Il piantone diligente

Stampa questo copione

 


Farsa in un atto

di Miguel De Cervantes y Saavedra

da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

SOLDATO

SACRESTANO

PRIMO RAGAZZO

SECONDO RAGAZZO

CRISTINA CALZOLAIO

PADRONE di Cristina

SECONDO  SACRESTANO

PADRONA di Cristina

SUONATORI


Entra un soldato, molto mal messo, con una banda lurida e un rotolo di latta per i documenti; e dietro di lui un altrettanto malconcio

Soldato     Che cosa vuoi da me, vacua ombra?

Sacrestano   Non sono vacua ombra, bensì consistente corpo.

Soldato      Comunque sia, per la forza della mia scalogna, ti intimo di dirmi chi sei e che cosa cerchi in questa via.

Sacrestano   A codesto rispondo, per la forza della mia fortuna, che sono Lorenzo Pasillas, sotto-sacrestano di questa parrocchia, e cerco in questa via quel che ci trovo, e tu invece cerchi e non trovi.

Soldato        Cerchi per caso Cristinuccia, la serva di questa casa?

Sacrestano  Tu dixisti.

Soldato        In questo caso, vieni qui, sotto-sacrestano di Satanasso!

Sacrestano   Mi avvicino, cavallo di Ginevra!1

Soldato      Dopo il cavallo, ci vuole il re, per vincere alle carte. Avvi­cinati, ripeto, e dimmi se non sai, Pasillas, - possa io vederti pas­sato da una parte all'altra con uno spiedo! - che Cristinuccia spetta a me?                                                                  

Sacrestano   E tu non sai, polipo vestito, che è roba mia2 e che mi spetta secondo giustizia e volontà?

Soldato      Vivaddio, debbo menarti centomila  sciabolate e ridurti la testa a brandelli sono quelli che le pendono da codeste calze e da codesto vestito, e se vuole si diverta con quelli, altro che con lamia testa!                                               

Soldato      Hai parlato qualche volta con Cristina?

Sagrestano   Quando voglio.

Soldato      Che doni le hai fatto?

Sacrestano  Molti.

Soldato     Quanti e quali?

Sacrestano   Le ho dato una scatola di quelle da cotognata, grandis­sima, piena di ritagli di ostie, bianchi come la neve stessa, e per giunta quattro moccoli di cera, anch'essi bianchi come l'ermellino.

Soldato      E che altro?

Sacrestano  Un biglietto, con centomila proteste d'esserle servo.

Soldato        E lei, come ti ha corrisposto?

Sacrestano              Dandomi speranze propinque di diventar mia moglie.

Soldato     Allora non hai gli ordini minori?

Sacrestano   Né minori né minimi. Laico sono, e posso prender mo­glie quando e come mi salti la voglia; e presto lo si vedrà.

Soldato      Stammi a sentire, laico dei miei stivali: rispondi a quel che ti voglio domandare. Se quella ragazza ha corrisposto tanto altamente, (cosa che non credo), ai tuoi miserabili doni, come cor­risponderà alla grandezza dei miei? Sappi che l'altro giorno le mandai un biglietto d'amore, scritto sul verso di un memoriale che ho inviato a sua Maestà, in cui parlo del servizio da me pre­stalo e delle mie presenti necessità, ché in un soldato non è ver­gognoso confessarsi povero; detto memoriale era già stato vistato e rimesso all'elemosiniere maggiore, e senza badare al fatto che poteva fruttarmi quattro o sei reali, con liberalità inaudita e disin­voltura singolare, scrissi a tergo del medesimo, come ti ho detto, la mia dichiarazione amorosa, e so che dalle mie peccatrici mani giunse alle quasi sante di lei.

Sacrestano   Le hai mandato altro?

Soldato      Sospiri, lagrime, singhiozzi, commozioni, svenimenti, con tutto il seguito delle necessarie dimostrazioni che, per rivelare la loro passione, gli innamorati perbene usano e debbono usare in ogni tempo e circostanza.

Sacrestano  Le hai fatto qualche serenata?

