Il padre della sposa

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IL PADRE DELLA SPOSA

                      (Rivisto e adattato dal gruppo Teatro dell’UTE di Erba)

Commedia brillantissima in 3 atti

di FRANCO ROBERTO

Adattamento scenico e dialettale di Marinetta Nava

Personaggi

GIACOMO TRAVETTI     Padre integro                       

LUISA                                    suamoglie, madre alla mano            

CINZIA                      loro figlia, semplice                

SILVIO MANNUCCI           fidanzato di Cinzia,imprenditore 

OLGA VOLPINI                      pettegola, invadente                        

ENZO BERTELLI                      capo ufficio, borioso                                 

ALICE  FERRI                       vice capo ufficio acquisti, sorniona     

LELLA  VOLPINI                      mamma di Olga                             

ROSA DE’ ROSSI                     collega e comproprietaria                 

GASTONE DE’ ROSSI              fratello di iride                                  

Oggi, in casa Travetti

SCENA : Un tinello modesto. Una porte a destra e una a sinistra. Un tavolo, alcune sedie e un mobile qualsiasi, dànno alla camera un aspetto di gusto superato.

La scena è fissa per i tre atti

I diritti di questa commedia sono tutelati dalla S.I.A.E. (convenz. SIAE-ACI e SIAE-ENAL)

ATTO I

Le sette d'un mattino primaverile. Il tavolo è senza tappeto. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno.

SCENA I

LUISA:      (entra da destra, legandosi le fettucce; del grembiule dietro la schiena. Ha 38 anni. È una madre. casalinga modesta nel vestire e nell'acconciatura, ma sorridente e simpatica. Si ferma al centro, guarda l'ora, poi va alla porta di sinistra e chiama a voce alta, verso l'esterno)  Cinzia!... Giacomo!... Sveglia. Sono le sette suonate. 

GIACOMO:  (entra da sinistra, infilandosi la giac­ca. Ha una quarantina d'anni, e da venti è impiegato contabile nella stessa grande azien­da. Veste modestamente. È un tipo educato, preciso, onesto. Preoccupato, sottovoce)  Ssst !... Luisa, te l'ho già detto cento volte di non gridare così.

LUISA:    (sarcastica, sottovoce) Se non urlo non vi svegliate. Soprattutto Cinzia.

GIACOMO:  Hai ragione, ma capirai... Da un mese a questa parte, cioè da quando stiamo qui (con orgoglio), in questo alloggio dello stabile che l'azienda dove lavoro ha fatto fabbricare per i suoi dipendenti, dobbiamo evitare di far rumore. (concitato)Lo sai che nell'alloggio sotto (indica il pavimento), abita il dottor Bertelli, mio capo ufficio. Sopra (indica il soffitto), c'è il ragionier Ferri dell'ufficio acquisti. Qui sul pianerottolo (indica a sini­stra)la signorina Volpini, «gazzettino vivente e sparlante» di tutti gli uffici. E negli altri alloggi (fa un gesto circolare)colleghi colleghi colleghi.

LUISA:        (ironica)   Siamo assediati!

GIACOMO:  È nostro dovere essere riservati, silenziosi. Altrimenti andranno a dire in ufficio che siamo maleducati, che a casa mia si urla e si bisticcia. Che c'è il terremoto!

LUISA         Io (s'avvia a destra).

GIACOMO: In due te vee?

LUISA:      (a voce piuttosto alta)   A preparare i caffè.

GIACOMO:  Ssst!

LUISA:      (sottovoce)A preparare il caffè. Te voret e café momo?

SCENA II

CINZIA:    (entra da sinistra, infilandosi la giacca di un elegante tailleur. Ha 18 anni, è carina, vivace, affettuosa con i genitori)  Ciao, papà. (Giacomo porge meccanicamente la fronte, che Cinzia bacia) Domando io se è il caso di svegliarsi così presto.

GIACOMO:  Io non sono mai arrivato in ritardo all'ufficio. Un buon impiegato deve tenere conto che al tranvai può anche scappare la pertegheta.

CINZIA:      (affettuosa, prende sottobraccio Giacomo)  Suvvia papà!... perché sei sempre così brusco? Prendi una pillola. (stupore di Giacomo)Certo. Ho letto che ci sono pillole che fanno diventare sentimentali, pillole che fanno diventare allegri, pillole...

GIACOMO:  (interrompe)  Ci sono quelle che fanno diventare furbi?

CINZIA:      Non mi pare.

GIACOMO:  Peccato. A Natale te ne avrei regalata una cassetta.

CINZIA:      Non ami il progresso, ma sono contenta lo stesso che tu sia mio padre.

GIACOMO:  (ironico)Grazie d'avermi scelto!

CINZIA:      Quelle pillole, però, ti farebbero proprio bene.

GIACOMO:  (fa scherzosamente l'atto di darle uno schiaffo).

CINZIA:    (con una risata esce a sinistra, mentre da destra entra)

LUISA:        (che porta una caffettiera, tre tazze, zuc­cheriera e cucchiaini. Versa il caffè in due tazze, e siede).

GIACOMO:  (indicando verso sinistra)Quella è sempre allegra, come un tranviere quando porta la vettura in deposito. (Siede. Centellinando il caffè, si guarda intorno soddisfatto)  È una bella soddisfazione guardarsi intorno, e poter dire: «Questi muri sono nostri».

LUISA:        (maligna)  Fra venticinque anni.

GIACOMO:  No,no! Le aziende, quando ti assegnano un alloggio a riscatto, è come se ti dicessero: «Da oggi è tuo. Pagamelo con comodo ».

LUISA:        Sfido! Siamo in mezzo ai prati.

GIACOMO:  Lo sai che certi miei colleghi, per ottenere uno di questi alloggi, hanno addirittura pagato il padrone di casa perché li sfrattasse? Sì, perché lo sfratto faceva guadagnare punti in graduatoria nell'assegnazione. Io no! A me è stato assegnato, poiché ho dimostrato la verità, ovvero che abitavamo in tre, in una camera e cucina. Questa è periferia, d'accordo. Ma non vorrai mica dirmi che ti piaceva di più stare in quel tugurio di quella centralissima viuzza?

LUISA:      Almeno avevo il mercato vicino. E potevo uscire a fare due, passi anche col tempo brutto. Qui, invece, non ci sono ancora le strade asfaltate; e per uscire, quando piove, ci vorrebbe un carro armato.

GIACOMO:  E perché tutte queste difficoltà non me le hai prospettate prima?

LUISA:        Ti vedevo così entusiasta di possedere un alloggio a riscatto, che… non ho avuto il coraggio, ecco.

CINZIA:    (entra da sinistra, con la borsetta). Si può avere un po' di caffè?

GIACOMO:  Non gridare! (esce seccato a sinistra).

CINZIA:      (sottovoce, accennando a sinistra, mentre Luisa le versa il caffè nella tazza)  Gli hai parlato?

LUISA:        Be'... Ho accennato che questa casa è quasi in campagna.

CINZIA:      E di me? Della mia situazione?

LUISA:        Per carità! Faceva già scintille. Se gli avessi pure detto che tu... Sarebbe scoppiato.

GIACOMO:  (entra da sinistra. Cinzia e Luisa assumono false espressioni di disinvoltura. Le osserva)  Se l’è che sciùpaa?

LUISA:        (imbarazzata)  Nulla, nulla. (Squillo di campanello)Vado io. (esce a sinistra).

GIACOMO:  (concitato) Togliti il grembiule!

LUISA:        (dall'esterno)   Sìiii.

GIACOMO:  E tu sorridi!

CINZIA:      Perché?

GIACOMO:  Potrebbe essere qualche mio collega.

SCENA III

LUISA:        (dall'esterno)   S’accomodi signorina Volpini.

GIACOMO:  (a denti stretti)  Proprio quella! (a Cinzia, concitato)Ridi! Ridi, se no «il gazzettino vivente e sparlante» andrà a dire in ufficio che sei triste, e i colleghi mi chiederanno cosa t'è accaduto.

CINZIA:    (sottovoce)  Queste sono le libertà de­gli alloggi a riscatto, dove abitano i colleghi d'ufficio.

GIACOMO:  (c. s.)  Stai zitta, e ridi! Ridi! Cinzia (assume una posa annoiata, e fa un sor­riso ebete).

OLGA:       (entra da sinistra, seguita da Luisa, che si è tolto il grembiule. Olga Volpini può avere qualsiasi età superiore ai vent'anni. Comunque è un tipo di zitella moderna, pettegola, maligna e curiosa, dai modi gentili che vorrebbero nascondere falsità e ipocrisia)  Signorina Cinzia... Una forte voce maschile la chiama al mio telefono.

GIACOMO:  (seccato, a Cinzia)  Se l’è che  te dii (Come ti sei permessa)… di dare a qualcuno il numero della signorina Volpini?

CINZIA:      (confusa)  Ma.... Io... Io non so. Io...

OLGA:         Vada pure, signorina. E non abbia soggezione di mia madre. E' sorda come una campana. La ignori

CINZIA:      Grazie. (esce a sinistra).

GIACOMO:  (dopo un momento di imbarazzo)  Luisa, offri il caffè alla signorina Volpini.

LUISA:        (evidentemente seccata)  Con piacere. (esce a destra).

OLGA:       (sedendosi)  Non si disturbi. (sospira)  Eh, caro signor Travetti... Lei è l'unico collega che stimo. Gentile, modesto... e soprattutto «onesto».

GIACOMO:  (evasivo)  Oh be'... Difetti ne abbiamo tutti.

OLGA:         Forse. Ma noi meno degli altri. Prenda  per esempio il dottor Bertelli, suo capo ufficio, che abita qui sotto. Non è giusto che gli abbiano assegnato l'alloggio. E poi? Ha una prosopopea... E si dà tante di quelle arie che a stargli vicino c'è da buscarsi il raffreddore! (ride di cuore. Giacomo sorride per compiacenza).

LUISA:        (entra da destra, portando una tazza, che riempie subito di caffè)  E' ancora caldo. (porge la zuccheriera)  Si serva, signorina.

OLGA:         Grazie. (agitata, mettendo diversi cucchiaini di zucchero nel caffè, mentre Giacomo e Luisa si guardano e la guardano stupiti)Non parliamo della ragioniera Ferri, quella dell'ufficio acquisti. E' inconcepibile che abbia ottenuto l'appartamento qui sopra. Lo sa che si è fatta anche la pelliccia di visone?

GIACOMO:  (indicando la tazza)  Le piace dolce, eh?

OLGA:         (posa il cucchiaino dello zucchero)  Oh, mi scusi.

LUISA:        (con una mossa svelta, prende la zuccheriera e la posa sopra un altro mobile).

OLGA:         (assaggia il caffè, e fa una smorfia di disgusto)  Beee!... Lo preferisco amaro. (lo beve).

LUISA:        (borbotta)  A casa sua. (occhiataccia di Giacomo).

OLGA:         Cosa dicevo? Ah! Che la ragioniera Ferri si è fatta la pelliccia di visone. E suo marito? L'hanno visto suo marito? Ha nuovamente cambiato macchina. Sempre più grossa, naturalmente.

 

GIACOMO:  (evasivo)  Sì, ma... (si alza in piedi).

OLGA:         (si alza in piedi e continua a valanga) Fanno un lusso!... In casa, poi, hanno tutte le comodità! Perfino la cucina americana! (confidenziale)  E' chiaro che io e lei signor Travetti non potremmo toglierci certi capricci. Noi non siamo nell'ufficio acquisti, dove  (fa  il gesto per dire «si morde»…puntando l’indice della mano destra sulla guancia, fra le due mandibole, e muovendolo a cacciavite).

GIACOMO:  (per cambiare discorso)  E Cinzia?

OLGA:         La lasci fare. (breve pausa. Maliziosa)  Quando si sposa?

GIACOMO:  Chi?

OLGA:         Sua figlia.

GIACOMO:  (distratto)  Ah, mia figlia sì (sorpreso)  Cosa?... (a Luisa)  Cinzia si sposa?

LUISA:        Per adesso si frequentano... Poi si vedrà. (con intenzione)  Vero, Giacomo?  

GIACOMO:  (disorientato, meccanicamente) Vero-vero. Si vedrà-vedrà.

OLGA:         Complimenti, E' bello .

GIACOMO:  Chi? Io?

OLGA:       Nooo... II giovanotto. E' buono il partito.

GIACOMO:  (sincero, sconcertato)  Non so mica... (a Luisa)E tu?

LUISA:        Io sì. Cinzia, con me, si è sempre confidata.

GIACOMO:  E con me?

LUISA:      Tu hai sempre il muso lungo. Come si fa a parlarti di certe cose? (a Olga)Lei quando l'ha visto?

OLGA:         Diverse volte. (confidenziale)Quando accompagna la signorina sino all'angolo, cioè quasi sotto le mie finestre, Arrivano sopra un'automobile gialla, con la reclame della gazzosa.

GIACOMO:  Della gazzosa?

OLGA:         Sì, di quelle bibite che adesso sono tanto di moda. Ebbene, mi sono informata. Non per curiosità, eh ! Ma per collaborare con loro (indica Giacomo e Luisa). -Il giovanotto si chiama Silvio Mannucci, ed è figlio unico del proprietario del più grande stabilimento italiano per la fabbricazione di chinotti, aranciate, cedrate, limonate, eccetera eccetera.

CINZIA:      (entra da sinistra)  Grazie, signorina Volpini.

GIACOMO:  La chiacchierata è stata piuttosto lunga.

CINZIA:    Ho scambiato qualche parola anche con la Signora Volpini.

OLGA:       Chissà quanta fatica! (sorride) Mia madre ha la batteria scarica.. Cioè! La pila dell'apparecchio acustico. (a Giacomo)Ad ogni modo non la sgridi. Del resto a cosa servirebbe il mio telefono? Mia madre neppure lo sente. Io…(amara)... non ho nessuno che mi telefoni, io.

