Il pescatore di balene

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IL PESCATORE DI BALENE

Commedia in tre atti

di CARLO VENEZIANI

PERSONAGGI

LUIGI

ALIA

EDO

VAN­NI

FIRMINIA

GUELFA SORIS

Da noi, di questi tempi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Salotto con due porte: una a destra, comune in fondo. Ammobigliamento antiquato ma non privo di eleganza: tutt'intorno cimeli e ricordi di viaggi, esplorazioni, caccia grossa. E' mattina. (Firminia entra dal fondo, quindi Guelfa, ultimo Vanni).

Firminia                         - Sì, sì, venga avanti, per conto mie venga pure avanti e si accomodi. Favorisca anche lei, signor Vanni, può stare di qua, diamine, lei è l'amico.

Guelfa                           - E io no?

Firminia                         - Lei è l'amica, è un'altra cosa.

Guelfa                           - Come sarebbe a dire, un'altra cosa?

Vanni                            - Io sono amico con l'«o», lei è amica con l'« a ».

Guelfa                           - Certe sottigliezze! La parola è uguale.

Vanni                            - La parola! Ma il genere d'amicizia è differente.

Guelfa                           - Be', insomma, il vostro padrone c'è o non c'è?

Firminia                         - Perché dice « padrone »? Usava una volta-Dica « il signore », è più giusto.

Guelfa                           - E va bene: il signore c'è?

Firminia                         - No, signorina, non c'è.

Guelfa                           - E non potevate farvi uscire il fiato prima?

Vanni                            - Però ci dev'essere, Firminia, guardate bene.

Firminia                         - No, signore, ancora non c'è.

Guelfa                           - Quando mai Luigi è fuori di casa alla mattina?

Vanni                            - E poi ha un appuntamento con me, mi ha detto di venire alle undici.

Firminia                         - Sarà benissimo, ma non è la prima volta che fa così.

Guelfa                           - E allora dev'essere uscito da poco.

Firminia                         - Io non ho mica detto che sia uscito, ho detto solo che non c'è: ma per essere in casa, c'è.

Guelfa                           - E dunque, perché dite di no?

Firminia                         - Perché è come se non ci fosse, dal mo­mento che dorme profondamente.

Vanni                            - Ma come dorme, se mi ha telefonato or ora invitandomi a colazione?

Firminia                         - Colazione? Impossibile, non ha dato nes­sun ordine. Guardi che non dev'essere stato lui, sa?

Guelfa                           - Ha telefonato anche a me la stessa cosa.

Firminia                         - Colazione anche lei? Ma dunque vuol fare un banchetto!

Guelfa                           - Fa quello che crede, è il padrone... cioè, diciamo che è il signore, per amor di Dio!

Firminia                         - Ma se non ha suonato ancora per il caffè, il .bagno, il giornale...

Vanni                            - Vuol dire che ha telefonato a noialtri prima di chiamare voi.

Firminia                         - Lor signori gli portano il caffè, forse? Gli approntano la vasca, i vestiti? Sono io che conosco le sue abitudini!

Vanni                            - Fate conto che per oggi abbia cambiato abitudini!

Firminia                         - Allora è segno che sta male e si telefona subito al medico.

Vanni                            - Ma se sta benissimo, ve lo garantisco io, Firminia, stanotte abbiamo giocato insieme fino alle quattro.

Firminia                         - E' lei, dunque, che lo fa rincasare all'alba?

Vanni                            - No, è lui che non lascia mai le carte!

Firminia                         - Ma lei ch'è un amico e non un'amica, dovrebbe trattenerlo dal giuoco, non fargli perdere denari continuamente.

Vanni                            - Se mi vuota le tasche tutte le sere... E me le rompe anche!

Guelfa                           - Certo che, però, passare le notti al tavolo da giuoco non è l'ideale per la salute.

Vanni                            - Ha salute da poterne regalare.

Firminia                         - (sogguardando Guelfa) Purché non ne regali troppa...

Guelfa                           - Che vorreste dire, voi?

Vanni                            - Niente, non ci badi, signorina! Luigi fa be­nissimo! Sarebbe idiota avere una bella macchina da corsa e... andar piano come fosse in biroccio.

Guelfa                           - E' sempre così delicato anche lei nelle sue immagini?

Vanni                            - Ho parlato senza malizia, signorina, creda: io voglio bene a Luigi, e quindi voglio bene anche a lei.

Guelfa                           - Ah, è una conseguenza?

Vanni                            - Non lo nego, perché io approvo sempre la scelta delle donne che fa il mio vecchio camerata. Una volta sola che non l'approvai, stavo per rimetterci la pelle.

Guelfa                           - Perché lui era furente?

Vanni                            - No, perché lei era un'antropofaga.

Guelfa                           - Alla larga! Ma dove diavolo stavate?

Vanni                            - Alle isole Figi, per un carico di coralli.

Firminia                         - Nemmeno i coralli hanno lasciato stare!

Vanni                            - Coralli, foche, coccodrilli... Io e Luigi, sempre insieme : compagni al Liceo, studi classici, poi ser­vizio militare e infine via per il mondo, tranne la paren­tesi della guerra.

Firminia                         - Quando si nasce vagabondi...

Vanni                            - C'è chi a vent'anni si caccia dietro le donne, noi ci cacciammo dietro i coccodrilli.

Firminia                         - Con uguale soddisfazione?

Vanni                            - Con diversa soddisfazione, ma con poca differenza.

Guelfa                           - E che ne facevate, poi?

Vanni                            - Li vendevamo.

Firminia                         - Bella riuscita, fare gli studi classici per vendere coccodrilli!

Guelfa                           - E come li vendevano, a peso?

Firminia                         - A metri!

Vanni                            - Ma no, noi vendevamo la pelle, si capisce. Però i coccodrilli erano un diversivo dei climi torridi; la nostra caccia maggiore era nei mari del Nord, alle balene.

Guelfa                           - Non erano preferibili le sogliole?

Vanni                            - Mah! Da ragazzi leggevamo certi libri cu­riosi su la caccia alle balene, ci infiammavano lo spirito: i branchi, i fanoni, le baleniere... Quando fummo pa­droni di noi stessi, ci offrimmo a certi armatori irlan­desi e via per le zone glaciali. Abbiamo nuotato per anni nel grasso di balena. Oh, se ne abbiamo prese!

Firminia                         - Era meglio prendere una laurea all'Uni­versità.

Vanni                            - E il piacere del pericolo dove lo mettete?

Firminia                         - Per il gran pericolo che si corre dietro alle balene.

Vanni                            - Altro che, se s'inferociscono! Un colpo- di coda rovescia un veliero. Una volta il rischio della pel­laccia io l'ho corso.

Guelfa                           - E allora perché non lasciarle stare, povere bestiole?

Vanni                            - Perché ogni povera bestiola di quelle rende un macchietto di bigliettoni da mille, cara signorina. E unendo l'utile al dilettevole, dopo più d'un quarto di secolo in movimento, ora io e Luigi ci permettiamo il lusso di riposare, facendo...

Guelfa                           - ... facendo i pescicani...

Firminia                         - ...a spese delle balene! Bella roba!

Vanni                            - Ognuno pesca quello che può, a questo mondo, ed è sempre meglio pescare anzi che essere pe­scati.

Guelfa                           - Ecco il campanello, è lui che chiama!

Firminia                         - Alle undici e un quarto, vede? Se non è poltroneria questa...

Vanni                            - Sì, però non fatelo aspettare.

Firminia                         - Oh, tra il caffè, il bagno e la barba, prima di un'ora non sarà pronto.

Guelfa                           - E sia, ma correte!

Vanni                            - Se no s'infuria...

Guelfa                           - E ditegli che ci siamo noi.

Firminia                         - Già, così se lo vedranno presentare qui in pigiama gualcito, capelli arruffati, barba lunga...

(Luigi viene da destra).

Luigi                             - Ti sbagli, vecchia bacucca, perché io ho fatto lutto senza di te!

Vanni                            - Eccolo qui!

Guelfa                           - Buongiorno, Luigi!

Firminia                         - Vestito? Ma è la fine del mondo!

Luigi                             - (salutando Guelfa e Vanni) Come state? Questa talpa antidiluviana un'ora fa russava in camera sua e non ha sentito neppure una delle mie scampanellate, allora mi sono alzato, sono andato in bagno, in cucina...

Firminia                         - Oh, Signore, chissà quale disastro!

Luigi                             - Ho sbrigato tutto con la servetta, più svelta e più ordinata: eccomi qua!

Firminia                         - Se sono in piedi dalle sette, io.

Luigi                             - Può darsi, ma tu dormi anche in piedi.

Firminia                         - Non è vero, me lo ha fatto per dispetto. Era così anche da bambino, dispettoso come una scimmia.

Guelfa                           - Ma come, ti conosce da bambino?

Luigi                             - Sua madre era la donna di fiducia in casa mia, le volevamo bene...

Firminia                         - A mia madre sì, ma con me lui è stato sempre cattivo.

Luigi                             - Se ti regalavo i cioccolatini.

Firminia                         - Mettendoci dentro il sale inglese.

Luigi                             - Ti correggevo i compiti, alle elementari.

Firminia                         - E avevo sempre zero!

Vanni                            - Be', per questo, anche lui...

Luigi                             - Va, va a chiudere i rubinetti, di là, che li ho lasciati aperti e ormai dev'esserci il lago.

Firminia                         - Misericordia! (Corre via a destra).

Luigi                             - Naturalmente non è vero, ma ogni tanto bi­sogna lasciarla credere che lei salva la casa.

Guelfa                           - E invece la scompiglia! La sento sempre litigare con la servetta, con l'autista...

Luigi                             - Ognuno ha i propri disastri, cara! Io ho Fir­minia governante, Vanni ha l'acido urico, tu guidi l'au­tomobile...

Vanni                            - Per tua norma, io non ho niente, e se tu ti fossi ammogliato, a quest'ora...

Luigi                             - A quest'ora avrei una Santippe obesa asma­tica e gelosa!

Vanni                            - Ma forse avresti anche dei figli!

Luigi                             - Sarebbero tutti riusciti male: chi in prigio­ne, chi latitante...

Guelfa                           - Li avresti educati tu?

Luigi                             - Ti pare che dei figli miei sopporterebbero un'educazione?

Vanni                            - Perché no? Non tutti i figli prendono dal padre!

Luigi                             - Perciò tu sei nato da una persona per bene, vecchio filibustiere! E tu, piccola saetta, di che ti la­menti? Visto che sono scapolo, la mia modesta rendita è in conto corrente con le tue grazie, no?

Guelfa                           - Però non vuoi che facciamo casa assieme.

Luigi                             - Ah, no, domicilio libero, non domicilio coatto!

Vanni                            - Già, meglio solo che...

Guelfa                           - (con ira) Cosa dice, lei?

Vanni                            - (umile) No, non io... Luigi dice che... a vi­ver solo non si hanno noie...

Luigi                             - E si prolunga un'apparenza di giovinezza che...

Vanni                            - Ancora giovinezza? Perché non dici addirit­tura pubertà?

Luigi                             - Perché io sono nella mezza stagione.

Vanni                            - Tu sei stagionato da un pezzo, come me.

Luigi                             - Evvia, sol perché sono suonati i cinquanta?

Vanni                            - Siamo suonati noi, altro che i cinquanta!

Luigi                             - (a Guelfa) Ecco, lui mastica amaro per in­vidia: osserva la differenza tra lui e me, io libero e solo, lui con moglie e una figlia maritata che ha già tre marmocchi.

Guelfa                           - Come, lei è nonno?

Luigi                             - Tre volte. Guardagli in tasca, avrà almeno un balocco per i nipotini... (Gli infila la mano in tasca e ne trae un pacchetto). Vedi? Ogni giorno qualcosa: oggi porta le caramelle.

Vanni                            - E questo ti fa ridere? Se sapessi che gioia.

Luigi                             - Le caramelle? Lo credo. Tieni, cara! (ree offre a Guelfa, poi rimette il pacchetto in tasca a Vanni). Ogni anno lui aveva bisogno di due o tre mesi in fa­miglia. Eravamo in capo al mondo e lui piagnucolava: «Mia figlia... Mia moglie... Chissà come stanno...». Te­legrammi costosi, lettere che non arrivavano mai... E io tranquillo!

Vanni                            - Però quando mi salvasti dalle mascelle dell'orca, dicesti che lo avevi fatto appunto per la mia fa­miglia.

Luigi                             - Sicuro, non volevo liberarla da quel castigo di Dio che sei tu!

Guelfa                           - Perché sei andato a salvargli la vita?

Luigi                             - Cosa vuoi, una sciocchezza di quindici anni fa, me ne sono tanto pentito!

Guelfa                           - E dove fu?

Vanni                            - Vicino a Baffin, si gettò in acqua...

Luigi                             - Per fare un bagno.

Vanni                            - Sì, tra i ghiacci e con la baia piena di ce­tacei! Io ero caduto, azzannato da un'orca maledetta... Una sua coltellata la sventrò a tempo.

Luigi                             - Non è vero, fu l'orca che si suicidò.

Vanni                            - Va là, che te la vedesti malaccio anche tu, vecchio suino!

Luigi                             - Ah, senti, passi per il suino, ma vecchio no!

Guelfa                           - Lascia andare, dovresti offenderti se te lo dicessi io!

Luigi                             - E' vero, però lo puniremo conducendolo a mangiare sopra la Montanina: andremo con la macchina ma facendo a piedi l'ultima rampa. Sentirai che sbuffa-menti, l'amico!

Vanni                            - Tu? Arriveresti tu con la lingua penzoloni. Peccato che io non possa venire.

Luigi                             - Fai male, perché il conto lo pagherò con i denari tuoi. (A Guelfa) Stanotte li ho spogliati tutti; prima perché al circolo sono una massa di schiappe, e poi perché tu m'ingannavi.

Guelfa                           - Io? Sei matto?

Luigi                             - Posso chiedere alle stelle di splendere sola­mente per me, o alle rose di olezzare solo per il mio naso? Tu sei una stella, una rosa...

Guelfa                           - Ma neanche per sogno, non farmi il geloso, adesso!

Luigi                             - Geloso io! Cara la mia piccola saetta, tu per me sei un soffio di primavera in casa dell'autunno, il grappolo di glicine alla finestra dell'anima mia, l'orna­mento, il gioiello...

Guelfa                           - Oh, ma ti accorgi che mi dai dell'oca?

Luigi                             - E' la tua migliore qualità!

Guelfa                           - S'impara a essere così gentili praticando con le orche?

Luigi                             - Sai, qualche cosa s'impara sempre: anche di quelle è meglio non fidarsi...

Guelfa                           - (infuriandosi) « Anche », eh? E che cosa vuoi sottintendere con « anche »?

Vanni                            - Oh... oh... dico! Volete finirla?... Le oche... le orche... Ma dove siamo? I vostri abbandoni amorosi eccedono... Aspettate almeno che io me ne vada...

Luigi                             - Stai qua, che oggi ho un programma allegro per tutta la giornata! Su, vieni alla Montanina.

Guelfa                           - A proposito, per salire fin lì, mi ci vuole un mantello, un golf...

 Luigi                            - Passeremo con la macchina da casa tua. (A Vanni) E tu non fare il difficile.

Vanni                            - E va bene! Io avevo un mezzo impegno, ma non importa, vengo per evitare che voi due vi sbraniate, e poi voglio battere quel vanitoso in salita. Però avverto prima mia figlia...

Luigi                             - Puoi telefonarle.

Vanni                            - No, è meglio che io arrivi là un minuto. Sai, i bambini...

Luigi                             - Aspettano le caramelle del nonno, ho capito.

Vanni                            - Insisti col nonno? Be', io me ne vanto: sì sono nonno, e tu no, poveretto!

Guelfa                           - Attaccate voi due adesso? Andiamo, sarà meglio che vada a casa anch'io, per non farvi poi atten­dere troppo in macchina.

Luigi                             - Senti, e se invitassimo anche la tua amica Cloe?

Vanni                            - La cantante?

Luigi                             - Vedi come fa gola a quel sornione?

Guelfa                           - Le piace la cantante?

Vanni                            - Quando sta zitta.

Guelfa                           - Cloe verrebbe con entusiasmo, faremmo partita in quattro.

Luigi                             - Allora via di corsa, vi aspetto qui tutt'e due!

                                      - (Firminia viene da destra).

Firminia                         - (dirigendosi verso il fondo) Hanno suo­nato.

Luigi                             - A me lo dici?

Firminia                         - Per dimostrarle che io sento quando uno suona sul serio, non quand'uno sogna d'aver suonato!

Luigi                             - Va, va, méttiti una borsa di ghiaccio in testa e accompagna anche questi signori. Fila!

Firminia                         - Favoriscano.

Vanni                            - A rivederci tra poco, dunque.

Guelfa                           - Mezz'oretta, non di più. Intanto invita Cloe.

Luigi                             - Le telefono subito. A più tardi. Ciao, nonno!

Vanni                            - Ciao, bebé! (Via dal fondo, con Guelfa e Firminia).

Luigi                             - (telefona) Pronto? Prego, la signorina Cloe? Ah, è lei? Buongiorno. Sì, sono io. Cosa? Si prepara per lo spettacolo suo? Quale sarebbe? Ah, stamattina... E' la sua serata d'onore? Sì, voglio dire stasera... Quindi è impegnata? Già, capisco, innanzi all'onore... Solo per questa sera, sicuro! Gli altri giorni niente? Ah, è meno occupata, già. Ma certo che stasera saremo in teatro: fisserò un palco. Intanto a un pranzetto con noi, su alla Montanina, può venire? Tra mezz'ora passiamo a pren­derla. Oh, sì, c'è anche lui... Birichina, le piace il merlo, eh? Allora a rivederci tra poco (lascia l'apparecchio).

                                      - (Firminia è tornata dal fondo).

Firminia                         - (è entrata mentre Luigi parlava, ha messo un biglietto da visita su d'un tavolino e aspetta la fine della telefonata, poi dice) Ci sono due.

Luigi                             - Due che?

Firminia                         - Due che aspettano.

Luigi                             - Va bene, ma sono...

Firminia                         - In anticamera.

Luigi                             - Dico sono due cani, due carabinieri, due...

Firminia                         - Due persone.

Luigi                             - Due uomini?

Firminia                         - D'ambo i sessi.

Luigi                             - E non hanno un biglietto da visita?

Firminia                         - E' lì da un pezzo.

Luigi                             - Potevi dirlo, no? (lo prende e legge) Dot­tor Edo Arago...

