Il quasi morto

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IL QUASI MORTO

IL QUASI MORTO

(ossia Don Ciccino)

Commedia in tre atti

Di Alfio Messina

PERSONAGGI:

DON CICCINO: Il quasi morto

CARMELO: il quasi maggiordomo

DONNA PEPPINA: un’amica

DON GAETANO: il postino

DOTT. CAMMÀ: il medico

NICOLA TACCHETTO: il sensale

IL NOTAIO

DON CALORIO: il prete

I NIPOTI: MELA

MARIO

ROSA

TRICE

ORAZIO: 1° Becchino

GIOVANNI: 2° Becchino

Tempo presente.

" Il Quasi morto "

(ossia Don Ciccino)

Premessa.

Don Ciccino è un ricco signore che ha sfruttato i momenti propizi offerti dalla vita per accumulare averi. La sua origine, umile e povera, lo ha reso avaro e molto diffidente. Nonostante i soldi, abita in una modesta casa e vive per sua volontà quasi nella miseria: un modo per restare legato a quella vita stentata che lo ha segnato. Egli è rimasto stile vecchio padrone, alquanto antiquato nei modi e nel pensiero, rimpiangendo ogni istante l’antica generazione. Per tale motivo è abbandonato da tutti, anche dai parenti più stretti e cioè i nipoti. Solo una di loro va a trovarlo assiduamente: Mela. Il vecchio crede che tutti si aggirino attorno a lui, come i rapaci nell’attesa di un cadavere, per accaparrarsi i suoi averi. Con lui convive un giovane, Carmelo, accolto in casa da piccolo perché rimasto orfano. Infatti, la madre di Carmelo prestava servizio presso don Ciccino. Morta ancora giovane, lasciò il bambino senza alcun parente e si fece promettere dal vecchio che avrebbe aiutato il figlio. Don Ciccino, mosso da pietà e per mantenere la parola data, non avendo figli ma solo i detti nipoti, lo ha cresciuto e lo ha fatto studiare, ma malgrado ciò, ha sempre mantenuto un certo distacco.

Scena unica.

Le azioni si svolgono in una stanza da letto; a destra vi è una porta rappresentante la comune. Sulla sinistra altra porta che conduce in cucina e nelle stanze della casa; in fondo, a sinistra, una finestra. Il mobilio è costituito da: un letto, un paio di sedie con tavolino, un cassettone con biancheria, alcuni quadri, un comò, un comodino. Accanto al letto, in fondo, ci sono due candelabri con i ceri spenti.

ATTO PRIMO

All’apertura del sipario Don Ciccino, entrando da sinistra, si avvia verso il letto. I suoi movimenti si limitano, in genere, nella stanza dal letto alle sedie e viceversa.

SCENA Ia

Don Ciccino e Carmelo

DON CICCINO Potessero tornare i vent'anni. La vita bisogna godersela quando si è ragazzi, ma non si può fare perché si deve lavorare. Lo si potrebbe fare quando si è vecchi, perché si ha tanto tempo libero, ma la salute... non ci accompagna! Vita infame e carogna!

- Si mette nel letto e nel frattempo entra Carmelo.

CARMELO Don Ciccino, io dovrei andare all’ufficio postale… (si ferma vicino al letto)

DON CICCINO (Pausa) - E vai, a chi aspetti?

CARMELO A chi aspetto? Non sa che all’ufficio postale si va in compagnia?

DON CICCINO Perché, da solo hai paura? Io non posso venire... non sto bene.

CARMELO Questo lo sapevo già. Passare il tempo a letto, ormai per voi è diventata un’abitudine. (Deciso) - Ci vogliono i soldi.

DON CICCINO (Fingendo di non capire) - I soldi? E che devi fare con i soldi?

CARMELO Come! Ha dimenticato che devo pagare l’acqua e la luce?

D. CICCINO Non capisco perché devo pagarle io! Io luce non ne accendo e acqua non ne consumo, se non quel pochino quando vado al bagno o quando mi lavo…

CARMELO Che mentalità vecchia e antica!

D. CICCINO Una volta acqua e luce erano gratis: l’acqua cascava dal cielo, chi aveva la cisterna, aveva anche l’acqua; la luce si conquistava con la mattinata. Ci si alzava alle quattro di mattina e ci si coricava quando scuriva. C’era bisogno, dunque, della lampadina con una stella così grande nel cielo?

CARMELO Con voi è inutile parlare: il progresso è rimasto alle porte di questa casa.

D. CICCINO Lascialo stare dov’è, perché a me non ha portato niente, né lui né altri. Poi ti ho sempre raccomandato di usare l’acqua della cisterna. È pura, genuina, limpida e non fa male, perché non passa e non ristagna nei tubi. Non esce ruggine, non ha il sapore del magnesio o del cloro e soprattutto non paghiamo tasse d’acqua inutilmente.

CARMELO Il secondo motivo mi pare più vicino a voi… Per tirare l’acqua della cisterna ci vorrebbe un motore.

D. CICCINO Perché, tu sei morto? Non riesci a tirarla con un secchio! (Al pubblico indicando Carmelo) - Guardate un po’ che cosa c’è qui: i giovani d’oggi… siete tutti morti. Vi seccate pure a… ad andare in bagno.

CARMELO (Seccato) - Aaahh! Don Ciccino, me li date questi soldi, sì o no?

D. CICCINO (Con tono deciso) - No! Come ti permetti di alzare la voce in casa mia! Perché non mi sento bene… se nooo!

CARMELO (Al pubblico) Che persona ostinata! È rimasto a quarant’anni fa. Siamo nel duemila e ancora pensa di essere nel cinquanta. (Al vecchio) Che cosa dobbiamo fare?

D. CICCINO Che vuoi fare! Io sono qui, nel letto.

CARMELO E io sono qui ai piedi del letto.

D. CICCINO Ti vedo, non sono cieco. Messo lì come un cucco. Tiè! (Fa il gesto delle corna in direzione di Carmelo che spazientito accenna ad andare via)

CARMELO Mi viene una cosa…!

D. CICCINO D’ammazzarmi, lo so. Ormai l’ho scoperto: volete tutti la stessa cosa.

CARMELO Se sapesse…

D. CICCINO Volete la mia morte! Ma io, caro mio, mi tengo forte.

CARMELO E tenetevi forte perché oggi non si mangia. Dovrei fare un po’ di spesa, ma poiché soldi non ce ne sono, oggi mangiamo aria, oppure… pane e cipolla.

D. CICCINO Ottima! Il pane sazia e la cipolla, oltre a disinfettare, mette sangue. Sopra ci mettiamo un bel bicchiere di vino e così abbiamo mangiato! (Facendo pesare le parole) - Perché tu… mangi con me, non è vero forse?

CARMELO E come me lo fate pesare! La cipolla c’è, il pane manca e il formaggio è nella bottega.

D. CICCINO Ma come, il formaggio non l’hai comprato l’altro giorno?

CARMELO L’altro giorno! Un quarto di chilo di formaggio quanto doveva durare?

D. CICCINO Tu… mangi di nascosto, come i topi!

CARMELO (Risentito) - Don Ciccino, guardi che questi discorsi non mi piacciono; meno male che siamo tra due stanze!

D. CICCINO Hai detto bene: tra due stanze! Dove sono io, però, tu non ci sei, perciò…

CARMELO Perciò?

D. CICCINO Perciò tu fai quello che vuoi.

CARMELO Chi mi trattiene qua, non lo so!

D. CICCINO E dove vorresti andare…

CARMELO Anche all’inferno!

D. CICCINO Perché non ci vai?

CARMELO I posti sono tutti occupati.

D. CICCINO Da chi?

CARMELO Da voi! Le vostre membra hanno occupato il passaggio.

D. CICCINO (Mostrando le mani) Un giorno ti faccio passare sotto queste mani.

CARMELO Visto che avete questi dubbi, perché non mettete un bel catenaccio in tutti i cassetti?

D. CICCINO Tu riesci ad aprirli lo stesso. Vedendo me, povero vecchio, condannato in questo letto perché non posso muovermi… la sera…

CARMELO (Interrompendolo) – Alt! Stop! Sono arrivato… Ho capito tutto… me ne vado altrimenti commetto qualche omicidio.

D. CICCINO Bravo! Levati davanti ai miei occhi.

- Carmelo sta per andare via quando si sente il campanello d’ingresso.

D. CICCINO Carmelo, vai ad aprire. Sarà qualche becchino che viene a vedere se è il momento di mummificarmi.

CARMELO No, per favore! Ve l’immaginate don Ciccino, una mummia? Già da vivo non vi sopporto figuratevi da morto! Magari fosse chi dico io!

D. CICCINO La morte. Lo so, lo so che tutti aspettate e sperate la stessa cosa.

CARMELO (Mentre va ad aprire) - Avete la testa sempre in un posto. Io spero in un colpo di fortuna, non nella morte. E poi, di quanto siete scocciatore, la morte non vi vuole.

- Nuovamente il campanello.

D. CICCINO Allora stai attento perché alla fine, se non ti pesca la morte, ti pesco io.

CARMELO Apre la porta ed entra Donna Peppina. Una signora della stessa età di Don Ciccino ma che vive e pensa in modo opposto a quello del vecchio.

SCENA IIa

Detti e Donna Peppina

D. PEPPINA Caro Carmelo, come stai? Finalmente…

CARMELO Come gli infermieri-becchini… (guardando a don Ciccino) - morti di fame.

D. CICCINO (Imperativo) - Vattene, vai a fare quello che ti tocca e non parlare troppo! (All’ospite) - Entra Peppina. Lascialo parlare a quest’uccellaccio di mal’augurio.

D. PEPPINA (Entrando, seguita da Carmelo) - Ciccino, buongiorno!

D. CICCINO Buongiorno una volta, ora ci possiamo salutare con buona sera.

D. PEPPINA Che vuoi dire?

CARMELO Dice che ormai, siccome è mezzo morto, è come se fosse al tramonto…

D. CICCINO (Sgarbato) - Che centri tu? Dove devi andare, all’ufficio postale?

CARMELO Dovrei andare!

D. CICCINO (Mette la mano sotto il cuscino e tira fuori un portamonete. Prende dieci mila lire e le porge a Carmelo) - Ecco, qua ci sono diecimila lire.

CARMELO Che devo fare con questi? Posso pagare solo i diritti postali.

D. CICCINO Non devi pagare l’acqua e la luce?

CARMELO Ci vogliono cinquantaduemila lire.

D. CICCINO (Salta dal letto) - Quanto?! Mi vuoi dissanguare?

D. PEPPINA E cosa sono cinquantaduemila lire per l’acqua e la luce. Io ne pago centocinquanta!

CARMELO Ha sentito quelli che campano nel mondo dei comuni mortali?

D. CICCINO Maledizione! (Tirando fuori i soldi dal portamonete) - Qua ci sono cinquantaduemila lire. (Pausa. Vedendo che Carmelo non va via) - Non te ne vai? Che vuoi ancora?

CARMELO La spesa come la faccio?

D. CICCINO (Guardando donna Peppina e Carmelo, sbuffa) - Qua ci sono gli altri soldi per la spesa. (Agitato) - Ora vattene! Levati davanti ai mie occhi.

CARMELO Finalmente! (Va via a sinistra)

D. CICCINO E portami gli scontrini!

D. PEPPINA (Curiosa) - Gli controlli la spesa?

D. CICCINO No. Mi diletto a collezionare scontrini.

D. PEPPINA Mi congratulo! Sei sempre lo stesso! Non sei cambiato nemmeno un po’.

D. CICCINO Magari fossi stato lo stesso di una volta! Sono più vecchio e mezzo morto.

D. PEPPINA Di essere vecchio, sei proprio un vecchio incallito… ma io mi riferivo al fatto che sei sempre tirchio. Non ti sei evoluto per niente; non ti sei aggiornato.

D. CICCINO Qua ce n’è un’altra con l’aggiornamento! Non te ne accorgi che la vita è cara e non ci si può arrivare più!

D. PEPPINA (Con tono sfottente) - Davvero?! In effetti, uno come te non si può permettere certe cose. Quasi quasi chiamo a raccolta un paio d’amici per fare una colletta. (Guardandolo con compassione) - Meschino!

D. CICCINO (Serioso) Donna Peppina, perché siete venuta, per controllare come sto o per farmi i conti?

D. PEPPINA Per carità! La mia è una visita di cortesia. Sono venuta per vedere come sta un caro e vecchio… amico. Ma siccome non mi accetti, io posso pure andarmene!

- Nel frattempo esce Carmelo per andare all’ufficio postale.

CARMELO Don Ciccino, io vado!

D. PEPPINA (Fermandolo) - Aspetta Carmelo. Dobbiamo fare una prova generale!

- Carmelo, non comprendendo cosa voglia dire la donna, guarda stupefatto don Ciccino, il quale, non sapendo dare una spiegazione, alza le spalle e segna la tempia con l’indice.

D. PEPPINA (Mentre si accinge a raggiungere l’uscita) Facciamo finta che non sono entrata.

CARMELO (Chiedendo spiegazioni poiché non capisce) - Donna Peppina?

D. PEPPINA (Guadagnando l’uscita) - Non ti preoccupare che ancora l’esaurimento mentale per la vecchiaia non è arrivato.

- La donna esce dalla comune fra gli sguardi stupefatti dei due uomini. Don Ciccino ripete il gesto precedente per indicare a Carmelo che la donna dà segni di squilibrio mentale. Donna Peppina, dopo aver tirato dietro di se l’uscio, bussa. Carmelo apre.

D. PEPPINA (Guardando Carmelo dopo una breve pausa) - In questa casa non si usa dire buongiorno ad un ospite quando si apre la porta?

CARMELO Mi scusi, Donna Peppina, ma non… (imbarazzato)… buongiorno!

D. PEPPINA (Entrando) - Caro Carmelo, buongiorno. Come stai?

CARMELO (Stando al gioco) - Bene, grazie! Lei è sempre giovane!

D. PEPPINA Ci difendiamo come possiamo. Tu sei sempre gentile e cortese, non hai imparato nulla, e meno male, da quel barbaro del tuo… (non trova un titolo per Don Ciccino) …del tuo… di don Ciccino. A proposito, c’è?

CARMELO Come non l’ha visto prima?…(correggendosi) - ah già!… Eccolo là, come il solito, nel suo adorato letto!

- Donna Peppina entra osservata da Carmelo che pur stando al gioco continua a non capire. Poi…

CARMELO Don Ciccino, io sto andando all’ufficio postale. (Con tono provocatorio) Vi lascio in bella compagnia.

D. CICCINO (Al pubblico) - Bella davvero!

CARMELO Donna Peppina ve lo raccomando, arrivederci.

D. PEPPINA Vai tranquillo, ciao!

- Carmelo esce dalla comune.

D. PEPPINA (Avvicinandosi al vecchio) - Caro Ciccino, come state?

D. CICCINO Ora cominciamo a ragionare. Ti sei divertita abbastanza! Tu sei stata sempre una teatrante.

D. PEPPINA Per amore della sopravvivenza nella vita si fa anche questo, quando è necessario! Allora, che si dice?

D. CICCINO Che si deve dire! Sono tutto pieno di dolori, non mi posso muovere: le gambe, come mi alzo, mi fanno "gighiti gighiti" e la testa mi gira come se fosse sopra una giostra o sopra un pallone. Mi sento quasi morto!

D. PEPPINA Ma che vai dicendo! Caro Ciccino, si vede che ti senti vecchio e che vuoi invecchiare!

D. CICCINO Che vuoi dire? Spiegati.

D. PEPPINA I dolori ti vengono perché stai da mattina fino a sera in questo letto; perché non ti muovi mai! Invece devi seguire il mio esempio: non noti come sono "tesa"? Palestra due volte la settimana, tre chilometri di passeggiata ogni giorno, cibi leggeri, olio extravergine d’oliva…

D. CICCINO Peppina, la vecchiaia ti ha toccato già il cervello?

D. PEPPINA Perché? Forse perché mi voglio godere la vita? Caro mio, fino a quando campo, la vita me la voglio godere ogni santo giorno. Devi sapere che quelli come te, i quali dicono di essere quasi morti, sono così perché lo vogliono loro. Si fossilizzano nel letto e non si alzano più. (Energica) - Movimento, movimento caro Ciccino. Il movimento agevola la vita, lubrifica le articolazioni e mette in funzione… (toccandosi il cuore) - il motore. Fino a quando Nostro Signore mi vuole fare godere la luce del sole e mi dà la grazia di farmi funzionare le gambe, mi muovo, mi sposto… per vivere, per non morire.

D. CICCINO Esattamente! Fino a quando sei viva, perché dopo morta ci pensano i becchini a spostarti. E poi se è per questo mi muovo anch’io!

D. PEPPINA Certo dal letto alla cucina, dalla cucina al bagno, dal bagno nel letto. Percorso di formula uno!

D. CICCINO Però mangio cibi leggeri e genuini: pane, cipolla e formaggio, accompagnati da un bel bicchiere di vino.

D. PEPPINA Precisamente come cinquant'anni addietro!

D. CICCINO Qua ce n’è un’altra! Ti sei messa d’accordo con quella cosa "fitusa" di Carmelo?

D. PEPPINA Perché lo tratti male quel povero ragazzo, non riesco a capire. Se non fosse per lui vediamo cosa faresti!

D. CICCINO Starei sicuramente meglio, te l’assicuro!

D. PEPPINA Solo come un cane.

D. CICCINO (Cambiando discorso) - Io sono abituato all’antica: mi piacciono i sapori forti. Sono vecchio.

D. PEPPINA Della terza età, vuoi dire!

D. CICCINO E quando uno muore cos’è… della quarta? Fammi il favore…

D. PEPPINA Spiritoso! Ma senti, perché non ti vesti e ce ne andiamo a fare una bella passeggiata insieme! Oggi c’è una bellissima giornata!

D. CICCINO Se ti dico che sono tutto pieno di dolori… (Riflettendoci sopra) - Peppina, ma dove vuoi arrivare?

D. PEPPINA (Che non capisce il senso delle parole) - Dove possiamo arrivare… in Chiesa Madre o in piazza.

D. CICCINO Io rimango qui! La mia vita l’ho vissuta qui e ormai resta fra queste quattro mura.

D. PEPPINA Ti spaventi di uscire?

D. CICCINO Nella vita… nulla mi ha fatto paura.

D. PEPPINA E allora perché insisti a stare qui!

D. CICCINO Che cosa c’è da fare fuori?

D. PEPPINA Perché in questo paese non c’è un centro per gli anziani!

D. CICCINO Che ci devi fare con il centro?

D. PEPPINA Come che devi farci?! Il centro potrebbe essere uno stimolo, un motivo per uscire… È, per così dire, una zona franca per le persone della terza età.