Soldato      Sì: la musica dei miei lamenti e sospiri, delle mie ansie e angosce.

Sacrestano   Io invece gliela faccio ogni momento con le mie cam­pane, a tal punto che il vicinato intero è fuori di sé per il mio continuo scampanare. Ma ella dev'esser contenta udendo che dal mio campanile penso a lei, e mi offro al suo servizio. E anche quando dovrei suonare a morto, suono sempre a vespero solenne.

Soldato      In codesto mi batti, giacché io non ho strumenti da suonare, né cosa che equivalga.

Sacrestano   E in qual modo corrisponde Cristina alle tue infinite offerte d'amore?

Soldato     Ricusando di vedermi e di parlarmi, mandandomi all'inferno quando l'abbordo per la via, versandomi in testa l'acqua sporca del bucato o della risciacquatura, quando lava i piatti; e cotesto tutti i giorni, poiché tutti i giorni sto in questa via e alla sua porta, poiché sono il suo piantone fedelissimo, e sono, insomma. quel che si dice il cane dell'ortolano. Se non sarà mia non ha da essere d'altri, finché vivo io; perciò se ne vada via di qui il signor sotto-sacrestano, ché se ancora non gli ho rotto la testa, è solo per il rispetto che ho avuto ed ho del suo carattere sacro.        

Sacrestano Se la mia  testa fosse rotta quanto codesti abiti,  povero me.

Soldato      L'abito non  fa il monaco;  e altrettanto onore rappresenta per un soldato l'abito a brandelli quanto per uno studente il mantello a sbrendoli, documento dell'antichità dei suoi studi. E, insomma, se ne vada, se no faccio quello che ho detto!       

Sacrestano   Fa così perché mi vede disarmato? Aspetti un momento. signor piantone diligente, e vedrà chi è Callejas1.             

Soldato        Che cosa può essere mai un Pasillas?

Sacrestano   Adesso lo vedrete, disse Agrajes2.  (Parte)

Soldato      Oh donne, donne! Tutte, o quasi tutte, volubili e capricciose!  Tu, o Cristina, deprezzi questo fiore, questo giardino della soldateria, per accettare il letamaio di un sotto-sacrestano mentre potresti avere un sacrestano intero o addirittura un canonico! Ma io farò in modo che tu non la passi liscia, guastandoti la festa e allontanando da questa via e dalla tua porta quelli che ho ragione di sospettare che siano, in un modo o nell'altro, tuoi pretendenti; e così mi spetterà il glorioso titolo di piantone diligente.

Entra un  ragazzocon  la cassetta e l'abito verde, come quelli che chiedono l'elemosina per qualche immagine.

Soldato      Un'elemosina, in nome di Dio, per la lampada dell'olio della beata Santa Lucia, che vi conservi la vista degli occhi!... Ehi, di casa, fate l'elemosina?

Soldato      Olà, amico Santa Lucia! Venite un po' qui. Che cosa cer­cate in quella casa?

Soldato      Non lo vede vossignoria? Domando l'elemosina per la lam­pada dell'olio della beata Santa Lucia.

Soldato      La domandate per la lampada o per l'olio della lampada? Siccome dite « per la lampada dell'olio », sembra che la lampada sia dell'olio, non l'olio della lampada.

Soldato      Tutti comprendono che chiedo per l'olio della lampada, mica per la lampada dell'olio.

Soldato      E vi dànno qualcosa in questa casa?

Ragazzo      Ogni giorno due maravedís.

Soldato      E chi viene fuori a darveli?

    

Ragazzo      Chi si trova più alla mano; ma il più delle volte viene una servetta chiamata Cristina. carina come una moneta d'oro.

Soldato     Ah, una servetta carina come una moneta d'oro, eh?

Ragazzo     E come delle perle!

Soldato     Dunque non vi dispiace la  ragazza, eh?

Ragazzo     Neppure se fossi di legno potrebbe dispiacermi.

Soldato      Come vi chiamate? Non vorrei chiamarvi ancora Santa Lucia.

Ragazzo     Mi chiamo Andrea, signore.