Firminia                         - E signora.

Luigi                             - Li conosci?

Firminia                         - Mai visti!

Luigi                             - Cosa vogliono?

Firminia                         - Non mi hanno fatto le loro confidenze.

Luigi                             - Allora si tratta di persone serie, falle passare.

Firminia                         - Finalmente! (Va via dal fondo).

Luigi                             - (guardando l'orologio) Purché non mi sec­chino a lungo!

(Edo e Alia entrano dal fondo).

Edo                               - Permesso?

Luigi                             - Avanti!

Alia                               - Buongiorno, signore!

Luigi                             - (indica il divano) Prego.

Alia e Edo                     - Grazie! (Seggono, osservano fissamente Luigi e tacciono impacciati).

Luigi                             - Be', a che cosa debbo il piacere?

Edo                               - (a Alia) Tu credi che...?

Alia                               - (esaminando ancora Luigi) Mah! Che ne dici tu?

Edo                               - Bisognerebbe spiegargli...

Alia                               - Se vuoi, parlo io.

Edo                               - No, sarà meglio dire francamente...

Luigi                             - Ecco, appunto, mi dicano francamente in che posso servirli!

Edo                               - Servirmi? No, per carità! Anzi, sono io che...

Alia                               - Tu sei troppo emozionato, Edo, parlo io.

Edo                               - Purché tu sappia trovare le parole adatte.

Luigi                             - Mio Dio, non verranno mica ad annunziarmi una disgrazia?

Edo                               - No, tutt'altro.

Alia                               - Cioè, forse... potrebbe anch'essere...

Edo                               - Secondo i punti di vista, ecco!

Alia                               - O meglio, dipenderà dalle conseguenze.

Luigi                             - E allora, su, animo, fuori il motivo della loro visita!

Edo                               - Ecco: incominciamo da trent'anni fa, signore.

Luigi                             - Trent'anni? Come la prende lontana, lei!

Edo                               - Le dispiace?

Luigi                             - No, ma... non può lare qualcosa di meno?

Edo                               - Sa, le date sono quelle...

Luigi                             - Pazienza, meglio trent'anni che un secolo! Andiamo avanti.

Alia                               - DE' perché trent'anni fa lei era a Perugia.

Luigi                             - Perugia? (Ricordando) Perugia... Perugia... Sì, infatti, trent'anni, dunque nel millenovecento e... Già, sicuro, Perugia... Fu nell'anno di volontariato... Esercizi di tiri... Mucchi di debiti... Ne ho forse lasciato qual­cuno insoddisfatto?

Edo                               - Oh, no, non è per questo...

Luigi                             - Meno male!

Alia                               - Ma avrà qualche altro ricordo di Perugia, spero!

Luigi                             - Come no? Innanzi tutto ci sono delle belle figliole... Lei è forse di Perugia?

Alia                               - No.

Luigi                             - Deliziosa!

Alia                               - Chi?

Luigi                             - La città.

Edo                               - Già, ce l'hanno detto.

Luigi                             - Non la conoscono?

Edo                               - Per niente.

Alia                               - Ma forse nelle vacanze ci andremo.

Luigi                             - Buon viaggio! Però trent'anni fa io stetti an­che a Cremona, a Padova...

Edo                               - A noi interessa solamente Perugia.

Luigi                             - Perdonino: sono addetti alla propaganda tu­ristica, loro?

Edo                               - Oh, no, signore!

Luigi                             - E perché vengono a parlare di Perugia, di viaggi...?

Alia                               - (a Edo) Giusto, bisogna precisare.

Edo                               - E' quel che faccio, ma...

Alia                               - (decisa, a Luigi) Lei a Perugia non ebbe un amore?

Edo                               - Aspetta, Alia, tu precipiti!

Alia                               - Lasciami venire al fatto, se no stiamo qui fino a demani senza capirci!

Edo                               - Ma con un certo tatto, benedetta donna! (A Luigi, come presentandola adesso) La mia signora.

Luigi                             - Felicissimo!

Alia                               - Dunque, se lo ricorda lei l'amore di Perugia?

Luigi                             - Ah, ci sono! Loro forse scrivono delle biografie?

Alia                               - Nemmeno per idea!

Luigi                             - E allora proprio non vedo perché dovrei mettermi a ricordare oggi...

Edo                               - Siamo qui per questo, sa?

Alia                               - E' indispensabile che lei...

Luigi                             - E va bene, se è indispensabile, mi lasci pen­sare un po', perché se domandassero a lei un fatterello qualunque di trent'anni fa...

Alia                               - Non è lo stesso, scusi! Prima di tutto perché trent'anni fa io ero ancora da nascere...

Luigi                             - Già, perdoni!

Alia                               - E poi me lo chiama un fatterello qualunque, lei, un amore « immenso come l'universo... ».

Edo                               - « „. e infinito come il tempo... ».

Alia                               - « ... dovunque io sia, nel mio cuore non ri­marrai che tu! ». Ma sa che delle frasi cosi belle non le ha scritte nemmeno mio marito a me, prima di sposarci?

Luigi                             - E' una cosa verosimile, ma...

Alia                               - Parole sue, lettere...

Edo                               - ...di suo pugno, immagino. (Tira fuori delle vecchie lettere). Riconosce almeno la scrittura?

Luigi                             - (osserva le lettere) Sì, non c'è dubbio, è la calligrafia fantasiosa che avevo in quel tempo. Usava così: le «t» col taglio lungo, l'« s » con la coda...

Alia                               - Ce l'ha ancora?

Luigi                             - Cosa?

Alia                               - Lei ce l'ha ancora nella memoria la... diciamo la fanciulla di Perugia, l'innamorata...

Luigi                             - (con tenerezza) Ma sì, certo, Leontina...

Edo                               - Leontina, appunto! E ce n'è voluto prima che io potessi avere in mano questi documenti!

Luigi                             - (brusco) E perché lei va indagando nel mio passato? Non c'è niente di equivoco, sa?, e lei sbaglia se crede di potermi...

Edo                               - (interrompe vivamente) Ma no, non s'inalberi, io non credo niente di ciò che lei sospetta!

Alia                               - E' tutt'altra cosa, glielo assicuro; la prego di ricordare... Dunque, diceva, Leontina...

Luigi                             - Leontina Faranta... la piccola bruna con gli occhi viola... A Porta Sant'Angelo... (Le serenate... Due vasi addosso... Che bei ricordi!

Edo                               - (a Alia) Si commuove.

Alia                               - Taci!

Luigi                             - Ora, naturalmente, sarà avanti negli anni an­che lei... Forse è più bianca che bruna... Cara Leontina, s'è ricordata di me? E vi ha mandati lei a salutarmi?

Edo                               - Non l'abbiamo mai conosciuta.

Luigi                             - Ma non conoscono niente, loro! Perugia no, Leontina no...

Edo                               - Stiamo appunto chiarendo tutto questo, per cui la prego ancora, non si dispiaccia di rievocare quel tempo: lei parti dopo qualche mese, vero?

Luigi                             - Naturalmente, che restavo a fare a Perugia? Finito il servizio...

Alia                               - Troncò presto la corrispondenza con la signo­rina?

Luigi                             - Sì, credo, ma non ricordo bene.

Alia                               - L'ha amata proprio, lei? Non è stata un'av­ventura così...

Luigi                             - Ah, questo no! Ho avuto molti fuochi fatui, ma Leontina è stata una delle mie poche vere fiamme.

Alia                               - (fissandolo) E lo sa d'averla lasciata incinta?

Luigi                             - (sobbalza) Eh?

Edo                               - (a Alia) Vedi che non lo sapeva?

Luigi                             - Leontina incinta?

Alia                               - . Sì, non si meravigli tanto, è un fenomeno che capita...

Luigi                             - E io l'avrei...?

Alia                               - Eh, no, non tenti di negare, ora! I seduttori di professione sono subito pronti a smentire...

Luigi                             - Macché seduttore, cosa dice lei!

Alia                               - Dico che lei non può negare ne dimenticare un fatto simile.

Luigi                             - Ma non posso nemmeno ricordarlo, se non Io sapevo!

Edo                               - Ed è quello che io sospettavo.

Luigi                             - D'altronde, quando partii le promisi che sa­rei tornato, questo sì, perché era pura, non c'è che dire, marca oro, diciotto carati, e di buona famiglia. Ma dopo il congedo mi tuffai nella vita rischiosa, una spedi­zione mi sbalzò oltre lo Spitzberg... Allora non c'erano mica le comunicazioni d'adesso. Trent'anni fa! Poi due inverni trascorsi in Groenlandia... Quando tornai in Italia, sì, volevo rivedere anche Leontina, ma e... se avesse già preso marito? E se fosse - chissà - con qualche amante? Certi ricordi sono come creditori ar­rabbiati, meglio scantonare!

Alia                               - (con tono predicatorio) Bel modo di ragio­nare, il suo! Già, è la logica del maschio. Ma quando si è abusato di una fanciulla...

Luigi                             - Macché abusato, faccia il piacere! Eravamo innamorati come due gatti.

Alia                               - E non ha pensato, lei, che i gatti sono pro­lifici?

Edo                               - Alia, ti prego!

Alia                               - Sì, insomma, lei non si è domandato le con­seguenze, almeno per curiosità?

Edo                               - Non voglio codesto tono, Alia, non te lo per­metto!

Luigi                             - Ma signora, lei non verrà mica a parlarmi di un bambino, dopo trent'anni!

Edo                               - Come no? E io chi sono?

Luigi                             - Eh? Lei? Chi è lei?

Alia                               - Il figlio dell'amore, se non le dispiace!

Luigi                             - Ma va, sarebbe da ridere!

Edo                               - Sarebbe, però non è! Capisco che la cosa è un po' strana, e la prego di perdonare il linguaggio di mia moglie, è una buona figliola, ma ha il temperamento melodrammatico, purtroppo! Ama le frasi grosse: «il figlio dell'amore », la « logica del maschio»... Parole! La verità è più semplice, direi quasi che è comune, e non fa mica ridere.

Luigi                             - Ma si... vedo, intuisco la situazione: la povera sedotta abbandonata dal più seduttore di professio­ne, ecc. ecc.. Poi, dopo trent'anni, il figlio senza padre va a chiedere conto al padre senza figlio.

Edo                               - No, signore, io non chiedo nessun conto. Sono un uomo anch'io e so... lo vengo soltanto a dirle che lei è mio padre: se la notizia l'interessa, ci abbraccia­mo, e se no... tanto piacere di averla conosciuta, scusi il disturbo e addio! Andiamo, Alia!

Luigi                             - Evvia, non s'infuri! Non può mica andar­sene così, ora; aspetti, ragioniamo, cerchiamo di veder chiaro...

Alia                               - Capirà che prima di venir da lei, abbiamo voluto noi veder chiarissimo dappertutto, e se ci siamo decisi al passo è perché...

Luigi                             - (interrompe) Scusi un momento, in che anno è nato lei?

Edo                               - Nel novecento e otto, a Foligno.

Luigi                             - Dunque non è mio' figlio!

Alia                               - No?

Luigi                             - Nel novecento e otto io ero allo Spitzberg, Leontina, l'ho amata nel novecentosette a Perugia e non a Foligno, quindi c'è un anno e un paese di differenza!

Edo                               - Un anno no: nove mesi, se fa bene il conto. Io nacqui in marzo, e a Foligno mia madre si era rifu­giata negli ultimi mesi. Ho i documenti precisi: fede di nascita, certificato dell'Ospizio...

Luigi                             - Quale Ospizio?

Alia                               - Orfanelli: la madre morì nel farlo...

Luigi                             - Oh, povera...

Alia                               - (interrompe) Non si commuova, sono passati trent'anni!

Luigi                             - C'è la prescrizione?

Alia                               - Sì, quindi lui fu messo all'Ospizio, ebbe il co­gnome della madre e crebbe così, senza pensarci mai...

Edo                               - Cioè, ci pensavo, ma non...

Alia                               - Ma non facevi niente per chiarire le tue origini. Fui io che quando ci sposammo...

Luigi                             - Ah, è lei che ha avuto l'idea?

Alla                               - Le idee giuste le ho sempre io!

Luigi                             - E come l'è venuta l'idea giusta, scusi?

Alia                               - Ma diamine, è un diritto di tutti sapere da chi si è nati! Io ho sposato Edo per amore e con or­goglio, perché è un uomo d'ingegno, s'è fatto da sé. Ma per qua! ragione doveva restare figlio d'ignoti? Niente affatto! Sa lei che quando si sembra figli di nes­suno, alle volte si può essere figli di tutti? Vi sono casi in cui si scopre che i genitori sono principi o chissà che roba. E poi anche lui ha avuto sempre la speranza di conoscere chi lo aveva messo al mondo, e quindi...

Edo                               - Su le indicazioni dell'Ospizio appurai chi fu mia madre, e dalle carte lasciate da lei ho potuto rin­tracciare mio padre.

Alia                               - Non è stato facile, perché lei... mio Dio, da un polo all'altro, chi poteva averne notizie?

Edo                               - Ieri finalmente abbiamo visto che lei è qui, che viviamo nella stessa città, forse ci siamo incontrati chissà quante volte...

Luigi                             - (disorientato) Già, già... non dico di no... tutto può esser vero, ma...

Edo                               - Ho le prove documentate d'ogni cosa, è viva ancora la zia Teresa...

Luigi                             - Teresa? La mia vicina? Quella in casa della quale-

Edo                               - Appunto quella! E' stata mia ospite, ha rac­contato tanti particolari...

Alia                               - Lei le lasciò un ritratto vestito da militare.

Edo                               - (glielo mostra) Eccolo.

Luigi                             - (osservandolo) E' innegabile, sono io for­mato gabinetto con dedica...

Alia                               - Quindi non vi possono essere equivoci.

Luigi                             - (contemplandosi nella fotografia) Ero un bel giovinotto allora... Marziale. (Esamina Edo) Sicché lei... Ma guarda un po', lei sarebbe mio figlio?

Edo                               - Evidentemente!

Luigi                             - Proprio figlio... così... rampollo, insomma?

Alia                               - Prole.

Luigi                             - Figlio dell'amore, come dice la... la melo­drammatica... E' strano, si dice figlio e si pensa a un... (fa un gesto per indicare un bebé) e invece eccolo lì... lungo lungo...

Edo                               - Cosa vuole, sono cresciuto.

Luigi                             - Mio figlio! E non è latitante, non ha con­danne, niente?

Alia                               - Cosa dice mai?

Luigi                             - Niente, scherzo! Ma naturalmente ora ne par­lerà il giornale, intervista, ritratto mio, suo... Poi, sic­come lui è senza lavoro, ha bisogno d'aiuti e quindi...

Alia                               - (scoppia a ridere) Ma no! Lei dubita ancora di noi?

Edo                               - Ci crede degl'imbroglioni che vengano a darle una stoccata?

Alia                               - (diventata subito solenne) Ebbene, signore, sappia che se in lei non vibra la paternità...

Edo                               - (turandole la bocca) No, Alia, ti prego, non venir fuori con un'altra frase grossa! (A Luigi) Io sono mortificatissimo, caro signor... padre più o meno noi non abbiamo bisogno di nulla.

Alia                               - Mi dispiace moltissimo, ma stiamo bene, grazie al cielo!

Edo                               - Nelle scuole mi sono guadagnate tutte le borse di studio possibili, fino a laurearmi dottore in chimica, sono alla testa d'una Società con vari milioni di capitale.

Luigi                             - Società di che cosa?

Edo                               - Fabbrica di carburante sintetico, il Benziol, studiato e creato da me.

Alia                               - E se proprio vuol saperlo, siamo stati noi a temere che suo padre fosse un bisognoso, un povero vecchio...

Luigi                             - Macché vecchio!

Alia                               - Con la barba bianca...

Luigi                             - La barba bianca non usa più da secoli!

Alia                               - E abbiamo voluto corrergli incontro perché trascorresse felice almeno i suoi ultimi anni.

Luigi                             - Ultimi un corno! Io sono appena ora un uomo maturo... Diciamo magari ben maturo, ma ho salute da vendere! Ho lavorato fino all'altro anno, ora ho messo da canto qualcosa, ho questa villa, ho quanto mi basta per godermi un poco la vita, ecco! Non potevo preve­dere che mi nascesse all'improvviso una prole. E fosse di un anno, passi, ma trenta così tutt'insieme... esagera!

Edo                               - Le giuro che non l'ho fatto apposta.

Luigi                             - Certo che è meglio averne trovato uno di trent'anni anzi che trenta di un anno, per esempio...

Alia                               - (quasi con un grido) Mio Dio, ora che vi os­servo entrambi vicini... Fermo così, Edo... Gli assomigli! Sì, sì, gli assomigli un poco... Non c'è dubbio, sei suo figlio, Edo. Lei è suo padre, signore!

Luigi                             - Sì, va bene, ho detto che ci credo, ma sa... andiamo piano! Io ora dovrei sentire tutti quei fenomeni che si raccontano... Il rimescolio della coscienza, la voce del sangue...

Edo                               - Non li sente, vero?

Luigi                             - Se debbo essere sincero, così da un minuto all'altro...

Edo                               - Non abbia paura di dirlo, perché non li sento nemmeno io.

Luigi                             - Ah, lo vede?

Alia                               - Ma siete curiosi tutt'e due! Vorreste già amarvi teneramente, quando dieci minuti fa non vi conoscevate neppure? Date tempo al tempo, cari miei!

Luigi                             - Certo che ora come ora... Si lasci guardare... Io debbo averlo il ritratto di Leontina, lo cercherò nelle mie carte, ma qualcosa in lei me la ricorda un poco... Però da questo a sentirmi di botto le viscere paterne, per me che non ci sono abituato, ci corre!

Alia                               - Ma dopo vedrà che anche lei si sentirà orgo­glioso di Edo, si vanterà d'essere suo padre; mio marito ha una posizione di prim'ordine e un grande avvenire.

Luigi                             - Non lo metto in dubbio, perché sono stato anch'io... sono ancora uno che... insomma, buon sangue non mente! E se egli fosse un bebé maneggevole, lo pren­derei su le ginocchia, ma così... dev'essere sui settanta chili...

Edo                               - Le dispiacerebbe d'abbracciarmi?

Luigi                             - Con gioia, caro, perché... sei anche un gio­vanottone simpatico: vieni qua! (gli apre le braccia).

Edo                               - (abbracciandolo commosso) Mi perdoni se non dico subito padre o babbo... papà... come si dice... perché mi sembrerebbe... così, di punto in bianco... E' ridicolo, no? Ma non le nascondo che una certa emozione...