D. CICCINO In genere si paga?

D. PEPPINA Che cosa?

D. CICCINO Il centro!

D. PEPPINA Quale centro?

D. CICCINO Apposto siamo! Hai detto zona franca…

D. PEPPINA Ah! Sempre ai soldi pensi!

D. CICCINO Io! Ma se tutti quelli che mi state attorno non volete altro da me che i soldi, le proprietà, cosa devo pensare!

D. PEPPINA (Risentita) - Io non ho che farmene delle tue cose e non ne voglio! Zona franca vuole dire una zona libera, nel senso che gli anziani possono essere liberi di svolgere le attività che più li gratificano, in piena autonomia e in piena libertà.

D. CICCINO Certo però che hai imparato a parlare in un modo…

D. PEPPINA Caro mio, nella vita bisogna leggere ed aggiornarsi.

D. CICCINO E che cosa si dovrebbe fare in questo centro?

D. PEPPINA Ce ne sono cose da fare! Prima fra tutte, potrebbe essere un luogo d’incontro dove potersi scambiare le esperienze, parlare…

D. CICCINO Giusto. Te l’immagini due vecchi che s’incontrano: - Ciccio, lo sai, ho un dolore nella gamba che non mi passa con niente. - L’altro gli risponde: - Non ti preoccupare, io ne ho uno nella spalla che è una delizia!

D. PEPPINA Tu sei chiuso.

D. CICCINO Sono rimasto nell’uovo!

D. PEPPINA No. Sei rimasto a cinquant'anni fa. Lo scambio di esperienze serve per aiutarsi. Oggi non si comunica più o meglio non si sa comunicare. Ci potremmo incontrare per fare una giocata a carte, a birilli, a bocce, a dama, a scacchi. Si potrebbero organizzare lezioni di ballo: mazurche, tanghi, valzer… Il movimento e il contatto, caro mio, rende più giovani, interessanti e vivi!

D. CICCINO Te l’immagini a Saro "pigna" che balla col bastone oppure a Giovanni "piscianasca" con la carrozzella! Ma che dici Peppina!

D. PEPPINA Dico che i vecchi come te, quelli che pensano come te, con una mentalità obsoleta…

D. CICCINO (Interrompendola) - Che cosa?

D. PEPPINA Antica come il mondo! Ecco, vedi, vivere vuole dire: leggere, viaggiare, ascoltare. Queste cose fanno crescere la cultura e la persona stessa.

D. CICCINO Sì, ma non fanno mangiare una persona, anzi se la mangiano!

D. PEPPINA Voi vecchi siete in queste condizioni proprio perché rifiutate queste cose, avete il chiodo fisso nel cervello… non collaborate, vi rifiutate. Se ci mettessimo tutti d’accordo e fondassimo un bel circolo o centro di vita per gli anziani, potremmo campare cinquant'anni in più.

D. CICCINO Se la morte non ci vede. Ma siccome quella aspetta…

D. PEPPINA Giusto! Ma se la morte vede che gli anziani si divertono, le fanno pena, ci ripensa e passa più tardi.

D. CICCINO Così dici tu!

D. PEPPINA E poi non sai che un’ora di risata ogni giorno aiuta la vita e toglie il medico di torno!

D. CICCINO Ma che c’è da ridere in questa vitaccia!

D. PEPPINA Ecco, te l’ho detto. Sei uno dei tanti che non vogliono vivere. Sei il classico vecchio chiuso in uno spazio tetro, pessimista, brutto e solitario. Hai ragione, sei un quasi morto: perché dentro sei morto, fuori, apparentemente, siccome parli, anzi sparli, sei vivo.

D. CICCINO Ma che mi vai raccontando tutte queste chiacchiere e queste parole che non capisco cosa vogliono dire! Di questi tempi noi vecchi, siamo buoni solo per sborsare denari.

D. PEPPINA E allora? Che c’è di male se si dà una mano a chi ne ha bisogno, quando si può dare; per esempio… ai figli. Io, in un primo tempo, dopo la morte della buon’anima di mio marito, la pensavo come te. Mi sono chiusa dentro e non sono più uscita. La mia vita si svolgeva tra le quattro mura domestiche. Non ti dico quanti dolori mi spuntarono e quanti disturbi mi vennero. Avevo un dolore ogni dieci centimetri della mia persona. Mi feci tutti gli esami. Niente! Una volta mi doleva il petto, un’altra volta lo stomaco, il fianco, la schiena, ecc… Mi ero preoccupata. Un giorno mi capitò di uscire in una giornata di maggio. Il sole era caldo e colorava tutto quello che era attorno a me. Mi misi a camminare e osservai la montagna, le campagne, le case, i fiori, gli alberi. Mi sembrava di vederli per la prima volta. Da quel giorno in poi… lo sai che cosa ho fatto?

D. CICCINO Ti sei fatta rinchiudere in un manicomio!

D. PEPPINA Tu scherzaci! Esco ogni giorno. Caro mio, ho scoperto che esisto.

D. CICCINO Perché prima dov’eri?

D. PEPPINA Chiusa in me! Poi sono uscita…

D. CICCINO (Interrompendola) - A me pare che sei uscita fuori della ragione.

D. PEPPINA Mi dovevo chiamare Ciccino. I soldi della pensione li divido: metto qualche cosa da parte, gli altri me li sparo tutti.

D. CICCINO Perché non li porti qui così li conservo io!

D. PEPPINA (Facendo gli occhi dolci) - A limite li conserviamo insieme.

D. CICCINO Insieme ammuffiscono.

D. PEPPINA Certo se li metti con quelli tuoi… sotto la mattonella… è logico.

D. CICCINO Tu come lo sai che li metto sotto una mattonella?

D. PEPPINA Perché una volta si usava così e siccome tu sei rimasto cinquant'anni indietro…

D. CICCINO I soldi si mettono sotto la mattonella?

D. PEPPINA Sotto la mattonella è un modo di dire, perché tu sai benissimo dove li devi mettere.

D. CICCINO Hai visto! Gira e rigira dove siamo caduti… nei miei soldi!

D. PEPPINA Te l’ho già detto una volta e non te lo voglio dire più: i tuoi soldi non m’interessano. I miei figli lavorano ed io ho la mia bella pensione. Perciò, dei tuoi soldi non so che farmene! Con i miei mangio, vivo e viaggio!

D. CICCINO Quanto prendi di pensione?

D. PEPPINA Quattro lire, ma cerco di farli bastare. Piuttosto tu… mi pare che non ti puoi lamentare.

D. CICCINO Bih! Quando mai!

D. PEPPINA Hai un bella faccia tosta! Quasi quasi ti lamenti! Non sei sposato, non hai figli, non paghi affitto, hai una bella pensione e poi hai…

D. CICCINO (Prontamente la interrompe) - Hai, hai, hai… anche tu mi vuoi elencare quello che ho? Per quattro cosette che si mangia lo Stato…

D. PEPPINA Però stai attento, caro mio, perché chi ha non sempre è felice. Conosco persone più giovani di noi che sono sole, hanno i soldi ma sono disperate! Ce ne sono altre che pur avendo parenti e figli, sono parcheggiati all’ospizio. E oggi sono tanti! Che triste fine per chi ha fatto sacrifici.

D. CICCINO E io che posso farci! Ho una casa, sono solo e sono felice.

D. PEPPINA Beato tu!

D. CICCINO Ora mi appari un po’ più normale; finalmente hai un momento di lucidità.

D. PEPPINA Io sono sempre lucidissima. La nostra condizione d’anziani è brutta, soprattutto quando ci combiniamo così (indica Ciccino). La solitudine, caro mio, uccide più di una malattia. (Alzando il tono) - Io per questo viaggio, mi muovo, perché voglio vivere e mi voglio godere la vita fino a quando lo posso fare.

Suonano.

D. CICCINO E chi può essere? (Suonano di nuovo) - Sicuramente qualche becchino!

D. PEPPINA Hai dei bei pensieri! Se non apri non puoi saperlo!

- Ancora il campanello.

D. CICCINO Peppina, fammi il favore: apri. Vedi chi è.

- Suonano ancora una volta.

D. PEPPINA (Andando ad aprire) - Deve essere qualcuno che gli bruciano…

SCENA IIIa

Don Ciccino, Donna Peppina e don Gaetano, il postino.

- Don Gaetano, postino, è un signore della stessa età dei protagonisti, un po’ balbuziente e prossimo alla pensione. Porta una borsa da portalettere.

D. GAETANO (Resta sulla porta) - Oh! Donna Peppina e lei qua? Vi siete decisa finalmente?

D. PEPPINA Mi sono decisa di che cosa?

D. GAETANO Di siii… di siii… di siii…

D. PEPPINA Di si, di no…! Mi trovo qua per una visita di cortesia. Entrate, vah!

D. GAETANO Io dicevo di sii… di sistemarvi.

D. PEPPINA Ma che dite!

D. GAETANO Che è de… de… de…

D. PEPPINA Deceduto?

D. GAETANO No, per carità. Dico de… de… deciso a sposarsi?

D. PEPPINA E chi?

D. CICCINO Vivo sono! Malalingua.

D. GAETANO (Entrando) - Don… don… don…

D. CICCINO Stanno suonando le campane!

D. GAETANO Don Ciccino, mi dovete scusare era una battuta di scherzo!

D. PEPPINA Andiamo avanti!

D. GAETANO (Essendo arrivato vicino al letto) - Più avanti di così? Dove dobbiamo andare su… uu… ul… letto.

D. CICCINO Cosa mi dovete dire don Gaetano?

D. GAETANO (Come se cadesse dalle nuvole) - E che vi devo dire… (riflette per un momento, poi…) - Boh! Niente, non ci penso più. Come state?

D. PEPPINA Lo potete vedere da voi: sta morendo!

D. CICCINO (Alzando la voce) - Allontanatevi di qua brutti iettatori che non siete altri.

D. PEPPINA Ma se vai dicendo che sei quasi morto! Io lo faccio per preparare gli amici.

D. GAETANO Mi… mi… mi…

D. CICCINO Miasma di morto ancora non ne faccio, don Gaetano!

D. GAETANO No, io volevo dire, mi… mi… mi dispiace, poveretto!

D. CICCINO E perché?

D. GAETANO Siete quasi mo… mo… morto? Lo avete chiamato, almeno, il dottore?

D. CICCINO Non ho chiamato nessuno! Ancora non è il momento! Avete capito… (Scandendo le parole) - non è il momento.

D. GAETANO Ho capito.

D. CICCINO (A donna Peppina) - L’ha capito.

D. GAETANO È che donna Pe… Pe… Peppina scherza sempre. È una donna sempre alle… alle…

D. CICCINO Allé allé, olé, olé… dove siamo.

D. GAETANO Donna allegra!

D. PEPPINA Ma don Gaetano, osservatelo bene. Non vedete come è pallido? Non vi pare freddo!

D. GAETANO Dai donna Peppina… non mi fate ssp… ssp… ssp…

D. CICCINO Se non la finite, vi faccio scappare io!

D. GAETANO Io mi sss… ssspavento!

D. PEPPINA Che uomo siete?

D. GAETANO Io sono un postino…

D. CICCINO Che è un uomo? È un postino! Comunque arrivederci ad ambedue. Io sto bene, vi ringrazio della visita e…

D. PEPPINA Che fai, ci stai mandando via?

D. CICCINO Chi io? Vi sto solamente ringraziando, se poi ve ne volete andare… non vi posso certamente trattenere!

D. GAETANO (Ricordandosi del perché era andato a casa di don Ciccino) - Ah! Vi devo dire della ra… ra… ra…

D. PEPPINA Rapina? Ancora una rapina all’ufficio postale?

D. CICCINO Non si può campare tranquillamente. Questa è la decima rapina, mi pare?

D. GAETANO Nooo. Ho portato una ra… ra… raccomandata.

D. CICCINO Una raccomandata per me? Da parte di chi?

D. GAETANO Non è per voi.

D. PEPPINA E allora?

D. GAETANO Nemmeno per voi.

D. PEPPINA Questo era logico.

D. CICCINO Per te, non certo per lui!

D. GAETANO Ca… Ca… Carmelo dov’è?

D. CICCINO Ca… ca… maledizione, pure a me…

D. GAETANO (Risentito perché preso in giro) - Che… che… che… mi prendete in giro?

D. PEPPINA No. Che centra.

D. GAETANO Lei, che centra!

D. CICCINO Tu che centri?

D. PEPPINA Chi vuole centrare!

D. GAETANO Allora, che centra?

D. CICCINO Va bene! La volete finire con tutti questi centri? Mi "sconcentrate"! Che dovete fare con Carmelo?

D. GAETANO Gli devo dare la ra… ra… raccomandata.

D. CICCINO Chi gliela può mandare una raccomandata se non ha nessuno?

D. GAETANO È mo… mo… mo…

D. PEPPINA Morto? Ma se l’ho visto poco fa!

D. GAETANO Ma che centra?

D. PEPPINA Allora chi è morto?

D. GAETANO Maledetta le… le… le…

D. CICCINO Decidetevi, che cos’è una raccomandata o una lettera?

D. GAETANO Mi volete fare parlare?

D. CICCINO Peppina farlo parlare, non gli dai nemmeno il tempo!

D. PEPPINA Ma se non ho detto niente!

D. GAETANO È una raccomandata del Mi… Mi… Mi…

D. CICCINO Mi… mi… mi…

D. GAETANO Che mi… mi… mi…

D. PEPPINA (Spazientita) - Che minc… (tappandosi la bocca) - … siete!

D. GAETANO (Nervoso) - Mi pare che vi sta… sta... state prendendo gioco di me!

D. CICCINO Vi prego, don Gaetano, chi si permette di fare una cosa del genere! Io vi volevo aiutare.

D. PEPPINA Ha ragione Ciccino, è che uno si coinvolge emotivamente. (Rivolta a don Ciccino) - Se lo vuoi aiutare, stai zitto. (Poi al postino) - Calmatevi e diteci che cos’è?

D. GAETANO Bene dice don… don… don…

D. PEPPINA Ancora campane.

D. GAETANO Viene dal Ministero di Grazia e Giustizia.

D. CICCINO Chi?

D. GAETANO (Perdendo il filo del discorso) - Chi, che cosa?

D. PEPPINA Lui vuole dire: chi viene?

D. GAETANO (A don Ciccino) - Perché chi viene?

D. CICCINO Che ne so io!

D. GAETANO Ma, insomma, chi deve venire?

D. PEPPINA (Spazientito) - Don Gallarano… chi viene dal Ministero?

D. GAETANO (Ricordandosi) - Ah! La racco… raccomandata. (Tira fuori dalla borsa il libretto delle ricevute. Poi rivolgendosi a don Ciccino) - Metteteci una firma qua.

D. CICCINO Devo uscire soldi?

D. PEPPINA Caso mai non la prendi?

D. GAETANO No. Pa… pa… pa…

D. CICCINO Pagare? Ve la ritornate, anzi speditala indietro.

D. GAETANO Pa… pagata è!

D. CICCINO Sentite don Gaetano, la raccomandata è per Carmelo?

D. GAETANO Sì.

D. CICCINO Allora quando torna Carmelo lo mando all’ufficio postale e la ritira lui stesso.

D. GAETANO Certo che siete un bel ti… ti… tipo.

D. PEPPINA (Prendendolo in giro) - Non glielo dite che non è vero, poverino.

D. CICCINO Ma è mai possibile che devi metterci sempre la tua!

D. PEPPINA (Al postino) - Don Gaetano, ma ormai non avete l’età della pensioni? Come mai ancora in servizio.

D. GAETANO L’età ce… ce… ce… l’ho. Mi mancano i co… i co… i co…

D. CICCINO (Sottovoce) - Donna Peppina, non vi risulta che ce l’ha?

D. PEPPINA Che cosa?

D. CICCINO (C.s.) - Le corna.

D. PEPPINA Via, Ciccino malalingua.

D. GAETANO (Che ha intuito) - I co… contributi per avere la pensione. Se tutto va bene, quest’anno dovrei farcela.

D. PEPPINA Questo dicevo io!

D. GAETANO Dovevo andarci l’anno pas… pas… passato, ma è uscita quella bella legge e addio pe… pe… pensione.

D. CICCINO Certo a loro conviene allungare di anno in anno l’età pensionabile! Ogni leggi fi… fi… finanziaria c’è una riforma di pensione. La soluzione è: aumentare l’anno pe… pe… pensionabile e così ogni anno aumenta sempre l’età minima della pensione. Quando va bene l’aumentano di un a… un a… anno, se no di due. Nel frattempo quelli che devono andare in pensione, stirano i "paletti" e i politici, lo Stato, risparmiano. Loro, di contro, dopo ci… ci… cinque anni di mandato politico, non solo producono rovina, ma addirittura hanno diritto alla pensione… e che pensione!

D. PEPPINA (Guardando don Ciccino) - E non ha ragione?

D. CICCINO (Affermando) - Io l’ho sempre detto! La bilancia pende per tutti allo stesso modo. Tutto dipende da chi la maneggia!

D. GAETANO Due volte dovevo an… an… andarci e tutte due volte ho perso l’occ… l’occ… l’occ…

D. PEPPINA Gli occhi?

D. GAETANO No.

D. CICCINO Gli occhiali?

D. GAETANO (Disperandosi) - Mannaggia! L’occ... l’occasione.

D. PEPPINA E allora ora?

D. GAETANO Aspetto quest’anno. La domanda l’ho già… l’ho già… fatta.

D. CICCINO Sempre se non tirano fuori un’altra legge.

D. GAETANO Ormai la pratica è partita.

D. CICCINO Bisogna vedere s’arriva.

D. PEPPINA Io me lo ricordo giovanotto quando portava la prima posta...

D. GAETANO Anch’io mi ricordo di lei. È stata sempre una ba… ba… battagliera. Bei tempi i nostri!

D. PEPPINA Ma che andate dicendo. I tempi belli sono ora.

D. CICCINO Ha ragione don Gaetano: erano bei tempi. C’erano cose genuine. Di tutto quello che si produceva non si buttava niente. E poi i soldi bastavano sempre.