LUISA:        Allora perché se l'è fatto mettere?

OLGA:       Siccome quella superbona della signorina Rossi dell'ufficio personale, che abita al piano terreno, ha rifiutano d'impiantare un apparecchio «duplex» con me, per darle una lezione di modestia ho preso un «singolo». (sogghigna maligna)La signorina Rossi è ancora senza telefono.

GIACOMO:  (per evitare altri commenti, guarda l'ora)  Si fa tardi.

OLGA:     Per me! Per lei, signor Travetti, che bolliamo la cartolina sempre in tempo. Ma per certi nostri colleghi o superiori... «Superiori» per modo di dire, eh... L'orario d'ufficio è una burletta. Il mio capo ufficio, per esempio Il dottor Bertelli (indica il pavimento), fa i suoi comodi. E tutto perché, si dice, da bambino è andato a scuola con un tale che adesso è un «pezzo grosso» a Roma. Eh, caro signor Travetti!... Se in questo stabile abitassimo soltanto noi, sarebbe un paradiso.

LUISA:      E invece è un... (si controlla e cambia tono) ... un alloggio a riscatto!

OLGA:         (a valanga)  Oh, io li avrei i soldi per comprarmi un appartamento in centro, addirittura col «pavimento radiante». Ma ho concorso all'assegnazione per puntiglio, soltanto per puntiglio. (a Luisa)Beata lei, che è una casalinga. (a Cinzia)E beata lei, che non è impiegata nella nostra azienda, dove abbiamo certe colleghe e certi colleghi che... Fossero tutti come me, che non m'interesso dei fatti altrui. Invece! Sono tutte e tutti maligni, pettegole, cattivi, perfide... (cambia tono)A ben rivederli, signori Travetti. (esce a sinistra, ac­compagnata da Luisa).

SCENA IV

GIACOMO:  (concitato)  Ti proibisco di farti chiamare al telefono della signorina Volpini.

CINZIA:      Allora facciamolo mettere anche noi.  

GIACOMO:  A me non serve.

CINZIA:      Lo pago io.

GIACOMO:  Se hai soldi d'avanzo, mettili in banca. Ti serviranno quando ti sposerai. A proposito: quando ti accompagna a casa quello delle.., delle «gazzose»... (stupore di Cinzia) ...non fermatevi sotto le finestre della signorina Volpini. Se no quella va in ufficio, e....

LUISA:      (rientra da sinistra, esasperata)Ufficio, ufficio ! Da quando abitiamo in questa casa ti comporti con gli altri, e con noi, come se tu fossi sempre in ufficio. (alza un po' la voce)  Siamo stufe, capisci?

GIACOMO:  E grida sottovoce!

CINZIA:    (amara, non cattiva)  Oppure arriva il tuo capo ufficio a vedere cosa succede. E magari ti fa un cicchetto.

GIACOMO:  Non esagerare. Piuttosto, quando me lo presenti il figlio della gazzosa? Cioè! Di quello delle gazzose?

CINZIA:      Si chiama Silvio, Silvio Mannucci. E sarebbe già venuto a presentarsi, ma gliel'ho impedito io.

GIACOMO:  Perché? Siamo così brutti da spaventarlo?

CINZIA:      No, ma... la casa...

GIACOMO:  D'accordo, è un po' in periferia. Ma i muri sono nostri.

LUISA:      Che importanza vuoi che abbia, possedere un appartamento, se poi non abbiamo le più elementari comodità moderne?

GIACOMO:  Ma scusa, Luisa... Cosa c'entra, questo, con il giovanotto delle gazzose?

CINZIA:    Capirai... A casa sua ha tutto. Oltre alla televisione, ha la filodiffusione, il frigorifero con umidificatore e cella per i surgelati, la lavatrice superautomatica, la lavastoviglie, la macchina da caffè espresso, e persino l'orologio a cucù.

GIACOMO:  Il cucù?!?... Ma il cucù l’è ‘na roba vegia!

LUISA:        Sì, ma adesso è di nuovo di moda.

CINZIA:    (affettuosa) — Papà... « Paparino » caro... Perché dobbiamo essere inferiori agli altri? D'altronde anche i tuoi colleghi che abitano in questo stabile hanno quasi tutti gli elettrodomestici.

GIACOMO:  Comprese le cambiali.

LUISA:      Che importa? Anche noi, ciò che possiamo lo paghiamo in contanti, e il rimanente lo pagheremo a rate.

GIACOMO:  (scandalizzato)   Cosa?!? Io pagare a rate?!?

CINZIA:    Che c'è di male? Oggigiorno, l'acquisto a rate, è considerato un «risparmio forzato».

GIACOMO:  (ironico)  Infatti diventa... «forzato» (incrocia i polsi, come se avesse le manette)pure il risparmiatore. Del resto, per quale motivo dovrei spendere addirittura i soldi che non ho, per acquistare tutta quella roba di cui, finora, abbiamo fatto benissimo a meno? Sarei un incosciente!

CINZIA:      (esasperata)  Incosciente, vero? Ebbene, neppure io voglio esserla. Quindi né Silvio, né i suoi, qui dentro non li porterò mai. Piuttosto rinuncio al fidanzamento. Ciao! (si avvia decisamente verso sinistra).

GIACOMO:  (la trattiene per un braccio, dicendo ad alta voce)Ehi, monella! Credi d'essere ancora nell'età dei capricci?

LUISA:      (ironica)  Non gridare, Giacomo. Se no cosa penserà il tuo capo ufficio? (indica il pavimento).

GIACOMO:  Ah già... (sempre scuotendo Cinzia per un braccio, muove velocemente le labbra, come se continuasse a rimproverarla).

CINZIA:      Che dici? Non capisco!

GIACOMO:  (concitato)  Dico che tu, alla famiglia delle gazzose, devi soltanto presentare un'onesta famiglia, e non un'esposizione di elettrodomestici ultimo modello, e di... cucù! (lascia la presa).

CINZIA:    (allontanandosi, timorosa) Io... ho già detto a Silvio che... che avevamo tutto.

GIACOMO:  (ebete) — Tut-ut-to-tutto? (Cinzia accenna di sì col capo)La televisione, la filofri­gorifero... Cioè! La filodiffusione, il frigorifero, con tutta quella roba, la lavatrice superautomatica, la lavastoviglie espresso... Cioè! La lavastoviglie e la macchina da caffè espresso? Proprio tutto? (Cinzia idem)Anche il cucù?

CINZIA:      Sì.

GIACOMO:  (cade a sedere sopra una sedia)  Allora siamo fritti! S’hem ruinaa!

CINZIA:    Inoltre che importanza vuoi che abbia, possedere un appartamento, se poi i mobili... (li indica, con una smorfia di disprezzo)

GIACOMO:  Sono un po' tarlati. (orgoglioso)  Però sono di mio nonno!

LUISA:        Appunto. Sono vecchi, antiquati. E...

GIACOMO:  (interrompe, balzando in piedi)-No, eh! Mio nonno non è vecchio. Cioè! Se questi mobili fanno antiquariato, tanto meglio. (a Cinzia)Puoi andare. Ciao.

CINZIA:    (mogia, mogia)  Arrivederci, papà. (esce a sinistra, accompagnata da …)

LUISA:        (che la consola)  Devi avere pazienza, bambina. E' fatto così. Ha una mentalità che potrebbe essere mio padre. (escono).

GIACOMO:  (nervoso, borbotta) — Sì! Sono fatto così e me ne vanto. Anche se fossi tuo nonno. (Squillo di campanello. GIACOMO sbuffa, poi va alla porta di sinistra)Apri tu, Luisa.

SCENA V

LUISA:        (dall'esterno)Sì. (breve pausa)Giacomo! C'è il dottor Bertelli, il tuo capo ufficio.

GIACOMO:  Quel l’è bon!(si rassetta il vestito con tocchi rapidi, poi va alla porta di sinistra, premuroso e servizievole)  Prego, dottore... S'accomodi.

BERTELLI:  (entra da sinistra, seguito da LUISA, la quale è molto seccata dell'intrusione in casa dei colleghi del marito. Bertelli può avere qualsiasi età superiore ai 25 anni.- E' un tipo borioso, che fa il cordiale e il democratico con evidente sforzo, e che pronunzia sovente, con sussiego, l'intercalare « direi ») — Buongiorno, signor Travetti. (tende la mano).

GIACOMO:  (gliela stringe)  Buongiorno, dottore.

BERTELLI:  (indica Luisa)  Questa è la sua gentile consorte?

GIACOMO:  (emozionato)  Proprio. E' la mia consorte. Cioè! Mia moglie.

BERTELLI:  (stringe la mano a Luisa)  Molto lieto, signora.

LUISA:      (suggestionata dall'atmosfera rispettosa)  Anch'io, dottore. (indica una sedia)Prego.

BERTELLI:  (siede)  Solo un momento. Comunque non avrei disturbato, se dal piano di sotto (indica il pavimento), non fosse da una mezz'oretta che sento camminare e parlare ad alta voce.

LUISA:      (risentita, ironica)Eh già... Noi parliamo e camminiamo.

BERTELLI:  Niente di male. Ora (guarda LUISA) ... vorrei parlarle, signor Travetti, d’una cosa molto importante, e... (c. p.) ...«personale».

LUISA:      (comprende) Io... Vado a preparare il caffè.

BERTELLI:  Non per me! (maligno)E neppure per loro, immagino.

GIACOMO:  (disorientato)  Infatti l'abbiamo già preso.

bertelli:  Ho sentito, ho sentito… (a LUISA, indicando a destra) In cucina le è caduta per terra la pentolina… (occhiataccia di Giacomo a Luisa) Dal rumore, almeno, sembrava una cosa piccola. Sbaglio?

LUISA:      (Sconcertata) No, no… Mi è proprio caduta per terra la pentolina del caffè. (ed esce a destra, imbambolata, quasi camminando sulla punta dei piedi).  

BERTELLI:  Segga anche lei, signor Travetti. 

GIACOMO:  (lusingato) Grazie. (si siede)

BERTELLI:  Lei dunque è il mio “prezioso collaboratore” da diversi anni, vero?

GIACOMO:  Sì, dottore.

BERTELLI:  Lei, insomma, mi conosce bene.

GIACOMO:  Certo, dottore.

BERTELLI:  E io conosco bene lei, signor Travetti. E apprezzo molto il suo lavoro.

GIACOMO:  (sinceramente confuso, sollevandosi un po’ dalla sedia per fare lievi e ridicoli inchini con il capo)  Troppo buono, dottore.

BERTELLI:  No non no! Bisogna sempre dare a Cesare quel che è di Cesare, e a Travetti, direi, quel che è di Travetti. 

GIACOMO:  (inchini c.s.)  Molto gentile, dottore.  

BERTELLI:  Ebbene, deve pure sapere che in occasione della presa di possesso di questi alloggi, stupenda realizzazione sociale dell’azienda di cui abbiamo l’alto onore di essere impiegati… 

GIACOMO:  (inchini c.s.)  Dice bene, dottore. 

BERTELLI:  In quell’occasione, voglio dire, sono stato io che l’ho proposto… Anzi, dire, “imposto” quale amministratore di condominio.  

GIACOMO:  (inchini c.s.) La ringrazio della fiducia, dottore.  

BERTELLI:  No no no! Lei è il solo, l’unico, dei nostri colleghi comproprietari, che meritasse l’onore. Quindi è proprio al mio amministratore, direi, che mi rivolgo in questo momento.  

GIACOMO:  (Premuroso) Ha qualcosa che non funzione? Lo scarico del water? 

BERTELLI:  (con gesti teatrali scrolla negativamente il capo, si alza in piedi, fissa Giacomo, poi dice con prosopopea)  Chiedo giustizia! 

GIACOMO:  (impressionato, si alza in piedi) A me? 

BERTELLI:  A tutti. Io so che in ufficio, e qui nella casa, si mormora contro di me. In ufficio penserò io, con ogni mezzo, a far tacere le malignità, Ma qui nella casa, deve aiutarmi lei. 

GIACOMO:  Non dia importanza alle chiacchere, dottore. Sono soltanto parole.

BERTELLI:  (teatrale c. p.) Che mi feriscono profondamente! Dicono che io non avevo diritto all’assegnazione dell’appartamento. Dicono che l’ho avuto per favoritismo. Dicono che conosco “gente di Roma”. Quindi la prego, signor Travetti. Per la prossima assemblea dei colleghi proprietari, metta all’ordine del giorno la mia questione. 

GIACOMO:  Volentieri, ma… come posso definirla? 

BERTELLI:  “Posizione morale del dottor Bertelli Enzo”. 

GIACOMO:  Sta bene. 

BERTELLI:  E vedremo chi avrà il coraggio di macchiare, direi, la mia adamantina reputazione. Naturalmente, caro signor Travetti, quando saremo in assemblea, si consideri libero, liberissimo di dimenticare che è mio diretto dipendente. Lei dovrà esprimere la sua opinione, sulla mia persona, nella più assoluta libertà. 

GIACOMO:  Grazie dottore.

LUISA:        (entra da destra, e fa l'atto di andare verso sinistra) Mi scusi, dottore, ma dovrei andare (indica a sinistra) 

BERTELLI:  Stavo uscendo. (Luisa si ferma) Eh, gentilissima signora!... Suo marito sì, è un vero uomo.  

GIACOMO:  (lusingato, confuso)  Oh, io...

BERTELLI:  Sì, sì, sì! Se fossero tutti come lei, signor Travetti, quanto sarebbe bello il mondo! (stringe la mano a Luisa) I miei ossequi, signora. 

LUISA:        (impacciata) Anche i miei.

BERTELLI:  (stringe la mano a Giacomo con ostentata cordialità) A fra poco, carissimo, in ufficio. 

