Il piacere di dirsi addio

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L’ORSO ( scherzo in un atto )

febbraio 2011

 


Due atti unici

Addio, amore mio                             di    Mario Pozzoli

L'amaro piacere di dirsi addio

                                              

Sono qui per dirti addio                   di    Mario Pozzoli   

Il delizioso piacere di dirsi addio                

1ª rappresentazione:      Buccinasco,   21 gennaio 2012

Auditorium della Fagnana, via Tiziano

Questa commedia è tutelata dalla SIAE    (codice SIAE:  898378A)

TITOLO DELL’OPERA:        Il piacere di dirsi addio

                                  (codice SIAE: 898378A)

AUTORE:                                MARIO POZZOLI (da A. Cechov e J. Renard)

GENERE:                                 Due atti unici:  seducente e spassoso

ATTI:                                     Due:  30 minuti / 40 minuti (circa)

 

SCENA:                                  Variabile

PERSONAGGI:                        2 donne, 3 uomini

SOGGETTO:                            «Lasciarsi di venerdì porta disgrazia?» si domandano le eroine di queste storie avvincenti e indimenticabili. E ognuna di esse risponderà in maniera diversa, originale.

                                  Due atti unici che si intrecciano in maniera paradossale, ma diversissimi tra loro, tratti da due autori dell’800, in una nuova traduzione, riduzione e adattamento agli schemi dell’attuale commedia moderna.

Seducente il primo, spassoso il secondo. Da vedere!!!

INFORMAZIONI:                  Mario Pozzoli    cell.  334 3320184


febbraio 2011

 


di Mario Pozzoli


P E R S O N A G G I

01)  ANGELICA       (Oh, mio Dio!)                    

02)  BRUNO             (Che viene da chiedersi :« )


E L E N C O     S C E N E

scena 1         l’ultimo incontro       

scena 2         i futuri sposi                 

scena 3         la domanda

scena 4         finale

Per il dettaglio delle musiche, per informazioni, suggerimenti oppure per ricevere una copia del  CD  con TUTTE le musiche originali di scena  (fornita senza alcuna spesa)  contattare l’autore:

Mario Pozzoli  - Tel.  334 3320184


ATTO   UNICO

- L’amaro piacere di dirsi addio -

N.B.   Le battute in questo carattere si ripetono uguali  (o con minime variazioni)  in tutti e due gli atti unici.

scena  1

l’ultimo incontro

                               - LUCI  PALCO  soffuse

- LUCI  SALA  fine

                               Entra Angelica da sinistra. Indossa a scelta un pigiama, una camicia da notte, una vestaglia, un accappatoio.

                               - APPLAUSI  REGISTRATI

                              

                               Col classico incedere della concertista si presenta al pubblico per l’applauso e lo riceve benignamente.

                               Poi si gira e prende posizione al pianoforte. Un cenno d’intesa con il direttore d’orchestra  e...

                              

- CIAIKOVSKJ - CONCERTO PF N.1 OP.23 - 1° MOVIMENTO

                               Ora Angelica (che deve conoscere a fondo il pezzo orchestrale!) suona la parte al pianoforte.

                               Bruno entra da destra dopo 10 secondi circa, quando il piano ha iniziato a suonare.

                               Occupa il tempo fino a quando la musica decresce di volume, - 54 secondi - togliendosi il soprabito, facendo sgocciolare l’ombrello, guardando il poster appeso valutando quello che rappresenta.

                               Fatte queste tre cose, accende la luce centrale.

                               - LUCI PALCO  piene

                               Poi si mette alle spalle di Angelica.

                               Quando la musica decresce di volume, - 54 secondi -  Bruno cerca di stringerla a sé.

                               Angelica si nega e continua a suonare fino alla fine del brano

- minuto 1,30 -

BRUNO -              (scivola via)  Non avevo in mente nulla di imbarazzante.

ANGELICA -        Nemmeno io; e quindi è inutile.

                               Pausa.

BRUNO -              Buongiorno, Angelica.

ANGELICA -        Buongiorno a te, Bruno.

                               Pausa.

BRUNO -              La quinta di Beethoven!

ANGELICA -        Ciaikovskj!

BRUNO -              Non l’imbrocco mai!

                               Angelica termina il pezzo al pianoforte - minuto 1,30 - e poi si alza.

ANGELICA -        Come vanno i preparativi? (esce da sinistra per cambiarsi)

BRUNO -              Vanno che viene da chiedersi: «Sarà un bene?» Perché poi non è possibile addormentarsi celibe e risvegliarsi sposato?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientra)  Oh, mio Dio, sarebbe troppo bello! Molti si sono lasciati poco prima del matrimonio a causa dei preparativi!

BRUNO -              In Comune mi hanno indirizzato di qua, di là, a destra, a sinistra. «Non è il giorno giusto. C’è lo sciopero!». Viene da chiedersi: «Ma è la prima volta che qualcuno si presenta in Comune per sposarsi?»

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientra)  Povero caro!

BRUNO -              Da lì via di corsa dal sarto. L’abito non andava ancora bene: ho una spalla più bassa dell’altra. (si guarda e muove le spalle) Boh!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientra)  Non l’avevo notato.

BRUNO -              Poi sono andato in Chiesa. Sembra proprio che dovrò confessarmi.

                               «Mio caro giovanotto, il problema si pone in questi termini: essere veramente cristiani o fingere di esserlo? Vivere solamente le tradizioni oppure... » Bla, bla, bla. Mi aspetta un piacevole quarto d’ora.

                               (si siede al tavolo, sulla destra)

ANGELICA -        (fa capolino con la testa) Oh, mio Dio, credo proprio che per lavarti l’anima ci vorrà un po’ più di un quarto d’ora! (esce)

BRUNO -              Dici?

 

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientra) La tua fidanzata ti sarà grata di un simile sacrificio!

BRUNO -              Lei ci tiene... e io l’accontenterò! Che devo fare?

ANGELICA -        (rientra e si appoggia al pianoforte, guardandolo) Accontentarla!

BRUNO -              Angelica, verrai in Chiesa?

ANGELICA -        Verrò.

BRUNO -              Ci conto. (un tempo. Molto acido) Ci divertiremo.

ANGELICA -        Senza dubbio. Ed io sarò in prima fila, a godermi lo spettacolo!

BRUNO -              Come mai non hai avuto nemmeno una piccola esitazione ad acconsentire? Viene da chiedersi: «Costei verrà forse nascondendo sotto la gonna pistole, fucili e bombe a mano!

ANGELICA -        Eh, eh! Vuoi conoscere fin da ora le mie intenzioni? Sarà una sorpresa.

BRUNO -              Non mi spaventi. Però mi piacerebbe sapere in anticipo cosa userai di tutto ciò.

ANGELICA -        Di sicuro non le bombe a mano. Avrei paura di rovinarmi il vestito!

BRUNO -              (sorride) Le donne! E per divertirci fino in fondo sai cosa farò? Ti presenterò alla mia novella sposa.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, forse questo è davvero un po’ troppo!

BRUNO -              «Cara, ecco Angelica, una mia lontana parente...»

ANGELICA -        «Appena arrivata dall’Inghilterra...»

BRUNO -              «E’ sola e adora i bambini...»

ANGELICA -        «Quando avremo dei frugoletti, li affideremo a lei per avere qualche serata di libertà.»

BRUNO -              (divertito) Non sei proprio una donna come le altre!

ANGELICA -        Nessuna donna è come le altre. (recita, tipo diva del cinema anni venti) E dunque: che donna son io?

BRUNO -              Mah. Una donna... Una donna di tatto.

ANGELICA -        (recita, tipo diva del cinema anni venti) Oh, mio Dio! Che ritratto freddo e antico!

BRUNO -              Una donna eccezionale!

ANGELICA -        (recita, tipo diva del cinema anni venti) Questo, mio caro amico, mi appaga assai di più!

BRUNO -              (un tempo. Triste) Non ci rivedremo più.

ANGELICA -        Ci rivedremo da amici.

BRUNO -              Amaro. Amaro e desolante.

ANGELICA -        La vita!

BRUNO -              Perché non volevi che oggi venissi qui?

ANGELICA -        Perché oggi è venerdì. Non pensi che lasciarsi di venerdì porti disgrazia?

BRUNO -              Porta sempre disgrazia quando ci si ama.

ANGELICA -        Il venerdì per me è sempre stato un giorno infausto.

BRUNO -              Mentre venivo qui mi chiedevo: «Come sarà questo nostro ultimo incontro? Come sarà lei? Come mi affronterà?».

ANGELICA -        Non ti angustiare. Non ho proprio nulla da rimproverarti, mio caro Bruno. Sapevo già, quando mi sono data a te, che un giorno o l’altro avrei dovuto “riprendermi”.   Noi non siamo persone tipo “due cuori e una capanna”.

BRUNO -              Già.

ANGELICA -        Io povera, una povera pianista mediocre.

BRUNO -              Brava pianista.

ANGELICA -        E va bene, brava. Ma per poter vivere con l’arte non basta. Bisogna essere molto, molto bravi; dei geni.

BRUNO -              E anche così... Se non hai fortuna...

ANGELICA -        Appunto. Quindi, dicevo, io povera, tu squattrinato, sapevo già che il nostro amore sarebbe stato senza futuro.

BRUNO -              E’ tutto così difficile...

