Il professore di pianoforte

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IL PROFESSORE DI PIANOFORTE

IL PROFESSORE DI PIANOFORTE
di George Feydeau

Atto unico

Un elegante salotto. Porta d'ingresso in fondo. A destra un caminetto. In primo piano a destra, una porta. In secondo piano a destra, una porta. In secondo piano, a destra, un pianoforte. Sedie, divani, tavolini, ecc.

SCENA I

Clemenza mette ordine su un tavolino. Lucilla, seduta al pianoforte, esegue velocemente le scale.

Clemenza, Lucilla

CLEMENZA (dopo aver ascoltato con entusiasmo l'esercizio di Lucilla) - Bravissima!... Chiedo scusa, la signorina fa l'uragano in una maniera!...

LUCILLA - Come "l'uragano"? Sono scale.

CLEMENZA - Io lo chiamo uragano, signorina... Si presta meglio all'immaginazione. Mentre "scale" è banale. È come il vento, che soffia in campagna attraverso le porte. (Imita il soffio del vento e balla) Fa cosí...

LUCILLA - (Sedendosi) Sarà! A Parigi queste si chiamano scale.

CLEMENZA - Non mi sorprende. Oggi c'è la mania di rendere tutto difficile (Esce)

LUCILLA - Clemenza, non incominciare... Piuttosto, mia madre è già uscita? (Si guarda intorno cercando Clemenza) Clemenza!

CLEMENZA - (Entrando) Da oltre un quarto d'ora.

LUCILLA - Sempre in moto, povera mamma! Lo sai dov'è andata?

CLEMENZA - No (Esce)

LUCILLA - (A voce alta per farsi sentire) Indovina!... È stata citata.

CLEMENZA - (Entra e fa cadere quel che aveva in mano) Si è eccitata?

LUCILLA - Citata! Si, dal Tribunale della 9[D1]° Sezione Penale.

CLEMENZA - La Signora, in Tribunale?

LUCILLA - Rassicurati, soltanto come testimone. (Apre un libro ed inizia a sfogliarlo) Una lite tra vetturini! Insulti agli agenti o qualcosa del genere, senza possibilità di conciliazione. Ecco il motivo per il quale la mamma è stata citata.

CLEMENZA - Piacerebbe anche a me di essere citata per simili inezie.

LUCILLA - Bei gusti!... Su, lasciami studiare il piano. Mi fai perdere tempo con le tue osservazioni. Almeno ti piace, il piano?

CLEMENZA - Oh! Moltissimo quando lo suona la signorina. (Si avvicina a Lucilla e prima di sedersi vicino a lei pulisce la sedia) È quando lo suono io che non mi piace.

LUCILLA - Sai suonare il piano?

CLEMENZA - (A lei) No. (Al pubblico) In paese, mia madre ne possedeva uno, molto vecchio

LUCILLA - Allora tu lo usavi?

CLEMENZA - (A lei) Si. (Al pubblico) Come armadio. In campagna non c'è la possibilità di sprecare i pianoforti come strumenti di musica.

LUCILLA - A proposito di musica... (alza la voce per attirare l'attenzione di Clemenza) fra poco verrà un signore. È il professore di pianoforte per me. (Si alza e fa 3 passi verso il proscenio) Un celebre professore, un maestro "di cartello".

CLEMENZA - (Si avvicina a Lucilla e la imita) Sempre parole difficili.

LUCILLA - (Cammina verso Clemenza, incalzandola. Clemenza indietreggia)Un tipo molto originale, mi dicono. Si chiama... non ricordo il suo nome, ma è molto conosciuto. (Si siede)

CLEMENZA - (Cercando) Molière?

LUCILLA - Ma no.

CLEMENZA - (Sedendosi) È vero, Molière non suonava il pianoforte.

LUCILLA - Insomma, non importa. (Si gira verso Clemenza) Il professore chiederà se la signora è in casa.

CLEMENZA - (Si gira verso Lucilla) E io risponderò che la signora è uscita.

LUCILLA - No. Lo farai entrare. (si girano entrambe verso il pubblico) Lo riceverò io.

CLEMENZA - Come, signorina (si girano entrambe una di fronte all'altra) mentre la signora è fuori?

