allora?  Ti pare naturale?

LUDOVICO - E' questione di gusti.  Ma io che c’entro?

ATTILIO - Sei un penalista o no?

LUDOVICO - Appunto.  Il nesso.  Non vedo il nesso.

ATTILIO (spingendolo verso il guardaroba) - E guardalo, il nesso! (Ludovico apre la porta del guardaroba. La ragazza chiamata Monique gli cade addosso, poggiando il mento sulla sua spalla.  Per un istante, Ludovico non realizza, poi, scostatala da sè, la guarda in faccia;     lancia un urlo e cade lungo disteso, privo di sensi. (Attilio sorregge Monique, la richiude nel guardaroba e si china su Ludovico dandogli dei buffetti) Ludovico, un morto alla volta!

LUDOVICO (gemendo) - Chiama... Chiama...

ATTILIO - Con un cognato penalista, chi chiamo?

LUDOVICO (una mano sul cuore) - Il mio medico, dottor Pelliccia. Telefono 12.91.42.

ATTILIO (facendolo bere) - Dai, Ludovico, reagisci. (Ludovico si rialza barcollando e si siede sul divano).

LUDOVICO (con un gemito) - E' morta! (Come facendo una terribile rivelazione) E' morta!

ATTILIO - E io che ti ho detto?

LUDOVICO (puntandogli un dito contro) - Tu mi hai detto che nel guardaroba c’era una corta...

ATTILIO - Una...

LUDOVICO - ...tanto è vero che mi hai domandato se la dovevi misurare, quando io ti ho chiesto corta quanto.

ATTILIO - E ti chiamavo per una corta nel guardaroba? C’è un senso?

LUDOVICO - Non c’è senso e non c’è umanità. (Un tempo) Oddio!  Chi è, una delle tue micine?

ATTILIO - Ex, Ludovico; ex micina.  Fa... faceva la spogliarellista al Chez vous.

LUDOVICO - Che significa spogliarellista?

ATTILIO (paziente) - Oltre al tuo letto e al tribunale esiste il mondo e nel mondo c’è uno spettacolo chiamato spogliarello.  Lo sai?

LUDOVICO - No.

ATTILIO - Ludovico, perchè non hai fatto il servizio militare?  In casi come il tuo giova, giova.  Come trascorri le tue notti?

LUDOVICO - Dormendo. E faresti bene a dormire anche tu, altrimenti ecco i risultati.  Sai le risate adesso che ritorna Letizia.

ATTILIO - Sai le risate quando ti porterò i mandarini all'ospedale!  Avanti, che si fa in questi casi?

LUDOVICO - Che si fa... Si incomincia denunciando il fatto. Si telefona al commissariato.

ATTILIO - Sì , Eh?  E che gli racconto al commissario? 

LUDOVICO - Gli fornisci gli elementi atti a stabilire perché il corpus delicti, nella fattispecie quella signora, si trova nel tuo guardaroba.

ATTILIO - E il commissario lo stabilisce...

LUDOVICO - Il solito italiano scettico.  Non credi all'efficienza della polizia.

ATTILIO - Ci credo, Ludovico; ma la polizia che non crederà all'efficienza della mia versione.

LUDOVICO - E cioè?

ATTILIO - E cioè che non ho elementi da fornire.

LUDOVICO - Intanto uno salta subito alla vista: la defunta indossa un soprabito maschile. Caro Attilio, mi puoi credere ad occhi chiusi: il proprietario di quel soprabito ha passato un guaio.

ATTILIO - Grazie!

LUDOVICO - E' tuo?

ATTILIO (annuendo) - Eh.

LUDOVICO - Hai passato un guaio.  E sotto che indossa la defunta?

ATTILIO - Sotto è in camicia da notte.

LUDOVICO (facendo roteare un braccio in aria) - Aaah! 

ATTILIO - Ho passato un altro guaio.

LUDOVICO - A questo punto sono in grado di argomentare: se non sei stato tu, mentre eri in viaggio la morta si è spogliata, si è fatta ammazzare, si è stipata nel guardaroba e ha indossato il tuo soprabito.

ATTILIO - Il soprabito gliel'ho fatto indossare io.

LUDOVICO - Prima o dopo il decesso?  Fa' conto di parlare al commissario.

ATTILIO - Dopo il decesso, naturalmente.

LUDOVICO - In tal caso, continuo ad argomentare: poichè la morta è in camicia e tu le hai fatto indossare il soprabito, evidentemente avevi qualche cosa da nascondere.  Che cosa?

ATTILIO - Ludovico, tu argomenti in mio favore o in favore del commissario?

LUDOVICO - Ho una teoria: stai cercando di farmi fesso. Vuoi sapere come sono andate le cose?

ATTILIO - Sentiamo.

LUDOVICO - Tu e la corta... e la morta stavate fornicando surrettiziamente in qualche albergo compiacente, quando lei è stata colpita da malore.  Preso dal panico, le hai fatto indossare il tuo soprabito, l'hai caricata sulla tua macchina...e

ATTILIO -... l'ho portata a casa mia, l'ho nascosta nel mio guardaroba...

LUDOVICO (annuendo) ...e hai svegliato me per coinvolgermi.

ATTILIO(con dolcezza) Ludovico, tu, le cause, come le vinci?  Dico, a lei prende il malore e a me il panico; e io, invece di abbandonarla nell'albergo compiacente, la porto a casa mia!

LUDOVICO - Eeeh, ce ne hai portate di donne!

ATTILIO - Ma erano vive.

LUDOVICO - ...senza alcun riguardo per mia sorella.

ATTILIO - Letizia è idiota.

LUDOVICO - A maggior ragione merita dei riguardi e non di vedersi riempiti di corna i suoi vuoti di intelligenza. E poi, Letizia non è idiota... è solo un po' distratta.

ATTILIO - E sta per rincasare.  E il tempo stringe.  E mi serve una via d'uscita.

LUDOVICO - C’è.  Semplice, collaudata e senza margine di rischio.

ATTILIO - Dimmi, dimmi.

LUDOVICO - Costituisciti.

ATTILIO - Sì , Eh?

LUDOVICO (posandogli una mano sulla spalla) - Assumo io la tua difesa.

ATTILIO - E io così passo il terzo guaio.

LUDOVICO - Se rifiuti di costituirti non c’è altra via d'uscita.

ATTILIO - C’è. Andiamo a scaricare la salma sulla spiaggia. 

LUDOVICO - Bravo.  In tal caso, ammessa pure la tua estraneità al delitto, incorri in omissione di denuncia e occultamento di cadavere.

ATTILIO (esplodendo) - Porca, tutti uguali, medici e avvocati! Non fate che terrorizzare la gente!  Diecimila lire di mancia al portiere e il problema era risolto.

LUDOVICO - In galera tu e il portiere.  Dammi ascolto, la tua salvezza è nelle mani del commissario. Dai, è un brav'uomo, comprensivo, pluridecorato. Siamo amicissimi.

ATTILIO - Non voglio il commissario in casa!  Interrogatori, inchieste, il perchè e il percome... Pensa a Letizia interrogata dal commissario. Al manicomio lei o al manicomio lui. O tutti e due. (Un tempo) Qui c’è lo zampino di Letizia...

LUDOVICO - A proposito di Letizia, potremmo tentare di configurarlo come delitto passionale. Provocazione continuata, ingiuria grave, vilipendio del talamo coniugale.  Attilio, costituitevi tutti e due: tu e Letizia, e per il resto lasciate fare a me.  Posso tornare a letto? 

ATTILIO -Senti, non parlo più all'avvocato.  Mi sarai più utile come uomo di fatica.  Ci carichiamo Monique sulle spalle e andiamo a depositarla a casa sua, al Chez vous, all'opera pia dei trovatelli...

LUDOVICO - Che, che, che!  Uomo di fatica o avvocato ho dei principio morali da cui non defletto.  Mammà  diceva che io ero nato per fare il curatore d'anime.  Il mio parere d'avvocato l'hai avuto; in qualità di giovane di San Vincenzo, poi, mi rifiuto di fare l'uomo di fatica.  Ritorno al letto.

ATTILIO -Con una morta in casa di tua sorella?  E puoi prendere sonno, sapendomi coinvolto in questa storia? Ludovico tace, irremovibile.  La porta del guardaroba, intanto, si è  aperta e  ne è  venuta fuori Monique.  Procede barcollando verso i due, che le volgono la schiena, e dura fatica a tenere gli occhi aperti) Sei un mostro di cinismo e di egoismo, Ludovico, privo di ogni senso di solidarietà umana.  Curatore d'anime tu! (Guarda nella direzione opposta.  Ludovico vede Monique, sbarra gli occhi) Se San Vincenzo potesse parlare, ti caccerebbe via dalla sua congregazione. (Guardando in alto) Vero, San Vincenzo? (Ludovico, atterrito, gli dà  dei colpetti sulla nuca.  Attilio muove la testa infastidito) E non cercare di blandirmi!

MONIQUE (con voce impastata, toccando una spalla di Attilio) - Sono intirizzita... Titì, tesoro, mi fai bere?

ATTILIO(dopo averle lanciato uno sguardo fugacissimo) Ordina quel che vuoi, micina... (A Ludovico, sempre infervorato) La mia anima è attanagliata in una morsa di fuoco e, una volta che puoi curarne una... (Ludovico si affloscia svenuto sulla moquette.  Attilio realizza solo ora e schizza in piedi) Mo... Monique...

MONIQUE - Sono intirizzita...

ATTILIO - Sei viva!  Parli!  Sei intirizzita!  Ludovico è intirizzita!

MONIQUE - Fammi bere, Titì . (Con una risatina nervosa, Attilio versa nel bicchiere e lo porge a Monique) Dio, che confusione in testa... Il dottore... l'iniezione... Che ci faccio in casa tua, Titì  E' tanto fredda...

ATTILIO - Bevi, bevi, così ti riscaldi e poi me lo dici tu che ci fai in casa mia. (Monique beve.  Al secondo sorso barcolla e cade di schianto parallela a Ludovico, in modo che le piante dei suoi piedi nudi si trovino all'altezza degli occhi di lui.  Attilio si china. Non sa da chi cominciare) Monique... Ludovico... Oddio!  Ludovico, reagisci! (Fingendosi cancelliere di tribunale) In piedi, entra la Corte! (Un tempo) Entra il ministro di Grazia e Giustizia! (Lo schiaffeggia. Ludovico apre gli occhi, gemendo, li fissa sulla pianta di un piede di Monique e vi punta contro l'indice).

LUDOVICO (con voce tremula) -Prodotto in Sud Africa.

ATTILIO - Che dici?

LUDOVICO - Sotto il piede è scritto: Prodotto in Sud Africa. (Chiude gli occhi.  Una mano sul cuore) Dottor Pelliccia, telefono 12.91.42.

ATTILIO (leggendo a sua volta sotto il piede di Monique)  Prodotto in Sud Africa.

LUDOVICO (alzandosi)  Quali articoli tratti nei tuoi viaggi settimanali?

ATTILIO - Elettrodomestici, è una novità?

LUDOVICO (facendo di no con la testa) - Tratta delle bianche.  Prima seduci le donne e poi le spedisci agli sceicchi arabi. Questa è pronta per la spedizione in Medioriente.

ATTILIO - E in attesa dell'imbarco uso il guardaroba di casa mia come deposito doganale... Finiscila di argomentare idiozie e tornatene al letto!

LUDOVICO - Sì, me ne torno.  Ma per dimostrarti che non sono un insensibile, assumerò il patrocinio di chi, fra te e Letizia, sarà il sopravvissuto. (Si incammina verso la porta d'ingresso, ma il suono del campanello lo fa arrestare.  I due si guardano terrorizzati).

ATTILIO - Presto, nel guardaroba! (Sollevano Monique e la chiudono nel guardaroba.  Attilio apre. Sulla soglia si staglia Gutierrez. Ha le mani affondate nelle tasche dell'impermeabile e il cappello calato sugli occhi.  Di aspetto civile, usa un eloquio corretto ed ha modi garbati).

GUTIERREZ (con un sorriso d'intesa) - Sono Gutierrez. (Si solleva sulle punte dei piedi e guarda nel soggiorno al di sopra delle spalle di Attilio. Questi e Ludovico seguono la direzione del suo sguardo, poi rivolgono allo sconosciuto un sorriso inespressivo.  L'uomo sorride ancora e ripete) Sono Gutierrez.

LUDOVICO (ad Attilio) E' Gutierrez.

ATTILIO (a Gutierrez) Il suo nome dovrebbe dirmi qualcosa?

GUTIERREZ - Se, come immagino, ha letto la lettera del Gatto, dovrebbe dirle tutto.

ATTILIO - La lettera di chi, scusi?

GUTIERREZ - Del Gatto.

ATTILIO - L'errore è evidente, caro amico. Io, veda, non sono in corrispondenza con nessun gatto.

GUTIERREZ (con il sorriso di prima) - E con un gorilla? (Mentre Ludovico e Attilio si guardano stupiti, entra, chiude la porta e si volta verso i due impugnando unarivoltella Ludovico si aggrappa ad Attilio, sbiancando).

ATTILIO - Oh, dico... Quel... quella...

GUTIERREZ (rassicurante) - Non tema gesti avventati da parte mia. Questa serve solo per creare il clima.

ATTILIO - Passa via!  Io... Io...

GUTIERREZ - Lei?

ATTILIO (mettendo Ludovico in prima linea) - Mio cognato è penalista.  Vero, Ludovico? (Questi boccheggia).

GUTIERREZ (amabile) - La prego di credere che in materia di balistica non sono un euforico.  Intendo dire che sparo solo nei casi strettamente necessari; e uno di quei casi è quando si tenta di menarmi per il naso.

ATTILIO - E io le ripeto, caro amico, che non so niente di lettere e di gatti.  Rientro appena da un viaggio di lavoro e... Ma insomma, lei chi è?

LUDOVICO - Gutierrez, no?  L'ha già detto.  Vero, signor Gutierrez?

ATTILIO - Dico, Cos’è?

GUTIERREZ - Un gorilla, non si vede? (Indicando) Impermeabile, cappello, rivoltella...

ATTILIO - Gorilla... Come quelli dei film...

GUTIERREZ - Puah!  Americanate!

ATTILIO - Non per farle dei complimenti, ma non ne ha nè l'aria nè i modi, vero, Ludovico?

GUTIERREZ (guardando lungo i ripiani del mobile a sinistra) - La condizione di gorilla non è incompatibile con le buone maniere.  D'altronde, io nasco Gutierrez nobiltà terriera siciliana e ho studiato alla Normale di Pisa.

LUDOVICO - E con questo curriculum, caro dottore, com'è che fa il gorilla?

GUTIERREZ (che intanto ha guardato oltre la porta di destra) - Per sete di lucro, evidentemente. (Guarda sul terrazzo) Bella serata...

ATTILIO - Non si direbbe che siamo a gennaio.  Vero, Ludovico?

GUTIERREZ  La sua signora?

ATTILIO -Bene, grazie, e la sua?

GUTIERREZ (secco) - Dov'è?

ATTILIO -Al cassettone... Dico, a cinema.

GUTIERREZ- Domestici?  Ospiti?

ATTILIO - Siamo soli: io e mio cognato.  Penalista e amicissimo del commissario.  Vero, Ludovico?

LUDOVICO (minimizzando) - Bè, amicissimo. Buongiorno, buonasera quando ci si incontra.

GUTIERREZ - Bene, ora che abbiamo esaurito i convenevoli, fuori la bambola.

ATTILIO - La bambola? (Gutierrez annuisce) Bambola  sta per...

GUTIERREZ - Lo sa, lo sa.  Quella arrivata dal Sud Africa.

ATTILIO (dopo aver scambiato uno sguardo con Ludovico) Sud Africa... Non mi dica, caro amico, che lei cerca una ragazza bionda, alta così, che porta scritto Prodotto in Sud Africa  sulla pianta di un piede...

GUTIERREZ (con suo radioso sorriso) - Visto come ci si capisce quando si crea il clima? (Fa roteare la rivoltella).

ATTILIO - Perchè la cerca?

GUTIERREZ - Per la roba, evidentemente.

ATTILIO (che non ha capito) - Evidentemente. (Un tempo. Speranzoso) Ed è venuto a prenderla... a portarla via... (Gutierrez si stringe nelle spalle, sempre sorridente. Attilio gli batte cordiali manate sugli avambracci) Caro amico, caro amico!  Perchè non dirlo subito?  L'aspettavamo.  Vero, Ludovico?  Perchè ha tardato tanto? (Apre la porta del guardaroba) Ecco la bambola. E' tutta sua. (Gutierrez ripone la rivoltella in tasca, solleva Monique e la depone sul divano).

GUTIERREZ (osservando la pianta del piede) - Il marchio c’è.

ATTILIO - E anche la roba! (Gutierrez le palpeggia il braccio e si rabbuia).

GUTIERREZ - Dico!

ATTILIO - Visto che roba? (Gutierrez gli punta la rivoltella contro).

GUTIERREZ - A quanto pare, vuol farmi diventare euforico.  Dov'è la roba?

ATTILIO - Guardi che ce. n'è in abbondanza.  Se lo lasci dire da uno che se ne intende.  Vero, Ludovico? (Ludovico gli si è aggrappato di nuovo addosso).

GUTIERREZ - Senta, amico, semmai un giorno ci incontreremo mentre trascorro in qualche modo il tempo libero, le potrò dimostrare la giovialità del mio carattere.  Ma sul lavoro sono un gorilla professionista, chiaro? Lei questa qui l'ha palpeggiata e ha nascosto la roba.

ATTILIO - Mi crede se le dò la mia parola di incensurato?

GUTIERREZ - No!

ATTILIO (indicando Ludovico) - Ho un testimone.

GUTIERREZ (indicando la valigetta) - Che c’è là dentro?

ATTILIO - Indumenti personali. (Gutierrez apre la valigetta e vi fruga) Ogni settimana mi assento per un paio di giorni e porto giusto il necessario. (Gutierrez tira fuori il reggicalze e lo tende davanti a sè).

GUTIERREZ (con intenzione maliziosa) - Indumenti personali...

ATTILIO (con un sorriso timido) - Un pensierino per mia moglie...

GUTIERREZ - Un pensierino usato...

ATTILIO - Be', quando si può risparmiare... (Gutierrez ributta il reggicalze nella valigetta, che Attilio si affretta a richiudere).

GUTIERREZ - Non è chiaro, non è chiaro... Il marchio c’è...il braccio c’è. (Un tempo) Il neo! (Guarda dietro un orecchio di Monique) E anche il neo c’è.

ATTILIO - C’è  tutto, mi può credere.  La porti via.

GUTIERREZ - A che ora è ritornato dal viaggio?

ATTILIO - Mezz'ora fa.

GUTIERREZ (a Ludovico) - E lei?

LUDOVICO - Ero a letto.

