Il ratto di Persefone

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IL RATTO DI PERSEFONE

(LA TRADIZIONE DEI PANI DI SAN GIUSEPPE)

di

Giancarlo Buccheri

UN ATTO

 Musical in dialetto siciliano

(storia delle religioni mediterranee)

Personaggi: 10 + comparse + coro + balletto

Oppure può essere recitata da un solo personaggio: il cantastorie.

INTRODUZIONE Il  musical, in chiave brillante e moderna, è una trasposizione della leggenda del ratto di Persefone per far conoscere la storia della religione nell’antica Grecia e riallacciandosi ad essa, i collegamenti con la nostra religione e in particolare l’usanza di addobbare gli altari di San Giuseppe con i caratteristici panuzzi di varia e caratteristica forma. Persefone ‘ntisa pure Core o ancora in dialetto Attico Persefassa antica dea greca ( Core significa fanciulla ) era la fanciulla divina per eccellenza ed era figlia di Zeus e Demetra. Core fu concessa in sposa da Zeus al fratello Ade, dio degli inferi. Ade la rapì mentre giocava con le figlie dell’Oceano e con Artemide e Atena, il ratto avvenne presso il monte Nisa in un campo Niseo o in Sicilia presso il lago di Pergusa, mentre le dee coglievano fiori “Gea” la dea fece spuntare il primo narciso, il cui aspetto e il cui profumo apparivano ai Greci come annunci di morte. Quando Core tese la mano per raccogliere il nuovo fiore, si spalancò una voragine e da essa sorse Ade sul suo carro dorato trascinando con sé la fanciulla divina che piangeva e gridava. Nessuno ascoltò le sue grida,né gli uomini né gli dei si accorsero del ratto solo Ecate nella sua grotta ed Elio in alto del cielo. Core invocò dapprima il padre, ma Zeus l’aveva concessa ad Ade e in quel momento si trovava in un tempio a ricevere sacrifici. Core sul carro vide passare terre e acque e continuò a lamentarsi sperando di ottenere soccorso,sino a quando non penetrò nei regni sotterranei insieme al suo sposo rapitore. Il suo grido però era giunto alle orecchie di Demetra che, dolente e irata, volò come un uccello sopra la terra alla ricerca della figlia chiedendo notizie a dei e uomini. Nessuno voleva rivelarle la sorte di Core. Per tre giorni Demetra con due fiaccole nelle mani proseguì la ricerca senza nutrirsi e senza detergersi nelle acque sacre. Al terzo giorno, la dea incontrò Ecate anche essa portatrice di fiaccole ed essa la condusse al dio solare Elio che rivelò a Demetra la sorte di Core e la invitò a placarsi, accettando come genero Ade, Demetra non volle consolarsi, anzi fu colpita da un più acuto dolore;irata contro Zeus si allontanò dagli dei e si recò ad Eleusi dove fu accoltà dal re Celeo come nutrice del figlio di lui Demofoonte. L’ira di Demetra si manifestò sulla terra con una terribile sterilità. Nei campi non germogliò più alcun seme e così gli uomini non avrebbero potuto sopravvivere né sarebbero più stati offerti sacrifici agli dei. Zeus allora intervenne e mandò prima Iris, poi tutti gli dei a pregare Demetra di placare il proprio sdegno. Demetra rispose che non avrebbe restituito fertilità alla terra, né sarebbe rientrata sull’Olimpo fino a quando non le fosse stata restituita la figlia perduta. Per ordine di Zeus, Ermes fu inviato nei regni degli inferi e pregò Ade di far tornare Core alla luce per placare il dolore e l’ira di Demetra. Ade acconsentì, ma prima di inviare Core sulla terra le fece mangiare di nascosto un seme di melograno, ciò le avrebbe impedito di rimanere per sempre presso la madre. Ermes riaccompagnò Core da Demetra e questa dopo aver posto fine al suo dolore, chiese alla figlia se Ade le avesse fatto mangiare qualcosa, sapeva infatti che se Core avesse mangiato il seme del melograno avrebbe per sempre dovuto restare due terzi dell’anno sulla terra e un terzo sotto terra. Intanto Zeus mandò la propria madre Rea dall’Olimpo presso Demetra