Luigi                             - Sta zitto! (Ha un attimo di pausa, poi vince anche la propria incerta commozione) Ti... ti chiami Edo, eh?

Edo                               - Edoardo.

Luigi                             - (considerando Alia) E hai la tua brava mo­gliettina... tutta completa...

Edo                               - Da cinque anni.

Luigi                             - Quella che ha le idee...

Alia                               - Le idee giuste!

Luigi                             - Però non è mica di cattivo gusto!

Alia                               - Permette un abbraccio anche a me?

Luigi                             - Non ce lo voglio perdere! (l'abbraccia).

Edo                               - Pensa che venendo a conoscere tutta la tua atti­vità, la guerra e le avventure, pian piano la possibilità, d'essere della tua razza mi seduceva.

Luigi                             - Dottore in chimica, hai detto?

Edo                               - Laureato a Roma.

Luigi                             - E sai la mia professione?

Edo                               - Diamine, ti chiamano il pescatore di balene.

Luigi                             - Be', qualche volta ho pescato anche dei gran­chi. Ed è da molto che tu cerchi?

Edo                               - Sì, ma a furia dì lettere, e tu sai...

Alia                               - (con un altro grido) Ah, com'è bello, vi date già del tu!

Edo                               - E' vero... Chi ha cominciato?

Luigi                             - Non importa, è naturale! Finché non ci diamo altro che del tu, niente di grave... Dove abitate?

Alia                               - Fuori porta Sant'Eufemia, un'ala accanto allo stabilimento, al numero quattro.

Edo                               - Ora tu sai che la tua famiglia è lì...

Luigi                             - La mia...? Ma già, ora ho una famiglia... così, « a forfait »?

Alia                               - E verrai a trovarci, abbiamo tante cose da dire insieme.

Edo                               - Tante confidenze da farci.

Alia                               - Dobbiamo diventare intimi, no?

Edo                               - E riguadagnare il tempo perduto...

Luigi                             - (contemplando compiaciuto i due che gli sono vicini affettuosi e deferenti) To', ma non è mica brutto, poi, il ruolo di vecchio genitore!

Edo                               - (protestando) Vecchio tu?

Alia                               - Con quell'aspetto giovanile?

Luigi                             - (lusingato) Siete molto carini, voi... Ma non potremo fare la conoscenza tutta di corsa, bisognerà che io mi abitui all'idea d'avere un figlio...

Alia                               - Non hai mai avuto un piccolo?

Luigi                             - Sì, una volta, nel Senegal, mi sono cresciuto un piccolo ippopotamo... Ma non è lo stesso!

Alia                               - E poi, oltre all'idea d'un figlio, devi abituarti anche all'idea d'una nuora.

Luigi                             - Ah, già, perché infatti...

Alia                               - Sei mio suocero.

Luigi                             - Ah, no, suocero poi no!

Edo                               - Necessariamente! La famiglia che non hai fatta tu, l'ho fatta io...

Luigi                             - L'hai fatta per me?

Edo                               - No, per me, ma tu devi...

Luigi                             - Debbo accettarla come si trova?

Edo                               - Sei il nostro papà!

Luigi                             - (la parola papà gli fa subito pessima impres­sione) Io?... Già... è vero... Però papà non me lo sono mai sentito dire... e francamente...

Alia                               - Ma è appena il principio...

Luigi                             - (spaventato) Appena? Mi trovo già padre e suocero tutto in una volta, ed è appena il principio?

Alia                               - Avrai la gioia di sentirti chiamare nonno!

Luigi                             - (stupito e seccatissimo) Eh?Anch'io?

Edo                               - Non «anche» tu: tu solo.

Alia                               - Abbiamo due bambini.

Luigi                             - Di già?

Edo                               - Non sono nemmeno troppi due bambini in cinque anni.

Luigi                             - E magari già cresciuti, alti, grossi?

Alia                               - Oh, no, due pupi da mezzo metro!

Luigi                             - E' un bel fatto! E chissà come riderà quell'animale con le caramelle in tasca!

Alia                               - Chi?

Luigi                             - No, niente, è un guaio mio. E appresso non avete altro? Zie, nipoti, cugini?

Alia                               - Per il momento no, ma se non ti basta...

Luigi                             - Oh, per oggi ne ho a sufficienza!

Edo                               - Perdonaci... Capisco: abbiamo forse sconvolto la tua pace!

Luigi                             - No, non è questo...

Alia                               - Certo sei un po' disorientato, perché una fa­miglia si costruisce un pezzo alla volta...

Edo                               - E tu invece te la trovi bell'e fatta, con due ge­nerazioni.

Luigi                             - Ecco, forse me ne bastava una sola.

Alia                               - Però chissà che vita arida la tua, senza un affetto in casa, non è vero?

Edo                               - In fondo dovevi essere triste.

Luigi                             - Sì, sì... ma mica tanto!

Alia                               - Ora capisco perché giravi il mondo irrequieto e ti cacciavi in avventure!

Edo                               - Siamo in debito di molte tenerezze verso di te.

Luigi                             - (lasciandosi coccolare contento) Ma no...

Alia                               - Ci sdebiteremo, non dubitare!

Edo                               - Intanto abbandonerai questa casa solitaria...

Alia                               - Guarda come si vede che ci manca la mano d'una donna! Oggi te la riempio io di rose.

Edo                               - No, oggi ce lo portiamo a casa nostra, abbrac­cerà i nipotini, mangerà con noi...

Alia                               - Avremo cura di te, se hai una vittitazione speciale, devi dircelo: verdure, latte...

Luigi                             - (irritandosi un tantino) Ma no, che cura, che latte mi andate contando! Io sono più in gamba di voi e mangio bistecche così! E per questa mattina, mi di­spiace tanto, ma ho altri inviti, ci sono amici, donnine, la Montanina, poi stasera abbiamo l'onore... Io sono abi­tuato a essere libero, capirete... Si vive una volta sola...

Alia                               - (a Edo, un po' mortificata) Ha ragione, perché lui non ci aspettava...

Luigi                             - Aspettarvi? Ma tutto mi sarei aspettato al mondo, tranne una famiglia tra capo e collo, tutta mia, senza nemmeno il beneficio d'inventario! Sicché d'un tratto io non sono più solo ma sono capostipite, pater-familias... E perché? Perché trent'anni fa feci l'amore a Perugia... E' roba da matti! Se lo facevo a Viterbo era un'altra cosa!

Alia                               - (piccata, a Edo) Vedi? Te lo dicevo che veni­vamo a dargli un dispiacere! Ha una tale nomea di scavezzacollo...

Edo                               - Ma sei tu che eccedi nelle tue fisime!

Luigi                             - Non dite eresie, adesso! Ho un cuore e un cervello anch'io, soltanto bisogna che ora mi metta a ricordare se non ho avuto un amore anche a Trapani o a Pontelagoscuro!

Edo                               - Be', a dirla schietta, noi abbiamo voluto pre­sentarci a te, conoscerti, rivelarti la cosa...

Alia                               - Ci è parso doveroso...

Edo                               - Ora tu sai chi siamo noi, sai dove stiamo, quan­do ci vuoi...

Alia                               - Magari per curiosità, se vuoi visitarci...

Luigi                             - No, eh?, non parlate così, se no prendo un cappello e...

Edo e Alia                     - Ma no...

Luigi                             - Ma sì, prendo un cappello e... vengo con voi!

(Firminia, Vanni e Guelfa vengono dal fondo).

Firminia                         - Vengano avanti, è qui! (Vede Alia e Edo). To', ci sono ancora?

Vanni                            - Eccoci, Luigi, siamo pronti...

Guelfa                           - Cloe ti ha detto che viene?

Luigi                             - Perdonatemi un attimo, poi vi spiegherò...

Edo                               - No, ti lasciamo, non disturbarti per noi.

Firminia                         - (rivolta a Vanni) To', sono intimi?

Alia                               - Se hai degli impegni, noi ti aspettiamo a casa quando puoi.

Luigi                             - E va bene, allora facciamo così: domani...

Alia                               - Ma certo! A rivederci, papà!

Edo                               - Ciao, papà!

Guelfa                           - (stupefatta, a Vanni) Papà?

Vanni                            - (a Firminia) Papà?

Firminia                         - (sbalordita, a Vanni) Papà?

Luigi                             - (irritato) Sì, sì... è inutile fare quella faccia da mammalucchi! Sissignori, ecco mio figlio, mia nuora...

Firminia                         - (al colmo dello stupore) Nuora?

Guelfa                           - (a Luigi) Ma allora tu...

Vanni                            - (completando la domanda) Sei padre?

Luigi                             - Sicuro, sono papà, non senti? Sono suocero, hai capito? E sono anche nonno, io... Nonno! E non ne sapevo niente!

Firminia                         - (casca a sedere sempre più stupita) Nonno?

Guelfa                           - (vacilla irritata) Nonno?

Edo e Alia                     - (come chiarendo la parola) Già, nonno!

Vanni                            - (scoppia a ridere) Ah! ah! ah! è nonno!... E' nonno anche lui... ah! ah! ah!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Un salotto di stile completamente moderno, con due porte: a destra l’una, l'altra a sinistra, un Minestrone al centro. Mobili magari un po' stravaganti, una radio, ecc. Pomeriggio.

 (La radio suona; sopra un tavolo è deposto un vassoio con quattro tazze da caffè e varie bottiglie di liquori. Dopo qualche istante, da destra vengono chiacchierando Alia, Edo e Soris. Durante la conversazione che segue, Alia prende la caffettiera, riempie le tazze e serve il caffè, Edo offre i liquori e le sigarette).

Alia                               - Ma sì, il caffè prendiamolo in questa sala, l'ho fatto servire apposta qui perché Soris veda come va siste­mandosi il nostro genitore presso di noi.

Edo                               - (chiudendo la radio) Però lasciatemi chiudere la radio, è noiosa.

Alia                               - No, che Soris ama la musica, mi pare. (A So­ris) Caffè?

Soris                              - Grazie, signora Alia, ma la musica alla radio va gustata a piccole dosi...

Alia                               - (offrendo lo zucchero) Due o tre?

Soris                              - Due, ad abusarne urta i nervi.

Alia                               - La radio o il caffè?

Soris                              - Tutt'e due!

Edo                               - E' questo l'angolo in cui metterà l'apparecchio di televisione.

Soris                              - Modernità dappertutto, insomma.

Alia                               - E ancora non è finito. Siccome questo è il suo salotto, egli ci metterà tutti i suoi trofei di caccia, pesca e viaggi.

Edo                               - Ma intende disporli di sua mano, quando l'ap­partamentino sarà ultimato. Anisetta?

Soris                              - Whisky!

Edo                               - Uhm, bruciabudella!

Soris                              - Ma abita già qui, no?

Edo                               - Appena da qualche giorno.

Soris                              - (offre le sigarette a Alia) Morbide?

Alia                               - Grazie, sì. (Accendono insieme).

Edo                               - (guardando dalla finestra) Guardatelo lì, ora giuoca a nascondersi con i bambini.

Soris                              - E' sempre così dinamico e irrequieto?

Alia                               - Incredibile, dopo quel po' po' di vita che ha fatto!

Edo                               - Dice che fin da ragazzo ebbe uno sconfinato bisogno di libertà.

Alia                               - Però il mese scorso, quando bebé s'è amma­lato, lui gli è stato al capezzale e non s'è mosso per due settimane.

Edo                               - S'è deciso allora, finalmente, a venir di casa con noi. Ha chiuso la villetta presso il parco, anzi credo che voglia affittarla come si trova.

Soris                              - E credete che si adatterà alla vita familiare?

Alia                               - Perché no? Qui riceve ugualmente i suoi amici...

Soris                              - E le sue amiche?

Alia                               - Anche, e non se ne fa mancare, sa?

Edo                               - S'è portati qui il suo autista, la sua go­vernante...

Alia                               - (guarda a destra) To', eccolo che arriva!

Soris                              - (guardando anche lui) E non c'è che dire, è proprio un giovinotto! (Luigi viene da destra).

Luigi                             - Vi avverto che i vostri marmocchi divente­ranno due delinquenti, perché voi non li sapete educare. Se lasciaste fare a me...

Alia                               - Chissà che raffinatezza!

Luigi                             - Non ti fidi?

Alia                               - Come no? Hai già allevato un ippopotamo...

Luigi                             - Per lo meno gli ho insegnato a tacere, invece questi monelli... Figuratevi che quando li rifornisco di dolci acconsentono a chiamarmi zio, zietto; ma appena mi allontano, si nascondono e strillano : « Nonno, nonnone »!

Soris                              - Tutto sommato non ammettono la menzogna.

Luigi                             - Ecco il pericolo! S'incomincia con la brutale verità e si finisce in galera.

Soris                              - Nientemeno!

Luigi                             - E siccome ho sempre pensato che i miei di­scendenti andranno tutti al bagno penale... Edo e

Alia                               - (protestando) Oh! Oh!

Soris                              - (ridendo) Auguri, Edo!

Luigi                             - Macché, per lui non c'è più speranza, ha sba­gliato carriera!

Alia                               - Meno male!

Luigi                             - Be', ma in questa casa non si prende un caffè dopo pranzo?

Edo                               - Tu dovresti farne a meno, perché la caffeina...

Luigi                             - Non ricominciare con la caffeina e la Caterina! Sono tutti così pedanti i dottori in chimica?

Alia                               - Vuoi una camomilla?

Luigi                             - Ottima per fare i capelli biondi! Qua caffè, liquori, sigarette, e se c'è altro, avanti!

Soris                              - (gli presenta il portasigarette) Prego.

Edo                               - (offrendogliene un altro) Vuoi queste?

Luigi                             - Cosa sono?

Edo                               - Sigarette di stramonio, per l'asma...

Luigi                             - Ma va all'inferno!

Alia                               - (presentandogli la tazza) Come lo vuoi?

Luigi                             - Bevibile!

Soris                              - (ride) Povero signor Luigi, qui vogliono usarle tutte insieme le attenzioni che non hanno potuto usarle in tanti anni.

Luigi                             - E' un'idea fissa, mi credono centenario, re Lear... Edo e

Alia                               - Ma no, papà!

Luigi                             - Ecco, anche quel sentirmi dire papà tutti i momenti, mi dà l'impressione che parlino con un altro.

Alia                               - Vuoi che ti diciamo « signor Luigi » anche noi?

Luigi                             - Non sarà bello, ma mi sembra più a posto. Perché in fin dei conti, io sono un padre improvvisato, non ho fatto il tirocinio, e quindi tanti riguardi non mi spettano.

Soris                              - Evvia!

Luigi                             - No, non mi spettano! E quel papà mi pare un titolo onorifico, come gran cordone o gran pascià.

Soris                              - Lei può anche ricevere un titolo onorifico.

Luigi                             - Ma dovrei meritarmelo!

Edo                               - Se credi che i titoli si diano soltanto a chi li merita...

Alia                               - In altri termini, tu quasi metti in dubbio la tua paternità?

Luigi                             - Non metto in dubbio niente, io!

Soris                              - Non sarebbe poi tanto strano. «Pater semper incertus », dicevano i Romani.

Luigi                             - I Romani non conoscevano l'istinto delle balene.

Alia                               - Ci siamo con le balene, per lui sono il modello del saper vivere.

Luigi                             - Sotto certi aspetti, sì!

Edo                               - Be', sentiamo che istinto hanno?

Luigi                             - Quello della famiglia.

Soris                              - Come molti altri animali assai meno grossi.

Luigi                             - Sì, ma quei mastodontici bestioni già prima di unirsi si frequentano un poco, sott'acqua.

Alia                               - O bella, hanno il periodo di fidanzamento?

Luigi                             - Ed è la femmina che incomincia gli approcci.

Alia                               - (ridendo) La balena fa l'occhio di triglia al baleno.

Luigi                             - Il quale prima si lascia pregare, poi ade­risce e non prende mai più di due o tre mogli, al massimo.

Soris                              - E' discreto davvero!

Luigi                             - Il figlio che nasce, segue la madre... Se la madre muore, è pescata o si perde, il figlio cerca il padre-

Edo                               - Affronta la ricerca della paternità!

Soris                              - E lo trova?

Luigi                             - Sempre, regolarmente.

Alia                               - E come fa a individuarlo, fra tanti?

Luigi                             - E' guidato dall'istinto: infallibile!

Edo                               - Meraviglioso!

Luigi                             - E se questa forza d'istinto è nelle balene...

Alia                               - Allora tu, Edo, sei una balena!

Edo                               - Io sono un somaro, perché a quest'ora dovrei essere già al lavoro...

Soris                              - A proposito, l'ingegnere ti ha parlato del pericolo?

Edo                               - Ho già disposto, ma ci vuole del tempo.

Luigi                             - Che pericolo è?

Soris                              - Il deposito del carburante sintetico è quasi attaccato all'edificio. (Lo indica dalla finestra) Eccolo lì.

Edo                               - L'ho fatto circondare da un fossato molto alto.

Soris                              - Ma molto erboso: basterebbe un fiammifero gettato sbadatamente su quell'erba secca per far arrivare il fuoco a una massa di materiale infiammabilissimo.

Luigi                             - Oh, siamo sicuri?

Soris                              - Per la casa sì, ma se il Benziol va in fumo, sfumano anche tutti gli sforzi di Edo.

Luigi                             - Non è una bella prospettiva! Che aspetti a provvedere?

Edo                               - Non aver paura, tra qualche giorno il fossato sarà pieno d'acqua, la incanaliamo dal torrente.

Alia                               - (offrendo un liquore a Luigi) Vuoi?

Luigi                             - Ah, meno male, c'è l'acqua!

Alia                               - (fraintende) Preferisci l'acqua?

Luigi                             - Sì, quando è acquavite! (e tracanna il liquore).

Soris                              - In ogni modo, nell'ingrandimento dell'officina sarà bene tener presente il problema dei depositi.

Luigi                             - Ingrandite l'officina, dunque?

Edo                               - Ora sì, abbiamo una fortissima ordinazione dal­la Polonia.

Soris                              - E' una fornitura che garantisce l'avvenire del­lo stabilimento.

Luigi                             - Ma la Polonia non ha il petrolio russo?

Edo                               - A tariffa tripla, con minor rendimento.

Alia                               - (accarezzando Edo) Non te lo avevo detto che c'è del sale in questa zucca?

Soris                              - Alla fine del mese sbarazziamo il nostro bi­lancio dagli ultimi obblighi, e poi...

Luigi                             - Sono grossi gli obblighi?