ANGELICA -        Certo. Ma ormai i nostri cuori se ne sono fatta una ragione e si sono lasciati staccare.

BRUNO -              (sconsolato) I nostri cuori...

ANGELICA -        (dal ripiano del pianoforte prende un sacchetto e, sedendosi al tavolo sulla sinistra, glielo porge. Come canzonandolo:)

                               Di questi nostri poveri cuori, ho messo in questo sacchetto le loro ultime radici: le tue fotografie, uno spazzolino, una cravatta... Le tue lettere le ho bruciate.

BRUNO -              I posteri ti giudicheranno!

ANGELICA -        Già, non potranno mai sapere che sei stato un grafomane! Ci sono anche i libri che mi hai prestato.

BRUNO -              (estraendone uno) Ah, “Alla ricerca del tempo perduto”. Marcel Proust.

                         Ti è piaciuto?

ANGELICA -        Noiosissimo! Cinquanta pagine per raccontare che la mamma non gli ha dato il bacio della buona notte!

BRUNO -              Viene da chiedersi: «A che servono le letture impegnate?»

                               Si guardano un attimo in silenzio.


scena  2

i futuri sposi

BRUNO -              E’ talmente raro lasciarsi così? Ci siamo amati finché è stato possibile, come si ama una sola volta nella vita, e ora ci separiamo, perché bisogna separarsi.

ANGELICA -        E sarà giusto farlo. Senza odio, senza amarezza, senza cattiveria.

BRUNO -              C’è quasi un sottile piacere nel dirsi addio con te.

ANGELICA -        (amara) Già, il famoso piacere di dirsi addio! (un tempo) Le mie foto?

BRUNO -              Eccole. Tranne questa, la conservo. (la mette nel portafoglio)

ANGELICA -        Sarebbe meglio che tu mi restituissi anche quella.

BRUNO -              Assolutamente no. (infila il portafoglio nella giacca)

ANGELICA -        Oh, mio Dio, falla a pezzi, piuttosto che finisca ammuffita in fondo ad un cassetto.

BRUNO -              No, non invecchierà in un cassetto, ma qui (toccandosi il petto),sul mio cuore. Lasciami di te almeno questa. Il viso di una persona, anche se cara, svanisce presto nella memoria.

ANGELICA -        (sorride, triste. Un tempo) Le mie lettere?

BRUNO -              Le tue (sottolineando) tre lettere. Fredde come delle fatture!

ANGELICA -        Detesto scrivere.

BRUNO -              Voglio conservare anche quelle. Mi difenderanno dalla nostalgia.

ANGELICA -        O potrai registrarle nelle spese.

BRUNO -              Scaricando l’Iva.

ANGELICA -        (sorride, un tempo)  E così il gran giorno si avvicina. E la futura sposa sa apprezzare le cose belle?

BRUNO -              Sì, quando costano care!

ANGELICA -        Oh, oh! E quando siete soli com’è? Appassionata?

BRUNO -              Come un mobile.

ANGELICA -        Dolce?

BRUNO -              Come un thriller.

ANGELICA -        Oh, mio Dio! Carina?

BRUNO -              Tu sei carina.

ANGELICA -        Stiamo parlando di lei. Ti piace almeno?

BRUNO -              Diciamo che mi sto abituando. Ma viene da chiedersi: «Riuscirò a convivere con quella zitella, ricca, stagionata e fredda come un iceberg?». (si guarda in giro con attenzione)

ANGELICA -        Ce la farai. Se non altro per il primo aggettivo che hai pronunziato: ricca. (lo osserva) Cosa guardi?

BRUNO -              Mi riempio gli occhi. Faccio provviste di ricordi.

ANGELICA -        I ricordi... (si scuote) E ha gusti particolari?

BRUNO -              Chi?

ANGELICA -        Chi mai? La zitella.

BRUNO -              Le piace tutto quello che piace a me.

ANGELICA -        Insipida, allora?

BRUNO -              Come una rapa. Ma piena di soldi, come hai appena sottolineato. Tanti... Tanti come quelli di Adriano.

ANGELICA -        (si alza, risentita)  Lasciamo perdere Adriano!

BRUNO -              (si alza)  Viene da chiedersi: «Mi sposo solo io?»

ANGELICA -        Certo che no.

BRUNO -              E quindi come abbiamo parlato del mio, possiamo ben parlare del tuo di matrimonio.  Tu ti interessi al mio futuro, il meno che io possa fare è di preoccuparmi del tuo.

                               D’altronde ci stiamo sistemando con un reciproco consenso, o no?

ANGELICA -        Mio Dio, sì.

BRUNO -              Mio Dio, sì. E viene spesso qui?

ANGELICA -        (sfugge) Una volta alla settimana. Regolarmente.

BRUNO -              Metodico e ordinato!

ANGELICA -        Già.

BRUNO -              Non più di un tè alla settimana, dunque?

ANGELICA -        Già.

BRUNO -              E immagino non aggiunga mai una fetta di limone, d’arancia, zucchero. Si accontenta di gustarlo, insieme a te, insipido, come l’acqua calda.

ANGELICA -        Già.

BRUNO -              E mentre tu lo bevi, lui ti guarda... ti adora... ti venera... come una regina... come una Venere... posta sull’altare dell’amore.

ANGELICA -        (sorridendo) Non proprio.

BRUNO -              Angelica, io lo facevo.

ANGELICA -        (si gira e lo guarda) Lo so, Bruno, lo so... E lo ricordo.

                               Si guardano ancora.

BRUNO -              E quando viene, come passate il tempo?

ANGELICA -        (va al proscenio, verso il pubblico) Cosa vuoi che si faccia? Un cinema, un giro in galleria... Si parla, molto. Lui sa molto. Si interessa di tutto. Gli piace la musica classica.

BRUNO -              Almeno in questo ti soddisfa!

ANGELICA -        Già.

BRUNO -              (la segue, girato verso di lei)  E quando la conversazione è finita e la musica tace?

                              

ANGELICA -        Oh, mio Dio! Ne abbiamo già parlato un secondo fa.

BRUNO -              Io ho parlato di me, non di lui.

ANGELICA -        Sì, è vero. E allora mi rifugio nel diritto internazionale di non rispondere.

BRUNO -              Indovinerò:  e quando la conversazione è finita e la musica tace, cala gelido l’imbarazzo. Il disagio riempie l’aria che si fa densa di tristezza. E poi... il freddo e squallido dovere.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, vista così, è atroce! Forse nella realtà è un poco meglio.

BRUNO -              Sono contento per te. Ma... senza amore, come si fa?

ANGELICA -        Si fa. Si fa.

BRUNO -              Ma senza l’amore, che rende felici, come farai?

ANGELICA -        Attento a te, mio caro, l’amore non dà la felicità. Bisogna prima essere felici per poter veramente amare.  E poi ci sono altre cose nella vita... L’amore l’ho conosciuto con te. Ora posso rinunciarvi.

BRUNO -              Viene da chiedersi...

ANGELICA -        (lo interrompe, stizzita) Non viene da chiedersi nulla!

BRUNO -              Nulla chiederò! (si siede al piano)

ANGELICA -        (va al piano, in piedi, sul fianco che da sul fondo, girata verso di lui) Adriano è un buon amico. Mi vuol bene per quella che sono, per le mie qualità, e non per le sue soddisfazioni.

BRUNO -              Frugale adoratore!

ANGELICA -        Adriano conserva le maniere dei secoli passati. Quando viene a trovarmi, per delicatezza mi avverte con due giorni di anticipo.

BRUNO -              Oh, mio Dio, diresti tu!

ANGELICA -        E’ felice di sposare una donna niente affatto spiacevole. Una donna che gli mostrerà sempre un viso felice, che l’ascolterà con interesse e che gli sarà buona compagna. Una donna che riceverà con garbo i suoi amici, senza annoiarlo mai.  Lui non chiede che io gli prometta più di questo.

BRUNO -              E se venisse a sapere di un tuo, diciamo, piccolo sbandamento?

ANGELICA -        Non ci sarà nessuno sbandamento, puoi esserne certo. Ma se dovesse succedere e venisse a saperlo, non me lo farebbe capire.

BRUNO -              Un gran signore, dunque.

ANGELICA -        Un gran signore.

BRUNO -              Poi è ricco, molto. Non decrepito, immagino, forse non più giovanissimo, ma ancora attraente.

ANGELICA -        Esatto.

BRUNO -              Insomma un uomo piacevole, cordiale, ben curato, fisico in gran forma. Il tipo d’uomo da cui una donna divorzia con piacere.

ANGELICA -        E invece io lo sposo!

BRUNO -              E a questo punto viene da chiedersi: «Ma di uomini così, ne esistono ancora?»

ANGELICA -        Io l’ho trovato.

BRUNO -              (ironico) Una fortuna! (si alza. Andrà a guardare la lampada. Da lì) E così vissero tutti felici e contenti.

                               Il signore non più giovanissimo, ma ancora attraente, vicino a te, farà la sua fine.  Io sto preparandomi la mia, vicino alla stagionata, insipida, ma ricca zitella.  E tu prepari la tua, vicino all’ultimo gentiluomo rimasto sulla terra.  Una catastrofe!

ANGELICA -        Senza vittime.

BRUNO -              Questo non lo credo. Le vittime ci saranno, e saremo noi.  Io, costretto a vivere con la zitella, e tu accanto al metodico, colto, non più giovanissimo.

