Il piccolo Eyolf

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IL PICCOLO EYOLF

Commedia in tre atti

Di HENRIK IBSEN

PERSONAGGI

ALFREDO ALMERS

RITA, sua moglie

EYOLF, il loro figlio

ASTA, sorellastra di Alfredo

L’INGEGNERE BORGHEIM

LA VECCHINA DEI TOPI

L’azione si svolge nella proprietà degli Almers, sulle rive di un fiordo a qualche lega da una città.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 

(Una stanza riccamente ed elegantemente ammobiliata che dà sul giardino. In fondo, una porta vetrata si apre sulla veranda, oltre la quale si scorgono il fiordo che si stende lontano e le colline boscose. Porta a sinistra. Dop­pia porta in secondo piano a destra. Sempre a destra, in primo piano, un divano con molti cuscini, seggiole, un tavolino e vari tappeti sparsi qua e là. A sinistra, in primo piano, una tavola e alcune poltrone; sulla tavola una valigia aperta. E' una bella mattinata d'estate. Ac­canto alla tavola di sinistra, Rita, volgendo le spalle verso destra, toglie dalla valigia diversi piccoli oggetti. E' una bella donna bionda sulla trentina che indossa una vestaglia chiara. Dopo qualche istante, da destra, entra Asta. Indossa un abito estivo a giacca color nocciuola, ha il cappello e un parasole. Sotto il braccio, un portafogli piuttosto grande. Ha venticinque anni, è di statura media, slanciata, capelli scuri ed occhi seri e profondi).

Asta                            - (entrando) Buon giorno, cara Rita...

Rita                             - (volge il capo e le fa un piccolo cenno di saluto) Oh, cara Aita! Come mai così di buon'ora? Hai fatto buon viaggio?

Asta                            - (posa la giacca e il parasole su una seggiola ac­canto alla porta) Ere coti inquieta stamane! Qualche cosa mi chiamava verso il piccolo Eyolf... e verso te. (Posa il portafogli sul tavolino accanto al divano) E ho preso il battello.

Rita                             - (la guarda sorridendo) E a bordo avrai incon­trata qualche cara conoscenza... per puro caso, s'intende...

Asta                            - (calma) No, non ho incontrato nessuno. (Guarda la valigia) Ma questa valigia...?

Rita                             - (mentre continua a vuotarla) E' di Alfredo... non la riconosci?

Asta                            - (si avvicina con gioia) Come? Alfredo è tor­nato?

Rita                             - Sì, sì... col treno di mezzanotte... proprio quando meno me l'aspettavo.

Asta                            - Ecco ciò che mi chiamava qui! E non t'ha avvisata? Neanche una cartolina?

Rita                             - Niente!

Asta                            - Neppure un telegramma?

 Rita                            - Sì. Un laconico telegramma un'ora prima del suo arrivo. (Sorridendo) Come lo si riconosce in questo, vero, Asta?

Asta                            - Oh sì! Il suo solito riserbo.

Rita                             - Se sapessi che gioia quando l'ho rivisto!

Asta                            - Me lo immagino!

Rita                             - Pensa... due settimane in anticipo!

Asta                            - E sta bene? Non è un po' triste, stanco?

Rita                             - (mentre chiude la valigia, sorridendo) Quando è entrato mi è parso raggiante... come trasfigurato.

Asta                            - Nessuna stanchezza?

Rita                             - Sì, era un po' stanco, credo... Anzi molto stanco. Povero Alfredo! S'è fatta a piedi quasi tutta la strada.

Asta                            - Forse l'aria delle cime è troppo sottile per lui.

Rita                             - Credo di no... Non l'ho sentito tossire neanche una volta.

Asta                            - Vedi? Il medico ha avuto ragione di ordinargli quel viaggio.

Rita                             - Già. Ma ora, per fortuna, è finita... Oh tu non puoi sapere, Asta, quali angosce ho patito. Non te l'ho mai detto... e del resto sei venuta. così di rado a tro­varmi...

Asta                            - Infatti... avrei dovuto venire più spesso, ma...

Rita                             - Via, via... so benissimo che avevi la tua scuola. (Sorridendo) E poi, anche il nostro ingegnere era assente.

Asta                            - Oh, Rita!

Rita                             - Va bene, va bene, non parliamo dell'ingegnere. Non puoi sapere quanto mi sia sentita sola, senza Al­fredo. Che vuoto! Che deserto! Pareva ci fosse passata la morte...

Asta                            - Davvero?! Per sei o sette settimane di sepa­razione?

Rita                             - Ma finora non eravamo mai astati separati. Nep­pure un giorno, da tanti e tanti anni.

Asta                            - Appunto perciò era tempo che si muovesse un po'. Ogni anno avrebbe dovuto fare qualche escursione nelle montagne; non avrebbe potuto fargli che bene...

Rita                             - (con un mezzo sorriso) E' facile per te, dirlo! Se avessi il tuo buon senso, forse lo avrei lasciato an­dare prima; ima avevo paura... Mi sembrava di per­derlo. Tu questo non lo capisci, vero?

Asta                            - No. Probabilmente perché non temo di per­dere nessuno.

Rita                             - (con un sorrisetto malizioso) E' proprio vero? Nessuno?

Asta                            - Nessuno che io sappia. (Altro tono) Ma dov'è Alfredo? Forse dorme ancora?

Rita                             - Oh no! Si è alzato all'ora solita. Deve essersi riposato... E' già da un'ora in giro con Eyolf.

Asta                            - Povero piccolo! Così palliduccio e sempre a tavolino a studiare!

Rita                             - (alzando lievemente le spalle) Sai bene che così vuole Alfredo.

Asta                            - Lo so; ma tu dovresti opponi.

Rita                             - (un po' impaziente) No, io non dico verbo. Alfredo ne capisce più di me. E poi che può fare Eyolf se non studiare? Non può giocare come gli altri bambini.

Asta                            - (decisa) Ne parlerò io con Alfredo.

Rita                             - Sì sì, parlagliene tu... (Guardando fuori) Oh finalmente! (Da sinistra entra Alfredo, in abito estivo, tenendo per mano Eyolf. E' un uomo di 36 o 37 anni, fine ed elegante, con lo sguardo dolce e un viso serio e pensieroso. Capigliatura scura un po' rada. Eyolf indossa una specie di piccola uniforme con bottoni dorati e alamari. Trascina una gamba e si appoggia con l'ascella sinistra su una stampella. E' di piccola statura, sembra malaticcio ma ha due begli occhi intelligenti).

Alfredo                       - (lascia la mano di Eyolf e avanza allegramente verso Asta con le mani tese) Mia cara Asta! Come mai già qui? Che gioia di rivederti!

Asta                            - Una voce mi ha chiamato qui stamane. Ben tornato, Alfredo!

Alfredo                       - (scuotendole le mani) Grazie, grazie!

Rita                             - Non è vero che ha una cera magnifica?

Asta                            - (senza distogliere lo sguardo da Alfredo) Su­perba, addirittura! E un occhio così vivo... Hai scritto molto durante il viaggio? (Con (vivacità) Forse hai ter­minato il tuo libro?

Alfredo                       - (alzando le spalle) Oh, non parliamo del libro...

Asta                            - Ho creduto che, via di qui, avresti lavorato facilmente...

Alfredo                       - Anch'io lo credevo... e invece è avvenuto tutto l'opposto: neanche una riga, niente.

Asta                            - E che cosa hai fatto durante tutto questo tempo?

Alfredo                       - Ho pensato, pensato, pensato... Nient'altro.

Rita                             - (gettandogli le braccia al collo) Un pochino anche a noi... a noi che avevi lasciati soli...?

Alfredo                       - Certo! Vi ho pensato molto... Tutti i giorni.

Rita                             - (sciogliendo l'abbraccio) E allora tutto bene.

Asta                            - Non hai lavorato!... Eppure sembri allegro e soddisfatto...

Alfredo                       - Sì, perché, vedi... finora sono stato uno stupido. Quel che conta è il pensiero. Quello che si mette sulla carta non vale nulla.

Asta                            - Come, non vale nulla?

Rita                             - (ridendo) Sei impazzito, Alfredo!

Eyolf                           - (con uno sguardo serio) Ma sì, papà. Quello che scrivi tu vale molto.

Alfredo                       - (accarezza sorridendo i capelli del bimbo) Dal momento che lo dici tu... Eppure, credimi, dopo di me ne verrà un altro che farà meglio.

Eyolf                           - E chi sarà? Dimmelo.

Alfredo                       - Pazienza! Verrà.

Eyolf                           - E tu allora che farai?

Alfredo                       - (serio) Me ne tornerò nelle montagne...

Rita                             - Oh, Alfredo!... Dovresti vergognarti.

 

Alfredo                       - Ma sì, ma sì... tornerò sulle cime… ai vasti orizzonti...

Eyolf                           - Babbo, credi che sarò abbastanza forte per accompagnarti?

Alfredo                       - (commosso, in pena) Certo, piccolo mio... chissà...

Eyolf                           - Vedi?... Il coraggio ce l'avrei di arrampicarmi anch'io sulle montagne...

Asta                            - (per mutare argomento) Ma come sei bello, elegante, stamane, Eyolf.

Eyolf                           - Non è vero, zia?

Asta                            - Altro che! E' per l'arrivo del babbo quest'abito nuovo?

Eyolf                           - Sì. Volevo che il babbo mi vedesse così.

Alfredo                       - (piano a Rita) Non avresti dovuto vestirlo a quel modo.

Rita                             - (piano ad Alfredo) Mi ha talmente pregata, tormentata... Non mi dava respiro.

Eyolf                           - A proposito, babbo... Borgheim mi ha com­prato un arco e mi ha insegnato a tirare.

Alfredo                       - Molto bene. E' uno svago assai adatto per te.

Eyolf                           - La prima volta che verrà lo pregherò di inse­gnarmi anche a nuotare.

Alfredo                       - Nuotare? Come ti viene quest'idea?

Eyolf                           - Tutti i bambini che giuocano sulla spiaggia sanno nuotare. Io soltanto no.

Alfredo                       - (abbraccia il piccino commosso) Imparerai tutto quello che vorrai... tutto quello che avrai voglia di imparare.

Eyolf                           - Sai, babbo, che cosa mi piacerebbe di impa­rare più di tutto?

Alfredo                       - Che cosa?

Eyolf                           - Vorrei imparare a fare il soldato. Quando sarò grande dovrò fare il soldato, lo sai...

Alfredo                       - (stringendo i pugni) Sì sì sì... vedremo...

Asta                            - (dopo una breve pausa penosa siede a sinistra presso la tavola) Vieni qui, Eyolf... li racconterò una bella cosa...

Eyolf                           - (le si avvicina) Quale, zia?

Asta                            - Sai chi ho visto? La vecchina dei topi!

Eyolf                           - Davvero? Hai visto la vecchina dei topi? Non lo dici per scherzare?

Asta                            - Non scherzo affatto. L'ho vista ieri. L'ho in­contrata per la strada appena fuori del paese.

Alfredo                       - Anch'io l'ho incontrata una volta, lassù, sulle montagne.

Rita                             - (siede sul divano) Forse la vedremo anche noi, sai, Eyolf...

Eyolf                           - Perché la chiamano la vecchina dei topi?

Asta                            - Perché gira sempre per le campagne per distruggerli.

Alfredo                       - Bè, adesso va un po' in giardino a giocare.

Eyolf                           - (Non sarebbe meglio che prendessi un libro?

Alfredo                       - No no! Basta coi libri! Piuttosto va a divertirti sulla spiaggia con gli altri bambini.

Eyolf                           - (imbarazzato) No, babbo. Oggi non posso andare con gli altri bambini...

Alfredo                       - Perché?

Eyolf                           - Perché, sai... con questo abito...

Alfredo                       - (aggrottando le sopracciglia) Perché?. .. Ti canzonano per i tuoi begli abiti?

Eyolf                           - (sempre imbarazzato) No, non osano. Li pic­chierei.

Alfredo                       - E allora?

Eyolf                           - Ma sono così cattivi quei ragazzi... E poi mi dicono che non potrò mai fare il soldato.

Alfredo                       - (con crescente irritazione) E perché?

Eyolf                           - Certo perché mi invidiano. Sono così poveri quei bambini... vanno sempre a piedi scalzi...

Alfredo                       - (piano a Rita, con dolore) Oh Rita! Non lo posso sentire!

Rita                             - (si alza cercando di calmarlo) Via, via, cal­mati...

Asta                            - (porgendo orecchio) Hanno bussato, mi sembra.

Eyolf                           - (contento) Sarà Borgheim.

Rita                             - Avanti! (Da sinistra entra, piano, la vecchina dei topi. E' una donnina coi capelli grigi, meschina e come rattrappita ma con lo sguardo acuto e penetrante. Indossa un vecchio abito a fiori, ha un cappellino nero e una mantellina, e tiene in mano un grosso paracqua rosso. Dal suo braccio pende un sacco nero).

Eyolf                           - (piano, aggrappandosi all'abito di Asta) Oh zia! E' lei, ne sono certo!

La Vecchina               - (rimane sulla soglia e fa una riverenza) Sono la vostra umile serva, signore e signori. Non avete, a volte, topi in casa?

Alfredo                       - In casa nostra? Non credo.

La Vecchina               - Ve ne avrei sbarazzato volentieri.

Rita                             - Sì sì, lo sappiamo. Ma in casa nostra non ce ne sono.

La Vecchina               - Peccato! Sto facendo il mio giro e non so quando ripasserò. Oh Dio, come sono stanca!

Alfredo                       - (indicando una sedia) Si vede.

La Vecchina               - In verità, non bisognerebbe stancarsi mai di soccorrere quei poveri piccoli esseri che tutti detestano e perseguitano. Eppure sono stanca egualmente.

Rita                             - Non vorreste sedervi per riposare un po'?

La Vecchina               - Mille grazie, non è il caso di rifiutare. (Siede su una seggiola tra la porta e il divano) Ho pas­sato tutta la notte al lavoro.