Soris                              - Due milioni.

Luigi                             - Nespole!

Soris                              - Ma ci penso io, sono la mia parte nella Società.

Alia                               - Ho detto che non mi piace la parola Società!

Luigi                             - Quando non è a delinquere, va bene.

Alia                               - Tra Edo che mette l'oro del suo ingegno e Soris che sborsa Foro delle sue tasche, non c'è una Società, c'è la poesia dell'amicizia.

Luigi                             - Se non ci fossero i quattrini, vorrei vederla la poesia... Già, tu sei melodrammatica.

Aia                                - Non è vero!

Luigi                             - Lo dice tuo marito!

Alia                               - Senti, Edo...

Edo                               - No, ora bisogna proprio che vada, anche perché sono senza segretaria da vari giorni e c'è la corrispon­denza accumulata...

Alia                               - Lascia che venga ad aiutarti io, son tre giorni che te lo dico....

Edo                               - -Non è roba per te!

Alia                               - Sbrigare un po' di corrispondenza non è poi la gran fatica!

Edo                               - Ma non è ufficio tuo, si segue un certo ordine, è tutto un lavoro che tu non conosci!

Alia                               - Per impararlo occorre essere Pico della Mi­randola?

Edo                               - (secco) Oh, insomma, Alia, ti prego di non insi­stere! Il tuo compito è quello di far la madre, basta!

Luigi                             - (per evitare liti) Andiamo, andiamo, Edo, ti accompagno in direzione. Viene, signor Soris?

Soris                              - Certo... Vedo che lei, signor Luigi, non ab­bandona la sua pesca... Lo incontro alle volte con qualche balenottera appetitosa...

Luigi                             - Secondo l'appetito, sa? Lei forse è un po' affamato... (Escono tutti e quattro da destra, continuando a discorrere). (Da sinistra vengono Vanni, Guelfa e Firminia).

Firminia                         - Favorisca, signorina, signor Vanni, venga avanti, per loro il signor Luigi c'è sempre. Sono tutti i seccatori d'una volta ch'egli non vuole ricevere più.

Vanni                            - Ma allora incomincia a metter giudizio?

Guelfa                           - E non c'è pericolo d'essere accolti male da qualcuno della... sì, della sua famiglia, chiamiamola così?

Firminia                         - Oh, no, son brave persone, sa?

Vanni                            - E se lo dice Firminia...

Firminia                         - Conosco in faccia le persone, io!

Guelfa                           - Questo sarebbe il salotto?

Firminia                         - Non sarebbe, è! Ma non è finito.

Vanni                            - Parola d'onore, è meraviglioso!

Guelfa                           - Le pare? A me non piace affatto.

Vanni                            - Io parlo di Luigi: è meraviglioso come uno scapolone del suo stampo, che non ha mai sopportato legami, si sia assuefatto così presto all'ambiente di famiglia.

Guelfa                           - Ma lei lo crede assuefatto? E' un diversivo che per ora lo diverte, ecco tutto.

Firminia                         - Intanto non siamo qui che da pochi giorni, ed è tutto miele e giulebbe. Speriamo che duri!

Guelfa                           - Speriamo soprattutto che la visione d'una famiglia felice gli faccia venir la voglia di crearsene una.

Vanni                            - Un'altra? E che deve metter negozio?

Guelfa                           - Lei, al solito, è pieno d'intuito! Una fami­glia proprio sua io intendo.

Vanni                            - A che scopo, dal momento che ha trovato questa?

Guelfa                           - Questa è in prestito, è del suo così detto figlio... Domani invece potrebbe ammogliarsi lui.

Vanni                            - Ma pensi un po' che bell'idea : Luigi pro­messo sposo! Una felicità.

Guelfa                           - Secondo chi trova, caro lei.

Vanni                            - Ah, forse, se s'imbattesse in una brava signo-rona, matrona quarantenne, massaia, ben basata...

Guelfa                           - Lei capisce sempre le cose per il verso giusto! Ha dovuto girare il mondo per diventare così psicologo?

Firminia                         - E poi vorrei vederla anche la signorona ben basata! Né fraschette ne massaie riusciranno a met­tere l'ordine che ci vuole con quell'uomo.

Guelfa                           - Neanche voi, a quanto pare, se Luigi dice che gli squinternate tutto.

Vanni                            - Ah, ci siamo, incomincia il solito « match »!

Firminia                         - E perché allora mi ha portata con sé anche in questa casa?

Vanni                            - (a Guelfa) Contrattacco!

Guelfa                           - Perché si è portato appresso tutto il vecchio ciarpame al quale è abituato.

Vanni                            - (a Firminia) Giù, un sinistro!

Firminia                         - Se è abituato a me, vuol dire che non può farne a meno!

Vanni                            - (a Guelfa) Sotto!

Guelfa                           - Qualche volta ci si abitua anche alle ma­lattie croniche!

Vanni                            - Ahi, colpo basso!

Firminia                         - Io sarei una malattia cronica? Uhm, si vede che le vanno a male i suoi progetti!

Vanni                            - Attacco di fronte!

Guelfa                           - Progetti io? E quali, per esempio?

Vanni                            - (a Firminia) Su, botta!

Firminia                         - Quelli di tutte le ragazze che s'attaccano a un uomo anziano: si spera che la cotta finisca in matrimonio.

Vanni                            - (a Guelfa) A lei, risposta!

Guelfa                           - Ne volessi di matrimoni, io! Ho vent'anni e in giro ci sono tanti giovinotti...

Vanni                            - (a Firminia) Là, diretto!

Firminia                         - Il guaio è che i giovinotti per lo più sono squattrinati!

Vanni                            - Colpo mancino!

Guelfa                           - Non è alla mia età che si punta sui quat­trini, è alla vostra.

Vanni                            - Corpo a corpo!

Firminia                         - Io ho sempre lavorato onestamente!

Guelfa                           - (il battibecco diventa rapido e furioso) Che volete insinuare con ciò?

Firminia                         - Niente, io sto a posto mio!

Guelfa                           - E' la lingua che non tenete a posto!

Firminia                         - Basta non provocarmi!

Guelfa                           - Non dite che insolenze!

Vanni                            - (interrompe con autorità) Eh, là! il primo «round» è finito, riposo! (Indica le bottiglie dei li­quori) Cosa c'è in quelle bottiglie, grappa?

Firminia                         - E altri veleni del genere.

Vanni                            - Allora avveleniamoci con quelli ch'è meglio! (Luigi viene da destra).

Luigi                             - (entra correndo, come giocando con i bambini, ed ha addosso delle cinghie in funzioni di redini) Ah! Ih! (Ripete a cantilena) Il cavalluccio scappa... il caval­luccio scappa...

Firminia                         - Guardatelo un po'!

Vanni                            - Luigi!

Luigi                             - To' siete voi? Come va?

Vanni                            - E non ti vergogni, un uomo serio come te?

Luigi                             - Di che dovrei vergognarmi?

Vanni                            - Giocavi coi bimbi, no?

Luigi                             - Io? Macché, cantavo... è una canzoncina nuova: il cavalluccio...

Vanni                            - Con quella roba addosso?

Luigi                             - Già, appunto, cercavo delle cinghie per...

Vanni                            - Scioccone, va là, perché ti scusi? Se è natu­rale, logico: facevi il nonno, come me. E scommetto che ora ce l'hai anche tu le caramelle in tasca!

Luigi                             - Ah, no, caro mio, ridicolo fino a quel punto poi no!

Vanni                            - (tirandogli fuor dalla tasca il pacchetto) E queste cosa sono?

Luigi                             - Per... per lei, per la piccola saetta... (S'ac­corge che Guelfa si tiene da parte, imbronciatissima). Oh, cosa c'è, temporale in vista? Non per me, spero... Oh, rispondi, l'hai con me?

Guelfa                           - (fa segno di no, alzando le spalle).

Luigi                             - Allora dammi un bacio.

Firminia                         - (in disparte) Bel gusto!

Vanni                            - (a lei) Silenzio, qui siamo fuori gioco!

Guelfa                           - (respingendo Luigi) No, che mi togli il rossetto!

Luigi                             - Un solo bacetto qui...

Guelfa                           - Mi mandi il rimmel negli occhi!

Luigi                             - Allora qui dietro...

Guelfa                           - Mi rovini la permanente!

Luigi                             - E méttiti sotto una campana di vetro, perbacco così ti si guarda senza toccarti!

Guelfa                           - (ironica) Toccare me sarebbe un disordine, e qui invece tutto è ordine, purezza, onestà!

Luigi                             - Che significa codesto discorso, ora? Hai liti­gato con qualcuno entrando?

Guelfa                           - Non litigo mai con nessuno, io!

Firminia                         - (a parte) Misericordia!

Vanni                            - (a Luigi) No, sai chi è? E' il Signoriddio che ti esaudisce. Tu non preghi tutte le mattine? « Signore, dacci oggi il nostro battibecco quotidiano... ». Ecco, sei servito!

Luigi                             - Firminia, eh?

Firminia                         - Io? Oh, santa innocenza, proprio io che...

Luigi                             - (l'interrompe brusco) Va di là, accapigliati con la bambinaia, con la cuoca, se no in casa c'è troppa quiete e non va bene!

Firminia                         - Ma io...

Luigi                             - (a Guelfa) E tu lo Sai che quella è ipertrofica allo scilinguagnolo, per cui debbo tenermela qui io, se no diventa una catastrofe nazionale!

Fisminia                        - (che in seguito ai gesti fatti da Vanni, gli porta innanzi i liquori) Ma se io non apro mai bocca!

Luigi                             - Cosa fai adesso?

Firminia                         - Vogliono il veleno, li servo.

Luigi                             - Va di là, ripeto, rompi, fracassa vetri, mobili, a scelta, ma lasciaci stare!

Firminia                         - (andandosene, brontola e piagnucola) Ecco, lo sapevo io... Mi tratta come una balena... Ma vorrei vederlo un bel giorno con quella lì in casa... Altro che coccodrilli da vendere! (e va via a destra).

Luigi                             - La bisbetica indomata!

Guelfa                           - Ah, non trovi altro da dirle, tu? Scommetto che magari ti diverte...

Luigi                             - Cosa vuoi, che la condanni al capestro? In fondo è come un cane fedele, se qualche volta abbaia... basta un calcio. (A Vanni) Tu che sai... Oh, dico a te, finiscila d'ingozzare alcool, che ti fa male! (gli toglie il bicchierino di mano e lo tracanna d'un fiato).

Vanni                            - Se non l'ho ancora assaggiato.

Luigi                             - Eva bene, te ne debbo uno.

Guelfa                           - Ma visto che ora tu vivi con la tua improv­visa famiglia, hai proprio bisogno d'una governante esclu­siva per te? T'occorre di essere governato come un cavallo? Alla tua gioia non bastano i diletti nipotini, la soave nuora e il pargoletto figlio?

Luigi                             - (sarcastico) Alla mia gioia basti tu sola, te­soro, perché sei fine e aristocratica.

Vanni                            - Be', non farete il «match» voi due, adesso! Da' retta a me: ti trovi bene, qui, dunque?

Luigi                             - Mah! Ho paura di diventare sintetico anch'io, come il carburante...

Vanni                            - Starai sempre meglio qui che sopra una fusta, alla ventura, come un pirata.

Luigi                             - E chissà? Forse preferivo.

Vanni                            - Cosa? Oh, non ti metterai mica su la via del pentimento, ora che sei venuto qui faresti ridere mezzo mondo.

Luigi                             - Rimane sempre l'altro mezzo che non ride.

Guelfa                           - (scoppia a ridere) Ah! ah! ah!

Luigi                             - Che ti piglia?

Vanni                            - Lei appartiene al mezzo che ride.

Guelfa                           - Ah! ah! ah! Succede preciso quello che io avevo previsto...

Luigi                             - Ossia?

Guelfa                           - Scusa, hai abbandonato casa tua perché ti pareva di non poter più vivere senza l'erede spuntato come un fungo...

Luigi                             - Macché fungo, io ho ponderato benissimo...

Guelfa                           - No, tu non hai ponderato un bel niente e ti sei messo a fare spropositi uno su l'altro... Innanzi tutto, ti sei affrettato a dare il tuo nome...

Luigi                             - Lo dovevo!

Guelfa                           - Poi ti sei aggregato alla cara famigliuola...

Luigi                             - Ne ho trovata una proprio nel momento in cui, forse, mi ci voleva.

Guelfa                           - E ora ti ci trovi male! E non è da ridere? Ah! ah! ah! Ma te lo meriti, ti sta bene!

Luigi                             - Ma io non ho mica detto di trovarmi male.

Guelfa                           - Hai detto che preferivi com'eri prima.

Luigi                             - E' un altro conto.

Guelfa                           - Allora non ti capisco.

Luigi                             - Non è la prima volta.

Vanni                            - No, spiega anche a me, perché la faccenda si presenta come un rompicapo, e io non me ne intendo.

Luigi                             - Ma non capite che io qui sono vittima di una disgrazia?

Guelfa                           - Mio Dio, quale?

Vanni                            - C'è imbroglio?

Luigi                             - No, ma qui mi circondano di premure, mi coccolano...

Guelfa                           - Ed è una disgrazia?

Vanni                            - Il rompicapo si complica.

Luigi                             - Ma ditemi voi stessi che cosa ho fatto io per meritare tutto questo affetto?

Vanni                            - Che domande, sei il padre!

Luigi                             - Ecco l'errore!

Guelfa                           - Come, non lo sei? Ah! ah! ah! Vedi dunque che avevo ragione io? Era tutto falso, si tratta d'una commedia...

Luigi                             - E sta zitta una volta, canchero, che continui a non capire un capricorno! In realtà il figlio è mio, ma essere padre vuol dire averlo voluto, il figlio, aver saputo, averlo atteso, visto nascere, crescere, educarlo, insomma sentirlo figlio per tutta la vita! Non basta es­sersi divertiti con una ragazza in provincia trent'anni fa per credersi in diritto oggi d'essere amato, rispettato e chiamato padre!

Vanni                            - Ma codesto è un problema secondario. Non conta.

Luigi                             - E' quello che conta di più! Io rubo a queste creature una tenerezza che non mi spetta perché non mela sono guadagnata.

Vanni                            - Ma tu sei ugualmente il padre!

Luigi                             - Un truffatore sono, uno che abusa d'un capi­tale non suo!

Vanni                            - Ma andiamo, tu sofistichi troppo.

Luigi                             - Macché sofistico! Qui avviene tutto il con­trario della logica: di solito è il padre che insegna al figlio l'amore al proprio sangue, ma qui è il figlio che l'insegna al padre. E' un controsenso, è la regola capo­volta.

Guelfa                           - Me l'aspettavo!

Luigi                             - Ecco, ora parla Salomone!

Guelfa                           - Ma sì, doveva venire il momento in cui questi due uomini si accorgevano...

Vanni                            - Di che? Taccia, signorina, ch'è meglio. Luigi dice delle cose serie che non sono per lei.

Guelfa                           - Già, lei è psicologo, lei solo è quello che capisce tutto! Non ha sentito che hanno commesso un errore?

Luigi                             - Ma lo ha commesso il destino, l'errore, non io! Perché io qui non sono il vecchio padre infermo o tiranno o generoso o austero... Niente! Io sono soltanto il padre, senza aggettivi, e questo è contro ogni tradi­zione.

Vanni                            - Ma cosa vorresti essere di diverso?

Luigi                             - Il padre bisognoso, il cadente vegliardo, op­pure mio figlio doveva essere il giovine povero! L'uno doveva aiutare l'altro: la necessità dell'uno e la gene­rosità dell'altro ci avrebbero fusi. O dovevo io dire a lui: «Vieni a me, figliol prodigo! », o doveva lui dire a me: «Appoggiati, venerando babbo!».

Guelfa                           - O bella, che significa ora un tal ragio­namento?

Vanni                            - Significa, signorina, che d'un tratto si son trovati di fronte due uomini senza bisogno l'uno dell'al­tro, hanno detto: «Noi siamo padre e figlio! » ma non c'è tra loro il cemento d'un sacrifizio, un dolore, un pe­ricolo che li unisca e li stringa, niente! E quindi si sentono estranei.

Guelfa                           - Dunque potevano benissimo continuare a vivere uno di qua e uno di là?

Vanni                            - Capperi, almeno questa l'ha capita!

Guelfa                           - Ma io ho capito tutto prima di lei, caro signor talentone, e perciò l'ho sconsigliato fin dal primo momento dal venirsene qua, lasciando la sua villa.

Vanni                            - Già, forse ha avuto torto...

Luigi                             - Ma no, che ho avuto ragione!

Vanni                            - Oh, ma che giochiamo a non comprenderci tutt'e tre?

Guelfa                           - Non dirà che sono io, stavolta.

Vanni                            - In conclusione, questo dottore in chimica l'hai fatto tu o no?

Luigi                             - L'ho fatto io, ed è bravo, distinto, egregio, ma io non riesco a sentirmelo figlio.

Vanni                            - E allora il rompicapo è difficile da risolvere.

Guelfa                           - Ma non potevi aspettare ancora un mese prima di fare il trasloco? Ti pareva così urgente?

Luigi                             - Credevo che la convivenza mi avrebbe per­suaso, che mi sarei abituato ad essere il padre, il nonno, l'antenato... Ma non va, credete, non va... Ogni volta che mi si dice papà, ho un urto di nervi.

Vanni                            - Però i nipotini li senti tuoi?

Luigi                             - Sfido, quelli li vedo crescere!

Vanni                            - Hai fatto un bell'affare! E tu eri un arpione fuori classe, ti regolavi sempre senza topiche... Ora, altro che topica!

Luigi                             - Alle volte un oscuro sentimento mi fa pen­sare che forse questa specie d'imbarazzo dentro di me dev'essere l'amor di padre; ma altre volte il dover trat­tare con tanta familiarità della gente di cui fino a poco fa ignoravo perfino l'esistenza, mi dà l'impressione di recitare la parte del padre nobile in un vecchio dramma.

Guelfa                           - Ma è precisamente così! Che razza di figli possono essere quelli che non si conoscono? Chissà che questi non ti accarezzino tanto perché ti credono ricco?

Luigi                             - Magari! Non capisci che sarebbe meglio?

Guelfa                           - (stupita) Come? Sarebbe meglio?

Vanni                            - Scusi, ha finito di spiegare or ora la situa­zione.

Guelfa                           - Ma se è perché ti serve una famiglia e ti piacciono i bambini, caro mio, puoi farteli tu, sei an­cora in tempo! Vuoi un mio consiglio ultimo e definitivo?

