Il re buffone e il buffone del re

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                            IL RE BUFFONE

                                        E

                      IL BUFFONE DEL RE                             

                

             

                      

                             

                                   1)  LA RITIRATA

                            2)  IL VIANDANTE

                                        3)  HONG

                                        4)  IL FUOCO

                                                 

                                                 LA RITIRATA

                                   

                                        Esagramma in un quadro

                                                      di Kiennkenn

Personaggi:

                   Il cavaliere

                   Lo scudiero

                                     

                                                (una scena qualunque)

Cavaliere:                            (la voce arriva dalle quinte)

                    Dopo trentadue giorni di battaglie, amico mio, oggi siamo costretti- ma ancora non è detto- a rimaner buoni e cheti…

                    (entrano in scena)

                    … qui, sì, qui mi pare un posto favorevole.

                    (si siedono)

                    E tutto questo…         (sguaina la spada)

                        …mentre la mia compagna inseparabile ha pronte mille canzoni da cantare che impazienti passeggiano sul filo.

Scudiero:     Mio buon signore, non è forse questo un bene?

                    Il giorno occupa solo metà della ruota del tempo, essendo l’altra metà della notte.

Cavaliere:    (si alza seguito dallo scudiero)

                    Sei tu davvero convinto che la nostra più intima essenza, il nostro più riposto profumo giri in tondo per farsi sbranare or da questo e or da quello?

                    (lo afferra ad un braccio)

                    Queste tue carni pesanti e dipendenti, sì sono pasto per ogni stagione, questo tuo sguardo spento, è sì ancorato alla volgare circolare alternanza, ma la tua vita, quella che pur nutrendosi di fiato e di sfiato è oltre ogni aria, è una e vastissima con la Vita Eterna che muove ogni cosa e la penetra e la avvolge.

Scudiero:     Da Oriente a Occidente, i saggi da sempre hanno detto a gran voce che ogni cosa è cerchio e che…

Cavaliere:    … e che la massima delle verità è tutta contenuta, anzi, sarebbe tutta contenuta in quell’antica figura del serpente che si morde la coda. È questo che volevi dire?

Scudiero:     appunto.

Cavaliere:    e no, caro il mio scudiero, alle vecchie figure di un tempo, nuove figure si sono sovrapposte e si andranno sempre più sovrapponendo: la spada!    (la alza). Ecco qual è il mio serpente che si morde la coda; e quando gira, lo fa sui campi dell’Essere sconfinato per tagliare la cresta alle erbacce che oscurano il sole.

                    Come deve esserti grave amica mia…    (alla spada) … questo forzato silenzio. Le tue taciute cantate, in sibilanti acuti afferrano il mio braccio e il mio cuore e si perdono in gesti scomposti ed in frasi sconnesse.

                    Scudiero, il cavallo!

Scudiero:     Ma mio buon signore, non possono i ferri cantare in perpetuo.

                   

                    (Il cavaliere si avvicina allo scudiero e lo afferra al giubbetto)

Cavaliere:    Tu, misero, fiacco, molle omiciattolo; tu vile portatore indegno di vita che combatti all’ombra della coda del mio purosangue. Come osi chiamar ferro quest’arma che è parte di me.

                    Via indegno, lontano.

                    (lo lascia spingendolo con disprezzo)

                    Perdona l’ignoranza, amica mia. Il loro braccio ahimè si perde nella punta delle dita, la loro mano è vuota, e quando cacciano mosche sono convinti di combattere mostri.

                    Sono pochi coloro che ti portano con mano possente.

                    Scudiero! Il cavallo t’ho detto. Presto!

Scudiero:     Il mio signore mi perdoni ma… il nemico avanza e scendere adesso in battaglia non è prudente né saggio.

                    Al vostro coraggio io son testimone ma lo sono altrettanto alla vostra imprudenza.

                    Il giusto da fare, con vostra licenza, è starsene qui ritirati e aspettare.

Cavaliere:    Ma io sono un guerriero, vigliacco d’uno scudiero, ed un guerriero non deve aspettare né può. Il mio compito è uno solo: combattere e vincere.

Scudiero:     È giusto quel che dite signore, ma non sempre combattere è vincere. Ciò che più conta è la vittoria finale. A volte una prudente ritirata è la chiave per un futuro finale successo. Col sole sugli occhi la mischia è imprudente. Guarda mio signore, osserva bene come i raggi del sole ora ti sono nemici. E non per loro natura, essendo essi buoni, ma perché disarmonici con il momento e l’opera che ti preme compiere.