LUCILLA - Si, sono d'accordo con mia madre. Non è possibile fare altrimenti. Pensa, un maestro! Non si può pregarlo di ripassare come un commesso viaggiatore. (Si girano entrambe verso il pubblico) Quando si ha a che fare con un maestro, bisogna essere precisi. (Si alza e fa tre passi alla sua sinistra verso il proscenio) Solo loro hanno il diritto di non esserlo.

CLEMENZA - (Si alza e fa tre passi alla sua destra verso il proscenio) Tutto il contrario di una governante. (Si guardano e sorridono)

Lucilla - (Andando incontro a Clemenza, che fa altrettanto) Allora, siamo intese? Quando verrà questo signore, lo farai entrare; e adesso vai, io devo fare le scale.

CLEMENZA - Ed io i pavimenti. (Clemenza esce. Lucilla si mette al pianoforte)

SCENA II

lucilla

LUCILLA - (Sola) Do re mi fa sol la si do, do si la sol fa mi re do re mi. Uff! Com'è arido! Eppure bisogna imparare... Oggi non ci si sposa se non si sa suonare il piano. Cosa c'entra questo con il matrimonio, dico io? Il matrimonio non è un concerto... è... è... veramente non so bene cosa sia... insomma, non ci si sposa per fare musica. (Inginocchiandosi) Se lei vuole sposarmi senza pianoforte ecco la mia mano!

SCENA III

Clemenza, Lucilla

CLEMENZA - (Guarda Lucilla e la imita) Signorina, è arrivato il signore. Quel maestro, come dice la signorina, il "Cardello".

LUCILLA - (Ricomponendosi, un po' imbarazzata) Ah! Il professore.

CLEMENZA - Ecco il suo biglietto da visita.

LUCILLA - Edoardo Lorillot. Che nome buffo! Fallo entrare, dunque. A proposito, è arrivato nulla da Brandus?

CLEMENZA - No. (Esce senza lasciar finire Lucilla di parlare)

LUCILLA - Passaci tu... (rassegnata) un momento

SCENA IV

Clemenza, poi Edoardo, molto elegante

CLEMENZA - Se il signore vuole accomodarsi! (Sognante) La signorina prega il signore di attenderla un istante.

EDOARDO - (Assai meravigliato) La signorina prega il signore di at... Ella mi prega di...; le avete consegnato il mio biglietto? (Clemenza fa un cenno di assenso) Benissimo. (Fanno entrambi tre passi in avanti) E ditemi, quando ha letto il mio nome, che cosa ha detto?

CLEMENZA - Ha detto: che nome buffo!...

Edoardo - Ed è tutto?

CLEMENZA - (Avvicinandosi a lui) È tutto quello che ho inteso.

EDOARDO - Vi ringrazio. (Clemenza esce, seguita con lo sguardo da Edoardo).

SCENA V

Edoardo

EDOARDO - (Solo) Allora, ho deciso, mi lancio. Sono a Parigi da quindici giorni, vengo da Tolosa, senza per questo sentirmi un provinciale. Sono giovane, elegante, milionario... In breve, la fortuna mi permette di avere degli amici, i quali mi dicono che io sono il piú parigino dei parigini. Insomma ho tutto, tutto, salvo l'essenziale: una relazione che mi qualifichi. Cosí mi sono detto: andiamo a conoscere la Dubarroy!... Tutti ne parlano come una delle donne piú "chic" di Parigi.

Ho chiesto il suo indirizzo ed eccomi qua. È molto bello... un salotto... veramente "chic".

SCENA VI

Edoardo, Lucilla

LUCILLA - (Con alcuni fogli di musica) Le chiedo scusa, signore, di averla fatta attendere. Ma non trovavo la musica.

EDOARDO - (Incantato) Ah! Non trovava... Non fa nulla signorina.

LUCILLA - Io non posso fare a meno della musica. (Gli fa cenno di sedersi) La prego di accomodarsi.

EDOARDO - La musica è una bellissima arte, signorina.

LUCILLA - La piú bella di tutte signore. (A parte) Voglio che abbia una buona opinione di me.

EDOARDO - Io l'adoro, semplicemente. (A parte) Assecondiamo i suoi gusti.

LUCILLA - (A parte) La solita posa! Come tutti gli artisti del resto. (Forte, alzandosi in piedi) Le piace Wagner, signore?

EDOARDO - (In piedi) Wagner? Il farmacista?

LUCILLA - Il farmacista?

EDOARDO - Il farmacista di Tolosa?

LUCILLA - No, il musicista.