Alfredo                       - Davvero?

La Vecchina               - Sì. Sull'altra sponda delle isole... (Ride con un piccolo singhiozzo) Non mi avevano forse mandata a chiamare? Se sapeste come hanno tentato di mercanteggiare... ma non c'è stato verso: hanno dovuto ingoiare la pillola. (Guarda Eyolf con un piccolo movi­mento della testa) Proprio così, signorino mio, hanno dovuto ingoiare la pillola...

Eyolf                           - (un po' intimidito e quasi suo malgrado) E perché?

La Vecchina               - Come, perché?

Eyolf                           - Sì, perché hanno dovuto...?

La Vecchina               - Perché, signorino mio, non avevano più nulla da mangiare a causa dei sorcioni e dei sorcetti loro figli.

Rita                             - (con un gesto d'orrore) Brrr! Povera gente! Ne avevano proprio tanti?

La Vecchina               - Formicolavano dappertutto. Dapper­tutto era pieno. (Ride con intima soddisfazione) Tutta la notte li sentivano rosicchiare nei letti. Bevevano nelle secchie del latte... Da tutti i lati, a destra, a sinistra, grat­tavano, rodevano, trotterellavano sui pavimenti...

Eyolf                           - (piano ad Asta) Zia, non andrò mai da quelle parti.

La Vecchina               - E allora siamo venuti noi, io e un altro. E li abbiamo presi tutti dal primo all'ultimo. Po­veri piccoli cari. Ma ci siamo riusciti tutti e due.

Eyolf                           - (con un grido) Babbo! guarda, guarda!

Rita                             - Mio Dio, Eyolf, che hai?

Alfredo                       - Che ha?

Eyolf                           - (indicando col dito) C'è qualche cosa che si muove nel sacco.

Rita                             - (scappa verso sinistra, gridando) Che paura! Mandala via, Alfredo!

La Vecchina               - (sorridendo) Non vi spaventate, mia buona, cara signora, è soltanto una piccola creatura del buon Dio….

Alfredo                       - Vediamo! Che cos'è?

La Vecchina               - E' Sorcetto... semplicemente! (Apre il sacco) Vieni, vieni... esci dall'ombra, carino mio. (Un piccolo cane mette fuori la testa nera dal muso largo. La vecchina scuote la testa e fa cenno a Eyolf) Venite, venite, non abbiate paura, mio piccolo guerriero ferito. 11 mio cagnolino non morde. Venite! Venite dunque!

Eyolf                           - (sempre aggrappato alla gonna di Asta) No, no!

La Vecchina               - Venite, signorino mio. Non vi pare che abbia un viso molto dolce, molto grazioso?

Eyolf                           - (incredulo, indicando il cane) Molto gra­zioso? Lui?

La Vecchina               - Lui, sì.

Eyolf                           - (a mezza voce, senza stornare lo sguardo dal cane) Non ho mai visto nulla di più orribile!

ILa Vecchina              - (mentre chiude il sacco) Oh ci verrete vicino, ci verrete!

Eyolf                           - (si avvicina suo malgrado e passa la mano sul sacco) In verità è molto bello, molto bello!

La Vecchina               - Ma è così affaticato, poveretto! Se sa­peste com'è stanco! (Guardando Alfredo) Perché è un gioco che stanca terribilmente, caro signore.

Alfredo                       - Quale gioco?

La Vecchina               - Quello di attirare quelle bestiole.

Alfredo                       - Vorreste dire che il vostro cane sa at­tirarle?

La Vecchina               - (scuotendo la testa in segno affermativo) Proprio così; Sorcetto ed io lavoriamo insieme. E la­voriamo sempre d'accordo. Se lo vedeste! Io infilo una corda nel suo collare e gli faccio fare tre volte il giro della casa suonando l'ocarina. Quando essi la sentono, non possono resistere, ed eccoli uscire dalle cantine, discendere dai granai, arrivare da tutte le parti, quelle care creaturine del buon Dio...

Eyolf                           - E allora lui le strangola?

La Vecchina               - Oh no! Niente affatto! Saliamo in barca, lui ed io, ed essi ci seguono tutti, i grandi ed i piccini...

Eyolf                           - E poi? Dite, dite!

La Vecchina               - E poi ci allontaniamo dalla riva. Io seguito a suonare mentre remo e Sorcetto nuota dietro la barca. (Con gli occhi scintillanti) E tutti i topi e topolini ci seguono, lontano, sempre più lontano, verso le acque profonde... Non c'è che dire: bisogna che ci seguano!

Eyolf                           - E perché?

La Vecchina               - Proprio perché non vogliono... e pro­prio perché hanno una terribile paura dell'acqua.

Eyolf                           - E si annegano?

La Vecchina               - Tutti, quanti sono. (Più piano) Per loro è un bel riposo, una notte dolce... non potrebbero desiderarne una migliore. Possono dormire di un sonno lungo e tranquillo, essi che sono sempre perseguitati e odiati dagli uomini. (Si alza) Oh, una volta non avevo bisogno del cane... sapevo incantarli da sola...

Eyolf                           - Chi?

La Vecchina               - Gli uomini. Specialmente uno...

Eyolf                           - E chi era?

La Vecchina               - (sorridendo) Era il mio amato bene, il caro tesoro del mio cuore!

Eyolf                           - E dov'è, adesso?

La Vecchina               - (con voce dura) In fondo all'acqua, coi sorci! (Riprende la sua voce dolciastra) Ma ora devo tornare al lavoro. Sempre in cammino... (A Rita) Sicché, signora, non avete proprio bisogno di me? E' un'occasione!

Rita                             - No, grazie.

La Vecchina               - Eh eh! Non si può mai sapere, cara signora. Se voi o il signore vi accorgeste che c'è in un posto o nell'altro qualche cosa che gratta o rode, ricor­datevi di me. Serva vostra, signore e signori! Esce).

Eyolf                           - (piano ad Asta con aria trionfante) Che ne dici, zia? L'ho veduta anch'io, ora, la vecchina dei topi. (Rita esce sulla veranda e si fa vento col fazzoletto. Un istante dopo Eyolf esce piano, senza farsi notare, dalla porta di destra).

Alfredo                       - (prende il portafogli sul tavolino accanto al divano) E' tuo questo portafogli?

Asta                            - Sì. Ci ho messo alcune vecchie lettere.

Alfredo                       - Lettere di famiglia?

Asta                            - Appunto. Quelle che mi avevi detto di riordi­nare durante la tua assenza.

Alfredo                       - (accarezzandole i capelli) Sei riuscita a trovare il tempo di occupartene?

Asta                            - Ma sì. Prima qui e. poi a casa mia, in città.

Alfredo                       - Grazie, cara Asta. E ci hai trovato qualche cosa di interessante?

Asta                            - (senza dar peso) Oh, si trova sempre qualche cosa tra le vecchie lettere. (Più piano, con voce grave) Qui ce ne sono di indirizzate alla mamma.

Alfredo                       - Puoi tenerle per te. Sono tue, si capisce.

Asta                            - (con uno sforzo) No. Vorrei che anche tu le leggessi... un giorno... più tardi... Ma oggi non ho la chiavetta...

Alfredo                       - Non leggerò mai le lettere di tua madre.

Asta                            - (fissandolo) In tal caso verrò io una volta... in qualche serata tiepida... a raccontartene il contenuto.

Alfredo                       - Ecco, preferisco. Tieni, tieni pure le let­tere di tua madre; non hai molli ricordi di lei. (Porge il portafogli ad Asta. Essa lo prende e lo depone su una sedia sotto la sua giacca).

Rita                             - (rientra) Che orrore! Si direbbe che quella orribile vecchia abbia lasciato un odore funebre!

Alfredo                       - Sì, ha un che di sinistro... Eppure mi spiego la malia della quale ci ha parlato. Si prova qualche cosa di simile lassù... nella solitudine delle mon­tagne e dei vasti altipiani.

 Asta                           - (lo guarda attentamente) Che hai, Alfredo?

Alfredo                       - (sorridendo) Io?

Asta                            - Sì... hai qualche cosa... Si direbbe che sei cambiato... Anche Rita l'ha notato.

Rita                             - Sicuro; l'ho visto subito. Ma è un mutamento in meglio, no?

Alfredo                       - Lo spero... anzi ne sono certo.

Rita                             - Ti è accaduto qualche cosa in viaggio, non negarlo. Lo vedo.

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Proprio nulla... di fuori. Ma...

Rita                             - (turbata) Ma...

Alfredo                       - Ma, di dentro, sì, qualcosa si è mutato.

Rita                             - Oh, mio Dio!

Alfredo                       - (con voce rassicurante mentre le accarezza la mano) Sempre in meglio, mia cara Rita, puoi es­serne certa..

Rita                             - (sedendosi sul divano) Ci devi raccontare tutto e subito, senza omettere nulla.

Alfredo                       - (volgendosi verso Asta) Vieni, siedi an­che tu. Cercherò di spiegarmi meglio che posso... (Siede sul divano accanto a Rita. Asta avvicina una sedia e sì siede. Breve pausa).

Rita                             - (guardando Alfredo) E dunque?

Alfredo                       - (con lo sguardo fisso nel vuoto) Quando guardo indietro e vedo la mia vita, il mio destino, così come si è svolto durante questi ultimi dieci anni, mi sembra una favola o un sogno. (Ad Asta) Non è anche la tua impressione?

Asta                            - Sì, press'a poco.

Alfredo                       - Quando penso a ciò che eravamo noi due, poveri, orfani, disgraziati...

Rita                             - (un po' impaziente) Lascia andare queste vec­chie storie.

Alfredo                       - (senza badarle). ..ed ora invece, nell'agia­tezza, nel lusso. Ho potuto seguire la mia vocazione, stu­diare, lavorare secondo il mio gusto... (Porge la mano a Rita) E questa felicità così grande, così insperata, la devo a te, mia cara Rita!

Rita                             - (mezzo sorridente e mezzo irritata gli batte sulla mano) Se non le dicessi tante sciocchezze!

Alfredo                       - Questa è soltanto la prefazione.

Rita                             - Ti prego, salta la prefazione.

Alfredo                       - (a Rita) Ti sbagli, se credi che sono andato sulle montagne per ordine del medico.

Asta                            - Non ci sei andato per ordine del medico?

Rita                             - E perché, allora?

Alfredo                       - Perché non trovavo più riposo alla mia scrivania.

Rita                             - Non trovavi più riposo? E che cosa mai ti disturbava, caro?

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Nulla. Disturbi ap­parenti. Ma avevo la sensazione di sciupare... o meglio, no... insomma di sprecare il mio tempo.

Asta                            - (stupita) Lavorando al tuo libro?

Alfredo                       - (fa cenno di sì col capo) Sì. Era quello proprio l'unico lavoro adatto per me? Non sapevo pro­prio fare altro? (Con lo sguardo fisso davanti a se) Rima­nere lì, curvo sulle carte, consumando i giorni a scri­vere, e spesso anche una buona metà della notte, lavorando incessantemente ad una grossa opera intitolata: «Della responsabilità umana»... Già!,..

Asta                            - (gli poggia una mano sulla spalla) Ma quel libro non deve essere tutta la tua vita?

Rita                             - Ce lo hai sempre detto!

Alfredo                       - E lo pensavo, fin da ragazzo! (Con uno sguardo affettuoso) E sei stata proprio tu, mia cara Rita, con i tuoi tesori di Golconda, che mi hai messo in con­dizione di dedicarmici...

Rita                             - Fammi il favore di tacere!

Alfredo                       - (sorridendo). ..creandomi un'esistenza di benessere e di incanto.

Rita                             - (metà ridendo e metà inquieta) Se continui così, finirò per picchiarli.

Asta                            - (ad Alfredo, un po' preoccupata) E dunque, il tuo libro...?

Alfredo                       - A poco a poco il libro cominciò a stac­carsi da me e al suo posto cominciò a delinearsi l'idea sempre più imperiosa di un grande dovere da compiere.

Rita                             - (gli prende la mano col viso raggiante) Alfredo!

Alfredo                       - II pensiero di Eyolf, mia cara Rita.

Rita                             - (offesa, ritira la mano) Ah! Il pensiero di Eyolf...

Alfredo                       - Sempre di più, sempre più profondamente, dal giorno della disgrazia, da quando è caduto da quella tavola, e soprattutto da quando abbiamo avuto la cer­tezza che non guarirà mai.

Rita                             - (con vivacità) Ma ti occupi già di lui per quanto puoi!

Alfredo                       - Come maestro, sì, ma non come padre. E da ora in poi voglio essere. soprattutto un padre per Eyolf.

Rita                             - (lo guarda scuotendo la testa) Non ti com­prendo bene.

Alfredo                       - Voglio dire che voglio fare di tutto per alleviargli il peso della sua infermità.

Rita                             - Credo che, grazie a Dio, Eyolf non lo senta.

Asta                            - (commossa) Sì, Rita, lo sente.

Alfredo                       - Lo sente, lo sente; e crudelmente.

Rita                             - (con un po' di impazienza) Insomma, che cosa puoi fare di più?

Alfredo                       - Voglio illuminare la sua anima di bimbo, sviluppare le ricche promesse della sua mente, far fiorire e fruttificare i nobili germi che sono in lui. (Con calore crescente e alzandosi) E ancora più voglio aiutarlo a misurare i suoi desideri con le sue possibilità, giacche in questo momento vi è un disaccordo tra le due cose. Tutte le sue aspirazioni vanno verso mete per lui irrag­giungibili. Voglio, infine, dargli il sentimento della fe­licità! (Va su e già per la scena. Asta e Rita lo seguono con lo sguardo).

Rita                             - Dovresti pensarci con più calma...

Alfredo                       - (si ferma presso la tavola di sinistra e la guarda) Eyolf, se vuole, deve continuare l'opera della mia vita, a meno che non si prefigga lui stesso uno scopo; e questo, forse, sarebbe meglio. In ogni caso la mia opera aspetterà.

