Il re muore

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BÉRENGER I, il re

Il re muore

di Eugene Ionesco

PERSONAGGI

BÉRENGER I, il re.

LA REGINA MARGUERITE, prima moglie del re Bérenger I.

LA REGINA MARIE, seconda moglie del re Bérenger I.

IL MEDICO, che è anche chirurgo, boia, batteriologo e astrologo.

JULIETTE, donna delle pulizie, infermiera.

LA GUARDIA.

La commedia è stata rappresentata perla prima volta i115 dicem­bre 1962 al Théàtre de l'Alliance francaise a Parigi. Regia di Jacquei Mauclair, scene e costumi di Jacques Noel, musiche di scena di Georgei Deleruei.

Sala del trono, vagamente malandata, vagamente gotica. Al centro della scena, contro la parete di fondo, alcuni sca­lini conducono al trono del re. Da un lato e dall'altro del palcoscenico, verso il proscenio, due troni più piccoli: sono i troni delle due regine, mogli del re.

Sulla destra, in fondo, una piccola porta introduce negli appartamenti del re. Sulla sinistra, infondo, un'altra picco­la porta. Sempre a sinistra, verso il proscenio, una grande porta. Tra quest'ultima e la piccola porta, una finestra ogi­vale. Un'altra piccola finestra sulla destra; una piccola por­ta verso il proscenio, dal medesimo lato. Accanto alla gran­de porta una vecchia guardia regge un'alabarda.

Prima che si apra il sipario, mentre il sipario si apre e poi ancora per qualche istante, si ode una musica ironi­camente regale, che si ispira ai «Levers du Roi» del XVII secolo.

GUARDIA - (annunciando) Sua Maestà il re Bérenger I. Viva il re! (Manto di porpora, corona in testa, scettro in mano, il re entra dalla piccola porta di sinistra, attraversa la scena a passo spedito ed esce dalla porta di destra in fondo. La guardia, annunciando) Sua Maestà la regina Margueri­te, prima moglie del re, seguita da Juliette, donna delle pulizie e infermiera delle Loro Maestà. Viva la regina! (Marguerite, seguita da Juliette, entra dalla porta di destra in primo piano ed esce dalla porta grande. La guardia, an­nunciando) Sua Maestà la regina Marie, seconda moglie del re, prima nel suo cuore, seguita da Juliette, donna delle pulizie ed infermiera delle Loro Maestà. Viva la regina! (la regina Marie, seguita da Juliette, entra dalla grande porta di sinistra ed esce con Juliette dalla porta a destra in primo piano. Marie sembra più  bella e più  civet­tuola di Marguerite,. Porta corona e manto di porpora. E gioielli. Entra, dalla porta in fondo a sinistra, il medico, La guardia, annunciando)

 Sua Sommità il signor medico del re, chirurgo, batteriologo, boia e astrologo di corte.

(Il medico arriva in mezzo al palcoscenico, poi, come se avesse dimenticato qualcosa, ritorna sui suoi passi ed esce dalla medesima porta. La guardia resta silenziosa qualche istante. Ha l'aspetto affaticato. Appoggia l'alabarda con­tro il muro, si soffia sulle mani per riscaldarle)

Eppure a quest'ora dovrebbe far caldo. Riscaldamento, accenditi. Niente da fare, non funziona. Accenditi, riscaldamento. II radiatore resta freddo. Non è colpa mia. Mi ha tolto la delega del fuoco senza avvertirmi. Ufficialmente, al­meno. Con loro, non si sa mai. (Precipitosamente ripren­de l'arma. La regina Marguerite riappare dalla porta in fondo a sinistra. Corona in testa, manto di porpora un po' sciupato. Ha un aspetto piuttosto severo. Sí ferma in mezzo al palcoscenico, verso la ribalta. È seguita da Juliette).

Viva la regina!

MARGUERITE - (a Juliette, guardandosi attorno) Che polvere! E quante cicche in terra!

JULIETTE -Vengo dalla stalla, Maestà, ho munto la vacca. Non ha quasi più latte. Non ho avuto tempo di mettere in ordine il living-room.

MARGUERITE - Questo non è il living-room, è la sala del trono. Quante volte debbo dirtelo?

JULIETTE -  D'accordo, la sala del trono, se Sua Maestà preferisce. Non ho avuto tempo di mettere in ordine il living-room.

MARGUERITE -  Fa freddo.

GUARDIA -Ho tentato di accendere il fuoco, Maestà. Non funziona. I radiatori non vogliono saperne. Il cielo è coperto, le nuvole hanno l'aria di non volersene andare. Il sole è in ritardo. Eppure io stesso ho udito il re ordinar­gli di apparire.

MARGUERITE –Tò!  Il sole non ascolta già più.

GUARDIA -Questa notte ho udito un piccolo scricchio­lio. C'è una crepa nel muro.

MARGUERITE -Di già? Andiamo in fretta, Non me l'a­spettavo così presto.

GUARDIA -Ho cercato di tapparla con Juliette.

JULIETTE -M'ha svegliata nel cuore della notte. Dor­mivo così bene!

GUARDIA - È di nuovo riapparsa. Dobbiamo ancora tentare?

MARGUERITE - Non ne vale la pena. È irreversibile. (A Juliette) Dov'è la regina Marie?

JULIETTE -Starà ancora facendo toeletta.

MARGUERITE -Naturalmente.

JULIETTE -Si è svegliata prima dell'alba.

MARGUERITE -Ah! Incredibile!

JULIETTE -L'ho udita piangere in camera sua.

MARGUERITE -Ridere o piangere: tutto quello che sa fare. (A Juliette) Che venga immediatamente. Andate a cercarmela.

Proprio in questo momento appare la regina Marie, vestita come si è detto precedente­mente.

GUARDIA - (un attimo prima dell'apparizione della reginaMarie) Viva la regina!

MARGUERITE - (a Marie) Avete gli occhi rossi, mia ca­ra. Son cose che nuocciono alla vostra bellezza.

MARIE -Lo so.

MARGUERITE - Non ricominciate a singhiozzare.

MARIE - Ahimè, fatico a trattenermi.

MARGUERITE -Soprattutto non agitatevi. Non servi­rebbe a niente. Non c'è niente di anormale, vero? Ve lo  aspettavate. Non ve l'aspettavate più.

MARIE -  Voi non aspettavate altro.

MARGUERITE -  Fortunatamente. Così, tutto è a posto. (A Juliette) Su, datele un altro fazzoletto.

MARIE -  Speravo sempre...

MARGUERITE -  Tempo perso. Sperare, sperare! (Alza le spalle) Se ne riempiono la bocca e giù lacrime dagli oc­chi. Che tempi!

MARIE -  Avete rivisto il medico? Che cosa dice?

MARGUERITE -  Quello che sapete.

MARIE -  Forse si sbaglia.

MARGUERITE - Non vorrete ricominciare con la storia della speranza. I sintomi non ingannano.

MARIE - Forse li ha interpretati male.

MARGUERITE -   I sintomi obiettivi non ingannano. Lo sapete.

MARIE - (guardando il muro) Ah! Questa crepa!

MARGUERITE -   La vedete! E non è tutto. È colpa vo­stra se lui non è preparato. È colpa vostra se sarà colto di sorpresa. Voi l'avete lasciato fare, l'avete persino aiutato a traviarsi. Ah! La dolce vita. Balli, sollazzi, cortei, pranzi d'onore, artifici e fuochi d'artificio, nozze e viaggi di noz­ze! Quanti viaggi di nozze avete fatto?