ANGELICA -        E costoro faranno di noi delle vittime. Speriamo di no.

BRUNO -              Lo spero anch’io. Ma sai, viene da chiedersi: «Sapranno amarci? E come?».

ANGELICA -        Non essere amati è solo sfortuna. Non saper amare è una tragedia. Albert Camus.


scena  3

la domanda

BRUNO -              (si siede al tavolo e dopo 13 secondi) Una domanda. Così. Sciocca. Sai quelle che si pongono ai bambini, del tipo: «Vuoi più bene al papà o alla mamma?».

ANGELICA -        (seduta al piano) Non troppo sciocca, forse.

BRUNO -              Forse no.

ANGELICA -        Giusto per metterli in difficoltà. (un istante di silenzio) Sentiamo.

BRUNO -              Se io ti pregassi di farlo, rinunceresti ad Adriano?

ANGELICA -        Oh, mio Dio! Sciocca! L’ho detto.

BRUNO -              Forse.

ANGELICA -        Al punto in cui siamo è una domanda senza senso.

BRUNO -              Sì, hai ragione. Era solo per fare conversazione, quella conversazione che mi permette di restare ancora un po’ qui, a inzupparmi di questo luogo.

ANGELICA -        E allora, solo per fare conversazione, ti ricordo che una sera tu mi chiedesti di sposarti, di partire con te, per vivere in una baita in montagna, dove la vita costa meno, col solo pane quotidiano, la natura, gli animali.  Ricordi forse cosa ti ho risposto?

BRUNO -              Che la miseria ti spaventa, così come il pane secco, il freddo, lo sporco. Mi hai risposto che le bestie da accudire ti fanno orrore e che le tue mani non sono adatte a preparare la legna per l’inverno, ma solo a fare carezze.

ANGELICA -        Hai buona memoria.

BRUNO -              Buona, sì. (un tempo) A quando il matrimonio?

ANGELICA -        Oh, mio Dio, ancora! (si alza e sfoglia uno spartito posato sul piano) Presto.

BRUNO -              Sa che tu... insomma...

ANGELICA -        Lo sa. Adriano conosce la vita.

BRUNO -              (viene avanti, girato verso il pubblico) Anche la mia futura suocera conosce la vita. E soprattutto credo che conosca la mia di vita, perché un giorno mi ha detto: «So chi sei e cosa hai fatto finora. Nulla. E con questa parola sono stata più che indulgente. Pur tuttavia so per certo che farai felice mia figlia, o io non conosco più gli uomini!»

ANGELICA -        Perdutamente conquistata!

BRUNO -              Già. E quindi con me, la zitella sarà felice. Adriano sicuramente lo sarà con te. Ma a questo punto viene da chiedersi: «E noi? Noi saremo felici?»

ANGELICA -        Cercheremo di esserlo.

BRUNO -              Cercheremo, dici.

ANGELICA -        Sei ossessionato da questa parola, felicità.

BRUNO -              Ho paura.

ANGELICA -        Anch’io, ma dobbiamo essere coraggiosi. D’altra parte di felicità ce n’è più d’una. Non sono tutte uguali. E ognuna ha il suo fascino. (si siede al pianoforte con lo spartito)

BRUNO -              Credo che gli anni felici della mia vita siano finiti. E non torneranno più.

ANGELICA -        Sei ancora giovane.

BRUNO -              Dentro non più. Quando mi hai accolto nella tua vita, dentro ero un ragazzo, ora un vecchio se ne va. (si gira verso di lei)

ANGELICA -        Eri come un ragazzino, un adolescente  incivile e primitivo.

                               Mi sono divertita a trasformarti in un una persona adulta, distinta,  che sa come vestirsi; pulita e profumata, con il nodo alla cravatta sempre a posto.

BRUNO -              Mi hai insegnato altre cose ancora, molto più interessanti.

ANGELICA -        (ride) Oh, mio Dio, certo che sì! E tu imparavi molto velocemente!

(si alza, estrae una lettera, gliela porge)  Una tua  lettera.

BRUNO -              Non le avevi bruciate?

ANGELICA -        Tutte, tranne questa. A questa ci tengo. E’ la testimonianza della felicità che mi devi. Quattro pagine! (torna a sedersi al pianoforte)

BRUNO -              (la prende) Quattro pagine! Quando il cuore parte, chi riesce a fermarlo?

                               (la guarda) La riconosco. Carta da quattro soldi. L’ho scritta in un caffè, appena uscito da casa tua, ancora tutto... (si ferma)

ANGELICA -        Ancora tutto fremente.

BRUNO -              E palpitante d’amore. (la apre)

                               Angelica inizia a suonare e continuerà fino alla fine della musica.

                               Bruno viene al proscenio e, rivolto verso il pubblico, legge.

                               Angelica aspetta circa 9 secondi dall’inizio della musica. Poi cita la lettera a memoria.

ANGELICA -        «Ti amo. Ti amerò per sempre. Irrevocabilmente. Amo la tua anima e il corpo che la riveste. (un tempo) Sei così indulgente con i difetti altrui che si amano i tuoi.»

                               Praticamente mi hai detto che sono piena di difetti!

BRUNO -              Non volevo dir questo.

ANGELICA -        «Ami lo specchio, perché puoi ammirarti; il cinema, perché puoi ridere; il teatro, perché puoi appassionarti; il mondo, perché ti inebria.» (un tempo)

«Sei pigra, e giustamente, perché credi che il ruolo di una bella donna sia quello di restare sempre tale. Sei donna, come la sogna un uomo, e allora sei certa che ti si debbano, senza nemmeno chiederli, vestiti, denaro, gioielli.»  Non sempre delicato, direi.

BRUNO -              Lo ammetto.

ANGELICA -        «Vuoi essere amata delicatamente. Desideri che ti si offra un mazzetto di viole, un cioccolatino, un braccialetto da due soldi. Chiedi che si abbiano per te quelle piccole attenzioni senza prezzo, che riscaldano il cuore di una donna, più di una collana di diamanti.»

BRUNO -              Qui mi sono riscattato!

ANGELICA -        Ti eri già dimenticato di quello che avevi scritto due righe prima!

                               Bruno con rabbia getta la lettera per terra.

                               Angelica smette di suonare.

BRUNO -              Tu sei la donna che sognavo! Tu! E adesso dovrei lasciarti!

ANGELICA -        Bruno, Bruno... questo non è scritto! (si alza dal piano)

BRUNO -              Angelica, io amo di un amore divorante, appassionato, incomprensibile, indistruttibile.  Una sola parola e io mando tutto all’inferno. La zitella, i suoi soldi, il mio avvenire.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, faresti questo per me?

BRUNO -              Esattamente!

ANGELICA -        Grazie. Una tale dichiarazione d’amore Fa sempre piacere a una donna. Ma quella parola non la dirò. Me ne starò zitta. (un tempo) Ostinatamente zitta. (si siede al tavolo)


scena  4

finale

BRUNO -              Angelica, come potrò vivere senza di te?

ANGELICA -        (scherzando) Senza di me o senza il mio... tè?

BRUNO -              Di entrambi. Io... Io ho sete, sete di te... e di tè... sì, insomma...

ANGELICA -        Non ti disseterai!

BRUNO -              (si siede) Perché no? Sarà delizioso. Forse triste, ma delizioso. Sarà...

ANGELICA -        Sarà sporco! E quel tè avrà un amaro sapore: il gusto dell’adulterio ancora prima di appartenere a chi si sposa.

BRUNO -              No, avrà il gusto del nostro amore, da domani costretto a restare per sempre in uno scrigno, in fondo al cuore.

ANGELICA -        Mi stai offrendo di rivivere per l’ultima volta la bellezza della nostra passione, per poi stingerci la mano e prendere ognuno la propria strada. Che idea squallida!

BRUNO -              Ma non è vero! E poi, scusa, a chi faremo del male?

ANGELICA -        A noi stessi.

BRUNO -              (si alza, acido e cattivo. Appoggia le mani al tavolo e la guarda fissa negli occhi) ) Sei ridicola e infantile. Rifiuti per orgoglio, per avere un’aria onesta, perché sei irritata a causa del mio matrimonio. Come se non fosse opera tua! Tu mi hai spinto, malgrado non volessi. E ora capisco la tua trama: fare in modo che me ne andassi, per conto mio, così avresti avuto la scusa pronta per realizzare i tuoi progetti da gatta sorniona. E scommetto che da tempo il tuo Adriano aspettava alla porta!

ANGELICA -        Oh, mio Dio! Bruno...

BRUNO -              La prova che dico la verità è che io ti sacrificherei, subito, senza rimpianti, una fortuna a cui non tengo, mentre tu...

ANGELICA -        Questo prova solamente che faresti uno sbaglio e che io, sola, ragiono, per tutti e due.

BRUNO -              (si alza) Basta! Non me ne importa più nulla! Non sei poi quella donna che mi sono sempre portato nel cuore! (prende di malagrazia il suo soprabito e l’ombrello)

Addio, Angelica. Non arrivederci. E saluti al signor Adriano! (ma non esce, armeggia con l’ombrello)

ANGELICA -        (con dolorosa malinconia) Così doveva finire! Che modo meschino! Lo temevo. Mi lasci con gli insulti dopo essere venuto come un bravo ragazzo, desideroso di essere leale e tenero fino alla fine.

                               Ma già, sedurre una donna è cosa che sa fare qualunque imbecille. Saperla lasciare con eleganza, qui si riconosce il vero uomo, il signore che non ho saputo fare di te.