Rita                             - (alzandosi) Ma non potresti occuparti di Eyolf senza rinunziare ad tuo lavoro?

Alfredo                       - Impossibile. Non posso sdoppiarmi, perciò cedo. Spetta ad Eyolf di essere l'uomo completo della mia razza. Lavorare ad una tale perfezione, ecco la nuova opera della mia vita.

Asta                            - (gli si avvicina) Hai dovuto ben penare per arrivare a tanto..»

Alfredo                       - Oh sì! Ho lottato molto... Rimanendo qui, non sarei mai riuscito a trionfare di me stesso, non mi sarei mai piegato alla rinunzia. Mai!

Rita                             - E per questo te ne sei andato durante l'estate?

Alfredo                       - (con gli occhi brillanti) Sì, sono salito lassù, fino alle solitudini infinite; ho visto il sole levarsi e ri­schiarare le cime; mi sono sentito più vicino agli astri e quasi in comunione con essi. E sono riuscito.

Asta                            - (guardandolo con tristezza) E allora non la­vorerai più al tuo libro sulla responsabilità umana?

Alfredo                       - Mai più. Da ora in poi farò della respon­sabilità umana la legge della mia vita.

Rita                             - (sorridendo) E sei convinto di durare in que­sta grande risoluzione, ora che sei qui?

Alfredo                       - (prendendole la mano) Sì, insieme con te. (Stende l'altra mano ad Asta) Ed anche con te, Asta.

Rita                             - (ritira la mano) 'Con tutte e due... Come vedi, puoi sdoppiarti.

Alfredo                       - Via via, cara Rita! (Rita si allontana da lui e si volge verso la porta del giardino. Alla porta di destra si sentono picchiare alcuni piccoli colpi staccati e lievi. L'ingegnere Borgheim entra con passo deciso. E' un giovane sui trent'anni di bell'aspetto, dal viso aperto e intelligente).

L'Ingegnere                - Buon giorno, signora, buon giorno! (Si ferma vedendo Alfredo e dice allegramente) Che vedo mai! Già di ritorno, signor Almers?

Alfredo                       - (stringendogli la mano) Sì, sono rientrato stanotte.

Rita                             - (allegra) Non aveva il permesso di restare via più a lungo, caro ingegnere.

L'Ingegnere                - Ah, lo fate rigar dritto vostro marito! (Ad Asta) Buon giorno, signorina Almers.

Asta                            - (un po' riservata) Buon giorno.

Alfredo                       - (avvicinandosi) Credo che sarete alla fine dei vostri lavori, non è vero? Presto la strada sarà ter­minata...

L'Ingegnere                - Ho finito; ieri ho finito tutto. Ma ce n'è voluto del tempo!

Rita                             - Si direbbe che ne siete anche molto sod­disfatto...

L'Ingegnere                - Oh Dio, Io sono, sì...

Rita                             - Ah, davvero? Sapete che non è molto gentile da parte vostra?

L'Ingegnere                - E perché?

Rita                             - Perché da ora in poi non verrete da noi molto spesso.

L'Ingegnere                - E' vero: non ci pensavo.

Rita                             - Però nessuno vi impedirà di venirci di tanto in tanto.

L'Ingegnere                - Purtroppo, per qualche tempo non mi sarà possibile: mi son preso un altro grosso lavoro, e Io devo cominciare subito.

Alfredo                       - Davvero? (Gli stringe la mano) Mi fa proprio piacere.

Rita                             - E anche a me, ingegnere.

L'Ingegnere                - Zitti, zitti! E' ancora un segreto che non ho il diritto di divulgare. Ma non ho saputo dire di no. Un lavoro difficile... una strada da costruire laggiù, nel Nord. Vi sono montagne da attraversare e incredibili problemi da risolvere... (Volgendosi verso Asta) Signo­rina Almers, la facciamo la nostra solita passeggiatina?

Asta                            - (subito) No, grazie. Non ora... oggi no.

L'Ingegnere                - Quattro passi... soltanto quattro passi... Mi pare di aver tante cose da dirvi prima della mia partenza.

Rita                             - E cose che non si possono dire ad alta voce!

L’ingegnere                - Uhm!... dipende...

Rita                             - E allora ditele piano». (A bassa voce ad Asta) Va, va, Asta. Accontentalo.

Asta                            - Mia cara Rita...

L’ingegnere                - (in tono di preghiera) Signorina Asta, pensate che sarà la nostra ultima passeggiata...

Asta                            - (prende il cappello e il parasole) Allora, se ti fa piacere, acconsento... Un giretto in giardino...

L'Ingegnere                - Grazie! Grazie!

Alfredo                       - E frattanto, guardate un po' che cosa fa Eyolf.

L'Ingegnere                - Per l'appunto, dov'è Eyolf? Ho un re­galino per lui.

Alfredo                       - Gioca laggiù... da quella parte...

L’ingegnere                - Come, come?... Gioca? Lui che «e ne sta sempre in un cantuccio a leggere?

Alfredo                       - Non ci starà più; da ora in poi vivrà all'aria aperta.

L'Ingegnere                - Tanto meglio! Anche lui ha bisogno di aria come gli altri, povero piccolo. Mio Dio! Che cosa possiamo lare di meglio in questo basso mondo, se non giocare? In quanto a me, la vita intera mi sembra un gran gioco! Venite, signorina Asta... (Asta e l'Inge­gnere passano per la veranda e scendono in giardino).

Alfredo                       - (seguendoli con lo sguardo) Mi sembra che fra quei due ci sia del tenero. Non ti pare, Rita?

Rita                             - Ma... non so... lo credevo anch'io... Però da qualche tempo Asta è così strana! Non la capisco più.

Alfredo                       - Davvero! E' stato durante la mia assenza?

Rita                             - Sì, me ne sono accorta da una quindicina di giorni.

Alfredo                       - Credi che lui le sia indifferente?

Rita                             - Non credo ad un sentimento serio, profondo, definitivo. (Lo guarda con attenzione) Se mi ingannassi, ti spiacerebbe?

Alfredo                       - No, ma certo mi preoccuperei.

Rita                             - Te ne preoccuperesti?

Alfredo                       - Non sono responsabile della sorte di Asta?

Rita                             - Oh! responsabile, poi...! Asta è maggiorenne! Può guidarsi da sola, no?

Alfredo                       - Speriamolo!

Rita                             - Per conto mio non ho affatto una cattiva opi­nione dell'ingegnere.

Alfredo                       - Neanche io. Anzi, al contrario! E tuttavia...

Rita                             - Vorrei che sposasse Asta.

Alfredo                       - (un po' impaziente) E perché?

Rita                             - (sempre più agitata) Perché così se ne an­drebbe lontana e non verrebbe più qui come adesso.

Alfredo                       - (stupito) Come come?... Vorresti sbaraz­zarti di Asta?

Rita                             - Sì, Alfredo.

Alfredo                       - Ma perché, in nome di Dio, perché?

Rita                             - (con passione gettando le braccia al collo di Al­fredo) Perché finalmente ti avrei per me sola! E poi no... non saresti ancora tutto per me! (Scoppia in singhiozzi convulsi) Oh Alfredo, Alfredo... non posso rinunziare a te!

Alfredo                       - (svincolandosi dolcemente) Via via, cara... sii ragionevole...

Rita                             - Che m'importa di essere ragionevole? Non ho che un solo pensiero a! mondo e sei tu, tu solo! (Gli si getta di nuovo al collo) Tu solo, solo, solo!

Alfredo                       - Te ne prego... mi strozzi!

Rita                             - (sciogliendo le braccia) Ah, se potessi farlo! (Con uno sguardo di fiamma) Se sapessi come ti ho odiato!

Alfredo                       - Odialo?

Rita                             - Sì, quando te ne stavi la notte, là, alla tua scrivania, curvo sul tuo lavoro, per tante, lunghe, lunghi» ore... (Coti rimprovero) Oh, come erano lunghe! Se sa­pessi come l'ho odialo il tuo lavoro!

Alfredo                       - Oramai è finito: non se ne parla più.

Rita                             - (con un sorriso amaro) No, no... ora c'è di peggio.

Alfredo                       - (indignato) Di peggio? Dici del piccino?

Rita                             - (con violenza) Sì, di lui. Il piccino è peggio del libro. Il piccino è una cosa viva... (Con passione cre­scente) Ma io non lo permetterò! Non lo permetterò, ti dico!

Alfredo                       - (con voce sorda, guardandola) Qualche volta mi fai paura...

Rita                             - (con aria cupa) Spesso faccio paura anche a me. E perciò ti dico: sta attento! Sta attento di non risve­gliarmi gli istinti cattivi.

Alfredo                       - E quando mai l'ho fatto?

Rita                             - Lo fai; lo fai spezzando il legame più sacro che esista fra noi.

Alfredo                       - ( marcato) Ma non pensi che parli di tuo figlio, del nostro unico figlio?

Rita                             - Mio figlio? Oh, mio soltanto a metà. (Con una recrudescenza di passione) Ma tu devi essere mio, interamente mio!... Ne ho il diritto!

Alfredo                       - Ma è impossibile! Devo dividermi fra te e Eyolf.

Rita                             - E se Eyolf non ci fosse, dì?

Alfredo                       - (in tono evasivo) Allora, si capisce, non avrei che te.

Rita                             - (tremante di emozione) Ho sofferto spavento­samente nel metterlo al mondo, ma ho sopportato tutto con gioia per amor tuo.

Alfredo                       - (teneramente) Sì, sì, lo so.

Rita                             - (con voce ferma) Ma ora basta! Io voglio vivere, vivere con te, senza riserve. Non mi accontenterò di non essere altro che la madre di Eyolf. Non voglio, ti dico! Non posso! Voglio essere tutto per te! Sono stata creata per diventare madre e non per essere sol­tanto una madre! Capisci? Sono fatta così. Ma tu vuoi essere tutto per Eyolf... E per me? Che cosa vuoi essere per me?

Alfredo                       - (con dolcezza) Continuerò ad amarti, con un amore profondo. (Cerca di prenderle la mano).

Rita                             - (ritirando la sua mano) Che vuoi che me ne faccia di un amore simile? Ti voglio tutto per me, sol­tanto per me. Come nei nostri primi giorni di delizia e di passione. (Con voce dura e irritata) No no, non posso accontentarmi dei ritagli di tempo!

Alfredo                       - (con dolcezza) Mi sembra che potremmo spartirci la felicità in tre.

Rita                             - (ironica) Già, in parti uguali! (Siede alla tavola di sinistra) Ascoltami bene... (Lo fissa con uno sguardo velato) Ieri sera, quando ho ricevuto il tuo te­legramma... mi sono vestita di bianco... ho sciolto i capelli... mi ricoprivano le spalle e la schiena...

Alfredo                       - Ho visto, Rita... Quanto eri bella!

Rita                             - Alle lampade vi erano paralumi rosa... e noi eravamo soli nella casa addormentata. Sulla tavola c'era lo « champagne »...

Alfredo                       - Non l'ho bevuto.

Rita                             - (con amarezza) Infatti... (Con una risata stri­dente) «Lo champagne c'era ma tu non lo bevesti»... Come dice la canzone. (Lascia la poltrona e va con passo stanco ad allungarsi sul divano).

Alfredo                       - (attraversa la scena e le si pianta davanti) Avevo molti pensieri gravi... Mi ero preparato a parlarti della nostra vita, come dovrà essere in avvenire, e prima di tutto di Eyolf.

Rita                             - (sorridendo) E lo hai fatto, caro.

Alfredo                       - No, non ci sono riuscito, perché tu hai cominciato a svestirti.

Rita                             - Già, e frattanto tu mi parlavi di Eyolf. Non te ne ricordi? Poi ti sei coricato e hai dormilo un sonno profondo.

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Rita! Rita!

Rita                             - (si allunga completamente sul divano e lo guarda) Senti, Alfredo... (e tace).

Alfredo                       - Dunque...?

Rita                             - «Lo champagne c'era ma tu non lo bevesti »!

Alfredo                       - (con voce quasi dura) No. Non l'ho bevuto! (Si allontana da lei e passa dalla parte del giardino. Rita rimane un istante immobile con gli occhi chiusi).

Rita                             - (ad un tratto si alza con uno scatto) Però sappi, Alfredo...

Alfredo                       - (voltandosi) Che cosa?

Rita                             - Che hai torto di sentirti troppo sicuro.

Alfredo                       - Ho torto?

Rita                             - Sì... ti senti troppo sicuro di me.

Alfredo                       - (avvicinandosi) Che intendi dire?

Rita                             - (con le labbra tremanti) Mai, neanche con un solo pensiero ti sono stata infedele. Mai, neanche per un istante!

Alfredo                       - Lo so, ti conosco troppo per dubitarne.

Rita                             - (con gli occhi brillanti) Ma 6e tu mi sdegni...

Alfredo                       - Ti sdegno?... Che diavolo dici?

Rita                             - Non sai che cosa si potrebbe scatenare in me se...

Alfredo                       - Se...?

Rita                             - Se mi accorgessi una volta che ti sono dive­nuta indifferente, che non mi ami più come prima.

Alfredo                       - Sii ragionevole, cara Rita. Gli anni mutano molte cose. E' legge comune. Ci si trasforma.

Rita                             - Io no! E neanche per te voglio mutamenti; non ne voglio, capisci? Voglio serbarti per me sola...

Alfredo                       - (preoccupato) Sei troppo gelosa!

Rita                             - Sì, ma non posso cambiarmi. (Con tono mi­naccioso) Se tu ti dividi fra me e... e chiunque altro-

Alfredo                       - Ebbene?

Rita                             - Mi vendicherò!

Alfredo                       - Come ti vendicherai?

Rita                             - Non lo so... anzi lo so benissimo!

Alfredo                       - E cioè?

Rita                             - Disporrò di me come meglio mi piacerà.

Alfredo                       - Come meglio ti piacerà?

Rita                             - Sì. Mi getterò nelle braccia di... del primo venuto.

