Il processo di Crainquebille

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IL PROCESSO CRAINQUEBILLE

Commedia in tre atti

di ANATOLE FRANCE

Traduzione di G Marcellini

Personaggi

CRAINQUEBILLE

L'AGEN­TE 64

Il dottor DAVIDE MATHIEU

Il presidente BOURRICHE

L'avvocato LEMERLE

LERMITE

La si­gnora BAYARD

La signora LAURA

TOPOLINO

IL VENDITORE DI BRUCIATE

 L'USCIERE

AUBARREE

L'AGENTE 121

LO STRIL­LONE

IL VINAIO

AL­FONSO

IL PICCOLO SA­ LUMAIO

Negozianti - Operai - Uomini Donne - Ragazzi.

In via Beaujolais.

Commedia formattata da

Lo Strillone                     - (è vestito come un im­piegato del Louvre. In piedi su uno sga­bello, con davanti una scatola grande come un piccolo baule, che ha appesa alla estremità di un ramo d'albero, e da cui cava conti­nuamente degli og­getti che subito do­po ricolloca al loro posto, termina di sciorinare all'uditorio che lo circonda una cicalata di cui ecco la fine. Ogni volta che gli av­viene di citare la Sua Casa, M toglie il cappello a cilin­dro) ... Se la Casa Gameron, Cocmandel e Compagni, che io ho l'onore di rappresentare 'Su questa piazza, si è decisa ai molteplici sacrifici di cui vi ho teste fatta l'enu­merazione, non è, o signori, per un fine puramente uma­nitario. Nessuno di voi lo crederebbe. E' falso, ed io non temo di dichiararlo altamente, che la Casa Game­ron, Coiimandel e Compagni abbia intrapreso la rovina dei grandi magazzini, ovvero del piccolo commercio, come certe persone malintenzionate han tentato di far credere, in pura perdita, del resto, spargendo a piene mani calunnie che a noi ci basta guardarle negli occhi per farle rientrare sotto terra. No, o signori, la Casa Gameron, Cormandel e Compagni non mira che a un solo, unico scopo. Esigo ha la sua importanza e ve la rivelerò subito. Io non domando alla vostra ben nota cortesia che un momento di pazienza, e ne approfitto per riassumere quanto ho detto : i sei articoli1 che sono messi a disposizione di ogni persona che ne faccia richiesta vengono consegnati dietro una parola, un movimento, un gesto, un semplice cenno. Questi sei articoli, di cui ecco la breve enumerazione, consistono: 1) In un bastone pneumatico che si ripiega su se stesso mediante una sem­plice pressione delle dita, formando così un oggetto di minuta dimensione che si può perfettamente nascondere in una tasca di media grandezza. Questo oggetto, interamente costruito d'un metallo inossidabile, rappresenta un valore commerciale di franchi tre. Io credo, o signori, che non sarò da voi tacciato di esagerazione. Basta ripor­tarsi col pensiero al prezzo esorbitante raggiunto oggi dalla mano d'opera. Proseguo: 2) Una superba guarni­zione da camicia in similoro. Tre bottoni per lo sparato; due per i polsini in alluminio refrattario, suscettibile di resistere all'azione del fuoco per più di quattro ore- Poi il bottone per il colletto, ornato d'una splendida pietra blu semi-turchese. Io vi domando, o signori, - e mi ri­volgo specialmente alle persone competenti - credete voi che un gioielliere.» e non intendo parlare dei Bucherons o dei Vevers...

Un piccolo Salumaio       -(si distacca dalla folla e inter­rompe arrogantemente lo strillone).

Lo Strillone                     - (con un sorriso pieno d'odio) Aspet­tate un momento, amico mio... Aspettate. Finisco subito e poi potrò occuparmi di voi...

Il piccolo Salumaio          -(facendo il gesto) Monta quas­sù, che vedrai Montmartre! (Esce).

Lo Strillone                     - Se preferite ritirarvi, giovanotto, nessu­no vi trattiene. Proseguo: credete voi, dico, che un mode­sto gioielliere, contentandosi d'un beneficio derisorio, pos­sa materialmente fissare questo articolo a meno di un fran­co e cinquanta? No, vero?... Ebbene, io, per il momento, lo calcolo a un franco. 3) Una scatola di sapone miracoloso, il sapone « Oceano », di cui vi ho fatto dianzi la luminosa dimostrazione, e che riduce a nulla le macchie più ribelli ridonando al tessuto lo splendore del nuovo. Io non voglio, o signori, abusare della vostra facoltà di valutazione, e ne fisso una volta per tutte, il valore al prezzo ridicolo di venticinque centesimi... 4) Un astuc­cio in celluloide di Norvegia, colorato a fuoco, e conte­nente cinquanta pastiglie d'un effetto sicuro nelle affe­zioni bronchiali. Il valore? Quale valore?... Quindici centesimi... Si può scendere più in la so? Sicuro, che si può; e ve ne do la prova. Ed ecco la meraviglia delle meraviglie: due ultimi articoli, piega-sottane, porta-sal­viette, più un rilegatore automatico, e, infine, una catena da orologio o collare da dama con un fermaglio quasi in oro... Il prezzo? Nessun prezzo!... Niente!... Rega­lato!... Zero franchi, zero centesimi, che, riuniti e for­mando totale con gli oggetti sopra enunciati, ci danno la cifra di... (Rapidamente) Tre franchi per il bastone pneumatico, un franco per la guarnizione in similoro, venticinque centesimi per il sapone « Oceano », quindici centesimi per le pastiglie salutari: quattro franchi e quaranta che la Casa Gameron, Cormaudel e Compagni, che io ho l'onore di rappresentare su questa piazza, mi ha ordinato idi convertire in un regalo. Sì, un regalo, lo pro­clamo e lo sostengo, un regalo; giacché non si tratta qui di quattro franchi e quaranta, ne idi tre franchi o d'i due franchi, e neanche idi un iranico, e neppure di cinquanta centesimi... si fratta o signori, della somma grottesca, ridicola stupefa cento, assurda idi... venti centesimi... (Tutti si frugano nelle tasche) E se, tornati in famiglia, riu­niti sotto la lampada attorno al desco dove fuma il vostro pasto serale... se per un sentimento di curiosità, ben scusabile, o signori, cercherete idi rendervi conto del motivo che ha indotto la Casa Gameron, Cormaindel e Compagni... fermatevi nelle vostre investigazioni, rinun­ciate a comprendere!... Non ci arriverete mai!... E' una «reclame! »... (Egli consegna a ciascuno di coloro che gli tendono quattro soldi gli oggetti che i compratori esaminano uscendo dalla scena).

Una Negoziante              - (rivolgendosi a un operaio) E' buo­no questo affare per togliere le macchie?

L'Operaio                        - Ma, mia buona donna, che devo dirvi? Sono venticinque anni ch'io faccio il tintore e se fosse buono me ne servirei... E' una porcheria! ,

La Negoziante                 - Alla fine, tutta questa roba, per quat­tro soldi, non è cara.

Crainquebille                   - Cavoli! Navoni! Carote! Un gruppo di Ragazzi (di ritorno dalla scuola) Che, papà Crainquebille!

Crainquebille                   - Andatevene alla scuoia, invece d'im­parar vizi nelle strade. Vero, che possono imparare nelle strade? Non possono imparare che il male... Mazzi d'a­sparagi!

Una Donna                      - Dove sono, gli asparagi?

Topolino                          - Non siete affatto furba, voi. Gli asparagi di Crainquebille sono i porri. Il porro è lo sparagio del povero. Tutti lo sanno (A uno dei monelli che si mette a frugare e a crear disordine tra le cose del carretto di Crainquebille) lasciatelo tranquillo, che ha da guadagnarsi la vita, papà Crainquebille. Se, come me, doveste guadagnarvi il pane…. Ragazzacci….

Crainquebille                   - Tu ti guadagni la vita?

Topolino                          - Bisogna bene che me la guadagni.

Un ragazzo                      - Non è vero, è uno scansafatiche. Dorme fuori di casa. È un figlio di nessuno… non ha genitori.

Crainquebille                   - Se non ha genitori, è colpa loro, dei genitori, non sua.

Un ragazzo                      - Non ha di che mangiare per sé e si permette di nutrire un cane. E mangiatelo, il tuo cane!

Topolino                          - Chi ha detto ch’io dormo per la strada? Chi l’ha detto? Che lo ripeta e poi vedremo… io non dormo per la strada, e la prova eccola qui: questa è la mia finestra.

Un ragazzo                      - E’ senza mattoni, la tua finestra. Dorme da le demolizioni.

Topolino                          - Faccio di notte la guardia al magazzino che è in riparazione. Questo prova che sono onesto. Eppoi, non voglio esser seccato!

Crainquebille                   - In che cosa t’ingegni per vivere?