                               Gli amanti contano per i buoni ricordi che si lasciano. Noi avremmo dovuto lasciarci dei ricordi preziosi, ma tuhai rovinato tutto.

BRUNO -              (contrito) Io rovino sempre tutto! Ma tu non c’entri. Tu sei un’amica adorabile e io veramente un amante meschino. Mi riprometto sempre di essere come non sono, di fare ciò che non riesco a mantenere. (un tempo) Meschino.

ANGELICA -        Ma no, non è vero. E’ che a volte provi un sottile piacere a dire parole crudeli. Ma io so che non le pensi.

BRUNO -              Mi passano per la testa e non riesco a tacere.

ANGELICA -        Fino ad ora eri stato così saggio e giudizioso! Tutto andava così bene. Cosa ti ha preso?

BRUNO -              Un eccesso di cattiveria.

ANGELICA -        Ti perdono.

BRUNO -              Tu perdoni sempre. Ma il tuo perdono non mi scusa. Sbaglio sempre, anche ora. Ma in questo modo non vi è più piacere a dirsi addio, solo... amarezza.

ANGELICA -        Amarezza. (un tempo) Già, il famoso piacere di dirsi addio...

BRUNO -              Beh... non mi resta che liberarti della mia odiosa presenza. Nulla ci dobbiamo!

ANGELICA -        Ricominci?

BRUNO -              No, certo, no, scusa. Ma è... difficile. Difficile lasciarti. Difficile abbandonare una compagna di viaggio: ecco io sono arrivato, scendo, saluto. Corretto, ma crudele. (un tempo) Invece vorrei dire qualcosa di... profondo, di dolce, di importante. Ma la parola finale non la trovo.

ANGELICA -        (dolcissima, ma decisa) Non tormentarti. Non cercare niente. Non dire niente. Il silenzio ha parole più profonde, più importanti di quelle che potresti dire. (un tempo. Lo guarda, si guardano) E ora vai.

BRUNO -              (ancora un istante con gli occhi in quelli di lei) Addio, amore mio.

ANGELICA -        (con gli occhi in quelli di lui) Addio, amore mio.

                               Bruno si muove con lentezza e va.

ANGELICA -        Il sacchetto!

BRUNO -              (ritorna)  Sì, lo prendo... (va, si ferma)  Se almeno fossi sicuro che non ce l’hai con me...

ANGELICA -        No, non ce l’ho. Vai.

BRUNO -              Sì. (esce)

                               Angelica appoggia la schiena alla sedia e abbassa il capo chiudendo gli occhi e mormorando in modo quasi inudibile:

ANGELICA -        Oh, mio Dio...

                               Bruno rientra, le si avvicina e la fa una carezza tra i capelli.

ANGELICA -        (abbandonata) Ancora qua?

BRUNO -              Sst. Non angustiarti. Non ti preoccupare di me. Sono uscito. Non ci sono più. La mano che ti accarezza i capelli è il mio cuore, che è restato qui, con te.

ANGELICA -        Che senso di vuoto! Quante cose ti porti via! (pianissimo) La mia vita...

BRUNO -              Ti resta la parte migliore. (un tempo) E forse forse... hai vinto tu.

                              

                               Bruno esce da destra.

ANGELICA -        Già, forse ho vinto io...Forse... Addio, amore mio.

E’ stato un piacere stare con te... E forse è anche un piacere, un amaro piacere il dirti... addio.

                               Angelica si prende la testa tra le mani e... piange.

                              

                               - BUIO

F I N E


febbraio 2011

 


di Mario Pozzoli


P E R S O N A G G I

01)  ANGELICAEGÓRUŠKA POPŎVA                    -Teatrale-                 

         (Angelica EgòruskaPopòva                                                           (Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio!)

02)  BRǓNOV PĚTROVIC LUBKŎV                     -Un industriale volgare e sanguigno-         

         (BrùnovPétrovicLubkòv                                                                (Perché dovrei arrabbiarmi?)

03)  ADRIÂNOVIC                                                    -Vecchio servitore- 

         Adriànovic                                                                                       (Sarà un bene?)

NIKOLẦJ IVANĚNKO                                              -Il marito deceduto-            

        NikolàjIvanénko


E L E N C O     S C E N E

scena 1         prologo        

scena 2         Brùnov Pétrovic Lubkòv

scena 3         l’archetto

scena 4         il duello

scena 5         le pistole

Per il dettaglio delle musiche, per informazioni, suggerimenti oppure per ricevere una copia del  CD  con TUTTE le musiche originali di scena  (fornita senza alcuna spesa)  contattare l’autore:

Mario Pozzoli  - Tel.  334 3320184


ATTO   UNICO

- Il delizioso piacere di dirsi addio -

N.B.   Le battute in questo carattere si ripetono uguali  (o con minime variazioni)  in tutti e due gli atti unici.

scena  1

prologo

                               - LUCI PALCO

- LUCI SALA  fine

                               Entra Angelica da sinistra. Indossa un abito nero, elegante. E’ bella, messa bene. Però calza ai piedi un paio di ciabattone “da pietà!” e sopra il vestito un golfino o qualcosa sempre “da pietà!”

                               Tiene in mano un violino. Lei è il primo violino dell’orchestra di turno.

                               Angelica si siede, accorda il violino, poi si alza e rivolta agli altri orchestrali, suona una nota sola: è il LA.

                                Si risiede, appoggia il violino in grembo e aspetta.

                               Un applauso...

                               - APPLAUSI  REGISTRATI

                               ...indica che è entrato il direttore e il pianista-concertista.

                               Angelica si alza. Poi il direttore si gira, il pianista prende posto e l’applauso si smorza. Anche Angelica si siede.

                               Angelica risponde al cenno del direttore, che le chiede se sono tutti pronti, con un altrettanto cenno d’assenso e si prepara con l’archetto in posizione.  Un istante di silenzio e:

- CIAIKOVSKJ - CONCERTO PF N.1 OP.23 - 1° MOVIMENTO

                               Ora Angelica (che deve conoscere a fondo il pezzo orchestrale!) suona il violino insieme alla sua immaginaria orchestra.

                               Entra Adriànovic da destra. Guarda la foto del padrone: tenta di sistemarla. Poi, dopo aver osservato per qualche secondo Angelica, la chiama mentre la musica è sempre alta.

ADRIANOVIC -   (urla) Angelica! Angelica Egòruska! Angelica EgòruskaPopòva!!!

ANGELICA -        (urla) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! (con un gesto di stizza lascia andare il violino e la musica finisce)

 

ADRIANOVIC -   La quinta di Beethoven!

ANGELICA -        Ciaikovskj!

ADRIANOVIC -   Non l’imbrocco mai!

ANGELICA -        Cosa vuoi, Adriànovic? (depone il violino sul divano)

ADRIANOVIC -   Angelica Egòruska Popòva, signora mia, sbaglia, sbaglia tanto! Così non fa altro che rovinarsi.

ANGELICA -        Adriànovic! Ancora!

ADRIANOVIC -   (mettendo a posto la sedia) E’ primavera: la cameriera è andata (con un gesto significativo) a cercar fragole, il suo gatto se la gode cacciando gli uccellini e lei se ne sta chiusa qui dentro tutto il santo giorno. Sarà un bene?

ANGELICA -        Non ti sopporto più!

ADRIANOVIC -   O suona o rimira la foto del padrone o legge. (prende in mano il libro che c’è sul tavolo) “Alla ricerca del tempo perduto”, di Marcel Proust. E’ bello?

ANGELICA -        Noiosissimo! Cinquanta pagine per raccontare che la mamma non gli ha dato il bacio della buona notte!

ADRIANOVIC -   Vede?Esca, piuttosto! E’ quasi un anno che non esce di casa! Sarà un bene?

ANGELICA -        E non uscirò mai, caro  Adriànovic! La vita non ha alcun senso, tuttavia ogni essere umano vi trova un motivo per vivere, e il mondo va avanti.

                               Ma io di motivi per vivere non ne ho più. (indica la foto. Fatale)

Lui giace nella tomba e io sepolta tra queste quattro mura. Siamo morti entrambi! (esce a sinistra per cambiarsi le scarpe e altro)

ADRIANOVIC -   (mettendo a posto il leggio) Vecchia storia la morte, ma a ognuno riesce nuova! (un tempo, guarda la foto) Ma perché la foto di quel cane e non quella del mio amato padrone?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! E’ la millesima volta che me lo chiedi! Ho le mie buone ragioni!

ADRIANOVIC -   Comunque, Angelica Egòruska Popòva, non si dicono cose simili!  «Siamo morti entrambi!» Suo marito è morto, e lei non può farci nulla. Dio ha voluto così. Pace all’anima sua!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Pace all’anima sua!

ADRIANOVIC -   Ha pianto. Adesso basta. Non vorrà mica versar lacrime e portare il lutto tutta la vita?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Per tutta la vita! 

ADRIANOVIC -   Sarà un bene? No, no! Non ne vale la pena, se lo lasci dire dal suo vecchio domestico, che la ama e la venera come una figlia! (un sospiro)  

                               Ha dimenticato tutti i vicini. Non vuole riceverli. Capirei se non ci fosse gente per bene, ma qui intorno è pieno di uomini, soli, giovani e meno giovani, ma tutti ricchi!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Ricca lo sono già!