GIACOMO:  L’accompagno, dottore. Prego… (cede il posto a BERTELLI, il quale esce a sinistra. Giacomo lo segue)

LUISA:        (rimane un momento incantata, a guardare verso sinistra, poi fa una boccaccia di disgusto)

SCENA VI

GIACOMO:  (rientra da sinistra, allegro) Adesso vado anch’io.  

LUISA:        (facendo il verso a BERTELLI)  “Suo marito sì, è un vero uomo”. Però lui e gli altri fanno carriera, mentre tu stai a guardare. (squillo di campanello) Un altro seccatore! Ma questa è la casa dell’amministratore (indica GIACOMO), quindi deve essere sempre aperta. Anche per cani e gatti!  

GIACOMO:  Ssst! (sottovoce)Vai tu ad aprire. Chiunque sia, sono già andato in ufficio. Capito?

LUISA:      (sottovoce, arrabbiata)No! (esce a sinistra)

GIACOMO:  (fa un cenno di dispetto, poi tende l'orecchio a sinistra).

LUISA::    (dall'esterno, esageratamente cordiale a denti stretti)  Buongiorno, ragioniera Ferri!... S’accomodi!... (appare alla porta di sinistra) C’è la ragioniera Ferri, del piano di sopra (cede il passo a Ferri, con un sorriso che è una smorfia, poi esce a destra molto seccata)

FERRI:     (entra da sinistra. Può avere qualsiasi età superiore ai 25 anni. E' elegantissima, apparentemente cordiale e sincera. In realtà è  falsa e ipocrita, di pochi scrupoli) Caro collega! (stringe la mano di Giacomo)

GIACOMO:  Stavo per uscire.

FERRI:        (guarda l'ora)E' ancora presto.

GIACOMO:  Mica troppo, ragioniera. Venti minuti d'autobus e dodici di tranvai... Arriverò giusto in tempo per bollare la cartolina nei minuti di tolleranza.

FERRI:        Può venire con me, in macchina.

GIACOMO:  Oh, grazie. Allora s'accomodi, ragioniere. (siedono entrambi).

FERRI:     Caro collega, lei dovrebbe farmi un favore.

GIACOMO:  Anche due, se posso.

FERRI:     Può-può. (indecisa)Ecco, io... Lei... Caro collega!

GIACOMO:  (sincero)  Nooo... Non merito che mi chiami «collega». Lei è vice-capo ufficio acquisti, io un impiegato d'ordine, un contabile qualsiasi.

FERRI:     (falsa)  Che importa? Tutti uguali, siamo. Tutti uguali, dobbiamo essere. Dunque stia attento. Si tratta di una cosa semplicissima. (dà un'occhiata intorno, poi, confidenziale)Stamane, fra le pratiche che le daranno da sbrigare, troverà quella dell'impresa Ravello, che fa la manutenzione ai macchinari. Ricorda? (Giacomo accenna di sì col capo)Ebbene ci sono degli individui , nei nostri uffici, che vorrebbero sostituire l'impresa Ra-vello con un'altra. (falsamente scandalizzata)Per interesse personale, naturalmente. (attende che Giacomo approvi la sua indignazione, ma questi si limita a fissarla, serio. Allora Ferri, gli chiede)Ha detto qualcosa?

GIACOMO:  (con semplicità) — No no. Ha detto tutto lei.

FERRI:     (delusa, si alza in piedi, ed assume toni e gesti teatrali). Comprende, signor Travetti? E' dovere d'ogni onesto dipendente della nostra azienda di impedire un simile errore. (idem c. p.) Ha detto qualcosa?

GIACOMO:  (c. s.)No no. Continua a dire tutto lei. La parla semper lee!

FERRI:        (confidenziale)Il signor Ravello, proprietario dell'impresa, mi ha accennato che sarebbe lieto di... Come dire? ... di «ringraziare»... (sfrega, ad una spanna dal naso di Giacomo, il pollice e l'indice della mano destra, nel noto gesto che significa «danaro»)... chi lo aiutasse a ottenere il rinnovo del con­tratto di manutenzione. E lei, caro collega, se vuole... può (idem c. p.). Ha detto qualcosa?

GIACOMO:  (si alza in piedi, serio, quasi solenne) No. Ma gliela dico subito. Io non posso… perché non voglio.

FERRI:        (seccata)  Oh, be'... Non è il caso di prenderla su questo tono. Al giorno d'oggi si arrangiano tutti.

GIACOMO:  S'arrangeranno tanti. Ma io no! 

FERRI:        E' proprio sicuro, signor Travetti da me non avrà mai bisogno di un favore?

GIACOMO:  Di questo genere, no. Sono sicuro  

FERRI:        E allora... «Come non detto», vero?   

GIACOMO:  Certamente.

FERRI:        Però credevo che lei fosse di idee larghe, più moderne.

GIACOMO:  (amaro)Già... Viviamo in tempi che forse, per essere «moderni», bisogna che essere «disonesti».

FERRI:     (sogghigna, ironica)Esagerato! Comunque è proprio in questi tempi che andiamo sulla luna.

GIACOMO:  ... e su tram e autobus continuiamo a viaggiare come acciughe. Non mi fraintenda, ragioniera. Io non sono contro il progresso. Tutt'altro. Ma penso che prima di spendere migliaia di miliardi, per andare a scocciare altri pianeti, dovremmo pensare a far vivere bene l'uomo su « questo » pianeta.

FERRI:     (scrolla le spalle, ironico) Be’… vado a prendere la macchina in garage. (Si guarda attorno)Certo che... (sogghigna).

GIACOMO   Cosa?

FERRI:     (maligna)Tutto, qui dentro, è uno specchio della sua mentalità superata. Lei, signor Travetti, è come i suoi mobili: robusto, quadrato... Ma fermo. Fermo al momento in cui è venuto al mondo. Se invece si mettesse intorno qualcosa di moderno... Di elettrico, per esempio... Diventerebbe « moderno » ed «elettrico» pure lei.

GIACOMO:  (colpito)Crede?

FERRI:        Mah!... L'aspetto sotto, fra cinque minuti. (esce a sinistra).

SCENA VII

GIACOMO:  (fa l'atto di accompagnarlo, poi rimane immobile e si guarda intorno, con espressione imbambolata).

LUISA:      (fa capolino alla porta di destra)Ho udito tutto!

GIACOMO:  Bella prodezza!

LUISA:        (entra)  Ha ragione.

GIACOMO:  Chi?

LUISA:      (indica a sinistra)Quella, la ragioniera Ferri.

GIACOMO:  (concitato)E' vice-capo ufficio acquisti, lui! Dai fornitori, a Natale, riceve tanti di quei pacchi e pacchettini, che… mangia panettone sino a Pasqua! Ma io...

LUISA:        ( provocante)   Tu?

GIACOMO:  Io preferisco il pane duro!

CINZIA:      (entra da sinistra, dolorante, comprimendosi lo stomaco con una mano).

LUISA:        (allarmata, sostiene Cinzia e la fa sedere)Cinzia ! Cosa ti è accaduto?

CINZIA:    Niente. Ero alla fermata dell'autobus, mi è venuto un capogiro, poi ho sentito una fitta qui. (indica lo stomaco).

LUISA:      Colpa sua, (indica Giacomo)che t'ha fatto andare il caffè di traverso. Stai a casa.

GIACOMO:  A casa?!?... Se io dovessi stare a casa ogni volta che ho un capogiro o un dolorino qui (indica il proprio stomaco), sarei in Mutua tutto l'anno!

LUISA:        (sbotta, esasperata)Tu-tu-tu! Ma cosa speri, tu? Che ti facciamo un monumento se­duto alla scrivania, con scritto sotto: «A Giacomo Travetti, cittadino e impiegato modello»? Due giorni dopo che t'avranno messo in pensione, non ricorderanno neppure che tu sia esistito. o meglio, si ricorderanno di te, come d'un personaggio da barzelletta.

GIACOMO:  (indignato)  Cosa?!?... Io una barzelletta?... State attente, che se mi scappa la pazienza io sono capace a... a...

LUISA:        (continua)  A niente! Come al solito farai niente. 

GIACOMO:  (sconcertato, ma deciso)  E invece farò (cammina nervoso, avanti e indietro). Noi stavamo benissimo. A casa nostra non è mai mancato il necessario. Abbiamo sempre avuto le scarpe risuolate, la televisione, e una volta alla settimana si va al cinema.

CINZIA:      (ironica)In quello dove proiettano due film per 150 lire.

GIACOMO:  Comunque tutto questo, adesso, non basta più. Me lo dici tu (indica Cinzia), me lo conferma lei (indica Luisa), me lo borbottano i miei colleghi, lo dicono tutti! Allora bisogna che mi decida. (amaro)Sì, perché cambiano i direttori d'orchestra e le musiche, ma chi balla è sempre Pantalone. E sta bene! Ballerò, e pagherò anch'io. Cominciamo dagli elettrodomestici. Cosa volete? 

LUISA e CINZIA:  (felici, si avvicinano a Giacomo, urlando insieme, confusamente)  La lavastoviglie ! Il telefono! La lavatrice super-automatica! La filodiffusione! La macchina da caffè espresso!

GIACOMO:  (sfugge alle due donne)  Basta! Basta! (un attimo di silenzio)Prima di tutto compreremo... (maligno) ... il cucù, anche se l’è antich.

LUISA e CINZIA:  (urlano insieme, confusamente)   No!    Tu non capisci!    Vogliamo tutto ! 

GIACOMO:  (c.s.) Basta! (attimo di silenzio) Ma sì! Vedo già ogni cosa al suo posto. (con tono melodrammatico) Di là (indica a destra) vedo il frigorifero con umidificatore e cellula surgelati, la lavastoviglie e la macchina da caffè espresso. Di là (indica a sinistra), nel salotto, vedo la filodiffusione e l’orologio a cucù. Più in là (indica a destra), nel bagno, vedo la lavatrice superautomatica. Qui vedo il telefono, e là (indica la porta a sinistra), sulla porta, vedo … 

LUISA e CINZIA: (incantate, insieme)Cosa?

GIACOMO: Un uomo con un mazzo di cambiali, né surgelate, né automatiche, ma da pagare! (e mentre Luisa e Cinzia, saltellano felici intorno allo stordito Giacomo, ridendo e gridando: “Pagheremo! Pagheremo”! si chiude il sipario).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO  II

Un paio di mesi dopo gli avvenimenti del primo atto, verso le ore 21. Un tappeto sul tavolo, alcuni ninnoli qua e là, e un apparecchio telefonico molto in vista, dànno alla camera un tono più allegro e ricco. In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è alcuno. Squillo del telefono.

SCENA I

CINZIA:      (dall'esterno, a destra)Vado io ! (entra. Al telefono)Pronto... Ciao, Lella... No, stasera non posso. Silvio viene a conoscere i miei genitori.  

GIACOMO:  (entra da destra, e si ferma ad ascoltare, ponendosi alle spalle di CINZIA. Sarà sempre piuttosto scuro in viso, preoccupato).

CINZIA:      (continua al telefono)  Così, alla buona. Faremo poi il fidanzamento ufficiale fra un paio di settimane.

GIACOMO:  Si può sapere a chi racconti i fatti nostri?

CINZIA:      (sussulta)Scusa, Lella, ma ti devo salutare. E' arrivata gente. Ciao(posa il ricevitore).

GIACOMO:  Sarei io «la gente»? (siede sopra una sedia, accanto al tavolo).

CINZIA:      (sorride)Sì.

LUISA:        (entra da destra, con il grembiule. Vede GIACOMO seduto. Allarmata)  Giacomo!... Cosa fai?... Non mettere le sedie fuori posto.

GIACOMO:  Devo sedermi per terra?

LUISA:        Fai come credi, ma non qui, dove riceveremo Silvio. Alzati, su!  

GIACOMO:  (si alza, rassegnato. LUISA rimette subito a posto la sedia, controllando l'allineamento con quella dalla parte opposta del tavolo) L’è el colmo e perché po’, dico io, man fa cumprà ‘na fila de rop e sta stanza non se usa più, e per campé l’opera me tuca de mangià in cusina?  L’è propi el colmo!... E perché, domando?(indica a destra)

LUISA:      (col tono di chi ripete la stessa cosa l'ennesima volta)Perché questa è diventata «la camera da pranzo». Te l'ho già detto cento volte! Di là (indica a destra), con il nuovo frigorifero, la lavastoviglie e la macchina da caffè espresso...

GIACOMO:  (continua ironico) ...non ci stiamo più noi.

CINZIA:      (sorride, affettuosa)Eleganza automatismo e praticità: ecco cosa ci dà il progresso.

GIACOMO:  Sì, ma ci dà pure le cambiali. (Inorridito, come se ne vedesse una montagna dinanzi a sé)Montagne, valanghe di cambiali...

CINZIA:      Tu, babbo, fantastichi... ragioni troppo. Oggigiorno bisogna vivere senza crearsi troppi problemi.

GIACOMO:  (ironico)   Con le pillole, eh?

LUISA:        Perché no?

GIACOMO:  Non bastano. E' la vita, la società moderna, che è complicata. Quella cosiddetta «società dei consumi» che ti mette davanti a una vetrina piena zeppa di magnifiche cose scintillanti, abbaglianti, e ti dice : «Compra, consuma! Consuma e compra, Pantalone, se no l'industria fallisce». Poi arriva quella che sussurra : « Risparmia! Risparmia, Pantalone, se no viene l'inflazione ».

CINZIA:      (divertita)  E Pantalone che fa?

GIACOMO:  Obbedisce. Obbedisce e soffre. Infatti se protesta e contesta gli dicono che è un rivoluzionario; se rimpiange il passato, gli dicono che è un nostalgico. Ma nostalgico di cosa, se ha avuto soprattutto debiti e ingiu­stizie.