Soldato      Ebbene, messer Andrea, attenzione a quel che le dico: lei si prende questa moneta da otto maravedís e fa conto di essere stato pagato per quattro giorni di elemosina che le danno in questa casa, e che riceve di solito dalle mani di Cristina. E se ne va con Dio, con l'avvertenza che per quattro giorni non torna ad avvici­narsi a questa porta neppure per chiedere del fuoco, se no le fracasso le costole a calci.

Ragazzo      Ma neppure per tutto il mese ci torno! Non se la prenda vossignoria, mene vado subito!   (Parte.) 

Soldato      Piantone diligente, all'erta. Non v'addormentate!

Entra un altro ragazzoche offre e vende fettucce, tela d'Olanda di Cambrai. merletti delle Fiandre e filo portoghese.

2° Ragazzo   Chi mi compra fettucce, merletti delle Fiandre, Olanda, cambrai e filo portoghese?

Cristina      (si affaccia alla finestra)  Ehi, Manuel! Avete delle filetta­ture per camicie?

2° Ragazzo               Sì, ne ho, e molto buone.

Cristina      Entrate, allora, che la mia padrona ne ha bisogno.

Soldato      O stella della mia perdizione, piuttosto che bussola della mia speranza! Fettucce, o come vi chiamate, conoscete quella si­gnorina che vi ha chiamato dalla finestra?

2° Ragazzo               Certo che la conosco. Perché me lo domanda vossignoria?

Soldato     Non ha un bellissimo viso e una squisita grazia?

2° Ragazzo               Così mi sembra, infatti.

Soldato      E a me sembra che voi non dobbiate entrare in quella casa, se non volete, vivaddio, che vi frantumi le ossa in tal maniera che neppur uno vi resterebbe sano!

2° Ragazzo   E che? Non posso entrare dove mi chiamano per com­prare la mia merce?

Soldato      Non replicate, se no faccio quel che  vi  dicevo, e subito!

2° Ragazzo   Accidenti, signor soldato, si calmi! Vado, vado! (Se ne va.)

Cristina      (alla finestra)  Manuel, non entri?

Soldato      Manuel se n'è andato, o signora dei vivi e anche signora dei morti, giacché gli uni e gli altri tieni sotto il tuo dominio e signoria!

Cristina     Gesù! Il solito bestione noioso! Che cosa vuoi in questa strada e a questa porta? (Si ritira dalla finestra.) 

Soldato      Il mio sole è tramontato dietro le nubi!

Entra un calzolaiocon in mano un paio di pianelle nuove e piccole, e mentre sta per entrare in casa di Cristina il soldato lo ferma.

Soldato        Messere, cerca qualcosa in questa casa vossignoria?

Calzolaio     Appunto.                                              

Soldato        È possibile sapere chi cerca?

Calzolaio  Perché no?  Cerco una serva che abita qui per consegnarle queste pianelle che mi ha ordinato.

Soldato        Sicché vossignoria è il suo calzolaio?

Calzolaio     L'ho calzata molte volte.

 Soldato      E adesso ha da calzarle queste pianelle?

Calzolaio     Di  calzargliele non ci sarà bisogno; se fossero pantofole da uomo, come usa di solito, dovrei calzargliele.                    

Soldato        E queste sono già pagate?

Calzolaio    Non  sono  pagate, ha da pagarmele adesso.

Soldato      Se vossignoria potesse farmi un favore, che sarebbe per me grandissimo, dovrebbe darmi codeste pianelle, a credito e io le darei pegni equivalenti, solo per due giorni, ché poi spero d'aver denaro in abbondanza.

Calzolaio      Sta bene, mi dia qualcosa in pegno, perché io sono un povero artigiano e non posso far credito a nessuno.

Soldato      Io darò a vossignoria uno stuzzicadenti, che tengo in gran pregio e non lo cederei per uno scudo. Dove ha vossignoria la sua bottega, affinché possa venire a disimpegnarlo?

Calzolaio  Nella Via Maggiore, sotto i portici, e mi chiamo Juan Juncos.

Soldato      Ebbene, signor  Juan Juncos, ecco a voi lo stuzzicadenti, e lo tenga vossignoria in gran conto, perché è mio.