e Core per dire alle due dee che ormai i campi dovevano tornare fertili, Demetra accondiscese, fece germogliare i semi e istruì gli abitanti di Eleusi all’agricoltura. Da allora Core visse la sua sorte suddivisa fra la terra e gli inferi, calando all’aldilà all’inizio dell’Autunno e ritornandone alla fine dell’Inverno. Questa leggenda è di determinante importanza nella storia della religione greca e in generale di tutte le antiche religioni mediterranee. La figura di Core è una costante nell’ambito delle religioni agrarie. Sono state ritrovate immagini di fanciulle divine, vergini, spose di un dio infero in culture lontanissime dalla Grecia, come per esempio in Indonesia. L’esperienza religiosa della fertilità della terra ovunque ha determinato la comparsa di un’immagine mitica femminile dominante, prerogativa di quell’immagine è la verginità che corrisponde alla componente infera,alla parte esercitata dalla morte nel processo perenne di morte e rinascita, manifesto nel processo della vegetazione. A conferire pienezza all’immagine femminile, sopravviene il concetto di maternità della vergine; infatti ad Eleusi la figura di Core era considerata madre di un misterioso bambino (Iacco o Dionisio), la cui nascita veniva annunciata, agli iniziati, come suprema rivelazione. La maternità della vergine divina era determinata  dalla presenza di uno sposo che restava però ai margini della personalità dominante di lei. Uno sposo oscuro, infero, come Ade per Core; come Osiride dal cui cadavere Iside viene resa incinta di Horo. Questa misteriosa maternità di Core che pure non perde la sua natura virginale, annuncia un altro mistero dell’esperienza Eleusina e cioè l’identità segreta fra Core e la madre Demetra.  Core e Demetra sono due aspetti della medesima grande figura femminile,  la quale si manifesta come vergine e come madre, come elargitrice di fertilità alla terra e come irata portatrice di morte. Nella religione greca, questa paradossale ambivalenza caratterizza varie figure femminili divine a cominciare dalle dee virginali, in certi casi pure esse materne che accompagnavano Core al momento del ratto: Artemide e Atena .Quando Core ritornò sulla terra i campi divennero nuovamente fertili, gli uomini furono felici e promisero agli dei che avrebbero addobbato altari meravigliosi. In Sicilia i vari popoli che si susseguirono Siculi, Sicani, Elimi, Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni , Spagnoli continuarono a preparare gli altari di ringraziamento, con gli arabi l’altare si arricchisce di aranci e di limoni,con gli Asburgo al trono di Sicilia (Carlo V) delle aquile a due teste stemma degli Asburgo. Con il passare del tempo il periodo fertile si chiamò Primavera e la festa in suo onore continuò. Con il cristianesimo divenne la festa di San Giuseppe, il cui bastone fu l’unico a fiorire (segno di purezza) fra quelli dei pretendenti di Maria (anche in questo caso si ha una vergine madre), evento che lo prescelse come madre di Gesù; e ai simboli pagani si aggiunsero sugli altari quelli del cristianesimo. I panuzzi a forma di: forbice, chiave, scala, la frutta nei cestini sono tutti simboli pagani, i primi venivano offerti per facilitare la fuga dagli inferi l’ultimo per godere con gli occhi dopo il digiuno. I simboli come la croce, ostensorio, i candelabri, il pavone (l’immortalità), la colomba (la pace), il bastone fiorito (la purezza), la palma (la redenzione), i monaci (preghiera e morigeratezza), il pesce (il simbolo di riconoscimento dei cristiani), il Sole (Dio), la Luna (la Madonna), l’angelo (l’annunciazione), l’agnello (il sacrificio), angeli con la tromba (l’annunciazione). Vengono inoltre offerti piatti con germogli di frumento. Sempre in Primavera il cristianesimo festeggia una rinascita, la resurrezione del Cristo nel giorno di Pasqua.

