Il più felice dei tre

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IL PIÙ FELICE DEI TRE

 


Commedia in tre atti di Eugène Labiche

Traduzione di Marcel Le Duc

Personaggi

ALFONSO MARJAVEL

KRAMPACH

JOBELIN

ERNEST JOBELIN

HERMANCE

BERTA

PETUNIA

LISBETH


ATTO   PRIMO

Un salotto in casa di Marjavel. Caminetto a sini­stra. Sul caminetto, un pendolo sormontato da una testa di cervo. Un tavolinetto in terzo piano. Un orologio a cucii a destra. Porte in fondo. In mezzo alla scena un divano a due posti. La parte del divano sotto i sedili, si apre, come un armadietto. Un cesto di fiori vicino al divano. Porta in fondo. Da ogni lato della porta, un ritratto: quello di destra rappresenta una donna da tutti e due i lati; quello di sinistra è il ritratto di Marjavel. Una mensola sotto ogni ritratto. In primo piano, a destra, una finestra che dà su di un balcone. Quando si alza il sipario, Petunia sta spolverando il divano.

Petunia          (al pubblico)  Non conosco niente di più stupido che spolverare un divano. Tutto si riduce a mandare, sul divano di destra, la polvere che si era posata sul divano di sinistra... E' uno   spostamento di polvere, ecco tutto... (Va a destra   e spolvera il ritratto. Lo volta e vede che, anche nel retro, c'è un ritratto di donna) Questa è bella... Il  ritratto  della signora e...  didietro... un altro ritratto di donna...

Marjavel       (Con un asciugamano al collo. E' evi­dente che si accinge a radersi la barba. Compare   sulla porta di sinistra)  Petunia!

Petunia          (rimette il quadro al suo posto)  Si­gnore?

Marjavel       Ernesto non è arrivato?

Petunia          No, signore.

Marjavel       (seccato)  No?... (sospira) Speriamo!... (scompare)

Petunia          (sola e avvicinandosi alla ribalta)  Non può più farne a meno del suo caro Ernesto! E' andato lui stesso a cercarlo, a Parigi, con la car­rozza... Poi lo ha fatto andare ad Auteuil, nel padi­glione in fondo al giardino... Ma pare che tutto questo sia perfettamente naturale... Un marito vuoi sempre bene all'Ernesto di sua moglie...

Hermance     (Entra dal fondo. Ha in mano un pac­chetto)  Petunia!

Petunia          Ah! è la signora! (Prende il pacchetto e lo posa su di un piccolo mobile, a destra).

Hermance     Ernesto non è ancora arrivato?

Petunia          No, signora.

Hermance     Non ancora?... (sospira) Speriamo... Intanto aiutatemi a togliermi il cappello e il man­tello... e lasciatemi in pace...

Petunia          (prende gli oggetti indicati e li posa sul divano)  Va bene, signora... (esce a destra)

Hermance     Nessuno... (corre vicino alla testa di cervo imbalsamata che è sul caminetto e l'apre come se fosse una scatola) E' qui che nascondiamo la nostra corrispondenza. (Guarda nella scatola) Niente!... non mi ha scritto. E' inutile, gli uomini non sanno voler bene... (Prende una lettera di tasca e la mette nella scatola che, poi, richiude) Mentre io... tutti i giorni, almeno un bigliettino... Oggi voglio fargli sapere le mie preoccupazioni... Quel cocchiere che ho visto passeggiare sotto le fi­nestre...

Marjavel      (si vede la sua testa spuntare dalla por­ta)  Ernesto non è ancora arrivato?

Hermance     No... non credo... io non l'ho visto.

Marjavel       Ma che cosa diavolo può fare quel­l'animale?... sono già le dieci...

Hermance     Hai bisogno di lui?

Marjavel       No, non ne ho bisogno... ma mi piace averlo qui... mi diverte... in fondo è un grande ingenuo...  Ieri si parlava, davanti a lui, di una donna maritata e un po' leggera... Ha esclamato: «Possibile?... ma che sia vero che ci sono delle donne che ingannano i loro mariti?». Ti dico un collegiale.

Hermance     Un vero collegiale... (ride)

Marjavel       Un giorno o l'altro, bisognerà che mi diverta ad aprirgli gli occhi...

Hermance     (con vivacità)  E a te cosa importa?... Perché mischiarti di queste cose?... Sono faccende che non ci riguardano... andiamo.

Marjavel       Ma no, scherzavo... non t'arrabbiare... Ah!... lo sapevo che ti dovevo fare una rivelazione della massima importanza...

Hermance     Che cosa?

Marjavel       Ho assunto un cameriere...

Hermance     (stupita)  Buona idea...

Marjavel       Con sua moglie...

Hermance     Anche la moglie?

Marjavel       Gente fidata... non voglio più essere servito che da gente fidata. Li ho fatti venire dalla provincia...

Hermance     Dalla provincia?

Marjavel       Ho scritto al mio intendente... Cer­cate di sposare un cameriere fidato con una ca­meriera fidatissima... e mandatemi, poi, il tutto... Arrivano oggi.

Hermance     Come? E Petunia?

Marjavel       Credo che sia venuto il momento di indicarle la porta... Ci tieni tu, a Petunia?

Hermance     Affatto!

Marjavel       Non è una cattiva ragazza...ma c'è sempre un pompiere in cucina... mattina e sera... e non brucia che l'arrosto.

Hermance     Infatti... mi è parso di notarlo...

Marjavel       Fosse un altro militare... ma un pom­piere... francamente...

Hermance     Allora la mandi via?

Marjavel       No... non io... tu la mandi via...

Hermance     Non capisco...

Marjavel       Sono cose di politica interna... riguar­dano te... La mia prima moglie... quella cara e bra­va Melania... il suo ritratto, lo sai, è dietro al tuo... Sai non ho voluto separarvi l'una dall'altra...

Hermance     (un po' seccata)  Un pensierino gen­tile!

Marjavel       Ah! se tu l'avessi conosciuta, tu non avresti potuto fare a meno di volerle bene! Tutti le volevano bene... Domanda a Jobelin, lo zio di Ernesto... Lui, sì, che sapeva apprezzarla!... Ebbene quando c'era una persona di servizio da licen­ziare, Melania mi diceva: «Alfonso, perché non vai a fare un giretto al caffè?». Io me ne andavo e, al mio ritorno, la persona di servizio non c'era più.

Hermance     Va bene, mi occuperò della cosa.

Marjavel       Però, se preferisci aspettare Ernesto, se ne occuperà lui.

Hermance     No, è inutile...

Marjavel       Ah! adesso che mi ricordo... ho qualche altra cosa da chiedergli, a Ernesto!

Hermance     Che cosa?

Marjavel       No, si tratta di un tetto che ha biso­gno di essere riparato... Lui è giovane... può benis­simo arrampicarsi lassù.... prenderà un po' d'aria...

Hermance     Ma è pericoloso!

Marjavel       Lo credo... Io non ci salirei nemmeno per mille franchi... tutto l'oro del mondo... si fa per dire, naturalmente...

Hermance     Allora?

Petunia          (fuori scena, se ne ode solo la voce) Sì, subito...

Marjavel       Zitta... E' Petunia... sii energica... Io me ne vado... (Esce per la porta di sinistra).

Petunia          (entra da destra)  La signora ha da co­mandarmi qualche cosa?

Hermance     Sì, ho qualche cosa da dirvi, Petu­nia... io mi trovo nella necessità di rinunciare ai vostri servizi...

Petunia          (stupefatta)  La signora mi licenzia?

Hermance     In fondo, mi stupisce che ne siate così stupita!

Petunia          Infatti... avrei dovuto aspettarmelo... io non ho avuto la fortuna di piacere al signor Ernesto...

Hermance     (stupita)  Non capisco... Gli affari di casa mia non riguardano affatto il signor Ernesto.

Petunia          No, ho detto così, perché so che il signor Ernesto è l'amico del signore e della signora...

Hermance     (tra sé)  Dubita, certamente di qual­che cosa...

Petunia          La signora mi da almeno gli otto giorni?

Hermance     Certamente... giorno più... giorno meno...

Petunia          (piagnucolando)  Però mi dispiace... ero così affezionata alla signora, al padrone e anche al signor Ernesto...

Hermance     Brava... e  dal  momento  che  siete così devota e così discreta...

Petunia          Ah, signora!

Hermance     Vedrò mio marito... gli parlerò... vi debbo avvertire però che è seccatissimo per via di quel pompiere che ricevete sempre in cucina...

Petunia          Non posso certo ricevere degli amba­sciatori o dei ministri, e poi, quel pompiere in cucina non è un pompiere, è il mio tutore, vestito da pompiere.

Hermance     (tra sé)  Mi prende in giro... (ad alta voce) Andate e aspettate i miei ordini.

Petunia          (si dirige verso la porta del fondo, poi si ferma)  Ieri, la signora aveva un vestito che comincia ad invecchiare... La signora conta met­terlo ancora?               

Hermance     No, ve lo regalo...

Petunia          (con effusione)  No, non lascerò mai la signora!... (esce dal fondo).

Hermance     Sono costretta a subire... Dobbiamo aver commesso qualche imprudenza... E Ernesto che non è ancora arrivato!

Marjavel       (entrando)  Ernesto non è ancora ar­rivato?

Hermance     (senza controllarsi)  No, lo aspetto...

Marjavel       Anch'io lo aspetto, perbacco!... Già le undici... scommetto che è ancora davanti allo spec­chio a farsi bello... Non l'ho invitato a venire in campagna per venire a fare il bellimbusto... Finirò col decidermi...

Hermance     A che cosa?

Marjavel       Ad invitare qualche altro amico...

Hermance     Sei ingiusto... Ieri ha annaffiato il giardino fino alle nove di sera... Mentre tu fumavi, tranquillamente il tuo sigaro...

Marjavel       Io non posso annaffiare, lo sai... mi fa male ai reni. Ma dopo, per ricompensarlo, ho giuocato a briscola con lui.

Hermance     No, è lui che ha consentito a fare la briscola con te.

Marjavel       Non capisco.

Hermance     Ernesto detesta giocare a carte.

Marjavel     Ernesto?...   ma  allora  perché   dice tutte  le  sere:   «Ebbene,  mio  caro Marjavel,  la facciamo, sì o no, questa partitina?». Tu ti siedi vicino a noi con il tuo ricamo, e allora i suoi occhi brillano... si accendono...

Hermance     (con vivacità)  Si accende così per via del gioco... lo eccita...

Marjavel       Me ne sono accorto... Secondo me, Ernesto ha la passione del gioco... Non gli piac­ciono i cavalli, non gli piace la buona tavola, non gli piacciono le donne... almeno io non ho mai avuto l'impressione che si occupi molto di donne...

Hermance     Credo che sia così...

Marjavel       Dunque ha la passione del gioco... Dunque, finirà male... Bisognerà che ne parli con Jobelin,  suo zio... Ma non si tratta  di questo... Hai visto Petunia?...

Hermance      (tra  sé)   Che  cosa   debbo   dirgli? (Va a prendere il pacchetto che Petunia ha posato su di un mobile) Caro... permettimi...

Marjavel       Che cosa?

Hermance     (ha aperto il pacco e presenta a Marja­vel una papalina) Oggi è Sant'Alfonso...

Marjavel       Una papalina?...

Hermance     (strappa in fretta l'etichetta che era at­taccata alla papalina)  L'ho ricamata da me... di nascosto...

Marjavel       (abbracciandola)  Ma brava... brava.

Hermance     Prendi così facilmente il raffreddore durante l'inverno...

Marjavel       E' vero, e quando sono raffreddato, mi si gonfia il naso...

Hermance      L'ho fatta felpare all'interno!...

Marjavel       L'hai fatta felpare?... una papalina felpata!... Debbo riconoscere che non esiste certa­mente, su tutta la terra, un uomo più fortunato di me. Con la mia povera moglie (Hermance posa di nuovo la papalina sul mobile) era la stessa cosa... Sono proprio fortunato. (teneramente) Hermance... (Hermance gli si avvicina) Io non sono un ingrato e... questa sera... verrò a leggere il giornale in camera tua.

Hermance     (abbassando gli occhi)  Zitto... non dire queste cose...

Marjavel       Non vuoi che venga a leggere il gior­nale in camera tua? Dillo che non vuoi! (tenero fino al ridicolo) Dillo che non vuoi...

Hermance     Andiamo, caro... diventi pazzo?

Marjavel       (lanciando un grido)  Accidenti!

Hermance     Cosa succede?

Marjavel       Dal momento che oggi è la mia festa, noi avremo molte visite... Jobelin con il suo maz­zo di fiori... non può mai farne a meno... E poi Berta,  sua nipote... Mia sorella Isaura...

Hermance     E allora?

Marjavel       Come faremo?... I miei domestici al­saziani non sono ancora arrivati e tu hai licen­ziato Petunia... Non ci rimane che Ernesto...

Hermance     No, non ho licenziato Petunia.

Marjavel       Meglio così... La licenzierai domani.

Hermance     Quella ragazza è in una situazione interessante.

Marjavel       Naturalmente... è stato il pompiere...

Hermance     Ma no... mi sono spiegata male... Petunia è in una situazione degna di interesse...

Marjavel       Petunia? ma vorrai scherzare?

Hermance     L'ho  costretta  a  parlare...  Petunia, con il piccolo mensile che le diamo, provvede ad allevare due orfanelli in una soffitta.

Marjavel       Ma sul serio?

Hermance     Li fa studiare... li fa educare... tutto con i suoi risparmi.

Marjavel       Non mi sarei mai immaginato una cosa simile.

Hermance     E' tutta una vita di devozione, di sacrificio... Per quei due orfanelli, Petunia ha rinunciato alle gioie della famiglia.

Marjavel       Che brava ragazza! E il pompiere?

Hermance     (imbarazzata)  Il pompiere è il padre.

Marjavel       Ma allora i due piccini non sono due orfani...

Hermance     (sorridendo)  Un pompiere non è un padre... sempre in mezzo alle fiamme, al pericolo...

Marjavel       (passando vicino al tavolino di destra sul quale si trova un campanello)  E' giusto... Quello che mi haidetto di Petunia mi ha pro­fondamente commosso... Tanto più che abbiamo bisogno di Petunia... (suona)

Hermance     Cosa fai?

Marjavel       La chiamo... le parlerò...  (Petunia entra) Avvicinatevi, Petunia, avvicinatevi...

Petunia          Signore...

Marjavel       So tutto... Continuate, cara Petunia, continuate a camminare sulla nobile strada del­l'abnegazione e del sacrificio che vi siete trac­ciata...

Petunia          Non capisco...

Marjavel       L'orfanello porta fortuna... (passa davanti a Petunia) Continuate, Petunia, conti­nuate... L'orfanello porta fortuna (esce a sinistra)

Petunia          (rivolgendosi a Hermance)  Quale orfa-nello?

Hermance     (sottovoce a Petunia e uscendo)  State zitta e dimenticate, dal momento che non vi man­da più via... (esce a sinistra come suo marito)

Petunia          (sola)  La signora è decisamente molto abile... e il padrone che mi fa delle congratula­zioni!

Jobelin           (entra dal fondo con una bottiglia e un mazzo di rose)  Marjavel è in casa?

Petunia          Signor Jobelin... vado subito ad avver­tire che siete arrivato... (esce a sinistra)

Jobelin           (solo, posa la bottiglia e  il mazzo sul divano)  Vengo a fare gli auguri a Marjavel... E' un'abitudine che ho presa al tempo della sua pri­ma moglie... Non posso mai entrare in questo sa­lotto senza sentirmi commosso... Mi è finalmente permesso di posare uno sguardo melanconico sul ri­tratto della povera Melania. (si rivolge al ritratto di Hermance) Ti hanno sostituita, povera donna... dopo un anno e tre giorni... Si dimentica presto ai nostri tempi... che brutti tempi!... (avvicinandosi al ritratto e guardandolo teneramente) Ma io sono qui,   vicino,   io...   (si  ferma)   No,   è   quell'altra... (volta il ritratto e si vede Melania) Eccomi... ven­go a compiere il mio devoto pellegrinaggio, cara Melania, il pellegrinaggio del nostro amore... sì, siamo  stati colpevoli... (si rivolge al  ritratto  di Marjavel che è dall'altro lato) Ti abbiamo tradito, caro Marjavel... amico eccellente... amico perfetto... Non  ho  rimorsi,  no,  perché   sono   amaramente pentito... (si riavvicina alla ribalta) E sono pen­tito perché Melania non c'è più. Altrimenti... po­vera amica!... Sono stato io a suggerire a Marja­vel l'idea di mettere un ritratto dietro l'altro... L'ul­tima volta che ci vedemmo eravamo in carrozza-Lei aveva una paura terribile di essere riconosciuta e la paura la rendeva ancora più bella. Si nascon­deva dietro un ventaglio che diceva a tutti di aver vinto ad una lotteria... La lotteria ero io... Povera Melania, tutto in questa stanza mi ricorda il suo amore!... (sospira, guarda il divano, poi si avvi­cina al caminetto) Avevo avuto l'idea machiavel­lica di offrire a Marjavel, per la sua festa, questo pendolo con la testa di cervo... Era lì che nasconde­vamo la nostra corrispondenza. (apre) Ma c'è un biglietto...  Dev'essere  uno  dei  nostri   antichi  bi­glietti che è rimasto lì... (apre il biglietto e si avvicina alla ribalta) Che imprudenza... scritto con mano tremante... è certamente il suo... tremava sempre quando mi scriveva... (legge) «Una grande sciagura ci minaccia... Il cocchiere della carrozza ci ha riconosciuti e ci spia... Ha il numero 1111... cerca di vederlo... Ho il presentimento che quella carrozza ci porterà sfortuna». (parlato) Era stupida con i suoi presentimenti, la cara Melania... Mi ricordo che una volta, aveva sognato di un gatto nero e si era messa in testa che era il commissa­rio di polizia...