Topolilno                         - Raccolgo le palle ai ragazzi che giuocano, vendo giornali, faccio commissioni. Di tutto faccio.

Crainquebille                   - Come ti chiami?

Topolino                          - Topolino.

Crainquebille                   - Ah, Topolino! Ebbene, tu hai più giudizio degli altri. Tu comprendi meglio la vita.

Topolino                          - Perché io ho sofferto la miseria. Essi non la conoscono. Quando non si è stati disgraziati, si è molto maligni.

Crainquebille                   - Tu hai sofferto la miseria?

Topolino                          - E la soffro ancora.

Crainquebille                   - Infatti non hai una buona cera. Tieni, eccoti una pera. E' un po' troppo matura, ma è d'una buona specie. E’ butirrosa.

Topolino                          - E' proprio molle. Se anche tua moglie ha il cuore così tenero... Grazie lo stesso, papà Crainquebille.

Una Ragazzina                -(che porta un pane più grande di lei, e parla come recitando la lezione) Sono belli, questi vostri cavoli?

Crainquebille                   - Da nessuno ne trovi di migliori. In coscienza...

La Ragazzina                   - Quanto costano? Mamma è malata, e non può fare la spesa.

Crainquebille                   - Che cos'ha tua madre? Dov'è malata?

La Ragazzina                   - Non so... E' malata dentro... Mi ha detto di comprare un cavolo da voi.

Crainquebille                   - Non aver paura, piccola mia, che ti servirò bene, come se servissi tua madre. E meglio anche: perché se, per una supposizione, dovessi ingannare qual­cuno, ingannerei una dorma anziana, e di quelle che si fidati poco. Non bisogna rubare a nessuno, Certamente.-A ciascuno il suo. Ma se occorresse, mi piacerebbe im­brogliare quelli che vogliono imbrogliar me. Ma fare un torto a un cherubino come te, mi rimorderebbe la co­scienza. (Le dà un cavolo) Tieni, ecco il più bel cavolo. Guardalo: sembra un senatore. (La ragazzina gli dà cinque soldi) Sono sei: ne manca uno. Mica vorrai rovinarmi?

La Ragazzina                   - Signore, mamma mi ha dato cinque soldi.

La signora Laura             - Non è quel che mangio che mi fa male: ormai non posso più cibarmi che d'insalata e ramolacci. E' vero, tuttavia, che ex sì consuma a Parigi. (Pensierosa) Vedete, papà Crainquebille, io vorrei già essere arrivata a quel giorno in cui potrò fare a meno dei vostri cavoli e delle vostre carote, in cui io stessa ne farei nascere in un orticello a ventiquattro leghe da Pa­rigi, nella mia proprietà. Si starebbe «osi tranquilli in campagna ad allevar polli e maiali!

Crainquebille                   - Verrà quel giorno, signora Laura, verrà, non vi disperate. Voi siete una donna economa e ordinata. Io non mi occupo degli affari delle clienti. Tutti i mestieri sono buoni, e c'è della gente rispettabile in ogni ceto. Ma voi siete una' persona giudiziosa. In vec­chiaia sarete ricca, ve lo dico do, e avrete una casa ove meglio vi piacerà, nel luogo dove siete nata... E 6arete rispettata da tutti, ve lo dico io. Ai piacere di servirvi, signora Laura.

La signora Laura             - . Sarà per un'altra volta, papà Crainquebille!

Crainquebille                   - Sicuro, c'è della buona gente in tutti i Mestieri. (Gridando) Cavoli! Navoni! Carote!

La signora Bayard           - (uscendo dal suo negozio di calzo­leria) Non sono mica belli, questi vostri porri. Quanto al mazzo?

Crainquebille                   - Quindici soldi, cittadina. Non ne tro­verete di migliori da nessuno. In coscienza...

La signora Bayard           - Quindici soldi tre pessimi porri? L'Agente 64   - Circolate!

Crainquebille                   - Sì, sì, quindici soldi... Via, fate pre­sto, cittadina! Avete sentito1 quel che ha detto la guardia ?

La signora Bayard           - Bisogna bene che mi scelga la merce... Quindici soldi? Mai più... Dodici soldi, volete?

Crainquebille                   - Costano di più a me, piccina mia... Pensate che debbo essere alle cinque, ed anche prima, al mercato, per avere tutto quel che c'è di meglio.

L’Agente 64                    - Circolate!

Crainquebille                   - Sì... sì... subito... Andiamo, spiccia­moci, signora Bayard.

La signora Bayard           - Dodici soldi...

Crainquebille                   - E' dalle sette che mi brucio le mani «alle stanghe gridando: «Cavoli! Navoni! Carote!»... E dovrei fare tutta questa fatica per rimetterci! A sessant’anni passati, voi capirete bene, non si fa ciò per diverti­mento!... Non ci mancherebbe altro... Credetemi, io ci guadagno sì e no due soldi.

La signora Bayard           - Be', vi darò quattordici soldi. Ma bisogna che vada a prenderli in bottegai, giacché non ho niente in tasca. (Esce).

L’Agente 64                    - Circolate!

Crainquebille                   - Aspetto il mio denaro.

L’Agente 64                    - Io non vi dico dì aspettare il vostro denaro, io vi dico dì circolare. Insomma, insomma!,.. Non sapete che bisogna circolare?

Crainquebille                   - Sono cinquant'anni che lo so, che spingo il carretto... Ma mi devono pagare, là, vedete, all'« Angelo custode », al magazzino di calzature della si­gnora Bayard. La signora è andata a prendermi quattor­dici soldi e aspetto.

L'Agente 64                    - Volete che vi « schiaffi » una contrav­venzione? Proprio lo volete? Via, liberatemi il posto... Avete capito?

 Crainquebiixe                 - Buon Dio, sono cinquant'anni che mi guadagno il pane vendendo cavoli, navoni e carote, e perché non voglio perdere quattordici soldi, voi... (Un garzoncello di salumaio è costretto a fermarsi).

L'Agente 64                    - (cavando un taccuino e un mozzicone di lapis) Datemi la vostra piastra.

Crainquebille                   - La mia piastra?

L’Agente 64                    - Sì, la vostra piastra di venditore am­bulante. (Entra un garzoncello di pasticcere con una cesta).

Crainquebille                   - Ah, caro mio, se la volete vedere, la mia piastra, bisogna venire a caga.

L’Agente 64                    - Non avete la piastra?

Crainquebille                   - Sì, ne ho una... ma la tengo a casa... Ne ho perdute già due, che mi costarono tre franchi una. Allora ho detto: facciamo punto e basta,

L’Agente 64                    - Il vostro nome?

Crainquebille                   - Ohe, non scherziamo... Perché volete farmi perdere quattordici soldi? (Impugna le stanghe e s'incammina verso la strada).

L’Agente 64                    - Volete star fermo?

Crainquebille                   - Me ne vado...

L’Agente 64                    - Troppo tardi... (Va verso Crainquebille e lo afferra per il braccio. Crainquebille si ferma proprio in tempo per ricevere sul suo carretto un carico di ma­teriale di certi imbianchini, i quali si mettono a urlare e a bestemmiare).

Gl'imbianchini                 - Non aveva altro posto da met­tersi, questo budello dì porco!

L’Agente 64                    - Vedete quel che succede per causa vostra? (Un giornalaio ciclista va a cozzare con tutto il suo apparecchio contro il carretto di Crainquebille; e urla).

Il Giornalaio                    - (che ha sul capo un pacco di centocin­quanta copie della «Patrie») Bada dove ti cacci, sozzo bubbone!

L’Agente 64                    - Vedete? Vedete?...( Si pone alla destra di Crainquebille, il quale, voltando completamente il carretto, fa proprio in tempo perché la ruota sinistra vada a incastrarsi nella ruota sinistra del carretto di uno stabilimento di bagni carico d'una vasca di rame, condotto da un uomo che sbraita e bestemmia terribil­mente) Ah, questa volta l'avete fatta proprio bella!

Crainquebille                   - Adesso come si fa a circolare?

L’Agente 64                    - Colpa vostra.

Crainquebille                   - Colpa della signora Bayard. Se fosse qua, lo riconoscerebbe lei stessa che la colpa è sua. E' strano che non sia qua la signora Bayard. Dove s'è cac­ciata? (Frattanto la gente aumenta: monelli, operai, commercianti, oziosi. Dal fondo, al seguito del carretto degli imbianchini, giunge un carro aperto da trasporto carico di casse piene di sifoni d'acqua di Seltz. Un cane galoppa sui sifoni abbaiando furiosamente. Pian piano il carro si insinua nel mucchio dei carretti e contribuisce a formare una confusione babelica di veicoli. Sessanta persone sono per la strada, sui marciapiedi, sulle scale, sui carretti; trenta sono alle finestre. Tutta questa gente s'agita in senso diverso. L'agente 64 va sulla furie, afferra Crainquebille per la spalla e gli dice)

L’Agente 64                    - Ah, voi avete detto : « Morte alle vac­che! ». Sta bene; seguitemi.