D. GAETANO Giusto, bra… bra… bravo! Lo stipendio bastava per tutto il mese.

D. PEPPINA Chi l’aveva! Chi non possedeva niente mangiava quando poteva.

D. CICCINO Sì, ma la vita era sana, come pure l’aria...

D. PEPPINA Sana per quelli che avevano le proprietà, come a certuni che conosciamo… (Alludendo a don Ciccino). Diciamo che non c’erano o meglio non si sentivano dire certe notizie come quelle che si sentono al televisore.

D. CICCINO Chi lo possiede! Io per esempio non lo sento.

D. GAETANO Non sente? Oggi ci sono apparecchi acustici fa… fa… fantastici…

D. PEPPINA Che avete capito? Non ha il televisore.

D. GAETANO Davvero?

D. PEPPINA Costui ancora vive con la luce delle candele!

D. GAETANO Bih!

D. CICCINO E allora? Sono un uomo romantico!

D. PEPPINA Sei sconcluso… volevo dire recluso, amante del buio.

D. GAETANO Pe… pe… però è vero: si sentono dire più malattie. A proposito lo sapete chi è mo… mo… morto?

D. PEPPINA Chi?

D. GAETANO Salvatore "ma… ma… mangiapane".

D. CICCINO Salvatore "mangiapane"? Quello che aveva la "Lambretta" verde?

D. PEPPINA Una volta. Da quanto tempo non esci?

D. GAETANO Ora si era comprato il "Fio… Fio… Fiorino".

D. CICCINO Aveva la mia stessa età.

D. GAETANO Perché, l’altro giorno non è morta la mia Ma… Ma… Ma…

D. PEPPINA Mi dispiace don Gaetano, vi faccio le mie più sentite condoglianze.

D. GAETANO Perché?

D. PEPPINA È morta la Mamma?

D. GAETANO Che avete capito do… do… do… donna Peppina. La buonanima è morta due anni fa.

D. CICCINO Allora chi è morta?

D. GAETANO Maria "la chitarrista", la mia am… am… amica.

D. PEPPINA Questo lo sapevo già. Mi ha fatto una pena! Ancora una ragazza.

D. GAETANO Ma se aveva setta… setta…settant’anni!

D. CICCINO Come se ne vanno gli amici!

D. GAETANO Questo non è niente! L’altro giorno mi hanno detto che è morto…

D. CICCINO (Interrompendolo prontamente con disapprovazione) - AaaaH… Sentite, don Gaetano, avete portato altre notizie fresche?

D. GAETANO No, anzi me ne vado pe… pe…

D. PEPPINA Per i fatti vostri!

D. CICCINO Meglio sarebbe, il guaio è che non lo fa!

D. GAETANO Pe… pe… pe..rchè devo ancora dividere la posta.

D. PEPPINA Avete un bel lavoro da fare.

D. GAETANO Altro che! A me piacerebbe sdraiarmi al sole con un be… be… bel giornale...

D. CICCINO Per ripararsi dal sole o per leggerlo.

D. GAETANO Che cosa c’è da le… le… leggere, portano sempre notizie brutte.

D. PEPPINA Certo, almeno servono per ripararsi la faccia dal sole!

D. GAETANO Io sono pieno di dolori a furia di dividere la posta con qualsiasi tempo! Mi giro mezzo paese a piedi.

D. CICCINO Ma come, donna Peppina dice che quando uno si muove dolori non ne vengono.

D. PEPPINA Che centra! Lui fa un mestiere particolare.

D. GAETANO Dopo questa vi… vi… vi…

D. PEPPINA Visita?

D. CICCINO Vista!

D. GAETANO Dopo questa vi… vi… vita passata all’acqua e al vento non c’è movimento che fa bene! Beh! Signori miei, vi lascio con la sa… sa… salute. Arrivederci e… teniamoci forte!

D. PEPPINA Se è per questo non ci pensate.

D. CICCINO Arrivederci, don Gaetano.

D. GAETANO Arrivederci. (Don Gaetano esce di scena.)

SCENA IVa

Don Ciccino e Donna Peppina.

D. CICCINO Hai visto di cosa si parla quando si incontrano quattro vecchi? – "Chi è morto oggi?" – "Chi è morto ieri?"

D. PEPPINA Allora sai che ti dico: è meglio che te ne stai nel letto, solo come un cane, e aspetti che ti viene a trovare la morte.

D. CICCINO Oh, ma sei dura come un masso! Se ti dico che non mi posso muovere! Come te lo devo far capire?

D. PEPPINA Senti… ma la pensione chi te la prende, visto che sei sempre "alletticato" fresco.

D. CICCINO Chi me la prende?! Io stesso! Io non mi fido di nessuno.

D. PEPPINA Ah! Per questo puoi camminare! E scommetto pure che sei uno di quelli che si presenta all’ufficio postale alle quattro di mattina.

D. CICCINO Che devo fare? Non vedi che sono solo!

D. PEPPINA Solo… non hai i tuoi nipoti?

D. CICCINO Nipoti?

D. PEPPINA Non vengono a trovarti?

D. CICCINO Quelli non vedono l’ora che muoia, in modo tale da accaparrarsi tutta la mia roba.

D. PEPPINA Prima o poi deve succedere.

D. CICCINO Stai facendo qualche sortilegio?

D. PEPPINA Sortilegi non ne so fare e non so cosa sono. (Lo guarda intensamente) - Però ne vorrei saper fare uno… (Continua a fissarlo)

D. CICCINO Che c’è, che è successo, perché mi guardi così?

D. PEPPINA Ciccinello… che facciamo?

D. CICCINO (Non capisce il senso) - Che vuoi fare?

D. PEPPINA (Gli si avvicina sempre di più) - Ciccinello… uniamo labbra con labbra?

D. CICCINO Peppina, ma ti sei ammattita?

D. PEPPINA E perché. Avanti, dai, (serrando le labbra) - dammelo un bacetto. Lo sai che io per te ho un debole!

D. CICCINO Alla nostra età!

D. PEPPINA Che c’è di male. Dammelo un bacetto, dammelo!

D. CICCINO No! La vecchiaia ti ha intontita?

D. PEPPINA (Ritorna in se) - Sei sempre un vecchio scorbutico e freddo.

D. CICCINO Sarà, ma io sto bene così.

D. PEPPINA Me ne vado e ti lascio con la speranza che rifletti, ti alzi e cambi testa. La vita ce la dobbiamo godere. Ti saluto. (Non si sposta)

Don Ciccino Ciao.

D. PEPPINA Ciao, solo questo sai dire?

D. CICCINO Quando una persona saluta, cosa dovrebbe dire?

D. PEPPINA E dammelo un bacetto, almeno ci salutiamo come si deve, alla moda.

D. CICCINO E va bene! (Si baciano come due vecchi amici. Nello stesso tempo suonano)

D. PEPPINA Ti raccomando: su, su con la vita. Ciao.

D. CICCINO Peppina fammi il favore, mentre esci vedi chi è. Se lo conosci, fallo entrare.

D. PEPPINA (Sfottente) - Tu non ti alzare! (Va ad aprire. Poi sull’uscio) - Carissimo dottore, come sta?

SCENA Va

Detti e il dottore Cammà.

- Entra il dottore Cammà, un giovane dottore neolaureato, figlio di un medico del paese. Un tipo molto pacato.

DOTTORE Bene, grazie. Il signor Ciccino è in casa?

D. PEPPINA Per il momento sì, più tardi non lo sappiamo.

DOTTORE Sono qua per questo!

D. CICCINO Peppina, chi è?

D. PEPPINA Avanti dottore accomodatevi. (A Ciccino) - È una visita speciale.

D. CICCINO Falla entrare.

DOTTORE (Entrando) - Carissimo, signor Ciccino.

D. CICCINO (Sconoscendolo) - E lei chi è?

DOTTORE Ma come… non ricorda chi sono… non mi riconosce?

D. CICCINO Veramente… no!

DOTTORE Come… io sono il figlio del dottore Cammà.

D. PEPPINA Ciccino, guardalo bene, non vedi che è tutto suo padre?

D. CICCINO Ah! Tu sei Angelino, il "dottorino".

DOTTORE Esattamente! Angelo Cammà, dottore sostituto del vecchio dottore Pietro Cammà, ossia mio padre, oggi a riposo.

D. PEPPINA Bellissima presentazione, mi congratulo con lei, dottore.

DOTTORE Grazie! Lei è veramente gentile!

D. PEPPINA Tutto suo padre! Un vero galantuomo.

D. CICCINO Bravo veramente! Speriamo però, che non ha preso la laurea come il padre!

DOTTORE Che cosa intendete dire? Spiegatevi.

D. PEPPINA Ma no, lasci perdere… non sa nemmeno ciò che dice!

D. CICCINO Cos’è un segreto? Suo padre era un bravo medico.

DOTTORE È un bravo medico. Ma che centra la laurea.

D. CICCINO Lo sanno tutti che la laurea l’ha conseguita "a umma a umma"! (Gesticola per indicare il sotterfugio).

DOTTORE (Imitando il gesto di don Ciccino) - Che vuole dire: "a umma a umma".

D. PEPPINA Vi ho detto di non farci caso!

D. CICCINO Si dice che l’abbia conseguita a Roma senza fare un esame. Ma era bravo medico, però!

DOTTORE Queste sono illazioni che offendono l’ordine dei medici oltre che la persona di mio padre e di me medesimo.

D. PEPPINA Giusto, ha ragione il dottore, che ti metti a dire?

D. CICCINO Io sto dicendo quello che sento dire. Non volevo offendere nessuno.

DOTTORE E invece l’avete fatto!

D. PEPPINA Scusate se m’intrometto, veramente sono voci che circolavano tempo addietro…

DOTTORE Calunnie! Mio padre… è vero che si è laureato a Roma, ma è altrettanto vero che ha condotto a termine tutti gli esami necessari per ottenere l’alto titolo di studio.

D. CICCINO (Sottovoce al pubblico) - Alto titolo… e dove l’ha appeso nel dammuso?

D. PEPPINA Comunque, lo possiamo dire: è stato un bravo medico.

DOTTORE È un bravo medico.

D. CICCINO Ma senta, dottore, chi l’ha chiamato?

DOTTORE Come chi? Mi ha incontrato Carmelo e mi ha detto di avvicinare da lei perché vi sentite "quasi morto". Allora io, mi sono precipitato, ho fatto una corsa…

D. CICCINO Si vede, siete tutto sudato. Potevate risparmiarvi. Quello esagera.

DOTTORE Oramai che sono qui ne approfitto.

D. CICCINO In che senso.

D. PEPPINA Ma quanto sei mal pensante!

DOTTORE Vi faccio una bella visita completa.

D. CICCINO A chi? A me?

DOTTORE Non vedo altri moribondi…(correggendosi) - volevo dire ammalati… insomma persone che stanno male.

D. PEPPINA Dottore… quell’individuo sta meglio di me.

DOTTORE Questo vorrei giudicarlo io, se permettete.

D. CICCINO Peppina, ma tu non te n’eri andata?

D. PEPPINA Sai, mentre c’è il dottore ne vorrei approfittare anch’io!

DOTTORE Beh! Prima però vorrei dare un’occhiata a don Ciccino.

D. CICCINO Un momento: chi paga?

DOTTORE (Imbarazzato) Chi deve pagare… In genere pagano i pazienti!

D. CICCINO Ha detto bene i pazienti… siccome io pazienza non ne ho, non voglio essere visitato e dunque ve ne potete andare perché non vi do una lira.

D. PEPPINA Mi devi scusare… se dici che non ti puoi muovere, che sei pieno di dolori, fatti visitare.

D. CICCINO Perché non ti fai visitare tu?

D. PEPPINA Io posso andare nello studio.

DOTTORE Sentite don Ciccino, non pagatemi la visita, ma almeno fatevi visitare, per scrupolo di coscienza e per senso etico. Carmelo mi ha fatto preoccupare veramente!

D. CICCINO Quello è più carogna di una carogna, ma come arriva… lo sistemo io!

D. PEPPINA Togli lo scrupolo al dottore.

D. CICCINO Se è per lo scrupolo… divento paziente! Però vi ripeto che sto bene!

DOTTORE (Apre la borsa da dottore e tira fuori lo stetoscopio) - Avanti, per prima cosa visitiamo i bronchi.

D. CICCINO (Osserva Peppina e visto che la donna rimane) - Peppina, mi pare di aver sentito che te ne stavi andando.

D. PEPPINA Va bene, ho capito, non mi vuoi fra i piedi. (Si avvicina verso don Ciccino per baciarlo)

D. CICCINO Mi devi visitare pure tu?

D. PEPPINA Ti volevo solo salutare.

D. CICCINO Non mi hai salutato poco fa! Un’altra volta?

D. PEPPINA (Rinuncia al bacio) - Ciao. Dottore io la saluto, ci vediamo allo studio.

DOTTORE D’accordo signora, come vuole. Sempre a disposizione.

D. PEPPINA Arrivederci, e su con la vita. (Dopo aver salutato va via dalla comune)

DOTTORE (A don Ciccino) - Che voleva dire?

D. CICCINO Che ne so! Quella è come tutti gli altri: vuole la sua parte. Piuttosto, dottore, per consiglio mio, quando viene allo studio, le potete fare direttamente la richiesta di ricovero psichiatrico, così non perdete tempo.

DOTTORE Che dice?

D. CICCINO Niente, niente dottore. Cominciamo?

DOTTORE Dite… quanto tempo fa avete fatto le analisi.

D. CICCINO Ogni anno a ottobre!

DOTTORE Perfetto! E cosa è risultato.

D. CICCINO Cosa doveva risultare?! Dottore… vede… non per essere modesto… ma il vino che produco io, non ha nemmeno un po' di acidità e il grado è quello giusto.

DOTTORE Che centra il vino?

D. CICCINO Lei non mi ha chiesto delle analisi?

DOTTORE Io mi riferivo alle analisi dell’urina e del sangue.

D. CICCINO E che ne so. Io l’unica analisi che conosco è quella del vino.

DOTTORE (Con stupore) Non avete mai fatto le analisi al sangue?

D. CICCINO Mai!

DOTTORE Non ci posso credere.

D. CICCINO Se non mi credete, non siete certo obbligato!

DOTTORE Male, male, male.

D. CICCINO Troppo male?

DOTTORE Malissimo! Ascoltiamo i bronchi! (Si avvicina al vecchio con lo stetoscopio)

D. CICCINO Si sentono di qua?

DOTTORE Che cosa?

D. CICCINO I bronchi!

DOTTORE Non vi preoccupate, li sento io. (Mette lo stetoscopio nella scena) - Dite trentatre.

D. CICCINO Perché?

DOTTORE È un modo per sentire meglio i bronchi e i polmoni. Voi dite trenta…tre. Non vi preoccupate di nulla.

D. CICCINO Trenta… tre

DOTTORE Così non va bene! Dovete dire trentatre!

D. CICCINO E io cosa ho detto?

DOTTORE Avete detto trenta… tre e non trentatre. Avanti riproviamo.

D. CICCINO (Al pubblico) - Boh! Oggi i visitatori di questa casa sono tutti pazzi! Proviamo nuovamente. (Riprende) - Trenta… tre… mi sente?

DOTTORE Se voi non lo dite, io non vi posso sentire.

D. CICCINO Che è sordo? Trentatre… trentatre… che fa mi sentite?

DOTTORE Ancora no.

D. CICCINO (Alzando la voce) - Trentatre.

DOTTORE (Togliendosi lo stetoscopio dalle orecchie infastidite dalla voce di don Ciccino) - Non così forte.

D. CICCINO Se non mi sentivate! Proviamo di nuovo?

DOTTORE No, non c’è bisogno. Proviamo col cuore!

D. CICCINO Ah, per cuore la mia famiglia è stata sempre forte.

DOTTORE (Dopo aver appoggiato lo strumento sul petto) - Muu… muu…

D. CICCINO Dottore che c’è?

DOTTORE Fate silenzio! Muuu… uuu….

D. CICCINO Dottore che state sentendo qualche vitello là dentro?

DOTTORE Voi non avete mai controllato il cuore, vero?

D. CICCINO Sapesse quante volte l’ho controllato, lei non ne ha nemmeno l’idea!

DOTTORE E cosa vi è risultato?

D. CICCINO Un calcio nel "paniere". Scusate se parlo così.

DOTTORE Non capisco.

D. CICCINO Quando ho donato qualcosa l’ho fatto sempre di cuore e in cambio ho ricevuto calci.

DOTTORE Ma mi prendete in giro?

D. CICCINO Non sia mai dottore. Perché?

DOTTORE Io dicevo che il vostro battito non mi convince, perciò vi consiglio di farvi visitare da un cardiologo.

D. CICCINO (Preoccupato) - Sto morendo, vero? Lo so… lo sentivo che sto per morire!

DOTTORE Ma non dite sciocchezze. Io vi ho detto solo di fare un controllo, non che state morendo.

D. CICCINO Io mi sento male! Muoio!

DOTTORE Non vi preoccupate che ancora non è il momento. Misuriamo la pressione.

D. CICCINO E come me la misura?

DOTTORE (Sbigottito) - Non vi siete mai misurato nemmeno la pressione?

D. CICCINO Non c’è stato bisogno perché io mi curo solo.

DOTTORE Fate bene! Però una controllatina ci vuole una volta ogni tanto. Certo che siete un tipo veramente eccezionale, oserei dire da università!

D. CICCINO Dottore ma che dite… io non ho fatto nemmeno le scuole elementari!

DOTTORE Dicevo che siete un tipo da studiare, particolare… (Dopo aver preso lo strumento) - Datemi il braccio.

D. CICCINO Dottore fa male?

DOTTORE (Ancora incredulo) - Siete un tipo veramente speciale. Se lo raccontassi ai colleghi, sono sicuro che non mi crederebbe nessuno. (Mentre maneggia lo strumento) - A questa età senza mai aver fatto un controllo medico. (Guarda il manometro) - È un pochettino bassina… vi sentite a volte spossato, moscio?

D. CICCINO Veramente… alla mia età…

DOTTORE Volevo dire senza forze…

D. CICCINO Sì, certe volte… (innocentemente) - ma allora… ora… cosa fate me la gonfiate?

DOTTORE Che cosa?