Petunia          (entrando)  Il signor Marjavel vi aspetta. (Esce a destra).

Jobelin           (riprende la bottiglia e il mazzo)  Be­nissimo... Gli offrirò un mazzodi rose e una botti­glia di rhum del 1789... non ce n'è che una sola in tutto il mondo... (esce).

Ernesto         (entra dal fondo, porta un mazzo di rose e una bottiglia di rhum)  Sono venuto a fare gli auguri a Marjavel per la sua festa... un mazzo di rose e una bottiglia di rhum del 1789... non ce n'è che una sola in tutto il mondo... L'ho rubata a mio zio Jobelin... Accidenti che mal di reni... Quel porco di Marjavel mi ha fatto annaffiare fino alle nove di sera. (guarda la porta a sinistra) Povera Hermance! Sopporto tutto per amor tuo... Ecco il suo ritratto (si rivolge al ritratto) Sì, siamo stati colpevoli... (Posa la bottiglia e il mazzo di rose sul mobile di destra. Scorge sul ritratto la testa di Melania) Ma è l'altra... Ma chi è quello stupido che si diverte continuamente a rivoltare il ritratto dalla parte della vecchia? (rivolta la cornice dal lato di Hermance) Sì, siamo stati colpevoli... (Si rivolge al ritratto di Marjavel) Ti abbiamo tradito, caro Marjavel... amico eccellente... amico perfetto... Non ho rimorsi, no, perché non sono affatto pentito di quello che ho fatto... ma proprio per niente... (si avvicina alla ribalta) Avantieri ho fatto con Hermance una passeggia­ta deliziosa... lungo le strade di periferia... Mi ricordo perfettamente il numero della carroz­zella. Il 1111... Lo ricordo come simbolo d'amore e di piccola velocità. Vediamo se Hermance ha lasciato qualche cosa per me nella testa di cervo. (l'apre) E' molto comodo questo nascondiglio che abbiamo trovato. (guarda) Non vedo nulla... (ri­mette a posto la testa di cervo ma con le corna alla rovescia) Accidenti, che mal di reni, purché non siano dei reumatismi...

Hermance      (entra  in fretta  da  sinistra  e  molto agitata)  Ah! eccovi finalmente... vi aspetto da questa mattina...

Ernesto         Cosa succede?

Hermance     Non ho che un minuto di tempo e mille cose da dire... Qualcuno... (si allontanano l'uno dall'altro)

Ernesto         Non c'è nessuno... calmatevi...

Hermance     Vediamo... non so più da dove co­minciare... Anzitutto, la mia cameriera ha dei so­spetti su di noi...

Ernesto         Petunia?

Hermance     Mio  marito voleva licenziarla...  io però ho ottenuto che rimanga...

Ernesto         Benissimo... non si licenzia mai una cameriera che sospetta di qualche cosa.

Hermance  Mio  marito ha  fatto  venire  degli alsaziani... gente fidata... certamente per spiarci...

Ernesto         Che idea!

Hermance     Qualcuno. (cade seduta, a sinistra, sul divano).

Ernesto         (cade seduto sul divano, a destra, e si mette a caricare l'orologio tanto per darsi un con­tegno)  Ma no... è una carrozza...

Hermance     Una carrozza?... (alzandosi) Per l'ap­punto, non ci pensavo già più... Diffidate del cocchiere...

Ernesto         (si alza contemporaneamente ad Her­mance)  Quale cocchiere?

Hermance     E se vi dicono di salire sul tetto, non ci salite... è molto pericoloso...

Ernesto         Quale tetto?

Hermance     Ah! dimenticavo il più importante... ho lasciato il mio ventaglio nella carrozza... un regalo di mio marito...

Ernesto         Per fortuna ci sono io, ci sono sempre io... L'ho trovato, il vostro ventaglio, e l'ho messo nella tasca del mio soprabito...

Hermance     Allora restituitemelo subito.

Ernesto         Subito, no... Sono andato stamane da mio zio Jobelin per chiedergli in prestito qualche cosa... del rhum del 1789... e ho dimenticato il mio soprabito in casa sua.

Hermance     Lo troveranno... siamo perduti...

Ernesto          Ma  non  tremate  sempre  così...  (la prende per la vita) Io sono prudente... taciturno... (l'orologio a cucù suona lentamente le due)

Hermance      (allontanandolo)    Qualcuno...  (Cade su di una sedia, a sinistra, vicino al caminetto)

Ernesto         (È andato a sedersi in fretta sulla sedia, a  destra, vicino al  mobile.  Dopo  un  tempo  di pausa)  Ma non è vostro marito... è l'orologio a cucù...

Hermance     Bisognerà fermarlo... mi fa troppa paura. (si alza)

Ernesto         (alzandosi nello stesso tempo)  E' no­ioso vedervi in queste condizioni... Già ci vediamo raramente e poi non possiamo nemmeno  strin­gerci con calma la mano...

Hermance     La mia non è più una vita...

Ernesto         Ieri sera volevo farvi una sorpresa...

Hermance     Quale sorpresa?

Ernesto         Mi  sono arrampicato,  senza  far ru­more, sulla pianta che arriva fino al vostro bal­cone... credevo di essere arrivato alla vostra fine­stra... Ho bussato i tre colpi... e un vocione mi ha detto «Chi è?».

Hermance     La camera di mia zia... siamo per­duti... (va a destra, in fretta)

Ernesto         Ma no... Mi sono lasciato scivolare... e tutto è rientrato nel silenzio... Ma tornerò que­sta sera...

Hermance      Questa   sera?  impossibile...  ve  lo proibisco...

Ernesto         Perché?

Hermance     Questa sera è la festa di Marjavel e...

Ernesto         E... che cosa?...

Hermance     Niente...

Ernesto         Sentite... Se la cosa è possibile... aprite la finestra di questo salotto... (indica la finestra in primo piano)

Hermance     No, non sarà possibile... partite... non bisogna che ci vedano insieme. Ritornerete fra cinque minuti...

Ernesto         Sì, fra tre minuti... Ah! dimenticavo. (riprende il mazzo e la bottiglia di rhum) Sono davvero felice! (Esce dal fondo. Marjavel entra a braccetto di Jobelin)

Hermance     (tra sé)  Era ora...  (si avvicina al mobile di destra e finge di cercare qualcosa)

Jobelin           (entra con la bottiglia)  Questa bottiglia di rhum della Giamaica è stata portata nel 1789 da un cugino di Lafayette, il cui nipote, morendo, la lasciò in eredità al nonno di mio zio... di que­ste bottiglie, ce n'è una sola in tutto il mondo...

Marjavel       Ah!   questo  caro  Jobelin.  Ecco un amico, un vero amico... (rivolgendosi a sua mo­glie) Ernesto non è ancora venuto?

Hermance     Io non l'ho veduto...

Jobelin           Ho lasciato Berta mia nipote, con la sua cameriera... stava preparando un piccolo lavo­retto per Sant'Alfonso... sarà qui fra poco...

Marjavel       Quella cara Berta... anche lei ha pen­sato a me. Ma che cosa fa Ernesto?... io non sono esigente per natura... ma mi pare che, in un giorno come questo...

Petunia          (annuncia)  Il signor Ernesto!

Ernesto         (entra con il mazzo e la bottiglia e saluta Hermance cerimoniosamente)     Signora...  caro Marjavel... (presenta il mazzo)

Marjavel       (severamente)  Signor Ernesto, avrei preferito un po' meno fiori e un po' più di pre­mura...

Ernesto         Scusatemi... ho dovuto andare lontano questa mattina per potervi portare...

Marjavel       Che cosa?

Ernesto         (presentando la bottiglia)  Questa bot­tiglia di rhum del 1789... Ce n'è una sola in tutto il mondo...

Jobelin           Ma la riconosco...

Ernesto         E' stata portata da un cugino di Lafayette...

Marjavel       Allora ne ha portate due... (mostra la bottiglia offerta da Jobelin, prende quella di Ernesto, insieme al mazzo, e va a depositare il tutto sul mobile di sinistra)

Ernesto         (a Jobelin a voce bassa)  Ma come mai... ne avevate due?

Jobelin           (sottovoce)No, la mia viene dalle Bottiglierie  riunite, animale! 

Marjavel       (tornando al suo posto)  Amici miei... vi ringrazio... e per testimoniarvi tutta l'importan­za che attribuisco ai vostri regali... queste due bottiglie le berrò io solo... e nessuno ne avrà nem­meno una goccia...

Jobelin           (protestando)  Ma...

Marjavel       Non mi ringraziate...

Jobelin           Avrei   tuttavia   voluto   assaggiare   il rhum... (vede Berta che è apparsa dal fondo e le va incontro) Ah! ecco mia nipote!

Berta             (Entra dal fondo con delle bretelle in un foglio di carta. Saluta Hermance)  Buongiorno, signora... (si rivolge a Marjavel) Signor Marjavel, permettetemi di offrirvi...

Jobelin           (vivacemente)  L'opera delle sue dita... Le ho viste fare...

Marjavel       (che ha aperto l'involtino)  Un paio di bretelle... grazie, cara piccina... vi prometto che non le porterò che io solo...

Jobelin           (tra sé)  Le bretelle lo capisco... ma il rhum...

Berta             (a Ernesto)  Buongiorno, cugino... avete dimenticato il vostro soprabito in casa dello zio... ed ecco che cosa è caduto dalle tasche... (tira fuori il ventaglio)

Hermance     (tra sé)  Il mio ventaglio!

Ernesto         (tra sé)  Che cretina!

Marjavel       Vediamolo... ma è molto bello...

Ernesto         (sottovoce, a Hermance)  Adesso lo rico­noscerà...

Hermance     (sottovoce, a Ernesto)  Siamo perduti! (Berta si ritira verso sinistra)

Marjavel       (prendendo il ventaglio, ad Ernesto)  Amico mio, perché lasciate così imprudentemente i vostri ventagli nelle tasche del soprabito?

Jobelin           (tra sé e guardando il ventaglio)  Come assomiglia al ventaglio di Melania!

Ernesto         Signor Marjavel, voglio  sperare  che non crederete...

Marjavel       Io sono convinto che questo ventaglio appartiene ad una donna... una sola cosa è sicura... che questa donna non è mia moglie...

Hermance      (sforzandosi   di   sorridere)    Certa­mente...

Ernesto         (nervoso e ridendo) Divertente... divertentissimo...

Jobelin           (prendendo   il   ventaglio   dalle   mani   di Marjavel)  Permettete... (esclama) Ma lo rico­nosco... è...

Tutti               Che cosa?

Jobelin           (dominandosi) E' il ventaglio di Anna d'Austria...

Ernesto         L'ho comperato per farne un regalo alla cugina Berta.

Berta             A me?... Come sono contenta... (sottovoce a Jobelin) Lo vedete che mi vuoi bene.

Jobelin           Incredibile!

Berta             Che cosa c'è di così incredibile?

Jobelin           No, volevo dire... è incredibile come quel   ventaglio   assomigli   al   ventaglio   che   ho dato...

Berta             A chi?

Jobelin           Ad Anna d'Austria! Scusa... non so più quello che dico... (Berta e Jobelin si allontanano verso il fondo)

Marjavel       Amici miei, noi passeremo la gior­nata insieme... ho un progetto... (suona e si accorge che la testa di cervo ha le corna alla rovescia e getta un grido) Ah!

Tutti               Cosa succede?

Marjavel       (indicando il caminetto)  Hanno toc­cato la mia testa!

Hermance     Che cosa?

Marjavel       Sì, volevo dire, le corna sono voltate dalla parte del muro.

Jobelin           (tra sé)  Che imprudenza!            

Ernesto         (tra sé)  Che errore!

Marjavel       (esaminando la testa che ha presa fra le mani)  Non sapevo che girasse così...

Hermance     (a Ernesto, sottovoce)  Avete preso il mio biglietto?

Ernesto         (sottovoce)  No...

Hermance     (sottovoce)  Siamo perduti...

Marjavel       (aprendo l'apertura a scatola)  Curio­so... si apre e forma una specie di scatola...

Hermance     (sottovoce,  a  Ernesto)    Il  biglietto non c'è più.

Ernesto         (sottovoce) L'ha certamente preso qualcuno...

Hermance     (sottovoce)  Dev'essere stata Petunia.

Jobelin           (tra sé, mostrando il biglietto)  Come ho fatto bene a prenderlo!

Marjavel       (richiudendo la testa di cervo)  E' gra­zioso, me ne servirò per metterci i francobolli.

Petunia          (entrando da destra)  La signora ha suonato?

Hermance     (tra sé)  Lei!

Ernesto         (sottovoce a Petunia)  Ecco venti fran­chi... brucia il biglietto.

Petunia          (stupita)  Quale biglietto?

Marjavel       (che è presso il caminetto, a Petunia)  Andate a cercare una carrozza... una grande carrozza... siamo in cinque...

Petunia          Subito, signore... (esce dal fondo)

Marjavel       Andremo tutti a pranzare al Grand Hotel...  Sono io che  offro  in occasione del mio onomastico.

Berta             Che gioia... io non ho mai pranzato al ristorante...

Ernesto         (sottovoce, a Hermance)  Al ristorante del Grand Hotel... ci sono dei boschetti...

Hermance     (sottovoce)  Tacete!

Ernesto         (sottovoce)  In occasione del suo ono­mastico, ci stava bene...

Petunia          (rientra)  La carrozza è giù che aspet­ta...  ha  un numero  curioso...  1111...  (Hermance, Ernesto e Jobelin lanciano un piccolo grido sen tendo il numero della carrozza)

Marjavel       Cosa succede?

Hermance     Niente... mi sono punta...

Jobelin           Niente... mi sono morso la lingua...

Ernesto         Niente...   ho   una   scarpa   che   mi   fa male... (Marjavel risale verso il fondo per mettere il suo sopràbito  e Berta risale egualmente per aggiustarsi)

Hermance     (sottovoce, a Ernesto)  1111... è pro­prio il numero della nostra carrozza...

Ernesto         (sottovoce)  Lo so...

Hermance     (sottovoce)  Ci ha riconosciuti.

Ernesto         (sottovoce)  Ma no.

Hermance     (sottovoce)  Ne sono sicura!

Ernesto         (sottovoce)  Accidenti!

Hermance     (sottovoce)  Nascondetevi... maschera­tevi... (prende il suo velo sul divano e, piegandolo, ne fa una maschera per sé)

Ernesto         (tra sé)  Che cosa potrei mettermi sulla faccia? (vede una piccola tendina bianca ad una finestra, la stacca, ne fa una sciarpa e la mette, coprendosi il volto fino agli occhi)

Jobelin           (tra sé, ritornando verso la ribalta)  E' poco probabile che il cocchiere mi riconosca... è passato tanto tempo... tuttavia la più elementare prudenza esige... (vede degli occhiali sul caminetto) Gli occhiali di Marjavel. (si mette gli occhiali che sono degli occhiali scuri da sole)

Ernesto         (dopo aver preso la tendina) Ho ciò che mi occorre...

Marjavel      (guardandoli)  Ma che cosa state fa­cendo?

Hermance     Per via della polvere.

Jobelin           Io ho sempre avuto paura del sole.

Ernesto         E a me fanno paura le correnti d'aria. (tra sé) Cosa ne faccio di questo sostegno di ot­tone? (insieme alla tenda ha staccato anche il so­stegno)                                                                   

Berta             (a Ernesto)  Portate la sciarpa, al mese di agosto?

Ernesto         (sottovoce)  Sta zitta e dammi il braccio. (mette il sostegno della tendina in una tasca dei calzoni)

Marjavel       Petunia... (Petunia si avvicina) Se ven­gono due alsaziani, li farete sedere... su di una sedia di paglia che andrete a prendere in cucina... e li pregherete di aspettare.

Petunia          Va bene, signore.

Marjavel       (prende il braccio di sua moglie, mentre Berta si avvicina ad Ernesto)  Andiamo!