Calzolaio   Come? Un gambo di busnaga, che al massimo vale due maravedís, vuole vossignoria che l'abbia in gran conto?

Soldato      O me peccatore! Glielo dò perché mi serve di richiamo alla memoria; infatti, mettendo la mano in tasca e non trovandoci lo stuzzicadenti, mi ricorderò che ce l'ha vossignoria e verrò a disim­pegnarlo. Sì, in fede di soldato, non glielo dò per altro motivo. Ma se le par poco, aggiungerò questa banda e questo rotolo di latta, che buon pagatore non teme pegni.

Calzolaio    Benché calzolaio, non sarò tanto scortese da spogliare vos­signoria dei suoi beni e ornamenti. No, vossignoria se li tenga, ed io mi terrò le mie pianelle, che sono quel che posso aver io.

Soldato        Di che numero sono?

Calzolaio    Del cinque scarso.                                                         

Soldato      Più scarso sono io, pianelle delle mie viscere, che non ho sei reali da pagarvi! Pianelle dell'anima mia! Ascolti vossignoria, signor calzolaio, che voglio fare una poesia improvvisata su questo verso, che mi è venuto senza pensarci:

PIANELLE  DELL'ANIMA MIA!

Calzolaio      Vossignoria è poeta?

Soldato      Famoso, e adesso lo vedrò,  stia a sentire.

PIANELLE DELL'ANIMA MIA!

Glossa

Amore è tale tiranno

che, dimentico della fede

da me serbatagli invano,

oggi, con un copri-piede

dà alla mia speme una mano.

Questa è opera vostra,

pianelle piccine e scontrose;

ma immagina l'anima mia

che essendo voi di Cristina

del mio cuor siete pianelle.

Calzolaio   Io non m'intendo molto di versi; ma questi mi suonano così bene, che mi sembrano di Lope, come son sue tutte le cose buone, o che paiono tali.

Soldato     Orbene, messere, giacché non volete proprio darmi codeste pianelle a credito, che non sarebbe gran che, specie su questi dolci pegni per mio mal trovati1, vossignoria me le conservi almeno per due giorni, finché verrò a prenderle col denaro; e intanto sappia il signor calzolaio che non potrà vedere Cristina né parlarle.

Calzolaio  Farò ciò che ordina il signor soldato, del quale capisco di che piedi zoppica, che sono due:  povertà e gelosia.

Soldato      Non è comprendonio da calzolaio, codesto, ma di collegiale trilingue2!

Calzolaio  Gelosia, gelosia, meglio dovresti chiamarti afflizione e guai! (Se ne va.)

Soldato      Fate il piantone, e il piantone diligente, e vedrete quante zanzare tentano d'infilarsi nella cantina dov'è custodito il vino della vostra gioia! Ma che voce odo? Certamente è quella della mia Cristina, che quando scopa o rigoverna si sfoga a cantare.

Dentro si ode rumore di piatti, come se stessero rigovernando, e una voce canta:

Sacrestano della mia vita,

abbimi tua,

e, sicuro della mia fedeltà,

canta alleluia.

Soldato      Orecchi che odono tali cose! Senza dubbio, il sacrestano dev'essere il cocco del suo cuore. O lavapiatti, fra le più pulite che siano esistite, esistano ed esisteranno nel calendario delle lavapiatti. Perché mai, allo stesso modo che lavi con codeste mani le stoviglie di Talavera1. e le  fai diventare argento terso e brunito, non lavi codesta anima dai bassi e sottosacrestaneschi pensieri?     

Entra il Padronedi Cristina.

Padrone     Giovanotto, che cosa desidera  o  cerca davanti a questa porta?

Soldato      Desidero più di quanto sarebbe bello, e cerco quel che non trovo. Ma chi e vossignoria che me lo domanda?

Padrone      Sono il padrone di questa casa.

Soldato      Il padrone di Cristinuccia ?

Padrone     Precisamente.