Cavaliere:    Per quello che hai detto ti perdono quasi ogni insolenza scudiero. Hai parlato saggiamente, mi sei degno amico. Hai sposato la nostra ritirata all’attesa. Ebbene aspetteremo che il sole ci sia alle spalle, ed allora…

                    (sguaina la spada)

                    … e allora faremo cantare le nostre compagne e le faremo ruotare sugli sconfinati campi dell’Essere per tagliare le creste maligne che rubano luce.

                    Tu forse non lo sai ragazzo, ma il nostro esercito si è arricchito del braccio grazioso e robusto d’una nuova pulzella che dopo anni di scorrerie e brigantaggi ha inciso sull’elsa della sua spada affilata il segno dei giusti.

                    Su, andiamo a riposarci scudiero e che il tempo segua il suo corso.

                    (I due sognano: indossano due veli e alzandosi, con gesti lenti,                          

                     continuano il dialogo).

Scudiero      Vedo, mio signore, un nobile    (indica un luogo).

                    Adesso entra dentro un monte. È il monte. Sopra di esso splende un cielo limpidissimo ricco di soli…

                    Chi è quel nobile, e cos’è quel mantello rosso che ha lasciato cadere prima di essere monte?

Cavaliere:    Quel nobile è l’anima della donzella, amico mio. Essa ha deciso di non essere per ESSERE. Si è arresa al cielo, al “suo” Dio.

                    Il Cielo è sceso, ed il monte, oramai terra e non più guglia isolata, si è portato in alto: è la Pace: il piccolo se ne va, il Grande se ne viene.

                    Quel mantello rosso che hai visto cadere è l’ira: quella persona ha dominato i sensi. “Nell’uomo che pensa agli oggetti dei sensi sorge l’attrazione per essi; dall’attrazione è prodotto il desiderio e dal desiderio insoddisfatto nasce l’ira” *

                    L’uomo col mantello era ignobile, il monte è il nobile.

Scudiero:     Ma allora, signore, noi, chi siamo?

Cavaliere:    Siamo solo un pretesto, ma un pretesto vero, perché siamo veri. Pensa, lo saremmo stati anche fuori da questo sogno e senza queste tavole di scena. La mente illumina, i personaggi si muovono. Nulla che già non sia, amico mio. Quando la mente è costante, è staccata dagli oggetti dei sensi ed il suo occhio vede ciò che è. I pensieri sono pensati in quanto realtà esistenti in forma: tu non potresti pensare ciò che non è, perché ciò sarebbe creare. Solo Dio Crea ed i suoi figli lo sanno. Noi siamo certi di essere nulla nella nostra realtà perché sua energia in essere. Apparenza, manifestazione di divina energia.

                    Un pretesto, ecco cosa siamo, un umilissimo pretesto.

Scudiero:     Quindi adesso dovremmo ritirarci ben tre volte, mio signore?

Cavaliere:    Sì compagno mio:

-una prima volta dal sogno  (tolgono i veli)

-una seconda dal personaggio  (uno getta la spada, l’altro il giubbetto)

-una terza volta da personaggi.

                    * B. Gita

(il cavaliere e lo scudiero dicono il nome dell’attore che li anima, fanno un inchino e vanno.

Non è rimasto Nessuno, oppure: è rimasto Nessuno.

QUELLO!)

                                          IL VIANDANTE

Il re  entra nella sala del trono insieme con il suo buffone e comincia a

passeggiare nervosamente. Il buffone lo osserva per un po’, quindi va a

sedersi sul trono, e:

Buffone:      se non la smetti di passeggiare a questo modo, chiamo le guardie e ti faccio rinchiudere nella torre a pane e acqua, e poi…

                    (s’interrompe perché il re gli si avvicina minaccioso. Il buffone si alza e si rifugia dietro al trono).

Re:               se riesco a metterti le mani addosso mi risolvo tutti i problemi.

                    Ho cercato inutilmente di pestarli e ripestarli passeggiando, ma sono rimasti tutti qua (si tocca la fronte) dentro questa scatola cinese.

                    Poi hai aperto il rubinetto delle balle, e i miei problemini sono passati dalla testa alle mani (le protende).