Alfredo                       - (la guarda teneramente e scuote la testa) Non lo farai mai, mia cara, onesta, fedele e orgogliosa Rita.

Rita                             - (gettandogli le braccia al collo) Non sai che cosa potrei diventare se... se tu ti allontanassi da me.

Alfredo                       - Allontanarmi da te? Come puoi pensarlo anche per un solo istante?

Rita                             - (abbassa le braccia e dice in tono semischerzoso) Potrei anche far cadere la mia scelta su quel caro ingegnere.

Alfredo                       - (sollevato) Mi accorgo che vuoi scherzare, grazie a Dio.

Rita                             - Non scherzo affatto. Perché non lui piuttosto che un altro?

Alfredo                       - Perché lui è innamorato, a quanto pare-

Rita                             - Tanto meglio! Lo ruberò a un'altra! Non è quello che mi ha fatto Eyolf?

Alfredo                       - Come puoi dire una cosa simile del nostro piccolo Eyolf?

Rita                             - Lo vedi? Lo vedi? Non puoi pronunziare il suo nome senza che la voce ti tremi... (Minacciosa, coi pugni stretti) Quasi quasi mi augurerei...

Alfredo                       - (con ansia) Che cosa ti augureresti?

Rita                             - (con violenza, allontanandosi da lui) No! No! No! Non posso dirlo! Non lo dirò!

Alfredo                       - (avvicinandosi di nuovo) Rita... Rita, te ne supplico! (L'Ingegnere e Asta tornano dal giardino con aria grave e pensierosa. E' evidente che l'uno e l'altra cercano di padroneggiarsi. Asta si ferma sulla veranda. L'Ingegnere entra).

L'Ingegnere                - Eccoci! La signorina Asta ed io ab­biamo fatto insieme la nostra ultima passeggiata.

Rita                             - (lo guarda, colpita) Davvero? E questa pas­seggiata non sarà seguita... da un lungo viaggio?

L'Ingegnere                - Sì, per quanto mi concerne.

Rita                             - Soltanto?

L'Ingegnere                - Soltanto.

Rita                             - (con uno sguardo cupo ad Alfredo) Hai sen­tito, Alfredo? (Si volge all'Ingegnere) Scommetto che in tutto questo c'è il malocchio.

L'Ingegnere                - (guardandola) Il malocchio? Credete al malocchio, signora Almers?

Rita                             - Da qualche tempo, sì. Vi sono ragazzi, spe­cialmente, che lo portano...

Alfredo                       - Rita! (Piano con indignazione) Come puoi...

Rita                             - (a mezza voce) Sci tu che mi fai diventare malvagia! (In lontananza, dalla parte dei fiordo, giunge un tumulto di voci e di grida).

L'Ingegnere                - (avvicinandosi alla vetrata) Cos'è tutto questo chiasso?

Asta                            - (di fuori) Guardate tutta quella gente che si precipita verso il pontile.

Alfredo                       - Cosa può essere? (Getta uno sguardo fuori) Certo una nuova birichinata di quei monelli.

L'Ingegnere                - (si sporge dalla balaustra e grida) Ragazzi! Ragazzi! Che succede laggiù? (Si sente un rumore confuso di risposte).

Rita                             - Che dicono?

L'Ingegnere                - Dicono che si è annegato un bambino.

Alfredo                       - Si è annegato un bambino?

Asta                            - (turbata) Un maschietto, dicono...

Alfredo                       - Se sanno nuotare tutti!

Rita                             - (con un grido di angoscia) Dov'è Eyolf?

Alfredo                       - Calma, calma, ti prego! Eyolf gioca in giardino.

Asta                            - (sempre più turbata) No, non era in giardino.

Rita                             - (alzando le braccia) Mio Dio! Purché non si traiti di lui!

L'Ingegnere                - (tende l'orecchio e grida) Di chi è quel bambino, avete detto? (Si sentono distintamente delle risposte. Alfredo e Asta con un grido soffocato si precipitano in giardino)

Alfredo                       - (con angoscia contenuta) Non è Eyolf, Rita! Non è Eyolf!

Rita                             - (sulla veranda, in ascolto) Zitto! Taci! Voglio sentire che cosa dicono! (Breve pausa. Si precipita in scena gettando un grido straziante).

Alfredo                       - (torna di corsa) Che cosa hanno detto?

Rita                             - (si lascia cadere presso la poltrona di sinistra) Hanno visto galleggiare la stampella!

Alfredo                       - (irrigidito dallo spavento) No! No! No!

Rita                             - (con voce rauca) Bisogna salvarlo!

Alfredo                       - (quasi impazzito) Bisogna salvarlo! Bi­sogna salvarlo! Eyolf! Eyolf! Esce di corsa).

Rita                             - (con voce rauca) Il mio piccino! Eyolf! Eyolf! Bisogna salvarlo!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(Un angolo del bosco nella proprietà degli Almers. Un piccolo spiazzo presso il greto. A sinistra vecchi al­beri di alto fusto stendono i loro rami sullo spiazzo; a destra alberi isolati fra i quali si intravede il fiordo. Al fondo un corso d'acqua scende dalla collina e si perde tra le pietre al limite del bosco. Accanto al corso d'acqua un sentiero. Sulla riva del fiordo si scorge l'an­golo d'una capanna dinanzi alla quale è ancoralo un battello. A sinistra, sotto l'ombra dei vecchi alberi, una tavola, un banco, sedie e sedili fatti con tronchi d'albero. L'aria è pesante, carica di pioggia e di bruma. Alfredo, vestito come al primo alto, è seduto sul banco e appog­giato alla tavola. Dinanzi a lui c'è il suo cappello. Ha l'aria assente e fissa sul fiordo uno sguardo immobile. Dopo qualche istante giunge Asta, venendo dal sentiero, con il paracqua aperto in mano).

Asta                            - (si avvicina piano ad Alfredo) Non dovresti rimanere così, all'umidità, Alfredo... (Alfredo scuote len­tamente la testa senza rispondere'. Asta, mentre chiude l'ombrello) Ti ho cercato tanto... Alfredo            - (con voce spenta) Grazie...

Asta                            - (accosta una sedia e gli si siede vicino) Sei qui da molto tempo? Non ti sei mai mosso?

Alfredo                       - (dopo una pausa) Io mi ci perdo, ecco... Non posso ancora crederci. Mi sembra impossibile!

Asta                            - (compassionevole, mettendogli la mano sul braccio) Mio povero Alfredo...

Alfredo                       - (guardandola) Ma è proprio vero?... O sono diventato pazzo? Oppure è un brutto sogno? Oh, se fosse soltanto un sogno! Che gioia, risvegliarmi!

Asta                            - Che cosa non darei perché tu lo potessi!

Alfredo                       - (guardando l'acqua) Come sembra spie­tato il fjord, oggi! Si stende davanti a noi denso e intorpidito, d'un azzurro d'acciaio venato di giallo e riflette l'ombra delle nuvole che passano.

Asta                            - (supplichevole) Te ne prego... non guardare sèmpre il fjord...

Alfredo                       - (senza darle retta) Sì, alla superficie è così... ma nel fondo c'è una corrente rapida, impetuosa...

Asta                            - (con ansia) Dio del cielo! Non pensarci!

Alfredo                       - (la guarda, con dolcezza) Anche tu credi che egli riposi laggiù, dinanzi a noi? No, ti sbagli. Hai dimenticato come in questo posto la corrente sia vio­lenta. Essa trascina via tutto fino al mare.

Asta                            - (appoggia la testa sulla tavola e singhiozza col viso tra le mani) Mio Dio! Mio Dio!

Alfredo                       - (con voce cupa) Oh, il piccolo Eyolf è molto, molto lontano da noi.

Asta                            - (con uno sguardo supplichevole) Non dire così, Alfredo!

Alfredo                       - Potresti calcolare quanto, tu che sai far bene i conti... In 28 o 29 ore... Pensa un po'...

Asta                            - (tappandosi le orecchie con un grido) Alfredo!

Alfredo                       - (poggia la mano sul tavolo col pugno chiuso) Ma che senso trovi tu in tutto questo, dimmi...

Asta                            - (guardandolo) In che cosa?

Alfredo                       - Nel male che ci è stato fatto, a Rita e a me.

Asta                            - Un senso, hai detto?

Alfredo                       - (con impazienza) Sì, sì, un senso. Bisogna bene che tutto questo abbia un senso. La vita, l'esistenza, il destino non possono essere vuoti di senso.

Asta                            - E che ne sappiamo noi? E chi potrebbe dircelo?

Alfredo                       - (con un riso amaro) Già già... certo hai ragione... Forse è soltanto il caso che ci sospinge alla deriva come relitti abbandonati. Può darsi... forse è così...

Asta                            - (pensierosa) E se non fosse così?

Alfredo                       - (con violenza) Ma brava! Ti prenderesti a volte tu la pena di penetrare questo mistero? In quanto a me ci rinunzio. (Più piano) Guarda, per esempio, Eyolf: giusto al momento nel quale stava per entrare nella vita cosciente... vi erano in lui possibilità incalcolabili, forse ricchissime... avrebbe riempito la mia vita d'orgoglio e di gioia... Eppure è bastata la comparsa d'una vecchia pazza che gli ha mostrato un cane chiuso in un sacco...

Asta                            - In verità, non sappiamo come realmente sia avvenuto.

Alfredo                       - No no, lo sappiamo benissimo. I ragazzi l'hanno veduta allontanarsi dalla riva e poi hanno visto Eyolf sull'orlo del pontile seguirla con gli occhi, come incantato... (Con voce tremante) E fu così che cadde... e disparve...

Asta                            - Si sì... eppure...

Alfredo                       - E' stata lei ad attirarlo verso l'abisso. Questo è certo.

Asta                            - Ma perché? Perché lo avrebbe fatto?

Alfredo                       - Ecco il mistero. Non certo per vendetta; Eyolf non le aveva mai fatto nessun male, non l'aveva mai schernita, non aveva mai tirato sassi al suo cane. Fino a ieri non li aveva mai visti, né lei né il cane. Perciò nessuna vendetta, nessuna ragione, nessun senso in tutto questo. Eppure ecco cose che rientrano, sembra, nell'ordine universale.

Asta                            - Hai parlato di questo con Rita?

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Preferisco parlare con te di questo... (con un profondo sospiro). ..ed anche di tutto il resto. (Asta cava di tasca un ago, del filo e un piccolo pacchetto avvolto in una carta. Alfredo la guarda con aria assente) Che cos'hai, lì?

Asta                            - (prendendo il cappello di Alfredo) Un po' di crespo.

Alfredo                       - A che serve, mio Dio?

Asta                            - Me lo ha chiesto Rita. Permetti?

Alfredo                       - Fa pure... Che importa? (Asta cuce il crespo al cappello) Dov'è Rita?

Asta                            - Credo che sia in giardino con l'ingegnere.

Alfredo                       - (un po' stupito) Davvero? Borgheim è tornato oggi?

Asta                            - Sì, è arrivato col treno di mezzogiorno.

Alfredo                       - Non me lo sarei mai aspettato.

Asta                            - (mentre continua a cucire) Voleva tanto bene a Eyolf...

Alfredo                       - Borgheim è un cuore fedele, Asta.

Asta                            - (con calma emozione) Oh sì, è un cuore fedele.

Alfredo                       - (guardandola) In fondo, tu gli vuoi bene.

Asta                            - Sì, è vero.

Alfredo                       - Eppure non puoi deciderti a...

Asta                            - (interrompendolo) Caro Alfredo, non ne parliamo.

Alfredo                       - Non ne parlo... Dimmi soltanto perché non puoi.

Asta                            - No, te ne supplico, non interrogarmi... Non sai quanto mi sia penoso... Tieni, ecco il cappello.

Alfredo                       - Grazie.

Asta                            - Ma non ho ancora finito... c'è ancora il braccio sinistro.

Alfredo                       - Anche il braccio?

Asta                            - Sì, è l'uso.

Alfredo                       - E allora fa come vuoi. (Asta gli sì avvicina e si mette a cucire una striscia di crespo sulla manica).

Asta                            - Sta fermo col braccio, altrimenti potrei pungerti.

 Alfredo                      - (con un lieve sorriso) Come una volta...

Asta                            - Ricordi?

Alfredo                       - Quando eri una bimba prendevi cura dei miei abiti come ora.

Asta                            - Facevo del mio meglio.

Alfredo                       - La prima cosa che hai cucito per me fu appunto un nastro come questo.

Asta                            - Davvero?

Alfredo                       - Sul mio berretto di studente. Per la morte di nostro padre.

Asta                            - Ah! Non me ne ricordo affatto.

Alfredo                       - Lo credo. Eri così piccina...

Asta                            - Infatti, ero così piccina...

Alfredo                       - Due anni dopo, quando perdemmo tua madre, mi cucisti, come ora, una striscia di crespo sulla manica.

Asta                            - Oh Dio... credevo che si dovesse fare.

Alfredo                       - (accarezzandole la mano) E avevi ragione. Così, quando rimanemmo soli al mondo... Hai già finito?

Asta                            - Sì. (Ripone ago e filo) Eppure che tempo felice quando si viveva uno per l'altro!

Alfredo                       - Sì, gran bel tempo, sebbene il lavoro fosse duro...

Asta                            - Per te.

Alfredo                       - (con maggiore animazione) Oh anche tu hai faticato la parte tua! (Sorridendo) Mio caro e fedele... Eyolf...

Asta                            - Taci! Non dovresti neanche ricordare quello stupido scherzo.

Alfredo                       - Eppure se tu fossi stato un ragazzo ti saresti chiamato Eyolf.

Asta                            - Sì sì. E quando tu diventasti studente.. (Sorride suo malgrado) Dio come eri ancora bambino!

Alfredo                       - Ero proprio bambino?

Asta                            - Ma sicuro! Ti vergognavi di non avere un fratello ma soltanto una sorella.

Alfredo                       - No no, non ero io... eri tu che te ne ver­gognavi!