Crainquebille                   - Io ho detto...? Io?

L’Agente 64                    - Sì, che l'avete detto.

Crainquebille                   - Morte alle vacche? (Risa).

L’Agente 64                    - Ancora!

Crainquebille                   - Che cosa?

L’Agente 64                    - Voi non avete detto : « Morte alle vac­ete»? (Risa).

Crainquebille                   - Sì.

L’Agente 64                    - Ah!

Crainquebille                   - Ma io non l'ho detto a voi. (Risa).

L’Agente 64                    - Non l'avete detto a me?

Crainquebille                   - No, corpo d'un asino!

Un Uomo                        - Che succede?

Crainquebille                   - Succede che costui pretende ch'io mi sia voltato verso di lui per gridargli (si volta verso Va­gente e gli grida a mo' di dimostrazione) « Morte alle vacche! ».

L'Acente 64                     - (che sta scrivendo sul taccuino, riceve in piena faccia il grido e dice senza collera) Oh, ormai potete dirlo pure duecento volte, che quel che dovete pagare, lo pagherete lo stesso.

Crainquebille                   - Ma io voglio «piegare a questi si­gnori che non l'ho detto a voi.

Un Uomo                        - (a un altro che gli sta vicino, sorridendo) A me non me ne importa un fico, ma l'avrà detto almeno tre volte.

L'Altro                             - Ma no, è la guardia che gliel’ha fatto dire.

L'Uomo                           - Oh, non è possibile! Un agente non fa di queste cose!

L'Altro                             - Quando ha visto che il pubblico ci si di­vertiva, egli s'è seccato, e ha perso la bussola.

Crainquebille                   - E' semplicissimo 

L'Agente 64                    - Basta così! (L'agente arresta Crainque­bille. Un vecchio, il dottor Davide Mathieu, si avvicina: è vestito di nero, cappello a cilindro, capelli bianchi, nastrino di ufficiale della Legion d'Onore).

Il dottor Mathieu             - (tirando delicatamente l'agente per la manica) Permettete... permettete... Voi vi siete in­gannato.

L’Agente 64                    - Ingannato? Che dite, ingannato io?

Il dottor Mathieu             - (con calma e fermezza) Voi avete capito male... Quest'uomo non vi ha insultato.

L’Agente 64                    - Capito male?... Io?...

Il dottor Mathieu             - Ho assistito a tutta la scena ed ho perfettamente udito quel che è stato detto.

L’Agente 64                    - E allora?

Il dottor Mathieu             - E allora affermo che quest'uomo non ha pronunciato alcun insulto che giustifichi...

L’Agente 64                    - Questo non vi riguarda.

Il dottor Mathieu             - Vi domando scusa, ma io ho il diritto e ili dovere di avvertirvi d'un errore che può avere per questo brav'uomo delle conseguenze spiace­voli, ed ho il diritto e il dovere di portare la mia testimonianza...

L’Agente 64                    - Vi prego di usare altri termini.

Un Operaio                      - Il signore ha ragione. Non è vero che l'ortolano ha gridato: «Morte alle vacche! ».

La Folla                           - Sì, l'ha detto! No! Sì! No! Sì!

L'Agente 64                    - (all'operaio) Volete che arresti anche voi? (L'operaio si dilegua).

Il dottor Mathieu             - (all'agente) Voi non siete stato insultato. La frase che vi è parso di udire non è stata pronunciata. Quando sarete più calmo lo riconoscerete voi stesso.

L'Agente 64                    - Prima di tutto, chi siete voi? Io non vi conosco.

Il dottor Mathieu             - Ecco la mia carta da visita; dottor Mathieu, direttore di clinica all'Ospedale Ambroi-se-Paré.

L’Agente 64                    - Questo non mi riguarda.

Il dottor Mathieu             - Vi riguarda. Vi prego di pren­dere il mio nome e indirizzo e di scrivere la mia di­chiarazione.

L’Agente 64                    - Dunque insistete? Bene, seguitemi: vi spiegherete davanti al commissario.

Il dottor Mathieu             - E' ben questa la mia intenzione.

Un'Operaia                      - (al marito, indicandogli il dottore) Ma guarda un po' se un signore cosi distinto e bene educato debba immischiarsi in certe faccende. Se avrà delle noie, potrà dire d'essersele meritate. Non bisogna mai immi­schiarsi negli affari degli altri. Vieni, vieni... Io ho visto com'è successo. L'ortolano diceva: «E dove s'è cacciata la signora Bayard? ». E la 'guardia ha udito: « Morte alle vacche! ». Hai capito com'è andata?... Vieni, vieni, altri­menti pigliano anche te come testimonio.

La signora Bayard           - (uscendo dalla calzoleria) Ecco i vostri quattordici soldi To', l'hanno arrestato. Io non posso dare del denaro a un arrestato. Non sta bene. Credo che sia pensino proibito. (La folla ha preso parte a tutta la scena con una serie di movimenti di cui è im­possibile determinarne la tendenza. Essa sì accalca al se­guito del gruppo formato dall’agente 64, da Crainquebille e dal dottor Mathieu. Gran confusione: schiamazzo, bestemmie, richiami dì monelli, trombette di ciclisti, la­trati di cani, ecc. Nel trambusto una madre si ferma nel mezzo della scena e dà un ceffone al figliuolo che tenta di sfuggirgli di mano per seguire la folla).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Un'aula della Corte correzionale.

Il presidente Bourriche    - (leggendo una sentenza) « Il Tribunale, dopo aver deliberato conformemente alla legge, attesoché».

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - «...attesoché risulta suffi­cientemente provato dagli atti dell'incartamento e dalle deposizioni udite all'udienza, che il 3 ottobre, Fromage Alessandro, s'è reso colpevole del reato di mendicità, reato previsto e punito dall'articolo 274 del Codice Penale, applicandogli il detto articolo, condanna Fromage Alessandro a sei giorni di .prigione ». (Fromage, che è seduto a lato di Crainquebille, viene condotto fuori dall’aula da due guardie. Una pausa. Rumori. Il presidente riprende, sfogliando un incartamento) Voi vi chiamate Crainquebille….Alzatevi in piedi... Dunque, voi vi chia­mate Crainquebille Girolamo, nato a Poissy (Senna), il 14 luglio 1843. Non siete stato mai condannato.

Crainquebille                   - E’ la verità. Io non devo niente a nessuno. Un soldo è un soldo. Io sono preciso in tutto. Chi mi conosce lo sa.

Il presidente Bourriche    - Tacete... Il venticinque luglio ultimo scorso, a mezzodì, in via Beaujolais, voi avete ingiuriato, oltraggiato un agente della forza pub­blica nell'esercizio delle sue funzioni. Voi l'avete trattato da «V...» (Egli non pronuncia che la prima lettera). Riconoscete i fatti?

Crainquebille                   - (rivolgendosi al suo avvocato) Ma che cosa dice? E' con me che parla?

Il presidente Bourriche    - Voi avete pronunciato

delle minacce. Avete gridato : « Morte alle v... » (C. «.).

Crainquebille                   - Morte alle vacche, volete dire?

Il presidente Bourriche - Dunque, non negate?

Crainquebille                   - Su quel che ho di più sacro al mondo, sul capo di mia figlia, se ne avessi una, dichiara che non ho insultato l'agente. Questa è la verità.

Il presidente Bourriche    - Ricostruite la scena... Espo­nete come, a vostro giudizio, i fatti si sono svolti.

Crainquebille                   - Signor presidente, io sono un galan­tuomo. Io non devo niente a nessuno. Un soldo è un soldo. Io sono preciso in tutto. Tutti lo possono dire. E' da quarant’anni che mi conoscono, al mercato e nel sobborgo di Montmartre, e dappertutto... A quattordici anni io già mi guadagnavo la vita...

Il presidente Bourriche    - Io non vi chiedo la vostra biografia. (Movimenti nell’aula).

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - Io vi chiedo di dire come, secondo voi, s'è svolta la scena che ha preceduto il vostro arresto.

Crainquebille                   - Quel che posso dirvi, è che in quarant'anni che faccio il mio .mestiere, ho imparato a co­noscer bene le guardie. Appena ne vedo una da una parte, io me la batto dall'altra. Così non ho avuto mai a che dire con esse. Ma in quanto ad ingiuriarle con parole od altro, mai; non è nel mio carattere. Perché dovrei cambiare alla mia età?

Il presidente Bourriche    - Voi avete resistito alle ingiunzioni dell'agente che vi intimava di Circolare.

Crainquebille                   - Oh, circolare!... Avreste dovuto ve­dere!...! carretti erano entrati uno dentro l'altro, e non c'era verso di dare neanche un mezzo giro a una ruota.