Soldato      Venga allora un momento qui in disparte vossignoria ed esamini questi documenti. Vedrà che qui c'è il mio stato di servizio, con ventidue visti di altrettanti generali sotto le cui bandiere ho ser­vito, ed anche altri trentaquattro di altrettanti marescialli di campo, che si sono degnati di onorarmi rilasciandomi i loro attestati.

Padrone      Che io sappia, non ci sono stati tanti generali e tanti mare­scialli di campo nella fanteria spagnola, almeno da cent'anni a questa parte.

Soldato      Vossignoria è uomo di pace e non è obbligato a intendersene molto delle cose della guerra ! Passi gli occhi su queste carte e vedrà, uno dopo l'altro, tutti i generali e marescialli di campo che ho detto.

Padrone      Diamoli per passati e visti. Ma che significa codesto ?

Soldato      Desidero che vossignoria si convinca della verità di quanto sto per dirle, e cioè che sono stato proposto per assumere il comando di uno dei tre castelli o piazzeforti attualmente vacanti nel regno di Napoli, vale a dire:  Gaeta, Barletta e Rijobes.

Padrone      Fino a questo punto non m'importa nulla delle notizie che mi da vossignoria.

Soldato     Ma io so che, se Dio vuole, le importeranno molto.

Padrone      In che modo ?

Soldato      Siccome per forza, se non casca giù il cielo, dovrò avere una delle suddette piazzeforti, desidero sposarmi oggi stesso con la Cristinuccia: e una volta che io sia suo marito, vossignoria potrà di­sporre della mia persona e dei miei considerevoli beni come di cosa propria, giacché non debbo dimenticare che vossignoria ha allevato in casa sua la mia cara ed amata consorte, e debbo quindi esservi riconoscente.

Padrone     Vossignoria dev'essere alquanto tocco nel cervello.

Soldato      Stia attento, egregio signore ! Ella me la consegna subito su­bito, oppure non oltrepassa la soglia di casa sua!

Padrone      Stupidaggini ! Chi avrà abbastanza forza da impedire a me di entrare in casa mia ?

Torna il sotto-sacrestano Pasillas, armato con un coperchio di tinozza e con una spada tutta arrugginita: con lui arriva un altrosacrestano con un morione e un lungo bastone su cui è attaccata una coda di volpe 1.

Sacrestano  Ecco, amico Grajales, il nemico della mia pace!

Grajales     Mi spiace solo che le mie armi sono dappoco e piuttosto deboli; se no lo avrei già spedito all'altro mondo in tutta fretta.

Padrone      Un momento, gentiluomini: contro chi hanno tali intenzioni?

Soldato      Furfanti, a tradimento e in squadra? Sacrestani fasulli, giuro a zio che vi ho da sbudellare, anche te aveste più ordini di un Rego­lamento ! Vigliaccone. con una coda di volpe, a me ? Vuoi darmi dell'ubriacone2, o pensi che io sia una statua di legno da levargli la polvere ?

Grajales      Penso solo di star scacciando i moscerini da una tinozza di vino.

Alla finestra, Cristina e la sua Padrona.

Cristina      Signora, signora, ammazzano il padrone! Gli vanno ad­dosso con più di duemila spade, che scintillano da abbagliarmi la vista!

Padrona      È vero, figlia mia. Dio sia con lui ! Sant'Orsola, con le sue undicimila vergini, lo protegga ! Vieni, Cristina, scendiamo a soccor­rerlo come meglio potremo.

Padrone      Per la vostra vita eterna, gentiluomini, calmatevi e pensate che non è bene usar violenza ad alcuno.

Soldato      Fermati, coda, e fermati, coperchietto! Non fatemi incolle­rire, perché se mi scappa del tutto la pazienza vi accoppo, vi mangio e vi espello due leghe più in là dell'inferno per la porta di dietro!

Padrone      Fermi, vi dico ! Vivaddio, se mi arrabbio, qualcuno dovrà pentirsene!

Soldato      Quanto a me. sto fermo; ti rispetto per merito della bella immagine che tieni in casa tua.

Sacrestano   Anche se quell'immagine facesse dei miracoli, stavolta non ve la cavereste.