GUTIERREZ - Alle nove?

LUDOVICO - Alle otto e mezza.  Sono di salute cagionevole, sa. A proposito, mi consenta di telefonare al dottor Pelliccia.

GUTIERREZ - Non è chiaro, non è chiaro... (Si tormenta il mento, fissando Ludovico)

LUDOVICO - Posso mostrarle analisi del sangue, elettrocardiogramma, encefalogramma... Se vuole, può palpeggiarmi il fegato: fuori sede di quattro dita.

GUTIERREZ (sempre dietro a un suo pensiero) - Non è chiaro, non è chiaro... A meno che... Ecco!  Scambio di pacco postale: invece di consegnare la bambola giusta, hanno consegnato questa.  Regge, regge.  Ecco cosa faccio: vado alla Posta!

ATTILIO - E fa benissimo. (Gutierrez si avvia verso l'uscita, tormentandosi il mento) Dove va?

GUTIERREZ - Alla direzione provinciale delle Poste.

ATTILIO - E la bambola?

GUTIERREZ   - Per il momento resta qui.  Ne rispondete tutti e due.

ATTILIO - Caro amico, caro amico, se vi è  stato uno scambio di pacco, come fa a dimostrarlo se non restituisce quello consegnato per sbaglio?  Ragioni; lei ha fatto la Normale di Pisa.

GUTIERREZ (mostrando la pistola) - Non sarà necessario dimostrare niente.

ATTILIO - Caro amico, lei non conosce la nostra burocrazia... (ma Gutierrez è già uscito facendo sbattere la porta).

LUDOVICO (con una smorfia schifata) - Il servizio postale italiano!

ATTILIO (asciugandosi il sudore) - Il marchio sotto il piede, la roba, la lettera del gatto... Ma di che stiamo parlando?

LUDOVICO - E' chiaro: della tratta delle bianche.  Questa qui è destinata a qualche sceicco arabo.

ATTILIO (palpeggiando rudemente Monique) Che c’è in questa roba che non gli va?  Tocca qua.  Tocca.

LUDOVICO - Ti prego; sono un giovane di San Vincenzo...

ATTILIO - Che le manca?

LUDOVICO - Forse l'hanno ordinata più pienotta e si sentono defraudati sul peso.

ATTILIO - Ma perchè il commercio deve avvenire in casa mia? (Gridando) Dov’è Letizia?  Solo un membro della tua famiglia può essere in corrispondenza con un gatto.

LUDOVICO - Non mi risulta.  Letizia non ha segreti per me.

ATTILIO - Sono anni che mi sta intronando le orecchie: voglio lavorare, mi voglio realizzare, voglio svolgere una attività... (Qualcuno bussa con discrezione alla porta del terrazzo.  Attilio e Ludovico si addossano alla spalliera del divano in modo da celare Monique.  Entra il professore Paulo, un vecchietto dalla barba bianca. Ha un berretto di lana, il soprabito e una coperta sulle spalle).

PAULO - Mi scusino se oso...

ATTILIO - Esimio professor Paulo...

PAULO - Spero di non disturbare.

ATTILIO - Lei non disturba mai.

PAULO - Ho visto la luce accesa e mi sono permesso di seguire la via più breve, questa del terrazzo, per esternare a lorsignori una mia perplessità

ATTILIO - Esterni pure, professore.

PAULO - Lorsignori sanno che da oltre un trentennio mi dedico all'osservazione degli astri.  Le mie notti le trascorro più fuori che dentro, salvo casi di temporali, alluvioni, sismi e altre calamità naturali.

ATTILIO - Il che non è molto salutare.

PAULO - E' quel che sostiene mia moglie.  Ma cosa vuole, quando c’è la passione... Del resto, non provo riluttanza a dirlo, sono un vecchio testardo e un tantino ambizioso: accarezzo il sogno di scoprire una cometa nuova alla quale dare il mio nome.  Non sarebbe un trentennio di umidità notturna buttato via se, dopo la mia morte, sulle mappe celesti vi fosse segnata una cometa Paulo. Comunque, lo scopo della mia visita non è quello di riversare sogni e illusioni nel braccio di lorsignori, bensì di mettere lorsignori al corrente di una scena cui ho assistito; scena che oserei definire a dir poco bizzarra e inusitata, almeno per un uomo della mia generazione. (Monique si lamenta).

ATTILIO (a Ludovico) - Hai dato il latte al gatto? (Ludovico lo guarda attonito).  Gli hai dato il latte, Ludovico?

LUDOVICO - Hai preso un gatto in casa?

ATTILIO - Non ricordi?  Quello del guardaroba... (Ludovico guarda il guardaroba.  Monique si lamenta.  Attilio gli pesta un piede).  Guarda sotto il divano, Ludovico.

PAULO - Infatti, il miagolio viene proprio dal divano.

LUDOVICO (realizzando) Ah, sì è ... Micina, micina, micina...

PAULO - E' una femmina?

ATTILIO - E che femmina! (Con tono correttivo). Mai sazia. Una golosona, professore mio!

PAULO - Eeeh, i gatti!

ATTILIO - A proposito.  Professore, lei che ha dimestichezza con la scienza, le risulta che esista una specie particolare di gatto che abbia sviluppato facoltà, come dire...., di tipo umano?

PAULO - Come ad esempio?

ATTILIO - Come ad esempio, che so, scrivere lettere, ecco.

PAULO (dubbioso) - Mmmm... E' improbabile. (Un tempo) Però, dipende dalla lingua, sa?  L'italiano è un conto.  Ma metta il cinese, il russo, l'arabo. (Un tempo) La sua micina dimostra qualche inclinazione particolare? 

ATTILIO - No, domandavo così, in generale...

PAULO - Capisco.  Dicevo dunque a lorsignori che qualche ora fa, mentre lasciavo riposare un po' la vista, sottraendola alla contemplazione degli abissi siderali, ho assistito alla famosa scena. Loro sanno a quali ridicoli criteri è ispirata l'edilizia dei nostri tempi. Si va da un terrazzo all'altro, da un casamento all'altro senza la necessità di scendere in strada.  La mia presenza qui, del resto, ne è una prova.  Verso le sei, dunque, ho visto due uomini portarsi su questo terrazzo da quello contiguo; sorreggendo sulle spalle... u-na don-na in ca-mi-cia da not-te! (e li guarda con gli occhi sbarrati e il mento in aria).

ATTILIO - Bruna?

PAULO - Bionda.  Gli uomini sono entrati in questa casa, vi si sono trattenuti cinque minuti e ne sono venuti fuori sorreggendo una seconda donna.  In camicia anch'essa, bionda anch'essa, ma - attenti al particolare - con le trecce.

ATTILIO - Se ne vedono che se ne vedono.  Vero, Ludovico?

PAULO - Malgrado io viva, come si suol dire, con la testa tra le nuvole, dalla lettura dei giornali e dai servizi speciali del Telegiornale ho potuto constatare che molte cose sono cambiate nel mondo negli ultimi trent'anni, Tuttavia, questo viavai di donne seminude sui tetti mi giunge come una pratica nuova.  Ecco perché sono qui a pregar lorsignori di voler cortesemente aggiornarmi. Si tratta di una forma di contestazione, di una nuova disciplina sportiva, di una manifestazione elettorale o più semplicemente - e questa mi sembrerebbe la spiegazione più consona, dato il particolare dei capelli, - del fatto che lorsignori praticano l'arte dell'acconciatura femminile?

ATTILIO - Temo di darle una delusione, professore.  Di donne, più o meno vestite, qui da noi non vi è stato nessun movimento.

PAULO - No, eh? (Lamento di Monique).

ATTILIO - Solo un gatto.  Dal terrazzo è entrato un gatto e l'abbiamo adottato.

PAULO - Allora è proprio quel che temevo.  Incomincio ad avere delle traveggole.  La suddetta visione è il preannuncio del marasma.

ATTILIO - Ma no, cosa dice!

PAULO (allargando le braccia) - Trent'anni all'umido si pagano, cari signori.  Dovrò dare finalmente ascolto a mia moglie e riguardarmi.  Bene, scusino il disturbo e vogliano compatire queste mie fantasie senili.

ATTILIO - Ma le pare! (Lamento di Monique).

PAULO - Di che razza è la micia?

ATTILIO - Sudafricana bionda.  Si riguardi, professore.

PAULO - Grazie.  Buonanotte a lorsignori. (Via dal terrazzo)

ATTILIO - Hai sentito?  Le donne sono due.  Una è entrata... l'altra è uscita... Quella con le trecce.  Ma chi?  Chi? (Un tempo) Letizia.  Letizia con la parrucca.  Ed è uscita sulle spalle di due uomini.  Ecco qua, le donne: ti allontani per due giorni e al tuo ritorno ti fanno trovare la sorpresa. (Realizza) La sorpresa! (Fa azionare il registratore).

VOCE DI LETIZIA - Attilio, sei tu? (Pausa) Attilio, sei tu?

LUDOVICO - E rispondi! (Attilio lo fulmina con lo sguardo).

VOCE DI LETIZIA - Sono andata a vedere il cassettone per la camera degli ospiti e poi a cinema a provare un po' di brivido.  Se sei tu ritornato dal viaggio, nel tinello c’è una cena fredda.  Se invece non sei tu, come non detto, dal momento che cenerai fuori.  In tal caso, non esagerare con le salsicce, che poi passi la notte attaccato al bicarbonato.  Ah, aspetta: al tuo ritorno, ricordami che ho una sorpresine per te.

ATTILIO (fermando il registratore) Hai sentito?

LUDOVICO - E' la sua voce.

ATTILIO - Quel che dice.  Hai sentito quel che dice?

LUDOVICO - Mi sembra logica ed esauriente.

ATTILIO - Sì, eh?  Queste cose hanno un senso?

LUDOVICO - Logica pura, ha previsto le due possibilità: il tuo arrivo e il tuo mancato arrivo.  Attilio, spassionatamente, non perché sia mia sorella, ma tu Letizia la sottovaluti. (Attilio si tormenta la faccia).

ATTILIO - Che famiglia!  Lasciamo stare la prima parte. Hai sentito della sorpresina?  Per Letizia, la storia del mondo è una serie di sorpresine, dal Diluvio Universale alla minigonna.  Quindi sono disposto a darti credito: tratta delle bianche o altro, tua sorella è implicata in qualche faccenda losca.  In camicia e con le trecce, portata a spalla! ... Ludovico! e se fosse stata rapita a scopo di estorsione?

LUDOVICO - Letizia... Letizia mia...

ATTILIO - Non abbiamo scelta.  Scarichiamo Monique e andiamo a cercare Letizia.  Monique, per esempio, posso portarla al Chez vous.  Ma come?

LUDOVICO - Te la carichi sulle spalle, chiami l'ascensore...

ATTILIO - Nella vita, a teatro, a cinema, chi vede uscire dall'ascensore l'uomo che si carica sulle spalle una donna in camicia da notte?

LUDOVICO - Gutierrez.

ATTILIO - La propria moglie.  Come non detto. (Un tempo) Monique la portiamo di sopra, a casa tua.

LUDOVICO - (ridacchiando) Eh, eh, eh...

ATTILIO - Domani mattina le sarà passata la sbronza e...

LUDOVICO - E io sarò passato a peggior vita.  Antonietta mi lascia.

ATTILIO - Devi rendere conto alla cameriera?

LUDOVICO - Se perdo Antonietta, chi mi sbarba, chi mi insapona la schiena, chi mi fa il clisterino.  E' a casa mia da quando sono nato e sa che sono illibato.

ATTILIO - Senti, Ludovico, Antonietta dorme.  Trasportiamo Monique dal mio al tuo terrazzo attraverso la scala a chiocciola e la ficchiamo in un letto.  Domani è domenica.  Appena  Antonietta sarà uscita per andare a messa, rivestiamo Monique in qualche modo e la portiamo via.  Intanto, abbiamo tutta la notte per trovare Letizia.

LUDOVICO - E' un piano temerario, Attilio.  Non conosci Antonietta; non conosci San Vincenzo.

ATTILIO - Non perdiamo tempo.  Su, prendila per le gambe. (La caricano sul carrello-bar e si avviano verso il ter­razzo).

LUDOVICO (scuotendo scetticamente il capo) E' un piano temerario... E' un piano temerario... (Escono sul terrazzo.  La scena resta vuota per qualche istante.  Attilio e Ludovico rientrano di corsa, sempre con Monique sul carrello, e vanno a chiudere la ragazza nel guardaroba. Freneticamente, Attilio corre al giradischi e lo aziona: si leva una tenue, patetica musica sinfonica.  Poi i due corrono a prendere posizione: Attilio, allungato sul divano in posa languida, si puntella il capo con il pollice e l'indice e ascolta rapito.  Ludovico si lascia andare contro lo schienale di una poltrona; ha una mano premuta sul cuore e con l'altra batte il tempo della musica, guardando il soffitto.  Dalla porta del terrazzo entra il professor Paulo).

PAULO - Mi scusino se ancora una volta...

ATTILIO (con una smorfia, come distolto dall'estasi) Ssst! 

PAULO - (sconsolato) Oddio, ancora le traveggole!  Lorsignori sono qui ad ascoltare la musica ed io li ho visti attraversare il terrazzo con una donna su un carrello portavivande... Il marasma... il marasma... (E va via, ingobbito).

LUDOVICO - Attilio, debbo telefonare al dottor Pelliccia...

ATTILIO - (assorto) Sssst! (La porta d'ingresso si apre ed entra Letizia, impellicciata e carica di pacchi).

LETIZIA (piacevolmente sorpresa) - Attilio! (Il capo di Attilio scivola dal puntello delle dita e ricade sul bracciolo del divano).

ATTILIO (tra il riso e il pianto) - Letizia mia.

LETIZIA (posando i pacchi in qualche posto) - Bravo, coltivi lo spirito. (Si china a baciarlo su una guancia).

ATTILIO (c.s.) - Letizia mia...

LETIZIA - Sei arrivato da molto?

ATTILIO - Alle otto e mezza.

LETIZIA -Mi fai venire i rimorsi.  Chi sa quanto ti sei annoiato senza di me.

ATTILIO -Uh, non ti dico quanto!

LETIZIA -Potevi andare a cinema per stimolare un po' il sistema nervoso.

ATTILIO - E' più stimolante restare in casa.

LETIZIA (fermando il giradischi) - Ciao, Ludovico. 

LUDOVICO - Ciao. (Letizia guarda stupita il fratello).

LETIZIA (con un grido) - Oddio!

ATTILIO (sobbalzando) - Che c’è ?

LETIZIA (portandosi una mano alla guancia) - Attilio, non mi dire che oggi è il 31 dicembre.

ATTILIO  - No, infatti.  E' l’undici febbraio.

LETIZIA - Meno male.

ATTILIO   - Perchè?

LETIZIA  - Siccome Ludovico è ancora in piedi a quest'ora, per un momento ho pensato che era sceso a festeggiare il Capodanno.  E io non ho niente pronto: spumante, invitati, eccetera.  Com’è che fai le ore piccole, Ludovico?

LUDOVICO (per guadagnare tempo) - Com'è che faccio le ore piccole... (Un tempo) Eh. (Un tempo) Com'è, Attilio?

ATTILIO - Ma per colpa del coso... del gatto, no?

LUDOVICO - Ecco.

ATTILIO (a Letizia) - Ho investito con la macchina un gatto di razza pregiata e mi hanno citato per danni.

LETIZIA (con un nuovo grido) - A proposito!

ATTILIO - Di gatto?

LETIZIA - Di macchina.  Letizia tua ha escogitato il sistema per non farsi rimuovere la macchina dal carro-gru.

ATTILIO - Che hai escogitato, Letizia mia?

LETIZIA - Innanzitutto ho tolto i paraurti, anteriore e posteriore.  Li ho regalati al parroco per i parrocchiani poveri.  Poi, giù la saracinesca del box e ho fatto avanti e indietro con la macchina: muro saracinesca, saracinesca muro.  Si è accorciata di almeno quaranta centimetri.  Con la carta vetrata ho grattato la vernice e ho calato una ventina di martellate sugli sportelli e sul tetto.  La ventunesima martellata sul parabrezza.  Tutto echeggiato.  Ci ho attaccato due belle strisce di scotch a forma di croce.  Attilio, fatti una risata e impara a fregare il Municipio.  Nei tre posti dove l'ho parcheggiata in zona vietata, ci ho trovato il carro-gru e il vigile che diceva all’autista: questa no, non ci ricaviamo neanche la spesa della benzina.  E così hanno rimosso una Mercedes, uno spider e un furgone mortuario con il morto dentro.  Ce ne dici?  Ottomila lire risparmiate.

ATTILIO - Un  affarone.

LETIZIA - Faccio lo stesso con la tua macchina?

ATTILIO - No, ci penso io. (Un tempo) A che ora sei uscita cara?

LETIZIA - Alle quattro.  E' venuta Paola per accompagnarmi a vedere il famoso cassettone per la camera degli ospiti.  Bello, sai?  Di quel famoso mobiliere del secolo scorso, come si chiama? ah sì, Luigi Filippo.  Lo mandano lunedì.

ATTILIO - E dimmi ancora, cara: sei uscita dal terrazzo? 

LETIZIA - Dal terrazzo? (Guarda verso il terrazzo) Calandomi con una corda all'uso alpino?

ATTILIO - No, che so... portata a spalla da un paio di amici tuoi... Quei tipi così allegri e mattacchioni, eh,eh,eh...

LETIZIA - Attilio, hai mangiato di nuovo salsicce!

ATTILIO - E sei uscita, diciamo così... vestita?

LETIZIA - Be', guarda, a essere sincera, sono uscita praticamente nuda. (Ludovico  e Attilio si guardano, mentre Letizia, sfilatasi la pelliccia, si mostra in gonna e pullover) Paola è arrivata in anticipo.  Così, ho infilato la pelliccia su quello che portavo in casa. (Un tempo) Del cassettone ti ho detto.  Poi sono andata a cinema.  Avevo scelto un giallo, ma sai, dalle fotografie ho capito che si trattava della solita solfa: due a letto nudi che fanno l'amore e un tale armato di rasoio che va in giro a sgozzare donne nude.  Uffa, ne ho fino ai capelli di nudi femminili.  E tu?

ATTILIO - Uh, mi escono dagli occhi.

LETIZIA - Allora ho preferito vedere un western nostrano; con alto tasso di mortalità.  Bello.  Un'armata messicana sterminata da quattro fratelli.  La moglie di uno dei quattro era scappata con il governatore, la moglie di un altro con il capo di stato maggiore e la fidanzata del più giovane con il sergente anziano.

ATTILIO - E il quarto?