LUISA:      A proposito di ingiustizie, la signorina Volpini mi ha detto che al tuo capo ufficio, il dottor Bertelli, hanno dato la croce di cavaliere.

CINZIA:      E tu, papà?

GIACOMO:  Io, di « croci », ne ho già da vendere!

CINZIA:    (per rasserenarlo)   Allora ti chiamerò « papà-cavaliere ».

GIACOMO:  Chiamami «papà-galantuomo». E' il massimo delle onorificenze.

LUISA:        Cosa servo per primo?

CINZIA:    Il caffè. Quindi il dolce e lo spumante.

LUISA:      Andrai a prendere la bottiglia, quando ti dirò: (quasi solenne) «Cinzia! Vai a prendere la bottiglia di spumante che ho messo nello scomparto dei surgelati». (strizza l'occhio)  Così il signor Silvio Mannucci capirà che abbiamo un frigorifero ultimo modello.

CINZIA:    E il cucù? Come potremo farglielo notare?

GIACOMO:  Stai tranquilla che quello si fa notare da solo! Di notte con quel «Cucù-cucù-cucù » mi fa sobbalzare nel letto.

LUISA:      E la lavatrice superautomatica? Deve assolutamente vedere che l'abbiamo.

GIACOMO:  (ironico)  Mettila sul tavolo.

LUISA:      La lavastoviglie e la macchina da caffè espresso sono di là (indica a destra), nel cucinino. Quindi, in un modo o nell'altro, gliele faremo vedere. (mogia)Ma la lavatrice superautomatica è nel bagno...

GIACOMO:  (malizioso)  Speriamo che il signor Mannucci senta il «bisognino» d'andarci (squillo di campanello).

SCENA II

CINZIA:    (sussulta, emozionata. Così pure Luisa) E' lui! (agitatissima, confonde e agita i genitori)Papà, aggiustati la cravatta! Mamma, togliti il grembiule! Papà, accendi le luci di qua! Papà-cravatta! Mamma-grembiule! (tutt'e tre escono ed entrano a destra ed a sinistra, urtandosi, e scontrandosi, sino a quando Cinzia dice)Alt! (Tutti si fermano, ansanti. Altro squillo di campanello. Sussultano)Andiamo ad aprire.

GIACOMO:  Tutt'e tre?

LUISA:        Certo! Tutt'e tre.

GIACOMO:  (divertito, sarcastico)  Allora... Pronti? (attimo di pausa) Via! (I tre escono velocemente a sinistra, urtandosi a vicenda).

LUISA:      (dopo un momento di silenzio, dall'esterno, con tono ironico)  Ma nooo!... Lei non disturba mai.

OLGA:         (fa capolino alla porta di sinistra, più maligna, astiosa e curiosa del solito. Si guarda intorno, poi si precipita a socchiudere la porta di destra, mette la testa verso l'esterno.La seguono Giacomo, Cinzia e Luisa, tutt'e tre mogi, mortificati, abbacchiati)  Bello! Magnifico !... (Tira fuori la testa e s'avvicina ai tre, con evidente invidia)Anche la lavastoviglie! (invidiosa, ipocrita)Sono contenta... L'avevo sentito dire, in ufficio, che il signor Travetti faceva molte spese, ma così... Non credevo proprio. (a Giacomo)  Capirà che i colleghi sono stupiti, e quindi chiacchierano, mormorano… Tutta invidia, naturalmente. Io non: avevo 'mai trovato il tempo di venire a far visita, ma stasera mi sono decisa. Disturbo?!?...                                               

GIACOMO, LUISA e CINZIA: (contemporanea mente, guardandosi rassegnati e ironica mente a vicenda)Nooo...  S'immagini... - E' un piacere... (Pausa di disagio collettivo con sorrisetti reciproci).

OLGA:         (indica una sedia)  Posso?

LUISA:        (sarcastica)  Prego, signorina Volpini! Faccia come se fosse a casa sua.

OLGA:         Grazie. (siede e si guarda intorno).

CINZIA:      (dispettosa, indica l'apparecchio telefonico)  Abbiamo pure il telefono.

OLGA:         (a denti stretti, sorridendo)   Vedo.., vedo... Anzi, ho sentito dire, in ufficio, che lei, signor Travetti, ha messo l'impianto con la signorina Rossi, quella superbona con la quale «io» avevo rifiutato d'avere il «duplex».

GIACOMO:  (imbarazzato)  Siccome era l'unica collega della casa senza telefono... Capirà, signorina Volpini... Per risparmiare nel canone ho pensato di....

OLGA:         (interrompe, astiosa e maligna)  E bravo, il nostro signor Travetti! Lui si lamenta, piange miseria... E poi? Fa rimanere tutti i colleghi a bocca aperta. (breve pausa)Io, a Natale, compro la filodiffusione.

LUISA:        (subito, dispettosa)  Anche noi!

GIACOMO:  (come se fosse stato colpito da una mazzata, barcolla e cade a sedere)

OLGA:         (sospira)  Eh già.,. Loro sono dei privilegiati, dei fortunati... (indica Giacomo)Lui ha uno stipendio di poche lire superiore al mio... (indica Cinzia) Ma lei avrà già un buon stipendio... (indica Luisa). E lei, come. casalinga, risparmia nelle spese di vitto e di pulizia... (amara)Io, invece, da quando è mancato mio padre, ho tutta la casa sulle spalle. Devo fare da sola, io! 

CINZIA:      Anche mio padre ha fatto, e fa, da solo, perché il mio stipendio è poca cosa, e comunque va a finire interamente sul mio libretto di risparmio.

OLGA:         (sibila)  Per la dote, immagino.

CINZIA:      (decisa, polemica)   Sì.

OLGA:         (ipocrita)  Mi fa piacere... Mi fa proprio piacere. (squillo di campanello. Tende l'orecchio verso sinistra)  Aspettano gente?

SCENA III

LUISA:        (ironica, accenna di sì col capo) ... se non le spiace.

OLGA:         (curiosa)  Forse sarà il suo capo ufficio, il neo-cavaliere dottor Bertelli. Oppure sarà...

CINZIA:    (interrompe con fermezza)  E' il signor Silvio Mannucci, mio fidanzato.

OLGA:         (amara)  Siamo già a questo punto, eh? Congratulazioni. (e non fa neppure l'atto di alzarsi. Breve pausa di ansioso imbarazzo degli altri. Poi Olga domanda, col sibilo di una staffilata)  Fidanzato « ufficiale »?

CINZIA:      Non ancora. Ma lo sarà presto.

OLGA:         Ah, bene bene... (e non si muove. Per giunta accavalla le gambe e rivolge gli occhi al soffitto, per non incontrare quelli dei tre che la guardano sconcertati. Altro squillo di campanello).

LUISA:        (a Cinzia)  Cosa aspetti? Vai ad aprire, va'.

CINZIA:      (rassegnata, esce a sinistra).

OLGA:       Io tolgo subito l'incomodo. (Distende le gambe, si solleva un pochino. dalla sedia, rassetta la gomma e siede di nuovo. Delusione di Giacomo e Luisa, che facevano il tifo perché Olga si alzasse)

CINZIA:    (dall'esterno)  Da questa parte, Silvio.

OLGA:       (si alza in piedi, ma rimane accanto alla sedia).

SILVIO:    (entra da sinistra con Cinzia. E' un giovane sui 22 anni, distinto ed elegante, che ispira fiducia e simpatia).

CINZIA:      ( presenta)   La mamma... Il papà.., il ragionier Silvio Mannucci, quasi laureato.

SILVIO:    (stringe la mano ai due)  Felicissimo!... Lietissimo!... (nota la presenza di Olga, la quale gli sorride. La indica)  Una cugina? (stringe la mano che Olga gli porge, molto emozionata) Onoratissimo!

CINZIA:    No, Silvio. La signorina Volpini è una collega di mio padre.

SILVIO:  (rimane un istante sconcertato, poi dice)  Onoratissimo lo stesso! (Pausa imbarazzante, durante la quale Silvio attende l'invito. a sedere, mentre Cinzia, Giacomo e Luisa fissano con espressione sempre più irritata l'immobile Olga).

OLGA:         (con un sospiro che sembra un lamento)  Be'... Io vado.

CINZIA:      (contenta, le indica la porta di sinistra)  L'accompagno !

OLGA:       Conosco la strada. (Tende la mano a Silvia)  Arrivederla, «dottor» Mannucci. (con tono quasi sentimentale). Io e mia madre beviamo sempre i suoi chinotti e le sue aranciate. Squisite!

SILVIO:    (spiritoso, mentre le stringe la mano) E’ la prima persona che me lo dice! (sorride).

OLGA:         (sorride per condiscendenza. A Giacomo, a malincuore)  A domani in ufficio, signor Travetti.

GIACOMO:  Buona notte, signorina Volpini.

OLGA:         (saluta Luisa con un cenno del capo, faun ampio sorriso a Silvio, quindi esce di malavoglia a sinistra, seguita e quasi spinta fuori da Cinzia).

SCENA IV

LUISA:      (indica una sedia accanto al tavolo)  Prego, signor Mannucci.

SILVIO:      Grazie, ma mi chiami Silvio, per favore. (siede. Così pure Giacomo e Luisa).

GIACOMO:  (non sa cosa dire, poi)  Ha trovato lungo venire fin qui?

SILVIO:      Con la macchina è stato un momento. Questo posto è magnifico. (Sguardo dispettoso di Giacomo a Luisa) Sì sì, mi è sempre piaciuto vivere in campagna. (Sguardo dispettoso di Luisa a Giacomo).

CINZIA:    (rientra da sinistra)  Finalmente se n'è andata. (siede accanto a Silvio) Non è cattiva, no. Ma quanto pesa!...

GIACOMO:  (dopo qualche momento di silenzio imbarazzante)  Quando avremo il piacere di conoscere i suoi genitori?

SILVIO:    Di giorno feriale mio padre è sempre molto occupato. A casa o in fabbrica, certe sere lavora sino a mezzanotte. (sorride)  Per fortuna sente la domenica. Allora dimentica gli affari, si attacca al volante, e via!... Così, anche per me e per mia madre, le gite domenicali sono diventate una specie di... come dire?

CINZIA:    (interviene, sorridendo)  ...valvola di sicurezza.

SILVIO:      Proprio, Cinzia! Una valvola di sicurezza dagli affanni d'una settimana nella giungla! (sorride con Cinzia e Luisa. A Giacomo, che è rimasto serio)Potremmo fare una gita tutti insieme.

GIACOMO:  Io, veramente...

CINZIA:    (interviene)Oh, sì! Anche a papà piace andare fuori città. (Poetica)Il verde dei prati, l'aria pura, il profumo dei pini, i colori dei fiori...

GIACOMO:  (continua ironico) ... pane-salame-birra e formiche! (sorridono).

LUISA:        Mio marito scherza. Pensi che qualche giorno fa diceva: “Voglio comprarmi una macchina sprint-coupé”. (Giacomo la guarda con gli occhi sbarrati)  Eh, se non ci fossi io che lo limito nelle spese... Cambierebbe automobile tutti i mesi.

GIACOMO:  (ironico)  Meno male che c'è lei (indica Luisa)che mi limita... Infatti ho una 500 di seconda mano.

CINZIA:    (con evidente intenzione di elencare a Silvio gli elettrodomestici che posseggono)  Mentre me ne ricordo, mamma... Domani telefona all'operaio, perché venga a riparare la porta del frigorifero, scomparto surgelati, la centrifuga della lavatrice superautomatica, l'interruttore della lavastoviglie, e il filtro della macchina da caffè espresso.

GIACOMO:  (boccheggiante)  S'è già rotto tutto?

LUISA:      (evasiva)  Piccole cose. (a Silvio)Quante seccature dànno gli elettrodomestici ultimo modello!... Io e Cinzia non volevamo comprarli, ma lui (indica Giacomo)ha insistito così tanto !...

GIACOMO:  (per trattenere il riso, gli va di traverso la saliva e tossisce)

LUISA:      (a Silvio)  Pratica qualche sport?

SILVIO:    Il calcio, all'oratorio. Anche mio padre è molto sportivo. (a Giacomo)Lei va ad assistere alle partite di football?

GIACOMO:  No.

SILVIO:      (stupito)  Allora non è uno sportivo!

GIACOMO:  Perché non vado a gridare e a soffrire freddo o caldo allo stadio?

SILVIO:    (risentito) Per lei, insomma, chi va a vedere le partite di calcio, come mio padre e me, è poco più di un cretino?

GIACOMO:  No, signor Mannucci, non ho detto questo. Però penso che non si possa chiamare «sportivo» uno della età mia e di suo padre che si limiti a «guardare», ed a «chiacchierare» di sport, o dei calci di quegli «atleti» che ogni anno vengono venduti, comprati e rivenduti, come se fossero degli schiavi.

SILVIO:      Schiavi?!?

GIACOMO:  Certo, con la differenza che gli schiavi d'una volta lavoravano come bestie, mentre questi schiavi del ventesimo secolo guadagnano fior di milioni e per giunta sono coccolati, mantenuti nella bambagia... e non fanno goal!

LUISA:      (preoccupata delle espressioni negative di Silvio) — Non gli dia retta. Mio marito è un po' (si batte una tempia con l'indice, come per dire «matto»).

GIACOMO:  (risentito) Eh no, Luisa. Grazie al cielo, sono sanissimo.

SILVIO:    (ironico)  Sentiamo allora qual è, secondo lei, lo sport autentico.

GIACOMO:  A mio parere, l'unico che sia rimasto veramente genuino, poiché non sono ancora riusciti a rovinarlo con il denaro, èla maratona.

SILVIO:      (ride, indicando Giacomo)  La maratona!... Dice la maratona! (Luisa e Cinzia, per assecondarlo, ridono con sforzo evidente).