  

 

IL RATTO DI PERSEFONE

MUSICAL IN UN ATTO  

La tradizione dei pani di San Giuseppe

(storia delle religioni mediterranee)

La commedia in un atto unico è la trasposizione della leggenda del ratto di Persefone o Persefassa ,per far conoscere la storia della religione nell’antica Grecia e, riallacciandosi ad essa i collegamenti con la nostra religione e in particolare l’usanza di addobbare gli altari di S.Giuseppe con i caratteristici “panuzzi”di varia e caratteristica forma.

Personaggi:

Il cantastorie

Zeus

Demetra

Persefone ‘ntisa pure Persefassa o Core

Ade dio degli inferi

Le figlie dell’Oceano

Artemide

Atena

Il Sole

Gea

Altri personaggi (eventuali per un balletto)

Il Coro

Il cantastorie: Curriti ….curriti fimmini schetti e maritati ,…..curriti….curriti cu tutti l’omini  e li picciriddri …chi tra un momentu accumencia lu spettaculu ….Vi vogghiu cuntari lu cuntu ….si viniti ….puru cantannu vi lu cuntu…

Parlato: Chista è ‘na storia chi di l’antica Grecia vi spiega l’usanza,

….di li dei e di la religione l’essenza….

Tutti ci su li dei..di l’Olimpu ntà la so’ magnificenza.

In questo primo quadro ….vi vogghiu fari avvidiri comu Zeus, patri di tutti li dei, avennu compassioni di so’ fratuzzu Ade chi sulu viveva….. dda nta lu munnu di li defunti ….ccù rispettu parranno…(facendo gesti di scongiuro)….senza di diricci nenti a so’ mugghieri Demetra ….ci detti pi mugghieri  a la so’ ….propria… di esso stesso medesimo….figghia… Persefone…chi po’ li Romani chiamaru Proserpina …..Taliati…..taliati.

Ade: Mi vulissi maritari ….un nnì possu cchiù  ….dda ntà l’Ade c’è ‘na confusioni ….ossa …figati e curateddi ‘un c’è cchiù d’unni mettili ….ci vulissi ‘na fimmina di casa chi pulizziassi e mittissi un pocu d’ordini …l’ossa ccù l’ossa….li curati cu li curati…li testi ccu li testi….Purtroppo ‘sti fimmini moderni appena sentinu parrari di sirvizza di casa ….votanu tunnu e si nnì vannu…..Ci vulissi ‘na picciotta giudiziosa e bona chi s’accollassi tutti ‘sti ‘ncombenzi….Ma cu? Fratuzzu me’ vinni ccà pi addumannariti consigliu….Viri d’aiutarimi e spirugghiami ‘sta matassa .

(cantato)

Ade a Zeus:C’è la luna mezzu u mari frati me’ m’ha maritari,

Zeus beddru pi favuri a ‘stà cosa pensaci tu.

Zeus ad Ade:Frati me’ soccu vo’?Iu ‘un sacciu soccu à fari,

 ‘un c’è modu di putiriti aiutari.

Ade a Zeus:Si mi duni a Persefassa iu mi possu maritari,

frati me’ chistu tu ‘un mi l’ha neari.

Zeus ad Ade:Si ti dugnu a Persefassa cu la senti a me mugghieri,

si ci pigghia la fantasia fiddrulia a tia e a mia.

Zeus: (Rivolto al pubblico) Viri chistu chi pritisi ….si voli maritari….vulissi sapiri cu è la fimmina accussì babba chi pi farilu cuntentu …si nnì issi a stari dra ntà l’Ade …mezzu a li morti e ntà dri confusioni….Certu chi, però, è megghiu accuntintallu chi …chistu puru chi è me frati….sempri carrica-morti è (facendo gesti di scongiuro) e puru chi ‘unn’è veru chi porta jella…p’un sbagghiari….Quasi …quasi …mi veni ‘na bella idea …ci putissi concediri in mugghieri a me figghia Core (Persefone) e siccomu è megghiu ‘un mettisi ntà li guai ….ora…. ci suggerisciu di rapirla.

Veni cà fratuzzu me’ ….iu pi parti me’ ti consigliassi di maritariti ccù me’ figghia Core ….sulu chi po’ cu la senti a me’ mugghieri…..Chi ti pari chi idda fussi cuntenta di perdiri a so’ figghia….Facemu accussì ….rapiscila e fujtivinni ….accussì sparagnamu puru li spisi di la festa.

Ade : Miii bona è l’idea, mi piaci…mi piaci! Ora curru e la va’ rapu…

Zeus : La rapi ….. ? Ma zoccu vo’ rapari…..

Ade: Scusa è chi ….mi vinniru li frenesii ….Un viu l’ura di trovarla e di rapirla….A propositu …ntà stu momentu ….d’unni ci lucinu l’occhi?

Zeus: A ‘st’ura di solitu è in Sicilia vicinu lu lagu di Pergusa…chi joca e cogghi ciuri cu li so’ amichi….

Scena del rapimento,  Ade si sposta nell’altro settore del palcoscenico e si rivolge alle compagne di Persefone   

Ade rivolto ad Atena, Artemide e alle figlie dell’Oceano:Saluti a lli gentilissimi signorini, iu fussi ccà pirchì vulissi putiri parrari ccù la rispettabilissima figghia di me’ frati Zeus, iu sugnu Ade in persona.