D. CICCINO La pressione, avete detto che era bassa… me la gonfiate?

DOTTORE (Ride) - Aaaa… Mica è una ruota… aaaaaaahh!

D. CICCINO (Risentito) - Vi divertite a prendermi in giro!

DOTTORE (Col sorriso sulle labbra) - Non mi permetterei mai. Era una battuta che ancora non mi aveva fatto nessuno. (Tira fuori il martello per i riflessi rotulei) - Ora proviamo i riflessi.

D. CICCINO (Preoccupato del martello, non sapendo cosa vuol fare il dottore) - Dottore, io scherzavo. Volete approfittare di un vecchio solo e indifeso.

DOTTORE Continuo a non capire le vostre battute.

D. CICCINO (C.S.) - Sono io che non vi capisco. Per una parola che mi sono permesso di dire mi volete prendere a martellate… non mi pare giusto.

DOTTORE (Ride più forte di prima) - Scusate ma non mi posso trattenere! Siete troppo simpatico.

D. CICCINO Lei è il primo che me lo dice, ma posi il martello che ridiamo meglio.

DOTTORE (Continuando a ridere) - Non abbiate timore. Questo serve per il ginocchio.

D. CICCINO Ed è proprio lì che ho il dolore più acuto.

DOTTORE Avanti su, mettetevi seduto nel letto con le gambe verso terra e proviamo i riflessi.

D. CICCINO Lasci perdere… forse è meglio che le do un braccio?

DOTTORE No, ci vuole per forza un ginocchio.

D. CICCINO Per forza!

DOTTORE Sì. Non mi fate perdere tempo, coraggio.

D. CICCINO Il coraggio c’è! Quello che non manca è il dolore! (Si mette seduto nel letto con le gambe verso terra) - Piano, ah! Per favore…

DOTTORE Non vi preoccupate. (Dà il primo colpo ma il ginocchio non si muove) - Strano! Riproviamo. (Al secondo colpo, più deciso, non succede niente)

D. CICCINO Ahi! Dottore, guardi che il colpo si è sentito abbastanza.

DOTTORE Non vi agitate. (Riprova con un altro colpo) - Ma non è possibile!

D. CICCINO È grave?

DOTTORE Sss… non mi distraete.

D. CICCINO Piano… dottore piano.

- Il medico dà una serie di colpetti e verificando che non succede niente colpisce più forte. Don Ciccino lancia un urlo di dolore e colpisce con uno scappellotto il dottore.

D. CICCINO Ahi, morte subitanea, che dolore! Ahiiii…

DOTTORE (Che ha ricevuto il colpo) - Ma che fate vecchio rimbecillito che non siete altro.

D. CICCINO Che faccio io? Ma se mi avete distrutto un ginocchio. E poi che ne posso sapere io di scienza! Appena avete dato il colpo più forte nel ginocchio, il braccio si è mosso automaticamente e la mano è andata a sbattere contro la vostra testa che si trovava nella direzione.

DOTTORE Voi siete tutto al rovescio e sarebbe pure il caso di rinchiudervi.

D. CICCINO A me? (Guardando in cagnesco il dottore) Cerca di andartene prima che aumenta la pressione e scoppio sopra di te.

DOTTORE Nessuno mi ha trattato così!

D. CICCINO E ancora… aspetta che ti faccio vedere come si sentono i numeri che vanno dal trentaquattro fino al settanta. (Prende il bastone e scende dal letto, mentre il dottore, frettolosamente, recuperati gli strumenti, guadagna l’uscita)

DOTTORE Altro che quasi morto, voi siete più vivo e vegeto di me. Addio… e spero di non vedervi più!

D. CICCINO Pezzo di iettatore, ora ti sistemo io.

- Sceso dal letto insegue il medico col bastone in mano ed esce di scena, mentre il sipario si chiude.

SIPARIO

ATTO SECONDO

Qualche giorno dopo, stesso ambiente

SCENA Ia

Don Ciccino e Carmelo

- La scena si apre con Don Ciccino sdraiato sul letto.

D. CICCINO (Chiama ad alta voce) - Carmelo. Carmelo.

CARMELO (Da fuori) - Arrivo Don Ciccino.

D. CICCINO Ma si può sapere che fai sempre dall’altra parte?

CARMELO (Uscendo) - Cerco di togliere le pulci alla gatta.

D. CICCINO E tu… Un bel modo di rispondere, ma so io cosa fare!

CARMELO Ormai l’avete detto tante di quelle volte che lo so pure io.

D. CICCINO Che sai tu, che sai!

CARMELO Lo sanno tutti: non mi lasciate nemmeno una lira!

D. CICCINO Chi sei tu che devo lasciarti chissà che cosa! E poi chi ce l’ha la lira.

CARMELO Poverino, vero! Quand’è così, le vigne di Tre Monti e i tirreni della Piana perché non me li regalate?

D. CICCINO E io che ti ascolto! Le proprietà si mangiano il fruttato per i lavori necessari. Una volta rendevano sia in natura che in denari: i peri facevano pere, i vigneti l’uva, l’uva il vino e il vino i soldi...

CARMELO (Interrompendolo) - …E l’allegria.

D. CICCINO (Continuando) - Gli alberi facevano i frutti succosi e dolci, una delizia. Oggi, non solo non fruttano più, ma i frutti non si possono mangiare: agri, avvelenati e stranieri. Non parliamo delle tasse che si pagano. Lo Stato, è una sanguisuga.

CARMELO E le case affittate in Catania, di chi sono?

D. CICCINO Nella lingua… quando capita! Chi ti dice tutte queste fesserie.

CARMELO Tutti sanno quello che possedete.

D. CICCINO Tu non devi ascoltare la gente, perché di una cosa ne fanno dieci, poi cento e alla fine mille. Devi fare il maggiordomo, non colui che si intromette nei miei affari e non ti devi permettere...

CARMELO (Stupito) "Il maggiordomo"… Cos’è un nuovo titolo?

D. CICCINO Sì. Ti ho intitolato questa notte.

CARMELO Giusto! Quando una persona la notte non può dormire, come passa il tempo? Intitolando! Perché mi ha chiamato?

D. CICCINO (Pensieroso) Non ci penso più! Mi fai perdere la testa.

CARMELO Magari la perdesse. (Sta per andarsene)

D. CICCINO Carmelo!

CARMELO Di nuovo. Che c’è?

D. CICCINO L’hai visto a don Nicola?

CARMELO Chi? Quel pezzo d’imbroglione di Nicola Tacchetto?

D. CICCINO Se non ti levi il vizio di sputare sentenze, qualche giorno ti rompo le ossa.

CARMELO Non è forse vero che è una cosaccia? Si dice che per amore dei soldi si è venduto pure il padre.

D. CICCINO La casa di suo padre, vuoi dire, mentre vi abitava.

CARMELO Esattamente! Il padre, vecchio e malandato, morì solo come un cane all’ospizio, malgrado possedesse delle belle proprietà e una bella villona.

D. CICCINO Hai ragione. Suo figlio s’è venduto tutto, compresa la casa del padre, si è comprato una bella proprietà di nascosto e ha sbarcato quel poveretto in un ospizio di vecchi.

CARMELO Propriamente, questo dicevo io!

D. CICCINO Quando siamo vecchi, non serviamo più. Vedi me. Una vita di sacrifici, di lavoro e ora senza nessuno.

CARMELO Così mi offendete, di faccia a faccia? Io chi sono, nessuno?

D. CICCINO (Con tono arrogante) Perché chi sei tu, sentiamo. (Pacato e con rancore) Quand’ero giovane la vita mi sembrava un campo di conquista. Era una festa con i miei parenti, con i miei amici. Ora che sono vecchio non vedo più nessuno Quando viene a trovarmi qualche nipote, devo stare attento dove mette le mani e dove mette gli occhi. I nipoti! Con le mani mi rubano e con gli occhi mi buttano il malocchio. Non vedono l’ora che muoia!

CARMELO (Consolandolo) - Don Ciccino, non vi angustiate. Al limite scrivete due righe: lascio tutti i miei beni al mio fedele... (Pausa) - ... fedele... che? Non sono figlio, non sono nipote, né tanto meno un parente...

D. CICCINO Fedele non c’è nemmeno il cane, perché quando ha l’osso ti morde.

CARMELO (Ricordandosi) – Ah! Potete scriverci... "maggiordomo". Ecco ... al mio fedele maggiordomo, suona pure bene. Giacché mi avete dato questo titolo lo sfruttiamo. Che ne pensate Don Ciccino?

D. CICCINO Che tu sei peggio degli altri!

CARMELO (Sarcastico) Peccato! Io vi ho dato una bellissima idea in modo tale che non vi angustiate e che la roba finisce…

D. CICCINO All’inferno! Se io per caso, facessi una cosa del genere, l’indomani mi troverebbero teso nel letto. Sono sicuro che m’avveleneresti.

CARMELO Il guaio è che non lo fate! Io personalmente ci tenterei.

D. CICCINO Ma siccome io, sono io, e tu sei tu, lasciamo perdere questo discorso e non ne parliamo più.

CARMELO Al limite… è un’opera di bene!

D. CICCINO Se vieni più vicino, la faccio subito l’opera di bene! Ti do un colpo di bastone che ti paralizzo.

CARMELO Bello benefattore siete!

D. CICCINO Perché mi sento così male…

CARMELO Male?! Voi siete come il malato immaginario, preciso, identico. Pare che lo scrittore avesse in mente voi.

D. CICCINO Tu non mi capisci. Mi sento quasi morto.

CARMELO Quasi morto, ma non morto!

D. CICCINO Quella maledetta linguaccia che ti ritrovi nella bocca! (Imperativo) - Hai visto Tacchetto sì o no!

CARMELO Sì, l’ho visto nel panettiere e mi ha detto che più tardi passava.

D. CICCINO Più tardi può essere troppo tardi. Stamattina mi sento assai male. Ho la sensazione che non arriverò a vedere l’alba di domani.

CARMELO Sono almeno dieci anni che mi dite la stessa cosa e sono dieci anni che ci spero. Se continua così, prima di voi muoio io… disperato.

D. CICCINO Vattene di qua, iettatore che non sei altro.

CARMELO (Sincero) Sapete bene che io scherzo e vi voglio bene.

D. CICCINO Nessuno vuole bene un vecchio! Vedi i miei nipoti, mi hanno abbandonato qui, solo con te.

CARMELO Perché, non è forse meglio che siamo soli?

D. CICCINO Tutti quelli che mi state attorno, volete una cosa sola: i miei soldi.

CARMELO (Con tono sarcastico) Ma che dite: i vostri soldi! Le vostre proprietà! Se poi ci sono anche i soldi, meglio così!

D. CICCINO (Tirandogli una scarpa) - Vattene figlio di... bihi… che mi stava scappando! Quella povera donna di tua madre non c’entra niente. Che brava ragazza: onesta, lavoratrice, non alzava mai gli occhi e non parlava mai. Me la ricordo come se fosse ieri. Una ragazzina bella come una mela. Come ha potuto partorire un così disgraziato... Io ti tengo qua, solo per rispetto suo e per mantenere la parola data. Ricordatelo: per rispetto suo. Se non era per questo, ti avrei dato tante di quelle legnate, da farti maledire il giorno di essere nato.

CARMELO (Serio) Quelli come voi, avete preso piede, solo perché avete trovato delle persone oneste come la buonanima di mia madre. Gente che si alzava prima di voi e se ne andava a letto dopo di voi. E la sera non sapeva se al posto della schiena avevano un pezzo di legno: la mattina a lavorare e la sera, tanto per cambiare, pure. Il lunedì a faticare, gli altri giorni la stessa cosa. La domenica, siccome era un giorno diverso, era festa, a messa. Come finiva la messa, per festeggiare, dov’erano? A lavorare nel terreno magari preso a mezzadria.

D. CICCINO I tempi erano questi: tristi.

CARMELO E finiamola con le solite battute sui tempi tristi! Erano tristi per la gente come mia madre...

D. CICCINO (Arrabbiato) - Te ne vai? Vattene prima che mi dimentico chi sei e t’ammazzo.

CARMELO Chi sono?

D. CICCINO Ti ho mandato a scuola solo per sparlare? Questo è il risultato della democrazia: il non rispetto.

CARMELO Lasciamo perdere, meglio me ne vado.

D. CICCINO Meno male: vattene. (Mentre sta per uscire suonano alla porta. Categorico) - Vai ad aprire, corri.

CARMELO Sto andando, sto andando (Carmelo va ad aprire).

D. CICCINO (Da solo) Non c’è più rispetto. Vedi se una volta parlavano così, le bastonate erano gratis. Ogni frustata!

CARMELO (Entrando seguito da Mela, la nipote amata da don Ciccino) - Accomodati Mela. (Sarcastico) - Come mai in queste zone infuocate e desolate?

SCENA IIa

Mela, Don Ciccino e Carmelo.

MELA (Entrando) - Mi trovavo a passare da queste parti e così sono venuta a vedere lo zio. Come sta?

CARMELO Lui dice che sta morendo, ma mi pare più vivo di me e di te.

D. CICCINO (Scorgendo Mela) - Bella nipotina mia! Vieni qua, fatti vedere quanto sei bella!

MELA (Avvicinandosi allo zio) - Ciao zio. Come stai?

D. CICCINO Come i vecchietti malandati, con un piede da questo lato e l’altro da quel lato. (Gira le dita in segno di morte)

CARMELO Veramente io li vedo tutti e due da questo lato.

D. CICCINO Non mi sento tanto bene.

CARMELO Che t’avevo detto?

D. CICCINO Statti zitto! Meluccia, che piacere mi fa vederti. Sei sempre più bella. Tutta tua madre.

MELA Zio, dici sempre così.

D. CICCINO La verità! Prendi una sedia, siediti… fammi un po’ di compagnia.

MELA Mi dispiace ma non posso trattenermi. Devo andare a trovare la mia amica Fina per studiare un viaggio da organizzare in estate. Sai… il mio lavoro.

D. CICCINO Beati voialtri che potete progettare viaggi e gite. Io ormai ...

CARMELO Lui ormai può progettare un solo viaggio senza ritorno.

D. CICCINO Mela fammi un favore grande.

MELA Dimmi zio, lo faccio volentieri.

D. CICCINO Organizza un viaggio a quel maledetto di Carmelo?

MELA Sai meglio di me che scherza e ciò che dice non lo pensa veramente. In fondo ti vuole molto bene.

D. CICCINO Ma che bene e bene. Quello non vede l’ora che muoio per rubarmi tutti i soldi.

MELA Ma zio, che vai dicendo..!

D. CICCINO È vero! Mi spia e sta attento dove poso le mani.

MELA Conosci Carmelo da quando è nato; lo hai allevato come un figlio ed è vissuto sempre in casa tua. Se non ti senti sicuro e non vuoi più stare con lui, allora vieni ad abitare con noi.

D. CICCINO No, mai! Io qua sono e qua voglio morire.

CARMELO Possibilmente domani mattina.

D. CICCINO Visto cosa mi dice! E un "cucco", uno iettatore.

MELA (Con tono di rimprovero) - Carmelo, però non è giusto!

CARMELO (Teneramente sottovoce) - Mela del mio cuore, sai che scherzo e gli voglio bene più di un padre. Lui mi ha dato la vita e io sono pronto a dargli la mia.

D. CICCINO (Sentendo il discorso) - Allora, visto che tu sei pronto, perché non facciamo subito lo scambio?

CARMELO (Al pubblico) - Ha un udito! (Verso don Ciccino) - Veramente ancora un’altro po’, vorrei godermela. In seguito, forse.

D. CICCINO Non è meglio subito?

MELA Avanti su, non fate così tutti e due. Sembrate due bambini che si stuzzicano e si beccano a vicenda.

CARMELO A me... (avvicinandosi a Mela, ma con rispetto) ...piacerebbe beccare qualcos’altro.

MELA (Un po’ imbarazzata) - Eh...! (Allo zio) - Zio, io vado via. Mi raccomando, stai tranquillo e non t’agitare.

D. CICCINO Io sono tranquillo, è lui che mi fa agitare!

MELA (Verso Carmelo) - Ti prego non lo trattare male, sii un po’ comprensivo.

CARMELO Se non fossi comprensivo mi troveresti al manicomio oppure in galera. (Le prende la mano) - Mela io …

MELA (Teneramente) - Carmelo tu..

CARMELO (Timido) - Io... volevo salutarti.

MELA (Come sopra sorridendo)... Grazie per quello che fai per mio zio. (Tenendosi per mano) - Ti raccomando.

D. CICCINO (Che non vede di buon occhio l’unione) - Che bella scena. Tu... (agitandosi, si rivolge a Carmelo) - ...lascia stare mia nipote se no… (si muove e cade dal letto).

MELA e CARMELO - I due giovani si precipitano verso il vecchio.

MELA Zio! Ma che fai!

CARMELO Don Ciccino. Maledetta vecchiaia!

- Si abbassano contemporaneamente. I loro sguardi si incrociano. I loro occhi si trasmettono messaggi misteriosi, lasciando don Ciccino a terra.

D. CICCINO (Lamentandosi) - Ahiaiai! Non alzatemi. Non c’è bisogno che mi alzate.

MELA e CARMELO - I due prendono il vecchio e lo mettono nel letto.

D. CICCINO Pensavo di coricarmi sul pavimento stasera, visto come eravate incantesimati!

MELA (Imbarazzata) - Ma zio cosa vai pensando...

CARMELO Se non ci mette la sua!

D. CICCINO (Molla un ceffone a Carmelo) - Stavolta l’ho messa al punto giusto. Ah! Che bella soddisfazione!

MELA Che fai, zio!

CARMELO (Allontanandosi e toccandosi la faccia) - Meno male che è quasi morto. Ha le mani così pesanti!

MELA Noi volevamo solo aiutarti.. Ti raccomando stai attento e soprattutto stai calmo. Devo proprio andare. Ciao (bacia lo zio e si accinge a raggiungere l’uscita).

CARMELO T’accompagno.

D. CICCINO Carmelo, non c’è bisogno, conosce già la strada.

MELA Ha ragione lo zio non c’è bisogno. (Raccomandandosi sotto voce) - Carmelo non dare troppo peso a quello che dice lo zio, lo sai è anziano. Però anche tu cerca di non farlo arrabbiare.

CARMELO Mela, sai che gli voglio bene anche se il mio cuore...