LETIZIA - Il quarto era una mezza checca, ma ha partecipato al massacro per solidarietà.  Ecco, questi sono i film che dovrebbero vedere le persone gelose.  Basta con le scenate condite di strilli, pianti sul letto e piatti in faccia.  L'infedeltà va punita con il fragore delle armi.  L'infedeltà  non è episodica, sei d'accordo, Attilio?, ma una costante.  Prendi te, ad esempio.  Perchè ho sposato te e non un altro?

ATTILIO - Ecco, perchè?

LETIZIA - Perchè tu sei l'uomo fedele per eccellenza.  La natura e i sani principio ti hanno fatto fedele.  Ma se scoprissi che mi tradisci - cosa assurda, naturalmente...

ATTILIO E LUDOVICO (ad una voce) - Naturalmente...

LETIZIA - Be', mi ci vedi a piangere sul letto mordendo il guanciale, a graffiarti la faccia, a chiudermi in un mutismo di quindici anni?

ATTILIO - Muta tu?  Letizia mia...

LETIZIA - Un colpo di rivoltella ben centrato e fine della trasmissione e di Attilio.  Tanto, c’è  Ludovico che fa il penalista. (Ludovico versa da bere per se' e per Attilio) Eh sì, sul matrimonio ho delle idee chiare: è come i binari della ferrovia.  Tu scegli il treno, la classe e l'orario; ma una volta fatta la scelta i binari li devi percorrere fino a destinazione, senza fermate intermedie o deviazioni su binari morti.  Altrimenti ti faccio deragliare e...

ATTILIO - ...fine del treno e di Attilio. (Un tempo) Senti, cara, prima che tu uscissi che non è successo niente di particolare?

LETIZIA - Che intendi per particolare? 

ATTILIO - Fuori dell'ordinario.

LETIZIA - No, niente.  Ah, sì, dimenticavo, ma questo non è fuori dell'ordinario: da Trieste ha telefonato la dottoressa Micina. (Ludovico sputa il sorso di liquore) Le ho detto che, come sapeva, eri a Milano e che giovedì prossimo sarai a Genova.  Ha insistito per sapere quando sarai a Trieste.  Attilio, mi sa che lavora troppo. quella povera donna, a farti da staffetta e da tirapiedi da un capo all'altro d'Italia.

ATTILIO - Macché!  Ha energie da vendere, quella, malgrado i suoi cinquantasei anni e i piedi piatti. E poi, viaggiare le torna utile per via delle trasferte e degli straordinari.  Come sai, ha cinque nipoti a carico, dopo la morte del fratello, povero ragioniere Micina, che Dio l'abbia in gloria.

LETIZIA (a Ludoovico) - Avessi tu l'energia di quella donna! Dovunque Attilio si debba recare, chi si trova sul posto due giorni prima?

LUDOVICO - La dottoressa Micina.

LETIZIA - Prepara carte, contratti, fissa gli appuntamenti con i clienti, prenota l'albergo.  E sapessi quant'è esigente sulla puntualità di Attilio... Basta che l'aereo porti mezz'ora di ritardo, dai a telefonare: ma che fa? quando arriva? (Ad Attilio) Va', che senza di lei non sapresti dove sbattere la testa quando sei fuori sede... (Un tempo) Almeno le offri un po' di svago qualche volta?  Che so, l'accompagni al cinema... Non lavorerai ventiquattro ore su ventiquattro, spero.

ATTILIO - Al cinema, figurati!  Al cinema con quell'orrida creatura... Qualche volta a colazione, quando capita qualche colazione di lavoro...

LETIZIA (a Ludovico) - E che conoscenza delle lingue!  Pensa, parla sempre con l'accento della città da dove telefona. (Ludovico sputa di nuovo il sorso di liquore) Ludovico, perché bevi se non sopporti l'alcool? (Ad Attilio) Tu, però non sei carino a chiamarla sempre per il cognome: Micina qua, Micina là.  A proposito, qual’è il suo nome di battesimo?

ATTILIO - Il nome... Maria Teresa.  Dottoressa Maria Teresa Micina.  Ma con i dipendenti è bene mantenere le distanze.  Del resto, che la chiami Maria Teresa o Micina, per lei fa lo stesso.  E' tanto insignificante come donna quanto efficiente come segretaria viaggiante.

LETIZIA - Mi piacerebbe conoscerla.  Potresti invitarla a casa?

LUDOVICO - Tutte quante?

ATTILIO - Tutte quante le volte che è in città?

LETIZIA - No, basta una.  Giusto per conoscerla.

ATTILIO - Va bene, promesso. (Un tempo) Dunque, nessuna novità.

LETIZIA - Nessuna.  Vado a disfare i pacchi. (Li raccoglie) Parlate pure con comodo del gatto che hai messo sotto, tanto la cena è fredda e non c’è pericolo che si freddi. (Esce da destra).

LUDOVICO - Ma cos'hai, un allevamento?

ATTILIO (minimizzando) - Un po' di calore umano, Ludovico.  L'inverno fuori casa è così triste...

LUDOVICO - E le chiami tutte quante micina...

ATTILIO - Così non corro il rischio di sbagliare.

LUDOVICO (tra ammirato e scandalizzato) - Dio, che tecnica immorale! (Entra Letizia con al collo una gigantesca collana grondante ciondoli colorati).

LETIZIA - Giudica tu, Attilio; questa roba mi appesantisce, non trovi?

ATTILIO - Ti ingobbisce un po', direi.  E' forse il peso che ti sposta tutta in avanti.

LETIZIA - L'avrei giurato.  Vuol dire che la regalerò a Paola, che un po' gobbetta lo è di suo.  Difetto di nascita.  Rimasta orfana prima di nascere, fu partorita da una zia.(Ci ripensa) O  no?  Be' qualcosa del genere.  Comunque, è settimina.  E come se non bastasse, adesso ha il marito con l'esaurimento nervoso.

ATTILIO - Il marito?  Ma se è miliardario e non ha mai fatto niente.

LETIZIA - Appunto; va dicendo in giro che si vuol mettere a lavorare.  La prossima settimana Paola lo accompagna da uno psichiatra di Zurigo. (Fa per uscire, ma si arresta) Ah, che sbadata.  Ecco che cosa dovevo ricordarmi.  Certo che è successo qualche cosa.

ATTILIO - Dimmi, dimmi.

LETIZIA - Sapete chi si è fatto vivo prima che uscissi?  Zio Leopoldo.  Te lo ricordi, Ludovico?  Quello che da quindici anni è al sud... Calabria, Sicilia...

LUDOVICO - Sud Africa.

LETIZIA - Appunto, c’è  un sud.

LUDOVICO (realizzando) - Sud Africa (Solleva una gamba per mostrare ad Attilio la suola della scarpa)

LETIZIA - Hai di nuovo i crampi, Ludovico?

LUDOVICO - No, sto controllando il menisco.

ATTILIO - Chi è zio Leopoldo?

LETIZIA - Non lo conosci perché ci siamo sposati dopo la sua partenza.  E' un fratello di papà.

ATTILIO - Il trapezista.

LETIZIA - Ma no, quello è ... anzi era zio Lucio.  Famoso anche lui.  Creò il salto mortale che ancora oggi porta il suo nome e che nessuno ha mai osato ripetere.  Tanto mortale che zio Lucio ci rimase secco.

ATTILIO - Lo eseguì senza rete...

LETIZIA - Senza rete e senza trapezio. (a Ludovico) Fu l'anno del matrimonio di Daniela, ricordo bene?

ATTILIO (urlando) - Letizia! (Pausa) Senza rete, e va bene.  Ma spiegami come fa un trapezista a fare un salto mortale senza trapezio!

LETIZIA - Nessuno lo potrà mai dire in quanto, come ti ripeto, nessuno ci ha riprovato.  Quel giorno, zio Lucio annunciò dalla piattaforma: rispettabile pubblico, ho l'onore di presentarvi un nuovo numero. Oserò l'inosabile.  Via la rete, via il trapezio, via tutti giù di sotto, E via lui a strapiombo da trenta metri.  Si è portato il segreto nella tomba. (Un tempo) Secondo me, era un po'... (Si porta un dito alla tempia a significare  svitato).

ATTILIO (con falsa incredulità) - Che mi dici...

LETIZIA - Come tutti gli artisti.  Certamente fuori razza.

ATTILIO - Ah, fuori razza!

LETIZIA - Zio Leopoldo, invece, che cervellone!  Di' tu, Ludovico.

LUDOVICO - Zio Leopoldo?  Tutt'altra cosa.  Scienziato, inventore.  Ai suoi tempi fu nominato consulente dell'Istituto Nazionale delle Ricerche.  Un giorno riunì i ricercatori nazionali in assemblea plenaria e gli mostrò dei chicchi ottenuti in laboratorio.  Colore, forma, aroma, i chicchi avevano tutto del caffè.  Be', zio Leopoldo fa torrefare e macinare due buone manciate, prepara l'infusione e distribuisce le tazze all'assemblea.  Fatti una risata: il caffè non sapeva di caffè, ma - indovina un po' - di resina di pino...

ATTILIO (basito) - Resina di pino.

LUDOVICO - Proprio così; aveva inventato un nuovo espettorante.

LETIZIA - Dodici anni di studio.  Ma non è finita.  Continua, Ludovico.

LUDOVICO - Poco dopo entra un carrello carico di fagioli, anche questi ottenuti in laboratorio.  Per tagliare corto, di che sapevano i fagioli lessati?

ATTILIO - Di caffè.

LUDOVICO - Di crème caramel.  Un budino per diabetici.

ATTILIO (una mano sullo stomaco) - Oddìo!

LUDOVICO - Poi partì per il Sud Africa.

ATTILIO - Esiliato dall'Istituto delle Ricerche...

LUDOVICO - No, volontariamente.  C’erano migliori condizioni per certi studi sulla... come si chiama?  La scienza che riguarda i robot...

ATTILIO - La cibernetica.

LUDOVICO - Ecco, la cibernetica.

ATTILIO - E adesso è tornato con una nuova invenzione.  Le banane parlanti, magari.

LETIZIA (sorpresa) - E' tornato?

ATTILIO - Letizia, hai detto o no, poco fa, che zio Leopoldo si è fatto vivo?

LETIZIA - Ah, sì; ma non di persona: con una lettera. (Ludovico e Attilio si guardano).

ATTILIO - Una lettera. (Un tempo) L'ha recapitata un gorilla?

LETIZIA - Un gorilla?  Ma lo sai che per fare il postino occorre almeno la licenza elementare?  I gorilla sono analfabeti.

ATTILIO - Nella lettera si parla di un gatto, vero?

LETIZIA - Senti, Attilio, da oggi salsicce non ne mangi più, eh?

ATTILIO - Che dice la lettera?

LETIZIA (stringendosi il mento) - Che dice la lettera... Qualche cosa dice... O Signore, la mia testa... Dove ho messo la lettera?  Aspetta che guardo nella borsetta. (Esce da destra).

ATTILIO - Secondo te la trova, o dobbiamo preparare le barricate in previsione del ritorno di GUTIERREZ? (Rientra Letizia).

LETIZIA (drammatica) - Attilio, tu incominci a stancarti di me.

ATTILIO - Che dici, micina?... ehm, tesoro?

LETIZIA - Sì, Sì, sì... Ti sei stancato di me.  La registrazione, l'hai ascoltata?

ATTILIO - Certo.  Non metto in dubbio la bontà della cena, ma non ho avuto...

LETIZIA (in tono acuto) - Ma che cena! (Un tempo) Dovevi ricordarmi che ho una sorpresina per te.

ATTILIO - Ah, già, c’è  una sorpresina.  Meno male, così animiamo la serata.

LETIZIA - Cercando la lettera, me ne sono ricordata.  Non ti sei stancato di me, vero?

ATTILIO - Ma che dici! (Letizia gli accarezza una guancia e va verso il guardaroba)

LETIZIA - Non devi guardare, però; nessuno dei due deve guardare.

ATTILIO - Do... dove...

LUDOVICO - Dov’è la sorpresina?

LETIZIA (battendo delicatamente l'unghia dell'indice sulla porta del guardaroba, civettuola) - Qui dentro. (Attilio trascina Ludovico in modo da formare una barriera davanti alla porta).

LUDOVICO E ATTILIO (cantando) - Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri, Letizia tanti auguri a te,

ATTILIO - Cento di questi giorni e ancora cento.

LETIZIA (commossa) - Grazie, tesoro, grazie. (Un tempo) Che festeggio?

ATTILIO - Undici febbraio, santa Emerenziana vergine.

LETIZIA - Attilio, io mi chiamo Letizia.

ATTILIO - Ma quando ci siamo sposati eri... pura siccome un angelo  . (Letizia abbassa lo sguardo, pudibonda) Perciò, a ogni ricorrenza di vergini... (Cantando) Tanti auguri a te.

LETIZIA - Che ho fatto per meritare un marito come te? 

LUDOVICO - Non lo meriti, Letizia, non lo meriti. (Attilio gli pesta un piede)

LETIZIA - E adesso la sorpresina.  Voltatevi.

LUDOVICO - La sorpresina è qui dentro?

LETIZIA (con tono da bambina) - Sì, sì.

ATTILIO (ridendo ebete) Eheheh...

LETIZIA - Via, via, vicino al divano... Così... Giratevi e voltatevi solo al mio comando.

ATTILIO -Che sorpresina è, Letizia mia?

LETIZIA -Non si dice.

ATTILIO -Si mangia, si porta addosso, si tiene nel letto?

LETIZIA -Non si sa... (Apre il guardaroba.  Monique le cade tra le braccia)

ATTILIO - Parla, miagola, fa coccodè?

LETIZIA (con tono profondamente deluso) - Attilio...

ATTILIO (affondando la testa nelle spalle, ma speranzoso) ­La sorpresine non c’è  più.

LETIZIA (col broncio) - Ho sbagliato posto.  Dovevo immaginare che, rincasando, avresti appeso il soprabito.  Ho sciupato tutto.  Be', ormai potete girarvi. (I due si girano).

ATTILIO (con un sorriso forzato) - Che bella sorpresina.

Vero, Ludovico?

LUDOVICO - Eheheh, che cos’è?

LETIZIA - Non è più una sorpresa, dal momento che l'avevi già vista.  Comunque, questa ce la manda zio Leopoldo dal Sud Tirolo.

LUDOVICO - Dal Sud Africa, Letizia.

LETIZIA - Va bene, che m'importa da dove?  Ho sciupato tutto.

ATTILIO - Questa la manda zio Leopoldo?

LETIZIA - Sì, sì; dama di compagnia, cameriera, governante, tuttofare.

ATTILIO - Quella?  Monique?

LETIZIA - Si chiama Monique? (delusa) Hai trovato anche la lettera...

ATTILIO - Tu dovresti trovarla, Letizia.  E poi, che significa l'ha mandata?

LETIZIA - Per posta.  Imballata.

ATTILIO - Imballata e... in camicia da notte?

LETIZIA - Che importanza ha?  Tanto, non è una donna.

ATTILIO - Ah, no?

LETIZIA - Non come me, almeno.  E' sintetica.  Ottenuta in laboratorio come l'espettorante e il budino.  Nella lettera è spiegato così bene.

ATTILIO - Dov'è, dov'è la lettera?

LETIZIA - Appunto, dov'è  Ricordo che dice all'incirca: questa è una donna sintetica, sembra di carne e ossa, ma non lo è; so che c’è  una grave penuria di domestiche e ho pensato di farti cosa gradita... Ah, ecco, ricordo che per farla funzionare bisogna premere in qualche posto... poi bisogna programmarla... Che dice ancora?  Ah, sì: per piacere, non l'aprite per vedere com’è fatta dentro... o qualcosa del genere.  Insomma, debbo trovare 'sta lettera.

ATTILIO - Appunto, Letizia, devi.

LETIZIA - Datemi una mano.  Sarà sintetica, ma pesa. (Ludovico e Attilio sollevano Monique e fanno per deporla sul divano) No, là no. (Concentrandosi) Aspettate... La lettera dice qualcosa a proposito delle prime quarantotto ore.  Ah sì tenerla in luogo fresco.

LUDOVICO (ad Attilio) - Nel frigorifero.

LETIZIA - Troppo piccolo.  Sistemiamola sul terrazzo. (I tre escono sul terrazzo con Monique e rientrano dopo qualche istante.  Letizia sorregge il soprabito, che butta su  una poltrona) Meno roba ha addosso e meglio si conserva.  Sentite, non mi venite tra i piedi perché create confusione.  La lettera la cerco da sola.  Buoni buoni qui e parlate del vostro gatto. (Esce da destra.  Attilio e Ludovico cadono sul divano).

LUDOVICO - Incomincia il dramma.

ATTILIO - E' incominciato cinque anni fa, quando ho sposato tua sorella. (Un tempo) Ragioniamo.  Letizia riceve un collo postale da zio Leopoldo.  Dentro c’è  un robot... una donna sintetica, chiamala come ti pare.  Il professor Paulo vede entrare due uomini con una donna ed uscirne con un'altra.  Quindi: è entrata Monique ed è uscita l'altra.  Sostituzione.  Aveva ragione Gutierrez.  Ma chi ha effettuato la sostituzione?  E perché? (Un tempo) Zio Leopoldo fa il trapezista anche lui?

LUDOVICO - Ci ha provato, ma soffre di vertigini.

ATTILIO - Allora vi sono buone possibilità che sia ancora vivo e ci possa fornire delle spiegazioni.  Telefoniamo in Sud Africa.

LUDOVICO - Aspettiamo che Letizia trovi la lettera.

ATTILIO - La vita è breve.  Ludovico.  Non fa in tempo. (Campanello) Ed ecco Gutierrez di ritorno dalla posta. (Campanello).

LETIZIA (fuori di scena) - Attilio, il telefono, sei sordo?  Se è Paola, dille che sto cercando la lettera.

ATTILIO (a Ludovico) - Dai, apri.  E mostriamoci gioviali e disinvolti. (Ludovico sorridente, va ad aprire la porta d'ingresso.  C’è  Guendalina, una ragazza bionda, con le trecce.  Indossa un impermeabile di plastica, trasparente quanto basta per notare che, sotto, è in camicia da notte.  I suoi occhi fissano il vuoto.  E' scalza e le sue braccia sono abbandonate lungo i fianchi.  Sull'impermeabile, all'altezza del petto, è appuntata una busta).

LUDOVICO (ad Attilio) - Non è Gutierrez. (Nel voltarsi di nuovo verso Guendalina, questa gli cade rigida addosso, poggiando il mento sulla sua spalla.  Attilio si precipita sul pianerottolo, controlla a destra e a sinistra, rientra, chiude la porta. Intanto Ludovico, calmissimo, ha scostato da sè Guendalina, l'ha osservata in volto e l'ha risistemata sulla propria spalla.  Le sue gambe incominciano a vibrare violentemente.  Ad Attilio) Un'altra morta.

LETIZIA (fuori di scena) - Era Paola?