MARIE - Volevamo celebrare gli anniversari del matri­monio.

MARGUERITE -   Li celebravate quattro volte l'anno. « Bisogna pur vivere» dicevate...

MARIE - Gli piacciono talmente le feste.

MARGUERITE -   Gli uomini sanno. E si comportano co­me se non sapessero! Sanno e dimenticano. Lui però è il re. Lui non deve dimenticare. Avrebbe dovuto avere lo sguardo rivolto in avanti, conoscere le tappe, conoscere esattamente la lunghezza della strada, scorgere la meta.

MARIE - Mio povero caro, mio povero piccolo re.

MARGUERITE -   (a Juliette) Datele un altro fazzoletto. (A Marie) Coraggio, un po' di buon umore. Finirete per far piangere anche lui. E contagioso. È già così debole per conto suo. L'odiosa influenza che avete esercitato su di lui! Insomma, lui vi preferiva a me, ahimè! Non ero ge­losa, proprio per niente. Semplicemente mi rendevo con­to che non era sensato. Adesso non potete fare più niente per lui. Ed eccovi qua tutta inondata di lacrime e incapa­cedicontraddirmi. Il vostro sguardo non mi sfida più. Dove sono finiti la vostra insolenza, il vostro sorriso iro­nico, il vostro scherno? Su su, svegliatevi. Prendete il vo­stro posto e cercate di tenervi dritta. Ah! Avete sempre la vostra bella collana. Venite, su, occupate il vostro posto.

MARIE - (seduta) Non potrò dirglielo.

MARGUERITE -   Me ne incaricherò io. Ho l'abitudine alle corvè.

MARIE - Non diteglielo. No, no, vene prego. Non dite­gli niente, ve ne supplico.

MARGUERITE -   Lasciatemi fare, ve ne supplico. Avre­mo però bisogno di voi per le varie fasi della cerimonia. Voi amate le cerimonie.

MARIE - Non quella.

MARGUERITE -   (a Juliette) Su, aggiustateci lo strascico come si deve.

JULIETTE - Sì, Maestà.

Esegue.

MARGUERITE - Meno divertente, senza dubbio, dei vo­stri balli per bambini, dei vostri balli per vegliardi, dei vo­stri balli per giovani sposi, per reduci, per decorati, per donne di lettere, dei vostri balli per organizzatori di balli e tanti altri balli. Questo ballo si svolgerà in famiglia, sen­za ballerini e senza danze.

MARIE - No, non ditegli niente. È meglio che non se ne accorga.

MARGUERITE -   ... e che termini con una canzone? Non è possibile.

MARIE - Non avete cuore.

MARGUERITE -   Ma sì, sì, lo sento battere.

MARIE - Siete inumana.

MARGUERITE -   E questo che cosa vuoi dire?

MARIE - E terribile, lui non è preparato.

MARGUERITE -   È colpa vostra se non lo è. Sembrava uno di quei viaggiatori che indugiano all'albergo, dimen­ticando che lo scopo del loro viaggio non è l'albergo. Quando vi ricordavo che occorre vivere con la coscienza del proprio destino, mi dicevate che ero una petulante e che erano parole pompose.

JULIETTE - (a parte) Pompose lo sono.

MARIE - Almeno, diciamoglielo nel modo più dolce possibile, se è proprio inevitabile. Con cautela, con molta cautela.

MARGUERITE -  Avrebbe dovuto essere preparato da tempo, da sempre. Avrebbe dovuto ripeterselo ogni gior­no. Quanto tempo perduto! (A Juliette) Che cosa avete da guardarci con quegli occhi spauriti? Non vorrete mica svenire, anche voi. Potete ritirarvi; non andate troppo lontano, vi chiameremo.

JULIETTE - Allora, davvero, non scopo più il living-­room?

MARGUERITE -  È troppo tardi. Tanto peggio. Ritiratevi.

Juliette esce da destra.

MARIE - Diteglielo con dolcezza, ve ne prego. Prende­te tempo. Potrebbe avere un colpo al cuore.

MARGUERITE - Non abbiamo tempo per prendere tempo. Finiti i folleggiamenti, fi­niti gli spassi, finiti i gior­ni belli, finite le scorpacciate, finiti i vostri spogliarelli. Tutto finito. Avete lasciato andare ogni cosa fino all'ulti­mo momento, non abbiamo più un momento da perde­re, evidentemente, dato che è l'ultimo. Abbiamo pochi istanti per fare ciò che avrebbe dovuto essere fatto in an­ni, anni e anni. Quando sarà necessario la­sciarmi sola con lui, ve lo dirò. Avete ancora una parte da interpretare, tranquillizzatevi. Dopo, l'aiuterò io.

MARIE - Sarà difficile, terribilmente difficile.

MARGUERITE - Difficile per me come per voi. Come per lui. Non piagnucolate. Ve lo ripeto, ve lo consiglio, ve lo ordino.

MARIE - Rifiuterà.

MARGUERITE - Sulle prime.

MARIE - Lo tratterrò.

MARGUERITE - Che non si tiri indietro, o guai a voi. Occorre che tutto si svolga de­centemente. Che sia un successo, un trionfo. È un pezzo che non ne ha più avuti. Il pa­lazzo è in rovina. Le terre sono abbandonate. Le montagne si afflosciano. Il mare ha sfondato le dighe e inondato il paese. Lui non pensa più alla manutenzione, voi gli avete fatto dimenticare tutto fra le vostre braccia di cui detesto il profumo. Che cattivo gusto! Comunque, era il suo. Invece di rassodare il suolo, lascia che ettari e ettari siano inghiot­titi in abissi senza fondo.

MARIE - Come siete spilorcia! Anzitutto non si può lottare contro i terremoti.

MARGUERITE - Come mi date ai nervi!... Avrebbe po­tuto rassodare, piantare coni­fere nella sabbia, cementare i terreni minacciati. Invece no, adesso il regno è pieno di buchi come una immensa groviera.

MARIE - Noti si poteva lottare contro la fatalità, contro le erosioni naturali.

MARGUERITE - Senza parlare di tutte le guerre disa­strose. Mentre i suoi soldati ubriachi dormivano, di not­te, o dopo i copiosi banchetti delle caserme, i vicini spo­sta­vano i paletti di frontiera. Il territorio nazionale si è rimpicciolito. I suoi soldati non vo­levano più combat­tere.

MARIE - Erano obiettori di coscienza.

MARGUERITE - Qui da noi si chiamavano obiettori di coscienza. Negli eserciti dei nostri vincitori, erano chia­mati vigliacchi e disertori e veni­vano fucilati. I risultati li vedete: voragini vertiginose, città rase al suolo, pisci­ne incen­diate, bar deserti. I giovani espatriano in mas­sa. All'inizio del suo regno, c'erano nove miliardi di abitanti.

MARIE - Erano un po' troppi. Non c'era più posto.

MARGUERITE - Adesso non resta che un migliaio di ve­gliardi. Meno. Trapassano a miglior vita mentre sto par­lando.

MARIE - Ci sono anche quarantacinque giovani.