GIACOMO:  Sissignore ! La maratona. (con crescente entusiasmo e sentimento, si rivolge quasi esclusivamente al pubblico) Ma ve l'immaginate? Un uomo che cammina a piedi, addirittura per cento chilometri, con il solo aiutodi un paio di scarpe, dei suoi muscoli, nervi,polmoni... e un cuore grande così! E' come una stupenda ribellione all'ossessiva meccanizzazione moderna. E' una contestazione pura. Pensate... Un uomo «solo», che fa l'atleta in uno stadio che ha per gradinate i bordi delle strade, e per confine l'orizzonte... (rimane incantato, con la sguardo nel vuoto)

SILVIO:      (disorientato, ma deciso a non cedere)       Lei, signor Travetti... Lei è un superato ! (a            Cinzia) Scusa, ma gliela devo dire.

LUISA:        ( per alleggerire la tensione)  Cinzia, vai a prendere caffé-dolce-vino.

SILVIO:      (si alza in piedi)  No, signora, (si alzano anche i tre)Scusami, Cinzia. Prego anche lei, signora, di scusarmi. Ma questa atmosfera non è adatta a me, alle mie aspirazioni, ai miei gusti.

GIACOMO:  (esasperato) Eppure c'è tutto! Dal frigorifero con umidificatore e cella per surgelati alla lavastoviglie, dalla macchina percaffé espresso alla lavatrice superautomatica dal telefono al cucù! C'è tutto ciò che oggigiorno fa atmosfera da signori.

SILVIO:      Manca l'apertura mentale.

GIACOMO:  La vendono a rate?

SILVIO:      (disorientato)  Sì. Cioè! No.

GIACOMO:  Allora non m'interessa, poiché ho già speso anche la gratifica natalizia dell'anno prossimo. Ho perso la trebisonda, son diventaa mat

SILVIO:      (vorrebbe obiettare, ma si limita a guardare tutti, con espressione rabbiosa, poi esclama)  Addio! (e si avvia verso sinistra).   

LUISA:        Aspetti, signor Mannucci. Mio marito...

SILVIO:      (senza fermarsi, quindi uscendo a sinistra seguito da Luisa, dice ad alta voce) No, signora! Io, con suo marito, non andrei mai d'accordo!

SCENA V

GIACOMO:  (alla porta di sinistra) Non faccia chiasso per le scale. (lunga pausa, durante la quale Cinzia fissa Giacomo. Da sinistra rientra Luisa, mogia mogia, che si ferma a fissare il marito. Questi, tranquillo, guarda l'una e l'altra, poi sorride)  Mi vorreste sbranare, eh? 

LUISA:        Cosa ti è preso?

CINZIA:      (abbattuta)  Perché hai fatto così?

GIACOMO:  (si avvicina a Cinzia,, affettuoso)  Perché voglio bene a te, al tuo Silvio Mannucci, a lei (indica Luisa), e... e pure a me.

LUISA:        (borbotta)  E’ impazzito.

GIACOMO:  No, carissima. Pazze siete state voi a pensare che vi assecondassi nel vostro bluff, nelle vostre vanterie. (sorride)  La sprint-coupé... L'elenco degli elettrodomestici pseudo-rotti... (a Cinzia) Hai dimenticato di dire che s'era rotto pure il cucù. (breve pausa)     Cara Cinzia:... Cara Luisa:... Non è sulle menzogne che si costruiscono solide basi matrimoniali.

CINZIA:      (sussurra)  Hai rovinato tutto...

GIACOMO:  Se quel giovanotto è un uomo come intendo io, capirà presto che tu, noi, vogliamo veramente bene a lui, e non alle gazzose di suo padre!

LUISA:        Che farà adesso?  

GIACOMO:  Semplicissimo. Proprio perché non l'abbiamo circondato di accondiscendente ipocrisia... (sorride) Come avevate intenzione di fare voi due... Ma si è sentito dire chiaro e tondo delle buone ragioni contrarie al suo modo di pensare, sono convinto che ci stima di più.(Squillo del telefono. Tutt'e tre sussultano e fissano l'apparecchio, senza muoversi).

CINZIA:      (emozionata)  Sarà lui?

GIACOMO:  Troppo presto. (a Luisa)Rispondi tu, per favore.

LUISA:      (al telefono) Pronto... (Assume un'espressione seccata e fa cenni agitati verso sinistra, mentre dice a denti stretti) No, signorina Volpini... Lei non disturba mai. (Cinzia sbuffa, Giacomo le fa cenno di calmarsi)No, non èaccaduto niente... Certo, signorina Volpini, stiamo tutti bene... Il signor Mannucci se n'è andato, perché...(copre il microfono con una mano e chiede a Giacomo)Per cosa devo dire che se n'è andato?

GIACOMO:  (seccato)  Perché aveva altro da fare.

LUISA:        (al telefono, ripete meccanicamente) Perché aveva altro da...(si interrompe) Cioè, volevo dire...(sbotta)  Ma a lei, signorina Volpini, cosa gliene importa?

GIACOMO:  Per carità!... (toglie il ricevitore dalle mani di Luisa. Gentilissimo) Pronto, signorina Volpini... Scusi mia moglie... Scherza sempre, scherza... Ah, certo... Il fidanzamento ufficiale si farà... Il giovanotto ha sentito, ha sentito... un dolore al ginocchio che gli rispondeva nella testa! L'emozione, sì...(a denti stretti)  Grazie tante, signorina Volpini, del suo continuo interessamento per noi... Tanti ossequi alla sua gentile madre... Dorme già? La svegli e la saluti!... A domani in ufficio, sì. Buona notte. ( posa il ricevitore è' sbuffa) Non ne posso più!... han podi pù de questa qui.

CINZIA:      (affettuosa)  Coraggio, papà. (squillo di campanello. Emozionata)Potrebbe essere lui, Silvio.

GIACOMO:  Se ti fa tanto piacere, speriamo. Comunque vai in camera tua, Anche tu, Luisa.  

LUISA:        Veramente...

GIACOMO:  (interrompe) — Vi prego. Se è lui, voglio dirgli ancora qualcosa, a quattr'occhi. (altro squillo di campanello).

LUISA:      Non gli dirai che dobbiamo pagare le rate degli elettrodomestici?

GIACOMO   Non so... Tuttavia sarò sincero, come prima. Andate, per piacere.(Luisa e Cinzia escono a destra. Giacomo esce a sinistra)

SCENA VI

FERRI:        (dall’esterno, a sinistra) Scusi se ho insistito tanto a suonare il campanello, ma ….

GIACOMO:  (entrando da sinistra con Ferri).  Ha fatto benissimo ragioniera. 

FERRI:        (si guarda attorno) Mi spiace disturbare. Questa volta, però, si tratta di una cosa bella.

GIACOMO:  Meglio. E' un periodo di tempo che le cose belle, per me, sono un pochino rare.(indica una sedia)S'accomodi.

FERRI:        (siede)  Infatti si dice che lei abbia contrarietà in famiglia.

GIACOMO:  (siede)  Proprio in famiglia, no.

FERRI:        Allora s'è sbagliata la signorina Volpini.(Giacomo si morde le labbra)Alcuni minuti fa mi ha telefonato che aveva sentito uscire da qui un tale che parlava ad alta voce. Ad ogni modo c'è la libertà, no? Ciascuno può dire ciò che vuole.

GIACOMO:  (amaro) ... facendo attenzione con chi parla.

FERRI:     Caro signor Travetti !... Sono venuta a invitarlo a un sontuoso ricevimento, a una magnifica cena.

GIACOMO:  (lusingato)  Grazie, ma io non sono adatto...

FERRI:     (interrompe)  Non può rifiutare l'in­vito. La lista dei commensali è stata redatta personalmente dal cavaliere e dottor Bertelli, suo capo ufficio.

GIACOMO:  (confuso)  Sono molto onorato, ma... mi spieghi perché?... la cena è offerta dal dottor Bertelli?

FERRI:     Anche «cavaliere», non lo dimentichi. Ebbene, il cavaliere-dottore mi ha chiamato e mi ha detto: (enfatica, solenne) « Cara ragioniera Ferri, la mia legittima soddisfazione voglio festeggiarla con le stesse persone con cui svolgo il diuturno lavoro. Offro una cena. Ecco l'elenco degli invitati». (estrae di tasca un foglio di carta)E mi ha consegnato questo. Cinquanta commensali! Il suo nome, signor Travetti, è fra i cinquanta, in perfetto ordine alfabetico, indipendentemente dai titoli accademici ed onorifici degli altri quarantanove.

GIACOMO:  (sincero) — Sono addirittura confuso.

FERRI:        Allora partecipa alla cena?

GIACOMO:  Con piacere.

FERRI:        C'è soltanto una piccola formalità.

GIACOMO:  L'abito scuro?

FERRI:        Nooo... Il banchetto lo faremo in un ristorante modesto, in periferia. Venga vestito come vuole. (breve. pausa) Però deve darmi diecimila lire.

GIACOMO:  (sorpreso)  Die-die... Die-diecimila lire?!?... (Ferri accenna di sì col capo)  Per che cosa?

FERRI:     Per il regalo che faremo al cavaliere-dottor Bertelli, «suo capo ufficio». Un cronometro di gran marca e bracciale, tutto d'oro. Capirà che è giusto... Con la cifra che spenderà il neo-cavaliere per offrirci la cena!...

GIACOMO:  (borbotta)  Cinquanta persone, a diecimila lire l'una... (sorpreso) Fanno mezzo milione!

FERRI:     Appunto. Lo strettissimo necessario per il cronometro, il bracciale... e i fiori.

GIACOMO:  (meccanicamente)  Tutto d'oro.

FERRI:        Meno i fiori .

GIACOMO:  (quasi a se stesso) — Certo che il dott... Pardon! Il «cavalier» Bertelli non ci rimette.

FERRI:        (indignata) — Signor Travetti!

GIACOMO:  (ebete)  Eh?

FERRI:     Mi costringe a ricordarle che in queste occasioni si deve soltanto badare al significato morale, nient'affatto ai conti.

GIACOMO:  (ironico) — E i conti chi li tiene?

FERRI:        Io.

GIACOMO:  (borbotta) — Siamo a posto. Tel racumandi!

FERRI:     Per incarico del cavaliere-dottor Bertelli.

GIACOMO:  Bene, bene... (si alza in piedi, grattandosi la testa. Fa qualche passo) Diecimila, eh?

FERRI:        Sì.

GIACOMO:  (sinceramente imbarazzato) — Vede, ragioniere... Io vorrei... Di tutto cuore, vorrei. Ma non posso.

FERRI:        Fare cosa?

GIACOMO:  Darle le diecimila lire.

FERRI:        Lei scherza!

GIACOMO:  Purtroppo no.

FERRI:     Non vorrà mica farmi credere che dieci miserabili biglietti da mille possano confondere, o addirittura umiliare, uno uomo del giorno d'oggi?

GIACOMO:  (avvilito, accenna di sì col capo e allarga le braccia) Come vede...

FERRI:     (balza in piedi, offesa)  Ho capito. Lei vuole farmi dispetto.

GIACOMO:  (sincero)  Tutt'altro.

FERRI:        Allora odia il suo capo ufficio!  

GIACOMO:  Ma che dice, ragioniera? Nessuno, odio. Nessuno.

FERRI:     (indispettita, maligna)  E sta bene! (con una matita tira bruscamente una riga sul foglio di carta) Non parliamone più. (va verso sinistra, poi si ferma e si guarda intorno, sarcastica) Però... non le è bastato acquistare qualche elettrodomestico, frutto dell'èra atomica. Lei, signor Travetti, è sempre uguale. (sogghigna) A proposito:(con aria soddisfatta) l'impresa Ravello l'ha poi ottenuto il rinnovo del contratto.

GIACOMO:  (amaro)  Lo so. Senza che la pratica passasse nelle mie mani.

FERRI:     Già... (ironica) La pratica Ravello è arrivata sino a mezzo metro dalla sua scrivania e poi... (fa il gesto)«op-là», ha saltato l'ostacolo. (sogghigna)  Chissà perché?

GIACOMO:  (controllandosi a stento)  Forse perché io, le buste.., e le «bustarelle», le uso soltanto per spedire la corrispondenza.

FERRI:     (sogghigna) — Buona notte, signor Travetti. Dorma il sonno del giusto. (ed esce a sinistra, con una risatina nervosa).

GIACOMO:  (a denti stretti) — Anche lei... se può. (fa qualche passo, scuro in volto).

SCENA VIII

LUISA:      (entra da destra, con Cinzia)Cosa voleva la ragioniera Ferri?

GIACOMO:  (seguendo i suoi pensieri)  Invitarmi a una cena.

CINZIA:      Avrai accettato!

GIACOMO:  (le guarda un momento, poi scrolla negativamente il capo, con una piega amara sulle labbra)  No.

LUISA:      (a CINZIA)  Ecco! Lo vedi? (a Giacomo)  Sei proprio stupido! (a Cinzia)Per una volta che potevamo veramente risparmiare... tuo padre no! Non accetta! (a Giacomo)  Perché?

GIACOMO:  (idem c. s.) A ghoo ul stomich  delicaa! (e per nascondere la sua amarezza esce a sinistra, mentre si chiude il sipario sull'espressione sorpresa delle due donne).

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO III

Tre giorni dopo gli avvenimenti del secondo atto,  alle ore 14 di un sabato.

SCENA I

CINZIA e LUISA:     (sono in scena all'aprirsi del sipario, e stanno distendendo il tappeto sul tavolo. Poi si guardano intorno, per controllare che ogni cosa sia in ordine).

LUISA:        Sembra tutto a posto. 

CINZIA:      (che è evidentemente preoccupata da qualche suo pensiero)  Certo, mamma. Tutto a posto. 