Asta                            - Forse sì, un pochino. Del resto credo che più di tutto mi sentissi mortificata per te.

Alfredo                       - Lo credo anch'io! E così un giorno, ritro­vando i miei vecchi abiti di maschietto...

Asta                            - Quelli della festa... Ti ricordi la blusetta az­zurra e i calzoncini?

Alfredo                       - (la fissa un po') Se me li ricordo...! Ti vedo ancora andare e venire per casa vestita così.

Asta                            - Però solamente quando eravamo soli.

Alfredo                       - E con che serietà lo facevamo. Io non ti chiamavo che Eyolf.

Asta                            - Spero che tu non abbia mai raccontato queste cose a Rita...

Alfredo                       - Sì, mi pare di avergliele raccontate una volta.

Asta                            - Oh Alfredo! Come hai potuto...?

Alfredo                       - Vedi, cara, alla moglie si racconta tutto... o quasi... (Come se si svegliasse di soprassalto si stringe la fronte tra le mani e si alza di scatto) E dire che posso rimanere qui a parlare, mentre...

Asta                            - (si alza anche lei, con uno sguardo preoccupato) Che hai?

Alfredo                       - Lo avevo quasi dimenticato.

Asta                            - Eyolf?

Alfredo                       - Me ne stavo a rivivere i miei ricordi... e lui non c'era...

Asta                            - Sì, Alfredo. Dietro a tutto questo c'era il piccolo Eyolf.

Alfredo                       - No no, era scomparso dal mio pensiero, scomparso dal mio cuore. Un istante, mentre eravamo seduti lì a parlare, non l'ho pia visto. Lo avevo dimen­ticato.

Asta                            - Ma anche il tuo dolore ha bisogno di un po' di tregua.

Alfredo                       - Non ne ha bisogno! Mi è proibito! Non ho diritto ad una tregua, non ne ho il cuore! (Si dirige a destra in preda a viva eccitazione) Non mi rimane che una cosa da fare: raggiungerlo, là, in quel fjord che lo trascina in fondo alle sue acque.

Asta                            - (lo raggiunge e si aggrappa a lui) Alfredo! Alfredo! Non andarci!

Alfredo                       - E' necessario! Lasciami! Ora vado a pren­dere la barca.

Asta                            - (con terrore) Non andarci, ti dico!

Alfredo                       - (cede) No no, non andrò... Lasciami.

Asta                            - (lo riconduce verso la tavola) Vieni, siediti qua e dà un po' di pace ai tuoi pensieri.

Alfredo                       - (fa per sedere sul banco) Faccio tutto ciò che vuoi.

Asta                            - Non ti mettere lì...

Alfredo                       - Lasciami stare...

Asta                            - Ti dico di no! Non faresti altro che guar­dare il fjord! (Lo costringe a sedere su una sedia con le spalle rivolte al fiordo) Ecco, così va bene. (Si siede sul banco) E ora riprenderemo le nostre chiacchiere...

Alfredo                       - (aspirando profondamente) Oh, come fa bene assopire per un momento lutto e dolore...

Asta                            - Sì, è necessario... non si può girare incessan­temente intorno allo stesso pensiero.

Alfredo                       - Infatti mi accorgo che mi è impossibile. Prima che arrivassi tu ero lì a rodermi... eppure, in mezzo a un dolore così cocente... lo crederesti?...

Asta                            - Dimmi, dimmi...

Alfredo                       - Ecco, fra tutte le mie torture mi sono sor­preso a domandarmi che cosa avremmo mangiato stasera.

Asta                            - (cercando di tranquillizzarlo) Oh Dio... un pensiero diverso riposa un po'...

Alfredo                       - Già... figurati che mi ha proprio riposato un po'! (Le stende la mano al disopra della tavola) Come sono felice di averti vicina, Asta. E' una tale gioia per me... una così grande gioia nel mio dolore.

Asta                            - (con uno sguardo serio) Prima di tutto devi essere felice di avere Rita.

Alfredo                       - Naturale, si capisce. Ma fra Rita e me non c'è parentela; non è la stessa cosa che avere una sorella.

Asta                            - (molto attenta) Credi?

Alfredo                       - Sì, nella nostra famiglia c'è qualche cosa che ci distingue dagli altri. (Con tono lievemente scher­zoso) Per esempio, i nostri nomi cominciano tutti con la prima vocale. Ne abbiamo parlato spesso, ti ricordi? Inoltre, siamo tutti poveri in famiglia. E poi abbiamo tutti gli stessi occhi.

Asta                            - Ti pare che i miei occhi...?

 Alfredo                      - No. Tu hai preso soltanto da tua madre. Non rassomigli a nessuno di noi; neanche al babbo. Eppure...

Asta                            - Eppure...?

Alfredo                       - Credo che la nostra vita comune abbia la­sciato su tutti e due la «tessa impronta... moralmente par­lando, s'intende.

Asta                            - (molto commossa) Non dire così, Alfredo. Sono io che ho ricevuto la tua impronta. E' a te che devo tutto, tutta la mia parte di felicità.

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Non mi devi nulla ; tutt'altro anzi!

Asta                            - Ti devo tutto! Tu stesso non puoi fare a meno di convenirne. Nessun sacrifizio ti è sembrato troppo pesante.

Alfredo                       - Sacrifizio...? Quale? Ti amavo tenera­mente, ecco tutto, dalla tua infanzia... (Breve pausa) E poi, mi pareva di avere verso di te qualche torto da riparare.

Asta                            - (stupita) Torti, tu...?

Alfredo                       - Forse non per conto mio, ma..

Asta                            - (molto attenta) Ma...?

Alfredo                       - Per conto del babbo.

Asta                            - (si alza) Del babbo? (Siede di nuovo) Che intendi dire?

Alfredo                       - Il babbo non è «stato mai veramente buono con te.

Asta                            - (subito) Oh non dire così!

Alfredo                       - E' la verità. Lui non ti amava... come avrebbe dovuto amarti.

Asta                            - (in tono evasivo) Forse non aveva per me tanto affetto quanto ne aveva per te. Era naturale, del resto.

Alfredo                       - Spesso era anche duro verso tua madre; per lo meno negli ultimi anni.

Asta                            - (piano) Non devi dimenticare che la mamma era molto più giovane di lui.

Alfredo                       - Credi che non fossero fatti l'uno per l'altra?

Asta                            - Forse...

Alfredo                       - Eppure il babbo, abitualmente così dolce, così pieno di cuore, così affabile verso lutti...

Asta                            - (piano) Ma neanche la mamma è stata sempre come avrebbe dovuto...

Alfredo                       - Tua madre?

Asta                            - Non sempre, credo.

Alfredo                       - Dici... nei riguardi del babbo?

Asta                            - Sì.

Alfredo                       - Non l'ho mai notato.

Asta                            - (trattiene le lacrime. Si alza) Caro Alfredo! Lasciamo che i morti riposino in pace. (Passa a destra).

Alfredo                       - (alzandosi) Sì, che riposino in pace... (Tor­cendosi le mani) Ma sono i morti che non ci lasciano in pace, né di giorno, né di notte.

Asta                            - (lo guarda affettuosamente) Il tempo addolcirà tutto...

Alfredo                       - (con uno sguardo smarrito) Sì, vero? An­che tu lo credi? Ma come farò a passare questi primi giorni di tortura? (Con voce rauca) No, no, è impossibile!

Asta                            - (gli appoggia le mani sulle spalle, con voce sup­plichevole) Va da Rita, te ne supplico.

Alfredo                       - (indietreggiando, con forza) No, no no! Non me ne parlare! Non posso! (Un po' più calmo) Rimani un po' con me. Vuoi?

Asta                            - Oh sì. Non ti lascerò.

Alfredo                       - (le prende la mano e la tiene stretta tra le sue) Grazie. (Guarda un momento verso il fiordo) Dov'è ora il mio piccolo Eyolf? (Con un sorriso triste) Potresti dirmelo tu, mio grande e saggio Eyolf? (Scuote la testa) No, nessuno al mondo potrà dirmelo. Non so che una cosa orribile... ed è che l'ho perduto.

Asta                            - (guarda verso sinistra e ritira la sua mano) Eccoli. (Rita e Borgheim scendono per il sentiero. Rita cammina avanti. E' vestita di nero. Borgheim tiene un ombrello sotto il braccio).

Alfredo                       - (va incontro a Rita) Come stai, Rita?

Rita                             - (senza fermarsi dinanzi a lui) Ah! non me lo chiedere.

Alfredo                       - Come mai sei venuta qui?

Rita                             - Ti cercavo. Che fai?

Alfredo                       - Niente. Asta è venuta a raggiungermi...

Rita                             - |Sì, ma prima? Non ti ho visto tutta la mat­tinata.

Alfredo                       - Sono rimasto a guardare il fjord...

Rita                             - Ma come puoi...?

Alfredo                       - (con impazienza) In questo momento non desidero che una cosa: rimaner solo.

Rita                             - (va su e giù irrequieta) Sei sempre seduto allo stesso posto...

Alfredo                       - Ho forse qualche cosa da fare? Nulla! Nulla!

Rita                             - Io invece non posso rimanere ferma... special­mente qui, col fjord davanti.

Alfredo                       - E' lui che mi attira.

Rita                             - (all'Ingegnere) Non credete che Alfredo do­vrebbe venire con noi?

L'Ingegnere                - (ad Alfredo) Certo vi farebbe bene.

Alfredo                       - No no, lasciatemi qui.

Rita                             - E allora resterò con te.

Alfredo                       - Oh Dio... rimani pure se vuoi. Anche tu, Asta...?

Asta                            - (piano all'Ingegnere) Lasciamoli soli.

L'Ingegnere                - (facendole un cenno d'intesa) Signorina Almers, volete che andiamo un po' sulla spiaggia? Per l'ultimissima volta?

Asta                            - (prendendo l'ombrello) Sì, andiamo... (Si al­lontana con l'Ingegnere e sparisce dietro la capanna. Al­fredo va su e giù, poi si siede su un sasso in primo piano a sinistra, sotto gli alberi. Rita viene a piantarsi dinanzi a lui con le braccia pendenti e le mani incrociate).

Rita                             - Ma tu... riesci ad abituarti all'idea che l'ab­biamo perduto?

Alfredo                       - (con lo sguardo fisso, cupo) Bisognerà bene che ci abituiamo...

Rita                             - Io non posso! Non posso! E poi quella orri­bile visione mi perseguiterà come ,un incubo per tutta la vita!

Alfredo                       - (alzando gli occhi) Quale visione? Che cosa hai visto?

Rita                             - Io stessa non ho visto nulla... ma mi hanno raccontato... Oh!

Alfredo                       - Dimmi, dimmi...

 Rita                            - Avevo pregato l'Ingegnere di accompagnarmi fino al pontile...

Alfredo                       - Per che fare?

Rita                             - Per interrogare i bambini che avevano visto...

Alfredo                       - Dal momento che sappiamo tutto...

Rita                             - Ma ho saputo dell'altro. Non è scomparso all'improvviso.

Alfredo                       - Ah! si dice questo, ora?

Rita                             - Sì. L'hanno visto disteso sul fondo del fjord, proprio sul fondo sotto l'acqua trasparente.

Alfredo                       - (digrignando i denti) E non lo hanno sal­vato?!

Rita                             - Non è stato assolutamente possibile.

Alfredo                       - Ma se sanno nuotare tutti... E com'era quando lo hanno visto? Te lo hanno detto?

Rita                             - Sì... lo hanno visto disteso sul dorso con gli occhi sbarrati.

Alfredo                       - Con gli occhi sbarrati?! Immobile?!

Rita                             - Immobile, sì. Poi qualche cosa è venuto a portarlo via... hanno detto un riflusso...

Alfredo                       - (scuotendo lentamente la testa) E' quella la sua ultima immagine!

Rita                             - (trattenendo le lacrime) Sì.

Alfredo                       - (con voce sorda) E mai... mai più lo ri­vedremo!

Rita                             - Io lo rivedrò sempre, notte e giorno, così come giaceva in fondo all'acqua...

Alfredo                       -. ..coi suoi grandi occhi aperti.

Rita                             - (rabbrividendo) Sì, coi suoi grandi occhi aperti. Li vedo! Li vedo dinanzi a me!

Alfredo                       - (dopo una pausa, andandole contro) Hai avuto ciò che volevi, Rita!

Rita                             - Io?! Io volevo...

Alfredo                       - Che Eyolf non ci fosse più.

Rita                             - Non è vero! Mai nella mia vita ho desiderato questo! Volevo soltanto che Eyolf non si inframmettesse tra noi, ecco ciò che volevo.

Alfredo                       - E difatti...

Rita                             - (piano, con lo sguardo fisso davanti a se) E forse ora ci divide più che mai... (Con un brivido di orrore) Oh, i suoi occhi!

Alfredo                       - (approvando con la testa) Già già... i suoi occhi... (Le va dinanzi).

Rita                             - (indietreggia spaventata) Lasciami, mi fai paura! Non ti ho mai visto così!

Alfredo                       - (la guarda con occhio duro e freddo) D dolore avvelena!

Rita                             - (con una sfida mista a paura) E' quello che provo anch'io! (Alfredo passa a destra e guarda il fiordo. Rita si siede presso la tavola. Breve pausa).

Alfredo                       - (volge la testa verso Rita) Tu non l'hai mai amato con tutta l'anima! Mai!

Rita                             - (freddamente, padroneggiandosi) Eyolf non è stato mai interamente mio.

Alfredo                       - Sei tu che non te lo sei mai voluto con­quistare.

Rita                             - Oh sì! L'avrei ben. voluto, io! Ma fin dal pri­mo momento c'era qualche cosa tra noi.

Alfredo                       - (volgendosi completamente verso di lei) E' di me che intendi parlare?

Rita                             - Oh no. Per te è stato dopo.

 Alfredo                      - (avvicinandosi) E per chi, allora?

Rita                             - Per la zia. Sì, è lei che ho trovato sul mio cam­mino.