EDOARDO - Il musicista... (Sedendosi entrambi) Ah, si, Wagner. Ne ho sentito parlare... si, pare che il ragazzo faccia della buona musica.

LUCILLA - (A parte) Come pare...

EDOARDO - Si, appunto, ne ho sentito parlare. (A parte) Cerchiamo di arrivare al dunque. (Forte) Scusi, signorina...

LUCILLA - E di Mozart, che cosa ne pensa?

EDOARDO - Veramente non ci penso, ma, scusi, io...

LUCILLA - Allora qual'è il suo compositore preferito?

EDOARDO - Eh?... Direi... abc..ca..ce..ci..co.. co.. Cordillard.

LUCILLA - (Sedendosi piú vicino) Codillar... chi?

EDOARDO - Un mio amico.

LUCILLA - Ah!

EDOARDO - Un musicista di talento. L'autore di: "Parigi è tanto chic".

LUCILLA - Non lo conosco.

EDOARDO - È formidabile! (Canticchiando)

La pioggia fa plic, plic

all'angolo c'è un fic:

chi passa? Menelik.

È cosí originale... Ma noi parliamo, signorina, parliamo e ancora non le ho spiegato...

LUCILLA - Cosa?

EDOARDO - Il motivo della mia presenza qui.

LUCILLA - L'ho capito immediatamente.

EDOARDO - Ah! L'ha...

LUCILLA - Sicuro.

EDOARDO - (A parte) Le donne di Parigi sono cosí perspicaci!

LUCILLA - Io l'attendevo.

EDOARDO - (Sorpreso) Ah! Lei mi at... Dunque mi conosce?

LUCILLA - Io? Niente affatto! Ma che cosa importa, si può fare conoscenza.

EDOARDO - È vero, si può... si può... (A parte) La faccenda fila a meraviglia...

LUCILLA - Si dice che lei sia alla moda.

EDOARDO - Ho un ottimo sarto.

LUCILLA - No, voglio dire che lei è molto affermato.

EDOARDO - Ah! Senz'altro.

LUCILLA - Sarà sicuramente passato dal Conservatorio.

EDOARDO - Il Conservatorio?... Ah, si! Ci sono passato davanti. Ci ho anche suonato.

LUCILLA - E cosa?

EDOARDO - Il campanello! (Ride) (A parte) Ma perché mi parla del Conservatorio?

LUCILLA - (A parte) Originale... (Forte) Mi è stato anche detto che lei ha avuto un primo premio...

EDOARDO - Eh?... È stato tanto tempo fa: avevo nove anni, e poi era un premio in ortografia. Non vale la pena di parlarne. (A parte) Ma che strana conversazione.

LUCILLA - (A parte) È davvero un origina...

EDOARDO - Signorina!

LUCILLA - (Forte) ...le!

EDOARDO - Io mi chiamo Edoardo Loril...lot (si inceppa sul lot per 4 volte. La quata lo urla. Lucilla, che ad ogni lot si avvicina di poú a lui, al 4 si spaventa)

Ed ho 25 anni.

LUCILLA - È una bella età.

EDOARDO - (Con fatuità) Una bellissima età.

LUCILLA - Veramente, per quel che ci rigurda, l'età non ha molta importanza.

EDOARDO - Lei trova?

LUCILLA - Certamente.

EDOARDO - (Avanzando verso Lucilla che indietreggia) Tuttavia ammetterà che i giovani sono da preferire.

LUCILLA - Beh, i vecchi hanno piú esperienza.

EDOARDO - Piú esperienza, d'accordo! Però non basta.

LUCILLA - È vero che si dice: "Se vecchiaia potesse!", ma il proverbio dice anche: "Se giovinezza sapesse!".

EDOARDO - Ma io, signorina, io so.

LUCILLA - Non parlo per lei, signore. Nessuno ignora la sua esperienza.

EDOARDO - Gliel'hanno detto? Bah! Non parliamo di questo.

LUCILLA - Del resto io spero che me lo proverà.

EDOARDO - Io?...

LUCILLA - Certamente.

EDOARDO - (Con trasporto) Ma... con gioia! Quando vorrà. Non sono venuto apposta per questo? Se glielo proverò? Salto dalla gioia!

LUCILLA - Cos'ha, signore?

EDOARDO - (Esplodendo) Cos'ho? Ho... ho un agrande fortuna!