LUISA:      (ironica)Quando c’è l’assemblea dei colleghi d’ufficio e comproprietari io … Sono nervosa, ecco! Tuo padre vuole che in casa ci sia un ordine perfetto, e allora …  

CINZIA:      (guarda l'ora)  Le quattordici passate. Anche se arrivasse subito, papà non avrebbe più tempo di fare colazione. Ma era il caso che oggi, sabato, andasse in ufficio a fare lavoro straordinario? Addio conquista sociale della settimana corta! 

LUISA:       Sai com'è... Le ore straordinarie vanno molto d'accordo con la scadenza delle

                   cambiali. Quindi... (s'interrompe e s'avvicina a Cinzia, affettuosa)Tu,

                  piuttosto... Hai notizie di Silvio?

CINZIA:      No. Da tre giorni, cioè dalla sera cheè stato qui, non ho più saputo nulla. Io, naturalmente, non l'ho cercato.

LUISA:        Hai fatto bene. 

CINZIA:      Comunque non èsoltanto questo che mi preoccupa. C'è dell'altro mamma. E forse !... più grave. 

LUISA:        (la osserva, le accarezza una guancia, le sorride)  Forse potrei aiutarti. 

CINZIA:      (scrolla negativamente il capo)  Impossibile deve assolutamente saperlo. Tuttavia ti dico che … Ma papà non deve assolutamente saperlo. Prometti?

LUISA:        Prometto.  

CINZIA:      Ieri... Un mio collega che ha la sorella impiegata nella stessa azienda dove lavora papà, mi ha detto che in quegli uffici corre voce che Silvio Mannucci sia sfuggito al fidanzamento, perché... (amareggiata) …perché io sono una ragazza poco seria! 

LUISA:        (indignata, facendo gesti di minaccia verso sinistra) — Iiih!... Volpini!...Quella zabeta… Quante fandonie! Queste calunnie non può averle messe in giro altri che «il gazzettino vivente esparlante ».

CINZIA:  T'immagini che dolore proverebbe papà, se gli venissero all'orecchio quelle chiacchiere? 

SCENA II

GIACOMO:  (dall'esterno a sinistra, grida allegramente)  Cinzia... Cinzia, dove sei? (entra, trafelato e allegrissimo) Ciao, moglie! Ciao, figlia! E' accaduto un fatto bellissimo, magnifico ! 

LUISA:        Ti hanno promosso capo ufficio! 

GIACOMO:  Macché! Però stamane, in ufficio è venuta a trovarmi una persona, e... e mi hadato questa busta. (estrae di tasca una busta).   

LUISA:        Bravo! Finalmente hai accettato «una bustarella»

GIACOMO:  (dopo un’occhiataccia a Luisa)  E’ per Cinzia... (gliela dà) E' di Silvio:, e me l'ha consegnata personalmente. Pensate che mi ha chiesto scusa. «Scusa di che?», ho detto io. «Non c'è alcun offeso». E dopodomani, cioèlunedì sera. siamo tutt'e tre invitati a cena in casa Mannucci.

CINZIA:    (emozionata, felice, abbraccia Giacomo e gli dà un bacio sopra una guancia)  Grazie, papà! (poi esce a sinistra).

GIACOMO:  (confuso e commosso, si passa una mano sulla guancia baciata da Cinzia)  Erano anni che non mi dava un bacio così... Da quando le comprai il necessario per andare a sciare…

LUISA:        (affettuosamente ironica)E la prima volta tornò con una gamba rotta.

GIACOMO   (sorride) Questa volta, invece, tornerà vestita da sposa. 

LUISA:        Giusto. E l'abito da sposa bisogna pagarlo in contanti.

GIACOMO:  (diventa serio) Povero me!...

LUISA:        E pure noi dovremo vestirci a nuovo. Tu magari da cameriere! 

GIACOMO   Da cameriere?

LUISA:        Sì, insomma... Con giacca e pantaloni neri, camicia bianca, e cravatta a farfalla. Del resto, sei il padre della sposa!

GIACOMO:  Eh già... Sono il padre della sposa. E mi vedo già, in mezzo agli amici importanti dei Mannucci. Tutta gente che fabbrica bevande.(Finge di salutare gente: fa lievi inchini, stringendo mani immaginarie)  Commendatore, lei fa la birra?... Bene, io sono il padre della sposa. Ingegnere, lei fa acqua? Cioè! Lei imbottiglia l'acqua minerale? Onoratissimo. Sono il padre della sposa. E poi... (finge di baciare la mano a delle dame) Signora baronessa... La sposaè mia figlia. Contessa... Mia figliaè la sposa. Marchesa... Io sono la sposa. Nooo! Sono la sposa del padre. Neppure! Il padre della sposa! (sospira) Ah, che bello !... Non avrei mai più creduto che un giorno o l’altro, io... Proprio io, impiegatuccio di seconda categoria., sarei entrato nel gran mondo delle gazzose. Dell'industria dei dissetanti, voglio dire.

LUISA:      (sorride affettuosa)  Sì sì, ho capito. Ma adesso torna su questa terra e ricordati che c’è l’assemblea.   

GIACOMO:  (si dà una manata sulla fronte)  E' vero!(si agita)  Dove hai messo gli incartamenti delle riunioni dei comproprietari?  

LUISA:        Di là (indica a destra, ironica), nel cestino delle patate.

GIACOMO:  (indignato)  Coosaa?!?... I documenti ufficiali del condominio, che quale amministratore dovrei custodire con cura, tu li hai messi fra le patate? E’ il colmo.(si avvia verso destra)

LUISA:        Ah! (Giacomo, i ferma) Non fare l'atto di offrire il caffè, perché non ne abbiamo. Anzi. sarebbe ora di smetterla di fare le riunioni qui. 

GIACOMO:  L'amministratore sono io, quindi...   

LUISA:        (interrompe)  No no. Ho saputo che nelle altre case a riscatto della zona, le assemblee le fanno nel corridoio della cantina.

GIACOMO:  Sarà. Tu, ad ogni modo, quando saremo riuniti non venire a ficcare il naso.

LUISA:        Stai tranquillo. Io sto di là (indica a destra), buona buona. Tanto di là si sente tutto.

CINZIA:    (entra da sinistra, tenendo quasi stretta al petto la busta che le aveva dato Giacomo,. Emozionata)  Silvio mi scrive di dimenticare la discussione. E dice che verrà a prendermi alle due e mezzo.

GIACOMO:  (contrariato)  Qui?

CINZIA:      Certo. Qui.

GIACOMO:  Non si può. Telefonagli immediatamente che ti aspetti  in qualche posto. Non voglio che la riunione sia disturbata. (Squillo di campanello) Troppo tardi.

LUISA:        (col tono degli annunci ferroviari) I seccatori sono in arrivo sul primo binario!  

GIACOMO:  Zitta (a Cinzia)  Tu vai di là (indica a destra), con mamma.

CINZIA:      E se arriva Silvio?

GIACOMO:  Gli aprirò io, e ti chiamerò. Sai, non vorrei che i miei colleghi pensassero che tu hai troppa libertà. 

CINZIA:      (lo guarda un momento, gli sorride, poi lo abbraccia e lo bacia sopra una guancia).  Sei il più affettuoso e simpatico padre della sposa che si possa desiderare!

GIACOMO:  (commosso, ma impaziente)  Sì, ma sto diventando il più maleducato dei comproprietari. Vai vai. (Cinzia, felice, esce a destra. A Luisa)  E tu va ad aprire. E sorridi. Sor-ri-di.

LUISA:        (fa un sorriso che è una smorfia)   Il sorriso del dentista! (esce a sinistra).  

GIACOMO:  (si dà una manata sulla fronte) …i documentiin due saran a giò… in del cesti di patat!... Cioè gli incartamenti. (esce in fretta a destra).

SCENA III

LUISA:        (dall'esterno)  Avanti, signori. Avanti.

BERTELLI:  (entra da sinistra, seguito da Ferri, Olga con la mamma e Luisa)  Disturbiamo sempre, vero signora?

LUISA:      (con una cortesia che rasenta il sarcasmo) Tutt'altro, cavaldottore. Pardon! Cavaliere-dottore.

BERTELLI:  (borioso) — Mi chiami soltanto «signor» Bertelli. O se proprio vuole «cavaliere». Così, tanto per non deludere coloro che si sono interessati per questa onorificenza.

FERRI:     (con il tono servile e ipocrita che userà d'ora in poi quando darà ragione a Bertelli)  Dice bene, cavaliere.

BERTELLI:  (lusingato, risponderà sempre con un lieve sorriso)  Grazie, ragioniera. 

FERRI:        (c. s.)  Prego, cavaliere.

OLGA:       (seccata dai salamelecchi fra i due) Possiamo sedere, signora Travetti? Mi son dovuta portare anche la mia mamma per non lasciarla sola… capirete! Ho cambiato la batteria e si è messa l’aparecchio per seguire bene.

LUISA:      Prego, s'accomodino (a denti stretti), come se fossero a casa loro.

GIACOMO:  (entra da destra, tenendo in mano una copertina di cartoncino contenente alcuni  pezzi di carta grandi come un biglietto del tram, e alcuni altri fogli formato protocollo. Saluti a soggetto e molti sorrisi fra Giacomo e i tre colleghi)

ROSA:    (suona il campanello e poco dopo entrano la sig.na Rossi con il fratello Gastone) E’ permesso?!?... sono in ritardo?

GIACOMONo, no ghem nancamò de incomincià

Rosa:       Incoo ghe chi anca el me’ fradell

luisa:       (sottovoce) L’ha purtaa i rinforz!

GIACOMO:  tiLuisa, va de là

LUISA:        (sottovoce) Ah, i fradei e la mama sì, la moglie niente!

GIACOMO:  Fa piacere Luisa, va de là, tu dii.

LUISA:     (borbotta)  Con permesso. (ed esce a destra)

OLGA:         (mentre si siede con gli altri, maligna)  E’ la prima volta che ci riuniamo, da quando il signor Travetti ha rinnovato e potenziato gli elettrodomestici.

GIACOMO:  (finge di non sentire)  Loro, come al solito, posseggono la delega di almeno un altro collega?

FERRI:        Certo. Tuttavia non posso fare a meno di rilevare che ogni nostro collega comproprietario dovrebbe sentirsi in dovere di partecipare alle assemblee.

BERTELLI:  Non dimentichi, ragioniera, che c'è la libertà.

FERRI:        Ha ragione, cavaliere.

BERTELLI:  Grazie, ragioniera.

FERRI:        Prego, cavaliere.

GIACOMO:  Dunque, tra presenti e deleghe, è rappresentata a questa riunione la percentuale bastante perché sia valida.

BERTELLI:  Prego, passiamo all'ordine del giorno.

GIACOMO:  Sì. (legge) «Primo: frequente ostruzione e puzza del condotto fognature che attraversa il cortile; secondo: posizione morale del dottor Bertelli Enzo; terzo: regole di convivenza e animali nel condominio, penali per danni subiti per mancanza di rispetto».

OLGA:         Bisogna provvedere con urgenza alla riparazione.

ROSA:      Veramente, vurevi dì, se gentilmente volete ascoltare il mio problema perché gavaria un altro appuntamento importante. Insoma gho premura.

GIACOMO: Per me va bene, vialter se ne diset? Certo che in di riunion la premura lé de lassa a ca’, vera!

SCENA IV

GASTONE: Rosa dimentica minga che sei in mezzo ai tuoi colleghi e a dei gentiluomini.

rosa:        Alura, parli mi. De solit lasi perd e vegni nanca alle riunioni, ma adess son propi stufa, ne podi pu. Lor signori sanno tutti che io abito al piano terra di questo condominio, nevvero Gastone?

GASTONE:  Sì, piano terra, terra, terra.

GIACOMO: Va bene, podum comincià, anca se quel, l’era l’ultim punto. Prego

ROSA:      Ghi de’ savé che a casa mia sun mi che fa, e tutti santi di’, la pulizia, ma da un pu de tempa sta part me tuca fa i straordinari, nevvero Gastone?

GASTONE:  Certo, senza cuntà quel che fu scua’ e lavà su

ROSA:         Insoma, ghem in man la scua tutto il giorno.

GIACOMO:  Ognuno a casa sua fa quello che può, quello che deve…insoma

ROSA:        Certo, ma se al pensa che tutt chel lavurà devi fall per culpa di alter, me     

                  brusa un pu.

FERRI:       Ma la sa de chi l’è la culpa?

GASTONE:  Certo che lo sappiamo!

ROSA:        El sém per modo di dire, nun prosmu che sia una persona che la fa senza rendersi conto, ma che a noi procura…

GASTONE:  Procura tanti inconvenienti, alter che stori!

GIACOMO: Inconvenienti… di che tipo?

ROSA:        Parli mi, Gastone?

GASTONE: Sì, parla ti, perché se no mi ma innervusisi...

ROSA:       Allora, c’è qualcuno, sopra di noi che si diverte a buttar giù bricciole.

GASTONE: Bricciole i mezz michet riva giò con tutte le conseguenze.

GIACOMO: Che tipo di conseguenze?

ROSA:       Semplice, adree ai grigol e ai mezz michet ghe arriva dree, come minim du pivion e uccellini vari che intant che mangien fan tutt i so commod se po lasà niente sul balcone, tutto cambia colore

GASTONE:  Pensi che l’altro giorno son turnaa cont i scarp bagnaa i ho metuu fora per fai sugaa, al savii che li ho trovati pien, e non vi dico di cosa, non c’era dentro, ve lo lascio indovinare.

ROSA:        ier po l’è rivaa anca un bel topolino e non tanto piccolo e questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Vel giuri che hen podi più, potevo tacere?

GIACOMO: Ma mi me dumandi, se sapete chi è, non potevate cercare di chiarire la cosa subito?