ATTILIO (verso destra) - No, amore, la posta. (a Ludovico) Allora è questa la bambola di zio Leopoldo.

LUDOVICO - Attilio, c’è il terremoto o sono io? (Attilio prende Guendalina tra le braccia).

ATTILIO - Sul divano! (Appoggiandosi come e dove può, Ludovico va a rovinare sul divano) Non dico a te.  Dobbiamo metterci questa.

LUDOVICO (deciso) - Prima io! (Attilio solleva Guendalina e la fa adagiare sul divano gli occhi di Ludovico accanto ai piedi della ragazza. Ludovico apre un occhio e legge con estrema disinvoltura)Prodotto in Sud Africa. (Richiude gli occhi).

ATTILIO - C’È  una busta.

LUDOVICO - Sarà la bolletta di consegna. (Attilio apre la busta e ne trae un foglio).

ATTILIO (leggendo) -Restituiamo la bambola per accusare ricevuta.  E tanti saluti al gatto  . (Basito) La situazione incomincia a farsi chiara.

LUDOVICO - Sì, eh?

ATTILIO - Questa è la bambola consegnata nel pomeriggio a Letizia e vista uscire dal professore Paulo. Infatti, ecco le trecce.  Ma perchè, dopo aver sostituito Monique a questa qua, ora ce la rimandano?

LUDOVICO - Rimorso di coscienza.

ATTILIO (guardando il foglio) - E chi è   questo gatto che debbo salutare?

LUDOVICO - Il padre delle tue micine...

ATTILIO (con una folgorazione) - Ludovico, il segreto è nel petto.  Ricordati con quanta insistenza Gutierrez ha palpeggiato Monique. (Sbottona l'impermeabile e palpeggia Guendalina; dapprima con distacco, poi con crescente interesse) Però ... (Un tempo) Letizia ha letto bene?  E' sintetica?  Tocca un po' qua. (Ludovico osserva i palpeggiamenti di Attilio) Tocca... tocca.

LUDOVICO - Per favore, sono un giovane di San Vincenzo!

ATTILIO - Ma che avrà letto quella? (Forte verso destra) Letizia, hai trovato la lettera?

LETIZIA (fuori di scena) - No, ma fatti una risata.  Gli orecchini che credevo di aver perduto tre mesi fa ricordi?  Be', erano nella bustina del lievito della torta Margherita.

ATTILIO (scuotendo Ludovico) - Al fresco!

LUDOVICO - Ci finiamo tutti.

ATTILIO - Al fresco, sul terrazzo.  Ricordati le istruzioni.  Non perdiamo tempo. (Nello scavalcare Guendalina, Ludovico si sofferma un istante su di lei.  Il contato della ragazza lo turba.  Si alza e la solleva assieme ad Attilio.  La portano sul terrazzo.  Dopo qualche istante, rientra Attilio, solo, con l'impermeabile di Guendalina. Guarda fuori) Ludovico, ma che fai? (Ludovico rientra rinculando, lo sguardo fisso fuori) Chè, dico, sveglia.  Che guardi?

LUDOVICO - Non mi dispiace affatto.  Ha un certo nonsochè...

ATTILIO - Monique?  Certo, è un bocconcino.

LUDOVICO - Parlo della bambola.

ATTILIO - Che?  Ludovico, è una donna sintetica.

LUDOVICO - Non mi formalizzo.  Improvvisamente ho provato - San Vincenzo mi perdoni - una vivissima simpatia per quella ragazza.

ATTILIO - Oh, scherziamo? (Un tempo) Sei un porco.  Ti fai mandare cataloghi pornografici dalla Svezia, di' la verità.

LUDOVICO - Ne sono attratto, non c’è che fare, quanto ne sono attratto!  Anzi, san Vincenzo o non san Vincenzo, per quella là sento degli impulsi inconfessabili. (Attilio si copre gli occhi) Tu che l'hai palpeggiata, che impressione tattile se ne ricava?

ATTILIO (gridando) - L'impressione che ti devi trovare una moglie! (Lo tira dentro e chiude la porta).

LUDOVICO - Chi sa se la bambola...

ATTILIO - La bambola non può.

LUDOVICO - Non può?

ATTILIO - Se potesse, me la sposerei io. (Dal terrazzo proviene uno starnuto) Oddìo, Monique.  Quella si surgela. (Afferra il soprabito ed esce sul terrazzo.  Dopo qualche istante rientra sorreggendo Monique, che barcolla e si stringe il soprabito addosso).

MONIQUE - Ti sembra il modo, Titì?  Portarmi a casa tua per farmi stare scoperta sul terrazzo?

LUDOVICO - Hai visto?  L'hai portata tu.

MONIQUE (indicando Ludovico) - Chi è questo qua, Titì?

ATTILIO - Mio cognato, micina.

MONIQUE - Fratello della scemotta? (a Ludovico) Sì, mi ci ha portato lui, perchè?

LUDOVICO - Ah!

ATTILIO - Ma che dici, micina? (La fa sdraiare sul divano).

MONIQUE - Abbiamo provato la tua auto nuova, no?  E poi siamo venuti qui da te, dal momento che tua moglie è a Ischia.

ATTILIO - Ma questo è successo tre anni fa.

MONIQUE - E da allora mi tieni prigioniera?  Dio, sei insaziabile! (Sta per addormentarsi).

ATTILIO - Sveglia, sveglia.  Ti ricordi che giorno è oggi? 

MONIQUE - Ricordamelo tu, Titì.  Giorno, mese e anno. 

ATTILIO - Oggi è sabato.

MONIQUE - Certo... sabato... Il sabato faccio il numero dell'educazione fisica. (Ludovico tocca una spalla ad Attilio)

LUDOVICO - La signora è insegnante?

ATTILIO - Avanti... Coraggio... Che ricordi?

MONIQUE - Stavo provando il numero del cavalletto... quando... debbo essere caduta.  Forse ho battuto la testa perché ho una tale confusione... Ma davvero tua moglie non è a Ischia?

ATTILIO - E' di là che rovista.  Vai avanti.

MONIQUE - Ero al Chez vous... ed è venuto... sì, certo, un medico... dal momento che aveva una siringa... Mi ha praticato l'iniezione.

LUDOVICO - L'ha palpeggiata, signora?

ATTILIO - Zitto!

MONIQUE - Dio, che freddo ho sentito dappertutto... Ce l'ho ancora... Fammi bere, Titì ... (Attilio le versa da bere.  Monique manda giù un sorso e, puntualissima, ricade addormentata).

LUDOVICO - Come tutti gli sportivi, non regge l'alcool.

ATTILIO (forte) - Sveglia, Monique!  Sveglia!

LETIZIA (fuori di scena) -  Sto facendo del mio meglio, ma non riesco a trovarla. (11 professore Paulo batte discretamente con le nocche alla porta del terrazzo.  Ludovico fa azionare fulmineamente il giradischi.  Stessa musica. Ludovico sulla poltrona, batte il tempo con la mano. Attilio apre).

PAULO - Scusino ancora; sono proprio mortificato.  Qui, proprio qui - la tocco quasi con mano - c’è  una donna in camicia da notte, è vero?

ATTILIO - Questa volta ha visto giusto, professore.  Complimenti.

PAULO - Aspetti a complimentarsi.  Dico una e non due, come mi era parso di vedere poc’anzi.

ATTILIO - Una sola.  Complimenti.

PAULO - E' confortante.  Oltre alle traveggole, temevo di incominciare a vedere doppio. (Un tempo) Una sola.  E' un confortante progresso.  Scusi ancora e buonanotte.

ATTILIO - Buonanotte a lei e ancora complimenti. (Il professore Paulo si sberretta nella direzione in cui presumibilmente si trova Guendalina e scompare a destra.

ATTILIO - ( si precipita a fermare il giradischi) a Ludovico  Bisogna svegliarla, costi quel che costi. (Trascina Ludovico  vicino al divano e si china su Monique) Su, micina, sveglia... Raccontami del cavalletto.

LUDOVICO - Cos’è questa storia del cavalletto?

ATTILIO - Poi ti racconto.  Su, Monique. (Le massaggia le mani) Tu pensa al Sud Africa. (Allo sguardo attonito di Ludovico) I piedi! (Ludovico le massaggia i piedi. Attilio sbottona il soprabito e incomincia a massaggiarle il braccio) Chi sa Gutierrez che intende per roba... Senti qua. (Da destra entra Letizia).

LETIZIA - Attilio! (Pronto, Attilio porta le mani al collo di Monique e le scuote la testa) Attilio, tu ti sei stancato di me.

ATTILIO - Che dici mai, Letizia mia?  Questa è sintetica, no? 

LETIZIA - Che me ne importa di com'è? (Un tempo) Giovedì, alla tua partenza, che ti ho dato da portare con te? 

ATTILIO - Non riesco a ricordare.

LETIZIA - Lo vedi?  Una volta  non l'avresti dimenticato. (Mostrando) Il berretto di lana per l'ultimo nipotino della dottoressa Micina. Ed era in una tasca del tuo accappatoio.

ATTILIO - Hai ragione, cara, sono uno sbadato.  Glielo porterò giovedì prossimo.

LETIZIA (piagnucolando) - Di' la verità, ti sei stancato di me (Con brusco cambiamento di tono) Le hai tastato il braccio?

ATTILIO - Alla dottoressa?  Mai, te lo giuro.

LETIZIA -Ma no, alla bambola di zio Leopoldo. (Monique si anima e getta le braccia attorno al collo di Attilio).

MONIQUE - Titì, tesoro, fammi bere.

LETIZIA - Cara!  Incomincia ad affezionarsi... E falla bere. (Attilio fa bere Monique, che ripiomba nel sonno) Prova a tastarle il braccio.  Più vera di così non potrebbe sembrare... Prova.

ATTILIO   Provo?

LETIZIA   Ma sì, ti dico. (Timidamente, Attilio sfiora il braccio di Monique) Eh?  Altro che sintetica!

ATTILIO - Altro! (Un tempo) Ma tu che ne sai del braccio di questa qua?

LETIZIA - Gliel'ho tastato anch'io, no?

ATTILIO - E perché?

LETIZIA - Era scritto nella lettera. (Un tempo, il mento in mano) Ma perchè dovevo tastarglielo?  Sentite, se non trovo la lettera, impazzisco. (Con una folgorazione) Aspetta. (Va al mobile di sinistra, sale su una sedia e prende un vaso collocato sull'ultima mensola).

ATTILIO - La lettera potrebbe essere lassù, Letizia?

LETIZIA - Si capisce che potrebbe.  Prima di uscire, ho preso la patente di guida che ripongo in questo vaso per averla sempre a portata di mano.  Niente di più facile che, avendo in mano la lettera, data la premura che mi faceva Paola, abbia preso la patente e lasciato la lettera al suo posto.  Sento che è così.  Vuoi vedere? (Scoperchia il vaso) Non c’è . (Ripone il vaso e scende).

ATTILIO - Senti, Letizia, non è possibile che la lettera tu l'abbia  imbucata?

LETIZIA - Dici...

ATTILIO - Forse hai pensato che fosse una lettera in partenza anzichè in arrivo.

LETIZIA - Però... (Dopo un breve ripensamento) No, non è possibile.  Chi mi dava un francobollo del Sud Vietnam?  No, era una lettera in arrivo.  Tanto è vero che l'ho letta, ma non ricordo d'averla scritta.  Attilio, non farmi più stupida di quel che sono.  Armiamoci di pazienza.  Adesso guardo nel forno elettrico e nel surgelatore. (Via da destra.  Attilio, sfinito, cade su una poltrona).

ATTILIO - Ci rinuncio.  Venga Gutierrez, venga il commissario, vengano gatti, cani e gruppuscoli extra parlamentari, ci rinuncio. (Ludovico lo osserva a lungo).

LUDOVICO (timidamente) - Attilio...

ATTILIO - Eh?

LUDOVICO - A proposito di animali, mi spieghi la faccenda del cavalletto? (Attilio lo fissa per un lungo istante).

ATTILIO - Sei un mostro, Ludovico abbiamo cento interrogativi a cui dare una risposta e tu mi domandi del cavalletto...

LUDOVICO - Poco fa hai detto che la situazione è chiara.

ATTILIO - Chiarissima.  Questa sul divano, quella sul terrazzo, Gutierrez alla Direzione Provinciale delle Poste, il gatto scrittore, zio Leopoldo e l'espettorante, il salto mortale di zio Lucio, quella con la testa nel surgelatore e tu... tu con il cavalletto...

LUDOVICO – Si,ma che cosa è il  cavalletto!(Pausa).

ATTILIO - Lo sai a che penso, Ludovico?

LUDOVICO - Non pensare, riposati.

ATTILIO - Penso che se non te lo spiego, io non trovo pace e tu vivi angosciato.

LUDOVICO - Be', sì.

ATTILIO - Visto?  Allora tanto vale che te lo spieghi subito. Il cavalletto.  Hai presente lo spogliarello?

LUDOVICO - No. Che cos'è?

ATTILIO (con falsa pazienza) - Una danza, Ludovico; una danza con figurazioni.

LUDOVICO - Come i quadri animati che facevamo dai salesiani?

ATTILIO - Non precisamente, Ludovico.

LUDOVICO - E perché la professoressa  è caduta dal cavalletto ?

ATTILIO - Perchè è un numero ad alto grado di difficoltà e solo Monique è in grado di farlo.

LUDOVICO - Come il salto mortale di zio Lucio.

ATTILIO - Pressappoco, Ludovico

LUDOVICO - E spiega, illustra.  Dio, come sei diventato taciturno!

ATTILIO - Te lo spiego, Ludovico. (Si alza) C’è un locale chiamato Chez vous, ritrovo notturno, con tavoli, clienti e luci attenuate. (Via via si accalora) Al centro del locale c’è una pedana illuminata a giorno, Ludovico, e al centro della pedana c’è un cavalletto.  Monique si porta sulla pedana, fingendo di essere una collegiale buttata giù dal letto per la lezione di educazione fisica.  Ed ha ancora tanto sonno, poveretta! (Infervorandosi) Indossa un pigiama e sbadiglia. (Sbadigliando; con tono infantile) Cattiva madre superiora!  Monique ha tanto sonno ancora.(Torvo) I violini sviolinano. I tromboni strombonano Monique si appoggia al cavalletto e, con una smorfietta, si sbottona la giacca del pigiama. (Si strappa la giacca di dosso e si sbottona la camicia).

LUDOVICO (con ali occhi sbarrati) - E?...

ATTILIO - E fa volare tutto via. (Via in aria giacca e camicia).

LUDOVICO - Con... Resta con...

ATTILIO - Sissignore, resta con tutto il palpeggiato esposto alla pubblica ammirazione...

LUDOVICO - E questo a neanche un'ora di autostrada dal santuario della Madonna di San Luca... San Vincenzo! (Ludovico deglutisce   E' come ipnotizzato).

ATTILIO - Monique riprende a sbadigliare, monta e si adagia sul cavalletto. (Si adagia sulla spalliera del divano contorcendosi) Ma non trova la posizione giusta, poverina... (Sempre più accalorato) Allora, mondo boia!, fa saltare l'altro bottone.

LUDOVICO - Quale?

ATTILIO (gridando) - Quello dei calzoncini. (Si sbottona i calzoni).

LUDOVICO - E a questo punto cala il sipario...

ATTILIO - A questo punto continua il numero  !.

LUDOVICO - Sul cavalletto... (Prende il fazzoletto dalla tasca).

ATTILIO - Sul cavalletto... Si torce, si contorce. (Esegue) Icalzoncini le impediscono i movimenti.  Allora, rimondo boia...

LUDOVICO - Che fa?

ATTILIO (furibondo) - Se li sfila!

LUDOVICO (il fazzoletto sulla fronte) - E cala il sipario.

ATTILIO – E, alè! (Si alza si sfila i calzoni e li butta via) E rimonta sul cavalletto: (Esegue) Ci va sotto, sopra vi si aggrappa per non cadere, vi si strofina a destra, a sinistra, davanti, di dietro: (Urlando) “Cattiva madre superiora, Monique ha tanto sonno ancora” (Mentre esegue, da destra entra Letizia e sul vano del terrazzo appare Gutierrez stringendo a se' Guendalina. Ludovico, che ha seguito con occhi sbarrati i contorcimenti di Attilio diventa paonazzo, si porta il fazzoletto al naso e lo guarda).

LUDOVICO - Il sangue dal naso!  Attilio, ma quando cala il sipario?

SIPARIO

Mia variante

ATTILIO – No! A questo punto comincia il numero! (Effetto: controluce sul palcoscenico. Tranne fari sul boccascena + su una zona del fondo. Boccascena per Attilio – fari sul fondo per cantante e quattro Village People – Y.M.C.A. cantato dal vivo  e danzato sul fondo. Attilio davanti che fa uno spogliarello ad libitum – rimasto in boxer- Mentre esegue, Letizia Gutierrez Guendalina e il professor Paulo si affaccianoa curiosare da punti diversi – si debbono vedere bene -. Ludovico, che ha seguito con occhi sbarrati i contorcimenti di Attilio diventa paonazzo, si porta il fazzoletto al naso e lo guarda).

LUDOVICO - Il sangue dal naso!  Attilio, ma quando cala il sipario?

SIPARIO

SECONDO TEMPO

Sono trascorsi pochi minuti.

Attilio, rivestito, sta finendo di infilarsi la giacca. Ludovico, a capo riverso, tampona con il fazzoletto l'emorragia nasale.  Monique dorme.  Gutierrez  è  fermo accanto a una sedia sulla quale è stata fatta sedere Guendalina con l'impermeabile addosso.

LUDOVICO - Una trasfusione!  Chi si offre volontario?

LETIZIA - Insomma, zio Leopoldo ne ha spedite una o due? 

GUTIERREZ - Per l'ultima volta, signora!  Le domande le faccio io!

LETIZIA (ad Attilio) - Si può sapere chi è questo signore e a quale titolo pretende di parlare più di me? 

ATTILIO - E' il dottor Gutierrez.

LETIZIA - Hai chiamato un dottore?  Chi sta male?

LUDOVICO - lo.  Dottore, muoio dissanguato!

LETIZIA (a Gutierrez) - E lo soccorra.

ATTILIO - Il dottore non è medico, cara.  E' un gorilla.

LETIZIA - Gorilla?  Nasce proprio Gorilla?

GUTIERREZ (imponendosi la calma) - Io nasco Gutierrez, signora.  Gorilla lo sono diventato per sete di lucro.

LETIZIA (ammiccandogli furbescamente) - Capisco: un matrimonio d'interesse... (Mentre GUTIERREZ chiude gli occhi per non trascendere) Quella ragazza con l'impermeabile non mi è nuova.

GUTIERREZ - Dunque la conosce...

LETIZIA - Altro!  Me l'hanno recapitata con la posta delle quattro.  La riconosco dalle trecce.

GUTIERREZ (indicando Monique) - E quella? 