LUCILLA - Ah, ecco, e soprattutto l'amore dell'arte...

EDOARDO - ... e dell'artista, signorina, e dell'artsta.

LUCILLA - (Lusingata) Signore! È molto galante.

EDOARDO - Tengo subito a dirle, signorina, che sarò molto accomodante su tutte le questioni, come dire? Su tutte le questioni pecuniarie

LUCILLA - Ma signore, spero che le avranno detto quali sono le condizioni.

EDOARDO - Le condizioni?

LUCILLA - Si.

EDOARDO - No, non mi hanno detto nulla. (A parte) Mi vuole pelare.

LUCILLA - Mio Dio, signore, sono quattrocento franchi mensili per quattro sedute a settimana.

EDOARDO - (Sbalordito) Ah! Sono... per quattro sedute?

LUCILLA - Si, signore.

EDOARDO - Quattrocento franchi al mese. E niente altro?

LUCILLA - Perché, non le sembra sufficiente?

EDOARDO - (A parte) E dicono che a Parigi la vita sia cara.

LUCILLA - Mi sembra che lei non sia soddisfatto.

EDOARDO - In verità, sono sorpreso...

LUCILLA - Lei mi ha promesso di mostrarsi accomodante e poi, sa, se tutto andrà per il meglio, non le verrà rifiutata una piccola gratifica a fine mese.

EDOARDO - Ah! Bene... benissimo... volevo dire... si, si. (A parte) Conosco certe piccole gratifiche

LUCILLA - Ecco tutto signore. Del resto non sono io ad occuparmi di questi particolari casalinghi e se lei trova che non è sufficiente, beh, vuol dire che ne parlerà a mia madre.

EDOARDO - Ahi! Ahi! Lei ha una madre?

LUCILLA - Prego?

EDOARDO - Dicevo, lei ha una madre... vera?

LUCILLA - Non la comprendo signore; deve averla veduta, immagino, altrimenti non sarebbe qui.

EDOARDO - Si, si, infatti. (A parte) Non ho visto nessuno.

LUCILLA - Quindi, signore, potrà mettersi d'accordo con lei.

EDOARDO - Ahi! Ahi!

LUCILLA - Sebbene dubiti che ella acconsenta alla benché minima variazione.

EDOARDO - Lei crede che non acconsentirà?

LUCILLA - Ne sono quasi sicura.

EDOARDO - Poiché è necessario, vorrà dire, signorina, che mi rassegno. Vada per 400 franchi al mese.

LUCILLA - Con 4 sedute per settimana.

EDOARDO - Con 4 sedute.

LUCILLA - Allora siamo d'accordo. E ora, se me lo permette, possiamo incominciare.

EDOARDO - Cosa?... Possiamo... come, subito?

LUCILLA - (Cercando qualcosa che non riesce a trovare) Si, se lei vuole. (A parte) Che strano. Dove l'ho messo?

EDOARDO - (A parte) Che cosa starà cercando?

LUCILLA - (A parte) L'avrò lasciato in camera mia. (Forte) Torno subito, signore. (Edoardo s'inchina. Lucilla esce).

SCENA VII

Edoardo, Clemenza

EDOARDO - Non è stato poi tanto difficile! In questa casa si fa tutto militarmente. Uno, due, avanti, march! Questo è progresso. Siemo molto indietro, in provincia... Insomma, ecco un'avventura che dovrebbe portarmi avanti per benino. È uscita... per di là... (Edoardo si dirige verso la porta dalla quale è uscita Lucilla)

CLEMENZA - (Recando uno spartito e consegnandolo ad Edoardo) Ecco, signore.

EDOARDO - Cos'è questo?

CLEMENZA - È il libro che la signorina chiama: "Le scemata di Bacco". La signorina mi ha detto di darlo al signore.

EDOARDO - (Meravigliato) Le scemate di Bacco?

CLEMENZA - Si. Dev'essere un libro di mitologia.

EDOARDO - (Leggendo) Ah! "Le sonate di Bach".

CLEMENZA - Il signore crede? È possibile; soltanto che allora non significa piú niente.

EDOARDO - Perché vi ha detto di portarmelo?

CLEMENZA - Senza dubbio perché il signore lo legga.

EDOARDO - Bah! Grazie. (Si dirige nuovamente verso la porta).

CLEMENZA - Chiedo scusa, ma il signore sa dove sta andando?