Il presidente Bourriche    - Infine, riconoscete di aver detto: «Morte alle v...? ».

Crainquebille                   - Io ho detto « Morte alle vacche! » perché il signor agente ha detto «Morte alle vacche! ». Allora io ho detto « Morte alle vacche! ». Capite, com'è stato?

Il presidente Bourriche    - Voi dunque pretendete che l'agente abbia pronunciato il grido per primo?...

Crainquebille                   - (disperando di non poter riuscire a spiegarsi) Io non pretendo niente... Io...

Il presidente Bourriche    - Non insistete: avete ra­gione. Sedetevi. (Pausa. Movimenti del pubblico).

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - .Sentiamo i testimoni. Usciere, fate entrare il primo testimonio.

L'Usciere                         - (uscendo dall’aula va in mezzo al pubblico e chiama ad alta voce) Agente Bastiano Matrà. (Entra Matrà; egli ha il cinturino).

Il presidente Bourriche    - Il vostro nome, età e pro­fessione.

Matrà                               - Matrà Bastiano, nato il 15 agosto 1870 a Bastia           (Corsica). Agente dell'ordine numero 64.

Il presidente Bourriche    - Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Dite: lo giuro.

Matrà                               - Lo giuro.

Il presidente Bourriche    - Fate la vostra deposizione.

Matrà                               - (si toglie il cinturino) Trovandomi in ser­vizio, il 20 ottobre, sull'ora di mezzodì, notai in via Beaujolais un individuo che dall'aspetto mi parve un venditore ambulante, e che teneva il suo carretto inde­bitamente fermo all'altezza del numero 28, causando così un ingombro di veicoli. Gli intimai per tre volte l'ordine di circolare; e per tre volte egli rifiutò di ottemperarvi. E mentre io l'avvertivo che avrei steso il verbale, egli mi rispose gridando: «Morte alle vacche!» grido che gli sembrò ingiurioso.

Il presidente Bourriche    - (con fare paterno, a Crain­quebille) Sentite quel che dice l'agente?

Crainquebille                   - Io ho detto: «Morte alle vacche!» perché lui ha detto: «Morte alle vacche! ». Allora io ho detto: «Morte alle vacche! ». E' così facile a capirsi!

Il presidente Bourriche    - (che non ha ascoltato e che già si prepara a redigere la sentenza) Non ci sono altri testimoni?

L’Usciere                         - Sì, signor presidente, ce ne sono an­cora due.

Il presidente Bourriche    - Come, ancora due?

L'avvocato Lemerle         - Abbiamo fatto citare due te­stimoni a discarico.

Il presidente Bourriche    - Avvocato, ci tenete pro­prio a che siano uditi?

Lemerle                           - Ma sì, signor presidente.

Il presidente Bourriche    - (sospira; poi alludendo all'agente che si sta rimettendo il cinturino) L'agente non si ritiri...

L'Usciere                         - (chiama) Signora Bayard! (Entra la si­gnora Bayard, elegantemente vestita).

Il presidente Bourriche    - Il vostro nome, cognome, età e professione...

La signora Bayard           - Paolina Felicita Bayard, nego­ziante in calzature, via Beaujolais, numero 28.

Il presidente Bourriche    - Che età avete?

La signora Bayard           - Trent'anni. (Movimenti nella sala).

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - Giurate di dire tutta la verità, nient'altro che la verità. Alzate la mano e dite: lo giuro. (La signora Bayard alza la mano) Toglietevi il guanto dalla mano destra... Usciere, fatele togliere il guanto... (Ella si toglie il guanto) Dite: lo giuro.

La signora Bayard           - Lo giuro.

Il presidente Bourriche    - Fate la vostra deposizione.

Crainquebille                   - Ha l'aria di non riconoscermi. È superba, la signora Bayard.

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - (alla signora Bayard) Dite quel che sapete. (La signora Bayard tace) Dite quel che sapete della scena che ha preceduto l'arresto di Crainquebille.

 La signora Bayard          - (a bassa voce) Comperavo un mazzo di porri, quando l'ortolano mi ha detto: spic­ciatevi. Allora io gli ho risposto...

Il presidente Bourriche    - Parlate chiaramente.

La signora Bayard           - ... gli ho risposto che volevo scegliere la merce. In quel momento, una cliente è en­trata in negozio, ed io sono andata a servirla. Era una signora col suo bambino.

Il presidente Bourriche    - E questo è tutto quello che avete da dire?

La signora Bayard           - Mentre l'ortolano si spiegava con la polizia, io provavo un paio di scarpette al bam­bino di >diciotto mesi... gli provavo un paio di scar­pette azzurre...

Il presidente Bourriche    - (a Lemerle) Avvocato, avete nessuna domanda da rivolgere alla teste? (Lemerle fa un cenno di diniego) E voi Crainquébille? Avete nes­suna domanda da rivolgere alla teste?

Crainquébille                   - Ma sì, ho una domanda da rivol­gerle...

Il presidente Bourriche    - Fate.

Crainquébille                   - Domando alla signora Bayard se io ho detto « Morte alle vacche ». Essa mi conosce, è una mia cliente, e può dire se è nel mio carattere dire delle frasi di questo genere. (La signora Bayard tace) Potete parlare, «ignora Bayard: voi siete una cliente, una vec­chia cliente.

Il presidente Bourriche    - Non interpellate il testi­monio. Parlate al tribunale.

Crainquébille                   - (che non sa evidentemente sottilizzare) Via, signora Bayard, noi ci conosciamo. E la prova è che imi dovete quattordici soldi. Oh, non ve lo dico certo per reclamarli, giacché, grazie a Dio, io sono superiore a quattordici soldi! (Risa. Rumori).

L’Usciere                         - Silenzio!

Crainquébille                   - Ma è per dimostrare che siete mia cliente.

La signora Bayard           - (a Crainquébille) Io non vi co­nosco. (Esce).

Il presidente Bourriche    - (alla testé) Potete riti­rarvi. (A Lemerle) Questa deposizione non contraddice in nulla quella dell'agente. C'è ancora un testimonio?

L’avvocato Lemerle        - Uno solo.

Il presidente Bourriche    - Avvocato, voi insistete che sia udito dal tribunale?

L’avvocato Lemerle        - Signor presidente, io ritengo la deposizione che ora udrete utile alla dimostrazione della verità. Essa verrà fatta da un uomo eminente, la cui testimonianza, a mio avviso, è importante, capitale, decisiva.

Il presidente Bourriche    - (rassegnato) Fate entrare Fultimo testimonio.

L’Usciere                         - Dottor Mathieu! (Il dottor Mathieu entra).

Il presidente Bourriche    - Il vostro nome, cognome, età e professione.

Il dottor Mathieu             - Mathieu Pietro Filippo Davide, sessanta due anni, medico primario dell'ospedale Am-broise-Paré, ufficiale della Legion d'Onore.

Il presidente Bourriche    - Giurate di dire tutta la verità, niente altro che la verità. Alzate la mano e dite: lo giuro.

 Il dottor Mathieu            - Lo giuro.

Il presidente Bourriche    - (a Lemerle) Avvocato Le­merle, quale domanda desiderate fare al testimonio?

L’avvocato Lemerle        - Il dottor Mathieu era presente al momento dell'arresto di Cramquebille. Vi prego, si­gnor presidente, di domandargli ciò che ha visto e udito.

Il presidente Bourriche    - (al testimonio) Avete udi­to la domanda?

Il dottor Mathieu             - Mi trovavo tra la folla riunita intorno all'agente, mentre intimava all'erbivendolo di circolare. Tale era l'ingombro dei veicoli, che riusciva impossibile muoversi. Cosà fui testimonio della scena che seguì, e posso affermare che non ne persi una pa­rola. Ho perfettamente notato che l'agente aveva preso un abbaglio: egli non era stato insultato! L'ortolano non aveva emesso il grido che all'agente era parso di udire. La mia osservazione fu corroborata da quella delle persone che mi circondavano e che furono una­nimi nel constatare l'errore. Mi avvicinai all'agente e lo avvertii dell'equivoco, gli feci considerare che quest'uomo non lo aveva affatto ingiuriato, ma che, al con­trario, aveva tenuto un linguaggio riservatissimo. L'a­gente mantenne l'ortolano in stato idi arresto, e un po' rudemente invitò me a seguirlo davanti al commissa­rio. Ciò ch'io feci, ripetendo la mia dichiarazione da­vanti al commissario.

Il presidente Bourriche    - (glaciale) Va bene. Po­tete sedervi... Matrà. (Matrà dopo aver deposto il cin­turino, oggetto di tutti i suoi pensieri, torna alla sbarra) Matrà, quando avete proceduto all'arresto dell'accusato, il signor dottor Mathieu non vi ha fatto osservare che vi ingannavate? (Silenzio di Matrà) Voi avete udito la deposizione del signor dottor Mathieu? Vi domando se, quando avete proceduto all'arresto di Crainquébille, il signor dottor Mathieu vi ha fatto comprendere come egli ritenesse che voi vi eravate ingannato.