LETIZIA - Mai vista prima. Attilio, che ci faceva questa sconosciuta nel nostro guardaroba?

GUTIERREZ - E' quello che dobbiamo stabilire.

LETIZIA - Ah, per me stabilisca pure, dottore.  (Ad Attilio) In quanto a te,. sorpresine, basta!  Hai il potere di guastare tutto.

GUTIERREZ - Silenzio! (Pausa.  Ad Attilio) Quando sono venuto, un'ora fa, la bambola sul terrazzo non c’era.  Debbo dunque dedurne che lei e l'invalido l'avevate occultata in qualche posto.

ATTILIO - Ma no, ma no.  Posso chiarire.

GUTIERREZ - E' quel che aspetto.

ATTILIO - La bambola, detto in parole accessibili, è arrivata dopo che lei, dottore, si era recato alla posta.

GUTIERREZ - Arrivata come?

ATTILIO - Abbiamo sentito suonare il campanello; lui ha aperto e lei gli è rovinata addosso.

LUDOVICO - Troppi campanelli, in questa casa...

GUTIERREZ - ...gli è rovinata addosso fracassandogli il naso...

LUDOVICO - No, l'emorragia si è manifestata mentre lui mi illustrava la lezione di educazione fisica.  Una crisi ipertensiva.  Non c’è un volontario?

GUTIERREZ (ad Attilio) - Ammesso che per il momento accetti la versione, a dir poco fantasiosa, di un robot non ancora programmato che suona alla porta di un appartamento, resta ancora da chiarire perché lei non si è opposto a che palpeggiassi (indicando Monique) la bella addormentata.

LETIZIA - A proposito di palpeggiamenti...

ATTILIO (a Gutierrez) - Lei era armato...

LETIZIA (ad Attilio) - Se ho ben capito...

GUTIERREZ - Signora...

LETIZIA - Zitto lei! (Ad Attilio) Se ho ben capito, mentre ero fuori, la signora si è sentita male nel nostro guardaroba e il dottore è accorso a palpeggiarla. (Un tempo) Poi l'hai palpeggiata tu, lei ti ha gettato le braccia al collo e ti ha chiamato Titì.  Attilio, prima di adottare una linea di condotta, vorrei sapere se questa donna è sintetica.

GUTIERREZ - Non si può nè escludere nè ammettere. (Mostrando il piede di Monique) Il marchio, vede?, c’è . (Scostandole l'orecchio) E anche il neo dietro l'orecchio.  E come può vedere (solleva un piede di Guendalina) Il marchio... (Le scosta un orecchio) Ilneo... (A Letizia) Quante bambole le ha recapitato la posta?

LETIZIA - Una.  Quella.

GUTIERREZ (incrociando le braccia) - Allora come la mettiamo?

LUDOVICO - Io ho una teoria...

LETIZIA - A proposito di neo!  Che cosa ho letto?  Ah, ecco: Esercitare una lieve pressione sul neo  .

GUTIERREZ - Dove l'ha letto?

LETIZIA -Nella lettera.

GUTIERREZ - Allora la lettera del Gatto c’è!

ATTILIO -E daile col gatto.

LETIZIA -La lettera c’è, ma bravo lei se la trova...

GUTIERREZ - Cos’è una sfida?

ATTILIO - E' un caso disperato, caro amico.  Trovi quella lettera e avrà risolto la quadratura del cerchio.

GUTIERREZ - Dunque è nascosta.

ATTILIO - Neanche per sogno.  E' riposta dove mia moglie ritiene logico riporre le lettere.  Di conseguenza, non c’è verso di trovarla.

GUTIERREZ - Secondo lei, ha un senso?

ATTILIO - Secondo me, nessuno.  Ma secondo mia moglie, ha voglia!

GUTIERREZ (titubante) - Va bene.  Ancora una volta - e prendano atto del mio spirito accomodante - voglio concedervi credito.  Controlliamo il neo. (Si china su Monique e preme dolcemente dietro l’orecchio.  Monique si muove, apre gli occhi e getta le braccia al collo di Gutierrez).

MONIQUE - Titì, tesoro, fammi bere.

LETIZIA    Cara!  Si è affezionata subito anche al dottor Gorilla. (Gutierrez si avvicina a Guendalina e ripete l'operazione Guendalina si anima: batte le palpebre e, stranita, si guarda intorno).

GUENDALINA (con voce caramellosa) - Il risveglio avviene come in una favola. (Gutierrez, Letizia e Attilio si scambiano uno sguardo stupito. Ludovico, dimentico dell'emorragia, la contempla estasiato).

LUDOVICO - Quanto mi piace...

ATTILIO - Ma che ha detto?

GUTIERREZ - Dunque, questa qui... questa qui non sarebbe stata recapitata.  E' semplicemente suonato il campanello e... (Suono violento del campanello, una due, tre volte. L'atmosfera si raggela. Gutierrez estrae la pistola). Ognuno rimanga al suo posto! (Si avvicina in punta di piedi alla porta, afferra la maniglia e apre di colpo, celandosi in parte dietro il battente. Entra sparata la vedova Piscopo. E' una minuta donnetta napoletana, interamente vestita di nero, col velo e una rigonfia borsa, anch'essa nera. In una mano sorregge un fazzoletto bianco listato a lutto. Senza esitazione, punta su Attilio).

VEDOVA — Comandante, comandante, grazie a' o cielo( Mentre Attilio si guarda alle proprie spalle alla ricerca del fantomatico comandante, la vedova lancia un urlo lancinante) 'O povero Piscopo! (A quell'urlo Attilio sta per crollare) 'O povero Piscopo è morto!

ATTILIO (frastornato) — Povero Piscopo. (Gutierrez chiude la porta e si avvicina agli altri senza riporre in tasca la pistola).

VEDOVA— E mo che è morto, non mi possono dire che no. E' vero, comandante bello? E' vero che no?

ATTILIO — Che le debbo rispondere, signora? Speriamo che non lo possano dire. (Con altro tono, irritato) Ma lei chi è?

VEDOVA (sollevando il velo) — Amalia Lanzillo, vedova Piscopo. (Morde il fazzoletto) Piscopo mio! (Urlando) Quant'è brutto essere sola! (Con tono normale)Qua stanno le carte. (Dalla borsa trae un voluminoso fascio di carte} Ecco 'o certificato 'e morte.

LETIZIA— Chi è morto?

VEDOVA — Sempre lui, sempre lui: Piscopo.

ATTILIO — Pace all'anima sua. Ma lei, signora, che vuole da me?

VEDOVA — Una cosa sola, comandante: dovete fare imbarcare a Piscopo (Indicando Ludovico) E' il vostro secondo? Ragioniere, metteteci una buona parola. Fatemi 'mbarcà a Piscopo.

LUDOVICO — Ma non è morto?

VEDOVA — No, il morto è morto. Salute a noi. L'altro Piscopo, Piscopo Carmine. (Gutierrez. è seduto in bilico in qualche posto e si asciuga la fronte).

ATTILIO — E chi è quest'altro Piscopo che si deve imbarcare?

VEDOVA — Mio cognato.

ATTILIO — II quale è vivo...

VEDOVA — Sissignore. Ecco qua il certificato di nascita. (Attilio fruga nel mazzo di carte).

ATTILIO — Ecco qua. Piscopo Enrico.

VEDOVA — No, questo è il figlio di primo letto. Piscopo Carmine sta appresso.

ATTILIO (pescando tra le carte) -— Piscopo... Carmine. Eccolo qua, il nostro Carmine. Oh! Adesso, cara signora, mi dica perché questi documenti dei Piscopo viventi e defunti li ha portati a me.

VEDOVA — Perché voi siete napoletano e io è da un anno che vado di porto in porto raccomandandomi ai generosi cuori napoletani.

ATTILIO — Ed ecco chiarito l'equivoco. Io non sono napoletano.

VEDOVA — Non rinnegate, comandante, non rinnegate. Voi siete napoletano e comandante di bastimento.

ATTILIO — Le assicuro, signora, che c'è un equivoco.

VEDOVA (piangendo) — Io sono una povera vedova indigente; tengo una pensione di trentamila lire, tengo 'o diabete e 'a debolezza renale. (Fruga rapidamente nella borsetta) Qua sta la ricetta per l'insulina e queste sono le analisi delle urine, fresche di giornata. (Urlando) Facile 'mbarcà a Piscopo!

LUDOVICO (ad Attilio} — E fallo imbarcare.

LETIZIA — Che ti costa, dai!

VEDOVA — Bravo, ragioniere, metteteci una buona parola. E la Madonna ve ne renda merito, signora. Vedova pure voi?

LETIZIA — No, sono la moglie del comandante.

VEDOVA — Dovete campare cent'anni! (Ad Attilio} Vedete, comandante, la storia è semplice: Piscopo Carmine è il fratello del povero Piscopo mio marito buonanima. Quando la buonanima di Piscopo stava in vita e si trovava imbarcato, Piscopo Carmine fece la domanda come « giovanotto di seconda » 'ncoppa nu bastimento, ma gli fu risposto che per il momento non era possibile perché suo fratello già lavorava nella stessa compagnia e c'era diminuzione di personale: quelli che non riuscivano a licenziare per l'opposizione dei sindacati, li facevano annegare in qualche naufragio. Lui poi fece sapere che aveva saltato il primo turno per agevolare Piscopo Achille, che era il terzo fratello, ma siccome Piscopo Achille sbarcò in Australia perché si era trovato una moglie del posto, il turno risultava coperto solo a metà, comprese le marchette della Previdenza gente di mare, quindi, con una spintarella, poteva coprire il mezzo turno di Piscopo Achille che così non danneggiava nè agevolava Piscopo buonanima. Vedete com'è semplice? (Senza cesura, dopo aver frugato nella borsetta) Cca sta 'o certificato di buona condotta e cca sta 'o certificato 'e povertà...

attilio — Mi dia anche il certificato elettorale, così apro una succursale del Municipio... Signora, io mi compenetro, ma...

VEDOVA (baciandogli una mano) — 'A Madonna ve ne rende merito!

ATTILIO — Mi compenetro, signora, ma tutto quel che posso fare è di darle un consiglio. Riprenda il treno per Napoli e vada alla direzione della compagnia. Si fa ricevere dal direttore e gli fa la spiegazione dei Piscopo. Semplice semplice, come l'ha fatta a me. Se la ricorda bene?

VEDOVA — Come no? (Toccandosi la fronte) 'A tengo tutta quanta cca.

ATTILIO — Beata lei.

VEDOVA — Alla direzione me lo fanno mbarcà?

ATTILIO — Garantito. Vada, vada.

GUTIERREZ (avvicinandosi con la pistola spianata) — Un momento.

VEDOVA — II signore e l'ufficiale mitragliere?

GUTIERREZ — Si tolga le scarpe.

VEDOVA — Ho sentito bene? Mi debbo togliere le scarpe?

GUTIERREZ — Ha sentito bene.

VEDOVA — Con decenza parlando, debbo mostrare i piedi nudi?

GUTIERREZ — Eh.

VEDOVA — Oh, e se mi mostro a piedi nudi, voi mi fate 'mbarcà a Piscopo?

GUTIERREZ — Si tolga le scarpe! (La vedova esegue rapidamente. Gutierrez, una dopo l'altra, le piega le gambe e scruta le piante dei piedi) E adesso si tolga dai piedi!

VEDOVA (come in cerca di protezione) — Comandante...     

ATTILIO — Vada, vada. Il mitragliere è un mezzo maniaco sessuale.

VEDOVA — Madonna! (Esce di corsa) Piscopo! Piscopo! (Gutierrez chiude violentemente la porta)

GUTIERREZ — E adesso riprendiamo il nostro discorso.

LUDOVICO - Dottore, mi consenta una parola. (Indicando Guendalina) Bisogna tenerla al fresco.

GUTIERREZ - Che intende per fresco?

LUDOVICO - Sul terrazzo.

GUTIERREZ - Perchè?

LUDOVICO - E' scritto nella lettera.

GUTIERREZ (a Letizia) - Ricorda di aver letto qualcosa del genere.

LETIZIA - Sì, è vero.

GUTIERREZ (a Ludovico) - Va bene, la porti sul terrazzo. Ma bene in vista tutti e due. (Ludovico prende sottobraccio Guendalina e la conduce fuori). Come la mettiamo? In teoria possono essere entrambe quella giusta. Tutte e due rispondono allo stimolo sul neo.

LETIZIA - Non so che cosa le abbiano insegnato all'università, caro dottore, ma non capisco l'importanza da lei attribuita al neo dietro l'orecchio.

GUTIERREZ - Ce l'hanno entrambe, no?

LETIZIA - Appunto. Mi trovi una donna che non ne abbia uno.

GUTIERREZ - Lei ce l'ha?

LETIZIA - Naturalmente.  Come tutte le donne.  Ecco qua. (Scosta il lobo dell'orecchio sotto lo sguardo di Gutierrez.  Ludovico attraversa la luce della porta sul  terrazzo assieme a Guendalina)

LUDOVICO - Quanto mi piace......

GUTIERREZ - Allora il campo delle deduzioni si allarga.  Questa sul divano può essere stata narcotizzata; quell'altra è vittima di una catalessi provocata da un farmaco... Resta un’ultima probabilità.(Trilla il telefono, risponde Attilio)

ATTILIO - Pronto?  Chi?  Ah, professore.  Dica. (Ascolta) No, no, si tratta di mio cognato e di un robot sudafricano che prendono il fresco sul terrazzo.  Ha visto benissimo. Complimenti. (Riaggancia. A Gutierrez) Diceva che resta un'ultima probabilità.

GUTIERREZ (indicando Letizia) - Che la bambola del Gatto sia lei.

ATTILIO - Lei? (Ha un sorriso di compatimento).

GUTIERREZ - Un piano ben congegnato.  Queste due, col marchio, vengono spedite per le normali vie, ma truccate.  Come dire fumo negli occhi per portarci fuori strada. E la vera, già programmata, ce la buttano sotto gli occhi in modo che passi inosservata.

ATTILIO - Lei è fuori strada, amico mio. Letizia non è una bambola; è mia moglie.

GUTIERREZ - Lo dice lei. Chi mi assicura che lei non faccia parte della congiura? Per quanto mi riguarda, potrebbe esserne la vita e l'anima. In tal caso, ha avuto ordini del  Gatto di far passare la signora - chiamiamola intanto così, ma con riserva - per sua moglie, mentre in realtà non è che la bambola già programmata.

ATTILIO - Programmata lei? L'ha sentita parlare per oltre quindici secondi?

GUTIERREZ - Mi piacerebbe.

ATTILIO - La servo subito; e vediamo se dopo sarà dello stesso parere. Letizia, tesoro, oggi hai comperato un cassettone per la camera degli ospiti, vero?

LETIZIA (annuendo) - Un Luigi Filippo autentico.

ATTILIO - Bene, rispondi ad Attilio tuo: che ce ne facciamo di un cassettone per la camera degli ospiti, dal momento che a casa nostra non c'è una camera degli ospiti? (A Gutierrez) Stia a sentire.

LETIZIA - Mi meraviglio di te, Attilio. Poichè la nostra camera è esposta a mezzogiorno, semmai dovessimo avere degli ospiti gliela cederemmo perchè poi non vadano a dire che siamo dei locandieri di terz'ordine. In tal modo, la nostra diventa automaticamente la camera degli ospiti.  Siccome noi andremmo a dormire nella camera dei bambini, dal momento che non abbiamo bambini e quindi non siamo costretti ad arredare la stanza con mobili infantili, ci sistemiamo il cassettone Luigi Filippo. Avendolo acquistato, in qualche posto lo debbo pur mettere, no?, e quel posto non è certo la camera da letto dove ne abbiamo già uno veneziano, che guai a chi me lo tocca, ed ecco il motivo perchè non ho mai voluto domestiche tra i piedi, le quali non fanno altro che graffiare e rompere cose. O vuoi che il veneziano finisca dal rigattiere come legna da ardere e il Luigi Filippo in cantina solo perchè non abbiamo una camera degli ospiti? (Gutierrez ha sbarrato gli occhi e si è allentato il nodo della cravatta).

GUTIERREZ (ad Attilio, inebetito) - Ha un senso?

ATTILIO - Ha più senso la storia dei Piscopo. Ormai non può ragionevolmente sostenere che possa essere una bambola programmata. Un programma così, caro amico, non lo trasmette neanche la televisione italiana.

GUTIERREZ (inebetito, scuotendo il capo) - Non ha senso, signora. Se lo lasci dire da uno che ha studiato alla Normale di Pisa. Non ha senso.

LETIZIA - Si capisce, per voi uomini ha senso solo buttare i cassettoni dalla finestra!

GUTIERREZ (ad Attilio) - Forse, durante il viaggio dal Sud Africa, le si sono aggrovigliati i fili...

ATTILIO - No, è così dalla nascita.

GUTIERREZ - Permette che beva qualcosa di forte?

ATTILIO - Si serva pure. (Mentre Gutierrez si versa, beve e rimugina fra sè quanto ha detto Letizia, questa trae in disparte Attilio).

LETIZIA (indicando Monique) - Senti un po'; questa, quindi, non è sintetica.

ATTILIO - Nooo.

LETIZIA - E si chiama Monique.

ATTILIO - Come lo sai?

LETIZIA - L'hai detto tu, no?

ATTILIO - Ah, sì. Domanda pertinente.  Dunque... (Si volta di scatto verso Gutierrez) Ha detto qualcosa, caro amico?

GUTIERREZ - Stavo per dirla.

ATTILIO (sollevato) - Dica, dica.

GUTIERREZ - C'è una reazione che permette di stabilire inconfutabilmente se si tratta di un soggetto programmato o no. (Avvicinandosi a Letizia) Capisco che non è da gentiluomini, signora, ma il lavoro è lavoro.  La debbo palpeggiare.

LETIZIA (ad Attilio) - Che mi vuol fare il signore?

ATTILIO - Ti vuole toccare, cara.

GUTIERREZ (ad Attilio) - Col suo consenso, naturalmente.

ATTILIO - Per me... Ti dispiace, cara?

LETIZIA - Mah! (A Gutierrez) Tocchi pure. (Gutierrez le palpeggia il braccio.  Letizia guarda Gutierrez e poi Attilio, tra incredula e divertita) Cosa ha fatto, scusi? (Gutierrez la palpeggia di nuovo. Letizia lo schiaffeggia violentemente).

GUTIERREZ (che è andato a rovinare sul divano, una mano sulla guancia) Ahio!

LETIZIA (furibonda) - In presenza di mio marito, di mio fratello e di due estranee?'(Un tempo) Prima mi faccia la corte, cafone!

GUTIERREZ - Non è programmata! (Si riversa sul beve, meditabondo).

LETIZIA - Mi ha presa per quella là, che appena la tocchi ti getta le braccia al collo e ti chiama Titì? A proposito, dicevamo che l'hai chiamata Monique.