Buffone:      (da dietro al trono) Se vostra maestà riuscisse a far pervenire i suoi problemi dalle mani, avide del mio gracile collo, alla lingua, e volesse graziosamente parlarne, prima o dopo riuscirebbe sicuramente ad attrarre qualche tipo di risoluzione.

                    Però ora dovresti già ringraziarmi sovranello mio: da che cerchi di acchiapparmi, per un po’ hai allontanato da te il problema di…

                    (aspetta che il re si confidi) quello di… (il re si calma e si siede sugli scalini del trono)

Re:               qui, amico mio, vieni a sederti qui accanto a me; anzi no, siedi su questo trono il cui emblema bugiardo è un’aquila con le ali spiegate e con gli artigli in mostra. Se essa rappresentasse davvero il mio spirito, avrebbe di già catturato con volo radente questi miei pensieri, che come roditori stanno distruggendo il mio campo.

                    Siedi, siedi amico mio, ascoltami, e se puoi consigliami.

Buffone:      ma vostra maestà ha fra la sua corte una vera schiera di saggi.

                    È alle orecchie di tali sapienti che devono giungere i vostri interrogativi inquietanti. (Si alza, va verso la porta, la apre e chiama) guardie!   (il re lo lascia fare. Entrano le guardie)

Guardie:      maestà, agli ordini.  (aspettano)

                    (il re si alza e si avvicina a loro, li osserva. Poi indicandone uno)

Re:               tu, come ti chiami?

Guardia:      il mio nome è Lorenzo, maestà.

Re:              dimmi Lorenzo (gli mette la mano sulla spalla e lo porta a spasso per la sala) dimmi un po’: quando tu hai un problema, cosa fai?

Guardia:      lo risolvo, maestà.

Re:              Sì, va bene, è logico, Lorenzo, ma… come lo risolvi?

Guardia:      semplice, maestà; se è un problema di fuoco, con l’acqua; se è di acqua, con la terra, se è di terra, col legno; se è di legno, col fuoco… maestà.

Re:               e l’aria? Ti sei scordato l’aria, (al buffone) s’è scordato l’aria… Maestà! (con ironia)

Guardia:      beh, l’aria, maestà, serve per prender fiato mentre risolvo.

                    (il re gli volta le spalle e sorride compiaciuto. Rigirandosi e fingendosi arrabbiato)

Re:               Impertinente d’una guardia dei miei buffoni, fuori! Fuori di qui, o parola mia (guardando d’intesa il buffone) ti faccio rinchiudere nella torre a pane e acqua per il resto dei tuoi giorni. Via!  (escono).

                    (il re si siede sul trono)

Re:              ma lo hai sentito, buffone? Altro che schiera di saggi. Quello sì che ha un cervello fino. Sono attorniato da falsi sapienti, che parlano, parlano, parlano di cose che non hanno mai vissuto, e si riempiono la bocca di paroloni, di citazioni, di frasi fatte. Ieri sera me li sono radunati tutti, e ad ognuno di loro ho chiesto: chi è il viandante, il ricercatore della Verità? Cos’è la Verità? Nessuno che mi abbia parlato del suo viandare, della sua verità: tutti hanno citato questo o quello, forse senza nemmanco capire quello che andavano dicendomi. Né, purtroppo, ci ho capito qualcosa. Concetti, buffone, solo concetti.

Buffone:      Ma i sapienti sono sempre prodighi di giuste risposte, maestà.

                    Avranno certamente annientato i vostri interrogativi, a prescindere da ogni comprensione: più o meno come fa la medicina, di cui conosciamo niente, con la malattia.

Re:               hai detto bene, buffone, sono pieni di risposte belle e pronte, una per ogni quesito. Ho provato davanti alle loro risposte questa sensazione: ho sete da morire, ti chiedo dell’acqua, e tu mi porti il dipinto di una sorgente. Mi hanno solo raccontato un sacco di bugie, buffone; quella guardia, come si chiama…

Buffone:      Lorenzo, maestà.

Re:               quel Lorenzo là è sicuramente più avanti di loro, amico mio.

Buffone:      ma più avanti rispetto a che, mio caro re?

Re:               più avanti rispetto a… rispetto… a…

Buffone:      ma non vede maestà come il mondo è circolare, e come un qualunque punto della sfera è nel giusto posto, contribuendo esso alla perfezione del Bello-Giusto?

Re:               che vuoi dire, buffetto?