ADRIANOVIC -   Già. Però lei è bella, fresca come una rosa e non le sarà difficile trovare chi le possa offrire qualche buona, ma onesta, tazza di tè da gustare nel talamo matrimoniale. Il tutto, glielo assicuro, con la benedizione del suo compianto marito Nicolàj Ivanénko, che certamente preferirebbe vederla di nuovo felice e maritata.

ANGELICA -        (rientra. Fatale. Si sprofonda sul divano guardando la foto) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Non parlarmi mai di queste cose! Da quando è morto Nikolàj Ivanénko la vita per me ha perso ogni valore. A te sembra che io sia viva?

ADRIANOVIC -   Sì.

ANGELICA -        E’ soltanto apparenza!

ADRIANOVIC -   Non dica così! Lei è viva e bellissima. Ma la bellezza non è eterna, e quando è passata, allora è tardi!

ANGELICA -        Tanto meglio!    (si gira sul divano e mostra il viso al pubblico) 

                               Sì, lui era... era ingiusto, crudele e persino infedele, ma io con lui ho bevuto la mia prima tazza di tè, e mentre io la bevevo, lui mi guardava... mi adorava... mi venerava... come una regina... come una Venere... posta sull’altare dell’amore. (si gira verso Adriànovic)

                               E allora io gli dimostrerò il mio amore, rimanendogli fedele fino alla tomba!

ADRIANOVIC -   Farebbe meglio ad andare a passeggio, a veder vetrine, a mostrarsi in giro. Cosa c’è di più eccitante per una donna che essere bella, ben vestita e farsi ammirare da coloro che sanno apprezzare?

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Adriànovic, vattene!

ADRIANOVIC -   Angelica Egòruska Popòva, la prego, mi dica: «Mio buon Adriànovic, oggi  non ho nulla da fare e quindi fai fare il pieno alla Ferrari in modo che il mio autista Tobia mi porti in giro, a bighellonare senza meta, per godere il mondo!»

ANGELICA  -       Mai! (vede dalla finestra) Guarda, c’è gente al cancello. (si alza. Prende un cannocchiale e lo usa) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! (in crescendo) Dov’è il giardiniere? Il cuoco? L’autista?Dove sono i domestici? (isterica) Dove sono tutti?

ADRIANOVIC -   Ora li cerco.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Un uomo!

ADRIANOVIC -   Era ora!

ANGELICA -        Adriànovic, mio fedele Adriànovic! Pensaci tu!

ADRIANOVIC -   Sì, signora. (sta per andare)

ANGELICA -        Dove vai?

ADRIANOVIC -   Ad accogliere...

ANGELICA -        Adriànovic!

ADRIANOVIC -   Sì, signora.

ANGELICA -        Cosa devi fare?

ADRIANOVIC -   Non lo so!

ANGELICA -        Fai entrare!

ADRIANOVIC -   Sì, signora.

ANGELICA -        Ma dì che non ricevo!

ADRIANOVIC -   Sì, signora. (esce a destra)

                              

Angelica siede sul divano, imbraccia il violino e suona.

Dopo 12 secondi smette e gira il viso verso il pubblico.

ANGELICA -        (fatale) Oh, mio amato Nicolàj Ivanénko! I tuoi tradimenti, i tuoi sguardi avidi e smaniosi per le altre sono stati per me un doloroso piacere.

Le tue urla e le tue crudeltà, un piacere tormentoso.

Le tue assenze, un amaro piacere. (riprende a suonare)

Angelica dopo 12 secondi smette e gira il viso verso il pubblico.

ANGELICA -        Ma alla fine ho assaporato un nuovo piacere, il più grande di tutti: il delizioso piacere di dirti... addio!

(riprende a suonare fino alla fine e intanto parla)

Ed io sono qui, sono qui per dirti addio. Ogni giorno. Sempre. E a gustare fino in fondo la gioia che tu sia morto e sepolto e che non potrai più comparirmi innanzi.

                               Sedurre una donna è cosa che sa fare qualunque imbecille.  Saperla lasciare con eleganza, qui si riconosce il vero uomo! 

E tu in questo sei stato un grande: sei crepato!


scena  2

Brùnov Pétrovic Lubkòv

ADRIANOVIC -   (entra da destra. Ha in mano un biglietto da visita che porge ad Angelica)  C’è il signor Brùnov. Brùnov Pétrovic Lubkòv.

ANGELICA -        (lo prende, lasciando violino e archetto sul divano) E chi sarebbe?

ADRIANOVIC -   Non l’ha detto.

ANGELICA -        Non ricevo nessuno!

ADRIANOVIC -   E’ un prepotente...

BRUNOV -           (entrando da destra come se si divincolasse da qualcuno) E lasciami! (vede Angelica. Colpito, ha un momento di imbarazzo)

                               Signora, ho l’onore di presentarmi:Brùnov Pétrovic Lubkòv. Industriale.

ANGELICA -        (con molta calma lo guarda. Si alza e gli tende la mano affinché la baci) Angelica Egòruska Popòva.

BRUNOV -           (guarda la mano, non capisce e poi si decide: gliela stringe)

Vengo subito al dunque, perché non amo perdere tempo.

(togliendo dalla tasca due cambiali) 

Suo marito mi è rimasto debitore di due cambiali.

                               Brùnov gliele mostra.

Angelica sta per prenderle, ma lui l’anticipa ritirando la mano e rimettendo in tasca le cambiali.

ANGELICA -        (lo guarda male) Se mio marito è rimasto suo debitore, naturalmente pagherò.  (dandosi delle arie)  Adriànovic!

ADRIANOVIC -   Comandi, signora.

ANGELICA -        (parla con Adriànovic, ma a favore di Brùnov,  per farsi interessante)

Poiché non ho nulla da fare, fai fare il pieno alla Ferrari e dì a Tobia che mi dovrà portare in giro a godere il mondo.

ADRIANOVIC -   Ora?

ANGELICA -        Sì, ora! Vai!

ADRIANOVIC -   Ora? Sarà un bene? (esce)

BRUNOV -           E poiché invece io ho parecchio da fare, la pregherei di saldarmi subito il debito di suo marito.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Che fretta! Ha aspettato un anno, potrà pur aspettare ancora!

BRUNOV -           Non posso. Domani devo pagare gli interessi alla banca, quindi la pregherei di saldarmi oggi stesso.

ANGELICA -        Purtroppo oggi non dispongo di denaro liquido.

BRUNOV -           Lo trovi!

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Come se il denaro crescesse in giardino! La settimana prossima tornerà dalle vacanze il mio commercialista e gli darò ordine di pagarle quanto le spetta.

BRUNOV -           Se domani non pago gli interessi, procederanno ad un sequestro.

ANGELICA -        La settimana prossima avrà i soldi.

BRUNOV -           (alza la voce) I soldi mi occorrono oggi, non la settimana prossima!

ANGELICA -        (alza la voce) Ma oggi non posso pagarla.

BRUNOV -           (urla) Ed io non posso aspettare i suoi comodi!

ANGELICA -        (urla) Lei è un villano! Se ora non li ho, non posso farci niente! (calma) E non urli!

BRUNOV -           (più quieto) Vuol dire che non può pagare?

ANGELICA -        (quieta) Non posso.

BRUNOV -           (facendole il verso) “Non posso.” Ma perché dovrei arrabbiarmi? (facendole il verso)  “Non posso”!

ANGELICA -        Esatto.

BRUNOV -           E’ la sua ultima parola?

ANGELICA -        L’ultima.

BRUNOV -           Ne è certa?

ANGELICA -        Certissima.

BRUNOV -           Ma perché dovrei arrabbiarmi? (un tempo) Io so per certo che la signora i soldi li ha.

ANGELICA -        Crede?

BRUNOV -           Non ho dubbi!

ANGELICA -        Solo gli idioti non hanno dubbi!

BRUNOV -           Ma guarda questa! Con chi crede di parlare? Con suo fratello?

ANGELICA -        (quieta) Non ho fratelli.

BRUNOV -           Questa i soldi li ha, ma non vuole darmeli, per un capriccio da donnetta, e io rischio il fallimento. Ma perché dovrei arrabbiarmi?

 

ANGELICA -        Non si arrabbi, allora!

BRUNOV -           Infatti non mi arrabbio, sono contento!

ANGELICA -        Sono contenta della sua contentezza!

BRUNOV -           (urla) Ho bisogno di quei soldi, subito!

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio... Mi pare di aver parlato chiaro: il mio commercialista la settimana prossima salderà il suo credito.

BRUNOV -           (urla) Io sono venuto da lei, non dal suo commercialista! Che diavolaccio schifoso me ne faccio del suo commercialista?

ANGELICA -        (guardando il biglietto da visita) Egregio... Brùnov Pétrovic Lubkòv. Io non sono abituata a queste espressioni volgari e a questo tono. Lei è un cafone! Un cafone villano! Non voglio più ascoltarla.  (chiama) Adriànovic!  (a Brùnov)  La saluto e la prego di lasciare questa casa!

                               Entra da destra Adriànovic.

ANGELICA -        (uscendo a destra) Accompagna alla porta questo (in modo spregiativo) signore!

BRUNOV -           Ma perché dovrei arrabbiarmi? Cameriere!

ADRIANOVIC -   Comandi.

BRUNOV -           Che tipo è?

ADRIANOVIC -   (indica la foto) Le è morto il marito un anno fa.