ATTILIO (tirandola in disparte, con aria misteriosa) - Infatti, si chiama Monique.  Non è una bambola, ma lavora al Chez vous.

LETIZIA - Che roba è?

ATTILIO - E'... una ditta francese di elettrodomestici con la quale sono in rapporti di affari.  Monique si occupa di pubbliche relazioni.  Conosci le leggi del commercio: con i clienti bisogna mostrarsi cordiali, effusivi; bisogna che si sentano come a casa loro.  Quando Monique abbraccia un cliente, incarna la moglie del cliente nell’intimità domestica, capisci?  Ricerche di mercato hanno stabilito che ai clienti piace essere abbracciati da ragazze come Monique e chiamati Titì, che, statisticamente, è il vezzeggiativo più diffuso in campo internazionale.  Pensa che lo usano perfino i giapponesi. (Inchinandosi) Titì-samurai... Titì-sayonara... OklahomaTitì...

LETIZIA - Tutto questo ha un senso?

ATTILIO - Psicologia commerciale.  Il giapponese, dicono le ricerche di mercato, si dimostra più disposto all'acquisto.

LETIZIA - Soprattutto quando lei si lascia palpeggiare.

ATTILIO - Appunto.

LETIZIA (di colpo, a Gutierrez) - E sappia che io non mi occupo di pubbliche relazioni e non vendo lavastoviglie! 

GUTIERREZ (attonito) - No, chi lo dice?

LETIZIA - Allora mi spieghi perchè va tastando tutte le donne che trova in questa casa.

GUTIERREZ - Si metta nei miei panni, signora: se non lo faccio, come scopro chi porta la roba addosso? 

ATTILIO - Lei e la sua roba!  Insomma, che cos’è questa roba?

GUTIERREZ (rassegnato) - E va bene. Mi gioco la mia reputazione di gorilla. (Ludovico rientra con Guendalina e la conduce verso una poltrona).

LUDOVICO - Ha avuto un brivido di freddo...

GUTIERREZ (ad Attilio) - Siccome la sua signora accusa dei colpi a vuoto e la famosa lettera non c'è verso di trovarla, la metto sulla strada: un gorilla, Sud Africa, roba.  Che cosa di tanto prezioso può arrivare dal Sud Africa?

LUDOVICO - Banane. (E si mette a sedere, sistemando Guendalina sulle proprie ginocchia, la testa della ragazza sulla spalla).

ATTILIO (a Gutierrez) - E per delle misere banane si agita tanto?

GUTIERREZ - Che banane e che noccioline!  Io debbo mettere le mani sui diamanti!

ATTILIO (basito) - Diamanti...

GUTIERREZ (furioso) - Diamanti, diamanti!

LETIZIA (vivamente interessata) - Sul serio? 

ATTILIO - Abbia pazienza, caro amico; io non mi occupo di pietre preziose, ma di elettrodomestici.

GUTIERREZ - Appunto, porca!  Se i diamanti vengono spediti a un gioielliere, non c'è cane che non s'insospettisca.

ATTILIO - Chi dovrebbe insospettirsi?

GUTIERREZ - Ma la Finanza, no?  La polizia.

ATTILIO - Allora... allora sono diamanti di contrabbando? Commercio illegale...

GUTIERREZ - Ha fatto centro. (Gli occhi al cielo) Signore, ti ringrazio.

ATTILIO - Che ringrazia?  Come si permette di far spedire diamanti al mio indirizzo?  Come si permette di coinvolgermi in una storia di contrabbando?

LETIZIA - Zitto, Attilio; lascia che il dottore racconti.  Liberiamo il divano.  Via questa sconosciuta.  Presto, nel guardaroba. (Letizia e Attilio trasportano Monique nel guardaroba, mentre Ludovico culla Guendalina. Letizia ritorna di corsa, si siede sul divano e invita Attilio a fare altrettanto, battendo dei colpetti sul cucino. A Gutierrez) Racconti, racconti: la sua vita deve essere un romanzo.

GUTIERREZ - La storia incomincia con il Gatto.

ATTILIO - E incomincia male.  Senta, caro amico, questa faccenda del gatto è la prima cosa da mettere in chiaro. A mia moglie che la storia incominci con un gatto può sembrare nell'ordine naturale delle cose, ma io ho fatto solo le scuole tecniche.  Ecco, faccia conto di parlare allo scemo del villaggio e usi termini comprensibili, va bene?

GUTIERREZ - Quando dico è Gatto , non intendo un gatto, ma il “Gatto”.

LETIZIA (ad Attilio) - E' chiaro, no?

ATTILIO - Non ci siamo. Anche se si tratta di un gatto di tipo particolare, non fa differenza.

GUTIERREZ - Gatto è il nome convenzionale che diamo al cervello dell'organizzazione.

LETIZIA - Il capobanda, Attilio.

LUDOVICO - Avanti, non fare lo scemo del villaggio!

ATTILIO - Capobanda...

GUTIERREZ - Il capo di un'organizzazione, di questa organizzazione, può mai impartire ordini per telefono o per scritto, facendosi riconoscere o firmando Leopoldo Grosso?

LETIZIA (ad   Attilio) - Eh! (Un tempo) Leopoldo Grosso...

Il nome non mi è nuovo.  Ti dice niente, Ludovico? 

LUDOVICO - Grosso... E' il nostro cognome.  Leopoldo Grosso... Ma è zio Leopoldo!

LETIZIA - Zio Leopoldo è il è Gatto? Il cervello dell'organizzazione?

GUTIERREZ - E sennò perchè avrebbe spedito la bambola a lei, sua nipote; sennò perchè le avrebbe scritto la lettera con le istruzioni per programmare il robot e per preannunciare il mio arrivo?

ATTILIO (una mano sulla fronte) - Oddio. Ludovico, come si chiama il tuo medico?

LETIZIA - Dio, che serata da brividi!

ATTILIO (versandosi da bere) - Il “Gatto”... Commercio illegale di diamanti... Oddio...

LUDOVICO - Che uomo!  Che cervello! (Cullando Guendalina) Tecnicamente, quindi, la bambola è una mia cuginetta... (La bacia su una guancia).

LETIZIA (ad Attilio) - Ma perchè ti lamenti, tu?  Zio Leopoldo ama il brivido.

ATTILIO - In tal caso faceva il trapezista, perdio (A Ludovico) Quanto ci becchiamo per questi diamanti?

LUDOVICO - Di percentuale?

ATTILIO — Di galera. (Campanello. Fermi tutti) Questa è la polizia... (Si avvicina alla porta d'ingresso con le mani in alto, mentre Giitierrez. balza verso la porta del terrazzo con la rivoltella in pugno) Mi arrendo! Non sparate! (Apre la porta e si trova tra le braccia la vedova Piscopo).

VEDOVA (agitatissima) — Comandante, voi dovete venire a Napoli. Voi dovete fare il quarantotto!

ATTILIO — Perché, che altro stiamo facendo?

VEDOVA — Ho telefonato a Napoli e che sono venuta a sapere? Avanti, ditelo!

ATTILIO — Lo dica lei...

VEDOVA (incrociando le braccio) — Piscopo Achille ha divorziato dall'australiana!

ATTILIO — Che mi dice!

VEDOVA — E ha reclamato il mezzo turno come « giovanotto di seconda »! (Con uno strillo acuto) 'O po' ffa? Tene 'o deritto d' 'o ffa?

ATTILIO (gridando) — Non lo può fare! (Battendo un pugno contro il muro) Perdìo, non ne ha il diritto!

VEDOVA (gridando e baciandogli una mano) — Benedetto, benedetto. (Calmissima) Comandante, allora fate il te-legramma.

ATTILIO — II telegramma? Chi sposa?

VEDOVA — Lo dovete mandare alla compagnia. Se no, nun me fanno 'mbarcà a Piscopo. (Frugando fra le carte) Qua sta 'o certificato di ricovero ospedaliero.

ATTILIO (stringendosi le tempio) — Signora, il Piscopo si deve imbarcare o ricoverare in casa di cura?

VEDOVA — Sto parlando di Piscopo Achille. Appena sbarca se ne va all'ospedale e si fa due mesi di convalescenza. Così lascia il turno libero e voi mi fate imbarcare a Piscopo Carmine. Dite di sì, comandante.

ATTILIO — Va bene, signora, dico di sì a tutto quello che vuole.

VEDOVA — Quando facite 'o telegramma?

ATTILIO — Domani a mezzogiorno.

VEDOVA — Prima, prima.

ATTILIO — Subito dopo colazione.

VEDOVA — Prima, prima, lo dovete fare subito.

ATTILIO — Non posso; sto dando istruzioni al mitragliere.

VEDOVA — Allora lo vado a fare io per contro vostro.

ATTILIO — Ecco, brava; ci vada lei.

VEDOVA — Di che tenore deve essere il telegramma?

ATTILIO — Una cosa semplice... Semplice e concettuosa. « Felicitazioni vivissime. Arrivo domani. Baci affettuosi ».

VEDOVA — Meglio « distinti saluti »; è meno confidenziale.

ATTILIO — Ecco, brava.

VEDOVA — Grazie, grazie. (Gli bacia la mano. Poi, con gli occhi al cielo} Piscopo Carmine, 'o comandante tè fa 'mbarcà! (Ed esce di corsa. Attilio chiude).

ATTILIO (a Gutierrez) — Senta, caro amico; seduta stante facciamo una bella ammucchiata di bambole, le sistemiamo nella sua macchina e lei le va a palpeggiare altrove.

GUTIERREZ - Scherziamo?  Il capo non sa che farsene di bambole. Vuole la roba. E se ritorno a mani vuote, so io la fine che faccio: insegnante di belle lettere in un liceo.  Vuol farmi chiudere la carriera come cavia di laboratorio d'un branco di arrabbiati?

ATTILIO - A proposito di laboratorio.  E' al corrente di certi chicchi di caffè ottenuti dal Gatto in laboratorio? Prima di scatenare una tempesta in un bicchiere di acqua, si accerti che i diamanti siano tali e non caramelle d'orzo.

GUTIERREZ - Come accerto se prima non li trovo? Mi faccia almeno finire.

ATTILIO - Finisca pure.  Ma mi sa che avrà una sorpresina anche lei.

GUTIERREZ - L'altro capo del filo dell'organizzazione è legato qui da noi a un’attività di copertura: il Trocadero.

LETIZIA - Mobili spagnoli'

GUTIERREZ - Locale notturno. Il Gatto ha costruito una bambola, funzionante grazie a certi congegni che le ha collocato nella cassa cranica; nelle braccia, anziché materia sintetica, ha ammassato i diamanti.  Ecco perchè palpeggio, per esigenza professionale.

ATTILIO - E la bambola, così imbottita, è stata spedita alla nipote del “Gatto”.

GUTIERREZ - Appunto. Escludendo il Trocadero per ovvii motivi. A questo punto entro in scena io, incaricato di ritirare la roba. Che non c'è. Vado alla posta: tutto regolare. Ritorno qui: due bambole.  Che mi resta da fare?  Formulare delle ipotesi.

ATTILIO - Formuli, formuli; in qualche modo bisogna passare la serata.

GUTIERREZ - Prima ipotesi: quelli del Chez vous sono venuti a conoscenza del piano e ci hanno preceduti, operando la sostituzione.

LUDOVICO - Probabilissimo.

GUTIERREZ  (indicando verso il guardaroba) Quella là dentro lavora sul cavalletto del Chez vous.

LETIZIA - E' vero. Cura le pubbliche relazioni.

LUDOVICO - Ma no, insegna ginnastica.

LETIZIA - Nell'azienda?

LUDOVICO - Quale azienda?

LETIZIA (ad Attilio, fulminandolo con lo sguardo).- La Chez vous, industria francese del caldo e del freddo. O no?

ATTILIO - Certo. Al circolo ricreativo.

LETIZIA - Ah, ecco.

GUTIERREZ - Sicché lavora allo Chez vous... Bene, bene.  Come vedono, la prima ipotesi ha un certo fondamento. (Un tempo) Seconda ipotesi: nella lettera è indicato il vero nascondiglio, avendo il Gatto rinunciato alle braccia per motivi che ignoriamo. Chi ci dice che non sia in corrispondenza del fegato o di un polmone?

ATTILIO - Chi ce lo dice?

GUTIERREZ (alzandosi) - Dal momento che mi trovo qui, incomincio col verificare la fondatezza o meno della seconda ipotesi. (Cava di tasca un coltello e ne fa scattare la lama) Con il loro permesso, incido la bambola.

LUDOVICO (alzandosi) - Che vuole fare?

GUTIERREZ - Inciderla.

LUDOVICO (petto in fuori) - Questo lo dice lei! Prima dovrà incidere me!

LETIZIA - Dio, come a cinema!

ATTILIO - E' sintetica, Ludovico; lascia che l'incida.

LUDOVICO - Mai!

ATTILIO - E daile! E' sintetica!

LUDOVICO - Non fa differenza. Al cuore non si comanda. (A Gutierrez) Solo perchè è sintetica, lei calpesterebbe i miei sentimenti?  Ma ha un'innamorata, lei?  Ha una sorella, una madre?

GUTIERREZ (improvvisamente toccato nella corda sensibile) - Una madre. Sì, l'avevo...

LUDOVICO (con lo stesso tono lirico patetico) - Se la sentirebbe di infrangere il sogno d'amore d'un uomo, farsi beffe delle sue illusioni? Conosce gli articoli 129, 207 comma 6, e 225 del codice penale? Prima della carne sintetica di quest'innocente creatura, dovrà incidere la mia carne infelice... (Gutierrez è caduto a sedere).

GUTIERREZ - La smetta, per favore.  Si tratta di lavoro...

LUDOVICO - Turpe lavoro!  E lei è un cinico...

GUTIERREZ (in un bisbiglio) - E' vero... è vero...

LUDOVICO - Non ha un cuore!

GUTIERREZ - Ce l'ho, ce l'ho il cuore. (Disperato) Ma che ne può sapere, lei, del dramma della mia vita? 

LETIZIA (vivamente interessata) - Nella sua vita c'è un dramma?

GUTIERREZ (annuendo tristemente) - Il servizio militare...

LETIZIA - Scartato alla visita...

GUTIERREZ - No, dichiarato abile, ma inutilizzabile. Così ha inizio il dramma.

LETIZIA (predisponendosi a godersi il racconto) - Racconti, racconti.

GUTIERREZ -Alla visita di leva, l'ufficiale selezionatone mi domanda: Cos'hai fatto finora nella vita? La Normale di Pisa, rispondo io, sono imbevuto di cultura umanistica. Lui riflette e poi fa: Bene, da noi imparerai qualcosa di più utile alla Patria. E mi assegna al reparto guastatori. (Un tempo) Guastatore io... Io, che fino a quel giorno mi ero consumato il cervello per mettere ordine nelle cose, mi sono visto costretto a guastarle.  Dopo un corso sulla tecnica della strage, per diciotto mesi non ho fatto altro che devastare: reticolati, ponti, linee elettriche e telefoniche, motori, casolari, spallette, binari. Vogliono farsi una risata? Appena congedato, sono stato sul punto di far deragliare il treno che mi riportava a casa... Non so se riesco a comunicarvi la mia angoscia...

ATTILIO (porgendogli un bicchiere) - Beva, l’aiuterà a dimenticare.

GUTIERREZ - Certo, a mamma Gutierrez l'ho comunicata. E' morta di crepacuore, povera, piccola vecchietta..

ATTILIO - Ha tentato di inciderla?

GUTIERREZ - Ho fatto brillare una carica di tritolo sotto la canonica di don Michele. (Un tempo) Ora che sapete tutto, che volete che significhi per me incidere una bambola?

ATTILIO - Beva, beva. (E mentre Gutierrez beve, gli batte manate sulla schiena per rincuorarlo).

LETIZIA - Adesso che sai, Ludovico, non puoi più opporti.

LUDOVICO (a Gutierrez) - Mi sento profondamente toccato, dottore.

GUTIERREZ - Grazie.

LUDOVICO - Di niente, si figuri.  Anziché a lei poteva capitare a me.  Ma perchè non venirci vicendevolmente incontro?

GUTIERREZ - In che senso?

LUDOVICO - Dal momento che ha formulato due ipotesi, potrebbe incominciare col verificare la prima.  Può darsi che si riveli quella giusta e in tal modo il dramma, questa volta, lo risparmia a me.

GUTIERREZ (titubante) - Lei l'ama davvero, quella lì? (Ludovico annuisce) Non si tratta di una passione passeggera o, peggio ancora, di un capriccio stagionale?

LUDOVICO - Non vede?  Sono disposto a sacrificarle la vita.

GUTIERREZ - E sia!  Lo faccio in nome di mamma Gutierrez, che in Paradiso sicuramente trepida e prega per me. Sia!  Andrò prima al Chez vous.

ATTILIO - Dal momento che va da quelle parti, dottore, darebbe un passaggio alla signorina Monique? Potrebbe essere una mossa astuta. Presentandosi in compagnia della ragazza, avrà modo di constatare se quelli hanno la coda di paglia.

GUTIERREZ - Giusto, giusto.  Grazie per il suggerimento.

ATTILIO - Me l'ha ispirato da lassù Gutierrez. (Gutierrez apre il guardaroba e si carica Monique sulle spalle. La ragazza si sveglia e - credendo forse di trovarsi sul cavalletto del Chez vous - muove le gambe in aria, stiracchiandosi voluttuosamente).

MONIQUE - Cattiva madre superiora... Monique ha tanto sonno ancora... (Attilio accorre con un bicchiere colmo d'alcool).

ATTILIO - Beva, signorina Monique.  La serata è fredda. 

MONIQUE - Grazie, Titì... (Indicando Letizia) La scemotta è tornata da Ischia (Beve e ripiomba nel sonno).

ATTILIO (a Gutierrez) - Il carico è pronto. Il soprabito me lo rimanderà con suo comodo.

LUDOVICO - E grazie, dottore, grazie di cuore.

GUTIERREZ - Non ringrazi me. Ringrazi mamma Gutierrez. (Via con Monique sulle spalle, soffocando un singhiozzo di commozione).

LETIZIA - Ludovico, sei un genio! (Ad Attilio) Capisci niente? Ha fatto sgomberare il campo... così la bambola la incidiamo noi e i diamanti è bravo chi ce li toglie. 

ATTILIO (scuotendola per un braccio) - Forbici, martello, sega e trapano elettrico.

LETIZIA - Non serve tanta roba.

ATTILIO - Per smontare la casa e trovare quella maledetta lettera, Sì, serve. E se non basta, richiamo Gutierrez e gli faccio brillare una carica di tritolo. Entro un'ora voglio quella lettera!  Passa via!

LETIZIA - Va bene, andiamo a cercarla.  Ma non è il caso di perdere la calma.