Soldato      Hanno visto la spudoratezza di questo vigliacco, che viene a farmi il babau con una coda di volpe, a me che cannoni come quello di Dio, che sta a Lisbona, non m'ha fatto paura e neppur timore ?

Entrano Cristina e la sua Padrona.

Padrona      Ah, marito mio, siete per disgrazia ferito, bene della mia anima?

Cristina      Ah, disgraziata me ! Per la vita eterna di mio padre quelli che litigano sono il mio sagrestano e il mio soldato!

Soldato     Anche se mi mette sullo stesso piano del sacrestano  ha detto però il mio soldato!

Padrone         Non sono ferito, signora; ma sappiate che tutta questa lite è per Cristinuccia.

Padrona      Come? Per Cristina?

Padrone      Da quel che capisco, questi giovanotti sono gelosi per causa sua.                                                                                      

Padrona      È vero, questo, ragazza?

Cristina     Sì, signora.

Padrona      Guardate un po', con che poco pudore lo dice!E qualcuno di essi ti ha disonorata?                                               

Cristina     Sì, signora.

Padrona     Quale?

Cristina      Il sacrestano mi disonorò l'altro giorno, quando andai al Macello.

Padrona      Quante volte vi avevo detto, signore, che non bisognava per­mettere che questa ragazza uscisse di casa, né si doveva allontanarla dalla nostra vista, essendo ormai grande? E che cosa dirà adesso suo padre, che ce l'affidò pulita di polvere e paglia1? E dove ti con­dusse, sciocca, per disonorarti?

Cristina         Da nessuna parte; fu lì, in mezzo alla strada.

Padrona        Come in mezzo alla strada?

Cristina      Sì, in mezzo a via Toledo. sotto gli occhi di Dio e di tutti, mi insulto chiamandomi civetta e disonesta, priva di pudore e d'onorabilità, e molti altri insulti di questo genere, e tutto perché è geloso di quel soldato.

Padrone      Non è dunque successo altro fra te e lui, a parte questa scena che ti ha fatto in mezzo alla via?

Cristina         No, certo, perché la collera gli passa presto.

Padrona        Mi torna l'anima in corpo, che lo aveva quasi abbandonato!

Cristina      Inoltre, tutto quello che mi ha detto è stato in forza dì que­sta promessa scritta di matrimonio che mi ha rilasciato, che la custo­disco come un gioiello prezioso.

Padrone         Falla un po' vedere!

Padrona        Leggetela forte, marito.

Padrone      Dice così: « Io, Lorenzo Pasillas, sotto-sacrestano di questa parrocchia, attesto che amo bene, e molto bene, la signora Cristina de Parrazes, e in fede di questa verità le rilascio la presente, firmata di mio pugno, fatta in Madrid, nel cimitero di Sant'Andrea, a sei di maggio del corrente anno milleseicento e undici. Testimoni: il mio cuore, il mio intelletto, la mia volontà e la mia memoria. Lorenzo Pasillas». Bel modo di promettere il matrimonio.

Sacrestano   Dicendo che la amo bene, dico tutto quel ch'ella vuole che io faccia per lei, giacché chi da l'affetto da ogni cosa.

Padrone      Dunque  se anch'ella vi amasse, la sposereste volentieri?

Sagrestano   Molto volentieri, ancorché dovessi perdere la speranza di tremila maravedís di rendita che vorrebbe assegnarmi, se mi facessi prete, mia nonna, secondo quanto mi hanno scritto dal paese.

Soldato      Se si tien conto dell'affetto, oggi sono trentanove giorni che, all'imbocco del ponte di Segovia, diedi a Cristina il mio, con tutte le potenze ad esso connesse; e se ella volesse essere mia moglie, con­sideri la differenza che c'è fra l'appartenere al castellano di un fa­moso castello e l'appartenere a un sacrestano, che non è neppur intero bensì mezzo, e anche di quell'unica metà gli deve mancar qualcosa.

Padrone     Hai desiderio di maritarti, Cristina?

Cristina     Sì.

Padrone      Scegli, dunque, di questi due pretendenti, quello che più ti aggrada.

Cristina         Mi vergogno.