(Le ragazze gridano spaventate e fanno gesti di scongiuro)

Ade: Ma ‘nsumma la vulemu finiri ….ogni vota ccù ‘sta storia….’un nnì possu chiù … appena sannu cu sugnu …tutti chi fannu corna…cu tocca ferru , cu… lassamu perdiri va…’nsumma Persefassa è ca o no?

Atena: (Si fa coraggio e risponde) Ca è….ca…è, sulu chi dopu aviri jucatu ccù niautri …la mischina era ‘n pocu stanca e si sta facennu un pinnicuni.

Ade: ( si sposta verso Persefone che dorme) (cantato) Coro

Lu suli è già spuntatu n’ta lu mari

E vui biddizza mia durmiti ancora

L’aceddi sunnu stanchi di cantari

E affidateddi aspettanu ca fora

Supra un arvuliddru su pusati

E aspettanu chi v’arrisbigghiati.

Ritornello : Lassati stari nun dormiti cchiù

Ca nemmu a iddi rintra sta cuntrada

Ci sugnu puru iu, c’aspettu a vui

pi viriri ‘sta faccia accussì bedda

Vinni ca ora dopu ‘na nuttata

e aspettu sulu la vostra arrisbigghiata.

Li ciuri senza vui nun ponnu stari

E sunnu cu li testi a pinnuluni

Ognunu d’iddi ‘un voli sbucciari

Dintra li buttunedda su ammucciati

E aspettanu chi v’arrisbigghiati

Ritornello : Lassati stari ,’un dormiti cchiù

Ccà nemmu a iddri rintra sta cuntrada

Ci sugnu puru iu, c’aspettu a vui

Pi viriri ‘sta facci accussì bedda.

Vinni cca ora dopu ‘na nuttata

e aspettu sulu chi v’arrisbigghiati.

Persefone: ( Si stropiccia gli occhi) M’avia parutu di sentiri cantari…..bedda matri era ‘na canzuni accussì bedda chi ancora mi pari di sentila.  Ma cu era chi cantava?

Ade: Permette ca mi presentu? Sugnu Ade ‘n persona e ci vulissi fari omaggiu di la me’ canzoni…ed essennu chi sono un espertu di botanica ci vulissi puru fari omaggiu di ‘stu novu ciuri , chi a momentu la me’amica Gea fa spuntari (Una ragazza sdraiata a terra tirerà fuori al momento giusto un fiore) Si chiama Narcisu….

Atena e Artemide insieme alle figlie dell’Oceano:  Bedda matri lu Narcisu …..’un ni lu cogghiri…..’un ni lu cogghiri….

Persefone: E pirchì ‘un nnì l’avissi a cogghiri?

 

Atena Artemide e le figlie dell’oceano (coro):

Ciuri ciuri, …ciuri di mala nova

Cu cogghi lu… Narcisu ….è cunsumatu

Lu ciuri di Narcisu…. Porta Jella

e cu lu cogghi… è rovinatu

Ciuri ciuri , ciuri di tutu l’annu

L’amuri chi… ti duna tornaccillu.

Lu ciuri di Narcisu ….porta dannu

E cu lu cogghi ….è rovinatu.

Persefone: Quantu stori….pi mia è tutta midia (invidia) ( e raccoglie il fiore)

Ade: Ora chi cugghisti lu ciuri …veni ca chi ti portu a fari un giru……(ed escono di scena)

Atena Artemide e le figlie dell’Oceano: U’un ci jri….’un ci jri….

Cantastorie: (Cantato con il tono di “vitti ‘na crozza”)

Chistu è l’iniziu di la storia,

si vi firmati cà vi cuntu ancora,

vi cuntu comu ju , veru, lu fattu

di la picciotta ‘ntisa Core lu rattu.

Vola cu lu so’ carru Ade comu un rapaci

E dda ntà l’Inferi si porta la mischina,

so’ matri allura ‘un si duna paci,

la cerca e a tutti ci addumanna.

Viri però chi nuddu ci arrispunni,

e chianci a tuttu ‘u munnu lu so’ duluri.

Lu Suli ci dici allura.. chi ci vo’ fari,

la nostra vita ‘unn’è tutta rosa e ciuri.