ATTILIO - No, eh?

LETIZIA - Mamma mia, per una volta che dimentico. A proposito, Attilio, poco fa mi hai fornito delle spiegazioni su una cosa, che non collimano con le spiegazioni su un'altra.  Ricordami di domandartelo appena me lo ricordo.

ATTILIO (spingendola verso la porta di destra, con falsa pazienza) - Certo, cara... Appena te ne ricordi mi avverti e io te lo ricordo. (Gridando) Intanto troviamo la lettera del Gatto! (Via da destra con Letizia).

LUDOVICO (contemplando Guendalina, che siede rigida, con espressione vuota, le mani sulle ginocchia) - Finalmente soli... (Un tempo) Incidere te... Tsè! (Le si accosta timidamente e preme il neo dietro l'orecchio).

GUENDALINA (dopo aver aperto lentamente gli occhi) - il risveglio avviene come in una favola.

LUDOVICO - Che vuol dire, bambola? (Guendalina tace.  Da destra proviene un fragore di martellate.  Ludovico parla forte verso destra) Attilio, te ne intendi di favole? (Cessano le martellate).

ATTILIO (affacciandosi a destra, con un martello in mano) Che hai detto?

LUDOVICO - Te ne intendi di favole? (Attilio lo fissa).

ATTILIO - Favole...

LUDOVICO - Ne conosci qualcuna?

ATTILIO (alzando il martello) - Ludovico, se ti sembra il momento...

LUDOVICO In quale c'è un risveglio? 

ATTILIO - La bella addormentata. 

LUDOVICO Me la racconti?

ATTILIO - Adesso!?

LUDOVICO - Per sommi capi, dai.

ATTILIO (brandendo il martello) - Ho altro da fare?

LUDOVICO - Dimmi almeno come avviene il risveglio.

ATTILIO (urlando) - Con un bacio sulla bocca! (Scompare da destra e riprende il fragore delle martellate).

LUDOVICO - Un bacio sulla bocca... (Guarda esitante Guendalina, le si avvicina.  Si arresta.  Forte verso destra) Attilio, mi sento spinto a compiere un gesto temerario...

ATTILIO (tra il fragore delle martellate) - E compilo, compilo. (Cessano le martellate.  Si ode il ronzare di un trapano elettrico. Ludovico si china su Guendalina, chiude gli occhi e la bacia delicatamente sulle labbra. L'espressione di Guendalina si fa viva, la ragazza si alza lentamente, si guarda intorno e allorché il suo sguardo incontra Ludovico, un largo sorriso le illumina il viso.  Gli tende le mani).

GUENDALINA - Romeo, Romeo!  Perchè sei tu Romeo? (Ludovico si guarda alle spalle).

LUDOVICO - Mi chiamo Ludovico.

GUENDALINA - Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome.

LUDOVICO - Papà mio è morto, cara. (Dalla parete di destra spunta la testa del trapano, che adesso gira a vuoto) Attilio! (Attilio compare a destra, senza giacca, sorreggendo un trapano elettrico).

ATTILIO - Che c'è ancora?

LUDOVICO - Sta a sentire. (A Guendalina) Ripeti, bambola...

GUENDALINA - Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome.

ATTILIO - E dice bene!  Sottoscrivo!  Il meno che si meriti una famiglia come questa. (Via da destra).

GUENDALINA - Non sei tu Romeo, e un Montecchi?

LUDOVICO (presentandosi) - Ludovico Grosso, penalista.

GUENDALINA - Se ti vedranno, ti uccideranno.

LUDOVICO - Hanno tentato, altro che!  Ma io ho dirottato il gorilla verso il Chez vous. (Destra: suono di un oggetto di legno segato violentemente).

GUENDALINA- Mi ami tu?  So già che dirai sì...

LUDOVICO - Oddio.

GUENDALINA- .... e io ti prenderò in parola. O gentile Romeo, se mi ami dichiaralo lealmente.

LUDOVICO - Ti amo, ti amo. (Le bacia le mani).

GUENDALINA- O Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo? O Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo? (E continua a ripetere meccanicamente la frase).

LUDOVICO - Attiliooooo! (Appare Attilio, sorreggendo una grossa tenaglia e una lamina metallica contorta) Si èinceppata...

GUENDALINA - O Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo? O Romeo, Romeo, perchè sei tu Romeo?.

ATTILIO - Dalle due manate sul motorino. (Via da destra. Ludovico le batte sulla schiena. Guendalina tace. Poi riprende).

GUENDALINA - Nei miei capelli ho intrecciato le stelle Nei miei capelli ho intrecciato le stelle. (Altra manata di Ludovico e silenzio di Guendalina.  Ludovico resta con la mano a mezz'aria, pronto a ribatterla. In questa posizione lo sorprende la vedova Pisocpo che, aperta la porta di destra e affacciato il capo, è entrata e adesso si avvicina in punta di piedi).

VEDOVA (in un bisbiglio) — Ehi, ragioniere... psss! psss!

LUDOVICO (in bisbiglio a sua volta, guardando intorno con la coda dell'occhio) — Chi è?

VEDOVA (c.s.) — Sono io, Amalia Lanzillo, vedova Piscopo.(Ludovico si gira; continuano a parlare a voce bassissima).

LUDOVICO — Ah, è lei, il catafalco. Che succede?

VEDOVA (piangendo) — Non ho potuto fare il telegramma. L'impiegato si rifiuta di mandare baci a una compagnia di navigazione. Ma perché? (Gridando) Ragionié, tengo qualche malattia contagiosa?

LUDOVICO — Sssss... Non gridi...

VEDOVA (a bassa voce) — Tengo qualche malattia contagiosa? Qua sta il certificato di sana e robusta costituzione! (Lo osserva) Ragionié, lo sapete che siete tale e quale?

LUDOVICO — A chi?

VEDOVA — Alla buonanima di Piscopo mio marito. Secco secco e l'occhio vellutato. Voi pure fate Piscopo di cognome?

LUDOVICO — No, faccio Grosso.

VEDOVA (gridando) — Che peccato!

LUDOVICO — Sssss... (Entra Attilio da destra).

VEDOVA — Comandante mio, non ho potuto fare il telegramma. Dovete cambiare i! testo.

ATTILIO — Signora,, una volta per tutte, lei perché continua a chiamarmi comandante?

VEDOVA — Perché siete il comandante De Cristofaro, no?

ATTILIO — Non sono il comandante De... (Realizzando) Lei cerca il comandante De Cristofaro?

VEDOVA — Gesù, e chi, se no?

ATTILIO — II comandante De Cristofaro, signora, abita qui, è vero, ma nell'appartamento a fianco.

VEDOVA — Quindi ho sbagliato porta? Scusate, scusate. Mo lo vado a disturbare.

ATTILIO — Non può. E' partito. E' andato a fare petrolio nel golfo Persico.

VEDOVA — Uh, e quando ritorna?

ATTILIO — Fra un paio di mesi.

VEDOVA — E io aspetto.

ATTILIO — Aspetta?

VEDOVA — E che fa? Mese più, mese meno. Sono otto mesi che mi sto facendo il basso, il medio e l'alto Tirreno...Due mesi? (Si mette a sedere) E io aspetto.

ATTILIO — Qui aspetta?

VEDOVA — No, per carità. Aspetto pure sul pianerottolo. Tanto, in borsa ho portato un po' di merenda. Io aspetto, io aspetto. Scusate tanto. (Osservando Ludovico) Tale e quale a Piscopo buonanima! Due gocce di acqua... Con permesso, levo il disturbo, scusate assai... (Ed esce. Attilio chiude la porta ed esce da destra).

ATTILIO — E vediamo di trovare la lettera! (Guendalina apre gli occhi e si guarda intorno).

GUENDALINA - E' questa la casa? (Ludovico si precipita al suo fianco).

LUDOVICO - Quale casa?

GUENDALINA (sforzandosi di ricordare) - Dove mi ha... mandata... il professore...

LUDOVICO - Zio Leopoldo?  Sì, la casa è questa. (Guendalina si porta una mano alla fronte e traballa, come colta da una vertigine. Ludovico la sorregge e l'aiuta a sedersi).

GUENDALINA - Acqua.

LUDOVICO - Vuoi bere? (Da destra, fragore di martellate).

GUENDALINA - Acqua.

LUDOVICO - Non sei sveglia del tutto, vero?

GUENDALINA - No... C'è molta... confusione... Acqua. 

LUDOVICO - Subito. (La bacia sulle labbra, delicatamente..Poi - come ispirato - aziona il giradischi che diffonde la stessa musica in sordina ed esce da destra, inghiottito dalle martellate. Dopo alcuni istanti, dal terrazzo entra il professore Paulo. Si guarda intorno con circospezione ed avanza con fare furtivo verso Guendalina, che gli volge la schiena. Ha un ghigno di marca satanica, introduce una mano in tasca e la estrae, impugnando un coltello a serramanico. La lama scatta con un secco clic. Con la mano libera, il professore afferra le trecce della ragazza all'altezza della nuca, le stringe e tira in modo da tendere il candido collo di Guendalina.  Mentre alza la mano armata, pronto a vibrare il colpo, si ode la voce di Ludovico): Ecco l'acqua per la mia bambola bella! (Il professore Paulo, velocissimo, siede sulla poltrona e ascolta assorto la musica, battendo il tempo con una mano. Da destra entra Ludovico, che sorregge un vassoio con un bicchiere pieno d'acqua.  Scorge il professore. Si arresta).

PAULO (a Ludovico, con un sorrisetto accattivante) - Eh, eh, ehee...

LUDOVICO (aggrottando le sopracciglia nello sforzo di realizzare) - Eh, eh, eh... (Cerca di capirci qualcosa. Ci rinuncia.  Fa bere Guendalina, sorreggendo il bicchiere. Mentre la ragazza beve, incrocia un nuovo sguardo con il professore e scambia un nuovo sorriso. Poichè  l'impermeabile lascia vedere troppo delle gambe di Guendalina, glielo tira sotto le ginocchia. Guendalina ha terminato di bere. Ludovico si incammina verso destra, si ferma sulla soglia di destra, lancia uno sguardo incuriosito al professore. Da destra, suono di legno segato violentemente. Ludovico esce. Il professore si alza di scatto, afferra di nuovo le trecce di Guendalina e alza la mano armata).

LUDOVICO (rientrando, con la risatina ebete) - Eh, eh, eh... (Realizza.  Urla) Ah! (Un tempo) Aah! (Un tempo) Aaah! (Il professore Paulo si allontana dalla ragazza e nasconde dietro la schiena la mano che impugna il coltello. Da destra entrano Letizia e Attilio.  Quest'ultimo impolverato e sorreggendo una gigantesca sega. Ludovico punta un dito contro il professore) La vuole incidere anche lui!

ATTILIO -(entrando) Il professore Paulo? Altre visioni, professore? 

LUDOVICO - Lui e le sue comete.  Faccia vedere quel che nasconde dietro la schiena, maniaco sessuale! 

PAULO (con marcato accento, che lascia i tre stupefatti) - Ignorante, cosa credi che nasconda se non un coltellaccio. Pensi che vada in giro con una mannaia?

(E mostra il coltello).

LUDOVICO - Vedete?

ATTILIO (a Paulo) - Ah, ci si mette anche lei, adesso?

PAULO (ridacchiando) -A i ho piaseir!

ATTILIO - E non cambi tono. Tanto, la riconosco lo stesso...

PAULO (indicando Attilio) - Tu devi essere Ludovico.  Dio bono, lascio una pappafredda alta du' soldi di cacio e ti trovo un gladiatore. A i ho piaseir! 

LUDOVICO - Ludovico sono io!

PAULO - Ah sì? (Deluso) Aloura a i ho spiaseir. (A Letizia) Ma tu sei la Letizia di certo.

LETIZIA (ad Attilio) - Perchè mi dà del tu?  Questo è un altro che palpeggia?

ATTILIO - Questo è il marasma in atto.

PAULO - Che marasma e che bubbole! (Si libera del berretto, della parrucca, di barba e baffi) Ignurant, non riconoscete lo zio Leopoldo tornato a rifiatare l'aria bona d'Italia? (Da questo momento lo chiameremo zio Leopoldo, ma appena necessario avvertire che i ruoli di zio Leopoldo e del professor Paulo saranno sostenuti dallo stesso attore).

LETIZIA - Zio Leopoldo? (Correndo a gettarsi tra le sue braccia) Zietto!  Zietto caro! 

LUDOVICO (c.s.) - Zietto!

LEOPOLDO - O bravi, o cari! (Li bacia.  Ad Attilio) E anche te, che devi essere l'Attilio. (Questi, inebetito, gli si avvicina con la sega pendoloni).

ATTILIO (lasciandosi baciare) - Zietto...

LETIZIA - Che improvvisata!  Ma perchè non hai telegrafato? Perchè non hai scritto?

LEOPOLDO - O bella, certo che ti scrissi!

LETIZIA - Davvero?

ATTILIO - Scrisse, Letizia, scrisse. (Mostrando la sega) Chestiamo cercando, cara, se non la lettera di zietto? 

LEOPOLDO - Con codesto arnese?  Ingegno bizzarro. O bravo, anche tu sei della famiglia.  Che fai nella vita? 

ATTILIO - Sopporto Letizia e vendo elettrodomestici.

LEOPOLDO - O bravo!  Diffondi i prodotti dell'ingegno scientifico.  T’um per un artesta, però.

ATTILIO - Hai messo il dito sulla piaga, zietto.  Nella mia vita c'è un dramma.

LEOPOLDO - Davvero?  Conta, conta.

ATTILIO - Che conto?

LEOPOLDO - Il tuo dramma.

ATTILIO - Ah, racconto.  Be', da giovane volevo cantare da baritono.

LEOPOLDO - O bravo!  Allora canta, canta.

ATTILIO - Infatti, sto contando.

LEOPOLDO - No, dico, canta.

ATTILIO - Conto o canto?

LEOPOLDO - Canta e poi conta.

ATTILIO - Posso contare, ma non cantare.

LEOPOLDO - E perchè mai?

ATTILIO - Questo è il mio dramma, zietto. Avrei voluto cantare da baritono, ma la voce era di tenore.

LEOPOLDO - O caspitina.  Canta da tenore, allora.

ATTILIO - Mi fa schifo. Senti che roba. (Canta con bel timbro) - Una furtiva lacrima

LEOPOLDO - E’ una bella voce pastosa.

ATTILIO - Questo è il mio dramma. Volevo cantare da baritono, ma la natura mi ha dotato di una voce di tenore.  Per l’infelicità vendo elettrodomestici.

LEOPOLDO - Ci patisco, povero Attilio. (A Letizia) Ma è un buon marito, almeno?

LETIZIA - Esemplare. Tutto elettrodomestici e casa. (Commossa) Zietto, ti guardo e mi sembra di rivedere il povero papà.

LEOPOLDO - Eh, non mi ci far pensare al tuo povero babbo. Zuccone, il Menico, parlandone da vivo. O Menico, prendi su e vieni meco nel continente nero, gli dissi.  E lui: no!  Un mulo, Dio bono!  Preferì restare in Italia a fare il fotomodello per le riviste di moda. La passione, tu mi dici.   vedi dove ti portò la passione! A posare su uno yotte in tenuta da yottmanne e a cozzare con l'imbarcazione contro una mina vagante. (Un tempo) Quattordici anni sono passati, zuccone d'un Menico! (Un tempo. A Letizia) Lo ripescarono?

LETIZIA - Solo il berretto con l’ancora, otto giorni fa.

LEOPOLDO - Be', s'incomincia a ripescare qualcosina.  Il resto col tempo. Chi vivrà vedrà. Ma bando alle tristezze: acqua passata non macina punto.

LUDOVICO - Ma perchè per cinque anni ci hai dato a intendere di essere il professore Paulo?

LEOPOLDO - Macché professore. Il vecchio citrullo è sempre colassù che aspetta la sua cometa. Sono arrivato da due giorni e solo da dieci minuti ho assunto le sue sembianze, semmai, entrando costì, avessi fatto un incontro che non desideravo si facesse. Ma vedo che il GUTIERREZ non c'è.

LETIZIA - Ludovico è riuscito a mandarlo via.

LEOPOLDO - Ci ho gusto.  Così posso lavorare tranquillo.

LETIZIA - Ma com’è che sei tornato in Italia parlando toscano, zietto?

LEOPOLDO - Eh, cara la mia Letizia, dopo quindici anni di soggiorno colaggiù in Sud Africa è bravo chi non ritorna toscaneggiando. E' uno degli inconvenienti dell'emigrazione. E una volta preso l'accento non te lo scrolli più di dosso, no, non te lo scrolli.  Ci diventi culo e camicia.  Ma adesso, boni boni, ci si mette a sedere e si fa il punto. (Si siedono) Dunque, sarete ansiosi di conoscere codesta storia di bambole e di diamanti.

ATTILIO (gettando via la sega) - Dio mio, ansiosi... Serve giusto per passare il tempo...

LEOPOLDO - Dunque, io vivevo in Sud Africa.  Una bella villetta col suo bel giardino, la sua bella piscina, il suo bel parco tropicale, sotto un cielo che pareva un'acquamarina, quando un giorno - di bell'acchito - mi viene il buzzo di tornar a rifiatare l'aria bona di Milano.

ATTILIO - L'aria bona di Milano?

LEOPOLDO - SÌ, io già so quel che mi vuoi eccepire, o Attilio. E mi dico, appunto: aria bona, a Milano, non ce n'è  punta, ormai. Ma siccome una ne faccio e cento ne escogito, dentro il capo mi si accende un lumicino: l'idea per liberare Milano dall'aria inquinata.

LUDOVICO - E hai trovato il modo?

LEOPOLDO - O bravo! Che ho da venire a scola da te?  Certo che lo trovai.  Sono partito da una considerazione che non c'è marmocchio dell'asilo che non la possa capire. Poichè i cristiani lasciano le città per respirare l'aria bona della montagna, la soluzione consiste nel convogliare l'aria di montagna verso la città. (A Ludovico) Che lo sapevi, tu?  Detto fatto, studio il modo di utilizzare le correnti ascendenti e discendenti.  Ma il procedimento gli è costoso; a proporlo all'Istituto delle Ricerche c'è verso...

ATTILIO - Che ti rimandino in Sud Africa.

LEOPOLDO - ... c'è verso che si muoia tutti soffocati prima di vedere il progetto approvato. Allora decido di aprire bottega in proprio. Divento il Gatto e organizzo la spedizione di diamanti con la complicità di quel citrullo del padrone del Trocadero.

ATTILIO - Questo lo abbiamo saputo da Gutierrez.

LEOPOLDO - O bravo il Gutierrez. Ma arrivato qui, ti scopro che quelli del Chez Vous sono stati messi al corrente del piano da qualche boia traditore. io, zitto e cheto, lascio fare. I grulli del Chez Vous iniettano del narcotico a una certa Monique, la conducono costì,, asportano la bambola... (Ridendo)... mettono le mani sui diamanti. (Ridendo) Dio bono, che godere!