Alfredo                       - Come puoi dire questo?

Rita                             - E' così. Asta se l'è preso dal giorno... dal giorno della caduta.

Alfredo                       - Se Io ha fatto, Io ha fatto per amore.

Rita                             - (con violenza) Appunto! Ma io non posso am­mettere l'amore diviso. Io non divido l'amore con nes­suno.

Alfredo                       - Noi due avremmo dovuto dividerlo tra noi, dividere con lui il nostro amore.

Rita                             - (con uno sguardo ironico) Noi due? Ma nean­che tu lo hai mai amato!

Alfredo                       - (colpito) Io... non ho mai...?

Rita                             - No. Ti eri isolato nel tuo libro...

Alfredo                       - (con forza) E' vero! Ma quel libro, ricor­dati, l'ho sacrificato a Eyolf

Rita                             - Ma non per amore di Eyolf.

Alfredo                       - E perché allora?

Rita                             - Perché cominciavi a dubitare di te, della tua grande impresa.

Alfredo                       - (scrutandola) Ti sei davvero accorta di questo?

Rita                             - Sì, a poco a poco. Allora, per riempire la vita ti è stato necessario cercare un nuovo scopo. Si vede che io non ti bastavo più.

Alfredo                       - E' la legge d'i trasformazione, Rita.

Rita                             - Volevi farne un fenomeno del povero piccolo Eyolf...

Alfredo                       - No, no... volevo farne soltanto una creatura felice.

Rita                             - Non per amore di lui. Interrogati bene. (Con uno sguardo timoroso) Bada a quel che si nasconde giù nel fondo.

Alfredo                       - (evitando lo sguardo di Rita) C'è qualche cosa della quale preferiresti non si parlasse.

Rita                             - Anche tu..

Alfredo                       - (la guarda soprapensiero) Se ciò che tu credi è vero, il nostro bambino, in realtà, non è mai stato nostro.

Rita                             - No. Non ci sono mai stati tra lui e noi veri legami d'amore.

Alfredo                       - Eppure lo piangiamo così amaramente.

Rita                             - (con amarezza) Già... non è strano piangere così un bimbo che ci era estraneo?

Alfredo                       - (con violenza) Estraneo? Come puoi dirlo?

Rita                             - (scuotendo tristemente la testa) Mai noi ab­biamo saputo meritare il nostro piccino... né tu né io.

Alfredo                       - (torcendosi le mani) E ora è troppo tardi! Troppo tardi!

Rita                             - Che disperazione!

Alfredo                       - (con un brusco sussulto) Tutto per colpa tua!

Rita                             - (alzandosi) Colpa mia?

Alfredo                       - Sì, colpa tua! E' per colpa tua che è di­venuto com'era! E' per colpa tua che non ha potuto sal­varsi... Sei tu che lasciasti il piccino solo sulla tavola.

Rita                             - Era così tranquillo, sul cuscino. Dormiva di un sonno così placido... e tu avevi promesso di vegliare su lui.

 Alfredo                      - Lo avevo promesso, sì... (abbassando la voce) ma poi sei venuta tu e mi hai attirato in camera tua.

Rita                             - (sfidandolo) Perché non confessi piuttosto che sei tu che hai dimenticato il bambino e tutto il resto?

Alfredo                       - (con sordo furore) Sì, ho dimenticato tutto... (più piano)... nelle tue braccia...

Rita                             - (indignata) Alfredo! E' odioso quello che dici!

Alfredo                       - (piano, mostrandole i pugni) Fu quella la condanna a morte del piccolo Eyolf. Sei tu che lo hai condannato.

Rita                             - (fuori di se) E anche tu, allora, anche tu!

Alfredo                       - E va bene! Colpevoli, rei tutti e due, tu ed io. Ma la sua morte è l'espiazione.

Rita                             - L'espiazione?

Alfredo                       - (padroneggiandosi) Sì. Siamo stati puniti come meritavamo. E ora, ciò che chiamiamo il nostro dolore, il nostro lutto, non è che il rimorso che ci rode... niente altro.

Rita                             - (con uno sguardo disperato) Tutto questo ci può fare impazzire... perché mai, mai, potremo rime­diare. (Pausa).

Alfredo                       - (scrutandola) Se tu avessi la scelta... se tu potessi seguire Eyolf dove si trova adesso...?

Rita                             - Ebbene?

Alfredo                       - Se tu avessi la certezza di ritrovarlo, di ri­conoscerlo, di comprenderlo...

Rita                             - Sì, sì... ebbene?

Alfredo                       - Sapresti, per raggiungerlo, fare il gran salto?... lasciare volontariamente tutto ciò che ti cir­conda?... dire addio alla vita terrena? Lo faresti, Rita?

Rita                             - (debolmente) Ora? Subito?

Alfredo                       - Sì. Oggi stesso. Rispondimi: lo faresti?

Rita                             - (esitante) Non lo so, Alfredo... Come posso ri­sponderti?... No, non potrei separarmi da te, mai! Mai!

Alfredo                       - E se andassi io a raggiungere Eyolf? Se tu avessi la certezza di ritrovarci laggiù, l'uno e l'altro... verresti? (Rita tace) Verresti?

Rita                             - (con un sordo lamento) Non potrei! Non po­trei mai! Neanche per tutti gli splendori del cielo!

Alfredo                       - (dopo una pausa) Io neppure...

Rita                             - Anche tu, come me...

Alfredo                       - Sì, perché noi siamo figli della terra e le apparteniamo.

Rita                             - La nostra felicità è di quaggiù.

Alfredo                       - (cupo) Oh, la felicità...

Rita                             - Vuoi dire che non la troveremo mai più? (In-terrogandolo con lo sguardo) Eppure... (Subito) No, no, non oso dirlo! Non oso neanche pensarlo... Senti... se... (esitante) se tentassimo... Ci sarebbe proprio assoluta­mente impossibile dimenticare... cancellare i nostri ri­morsi, le nostre torture?... (Con uno sfogo) Perché que­sta vita, così, non la potrei sopportare a lungo!... Se ce ne andassimo lontano... vedere nuova gente, vivere da gran signori, inebriarci, stordirci...

Alfredo                       - Non potrei mai fare una follia simile! Pre­ferirei tentare di riprendere il mio lavoro.

Rita                             - (con tono aspro) Quale lavoro? Quello che ci separava?

Alfredo                       - (lentamente, con uno sguardo duro) Da ora in poi ci sarà sempre qualche cosa che ci separerà... i suoi grandi occhi...

Rita                             - (piano, con un brivido) Ma è un pensiero or­ribile, Alfredo!

Alfredo                       - Il nostro amore è stato come un fuoco di­vorante. Bisogna che si spenga.

Rita                             - (avvicinandosi) Che si spenga?

Alfredo                       - (con durezza) In uno di noi è già spento.

Rita                             - (come pietrificala) E osi dirmelo?

Alfredo                       - (più dolcemente) E' morto, Rita. Ma in quello che io provo oggi per te, complicità e bisogno di far penitenza, mi pare quasi di scorgere una resurrezione.

Rita                             - (con violenza) Me ne importa assai della tua resurrezione! Sono una creatura viva, io! Non ho acqua, nelle vene! (Torcendosi le mani) Oh Dio! Imprigionata per tutta la vita dai rimorsi e dalle angosce, accanto ad un uomo che non è più mio!

Alfredo                       - Tutto doveva pur finire un giorno!

Rita                             - Ma da principio, ricordi, quale passione?... Dimmi, che cosa ti è piaciuto di me?

Alfredo                       - (con voce sorda) La tua bellezza.

Rita                             - (scrutandolo) Soltanto questo?

Alfredo                       - (con uno sforzo) No...

Rita                             - (con violenza) La mia ricchezza, vero?

Alfredo                       - Sì.

Rita                             - (con profondo rimprovero) Come hai potuto?

Alfredo                       - Avevo il dovere di pensare ad Asta.

Rita                             - (aspra) Già! Asta! Dunque è Asta che ci ha riuniti? (Sorride e getta verso di lui uno sguardo ironico) 0 piuttosto, no, è il piccolo Eyolf... Te ne ricordi, vero? Il piccolo Eyolf! Non è così che chiamavi la tua Asta? Me ne ricordo bene, io. Tu stesso me l'hai detto un giorno, in un'ora di abbandono. (Gli si avvicina) Te ne ricordi di quell'ora, Alfredo? Un'ora meravigliosa!

Alfredo                       - (indietreggia, con una specie di stupore) Non voglio ricordarmi di nulla!

Rita                             - (seguendolo) Fu proprio quando l'altro tuo piccolo Eyolf si fece male.

Alfredo                       - (appoggiandosi alla tavola con voce sorda) L'espiazione!

Rita                             - (minacciosa) L'espiazione! (Asta e l'Ingegnere riappariscono sulla spiaggia e si avvicinano tenendo in mano dei nenufari. Rita padroneggiandosi) Sicché, Asta, tu e l'Ingegnere vi siete detti tutto?

Asta                            - Sì... press'a poco... (Posa l’ombrello e i fiori su una sedia).

L'Ingegnere                - La signorina Almers è stata molto la­conica durante tutta la nostra passeggiata.

Rita                             - Davvero? Invece Alfredo ed io, no, ve l'as­sicuro!

Asta                            - (guarda l'uno e l'altra, turbata) Che cosa c'è?

Rita                             - Voglio dire che non abbiamo altro da dirci. (Cambiando tono) Andiamo, andiamo insieme, tutti e quattro; da ora in poi avremo bisogno di molta com­pagnia. Alfredo ed io non ne verremmo mai a capo da soli.

Alfredo                       - Sì, andate avanti voialtri... (Volgendosi ad Asta) Devo dirti una parola.

 Rita                            - (guardandolo) E allora (venite con me, Inge­gnere... (Via con l’ ingegnere per il sentiero).

Asta                            - (ansiosa) Che succede, Alfredo?

Alfredo                       - (cupo) Succede che voglio andarmene, vo­glio tornar solo, come prima...

Asta                            - Allora c'ero io con te...

Alfredo                       - (cercando di prenderle la mano) Anche ora

Asta                            - (schernendosi) No no, Alfredo. E' assoluta­mente impossibile!

Alfredo                       - E invece io verrò con te, sorella. E dopo questi anni passati accanto a... Rivivremo la nostra bella, serena, antica esistenza.

Asta                            - (risolutamente) Non possiamo più, Alfredo.

Alfredo                       - Sicuro che lo possiamo, giacché un amore di fratello e sorella non muta mai.

Asta                            - (turbata, a bassa voce) Ma se noi non fossimo...

Alfredo                       - Se non fossimo?... Non ti capisco.

Asta                            - E' meglio che ti dica tutto, Alfredo. (Breve pausa) Le lettere di mia madre... quelle che sono nel mio portafogli...

Alfredo                       - Dunque?

Asta                            - Prendile e leggile... quando io me ne sarò an­data.

Alfredo                       - A che scopo?

Asta                            - (in preda ad una lotta interiore) Da esse sa­prai... saprai che non ho il diritto... di portare il nome di tuo padre.

Alfredo                       - (indietreggia colpito) Asta! Che dici mai?!

Asta                            - Leggi quelle lettere e vedrai. Capirai... e forse anche tu perdonerai... a mia madre...

Alfredo                       - (si prende la testa fra le mani) Mi ci per­do... La mia testa si turba... Sicché tu allora... non saresti... Io non sarei...

Asta                            - No, Alfredo.

Alfredo                       - (risolutamente, con una specie di sfida nello sguardo) Ebbene, e se anche... Che cosa c'è di mutato?

Asta                            - (scuotendo la testa) Tutto! Non siamo più fra­tello e sorella...

Alfredo                       - Ma per questo non... Vorresti dire che...?

Asta                            - (piano, con emozione) Non più una parola, mio caro, caro Alfredo... (Prende i fiori che aveva posati sulla sedia) Li vuoi?

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Hanno la loro radice nelle acque profonde... (Prende i fiori) Grazie.

Asta                            - (con gli occhi pieni di lacrime) Li ho colti al principio del fjord... E' come l'ultimo addio... del pic­colo Eyolf...

Alfredo                       - (guardandola) Del piccolo Eyolf... laggiù... o qui...?

Asta                            - (piano) Di tutti e due... (Si prepara ad uscire) Vieni, andiamo a raggiungere Rita. (Si avvia per il sen­tiero).

Alfredo                       - (prende il cappello e mormora dolorosamente) Asta... Eyolf... il piccolo Eyolf... (Si avvia per il sen­tiero dietro di Asta).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

 (La stessa scena del secondo atto. Sera d'estate. Il cielo è chiaro; l'ombra diventa a mano a mano più densa. Asta è seduta sul banco con le mani incrociate sulle ginoc­chia, ha un leggero soprabito, il cappello e una piccola borsa da viaggio a tracolla. Borgheim viene dal fondo a sinistra ed anche lui ha una borsa da viaggio sospesa alla spalla. Porta in mano una bandiera arrotolata).

L’ingegnere                - (scorgendo Asta) Ah! qui siete?...

Asta                            - Guardavo per l'ultima volta il paesaggio...

L'Ingegnere                - Dunque ho fatto bene a venire... Vo­levo dirvi addio, o meglio arrivederci... giacché spero che non ci lasceremo per sempre.

Asta                            - (con un pallido sorriso) Non volete rasse­gnarvi...

L'Ingegnere                - Un costruttore di strade non conosce ostacoli.

Asta                            - Avete visto Alfredo... o Rita?

L'Ingegnere                - Li ho visti tutti e due.

Asta                            - Insieme?

L’ingegnere                - No... uno qua e l'altro là...

Asta                            - Cosa volete fare con quella bandiera?

L'Ingegnere                - La signora Rita mi ha pregato di is­sarla.

Asta                            - Come?... Vuol fare issare la bandiera?

L'Ingegnere                - Sì, vuole che sventoli giorno e notte.

Asta                            - (sospirando) Povera Rita! E povero Alfredo!