Jobelin           (tra sé)  Belli questi occhiali scuri, ma io non vedo un bel niente...  (Urta  contro  Her­mance)

Ernesto         (tra sé)  Con questo ferro nei calzoni, non riesco a camminare (tutti escono dal fondo, ad eccezione di Petunia)

Petunia          (sola)  Buon viaggio! Eccomi padrona della casa! Non ci sono più che io e la sorella del padrone, la signorina Isaura... Ma quella non uscirà dalla sua camera... si è fatta tingere i capelli que­sta mattina... è il suo giorno... e sta ad aspettare che asciughino... (Krampach e Lisbeth appaiono in fondo. Portano dei pacchetti comici. Lisbeth ha in mono una pentola di stagno. Tutti e due sono in costume regionale alsaziano)

Krampach     Guten tag, Fraulein... Wohnt hier Herr Marjavel?... Ein Mann mit grossen Barich und Reichtum?... (Lisbeth ripete, in tedesco, la stessa cosa)

Petunia          (stupita)  Che cosa dite? Che cosa vo­lete?                                                                

Krampach     Non gabisce... (La parlata dei due personaggi di Krampach e di Lisbeth è stata rego­lata sull'accento tipico dei tedeschi che parlano italiano. E' quanto più si avvicina a raffigurare, fo­nicamente, l'accento degli alsaziani che parlano francese) Apita guì, signor Majavel gon crossa bancia e molto tenaro?

Lisbeth          Sì, crossa bancia e molto tenaro.

Petunia          Debbono essere gli alsaziani... ( voce alta) Siete alsaziani?

Krampach     Ya...                                                

Lisbeth          Ya...

Petunia          Hanno delle facce da brava gente...

Krampach     (avvicinandosi alla ribalta)  Wir sind diesen Morgen... (si riprende) Siamo bartiti stama­ne alle guattro...

Petunia          Ma vedo che parlate molto bene la no­stra lingua...

Krampach     Sì, un pogo... non molto... ogni tanto... (si batte la mano sulla coscia) Ma mia moglie es­sere stata a sguola moldo più di me... io non gi sono mai sdado... (si batte la mano sulla coscia)

Petunia          (tra sé)  Ma è una mania quella di bat­tersi la mano sulla coscia! (a Lisbeth) Allora la signora parla la nostra lingua?                             

Lisbeth          Ya.

Petunia          E siete venuti per entrare al servizio del signor Marjavel?

Lisbeth          Ya.

Petunia          (indicando Krampach)  E questo è vo­stro marito?

Lisbeth          Ya.

Petunia          (si è accorta che Krampach si è seduto sul divano, lo fa alzare)  No, non sul divano... vado a, cercarvi una sedia di paglia... datemi i vo­stri pacchetti. (li sbarazza dei pacchi)

Krampach     Crazie della cordesia...

Petunia          (a Lisbeth)  E i vostri pacchi? (prende i pacchi di Lisbeth)

Krampach     La pendola no... una tonna non defe mai lasciare la pendola...

Petunia          Non c'è bisogno di prendersela per così poco... Io non ci tengo affatto alla vostra pentola. (esce, lasciando la pentola nelle mani di Lisbeth)

Krampach     (si dà dei colpi su tutto il corpo e si dirige verso sinistra, mentre Lisbeth, che lo sta guardando, si dirige verso destra)  Masgalzone... masgalzone... Ma ti avrò...

Lisbeth          Ma ghe cosa hai?

Krampach     Ho che questa mattina prima di par­tire... in fondo al Giardino... un macciolino si è infilato nei miei galzoni...

Lisbeth          Un insetto... un macciolino?

Krampach     E lo sto portando a spasso nei miei galzoni da sdamaddina... (si dà colpi dappertutto) Mi cratta e mi bizzica... Masgalzone... masgalzone...

Lisbeth          Berché lo dieni lì?

Krampach     Non lo tenco gerdamente per colo-sità... ma quando si fiaggia in dreno, con signore ghe non si gonoscono, non si può levare i galzo-ni... ci sono recolamenti...

Lisbeth          Berché non sei sceso ad una stazione?

Krampach     Ho brovato... ma abbena sceso, piso-gna risalire in dreno... (imita il rumore della loco­motiva che parte)

Lisbeth          Sei veramente un pampino!

Krampach  Alla sdazione di Illfurth mi hanno indigato un posto... c'era una donna che vigilava alla porda... pisognava pacare per endrare...

Lisbeth          E allora?

Krampach     Non ho foluto... sembre sbesa... (si dà un colpo) Eccolo ghe gambia posto l'animale... Passeggia nei miei galzoni gome in un parco... Dammi golpi nella sghiena... (Lisbeth posa la pentola e gli dà colpi nella schiena) Scende... scende... (bru­scamente) Peggio per gli aldri... io me li tolgo... (comincia a slacciare le bretelle)

Lisbeth          (che ha ripreso la pentola, dopo aver bat­tuto la schiena del marito con le mani) No... andiamo... indegente...

Krampach     Ma non g'è nessuno.

Lisbeth          Ebbene... e io?

Krampach     Du sei di casa... stai addenda... se fedi qualcuno, afferti...

Lisbeth          (sale verso il fondo e volta la schiena a Krampach)  Sbicciati!

Krampach     (si avvicina al caminetto accingendosi a sbottonarsi i calzoni)  Se la cente sabesse ghe cosa vuoi dire avere un macciolino nei galzoni!

Lisbeth          (ritorna verso la ribalta)  Sbicciati... c'è cente...

Petunia          (entra con una sedia di paglia)  Tenete, ecco una sedia... (la posa davanti al divano) Acci­denti... mi sono ficcata un pezzetto di legno sotto l'unghia...

Krampach     Prutta gosa...

Lisbeth          Prutta... prutta...

Krampach     Gonosco rimedio... si mette sobra formaggio biango... poi si fa leccare da callina...

Petunia          Non è il momento di scherzare.

Krampach     (prendendo la sedia)  Parola d'onore... (tra sé) Ah! se potessi sedermici sobra... (Siede. A Lisbeth) Sei stanga... siediti su bentola...

Lisbeth          Imbossipile... miei gappelli lì dentro...

Krampach     Dal momento che c'è un coberchio...

Lisbeth          No, non voglio...

Krampach     Se breferisci...

Petunia          (che  stava  aggiustando  gli  oggetti  sul caminetto, si volta)  Ebbene, non fate troppi complimenti,   ve   ne   prego...   E   vostra   moglie? Avete deciso di farla rimanere in piedi?

Krampach     (seduto)  E' la bosizione ghe confiene a mia moglie ghe ha fatto spaglio...

Petunia          Non capisco.

Krampach     Ha gommesso spaglio brima del madrimonio...

Petunia          Sbaglio... con voi?

Krampach     Con me non sareppe sdato spaglio...

Lisbeth          (piangendo)  Mi afefi bromesso ghe non ne avresti barlato mai biù...

Krampach     Non ne barlerò biù... l'ho giurato... Ma  bosso  dirlo  alla  signorina ghe  non lo  sa... (fa diversi salti sulla sedia e finisce col grattarsi servendosi della sedia stessa) Non buò durare... non è bossipile... (Posa la sedia. Lisbeth la prende, la porta a destra e torna ad avvicinarsi alla ri­balta)

Petunia          (tra sé)  Ma sono pieni di manie, questi alsaziani!

Krampach     Guando ho sbosato Disbeth era ma-cra... macrissima... una gosa da nulla... Suo badre ferine a drovarmi nel gampo dove laforafo alla parpabietola... E mi ha detto «Krampach sei uo­mo d'onore... mia figlia ha gommesso spaglio... te la do' in madrimonio».

Petunia          Come preambolo, non c'era male.

Krampach     Gli risbosi gon sorriso ingredulo... gosì... ghe voleva dire... Signor Schaffausenkrauss-makusen, sono molto lusincato della fostra scelda ma preferisco essere brimo a Roma che segondo con Lisbeth...

Petunia          Si vede che avete della dignità.

Krampach     Ya... sono moldo fiero...

Petunia          Sì, ma voi le volevate bene...

Krampach  Le folefo bene berché  aveva  5000 franghi di sua madre... signora Schaffausenkrauss-makusen.

Petunia          Allora l'avete sposata per i suoi de­nari?

Krampach     Ya... erano  debositati da Kuisser­mann.

Lisbeth          Fappricande di sanguisughe...

Krampach     Taci... hai gommesso errore... li avevi debositati da Kuissermann fabbricante di sangui­sughe, al ventidue per cento... ma Kuissermann non pacava... era un pell'inderesse...

Petunia          Dal momento che non pagava...

Lisbeth          Si lasciava aggumulare...

Krampach     Aggumulare...  Ma  al  momento   di recolare è perdido per Parici con il denaro.

Petunia          Allora vi hanno derubato?

Krampach     Sì, ma lo ritroferò.

Petunia          Parigi è molto grande, sapete...

Krampach     Io ho  mia  idea...  Tutte  le  dome­niche andrò a biantarmi sulla biaza del mergato... pisognerà bene ghe ci passi. (si sente suonare)

Petunia          Suonano... torno subito... (esce)

Krampach     Il masgalzone si sveglia... Tanto beg-gio... E' andata fia... Io tolgo i galzoni... (comincia a sbottonare le bretelle)

Marjavel       (entra, seguito da Hermance e da Petu­nia)  Dove sono? Voglio vederli.

Petunia          (indica Krampach e Lisbeth)  Eccoli!

Marjavel       Buongiorno, amici miei... avete fatto buon viaggio?

Krampach     Grazie... non g'è male... e mia moglie lo sdesso... (dà una stretta di mano a Marjavel)

Marjavel       Ah! no, non bisogna darmi la mano... Queste cose a Parigi, non si fanno... (nota final­mente che Krampach sta riabbottonando le bre­telle) E poi mi farete la cortesia di non venire a fare la vostra toletta in questo salotto! (a sua moglie) Mi sembrano persone fidate...

Hermance     Ma sono dei contadini...

Marjavel       Si abitueranno alla città a poco  a poco. (ad alta voce) E' tardi... Petunia, portateli nella loro camera... Parleremo domani...

Krampach     (salutando)  Puona  sera,  signora  e signore.

Lisbeth          Puona sera, signora e signore...

Marjavel       (tra sé, guardando Lisbeth che si avvia insieme a Petunia)  E' carina, l'alsaziana... (Lis­beth e Petunia escono a sinistra)

Krampach     (tra sé, accingendosi a seguire Lisbeth e Petunia)  Guesta volta podrò finalmende lefare i galzoni.

Marjavel       (lo richiama)  Krampach... Rimani qui... dal momento che sei il domestico, mi aiuterai a spogliarmi. Accendi le candele...

Krampach     (tra sé,  accendendo  due  candele)  Maledizione, non mi riesce di restare un minuto solo da questa mattina.

Marjavel       E' bene che rimanga con me, tanto più che non mi sento affatto bene.

Hermance     Cosa ti senti?

Marjavel       Ho mangiato due fette di melone.

Hermance     Te  l'avevo detto,  caro!

Marjavel       E' incredibile... la prima fetta passa sempre  benissimo...  e  la  seconda  mi  è  sempre fatale.

Hermance     Ma allora, mi dici perché ne prendidue?

Marjavel       Cosa vuoi? Il giorno della mia festa...Non hai mai commesso sbagli, tu?

Hermance     Non si tratta di questo, caro...

Marjavel       (premendosi lo stomaco e avvicinandosi a destra)  Non va, non va... maledetta quella seconda fetta... Soffoco... (chiama) Krampach...

Krampach     Signore...

Marjavel       (si siede sulla sedia vicino alla piccola tavola di destra)  Apri la finestra...

Hermance      (spaventata,  tra  sé)   Accidenti!  Il segnale che aspetta Ernesto. (ad alta voce) No, non aprite...

Marjavel       Apri!

Hermance      (al marito)  Ti prenderai  una pol­monite...

Marjavel       Non c'è pericolo... Apri... io sono co­perto molto bene... (Krampach apre la finestra, poi  ritorna  vicino  al  caminetto)  Ah!   mi  sento meglio!

Hermance     (tra sé)  E Ernesto che si arrampicherà sulla pianta. (ad alta voce) Dal momento che non  stai bene, faresti  meglio ad andarti a coricare...

Marjavel       Credi?

Hermance     Il letto... in questi casi non c'è che il letto.

Marjavel       (si alza)  Buona  sera. (l'abbraccia) Di’, cara,  domani verrò a leggere il giornale in camera tua.

Hermance     Sì... va... fa presto...

Marjavel       Krampach, vieni!

Krampach     Supito signore... (si dà ancora due o tre colpi nella schiena con la mano e esce con Marjavel, portando la candela)

Hermance     (sola)  Presto... Chiudiamo la finestra. (Si dirige verso la finestra. Ernesto compare sul balcone. Ha in mano un pezzo di grondaia) Lui! (indietreggia)

Ernesto         (entrando)  Ho veduto il segnale... ec­comi a te con il cuore pieno d'amore...

Hermance     (vedendo il pezzo di grondaia)  Che cosa avete lì?

Ernesto         Un pezzo di grondaia che si è staccato mentre mi arrampicavo... non potevo lasciarlo cadere nel vuoto... avrebbe fatto troppo rumore... E te lo porto, Hermance, ed eccomi a te con il cuore pieno d'amore.

Hermance     Bisogna nasconderlo... Se mio marito lo trova...

Ernesto         Non ci tengo affatto a tenerlo in ma no... Dove lo mettiamo?

Hermance     Non so... (indica il divano che apre)In questo mobile...

Ernesto         Non sapevo che questo divano avesse una  specie  di  cassetto.  (Mette  la grondaia  nel cassetto) Hermance,  eccomi  con  il  cuore  pieno d'amore...

Hermance     Bisogna che ve ne andiate...

Ernesto         Perché?

Hermance     Mio marito è là coricato...

Ernesto         A me non da nessun fastidio... (con passione) Hermance, dimentichiamo il cielo e la terra. Noi siamo soli al mondo... Questo è il bal­cone di Giulietta e io sono Romeo...

Hermance     Parla più piano...

Ernesto         Un bacio... uno solo... (ci accinge ad abbracciarla)

Voce di 

Marjavel       (fra le quinte)  Hermance!

Hermance  indietreggia  bruscamente.

Ernesto         E' noioso quel mascalzone... Non mi lascia mai un momento tranquillo.

Voce di

Marjavel       Hermance!

Hermance     Eccolo! Fuggite!

Ernesto         Sì, per il balcone... Finirò col saperlo a memoria questo balcone... (si avvicina al bal­cone e si ferma bruscamente) Impossibile!

Hermance     Perché?

Ernesto         (sottovoce, a Hermance)  Vostra zia è alla finestra... si asciuga i capelli.

Hermance     E la porta d'uscita che è chiusa!... Dove posso nascondervi?

Voce di

Marjavel       Hermance!

Hermance     (mostra il divano che si apre)  Là, in quel mobile...

Ernesto         Insieme alla grondaia?... (entra nello spazio lasciato aperto dal divano) Non riuscirò mai a starci tutto, là dentro...

Hermance     Presto... (chiude il divano e raggiun­ge in fretta la sedia di destra, si siede e fa finta di lavorare ad un ricamo che ha preso da un tavolo)

Marjavel       (entra, seguito da Krampach)  Ma non mi hai sentito, cara?

Hermance     (alzandosi e andandogli incontro)  No, non ho sentito niente.

Krampach     Il signore ha delle coliche nello sto­maco. (si dà un colpo sulla coscia)

Marjavel       (a Krampach)  Finché ti darai dei colpi sulle coscie, io non starò meglio... Ah! non mi sento per niente bene... (si siede sul divano)

Hermance     (tra sé)  Adesso si siede sul divano...

Marjavel       Andate subito a cercare Ernesto...

Hermance     E' inutile...

Marjavel       Sì, voglio vedere Ernesto... (a Kram­pach) Va nel padiglione in fondo al giardino... e, se sta dormendo, sveglialo pure...

Krampach     Subito... (tra sé) Nel giardino, tro­verò bene una cespuglia abbastanza larga da per­mettermi di sbogliarmi del tutto. (esce dal fondo)

Marjavel       (seduto)  Farò dormire Krampach su questo divano.

Hermance     (tra sé)  Bella idea!

Marjavel       Così, se ho bisogno nella notte...

Hermance     (tra sé)  Che cosa debbo fare? Sta certamente  soffocando, là sotto... (al alta voce, prendendo  le  mani  di suo  marito)  Vediamo,  ti senti un po' meglio?

Marjavel       No, sempre il melone sullo stomaco.

Hermance     Infatti... le tue mani sono gelide... ti stai raffreddando...

Marjavel       Credi?

Hermance     Bisogna camminare... in fretta...

Marjavel       Capisco... per  riattivare  la  circola­zione... (si mette a camminare sulla scena a passi veloci)

Hermance     Più lontano... vai più lontano... hai tutto l'appartamento per camminare.

Marjavel       Hai ragione... vado fino in fondo e ritorno... (Esce a destra e a grandi passi contando) Uno... due... tre...

Hermance     (aprendo il divano)  Presto... uscite!

Ernesto         (uscendo e pallidissimo)  Soffoco... ve ne prego, un bicchiere di acqua zuccherata...

Marjavel       (dal di fuori)  Ventitré... ventiquattro...

Ernesto         (ritira rapidamente la testa, Hermance si siede sul divano)  Ah!

Marjavel       (entra da destra e attraversa la scena)  Venticinque... ventisei... ventisette... (Scompare a sinistra. Ernesto rialza il divano e compare)

Ernesto         (continuando la sua frase)  Acqua zuc­cherata, con un po' di fiori d'arancio.

Hermance     Non c'è tempo... tornerà subito...

Ernesto         (uscendo dal nascondiglio del divano) La grondaia mi tagliava la faccia.

Hermance     Eccolo... andate via... tornerete fra cinque minuti.