MARGUERITE - Si. Quelli che nessuno ha voluto. Non ne volevano sapere e ce li hanno rimandati d'autorità. D'altronde, invecchiano molto presto. Rimpatriati a ven­ticin­que anni, in capo a due giorni ne hanno ottanta. Non pretenderete che invecchino nor­malmente.

MARIE - Ma il re, lui, è ancora giovanissimo.

MARGUERITE - Lo era ieri, questa notte. Vedrete coi vostri occhi, tra un momento.

GUARDIA - (annunciando) EccoSua Sommità, il medi­co che ritorna. Sua Sommità, Sua Sommità.

Entra il medico dalla porta grande di sini­stra, la quale si apre e si che chiude da sola. Ha l'a­ria, ad un tempo, di astrologo e di boia. Porta in testa un cap­pello a punta, con stelle. É ve­stito di rosso, ha un cappuccio attaccato al col­lo e un grande cannocchiale in mano.

MEDICO - (a Marguerite) Buongiorno, Maestà. (A Marie) Buongiorno, Maestà. Le Vo­stre Maestà mi scusino, sono un po' in ritardo, vengo direttamente dall'ospedale, dove ho dovuto fare qualche intervento chirurgico del massimo interesse scientifico.

MARIE - Il re non è operabile.

MARGUERITE - Infatti. Non lo è più.

MEDICO - (guardando Marguerite, poi Marie) Lo so. Sua Maestà no.

MARIE - Dottore, che cosa c'è di nuovo? Migliora non è vero? È così? Un migliora­mento non è impossi­bile?

MEDICO - È una situazione-tipo, che non può cam­biare.

MARIE - Dunque, nessuna speranza, nessuna speran­ za. (Guardando Marguerite) Lei non vuole che io speri, me lo ha proibito.

MARGUERITE - Molta gente ha la mania di grandezza. Voi avete quella della piccolezza. Non si è mai vista una regina simile! Mi vergogno per voi. Ah! adesso ricomin­cia a piangere.

MEDICO - A vero dire, qualche novità c'è, se volete.

MARIE - Quale novità?

MEDICO - Novità che però confermano le precedenti indicazioni. Marte e Saturno sono entrati in collisione.

MARGUERITE - Era prevedibile.

MEDICO - I due pianeti sono esplosi.

MARGUERITE - Logico.

MEDICO - Il Sole ha perso dal cinquanta al settantacin­que per cento della sua forza.

MARGUERITE - Fatale.

MEDICO - Nevica al Polo Nord del Sole. La Via Lattea sta quagliando. La cometa, sfinita di fatica, è invecchiata, si avvolge nella sua coda, si rotola su se stessa come un ca­ne moribondo.

MARIE - Non è vero, esagerate. Sì, sì, esagerate.

MEDICO - Volete vedere nel cannocchiale?

MARGUERITE - (al medico) Non vale la pena. Vi credia­mo. C'è dell'altro?

MEDICO - La primavera, tra noi sino a ieri sera, ci ha la­sciati due ore e mezzo fa: eccoci a novembre. Di là dalle frontiere, l'erba si è messa a crescere. Laggiù, gli alberi rinverdiscono. Tutte le vacche danno alla luce due vitelli al giorno, uno al mattino, uno al pomeriggio, verso le cin­que, cinque e un quarto. Da noi, le foglie sono ingiallite e stanno cadendo. Gli alberi sospirano e muoiono. La terra si spacca più del solito.

GUARDIA - (annunciando) L'Istituto meteorologico del Regno informa che il tempo è cattivo.

MARIE - Odo la terra che si spacca, l'odo, sì ahimè, l'odo!

MARGUERITE - È la crepa che si allarga e si propaga.

MEDICO - Il fulmine si è fermato nel cielo, le nuvole piovono ranocchie, il tuono rumoreggia. Non si ode per­ché è muto. Venticinque abitanti si sono liquefatti. Dodi­ci hanno perso la testa, decapitati. Questa volta, senza il mio intervento.

MARGUERITE - Senza dubbio, sono i segni.

MEDICO - D'altronde...

MARGUERITE - (interrompendo) Non continuate, ba­sta così. Èciò che succede sempre in casi simili. Sappia­mo.

GUARDIA - (annunciando) Sua Maestà il re. (Musica).Attenzione, Sua Maestà! Viva il re!

Il re entra dalla porta di fondo a destra. È a piedi nudi. Juliette entra dietro di lui.

MARGUERITE - Dove ha seminato le pantofole?

JULIETTE -Eccole, Maestà.

MARGUERITE - (al re) Che brutta abitudine, camminare a piedi nudi.

MARIE - (a Juliette) Infilagli le pantofole, presto. Pren­derà freddo.

MARGUERITE - Che prenda freddo o no, ha poca importanza. Si tratta semplicemente di una brutta abitudine.

Mentre Juliette infila le pantofole al re e Marie gli va incontro, la musica regale conti­nua a farsi udire.

MEDICO - (inchinandosi umilmente e untuosamente)Mi sia permesso augurare il buongiorno a Vostra Maestà e formulare i migliori voti.

MARGUERITE - È una formula senza senso.

RE - (a Marie, poi a Marguerite) Buongiorno, Marie. Buongiorno, Marguerite. Sempre qui? Cioè volevo dire, sei già qui! Come va? Quanto a me, non va ! Non so trop­po bene che cos'ho, sento le membra un po' pesanti, ho faticato ad alzarmi, ho male ai piedi! Cambierò pantofo­le. Forse sono cresciuto! Ho dormito male: la terra che si spacca, le frontiere che rinculano, il bestiame che muggi­sce, le sirene che ululano; bisogna proprio ammettere che c'è troppo rumore. Sarà indispensabile fare un po' d'ordine. Cercheremo di aggiustarla. Ahi, ahi, la mia schiena! (Al medico) Buongiorno, dottore! Una lombag­gine? (Agli altri) Aspetto un ingegnere... straniero. I no­stri non valgono più niente. Se ne infischiano. D'altronde non ne abbiamo. Ma perché han chiuso il Politecnico? Ah, sì! È caduto in un buco. Costruirne altri non val la pena, cadono nel buco, tutti. Ho mal di testa, per so­prammercato. E quelle nuvole... Avevo proibito le nuvole. Nuvole! Basta pioggia. Ho detto: basta. Basta pioggia. Ho detto: basta. Ah, questa poi! Ricomincia. Idiota d'u­na nuvola. Non la smette più con le sue gocce a scoppio ritardato. Sembra un vecchio piscione. (A Juliette) Co­s'hai da guardarmi? Ti trovo rossa oggi. La mia camera è piena di ragnatele. Và, và a pulire.

JULIETTE -Le ho tolte tutte mentre Vostra Maestà dormiva ancora. Non so come sia. Non la smettono di ri­crescere.

MEDICO - (a Marguerite) Vedete, Maestà. Un'altra con­ferma.

RE - (a Marie) Che cos'hai, bellezza mia?

MARIE - (balbettando) Non lo so... Niente... non ho niente...

RE - Hai gli occhi cerchiati. Hai pianto? Perché?

MARIE - Mio Dio!

RE - (a Marguerite) Ho proibito di infastidirla. E per­ché allora dice «Mio Dio»?

MARGUERITE - È un modo di dire. (A Juliette) Và di nuovo a togliere le ragnatele.

RE - Ah, sì! Che disgusto, quelle ragnatele. Danno gli incubi.