Buffone:      voglio semplicemente dire a sua maestà, che in un mondo di briganti il migliore è il più disonesto, mentre in un mondo di giusti il migliore è il più onesto. Tutto com’è, maestà: voi siete il re, io il buffone: io sono più avanti di voi rispetto alla buffoneria, voi siete più avanti di me rispetto alla regalità.

Re:               ti concedo, ti voglio concedere per buono quel che hai detto. Supponiamo che sia così. Ma, se così è, dimmi, ognuno di noi dove è diretto, e che cosa cerca?

Buffone:      colui che è convinto di essere solo un corpo, va verso la tomba. Colui che sa di essere un corpo-anima, va verso la Gloria; colui che ha la certezza di essere una… bolla d’aria, va verso il Vuoto, il Nulla, il Tutto.

Re:               Bada a te, buffone, perché se ti azzardi a giocare al saggio da strapazzo ti sistemo per le feste, e ti…

                    (il buffone lo interrompe e prosegue il discorso)

Buffone:      e ti faccio rinchiudere nella torre a pane e acqua. No, no maestà. Io sono solo un buffone, e quello che dico è frutto dei miei “sogni ad occhi aperti”: quando ho un problema, visualizzo un vecchio saggio, fisso l’immagine con l’occhio della mente, e aspetto la risposta, che prima o dopo arriva puntuale. Non capisco a volte manco quello che mi dicono, ma quel che sento, so che è vero.

Re:              se le cose stanno così chiedi al tuo vecchio di dirmi cos’è la Verità e cos’è il Viandante? O guai a te.

                    (il buffone fissa un punto indeterminato del soffitto…)

Buffone:      se a pormi la domanda è il corpo del mio sovrano, non ho alcuna risposta da dare, perché essa avrebbe fine con la fine di quel corpo, e quindi sarebbe falsa. Se a chiedere è il cuore-mente del mio re, direi che la verità può solo essere indicata dalle parole ed intuita nei simboli, nelle parabole, nei miti, nelle favole, nelle poesie, nell’arte, nella scienza. Se a porre la domanda è lo spirito insoddisfatto e prigioniero nella carne di vostra maestà, direi che la Verità… siete voi maestà, e potrei aggiungere, come fanno i sapienti, che: colui che cerca (il vostro spirito prigioniero fatto ad immagine dello Spirito Universale) è la cosa cercata.

Re:               ma allora, io, dove sto andando, carissimo buffo?

Buffone:      Voi siete un viandante, maestà, ma non perché vi muovete nello spazio-tempo, no, quello è roba per soli corpi (tranne eccezioni): voi siete uno spirito in un corpo, e da oggi vi muovete nell’ESSERE. Colui che è più avanti di tutti, maestà, è chi riesce più di tutti a Esser Qui, cubo di sabbia in un deserto di sabbia. Quell’Io Sono di Mosè, mio re, è la Vita Universale che respira in ogni cosa, è l’essenza di ognuno di noi che si è dato il privilegio di dimorare in un corpo, e che fa di un uomo un sant’uomo, allorché: a guardare non è più l’occhio, ma colui che sta dietro; a parlare non è più la lingua, ma colui che sta dietro. Il viandante, maestà, è un bimbo che per gioco reca al Padre un messaggio del Padre.

                    Diffidate maestà di chi non gioca per troppa serietà, di chi non ama sporcarsi le mani con la terra. Viandate lontano, maestà, da chi è piccolo nel cuore, perché l’Amore è la Vita-Infinita-Viandante.

Re:               ma allora chi sono io, amico mio, un corpo che parla e che sente, e che non ha agganci con questa Vita di cui mi parli e che nessuno dei miei saggi mi aveva mai presentata così? Chi sono io, un miserabile, un poveretto che credeva di essere ricco e di avere in abbondanza, e che invece nulla possiede pur tutto possedendo in copia?

Buffone:      questa non è vera copia, non è vera abbondanza mio re.

                    I Budda, maestà, sono delle bolle d’aria esplose in vita; sono, pur avendo un corpo, dentro e fuori: aria di bolla ed aria d’aria. Ma ti prego maestà non chiedermi come fa un Sakiamuni ad avere apparenza di corpo dopo l’esplosione. Io sono solo un buffone, e quello che dico non sono che balle, maestà, bolle di corte.

                    (Il re chiede al buffone di sedersi sul trono e poi gli s’inchina).