Ernesto         (esce dal fondo)  Sì. (tra sé) Che vita!

Marjavel       (entra, contando i suoi passi)  Cin-quantuno... cinquantadue... Ho fatto cinquantadue passi! (a Hermance) Ma Ernesto non è ancora venuto?

Hermance     Non ancora...

Marjavel       (cadendo sul divano)  Sono stanco... non ne posso più... cinquantadue passi... (bussano due piccoli colpi alla porta) Avanti! (appare Ernesto)

Hermance     Signor Ernesto...

Marjavel       (un po' burbero)  E' questa l'ora di arrivare?

Ernesto         (premuroso)  Mi avete cercato? Cosa c'è?

Hermance     Mio  marito  si  sente  poco bene... vorrei fargli un po' di tè... e un cataplasma... ac­cendete il fuoco... (esce a destra)

Marjavel       (a Ernesto)  Accendete il fuoco...

Ernesto         (tra sé e cominciando ad accendere il fuo­co)  Divertentissimo!

Marjavel       (geme sul divano)  Ahi... Ahi...

Ernesto         (avvicinandosi a Marjavel e prendendogli la mano)  Ebbene, mio caro, come vi sentite?

Marjavel       Male... ho creduto che non sareste venuto più...

Ernesto         Ero a letto... il tempo di infilare i pan­taloni...

Marjavel       Io, caro, se avessi un amico malato, non penserei affatto ai miei pantaloni.

Ernesto         (tastandogli il polso)  Non sarà nulla... un po' di stanchezza.

Marjavel       Come dite?

Ernesto         Della stanchezza!

Marjavel       Cosa grave?

Ernesto         No...

Hermance     (Ritorna con una tazza di tè e una pic­cola casseruola che posa vicino a sé. A Marjavel)  Tieni, caro, una tazza di tè...

(Si siede a destra. Ernesto a sinistra)

Marjavel       (portando la tazza alle labbra)  Gra­zie... Troppo caldo... (Hermance e Ernesto soffiano sulla tazza) Ho della stanchezza... (beve) Non è pericoloso...

Hermance     (prendendo la casseruola)  Voi, si­gnor Ernesto, fate il cataplasma. (gli dà la cas­seruola)

Ernesto         (si alza, sorpreso)  Io devo fare anche il cataplasma? (si avvicina al caminetto)

Hermance     (prende la tazza e la posa sul tavolo di destra)  Andiamo, girate, girate...

Ernesto         (tra sé, girando il cucchiaino con furore) E lo chiamano un convegno d'amore.

Marjavel       Va un po'  meglio...  sta passando... Hermance,   vieni   qui,  vicino   a   me.

Hermance prende la sedia e vorrebbe sedersi a  una certa distanza da Marjavel.

Ernesto         (tra sé)  Dimentica completamente che ci sono anch'io. (batte la casseruola in modo da far rumore)

Marjavel       Andiamo, cara, vieni più vicina a me...

Hermance     (si siede sul divano)  Eccomi, caro...

Marjavel       (abbracciandola)  Sei un angelo... e io non so come ringraziarti. (le bacia teneramente te mani)

Ernesto         (tra sé)  Maleducati! (sbatte ancora la casseruola) Ma non si muovono neppure. (rove­scia, con un calcio, oggetti che sono sul caminetto)

Marjavel       Di’ la verità, gli vuoi bene al tuo mari­tino?... (bacia Hermance sulle gote)

Ernesto         (tra sé)  Dunque, è solo il melone che lo disturba... (Presenta la casseruola) Ecco il cata­plasma.

Istintivamente Marjavel tende la mano aperta ed Ernesto gli rovescia su il cataplasma bollente. Al suo urlo di dolore, Hermance si alza.

Hermance     Mio Dio, è morto.


ATTO  SECONDO

Un salotto nel padiglione abitato da Ernesto. Mobili di stile rustico. Porte a destra e a sinistra. Caminetto in fondo. Specchio. Piccola scrivania tipo «secretaire». In terzo piano, a destra, un tavolino, due porte; in secondo piano, un tavolo-scrivania. A sinistra, davanti ad una sedia piutto­sto bassa, un divano. Una sedia a sinistra del caminetto. All'alzarsi del sipario, Ernesto è ad­dormentato in un divano, a destra del caminetto. Ha in mano un pezzo di grondaia. Bussano alla porta di destra. Ernesto non si sveglia.

Jobelin           (entrando, seguito da Berta)  Nessuno... (tra sé) Non riesco mai ad entrare in questo padi­glione, dove abitavo al tempo della cara Melania, senza sentirmi profondamente commosso. Tutto qui mi ricorda...

Berta             (dopo aver guardato nella stanza e  indi­cando Ernesto)  Ma zio... ecco il cugino.

Jobelin           Sta dormendo!

Berta             (con voce ansiosa e bassa)  Ma che cos'ha nelle mani?

Jobelin           E' un pezzo di grondaia...

Berta             E lo stringe così sul suo cuore?

Jobelin           Un giorno mi addormentai, su questo stesso divano, con un acquario sulle braccia...

Berta             Voi... un acquario?

Jobelin           Ma nel mio caso c'era una ragione...

Berta             (indicando Ernesto)  Guardate, zio, come si vede che è buono!

Jobelin           Infatti... ha un sonno calmo...

Berta             E dolce...

Jobelin           Sarebbe difficile dire il contrario...

Berta             Scommetto che sta pensando a me...

Jobelin           Perché dovrebbe pensare a te?

Berta             Perché mi ama.

Jobelin           Ma se non te l'ha mai detto.

Berta             Non importa... non avete notato, ieri, co­me è diventato rosso, quando mi ha dato quel ventaglio?                 

Jobelin           E' vero!

Berta             Allora perché non gli parlate del vostro progetto di matrimonio?

Jobelin           Prima di tutto, non è il mio progetto, ma il tuo...

Berta             Nient'affatto... Voi mi avete detto un giorno: «Io credo che Ernesto sarebbe un eccel­lente marito».

Jobelin           L'ho detto, ma non era a te che pen­savo.

Berta             Allora, avete fatto male a dirmelo.

Jobelin           C'è  una  cosa  che  mi  fa  esitare...  io sono il tuo tutore... e tu sei molto più ricca di lui.

Berta             Ecco perché esita a dichiararmi il suo amore... Voi, questo, non lo capite... Voi preferite sacrificarci ad un basso calcolo di interesse...

Jobelin           Ma ci tieni davvero?

Berta             Sì.

Jobelin           Ci tieni?... una volta, due volte... tre volte...

Berta             Sì.

Jobelin           Ebbene, lasciaci soli... gli parlerò.

Berta             (si avvia verso la porta a destra)  Sei il più bravo zio del mondo!

Jobelin           Va a passeggiare in giardino... ti chia­merò io...

Berta             (uscendo a destra)  Ernesto sarà felice!

Jobelin (posando il suo cappello su dì un mobile)  Questo colloquio è di una certa gravità. (Pren­de la sedia che si trova a destra del caminetto e si colloca dirimpetto ad Ernesto) Mio caro Ernesto, interrogate il vostro cuore e rispondetemi con la massima franchezza. No... dorme... e finirei per svegliarlo... (batte alcuni colpi sulla grondaia. Ernesto emette una specie di grugnito, ma non si sveglia) Poi, se lo sveglio, sarà di pessimo umo­re... e si finirebbe col non farne nulla. Aspettia­mo... (si alza e si avvicina alla ribalta) Anch'io mi sono addormentato una volta... qui... proprio qui... con un acquario fra le braccia. Ma c'era una ragione. L'acquario me l'aveva regalato Me-lania... Passando davanti al bacino del giardino pubblico avevo avuto l'imprudenza di dire: «Che bei pesci rossi!». La sera stessa, ricevevo un pic­colo e grazioso acquario. Melania aveva, così, dei pensierini d'una delicatezza squisita, raffinata... Povera Melania! Siamo stati molto colpevoli! (Ernesto fa un movimento e, senza svegliarsi, passa la grondaia dal braccio destro a quello sinistro) Ah! si sveglia. No, eccolo di nuovo in pieno son­no. Ha semplicemente cambiato braccio alla sua arma... Crede sempre di essere in piena esercita­zione militare... Anch'io sono stato militare... sot­totenente nella Territoriale... Spesso, Melania mi faceva indossare l'uniforme per accompagnarla nelle nostre passeggiate solitarie... Le donne ado­rano appoggiarsi ad un braccio che porta un'arma al suo cinturone... (guarda Ernesto) Accidenti! ma non si sveglia mai!

Krampach     (entra da destra con una lettera in mano)  Tal momendo ghe non c'è intirizzo...

Jobelin           (andandogli incontro)  Zitto!  Non vedi che mio nipote sta dormendo?

Krampach     (guardando la grondaia)  E' il nuofo fugile guesto?

Jobelin           Quanto sei stupido! E' una grondaia... serve a raccogliere l'acqua che scola dal tetto.

Krampach     (guarda in aria e stende la mano per assicurarsi che non sta piovendo)  Io non fedo acqua...

Jobelin           (avvicinandosi alla ribalta)  Vediamo... che cosa vuoi?

Krampach     La pordinaia mi ha dato una let­tera...

Jobelin           Puoi  darmela...

Krampach     Un momendo... erafate foi... era lui... chi era ghe gonosceva la carrozza numero 1111?

Jobelin           La carrozza 1111? Sono io... zitto.

Krampach     Io non dico niente... (Gli dà la let­tera)

Jobelin           (apre la lettera e legge, tra sé)  «Por­co»... (parlato) Mi ha riconosciuto nonostante i miei occhiali blu... Ah! i presentimenti di Me­lania! (legge) «Porco!».

Krampach ascolta, Jo­belin se ne accorge e lo invita ad allontanarsi. Krampach si avvicina al caminetto e guarda gli oggetti che ci sono sopra, poi guarda Ernesto.

«Finalmente ti ho scoperto!». (parlato) Dopo più di un anno! (legge) «Quando si va in giro, in carrozza, con una donnina allegra, non si danno poi al cocchiere venticinque centesimi di mancia co­me fanno le persone per bene». (parlato) Mi pare di averne dato trenta... (leggendo) «Potrei be­nissimo fare uno scandalo ma sono, sfortunatamente per me, una persona onesta... Mi limiterò a chiederti 500 franchi in prestito». (parlato) Che cosa? (legge) «Li aspetto sotto il settimo fanale a gas... Se non li avrò, fra un'ora, ne domanderò mille. Firmato il 1111». (parlato) Uno scandalo!... Capace di dire tutto a Marjavel! (Fruga nelle ta­sche) Non posso esitare. (a Krampach) Hai 500 franchi nel tuo portafogli?

Krampach     (frugando nelle sue tasche) Ci guar­do. Ho 25 centesimi e 13 soldi nel baule. (si riav­vicina al caminetto)

Jobelin           (molto agitato)  Conservali. (tra sé) Che cosa debbo fare? Tra un'ora, ne vuole mille. Se li chiedessi in prestito a Ernesto, senza svegliarlo, sarebbe forse più semplice. (si avvicina al «se­cretaire») Lo stesso cassetto... lo riconosco... la serratura scricchiola un poco, bisogna darle un pugno... (dà un pugno sul mobile e il «secretaire» si apre) Ecco... c'è per l'appunto un biglietto da 500 franchi. (chiude il «secretaire» e chiama) Krampach...

Krampach     Signore...

Jobelin           (a voce bassa)  Troverai una carrozza... il numero 1111... sotto il settimo fanale a gas.

Krampach     (sottovoce anche lui)  Una carrozza sotto un fanale a gas?... Benissimo!

Jobelin           Gli  darai  questo  biglietto...  Gli   dirai che lo manda il giovanotto.

Krampach     Quale giovanotto?

Jobelin           Io.

Krampach     Scusate... avevo il diritto di chieder­lo, no? (esce)

Jobelin           (solo)  E' un ricatto... quel cocchiere vuole farmi un ricatto... Quel miserabile ha nelle sue mani l'onore postumo di Melania... E poi Marjavel non sarebbe contento... mi toccherebbe incrociare con lui la spada omicida... io non potrei nemmeno difendermi... e allora toccherebbe a me fare le spese... Ho caldo... ho sete!... Voglio an­dare a bere un bicchiere d'acqua nella camera di Ernesto. (apre la porta di sinistra, in secondo piano) Ma guarda, c'è ancora l'acquario... Ah! Me­lania! Se tu sapessi quel che mi costi! (esce dal­la porta a sinistra)

Hermance     (entra) con precauzione dalla porta a sinistra e la chiude. Dopo aver esaminato la stan­za, si avvicina al divano e scuote vivacemente Ernesto)  Ernesto!

Ernesto         (si sveglia di soprassalto e lascia cadere la grondaia)  Eh?... che cosa? ecco il catapla­sma...

Hermance     Piano.

Ernesto         Ah, siete voi! (raccoglie la grondaia)

Hermance     Ho potuto allontanarmi un momen­to... mio marito si  sta facendo la barba...  Oggi sta un po' meglio...

Ernesto         Lo credo.

Hermance     Non soffre più...

Ernesto         Ci mancherebbe altro... con tutti quei panni caldi che ho fatto bollire e tutti quei ca­taplasmi che mi avete fatto preparare...

Hermance     Certo, vi abbiamo fatto passare una brutta serata.

Ernesto         Ma no, eccellente... Ah! potete dire di avermi fatto passare una notte piacevolissima... sul divano... perché mi ha obbligato a dormire sul divano con la grondaia... Che cosa volete che ne faccia?

Hermance     Nascondetela... fatela sparire... (te­neramente) Amico mio...

Ernesto         (nasconde la grondaia sotto il divano di sinistra)  Cara...

Hermance     Soffriva tanto... io non ho dormito, tanto ero ansiosa...

Ernesto         E io, dal mio divano, ho sentito tutta la vostra conversazione.

Hermance     (un po' inquieta)  Avete sentito?

Ernesto         (severo)  Tutto... Alle due meno cinque, che cosa avete detto a vostro marito?

Hermance     Non so... non ricordo...

Ernesto         Gli avete detto : «Mio caro, se tu do­vessi morire, io mi sentirei incapace di  soprav­vivere».  Se  credete  che  sia  piacevole,  per me, sentire di queste cose!

Hermance     Bisogna fare in modo che non so­spetti di nulla.

Ernesto         E alle quattro e dodici?

Hermance     Che cosa?

Ernesto         Ho sentito il rumore di un bacio... Se credete che sia piacevole per me sentire di que­ste cose!

Hermance     Non è colpa mia... Bisogna fare in modo che non sospetti di nulla.

Ernesto         Che non sospetti... che non sospetti... io  trovo che vi date un po' troppo da fare per impedirgli di avere dei sospetti.

Hermance     (poggiandosi alla sua spalla)  E che cosa importa?... dal momento che siete voi ad es­sere amato...

Ernesto         Sì, sono io che sono amato... ma è lui che profitta di tutti i vantaggi.

Hermance     (offesa)  Non sareste mica per caso geloso di mio marito?

Ernesto         Quasi quasi... In fondo, si ha torto di compiangere i mariti...

Hermance     Oh!

Ernesto         Sì, lo so, c'è il piccolo inconvenien­te... ma dal momento che non lo sanno... A parte il  piccolo inconveniente, di che cosa si lagnano? Noi li curiamo, li trattiamo bene, facciamo loro tutte le gentilezze possibili... e loro se ne stanno lì, grassi, rosei, freschi, magnifici, superbi... men­tre noi, i poveri amanti, siamo magri, gelosi, sem­pre  esitanti,  impauriti,  viviamo  come  dei  ladri con la paura di essere scoperti.

Hermance     Ernesto!

Ernesto         Per loro, la tavola è sempre pronta. Non hanno che da prendere posto e pranzare. Noi siamo obbligati a nasconderci nei mobili... ci tocca arrampicarci sulle grondaie, per poi venire a raccogliere le briciole... quando, beninteso, ce le vogliono lasciare, queste briciole... Ah, no, non bisogna che i mariti vengano poi a dirci che dob­biamo compiangerli! (si siede sulla piccola sedia di sinistra) E come se non bastasse, vostro marito mi trova anche stupido... devoto, ma stupido...

Hermance     No, non lo ha mai detto.

Ernesto         Sì che lo ha detto... vi chiedo scusa; lo ha detto alle tre e ventisette minuti... il mio orologio va benissimo... (lo cerca nelle sue tasche e non lo trova) Accidenti, dev'essere rimasto nel­la mia camera... Stupido ma devoto... e voi non lo avete affatto contraddetto... lo avete lasciato dire...

Hermance     (si siede sul divano, vicino ad Ernesto)  Andiamo... calmatevi... io vengo da voi fiducio­sa... felice...

Ernesto         (dopo aver abbozzato una piccola mossa di sdegno, si volta dolcemente e cade ai piedi di Hermance)  Pensate a quanto sono infelice! Da due mesi a questa parte è la prima volta che mi riesce di rimanere un po' solo con voi. (la stringe alla vita) Ebbene?

Hermance     Che cosa?

Ernesto         Parliamo un poco delle nostre cose... è venuto il momento! (si sente tossire Jobelin nel­la camera vicina)

Hermance     (indietreggiando con terrore)  Cielo... c'è qualcuno che ci spia!