D. CICCINO (Dopo aver osservato quanto accadeva) - Com’è finita!

MELA (Con gli occhi teneri acconsente) Allora arrivederci. Ciao (Esce accompagnata da Carmelo che subito dopo rientra).

SCENA IIIa

Detti meno Mela

D. CICCINO (Rimasto solo borbotta. Appena rientra Carmelo) Ehi, tu, sciacquapiatti da strapazzo.

CARMELO (Si guarda attorno, poi...) - Parlate con me?

D. CICCINO Che ci sono altre bestie in questa casa?

CARMELO Già vero. Uno siete voi e l’altro chi è?

D. CICCINO (Agitandosi) - Mi stai dicendo che sono una bestia?

CARMELO Chi, io?

D. CICCINO Non fare il finto tonto che ancora non sono così stonato. Tu mia nipote, non devi sfiorarla nemmeno con gli occhi.

CARMELO Io? Ma io amo sua nipote più...

D. CICCINO Questo è ciò che non devi fare: (Scandendo le parole con tono minaccioso) - La devi lasciar perdere.

CARMELO Stavo dicendo che l’amo come una sorella, siamo cresciuti insieme!

D. CICCINO E ciò non ti permette di darle tutta la confidenza che mi pare d’aver visto prima.

CARMELO Don Ciccino, io sono un bel giovane, istruito, sincero, ...

D. CICCINO Cascamorto

CARMELO Vostra nipote è bella, simpatica, istruita...

D. CICCINO Ricca. Così da sistemarti per sempre. Perché tu pensi che, dopo la mia morte lascio tutte cose a lei, essendo l’unica erede che io riconosco. Non è così?

CARMELO Don Ciccino, con voi non si può discutere, perché qualsiasi discorso si fa, guarda caso, va a finire sempre nei soldi.

D. CICCINO E sì, sì… Tutti belli siete. Meno male che ho questa nipotina così generosa. Agli altri tre bisogna tirare le teste come si fa coi galletti. Sono peggio di te: iettatori e "cucchi". Pronti a mangiarsi queste membra.

CARMELO E non muoiono?

- Suonano.

D. CICCINO Vai ad aprire, vedi chi è! (Carmelo và ad aprire mentre Don Ciccino continua a lamentarsi) - Una vita di sacrifici. Appena due lire messe da parte e tutti ti stanno col fiato sul collo: "Quando muore questo vecchio", "e com’è, non è morto più il vecchiaccio". Se per caso la morte dovesse cambiare strada, sentendo questi lamenti, che fa? Mi viene a prelevare prima!

SCENA IVa

Detti e Tacchetto

- Tacchetto un uomo antipatico con un fiuto per gli affari, falso e pronto a rubare anche a suo padre.

CARMELO (Dall’uscio) - Si accomodi signor Taccetto.

TACCHETTO (C.S.) - Ti ho detto che io non mi chiamo Taccetto, ma Tacchetto.

CARMELO Va bene Taccetto o Tacchetto sempre nelle scarpe sta.

TACCHETTO Lasciamo perdere, non è il caso d’agitarmi. C’è Don Ciccino? (Si fa avanti senza aspettare)

CARMELO (Lo segue) - Ancora sì. Accomodatevi.

TACCHETTO (Scorgendolo) - Carissimo Don Ciccino, come state? Da quanto tempo non vi posso vedere.

D. CICCINO Caro don Nicola, come devo stare, come i vecchietti. Vi aspettavo. Accomodatevi (Si alza e si mette seduto su una sedia aiutato da Carmelo).

TACCHETTO Grazie. So benissimo che dovevo venire prima, purtroppo non è stato possibile. Sapete: gli affari sono affari e se il padrone non gli dà un occhio, il cavallo non ingrassa!

D. CICCINO E voi glielo sapete dare! Don Nicola, come è finita con quel compito che vi avevo affidato?

TACCHETTO Tutto a posto. Mi serve solo la sua firma.

D. CICCINO La mia firma?

- Carmelo, facendo finta di pulire i soprammobili, sta attento ai discorsi che fanno i due uomini. Se ne accorge Tacchetto e cerca con gesti di fa capire a Don Ciccino che ci sono orecchie che ascoltano. Dapprima lo fa ammiccando, poi segna altre parti del corpo, ma il vecchio non riesce a capire.

D. CICCINO (Dopo che Tacchetto ha ammiccato) - Che avete un tic nell’occhio?

TACCHETTO No, quale tic. (Fa cenno con la testa e segna un orecchio)

D. CICCINO Vi fa male l‘orecchio?

TACCHETTO Non ho niente. (Continua con i gesti con il capo).

D. CICCINO E ora chi vi ha toccato la testa?

TACCHETTO Ma che dite?

D. CICCINO (Al pubblico) - È impazzito. Non sembrava buono? (Verso Tacchetto che continua a segnare) - Sentite, io non vi capisco. Mi sembrate un po’ "tirchioso": una volta l’occhio, un’altra l’orecchio, ora la testa. Si può sapere cosa avete?

TACCHETTO C’è quello lì (indica di nascosto Carmelo)

D. CICCINO Oh, finalmente! E per questo motivo vi spulciate da due ore? Carmelo!

CARMELO Che c’è Don Ciccino.

D. CICCINO Niente! Hai capito perfettamente.

CARMELO Sissignore. (Scompare dalla scena)

SCENA Va

Tacchetto e don Ciccino

D. CICCINO Torniamo al nostro discorso.

TACCHETTO Se volete che il negozio lo vendiamo, ci vuole per forza maggiore la vostra firma.

D. CICCINO (Fingendo di non capire) - Cosa?… Noi due dobbiamo vendere?

TACCHETTO Perché, lei non mi ha detto di vendere?

D. CICCINO Don Nicola vi sembro vecchio e stonato? La mia memoria ancora è perfetta.

D. CICCINO Prima d’ogni cosa non vendiamo insieme un bel niente, perché il proprietario sono io! Secondo io compro e non vendo! Ci siamo spiegati?

TACCHETTO Don Ciccino, ma che figura mi fate fare con i clienti! Io ho detto loro che lei vendeva il negozio di via Etnea.

D. CICCINO A chi l’avete detto?

TACCHETTO Lei non li conosce. Che importanza può avere. Se facciamo un buon affare...

D. CICCINO Considerando ciò che vi ho detto prima, e cioè che non vendo, per semplice curiosità, quanto vale il negozio?

TACCHETTO (Assaporando l’affare) - Quanto vale! Può valere sì e no… sessanta milioni.

D. CICCINO (Adirato) - Quanto? Che mi state vendendo un pollaio? Perciò, un negozio che ha...

TACCHETTO E che ha? Si deve sistemare tutto dalla A alla Z.

D. CICCINO (C.S.) - Don "Pisciabbummulo"...

TACCHETTO (Risentito) - Io non faccio pipì da nessuna parte.

D. CICCINO Perché, forse avete dei problemi urinari?

TACCHETTO No! Grazie a Dio, no. Perché dovrei avere problemi?

D. CICCINO Siccome mi avete detto che non urinate.

TACCHETTO Voi mi avete chiamato "Pisciabummulo". Sentite don Ciccino, io non ho tempo da perdere…

D. CICCINO E io nemmeno. Ci vogliono i soldi.

TACCHETTO I soldi ci sono: in contanti e senza storie.

D. CICCINO Don Nicola, io non sono nato ieri. Per il negozio ci vogliono minimo minimo duecento milioni, tutti suonanti.

TACCHETTO Sì, come no! Stanno suonando dall’altra parte.

D. CICCINO Niente non vi preoccupate, c’è Carmelo.

TACCHETTO Che centra ora Carmelo?

D. CICCINO Se suonano ci pensa lui.

TACCHETTO Non ho capito! Chi suona?

D. CICCINO Chi ha detto: "chi suona!"

TACCHETTO (Spazientito) - Aaaahh! Don Ciccino, lei non mi vuole fare ragionare oggi.

D. CICCINO (Al pubblico) – Dicevo io che questo era un po' scimunito! (A Tacchetto) - Lei parlava di suonare!

- Suonano

D. CICCINO Eppure avevate ragione: suonano. Ora l’ho sentito pure io!

TACCHETTO (Imprecando verso il cielo) – Perché sono qua? Perché?!

D. CICCINO Carmelo, Carmelo.

SCENA VIa

Carmelo, poi Notaio e detti

CARMELO (Uscendo) - Che c’è.

D. CICCINO Non senti il campanello?

CARMELO Stavo andando... non mi date il tempo! (Attraversa la scena e va ad aprire)

D. CICCINO (A Tacchetto) - Che stavate dicendo?

TACCHETTO (Con calma forzata) Il compratore c’è, è pieno di soldi e sono contanti.

CARMELO Avanti s’accomodi.

NOTAIO Cercavo Don Ciccino, è in casa?

D. CICCINO Qui sono, accomodatevi sig. Notaio.

- Entra il Notaio, amico di Tacchetto.

CARMELO Lei è notaio?

NOTAIO Sì, sono un notaio, perché?

CARMELO Niente chiedevo tanto per chiedere… così, per cultura. E come mai in questa casa?

NOTAIO Più che cultura, mi sembra curiosità.

D. CICCINO Entrate notaio, siete rimasto all’ingresso?

NOTAIO Grazie, Don Ciccino.

CARMELO Sì, accomodatevi. (Esce di scena)

D. CICCINO (Al notaio) - Questo è il signor Nicola Tacchetto, vi conoscete?

Ambedue imbarazzati.

TACCHETTO Veramente non ho avuto il piacere. Io opero in altre zone.

D. CICCINO (Al pubblico) - Oltre a fare il vampiro, fa anche il chirurgo.

NOTAIO (Stringendo la mano a Tacchetto) - Neanche io ho avuto la fortuna di conoscerla. (Tirandolo un po’ a parte) - Com’è finita? Vi ho aspettato per un bel po’ di tempo.

TACCHETTO Eh... Sto combattendo.

D. CICCINO Prego, accomodatevi.

Siedono tutti tranne don Ciccino.

D. CICCINO (Lamentandosi) Carmelo. Scusatemi ma non sto tanto bene. Ho urgenza d’andare in bagno. Carmelo, Carmelo.

CARMELO (Uscendo) - E che modo… Carmelo, Carmelo! Non si può mai finire un lavoro in santa pace

D. CICCINO Ogni volta ci vogliono tre chiamate. Carmelo, offri qualcosa ai miei ospiti. (Ai presenti) - Scusate ancora. (Via dalla porta di sinistra.)

CARMELO Ci penso io! Posso portare un caffè o qualcos’altro?

TACCHETTO Un caffè, va bene.

NOTAIO Per me niente grazie. Ne ho già presi tre.

SCENA VIIa

Notaio, Tacchetto e poi Carmelo

- I due, uscito Carmelo, complottano.

NOTAIO Vi ho atteso sotto e siccome non arrivavate, ho deciso di salire io.

TACCHETTO Sss..(mentre osserva se viene qualcuno) - Sto lottando col vecchiaccio.

NOTAIO (Interessato) - Com’è finita: vende o no. Ha ceduto il negozio?

TACCHETTO Stava quasi per cedere, quando siete arrivato voi.

NOTAIO E allora, niente affare?

TACCHETTO L’affare si può fare.

NOTAIO Ma se dite che non cede.

TACCHETTO Questione di soldi e di tempo.

NOTAIO Di soldi… e quanto?

TACCHETTO Un affare… Poco… poco.

NOTAIO Poco quanto… siate esplicito.

TACCHETTO Duecentocinquanta milioni.

NOTAIO E dite poco?

TACCHETTO A confronto di quanto incassate voi notai per quattro parole che mettete sulle carte, è una vera miseria!

NOTAIO Cosa intendete dire?

TACCHETTO Notaio… ci mettiamo a tirare sul prezzo invece di pensare all’affare?

NOTAIO Sinceramente non so se posso sistemare le cose per la cifra che avete detto.

TACCHETTO Stiamo parlando di un negozio che è al centro della città, dove ogni stanza, ma che dico… ogni buco può diventare un pozzo di soldi.

NOTAIO Comunque… la cosa più importante è che lui firmi, poi al resto penso io.

TACCHETTO Perché, che intenzioni avete?

NOTAIO Questo a voi non deve interessare. Le spettanze vi saranno consegnate lo stesso.

TACCHETTO Cercherò di stringere fino a duecento. Ma prevedo che sarà molto dura. Questo è un vecchio speciale!

NOTAIO Vi ripeto che a me non interessa quanto, la cifra, o per lo meno la cosa è relativa. Ciò che mi preme di più è la firma. I clienti non mi hanno raccomandato altro.

TACCHETTO Non vi preoccupate che sistemo tutto io. Nessuno può vendere o affittare senza il mio consenso, almeno in questa zona. Ma ditemi chi sono questi clienti?

NOTAIO Con chi vi credete di parlare: io sono un uomo ligio al dovere.

TACCHETTO Come? Legìo?!

NOTAIO Sono un uomo corretto e rispettoso della legge.

TACCHETTO Ma su via, signor Notaio, e voi pensate che io mi beva questa "fontania".

NOTAIO Se mai fandonia.

TACCHETTO Fondania o fontana non importa!

NOTAIO (Al pubblico) - Ignorante. (A Tacchetto risentito) - Potete anche non berla, ma è così.

- Nel frattempo arriva Carmelo che sentendo il discorso si ferma ad origliare sulla porta.

TACCHETTO (Come per giustificarsi) - Io non intendevo offenderla. Volevo sapere solo chi sono i vostri clienti, in modo tale che possa affilare meglio le armi.

NOTAIO Non sapete che un notaio è legato al segreto professionale?

TACCHETTO Ma qua si tratta di un’emergenza! Se si conoscono i clienti, si possono tagliuzzare meglio.

NOTAIO Quand’è così! Ma deve essere un segreto.

TACCHETTO Lo sarà! Io sono uno scrigno segreto.

NOTAIO Ci credo poco!… (Guardandosi attorno) - Sono i nipoti.

CARMELO (Al pubblico) - Meno male che era un uomo di legge ed onesto.

TACCHETTO (Con stupore) - Come! I nipoti di Don Ciccino?

NOTAIO Allora quali, i miei?

TACCHETTO E vogliono comprarli?

NOTAIO Comprarli? Li desiderano gratis.

TACCHETTO Ah! Ora capisco perché vi serve solo la firma.

NOTAIO Sì, ma non vi allargate nel pensiero.

TACCHETTO Ma, scusate, perché non aspettano un altro po’, tanto prima o poi il vecchio… (fa cenno con le dita che prima o poi deve morire)

NOTAIO Perché hanno paura che il vecchio lasci i beni alla nipote, quella che lavora nell’agenzia di viaggi… come si chiama?

TACCHETTO Se non ricordo male: Mela.

NOTAIO Ecco, bravo, alla signorina Mela e a non so chi hanno detto… un trovatello. Insomma non vogliono dividerli con nessuno e hanno paura che li diseredi.

TACCHETTO Hai capito?! E così lei mi ha ordinato d’indagare se il vecchio cede magari per quattro soldi, oppure per scoprire se ha altre intenzioni. Certo, se vende non resta più niente. Oppure… con la scusa dell’affitto o della vendita degli immobili, gli facciamo firmare un testamento fals...

NOTAIO Non dite cose di cui potreste pentirvene... E poi è il vostro mestiere, la vostra professione. So pure che lo esercitate con tanta passione… fino al sangue.

TACCHETTO Notaio, cosa intendete dire?

CARMELO (Come prima) - Che è una sanguisuga.

NOTAIO Che lo fate con professionalità.

TACCHETTO Se c’è qualcosa anche per me ...

NOTAIO Se concludiamo l’affare per voi quanto sarebbe l’onorario?

TACCHETTO Per me, nel contesto, la cosa è "ininfluenzabile"…

NOTAIO Dite, dite…

TACCHETTO (Pausa) - Cosa da niente.

NOTAIO Avanti, non perdiamo tempo!

TACCHETTO Vista l’emergenza… il dieci per cento... della roba.

NOTAIO (Scatta) - E a voi il dieci per cento vi pare "ininfluenzabile"!

TACCHETTO Caro signor notaio qui siamo di fronte ad una quercia, dove il tarlo non può far nulla se non un piccolo buco…

NOTAIO Voi naturalmente sareste il tarlo.

CARMELO Cioè un verme!

TACCHETTO Uno di quelli con i denti molto affilati.

NOTAIO Va bene. Facciamo come dite voi, ma al cinque per cento.

TACCHETTO Cosa state comprando un quarto di vitello? L’affare si fa all’otto per cento.

NOTAIO Siete un’arpia, ma va bene!

TACCHETTO Io sono un’arpia, lei piuttosto? In confronto a quello che possiede questo vecchiaccio miserabile sono mollichette. Affare fatto. (I due stringono la mano.)

CARMELO (Interviene Carmelo) - Ecco qua, un liquorino fatto in casa che aiuta l’organismo per il sig. Notaio ed il caffè per don Nicola.

NOTAIO (Alzandosi) No, grazie, io devo scappare, ho un sacco di clienti che mi aspettano. Ho perso tanto di quel tempo... Salutatemi voi vostro padre.

CARMELO Sì, mio zio!

NOTAIO Vostro zio.

CARMELO Sì, mio nonno.

NOTAIO (Alterandosi) - Va bene scusate, vostro nonno, il vostro padrone, insomma!

CARMELO Ma quale zio, nonno e padrone! Quello non è niente per me.

NOTAIO (C.s.) - Comunque sia, salutatelo da parte mia e fate le mie scuse. Arrivederci!

TACCHETTO Arrivederci. (Stringe la mano al Notaio. Poi sottovoce) - Siamo intesi?

SCENA VIIIa

Detti e Don Ciccino.

D. CICCINO (Entrando col bastone, ferma il notaio) - Notaio, andate via?

NOTAIO Sì. Stavo per andare. Ho tante cose da sbrigare ed un sacco di clienti che mi aspettano allo studio.

D. CICCINO Veramente vi dovevo parlare. Se potete attendere due minuti.

NOTAIO Se sono due minuti, va bene; ma di più, non posso. Credetemi.

D. CICCINO Don Nicola permettete due minuti che parlo col notaio?

TACCHETTO Sì, fate pure.(Dopo aver sorseggiato il caffè) - Disgraziato che caffè freddo e puzzolente. Ma cos’è acqua raggia? Come lo hai fatto?