                                                  HONG

                                  Esagramma in un atto di Sunn Cenn

Personaggi:  ……………..   Il re                                                                                                          ……………… Il giullare

                    ……………… La guardia

                    ……………… Il silenzio

Scena prima:   sala del trono. Il giullare con una piuma in mano saltella intorno al re seduto sul trono. Addobbo della sala a piacere.

                        Il re con un cenno brusco intima al buffone di star fermo.

                        Con molta lentezza si alza, prende sottobraccio l’altro e, mettendo la mano a un orecchio come ad ascoltare un rumore lontano e strano dice:

Re:                  (quasi con paura mista ad angoscia) lo senti?… Senti come sgranocchia inesorabile? (lo scuote) lo senti?… I suoi denti sono bianchi e tremendi…

                        (il buffone preso da paura si svincola poi gli va alle spalle e vorrebbe spaventarlo ma il re rimane impassibile e continua)

                                        I bianchi denti del silenzio

                                        masticano le cose del tempo (prende un teschio posato

                                                                                        su un mobiletto e lo tiene

                                                                                        stretto al fianco)

                                        I millenni tacciono per sempre. (riprende sotto braccio

                                                                                             il buffone)

                                        Non senti come il silenzio,

                                        in quest’istante,

                                        afferra la voce stridula di un vecchio cinese

                                        che indica una strada

                                        anch’essa addentata e sbriciolata?

                                        Annienta persino il rumore dei suoi denti.

                                        Ecco, il vecchio è finito, scomparso.

                                        Adesso, quei bianchi orribili,

                                        si stanno posando su un estremo tentativo,

                                        quello di qualcuno che vorrebbe sentire

                                        l’inafferrabile Causa  (si copre col braccio la faccia e

                                                                             si gira)

                                        Sta divorando l’estrema volontà di chi

                                        gli si offre come cibo

                                        purché nell’istante del sacrificio

                                        coaguli l’Essenza di ogni essenza.

                                        L’occhio di quei terribili denti

                                        si lancia sul più sottile anelito,

                                        divora questo mio gracchiare,

                                        il tuo ascoltare,

                                        il nostro inferiore silenzio.

                                        Divora Santi, demoni, re, ministri (fa finta di

                                                                                                aggredirlo)

                                        divora… giullari… (si fa meno serio come se avesse

                                                                         perso l’ispirazione)

                                        Se il Silenzio s’incarnasse qui adesso

                                        sbranerebbe le sue stesse carni,

                                        perché questa è la Legge.

                                        Ma… forse… forse farebbe sentire la sua Voce,

                                        e allora io…

                                                            (il buffone lo interrompe)

Giullare:          E allora tu, per invidia, per gelosia, per orgoglio diresti:

                        “ non è possibile che il Silenzio s’incarni; non è possibile che esista un uomo migliore di me,”

                        ed allora (poggia il dito sul teschio) lo elimineresti, lo inchioderesti al primo legno che ti capita.

                        A quel punto si ricomincerebbe e tu diresti….

                        (invita il re a continuare)

Re:                  perché mi tormenti così? (gli grida disprezzando) BUFFONE!

                        (lo prende per un orecchio) il tuo solo compito è di farmi ridere, e non di…

                        (il giullare lo interrompe)

Giullare:          il sovrano comandava

                        disponeva stabiliva.

                        Quando un poco riposava

                        ricercava e non trovava,

                        ché puntava la sua mira

                        su qualcosa che non era,

                        perché ciò che lui cercava

                        non moriva non nasceva.

                        (il re lo rincorre)

Re:                  tu vuoi distruggermi, ma se t’acchiappo ti riduco a…

                        (il giullare si ferma, lo punta con l’indice)

Giullare:         Attento tu… bada a quel che pensi e più ancora a quel che fai: per tuo stesso ordine chiunque mi faccia del male nel tuo regno è un uomo morto.

                        (il re ritende l’orecchio e come se seguisse un rumore…)

Re:                  Ma non t’accorgi di come questo Silenzio, piano piano divori te e me, senza nulla dire, senza alcuna spiegazione?

                        (alza la voce) LO SENTI!

Giullare:          ma certo che lo sento (alza la voce) LO SENTO! (la abbassa) lo sento bene. I tuoi interrogativi sono pesanti ed io come buffone dovrei riderci sopra, e invece no. Per questa volta ti do un consiglio: perché non vai in giro in cerca del Silenzio?