Ernesto         (stessa reazione e si allontana verso de­stra)  Cosa succede?

Hermance     (dopo aver sentito il rumore fatto da Jobelin nel soffiarsi il naso)  E' mio marito.... riconosco il suo raffreddore!

Ernesto         Maledizione!

Hermance     (con aria disperata)  Ci spiava... sia­mo perduti... negate tutto... tutto... (esce a destra)

Ernesto         (solo, abbottonandosi il vestito)  Che guaio... ma in fondo è meglio così... ne ho fin sopra i capelli di questa vita di soprassalti, di ansie. (imita la voce di Hermance) «Siamo per­duti... negate tutto...» (va ad aprire la porta a sinistra) Signore, sono a vostra disposizione...

Jobelin           (esce, ha in mano un acquario)  Grazie, Ernesto, sei molto gentile...

Ernesto         Zio!...

Jobelin           Finalmente ti sei svegliato...

Ernesto         (tra sé)  Non ha sentito nulla.

Jobelin           Nessuno dà da mangiare a questi po­veri pesciolini rossi... Bisogna che li porti un po' a spasso... una volta, invece... dammi un biscotto. (gli mette l'acquario fra le braccia)

Ernesto         Dove  volete  che vada a prenderli, i biscotti?

Jobelin           (si avvicina al tavolo di sinistra e apre un cassetto)  Ne avevo sempre una riserva qui... ce ne sono ancora...

Ernesto          Andiamo,  zio, non è certamente per avere dei biscotti che siete venuto a trovarmi.

Krampach     (entra a destra)  Che compinazione! Che compinazione!

Ernesto         Cosa succede?

Jobelin           (passa vivacemente fra i due) Kram­pach, sono da te fra qualche secondo.

Ernesto,che tiene l'acquario, lo posa sul tavolo di sinistra.

Krampach     (tra sé alla ribalta mentre Ernesto e Jobelin si occupano, a sinistra, dei pesci rossi e gli danno dei biscotti)  Ho ritrofato l'impro-glione... Kuissermann... è il cocchiere del numero 1111!... Stavo per dargli il biglietto da 500 franchi, quando mi è venuta una grande idea... Gli ho detto : «Non g'è risposta» e ho gonserfato i 500 franchi in conto...

Jobelin           (avvicinandosi alla ribalta, a Krampach)  Ebbene, che cosa ti ha detto?

Krampach     Ha risposto: «E' così... penissimo... ritornerò...».

Jobelin           Come, come?... ritornerà?

Krampach     (tirando fuori di tasca un vecchio tac­cuino)  Pisogna ghe faccia i miei gonti...

Ernesto         (che si stava occupando dei pesci rossi, si volta) Cosa succede, zio?

Jobelin           (agitatissimo)  Io? niente... (tra sé) Ri­tornerà...  io  vado  dal  mio  banchiere...  (a  voce alta) Addio... (esce a sinistra)

Krampach     (a Ernesto)  Signore, vorrei chieder­vi qualcosa, dato che siete moldo biù istruito di me...

Ernesto         Dimmi...

Krampach     Cinquemila   franghi...  meno  cinque­cento franghi... biù gli inderessi di un anno, sei mesi e ventitré giorni... biù un giorno di inderesse in meno, ghe sarebbe boi oggi... quanto fa?

Ernesto         Che cosa vuoi che ne sappia?

Krampach     Ripeto... cinquemila franghi...

Ernesto         Non lo so e non annoiarmi...

Krampach     Allora è inutile essere istruito... (esce facendo i conti) Cinquemila franchi, meno cinque­cento  franchi,  biù  gli  inderessi...  io  non  posso fare questo conto da solo.

Ernesto lo spinge fuo­ri. Krampach scompare a sinistra.

Ernesto         (vedendo entrare Berta)  Berta!

Berta             (entrando da destra)  Avete visto lo zio?

Ernesto         E' uscito in questo momento.

Berta             Ah! (Abbassa gli occhi. Si avvicina alla ribalta)

Ernesto         (tra sé)  Arrossisce... abbassa gli occhi. Devo avere qualcosa di indecente...

Berta             Francamente...  credevo  di  trovarvi  un po' più contento.

Ernesto         (stupito)  Ma io sono contento... con­tentissimo...

Berta             E allora... non mi abbracciate?

Ernesto         (stupito)  Ma  sì...  ti abbraccio... con piacere... (La abbraccia. Tra sé) Non capisco... non è mica la sua festa, oggi...

Berta             Meno male... lo zio era convinto che voi non mi volevate bene.

Ernesto         Lui... che stupido!

Berta             Come?

Ernesto         Stupido ma devoto...  (tra sé)  Come ha detto Marjavel...

Berta             Ma io ci vedo chiaro... Ricordate la no­stra passeggiata al Giardino Zoologico?

Ernesto         (cercando di ricordarsi)  Al Giardino Zoologico?

Berta             Il giorno che ho dato da mangiare allo struzzo?

Ernesto  Ricordo benissimo... Marjavel mi ha fatto portare un pezzo di pane di due chili... ho

dovuto portarlo per tutto il tempo della passeg­giata... Marjavel voleva dare da mangiare all'orso.

Berta  Ebbene, è stato lì che ho capito che mi volevate bene.

Ernesto  Davanti agli orsi?

Berta  Ma no, davanti allo struzzo.

Ernesto  Ah!

Berta  La bestiaccia, insieme alla pasta che le avevo offerta, aveva preso anche il mio guanto... stava per mangiare tutto, pasta e guanto... e al­lora voi, coraggiosamente, avete passato la vostra mano tra le sbarre della gabbia...

Ernesto (con fierezza)  E' vero... ho avuto que­sto coraggio... solo contro uno struzzo... ho affer­rato la punta del vostro guanto che stava per scomparire... ho tirato il guanto... ho tirato an­che un po' lo struzzo...

Berta  E siete caduto...

Ernesto  Riuscendo però a salvare tre dita del guanto... Non ho potuto salvare niente di più date le circostanze sfavorevoli...

Berta (triste)  Tutti hanno riso... e io ho giu­rato, in quel preciso momento, che sarei diven­tata vostra moglie.

Ernesto          Mia moglie?... tu?... (correggendo) Voi?

Berta             Ma come? Lo zio non ve l'ha detto?

Ernesto         No.

Berta             Allora, tutto quello che vi ho detto non conta... e scappo...

Ernesto         (trattenendola)  No, resta... Io un ma­rito? Un vero marito?... Ma è la vera felicità... E' la liberazione da tutti i miei fastidi... (cade in ginocchio davanti a Berta) Sei un angelo!

Berta             Alzatevi!

Ernesto         Ma io ti amo...

Berta             Lasciatemi... domandate la mano allo zio e poi vedremo... (fugge, uscendo a destra)

Ernesto         (in ginocchio)  Ammogliarmi... ah! se potessi farlo... sarei libero... spezzerei le mie ca­tene... che piacere quando non avrò più catene.

Hermance     (entra, tra sé)  Mio marito era in camera sua. (scorge Ernesto in ginocchio) Ebbe­ne, che cosa fate?

Ernesto         (imbarazzato, ma senza alzarsi)  Io?... vi aspettavo.

Hermance     In ginocchio?

Ernesto         Sì, quando vi aspetto, mi metto sem­pre in ginocchio... è molto più comodo dal punto di vista sentimentale... ci si sente già pronti...

Hermance     (lo autorizza a baciare la sua mano) Siete un grande bambino!

Marjavel       (entra  da  destra  e  scorge  Ernesto  ai piedi di sua moglie)  Signore... che cosa signi­fica quella posa?

Hermance     Mio marito!

Ernesto         (tra sé)  Preso sul fatto. (ad alta voce) Non avanzate... non muovetevi.  (Marjavel indie­treggia spaventato) Lo avete trovato?

Marjavel       Che cosa?

Ernesto         Il diamante che la signora ha perduto.

Marjavel       Un diamante?... Accidenti, ma biso­gna trovarlo... (Si china anche lui. Ad Ernesto) Tanto più che ci sono dei ladri in questa casa... Figuratevi che, questa notte, mi hanno perfino rubato un pezzo di grondaia... Lo state trovando?

Ernesto         No!

Hermance     E ci tengo a quel diamante perché è un tuo regalo, caro... è il diamante più grosso...

Marjavel       Il più grosso? Non camminate... (si alza) Vado a cercare uno scopino. (ad Ernesto) Là, in camera vostra... Non muovetevi. (esce a sinistra)

Ernesto         (rialzandosi)  L'abbiamo scampata bella!

Krampach     (entra con una lettera, simile a quella che ha già consegnato a Jobelin)  E' una lettera per il signore che conosce la carrozza 1111...

Hermance     La carrozza!

Ernesto         (con vivacità)  E' per me!

Hermance     Che cosa vuole? Presto!               

Ernesto         (leggendo) «Porco».

Krampach     Lo ha già detto.

Ernesto         Come dici?

Krampach     Lo ha già detto. Dico:  lo ha già detto.

Ernesto         (Si accinge a leggere. Vede Krampach che ascolta e lo invita ad allontanarsi. Krampach si avvicina al caminetto, poi torna ad appoggiarsi al «secretaire» e continua a fare i suoi conti)

 «Quando si va in giro, in carrozza, con una don­nina allegra, non si danno poi al cocchiere 25 centesimi di mancia, come fanno le persone per bene». (parlato) Mi pare di averne dato 50. (leg­ge) «Se non mi mandi mille franchi entro mez­z'ora, ne domanderò tremila». (parlato) Mascal­zone! Dov'è il mio bastone?

Hermance     Ma  nemmeno  per  sogno...   bisogna pagare... subito...

Ernesto         Ma è un ricatto!

Hermance     Preferite lo scandalo?

Ernesto         No... (Si avvicina al «secretaire». Re­spinge Krampach che ritorna vicino al caminetto) Non so se ho la somma. (Gira la chiave nel cas­setto, poi da un pugno sulla serratura. Il «secre­taire» si apre, Ernesto cerca nei tiretti, tra sé) Non capisco... avevo un biglietto... chi ha aperto questo mobile?... Può averlo aperto soltanto uno che conosce la faccenda del pugno nella serratura.

Hermance     Ebbene?

Ernesto         (si riavvicina a Hermance e conta il de­naro che ha in tasca)  Non ho che 33 franchi...

Hermance     Che disgrazia! (apre il suo portamo­nete) E io dieci!

Ernesto         Fa 43... (a Krampach) Hai 957 franchi nel tuo portafogli?

Krampach     (fruga con serietà)  Ci guardo!

Hermance     (sottovoce)  Mio marito!

Ernesto         (sottovoce)   Marjavel!   (a Krampach) Va bene... ne parleremo più tardi.

Marjavel       (entrando)      Impossibile   mettere   la mano su di uno scopino!  (ad Ernesto) Trovato?

Krampach     (rispondendo a Marjavel)  Ho venti­cinque centesimi e tredici soldi nel mio baule.

Marjavel       E a me che me ne importa?

Krampach     E' per il signore... c'è uno che asbetta... (giunto all'estremità sinistra, si sdraia e si mette a fare i conti)

Ernesto         Come «ritornerà»?

Jobelin           (in ginocchio, vicino ad Ernesto)  Dal momento che ci incontriamo, ecco i cinquecento franchi che ti ho preso in prestito.  (gli dà un biglietto e si allontana)

Ernesto         Ah, siete stato voi? (tra sé) Conosce la faccenda del pugno nella serratura. (Avvicinan­dosi a Marjavel) Tenete... giacché ci incontriamo, ecco cinquecento franchi su quanto vi debbo. (Gli da il biglietto)

Marjavel       (in ginocchio)  Non c'era fretta.

Ernesto         Ho incassato un po' di denaro nel frat­tempo.

Marjavel       Cerchiamo... cerchiamo...

Krampach     (sempre a basso ventre, ha tirato fuori il suo taccuino e fa i conti)  Due per tre nove... tre per sei otto... Io trovo che mi deve dare an­cora 74.000 franghi... defe essere troppo.

Marjavel       Ebbene, Krampach, non cerchi?

Krampach     Ma sì, padrone, ma sì... (naviga sul pavimento e finisce coll'infilare la testa sotto la poltrona di sinistra)

Ernestq         (tra sé)  Ma quando lo smetteremo que­sto stupido giochetto?

Krampach     (con la testa sotto il divano)  Ecco... ho trovato...

Tutti               (alzandosi)  Vediamo.

Krampach     Non è questo che cercavate? (mo­stra il pezzo di grondaia nascosto da Ernesto)

Ernesto         Animale!

Hermance     Ah! ci mancava anche questa!

Marjavel       La mia grondaia... (ad Ernesto) Com'è che si trova in camera vostra? Ernesto   (imbarazzato)    Semplicissimo...   c'era molto vento questa notte... un vento che veniva da occidente.

Marjavel       E allora?

Ernesto         Il vento d'occidente... non c'è niente di più terribile per staccare le grondaie dalle case.

Marjavel       E' vero.

Ernesto         Allora, io ho trovato questa nel giar­dino e l'ho messa al riparo.

Marjavel       Grazie, Ernesto. (tra sé) Stupido ma devoto. (dà il pezzo di grondaia a Krampach che va a posarlo dietro la poltrona, dove si nasconde per continuare a fare i suoi conti)

Jobelin           (sottovoce, a Hermance)  Ha dell'ordine... sarà un buon marito...

Marjavel       (sdraiandosi sul divano di sinistra) Non bisogna scoraggiarsi... (tra sé) Io ho mal di reni. (ad alta voce) Bisogna cercare, continuare a cercare...

Hermance     (dirigendosi verso Marjavel)  Credo che sia inutile, caro... Adesso che mi ricordo, mi sembra di averlo perduto nel giardino.

Jobelin           Ahi! in mezzo alla sabbia è più diffi­cile...

Marjavel       Ma Ernesto ha una vista eccellente... Andate, amici miei... cercate... buon lavoro...

Ernesto         (tra sé)  Non mi dispiace andare a fare un giretto in giardino. (a Jobelin) Voi andrete a destra. (indicando Hermance) E noi a sinistra... Cerchiamo... cerchiamo...

Hermance, Ernesto e Jobelin escono, facendo finta di cercare, Hermance e Ernesto a sinistra, Jobelin a destra, Krampach si alza e si accinge a seguirli.

 

Marjavel       E non mi rovinate le aiuole... (richia­mando Krampach) Krampach...

Krampach     (con la grondaia in mano)  Padrone?

Marjavel       Se non si trova il diamante, questa sera, dopo cena, ti divertirai a scopare questo salone... e metterai da parte tutta l'immondizia... poi la passeremo nell'imbuto... Ti trovi bene qui?

Krampach     Sì, sono contento... ma sono anche un po' seccato...

Marjavel       Che cos'è che non ti va?

Krampach     Ve lo dirò... ma non ho il coraggio...

Marjavel       Allora va pure...

Krampach     Sì, padrone... (posa la grondaia sul caminetto e si riavvicina a Marjavel) Padrone... Vedete... quello che non mi va, qui, sono le donne... Ecco perché vorrei pregarvi, di tanto in tanto, di dare un'occhiata alla mia... E io ve ne sarò grato.

Marjavel       Come? Tu vuoi ch'io dia di tanto in tanto, un'occhiata a tua moglie? E' carina?

Krampach     Non c'è male... Certo, Lisbeth non è una cattiva ragazza. Ma è focosa e ci sono dei precedenti...

Marjavel       Dei precedenti?

Krampach     Sì, ha commesso un errore.

Marjavel       Ha rotto qualche cosa?

Krampach     (ridendo)  No, padrone.  (gli  batte amichevolmente la mano sulla spalla)

Marjavel       Andiamo... non siamo mica al tuo paese, qui...

Krampach     Capite? Un errore con un innamo­rato.

Marjavel       Ah! (tra sé) Ma guarda un po'... in­teressante. (ad alta voce) E tu ci dai una grande importanza a questo fatto?

Krampach     Sì, gliene dò, ma non troppa... E' una disgrazia che succede a tanti... Non bisogna credere che succeda soltanto a noi...

Marjavel       Come sarebbe a dire : «A noi?».

Krampach     Voglio dire che, al mio paese, ce ne sono degli altri...

Marjavel       (ridendo)  Per questo, ce ne sono anche qui. (gli batte amichevolmente la mano sulla spalla)

Krampach     (ridendo)  Ah! ce ne sono anche qui? (gli batte amichevolmente la mano sulla spalla)

Marjavel       Non darmi dei colpi, così... io sono il padrone e un colpo posso dartelo, ma tu... no. (gli batte la spalla) Ebbene, vedo che la pigli allegramente... meglio così...

Krampach     E poi, per quanto mi riguarda, è suc­cesso prima del matrimonio e io non ne sapevo niente...

Marjavel       Ma l'hai sposata lo stesso...

Krampach     Per bontà d'animo... e anche per i cinquemila franchi. Ma c'è una cosa che mi tor­tura, vorrei conoscere il nome dell'infame...

Marjavel       A che cosa ti servirebbe?

Krampach     Temo che non sia una persona per bene... che sia un uomo volgare, ma non lo co­nosco...

Marjavel       Tu vorresti avere tutte le fortune!

Krampach     L'ho chiesto a Lisbeth, ma non vuoi dire niente...