MARGUERITE - (a Juliette) Spicciati, non farla lunga. Non sai più servirti d'una scopa?

JULIETTE -La mia è frusta. Me ne occorrerebbe una nuova, anzi, ce ne vorrebbero dodici.

Esce.

RE - Cos'avete tutti da guardarmi così? C'è qualche cosa di anormale? Non c'è più niente di anormale da quando l'anormale è diventato la norma. Così tutto è a posto.

MARIE - (precipitandosi verso il re) Mio re, voi zoppi­cate.

RE - (fa due otre passi, zoppicando leggermente) Zoppi­co? Non zoppico. Zoppico un po'.

MARIE - State male, vi sorreggo.

RE - Non sto male. Perché dovrei star male? Sì, un po­chino. Non è niente. Non ho bisogno d'essere sorretto. Eppure mi piace che tu mi sorregga.

MARGUERITE - (dirigendosi verso il re) Sire, io debbo mettervi al corrente.

MARIE - No, tacete.

MARGUERITE - (a Marie) Tacete voi.

MARIE - (al re) Non è vero quello che lei vuol dire.

RE - Al corrente di che? Cos'è che non è vero? Marie, perché quest'aria desolata? Che cosa vi sta succedendo?

MARGUERITE - (al re) Sire, dobbiamo annunciarvi che morirete.

MEDICO - Ahimè, è così, Maestà.

RE - Ma certo, lo so. Lo sappiamo tutti. Me lo ricorde­rete quando sarà il momento. Che mania è la vostra, Marguerite, di parlar di cose sgradevoli fin dall'alba.

MARGUERITE - È già mezzogiorno.

RE - Non è mezzogiorno. Ah, sì, è mezzogiorno. Non importa. Per me, è mattino. Non ho ancora mangiato niente. Su, su, che mi si serva il breakfast. In verità non ho molta fame. Dottore, dovrete darmi delle pillole per stuz­zicare l'appetito e per decongestionare un po' il fegato. Debbo aver la lingua sporca, no?

Mostra la lingua al medico.

MEDICO - È così, Maestà.

RE - Il mio fegato è ingolfato. Non ho bevuto niente ie­ri sera, eppure ho la bocca cattiva.

MEDICO - Maestà, la regina Marguerite dice il vero, voi morirete.

RE - Ancora? Mi scocciate! Io morirò, sì, morirò. Tra quaranta, cinquanta, trecento anni. Più tardi. Quando vorrò, quando ne avrò il tempo, quando lo deciderò io. Intanto, nell'attesa, occupiamoci degli affari del regno. (Sale gli scalini del trono) Ahi! Le mie gambe, le mie reni. Ho preso freddo in questo palazzo mal riscaldato e con tutti questi vetri rotti che lasciano entrare le tempeste e le correnti d'aria. Sono state almeno sostituite sul tetto le tegole portate via dal vento? La gente non lavora più. Sa­rò costretto ad occuparmene io. Ho avuto altre cose da fare. Non si può più fare affidamento su nessuno. (A Ma­rie che cerca di sostenerlo) No, ci riuscirò. (Si aiuta con lo scettro come se fosse un bastone) Questo scettro può an­cora servire. (Riesce faticosamente a sedersi, aiutato però dalla regina Marie) Ma no, ma no, ce la faccio. Finalmen­te! Uff! È diventato duro questo trono. Bisognerebbe cambiare l'imbottitura. Come sta il paese questa matti­na?

MARGUERITE - Quel che ne resta.

RE - Sono ancora dei bei resti. Ad ogni modo, bisogna occuparsene, se non altro per distrarsi. Che si facciano entrare i ministri. (Appare Juliette). Va' a chiamare i mini­stri, senza dubbio staranno ancora dormendo. Quelli credono che non ci sia più niente da fare.

JULIETTE -Sono andati in vacanza. Non molto distan­te dal momento che le terre si sono raggrinzite e rimpic­ciolite. Sono all'altro capo del reame, cioè a tre passi da qui, all'angolo del bosco, sul bordo del ruscello. Pescano, sperano di prendere qualche pesce per nutrire la popola­zione.

RE - Valli a chiamare all'angolo del bosco.

JULIETTE -Non verranno, sono in licenza. Comunque ci provo.

Va a guardare dalla finestra.

RE - Che indisciplina!

JULIETTE -Sono caduti nel ruscello.

MARIE - Cerca di ripescarli.

Juliette esce.

RE - Se avessi sotto mano due altri specialisti di gover­no, li sostituirei.

MARIE - Se ne troveranno degli altri.

MEDICO - Non se ne troveranno più, Maestà:

MARGUERITE - Non ne troverete più, Bérenger.

MARIE - Sì, tra i bambini delle scuole, quando saranno grandi. Bisognerà aspettare un po'. Una volta ripescati, quei due là potranno per intanto badare agli affari ordi­nari.

MEDICO - A scuola non resta che qualche bambino gozzuto, ritardato mentale, mongoloide, idrocefalo.

RE - Bisogna ammettere che la razza non è più gran­ché. Cercate di guarirli, dottore, o almeno di migliorarli un po'. Che imparino se non altro le prime quattro o cin­que lettere dell'alfabeto. Una volta, venivano soppressi.

MEDICO - Sua Maestà non potrebbe più permetterse­lo! Resterebbe senza sudditi.

RE - Che si faccia qualcosa!

MARGUERITE - Non si può più migliorare niente, non si può più guarire nessuno, voi stesso non potete più gua­rire.

MEDICO - Sire, voi non potete più guarire.

RE - Io non sono malato.

MARIE - Lui sta bene. (Al re) Non è vero?

RE - Tutt'al più qualche doloretto. Non è nulla. D'al­tronde, va già molto meglio.

MARIE - Dice che va bene, vedete? Vedete?

RE - Va persino benissimo.

MARGUERITE - Tu morirai tra un'ora e mezzo, morirai alla fine dello spettacolo.

RE - Che cosa dici, mia cara? Non illuderti d'essere spiritosa.

MARGUERITE - Tu morirai alla fine dello spettacolo.

MARIE -  Mio Dio!

MEDICO - Si, Maestà, voi state per morire. Non farete la prima colazione domani mattina. Neppure la cena questa sera. Il cuoco ha spento il gas. Lascia il servizio. Ripone per l'eternità tovaglie e tovaglioli nell'armadio.

MARIE - Non precipitate a questo modo, un po' di de­licatezza.

RE - Chi ha potuto dare ordini simili senza il mio con­senso? Io sto benissimo. Voi scherzate. Frottole. (A Marguerite) Tu hai sempre desiderato la mia morte. (A Marie) Lei ha sempre desiderato la mia morte. (A Margueri­te) Morirò quando vorrò, sono il re, sono io che decido.

MEDICO - Avete perso il potere di decidere da solo, Maestà.

MARGUERITE - Non puoi neppur più impedirti d'esse­re ammalato.

RE - Io non sono ammalato. (A Marie) Non l'hai detto anche tu che non sono ammalato? Sono sempre bello.

MARGUERITE - E i tuoi dolori?

RE - Non ne ho più.

MARGUERITE - Muoviti un pò e vedrai.

RE - (che si è appena seduto, si sollèva) Ahi!... La ragio­ne è che non mi sono messo in testa di non essere amma­lato. Non ho avuto il tempo di pensarci! Ci penso e guari­sco. Il re si guarisce da solo, ma io ero troppo occupato dagli affari del regno.