Luigi                             - Sì, tira fuori la tua saggezza!

Guelfa                           - Bada che dopo non te ne dò più!

Vanni                            - Sarebbe una crudeltà!

Luigi                             - Come potrei vivere?

Guelfa                           - Ebbene, riprendi il tuo bravo fagotto e vieni via!

Vanni                            - (ironico) Bene, caspita!

Luigi                             - E non ti viene mai la meningite a pensare delle cose tanto profonde?

Guelfa                           - Rinunzi?

Vanni                            - Lasci, signorina, lasci che stia qui e ringrazi Iddio se il caso gli ha dato un figliolo che non si aspet­tava e ch'è un giovine per bene!

Guelfa                           - Ma non vede che con questa paternità da illusionismo si fa ridere dietro?

Vanni                            - Da chi? Dagl'imbecilli o dagl'ignoranti?

Guelfa                           - Dagli amici che non lo vedono più far la sua vita brillante, perché è venuto qui a fare il nonnino.

Vanni                            - Fa bene, visto che lo è!

Guelfa                           - Lo dice lei che lo è, ma ci vuole una bella dose di dabbenaggine per credere al primo mattacchione che viene a dire: «Io sono tuo figlio »! Ma come? dove? quando? Fuori la carta bollata e vediamo! Venga a dirlo a me qualcuno, e senta cosa gli rispondo io!

Vanni                            - Per lei la faccenda è leggermente diversa, signorina.

Guelfa                           - Che diversa e diversa! Se lui continua come s'è messo, finisce col rimbambirsi!

Luigi                             - Oh, piano con le profezie!

Vanni                            - Se Luigi non è uno sciocco, deve fare quello che si sente qui! (si tocca il cuore).

Guelfa                           - Ma è lui stesso che afferma di essere un truffatore!

Luigi                             - Macché affermo, è un paragone!

Guelfa                           - Io ripeto le tue parole.

Vanni                            - Ma appunto, sono parole... Egli si rimprovera di non aver fatto nulla per meritare la paternità, ecco il punto! E' una considerazione non adatta al suo com­prendonio, ragazza mia!

Guelfa                           - Ah, no, eh? Perché io sono stupida, vero? Ebbene, quando è così, le dirò che io comprendo assai meglio di lei e di lui dove va a finire una simile can­tonata!

Luigi                             - Sentiamo un'altra sentenza!

Guelfa                           - Ci vuol poco a vedere che invece di fare il babbo, tu fai il babbeo, vecchio mio, e finisci al de­cotto di malva, al cavalluccio dei vispi bebé...

Luigi                             - Ma Guelfa!

Guelfa                           - (ora ha perduto le staffe e non si ferma più) E sarai decrepito prima del tempo, sarai giubilato in an­ticipo...

Luigi                             - Vuoi finirla?

Guelfa                           - Sicuro che la finisco, perché io al tuo voltastomaco familiare non ci resisto e me ne vado prima che sia tu a licenziarmi, hai capito?

Luigi                             - Ma no, cosa ti salta in mente?

Guelfa                           - A che ti serve un'amante se devi fare il balio asciutto dei mocciosi? Dunque addio!

Luigi                             - Aspetta, ti dico!

Guelfa                           - Aspettare per perdere altro tempo? No, caro papà! Ti avrei aspettato anche degli anni, se tu fossi rimasto solo nella tua casa, poiché sapevo che un bel momento ci sarei venuta io.

Vanivi                           - Allora ha ragione Firminia!

Guelfa                           - Sì, precisamente, ha ragione Firminia! Tra lui e lei, il figlio e l'amico, chi vede meglio le cose è ancora la serva!

Luigi                             - Ma non è affatto serva!

Vanni                            - (come una minaccia) Badi che la chiamo!

Guelfa                           - Me ne infischio! Io non intendo più ingrullirmi vicino al padre nobile, lì, e vado dove c'è aria libera, io...

Luigi                             - Guelfa, ti prego di ragionare!

Guelfa                           - Ragiona tu, se ti riesce, e se no tieniti l'im­barazzo, il dubbio, la nuora, il padre, il figlio e la serva, addio, bisavolo! (Se ne va da sinistra).

Luigi                             - Guelfa! (fa per seguirla).

Vanni                            - (trattenendolo) Lasciala andare, ne peschi quante ne vuoi di quelle mammifere lì! Vedrai che sta­sera ti telefonerà; non credere di cavartela senza una liquidazione.

Luigi                             - Ma mi ha chiamato bisavolo, e voglio dimo­strarle che si sbaglia! Anzi voglio che lo vedano tutti, stasera stessa. E tu vieni con me, t'invito io, ceniamo con un po' di donnine, andiamo a ballare... Si accorgeranno se sono decrepito o giubilato.

Vanni                            - Ma via, non badare alla piccola saetta... che la colga! Tu sei quello che sei, fa' i tuoi comodi tira via. Ciao, caro.

Luigi                             - Te ne vai anche tu?

Vanni                            - Sì, io sono venuto a vedere come stai, ti trovo tranquillo, pacifico...

Luigi                             - E perciò scappi? Vai a cercarti aria libera anche tu?

Vanni                            - No, ho un appuntamento, io; del resto ci vediamo stasera, no?

Luigi                             - Ti accompagno fino al cancello ; da che parte vai?

Vanni                            - Vuoi che ti dica la verità?

Luigi                             - Dalla cantante, lo so: sei l'unico accordo az­zeccato da quella donna.

Vanni                            - No, vado al Giardino d'infanzia.

Luigi                             - A rilevare i nipoti?

Vanni                            - Uno solo, il maggiore, un demonio...

Luigi                             - Tu vedessi i miei due...

Vanni                            - I miei hanno l'argento vivo addosso...

Luigi                             - - E i miei? Furie scatenate, ti dico...

Vanni                            - Più dei miei, impossibile!

Luigi                             - Non incominciare adesso!

Vanni i                          - Mettiamoli assieme e vedrai!

Luigi                             - Benissimo, ma ti avverto che hanno una par­lantina...

Vanni                            - Sentissi lo scilinguagnolo dei miei...

Luigi                             - Che discorsi!

Vanni                            - Che urli!

Luigi                             - «Papà... nonno... zizì... ».

Vanni                            - « Girici ciricì ciricì... ». (Escono assieme, ma quando sono su la soglia dell'uscio s'accorgono scambie­volmente d'essere buffi e scoppiano a ridere andandosene da sinistrai.

(Da destra vengono Alia e Soris).

Alia                               - (chiama di dentro) Papà... (Viene fuori) Papà...

Soris                              - Non c'è e poi non ha sentito che non vuol es­sere chiamato papà?

Alia                               - Lei crede che dica davvero?

Soris                              - Sì, evidentemente non ci tiene a esserlo.

Alia                               - Ma se in fondo al cuore ne gioisce.

Soris                              - Uhm... Può darsi, io m'intendo poco di certi tenerumi,

Alia                               - (chiama ancora verso la porta a sinistra) Papà!

Soris                              - Non c'è proprio.

Alia                               - Peccato, voleva vedere in funzione l'apparec­chio distillatore che l'incuriosiva...

Soris                              - (le si accosta fissandola) Lo vedrà un'altra volta.

Alia                               - (si scosta imbarazzata) Lei ora va via, Soris?

Soris                              - (tentando d'abbracciarla) No, ora no davvero!

Alia                               - Stia buono, non ricominci!

Soris                              - Ma Alia, Alia, non capisce che tutto quello che faccio è per lei?

Alia                               - (schermendosi) No, Soris, la prego...

Soris                              - Cosa vuole che m'importi se suo marito ha ingegno e se il suo carburante vale o non vale? Gli ho dato due milioni per gl'incantevoli occhi di sua moglie, io!

Alia                               - Non è vero, non lo dica!

Soris                              - E sua moglie potrebbe ottenere tante altre cose da me, tutto, se acconsentisse...

Alia                               - Non prosegua, Soris, non mi ripeta delle cose che non posso ascoltare, gliel'ho già detto!

Soris                              - (incalza) Alia!

Alia                               - Mi lasci, non è bello quello che fa lei!

Soris                              - (appassionato) Puoi chiedermi tutto, Alia, te lo giuro, capisci che cosa intendo dire con tutto? Anche la vita, se vieni con me!

Alia                               - Frasi!

Soris                              - E tu mettimi alla prova!

Alia                               - Non posso!

Soris                              - Vieni via, è tanto che te lo dico...

Alia                               - Ora non bisogna dirlo più!

Soris                              - Insisterò finché non verrai: fuori, lontano di qui, dove invece d'un sudicio stabilimento c'è del lusso, della gioia, perché tu sei un fiore da tenere in un giar­dino di felicità!

Alia                               - Ma è una fantasia, amo mio marito, io!

Soris                              - Oggi forse sì, e può darsi ancora per poco, ma è un palpito diverso, è l'amore coniugale, quello: Edo non è che il marito. Mentre io ti offro qualcosa di più: la frenesia, la dedizione completa della mia vita, di tutto quello che posseggo... Alia, Alia, mi comprendi, non è vero?

Alia                               - Vada, Soris, la prego, si ricordi che ho due bambini...

Soris                              - Ma non li perdi, te lo prometto! Non voglio che tu faccia qui la mediocre borghese, quando hai il diritto di brillare come una stella!

Alia                               - Lasciami, perché mi tenti così?

Soris                              - Perché ti adoro!

Alia                               - Via, Soris, non bisogna mettere innanzi agli occhi d'una donna giovine la prospettiva del lusso e della gioia... Sono le bucce su cui si scivola più facilmente.

Soris                              - Ma perché tu vuoi respingere una passione grande e sincera come la mia?

Alia                               - Perché non ho il diritto d'essere egoista fino a dimenticare i miei doveri!

Soris                              - Ma no, è uno scrupolo d'altri tempi...

Alia                               - Di tutti i tempi, quando si è onesti.

Soris                              - Non fino a dare un calcio alla fortuna... Tu sai ch'io sono ricco... No, taci, promettimi soltanto che ci rifletterai.

Alia                               - Va bene, ci rifletterò!

Soris                              - Questa sera?

Alia                               - No so...

Soris                              - Bada che io ho tutto preparato: partiamo con l'aereo di Monaco, puoi venire così...

Alia                               - E' una pazzia...

Soris                              - Mi lasci sperare?

Alia                               - Non so, vattene!

Soris                              - Metto la mia vita nelle tue piccole mani.

Alia                               - Vattene, vattene, non farmele più sentire le tue parole!

Soris                              - Ricordati che ti amo disperatamente! (l'ab­braccia con veemenza e la bacia).

Alia                               - (lasciandosi vincere) No, Soris, no...

(Luigi entra da sinistra).

Luigi                             - (sorpreso, freddo, sarcastico) To', siete al la­voro anche voi?

Alia                               - (staccandosi dalla stretta di Soris e coprendosi il volto con le mani) Mio Dio!

Luigi                             - (viene avanti) Questo fa parte delle gioie della famiglia?

Soris                              - (fa per andarsene) Signore...

Luigi                             - No, scusi, non andrà mica via, ora! Sarebbe troppo comodo, non le pare?

Soris                              - Ma signore...

Alia                               - Papà...

Luigi                             - No, il signore e il papà in questo momento non esistono : qui c'è soltanto un uomo innanzi al quale fate... (fa una smorfia di schifo senza dire la parola). Dunque, siete amanti?

Alia                               - No, te lo giuro!

Luigi                             - Cerne no? Allora lui ti abbracciava per or­dine dell'autorità?

Alia                               - No, lui...

Luigi                             - Ti aggrediva?

Soris                              - Misuri le parole!

Luigi                             - Verrebbe voglia di misurare gli schiaffi!

Soris                              - Io sono pronto a darle tutte le spiegazioni che desidera!

Luigi                             - Ma io non le desidero! E' talmente chiaro che non occorrono spiegazioni.

Soris                              - Eppure sono necessarie!

Luigi                             - E allora va bene, sentiamole. Vuol dirmi che provavate una recita di beneficenza? O che lei le sof­fiava un bruscolo da un occhio?

Soris                              - Non mi pare questo il momento migliore per le sue ironie; io sono a sua disposizione fuori di qui!

Luigi                             - Eh, no, sarebbe un diversivo, perché un duello o una zuffa non risolvono niente, e non dobbiamo mica fare i burattini, qui. Io voglio solamente sapere a chi è legato' quel pover'uomo ch'è di là a lavorare. Tu sei la moglie, lei è il socio, lo so, ma non basta: per potermi regolare ho bisogno di conoscere fino a che punto qui si arriva a essere canaglia!

Soris                              - Ma cos'è, adesso lei vorrebbe fare la parte del padre sul serio?

Luigi                             - Le dà fastidio?

Alia                               - Via, ti prego, in questo momento...

Luigi                             - Tutti i momenti sono buoni per sapere la verità, e io ho il vizio di volerla sapere!

Alia                               - Giacché siamo a questo, dimmi con qual diritto?

Luigi                             - Con quello che mi viene da quando sono entrato qui!

Alia                               - Qui sei un padre arrivato all'ultimo giorno!

Luigi                             - Appunto per questo debbo rifarmi dal primo giorno. O che faccio il padre solo per le carezze? Ora incomincia il buono!

Alia                               - Se non ti avessimo scovato noi...

Luigi                             - Non avrei mai saputo che il carburante sin­tetico voialtri lo fabbricate così!

Soris                              - Lei è pregato di contenersi nei limiti!

Luigi                             - Già, perché dai limiti vuol uscire soltanto lei?

Soris                              - Io le ho detto che...

Luigi                             - (interrompe seccato) Be', non dica altre chiacchiere! Animo, su, che gioco si fa qui dentro? Che cosa rappresenta costui nella famiglia?

Soris                              - Glielo dico io!

Luigi                             - No, deve dirlo lei ch'è la moglie! Che cosa ha comperato costui con due milioni?

Alia                               - (vivamente) Non ti permetto d'insinuare una simile bassezza!

Luigi                             - Ti offendi? Bene, mi fa piacere, è segno che il baratto ancora non c'è. Allora andiamo più su: c'è l'amore?

Alia                               - Niente affatto!

Luigi                             - Andiamo più giù: c'è il vizio?

Soris                              - Macché vizio!

Luigi                             - Insomma qualcosa c'è, visto che... non dice­vate mica le orazioni!

Soris                              - La signora non si è mai sognata d'amarmi, purtroppo!

Luigi                             - Purtroppo? Ah! Vuol dire ch'è soltanto una civetta, si lascia baciare.

Soris                              - L'ho baciata io per...

Luigi                             - Per fare dello sport?

Soris                              - Signore!

Luigi                             - O per amicizia verso il marito? Ah, capisco, questa è la poesia dell'amicizia... E? un bel poeta, lei!

Soris                              - Oh, alla fine, io sono innamorato della si­gnora, e non ci vedo niente di male!

Luigi                             - Allora è cieco! Quella è la moglie di un amico, e lei non ci vede niente di male a portargliela via? Anzi, più che amico, è il socio, è quello che lavora per far fruttare il suo denaro, e lei l'inganna?

Soris                              - Io non ho dato il denaro per farlo fruttare!

Luigi                             - Peggio allora, perché di qui non si esce: o siete già amanti o lei vuol comperare questa donna. In un caso o nell'altro, suo marito non s'immagina che lei qui ha un doppio affare per le mani, sicché quel povero cristo sgobba ed è disonorato due volte... Ma che razza di gentiluomo è lei, dunque?

Soris                              - Oh, signor mio, ora la pianti perché ne ho abbastanza!

Luigi                             - (gli si avvicina, faccia a faccia) E che vuol dire?

Alia                               - (impaurita) No, per carità, vi scongiuro!

Soris                              - (sta per alzare le mani, ma si domina) Lei sa dove trovarmi fuori, se vuole, con armi o senza, come le piace

Luigi                             - Stia pur tranquillo, che tra un'ora vengo a pescarla. E ora vada via, perché il vento cambia!

Soris                              - Non ho mai temuto avversari, io, di qualunque specie, anche se non ho pescato le balene!

Luigi                             - Tu non avresti pescato che il baccalà!

Soris                              - A rivederci!

Luigi                             - Spero bene!

Soris                              - (inchinandosi ad Alia) Signora, io non ritiro una sillaba di quanto le ho detto (e s'avvia a sinistra).

Luigi                             - Va, va, povero scemo!

Soris                              - (s'arresta un attimo, come per avventarsi, ma poi esce deciso da sinistra).

Alia                               - (vedendo che anche Luigi fa lo stesso gesto rapido di Soris, grida) Papà!

Luigi                             - (irritandosi) Al diavolo! Ci manca anche questo, che tu mi chiami papà, adesso! Non lo sono, e non ci tengo affatto a essere padre a questa maniera! E poi, non sei tu mia figlia, altrimenti a quest'ora le sventole non le conteresti più! (Si ferma deciso di fronte a lei) Ma tiriamo le somme: che intenzioni hai tu?

Alia                               - Intenzioni... io?

Luigi                             - Sì, che devi fare con quel socio lì?

Alia                               - Nulla, io non farò nulla!

Luigi                             - Ma ti ha proposto qualcosa?

Alia                               - E' naturale!

Luigi                             - Ah, lo trovi anche naturale? E' melodramma­tico anche questo? E tu forse hai accettato di...

Alia                               - (pronta) No!

Luigi                             - O almeno gli facevi sperare...

Alia                               - Per quietarlo, per mandarlo via...

Luigi                             - Per mandarlo via gli stavi' tra le braccia?

Alia                               - Ho avuto un istante di debolezza...

Luigi                             - E fatti una cura fortificante! Perché certe debolezze sono pericolose.

Alia                               - Ho vacillato un attimo appena...

Luigi                             - Un attimo o un'eternità, quei vacillamenti hanno un altro nome...

Alia                               - Ma ho la coscienza tranquilla, posso giurarlo, non ho fatto nulla di male!

Luigi                             - Nulla, eh? Vediamo un po': da quanto tempo ti... ti fa vacillare, quel nababbo fatale?

Alia                               - Mi fa la corte da un anno.

Luigi                             - Bella resistenza, al tempo d'oggi! E ora stringe l'assedio, e... stringe molto, a quanto pare!

Alia                               - Ma non devi credere che io...

Luigi                             - Credo a ciò che vedo, io! Ma i denari da quanto tempo li ha dati?

Alia                               - E' entrato ultimamente nell'azienda.

Luigi                             - Dunque, tu sapevi che egli pagava per avere te?