Marjavel       E che cosa vuoi che ci faccia?

Krampach     Potete fare molto... Un padrone è un po' come un padre... Lisbeth ha fiducia in voi... fatela parlare... fatevi raccontare come sono an­date le cose...

Marjavel       E ci tieni proprio?

Krampach     Ditele così, con l'aria di chiacchie­rare senza importanza : «E' vero che hai commes­so un errore, tu?». E, poi, la lascerete rispondere senza neppure aver l'aria di stare a sentire quello che dice... poi mi riferirete...

Marjavel       Insomma, devo diventare il tuo poli­ziotto privato...

Krampach     (vedendo Lisbeth che entra a destra) Eccola... fate finta di niente...

Lisbeth          (Entra. Ha un candelabro acceso in mano e, sotto il braccio, un cesto. A Marjavel)  Siete voi che volete andare in cantina?

Marjavel       Sì, fra poco... (tra sé, guardandola) Mi sembra un bel pezzo di ragazza!

Krampach     (sottovoce, a sua moglie,  aggiustando la sua camicetta)  Aggiustati un poco... il pa­drone vuoi parlare con te...

Lisbeth          (a Marjavel)  Volete dirmi qualcosa?

Marjavel       Sì, ragazza mia...

Krampach     (a Lisbeth)  E niente sotterfugi... un padrone è un po' come un padre...

Marjavel       (a Krampach)  Lasciateci!

Krampach     Con l'aria di chiacchierare senza im­portanza... (ad alta voce) Vado a fare la camera dell'ospite. (a Lisbeth, uscendo) Parla con il pa­drone... parla... (a Marjavel) Con l'aria di chiac­chierare senza importanza... (ad alta voce) Vado a fare la camera dell'ospite... (esce a sinistra)

Lisbeth          Allora, si può sapere che cosa volete?

Marjavel       Posa il candelabro e il cesto.

Lisbeth posa il candelabro sul cesto e, il tutto, sulla sedia a destra, vicino al tavolino.

Marjavel      (continua tra sé) Ha un assieme rustico e appetitoso che attira la colpa e spazza via tutti i pentimenti...

Lisbeth          (avvicinandosi)  Eccomi, signore.

Marjavel       Benissimo. (tra  sé)  Come  diavolo debbo fare per indurla a confessare tutto? Biso­gna che trovi la strada. (ad alta voce) Aggiusta i divani... Il salotto è in disordine.

Lisbeth aggiu­sta il salotto, dalla parte destra soltanto. Al pub­blico, dopo avere visto Lisbeth lavorare e restan­do alla sinistra.

 Marjavel     (prosegue) E' strano... mi è quasi impossibile rimanere fedele... la fedeltà non è decisamente il mio forte... ho una moglie deliziosa, buona, dolce e che mi adora. Se morissi, sono certo che sarebbe incapace di continuare a vivere... Ebbene, nonostante tutto questo, io sono sempre attirato verso qualche altra donna... Sono un   infame...   con  Melania,   era  la  stessa  cosa... avevo sempre una storia d'amore... Qualche volta due... è vero che allora ero un po' più giovane...

Lisbeth          (riavvicinandosi)  Ecco, signore...

Marjavel       (tra sé)  Bisogna che trovi la strada buona. (a voce alta) Benissimo... adesso strofinate e forte...

Lisbeth si avvicina al caminetto. Marja­vel si siede e, continuando a guardare Lisbeth, si rivolge  al  pubblico.

 

Marjavel      La  settimana  scorsa,  sono andato al Bal Tabarin... veramente, faccio molto male ad andarci... ogni volta, giuro a me stesso che non ci andrò più e, poi, ci vado di nuovo... Ho fatto la conoscenza di una giovane polacca, chiamata Ginginetta, una donna adorabile... Sem­bra che sia imparentata con le più grandi famiglie della Lituania... ci siamo incontrati due volte... io ho questo di buono... che, al contrario dell'edera, non mi attacco... (si alza)

Lisbeth          (che ha spolverato)  Ecco, signore...

Marjavel       (tra sé)  Bisogna affrontare  il pro­blema con delicatezza. (ad alta voce) E' vero che hai commesso un errore?

Lisbeth          Chi ve lo ha detto?

Marjavel       Così... lo so...

Lisbeth          E' stato Krampach!

Marjavel       Non importa... andiamo, raccontami come sono andate le cose...

Lisbeth          No... no...

Marjavel       Manchi di fiducia in me... (le prende la mano) Perché? Un padrone è un po' come un padre. (Le carezza un braccio. Lisbeth ride) Cosa succede?

Lisbeth          Mi fate il solletico.

Marjavel       Hai  dei  denti  magnifici... Andiamo, guardami bene in faccia... Hai dei denti magni­fici. (l'abbraccia)

Krampach     (entra con una lampada in mano) Padrone, come si puliscono queste lampade?

Marjavel       Non so, domanda ad Ernesto...

Krampach     (sottovoce)  Ha detto chi è?

Marjavel       (sottovoce)  Non ancora, ma lo dirà.

Krampach     Io torno a fare la camera del signor Ernesto. (esce a sinistra)

Marjavel       (a Lisbeth)  Vediamo un po'... come mai hai commesso questo errore?

Lisbeth          Non è stata colpa mia... ero innamo­rata.

Marjavel       Come l'hai detto bene! Guardami... (l'abbraccia) Era dunque così bello questo stra­niero?

Lisbeth          Sì... molto.                        

Marjavel       Giovane?

Lisbeth          Ya.

Marjavel       Della mia età?

Lisbeth          No... dal momento che era giovane...

Marjavel       E che cosa ti diceva...

Lisbeth          Le solite cose... lo sapete bene...

Marjavel       Dille lo stesso...

Lisbeth          (mimando una scena d'amore)  Mi guar­dava di sbieco, con gli occhi languidi, bianchi...

Marjavel       (guardandola innamoratamente)  Così?

Lisbeth          Molto meglio di così.

Marjavel       E poi?

Lisbeth          Poi mi ha dato due aranci.

Marjavel       Che strano paese, il tuo... uno sguardo e due aranci... Ne farò venire tutto un vagone. (ad alta voce) E poi non nascondermi nulla.

Lisbeth          (abbassando gli occhi)  Le solite cose... lo sapete bene...

Marjavel       Dille lo stesso.

Lisbeth          (abbassando gli occhi)  Il giorno dopo...

Marjavel       Non andare subito al giorno dopo...

Lisbeth          Il giorno dopo, ha promesso di spo­sarmi... è partito per andare a cercare i docu­menti...

Marjavel       Ahi!

Lisbeth          E siccome non è più tornato... ho aspet­tato tre anni... e poi ho sposato Krampach...

Marjavel       E dell'altro non ne hai più sentito parlare?

Lisbeth          Sì, mi ha mandato un orologio d'ar­gento...

Marjavel       Fa vedere...

Lisbeth          Non l'ho più... Krampach ha detto che non potevo conservare su di me il simbolo, la prova del mio disonore.

Marjavel       Giustissimo!

Lisbeth          E allora, l'orologio lo porta lui.

Marjavel       E' un po' meno giusto.             

Lisbeth          Ma Krampach non è contento di por­tarlo... l'orologio ritarda sempre di dieci minuti...

Marjavel       Io te ne darò un altro, vuoi?

Lisbeth          Grazie.

Marjavel       (abbracciandola)  Uno d'oro...

Lisbeth          Grazie...

Marjavel       (carezzandola)  E andrà bene... spac­cherà il minuto... lo farò regolare alla perfezione. (La stringe fra le braccia. Questo avviene vicino alla sedia, su cui si trovano il candelabro e il cesto)

 

Krampach entra.

Krampach     (entra e vedendo Marjavel, lancia un grido)  Oh!

Marjavel       (stringendo Lisbeth)  Brucia... pove­rina... tua moglie sta bruciando!

Krampach     Cosa succede?

Marjavel       Il candelabro le è caduto addosso... dell'acqua... presto... dell'acqua!...

Krampach     Al  fuoco...  dell'acqua...  spegnete!... (esce a sinistra di corsa)

Marjavel lascia Lisbeth e si avvicina a sinistra.

Lisbeth          (ridendo)  Combinate delle belle cose, voi!

Marjavel       Presto, dimmi il nome del seduttore... quel nome calmerà Krampach...

Lisbeth          Credete sul serio?

Marjavel       Lo conosco?

Lisbeth          E' uno dei vostri amici... Siete voi che l'avete condotto al paese.

Marjavel       Io? E chi può mai essere?

Ernesto         (entra da sinistra)  Signor Marjavel...

Lisbeth          (salta al collo di Ernesto)  Ah!  final­mente...

Ernesto         Cosa succede?

Marjavel       (comprendendo la verità)  Era Er­nesto...

Krampach     (entra con una brocca d'acqua)  Ecco dell'acqua...

Marjavel       Brucia più che mai... versa...

Kram­pach fa per rovesciare  la brocca d'acqua sulla testa di Ernesto che cerca di evitarla.

 

Ernesto         Accidenti... che cosa succede?

Krampach     (stupito)  Ma è un altro... (si avvi­cina a Lisbeth e posa la brocca)

Marjavel       (ad Ernesto, sottovoce)  Ah! ah!... ne vengo a sapere delle belle sul conto vostro...

Ernesto         (sottovoce)  Zitto.

Krampach     (avvicinandosi a Marjavel, sottovoce)  Vi ha detto il nome dell'infame?

Marjavel       (sottovoce)  Stava per confessarmi tutto... quando si è incendiata il vestito... ma ri­prenderò il mio interrogatorio ritornando dalla cantina.

Krampach     (sottovoce)   Buona  idea!   (ad  alta voce) Lisbeth, prendi il cesto e il candelabro e va in cantina col signor padrone.

Lisbeth          Ma veramente... (prende il candelabro e il cesto e si avvia)

Krampach     E, soprattutto, niente sotterfugi!

Marjavel       (tra sé)  Bisognerà comperare degli aranci, assolutamente. (a Lisbeth) Vieni, piccina. (ad alta voce), Krampach... ho un paio di stiva­loni nuovi con le suola rotte, che mi fanno male ai piedi... te li do... (esce con Lisbeth)

Krampach     (tra sé)  Che brava persona il padro­ne! Mi ha promesso un paio di stivaloni nuovi con le suola rotte!... E quando penso che sua mo­glie non gli vuol bene... e lui che non si accorge di niente... bisognerà che gli apra gli occhi... Pss... pss!...

Ernesto         (stupito)  Dici a me? un po' strano...

Krampach     Venite un po' qui!

Ernesto         (tra sé, avvicinandosi)  Mi tratta pro­prio come se avessimo allevati i maiali insieme...

Krampach     Debbo confidarvi qualche cosa... un segreto... ma non bisogna dir niente a nessuno... perché se lo dite...

Ernesto         Se lo dicessi, non sarebbe più un se­greto.

Krampach     Giusto...  Io  credo  che  la  signora Hermance... è così che la chiamate?

Ernesto         Volete dire: la signora Marjavel?

Krampach     Credo che si comporti male con suo marito...

Ernesto         Cosa dite?

Krampach     Hanno visto un uomo arrampicarsi alla sua finestra.

Ernesto         Non  è possibile.  Hanno  certamente visto male.

Krampach     Non sono più un bambino e so quello che dico... Allora... quel povero padrone... (si inte­nerisce) Un brav'uomo che mi ha promesso un paio  di stivaloni nuovi con le  suole rotte... mi sono detto:  lui non si accorge di niente... biso­gnerà che gli apra gli occhi...

Ernesto         E perché?

Krampach     Bisogna dirgli tutto.

Ernesto         Ma nemmeno per sogno... Prima di tutto è falso e, poi, il signor Marjavel soffrirebbe molto...

Krampach     Se è falso, non soffrirà per niente.

Ernesto         Certo, ma...

Krampach     E se invece è vero, bisogna dirglielo...

Ernesto         E' un'idea fissa, la tua... Sono cose che non si fanno... Vediamo, se ti capitasse una cosa simile e qualcuno venisse a raccontartela, cosa diresti, tu?

Krampach     Mi è già capitata e sono venuti a dirmela.

Ernesto         Ah! e allora?

Krampach     Sono stato umiliato... come un gobbo davanti a un corazziere!

Ernesto         Lo vedi: è come dico io...

Krampach     Non importa, bisogna andare lo stes­so a dir tutto al padrone.

Ernesto         No.

Krampach     Sì.

Ernesto         Tornerà fra poco... inutile dirgli que­ste cose davanti a Lisbeth... Aspettiamolo...

Krampach     Aspettiamolo... (si siede a destra)

Ernesto         (tra sé)  Se potessi farlo sparire... Ho un'idea! (a Krampach) Cosa stai facendo?

Krampach     Aspetto il padrone.

Ernesto         Il mio salotto non è stato fatto.

Krampach     L'ho scopato questa mattina.

Ernesto         E la cantina dei liquori?

Krampach     Che cosa?

Ernesto         Un vassoio che è sul tavolo, con quat­tro bottiglie: rhum, acquavite, anisette e cognac.

Krampach     (si alza gradatamente, sentendo i nomi successivi dei liquori)  Ebbene?

Ernesto         Leverai la polvere e vuoterai le quat­tro bottiglie.

Krampach     Vuotarle... bevendole...

Ernesto          Certo...   (tra   sé)   C'è   da   ubriacare un palazzo di cinque piani... (ad alta voce) Dopo, laverai con dell'acqua tutte le bottiglie...

Krampach     Va bene. (Riprende la brocca d'ac­qua che aveva portato)    

Ernesto         Bravo... va...

Krampach      Ma   bisogna   dirglielo   lo   stesso...

Ernesto spinge Krampach nella camera e, poi, chiude a chiave. Hermance entra da sinistra.

Hermance     (entrando da sinistra)  Perché chiu­dete a chiave quel poveretto?

Ernesto         Quel poveretto ha veduto un indivi­duo   arrampicarsi   alla   vostra   finestra   e  vuole avvertire della cosa il signor Marjavel.

Hermance     Bisogna parlargli... comperare il suo silenzio...

Ernesto         Ma non pensate ad altro!... Impedite a vostro marito di entrare in quel padiglione e, poi, mi incarico io del resto.

Hermance     Che cosa volete fare?

Ernesto         L'ho autorizzato a bere i liquori... fra cinque minuti, lo metteremo a letto...

Hermance     E domani?

Ernesto         Domani, vedremo... L'importante è al­lontanarlo da vostro marito.

Hermance     Avete ragione... vado. (Fa per avviarsi e si trova dirimpetto a Marjavel) Lui!

Marjavel  entra, seguito  da Lisbeth. E'  lui che porta, adesso, il candelabro e il cesto.

Marjavel      (a Lisbeth)  Vieni piccina... (Vede Hermance) Mia moglie!...

(ad alta voce) Sono stato in cantina con Lisbeth... (nasconde il candelabro e il cesto dietro la schiena)

Hermance     (molto commossa)  Sì... lo vedo... ca­ro... (Lisbeth prende il candelabro e il cesto)

Ernesto         Eccellente idea!... Lisbeth... la cantina...

Marjavel       Ho controllato una bottiglia di sciam­pagna... comincia ad inacidire... è venuto il mo­mento di berlo.

Hermance     (turbata)  Sì, è il momento.

Ernesto         (che sta toccando nervosamente una se­dia, tanto per darsi un contegno, finisce col to­gliere dalla sedia, senza accorgersene, la coperta)  Infatti, lo sciampagna è fatto così...

Marjavel       (tra sé)  Ma che cos'hanno? (a Lisbeth) Questo cesto è troppo pesante per te!... chiama tuo marito...

Lisbeth          (chiama)  Krampach! (posa il candela­bro e il cesto e si avvicina alle quinte a destra)

Hermance     Credo che sia andato a fare una com­missione.

Marjavel       Una commissione?... e chi lo ha man­dato?

Lisbeth          (grida)  Krampach... Krampach...

Marjavel       Krampach... Krampach...

Ernesto         (tra sé)  Impossibile farli tacere...

S'ode la voce di Krampach che canta un ritornello in tedesco.

Marjavel       Ma se canta...

Lisbeth           (apre   la   porta   a   destra)      Vieni!...

Krampach entra. Vacilla e termina il suo ritor­nello in tedesco.

Tutti                          Ma è ubriaco!

Ernesto         E' ubriaco... che fortuna!

Krampach     Eccomi, padrone... ho qualche cosa da dirvi...

Marjavel       Anch'io... Permettetemi di parlare per il primo... Signor Krampach, non ho nessun biso­gno di ricordarvi che la sobrietà è una qualità importante per un domestico... ma se voi conti­nuate a camminare sulla via del disordine e del vizio, su questa via che sembrate esservi tracciata, io sarò obbligato di fare a meno dei vostri servigi, capito? Parlate adesso...

Krampach     Ecco, padrone... c'è un uomo che, la notte, si arrampica sotto le finestre di vostra moglie.

Marjavel       Un uomo?

Ernesto         (vivacemente)  Non ascoltiamolo... è ubriaco...

Hermance     (al marito) Andiamo via...

Krampach     Ho le prove...

Marjavel       Quale prova... quali prove?

Krampach     (tira fuori di tasca un orologio con la sua catena)  Questo orologio che era attaccato all'albero...