CARMELO Con la caffettiera.

TACCHETTO Buttala via con tutto il caffè. (Poi a don Ciccino) - Don Ciccino scusatemi, ma io devo andare via.

D. CICCINO Potete rimanere, se volete.

TACCHETTO No. Me ne vado perché ho un appuntamento importante.

CARMELO (Riflettendo ad alta voce) - Sicuramente deve succhiare un po’ di sangue a qualche malcapitato.

D. CICCINO Lo dovete scusare don Nicola… (agitando il bastone) è un po’ fuso; ma prima o poi lo sistemo io con questo bastone.

TACCHETTO Don Ciccino, vi saluto, e pensate bene a ciò che vi ho detto.

D. CICCINO È inutile pensarci su. Se lo affittiamo, bene! Se no, niente!

TACCHETTO Comunque, domani ripasso e speriamo che la notte vi porti consiglio. Arrivederci. Caro Notaio piacere di aver fatto la vostra conoscenza (Sottovoce al Notaio) – V’aspetto nel caffè qua sotto. Bene, di nuovo… arrivederci.

NOTAIO Arrivederci.

D. CICCINO Buona giornata. (Tacchetto esce dalla scena accompagnato da Carmelo).

NOTAIO Allora don Ciccino, di cosa si tratta?

D. CICCINO Accomodatevi.

NOTAIO Sì, grazie (siede). - La prego di venire al punto perché come vi ho detto, ho un po’ di premura.

D. CICCINO (A Carmelo mentre rientra) - Porta un caffè al notaio.

NOTAIO No, no grazie. Mi sono bastati quelli della mattinata.

D. CICCINO Ora è quasi mezzogiorno. Portaglielo lo stesso.

CARMELO Ma se ha ancora il liquorino qua!

NOTAIO Non occorre.

D. CICCINO (Categorico) Ti ho detto: portagli un caffè!

CARMELO Signorsì, sempre agli ordini! (Esce)

D. CICCINO Oh! Una volta tanto, risponde come si deve.

NOTAIO Don Francesco…

D. CICCINO Chi è?

NOTAIO Non lo so!

D. CICCINO Avanti! (Alzando il tono della voce) – Avanti!… Boh!…

NOTAIO Hanno chiamato?

D. CICCINO Chi?!

NOTAIO Che ne so io? Avete detto: "chi é?"

D. CICCINO Voi avete detto: "Don Francesco!"

NOTAIO Ho chiamato voi!

D. CICCINO (Al pubblico) - Oggi mi sembrano tutti un po' lesi. (Al notaio) - È una vita che mi chiamano Ciccino, lei a quest’età mi vuole cambiare il nome?

NOTAIO Io non voglio cambiare nessun nome o cognome. (Spazientito) - Insomma mi dite di cosa si tratta?

D. CICCINO Caro notaio, come sapete, io sono vecchio e penso che prima o poi, dovrò lasciare questa terra per una migliore, piacendo a Dio: sono quasi morto.

NOTAIO Ma che dite! Ancora sprizzate di salute. Avete due belle guance rosse che sembrano due arance.

D. CICCINO Anche le arance fradice sono rosse da un lato!

NOTAIO Che centra.

D. CICCINO Vi volevo interpellare circa il mio testamento.

NOTAIO (Scattante e servizievole) - Dite. Se posso esservi utile?

D. CICCINO Sì, penso di sì.

NOTAIO Dite allora!

D. CICCINO Vorrei che mi aiutaste a sistemare le cose prima di morire.

NOTAIO Sì, certo, ma per un testamento ci vogliono due testimoni oppure dovreste venire nel mio ufficio.

D. CICCINO Con le gambe che mi ritrovo sarà molto difficile… non mi accompagnano più! Come faccio a venire? (Guardandosi attorno e sotto voce) - Non mi fido di nessuno.

NOTAIO Beh! Un notaio deve essere con la legge e per la legge e non posso fare eccezioni... ma...

D. CICCINO Ma…

NOTAIO Visto che ci conosciamo da molto tempo e che vi fidate.

D. CICCINO (Smorfia come per dire: non è affatto vero.)

NOTAIO …Potreste dettare le vostre volontà in un foglio e poi penso a tutto io, compresi i testimoni.

D. CICCINO È una cosa legale?

NOTAIO Come potrei fare, io notaio, una cosa illegale! Voi non vi preoccupate, ci penso io.

D. CICCINO Tutto questo al prezzo di ...

NOTAIO Non importa. Cosa volete che sia, una sciocchezza.

D. CICCINO Sì ma quanto mi costa questa sciocchezza?

NOTAIO Ma non ne parliamo adesso. Dettatemi piuttosto le vostre volontà che io le traduco…

D. CICCINO Non c’è bisogno che le traducete. Ve le detto in italiano.

NOTAIO Cosa avete inteso, li traduco a mo’ di legge.

D. CICCINO Sarà, ma io non le voglio tradotte, va bene?

NOTAIO Come volete. (Al pubblico) - Che gente mi tocca assecondare: ignoranti, villani.

D. CICCINO Notaio, che cosa avete? Sembrate la tramontana.

NOTAIO Niente, niente. Andiamo avanti.

D. CICCINO No, ci fermiamo.

NOTAIO Siamo al capo linea?

D. CICCINO Perché avete preso l’autobus?

NOTAIO (Spazientito e sfottente) Il taxi!

D. CICCINO Dove dobbiamo andare?

NOTAIO (Un po’ alterato) - Insomma Don Ciccino, io non ho tempo per giocare a prendere i mezzi pubblici.

D. CICCINO Certo, viaggiate in Mercedes! Poi com’è possibile che tutti i notai viaggiano in Mercedes. Vi fanno uno sconto particolare?

NOTAIO (Come sopra) - Vi prego di venire al punto.

D. CICCINO Va bene, ma si calmi.

NOTAIO (Innervosendosi) - Sono già calmo!

- Entra Carmelo con il caffè ma rimane in disparte ascoltando la discussione, incuriosito.

D. CICCINO Io ho già scritto qualcosa in un foglio che conservo gelosamente, ma state tranquillo che se ci ripenso vi faccio sapere per tempo. Per adesso restiamo come vi ho detto.

NOTAIO Mah! Beato chi vi capisce. Io ci rinuncio. Comunque, pensate bene a quello che vi ho detto. Il testamento è valido solo a determinate condizione. Non potete lasciare tutto...

D. CICCINO Posso, posso caro notaio.

NOTAIO (Alzandosi) – Se lo dite voi che potete… Io devo scappare.

CARMELO (Avanzando col vassoio con su una tazzina di caffè) - Ecco il caffè.

NOTAIO (Verso Carmelo un po’ adirato) - Due ore. Ho perso due ore di tempo per cosa?

CARMELO Due ore per fare un caffè, ma se è stato un attimo...

NOTAIO Ma che mi contate del caffè! (Adirato) - Io me ne frego.

CARMELO Ancora prima d’assaggiarlo!

NOTAIO Lasciamo stare, tanto con voi... Signori a tutti.

D. CICCINO Carmelo, accompagna il Notaio.

NOTAIO Conosco la strada. Grazie! (Esce di scena)

SCENA IXa

Don Ciccino e Carmelo.

D. CICCINO L’ho sempre detto io: come cameriere sei una frana.

CARMELO Oggi sono più gli esauriti che i sani mentali!

D. CICCINO Vero è! Basta guardare te per rendersene conto.

CARMELO Certo, avete ragione, stando in contatto con voi, prima o poi una persona sana si esaurisce.

D. CICCINO Tu… prima o poi passerai sotto le mie mane!

CARMELO E di questo buon caffè, che faccio?

D. CICCINO Hai messo molto caffè?

CARMELO Come sempre: un cucchiaino di caffè e la caffettiera piena d’acqua.

D. CICCINO Ti raccomando, perché il caffè fa male alla pressione e non voglio che un ospite s’ammali o a causa mia si senta male.

CARMELO Fa male alla tasca.

D. CICCINO Sei rimasto lì, impalato? Che cosa vuoi farne, conservalo. Domani al primo ospite che arriva lo riscaldi e glielo offri.

CARMELO All’ospite sì, a lei no!

D. CICCINO Mi vuoi avvelenare? Vai a preparare qualcosa, ho una fame… Ti raccomando di usare...

CARMELO (Interrompendolo) - L’olio a filo a filo, il gas a minimo, carne poca perché fa male, il pomodoro con tutta la buccia e la mala sorte che...

D. CICCINO (Interrompendolo) - ...Che non ti vede! Ma non ti rendi conto che la vita è cara e che non ci si può permettere di fare sprechi.

CARMELO Ma che sprechi. Siamo nel duemila e ancora mi cerca la lampada a petrolio. Signori miei, la luce è entrata in questa casa pochi anni fa; televisione non ne parliamo, anzi è un oggetto adatto ai pazzi perché parla da solo; telefono niente. Se non era per me, oggi, eravamo ancora con il lume… ma fatemi la cortesia!

D. CICCINO La luce elettrica fa male; il gas intossica ed il telefono è pesante.

CARMELO Pesante... Una volta forse, perché erano fatti di ghisa, ora sono leggeri, sono di plastica.

D. CICCINO Non mi piace quando mi parlano nell’orecchio, va bene?

CARMELO Io pensavo si trattasse per i soldi.

D. CICCINO (Un po’ adirato) - Finiamola ora! Se non era per me, tu… chissà dov’eri.

CARMELO (Risentito) - Ahi, avete fatto centro.

D. CICCINO (Allarmato) - Che è successo?

CARMELO Mi è scattato un dolore qui (indica il cuore).

D. CICCINO (Preoccupato) - Che hai Carmelo?

CARMELO Quando volete, sapete fare centro, colpite nei punti giusti!

D. CICCINO Ma se non ti ho fatto niente.

CARMELO La lingua è peggio di una lancia: colpisce a morte. Lo sapete che la mia vita è legata alla vostra esistenza, ed io vi ringrazio assai per ciò che avete fatto. Avrò sempre riconoscenza nei vostri confronti. Ma quanto parlate così... mi viene…

D. CICCINO (Pentito) - E va bene, non farci caso, parole sconcluse, senza senso.

CARMELO Sarà, ma le parole spesso fanno più danno di quanto si pensi e lasciano ferite che non si rimarginano facilmente. Così come non posso dimenticare quando mi accoglieste in questa casa dopo la morte di mia madre; mi avete allevato come un figlio, mi avete mandato a scuola, mi fate mangiare e dormire…

D. CICCINO Avanti non ci pensare. Mi hai fatto preoccupare.

CARMELO Veramente? Pensavo che i soldi fossero la sua unica preoccupazione!

D. CICCINO Vai a preparare che mangiamo. Ho avuto una mattinata così pesante! Ti raccomando: cibo leggero. Che giornata disordinata… (si tocca l’addome).

CARMELO Giusto, prepariamo leggero. Ah! Stavo dimenticando, le ricordo che in questi giorni devo andare a Roma per quel concorso.

D. CICCINO Quale concorso?

CARMELO L’ha già dimenticato? La raccomandata che è arrivata dal Ministero!

D. CICCINO (Riflettendoci un po’ sopra) - Già vero, non ci pensavo più. Ma ne vale la pena andare a fare le prove di questo concorso?

CARMELO Certo, tante ne provo fino a quando…

D. CICCINO Fino a quando io resto senza denari e tu senza lavoro.

CARMELO Vedremo!

D. CICCINO Chi campa! Non ci andare perché sanno già chi deve essere assunto.

CARMELO Se non tento, non posso saperlo.

D. CICCINO Certo. Se non ci fossero i fessi che partecipano, non si sa.

CARMELO Comunque io gliel’ho detto. Ora vado a preparare.(Esce da sinistra)

D. CICCINO Come vuole il Signore! Ha ragione Carmelo: le parole fanno più danno di una bomba. Specialmente in certi momenti. Meno male che ho lui. Per i miei nipoti posso morire e nemmeno se n’accorgono. Una parola può salvare una vita oppure può farla morire.

SIPARIO

ATTO TERZO

Prima mattina, dopo qualche giorno. Le luci fanno distinguere appena i personaggi in scena. Don Ciccino è coricato nel letto e si lamenta.

SCENA Ia

Don Ciccino, Carmelo e Don Calorio

D. CICCINO (Si gira e rigira nel letto lamentandosi) Ah… Ahiai… Ahiaiii. Carmelo!

- Suonano.

D. CICCINO Carmelo, Carmelo! Maledetto Carmelo! Non mi sente. Posso morire.

CARMELO (Esce Carmelo sonnecchiante) - Che è successo, che c’è. Possibile che in questa casa non si può dormire in pace.

- Suonano.

D. CICCINO Non senti che suonano!

CARMELO Alle sei di mattina… e chi può essere? Le persone non hanno nulla da fare?!

D. CICCINO Stai dicendo mezzogiorno! Apri!

CARMELO Un minuto, prima che sbaglio strada. (Va ad aprire)

D. CICCINO (Lamentandosi) - Ahiai, che nottata! Che dolori di stomaco. Che cosa mi ha fatto mangiare quel maledetto!

CARMELO (Sorpreso. Dopo aver aperto la porta) - Don Calorio, lei qua?

D. CALORIO Ho saputo della disgrazia. Purtroppo non sono potuto arrivare prima.

CARMELO Disgrazia! Quale disgrazia?

D.CALORIO Come quale? Quella del povero Don Ciccino! Mi hanno telefonato apposta, mentre ero nel sonno profondo, alle cinque e mezza di mattina.

CARMELO Non penso che a Don Ciccino fa piacere sentire una cosa del genere!

D.CALORIO Ma… allora non è…

CARMELO Morto? No… Quello è più vivo di me e di lei.

D. CICCINO Carmelo chi è? Fallo entrare.

CARMELO (Introducendo il prete) - È don Calorio, il parroco.

D.CALORIO (Avanzando) Don Ciccino che piacere venirla a trovare.

D. CICCINO Veramente tutto questo piacere… alle sei di mattina... venite a trovare un morto?

D.CALORIO Avete ragione, ma mi è arrivata la notizia che eravate moribondo.

CARMELO A me ha detto morto!

D. CICCINO Ancora, come può costatare, non è giunto il momento, perciò dica al suo uccellino di mal augurio, di pensare alla sua morte. (A Carmelo) - Prepara un po’ di caffè a padre Calorio. (Carmelo esce per preparare il caffè) - Ma chi è stato questo disgraziato?

D.CALORIO Non ci pensate, la cosa più importante è che state bene… Don Ciccino, una volta che sono qui, perché non ne approfittate!

D. CICCINO Approfittare? E di che?

D.CALORIO Di confessarvi!

D. CICCINO Potete tornarvene da dove siete venuto.

D.CALORIO Non volete approfittare della presenza di un umile sacerdote per raccomandare l’anima a Dio? Giacché ho fatto la mattinata!

D. CICCINO Don Calorio, ancora non sono né moribondo né morto! Quando sarà il momento vi mando a chiamare io.

D.CALORIO Così dite... (pausa) - Ma la confessione...

D. CICCINO (Al pubblico) – Eh… ci torna! Mi pare un rappresentante che deve vendere la merce… (Tentenna un po’) Ebbene, se mi posso permettere una confessione…

D.CALORIO Oh, sia lodato il Signore! Certo che con voi ce ne vuole! (Si accosta a Don Ciccino e si mette seduto nell’atteggiamento di ricevere la confessione) - Allora cosa avete da dire?

D. CICCINO Siamo in confessione, vero?

D.CALORIO Sicuramente! Avanti Don Ciccino non perdiamo tempo, prima che arriva un’altra emergenza e non mi trovano.

D. CICCINO Quand’è così… Io vorrei confessare una cosa che sento dire, che… mi creda… ho sullo stomaco e non mi fa digerire… posso dire tutto quello che voglio?

D.CALORIO È la prima volta che vi confessate?

D. CICCINO La prima no, diciamo la quinta volta della mia vita.

D.CALORIO Male! Pensate se nel frattempo avreste avuto un incidente!

D. CICCINO Tiè! (Mostra le corna).

D.CALORIO (Sconcertato) Don Ciccino, non facciamo i bambini per favore! Che cosa sono queste cose volgari!

D. CICCINO Voi dite che mi poteva succedere un incidente!

D.CALORIO Certamente! Chi è colui che pensa di essere immune dagli incidenti, accidenti ed accidentacci?

D. CICCINO E torna! (Rifà gli scongiuri) - Meglio se torniamo alla confessione.

D.CALORIO Allora, parlate.

D. CICCINO È una cosa che mi tormenta da quando l’ho sentita.

D.CALORIO Dite pure, senza remore.

D. CICCINO Senza chi?

D.CALORIO Remore, freno, indugio.

D. CICCINO Qua siamo soli, quale Remo?! È una cosa che sanno tutti.

D.CALORIO La confessione è una cassaforte: ciò che entra non esce più!

D. CICCINO (Al pubblico) - Come le sue tasche: ciò che entra non esce più! (Al prete) - Quand’è così... Io confesso di sapere che lei ha...

D.CALORIO Che centro io? E, poi, che cos’ho io?

D. CICCINO Posso dirlo? Mi posso confessare?

D.CALORIO (Innervosendosi) - È due ore che ve lo dico: sì.

D. CICCINO Due figli…

D.CALORIO (Sbalordito) Avete due figli e non l’avete detto a nessuno. Ah, mascalzone!

D. CICCINO Non sono i miei!

D.CALORIO E va bene! Nella vita bisogna fare del bene, e questa è un’opera importante: allevare due figli che non sono propri è carità cristiana!

D. CICCINO Non avete capito. Non parlo di figli miei.

D.CALORIO E allora di chi sono?

D. CICCINO I vostri! So che avete due figli.

D.CALORIO (Scatta) - Ma non dite bestialità!

D. CICCINO E perché vi seccate.

D.CALORIO Ma perché, scusate, questa la chiamate confessione?

D. CICCINO Non mi avete detto che potevo confessare tutto quello che volevo?

D.CALORIO Sì, d’accordo, ma non stupidità!

D. CICCINO Comunque sono voci di popolo.

D.CALORIO Sono voci di diavolo.

D. CICCINO Però quei ragazzi somigliano a voi: identici.

D.CALORIO Coincidenze della vita.

D. CICCINO La madre è una bella donna.

D.CALORIO (Si alza nervosamente e scatta) – Basta, non intendo più ascoltarvi! Siete sacrilego!