LUDOVICO - Ma come, ti fregano i diamanti e tu ci godi? 

LEOPOLDO - O Attilio, tu mi sei testimone che il Ludovico la se l'è voluta. (A Ludovico) Non sono diamanti!  Hanno il peso, la luce, la consistenza dei diamanti, ma sono...

ATTILIO - Caramelle d'orzo.

LEOPOLDO (tenendosi la pancia per il gran ridere) - Saccarina!

ATTILIO - Ci sono andato vicino.

LEOPOLDO - Dio bono, che godere!

LETIZIA - Zietto, ma come puoi pensare di ripulire l'aria di Milano vendendo saccarina?

LEOPOLDO - O brava! La saccarina è quella che hanno trovato i grulli del Chez Vous e che avrebbero trovato quelli del Trocadero. Codesta bambola l'ho costruita con due braccia. Uno è quello che le vedete.  L'altro, sovrapposto, imbottito di saccarina. I diamanti veri sono in un altro posto. (Indicando Guendalina) Ecco perchè debbo recidere costei.

LUDOVICO (facendo scudo a Guendalina) - Zietto, prima sarai costretto a recidere me.

LEOPOLDO (estrae il coltello) - Farò adagino.

LUDOVICO - Mai! Alla bambola si accede solo attraverso il mio cadavere. Recidi prima me.

ATTILIO - Recidilo, zietto, e facciamola finita!

LEOPOLDO - Tu sei zuccone come il tuo povero babbo, o Ludovico!

LUDOVICO - Questa donna è mia. Ci siamo promessi.

LEOPOLDO - Ma che donna, o grullo? Vi scrissi che è sintetica. Non prova mica sentimenti o sensazioni. Ha un congegno al poste del cervello. Il resto, come se fosse impagliata.

LUDOVICO - Impagliata?

LEOPOLDO - Dentro non ci ha mica niente. E' una pappa fredda. Vuoi che te lo dimostri? Sai come svegliarla? 

LUDOVICO - Con un bacio sulla bocca.

LEOPOLDO - E svegliala che te ne dò la prova. (Ludovico bacia Guendalina, che si anima) O bravo.  Adesso attento a me e alla dimostrazione.  Codesta bambola, come ti dissi, non prova  niente.  Ecco. (Le tasta il braccio. Guendalina lo guarda sdegnata e gli molla un ceffone).  -

GUENDALINA - Vecchio sudicione!

LEOPOLDO - O bella, questa non l'era mica nel programma. (Inforca gli occhiali e osserva da vicino Guendalina) Dio bono, miss Guendalina Prescott!  Ma cosa fa lei qui?

GUENDALINA - E' quel che vorrei sapere; se lei, naturalmente, avrà la bontà di spiegarmelo.

LETIZIA (ad Attilio) - Parla!

LUDOVICO - Parla!

LEOPOLDO (ad Attilio  e Letizia) Che ci fa qui miss Guendalina?

ATTILIO (masticando  amaro) Ce l'hai spedita per posta te, zietto.

LEOPOLDO (divertito) - Ma non dovevo spedire mica lei, Dio bono. Lei è la mia assistente. Vuoi vedere che invece della bambola, nella camera di condizionamento ho introdotto miss Guendalina? A i ho gost.!

GUENDALINA - Ci gode, eh? (Lo schiaffeggia. Zio Leopoldo si contorce dal ridere).

LUDOVICO - Allora non è impagliata...

LEOPOLDO - Macché impagliata. E' di carne ed ossa.

LUDOVICO (soffregandosi le mani) - Sono contento!

LEOPOLDO - A i ho gost da bon.

GUENDALINA (a zio Leopoldo) - Lei ci gode, eh?  Ciarlatano! E sì che mi avevano messa sull'avviso delle sue bizzarrie quando lei mi propose di farle da assistente. E io cieca, stupida, attratta dal mito del genio latino. Ecco i risultati. A seimila miglia da casa, senza passaporto, senza un soldo, senza guardaroba. (Manda in frantumi un vaso e batte i piedi per terra) Ciarlatano, ciarlatano!( Schiaffeggia lo zio Leopoldo che si contorce dal ridere)

LETIZIA - Attilio, puoi spiegarmi una cosa?

ATTILIO - Dopo, cara, dopo.

LUDOVICO - Zietto, miss... ehm... miss Guendalina ha proprio questo carattere?

LEOPOLDO - Chi la baciò per primo?

LUDOVICO - Io.

LEOPOLDO - Allora premi il neo dietro l'orecchio. (Ludovico si appresta a eseguire, ha un ripensamento

LUDOVICO - Posso?

GUENDALINA - Dici a me?

LUDOVICO - (timido) - Posso... posso premere il neo?

GUENDALINA (tenera) - Tu sì, caro. (Ludovico deglutisce e con mano incerta preme il neo. La ragazza si immobilizza).

LEOPOLDO - Ecco la sesta legge della robotica, detta legge Grosso: chi per primo la bacia ne diventa signore e padrone. Così l'ho condizionata e programmata. Costei ha una sola volontà. La tua. Baciala (Ludovico la bacia Guendalina si rianima e, docile, si rifugia tra le sue braccia).

LUDOVICO - Guendalina, tu vivrai con me.

GUENDALINA - Sì, caro.

LUDOVICO - Rispetterai le mie regole di vita

GUENDALINA - SÌ, caro.

LUDOVICO - Alle otto e. mezza a letto

GUENDALINA - Sì, caro.

LUDOVICO - Mi farai tu. il clisterino.

GUENDALINA - Sì, caro.

LUDOVICO - Parlerai solo quando avrò voglia di sentire la tua voce.

GUENDALINA - Sì, caro.

LUDOVICO (ad Attilio e Letizia, estasiato) - La moglie ideale! Grazie, zietto.

ATTILIO - Un momento, un momento. Scusa, zietto, tu l'hai mandata in regalo a noi: A Letizia e a me.

LEOPOLDO - Sì, ma Ludovico la baciò per primo.

ATTILIO - E no, non vale. Scusate, non vale. (Andando su e giù nervosamente) La baciò. Un fatto accidentale... E poi, c'è il fatto postale... Niente niente le spese erano a carico del destinatario... e i destinatari siamo noi, Letizia e io.  E poi, signori miei, violazione del segreto postale.  Qui andiamo in Cassazione!  Zietto, cambia la sesta legge della robotica e attieniti alle leggi postali italiane.

LEOPOLDO - O Attilio, io lo faccio scienziato!

GUENDALINA - Scienziato da strapazzo!

LUDOVICO (richiamandola all'ordine) - Guendalina...

GUENDALINA (mansueta) Sì, caro.

LUDOVICO (aprendole le braccia) - Qui, a cuccia.  E zitta finché non ti permetto di parlare.

GUENDALINA (rifugiandosi tra le sue braccia) - Sì, caro. (Siede sulle ginocchia di Ludovico e lo guarda rapita).

ATTILIO (dopo aver osservato la scena, sbircia Letizia e prende zio Leopoldo sottobraccio) - Questo procedimento... come l'hai chiamato?

LEOPOLDO - Condizionamento.

ATTILIO - Ecco, questo condizionamento si può praticare su chiunque?  Sai, Letizia ed io avremmo una mezza idea di trascorrere una breve vacanza in Sud Africa... Trovandoci sul posto... eh? dal momento che l'impianto è in piedi...

LEOPOLDO - Bravo te!  E chi lo fa funzionare, se io e la mia assistente siamo in Italia?

ATTILIO - Temo che dovrai rinunciare al tuo progetto.

LEOPOLDO - Davvero?  E perchè?

ATTILIO - Ragiona, zietto. Convogli l'aria bona dalle montagne verso Milano, e va bene.  Ma che ne fai dell'aria non bona di Milano?

LEOPOLDO - O bella, la convoglio a sua volta.

ATTILIO - Verso le montagne?

LEOPOLDO - Verso la Svizzera.  Ne hanno tanta  di aria bona, in Svizzera, che un po' di coltre milanese non gli farà male. E adesso, figlioli, s'è parlato abbastanza ed è arrivato il momento di agire. Ludovico, che tu lo voglia o no, io debbo recidere le trecce della misse.

LUDOVICO - Perchè le trecce?

LEOPOLDO - O dove tu credi che sono i diamanti?  Quando l'hai baciata per la prima volta non l'hai sentita recitare?

LUDOVICO - Mi ha chiamato Romeo.

LEOPOLDO - Versi di Shakespeare.  Eccetto l'ultimo, che è mio. Nei miei capelli ho intrecciato le stelle, che è un verso composto a braccia per rammentarmi il nascondiglio, semmai me lo fossi scordato. Suvvia, tu che sei il suo padrone, comandale di lasciarmi lavorare di coltello.

LUDOVICO - Guendalina, lascia che zio Leopoldo ti recida le trecce.

GUENDALINA - Sì, caro. (Si alza e fa una leggera riverenza a zio Leopoldo.  Questi le recide le trecce e le soppesa, ridacchiando).

LEOPOLDO — Tutta aria bona. Tutta aria bona. (Dal terrazzo irrompe Gutierrez, la pistola in pugno}.

GUTIERREZ — Fermi tutti! (Silenzio e immobilità generale) Saccarina! Lo stato maggiore del Trocadero e del Chez vous arrestati per rissa... per una manciata di saccarina!

LEOPOLDO — E' un godere, è un godere, Dio bono!

GUTIERREZ — Di Pisa anche lei?

LEOPOLDO — Di Milano, o grullo. Che godere!

GUTIERREZ — E io ci patisco. Non voglio finire i miei giorni in un liceo. Al « tré » fuori di corsa i diamanti. Uno.. due...

LEOPOLDO (facendo pendolare le trecce) — Eccoli... Se li prenda... (Gutierrez avanza,ma zio Leopoldo — fulmineo — lo colpisce con le trecce al capo. Gutierrez stramazza privo di sensi) Prendi, grullo! Me, quando ci ho un dente che mi dole, me lo levo. (Raggiunge la porta d'ingresso) Addio, gente. Me nessuno m'imbroglia! (Entra di precipizio la vedova Piscopo e getta le braccio intorno al collo di zio Leopoldo).

VEDOVA — Comandante De Cristofaro, finalmente siete tornato.

LEOPOLDO — Chi è costei? Cosa vole, cara la mi' donna?

VEDOVA — Comanda, faciteme 'mbarcà a Piscopo!

LEOPOLDO — Piscopo... Piscopo... Chi è codesto Piscopo?

VEDOVA (con un ghigno) —'O padrone d'Amalfi, professò. Mollate il bottino. (Gli strappa le trecce di mano e gli da' uno spintone. Solleva le trecce con aria di trionfo) Piscopo, apprepara 'o bastimento! (E va via di corsa con una risata agghiacciante).

LEOPOLDO (riprendendo l'equilibrio) — Sacramento! sapete chi è colei?

ATTILIO — La vedova Piscopo.

LEOPOLDO (con ini brivido di paura e gli occhi sbarrati) — Donna Margherita, la sirena di Amalfi! (La insegue di corsa) I miei diamanti... I miei diamanti! (Attilio e Letizia sono seduti sul divano, come svuotati).

LUDOVICO — Hai avuto paura, Guendalina?

GUENDALINA — Con tè vicino no, caro.

LUDOVICO — Adesso andiamo a casa.

GUENDALINA — Sì, caro.

LUDOVICO - La nostra prima notte insieme.  Sai che ci aspetta?

GUENDALINA - No, caro.

LUDOVICO - Il letto. (Attilio leva gli occhi a osservare Ludovico) Una bella, lunga, distensiva dormita fino alle dieci di domattina.

GUENDALINA - Sì, caro.

ATTILIO - Ma come, una lunga, bella dormita?

LUDOVICO - Sì, caro. L’attività del penalista logora. Durante il giorno coltellate, fucilate, morti ammazzati; la sera, tu che mi fai fare le ore piccole, con gorilla, vedove, emorragie nasali.

ATTILIO - Perle ai porci. Senti, Attilio, se Guendalina ti è di peso, prestamela... ehm, prestacela. (A Letizia) Per i servizi di casa.

LUDOVICO - No, caro. (A Guendalina) Vieni, Guendalina; ci aspetta il talamo. (Via dal fondo, gli occhi negli occhi, estasiati).

ATTILIO - Perle ai porci!

LETIZIA - Che serata!  Peccato che sia finita così presto.

ATTILIO - C'è ancora questo da sistemare. (Ha indicato Gutierrez disteso a terra) Questo lo spogliamo e lo andiamo a scaricare sul terrazzo del professore Paulo.  Il vecchio si impaurisce, chiama la polizia e ce ne libera.

LETIZIA - Perchè non chiami tu la polizia?

ATTILIO - Primo, perchè non ho la forza di fornire delle spiegazioni; secondo, perchè se le fornissi, finirei alla neurologica.

LETIZIA - Non sentirà freddo, poveretto?

ATTILIO - Gli lasceremo il cappello. Andiamo, aiutami. (Trascinano Gutierrez sul terrazzo. La scena resta vuota qualche istante. Rientrano).

LETIZIA - A proposito di gente nuda, ricordi quello che ti ho detto?

ATTILIO - Tu dici tante cose, Letizia. A quale ti riferisci? 

LETIZIA - Mi hai fornito la spiegazione di una cosa che non collima con la spiegazione di un'altra. E ti ho detto di ricordarmi di ricordarmi appena me ne ricordavo.

ATTILIO - Va bene. Appena te ne ricordi, te lo ricordo.

LETIZIA - Me ne sono ricordata. (Un tempo) Attilio, tu ti sei stancato di me.

ATTILIO - Ricominciamo?

LETIZIA - Mi hai detto che quella ragazza delle pubbliche relazioni abbraccia i clienti per invogliarli a comperare.

ATTILIO - Ed è vero.

LETIZIA - Lo vedi?  E allora perchè ha abbracciato te e ti ha chiamato Titì, dal momento che tu non compri, ma vendi elettrodomestici? (Pausa).

ATTILIO - Domanda pertinente.

LETIZIA - Lo vedi?

ATTILIO - Hai colto nel segno; ma la risposta c'è.  Pur non essendo sintetica, Monique è ugualmente programmata e condizionata. Nell'uomo non vede l'uomo in quanto tale, ma sotto l'aspetto del cliente. Non si programmano solo i robot, Letizia.  Anzi, i robot sono nati a immagine e somiglianza dell'uomo. Capisci, adesso?

LETIZIA - Attilio, questo è fumo negli occhi. Dal momento che vendi, avresti dovuto tu, semmai, abbracciare lei.

ATTILIO - Brava!  Acuto spirito di osservazione.

LETIZIA - Lo vedi che ti sei stancato di me? (Il professore Paulo bussa freneticamente alla porta del terrazzo.  Attilio gli apre).

PAULO - Signori, signori, il sogno è coronato.

LETIZIA (stranita) - Zietto...

ATTILIO - Riprenda fiato, professore. Cosa ha visto questa volta?

PAULO - Lorsignori debbono essere i primi a sapere. Ero sul terrazzo a osservare gli abissi siderali, quando d'improvviso avverto un fruscio accanto a me.  Mi volto, un uomo nudo mi balza addosso. Il marasma, mi dico, e resto immobile, pensando: passerà.  Invece no.  L'uomo mi strappa la coperta di dosso e si precipita giù per le scale, scomparendo in strada.  Mirabilia!

LETIZIA - E quali mirabilia ha visto nell’uomo nudo?

PAULO - Non nell'uomo. Nell'aggredirmi, lo sconosciuto ha urtato contro il treppiede del telescopio quel tanto che è bastato a spostarlo di cinque gradi nella Chioma di Berenice. Ed è lì, signori, lì - mirabilia delle mirabilie! - che ho scoperto la cometa, la mia cometa, la cometa Paulo. Tra cinquant'anni potrò morire tranquillo, perchè sulle mappe celesti vi sarà il mio nome... La cometa Paulo... La cometa Paulo... Scusino l'intrusione... Scusino la commozione... Scusino la cometa... Buonanotte... Buonanotte... (E, come un sonnambulo, scompare sul terrazzo).

LETIZIA (richiamandolo) - Zietto...

ATTILIO - Letizia, non è lo zietto.

LETIZIA - Non è zio Leopoldo? (Attilio sospira, guardando pazientemente in alto) Se non è zio Leopoldo, che significa tutta la storia di prima?

ATTILIO - Ne riparleremo domani, cara. Per questa sera basta- Ognuno ha avuto il suo: Ludovico la moglie ideale, Paulo la sua cometa, zio Leopoldo forse riuscirà ad agguantare i diamanti.  E noi concediamoci finalmente un po' di respiro. Ho lavorato sodo con la Micina, il viaggio è stato lungo, sono stanco. Che ne diresti di andarcene a letto?

LETIZIA (pudibonda) - Noi due?

ATTILIO - E chi altro ci vorresti mettere?

LETIZIA (ammaliatrice) - Mi desideri tanto, eh?

ATTILIO - Letizia...

LETIZIA - I materassi sono sul pavimento perchè li hai sventrati alla ricerca della lettera.

ATTILIO - Dormiamo sul pavimento. (Incomincia a versare da bere).

LETIZIA (ammaliatrice) - Dove vuoi, caro. Intanto, ti disfo la valigia. (Apre la valigetta, tira fuori una camicia, il rasoio elettrico e dei calzini. Poi lascia cadere tutto e ne trae il reggicalze, che tende in tutta la sua larghezza. con un grido) Attilio! (Attilio si volta, bevendo, e resta soffocato).

ATTILIO (facendo di no col dito prima di riuscire a parlare) — Non mi sono stancato di tè...

LETIZIA (commossa) — Anche tu avevi una sorpresina per me... Caro, caro... (con malizia) Però... una volta mi porti lo slippino trasparente... un'altra le calze velate Belle Epoque... adesso il reggicalze... (Si applica il reggicalze intorno alla vita e assume, una posa adeguata) Viziosetto... (Gli getta le broccia al collo) Ti piaccio provocante, eh? (Languida) Porcellino mio, non ti farò chiudere occhio tutta la notte! (Gli serra le braccio attorno al collo e lo divora di baci).

SIPARIO

LETIZIA (ammaliatrice) - Dove vuoi, caro. Intanto, ti disfo la valigia. (Apre la valigetta, tira fuori una camicia, il rasoio elettrico e dei calzini. Poi lascia cadere tutto e  ne  trae un reggiseno troppo piccolo per lei)

contemporaneamente tutti e due - a voce alta

ATTILIO - (facendo di no col dito prima di riuscire a parlare) Non mi sono stancato di te...

LETIZIA (mettendosi il reggiseno sul petto) -Tu ti sei stancato di me!

SIPARIO