MARGUERITE - In un bello stato il tuo regno! Non puoi più governarlo, te ne accorgi anche tu, ma non vuoi con­fessartelo. Non hai più potere su di te, non hai più potere sugli elementi. Non puoi più evitare le sconfitte, non hai più potere su di noi.

MARIE - Potere su di me l'avrai sempre.

MARGUERITE - Neppure su di lei.

Juliette rientra.

JULIETTE - Non abbiamo potuto ripescare i ministri. Il ruscello nel quale sono caduti è stato inghiottito dagli abissi con le sponde ed i salici che lo fiancheggia­vano.

RE - Capisco. È un complotto. Volete che abdichi.

MARGUERITE - Sarebbe meglio. Abdica volontaria­mente.

MEDICO - Abdicate, Sire, sarebbe meglio

RE - Abdicare, io?

MARGUERITE -  Si, abdica moralmente, amministrati­vamente.

MEDICO - E fisicamente.

MARIE - Non dare il tuo consenso. Non ascoltarli.

RE - Sono pazzi. Oppure traditori.

JULIETTE - Sire, povero Sire. Sire, povero Sire.

MARIE - (al re) Bisogna farli arrestare.

RE - (alla guardia) Guardia, arrestali.

MARIE - Guardia, arrestali. (Al re) Bene, così. Da' or­dini.

RE - (c. s.) Arrestali tutti. Rinchiudili nella torre. No, la torre è crollata. Portali via, chiudili a chiave in cantina, nei sotterranei, o nella conigliera. Arrestali, tutti. Lo or­dino.

MARIE - (c. s.) Arrestali.

MEDICO - (senza muoversi) Innome di Sua Maestà... io vi... io vi arresto.

MARIE - (alla guardia) Muoviti dunque.

JULIETTE - Si è arrestato da solo.

RE - (c. s.) Avanti, avanti, guardia.

MARGUERITE - Vedi, non può più muoversi. Ha la got­ta. I reumatismi.

MEDICO - (indicando la guardia) Sire, l'esercito è para­lizzato. Un virus sconosciuto s'è introdotto nel suo cer­vello e sabota i centri del comando.

MARGUERITE - (al re) Sono i tuoi stessi ordini, Maestà, a paralizzarlo, lo vedi.

MARIE - (al re) Non darle retta. Vuole ipnotizzarti. È solo una questione di volontà. Domina tutto con la tua volontà.

GUARDIA - Iovi... in nome del re... io vi...

S'interrompe, con la bocca semiaperta.

RE - (alla guardia) Che cosa ti prende? Parla, forza. Ti credi una statua?

MARIE - (al re) Non fargli domande. Non discutere. Ordina. Travolgilo nel vortice della tua volontà.

MEDICO - Non può muoversi, Maestà, vedete. Non può più parlare, è pietrificato. Non vi ascolta più. È un sintomo caratteristico. Da un punto di vista medico, estremamente preciso.

RE - Vedremose non ho più potere.

MARIE - (al re) Prova che ne hai. Volere è potere.

RE - Provo che voglio, provo che posso.

MARIE - Per prima cosa, alzati.

RE - Mi alzo.

Compie un grande sforzo, facendo smorfie.

MARIE - Vedi com'è facile.

RE - Vedete com'è facile. Siete una massa di buffoni. Di congiurati, di bolscevichi. (Cammina. A Marie che vorrebbe aiutarlo) No, no, da solo... dal momento che posso da solo. (Cade. Juliette accorre per sollevarlo). Mi rialzo da solo.

Infatti si rialza da solo, una con grande fa­tica.

GUARDIA - Viva il re. (Il re torna a cadere). Il re muore. Viva il re.

Il re si rialza faticosamente, aiutandosi con lo scettro.

Viva il re. (Il re cade di nuovo). Il re è morto.

MARIE - Viva il re! Viva il re!

MARGUERITE - Che farsa.

Il re si rialza faticosamente. Juliette che era scomparsa, riappare.

JULIETTE - Viva il re!

Scompare di nuovo. Il re torna a cadere.

GUARDIA - Il re muore.

MARIE - No. Viva il re! Rialzati. Viva il re!

JULIETTE - (apparendo, poi scomparendo, mentre il re si rialza) Viva il re!

GUARDIA - Viva il re!

Questa scena dev'essere recitata al modo di marionette tragiche.

MARIE - Vedete: no? va meglio.

MARGUERITE - E il meglio della fine, nevvero, dot­tore?

MEDICO - (a Marguerite) Non ci sono dubbi, è sempli­cemente il meglio della fine.

RE - Ero scivolato, questo è tutto. Può capitare. Capi­ta. La mia corona! (La corona era finita in terra durante una caduta. Marie rimette la corona sulla testa del re). È un brutto segno.

MARIE - Sciocchezze.

Lo scettro del re cade.

RE - È un brutto segno.

MARIE - Sciocchezze. (Gli dà lo scettro) Tienilo bene in mano. Stringi il pugno.

GUARDIA - Viva, viva... (poi tace).

MEDICO - (al re) Maestà...

MARGUERITE - (al medico, indicando Marie) Bisogna calmarla, quella là; parla a vanvera. Non deve più aprir bocca senza il nostro permesso. (Marie si immobilizza. Al medico, indicando il re) Adesso cercate di fargli ca­pire.

MEDICO - (al re) Maestà, decine d'anni fa o tre giorni fa, il vostro impero era fiorente. In tre giorni, avete perso le guerre che avevate vinte. Quelle che avevate perse, le avete riperse. Da quando i raccolti sono marciti e il deser­to ha invaso il nostro continente, la vegetazione è andata a rinverdire i paesi vicini che erano deserti sino a giovedì scorso. I razzi che volete lanciare non partono più. Op­pure si sganciano, e subito si spiaccicano in terra con un rumore soffocato.

RE - Incidente tecnico.

MEDICO - Una volta non ne succedevano.

MARGUERITE - Finita la cuccagna. Devi rendertene conto.

MEDICO - I vostri dolori, i malesseri...

RE - Non ne avevo mai avuti. È la prima volta.

MEDICO - Appunto. Ecco il segno. Comparso all'im­provviso, non è vero?

MARGUERITE - Dovevi aspettartelo.

MEDICO - E comparso all'improvviso e voi non siete più padrone di voi stesso. Lo constatate, Sire. Siate luci­do. Via, un po' di coraggio.

RE - Mi sono rialzato. Voi mentite. Mi sono rialzato.

MEDICO - Voi soffrite molto e non potreste fare un al­tro sforzo.

MARGUERITE - Ma certo, tutto questo non può durare a lungo. (Al re) Puoiancora fare qualche cosa? Puoi dare un ordine che sia eseguito? Puoi cambiare qualche cosa? Non hai che da provare.

RE - Tutto è andato in rovina unicamente perché non ho impegnato tutta la mia volontà. Semplice negligenza. Tutto si sistemerà. Tutto sarà rimesso in sesto, rimesso a nuovo. Vedrete che cosa posso fare. Guardia, muoviti, avvicinati.

MARGUERITE - Non può. Può ubbidire solo agli altri, non a te. Guardia, fà due passi. (La guardia avanza di due passi). Guardia, indietro.

La guardia indietreggia di due passi.