Ernesto         (tra sé)  Il mio orologio!

Hermance     (tra sé)  Sono perduta. (cade, affran­ta, sul divano)

Marjavel       (esaminando l'orologio)  Ma lo ricono­sco... come mai questo orologio si trovava attac­cato all'albero che si arrampica fino alla finestra di mia moglie? Ditemi, Ernesto, dove andavate?

Ernesto         Andavo...

Marjavel       Dove andavate?

Ernesto         Andavo al secondo piano... da Lisbeth...

Lisbeth          Io non me ne sono accorta...

Marjavel       Da Lisbeth? (coppia a ridere)

Ernesto         (ride a sua volta)  Da Lisbeth...

Krampach     (quasi uscendo dalla sua sbornia)  Da mia moglie?

Ernesto         Come?... sua moglie?... Lisbeth è sua moglie?

Krampach     (precipitandosi su Ernesto)  Infame!

Marjavel       (trattiene Krampach e cerca di riparare Ernesto dalle furie di Krampach)  Non toc­carlo... il signor Ernesto è il mio migliore amico!


ATTO  TERZO

Un giardino. Panche a sinistra. Sedie di stile rustico a destra. Un grande cesto di fiori in mezzo alla scena. Altro cesto a sinistra. Vasi di fiori vuoti a destra, in secondo piano. In fondo, giardino. Si vede una casa a destra.

Ernesto         (Vestito da giardiniere. Lavora con un an­naffiatoio per mano. Annaffia il cesto di fiori che è nel mezzo. Poi si volta)  Mi ha detto: «Alle otto sotto l'olmo» Ci sono... (sospira) Ci sono, ma travestito da giardiniere. Dopo gli avve­nimenti di ieri, occorre essere estremamente pru­denti... Povera Hermance!... Ho cercato tutta la notte un modo efficace per dirle: «Ma andiamo... non ne hai abbastanza di questa vita di sotterfugi?... Rientriamo nella via del dovere... Io sposo mia cugina Berta...». Ma Hermance non riuscirà mai a capire queste cose... Intanto, invece di annaf­fiare le aiuole, sto annaffiando i miei pantaloni. (va ad annaffiare il cesto di sinistra)

Hermance     (entra da destra)  Pietro, preparate due meloni per questa sera (Vede Ernesto) Ernesto!

Ernesto         (sconcertato)  Mi riconoscete?

Hermance     Vi indovino... Datemi un annaffiatoio e parliamoci da lontano, in modo da evitare tutte le  sorprese. 

 

Continuano  la scena,  annaffiando, Ernesto a sinistra, Hermance in centro.

Hermance     Vi ho detto di venire qui perché non voglio più ricevervi in casa... ho troppa paura...

Ernesto         Anch'io.

Hermance     Ernesto, bisogna che tutto ciò finisca.

Ernesto         (con tristezza)  Volete la rottura?

Hermance     (con tristezza)  Non pronunciate que­sta orribile parola.

Ernesto         Ah! Hermance!

Hermance     Ah! Ernesto!

Ernesto         Rimarrò sempre il vostro più fedele amico.

Hermance     E' ancora troppo... Ernesto, voi do­vete prendere moglie...

Ernesto         (senza controllarsi)  Ci stavo per l'ap­punto pensando.

Hermance      (stupita,   posa   l'annaffiatoio)     Eh? ci stavate pensando?

Ernesto         (posando l'annaffiatoio)  Pensavo che mi avreste fatta questa orribile proposta. (Lagrime nella voce) Dopo quello che vi ho scritto otto giorni fa...

Hermance     Ho sempre la vostra lettera, qui, sul cuore.

Ernesto         E volete che prenda moglie?

Hermance     E' necessario, amico mio.

Ernesto         (ipocritamente)  Quale moglie?

Hermance     Mia zia.

Ernesto         Quella vecchia strega?

Hermance     Ne sarebbe così felice...

Ernesto         Lo credo...

Hermance     Ho già pensato a tutto. Voi sposerete mia zia... E' sempre stata piuttosto brutta, ma a voi che cosa importa?

Ernesto         Niente... però è una vecchia zitella...

Hermance     Ebbene?

Ernesto         Dal momento che ci siamo, meglio prenderne una un po' più giovane.

Hermance     Va bene, ma allora che sia bruttis­sima...

Ernesto         (con indifferenza)  Bella o brutta...

Hermance     Bella mai... mi oppongo!

Ernesto         Cerchiamo tra le brutte... tanto mi è indifferente... per esempio, mia cugina...

Hermance     Berta?     

Ernesto         Farebbe piacere a mio zio.

Hermance     Troppo bella!

Ernesto         Sì, ma è un genere di bellezza che io non amo affatto... e poi... sapete bene... l'ho vista bambina... quando l'ho conosciuta, non aveva che un solo dente... era orribile... e quell'impressione catastrofica non mi è mai più andata via!

Hermance     No, preferisco che voi sposiate mia zia.

Ernesto         Preferisco ancora morire ucciso da Marjavel!

Si sente uno schioccare di frusta.

Hermance      (riprendendo   l'annaffiatoio)     Cosa succede?

Ernesto         (riprendendo l'annaffiatoio anche lui) E' il cocchiere... ha lasciato il settimo fanale e si è messo davanti alla porta.

Hermance     Eppure gli avevate dato quello che aveva chiesto...

Ernesto         Ma lui continua... noi siamo alla mercé di quell'uomo.

Hermance     Così, non me la sento più di vivere… (posa l'annaffiatoio vicino alla panca)

Marjavel       (voce tra le quinte)  Krampach, va a cercare  il  giardiniere  e  portamelo qui,  vivo o morto.

Ernesto         E' Marjavel... Sta parlando con Krampach. (posa l'annaffiatoio)

Hermance     (spaventata)  Sposate vostra cugina oggi stesso, subito...

Ernesto         Scriverò allo zio.

Hermance     Darò io stessa la notizia a mio marito.

Ernesto         (offrendole la mano)  Addio!

Hermance      (prendendo  la  mano  di  Ernesto)  Addio!

Ernesto         (fra le lagrime)  Allora... tutto è finito

Hermance     (piangendo)  Tutto.

Ernesto         (tra sé, allontanandosi da Hermance) Finalmente... respiro...

Hermance     (tra sé, allontanandosi da Ernesto) Adesso sono calma.

Marjavel       (entrando)  Ma eccolo il giardiniere... Di' un po'... quel mascalzone sa benissimo che è stato perduto un diamante e mi rastrella le aiuole!

Hermance     No, annaffiava...

Marjavel       L'ho visto che rastrellava le aiuole... l'ho visto dalla camera di Ernesto. (Ernesto si avvicina ma in modo che Marjavel lo veda solo di schiena)

Ti avevo detto di portar via questa cassa, quei vasi e quelle panchine.

(Ernesto pren­de una cassa vuota e se la mette in testa in modo da rendersi irriconoscibile. Marjavel gli mette sulle braccia dei vasi e poi mette una sedia sulla cassa) Non rispondi niente, mascalzone, eh? (Lo spinge e lo fa uscire da sinistra. Ernesto borbotta)

Hermance     Ebbene, caro, non mi dici nemmeno buongiorno?

Marjavel       Scusami, da ieri sono così preoccu­pato...

Hermance     E di che cosa, amico mio?

Marjavel       Della perdita del tuo diamante.

Hermance     Certo, è stata una disgrazia.

Marjavel       Sono contento soprattutto che non te l'abbiano rubato, perché da quando i miei dome­stici sono persone fidate, la mia casa non lo è più... Il vento mi ha già rubato una grondaia... Mi sono alzato prestissimo, sono andato nel padi­glione, ho fatto scopare accuratamente da Krampach e, poi,  abbiamo filtrato le immondizie  in un imbuto.

Hermance     Tutto un lavoro inutile!

Marjavel       Necessario... Io sai che Ernesto era già uscito.

Hermance     Il signor Ernesto deve avere molto da fare in questo momento. Credo che stia per ammogliarsi.

Marjavel       (stupito)  Ernesto prende moglie?

Hermance     (allegra)  Sarai certamente il primo ad esserne informato!

Marjavel       Non sono un egoista. E non mi la­gnerò di perdere un amico al quale abbiamo fatte tante cortesie... perché gliene abbiamo fatte molte.

Hermance     Ha trentadue anni e deve pensare al suo avvenire.

Marjavel       Oggi, gli uomini non pensano che a se stessi. Mi ero abituato ad Ernesto... Non mi era di nessunissima utilità ma era molto affezionato alla casa... Si sposa... ha ragione... Però penso che era un celibe eccellente... sarà invece un marito detestabile.

Hermance     Forse lo giudichi un po' troppo severamente.

Marjavel       Lo conosco... ha molti difetti, moltis­simi... ma è un amico e debbo parlare soltanto delle sue qualità... Ne ha delle qualità... Io non gliene conosco... E tu le conosci?

Hermance     Non so...

Marjavel       E chi sposa?

Hermance     (con indifferenza)  Sua cugina, di­cono... La signorina Berta.

Marjavel       Povera ragazza!...E' Jobelin che ha organizzato il colpo... Ernesto non ha nemmeno un soldo e Berta è ricchissima... Povera ragazza!

Hermance     (tra sé)  Strano! E' mio marito che si irrita per questo matrimonio! (ad alta voce) Ci aspettano per il pranzo. A fra poco. (esce a sinistra)

Marjavel       Ma perché si sposa, poi?... non era­vamo tanto felici così?

Krampach     (entra in livrea e con un'aria solenne)  Padrone, vengo a chiedervi un'udienza.

Marjavel       (sorpreso)  Un'udienza?

Krampach     Ho qualcosa da dirvi.

Marjavel       Spicciati!

Krampach     Volete farmi da testimonio?

Marjavel       Da testimonio? Ma se sei già sposato!

Krampach     Non è per questo... sto per battermi in duello.

Marjavel       E con chi?                    

Krampach     Con l'infame che ha disonorato Lisbeth.

Marjavel       Ce l'hai con Ernesto?

Krampach     Ce l'ho con Ernesto.

Marjavel       E perché?

Krampach     Come perché?

Marjavel       (interrompendolo)  Zitto... Tua moglie ha commesso uno sbaglio ma tu hai riparato.

Krampach     E' vero... ho riparato.

Marjavel       Dunque, lo sbaglio non esiste più. Tu non devi avercela con Ernesto.

Krampach     Credete? Allora voglio almeno che mi rispetti.

Marjavel       Perché, non ti rispetta?

Krampach     No, ho trovato una lettera diretta a mia moglie. (Tira fuori un foglio di carta bruciac­chiato in un angolo e di lato)

Marjavel      Una lettera?

Krampach     (mostrando la lettera)  Nella spazza-" tura... Io non so leggere molto bene. Ma non im­porta ho letto tre parole che mi bastano.

Marjavel       (guardando il foglio)  Ma è una brutta copia!

Krampach     (ricordandosi il testo)  «Vostro ma­rito è un...». Il resto è bruciato.

Marjavel       E' la calligrafia di Ernesto!

Krampach     E' un... che cosa?

Marjavel       Un imbecille perdio!

Krampach     (felice)  Se non è che questo!

Marjavel       Questo o altro... Ma questo biglietto non è indirizzato a tua moglie. (legge) «Che ti­more può ispirarvi quell'uomo eccellente...».

Krampach     (contento)  Vedete? E' per me...

Marjavel       (continuando  a  leggere)    «E'  inge­nuo, stupido e credulone...».

Krampach     Sono io...

Marjavel       Ingenuo, stupido e credulone... io ne conosco della gente così!

Krampach     (senza capire)  Sì.

Marjavel       (continuando a leggere)  « Non pensia­mo che al nostro amore... Solo il nostro amore esiste... ». Ha una storia con una signora maritata, è evidente!

Krampach     E' Lisbeth.

Marjavel       Andiamo... Non scriverebbe a Lisbeth «aranci a discrezione». No, sbaglio: «Aranci e discrezione». E' una lettera indirizzata a una si­gnora del gran mondo.

Krampach     Allora, posso rimanere l'amico di Ernesto?

Marjavel       E' tuo dovere.

Krampach     Mio dovere? (deciso) Benissimo!

Marjavel       (leggendo il resto della lettera)  Ma che fuoco!  E' una lettera passionale. E' del ve­triolo,   del  petrolio...  (come  se  gli  fosse   venuta un'idea improvvisa) Ernesto non vuole prendere moglie... Lo terremo con noi...

Lisbeth          (entra da destra, ha in mano un'arancia)  Il pranzo è servito.

Krampach     Cosa  stai  mangiando?

Lisbeth          Un'arancia.

Krampach     Chi te l'ha data?

Marjavel       (sottovoce,  a Lisbeth)   Non  rispon­dere.

Lisbeth          E' il signore.

Marjavel       (tra sé)  Cretina. (ad alta voce) Sì, per caso, mi sono trovato un'arancia in tasca.

Krampach     Se   è   stato  il padrone,   non  dico niente.                                                                

Marjavel       (tra sé, allontanandosi)  Che mariti stupidi ci sono al mondo! Quando si è stupidi fino a questo punto, non ci si ammoglia. (Esce a destra. Lisbeth vorrebbe seguirlo ma Krampach la trattiene)

Krampach     (trascinandola verso la ribalta)  Ades­so, ti prego  di darmi qualche spiegazione.  Ieri avevo bevuto un po' troppo, ma oggi...

Lisbeth          E' come ti dico...

Krampach     Zitta... Hai commesso uno sbaglio... perché ti ostini a dire che non ti sei accorta del giovanotto? ( Lisbeth   vorrebbe   parlare)    Taci...  parla...

Lisbeth          Ti dico che in camera mia non c'era nessuno, a parte qualche topo...

Krampach     I topi non portano orologi.

Lisbeth          Cosa ne sai tu?

Krampach     So che si usa.

Lisbeth          E con questo?

Krampach e Lisbeth si litigano fra di loro in tedesco. Lisbeth termina l'ultima frase.

Krampach     (dopo il dialogo in tedesco)  Ma per­ché non me lo hai detto subito che eri stata in­gannata da una persona così per bene?

Lisbeth          Cosa t'importava?

Krampach     (con fierezza)  Come, cosa m'impor­ta? Ma anch'io ho  il mio amor proprio...  cosa credi?

Lisbeth          Nein!

Krampach     Ya.

Lisbeth          Nein.

Krampach     Ya. Sta bene, signora... Dal momen­to che le cose stanno così, farò una domanda in certa da bollo al tribunale per domandare la se­parazione di corpo.

Lisbeth          (intenerita)  Oh!  Krampach...

Krampach      E   l'autorizzazione   di  avere  delle amanti giovanissime e con dei cappellini color rosa.

Lisbeth          No, Krampach. (tenera, poi con pas­sione) Vedi, Krampach, da quando hai una livrea addosso, io t'adoro.

Krampach     (fatuo)  Tutte così le donne... appena vedono un uomo ben vestito...

Lisbeth          E tu, vestito così, sei molto bello. (Lo abbraccia)

Krampach     (ridendo allegramente)  Attenta... mi sgualcisci la livrea...

Lisbeth          Tieni, prendi il mio arancio. (lo bacia) Sei un angelo! (esce)

Krampach     Tutte le fortune in una volta... Ho l'arancia, mia moglie mi adora e Kuissermann mi paga... tutte le fortune in una volta. (si avvia a sinistra)

Ernesto         (entra senza vedere Krampach)  Vengo dal municipio... Le pubblicazioni sono già fatte.

Krampach     E' il giovanotto. (finge di aggiustare l'aiuola di sinistra e si avvicina)

Ernesto         Mio zio verrà ad annunciare la no­tizia... Andava a vestirsi in nero... Io sarò ammo­gliato... non avrò più amici... nessun Ernesto. (scorge Krampach) Ecco l'altro... l'altro marito... Marjavel numero 2. Mi domanderà delle spiega­zioni... meglio evitarlo. (sta per uscire. Krampach lo ferma)

Krampach     (trascinando  Ernesto  verso  il  centro della scena)  L'abbiamo amata tutti e due!...

Ernesto         Cosa volete?... il caso... la primavera-Era il mese di maggio...

Krampach     Voi avete commesso l'errore ma io ho riparato... Dunque, non c'è più errore e io non ho diritto di avercela con voi.

Ernesto         Benissimo, vedo che siete molto ra­gionevole.

Krampach     Se ce l'avessi con voi, dovrei resti­tuirvi l'orologio. Invece, me lo tengo. (tira fuori l'orologio in argento)

Ernesto         L'orologio... ah! sì, lo riconosco... (tra sé) E' lui che lo porta. (ad alta voce) Tienlo pure.

Krampach     Il guaio è che ritarda sempre... Cam­mina come un gambero.

Ernesto         Si vede che non ha furia...

Krampach     Dicono che questi orologi hanno tre anni di garanzia.

Ernesto         Vuoi che lo faccia regolare da un orologiaio?

Krampach     Sì, e giacché ci siete, fateci anche mettere un campanello.

Ernesto         Un campanello?

Krampach     Al mio paese, il capo delle guardie ha un orologio con un campanello.

Ernesto         Curioso!

Krampach     Quando sono le tre, fa: din din din... Quando   sono  le  quattro,  fa:  din  din  din  din... Quando sono le cinque, fa:...