D. CICCINO Prima mi avete invogliato a parlare e ora vi seccate?!

D.CALORIO Io vi ho detto di confessarvi non di sparlare sopra il vostro parroco.

D. CICCINO Per ciò mi stavo confessando, proprio perché non credo alle chiacchiere… e credetemi: ho un peso sul cuore!

D.CALORIO (Il parroco non sa cosa fare. Poi si siede e lo invita a continuare) - Se di confessione si tratta non posso fare altro che ascoltarvi. Ma attenzione: dovete confessare i vostri peccati che non dovete confondere con i pettegolezzi. E… cos’è che si dice?

D. CICCINO Mi pare giusto! Si dice, e tutti sanno, che quando si è sposato il grande, lei gli ha comprato la casa.

D.CALORIO Stomaco, cuore, fegato… (Arrabbiato, scalpita e si mette a girare per la stanza) - Ridicoli pettegolezzi. Basta, basta… vi avevo detto di non continuare con le bestialità, con le cose senza senso! (Poi calmatosi) - Piuttosto avete pensato a lasciare qualcosa ai poveri?

D. CICCINO Ah! Ora capisco la vostra visita, tirate ai miei beni!

D.CALORIO Stamattina mi sembra che avete voglia di dire cose sconcluse.

D. CICCINO Chi io?

D.CALORIO Allora chi. Prima mi dite che ho due figli...

D. CICCINO Perché non è vero?

D.CALORIO E ci torna! Meglio che sto calmo… maglio che resto calmo. Vi voglio ricordare, che sono un prete.

D. CICCINO E allora? Un prete non può avere figli? Forse… nel seminario... (fa cenno con le dita alle forbici).

D.CALORIO Va bene, va! (Arrabbiato) - Per la vostra incolumità e per l’abito che indosso, è meglio che vada. Lasciate stare le maldicenze e le chiacchiere. Ricordatevi: è bene che un uomo facoltoso dia ai poveri o alla chiesa quello che ritiene giusto.

D. CICCINO Un uomo facoltoso, non un poveretto come me.

D.CALORIO Proprio un poveretto non direi.

D. CICCINO E cosa ho? Forse perché possiedo due cosette, sono ricco?

D.CALORIO Già è qualcosa. Comunque pensateci.

D. CICCINO (Fa una smorfia di dolore e porta una mano alla pancia) - Ahiai... che dolore!

D.CALORIO Che succede?

D. CICCINO Niente. Ieri sera qualcosa mi ha fatto male e ho un dolore di stomaco che non posso stare.

D.CALORIO Vi faccio fare un po’ d’acqua bollita?

D. CICCINO (Cambiando discorso) - Però a me potevate dire la verità, giacché eravamo in confessione.

D.CALORIO E torna… Prima d’ogni cosa la confessione la ricevo io e non voi. La verità è che la gente parla ma non sa quello che dice. Vedono una donna in canonica, e subito diventa la moglie o addirittura l’amante del parroco. Non si rendono conto che c’è gente bisognosa e che viene in parrocchia solo per elemosinare oppure per chiedere aiuto. No! Devono dar vita alla fantasia, devono sparlare di tutto e di tutti!

D. CICCINO Certo, avete ragione. Infatti, voi l’aiuto glielo avete dato, anzi, gliene avete dato due!

D.CALORIO (Adirato) – Ho capito, voi siete duro. Io sono venuto per farvi una visita e voi m’insultate.

D. CICCINO Perdonatemi, Don Calorio, ma era per screditare le voci che si sentono in giro.

D.CALORIO E voi cercate, invece, di pensare alle voci dell’anima anziché a quelle della gente. Pensate che dovete morire…

D. CICCINO Io devo morire?

D.CALORIO Buonanotte! Pensate piuttosto a quello che vi ho detto.

D. CICCINO Ci penserò. Vi faccio accompagnare.

D.CALORIO Non vi disturbate, mi tiro la porta io stesso. Ma la prossima volta cercherò di essere sicuro di ciò che mi riferiscono.

D. CICCINO Volete dire se sono morto?

D.CALORIO Arrivederci. (Va verso l’uscio ed esce di scena)

D. CICCINO Grazie della visita. Ahiai .... aaah! (Si lamenta)

SCENA IIa

Don Ciccino e Carmelo

- Entra Carmelo con un vassoio sul quale ci sono due tazzine di caffè.

CARMELO Il caffè è pronto!

D. CICCINO Arrivi sempre in anticipo.

CARMELO Se n’è andato Don Calorio?

D. CICCINO No, aspettava te. Ti ha lasciato i saluti.

CARMELO Mi pare di aver sentito discussioni animate. Che cosa è successo?

D. CICCINO Ci stavamo confessando. Don Calorio ha una voce così forte che lo sentono anche i soldi.

CARMELO (Con tono sfottente) - Sembrava una confessione col diavolo! In genere la si fa a bassa voce!

D. CICCINO Che dici?!

CARMELO Ma lui non è il parroco che ha due figli? Almeno stando a quello che dicono le persone.

D. CICCINO Non dire fesserie: è un parroco.

CARMELO Non lo dico io! Lo sanno tutti.

D. CICCINO Che ne so io… (Toccandosi lo stomaco) - io so che non posso stare più coricato… Sei rimasto lì come un mammalucco, vai a posare il vassoio e conserva il caffè.

CARMELO Avete bisogno di qualche cosa? Vi faccio un po’ di acqua bollita?

D. CICCINO La devi fare a tua sorella l’acqua bollita.

CARMELO Come volete. (Rientra in cucina) - Sempre il solito. Ha una testa...

D. CICCINO (Lamentandosi) - Ahiai. Non posso resistere dal dolore. Sento che muoio. Non ho lo spirito nemmeno di stare a letto. Carmelo, Carmelo.

CARMELO (Da fuori) – Vengo, arrivo.

D. CICCINO Sempre dall’altra parte, che cavolo fa… (Richiama) - Carmelo.

CARMELO (Uscendo sempre in pigiama) - Sta scappando l’asino. Che c’è? Non mi da nemmeno il tempo di posare le cose.

D. CICCINO Dammi il bastone che devo andare in bagno. Mi sento troppo male.

CARMELO (Prendendo il bastone) - Perché, cosa si sente?

D. CICCINO (Facendo le corna verso Carmelo) - Non rallegrarti perché ancora non è il momento.

CARMELO La mattinata ha avuto un buon inizio. (Porge il bastone al vecchio).

D. CICCINO Ho solamente un dolore diffuso nello stomaco. Forse se vado in bagno mi passa. (Ripensandoci) - Non può essere che ieri sera mi hai avvelenato?

CARMELO Come no!

D. CICCINO Che cosa hai messo nel mangiare, dimmi la verità!

CARMELO Aspetti… mi faccia pensare. Ah! Dunque, ho condito la minestra con un po' di zolfo, misto con del veleno per i topi, per essere sicuro dell’effetto… (Si allontana dal letto).

D. CICCINO È la verità! (Agitando il bastone) - Di come mi sento! T’allontani… te l’immagini!

CARMELO Don Ciccino... È mai possibile che pensate sempre al male? Vuole essere accompagnato?

D. CICCINO No! Meglio solo che mal accompagnato. Nel frattempo che io sono in bagno, fammi il favore di controllare il letto, perché mi pare così affossato, duro. Non mi sento più la schiena. Vieni qua, aiutami! (Si alza dal letto aiutato da Carmelo e dopo si avvia verso la porta del bagno ed esce) - Non mi fa riposare bene. Ahiai!

CARMELO (Rimasto solo si avvicina al letto) - Dice che si sente male e la colpa è mia. Per forza deve sentirsi male, mangia tutto quello che metto in tavola! Non divora il tavolo perché non lo può rosicchiare. È un vero porco, non lascia niente. Quale colesterolo, zucchero e cannella. Questo è più sano di un pesce. (Alza le lenzuola e si tappa il naso) - Alla faccia di... E dice che gli duole lo stomaco. C’è una puzza di cose morte ultrapassate. Ci vuole una maschera antigas. Vediamo che cos’ha questo letto. Quante scuse! (Tasta il letto e poi ci si mette sopra. Nel frattempo si sentono dei rumori dietro la porta.) - E chi può essere. (Pauroso) - I ladri?

SCENA IIIa

Carmelo e i nipoti di Don Ciccino

- Entrano i nipoti di Don Ciccino: Mela seguita da Mario, Rosa e Trice. -

MELA (Da fuori) - Come mai la porta è aperta? Mah! Venite. Entrate, accomodatevi. Allo zio farà piacere vedervi.

MARIO Sì, entriamo.

CARMELO E ora che faccio? (Trovandosi in pigiama si vergogna. Allora si copre con le lenzuola).

MELA (Entrando) - È strano, ancora buio?! Eppure sono le otto e di solito a quest’ora è tutto aperto.

MARIO Ma Carmelo non c’è?

MELA So che doveva andare a Roma per un concorso.

ROSA Ho sentito che in questi giorni lo zio non stava tanto bene.

MELA Sì, è vero, ma lui dice sempre che sta male, che sta per morire. (Verso il letto) - Zio, sono io Mela. Guarda chi ho portato!

- Va ad aprire la finestra.

MARIO, ROSA e TRICE Buongiorno zio.

MELA (Guardando gli altri) - Perché non risponde?

ROSA (Come prima) - Come mai non risponde?

MARIO Se non risponde....

I TRE (A bassa voce tra stupore e contentezza) - Morto?

MELA Zio… Zio… (Avvicinatasi al letto lo chiama ripetutamente, ma senza ricevere risposta) - Zio, zietto mio... Vado a chiamare un medico (Si precipita fuori).

- Carmelo vorrebbe fermarla ma non vi riesce, mentre i tre iniziano a complottare tra loro. Uscita Mela, i tre si guardano per un momento. Poi si prendono per mano e danno vita ad un girotondo.

MARIO È morto, finalmente è morto.

ROSA Siamo diventati ricchi e contenti.

TRICE Coi suoi soldi mi piacerebbe viaggiare, per tutto il continente.

MARIO E una bella Ferrari comprare.

ROSA Con una collezione d’abiti sfilare...

TUTTI Trallallira, trallallari, trallallira trallallari…

TRICE (Fermando il girotondo) - Ma… siamo sicuri...

MARIO Giusto. Non fate rumore. Rosa, ma sei sicura che Carmelo non c’è?

ROSA Sì. Non hai sentito Mela: è partito ieri per Roma, doveva fare un concorso.

TRICE Sì, anch’io so del concorso!

MARIO Quest’individuo è entrato di sponda ed è capace di mangiarsi tutto il capitale.

ROSA Ma che vai dicendo! È cresciuto con noi!

MARIO Il danno è proprio questo.

TRICE Vi ho detto silenzio.

ROSA Sss.. silenzio.

MARIO Che c’è?

ROSA Non lo so. Però cerchiamo di non farci scoprire.

MARIO Ma quanto siete bestie. Di chi non dobbiamo farci scoprire? (Prendendosi gioco degli altri) - Piuttosto chi lo sa se è morto veramente?

ROSA Mela diceva che stava male. L’altro giorno si metteva a dire al notaio che stava morendo.

MARIO È venuto pure padre Calorio con le boccettine dell’estrema unzione.

TRICE (Nel frattempo si è avvicinata al letto) - Ahaaaa! È morto, morto.

ROSA (Quasi strillando) - Hiii! Meschino, è morto.

MARIO (Più calmo) - Se ne sono accorte ora! È da due ore che diciamo che è morto. Ma quale meschino. In tanto assicuriamoci che non dorme. (Si avvicina verso il letto e sta per alzare il lenzuolo). Puuh! Che puzza! Sicuramente è morto!

ROSA È morto, è morto (piange falsamente).

TRICE (Si accoda a Rosa) - Come… come è potuto morire.

MARIO Ahaaa, che lagna che siete tutte e due. La cosa più importante è che è morto.

ROSA Come hai potuto lasciarci proprio ora!

MARIO (Imitandola falsamente) - Così tardi! Perché non sei morto prima?

TRICE Come è successo. Povero zietto! Morire da solo!

MARIO Perché non gli fai compagnia?

TRICE Crudele, Caino, come puoi dire certe cose?

ROSA Lui non le vuole dire, le fa! (Piagnucolando) - Zietto bello!

MARIO (Imitando le parenti falsamente) - Bello zio! Perché morire ora? (Poi verso i parenti) - Ma finiamola con questa farsa.

TRICE Questa non è farsa. (Piangendo) - Io sono addolorata veramente.

MARIO Se tu sei addolorata, io sono....

TRICE Un cane, ecco ciò che sei, un cane senza padrone.

MARIO Stai attenta a quello che dici, perché io... (fa il gesto di colpirla).

ROSA Ma dico la volete finire! E poi davanti a un morto! Un po’ di rispetto!

MARIO Per rispetto di un morto s’è salvata una moribonda.

ROSA (Si allontana dal letto e va ad osservare il comò.) - Chi sa dov’è?

TRICE (Che non ha compreso) - Ma secondo te dove dev’essere, nel letto, no!

MARIO Almeno accendiamogli le candele. – (Prende i ceri, li sistema ai piedi del letto e li accende.) - Bestia, tanto era fissato che doveva morire, che si è fatto mettere le candele vicino al letto.

ROSA (Inizia a rovistare nel primo cassetto) - Potessi trovarlo prima dell’arrivo di Mela.

TRICE (Che non sospetta nulla, socchiude leggermente le imposte della finestra) - Se proprio lo vuoi trovare, ti ho detto guarda nel letto, sotto le lenzuola!

MARIO (Scoprendo cosa vuole fare Rosa) - Rosa, brava. Nemmeno un po’ di rispetto per lo zio.

- Detto questo inizia a rovistare anche lui. Mentre sono girati, senza farsi accorgere, Carmelo spegne i ceri.

TRICE (Girandosi) - Cosa state cercando?

MARIO e ROSA Sss...! Piano!

TRICE (Sfottente) State attenti se no lo zio si sveglia.

MARIO Allora perché non t’affacci dalla finestra e lo dici a tutti: lo zio è morto e noi, i suoi cari nipoti, siamo qui. Potete venire a fare visita.

- Trice va alla finestra e la spalanca.

MARIO (Intervenendo tempestivamente) - Ma si può sapere che stai facendo?

TRICE Che cosa mi hai detto di fare?

MARIO (Chiude la finestra) - Ma quanto sei bestia!

TRICE Ma come, prima mi dici di dirlo a tutti e poi che sono bestia?

MARIO Hai ragione. Ho sbagliato. Ti dovevo dire: "derecebellata".

TRICE (Che non capisce) - Che cosa mi dovevi dire?

ROSA Senza cervello.

TRICE (Cerca di assalire Mario, ma è fermata da Rosa) - Tra un po’ sarai la compagna dello zio.

MARIO Io ti spedisco subito con lui.

ROSA Dico la volete finire. (Rimettendosi a rovistare) - Cerchiamo piuttosto, prima che torna Mela. Mi piacerebbe sapere dove l’ha nascosto.

MARIO (Aiuta Rosa) - Era un vecchiaccio furbo.

TRICE (Incuriosita) - Ma si può sapere che cosa state cercando, mi sembrate due donnole.

ROSA Un testamento, il libretto con i soldi, ti pare che cosa?

TRICE Un testamento? Ma l’altro giorno non è venuto il notaio?

MARIO Sì, ma non ha concluso niente. Il vecchio, furbo, non glielo ha fatto vedere. Ora, gli è finita tutta la furberia!

ROSA Ha ragione Mario. Quello era troppo furbo. Infatti, ha detto al notaio che aveva scritto una carta dove c’era riportata la sua volontà, una specie di testamento.

MARIO (Accorgendosi delle candele spente) - In questa casa ci dev’essere corrente d’aria. Si sono spente le candele. (Li riaccende, poi verso il morto) - Si può sapere dove l’hai messo? Maledetto vecchiaccio.

TRICE Ma che cosa ti ha fatto che hai tutta questa rabbia.

MARIO Che mi ha fatto?! Non mi ha dato nemmeno una lira quando gli ho chiesto il negozio di Catania.

TRICE Non ho capito: tu volevi i soldi o il negozio?

ROSA Lui intanto ha tentato per ambedue, ma non ha avuto né l’uno né l’altro.

MARIO Come te che volevi i tirreni di Tre Monti e glieli volevi scippare per tre lire.

- Mentre sono girati, Carmelo spegne nuovamente le candele. Dopo un po’ Mario se n’accorge.

MARIO Ma io le candele le ho accese.

ROSA Vuol dire che c’è corrente d’aria veramente.

TRICE (Impaurita) - Ci sono i fantasmi?

MARIO Senti Trice, finiscila.

ROSA Questa volta ha ragione Mario. Finiscila, sei una paurosa…

TRICE (C. s.) - Sarà, ma io mi spavento!

MARIO (Dopo che hanno rovistato in tutti i posti) - Niente non si trova.

ROSA Eppure l’altro giorno Don Nicola Tacchetto, mi ha confermato che le proprietà sono in mano sua.

MARIO Se non erano in mano sue, noi eravamo qui?

ROSA Non può essere sotto il letto?

TRICE Io non voglio toccare il letto, mi fa impressione!

MARIO Tranquilla che non mangia! (Con soddisfazione) - Ormai è morto!

ROSA Perché non ci guardi tu.

MARIO Ci guarda Trice.

TRICE Ci guarda Trice? Dove l’hai letto? Io sto tremando tutta!

MARIO E va bene. Giacché ho due fifone per compari, ci guardo io.

CARMELO (Con voce bassa) - Nel letto non c’è!

- I tre si guardano in faccia.

TRICE Ragazzi non cominciamo a fare questi scherzi, perché ho paura.

ROSA Mario, è stato sicuramente Mario. Ha sempre voglia di scherzare, anche in questi momenti...

MARIO Sì, sì. Fatti la nomina e vattene a letto tranquillo. Io non ho parlato.

ROSA Sarà stata solo soggezione.

MARIO Giusto! Allora guarda che facciamo: io guardo sotto il letto, tu (indicando Rosa) - nella cassa e tu (indicando Trice) - continui a cercare nel mobile.

ROSA Va bene.

- Così facendo si dispongono nelle postazioni indicate.

MARIO (Chinatosi per guardare sotto il letto) - Qui sotto non si vede niente.