Matrà                               - Ingannato? Ingannato... Vale a dire, signor presidente, ch'egli mi ha insultato.

Il presidente Bourriche    - E che cosa vi ha detto?

Matrà                               - Mi ha detto « Morte alle vacche! ».

Il presidente Bourriche    - (precipitosamente) Potete ritirarvi. (Mentre Matrà si rimette il cinturino, rumori e tumulto nell'aula, sorpresa dolorosa nel pallido volto del dottor Mathieu),

L'avvocato Lemerle         - (agitando le maniche della toga in mezzo al tumulto) Io lascio le parole del testimonio all'apprezzamento del tribunale. (Il tumulto continua).

Una voce nell'aula           - (tra il baccano) Ha avuto il fatto suo, la guardia! Eccoti bell'e assolto, papà Crain­québille.

L’Usciere                         - Silenzio! (La calma si ristabilisce a poco a poco).-

Il presidente Bourriche    - Queste manifestazioni sono estremamente indecenti. Avverto che qualora si ripetes­sero, farò immediatamente sgombrare l'aula... La parola è all'avvocato Lemerle. (Lemerle spiega il suo incarta­mento). Avvocato, parlerete a lungo?

L’avvocato Lemerle        - No. Io reputo che la deposizione dell'agente Matrà abbia singolarmente abbreviato la mia arringa, e se questo sentimento è condiviso dal tribu­nale, io...

Il presidente Bourriche    - (seccamente) Io vi do­mando se parlerete a lungo!

L’avvocato Lemerle        - Venti minuti al massimo.

Il presidente Bourriche    - (rassegnato) Avete la parola.

L’avvocato Lemerle        - Signori, io apprezzo, io stimo, io rispetto gli agenti della Prefettura. Un incidente di udienza, per quanto caratteristico, non potrebbe allon­tanarmi dai sentimenti favorevoli che io professo al ri­guardo di questi modesti servitori della società che, mercè una retribuzione irrisoria, sopportano le più dure fatiche, affrontano continui pericoli, e praticano l'eroi­smo, il più difficile degli eroismi, forse. Essi sono dei vecchi soldati, e che restano soldati... (Rumori tra il pubblico).

Una voce                         - Ecco che difende le guardie!... Ma di­fendi Crairiquebille, ipocritone! (Una guardia espelle uno spettatore).

L'Espulso                         - Io non ho detto niente... Vi dico che non ho detto niente!

L'avvocato Lemerle         - (continuando) Non sarò certo io a negare i servigi modesti e preziosi che deridono giornalmente gli agenti dell'ordine alla laboriosa popo­lazione di Parigi. E non avrei mai consentito, o signori, di assumere la difesa di Crainquebille se avessi rico­nosciuto in lui l'uomo capace di ingiuriare un vecchio soldato. Ma esaminiamo i fatti. Si accusa il mio cliente di aver detto: «Morte alle vacche! ». Io posso, senza ferire le vostre orecchie, ripetere ad alta voce il nome della indolente regina dei prati, della buona e pacifica lattaia. Non già ch'io voglia disconoscere il carattere ingiurioso che acquista questo nome in certe circostanze in certe bocche. Ce anche in questa parola, o signori, un piccolo problema assai curioso di filologia popolare. Se voi aprite il dizionario della « Langue verte », che riporta i termini in gergo, vi leggerete (legge) « Vachard », pigro, fannullone ; che si sdraia pigramente a guisa di vacca, invece di lavorare. « Vache » (vacca), colui che si vende alla polizia, cioè spia. « Morte alle vacche! » ai dice per l'appunto in certi ambienti. Ma tutta la questione è qui: come Crainquebille ha detto? E ancora: l'ha veramente detto? Permettetemi, o si­gnori, di dubitarne. Io non sospetto l'agente Matrà di alcuna cattiva intenzione. Ma egli compie, come abbia­mo detto, una mansione penosa. E' talvolta stanco, spos­sato, esaurito. In queste condizioni, egli può essere stato vittima di una specie di allucinazione della coscienza. Perché quando egli viene a dirvi, o signori, che il dot­tor Davide Mathieu, ufficiale della Legion d'Onore, me­dico primario dell'ospedale Ambroise-Paré, un principe della scienza e un uomo d'esperienza, quando viene a dirvi che costui ha gridato «Morte alle vacche! » noi siamo costretti a riconoscere che Matrà è posseduto dalla malattia dell'ossessione, e, se il termine non è eccessivo, dalla mania di persecuzione.

Voci nell'uditorio            - (espressioni rumorose e tumul­tuose di approvazione) Ma sì! Ma sì! Non c'è biso­gno di farla tanto lunga! Abbiamo capito! Benone! Be­nissimo!

L’Usciere                         - Silenzio!

Il presidente Bourriche    - Ogni segno di disapprovazione o di approvazione è severamente proibito. Ordino alle guardie di espellere i disturbatori. (Silenzio glaciale).

L’avvocato Lemerle        - Signori, io ho qua, sotto gli occhi, un libro che fa autorità in materia: « Il trat­tato delle allucinazioni », d'i Brierre de Boismont, dot­tore in medicina della facoltà di Parigi, cavaliere degli ordini della Legion d'onore, del merito militare di Po­lonia, ecc. Il trattato spiega che le allucinazioni dell'udito sono frequenti, frequentissime, e che persone sane di mente possono esserne colpite sotto l'influenza di un'emozione viva, d'una stanchezza eccessiva, di so­verchia fatica intellettuale o fisica. E qual'è la natura ordinaria, costante, di queste allucinazioni? Qual'è la parola che l'agente Matrà crederà di udire, in questo stato di malessere, che occasiona le false percezioni dell'orecchio? Ve lo dice il dottor Brierre de Boismont (legge) «La maggior parte delle illusioni sono legate alle preoccupazioni, alle abitudini, alle passioni dei ma­lati ». Notate bene, o signori: alle preoccupazioni, alle abitudini... E' così che, in stato di allucinazione, il chi­rurgo udrà i lamenti dei pazienti; l'agente di cambio gli ordini di borsa; l'uomo politico le violente interruzioni dei deputati, suoi colleghi; l'agente di polizia il grido di: «Morte alle vacche! ». C'è bisogno d'insistere, o si­gnori? (Diniego del presidente) E allora, ammesso pure che Crainquebille abbia gridato: «Morte alle vacche! », resterebbe a sapere se la frase acquista nella sua bocca il carattere di un reato. Signori, in materia di contravven­zione, basta che la contravvenzione sia constatata, che poco importa la buona o cattiva fede del contravventore. (Mormorii) Ma qui siamo in diritto penale, in rigoroso diritto. Quel che il tribunale persegue, quel che voi pu­nite, o signori, è l'intenzione delittuosa. Dinanzi al tri­bunale correzionale, l'intenzione diventa l'elemento es­senziale del reato. Ebbene, nel caso in esame, esiste l'in­tenzione (Nuovi prolungati mormorii).

L’Usciere                         - Silenzio!

L’avvocato Lemerle        - Crainquebille è figlio di una venditrice ambulante, perita miseramente fra le sregola­tezze alcoliche e sessuali. Egli ...

Una voce                         - Adesso insulta sua madre!

L’avvocato Lemerle        - ... egli è nato alcolizzato. Di intelligenza naturalmente limitata, insulta, egli non agi­sce che sotto l'impulso dei suoi istinti. E, permettete che ve lo dica, questi istinti non sono in fondo cattivi; ma sono bestiali. La sua anima è rivestita di un involucro tale che non permette a nessun sentimento di penetrarvi. Egli non comprende esattamente né ciò che gli si dice, ne ciò che lui medesimo dice. Le parole non hanno per lui che un senso confuso e rudimentale. E' uno di quegli esseri miserabili, dipinti a così foschi colori dal pennello di La Bruyère, uno di quegli uomini che si prendereb­bero per animali a vederli curvi a terra. Eccolo qui davanti a voi, abbrutito da sessant'anni di miseria. Or­bene, o signori, voi affermerete ch'egli è un irrespon­sabile. (Lemerle si siede).

Il presidente Bourriche    - Il tribunale delibera. (Ru­mori. I due giudici assistenti si chinano sul presidente, che mormora).

Crainquebille                   - (al suo difensore) Si vede bene che siete istruito, per parlare così d'improvviso. Voi parlate bene, ma parlate troppo in fretta. Impossibile compren­dere quel che dite. Io non so di che avete parlato; ma vi ringrazio lo stesso... Soltanto.»

L’Usciere                         - Silenzio!