Alia                               - Neanche per sogno!

Luigi                             - Come no?

Alia                               - S'è associato a mio marito.

Luigi                             - Ma s'è associato per ottenere il carburante con lui o la carrazione con te?

Alia                               - E' uno molto ricco, ha voluto entrar negli affari...

Luigi                             - Begli affari! E c'entrava bene... E tu l'hai permesso?

Alia                               - Edo aveva bisogno di nuovo capitale...

Luigi                             - Ma non metteva te come garanzia!

Alia                               - Che dovevo fare?

Luigi                             - Vietarlo, rivelare il tranello a tuo marito! Tu hai taciuto e quel... creso ti ha sentita complice, perciò aveva il diritto di proporti la fuga, di pensare insomma che anche tu sei una donna da tariffa...

Alia                               - (indignata) Ah, ora è troppo!

Luigi                             - E' troppo, sì, due milioni, ma è una tariffa anche quella!

Alia                               - Signore!

Luigi                             - To', ora sono signore? E' preferibile.

Alia                               - Non bisogna dimenticare che io ho una dignità.

Luigi                             - Non è vero, l'hai calpestata! Senza badare che anche tuo marito ne ha una di dignità, e tu ti sei messa sotto i piedi anche quella!

Alia                               - Io non ho commesse-, forse, che una leggerezza, ma niente d'irrimediabile!

Luigi                             - E che volevi fare di più? Oramai quel po­veruomo lo hai moralmente abbassato gettando un'om­bra perfino su ciò che ha di più nobile: il lavoro!

Alia                               - Ma tu non pensi che...

Luigi                             - (interrompe) Sei tu che non pensi d'avere due bambini!

Alia                               - (con uno scatto) No! Io li...

Luigi                             - Tu li abbandonavi nell'attimo stesso in cui ti venivano le debolezze!

Alia                               - Son due cose differenti!

Luigi                             - No, è tutta una conseguenza: come puoi amare i tuoi bambini, ora, se hai potuto ammettere l'ipotesi di abbandonarli? Come ti puoi trovare di fronte a tuo marito, se ti lasci baciare da chi lo disonora?

Alia                               - (avvilita) Non è vero... Non è vero...

Luigi                             - Pare un controsenso, ma allo stato delle cose, quasi quasi è più logica la fuga.

Alia                               - Ma io non fuggo!

Luigi                             - Allora sopporterai le decisioni di Edo?

Alia                               - (spaventata) Vuoi dirglielo?

Luigi                             - E' mio dovere! Non è giusto tenergli nascosta un'infamia che lo colpisce.

Alia                               - (allarmatissima) No, tu non farai questo...

Luigi                             - E cosa pretendi tu? Farlo passare per il solito marito che non vede niente? Il becco sintetico? No, mi oppongo io!

Alia                               - Ma sarebbe la rovina di tutto!

Luigi                             - E che vuoi rovinar peggio?

Alia                               - (con un movimento dì ribellione) Ma tu non oserai! Tu ti assumi la responsabilità di distruggere la pace della famiglia? E perché? Perché io venni a scovarti dov'eri coi tuoi pari e con le tue amanti? Male­detto quel giorno! Un padre cercavamo, non un nemico Già, cosa puoi capire tu di... (scoppia in pianto raddolcendo subito il tono, diventando umile) Ma tu sei buono non è vero? Non lo fare, ti scongiuro, non...

Luigi                             - (interrompe reciso) E' necessario, Edo deve sapere!

(Edo entra da destra).

Edo                               - (sente le ultime parole di Luigi) Che cosa?

Luigi                             - (con immediato mutamento) Che hai torto!

Edo                               - Quale?

Luigi                             - Perché la fai piangere?

Edo                               - Io? Perché non la voglio in direzione a far da segretaria?

Luigi                             - Ecco, hai torto marcio!

Edo                               - Non ammetto che la moglie del direttore venga a paro delle dattilografe!

Luigi                             - (arrabbiandosi) Ma ti sta a fianco, perdiana, ti aiuta!

Edo                               - (energico) Non mi occorre!

Luigi                             - Male! Deve occorrerti, è tua moglie, tienila vicino ch'è meglio! (Ad Alia) E tu vai, fila, sta con lui, lavorate insieme...

Edo e Alia                     - (tentando di replicare) Ma papà...

 Luigi                            - (furente) Macché papà uh accidente! (Spingendoli verso la porta a destra e avvicinandoli l'uno e l'altra) Andate e smettete i musi, i pianti, i litigi! G a incominciare col non comprendersi! Meno modacci, tu, e tu meno debolezza... Insieme... così... andate... Via!» (li spinge fuori e torna avanti come sfinito, sudato, ridendo su d'una poltrona) Auff! Che fatica il mestiere di padre!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La Direzione dello stabilimento: uscio comune in fondo a sinistra un'altra porta e a diritta una finestra con tendine ai vetri. Scrivania molto ingombra, col telefono, qua e là mobili da studio, un armadietto, uno scaffale, unni macchina da scrivere, delle poltrone. Pomeriggio declinante verso sera.

(Alia è seduta innanzi alla macchina da scrivere; Edo è in piedi e parla al telefono).

Edo                               - Eva bene, avvocato, che cosa posso farci? Cercherò d'essere in regola, abbiamo tre giorni di tempo, no? Dove troverò il denaro? Mah! E' quello che mi domando anch'io... Ciò non ostante, vedrà che per l'ultimo del mese farò fronte da solo. E se no? Ci penseremo... Buongiorno a lei! (lascia il telefono e passeggiai nervoso).

Alia                               - (con ansia) Farai fronte da solo?

Edo                               - Sì, col fallimento!

Alia                               - Ma Edo, cosa dici?

Edo                               - Al punto in cui sono le cose, non mi restai altro.

Alia                               - Possibile?

Edo                               - Chi poteva prevedere il tradimento di Soris? Ritirarsi così, all'improvviso, a tre giorni di distanza dal versamento effettivo dei due milioni, lui che ancora una settimana fa era a pranzo da noi... E' la coltellata alle spalle, insomma!

Alia                               - Ma prima di rassegnarsi al fallimento...

Edo                               - Rassegnarsi? Subirlo non vuol dire rassegnarsi. Oh, non me ne starò certo con le mani in mano, noni dubitare. Prima di tutto io sono nel diritto di conoscere le ragioni della condotta di Soris...

Alia                               - (preoccupata) Ma no, a che serve?

Edo                               - Deve avere il coraggio di parlare con me, quel signore, deve guardarmi in faccia, non sfuggire annun­ziando ch'è partito per non si sa dove.

Alia                               - Si capisce, non vuol farsi trovare perché sa di compiere una cattiva azione.

Edo                               - E me l'ha fatta comunicare dall'avvocato e da! ragioniere la sua decisione « per cause impellenti »!

Alia                               - Ma qual è proprio la decisione definitiva?

Edo                               - Che egli ritira i suoi capitali perché il con­tratto stipulato tra noi gli concede la facoltà di farlo; di conseguenza abbandona l'impresa così, come se fosse uno svaghetto tra ragazzini, e a un certo momento uno dice: «Non gioco più! ». Eh, no, bisogna renderne conto, mettere in tavola i motivi, non già squagliarsela alla chetichella! E io non sono mica disposto a lasciarlo andare pacificamente.

Alia                               - E che puoi fare? Se i patti della vostra Società gli permettevano d'uscirsene da un giorno all'altro, e tu non li sei garantito contro una simile possibilità...

Edo                               - Chi andava mai a pensarci? S'è garantito lui, invece.

Alia                               - E quindi ogni tua azione oggi è inutile!

Edo                               - Ma ripeto che voglio almeno la soddisfazione di sapere il perché del suo agire!

Alia                               - Perché... perché... ce ne possono essere tanti e nessuno di perché.

Edo                               - Non dico di no, ma me ne esponga almeno uno.

Alia                               - Forse un po' di panico per i cambi interna­zionali di questi giorni.

Edo                               - Se erano previsti.

Alia                               - Il lavorio di qualche concorrente.

Edo                               - Può darsi, ma me ne deve rispondere.

Alia                               - Non verrà mai a spiattellarti la verità, lui, non vedi come si sottrae?

Edo                               - Lo farò chiamare.

Alia                               - Accamperà dei pretesti per non muoversi.

Edo                               - Lo cerco, lo affronto, lo prendo pel collo...

Alia                               - Farai del chiasso inutile.

Edo                               - Peggio per lui!

Alia                               - E anche per noi! Scusa, perché non ne parli a tuo padre?

Edo                               - (con sfiducia) Mio padre? Cosa vuoi che s'in­teressi lui? Ma già, dov'è mio padre? Mi sai spiegare anche il suo contegno da una settimana a questa parte?

Alia                               - E chi può spiegarlo? Non si fa nemmeno ve­dere: esce presto, rincasa tardi, pranza fuori, la sua governante dice che qualche notte non è venuto neanche a dormire.

Edo                               - Sarà tornato alla sua vita d'una volta: giuoco, donne... Che gl'importano le mie condizioni? Se ne ride, lui, non le conosce nemmeno, non s'informa, non sa...

Alia                               - Lasci che gli parli io?

Edo                               - Ma no, che cosa speri da lui? Non riusciresti neppure a fermarlo. Ieri io l'ha intravisto un attimo, volevo parlargli, è scomparso. Pare quasi che ci sfugga.

Alia                               - Eppure io vorrei tentare.

Edo                               - Buco nell'acqua, cara! Finché si tratta di feste in famiglia e di caramelle ai nipotini, puoi farci conto, ma per il resto... Lui vive la sua vita e i guai nostri dob­biamo sbrigarceli da noi!

Alia                               - No, forse è soltanto una tua cattiva impres­sione...

Edo                               - Ma non è lui che m'importa in questo momento, è Soris che deve mantenere gli obblighi sottoscritti, altri­menti lo trascinerò nel precipizio con me! Rovinato an­che lui, sissignore! Adopera le armi della viltà, lui, con tutti i milioni che ha? Ebbene posso ricorrerci anche io...

Alia                               - A che cosa?

Edo                               - Alle armi... alle armi... (Luigi viene da sinistra).

Luigi                             - Alle armi? Ma cosa fai, Guerin Meschino? Alle armi, via fellone!

Alia                               - Ti si vede, finalmente!

Luigi                             - Ho avuto molto da fare, poi vi racconterò, faccende di second'ordine; prima voglio sapere come va questa segretaria.

Alia                               - Domani torna la vera, quindi io ho finito... E non ho portato fortuna all'azienda, purtroppo!

Luigi                             - Possibile? Allora sentiamo perché questo dottore grida : « Alle armi!» come nel teatro delle ma­rionette?

Edo                               - Perché probabilmente presto sarà il caso di fare anche le marionette!

Luigi                             - Vuoi sfidare il tuo socio a singolar tenzone?

Edo                               - Ah, sei informato?

Luigi                             - Minutamente!

Edo                               - Quindi converrai anche tu che ogni mia rap­presaglia è giustificata, o che debbo essere io solo a cadere? Mi trascinerò dietro anche gli altri!

Luigi                             - Bene! Muoia Sansone con tutti i filistei!

Edo                               - Tu ridi?

Luigi                             - E tu perché parli di cadere?

Edo                               - Perché non mi rimane altro scampo.

Luigi                             - Non puoi affrettare il lavoro per l'ordinazione della Polonia? Il pagamento di quello salverebbe tutto.

Edo                               - Come eseguo l'ordinazione se non ho la materia prima da lavorare?

Luigi                             - E perché non ce l'hai?

Edo                               - Se non verso le somme, non me la danno.

Luigi                             - Non puoi ottenere un credito?

Edo                               - Nella situazione d'oggi, chi vuoi che mi faccia credito?

Luigi                             - Almeno una dilazione.

Edo                               - Già avuta due volte. Nient'altro da fare, pur­troppo! Non mi resta che la soddisfazione di vendicarmi.

Luigi                             - Bella soddisfazione! Se vai in miseria, che cosa mangi, vendetta?

Alia                               - Ora devi preoccuparti di salvare soltanto il tuo lavoro di tanti anni.

Edo                               - Credi che non ci abbia pensato? Ma dove trovo due milioni da un giorno all'altro?

Alia                               - Affidati a lui, che ha avuto tante traversie e se l'è cavata sempre!

Luigi                             - Sì, ma qui si tratta di milioni, non sono mica balene!

Alia                               - Se fossimo nei mari del Nord! Ma qui, nelle banche, sarà più facile trovare i milioni!

Luigi                             - Ma non è facile uncinarli!

Edo                               - Ma no, lasciate che me la sbrighi da me, tocca a me chiamare in causa il vero responsabile!

Luigi                             - Tu non farai niente e starai quieto!

Edo                               - Non posso, la vittima inattiva non la faccio davvero! Vado a...

Luigi                             - (con energia) Stai qua!

Edo                               - Ma debbo agire oggi stesso!

Luigi                             - Tra le gioie che ho perdute per non averti conosciuto da bambino, c'era anche la gioia di sommi­nistrarti delle sonore sculacciate. Se tu sapessi come te ne darei volentieri un paio adesso!

Edo                               - Non capisci ch'è necessario rintracciare quel...

Luigi                             - Tu non farai niente!

Edo                               - (irritato) E chi me lo vieta? Luigi  - (autoritario, alzando la voce) Io! E ti ordino di non precipitare le cose!

Edo                               - Però io...

Luigi                             - Tu devi obbedirmi, o che sono papà a co­modo, io?

(Dalla sinistra accorre Firminia).

Firminia                         - Che c'è, santo cielo? S'arrabbia ancora? Non ha sentito dal medico che non deve?

Luigi                             - Ma sì, va di là, io scherzavo.

Firminia                         - Non deve alterarsi nemmeno per ischerzo! Mi perdoni, signora, anche lei, dottore: è assoluta vo­lontà del medico, sa? Da alcuni giorni ha il cuore e i nervi un po' in disordine e deve tenersi quanto più calmo è possibile.

Luigi                             - Va bene, ma se qualche volta perdo i lumi...

Firminia                         - Resta all'oscuro come l'anno scorso quando si mise in letto.

Luigi                             - Macché letto!

Firminia                         - Un mese!

Luigi                             - Ma sì, ci stetti per passar le vacanze. Qualche piccolo disturbo lo hanno tutti.

Firminia                         - Ma tutti si curano e lei no.

Alia                               - Ha ragione, Firminia è una donna che sa il fatto suo!

Luigi                             - Sa il fatto suo, ma dice i fatti miei! E' un bel fastidio avere una suocera senza aver mai preso moglie!

Firminia                         - Ma giudichi un po' lei, signora: da quasi una settimana è febbrile, sovreccitato; l'altra sera torna a casa con la giacca lacera come se si fosse azzuffato coi monelli, ieri mattina mi arriva col braccio fasciato...

Edo                               - Che ti sei fatto?

Luigi                             - Niente.

Alia                               - Ferito?

Luigi i                           - Un piccolo incidente d'automobile... Mi sono graffiato, ecco tutto.

Firminia                         - Graffiato? Una ferita così... E ora è ve­nuto via senza nemmeno farsi la medicazione, come ha ordinato il medico,.

Luigi                             - Ma non occorre.

Edo                               - Almeno disinfettare è necessario!

Firminia                         - Non c'è bisogno neppure che si muova, gliela faccio qui: avevo già tutto pronto.

Luigi                             - E va bene, ci penseremo più tardi.

Alia                               - No, subito, è sempre meglio evitare compli­cazioni. Faccia pure qui, Firminia.

Firminia                         - Un attimo... (Va via da sinistra).

Edo                               - Io frattanto arrivo dall'avvocato ch'è in attesa.

Alia                               - Promettimi di non far nulla senza consultarmi.

Edo                               - Perché, non posso pensare da me?

Luigi                             - Sì, ma fa male alla salute; pensare è perico­loso. Va, ti aspetto qui anch'io, al ritorno discorreremo con calma.

Edo                               - D'accordo, ma io resto del parere che debbo agire, muovermi...

Luigi                             - Bravo, muoviti e lasciami fare una telefonata.

(Da sinistra torna Firminia).

Firminia                         - (ha tutto ciò che necessita per la medica­zione: acqua, ovatta, garza, eccetera) Ecco qua...

Edo                               - (andandosene concitato) Perché non è logico che proprio io mi faccia giuocare senza ribellarmi, eh, no davvero! Ho il cuoio duro, io, e sentiranno. A rive­derci! (Va via dal fondo).

Luigi                             - Ha un gran brutto carattere, veh?

Firminia                         - (preparando ciò che deve fare) Ha quello del padre.

Luigi                             - Credi?

Firminia                         - Ne sono certa!

Luigi                             - Be', ha un ottimo carattere, quel ragazzo!

Alia                               - Ma non ascolta consigli.

Luigi                             - Glieli faremo ascoltare.

Firminia                         - Si tolga la giacca.

Luigi                             - (eseguendo) Sì, ma intanto telefona tu al signor Vanni.

Firminia                         - Cosa?

Luigi                             - (a Alia) Ho sentito che Bubi ha la tosse. (A Firminia) Ho bisogno di vederlo.

Alia                               - Bubi?

Luigi                             - No, Vanni! Deve prendere subito uno sci­roppo.

Firminia                         - Chi?

Luigi                             - Bubi. Debbo parlargli d'urgenza.

Firminia                         - A Vanni?

Luigi                             - A Vanni, si capisce. (A Alia) E per oggi mettilo a letto... (A Firminia) Pregalo con molta cortesia di venir qui... (A Alia) Se no l'attacca all'altro... (A Fir­minia) E io l'aspetto in direzione... (Ora all'una ora all'al­tra) Bubi la tosse, Vanni qui! Bubi sciroppo, Vanni tele­fono! E' chiaro?

Alia                               - Ho già detto appunto questo alla bambinaia.

Firminia                         - (intanto ha fatto il numero e parla al tele­fono) Il signor Vanni? Sì, sono Firminia. Lei venga immediatamente qui!

Luigi                             - Senti come l'ha pregato con delicatezza!

Firminia                         - (sempre telefonando) Mah, non so... Bubi ha la tosse... Buongiorno! (Lascia il telefono) Dice che lui non può farci niente, ma viene subito.

Luigi                             - Lo credo, penserà che io sia ammattito.

Firminia                         - Ora venga qui, sbottoni il polsino.

Luigi                             - (obbedendo) Santa pazienza!

Firminia                         - (sfasciandogli l'avambraccio destro d'un sot­tile nastro di garza) Guardi un po' qui, me lo chiama graffio.