RE - Che la testa della guardia cada, che la testa della guardia cada! (La testa della guardia penzola un po' a de­stra, un po' a sinistra). La sua testa sta per cadere, la sua testa sta per cadere.

MARGUERITE - No. Ciondola, appena. Non più di pri­ma.

RE - Che la testa del medico cada, che cada all'istante! Sù, sù!

MARGUERITE - Mai la testa del, medico è stata meglio piantata sulle spalle, mai è stata più solida.

MEDICO - Me ne scuso, Sire, sono tutto confuso.

RE - Che la corona di Marguerite cada a terra, che la sua corona cada.

È la corona del re a cadere di nuovo a terra. Marguerite la raccoglie.

MARGUERITE - Te la rimetto, và.

RE - Grazie. Che cos'è questo sortilegio? Come fate a sottrarvi al mio potere? Non penserete che tutto questo possa continuare. Troverò la causa del disordine. Deve esserci qualche cosa di arrugginito nel meccanismo, negli ingranaggi più delicati.

MARGUERITE - (a Marie) Puoiparlare, adesso. Te lo permettiamo.

MARIE - (al re) Dimmi di fare qualche cosa, io lo farò. Dammi un ordine. Ordina, Sire, ordina. Obbedisco.

MARGUERITE - (al medico) S'illude, crede che ciò che lei chiama amore possa compiere miracoli. Stupida su­perstizione sentimentale. Le cose sono cambiate. La que­stione è un'altra. Siamo ormai oltre queste cose. Molto oltre.

MARIE - (che si è diretta rinculoni verso destra e che ades­so si trova accanto alla finestra) Ordina, mio re. Ordina, amor mio. Guarda come sono bella. Ho un buon profumo. Ordinami di venire verso di te, di baciarti.

RE - (a Marie) Vieni verso di me, baciami. (Marie resta immobile). Hai sentito?

MARIE - Ma certo, ho sentito. Lo farò.

RE - Vieni verso di me.

MARIE - Lo vorrei. Lo voglio fare. Lo sto per fare. Mi cadono le braccia.

RE - Allora, balla. (Marie non si muove). Balla. Allora, almeno, voltati, và verso la finestra, aprila e richiudila.

MARIE - Non posso.

RE - Senza dubbio hai un torcicollo, non può essere al­tro. Vieni verso di me.

MARIE - Sì, Maestà.

RE - Vieni verso di me sorridendo.

MARIE - Sì, Maestà.

RE - Ma fallo dunque!

MARIE - Non so più come si fa a camminare. L'ho di­menticato d'un tratto.

MARGUERITE - (a Marie) Fà qualche passo verso di lui.

Marie avanza un po' in direzione del re.

RE - Vedete, si avvicina.

MARGUERITE - Ha dato retta a me. (A Marie) Alt! Fer­mati.

MARIE - Perdonami, Maestà, non è colpa mia.

MARGUERITE - (al re) Tioccorrono altre prove?

RE - Ordino che gli alberi spuntino dal pavimento. (Pausa). Ordino che il tetto scompaia. (Pausa). Come? Niente? Ordino alla pioggia di cadere. (Pausa. Continua a non succedere niente). Ordino al lampo di comparire e che io l'afferri con la mano. (Pausa). Ordino alle foglie di ricrescere. (Va alla finestra) Come? Niente? Ordino che Juliette entri dalla porta grande. (Juliette entra dalla porta piccola, in fondo a destra). Non da quella, da quell'altra. Esci da quella porta. (Indica la grande porta. Lei esce dalla piccola porta, a destra, di fronte. A Juliette) Tiordino di restare. (Juliette esce). Ordino che si odano gli squilli del­le trombe. Ordino che le campane suonino. Ordino che centoventun colpi di cannone echeggino in mio onore. (Tende l'orecchio) Niente!... Ah sì! Sento qualche cosa.

MEDICO - Vi fischiano le orecchie, Maestà.

MARGUERITE - (al re) Non continuare. Ti rendi ridi­colo.

MARIE - (al re) Tiaffatichi troppo, mio piccolo re. Non disperare. Sei coperto di sudore. Riposati un po'. Ripro­veremo più tardi. Tra un'ora riuscirai.  

MARGUERITE - (al re) Morirai tra un'ora e venticinque minuti.

MEDICO - Sí, Maestà. Tra un'ora, ventiquattro minuti e cinquanta secondi.

RE - (a Marie) Marie!

MARGUERITE - Tra un'ora ventiquattro minuti e qua­rantun secondi. (Al re) Preparati.

MARIE - Non cedere.

MARGUERITE - (a Marie) Non tentare piú di distrarlo. Non tendergli le braccia. È ormai sulla china e non puoi piú trattenerlo. Il programma sarà eseguito punto per punto.

GUARDIA - (annunciando) La cerimonia comincia!

Movimento generale. I personaggi si di­spongono per la cerimonia. Il re è sul trono, Marie al suo fianco.

RE - Che il tempo ritorni sui suoi passi.

MARIE - Che si torni indietro di vent'anni.

RE - Che si torni alla settimana scorsa.

MARIE - Che si torni a ieri sera. Torna, tempo, torna; tempo fermati.

MARGUERITE - Non c'è piú tempo. II tempo si è sciolto nella sua mano.

MEDICO - (a Marguerite, dopo aver guardato nel suo cannocchiale puntato verso l'alto) Guardando nel cannocchiale che vede di là dei muri e dei tetti, si scorge un vuo­to, nel cielo, al posto della costellazione reale. Sui registri dell'universo, Sua Maestà risulta trapassata.

GUARDIA - Il re è morto, viva il re!

MARGUERITE - (alla guardia) Idiota, faresti meglio a ta­cere.

MEDICO - In realtà, è assai piú morto che vivo.

RE - No. Non voglio morire. Vi prego, non lasciatemi morire. Siate buoni, non lasciatemi morire. Non voglio.

MARIE - Che cosa fare per dargli la forza di resistere? lo stessa mi sento indebolire. Non mi crede più, non cre­de piùche a loro. (Al re) Nonostante tutto spera, spera ancora.

MARGUERITE - (a Marie) Non confonderlo. Non puoi fargli che del male.

RE - Io non voglio, non voglio.

MEDICO - La crisi era prevista; è assolutamente nor­male. Ormai la prima difesa è intaccata.

MARIE - (a Marguerite) La crisi passerà.

GUARDIA - (annunciando) Ilre passa!

MEDICO - Rimpiangeremo molto Vostra Maestà! Lo diremo, lo prometto.

RE - Non voglio morire.

MARIE - Ahimè! I suoi capelli sono diventati bianchi di colpo. (Effettivamente i capelli del re sono diventati bian­chi). Le rughe si accumulano sulla sua fronte, sul suo vi­so. E invecchiato improvvisamente di quattordici secoli.

MEDICO - Si passa presto di moda.

RE - I re dovrebbero essere immortali.

MARGUERITE - Hanno un'immortalità provvisoria.

RE - Mi avevano promesso che non sarei morto se non quando l'avessi deciso io stesso.

MARGUERITE - Perché pensavamo che ti decidessi pri­ma . Tu hai preso gusto al potere, bisogna farti decidere per forza. Ti sei impantanato nel fango tiepido dei vivi. Adesso gelerai.

RE - Mi hanno ingannato. Avrebbero dovuto avvertir­mi, mi hanno ingannato.