EDOARDO - Ma si, amica mia, ma si.

CLEMENZA - Il fatto è che questa camera...

EDOARDO - Ebbene?... Non è forse... Parla. (Togliendo di tasca un luigi) Parla, dunque.

CLEMENZA - (Guardando con cupidigia il luigi; a parte) Un luigi! (Forte) Ebbene, è... la camera da letto.

EDOARDO - Si, la camera, il tempio di Venere, il santuario discreto...

CLEMENZA - Dove riposa la madre della signorina, si signore.

EDOARDO - (Deluso, rimettendo in tasca il luigi) Eh? Davvero? La madre! È la madre che... non è possibile!

CLEMENZA - (A parte)  E i miei soldi? (Forte) Scusi, signore. (Tende la mano).

EDOARDO - Troppo giusto... Ecco venti franchi.

CLEMENZA - Ma signore, sono venti soldi.

EDOARDO - Non fa nulla, teneteli lo stesso. (Clemenza esce).

SCENA VIII

Edoardo, Lucilla

EDOARDO - È la madre, è la madre che... mentre io credevo... Oh! Oh! Questa informazione la pago a peso d'oro!...

LUCILLA - (Tenendo in mano una lunga bacchetta) Ecco tutto quello che ho potuto trovare.

EDOARDO - Cos'è?

LUCILLA - La bacchetta!

EDOARDO - Per cosa?...

LUCILLA - Io trovo che questo sia il miglior sistema.

EDOARDO - Un'idea balzana, mi sembra.

LUCILLA - Tenga, si metta là! Prenda una sedia e batta.

EDOARDO - (Prendendo la sedia) Ah! Devo... (A parte) Adesso vuol farmi battere le poltrone?

LUCILLA - Su, coraggio. ( Lucilla va al pianoforte) Desidero avvertirla che non sono molto esperta.

EDOARDO - (A parte) Dev'essere una prova, come nella massoneria.

LUCILLA - Allora, incominciamo. Batta!

EDOARDO - Se lo desidera. Ma badi che probabilmente farò un po' di polvere.

LUCILLA - Cosa c'entra la polvere. Incominciamo. (Lucilla inizia il brano).

EDOARDO - (Dietro Lucilla, si mette a battere le poltrone, e si alzano nuvole di polvere). Perdinci, è un'umiliazione.

LUCILLA - Lei non va a tempo.

EDOARDO - Faccio quello che posso. (Continua)

LUCILLA - (Voltandosi) Signore mio, quanta polvere! Che cosa sta facendo?

EDOARDO - Sto battendo, come vede. (La ragazza starnutisce).

LUCILLA - Ma chi glielo ha detto?

EDOARDO - Lei, signorina.

LUCILLA - Io?

EDOARDO - Lei mi ha detto di battere.

LUCILLA - Di battere il tempo.

EDOARDO - Ah! Il tempo! Bisogna battere il tempo?

LUCILLA - Sicuro! (A parte) Che strano professore.

EDOARDO - (Asciugandosi la fronte) Non capisco nulla.

LUCILLA - Coraggio, ricominciamo. (Lucilla riprende il brano ed Edoardo, dietro di lei, cerca di battere il tempo meglio che può; a poco a poco si allontana dal pianoforte e, sempre continuando a battere il tempo, arriva fino al centro della scena).

EDOARDO - (A parte)  Che avventura, mio Dio! Non è sempre piacevole fare il protettore di un'attrice! Essere obbligato a battere il tempo quando non si capisce niente di musica. Se mi vedessero i miei amici, come riderebbero! (Intanto Lucilla si è fermata ad osservare Edoardo che continua a battere il tempo, parlando da solo).

LUCILLA - Ebbene, cosa sta facendo?

EDOARDO - Lo vede, batto il tempo.

LUCILLA - Ma ho smesso di suonare, da parecchio.

EDOARDO - Oh! Scusi.

LUCILLA - (A parte) È davvero una svagato.

EDOARDO - Non si è stancata, signorina?

LUCILLA - Io? Per nulla, signore.

EDOARDO - La musica è una bella cosa, ma non si deve abusarne.

LUCILLA - Ho appena incominciato.

EDOARDO - (A parte) Come, ha appena incominciato? (Forte) È anche troppo, signorina, anche troppo.

LUCILLA - Tuttavia noi non abbiamo che 4 sedute per settimana, e soltanto di un'ora...