Alia                               - (accostandosi a osservare) Ti fa male?

Luigi                             - Non lo sento nemmeno... Ahi, piano!

Firminia                         - Non dubiti!

Luigi                             - (a Alia) E dimmi un po'... (tace imbarazzato dalla presenza di Firminia).

Alia                               - Senti... (ma tace anche lei per lo stesso mo­tivo).

Luigi                             - (prendendo un libro ch'è su la scrivania) E'... è questo il libro che stai leggendo?

Alia                               - Io? No.

Luigi                             - Come no? (le fa dei gesti indicandole Fir­minia) C'è il tuo segnalibro...

Firminia                         - Stia un po' fermo!

Alia                               - (che ora ha compreso) Ah, sì, è quello.

Luigi                             - Cos'è, il solito romanzo di casi coniugali, m'immagino... Una moglie che per molti capitoli si pre­para a tradire il marito...

Alia                               - No...

Luigi                             - Sei sicura?

Alia                               - Non pensa nemmeno lontanamente a tradirlo.

Luigi                             - Ma mi pare che... nel capitolo quarto c'è qual­cuno che l'ha vista...

Alia                               - L'ha vista turbarsi un istante e basta.

Luigi                             - Ma nel capitolo quinto si parla d'una fuga...

Alia                               - E nel capitolo sesto si spiega che fu solo un'ubriacatura di parole.

Luigi                             - Cara mia, quando si prende il vizio d'ubriacarsi, le parole vanno alla testa peggio del vino, e allora... non si sa più quello che succede negli altri capitoli.

Alia                               - Niente, perché nel cuore di lei...

Firminia                         - (che continua per suo conto la medicatura della ferita) C'è un po' di pus.

Luigi                             - Disinfetta bene!

Alia                               - Nel cuore di lei quell'altro non c'è stato mai, e quindi non succede niente!

Luigi                             - Se lei non degenera.

Alia                               - Ma non era lei che...

Luigi                             - In tutte le specie animali la degenerazione incomincia sempre dalla femmina! (A Firminia) Ma fai piano!

Alia                               - Ebbene, questa specie animale fa eccezione, perché certi capogiri si possono avere una volta sola, poi ci si scuote, ci si guarda bene intorno e si piantano i piedi in terra, tremando ancora per lo spavento avuto.

Firminia                         - (a Luigi) Le brucia?

Luigi                             - No... Ma ora chi garantisce che nell'epilogo la tua protagonista non si rimetta a bere?

Alia                               - E' diventata astemia.

Luigi                             - E se fosse ripresa da capogiri o altre ver­tigini?

Alia                               - E' da escludere in modo assoluto, perché dall'attimo di smarrimento ella s'è accorta di quanto ami suo marito.

Luigi                             - Se se n'accorgeva prima era meglio! Doveva metterci...

Alia                               - Cosa?

Firminia                         - Iodoformio...

Luigi                             - Fai presto!

Firminia                         - Non si può, intanto ascolto anche il ro­manzo.

Luigi                             - Doveva metterci tutta la sua buona volontà! Ora «periamo che l'autore risolva bene l'intreccio.

Alia                               - Tra chi?

Luigi                             - Tra marito e moglie!

Alia                               - Hanno sofferto insieme, hanno dei bimbi, lei gli è stata vicina nella vigilia, gli si stringe a fianco nella lotta e resta con lui sempre, perché crede nel suo in­gegno, nel suo cuore... E' buono...

Firminia                         - Però dev'essere noioso!

Alia                               - Chi?

Firminia                         - Il suo libro, signora! Se non c'è neppure un delitto, un mistero, sangue, morte, che romanzo è?

Luigi                             - Ma sta zitta tu, che ti sei messa a fare anche la critica letteraria adesso?

Firminia                         - No, ma in quelli che leggo io ci sono pas­sioni, ratti, poi viene la questura... Divertentissimi! Gliene darò uno.

Luigi                             - Non ne abbiamo bisogno, e fasciami bene!

Firminia                         - Lei però ha bisogno delle gocce per lo 6tomaco, non le prende da ieri!

Luigi                             - Me le darai a tavola, più tardi.

Firminia                         - Si prendono prima! Tenga il braccio teso!

Alia                               - E tu sei stato a vedere il nuovo film al Cen­trale?

Luigi                             - Uhm, vale poco!

Alia                               - C'è di mezzo un duello, se non sbaglio.

Luigi                             - No, prima c'è un paio di manrovesci che lui... l'attor giovine ha incassato, nella colluttazione in un caffè, poi c'è lo scambio dei padrini e nella seconda parte si svolge la farsetta del duello.

Alia                               - Imprudente!

Luigi                             - Scena comica, sai? Sciabole da niente, quattro riprese, prima uno viene toccato un poco...

Alia                               - Il vecchio?

Luigi                             - Che vecchio!

Alia                               - L'attore, voglio dire.

Luigi                             - Diciamo l'anziano, ecco, l'attore anziano.

Alia                               - E poi?

Luigi                             - E poi subito l'attor giovine... giovine così così, . in fondo, riceve la punta in faccia.

Alia                               - Cosa grave?

Luigi                             - Un lieve sfregio al bel naso e l'onore è salvo...

Firminia                         - Con un po' d'ovatta.

Luigi                             - Che?

Firminia                         - Ecco tamponato con un po' d'ovatta, e fasciato...

Alia                               - Ma l'onore di chi, scusa?

Luigi                             - E' lì che si ride, cara mia! Quale onore è salvo?

Firminia                         - Quello degli artisti.

Luigi                             - Macché artisti, fammi il piacere, tirami giù il polsino.

Firminia                         - (eseguendo) Però lei ha contato un muc­chio di frottole, sa?

Luigi                             - Che ne sai tu?

Firminia                         - O lei è stato al Centrale e ha dormito a lungo o non c'è stato e allora chissà in quale cinema­tografo ha visto quella roba inconcludente.

Luigi                             - Sta a vedere che t'intendi perfino di film, o sogni anche tu di andare a Hollywood a fare la diva?

Firminia                         - (l'aiuta a infilarsi la giacca) Me ne guardo bene! Infili qua... Ma è che ieri sera al Centrale ci sono stata io...

Luigi                             - Capperi, madama va al cinema?

Firminia                         - Quando non ho da fare, sì. E ho visto La signora dalle camelie. Bel lavoro, sa? Nuovo; un tan­tino barboso, ma stia a sentire, signora, che glielo rac­conto.

Luigi                             - No, per amor di Dio, preferisco le gocce, va a prendermele!

Firminia                         - Sarà meglio! (Esce da sinistra).

Alia                               - (alzandosi corre verso Luigi) Ti sei battuto, ti sei esposto per me...

Luigi                             - Per me, mica per te! E non alzar la voce! Tuo marito sospetta di nulla?

Alia                               - No, ma non è stupido, e sente nell'aria qual­cosa che non va bene, e poi l'azionaccia di quel...

Luigi                             - Vedi se avevo ragione io? E tu andavi a finire con quel...

Alia                               - No, te lo giuro!

Luigi                             - Diciamo che pencolavi...

Alia                               - Non ricordarmelo più! Forse non v'è donna al mondo che non abbia avuto sia pure una volta sola nella vita, almeno un attimo di squilibrio. Chi può scagliare veramente la prima pietra?

Luigi                             - Ora si vendica tentando la vostra rovina...

Alia                               - Edo vuole saperne ad ogni costo le ragioni!

Luigi                             - Gliele diremo.

Alia                               - (quasi con un grido) No!

Luigi                             - Se sarà necessario... Lascia fare. Calma con lui, mi raccomando, fiducia e... (sta per dire altro, ma si ferma) Dammi la mano...

Alia                               - (gliela stringe con trasporto) Ti voglio tante bene, papà!

Luigi                             - (alla parola « papà » sta per ribellarsi, ma poi ci si adatta) No... cioè... qui non mi pare che stoni... Forse questa volta non è un titolo onorifico.

(Firminia torna da sinistra).

Firminia                         - (con un bicchier d'acqua) Ecco dodici gocce!

Luigi                             - Dai qua.

Firminia                         - E c'è pure il signor Vanni, è venuto di là.

Luigi                             - Fa entrare subito, che lo lasci in anticamera?

Firminia                         - Eccolo infatti!

(Vanni viene da sinistra).

Vanni                            - Buongiorno, signora Alia, come va?

Luigi                             - (ha il bicchiere in mano e guarda intorno dove può gettare il contenuto) Oh, grazie d'esser venuto, scimpanzè!

Vanni                            - Ma ti pare, rangutango! Non stai mica male, no?

Luigi                             - Crepo di salute. Firminia, va nel...

Firminia                         - Vado ma prima beva.

Luigi                             - Berrò con comodo.

Firminia                         - No, deve bere subito, altrimenti quella medicina va a finire in un vaso o la getta dalla finestra.

Alia                               - Ma no!

Firminia                         - No? Mi ha rovinato le piante innaffiandole col jodoarsenico che doveva prendere per cura.

Luigi                             - (sospirando) Eppure un giorno nel martiro­logio umano, io avrò il mio posto! (beve).

Firminia                         - Avrà il posto, ma non avrà il bruciore di stomaco, perciò ringrazi Iddio.

Alia                               - (salutando) Lei mi permette, signor Vanni? Ho uno dei miei piccoli poco bene.

Vanni                            - Ha la tosse, ho sentito. Prego, si accomodi. Auguri.

Alia                               - (a Luigi) A rivederci più tardi. (Va via dal fondo).

Luigi                             - Ciao, cara!

Vanni                            - Come va il braccio?

Luigi                             - Non c'è più niente.

Firminia                         - (che sta riordinando la roba della medicatura per portarla via) Niente? C'è una ferita.

Vanni                            - Fortuna che l'hai presa di striscio, se no...

Luigi                             - (interrompendolo e indicandogli Firminia) Già... sì... la... l'altra macchina l'ho presa di striscio... Ero in quarta, quell'autista ha fatto marcia indietro, io marcio avanti, lui mi ammacca il parafango, io gli rompo il radiatore... Incidenti della circolazione!

Vanni                            - E cos'hai ora di così urgente da farmi correre qui, un'altra sfida?

Luigi                             - Sta zitto! (gli ripete i gesti di prima) Sì... ho un'altra sfida... a scopone! Scopone scientifico... Figurati se mi lascio battere io che gioco di scuola, spariglio, sette bello, Chitarrella...

Firminia                         - (prendendo in mano il libro indicato da Luigi poco prima) La signora ha dimenticato il suo ro­manzo.

Luigi                             - Quale?

Firminia                         - Il romanzo di cui discorreva poco fa, non è questo?

Luigi                             - Sì, ma lascialo lì, lo riprenderà poi.

Firminia                         - (legge il titolo) Ma guarda un po' che titoli, questi romanzi d'oggi! La cura dei vermi nei bam­bini.

Vanni                            - Ma non è mica un romanzo!

Luigi                             - Come no? Che ne sai tu? E' di genere in­timo, sentimentale. A proposito, Firminia, il medico non ha detto che quando ho il languorino di stomaco debbo sorbire una tazza di brodo?

Firminia                         - Sicuro! Ha di già il languore? Vede l'effetto delle gocce? Le ha appena prese... Miracolose! Vado a ordinarle...

Luigi                             - No, non ordinarmi niente, io non posso sof­frire il brodo di questa casa, sa di catrame.

Vanni                            - Come fa a saper di catrame?

Luigi                             - E' un brodo asfaltato. Dovresti invece pre­pararmene un sorso come sai farlo tu. Ti dispiace?

Firminia                         - Tutt'altro! Vado in cucina io.

Luigi                             - Mi rincresce...

Firminia                         - Ma mi ci vuole un po' di tempo.

Luigi                             - Avrò la forza d'aspettare.

Firminia                         - (col tono della maestra allo scolaretto) Bene, l'affido per poco al signor Vanni, con lui è sempre tranquillo. E stia buono, rimanga fermo, non muova il braccio, non si strappi i vestiti, non si alteri, aspetti qui. Con permesso! (Via da sinistra).

Vanni                            - (rifacendo il tono di Firminia a Luigi) Pielino, non ti mettere le dita nel nasino, veh? e non pe­stale i piedini...

Luigi                             - Va all'inferno anche tu!

Vanni                            - Non posso, son qui per sentire che altro ti capita, giacché mi hai fatto venire di furia.

Luigi                             - Prima di tutto riferiscimi che cosa si dice in giro.

Vanni                            - Mah! Sai, l'atteggiamento del Giappone di fronte all'America...

Luigi                             - Piantala! Voglio sapere che cosa si dice di me!

Vanni                            - In questi giorni le Cancellerie europee non pare che si occupino di te.

Luigi                             - Non fare lo stupido e rispondi!

Vanni                            - Ma cosa ti credi, il centro dell'universo, tu, che la gente s'intrighi di te e dei casi tuoi? C'è altro da fare a questo mondo, oggi!

Luigi                             - Ma della mia vertenza con Soris?

Vanni                            - Oramai è cronaca vecchia, si è capito che c'è di mezzo una donna e ciao!

Luigi                             - Come, si è capito? Chi ha capito? Ma cos'è, c'è anche chi capisce adesso? Ma dove siamo?

Vanni                            - Senti, non vorrai mica negarlo.

Luigi                             - Sicuro che lo nego! Io ti giuro che...

Vanni                            - Se in tutti questi giorni si è visto Soris con lei.

Luigi                             - (vivacemente) Non è vero!

Vanni                            - E se vuoi saperlo, erano anche a teatro ieri sera.

Luigi                             - Lo escludo assolutamente!

Vanni                            - Li ho visti io!

Luigi                             - Tu hai le traveggole! So che ieri sera lei è stata in casa.

Vanni                            - L'avrà fatto credere a te, ma erano insieme: lui col cerottino sul naso e lei elegantissima e più civetta che mai.

Luigi                             - Ma chi?

Vanni                            - Guelfa, diamine! Non puoi più nascondere che hai picchiato Soris per causa di Guelfa.

Luigi                             - Ah, Guelfa? E come no? Guelfa, sicuro!

Vanni                            - La piccola saetta.

Luigi                             - Appunto, la saetta.

Vanni                            - E chi pensavi che fosse, Firminia?

Luigi                             - Che ne so, io? Perciò mi stupivo. Ma corpo di bacco, vedi un po' come si viene a sapere sempre tutto! Ci tenevo tanto, io, a che non saltasse fuori il nome di Guelfa, e invece.

Vanni                            - Non lo avevi detto neanche a me.

Luigi                             - Soffrivo in segreto.

Vanni                            - Non rimpiangerla, vai! T'eri impegolato male. Ora la sbrendolina ha trovato un merlo con più denari di te...

Luigi                             - Buon prò le faccia!

Vanni                            - Con meno anni di te...

Luigi                             - Be', questo non conta! Io non l'ho mai pri­vata di niente, ho sempre speso per lei, ho profuso...

Vanni                            - E perciò ora hai perso le staffe.

Luigi                             - Io?

Vanni                            - Fino a menar le mani e ad avere una ver­tenza.

Luigi                             - Ah, si, giusto... Anzi, vuoi che ti confessi tutta la sacrosanta verità? Sì, l'abbandono di Guelfa mi ha colpito al cuore ne sono straziato!

Vanni                            - Però non si direbbe.

Luigi                             - Perché fingo: di fuori sorrido, ma di den­tro... (fa un gesto per dire che soffre assai). In tal modo questo affare è sistemato e non parliamone più!

Vanni                            - Così sia! Anche perché quei due sono par­titi assieme stamattina...

Luigi                             - Buon viaggio! Ora c'è dell'altro, molto più serio.

Vanni                            - Oh, santi numi, chi hai schiaffeggiato?

Luigi                             - Nessuno! Ma cosa credi, che io vada in giro seminando schiaffi di qua e di là?

Vanni                            - No, ma quando tu dici che hai qualcosa di nuovo, mi spavento. Mi ricordo a Sydney, con quell'in­digeno...

Luigi                             - Lascia andare Sydney! Ora si tratta di altra materia.

Vanni                            - Meno male, sentiamo l'altra materia.

Luigi                             - Oro.

Vanni                            - Hai scoperto dell'oro?

Luigi                             - Spero di scoprirlo.

Vanni                            - In Abissinia?

Luigi                             - Nelle tue tasche.

Vanni                            - Bandita deserta, caro : divieto di caccia.

Luigi                             - Ma io ho bisogno di quattrini.

Vanni                            - Siamo daccapo, eh? Quanto hai giocato?

Luigi                             - Niente, sei fuori strada.

Vanni                            - Allora è vero che ti vuoi sposare?

Luigi                             - Sì, apro un harem, tutto per me.

Vanni                            - E come mai ti occorrono quattrini? Da quan­do ci conosciamo è la prima volta che tu chiedi a me, finora ho sempre io chiesto a te.

Luigi                             - Si vede che oggi è arrivato il mio turno.

Vanni                            - E' possibile che la saetta ti abbia rovinato fino al punto di...

Luigi                             - E lasciala all'ufficio oggetti perduti, quella, che oramai non c'entra più! Io non sono rovinato per niente, ho tal quale tutto quello che avevo.

Vanni                            - Capisco, allora è una burla.

Luigi                             - Sarà, ma ho bisogno di quattrini lo stesso.

Vanni                            - A meno che tu non voglia di nuovo darti a qualche impresa pazza come l'affare dello Spitzberg... Ma bada che stavolta io non ci sto, e poi da queste parti io non saprei che pesci prendere... Del resto sono cambiati i tempi, e io...

Luigi                             - Vuoi chiudere quell'altoparlante di idiozie che è la tua bocca? Non c'è nessuna impresa di mezzo, è qualcosa di molto diverso. Quando ti ho detto di farmi da padrino, l'altro giorno, mi hai chiesto i moventi della vertenza? No! Ebbene, non chiedere nemmeno adesso. Rispondi; mi aiuti o no?

Vanni »                         - Che domanda! (Dopo una breve pausa) Quanto? Diecimila? Quindici? (Spaventandosi) Venti?

Luigi                             - Due.

Vanni                            - (rassicurato) Duemila?

Luigi                             - Due milioni!

Vanni                            - (lo fissa sbalordito) E poi ti svegliasti?

Luigi                             - Quando?

Vanni                            - Dopo aver sognato i due milioni, ti svegliasti?

Luigi                             - E non un soldo di meno, purtroppo!

Vanni                            - Vedi? Te l'ho consigliato tante volte di non appassionarti alle lotterie: promettono premi di milioni a bizzeffe, tu ti scaldi la fantasia e poi...