Ernesto         Ho  capito,  così  fino  a  mezzanotte.. Insomma,   vuoi   un   orologio   con   la   suoneria.. L'avrai.

Krampach     (tendendo la mano)  Amici?

Ernesto         Sì, va a cercare Marjavel. (Hermance entra da destra)

Krampach     Amici! (esce)

Ernesto         (a Hermance)  Signora, ecco mio zio in cravatta bianca... (va incontro a Jobelin) Caro zio... cara cugina...

Jobelin           (entra da sinistra, con Berta e si rivolge a Hermance)  Signora... Dov'è il mio eccellente amico Marjavel? (si mette in posizione d'attenti) Signora, desidero che siate la prima ad essere informata del felice avvenimento che si sta pre­parando... Ernesto Jobelin, mio nipote, sposa Ber­ta Jobelin, mia nipote...

Hermance     (a Berta) Le mie congratulazioni, signorina.

Ernesto         (tra sé) Tutto sta andando benissimo!

Hermance     (a Berta)  Spero che non avrete dub­bi sulla qualità degli auguri che formulo per la vostra felicità...

Berta             (ingenuamente)  Signora... sono tanto fe­lice.

Hermance     Vostro cugino vi amava già da mol­to tempo!

Berta             Eppure, signora, non me lo aveva mai detto.

Hermance     (con gioia)  Davvero?

Jobelin           Ernesto è un timido.

Hermance     (tra sé)  Non le vuoi bene.

Marjavel       entra di corsa e allegro)  Chi mi vuo­le? E' Jobelin in abito nero e guanti. Oh!  Oh! Bisogna forse entrare in salotto?

Jobelin           Staremo benissimo qui.

Marjavel       (si avvicina a Berta e  l'abbraccia) Povera piccina!  Povera piccina!

Berta             (stupita)  Ma perché mi abbraccia così?

Jobelin           (mettendosi in posizione d'attenti)  Mio caro amico, desidero che siate il primo ad essere informato...

Marjavel       (a Ernesto, sottovoce)  State tranquil­lo... vi salverò io.

Ernesto         Che cosa?                                      

Marjavel       (stringendo la mano di Ernesto con ener­gia)  Ci penso io...

Jobelin           Informato per primo del felice avve­nimento...

Marjavel       (sottovoce)  Allontanate la ragazza.

Jobelin           L'avvenimento che si sta preparando...

Marjavel       (sottovoce)  Via la ragazza, ho detto!

Jobelin           (continuando sempre)  Ho l'onore...

Marjavel       (sottovoce)  E' necessario... Forza mag­giore...

Jobelin           Ah! Berta, il mio caro amico Marjavel ti autorizza ad andare a raccogliere un mazzolino di fiori nelle sue aiuole...

Berta             (a Marjavel)  Mi mandate via?

Jobelin           Dice che è più corretto.

Marjavel      Vi  richiameremo.  (abbraccia Berta) Povera bambina!

Berta             (esce con rincrescimento)  Ma che cos'ha il signor Marjavel? (esce a sinistra)

Jobelin           Adesso, posso continuare? (si rimette sull'attenti) Mio caro amico, desidero che siate il primo ad essere informato...

Marjavel      Basta... Venite ad annunciarci il ma­trimonio di Ernesto?

Jobelin           (stupito)  Sì.

Marjavel      Questo matrimonio è impossibile!

Ernesto         Eh?

Hermance     Che cosa?

Jobelin           Come? Come?

Marjavel       Ernesto non può  ammogliarsi.

Jobelin           E perché?

Marjavel      Perché non vuol bene a sua cugina.

Ernesto         (protestando)  Scusate... un momento...

Marjavel       (sottovoce, a Ernesto)  Lasciate fare a me. (ad alta voce) Ernesto ha un legame...

Jobelin           Eh?

Ernesto         Ma...

Marjavel       Meglio dirlo francamente, subito... Ernesto ha uno di quei legami che incatenano tutta un'esistenza.

Jobelin           Mio nipote?

Ernesto         Non è vero.

Marjavel       (continuando)  Vuol bene ad una don­na maritata!  (Ernesto e Hermance si guardano abbassando gli occhi)

Jobelin           Cosa?

Marjavel      Si tratta senza dubbio di un amore colpevole... ma questo amore è giustificato dalla sua stessa violenza.

Jobelin           Ma ne siete ben sicuro?

Marjavel       (tira fuori il foglio bruciacchiato dalla tasca)  Giudicherete voi stessi. (Cerca invano di leggere) Che cosa ho fatto dei miei occhiali... Hermance...

Hermance     Caro...

Marjavel       Vedrete come legge bene. (dà il fo­glio a Hermance) Leggi ad alta voce.

Hermance     o?

Marjavel      Sicuro!

Hermance     (leggendo)  «Vostro marito, è un...»

Marjavel       Vai avanti: è bruciato.

Hermance     (leggendo)  «Che paura potete avere di quell'uomo eccellente?» (Tra sé) Ah!

Ernesto         (tra sé)  La mia brutta copia.

Marjavel      Continua.

Hermance     (tra sé)  Che supplizio! (continua a leggere) «E' ingenuo, stupido e credulone...».

Ernesto         (scusandosi)  Sapete, ho scritto così...

Marjavel      Non c'è male... vorrei conoscerlo. (a Hermance) Continua, cara...

Hermance     Non mi pare necessario.

Marjavel      Ma sì... la fine è bellissima.  Senti, Jobelin...

Hermance     (legge freddamente) «Non pensiamo che al nostro amore... Solo il nostro amore esi­ste...».

Marjavel       (a Hermance)  Più fuoco, più fuoco... Leggi come se leggessi le ricette della cuoca... Sii più lirica... «Non pensiamo che al nostro amore... lui solo esiste... il resto è il nulla...». Il resto è il marito, l'imbecille... Continua...

Hermance     (continuando e lasciandosi vincere, a poco a poco, dall'emozione)  «Nessun ostacolo può  separarci... nessuna forza può dividerci...».

Marjavel       (raggiante)  Questa sì che è della vera passione!

Hermance     (continuando)  «Tu sei il mio pen­siero, tu sei la mia anima, tu sei la mia vita». (si ferma e dice, tra sé, con tenerezza) Come mi voleva bene!

Ernesto         (tra sé)  Che stupido. Le fa proprio leggere quella lettera!

Marjavel       E il seguito?

Hermance     (con emozione graduata)  «Ti voglio bene per la tua bellezza, per la tua grazia, per quel tuo fascino misterioso che mi inebria...».

Jobelin           (tra sé, molto commosso e tirando fuori il fazzoletto) Le stesse parole che scrivevo a Melania...

Hermance     (leggendo, ma singhiozzando nello stes­so tempo)  «Prender moglie, io... Come ha po­tuto sorgere in te questo dubbio orribile?... Ti porterò per sempre il broncio per le lagrime che tu hai versate...».

Ernesto tira fuori il fazzolet­to. Marjavel il suo, poi anche Hermance, la cui voce si è fatta piagnucolosa, estrae il fazzoletto. L'emozione ha finito col dominare tutti. Ernesto, Jobelin e Marjavel piagnucolano e si soffiano il naso rumorosamente.

Marjavel       Che stupido! Sto piangendo come un bambino...

Jobelin           Anch'io.

Ernesto         E io no? (Marjavel consola Ernesto, Hermance piange. Ernesto si avvicina a Hermance e le dice sottovoce) Signora, attenzione, atten­zione...

Hermance     (sottovoce ad Ernesto)  Rinunciate al matrimonio... il sacrificio è assolutamente al di­sopra delle nostre forze. (esce a sinistra per na­scondere la sua emozione)

Ernesto         (disperato)  Ricominciamo da capo?

Marjavel       (a Jobelin)  Ebbene, ti sei convinto?

Jobelin           Convintissimo... questo  matrimonio  è impossibile!

Marjavel       (ad Ernesto)  Ve lo avevo detto che vi avrei tolto dall'imbarazzo.

Ernesto         Grazie... ma le pubblicazioni sono fatte.

Marjavel       E volete che vada io al municipio ad annullarle?... Corro...

Ernesto         No!

Marjavel       Sì!

Ernesto         Nooo!

Marjavel       Sì... aspettatemi... torno subito... (sot­tovoce) Se non c'ero io, quello stupido di vostro zio vi sacrificava...

Ernesto         Ma come? Lo lasciate andar via?... Non lo trattenete?

Jobelin           (severo)  Una donna maritata... Ti proi­bisco di parlarmi... vergogna!...

Ernesto         Ma, caro zio, cosa vuoi che faccia un povero   giovanotto?...   Non   può   mica   diventare l'amante di una signorina.

Jobelin           Questo no... ma ci sono delle vedove piacenti, ben conservate...

Ernesto         Delle vedove? Ma, caro zio, non ce ne sono abbastanza per tutti di queste vedove... La società contemporanea manca di vedove... ecco la piaga del nostro tempo.

Jobelin           E, naturalmente, il marito... quel tuo marito... lo conosci?

Ernesto         Ma certo che lo conosco...

Jobelin           Naturalmente, sei suo amico...

Ernesto         Certo... ma si tratta, tutto sommato, di un legame che non esiste più. Ho rotto ogni rapporto... Potete farmi sposare mia cugina senza timore...

Jobelin           Mai... questo poi mai!

Si sentono voci che litigano fra le quinte e, poi, il rumore di uno schiaffo.

Voce di

Krampach     (fra le quinte)  Ahi!

Lisbeth          (entra e si rivolge a qualcuno che è an­cora fra le quinte)  Prendi! Ti sta bene...

Jobelin           Cosa succede?

Lisbeth          Ho   dato  uno   schiaffo  a  Krampach. (dà  dei  biglietti  di  banca  ad  Ernesto)  Tenete... ecco il denaro...

Ernesto         Quale denaro?

Lisbeth          Perché Kuissermann è suo debitore, ma io non voglio assolutamente... io sono una donna onesta.

Ernesto         Sì, una donna onesta...

Jobelin           Ma, allora quel cocchiere?

Lisbeth          E' già alla porta... è furibondo.

Ernesto e

Jobelin           (insieme)  Perbacco!

Lisbeth          Mi ha chiesto il nome del marito.

Ernesto e

Jobelin           (insieme)  Marjavel... e per fare che cosa?

Lisbeth          Vuole scrivergli.

Ernesto e

Jobelin           (insieme) Accidenti! Bisogna far presto!

Lisbeth          E' inutile... la lettera l'ha già scritta!

Ernesto e

Jobelin           L'ha già scritta!

Jobelin           Ah, mio caro nipote!

Ernesto         Ah, mio caro zio!

Jobelin           Hai capito?

Ernesto         Avete  indovinato?

Jobelin           Quella carrozza ha condotto...

Ernesto         La signora Marjavel...

Jobelin           Sì.

Ernesto         Oh, Hermance!...

Jobelin           (nello stesso tempo)  Oh, Melania! (si guardano tutti e due)

Ernesto e

Jobelin           (insieme)  Eh?

Jobelin           (stupito)  Hermance?

Ernesto         (stupito)  Melania?

Jobelin           (severo)  Come mai, mio caro nipote?

Ernesto         Come mai, mio caro zio?

Insieme           Siamo stati colpevoli. (si abbracciano)

Hermance     (entra)  Quanta tenerezza!

Jobelin           (a Hermance,  con  vivacità)  Signora, una grande disgrazia... Krampach ha conservato i soldi... il cocchiere è furibondo... ha scritto una lettera a vostro marito.

Hermance     Io non ci capisco niente... non so che cosa volete dire...

Jobelin           (tra sé)  Ha ragione... Io credevo di par­lare  con Melania...  (sottovoce,  ad  Ernesto)  Di­glielo tu...

Ernesto         (a Hermance con vivacità)  Krampach  ha tenuto il denaro per sé e il cocchiere ha scritto a vostro marito.

Hermance     Siamo perduti! Non posso più pre­sentarmi davanti a Marjavel... morirei soltanto a vederlo... Partiamo... fuggiamo...

Ernesto         Ma dove?

Hermance     In qualsiasi posto... la Svizzera... l'America...

Jobelin           Il Belgio non vi piace?

Hermance     Troppo vicino.

Ernesto         Hermance... vorrei farvi notare che un simile viaggio...

Hermance     Ah! voi esitate? Dopo avermi tra­scinato nell'abisso, esitate?

Ernesto         (tra sé)  Accidenti... eccomi conciato bene... in pieno ingranaggio... (agitato) E va bene! Partiamo per l'America... Ma quale America? Ce ne sono due...

Marjavel       (entrando)  Eccomi... sono molto su­dato.

Hermance     Lui!                                        

Ernesto e

Jobelin            Troppo tardi!...

Marjavel       (allegro)  Arrivo adesso dal munici­pio... c'è un impiegato molto sgradevole.

Hermance     (sottovoce, ad Ernesto)  Non ha rice­vuto la lettera.

Ernesto         (sottovoce, a Jobelin)  Non ha ricevuto la lettera!

Jobelin           (sottovoce al pubblico)  Non ha ricevuto la lettera!

Marjavel       Gli ho detto: «Signore, vengo per il matrimonio del signor Ernesto Jobelin». Mi ha risposto: «Siete il padre o siete la madre del giovanotto?».

Ernesto         (sforzandosi  di  ridere)    Molto  diver­tente... La madre del giovanotto...

Hermance       Delizioso!

Jobelin          Una battuta da mettere in una com­media.

Krampach     (entra con una lettera in mano)  Pa­drone, ho una lettera per voi...

Ernesto,

Hermance

e Jobelin        (terrificati, sottovoce) La lettera!

Krampach     Aspettano la risposta.

Hermance     (sottovoce)  Siamo perduti!

Jobelin           (tra sé)  Io non ce la faccio più, svengo.

Marjavel       (dopo aver aperto  la lettera)    Che strana calligrafia... Non trovo più i miei occhiali...

Ernesto         Volete che la legga io?

Marjavel       No. Krampach... (Gli dà la lettera)

Hermance     Ma caro...

Marjavel       Io non ho segreti... io... e poi deve bene abituarsi... quando dimentico gli occhiali, deve leggere lui...

Krampach     (leggendo)  «Porco... se non mi man­di subito 3000 franchi...».

Marjavel       Ma come? Mi dà del tu?

Krampach     (leggendo)  «Dirò a tua moglie che sei andato a spasso nella carrozza con una don­nina   allegra».   (Marjavel   cerca   di   mandar  via Krampach)

Hermance     Che cosa?

Jobelin           Ma bravo!

Marjavel       (tra sé) Accidenti... la mia passeg giata con Ginginetta... e mia moglie che ha sen­tito... Sono rovinato...

Ernesto         (sottovoce)  Insomma, abbiamo preso tutti la stessa carrozza...

Hermance     (a  Marjavel)   Signore...  ingannarmi alla vostra età... Addio, signore...

Marjavel       No, Hermance... Ti spiegherò... (sot­tovoce  a  Krampach) Mangia  la  lettera, presto! (Krampach si volta, mangia la lettera e conserva la busta. Marjavel ad alta voce)  Questa lettera non è per me... Andiamo... ma credete sul serio che io sia capace di passeggiare in carrozza con una donnina allegra?

Hermance     Per chi era allora?

Marjavel       Ecco il problema... Per chi? (tra sé) Metto tutto sul conto di Ernesto... sarà meglio... (ad alta voce) Disgraziato Ernesto, sei tu che ne combini di ogni genere! (lo prende per un brac­cio e lo attira a sé)

Ernesto         Che cosa?

Marjavel       Ecco a che cosa possono condurre la cattiva condotta e il disordine morale...

Ernesto         Ma io non c'entro... protesto!

Marjavel       Inutile... ho la prova... (a Krampach) Dammi la busta...

Krampach     L'ho mangiata.

Marjavel       Imbecille!   C'era  scritto  sopra:   «Al signor Ernesto Jobelin».

Hermance     Come?

Ernesto         Ne siete sicuro?

Marjavel       (strappa quel che rimane della lettera dalle mani di Krampach e dà il tutto ad Ernesto)  E adesso, signore, riprendete questa lettera che non avrebbe mai dovuto entrare in casa mia.

Ernesto         (guardandola)  Ma non c'è che la busta.

Marjavel       Ma come? Quell'animale ha mangiato la lettera? (Se la prende con Krampach che non ci capisce più niente)

Ernesto         (leggendo sulla busta)  Al signor Mar­javel...

Tutti               Che cosa?                                

Marjavel       Era per me... Capisco l'equivoco... semplicissimo... io accompagnavo la zia Isaura al giardino zoologico... l'hanno presa per una don­nina allegra...

Hermance     (furiosa)  Mi vendicherò.

Jobelin           (tra sé)  Ma non fa altro.

Lisbeth entra con Berta. Le due donne portano dei fiori.

Berta             La riunione è finita?

Jobelin           Sì, tutto è aggiustato!

Ernesto         Quando siete entrate, stavamo parlan­do del cesto di fiori...

Marjavel       (triste) Ernesto prende moglie... (a Hermance) Noi perdiamo un amico...

Krampach     Coraggio, padrone!... Non ci mette­rete molto tempo a trovarne un altro...

Marjavel       Che il cielo ti ascolti!

F i n e

Ogni diritto al traduttore Marcel Le Duc.