L’ingegnere                - (mentre spiega la bandiera) Avete dav­vero il cuore di abbandonarli in questo momento? Vi vedo in abito da viaggio.

Asta                            - (abbassando la voce) E' necessario che io parta.

L’ingegnere                - Ah! se è necessario...

Asta                            - Non partite anche voi stanotte? -

L’ingegnere                - Per forza. Andrò col treno. Anche voi?

Asta                            - No. Io vorrei prendere il battello.

L’ingegnere                - E' così, ognuno per la sua via...

Asta                            - Già... (Lo guarda, senza lasciare il suo posto, mentre issa la bandiera. Quando ha finito, l'Ingegnere le si avvicina).

L'Ingegnere                - Non potrete mai immaginare quanto ho sofferto per la morte del piccolo Eyolf.

Asta                            - Oh sì, lo so.

L'Ingegnere                - E' una cosa che mi tormenta ancora di più perché, in fondo, io non sono fatto per essere triste.-

Asta                            - Il tempo cancella tutto... anche i dolori.

L’ingegnere                - Credete?

Asta                            - Come il vento scaccia le nuvole. Quando sarete lontano, voi...

L'Ingegnere                - Bisognerebbe che fossi molto, molto lontano.

Asta                            - Del resto, vi attende un gran lavoro, una nuova strada...

L’ingegnere                - Sì, ma non ho nessuno per aiutarmi... nessuno con cui condividere le mie gioie. E questa è la cosa più dura.

 Asta                           - Non è forse peggio essere solo quando si de­vono sopportare pene e fatiche?

L’ingegnere                - Oh, quelle si sopportano senza l'aiuto di nessuno.

Asta                            - Perché, secondo voi... la gioia deve essere con­divisa?

L'Ingegnere                - Sì, altrimenti che cosa sarebbe la feli­cità? Non si può essere felici che in due.

Asta                            - Sempre in due? Non di più? Non in parecchi?

L'Ingegnere                - Sentite, signorina Asta... non potreste veramente decidervi a dividere la felicità, la gioia... op­pure le pene, le fatiche... con uno solo?

Asta                            - Ho tentato... un giorno.

L'Ingegnere                - Voi?

Asta                            - Sì, quando abitavamo insieme, mio fratello ed io... Alfredo ed io.

L'Ingegnere                - Con vostro fratello è tutt'altra cosa! Si trattava di calma, di pace, piuttosto che di felicità.

Asta                            - Che importa? Era così dolce!

L'Ingegnere                - Pensate cosa sarebbe stato se si fosse trattato d'un altro e non del fratello...

Asta                            - (fa un gesto come per alzarsi ma poi rimane se­duta) Ma allora non avremmo abitato insieme! Del resto io non ero che una bimba, e anche lui... o press'a poco.

L'Ingegnere                - (dopo breve pausa) E che cosa c'è stato di così bello in quel tempo felice?

Asta                            - Oh, molte cose...

L'Ingegnere                - Raccontatemi un po', signorina Asta.

Asta                            - Cose da nulla.

L'Ingegnere                - Per esempio?

Asta                            - Ecco... ricordo il periodo che seguì gli studi. Alfredo era passato benissimo». A poco a poco trovò da dar lezione nelle scuole. Lo rivedo mentre scriveva, in­tento ai suoi lavori, che dopo mi leggeva... e che, in seguito, venivano pubblicati in una rivista.

L’ingegnere                - Capisco, capisco... Certo era una vita idillica: un fratello e una sorella che si dividono le loro gioie... (Scuotendo la testa) Non capisco come vostro fra­tello ci abbia rinunziato.

Asta                            - (padroneggiando il suo turbamento) Alfredo si è ammogliato...

L'Ingegnere                - E' stata una separazione dolorosa?

Asta                            - Sul principio, sì. Mi pareva di averlo perduto.

L'Ingegnere                - Fortunatamente non era vero.

Asta                            - Infatti.

L’ingegnere                - Eppure non capisco come si sia deciso a sposarsi quando poteva stare con voi.

Asta                            - (con lo sguardo vago) Anche lui subiva, sup­pongo, la legge di trasformazione...

L’ingegnere                - Cos'è la legge di trasformazione?

Asta                            - Una teoria di Alfredo...

L’ingegnere                - Sarà... ma dev'essere una teoria molto insulsa... io non ci credo a questa legge.

Asta                            - (alzandosi) Forse finirete per crederci anche voi.

L’ingegnere                - Mai! (Insistendo) Siate ragionevole signorina Asta, almeno per una volta! Sapete perfetta­mente di che cosa intendo parlare.

Asta                            - (con vivacità) No, no e no. Non torniamo più su questo argomento!

L’ingegnere                - Eppure non posso lasciarvi così. Vostro fratello non ha più bisogno di voi. Voi non gli mancate affatto. E poi è accaduta una cosa che ha mutato del tutto la vostra situazione qui.

Asta                            - (con un sussulto) Che volete dire?

L’ingegnere                - Parlo della morte del bambino. Che credevate che dicessi?

Asta                            - (dominandosi) Già, è vero... il piccolo Eyolf non c'è più.

L'Ingegnere                - E dunque che cosa vi trattiene ancora qui? Non dovete più sorvegliare il piccino, nessun do­vere, nessun obbligo...

Asta                            - Ve ne prego, caro ingegnere, non insistete così.

L'Ingegnere                - Sarei pazzo se non tentassi tutto ciò che è in mio potere per farvi decidere. Uno di questi giorni devo lasciare la città e forse non vi incontrerò più, forse non vi vedrò più per moltissimo tempo e chi sa quante cose potranno accadere fino a quel momento.

Asta                            - (con un sorriso grave) Dunque, vostro mal­grado, anche voi avete paura della legge di trasformazione.

L’ingegnere                - No davvero! (Sorridendo con ama­rezza) Del resto nulla potrà essere trasformato, per lo meno in voi, giacché mi accorgo che vi sono indifferente.

Asta                            - Sapete bene che non è esatto.

L’ingegnere                - Ma quasi. (Con maggiore energia) Ciò che voi fate è veramente insensato! Sì, è insensato! Come?... Tutta la felicità della vita è forse lì che ci aspetta... e noi la lasceremo attendere invano? Non ce ne pentiremo poi?

Asta                            - (piano) Non lo so. Comunque dobbiamo rinunziarvi.

L'Ingegnere                - (la guarda con emozione contenuta) Sicché, dovrò essere solo ad aprire le mie nuove strade?

Asta                            - (con calore) Oh, se potessi aiutarvi, se potessi assistervi nel vostro compito, condividere le vostre soddisfazioni!

L’ingegnere                - Se vi fosse possibile, lo fareste?

Asta                            - Lo farei. Sì.

L’ingegnere                - Ma non potete?

Asta                            - (chinando lo sguardo) Vi accontentereste di avermi soltanto a metà?

L’ingegnere                - No. Non posso dividervi con nessuno.

Asta                            - (calma, guardandolo) In tal caso, niente!

L’ingegnere                - E allora, addio signorina Asta. (Sta per allontanarsi. Alfredo viene dal fondo a sinistra. L'Inge­gnere si ferma).

Alfredo                       - (a mezza voce, indicando la capanna) Rita è nella capanna?

L’ingegnere                - No. Qui c'è soltanto la signorina Asta. (Alfredo si avvicina).

Asta                            - (ad Alfredo) Vuoi che vada a cercartela? Vuoi che le la conduca?

Alfredo                       - (subito) No no, te ne prego. (All'Inge­gnere) L'avete issata voi la bandiera?

L’ingegnere                - Sì. Me ne ha pregato la signora Rita. E' per questo che sono venuto qui.

Alfredo                       - E avete sempre intenzione di partire sta­sera?

L’ingegnere                - Sì. Stasera partirò.

Alfredo                       - (con uno sguardo verso Asta) E in buona compagnia, se non mi sbaglio.

L’ingegnere                - (scuotendo la testa) Parto solo.

Alfredo                       - (sorpreso) Solo?

L'Ingegnere                - Solissimo!

Alfredo                       - Ah! Veramente...

L’ingegnere                - E solo rimarrò.

Alfredo                       - C'è qualche cosa di spaventevole nella so­litudine. Mi vengono i brividi a pensarci.

Asta                            - Oh Alfredo... ma tu non sei solo...

Alfredo                       - Appunto... ma non è meno spaventevole!

Asta                            - (con dolore) Non devi dire così! E non lo devi neanche pensare.

Alfredo                       - (senza darle ascolto) Ma dal momento che tu non vai con nessuno, dal momento che nulla ti chiama altrove, perché non rimani qui con Rita e con me?

Asta                            - (turbata) No, è impossibile. Ho fretta. Devo andare in città.

Alfredo                       - Va pure in città, ma non più lontano. Hai capito, Asta?

Asta                            - Sì.

Alfredo                       - E mi prometti di tornare subito?

Asta                            - (un po' brusca) No no. Per il momento non te lo posso promettere.

Alfredo                       - Va bene. Come vuoi... Allora ci ritrove­remo in città.

Asta                            - Non puoi allontanarti da Rita, in questo mo­mento!

Alfredo                       - (senza risponderle, si volge all'Ingegnere) Forse è una buona fortuna per voi non avere ancora un compagno di viaggio.

L’ingegnere                - (protestando) Come potete dire una cosa simile?

Alfredo                       - Non si può mai sapere se, più tardi, per la strada, non si incontri qualcuno che...

Asta                            - (involontariamente) Alfredo!

Alfredo                       - Sì, voglio dire... il vero compagno di viag­gio... quando forse è troppo tardi... troppo tardi...

Asta                            - (con voce tremante) Alfredo! Alfredo!

L’ingegnere                - (guarda a volta a volta Asia e Alfredo) Cosa vuol dire tutto questo? Non capisco... (Rita compa­risce dal fondo a sinistra e si avvicina).

Rita                             - Ve ne prego, non mi lasciate tutti.

Asta                            - (andandole incontro) Sei tu che avevi chiesto di restar sola.

Rita                             - Sì, ma non ne ho il coraggio. Quell'ombra mi fa paura. Mi pare di vedere due grandi occhi sbarrati, fissi su me...!

Asta                            - (piano, con compassione) E se anche fosse, Rita? Non dovresti aver paura di quegli occhi.

Rita                             - Come puoi dire una cosa simile? Non averne paura...!

Alfredo                       - (ad Asta) Te ne prego, rimani qui accanto a Rita.

Rita                             - Sì... e accanto ad Alfredo... Te ne prego anch'io, Asta, te ne prego anch'io...

Asta                            - (lottando con se stessa) Lo vorrei con tutto il cuore!

Rita                             - E allora rimani, perché Alfredo e io non pos­siamo lottare da soli contro il dolore.

Alfredo                       - (con aria cupa) Di' piuttosto contro il ri­morso.

Rita                             - Dolore, rimorso... non potremmo sopportarlo da soli. Te ne prego, rimani ed aiutaci. Sii per noi il nostro Eyolf...

Asta                            - (indietreggiando) Eyolf?!

Rita                             - Si. Prendi il suo posto, non è vero, Alfredo?

Alfredo                       - Se Asta vuole... se può...

Rita                             - Una volta non la chiamavi anche il tuo pic­colo Eyolf? (Afferrando la mano di Asta) Da ora in poi sarai il nostro Eyolf... ridiventerai il piccolo Eyolf che eri una volta.

Alfredo                       - (con emozione nascosta) Rimani con noi... con Rita e con me... con me... tuo fratello...

Asta                            - (decisa, ritirando la mano) No! Non posso! (All'Ingegnere) Quando parte il battello?

L'Ingegnere                - Tra poco.

Asta                            - Allora devo affrettarmi. Volete venire con me?

L'Ingegnere                - (frenando un grido di gioia) Se voglio! Sì, sì, sì!

Asta                            - Venite!

Rita                             - (lentamente) Ali, è così...? Ecco perché non vuoi rimanere con noi.

Asta                            - (abbracciandola) Grazie, Rita, per tutto il pas­sato. (Si avvicina ad Alfredo e gli prende la mano) Ad­dio, Alfredo... addio, addio...

Alfredo                       - (colpito, a mezza voce) Che significa, Asta? Ma tu non parti, tu fuggi...

Asta                            - (cercando di dominarsi) Sì, Alfredo... (Piano) Fuggo da te... e da me stessa...

Alfredo                       - (indietreggiando) Ah! (Asta si avvia rapida­mente. L'Ingegnere la segue agitando il cappello. Rita rimane immobile, seguendoli con lo sguardo. Alfredo, in preda ad un violento turbamento, si avvicina alla balau­stra e guarda in giù. Una pausa. Dopo un po' con calma forzata) Ecco il battello. Guarda, Rita...

Rita                             - Non farmi guardare.

Alfredo                       - Non osi?

Rita                             - No. Non posso vedere quell'occhio rosso e quell'occhio verde... quei due grandi occhi di fuoco...

Alfredo                       - Via, Rita! Sono fanali...

Rita                             - Sono occhi! Per me, sono occhi. Guardano dal fondo delle tenebre... fissano le tenebre...

Alfredo                       - Eccolo che approda.

Rita                             - Dove approda stasera?

Alfredo                       - (avvicinandosi a lei) Come al solito, cara Rita... al pontile.

Rita                             - (raddrizzandosi) Come ci si può fermare?

Alfredo                       - Non è forse il suo solito posto?

Rita                             - E' il posto dove Eyolf... Come quella gente può approdare lì? Gli uomini non hanno cuore. Non hanno riguardo per nulla, né per i vivi né per i morti.

Alfredo                       - La vita è spietata. Segue il suo corso come se nulla fosse accaduto.

Rita                             - (guardando diritto davanti a se) Eh no, nulla è accaduto. Che importa agli altri? Noi soli siamo colpiti.

Alfredo                       - Sì, Rita... A quale scopo averlo partorito nel dolore... dal momento che se n'è andato via senza lasciare traccia...?

Rita                             - Di lui non c'è rimasta che la stampella!