BRUNOV -           Quello?

ADRIANOVIC -   No! Quello è un cane.

BRUNOV -           Lo vedo! Ma perché la foto del cane?

ADRIANOVIC -   Dice che ha le sue buone ragioni.

BRUNOV -           (guarda la foto e non capisce) Beh, tutto questo non mi riguarda. Perché non vuole pagarmi?

ADRIANOVIC -   E’ ancora scossa per la perdita e penso non sia nelle condizioni di occuparsi di questioni economiche.

BRUNOV -           Uno è con l’acqua alla gola, gli servono i soldi, e lei non ti paga perché non è nelle condizioni di occuparsi di questioni economiche!

                               Dille che l’aspetto e di qui non mi muovo. E portami da bere!

                               Adriànovic esce a destra.

BRUNOV -           Ecco com’è la logica delle donne: tutto uno svolazzo! Meglio star seduto su un pacco di dinamite piuttosto che parlare con una donna.

Brr!...  Mi basta vedere anche da lontano una di queste poetiche creature che mi vengono i crampi ai polpacci.

ADRIANOVIC -   (entra da destra portandogli da bere) La signora sta male e non vuole più parlare con nessuno.

BRUNOV -           (ironico) Avrà il mal di testa! No, quello l’avrà avuto quando era sposata! Per far dannare il marito.

ADRIANOVIC -   Era il marito che faceva dannare lei.

BRUNOV -           Possibile? Un tipetto simile?

ADRIANOVIC -   Era un donnaiolo.

BRUNOV -           Non sono affari che mi riguardano. E così mi dici che sta male e non riceve! E va bene, padronissima. Io non mi muovo di qui finché non mi dà i soldi.

ADRIANOVIC -   Ma sarà un bene?

BRUNOV -           Certo che lo  è! (urla sempre di più in maniera rozza)

                               Se sta male una settimana, io sto qui una settimana! Se sta male un anno, io sto qui un anno! Io non mi lascio commuovere né dal lutto, né da tutte quelle sue mossettine! (imita) Le conosciamo queste mossettine!   (si stravacca sul divano a gambe divaricate)

                               Mi siedo qui, bello, tranquillo, e aspetto. Perché dovrei arrabbiarmi?


scena  3

l’archetto

ANGELICA -        (entra da destra, aggressiva) Adriànovic, vai.

                               Adriànovic esce a destra.

ANGELICA -        Egregio signore, io sono una donna sola e fragile e non sopporto che si gridi. Lei sta turbando il mio dolore!

BRUNOV -           (non si alza) Paghi, e me ne vado.

ANGELICA -        Gliel’ho già detto chiaro e tondo: adesso non ho né contanti né assegni, dovrà aspettare fino alla settimana prossima.

BRUNOV -           Anch’io ho avuto l’onore di dirle chiaro e tondo che i soldi mi servono oggi. Se oggi non mi paga, domani dovrò impiccarmi.

ANGELICA -        Non sarà una gran perdita!

                               Brùnov si alza colpito dall’insulto. Vorrebbe quasi aggredirla, ma si ferma.

BRUNOV -           Perché dovrei arrabbiarmi?

ANGELICA -        Ma certo che no!

BRUNOV -           In tal caso io resto qui e non mi muovo finché non avrò preso i miei soldi. Pagherà la settimana prossima? Perfetto! E io me ne starò così fino alla settimana prossima. (si stravacca sul divano a gambe divaricate)   Com’è il suo letto?

ANGELICA -        (sta per aggredirlo) Sfacciato, villanzone, sudicio, schifoso!

BRUNOV -           (istintivamente ha preso il violino per difendersi) Calma, calma, era uno scherzo.

ANGELICA -        Scherzo da camionista!

BRUNOV -           (ride guardando il violino) Mi stavo difendendo da lei con un violino! (lo imbraccia goffamente, senza archetto, e il violino si mette a suonare)

BRUNOV -           (dopo circa 5 secondi, stupito) Suona da solo? 

ANGELICA -        E’ uno Stradivari. Può fare anche questo. (strappandoglielo di mano esattamente alla fine della musica)

BRUNOV -           Ma pensa! C’è sempre da imparare a questo mondo!

ANGELICA -        (sprezzante) Soprattutto le persone ignoranti!

BRUNOV -           (colpito, ma la ignora di proposito) E come mai la foto del cane invece che quella...?

INSIEME -            Ho le mie buone ragioni!      

ANGELICA -        E si alzi quando parla con una signora! Buzzurro!

BRUNOV -           (sarcastico) Mi scuso. (si alza e volteggia come un damerino. Parlando come è scritto) Pardon, madame, ma je suisse tres jolì che lei la me dia pas il mio argiant.

ANGELICA -        Deficiente!

BRUNOV -           Mia bella “occhioni neri”, (il colore degli occhi dell’attrice)io dunque non saprei come ci si comporta con le signore?

ANGELICA -        Esattamente!

BRUNOV -           Nella mia vita ho fatto a pugni con tre uomini a causa di altrettante donne. Ho impallinato il sedere di tre amanti di altrettante mie amanti che mi facevano becco.

ANGELICA -        Ne ho gusto!

BRUNOV -           Di donne ne ho piantate quindici e sei hanno piantato me!

ANGELICA -        (ironica) Mamma mia, che donnaiolo!

BRUNOV -           Sissignore! Ho amato con passione, con furore, in tutte le maniere. Ma ora basta!

                               (fa il suo ritratto e intanto la guarda attentamente, interessato)

                               Occhi neri, pieni di passione, labbra di corallo, viso d’angelo...

                               (si sgancia, al pubblico)  La luna, i sussurri, i languidi sospiri...

Tutte le donne, nessuna esclusa, sono false, smorfiose, pettegole, maligne, bugiarde sino alla punta dei capelli, futili, meschine, e dotate di una logica da far venire i brividi.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio!

BRUNOV -           (le fa il verso) “Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio!”

Capisco il suo lamento. Lei ha la disgrazia di essere donna e quindi di conoscere per diretta esperienza la natura femminile.

ANGELICA -        (si lascia andare sul divano) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio!

BRUNOV -           Ecco, capace solo di lagnarsi e piagnucolare.

ANGELICA -        Non parliamo degli uomini quando hanno un piccolo male.

BRUNOV -           In amore, poi!

ANGELICA -        In amore, cosa?

BRUNOV -           Tutto l’amore della donna si manifesta soltanto nel cercare di pigliarti i soldi.

ANGELICA -        E tutto l’amore degli uomini si manifesta soltanto nel cercare di pigliarti! Pigliarti e basta.

BRUNOV -           (ironico) Ma che parlare da camionista!

ANGELICA -        Conosco gli uomini. Tutti sporcaccioni!

BRUNOV -           (allibito dalle parole di Angelica) Oh, poffarbacco!

ANGELICA -        (imita) Oh, poffarbacco!

BRUNOV -           E lei ha mai conosciuto una donna che sia sincera e fedele? Io sì. Però erano tutte vecchie e brutte!

ANGELICA -        E chi sarebbe fedele e costante? L’uomo?

BRUNOV -           Esattamente.

ANGELICA -        Non ne ho mai conosciuto uno! (un tempo) E quindi io sarei brutta?

BRUNOV -           Beh... no.

ANGELICA -        E allora come mai io sono fedele?

BRUNOV -           Lei, fedele?

ANGELICA -        (guardando la foto) Sì, fedele. Lo amavo follemente, lo adoravo. Gli ho dato la mia giovinezza, la mia ricchezza e lui...?

(sempre seduta sul divano, gira il volto verso il pubblico)

                               Lui mi ingannava nel modo più spudorato! Mi lasciava sola per intere settimane. Sotto i miei occhi corteggiava le altre donne.

BRUNOV -           E cosa pensava quando si è sposata? Se crede che un uomo non debba farsi le sue storie e andare a curiosare altrove, allora doveva prendersi un cane, (indica la foto) non un uomo!

ANGELICA -        Per quello che lì c’è un cane!

BRUNOV -           Ah, ecco: «Ho le mie buone ragioni»!

ANGELICA -        E nonostante tutto, io lo amavo, gli ero fedele e lo sarò sempre, e fino alla tomba porterò questo lutto!

BRUNOV -           Lutto! Li conosciamo, questi trucchi. Lei si è sepolta viva, ma non si è dimenticata di truccarsi e di mettersi tutta in ghingheri!

ANGELICA -        (si alza e lo affronta) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! (grida) Come osa parlarmi così?

BRUNOV -           Non gridi con me, non sono mica il suo giardiniere! Piuttosto mi paghi e me ne vado!

ANGELICA -        Per farle dispetto non le darò neppure un centesimo!

BRUNOV -           Ecco! (siede sul divano e prende l’archetto) Perché dovrei arrabbiarmi?

ANGELICA -        (soffocando per l’ira) Lei si è seduto?

BRUNOV -           Proprio così.

ANGELICA -        (grida) La prego di andarsene!

BRUNOV -           (ha in mano l’archetto e lo punta verso di lei. Grida) Mi dia i miei soldi! Ah, quanta rabbia...

ANGELICA -        (grida) Fuori di qui!

BRUNOV -           (grida) No.

ANGELICA -        (grida) Non se ne va?

BRUNOV -           (grida) No.

ANGELICA -        (grida) No?

BRUNOV -           (grida) No!

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio, che rabbia!

                              

BRUNOV -           Si arrabbi pure. Quando si arrabbia è più bella.