Luigi                             - Non dire sciocchezze! Più d'un milione ce l'ho io in banca.

Vanni                            - E allora dillo prima! Siamo a cavallo: un milione lo hai in banca, l'altro nella fantasia...

Luigi                             - E' tutto il mio avere, via quello rimango a terra.

Vanni                            - No, caro, hai la villa che vuoi affittare, perché non la vendi?

Luigi                             - Bravo, vedi che abbiamo sempre le idee uguali? Vendere è appunto quello che voglio fare. Ho anche il compratore.

Vanni                            - (lo fissa, capisce ed esclama) No... No, caro, non ce l'hai!

Luigi                             - Andiamo! Dopo tutti gli affari fatti assieme...

Vanni                            - Tutti sballati, non ne abbiamo mai azzec­cato uno!

Luigi                             - E le perle? Le pellicce? L'avorio?

Vanni                            - Quelli sono altri conti.

Luigi                             - L'altro anno mi chiedesti tu di vendertela.

Vanni                            - E me la rifiutasti! La volevo per mia figlia.

Luigi                             - Sei ancora in tempo.

Vanni                            - Che tempo! E' passato. Allora potevo, oggi non ho disponibilità.

Luigi                             - Cerca di averne, Vanni, si tratta del mo­mento più grave della mia vita.

Vanni                            - Ma corpo d'un cane, la tua vita è sempre piena di momenti più gravi!

Luigi                             - O bella, e la tua?

Vanni                            - La mia, si capisce... Non faccio che seguire te!

Luigi                             - Ci siamo sempre data una mano, l'un l'altro.

Vanni                            - Ma tu non vuoi la mano, ora, vuoi la cas­saforte!

Luigi                             - Quante volte tu hai preso da me?

Vanni                            - Sì, lo so, tu davi...

Luigi                             - Tu ricevevi...

Vanni                            - Poi io chiedevo...

Luigi                             - E io prestavo...

Vanni                            - Ora chiedi tu, eh?...

Luigi                             - E tu, una volta tanto...

Vanni                            - (grattandosi la nuca) Diavolo... diavolo... Ve­diamo un po'... Se interrogassi mio genero? Mi parlava appunto di una villa per i bambini, ma attrezzata allo scopo.

Luigi                             - Che ci vuol dentro, la levatrice?

Vanni                            - No, una villa con la palestra, col prato gran­de, dove ci siano già stati dei bambini...

Luigi                             - La mia è l'ideale.

Vanni                            - Già, ci stavi tu...

Luigi                             - E bisognerebbe far presto, sai?

Vanni                            - Anche presto? Un mese?

Luigi                             - Tre giorni!

Vanni                            - Bazzica!

Luigi                             - Come vedi, non c'è tempo da perdere!

Vanni                            - E' un bel grattacapo... Tenterò... Su le sette­centomila, mi pare, vero?

Luigi                             - Ottocento/Ossia, ottocentomila è valutata, ma mi è necessario un milione.

Vanni                            - Non puoi fare qualcosa di meno?

Luigi                             - Senti, caro: se ti parlo così, se invoco il nostro cameratismo di tanti anni...

Vanni                            - (gli tura la bocca) Non farmi il discorso patetico, non voglio che tu dica altro. Ho anch'io qual­che cosuccia alla banca, ciò significa che la differenza la completerò io.

Luigi                             - Per la fine del mese.

Vanni                            - Sono appunto tre giorni. (Arrabbiandosi) Ma per le corna di Mosè...

Luigi                             - Sei pentito?

Vanni                            - In tre giorni non posso avere nemmeno il tempo di pentirmi, bisogna correre, convincerò mia figlia, persuaderò Eugenio...

Luigi                             - Il di più te lo restituirò con interessi rego­lari, beninteso, fisseremo le date...

Vanni                            - Ma sì, ne discorreremo col ragioniere.

Luigi                             - Senti, Vanni... (vuol dirgli qualcosa ma non trova le parole).

Vanni                            - Be'?

Luigi                             - Aspetta, non è facile, cerco le parole della riconoscenza...

Vanni                            - E che le cerchi a fare? Ma sei pieno di bi­sogni oggi, prima cerchi i quattrini, ora cerchi le parole... Te le dissi io, forse, nella baia di Baffin, dopo l'affare dell'orca? Ci vogliono frasi tenere, capisci? Le sai tu? No! Io nemmeno. Non le sappiamo dire noialtri...

Luigi                             - Colpa tua, hai sempre parlato in un modo volgare!

Vanni                            - Io? Io che avevo il. linguaggio poetico e letterario...

Luigi                             - Schizzavi un moccolo a ogni frase!

Vanni                            - E tu che bestemmiavi per tutta la ciurma?

Luigi                             - Va là, pendaglio da forca!

Vanni                            - Vecchio filibustiere!

Luigi                             - (nel dare un'occhiata alla finestra, s'arresta di botto ed esclama concitato) - Che diavolo c'è lì?

Vanni                            - (va alla finestra) Dove?

Luigi                             - Nell'erba del fossato, lì sotto.

Vanni                            - Intorno a quel fabbricato?

Luigi                             - E' il serbatoio del Benziol. Non ti pare fumo, quello?

Vanni                            - Paglia che brucia.

Luigi                             - Sangue di...

Vanni                            - (fermandolo) Chi è che smoccola, ora?

Luigi *-                         - Vieni con me, subito, non perdere tempo!

Vanni                            - Ma...

Luigi                             - Corri, cialtrone!

Vanni                            - E passa, suino!

 (Correndo escono insieme dal fondo. Intanto s'è fatto scuro).

(Firminia viene da sinistra).

Firminia                         - (con la tazza di brodo in mano) Ecco il brodino a perfezione! Oh, dov'è? (Chiama) Signor Luigi! Benedett'uomo, adesso me lo fa raffreddare... Eh, che corrente! (Lascia la tazza sulla scrivania e chiude la finestra, indi passa a girar l'interruttore della luce accendendo le lampade in alto, poi riprende la tazza) Dove sarà andato, ora? (e si avvia verso il fondo).

(Dal fondo vengono Edo e Alia).

Alia                               - Firminia, il signore non era qui?

Firminia                         - Sì, signora, e vado appunto a cercarlo dove s'è cacciato, se no addio brodino!

Edo                               - Allora ditegli, per favore, che debbo parlargli immediatamente!

Firminia                         - Va bene, signore.

Edo                               - E lo aspetto qui, in direzione.

Firminia                         - Sarà servito. Con permesso. (Va via dal fondo).

Alia                               - Ma l'ho lasciato io poco fa, col suo amico.

Edo                               - Aspettiamolo, perché deve assolutamente spie­garmi la sua condotta cervellotica, per non dire altro!

Alia                               - Ma ti raccomando di rimanere nei limiti del rispetto, Edo! Non devi dimenticare che-

Edo                               - (senza badarle, l’interrompe) Ecco perché « teneva lontano, da una settimana a questa parte; ora rivela chiaro il suo contegno.

Alia                               - Aspetta a dirlo quando sarai sicuro.

Edo                               - Ed è possibile che a te non abbia accennati mai niente?

Alia                               - Niente, ti garantisco.

Edo                               - Insomma quest'uomo ha una lite col mio socio lo schiaffeggia, fa un duello provocando il ritiro di Sorii dall'azienda, ciò che significa il mio fallimento, e su tutta questa faccenda da cinematografo non dice neppure una sillaba almeno a te?

Alia                               - (impacciata) Perché a me e non a te, scusa

Edo                               - Perché gli sarà mancato il coraggio di parlarne a me direttamente.

Alia                               - Non è uomo al quale manchi nessun coraggio,!

Edo                               - Benissimo, assumine anche la difesa d'ufficio!

Alia                               - Non lo difendo, ma non l'offendo nemmeno ripeto che tu non puoi giudicarlo alle apparenze.

Edo                               - Che apparenze? Realtà oramai risapute perfino! dai sassi, tranne da me, si capisce, finché l'avvocato non mi ha riferito poco fa le eroiche gesta... Ma già, è ma individuo che non riuscirà mai ad abituarsi alla vita civile, crederà d'essere sempre tra i lapponi o i cannibali.

Alia                               - Senti, Edo, l'avvocato ha fatto male a raccon­tarti dei pettegolezzi e credo anche che abbia esagerato..,

Edo                               - Nessuna esagerazione, è la cronaca pura e semplice: un uomo già nonno si batte perché un giovinotto gli ha portato via l'amante.

Alia                               - Non dev'essere così, credi.

Edo                               - In altri termini, egli ha dato più valore alla rivalità per una cocottina che alla situazione in cui met­teva me.

Alia                               - Forse lì per lì non ha pensato, spinto dal rancore...

Edo                               - E per non sacrificare un po' di rancore, ha sa­crificato suo figlio, se è vero che egli sia mio padre?

Alia                               - Cos'è, lo rinneghi ora?

Edo                               - Non lo rinnego, per quanto questo sia il patto che Soris ha comunicato all'amministratore prima di! partire.

Alia                               - Quale patto?

Edo                               - . Che lui, Soris, è disposto a rientrare nella so­cietà soltanto se io mando via quello che egli definisce un padre ipotetico.

Alia                               - E' una vigliaccheria!

Edo                               - Non la commetterò, sta pur certa. Ma oggi i fatti mi danno il diritto di dubitare se la qualifica di padre ipotetico non risponda a verità.

Alia                               - Andiamo, Edo, oggi che tutte le prove lo hanno confermato...

Edo                               - Prove... prove... Quali prove? Quelle per lai paternità sono sempre prove per modo di dire.

Alia                               - Ma tu per il primo ne hai la certezza!

Edo                               - E se io avessi preso il più madornale granchio della mia vita? Se veramente lui non fosse mio padre?

Alia                               - Ma no, riflettici quando sarai tornato padrone di te, e vedrai che la sua condotta...

Edo                               - La sua condotta in questa contingenza è la dimostrazione più innegabile che egli non sente né pater­nità né altro!

Alia                               - Ma se tu stesso giuravi che nella tua coscienza ti sei sentito suo figlio!

Edo                               - Sentirsi è solo uno stato d'animo, e i sentimenti sbagliano assai spesso. Esserlo è quello che conta, non già sentirsi!

Alia                               - Sicché tu ora, dopo averlo cercato, dopo avere gioito nel trovarlo e proclamarlo tuo padre, dopo averlo fatto venire a vivere con noi, sei anche capace di dirgli: « Scusi, sa, signore, è stata una svista, abbiamo sbagliato', riprenda la porta e addio! ».

Edo                               - Ma giacche io vado a rotoli per colpa sua, mi pare umano e logico domandarmi se il padre che cer­cavo sia davvero quello che ho trovato oppure no!

Alia                               - Pensaci, Edo, che non si debba commettere un errore dietro l'altro.

Edo                               - Eh, cara mia, anche se è mio padre, il senti­mento della famiglia non lo si acquista di colpo a cinquant’anni suonati! Il senso della responsabilità si forma gradatamente col formarsi della famiglia stessa. Chi ha vissuto da solo per più di mezzo secolo, non ha che una legge, un'abitudine, un affetto: se stesso e basta! Tutte le sue azioni non dipendono che dal suo egoismo!

Alia                               - (decisa) Ah, no, senti, non ammetto che tu parli cosi!

Edo                               - Tu non riuscirai certo a convincermi che la causa del mio disastro oggi non sia lui.

Alia                               - Perfettamente, non lo nego, è lui!

Edo                               - Lo vedi? E tutto per contendere a Soris una donnina!

Alia                               - Una donna, non una donnina! Ed è verissimo, tutto è avvenuto per una donna.

Edo                               - Una cocotte!

Alia                               - (vivamente) Niente affatto!

Edo                               - E chi allora?

Alia                               - Tua moglie, Edo!

Edo                               - (stupito) Che? Tu?

Alia                               - Io, si! Quello che tu non avevi capito nella condotta di Soris, lo ha visto lui...

Edo                               - Ma cosa mi conti, ora?

Alia                               - La verità, purtroppo!

Edo                               - Evvia! Soris avrebbe potuto... A te? Ma no! E poi dove, quando, come?

Alia                               - Non importano i particolari.

Edo                               - Importano moltissimo, invece! Certe cose non sono fatte che di particolari... E io adesso voglio sapere tutto!

Alia                               - Non è il momento buono, ne discorreremo dopo...

Edo                               - Che dopo! Non sono mica affari che si riman­dano, questi! Si trattano subito.

Alia                               - Come faccio ora a dirti dei piccoli nonnulla insignificanti?

Edo                               - Insignificanti? Allora era un semplice corteg­giamento...

Alia                               - - E se era qualcosa di più, che serve saperlo, se c'è stato chi è intervenuto a tempo sostituendosi a te?

Edo                               - Sostituendosi a me? Ma come? E allora il duello... non è stato per la cocottina?

Alia                               - Quella non era che un pretesto!

Edo                               - Ah, perdio, devi confessarmi ogni cosa, ora, lo pretendo, ho il diritto di sapere fino in fondo!

(Dal fondo vengono Luigi, Vanni e Firminia).

Luigi                             - (ha gli abiti gualciti e infangati) Ma sì, me ne infischio, non è niente!

Vanni                            - Non vedi come ti sei conciato, ti pareva il caso di farlo?

Edo                               - Che cosa c'è?

Vanni                            - Cosa vuole che sia, caro dottore, una tirata di mente... (indicando Luigi) Al solito, ha voluto fare il bel gesto.

Luigi                             - Macché bel gesto, era necessario!

Firminia                         - Ma non col braccio ferito, scusi!

Luigi                             - In ogni modo, non mi son fatto niente, vedete?

Vanni                            - Potevi romperti l'osso del collo!

Luigi                             - Son caduto sul terriccio molle...

Alia                               - Ma dove, caduto dove?

Edo                               - Spiegatevi, per favore!

Luigi                             - Niente, oramai non c'è più pericolo...

Vanni                            - Non ce n'era neanche prima di pericolo, ma lui è così, se non fa il miracolista non è lui!

Edo                               - Ma dov'era il pericolo?

Vanni                            - In un poco d'erba secca che bruciava nel fossato, si figuri.

Edo                               - Intorno al serbatoio?

Luigi                             - Appunto! Dovevo lasciare che il fuoco arri­vasse al carburante?

Alia                               - Per amor di Dio!

Luigi                             - In ogni modo, io non mi sto dando l'aria di eroe!

Vanni                            - Ma questo inutile allarme potevi risparmiarlo, vuoi far sempre tutto fulmineamente, anche il pompiere, adesso!

Alia                               - Ma spiegatevi una buona volta, santo cielo!

Vanni                            - Ha visto da quassù un po' di fumo e si è precipitato lui...

Luigi                             - Finché si chiamavano gli operai, passava tanto di quel tempo...

Firminia                         - - Ma non si rischia la vita con tanta facilità!

Luigi                             - Va Via, tu, va... va al cinematografo!

Vanni                            - Accusa la signora Alia d'esser melodramma­tica, quando lui è tragico addirittura!

Alia                               - Insomma, uno compie un atto dì valore, non si fracassa per grazia di Dio, e si deve anche rimpro­verarlo?

Vanni                            - Ma sì, perché è il suo solito viziaccio di fare il colpo di scena e lanciarsi alla cieca; da giovine andava, ma ora, pesante com'è...

Edo                               - S'è lanciato lui nel fosso?

Alia                               - Dio buono, ma è profondo!

Firminia                         - Quello salta come i gatti.

Vanni                            - Bastava chiamar gli operai, lì accanto ci sono le pompe...

Luigi                             - Le hanno messe in azione solo adesso!

Edo                               - E chi aspettavano? Ora mi sentiranno! (Via dal fondo).

Alia                               - Vuoi un cognac? (Apre un armadietto e pren­de quel che occorre).

Luigi                             - Oh, finalmente, s'incomincia a ragionare!

Vanni                            - Si ragionerebbe sempre, se tu non facessi le bravate improvvise...

Luigi                             - Era inutile dirlo a Edo! In quel deposito c'è tutta l'opera sua, io avevo il dovere di salvarla...

Vanni                            - Sì, ma tu adesso incominci a esagerare coi tuoi doveri paterni...

Firminia                         - Cos'è, il padre dei Gracchi, lei?

Vanni -                          - Se ognuno facesse per un figlio tutto quello che stai facendo tu, sarebbe un'ecatombe di padri!

Firminia                         - Guardi lì, pare San - (Lazzaro!

Luigi                             - Ecco, questa è la sola cosa che mi dispiacer un bel vestito nuovo... (A Vanni che gli beve il cognac) Ma, oh!

Vanni                            - (restituendogli il bicchiere vuoto) Me lo do­vevi, non ti ricordi?

Firminia                         - (spazzolando Luigi alla meglio) E poi mi dà torto quando dico che si strappa sempre i vestiti : non fa altro!

(Edo torna dal fondo).

Edo                               - (furente) Era proprio un tentativo di far sal­tare il deposito, distruggere il Benziol, insomma! Ma, corpo di Giuda, accetto la lotta, io, perché farsi schiac­ciare come un verme senza reagire è da minchioni, per il demonio!, e vedranno che ora, sangue di...

Luigi                             - (dandogli energicamente su la voce) Ehi! Ehi! che modo di parlare è il tuo? Ma Vanni, tu senti quel maleducato che moccoli tira anche lui?

Vanni                            - Peuh! E' proprio tuo figlio!

Luigi                             - (a Edo) E poi, tu non ti permetterai di muo­vere un passo senza interrogare i tuoi soci!

Edo                               - I soci?

Luigi                             - Sicuro! Dal momento che vengono versati i due milioni...

Edo                               - Da chi?

Luigi                             - Da noi, io e Vanni, corpo di...

Gli altri                          - (pronti a fermargli l'imprecazione) Eh!

Vanni                            - Sì, io faccio la bella figura, ma è lui che paga del suo.

Edo                               - (commosso, tendendogli le mani) Papà...

Luigi                             - (ribellandosi subito) Ancora? Ho detto che...

Gli altri                          - (interrompendo) Un momento, un mo­mento!

Luigi                             - Che?

Alia                               - Scusa, lo hai liberato da un nemico...

Firminia                         - Ha rischiato la vita or ora...

Vanni                            - Gli dai tutto quello che hai...

Luigi                             - (sorridendo) Ah, be'... allora posso anche es-$^re papà... Ma ce .n'è voluto!

Vanni e Firminia           - (scherzosamente) Papà...

Luigi                             - (inseguendoli) Al diavolo, voi, vecchiacci del­la malora!

                                                                  FINE