- All’improvviso Carmelo da uno scappellotto a Mario e si risistema nel letto.

MARIO Ahiai! Che dolore… che dolore. (Alzandosi) - Questi scherzi sono stupidi. (Toccandosi la zona colpita) - Cerchiamo di darle meno pesanti le scoppole.

ROSA Che è successo, Mario?

TRICE Che c’è?

MARIO (Alzando la voce) - Che c’è, che cosa è successo... Avete la faccia tosta di chiedermelo? Non solo mi date le scoppole, addirittura ci scherzate sopra.

ROSA Ssss… piano.

MARIO No, guarda che se erano piano le avrei accettate in silenzio, invece sono state forti.

TRICE Quale scoppole!

MARIO Non mi voglio innervosire. Continuiamo a cercare. Però questa volta sotto il letto, da quel lato, ci guarda un’altra.

ROSA Ci guardo io.

- Così facendo cambiano i posti iniziali. Dopo un po’ Carmelo colpisce Rosa nel sedere.

ROSA Ahaiai. (Toccandosi il sedere). Chi è stato? (Verso i parenti arrabbiata) - Vorrei sapere chi è stato. Vedete che io vi strozzo. Tu sei stato? Lo so sei stato tu! (a Mario)

MARIO Io? Ma se stavo cercando nella cassa!

ROSA Allora sei stata tu (a Trice e le si avvicina per metterle le mani addosso).

TRICE Mi devi scusare, come facevo a darti una botta e poi trovarmi qua?

ROSA Non lo so e non lo voglio sapere. La botta l’ho ricevuta io.

TRICE (Sbiancando) – Vuoi vedere che… (con panico) - i fantasmi, ci sono i fantasmi. Lo dicevo io che c’erano i fantasmi.

MARIO Basta! Non ti vergogni, a quest’età credi ancora ai fantasmi! Ma chi me l’ha fatto fare venire qua oggi! Che m’interessa...

ROSA Se non t’interessa sapere a chi è toccato il negozio di Catania, te ne puoi andare.

TRICE Giusto! Se non t’interessa sapere dove sono finiti i vigneti, i tirreni della piana, le case di Trecastagni, perché non te ne vai?

MARIO Brave, brave veramente. Così voi trovate il testamento e il libretto coi soldi e ne fate quello che volete.

TRICE Bella fiducia hai nei parenti!

ROSA Veramente!

MARIO La fiducia è morta proprio per dare troppa fiducia. Avanti, allora, non perdiamo tempo, prima che arrivi qualcuno.

ROSA A me il posto di prima non piace.

MARIO Allora ci va Trice.

TRICE E perché devo andarci io? Io ho paura dei morti.

MARIO Vuol dire che sei stata tu.

TRICE Ma se l’abbiamo trovato morto.

MARIO Allora?

TRICE Allora un corno! Io in questa casa non ci sono venuta, perciò come lo potevo fare morire?

MARIO Che cosa hai capito?

TRICE Che io ho ucciso lo zio.

MARIO Io dicevo che sei stata tu a darmi le scoppole. Avanti comincia a cercare.

- Trice si reca accanto al letto. I tre si guardano con attenzione. Si fa un po’ di scena. Alla fine decide di chinarsi ma con diffidenza. Mario e Rosa cercano insieme nel cassettone questa volta tirando fuori il vestiario. Carmelo colpisce Trice.

TRICE Botta di veleno che scoppole. (Va verso Mario e lo colpisce. Egli risponde ma Trice si abbassa e colpisce Rosa).

ROSA Ahia! Ma che sta succedendo?

TRICE Succede, che qualcuno, mi ha dato una bella botta.

MARIO Io non sono stato.

ROSA Io nemmeno.

TRICE Allora è stato lo zio.

INSIEME Lo zio? (Panico)

MARIO (Riavendosi) - Ma quanto siamo scemi. Quello è morto.

ROSA (Con paura) - Già! Quello è morto.

TRICE Già. Ma se è morto, allora, chi è stato?

INSIEME Lo zio? No!

TRICE I fantasmi, gli spiriti…

MARIO Sì, tuo nonno. Finiscila con queste fantasie, e che siamo impressionati.

ROSA Veramente ancora l’impressione mi duole e si fa sentire (e si tocca il sedere).

MARIO Niente. Cerchiamo. Ci vado io vicino al letto.

TRICE Noi cerchiamo nel comò.

MARIO Va bene.

- Si avvicina diffidente al letto e sta per chinarsi quando si alza Carmelo con il lenzuolo in testa.

MARIO Lo ziiiiiiooo! Ro...Ro...

ROSA (Senza girarsi) - Vediamo se questo è il momento di cantare.

MARIO Rooo... Trrr... Trrr... Gli Spiiii...

TRICE Hai ragione. E che si vuole fare coraggio e canta.

- Mario si avvicina a Rosa e la tocca in una spalla.

ROSA (Girandosi) - Si può sape... (Scorgendo il "fantasma") - aaahh!

TRICE (Girandosi anche lei) - Silenzi...oooooohh!

- Scena con Carmelo che si agita nel letto con il lenzuolo a mo’ di fantasma e i tre che vanno verso la porta della cucina molto spaventati.

CARMELO (Con voce tremolante) - Ora ve lo dico io a chi ho lasciato i beni… Ma prima viene con me...

MARIO (Balbuziente) - Bu.. bu..buono zio, buono zio, portati a Rosa o a Trice. Io sono ancora giovane.

ROSA (A Mario) - Farabutto. (A Carmelo) - Zio, io sono zitella.

TRICE (Con terrore) - E io sono innocente.

- Nel frattempo esce dalla porta Don Ciccino, che non si accorge del fantasma perché coperto dai tre. Carmelo si corica.

SCENA IVa

Detti più don Ciccino

D. CICCINO (Parlando fra se a voce alta) - Aaah, mi sono rilassato. Aveva ragione mio padre: "Quanto vale una bella scaricata, non vale tutta la terra fatta dorata!" Ma si può sapere cos’erano tutte quelle voci. Io che non mi sentivo bene…

MARIO, ROSA e TRICE Lo ziiiooo!

D. CICCINO (Alla vista dei nipoti) - E voi che cosa ci fate qui, come siete entrati? (I tre non rispondono). Rispondete! Che cosa avete che siete così pallidi. Avete visto un fantasma?

INSIEME Sì. Due.

D. CICCINO (Scorgendo tutte le cose fuori dai cassetti) - Iiiiihhh! Maledetti che non siete altri. Allora siete venuti per derubarmi! Ora vi sistemo io. (Menando il bastone per aria)

MARIO (Scappando verso la comune) - Io scappo.

ROSA (Come sopra) - Ed io pure.

TRICE (Come sopra) - Vi seguo.

- Il vecchio li insegue nella scena, poi fuori.

CARMELO (Ridendo) - Hai capito i cari nipoti!

- Rimasto solo comincia a sistemare gli indumenti nei cassetti.

SCENA Va

Carmelo e Mela

- Entra Mela.

MELA Carmelo, che cosa è successo. Non riesco a capire: sono entrata e lo zio era morto. Io sono andata a chiamare il medico, ma non l’ho trovato. Quando sono ritornata ho visto lo zio infuriato che mi ha detto di aspettarlo in casa perché stava andando dai carabinieri. E cosa strana camminava e stava bene. Altro che morto! (Confusa) Ma prima, allora, non era morto, era vivo… oppure morto.

CARMELO Quale morto, quello fa morire gli altri. Se ti raccontassi, non crederesti.

MELA Ti dico che era morto! L’ho chiamato ma non mi ha risposto.

CARMELO Il morto ero io.

MELA Tu!

CARMELO Ero un morto finto. Perché i tuoi parenti sono tre Bruti pronti a colpire coi pugnali nelle mani.

MELA Continuo a non capirci niente.

CARMELO Mela, io…

MELA Carmelo… tu sei vivo…

CARMELO Certo, in carne ed ossa. (Timidamente) – Meluccia io…

MELA Cosa?

CARMELO (Prendendole la mano esita. Poi si ritrovano a incrociare lo sguardo) – Da tanto tempo voglio dirti che…

MELA (Smarrita) Sì…

CARMELO (Trovando finalmente il coraggio l’abbraccia) - Mela, io ti amo. E l’unica cosa che voglio possedere è il tuo amore. L’unico tesoro che voglio, sei tu, Mela.

MELA (Confusa più di prima non sa come reagire) - Carmelo, ma che centra, non mi confondere ancora di più. Anch’io provo simpatia per te, ma in questo momento sono così confusa.

CARMELO L’amore è la dote più bella. Non ci può essere tesoro più grande o testamento migliore.

MELA (C. s.) - Ancora non capisco. Perché mi dici tutto questo? (Accortasi dei vestiti) - Ma cosa è successo? Sono venuti i ladri?

CARMELO (Sempre abbracciati) – Peggio, perché fino a quando i ladri sono estranei… e va bene, ci può essere tolleranza… ma quando questi sono parenti, allora è la cosa peggiore che possa capitare.

MELA Cosa vuoi dire?

CARMELO Ora ti racconto.

SCENA VIa

Detti e don Ciccino

- Mentre Carmelo si accinge a raccontare l’accaduto, entra Don Ciccino menando il bastone, ma vedendo i due in quella posizione si blocca ad origliare.

CARMELO I tuoi cugini si erano messi d’accordo con il notaio che a sua volta si era accordato con il sensale Tacchetto per togliere le proprietà a tuo zio. Avevano progettato un sotterfugio per comprarle con quattro spiccioli senza che tu ne sapessi niente.

MELA Non ci posso credere. I miei cugini hanno organizzato questo?

CARMELO Certamente.

MELA E tu come fai a saperlo?

CARMELO Ho sentito, per caso, il notaio e quel Tacchetto mettersi d’accordo. Oggi quando sei entrata con i tuoi cugini, io ero nel letto e facevo il morto perché mi vergognavo poiché ero in pigiama.

MELA (Finalmente capisce e tira un sospiro di sollievo) - Così il morto eri tu! Mi sono presa uno spavento! Perché non mi hai risposto?

CARMELO Perché non ho fatto in tempo a fermarti che tu sei scappata via.

MELA E questo macello?

CARMELO Tutto loro! Pensando che lo zio fosse morto, hanno cercato il testamento e i soldi nei cassetti, tirando tutto fuori.

MELA Adesso mi spiego.

CARMELO Mela io...

- Don Ciccino tossisce e fingendo di essere appena arrivato.

D. CICCINO (Con tono sostenuto) - Parenti… serpenti.

- I due si dividono.

CARMELO Eccolo qua, bastonate in arrivo.

D. CICCINO No, non vi spaventate… per voi ci sono cose diverse. Da oggi si cambia registro. Carmelo tu la vuoi bene a Mela?

CARMELO (Guardandola negli occhi) - Più di qualsiasi altra cosa.

D. CICCINO Allora vai in pasticceria e compra un po’ di cannoli e una bottiglia di sciampagna. Oggi dobbiamo festeggiare.

MELA Zio, ma che centra… cosa festeggiamo!

CARMELO Non farci caso. È diventato matto!

D. CICCINO Colui che non c’è più: il quasi morto!

SCENA VIIa

Due becchini e detti

- Entrano due becchini: uno grande e grosso(Giovanni), che porta una bara, ed uno mingherlino (Orazio).

ORAZIO (Il mingherlino, entrando con slancio) Eccoci qua! Noi "pompe expresse" siamo sempre pronti.

D. CICCINO (A Carmelo e a Mela) Com’è possibile che appena si pronunzia la parola morto, subitaneamente, spuntano i becchini!

GIOVANNI (Giovanni, il grosso, appoggiando la cassa da morto nel letto) Esattamente! Noi della pompa espressa svolgiamo un servizio rapido e veloce.

ORAZIO Stai zitto, parlo io.

GIOVANNI Esattamente! Parla tu!

ORAZIO (Guardandosi attorno) – Avanti, uscitelo.

D. CICCINO (Non comprendendo cosa) - Che cosa?

GIOVANNI Vi ha intimato di uscirlo!

CARMELO Ma che cosa?

ORAZIO È inutile che lo nascondete, perché noi… fiutiamo...

GIOVANNI Esattamente! (Poi rivolgendosi al 1° becchino) – Fiutiamo che cosa?

ORAZIO Stai zitto, parlo io.

D. CICCINO (Ai presenti) - Fiutano come i cani! (In seguito ai due) - Gentilmente, scusate, siccome non abbiamo capito, si può sapere che cosa dobbiamo uscire?

ORAZIO Il morto!

GIOVANNI Esattamente: il morto!

CARMELO Quale morto?

D. CICCINO Ancora non è pronto!

ORAZIO Non vi preoccupate che ci pensiamo noi a sistemarlo e in un tempo di due minuti sarà pronto.

D. CICCINO Voi sistemate i vivi, altro che morti. Con la cifra che si spende per un funerale, si potrebbe fare un matrimonio.

ORAZIO Esatto, perché un buon funerale è un matrimonio tra la vita terrena e la vita eterna.

GIOVANNI Esattamente! Tra la vita e la morte eterna per secula e seculorum!

ORAZIO Amen! (Rimproverando il compagno) Ma che mi fai dire, scimunito. Ti ho detto di stare zitto.

CARMELO (Con scherno) Come sono sincronizzati!

ORAZIO In fondo sono solo spese vive.

D. CICCINO No, sono spese per i vivi, perché i morti sono morti e non pagano!

ORAZIO Ma insomma, noi non possiamo perdere tempo!

GIOVANNI Esattamente! Non possiamo.

ORAZIO Il morto dov’è?

GIOVANNI Esattamente, dov’è?

MELA Scusate se m’intrometto, ma mi pare evidente che qui c’è un equivoco: morti non ce ne sono.

ORAZIO È arrivata un’altra ditta prima di noi?

D. CICCINO Non è arrivato nessuno.

CARMELO C’era un morto, ma ora è diventato pazzo!

ORAZIO Allora c’era il morto?

GIOVANNI Esattamente, c’era. Dov’è il morto?

D. CICCINO Resuscitato!

ORAZIO Ma mi state prendendo in giro?

GIOVANNI Esattamente! Il morto che ora è pazzo, dov’è resuscitato?

D. CICCINO Chi li ha chiamati?! In sessant'anni non ho mai visto cose come oggi: incredibili!

MELA Aspetta, nonno, non ti spazientire. (Ai due becchini) – Morti non ce ne sono stati e non ce n’è. Siete stati informati male.

D. CICCINO Dunque se non ve n’andate, il morto, pazzo e resuscitato ne fa due di morti.

ORAZIO (Con atteggiamento delinquenziale, avendo intuito cosa volesse dire il vecchio) – E chi sono… sentiamo?

GIOVANNI Esattamente. Dove sono?

CARMELO Finiamola per favore! Grazie per il disturbo e scusate…

ORAZIO (C. s. rivolto a don Ciccino) – Visto che abbiamo la cassa vuota, se ne volete approfittare… possiamo darvi un passaggio.

GIOVANNI Esattamente! (Al compagno) Senza imbalsamarlo?

D. CICCINO (Don Ciccino si avvia verso i due col bastone alzato per colpirli ma è prontamente fermato da Carmelo e Mela) – V’imbalsamerei io con un colpo di bastone ciascuno.

CARMELO Don Ciccino, mi pare che siete resuscitato un po’ troppo!

ORAZIO (Nascostosi dietro il compagno più grosso) Lo faccia venire che lo stiriamo noi.

GIOVANNI Esattamente! (Sempre al compagno) – Orazio, ma come lo stiriamo se non abbiamo nemmeno il ferro?

CARMELO Io dico che è meglio se ve ne andate, perché può arrivare qualche chiamata urgente e se non vi trovano, un’altra ditta vi frega in volata.

ORAZIO (A don Ciccino) – Mi fate un odore di morto! C’è paura che il morto siete voi?

GIOVANNI Esattamente! C’è un odore di… Orazio veramente io sento solo puzza e basta!

D. CICCINO I morti li avete appesi in mezzo alle…

MELA Nonno ti prego, basta.

CARMELO Don Ciccino, ora basta!

ORAZIO Giovanni prendi la cassa, andiamocene prima che facciamo una strage.

GIOVANNI Esattamente! E poi… non abbiamo i recipienti per tutti questi morti.

ORAZIO La finisci di dire esattamente. Non ce la faccio più a sentirti! (Toccandosi un orecchio) Ti ho continuamente nell’orecchio: esattamente esattamente esattamente! Basta!

GIOVANNI Hai ragione. Basta non lo dico più!

ORAZIO Addio, quasi morto, prima o poi t’aspetto!

GIOVANNI Esattamente! (Il compagno gli lancia delle occhiatacce) – Scusa, scusa, non lo dico più!

ORAZIO Andiamo. Signori, arrivederci a tutti!

GIOVANNI Esattamen… Arrivederci! (Escono portandosi dietro la cassa)

D. CICCINO Meno male che se ne sono andati!

CARMELO (Col sorriso sulle labbra) - Esattamente!

SCENA VIIIa

Donna Peppina, don Ciccino, Carmelo e Mela

D. PEPPINA (Agitata) Permesso?

D. CICCINO Entra, entra, Peppina

D. PEPPINA (C.s.) Ma che cosa è successo, mi sono presa uno spavento! Come mai quegl’individui qui?

CARMELO Niente, la storia è troppo lunga: cercavano un morto vivo!

D. CICCINO Sei arrivata proprio a tempo debito.

D. PEPPINA (Osservando gli indumenti fuori dai cassetti e i due giovani abbracciati) - Ma che è… che è successo?

D. CICCINO Cara Peppina, vieni qua accanto a me, perché da oggi si aprono le strade e possiamo fare chilometri e chilometri.

D. PEPPINA Carmelo, non credo che… (fa cenno come per dire che è diventato matto)

CARMELO Forse! Di sicuro non è il don Ciccino che conosco io!

D. CICCINO Non perdiamo tempo, perché il tempo passa e non torna più. Festeggiamo!

D. PEPPINA E che cosa?

D. CICCINO La mia resurrezione e il loro matrimonio. Basta con questa vita misera e meschina. Oggi ho capito ciò che vale veramente, che ho sbagliato, che posso correre e che ho perso tempo e salute a fare risparmi. Perché la vita ha bisogno di essere vissuta, minuto per minuto, diversamente, una persona resta e si sente sempre… un quasi morto. Auguri!

SIPARIO