                        Forse si è incarnato e si trova in qualche grotta su qualche montagna della zona, o forse gira comodamente e… in silenzio… per le vie del tuo regno. Se fossi in te lo andrei a cercare e poi gli chiederei: …

                        (viene interrotto da un gong)

Re:                   chi osa disturbare sua maestà a quest’ora insolita? (al giullare)

                        Dì alla guardia che il re non vuole vedere nessuno. Va.

                        (il giullare si avvia. Poi si arresta, si volta)

Giullare:          e… se fosse il Silenzio?  (si riavvicina al re)

                        Lo manderesti così senza porgli nemmeno una domanda?

Re:                   e già… e se fosse davvero il Silenzio?…

                        su via svelto, vai a vedere chi è.

                        (Il giullare si affaccia sull’esterno dalla soglia della porta, s’informa con la guardia e riferisce)

Giullare:          la guardia non vuol dirmi chi è che desidera la tua maestà.

Re:                   e allora fallo entrare, BUFFONE!

                        (entra la guardia)

Guardia:          Uno strano personaggio chiede a vostra maestà di essere ricevuto.

Re:                   Uno strano personaggio? (afferra per un braccio il buffone e rivolgendoglisi) scommetti che si tratta proprio del…

                        (alla guardia) qual è il suo nome?

Guardia:          dice di essere… il Silenzio, vostra maestà mi perdoni, ma io riferisco solo ciò…

Re:                   fai passare immediatamente.

Giullare:          un momento! Come sai che è il Silenzio? Il Silenzio non può aver voce. Spiega.

Guardia:          (infila una mano in tasca) mi ha dato questo da leggere (lo porge al buffone che lo legge)

Giullare:          “Il Silenzio in carne ed ossa chiede al sua Maestà di essere ricevuto subito”

Re:                   È proprio il Silenzio, e anziché pregare, chiede a sua Maestà, mi chiede, direi quasi mi costringe a riceverlo…

                        Guardia, fai passare subito.

                        (Il Silenzio entra. Veste un mantello molto ampio ed un copricapo sulla cui cima una piccola elica gira continuamente. Si appoggia ad un bastone. Il re lo guarda e gli si avvicina seguito dal buffone aggrappato al suo mantello. Gli fa mezzo giro intorno.)

Re:                  Come fa un Silenzio senza confini ad essere qui davanti ai miei occhi? Come potrà un Silenzio rispondermi? Chi sei tu; da dove vieni?

                        (Il Silenzio si avvicina al re per allontanarlo dal buffone, su cui soffia dopo aver incamerato molta aria: un effetto vento con un tuono finale… Il buffone si tappa le orecchie. Dopo un po’ però toglie le mani da esse ed alza le braccia al cielo come per esultare. Si avvicina al re e lo prende per il mantello)

Giullare:          è terribile maestà, ma bello. Io conosco questo strano linguaggio: esso è come il vento che soffiando sulle foglie del pioppo dice pioppo, e soffiando sulle foglie della quercia dice quercia.          Nell’istante in cui quello strano vento mi ha soffiato , io sono diventato la sua voce e nello stesso momento… me stesso. Ed  eccomi qui a parlare

                        (con tono ancora più serio)

                        la stessa voce che poco fa ha soffiato su me, ora soffia su di te, amico mio e sovrano. Essa è un vento contagioso, un muro che blocca ogni mio pensiero e che da un luogo e un tempo senza spazio e senza ore fa scaturire il soffio dell’Eterno Silenzio.

                        Come una canna, il mio corpo, suonato da esso, parla non più la mia lingua, ma la sua. Ecco cos’è la Voce del Silenzio: un parlare che non è più mio, un dire che non è di… nessuno.

                        (il re fa un passo indietro e guarda il giullare in modo curioso)

Re:                   Ma tu non sei il mio amato buffone! Chi sei tu dunque?… nei tuoi occhi, ahimè, non riesco più a vedere quella luce divertita e divertente che mi era allegra compagna. Adesso scorgo una luce tagliente come una spada, eppure serena. Che ne è stato del mio amato giullare?

                        (gli si avvicina)

                        dove ti sei nascosto amico mio?

Buffone:          sono qua, sono sempre io maestà, e saprò ancora (fa un salto) divertirti. Ma da oggi non potrò più fare a meno di parlare con la Voce   (indica il Silenzio) sua.