Crainquebille                   - Quando costui grida mi sembra di ricevere un pugno nello stomaco... Soltanto, voi avreste dovuto dir loro che io non debbo niente a nessuno. Perché è vero. Io sono rigoroso: un soldo è un soldo. Ma forse voi l'avete detto senza che io me ne sia accorto... Eppoi avreste dovuto domandar loro dove mi hanno cac­ciato il carretto.

L’avvocato Lemerle        - Nel vostro interesse, è meglio che ve ne stiate tranquillo.

Crainquebille                   - Che cosa fanno ora? Covano la mia sentenza? Santo Dio, quanto ci mettono!

L’Usciere                         - Silenzio! (Il silenzio si ristabilisce).

Il presidente Bourriche    - (leggendo su dei fogliettini di carta, partecipazioni di morte, di matrimoni, fatture, ecc.) : « II tribunale... ».

Una Voce                        - (insorgendo tra la folla silenziosa) As­solto!...

Il presidente Bourriche    - (lanciando all’interruttore uno sguardo fulminante) ...dopo aver deliberato conforme­mente alla legge, atteso ché risulta provato dagli atti dell'incartamento e dalle deposizioni udite all'udienza, che il 25 luglio, giorno del suo arresto, Gerolamo Crainquebille si è reso colpevole del reato... (Un sordo e formi­dabile mormorio si leva dal fondo della sala: il presi­dente oppone al mormorio uno sguardo tagliente come una spada, e continua la lettura nel silenzio subito rista­bilito) ... si è reso colpevole del reato di oltraggio verso un depositario della forza pubblica, reato previsto e pu­nito dall'articolo 224 del Codice penale, applicandogli il detto articolo, lo condanna a quindici giorni di prigione, e a franchi cinquanta di ammenda... ». L'udienza è sospesa. (Rumori).

Voci confuse                   - Questa è forte!... Non l'avrei mai cre­duto!... E’ dura, non c'è che dire!

Crainquebille                   - (alla guardia) Allora, io sono un condannato? (Il tribunale si ritira. Quando le guardie stanno per condurre via Crainquebille, Lemerle fa cenno che ha qualcosa da dire, e raccoglie le sue carte, parla coi colleghi, ecc. Crainquebille, alla guardia) Guar­dia! Guardia!... Ehi, guardia, dico a voi!... Chi l'avrebbe detto, soltanto quindici giorni fa, che mi sarebbe accaduto quello che mi accade. Persone perbene, quei signori del tribunale, non c'è che dire. Mai parole grosse. Ma non ci si può spiegare con essi. Non se ne ha il tempo. Non per colpa loro, veh! ma non se ne ha il tempo. Non vi pare, guardia? Perché non rispondete? (Silenzio) Si parla pure a un cane! Perché non parlate? Non aprite mai bocca, voi. Avete paura che vi puzzi il fiato?

L'avvocato Lemerle         - (a Crainquebille) Ebbene, ami­co... non ci possiamo lamentare troppo. Avremmo potuto avere di peggio. .

Crainquebille                   - E' possibile.

L’avvocato Lemerle        - Che volete?... Voi non avete seguito i miei consigli. Il vostro sistema di reticenze era d'un'insigne balordaggine. Avreste fatto meglio a con­fessare.

Crainquebille                   - Figliuolo mio, io non domandavo di meglio. Ma che dovevo confessare? (Pensieroso) Però, è straordinario quello che mi succede.

L'avvocato Lemerle         - (Non esageriamo. Il caso non èraro, fuori di qui!... Suvvia, coraggio!

Crainquebille                   - (mentre le guardie lo conducono fuori dall'aula, si volge e dice) Sapreste dirmi dove mi hanno cacciato il carretto?

Aubarrée                          - (a Lermite) Che cosa fai tu qui?

Lermite                            - Termino uno schizzo. Durante l'udienza sono stato costretto a disegnare nel fondo del cappello. E non è comodo... Ora prendo qualche particolare...

Aubarrée                          - Gli hai messo il presidente Bourriche?

Lermite                            - E' lui che ha condannato l'ortolano?

Aubarrée                          - Sì, si chiama Bourriche.

L'avvocato Lemerle         - (all'usciere) Lampérière, sapete se la causa Goupy, alla terza sezione, è stata rinviata?

L’Usciere                         - Nossignore, si discute oggi.

L’avvocato Lemerle        - Corpo d'un cane, bisogna che scappi!... Tornerò alla ripresa dell'udienza. Ho un rinvio da chiedere al presidente Bourriche.

Lermite                            - (con fare sgraziato, frugandosi in tasca, chiama Lemerle, il quale non sente, ed esce) Avvocato Lemerle... Avrei una parola da dirvi. To', se n'è andato...

Aubarrée                          - Tornerà alla ripresa dell'udienza. Che cosa hai da dire a quell'individuo?

Lermite                            - Niente... Ho... Niente... Che ne dici, vecchio mio, non ti sembra forte la condanna di quel povero ortolano?

Aubarrée                          - Crainquebille... E' forte, se vuoi; ma non straordinariamente forte. (Guardando lo schizzo) Ci farai! un quadretto su questo schizzo?

Lermite                            - Sì. Le scene del palazzo di giustizia sono molto richieste. Ho venduto questa mattina due avvocati f per cento franchi. Guarda, ho il foglio in tasca.

Aubarrée                          - Ti credo senza bisogno che tu lo cavi fuori.

Lermite                            - Tu hai un bel dire, Aubarrée; ma che il giudici abbiano condannato quel pover'uomo senza prove...

Aubarrée                          - Senza prove?

Lermite                            - A dispetto della deposizione del professor 3 Davide Mathieu, e sulla sola testimonianza dell'agente, ciò mi sembra incredibile. Io non ci capisco niente!

Aubarrée                          - Eppure, è facile a capirsi.

Lermite                            - Come? Preferire alla parola disinteressata di un uomo di gran merito, di un'alta intelligenza, il raglio di quell'essere ignaro tetro e cocciuto! Credere all'asino piuttosto che allo scienziato: tu trovi naturale questo? Ma è mostruoso. Questo presidente Bourriche è I faceto e sinistro.

Aubarrée                          - Non dire così, Lermite, non dire così. Il presidente Bourriche è un magistrato rispettabile, che ha dato una nuova prova del suo intelletto giuridico.

Lermite                            - Nel processo Crainquebille?

Aubarrée                          - Senza dubbio. Opponendo l'una all'altra le deposizioni contraddittorie dell'agente 64 e del professor Davide Mathieu, il giudice si sarebbe cacciato da una via dove non s'incontra che dubbio e incertezza. Il I presidente Bourriche è una mente troppo giuridica per I far dipendere le sue sentenze dalla ragione e dalla scienza, le cui conclusioni sono soggette a eterne dispute,

 Lermite                           - Cosicché un giudice deve rinunciare a sapere?

Aubarrée                          - Sì, ma non deve rinunciare a giudicare. A vero dire, il presidente Bourriche non considera Ba­stiano Matrà, considera l'agente 64. Un uomo è fallibile, pensa egli: Descartes e Gassendi, Leibnitz e Newton, Claude Bernard e Pasteur si sono ingannati spesso. Ma l'agente 64 non si inganna. E' un numero. E un numero non è soggetto a errore.

Lermite                            - Questa è una maniera di ragionare...

Aubarrée                          - Irrefutabile. Eppoi, c'è un'altra cosa. L'a­gente 64 è un depositario della forza pubblica. Tutte le spade di uno stato debbono essere rivolte nel medesimo senso. Opponendo le une alle altre...

Lermite                            - Si turba l'ordine pubblico. Ho capito.

Aubarrée                          - Infine, se il tribunale giudicasse contro la forza, chi eseguirebbe le sue sentenze? Senza i gen­darmi, il giudice non sarebbe che un povero illuso. (En­tra Lemerle).

L’avvocato Lemerle        - Aubarrée, vi aspettano alla quarta sezione... Come! l'udienza non è stata ancora ripresa?

Aubarrée                          - Ma no.

L’avvocato Lemerle        - L'usciere dov'è?

Lermite                            - Scusate, avvocato... Desidererei sapere se la condanna all'ammenda comporta, in caso di mancato pagamento, un prolungamento di pena.

L’avvocato Lemerle        - Sì.

Lermite                            - Allora volete essere tanto cortese di con­segnare cinquanta franchi a quell'ortolano?...

L’avvocato Lemerle        - A Grairaquebille?

Lermite                            - Sì, ma senza dirgli da chi gli viene questo denaro.

L’avvocato Lemerle        - Volentieri, signore.

Lermite                            - Però, io non ho che un foglio da cento franchi...

L'avvocato Lemerle         - (frugandosi nelle tasche) Vedia­mo, forse... No... ho soltanto tre luigi... No... Ah, sì, aspettate, ho dieci franchi: quaranta e dieci cinquanta. Ecco, signore.

Lermite                            - Grazie.

L’avvocato Lemerle        - Sono io che ringrazio voi per lui.