Padrona      Non vergognartene, perché il mangiare e il prender marito devono essere a gusto proprio, non a volontà altrui.

Cristina      Le signorie loro, che mi hanno allevato, mi mariteranno come mi conviene; anche se in ogni modo vorrei scegliere.

Soldato      Ragazza, guardami bene! Osserva il mio garbo: soldato sono, castellano spero di essere; ho cuore coraggioso, sono il più galante uomo del mondo; e dal filo di questo vestituccio potrai sdi­panare il bandolo della mia aristocrazia.

Sacrestano   Cristina, io sono un bravo suonatore, anche se di cam­pane; nell'ornare una tomba e parare una chiesa per festa solenne, non c'è sacrestano che mi superi; e codesto ben posso continuare a farlo da ammogliato, e guadagnar da mangiare come un principe.

Padrone      Suvvia, ragazza: scegli fra questi due chi più ti piace, che io ne sono contento, e in questo modo farai fare la pace a così forti competitori.

Soldato      Io accetto il suo verdetto.

Sacrestano              Anch'io.

Cristina      Allora, scelgo il sacrestano!

Padrone      Andate dunque a chiamare gli aiutanti del barbiere, mio vicino, affinché ballando e cantando con l'aiuto delle loro voci e delle loro chitarre, si celebrino le nozze; e il signor soldato sarà mio ospite.

Soldato     Accetto; ché

di fronte al fatto compiuto

ogni diritto è perduto!

Entrano i Suonatori.

SuonatoreGiacché siamo giunti in tempo per udire queste ultime parole, esse faranno da ritornello alla nostra canzone.

(Cantano il ritornello.)

Soldato

Le donne scelgono sempre

quello che meno vale,

più forte di ogni merito

essendo il loro malgusto.

Il valore non si stima

poiché si stima il denaro,

e un soldato coraggioso

è posposto a un sacrestano!

Ma in questo non è da stupire,

poiché anche i delinquenti

li vediamo cercar scampo

in qualsiasi luogo sacro1.

Suonatori

Di fronte al fatto compiuto

ogni diritto e perduto.

Sacrestano

Poiché e proprio d'un soldato

che solo negli anni è vecchio,

e non possiede un quattrino

avendo lasciato il suo terzo 1,

immaginar di potere

far la parte di Gaiferos2,

conquistando con la forza

quel ch'io conquistai con mitezza,

le tue parole non m'offendono,

perché hai perduto la partita,

e il perdente può sfogare

la sua stizza con dure parole.

Suonatori

Di fronte al fatto compiuto

ogni diritto è perduto.

Escono tutti cantando e ballando.


1   Nel  testo c'è  un gioco di parole intraducibile  fra sota-sacristán e il cavallo di questa battuta, il primo temine contenendo quello di sota, che è il fante delle carte da gioco (il che spiega l'allusione al redella battuta seguente). « Di Ginevra » poteva essere un insulto, essendo Ginevra città di « eretici ».

2 Intraducibile gioco di  parole su prenda, che significa oggetto d'amore, ma anche oggetto di vestiario.

1   Frase proverbiale, il cui senso è: la vedremo!

2   Altra frase proverbiale. Agrajes era un personaggio del  celeberrimo romanzo cavalleresco « Amadigi di Gaula ».

1   Parafrasi umoristica di un celebre verso di Garcilaso de la Vega (1503-1536), iniziatore, con Juan Boscán, della Rinascenza spagnola.

2   Il collegio trilingue era uno dei più antichi e famosi dell'Università di Salamanca.

1 Località castigliana famosa per le sue fabbriche di ceramiche.

1 Si tratta di un arnese usato per spolverare.

2 « Volpe » (zorra),   in   gergo, voleva   significare anche sbornia.

1 Formula che si usava nei documenti di consegna della merce, ma che qui ha, si  capisce, tono umoristico.

1   Allusione  al « diritto d'asilo » allora vigente.

1 Nel lesto, gioco di parole intraducibile fra cuarto, quattrino, e tercio, reggimento.

2   Famoso eroe di  romanze cavalleresche.