Alfredo                       - (con violenza) Taci! Non voglio sentire questa parola!

Rita                             - E dire che lo abbiamo perduto!

Alfredo                       - (amaro) Ne facevi così pene a meno quando era in vita. A volte passavano intére mezze giornate senza che tu lo vedessi.

Rita                             - Perché allora sapevo di poterlo vedere quando volevo.

Alfredo                       - Sì, sì. Abbiamo sprecato quel po' di tempo passato col nostro piccolo Eyolf.

Rita                             - (ad un tratto rimane in ascolto. Con angoscia) Senti! Senti! Ancora quella campana...

Alfredo                       - (guarda dalla parte del fiordo) La campana del battello in partenza.

Rita                             - Oh, non è di quella lì che parlo. Ne ho sentito suonare un'altra tutta la giornata. Ed eccola che suona ancora!

Alfredo                       - (avvicinandosi) T'inganni, Rita.

Rita                             - No, la sento distintamente. Si direbbe un rin­tocco funebre lento lento. E sempre le stesse parole.

Alfredo                       - Quali parole?

Rita                             - (muovendo la testa in cadenza) Piccolo Eyolf... piccolo Eyolf... Anche tu devi sentirlo.

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Non sento nulla. Non c'è nulla.

Rita                             - Ma io la sento distintamente.

Alfredo                       - (guardando lontano) Eccoli a bordo... il battello li porta verso la città.

Rita                             - Come è possibile che tu non la senta?... Pic­colo Eyolf... piccolo Eyolf...

Alfredo                       - Non lasciarti sopraffare da questo incubo. Ti ho detto che Asta e l'ingegnere sono a bordo del bat­tello che li porta via. Asta è partita!

Rita                             - (con uno sguardo timido) Allora anche tu, Al­fredo, non tarderai a partire...

Alfredo                       - (brusco) Che vuoi dire?

Rita                             - Andrai a raggiungere tua sorella.

Alfredo                       - Asta ti ha forse detto qualche cosa?

Rita                             - No. L'hai detto tu stesso: è Asta... Asta che ci ha uniti.

Alfredo                       - Ma tu dopo mi hai legato, imprigionato...

Rita                             - Oh, non sono più quella che ero. La fiamma della passione si è spenta.

Alfredo                       - E tuttavia, piegandoci alla legge di trasfor­mazione, potremmo forse rimanere uniti.

Rita                             - (scuotendo lentamente la testa) La sento in me la trasformazione... la sento crudelmente...

Alfredo                       - Crudelmente?

Rita                             - Sì, come se nascesse da me.

Alfredo                       - Come una resurrezione... il passaggio ad una vita più elevata.

Rita                             - (con uno sguardo di disperazione) Sì, ma a prezzo della felicità, di tutta la felicità...

Alfredo                       - Quello che si perde è un guadagno, Rita.

Rita                             - (violenta) Parole! Parole! Mio Dio! Dopo tutto, noi siamo figli della terra...

 Alfredo                      - Con una lontana parentela col cielo e col mare.

Rita                             - Tu, forse; ma io no!

Alfredo                       - Anche tu. E più che non pensi.

Rita                             - (fa un passo verso di lui) Senti, Alfredo... ti sarebbe proprio impossibile riprendere il tuo lavoro?

Alfredo                       - Quel lavoro che odiavi tanto?

Rita                             - Sì... purché tu rimanga qui... mi basta.

Alfredo                       - Oh, Rita! Ti sarei di così debole aiuto.

Rita                             - Ma forse potrei aiutarti io.

Alfredo                       - A lavorare?

Rita                             - No, a vivere...

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Mi pare che per me non vi sia più una vita da vivere.

Rita                             - Almeno ti aiuterò a sopportarla.

Alfredo                       - (fissando dinanzi a sé uno sguardo cupo) Credo che sarebbe meglio per entrambi separarci.

Rita                             - (scrutandolo) E dove conti di andare? Da Asta? Nonostante tutto?

Alfredo                       - Da Asta? No, mai!

Rita                             - E allora, dove?

Alfredo                       - Lassù... nella solitudine...

Rita                             - Sulle vette, vuoi dire?

Alfredo                       - Sì.

Rita                             - Oh, questi non sono che sogni! Non ci potresti vivere.

Alfredo                       - Eppure... Siedi, ti racconterò una cosa.

Rita                             - Accaduta lassù?

Alfredo                       - Sì.

Rita                             - E che ci hai nascosta, ad Asta e a me?

Alfredo                       - Sì... Siedi. Ora te la dico.

Rita                             - Parla... (Si siede su un banco).

Alfredo                       - Ero lassù, tra le cime deserte, e dinanzi a me si stendeva un ampio lago di montagna. E quel lago dovevo attraversarlo. Ma era impossibile. Non c'era una barca... tutto intorno non c'era anima viva...

Rita                             - E allora?

Alfredo                       - Allora mi decisi a scendere da una valle laterale per risalire poi la montagna, sperando di trovare qualche scorciatoia che mi conducesse all'altra riva... Sbagliai direzione. Non c'erano né strade né sentieri. Sperduto... mi ero sperduto. Camminai un giorno e una notte e ormai disperavo di riuscire a tornare...

Rita                             - E pensasti a noi.

Alfredo                       - No.

Rita                             - No?!

Alfredo                       - Strano. Mi sembravate così lontani, tu ed Eyolf... ed anche Asta...

Rita                             - E allora a che cosa pensasti?

Alfredo                       - A nulla. Non pensai a nulla. Camminavo, camminavo sempre, costeggiando gli abissi e gustavo la dolcezza e la pace che danno la sensazione della morte.

Rita                             - (con un sussulto) Non dire quella parola; mi spaventi!

Alfredo                       - Eppure era quella la sensazione che pro­vavo; non era angoscia. Mi pareva che la Morte ed io camminassimo insieme da buoni compagni... E in quel momento mi pareva talmente semplice, talmente natu­rale. Nella mia famiglia non si invecchia...

Rita                             - Taci! Taci! Grazie a Dio sei tornato.

Alfredo                       - Sì. Improvvisamente raggiunsi la mèta- l'altra riva.

Rita                             - Che notte terribile devi aver passato!

Alfredo                       - No. Fu una notte di ispirazione. Fu là che mi decisi a tornare presso Eyolf.

Rita                             - (piano) Troppo tardi!

Alfredo                       - Già. La mia Compagna venne e Be lo prese. Infatti, allora, non fu che spavento... Spavento di lasciare tutto ciò che noi non osiamo fuggire perché siamo schiavi della terra.

Rita                             - (con un lampo di speranza) Non è vero, Al­fredo? Anche tu...? (Gli si avvicina) Viviamo qui in­sieme quanto più a lungo sia possibile...

Alfredo                       - (alzando le spalle) Vivere senza aver nulla per riempire la vita! Non mi vedo intorno che vuoto o desolazione!

Rita                             - (angosciata) Prima o poi mi lascerai! Lo vedo, lo sento! Sì, mi lascerai.

Alfredo                       - Per seguire quella Compagna, non è vero?

Rita                             - Peggio ancora! Mi lascerai di tua volontà, giacché è soltanto accanto a me che la vita ti sembra vuota. Rispondi... non è così...

Alfredo                       - (fissandola negli occhi) E se fosse? (Si sente un violento rumore che viene dal basso. Sembrano voci furiose. Alfredo si avvicina alla balaustra).

Rita                             - Che succede? (Con un grido) Ah! Vedrai che lo avranno ripescato!

Alfredo                       - Non lo ritroveranno mai!

Rita                             - E allora, cos'è?

Alfredo                       - (tornando verso di lei) Una delle solite risse... Bisognerebbe abbattere tutte quelle stamberghe laggiù. Gli uomini sono rientrati ubriachi, secondo il so­lito, e picchiano i loro bambini. Li senti, come gridano? E le madri chiamano al soccorso!

Rita                             - Sento, sento... Non è il caso di mandare qual­cuno ad aiutarle?

Alfredo                       - (con tono duro e irritato) Ad aiutarle?! Che hanno fatto per Eyolf? No! Periscano, come hanno lasciato perire il piccolo Eyolf.

Rita                             - Non bisogna parlare così... e non bisogna nean­che pensarlo!

Alfredo                       - Bisogna abbattere tutte quelle vecchie stam­berghe e disperdere quella gente.

Rita                             - E i bambini?

Alfredo                       - Che m'importa anche di loro?

Rita                             - (calma, con tono di rimprovero) Ti sforzi di essere crudele, Alfredo.

Alfredo                       - (con violenza) Ne ho il diritto ed anche il dovere! Bisogna che Eyolf sia vendicato... E ricordati di ciò che ti dico: non deve rimanere neppure la traccia di uno di quei tuguri quando sarò partito...

Rita                             - (con uno sguardo profondo) Quando sarai partito...

Alfredo                       - Almeno avrai qualcosa da fare. E a te oc­corre un'occupazione.

Rita                             - (dopo una pausa, con tono fermo e risoluto) Hai ragione. Mi occorre un'occupazione... (Lentamente ma decisa) Quando non sarai più qui, scenderò sulla riva e andrò a cercare tutti quei poveri bambini sperduti per condurli qui in casa nostra.

Alfredo                       - Per che farne?

Rita                             - Prenderli con me.

Alfredo                       - Con te?

Rita                             - Dal giorno in cui tu partirai, essi rimarranno qui come se fossero miei figli.

Alfredo                       - (indignato) E prenderanno il posto del nostro piccolo Eyolf?!

Rita                             - Prenderanno il posto del nostro piccolo Eyolf, occuperanno le camere di Eyolf, leggeranno nei libri di Eyolf, giocheranno coi suoi giocattoli e, a turno, siede­ranno sulla sua sedia all'ora dei pasti...

Alfredo                       - E' una follia! Non conosco nessuna per­sona al mondo meno adatta di te ad una simile opera.

Rita                             - Cercherò di elevarmi alla sua altezza. Impa­rerò, mi sforzerò.

Alfredo                       - Se parli sul serio... vuol dire che hai vera­mente subito una trasformazione!

Rita                             - L'ho subita, Alfredo, e proprio in grazia tua. Hai lasciato un vuoto nel mio animo... e devo tentare di riempirlo con qualche cosa che rassomigli all'amore.

Alfredo                       - (rimane un istante pensieroso guardandola) Certo noi non abbiamo fatto gran che per quella po­vera gente laggiù...

Rita                             - Non abbiamo mai fatto nulla.

Alfredo                       - Ci abbiamo appena pensato di tanto in tanto...

Rita                             - Ma non con pietà...

Alfredo                       - Mai!... E noi possedevamo i tesori di Golconda.

Rita                             - Le nostre mani erano chiuse per loro... ed anche i nostri cuori.

Alfredo                       - (approvando con la testa) Forse, non ci si deve neanche meravigliare se non hanno arrischiato la loro vita per salvare il piccolo Eyolf.

Rita                             - (a bassa voce) Senti, Alfredo... sei proprio sicuro che «noi» l'avremmo arrischiata?

Alfredo                       - (turbato) Rita! Non vorrai dubitare che...

Rita                             - (scuotendo la testa) Siamo troppo attaccati alla terra!

Alfredo                       - Insomma, che cosa ti proponi di fare, real­mente, per quei piccini?

Rita                             - Prima di tutto voglio tentare di crear loro un destino più sereno e più bello.

Alfredo                       - Se ci riuscissi, Eyolf non avrebbe vissuto invano.

Rita                             - E non invano lo avremmo perduto.

Alfredo                       - (fissandola) Soltanto, sappilo: non è l'amore che ti spinge a far questo.

Rita                             - No. O per lo meno, non ancora...

Alfredo                       - E allora, che cosa?

Rita                             - (senza rispondere direttamente) Spesso hai par­lato di responsabilità umana...

Alfredo                       - Già. Si trattava di quel libro che tu odiavi.

Rita                             - E che ancora odio. Ma te ne ho sentito tanto parlare e ti ho ascoltato. E ora voglio tentarla io quella strada, e camminarci sola, a modo mio.

Alfredo                       - (scuotendo la testa) Non è quel libro in­compiuto che ha influito sui tuoi propositi.

Rita                             - No; c'è un altro motivo.

Alfredo                       - Quale?

Rita                             - (piano, con un sorriso triste) Vedi... vorrei cercare dì avvicinarmi di più a quei grandi occhi aperti...

Alfredo                       - (la guarda, colpito) Forse... potrei unirmi a te... potrei aiutarti..

Rita                             - Vorresti farlo?

Alfredo                       - Sì, se fossi sicuro di potere.

Rita                             - (esitante) In tal caso... dovresti rimanere qui...

Alfredo                       - (abbassando la voce) Potremmo tentare...

Rita                             - (con voce appena distinta) Sì, Alfredo, ten­tiamo... (Pausa. Poi Alfredo si avvicina all'albero del battello e issa la bandiera fino in cima. Rita immobile lo guarda).

Alfredo                       - (ridiscende in scena) Abbiamo dinanzi a noi dure giornate di lavoro, Rita...

Rita                             - Vedrai... chissà, un giorno o l'altro, un po' di pace anche per noi.

Alfredo                       - (con un raccoglimento commosso) E forse, allora, sentiremo la presenza degli spiriti...

Rita                             - (piano) Degli spiriti?...

Alfredo                       - (c. s.) Gli spiriti di quelli che abbiamo perduto... essi forse ci verranno intorno...

Rita                             - (scuotendo lentamente la testa) Il nostro piccolo Eyolf... ed anche il grande Eyolf che tu speravi di plasmare...

Alfredo                       - (con lo sguardo fisso nel vuoto) Chi sa se... qualche volta non riusciremo a scorgere la loro luce...

Rita                             - Dove bisogna guardare, Alfredo?

Alfredo                       - In alto...

Rita                             - (approvando con la testa) Sì, sì... in alto...

Alfredo                       - Verso le cime, verso le stelle... e verso il gran silenzio.

Rita                             - (stendendogli la mano) Grazie!

FINE