ANGELICA -        Brutto villano! Con chi crede di parlare?

BRUNOV -           Con una bella pollastrella!

ANGELICA -        (stringendo i pugni e pestando i piedi) Lei è un cafone! Un orso! Un mostro! (si calma) Lo sappiamo perché gli uomini come lei si comportano così. Perché devono mostrare una virilità che non hanno!

BRUNOV -           Cos’ha ha detto?

ANGELICA -        Ho detto che lei è una checca!

BRUNO -              (dalla rabbia spezzando l’archetto che ha in mano e sovrapponendosi all’ultima parola di Angelica)  Maledizione!

                               Cala il gelo e il silenzio.

                               Entrambi guardano l’archetto spezzato.


scena  4

il duello

ANGELICA -        (tesa, irosa, ma a voce bassa e sibilante) Brùnov Pétrovic Lubkòv, lei... lei ha rotto l’archetto del mio Stradivari...

BRUNOV -           Ecco...

ANGELICA -        Brùnov Pétrovic Lubkòv, lei è un essere... Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! (risoluta) La sfido a duello!

BRUNOV -           Mi sfida a duello?

ANGELICA -        Lei ha rotto il mio prezioso Stradivari e io l’ammazzerò!

BRUNOV -           Ma guarda questa! Va bene, ha ragione, ma non si arrabbi. Glielo ricomprerò!

ANGELICA -        (urla) Uno Stradivari non si compera! Si eredita!

BRUNOV -           Ne faremo costruire uno nuovo! Dove si trova questo signor Stradivari?

ANGELICA -        (urla) Stradivari è morto da tempo!

BRUNOV -           Ah, non lo sapevo. Mi dispiace. E lei si serviva da lui? Magari eravate diventati amici.

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio... Ma già, cosa vuol capire lei? Un essere di nessun valore!

BRUNOV -           Ma porca di quella...

ANGELICA -        Non dica parolacce!

BRUNOV -           E lei pensa, essendo donna, di avere il diritto di offendermi impunemente?

ANGELICA -        Si, la offendo. E allora? Pensa che abbia paura di lei?

BRUNOV -           Guardi, non mi arrabbio. Perché dovrei arrabbiarmi? Accetto il duello! Cos’ha in casa?

ANGELICA -        Non lo so. Con cosa si fa un duello?

BRUNOV -           Guantoni da box?

ANGELICA -        Non ne ho.

BRUNOV -           Spade?

ANGELICA -        No.

BRUNOV -           Coltelli?

ANGELICA -        Sì. Da tavola.

BRUNOV -           Con quelli non ci taglia neppure il salame! Frecce?

ANGELICA -        Frecce?

BRUNOV -           Fucili?

ANGELICA -        Non credo.

BRUNOV -           Palle da biliardo?

ANGELICA -        Non sia ridicolo!

BRUNOV -           Oh, mio Dio, ma lei non ha niente! E vuole fare un duello! (ride)

ANGELICA -        Non rida! Qualcosa troveremo! Non penserà mica che gliela faccia passare liscia?

BRUNOV -           Con lei non ho certo questa speranza! Pistole ad acqua?

ANGELICA -        Sì, pistole! Vere però!

BRUNOV -           Bene. Alla pistola!

ANGELICA -        Alla pistola! (chiama) Adriànovic!

                               Per un istante, aspettando Adriànovic, si fissano spavaldi, ma affascinati reciprocamente...

ADRIANOVIC -   (entra da destra) Comandi.

ANGELICA -        (sempre guardando negli occhi Brùnov) Porta le pistole di mio marito.

ADRIANOVIC -   Oh santa Redegonda, vergine e martire immacolata! Ma per fare cosa?

ANGELICA -        (sempre guardando negli occhi Brùnov) Un duello!

ADRIANOVIC -   Un duello? No, signora, un duello di venerdì porta disgrazia!

ANGELICA -        (sempre guardando negli occhi Brùnov) Le pistole! Presto!

ADRIANOVIC -   Signora, quelle pistole sono perfettamente funzionanti!

ANGELICA -        (sempre guardando negli occhi Brùnov) Lo so.

ADRIANOVIC -   Ma sarà un bene?

ANGELICA -        (sempre guardando negli occhi Brùnov) Sbrigati!

ADRIANOVIC -   Vado, vado. (esce a destra)

Brùnov si gira per guardare Adriànovic che se ne va.

Angelica esce a sinistra.

BRUNOV -           Bene, adesso la vedremo! (si gira verso Angelica, ma non la vede più) Ma dov’è andata? Signora Angelica!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Angelica Egòruska Popòva!

BRUNOV -           (allarga le braccia) Signora Angelica... Egòruska Popòvina...

ANGELICA -        Popòva!

BRUNOV -           Popòva. Ma dove diavolo si è cacciata?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) In camera mia.

BRUNOV -           E’ scappata? Ha paura?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Non si illuda!

BRUNOV -           Certo che non mi illudo! (al pubblico) Il duello! Questa sì che è parità di diritti! Qui sì che c’è parità dei sessi! La stenderò secca, per principio!  (un tempo)  Ma che donna! Che donna!

                               Rossa d’ira, gli occhi lampeggianti, le labbra frementi... Parola d’onore, è la prima volta in vita mia che vedo una donna simile. Non tutte quelle smorfiosette, pappà, ciccì, coccò... Questa sì che è una donna, niente da dire! Una vera donna! Un fuoco, una polveriera, una bomba! Mi dispiace persino ucciderla!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Allora? Non sento più niente. E’ forse scappato? O la tremarella le ha paralizzato la lingua?

BRUNOV -           Stia tranquilla, io di qui non mi muovo! Ma forse lei è andata in bagno per la paura. Pipì?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà. Furibonda) BrùnovPétrovic Lubkòv! Non... Non ho parole!

BRUNOV -           Scherzavo! Dove si è nascosta?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Mi sto cambiando.

BRUNOV -           Si sta cambiando cosa?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) L’abito. Non penserà che affronti un duello con un uomo, vestita com’ero prima?

BRUNOV -           Ma senti questa! Ah, le donne! Deve fare un duello, fra poco si prenderà una bella palla in fronte e lei pensa al vestito! Le donne, le donne!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Non crederà mica di spaventarmi coi suoi pugnacci e con la sua voce da orco? Eh? Villanzone che non è altro!

BRUNOV -           Venga fuori e le farò vedere io! Non m’importa che lei sia una donna, (ironico) una debole creatura. (prende il violino, lo guarda, lo imbraccia)

                               Dopo 6 secondi, Brunov, sconcertato, lo allontana da sé. Silenzio.

Lo imbraccia di nuovo.

Dopo  4 secondi lo allontana. Silenzio.

Lo imbraccia di nuovo, il violino riprende a suonare e poi quando ci sarà il pieno orchestrale lo adagerà sul divano inorridito, ma la musica continuerà fino alla fine.

BRUNOV -           Però! Questo signor Stadivari!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Lasci stare il mio Stradivari! Lei non è neppure degno di sfiorarlo!

BRUNOV -           Non permetterò a nessuno di offendermi!

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà. Cercando di gridare più forte) Lei è una piattola!

BRUNOV -           Corpo di Bacco! (un tempo) Cos’è una “piattola”?

ANGELICA -        (da fuori, finché non rientrerà) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Con che piacere pianterò una pallottola nella sua testa di legno!

BRUNOV -           La stendo secca come un pollas...

                               Compare Angelica, ancor più bella. Indossa una mise molto affascinante e insinuante. Si fa ammirare per qualche secondo.

 

ANGELICA -        Beh, allora? Mi stende secca come cosa?

BRUNOV -           (riprendendosi pian piano) Come una... bella pollastrella...

ANGELICA -        E io la impallinerò come un fringuello!

BRUNOV -           (la guarda infuocato) E io... Io...

ANGELICA -        (con aria di sfida) E lei?


scena  5

le pistole

ADRIANOVIC -   (entra da destra portando le pistole) Un duello! Ma sarà un bene?

ANGELICA -        Dai qui!

ADRIANOVIC -   Signora, Tobia ha fatto il pieno alla Ferrari ed è pronto a scorazzarla in giro, a godere il mondo.

ANGELICA -        Non ho tempo ora!

ADRIANOVIC -   Non ha tempo, dice! (a Brùnov) Signore mio, se ne vada, la scongiuro! Pregherò per lei in eterno!

                              

ANGELICA -        Vai, ti dico!

                               Adriànovic esce da destra.

                               Mentre Angelica armeggia con le pistole, non avendone mai presa una in mano...

BRUNOV -           (al pubblico) Devo dire che decisamente mi piace! Decisamente!

                               Sono persino pronto a condonarle il debito. Anche la rabbia mi è passata...

ANGELICA -        (puntandogli maldestramente la pistola addosso) Venga un po’ qui e mi faccia vedere come si fa a sparare!

BRUNOV -           Attenta! (scosta la pistola) Vediamo, dunque, la pistola va tenuta così.  (le prende la mano, le fa impugnare la pistola, le gira intorno posizionandosi alle sue spalle) 

Bisogna fare in modo che la mano non tremi.

                               Angelica la impugna con entrambe le mani.

BRUNOV -           (le prende le mani, le separa, con una le fa stringere la pistola e si avvicina molto a lei, intanto parla)  Non con due mani! Non siamo mica nei film polizieschi! La testa un po’ indietro!