                        (Il Silenzio soffia ancora sul giullare, poi fa un inchino e se ne va)

Giullare:          Il Silenzio inchinandosi alla vostra maestà si dice contento d’aver soffiato entro le mura del vostro regno. Rimarrebbe di gran cuore perché ama la nostra compagnia, ma è costretto ad andare laddove è stato chiamato, perché ogni volta che qualcuno lo invoca lui si manifesta, gli soffia sopra, accende una canzone, e poi (accompagna con la mano il Silenzio che esce) va.

Re:                  è tutto un po’ strano, buffone, eppure l’accetto. Non è forse altrettanto strano ogni fatto della vita? Non è strano il tuo buffoneggiare, il mio guardarti, il pensiero, il parlare, il ballare (fa un passo di danza) il… pensare, il pensare e pensare pensare pensare 

                                             (prende sotto braccio il giullare)

                        perché, amico mio, la mente ha tanta paura? Fra tutte le cose di me, essa è quella che più teme il Silenzio. Dimmi, perché è così?

Buffone:                          la tua mente, mio re,

                                        è una cosa che c’è ma non c’è;

                                        fa ma non fa,

                                        sa ma non sa,

                                        è ma non è.

Re:                  e cioè?

Giullare:                          la tua mente, maestà,

                                        è un’amara abitudine, ma

                                        tu cerca cos’è che in te

                                        muove la men………..te.

                                                                                capisci? La tua mente è in te ma non te. Essa è una parte di te, un po’ meno di te. Quel vento la svuota e soffiando la suona, ti suona come una canna vuota di bambù. E tu fischi la sua canzone. Da ora in avanti, mio re, mi chiamerai Hong.

Re:                  e perché, amico mio?

Giullare:          perché potrò soffiare un po’ come il Silenzio, maestà, ed io lo farò su di te. Egli ti suonerà, ed anche tu ti chiamerai Hong. Hong vuol dire Durata: la Voce del Silenzio non finirà mai.

                        (soffia sul re)

                        (Il giullare esce mentre il re si copre le orecchie. Dopo un po’ alza le braccia e grida forte ed esultando)

Re:                  Hong! HONG! (fa alcuni saltarelli)

                        Guardia! Guardia!     (entra la guardia ed il re gli soffia. La guardia mette le mani alle orecchie e dopo alza le braccia).

Guardia:          Comandi maestà.

Re:                  D’ ora innanzi riceveremo chiunque si presenterà al palazzo.

                        Giusto guardia?

Guardia:          Giusto maestà, anzi è d’obbligo.

Re:                  Vieni guardia (lo porta al proscenio)

                        Guarda giù e dimmi: com’è il campo?

Guardia:          è pieno, maestà. Il campo è piena di selvaggina, ma il Vento del Silenzio prima o dopo soffierà ed allora essa verrà addomesticata.

Re:                   Sei pronto guardia?

Guardia:          Pronto maestà.

                                      (soffiano sul pubblico e si chiude il sipario).                     

                                                 IL FUOCO

                              

                    (Il re passeggia nervosamente. Con lui, nella sala del trono, c’è il giullare, che gli gironzola intorno e cerca di distrarlo con buffonate puerili)

Giullare:      … e fu così che il grande giullare bloccò il povero re: ohlè

                    (gli tira il mantello costringendolo a fermarsi. Il re si gira e con l’indice puntato, in crescendo di voce…)

Re:              Se non la smetti immediatamente ti faccio rinchiudere nella torre di ponente, a pane e acqua, per un’intera luna. (gridando) E DOPO TI FARO’…

Giullare:      … ed ecco come avvenne che il matto ubbidì alla voce della follia

                    (pronuncia le due parolette d’un sol fiato e velocemente mentre molla il mantello. Poi, all’ennesima minaccia del re, cambiando tono)

                    … ricordo a Vostra Maestà, che sono pagato per far tutto questo, e rammento ancora che colui che mi paga, è… Vostra Maestà. Tuttavia… la smetto e taccio, dopo aver chiesto al mio signore…

                    (gli si avvicina, gli riprende il mantello con affetto)

                    … cos’è che oggi fa resistenza alla mia follia, vittoriosa sempre su tutti i passati problemi di vostra sovranità? È triste, o mio re, vedervi e sentirvi così. Parlate dunque: la riaffilata lama della mia pazzia sconfiggerà ogni vostro nemico. Il fuoco del matto vincerà.