Il dottor Mathieu             - (entrando, a Lemerle) Avvocato, siete voi che avete difeso Crainquebille? Vi cercavo.

L’avvocato Lemerle        - Sì, signor... dottor Mathieu. Voi avete testimoniato in favor nostro.

Il dottor Mathieu             - Potreste consegnare questi cin­quanta franchi al vostro cliente per pagare l'ammenda?

L’avvocato Lemerle        - Con molto piacere. Ma ho già ricevuto cinquanta franchi dal signore (addita Lermite) per la medesima destinazione.

Il dottor Mathieu             - Oh, signore!... (Inchini. Pausa).

L'avvocato Lemerle         - (tenendo in una mano i cinquanta franchi di Lermite e nell'altra i cinquanta franchi del dottore) Che pensate di fare, signori?

Il dottor Mathieu             - Ebbene, cinquanta franchi per l'ammenda...

Lermite                            - Sì; e cinquanta franchi per quando uscirà.

L’avvocato Lemerle        - Benissimo! (Esce. Breve silen­zio. Davide Mathieu e Lermite si salutano con simpatia. Davide muove per uscire, seguito da Lermite. In prossimità della soglia Davide si arresta, e si volge verso Ler­mite, che gli è accanto. I due uomini, con la mano tesa, pronunciano insieme: « Permettete... ». Si sorridono, si stringono cordialmente la mano, ma non senza una certa malinconia. Davide esce).

L'Usciere                         - (annuncia) Il tribunale.

Lermite                            - Si ricomincia.

Fine del secondo tempo

ATTO TERZO

Notte.

Il Venditore di bruciate   - Calde, le castagna, calde! (Serve un soldo di castagne ad un fanciulletto).

Crainquebille                   - (uscendo dalla bottega del vinaio con un brontolio di disputa) Ma guardate se son cose da farsi! Perché gli chiedo un bicchiere a credito, è una buona ragione questa per trattarmi come un malfattore?

Il Venditore di bruciate   - Credito è morto. L'hanno ucciso i cattivi pagatori.

Crainquebille                   - Io domando a voi se è giusto che mi si rifiuti un bicchiere a credito. Come se non mi avesse rubato abbastanza, quando avevo quattrini da spendere. Ladro! Sì, ladro! Non glielo mando mica a dire!

Il Venditore di bruciate   - Esce da prigione e tratta la gente da ladri.

Alfonso                           - (è un ragazzetto di dodici anni; esce dalla bottega del vinaio, e dice a Crainquebille con un tono estremamente garbato) Dite, è vero che si sta bene in gattabuia?

Crainquebille                   - Moccioso! (Gli sferra un calcio nel fondo della schiena. Alfonso rientra in bottega piagnUgo ­lando) Tuo padre dovrebbe esserci in gattabuia, invece di arricchirsi vendendo veleno!

Il Vinaio                          - (seguito dal figlio) Se non aveste i capelli bianchi, vi insegnerei io a picchiare mio figlio. (Al figlio) Su, in bottega, canaglia! (Rientrano in bottega).

Crainquebille                   - (al venditore di bruciate) Eh, hai sentito ?

Il Venditore di bruciate   - Che vuoi? Ha ragione. Non sta bene picchiare i figli degli altri, né rimproverar loro il padre che non hanno scelto... Da due mesi che sei uscito di laggiù, mio vecchio Crainquebille, tu non sei più lo stesso uomo: ti sei fatto permaloso e sboccato. Ma questo non sarebbe niente. Ormai non sei più buono che ad alzare il gomito.

Crainquebille                   - Io non sono stato mai un bettolante, ma ora è così: di quando in quando bisogna che beva un bicchiere per darmi forza e rinfrescarmi. Certo, io debbo avere qualcosa che mi brucia dentro; e non c'è che una buona bevuta che possa rinfrescarmi.

Il Venditore di bruciate   - Questo non sarebbe niente, ti dico; il guaio è che ti sei infiacchito, sei diven­tato un buono a nulla. Un uomo nel tuo stato, è quanto dire un uomo caduto a terra e incapace di risollevarsi. Tutti quelli che passano lo pestano.

Crainquebille                   - E' vero, non ho più il coraggio che avevo una volta. Sono finito. Tanto va la secchia al pozzo finché ci lascia il manico. Eppoi, dopo la condanna, non ho più il medesimo carattere. Non sono più lo stesso uomo, ecco. Che vuoi? Mi hanno arrestato per aver gridato: «Morte alle vacche! » E non era vero. E5 stato un medico, un decorato a dire che non era vero. Ma i giudici non 'hanno voluto saper niente. Vedi, i giudici, Sion tutte garbate persone, non dicono mai parole grosse; ma non c'è verso di potersi spiegare con essi. Mi hanno dato cinquanta franchi; ma mi hanno così mal ridotto il carretto che mi ci son voluti quindici giorni prima di rimetterlo in uso. Tutto ciò è veramente straordinario. Ti giuro, è stato come se fossi andato a teatro.

Il Venditore di bruciate   - Ti hanno dato cinquanta franchi? Questa è nuova: una volta non si faceva.

Crainquebille                   - Bisogna esser giusti. Questi cinquanta franchi me li hanno dati di seconda mano. Eppoi devo dirti in prigione ci si stia bene. E' un luogo decente, non si può dire il contrario. Ben tenuto, pulito. Davvero! Uno potrebbe mangiare per terra. Ma quando si esce di li, allora son guai: nessun mezzo di lavorare, nessun mezzo di guadagnare un soldo. Tutti ti voltano le spalle.

Il Venditore di bruciate   - Ascolta un consiglio. Cam­bia quartiere.

Crainquebille                   - O la signora Bayard, la calzolaia, non mi fa la boccaccia quando passo davanti alla sua bottega? Mi piglia in giro, capisci? E pensare che è per colpa sua che mi hanno arrestato. E il peggio è che mi deve quattordici soldi. Glieli avrei chiesti poco fa, ma aveva una cliente. Oh, aspetti pure: non perderà niente ad aspettare.

Il Venditore di bruciate   - Dove vai?

Crainquebille                   - Vado a parlare alla signora Bayard.

Il Venditore di bruciate   - Lascia andare.

Crainquebille                   - Come? Ho pur diritto di pretendere i miei quattordici soldi. Ne ho bisogno. E se non me li dà lei, me li dai tu? Se è così, dillo.

Il Venditore di bruciate   - -Neanche a pensarci. Già, per farmi cavare gli occhi dalla calzolaia. Te ne ho dati abbastanza di pezzi da venti e da quaranta soldi, da due mesi a questa parte.

Crainquebille                   - lo non posso mica crepare come un cane. Non ho più un centesimo.

Il Venditore di bruciate   - (richiamandolo) Crainque­bille?... Sai che dovresti fare?

Crainquebille                   - Che cosa?

Il Venditore di bruciate   - Dovresti cambiar quartiere.

Crainquebille                   - Non è possibile. Io sono come la capra: bisogna che pascoli nel luogo dov'è affezionata, e ci pascoli ancorché vi siano solamente ciottoli. (La signora Bayard accompagna una cliente fino alla porta del suo negozio. Quando la cliente svolta l’angolo della strada, va diritta verso Crainquebille e l'apostrofa vivacemente).

La signora Bayard           - Che volete da me?

Crainquebille                   - E' inutile che mi guardate con quegli occhi come se fossero due pistole... Io voglio i miei quat­tordici soldi.

La signora Bayard           - (cadendo dalle nuvole) I vostri quattordici soldi?

Crainquebille                   - Sì, i miei quattordici soldi.

La signora Bayard           - Prima di tutto, io vi proibisco di entrare nel mio negozio, come avete fatto prima. O che maniere son queste?

Crainquebille                   - Va bene! Va bene! I quattordici soldi...

La signora Bayard           - Io non so che cosa vogliate dire con i vostri quattordici soldi. Del resto, sappiate che non si deve nulla alla gente che è stata in prigione.

Crainquebille                   - Puttana!

La signora Bayard           - Canaglia! Ah, se avessi ancora mio marito, ti farei vedere io!...

Crainquebille                   - Se avessi ancora tuo marito, empiastro, lo piglierei a calci, così impareresti a rubare alla gente, e a insultarla per giunta.

La signora Bayard           - Ma non ci sono guardie? (Ella si barrica prudentemente in bottega).

Crainquebille                   - Tienili, i miei quattordici soldi, i tienili, ladra!

Il Venditore di bruciate   - Ladra, ladra: tu non hai che queste parole sulla bocca. A sentir te, il mondo è pieno di ladri. Io invece dico che tutti vogliono vivere, e che si può vivere senza guastare gli interessi altrui. Ma ciò non è possibile... e allora...

Topolino                          - Buonasera, gente.

Il Venditore di bruciate   - Buonasera, Topolino.