EDOARDO - Appunto perciò... Se lei mi suona il pianoforte per tutta l'ora, cosa ci resterà per...

LUCILLA – Per…?

EDOARDO - (Imbarazzato) Ah?... Per... il resto.

LUCILLA - (A parte) Secondo me un rametto di follia deve averlo!

EDOARDO - No, lasci stare il piano! Avrà tutto il tempo quando sarò uscito. (Sedendosi accanto a lei) E adesso, chiacchieriamo. Cara signorina - lasci che la chiami cosí - le piacciono le ostriche?

LUCILLA - (Spingendo indietro la sedia) Molto, signore. (A parte) Non mi sento per nulla sicura.

EDOARDO - (Estraendo un libricino e scrivendo) Cosí abbiamo detto ostriche... E la zuppa di gamberi! Cosa ne dice di una buona zuppa di gamberi?

LUCILLA - (Un po' inquieta) Non l'ho mai mangiata.

EDOARDO - Oh! È eccellente! (Scrivendo) Ostriche e una zuppa di gamberi, bene... E poi, cosa vorrebbe?

LUCILLA - Io non voglio nulla.

EDOARDO - Comunque, sarà tutto di suo gusto, si fidi di me. (Continua a scrivere sul libretto, poi stacca un foglio e lo piega).

LUCILLA - Per fortuna è una pazzia tranquilla.

EDOARDO - Ha una busta, per favore?

LUCILLA - Là, signore, sul tavolo.

EDOARDO - (Sedendo al tavolo) Non ha impegni a mezzanotte, vero?

LUCILLA - Io?

EDOARDO - Si, stasera, dopo teatro.

LUCILLA - Questa sera non vado a teatro.

EDOARDO - Ah! Fa riposo? Bene. Meglio cosí.

LUCILLA - (A parte) E lo lasciano uscire in queste condizioni, da solo.

EDOARDO - (Prende una busta e scrive l'indirizzo che legge a mezza voce) Ristorante Brébant, boulevard Montmartre. Ecco fatto! Abbiamo prenotato un "separé" per mezzanotte. (Forte) Le dispiace, cara signorina, di chiamare la sua governante?

LUCILLA - (Suonando) Verrà subito, signore.

EDOARDO - La ringrazio.

CLEMENZA - (Entrando) La signorina ha chiamato?

EDOARDO - (Consegnandole la lettera ed una moneta d'argento) Amica mia, volete far consegnare subito questa lettera all'indirizzo segnato?

CLEMENZA - Il signore sarà servito.

LUCILLA - Tu non allontanarti.

CLEMENZA - Si, signorina. (Clemenza esce).

EDOARDO - Anche questa è fatta. Dunque, di cosa vogliamo parlare?... Ecco, parliamo un po' di lei... dei suoi successi... Si figuri che non ho ancora visto la commedia.

LUCILLA - Quale commedia?

EDOARDO - "La Petite Cabaretiére", perbacco!

LUCILLA - Non è una commedia per giovinette.

EDOARDO - Io non sono una giovinetta.

LUCILLA - Lei no, lo credo! Non parlo per lei.

EDOARDO - Ci andrò domani sera.

LUCILLA - Si, certo, è un'idea. (A parte) Se crede che questo mi interessi.

EDOARDO - Ma creda, unicamente per lei.

LUCILLA - (Sorpresa) Per me...

EDOARDO - Unicamente!

LUCILLA - Troppo gentile. (A parte) Povero ragazzo, è triste alla sua età!

EDOARDO - Sapesse quanto parlano di lei, in questo momento.

LUCILLA - (Stupita) Di me?

EDOARDO - Caspita! Tutta Parigi l'ammira. Il suo nome è su tutte le bocche, tutti i giornali la portano alle stelle!

LUCILLA - (C.s.) Me?

EDOARDO - Quanti adoratori ha!

LUCILLA - Oh!

EDOARDO - Quanti cuori bruciano per lei!

LUCILLA - Signore...

EDOARDO - Eppure tutti questi elogi, queste lusinghe, non la accecano. Lei rimane semplice, impassibile in mezzo alla gloria, quasi noncurante dei fatti del mondo. Per esempio, quando poco fa sono arrivato, timido e tremante, lei non mi ha respinto. Temevo di esser messo alla porta e, non soltanto rimango, ma addirittura lei mi fa l'onore di accettare una cenetta da Brébant. Signorina, mia cara signorina... me lo lasci dire, lei è un angelo.