Il  Sole rivolto a Demetra: To’ figghia la rapì Ade ….Mentri chi to’ figghia accugghia ciuri…Gea (la terra) fici spuntari un narcisu e, quannu to’ figghia si calà pi accogghilu, la terra si rapì e di la spaccazza …nisciu Ade …chi l’afferrau e si la purtau…Chi ci vo’ fari ddu mischinu era ancora schettu ranni e pinsau bonu di maritarisi cu to’ figghia….sappi comunque chi to’mariteddu di ‘stu fattu ni sapi qualche cosa….Quetati e dunati paci chi orama’ ‘un c’è chiù nenti di fari.

Demetra  (cantato con il tono di “sciccareddu”)

Avia ‘na figghia bedda davvero sapurita,

figghia bedda La me’Cori dunni ti possu attruvari

(ritornello) figghia bedda di lu me cori dunni ti possu attruvari.

E quannu ci dicia curù curù,

iddra m’arrispunnia mamà, mamà.

Figghia bedda la me’ Cori dunni ti possu truvari,

figghia bedda la me’ Cori d’unni ti possu attruvari

(si può anche ripetere l’ultima strofa)

Il Sole rivolto a Demetra: Ti lu dicu iu d’unni la po’ truvari ….ora comu ora di sicuru è già nta’ l’inferi .

Demetra: Gea ….e Zeus eranu d’accordu cu Ade …mi la pagheranno a Gea ci mannu ‘na siccità chi tutti si l’avrannu a ricurdari pi sempri.

Cantastorie: Nei campi non germogliòchiù nenti e tutti l’omini eranu affamati . Zeus, mizzica, ‘ncazzatu comu ‘n diavulu era, pirchì l’omini, essennu chi eranu affamati, pinsavanu sulu pi la so’ panza di iddi e a esso medesimo Zeus ‘un ci facianu chiù né offerte né sacrifici. E allura tutti si misiru a priari a Demetra di placari lu so’ sdegnu.

Demetra: Quali placari e placari …finu a chi la me’ figghiuzza ‘un torna a la casa…. la siccità continuerà.

Cantastorie: Allura Zeus mannà lu so’ messaggeru Ermes dda ntà l’inferi a dirici a so’ frati Ade di fari turnari d’insubito a Persefassa.

Ade obbedisci …ma prima di mannalla a lu n’arrè ci fici un sortilegiu….ci fici manciari lu semi di lu melugranu…in modu chi pi sempri la picciotta avissi statu cunnannata a passari sei misi ntà l’inferi e sei misi supra la terra (Alternarsi di inverno e primavera).

Zeus a Demetra: Orama’ chi to’figghia turnà….finemula di babbiari e facemu addivintari arrè fertili la terra.

Demetra : Va be’ ,va be’ .Chi la terra addiventi arrè un giardinu, chi la semenza germogliassi assà pi sfamari finalmenti tuttu lu munnu.

Cantastorie: E allura, tutti l’omini contenti promisiru chi pi sempri avissiru addubbatu altari chini d’ogni cosa ….In Sicilia cca ntà la nostra terra..Siculi , Sicani, Elimi, Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi , Normanni e Spagnoli…tutti continuaru la tradizioni. Cu l’Arabi l’altari s’arriccheru d’aranci e di lumii…cu l’Asburgu a lu tronu di Sicilia di l’aquili a du’ testi,… cu lu passari di lu tempu lu periudu fertili si chiamò Primavera e la festa ‘n so’ onori continuò…Cu lu cristianesimu addivintò la festa di S.Giuseppe e a li simboli pagani supra l’altari furunu misi puru chiddri di lu cristianesimu….Chisti sunnu li simboli pagani (Su un cartellone dovrebbero essere via, via girati dei fogli dove saranno disegnati i vari simboli)…La forbici, la chiavi, la scala, p’aiutari a Persefassa a tagghiari la corda….e acchianari arrè supra lu munnu, la frutta ntà li cesti pi godiri cu la vucca e cu l’occhi dopu lu diunu. La cruci…l’ostensoriu …li candelabri…lu  pavuni (Immortalità)….la colomba (la pace)….Lu vastuni fioritu di S.Giuseppi (la urezza)….La palma (la redenzione)…Lu pisci (il simbolo dei cristiani)…lu Suli (Dio)….la luna (la Madonna)…L’ancilu (l’annunciazioni).L’agnellu (lu sacrificiu) …E puru li piatti cu li germi di lu granu….

Chista è la storia…chi vi parra di morti e resurrezioni

ntà lu ciclicu iri di lu tempu …

chi n’insigna a capiri comu ogni cosa ‘unn’è campata in aria

ma avi lu so’ fondamentu….

Si vi piaciu n’atr’annu tornu e ancora vi la cuntu.

Di

Giancarlo Buccheri