Topolino                          - Be’ la va meglio, nevvero, papà Crainquebille? Non vi ricordate? Topolino. Eppure mi conoscete bene. Mi avete dato un giorno una pera; buona, nonostante che fosse un po' mézza.

Crainquebille                   - E' possibile.

Topolino                          - Vado a riposarmi. Abito qui. Sono stanco. Sfido, quando si è scarpinato tutto il giorno e si ha la gola secca! Adesso mangio un tozzo di pane, e poi mi stendo sul pagliericcio. Buonasera, gente.

Il Venditore di bruciate   - Ma di che pagliericcio vai discorrendo?

Topolino                          - Non ho il pagliericcio? Vieni a vederlo, L'ho fatto di sacchi e di trucioli.

Crainquebille                   - Tu sei fortunato, bimbo mio. Io son due mesi che non mi sono coricato su qualcosa di soffice. (Topolino scompare). Davvero! Mi hanno espulso dal mio soppalco. Sono trenta notti che dormo in una rimessa, sul carretto. E piove oggi, e piove domani, la rimessa è stata inondata. Per non annegare, bisogna tenersi coccoloni sulle acque pestilenziali, in compagnia di gatti, sorci e ragni grossi come funghi porcini. E, per soprammercato, questa notte, non si rompe il tubo della fogna? I carretti navigavano nel lerciume, porca miseria! Ci hanno messo anche un guardiano per non fare entrare la gente... perché il muro si muove, pare. E' come me, il muro: non si regge più in piedi. (Vede la signora Laura entrare dal vinaio). To'! la signora Laura!

Il Venditore di bruciate   - La signora Laura è una f donna regolata e piena di decoro, che fa quello che fa, ma sa stare al suo posto. Le piace trincare, questo è vero. Scommetto che tra poco esce con un litro per andarlo a consumare con gente di sua conoscenza.

Crainquebille                   - La signora Laura! Ma io la conosco come se l'avessi partorita. E' una cliente. Lo so che è una donna perbene.

Il Venditore di bruciate   - Ed anche una bella donna, vero? Ah, furbacchione! (La signora Laura esce dal vinaio). Eh? che ti dicevo io?

Crainquebille                   - Buonasera, signora Laura.

La sicnora Laura              - (al venditore di bruciate) Venti centesimi di castagne; ma datemele ben calde.

Crainquebille                   - Non mi riconoscete più, signora Laura? Sono l'ortolano; quello che vi vendeva i porri.

La signora Laura             - Lo vedo. (Al venditore di bruciate) Non me le cavate dal sacco. Chissà da quanto tempo sono qui a raffreddarsi.

Il Venditore di bruciate   - Sono bollenti. Mi bruciano le dita.

Crainquebille                   - Ecco, voi stentate a riconoscermi perché non ho il carretto. E' vero, qualche volta ciò cam­bia le persone. E i vostri affari vanno sempre bene, si­gnora Laura? (Le tocca il braccio). Vi domando se i vostri affari vanno sempre bene?

La signora Laura             - (al venditore di bruciate) Via, buon'uomo, spicciatevi a darmi queste castagne. Ho gente che mi aspetta. E' festa oggi. Io non ricevo che le per­sone che conosco.

Crainquebille                   - Non mi fate torto, signora Laura. Voi siete un po' sofistica quando dovete comprare qualcosa, ma sempre una buona cliente.

La sicnora Laura              - (al venditore di bruciate) Servi­temi presto. Non è piacevole essere avvicinati da un individuo che si è fatto arrestare.

Crainquebille                   - Che cosa dite?

La signora Laura             - Non parlo a voi.

Crainquebille                   - Tu dici che io mi son fatto arrestare, linguaccia velenosa? E tu? Non sei stata anche tu nel carrozzone dei detenuti? Vorrei avere tanti pezzi da cin­que franchi per quante volte ti ci hanno visto...

Il Venditore di bruciate   - Adesso insultami anche le clienti! Smettila, e ne buschi.

La signora                        - (Laura E vattene, vecchiaccio!)

Crainquebille                   - Vattene tu, prostituta! (Compare un agente che, immobile e muto, fa cadere la disputa. La signora Laura esce maestosamente).

Topolino                          - (dalla finestra) Finitela! E tappatevi la bocca! Non si riesce a dormire...

Crainquebille                   - Per certo, è una puttana. Non c'è femmina più puttana di lei.

Il Venditore di bruciate   - (portando via la padella, a Crainquebille) Bisogna aver perso il giudizio per pigliar di petto una persona mentre si fa servire. Levamiti dai piedi. Puoi dirti fortunato che non ti ho fatto arrestare. (Andandosene) Un uomo a cui presto da due mesi da venti ai quaranta soldi alla settimana! E non ha ancora imparato a vivere! (Il garzone del vinaio mette le imposte).

Crainquebille                   - Ehi, amico ascoltami. Scappa. Non vuol sentire ragioni. Se io ce l'ho contro quella baldracca della signora Laura, è perché tutte, tutte fanno come lei. Fingono di non riconoscermi. Tutte!... E la signora Contreau, e la signora Lassenne, e la signora Bayard!... Tutte, dico!... E allora, perché uno è stato messo in gattabuia per quindici giorni, non ha da essere più buono a vender cavoli? E1 giusto che sia così? E dov'è il buon senso quando si fa morire 'di fame un galantuomo soltanto perché ha avuto a che dire con le guardie? Se non posso più vendere i miei legumi, non mi resta che crepare... Crepare! Non c'è altra parola. Se avessi rubato o ammazzato, se avessi la rogna, sarebbe la stessa cosa. Fa freddo, ho fame... e non ho mangiato niente. Ebbene, crepa, papà Crainquebille, crepa! Parola d'onore, in certi mo­menti c'è da rimpiangere di non essere più in prigione! (Un agente è immobile nel fondo della scena. Cranquebille lo scorge e dice) Oh, imbecille che sono! Giacché conosco il trucco perché non dovrei servirmene?... (Si avvicina lentamente all’agente che è quasi sul proscenio e con voce esitante e debole pronuncia) «Morte alle vacche »! (L'agente guarda Crainquebille con tristezza, vigilanza e 'disprezzo. Pausa. Stupito, Crainquebille bal­betta) Vi ho detto : « Morte alle vacche »!

L'Agente 121                  - Queste cose non si devono dire... No, non si devono dire. Alla vostra età si dovrebbe avere un po' più di prudenza. Andate per la vostra strada.

Crainquebille                   - Perché non mi arrestate?

L'agente 121                    - Se si dovesse arrestare tutti gli ubria­chi che dicono cose che non dovrebbero dire, si starebbe freschi, noi!... Eppoi, a che gioverebbe?

Crainquebille                   - (annichilito, resta a lungo ebete e muto, poi bonariamente) Non è mica per voi che ho detto: « Morte alle vacche! ». Né per voi, né per nessun altro. E' per una mia idea.

L'Agente 121                  - (con austera dolcezza) Che sia per una vostra idea, o per altro, non importa. Ma son cose che non si devono dire. Perché quando un uomo compie il suo dovere e sopporta tante sofferenze, non si deve insultarlo con parole futili... Vi ripeto di andare per la vostra strada.

Topolino                          - (dalla finestra) Papà Crainquebille! Papà Crainquebille! Papà Crainquebille!

Crainquebille                   - Eh? Chi parla sopra la mia testa? E' un miracolo?

Topolino                          - Papà Crainquebille!...

Crainquebille                   - Ah, sei tu?

Topolino                          - Dove andate così, senza ombrello?

Crainquebille                   - Dove vado?

Topolino                          - Sì...

Crainquebille                   - Vado a gettarmi nella Senna.

Topolino                          - Ma no, non bisogna far ciò! Fa troppo freddo, nella Senna; c'è troppa acqua.

Crainquebille                   - Che cosa vuoi che faccia?

Topolino                          - Bisogna agire, vecchio mio. Bisogna vivere.

Crainquebille                   - E perché ?

Topolino                          - Perché , non lo so; ma bisogna aver forza e coraggio, ecco. Non dura mica sempre la sfortuna. Voi venderete ancora cavoli e carote, ve lo dico io. Venite da me. Ho una pagnotta, un par di salsicce e un litro. Venite. Ceneremo come milionari, e poi vi farò un letto come il mio, fatto di sacchi e di trucioli, e poi, vedremo poi domani che cosa si potrà fare. Venite, venite, vec­chio mio.

Crainquebille                   - Tu sei giovane, non sei ancora guasto. Il mondo è cattivo, e tu non appartieni ancora al mondo. Ragazzo, alla tua età puoi dire di aver salvato un uomo. Oh, non è una grande cosa. Non c'è ragione di andarne fieri, che ciò non cambierà il corso della luna, né farà più bella la Repubblica. Ma tu hai salvato un uomo. (Crainquebille, col capo chino e le braccia ciondoloni, risale silenziosamente la scena).

FINE