LUCILLA - (Spaventata) Basta signore, basta...

EDOARDO - No, non basta ancora! Io sono ricco, ho un patrimonio! Io voglio che lei abbia tutto ciò che desidera! Che ogni suo capriccio venga immediatamente soddisfatto!... 400 franchi, ha detto? Ma lei ne avrà il doppio!

LUCILLA - (Sgomenta) Mi lasci, signore!

EDOARDO - Lei non mi capisce. Non ha dunque mai letto "Romeo e Giulietta", "Paolo e Virginia", "Dafni e Cloe", "Eloisa e Abelardo"? Io sono un Romeo senza Giulietta, un Paolo privato di Virginia, un Dafni alla ricerca di Cloe, un Abelardo che... no, questo non c'entra... Ma io ho scelto lei... È lei che amo e l'amore mi ha reso pazzo!

LUCILLA - (Atterrita) Pazzo! Ne ero sicura... Mio Dio, cosa fare? (Lucilla indietreggia, in preda allo spavento).

EDOARDO - Venga, venga vicino a me!

LUCILLA - Mi lasci!

EDOARDO - Le faccio paura?

LUCILLA - La prego, mi lasci!

EDOARDO - Io non voglio farle del male. Non tremi cosí; cosa ha potuto spaventarla nelle mie parole?... Non dico che cose molto... molto logiche, insomma!

LUCILLA - (Tremente) Si, si, signore, molto logiche. (A parte) Non bisogna mai contrariarli.

EDOARDO - (Sedendo) Ecco lo vede,... sono calmo, mi siedo... Adesso non ha piú paura, è vero?... Riconosca che era puerile.

LUCILLA - Fare simili discorsi, a me!

EDOARDO - Scusi. È la prima volta che le parlano cosí?

LUCILLA - Certamente.

EDOARDO - Eppure mi sembra che a teatro...

LUCILLA - A teatro?...

EDOARDO - Perbacco! Quando si fa l'attrice...

LUCILLA - L'attrice! Chi?

EDOARDO - Ma lei!

LUCILLA - Io, attrice?

EDOARDO - (Sospettando la verità) Diamine, si!...

LUCILLA - Nemmeno per idea, signore.

EDOARDO - Eh? Cosa? Lei... lei non lo è?

LUCILLA - Niente affatto!

EDOARDO - Lei non è la signorina Dubarroy?

LUCILLA - La Dubarroy; che idea!

EDOARDO - Vuole scherzare! Confessi che vuole scherzare.

LUCILLA - Sono serissima, glielo assicuro. (Improvvisamente) Aspetti… credo di comprendere, ma si, sicuro!... Qui vicino abita un'attrice, la Dubarroy; lei ha sbagliato indirizzo, ecco tutto. La Dubarroy abita al 2 bis e qui siamo al numero 2.

EDOARDO - (Stordito) Ah! È il numero...

LUCILLA - Due, appunto.

EDOARDO - Ah! È il... in verità, non ha senso! Ho sbagliato palazzo, abita in quello vicino... e così io... dov'è il mio cappello?

LUCILLA - Eccolo.

EDOARDO - Signorina, io sono confuso, non so cosa dire...

LUCILLA - Tutti possono commettere errori, signore. Anch'io, vede, l'avevo presa per il professore di pianoforte.

EDOARDO - Professore di pianoforte, io! Non so neppure suonarlo.

LUCILLA -  Ecco perché l'ho annoiata con la mia musica.(Chinando il capo) - Signore! Ora lei È libero.

EDOARDO -  Comprendo, signorina.

LUCILLA -  La Dubarroy abita accanto.

EDOARDO - Oh! Non andrò dalla Duborray, non ne ho piú voglia, le assicuro. (Emozionato) Signorina, io spero che un giorno o l'altro, presto forse, avrò l'onore di esserle presentato ufficialmente.

LUCILLA - Mi auguro che il caso le venga in aiuto, signore.

EDOARDO -  All'occorrenza, sarò io ad aiutarlo, signorina... (Inchinandosi) Signorina!

LUCILLA -  (Inchinandosi) - Signore!

EDOARDO -  Signorina... (A parte) Ero venuto per sistemarmi, ma non avrei mai creduto in questo modo!

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