MARGUERITE - Eri stato avvertito.

RE - Mi avevi avvertito troppo presto. Mi avverti trop­po tardi. Non voglio morire... Non vorrei. Salvatemi, vi­sto che non posso più farlo da solo.

MARGUERITE - Colpa tua se sei stato colto di sorpresa, avresti dovuto prepararti. Mai però che tu ne abbia tro­vato il tempo. Eri condannato, bisognava pensarci sin dal primo giorno, e poi, tutti i giorni, cinque minuti tutti i giorni. Non era un granché. Cinque minuti tutti i giorni. Poi dieci minuti, un quarto d'ora, mezz'ora. È così che ci si allena.

RE - Ci avevo pensato.

MARGUERITE - Mai seriamente, mai profondamente, mai con tutto te stesso.

MARIE - Viveva.

MARGUERITE - Troppo. (Al re) Avresti dovuto tenerlo come un pensiero fisso, come sottofondo a tutti i tuoi pensieri.

MEDICO - Non è trai stato previdente, ha vissuto alla giornata come chiunque altro.

MARGUERITE - Ti accordavi delle proroghe. A ven­t'anni dicevi di aspettare i quaranta per incominciare l'al­lenamento. A quaranta...

RE - Godevo così buona salute, ero così giovane!

MARGUERITE - A quarant'anni, ti sei proposto di aspettare sino ai cinquanta. A cinquanta...

RE - Ero pieno di vita, com'ero pieno di vita!

MARGUERITE - A cinquant'anni, volevi aspettare la sessantina. Hai avuto sessanta, novanta, centoventicinque, duecento, quattrocento anni. Non rinviavi più i pre­parativi di dieci anni, ma di cinquanta. Poi hai aggiornato la faccenda di secolo in secolo.

RE - Avevo appunto l'intenzione di cominciare. Ah! se potessi avere un secolo davanti a me, forse avrei il tempo!

MEDICO - Vi resta poco più di un'ora, Sire. Occorre far tutto in un'ora.

MARIE - Non avrà tempo, è impossibile. Bisogna dar­gli tempo.

MARGUERITE - Non è possibile. Ma un'ora gli basterà.

MEDICO - Un'ora bene spesa vale più di secoli e secoli di dissipazione ed incuria. Bastano cinque minuti, dieci secondi d'impegno. Lui ha un'ora: sessanta minuti, tre­milaseicento secondi. È fortunato.

MARGUERITE - Ha bighellonato per le strade.

MARIE - Noi abbiamo regnato, lui ha lavorato.

GUARDIA - Fatiche d'Ercole.

MARGUERITE - Lavorucci.

Juliette entra.

JULIETTE  - Povera Maestà, povero Sire, ha marinato la scuola.

RE - Mi sento come uno scolaro che si presenti all'esa­me senza aver fatto i compiti. Senza aver studiato la lezio­ne...

MARGUERITE - (al re) Non preoccupartene.

RE -... Come un attore che non sa la parte la sera della prima e ha dei vuoti, vuoti, vuoti in testa. Come un orato­re che è spinto alla tribuna e ignora la prima parola del suo discorso, e non sa neppure a chi debba parlare. Io non conosco questo pubblico, non voglio conoscerlo, non ho niente da dirgli. In che stato sono!

GUARDIA  - (annunciando) Ilre fa allusione al proprio stato.

MARGUERITE - In che ignoranza.

JULIETTE  - Vorrebbe marinare la scuola ancora per qualche secolo.

RE - Mi piacerebbe raddoppiare.

MARGUERITE - Supererai l'esame. Non ci sono ripe­tenti.

MEDICO - Non potete fare niente, Maestà. E noi nep­pure. Siamo soltanto i rappresentanti della medicina e non facciamo miracoli.

RE - II popolo è informato? L'avete avvertito? Voglio che tutti sappiano che il re sta per morire. (Si precipita al­la finestra, l'apre con grande sforzo; zoppica sempre più) Brava gente, io sto per morire. Ascoltatemi, il vostro re sta per morire.

MARGUERITE - (al medico) Non bisogna che lo senta­no. Impeditegli di gridare.

RE - Giù le mani dal re. Voglio che tutti sappiano che sto per morire.

Grida.

MEDICO - È uno scandalo.

RE - Popolo, io devo morire.

MARGUERITE - Non è più un re, è un porco sgoz­zato.

MARIE -  Non è che un re, non è che un uomo.

MEDICO - Maestà, pensate alla morte di Luigi XIV, a quella di Filippo II, a quella di Carlo V, che ha dormito per vent'anni nella sua bara. Vostra Maestà ha il dovere di morire dignitosamente.

RE - Morire dignitosamente? (Alla finestra) Aiuto! Il vostro re sta per morire.

MARIE -  Povero re, mio povero re.

JULIETTE  - Gridare non serve a niente.

Si ode una flebile eco in lontananza: « Il re sta per morire! »

RE - Udite?

MARIE -  Io sì, io odo.

RE - Mi rispondono, forse mi salveranno.

JULIETTE  - Non c'è nessuno.

Si ode l'eco: «Aiuto!»

MEDICO - È soltanto l'eco che risponde in ritardo.

MARGUERITE - Il solito ritardo di questo regno in cui tutto funziona male.

RE - (allontanandosi dalla finestra) Non è possibile. (Ritornando alla finestra) Ho paura. Non è possibile.

MARGUERITE - Crede di essere il primo a morire.

MARIE -  Ciascuno è il primo a morire.

MARGUERITE - È disgustoso.

JULIETTE  - Piange come uno qualunque.

MARGUERITE - La paura non gli ispira che banali­tà. Speravo che pronunciasse qualche bella frase stori­ca. (Al medico) Viincarico della cronaca. Gli attribui­remo belle espressioni altrui. All'occorrenza le invente­remo.

MEDICO - Gli attribuiremo massime edificanti. (A Marguerite) Coltiveremo la sua leggenda. (Al re) Coltive­remo la vostra leggenda, Maestà.

RE - (alla finestra) Popolo, aiuto... Popolo, aiuto!

MARGUERITE - La vuoi smettere, Maestà? Ti stanchi per niente.

RE - (c. s.) Chi vuole cedermi la sua vita? Chi vuole ce­dere la sua vita al re, la sua vita al buon re, la sua vita al povero re?

MARGUERITE - Scandaloso!

MARIE -  Lasciate che giuochi tutte le sue carte, anche le più improbabili.

JULIETTE  - Dal momento che non c'è nessuno nel paese.

Esce.

MARGUERITE - Ci Sono le spie.

MEDICO - Ci sono le orecchie del nemico che origliano alle frontiere.

MARGUERITE - La sua paura ci coprirà di vergogna.

MEDICO - L'eco non risponde più. La sua voce non «arriva» più. Ha un bel gridare, la sua voce s'affloscia. Non arriva neppure sino al cancello del giardino.

MARGUERITE - (mentre il re geme) Bela.

MEDICO - Soltanto noi lo udiamo. Neppure lui si ode.

RE - (si volta. Fa qualche passo verso il centro della sce­na) Hofreddo, temo, tremo.

MARIE -  Le sue membra si appesantiscono.

MEDICO - È immobilizzato dai reumatismi. (A Marguerite) Una puntura per calmarlo?

Juliette appare con una poltrona a rotelle, sul cui schienale figurano corona ed insegne regali.