                              

ANGELICA -        (ci sta, si adegua, portando la testa un po’ indietro)  E il corpo? Così? (si appoggia)

BRUNOV -           Sì... sì... (si fa aria) Ora tenda il braccio. La regola principale è di non perdere mai il sangue freddo.

ANGELICA -        Qualcuno qui lo sta perdendo!

BRUNOV -           (al pubblico) Che occhi, che occhi! (abbassa il viso sul suo collo)

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Brùnov Pétrovic Lubkòv, l’avverto che è quasi un anno che mio marito è morto.

BRUNOV -           (rialza il viso) Un anno senza una calda e fumante tazza tè?

ANGELICA -        Esattamente! E nel caso mi venisse offerta, non garantisco di avere la forza di rifiutarla.

BRUNOV -           (ironico) Forse qualcuno gliela sta offrendo?

ANGELICA -        (guardando e indicando il loro atteggiamento) Beh, direi che...

BRUNOV -           (la molla) Che io sparerò in aria!

ANGELICA -        Perché?

BRUNOV -           Perché... Perché... è affar mio, perché!

ANGELICA -        (trionfante) Ha paura! Lei soffre di vigliaccheria congenita, la caratteristica principale degli uomini che si trovano di fronte ad una vera donna!

BRUNOV -           Non sono un vigliacco!

ANGELICA -        E invece sì! Mentre io non sarò tranquilla finché non le avrò bucato la testa. (la tocca) Questa odiosa testa di villano, maleducato.

 

BRUNOV -           Signora, non mi stuzzichi!

ANGELICA -        Lei non vuole battersi perché ha paura di una donna!

BRUNOV -           Si, ho paura!

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio, il superuomo ha paura di me! Ha paura forse della mia mira?

BRUNOV -           Non di quella.

ANGELICA -        E di che cosa, allora?

BRUNOV -           E’ che... C’è dell’altro!

ANGELICA -        E che (calcando) altro ci sarebbe?

BRUNOV -           Ci sarebbe che... (al pubblico) Che donna eccitante! Una donna straordinaria! Non posso dominarmi, devo dirglielo.

                               (a lei)  E’ che lei mi piace!

ANGELICA -        (una risata)  Io gli piaccio! Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio, io gli piaccio! Fa l’orso, il villano, il prepotente e poi osa dire che gli piaccio!  (indica la porta)  Prego!

BRUNOV -           (si avvia. Vicino alla porta si ferma, torna indietro) Ascolti, lo so che è arrabbiata. Anch’io sono su tutte le furie, ma, come posso dire...? Il fatto è che, dunque, una storia così, a dir la verità... (urla) è forse colpa mia se lei mi piace? (afferra una sedia o un oggetto a scelta e lo rompe)

ANGELICA -        Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio! Ma mi vuole disfare la casa? Prima lo Stradivari...

BRUNOV -           Mi perdoni, gliela farò riparare.

ANGELICA -        Ma cosa vuol far riparare! (cambio repentino di tono) Diceva?

BRUNOV -           Quando?

ANGELICA -        Poco fa. Che io...

BRUNOV -           Sì, lei mi piace! Io... io sono quasi innamorato! No, io (calca) sono innamorato! No, no, neppure questo va bene.  Io... l’amo!

ANGELICA -        (plateale) Se ne vada, io invece la odio!

BRUNOV -           Non è vero.

ANGELICA -        E invece sì!

BRUNOV -           (al pubblico) Dio, che donna! Mai nella mia vita ho visto niente di simile! Sono perduto! Sono finito! Sono caduto in trappola come un topo!

ANGELICA -        (prende la pistola, se non l’ha ancora deposta) Se ne vada, o sparo!

BRUNOV -           Spari! Lei non può capire che felicità sia morire sotto lo sguardo di quei suoi occhi meravigliosi!  (al pubblico) Sono impazzito!

ANGELICA -        Guardi che con me queste smancerie non attaccano. I suoi soldi non glieli darò mai!

BRUNOV -           Vuole diventare mia moglie?

ANGELICA -        Eh!?

BRUNOV -           Vuole diventare mia moglie?

                               Angelica lo fissa stralunata e le cade la pistola dalla mano.

                               - UNO SPARO

                               Nessuno dei due fa il minimo movimento di sorpresa.

BRUNOV -           Non mi guardi così! Lo so, sono impazzito!

                               Angelica lo fissa ancora a bocca aperta.

BRUNOV -           Decida subito perché se esco di qui, non ci rivedremo mai più! Vuole diventare mia moglie?

ANGELICA -        Mai!

BRUNOV -           Sono ricco.

ANGELICA -        Lo sono anch’io!

BRUNOV -           Sono sportivo.

ANGELICA -        Odio lo sport!

BRUNOV -           Mi piace viaggiare.

ANGELICA -        Preferisco guardare le cartoline!

BRUNOV -           Sono deciso e risoluto.

ANGELICA -        Anch’io!

BRUNOV -           Sono una persona intraprendente.

ANGELICA -        Un bifolco!

BRUNOV -           Ma so anche essere dolce e tenero come...

ANGELICA -        Un orso!

BRUNOV -           Orsacchiotto!

ANGELICA -        Orso!

BRUNOV -           So far felici le donne che non amo. Immagini quelle che amo. (prendendola per le spalle) E so preparare delle meravigliose e infuocate tazze di tè!

E mentre lei le berrà, io la guarderò... l’adorerò... venerandola come una regina... come una Venere... posta sull’altare dell’amore.

ANGELICA -        (senza convinzione) Lo faceva già mio marito.

BRUNOV -           E io farò di meglio.

ANGELICA -        (senza convinzione) Mi lasci! Dov’è la mia pistola? (ma rimane vicina lui)  Voglio il duello! Voglio battermi!

                               Brùnov la molla e va al proscenio.

BRUNOV -           (al pubblico, sdegnato con sé stesso) Avrei proprio pensato che un momento come questo non sarebbe mai arrivato. Mi sono innamorato come un ragazzino, come uno stupido! Mi faccio schifo!

(cambia, dolce) Ma devo dire che è molto piacevole! 

(cambia, sdegnato con sé stesso) Che vergogna, che obbrobrio!

(torna e la riprende per le spalle, come prima)

                               L’amo di un amore divorante, appassionato, incomprensibile, indistruttibile.  Io l’amerò, per sempre. Irrevocabilmente.

Le chiedo la mano!

ANGELICA -        (si divincola senza convinzione e grida) Voglio battermi!

BRUNOV -           (al pubblico) Incastrato come un merlo! (a lei) Non vuole? Fa niente! Me ne vado! (si dirige rapidamente verso la porta di destra)

ANGELICA -        Aspetti!

BRUNOV -           Allora?

ANGELICA -        Niente!  Se ne vada!

Anzi, aspetti!

No, vada, vada!  Io la odio!

Cioè, no!  Si fermi!

Ah, se sapesse quanta rabbia ho in corpo!

Perché si è fermato? Via di qui!

BRUNOV -           Addio. (esce)

ANGELICA -        (grida) Ma dove va?

BRUNOV -           (entra) Basta così! (le si avvicina)

ANGELICA -        (indietreggia fino al divano) Cosa fa? Non si avvicini, non si avvicini! Ah, quanta rabbia!

BRUNOV -           (raggiungendola) Guardi che con la pistola da venti metri, centro una moneta lanciata in aria.

ANGELICA -        Sbruffone!

BRUNOV -           Avrei dovuto bucarle questa bella testolina! Ma mi sono innamorato... Cotto, come uno studentello...

                               (al pubblico, intanto che va dall’altro lato del palco)

Mi vengono i brividi! Domani devo pagare gli interessi in banca...

ANGELICA -        (al pubblico) Non gli darò un soldo!

BRUNOV -           In fabbrica, se non ci sono io, va tutto a rotoli...

ANGELICA -        Superman!

BRUNOV -           Ho un pranzo con una delegazione cinese...

ANGELICA -        Pesce marcio gli devono servire!

BRUNOV -           Ho un congresso di industriali...

ANGELICA -        Se manca lui si ferma il mondo!

BRUNOV -           Tutti mi aspettano e salta fuori lei! Non me lo perdonerò mai! (le si avvicina)

ANGELICA -        Cosa fa? (si ritrae vicina al divano)

BRUNOV -           Ora la prendo tra le braccia. (la prende tra le braccia)

ANGELICA -        (non oppone resistenza) Mi lasci stare! Giù le mani! Io la odio! Voglio battermi!

BRUNOV -           Angelica, ormai non posso più vivere senza di te...  ho sete,  sete di te...  di tè... si insomma... (e si butta insieme a lei sul divano, nascosti al pubblico)

ANGELICA -        (urla tra un bacio e l’altro) Cosa fa? Mi bacia? Zotico! Villanzone!

(un tempo) Oh, mio Dio, mio Dio, mio Dio, anche questo... Non ci posso credere... Cafone! Orso!

(si affaccia al divano scarmigliata)Che delizia! Sì, mio caro, Nikolàj Ivanénko, è statoun piacere, un delizioso piacere il dirti... addio!

                               Mentre parte la musica finale. Brùnov la tira giù.

Dopo un poco Angelica risale a prender fiato. E poi di nuovo giù.

                               Si alza un braccio, una testa, una gamba...

Volano foulard, scarpe, parrucche...

E alla fine un’esplosione di stelle filanti!

                              

F I N E