                    (il re si siede sul trono)

Re:              Sentirti parlare di bruciante matteria, amico mio, mi rattrista ancora di più, perché, vedi, il mio problema è proprio un fuoco divorante, su cui strani venti, soffiando, l’alimentano sempre di più. E non riesco a controllare tale forza. Mi sento quasi come un poeta in preda al delirio dei versi che irrompono da tutte le parti: un aquilone non più retto e guidato dal filo, ormai in preda al vento. Ecco, mio caro ranocchietto, cosa angustia il tuo re.

Giullare:      Ah, ecco che finalmente scorgo nelle vostre graziose parole il colore del fumo di tale incendio. Parlatene ancora signore, e saprò ben scoprire il piromaneincendiariopirofilo. Lo consegnerò alle vostre guardie… (va verso la porta, la apre, e grida)… guardie, guardie, tenetevi pronte, perché tra poco… (il re l’interrompe, ed alle guardie…)

Re:               via, via di qua!  (al buffone) chiudi quella porta, e siedi qui, qui accanto a me: il tuo re ha bisogno di parlare, e tu mi ascolterai. Ascoltami dunque, ascoltami bene.

                    (il buffone gli si avvicina e siede sul pavimento ai piedi del trono)

                    IL FUOCO di cui ti parlo, è un fuoco vecchio come il mondo, ma allo stesso tempo sempre nuovo e sempre fresco, tanto che a volte sembra raggelarmi il sangue nelle vene.  

                    (lo invita a sedersi sugli scalini del trono)

                    Questa vita che si muove dentro di me e dentro ogni cosa, un bel giorno ha alzato la voce, ha vibrato più in fretta, ha cambiato l’ottava modulando in pianissimo. Un mondo di legno, improvvisamente, ha preso fuoco, ed ogni mio atomo pur ritenendosi di diritto un sole a mezzogiorno, pur ritenendo, io, me stesso, un universo di soli, stento a sentire il motore del fuoco che avvampa di fuori e non trova al porta.

                    (avvicina alla faccia del giullare la sua faccia angosciata)

                    Mi consuma, mi prosciuga, mi divora, e non so come… esserlo.

                    (con voce strozzata)… capisci!

Giullare:      Vostra Maestà è distratto, sbadato. Davvero, mio re, non riesci a vedere la porta che tu chiaramente mi mostri?

Re:              Ma non capisci che a divorarmi è la voglia di esserne il senso, l’essenza? È come se a consumarmi fosse non quel fuoco, ma il fuoco di quel fuoco che sento qui dentro, ma che non riesco a far incontrare con quello. E questo mio volerli riunire è come un terzo fuoco, che…

                    (smette di parlare e osserva naso contro naso il buffone)

                    … riesci a capirmi?

Giullare:      Ma è proprio questa la porta, signor mio. Non hai sentito come un… quarto fuoco arde nelle tue parole tanto da farle diventare disperata preghiera di comunione? Eccola qui la porta, e tu l’hai a dir poco, spalancata: i simili, e questa è una vecchia storia, si uniscono, ed ecco come di tanti fuocherelli se ne crea uno, o meglio, ecco come il piccolo fuoco del volere del cuore ha abbattuto le barriere che spezzettavano l’unico fuoco che esiste, quell’antica Luce Primordiale con cui la Sapienza – una con essa e con il Creatore – ha fatto, creato ogni cosa.

                    Quel fuoco è un amore che unisce le genti e tutte le cose. Amare è bollire nell’UNO, non più come acqua sul fuoco, ma come spirito ardente.   IL CUORE è la porta: se metti ogni cosa là dentro, costringi all’Essenza l’Amore, mio sire. Quando si ama, o mia sovrana Maestà, si è di più pur non avendo di più, perché si comprende ciò che si ama e quindi ci si unisce ad esso. Similia similibus, Maestà: per fare l’oro ci vuole l’oro, per accendere il fuoco occorre il fuoco.

                    Ma in senso più generale, essendo l’Essenza di ogni cosa FUOCO, è sufficiente essere. Maestà (ricomincia a tirargli il mantello. Il re si alza, si toglie la corona e la poggia sul capo del folle).

Giullare:      “Quando due ladri s’incontrano non hanno bisogno di presentazioni: si riconoscono l’un l’altro senza incertezze”*

         

                   

                    *(Mumonkan – Adelphi – 49° Koan)