GASTONE:  Per la verità io ci ho provato e sa qual è stata la risposta? (imitando una voce femminile e con tono di scherno) “Lei non ha niente da dire, anzi si guardi lei e faccia un piccolo esamino”.

ROSA:          Probabilmente  lee non la sa minga  che mi som una diplomata e che di esami ne ho sostenuti a iosa.

BERTELLI: Ma farsi l’esamino in questo caso non ha niente a che fare con i diplomi.

ROSA.        Comunque io pretendo un risarcimento pe tott i danee che ho speso in detersivi.

GASTONE:  In un mees la ma fa fora du mensilità de la pensiòn.

OLGA:        Io proporrei di tornare all’ordine del giorno e cioè al problemma della fognatura.

SCENA V

ROSA:        Propi lee! Faccia parlare la sua mamma… che forse ha qualcosa da dire…

OLGA:        Mamma, hai qualcosa da dire?

MaMMA:    Mi no, non ho niente da dire, io sono tranquilla.

ROSA:       Troppo tranquilla… Lee la scorliss apena la tuvaia

MaMMA:    Certo che la scorlissi, lei no?

GASTONE:  Ma in due la scorliss.

MaMMA:    Dal balcone, come fanno tutti

ROSA:     E naturalmente senza curarsi di dove vanno a finire le bricciole. Vedete!... si scoprono le tombe.

OLGA:        Oh signor, per do grigoi! Che manesc!

MAMMA:  A stu punto ho qualcosa da dire. M’eri promessa de tasé perché mia mamma mi diceva che “un bel tacer non fu mai scritto”.

GIACOMO Che sia pertinente alla discussione nostra, non un pettegolezzo, me raccumandi.

MAMMA:   no, no, l’è minga un pettegolezzo, l’è un guaio. Forse nessuno sa che questi signori, così puliti, precisi e esigenti ghan in casa un gattone siamese, bel fin che se voor, perché l’è bianch con du ugitt celest che fan tenerezza, (con tono di voce decisa) ma l’è maleducaa… e non dica di no!

ROSA:       Un “gattone” siamese… ma se l’è un micin che l’è semper in ca’.

MAMMA:   (ironica) Via, de quand el scapa de sora!

OLGA:       (stizzita) Mamma, ma cosa dici?

MAMMA:    Disi, disi che ul signorino, un para de volt al di’ el fa la fuga.

GASTONE: Anca lu al gha i so esigenz e le soddisfa fuori casa.

OLGA:       (esterefatta) Fuori casa?!?

GIACOMO: Ma siete sicuri che non state uscendo dal seminato?...via signorina Olga!...

OLGA:        Ma mi su nient…

MAMMA:  Nossignor, non stiamo uscendo affatto…e ti te se nient, perché mi subivi, netavi e tasevi.(rivolta a Giacomo, piccata) Non dobbiamo parlare di fognature?...

GIACOMO: Sì, di scarichi di fognature

MAMMA:    Ecco, io parlo di scarichi diretti, perché chel gattin li’, come la diss lee, se

                  ved chel magna com’en purscell e… come tale si scarica e lo sapete dove?..   

                 sullo zerbino di casa nostra che (sottolineando con la voce) io, dico io, per-

                 sonalmente pulisco e ghi de savé che spess e vuluntera el gha la ca…cag…

                 insoma la diarea…capiree che guduria!

OLGA:       (stizzita) Ma mamma!... cosa sono ‘ste novita?

MAMMA:    Te l’ho detto, tasevi per il quieto vivere… io sono per la pace e per vecch la

                   paas bisogna anca savé tasé na quai volta. Adesso chel savii, tocca a voi

                  rimediare.

GASTONE: Ghe na roba de di’, na quai volta, sul balcone, in mezzo alle bricciole, trovo anche pezzetti di biscotti al cioccolato, da dove vengono, visto che noi al gatto non ne diamo?

MAMMA:   Ma si quando vardi gio’ lu el varda su con chi bei ugitt celest… el me ciapa el coor…un biscutin ghel buti.

ROSA:    …ecco perchè quel poor micin l’avea la diarea, l’è lee la pietra dello scandalo!

GIACOMO: Allora non si lamenti, dividiamo le colpe… ma adess andem innanz, se no ùnco venn a ca’ pu’.

Rosa:      (rivolta a Gastone) Nun ghavem d’anda’, vero Gastone. Grazie signor Travetti e ricordi alle signore Volpini di mantener pulito il nostro balcone, noi terremo in casa il nostro gatto. Ci conto. Qui c’è la delega per le votazioni, la lascio a lei sig. Travetti.

GASTONE:Ci contiamo signori

scena VI

(Rosa e Gastone si alzano per uscire, contemporaneamente squillo di campanello).

GIACOMO:  (scatta in piedi e si precipita verso sinistra).

CINZIA e LUISA:  (entrano da destra, e si precipitano verso sinistra. Tutt'e tre si ostacolano per superare la porta).

GIACOMO:  (dopo evidente imbarazzo, con sorrisi nervosi rivolti ai tre colleghi che osservano la scena con molta curiosità, dice a Cinzia)  Vai tu, e poi torna. (Cinzia accenna di sì col capo ed esce a sinistra. Giacomo fa cenni imperiosi a Luisa di uscire a destra. Essa obbedisce di malavoglia, ed esce. Giacomo ritorna a sedere). Mi adess splanghi la porta!

CINZIA:    (rientra da sinistra con Silvio:, al quale si stringe subito sottobraccio. Fanno qualche passo verso destra, guardandosi intensamente negli occhi).

SILVIO:    (giunto a metà scena, si accorge della presenza degli altri. Perciò si allontana bruscamente e goffamente da Cinzia, accennando lievissimi inchini di saluto in direzione dei quattro seduti, i quali rispondono con dignitosi cenni del capo).

CINZIA:    (interrompe la situazione)  La mamma ti aspetta! ( prende per una mano Silvio e quasi lo trascina fuori, a destra).

SCENA VII

OLGA:       (curiosa, maligna)  Nuovo fidanzamento in vista, eh?

GIACOMO:  (seccato e deciso)  Signorina Volpini!... Siamo qui per parlare della fognatura. La faga minga confusion, per piasé.

BERTELLI:  Tutti d'accordo, direi... E direi di dare l'incarico della riparazione alla solita impresa.

FERRI:        D'accordo, cavaliere.

BERTELLI:  Grazie, ragioniera.

FERRI:        Prego, cavaliere.

GIACOMO:  (a Olga) — Approva anche lei?

OLGA:         Senz'altro.

GIACOMO:  Sta bene. (scrive un appunto) Lunedì provvederò. Adess andem innanz.

BERTELLI:  (impaziente)  Proseguiamo.

GIACOMO   Subito. (legge)  «Secondo: posizione morale del dottor Bertelli Enzo»...  

FERRI:        Aggiunga «cavaliere».

BERTELLI:  Grazie. ragioniera.

FERRI:        Prego, cavaliere.

GIACOMO   (ha corretto e rilegge)  «Posizione morale del cavaliere dottor Bertelli Enzo». Ma’!

OLGA:         (ipocrita)  Che cosa significa?

BERTELLI:  (a Giacomo che fa l'atto di parlare)  No, prego! Spiego io. (si alza in piedi)  Mi alzo, perché seduto mi confondo. (Breve pausa. Con slancio teatrale)  Poiché fra i colleghi comproprietari corre voce che io abbia approfittato di raccomandazioni... direi... «romane», per ottenere l'assegnazione dell'alloggio a riscatto, chiedo a questa as­semblea una ritrattazione «ufficiale» di tali insinuazioni che... direi: «ledono» il mio nome ed il mio prestigio. (siede).

FERRI:        S'immagini, cavaliere...

OLGA:         (falsa) Io non ho mai sentito dire cosa simile.

BERTELLI:  E lei, signor Travetti, cosa ne dice?

GIACOMO:  Mah!... Potremmo mettere a verbale le sue parole, e la smentita dei comproprietari (indica Olga e Ferri). Giusto?

BERTELLI:  No no no. Non basta. Per mia completa soddisfazione chiedo «votazione segreta». 

FERRI:        Giusto, cavaliere.  

BERTELLI:  Grazie, ragioniera.  

FERRI:        Prego, cavaliere. 

OLGA:         Non è mica il caso.     

BERTELLI:  Invece sì, signorina Volpini! Lo è, e come! (a Giacomo)Proceda.

GIACOMO:  Facciamo così : con un «NO» diciamo «NO» alle calunnie contro il cavaliere dottor Bertelli; con un «SI'» le approviamo. Ecco le schede. (dà a ciascuno un pezzo di carta delle dimensioni di un biglietto del tram, e ne tiene uno per sé).  

BERTELLI:  (rifiutando il suo pezzo di carta)   Eh no! Io non voto. 

GIACOMO:  (lo ritira)  Come vuole. Tuttavia regolamento le dà diritto di votare. 

BERTELLI:  (riprende il suo pezzo di carta)  Allora lo esercito. Naturalmente, per l'onestà che... direi... modestamente mi distingue, darò scheda bianca. Anzi! Voterò «SI'», ovvero approverò, per sfida, le calunnie contro di me. Tanto sono sicuro che loro...  

FERRI e OLGA: (contemporaneamente)  Nondubiti cavaliere. Abbatteremo le calunnie! 

GIACOMO:  Hanno penna o matita?

GLI ALTRI: Sì 

GIACOMO:  Allora votino. Un po’ sveltina, ne’!

BERTELLI:  «Segretamente», mi raccomando. «Se-gre-ta-men-te».

OLGA, FERRI e BERTELLI: (si alzano in piedi e cercano un angolo della camera per votare. Dopo alcuni ridicoli spostamenti a soggetto, si fermano: Olga e Ferri negli, angoli a destra e sinistra, in fondo; Bertelli al centro, in fondo. Tutt'e tre con la schiena rivolta al pubblico. Olga si preoccupa di mettere a tacere la mamma che vorrebbe dire qualcosa)

GIACOMO:  (vota seduto al suo posto).

CINZIA:      (entra cautamente da destra: vede i tre in quella posizione, trattiene a stento riso, e in punta di piedi si avvicina al padre. Sottovoce).  Li hai messi in castigo?   

GIACOMO:  Votano. La prima vutazion lè andata a balen. Va’ Cinzia, va’. 

CINZIA:    (in punta di piedi esce a sinistra, e rientra quasi subito tenendo in mano una bottiglia di liquore. Esce a destra)

OLGA, FERRI e BERTELLI: (si voltano e tornano a sedere ai loro posti, piegando in quattro il pezzo di carta).   

GIACOMO:  (che ha già piegato il suo. lo pone in mezzo al tavolo, subito imitato dagli altri)  Per favore, signorina Volpini (indica i pezzi di carta),li mescoli un po'. 

OLGA:         (esegue)  Ecco fatto, 

GIACOMO:  (allunga una mano)  Procedo allo scrutinio. Dervii i uregg.

BERTELLI:  (gliela ferma)  Allora siamo intesi. I «NO» daranno ragione a me: i «SI'» approveranno le calunnie. (Lascia libera la mano di Giacomo) Faccia pure lo scrutinio.   

GIACOMO:  (prenderà i pezzi di carta uno pervolta, li distenderà lentamente, leggerà ad alta voce il voto, poi li poserà dinanzi a sé: i «NO» a sinistra, i «SI'» a destra)  «NO»(evidente soddisfazione   di Bertelli) «Sì».  

BERTELLI:  (scrolla le spalle)  Oh, be'...

GIACOMO:  «Sì».(Imbarazzo generale. Bertelli si agita sulla sedia) E l'ultimo... « SI' ».  

BERTELLI:  (livido di collera, balza in piedi eguarda tutti: Ferri e Olga abbassano il capo; Giacomo scrive. A denti stretti)  Grazie.

GIACOMO:  Ho scritto a verbale: (legge con tono freddo) «Le cosiddette calunnie sono state approvate con tre «SI’», contro un «NO».

BERTELLI:  (rabbioso)  Sono capace a contare da solo!(Volta le spalle a tutti, e va verso il fondo, dove rimarrà immobile, con i pugni chiusi dietro la schiena)

OLGA:         (a Giacomo, dopo un silenzio imbarazzante)  C'è altro?

GIACOMO:  No. Ghé pù nient.

OLGA:      Allora... (si alza, guarda tutti, borbotta)  Io vado… Buongiorno. (ed esce m fretta a sinistra). Andiamo mamma.   

GIACOMO:  Buongiorno (si alza e va a riporre in qualche posto la cartella degli incartamenti). Finalment, ohei che sulfa.

FERRI:        (mogio mogio si alza e si avvicina alle spalle di Bertelli)  Cavaliere…

BERTELLI:  (senza voltarsi)  Mi lasci in pace!

FERRI:        Volevo soltanto farle notare che quell’unico “NO” potrebbe essere il mio voto.

BERTELLI:  (si gira di scatto, e lo fulmina con uno sguardo terribile)– Basta così! (e riprende la posizione di prima).

FERRI:        (confuso)  Come non  detto cavaliere. Buongiorno. Signor Travetti… (esce a sinistra).  

GIACOMO:  Arrivederla. Ragioniera. (tra sé)  Buna, te la racomandi questa!

BERTELLI:  (si volta, e avanza verso la ribalta, molto avvilito e nervoso)  Scusi se mi sono trattenuto, ma non vorrei che mia moglie mi vedesse con questa faccia.

GIACOMO:  Posso offrirle qualcosa. Magari un aperitivo al carciofo? Chel, calma gli animi.

BERTELLI:  No.    

GIACOMO:  Comunque non dia eccessiva importanza a questa faccenda. Del resto c’era anche un “NO“. La’ vist!

BERTELLI:  (aggressivo)– Non avrà mica il coraggio d’affermare che era suo?

GIACOMO:  No, ma…

BERTELLI:  (interrompe)  Meno male! (isterico)Perché era mio!  

GIACOMO:  (sinceramente stupito)  Lei però aveva detto che…

BERTELLI:  (interrompe, sempre più eccitato)  Avevo detto, avevo detto!... Cosa crede? Che in qualsiasi votazione i candidati votino scheda bianca, o addirittura per i loro avversari? Fa parte della libertà votare per noi! Piuttosto, è di lei che mi stupisco.

GIACOMO:  Perché? De mi’?

BERTELLI:  Almeno lei… Il  mio impiegato… direi “prediletto“, avrebbe dovuto sentire il dovere di votare a mio favore. A favore del suo capo ufficio.

GIACOMO:  Io, veramente conosco un solo dovere: quello d’essere in pace con la mia coscienza.Col Padre Eterno se scherza minga, lo sa?

BERTELLI:  (indignato)  Ah!... La sua coscienza, dunque, è contro di me? 

GIACOMO:  Assolutamente no. Ma dice quello che pensa; quello che le pare giusto.

BERTELLI:  E’ il colmo! (perfido e maligno)  Veramente è da un po’ di tempo che lei mi è nemico.

GIACOMO:  (sorpreso)  Si sbaglia dott… Cavaliere! Mi sun minga per la guera.

BERTELLI:  No, no, no. Lei mi è nemico da quando ha rifiutato il mio invito a cena.

GIACOMO:  Solo perché costava diecimila lire. E io non potevo spenderle.

BERTELLI:  laragioniera Ferri mi ha riferito diversamente.

GIACOMO:  Le ha riferito male. La capii Ruma per Tuma.

BERTELLI:  Travetti. Non insista.

GIACOMO:  Come vuole…a tasé, se sbaglia mai.

BERTELLI:  (sempre più perfido e maligno)  Già… me l’avevano detto che lei parla sovente e volentieri di coscienza e di onestà, soprattutto se vuole negare un favore ad un collega, o un riguardo ad un superiore. Però farebbe meglio a guardarsi intorno… Vicino, molto vicino…

SCENA VIII

LUISA:        (dall’esterno a destra, sbotta)  Questa poi!... (entra agitata, poi si rivolge all’interno)Cinzia!... Silvio!... Venite anche voi. (si avvicina a Bertelli con aria minacciosa, mentre da destra entrano Cinzia e Silvio).  

GIACOMO:  (sorpreso)  Luisa!... Tu, lei (indica Cinzia) e lui (indica Silvio) non c’entrate nei nostri discorsi.

LUISA:        (a denti stretti) Davvero?!?... Prova a chiederlo al tuo capo ufficio.

GIACOMO:  (gentile a Bertelli)  Mi scusi, cavaliere… Ma se si tratta di qualcosa che riguarda i miei  familiari, la prego di spiegarsi. Fora el rospo.

BERTELLI:  (dopo un attimo di esitazione)  …sta bene. Del resto è soltanto una voce… Una voce che però corre insistentemente nei nostri uffici.

CINZIA:      (sconvolta)  No! Non lo dica.

GIACOMO:  (a Cinzia)  Tu stai zitta.

BERTELLI:  Eppure è proprio di lei che si parla.

GIACOMO:  Di mia figlia?!?... Nei nostri uffici, si parla di mia figlia?!?

BERTELLI:  Dicono che sua figlia sia… come dire?... poco seria, ecco.

GIACOMO:  (è nelle stesse condizioni di chi abbia ricevuto una mazzata sul capo. Diventa serio, deciso)  E lei, cavaliere, crede  a queste chiacchiere? Bel boccalone.

BERTELLI:  Be’… Considerato che alcuni giorni fa è andato addirittura a monte un fidanzamento, dopo un violento alterco in questa casa…

SILVIO:      (indignati fa l’atto di intervenire, rivolto a Bertelli)  Scusi, ma…

GIACOMO:  (lo ferma) No! (risoluto, come lo sarà d’ora in poi)Risponda cavaliere! Lei crede sul serio che mia figlia sia una ragazza leggera? (Bertelli esita)Risponda!

BERTELLI:  (intimorito) Si calmi, signor Travetti! E non dimentichi che sono un suo superiore.

GIACOMO:  (scoppia)Macché superiore o inferiore!... Qui, in questo momento, ci sono soltanto due uomini, uno dei quali – lei! – ha offeso l’altro. Dunque l’altro – io –!  Ha diritto di pretendere delle spiegazioni, e magari delle scuse. I pretendi.

BERTELLI:  Oh, insomma!... Non crederà mica di impressionarmi. Anzi, aggiungo, che penso non si possano fare tutte le spese che lei ha fatto in questi ultimi tempi, senza che ci sia sotto qualcosa di poco pulito.

GIACOMO:  (smarrito)  Lei… Lei non sa quello che dice. Ghe convien tasé.

BERTELLI:  (incalzante)  Nelle sue mani passano pratiche per il rinnovo dei contratti con le imprese. Quello dell’impresa di manutenzione Ravello, per esempio, venne rinnovato a mia insaputa. Ed è proprio da allora, cioè un paio di mesi fa, che lei ha cominciato a spendere e spandere.

GIACOMO:  (che ha ascoltato a capo chino, ora lo solleva e fissa Bertelli con un’espressione terribile di sdegno, disgusto e disprezzo)  Lei è un calunniatore. Altro che venticello. Lu’ …le’ un tornado.

BERTELLI:  Queste parole le costeranno care.

GIACOMO:  (sbotta) Costino quel che vogliono!... Finora ho sopportato ogni sorta d’ingiustizie… L’ho sempre rispettato, e le ho continuamente obbedito, anche quando al diseva di asnaa. Mi ha tenuto in ombra, ed ho taciuto… Ha fatto promuovere diversi colleghi al posto mio, ed ho detto “pazienza“… Ma adesso lei mi ha colpito innanzi  tutto in ciò che l’uomo ha nel cuore: i figli; poi in quello che l’uomo ha nell’animo: l’onestà. Perciò mi ribello! E dico che lei è un prepotente con i deboli, un impustur con i potenti; e con me, adesso, si dimostra cattiv e per depu ignorante.!

BERTELLI:  (impressionato)  Sign… Signor Travetti!

GIACOMO:  (ormai lanciato, continua con veemente sarcasmo)L’unica mia soddisfazione è quella di sapere che è odiato da tanti. Anca se demustrim el contrari.

BERTELLI:  Non è vero!

GIACOMO:  (ride nervoso)  Nooo?!? Se tutti quelli che lo odiano mettessero la bandiera alla finestra, sembrerebbe festa nazionale!

BERTELLI:  (sempre più impressionato)  Imp… Impossibile!

GIACOMO:  E se vuole saperlo, sia quand’è in ferie, sia quand’è malato, le mandano accidenti a secco, campana e ombrello! (tra sé) Ciapa’ la’!

BERTELLI:  (boccheggiante fa gesti di scongiuro)  Da-da… Davvero?

GIACOMO:  Sì, perché lei riversa sui dipendenti il veleno che le fa inghiottire sua moglie. Lei è uno di quelli che complicano il lavoro, facendo fare le cose che pensa di notte. (ride nervoso)Quando le sento dire (rifà il verso a Bertelli) “Stanotte ho pensato”, mi viene sonno per lei. “Pensato” …dica pitost un quai film a luci rosse.

BERTELLI:  Questo passa ogni misura. (s’avvia verso sinistra, poi si ferma sulla porta minaccioso)E non s’illuda che finisca così. Ne riparleremo dopodomani, in ufficio. (esce a sinistra, ripetendo)Dopodomani, in ufficio. Mi sono spiegato?

SCENA IX

GIACOMO:  (colpito da quel “Dopodomani in ufficio” cade a sedere, e tenendosi la testa tra le mani, borbotta) “Dopodomani in ufficio“ (solleva il capo, sincero e genuino)Non ci avevo mica pensato. Quel li el se vedica de sicur…pora mi…

LUISA:        (affettuosa, commossa)– Giacomo… io sono con te.

CINZIA:      (affettuosa)Anch’io. E se quel tale ti farà del male… Se ti dirà un’altra parola cattiva, tu… Licenziati immediatamente.

GIACOMO:  (accenna un sorriso amaro, e si alza)  Brava. E dopo? Cosa faccio? E …i cambiai!

LUISA:        Un uomo come te ne trova cento d’impieghi.

SILVIO:      E’ vero.

CINZIA:      Ti aiuteremo noi.

GIACOMO:  (scrolla negativamente il capo)  Eh, cara Luisa… Cari ragazzi… Gli impiegati d’ordine, i “Pantalone” come me, devono accontentarsi di soffrire in silenzio. Al massimo possono borbottare. Alzare la testa, no. (fa qualche passo, pensieroso. Dopo lunga pausa, durante la quale guarda ripetutamente i tre, abbassa il capo e dice con enorme sforzo)  Adesso… Vado a chiedergli scusa.

LUISA:        (delusa)  Nooo.

CINZIA:      Sarebbe il colmo.

GIACOMO:  Cosa credette? Che sia facile dopo decine d’anni che si lavora nello stesso posto, andarsene via così… come se nulla fosse? Ad un certo momento sembra di far parte di quei muri che vedono la maggioranza delle ore di ogni tuo giorno. (indispettito)Lo so cheè proprio questo che fa “Travetto” e “Pantalone”! Ma è un sentimentalismo istintivo, come la nostra rassegnazione.

LUISA:        Se vuoi, puoi trovarlo un altro impiego. E subito.

GIACOMO:  Alla mia età? E’ facile dirlo. Ma… prima di tutto ti chiedono il titolo di studio, poi assumono informazioni, poi ti sottopongono alla visita medica. Quindi, forse, ti assumono. Se nel frattempo, però, si è presentato un “raccomandato“, ti mandano a fare (sardonico) l’esame psicotecnico, dal quale risulterà che tu sei soltanto abile per fare nient, niente. Ave capii?

LUISA:        E con ciò? Cosa vorresti dimostrare?

GIACOMO:  Che malgrado le apparenze, l’uomo di oggi ha qualcosa di meno rispetto all’uomo d’un secolo fa. Per esempio la possibilità di rifiutare dignitosamente un grissino, con la sicurezza che gli porgerebbero subito un tozzo di pane. (Guarda i tre, accenna un mesto sorriso) Be’, vado dal cavaliere. (s’avvia verso sinistra) 

CINZIA       (quasi cattiva)   Papà!... Ti credevo più coraggioso.

GIACOMO:  (si volta di scatto)  Cinzia!... Pure lei, Silvio… Comprendetemi. Lo faccio anche per preparare una vita più tranquilla ai vostri figli. Mai come oggigiorno, fra tanta violenza, c’è bisogno di persone che abbiano il coraggio della rinuncia. Perché ci vuole coraggio, sapete? Più coraggio che a fare il prepotente.

LUISA:        In ogni caso, ormai, quello (indica il pavimento) ti porterà rancore, ti caricherà di lavoro.

CINZIA:      Prima di fare questo passo, rifletti.

GIACOMO:  (accenna un sorriso ironico)  Al giorno d’oggi, più rifletti, più pensi, e… meno capisci! Tra i fiori di plastica senza poesia, i rumori che si chiamano musica, i contestatori che si contestano, eccetera, eccetera, come si fa a capirne qualcosa? El mund al s’è giraa sottsura avii capi o no….

LUISA:        Coraggio, Giacomo, su col morale!

GIACOMO:  (amaro)  Ah, certo. Si deve ridere. Del resto ridono tutti. Dittatori e democratici, bianchi e neri, gialli e rossi… Ridono tutti!... Ma quel riso è una smorfia di paura. Io no! Io quando rido, rido sul serio. Così (atteggia le labbra ad un sorriso che sembra una smorfia di dolore e singhiozza).

LUISA, CINZIA e SILVIO:  (si avicinano a Giacomo, commossi ed affettuosi).

GIACOMO:  (si passa una mano sugli occhi, guarda le dita umide di lacrime, le fa vedere agli altri, e con un nodo in gola dice sorridendo)Lacrime?... E’ naturale. Ridi, ridi, ridi, come il pagliaccio e… Ti vengono le lacrime agli occhi! (stringe a sé Luisa e Cinzia )

SILVIO:      (commosso, sincero e deciso)No, signor Travetti! Lei non andrà a chiedere scusa a nessuno, e tanto meno rimarrà disoccupato. Entro stasera sarà nominato capo contabile della FIBEM.  

GIACOMO:  (sorpreso)   Cos’è?

SILVIO:      FIBEM! Fabbrica Italiana Bevande Ernesto Mannucci. (Giacomo vorrebbe obiettare, ma Silvio prosegue)Mio padre sarà felicissimo di avere un collaboratore come lei. Del resto, io sono figlio unico, Cinzia pure. Sarà come se lei lavorasse nella ditta di sua figlia. (Giacomo scrolla negativamente il capo).

CINZIA:      (affettuosa)  Accetta, papà…

LUISA:        (affettuosa)  Sì, Giacomo… Fallo per noi, e soprattutto per te.

GIACOMO:  (è combattuto da tanti pensieri. Guarda i tre che gli fanno un sorriso affettuoso, per incoraggiarlo ad approvare. Sorride anch’egli, e sospira)  Ma sì… Passo alle gazzose!

GLI ALTRI: (insieme)– Bene!... Bravo!... Era ora!

GIACOMO(si avvia deciso a sinistra)

LUISA:        Dove vai?

GIACOMO: (cordialmente maligno) Dal cavalier dottor Bertelli, mio ex-capo                    ufficio…(dispettoso) a dirgliene altre quattro.

(si dirige verso il proscenio) Se dis quel proverbio?

FAI IL BENE E BUTTALO A MARE, PENSERA’ IL SIGNORE A FARLO

RIEMERGERE

FINE