RE - No, la puntura no.

MARIE -  La puntura no.

RE - So che cosa vuol dire. Ne ho fatte fare ad altri. (A Juliette) Non ti ho chiesto di portare quella poltrona. Vo­glio passeggiare, voglio prender aria.

Juliette lascia la poltrona in un angolo della scena, a destra, ed esce.

MARGUERITE - Siediti sulla poltrona. Stai per cadere.

RE - (in effetti, barcolla) Non sono d'accordo. Voglio restare in piedi.

JULIETTE - (ritorna con una coperta) Stareste meglio, Sire, più comodamente, con una coperta sulle ginocchia e la borsa dell'acqua calda.

Esce.

RE - No, voglio restare in piedi, voglio urlare. Voglio urlare.

Grida.

GUARDIA - (annunciando) Sua Maestà urla!

MEDICO - (a Marguerite) Non urlerà per molto tempo. Conosco il decorso della malattia. Si stanca, smette: e al­lora ci ascolterà.

Juliette entra portando ancora un indu­mento caldo e la borsa per l'acqua.

RE - (a Juliette) Ti proibisco.

MARGUERITE - Siediti, svelto, siediti.

RE - Non obbedisco. (Cerca di salire gli scalini del tro­no, ma non ci riesce. Allora va a sedersi, crollandovi sopra, sul trono della regina, a sinistra) Cado mio malgrado.

Juliette, dopo aver seguito il re, va a de­porre gli oggetti su indicati nella poltrona a rotelle.

MARGUERITE - (a Juliette) Prendigli lo scettro, è trop­po pesante.

RE - (a Juliette che torna verso di lui con un berretto in mano) Non voglio quel berretto.

Non glielo mettono.

JULIETTE - È una corona meno pesante.

RE - Lasciami lo scettro.

MARGUERITE - Non hai più la forza di reggerlo.

MEDICO - Non serve nemmeno come stampella. Vi trasporteremo noi sulla poltrona.

RE - Voglio tenerlo..

MARIE -  (a Juliette) Lasciagli lo scettro, visto che lo de­sidera.

Juliette interroga con gli occhi la regina Marguerite.

MARGUERITE - Dopo tutto, non ci, vedo inconvenienti.

Juliette restituisce lo scettro al re.

RE - Forse non è vero. Ditemi che non è vero. È un in­cubo. (Gli altri tacciono). Esiste forse una possibilità su dieci, una su mille. (Gli altri tacciono. Il re singhiozza) Vincevo spesso alla lotteria.

MEDICO - Maestà!

RE - Non voglio più ascoltarvi. Ho troppa paura.

Singhiozza, geme.

MARGUERITE - Devi ascoltare, Sire.

RE - Non voglio saperne dei vostri discorsi. Mi fanno paura. Non voglio più sentir parlare. (A Marie che voleva avvicinarsi a lui) Non avvicinarti, neppure tu. La tua pie­tà mi fa paura.

Geme di nuovo.

MARIE -  È come un bambino. È tornato bambino.

MARGUERITE - Un bambino barbuto, rugoso, loffio. Siete piuttosto ottimista!

JULIETTE - (a Marguerite) Voi non vi mettete nei suoi panni.

RE - No, no, parlatemi, invece, parlate. Statemi attor­no, trattenetemi. Aiutatemi. No, voglio fuggire.

Si alza a fatica. Andrà ad occupare l'altro piccolo trono, a destra.

JULIETTE - Le gambe non lo reggono più.

RE - Stento anche a muovere le braccia. Che stia per cominciare? No. Perché sono nato se non doveva essere per sempre? Genitori maledetti. Che bella idea, che scherzo! Sono venuto al mondo cinque minuti fa, tre mi­nuti fa mi sono sposato.

MARGUERITE - Duecentottantatre anni.

RE - Sono salito al trono due minuti e mezzo fa.

MARGUERITE - Duecentosettantasette anni e tre mesi.

RE - Non ho avuto neppure il tempo di dire «Bah! » Non ho avuto il tempo di conoscere la vita.

MARGUERITE - (al medico) Per conoscerla, non ha fat­to molti sforzi.

MARIE -  Non è stata che una breve passeggiata in un viale fiorito, una promessa non mantenuta, un sorriso su­bito spento.

MARGUERITE - (al medico, continuando) Eppure, per farsela spiegare, aveva a sua disposizione i migliori scien­ziati. Teologi, persone di molta esperienza, e libri che non ha mai letti.

RE - Non ne ho avuto il tempo.

MARGUERITE - (al re) Dicevi che avresti avuto tutto il tempo.

RE - Non ne ho avuto il tempo, non ne ho avuto il tem­po, non ne ho avuto il tempo.

JULIETTE - Non fa che rinviare.

MARGUERITE - (al medico) È sempre la stessa storia.

MEDICO - Va molto meglio. Geme, piange, ma comin­cia a ragionare. Si lamenta, parla, protesta e questo signi­fica che sta rassegnandosi.

RE - Non mi rassegnerò mai.

MEDICO - Se dice che non vuole, è segno che finirà per rassegnarsi. Prende in considerazione la cosa. Si pone il problema.

MARGUERITE - Finalmente!

MEDICO - Maestà, voi avete fatto centottanta guerre. Alla testa dei vostri eserciti, avete partecipato a duemila battaglie. Prima su un cavallo bianco, con pennacchio rosso e bianco, molto vistoso, e non avete avuto paura. Poi, quando avete modernizzato l'esercito, in piedi su un carro armato o sull'ala di un aeroplano da caccia, alla te­sta della formazione.

MARIE -  Era un eroe.

MEDICO - Avete sfiorato mille volte la morte.

RE - La sfioravo soltanto. Non toccava a me, lo sen­tivo.

MARIE -  Eri un eroe, capisci? Ricordatene.

MARGUERITE - Hai fatto assassinare da questo medico e boia...

RE - Giustiziare, non assassinare.

MEDICO - (a Marguerite) Giustiziare, Maestà, non as­sassinare. Obbedivo agli ordini. Agivo come semplice strumento, erano eseguimenti più che esecuzioni, e lo fa­cevo eutanasisticamente. D'altronde lo rimpiango. Pre­sento le mie scuse.

MARGUERITE - (al re) Io dico: hai fatto massacrare i miei genitori, i tuoi fratelli rivali, i nostri cugini e cuginetti, le loro famiglie, i loro amici, il loro bestiame. Hai fatto incendiare le loro terre.

MEDICO - Sua Maestà diceva che comunque sarebbe­ro morti un giorno o l'altro.

RE - Erano ragioni di Stato.

MARGUERITE - Anche tu muori per una ragione di Stato.

RE - Ma lo Stato sono io.

JULIETTE - Disgraziato! In che stato!

MARIE -  Lui era la legge, al di sopra delle leggi.

RE - Non sono più la legge.

MEDICO - L'ammette. Di bene in meglio.

MARGUERITE - Questo semplifica le cose.

RE - (gemendo) Non sono più al di sopra delle leggi, non sono più al di sopra delle leggi.

GUARDIA - (annunciando) Ilre non è più al di sopra delle leggi.

JULIETTE - Non è più al di sopra delle leggi, povero vecchio. 1J come uno di noi. Si direbbe mio nonno.

MARIE -  Povero piccino, mio povero bambino.

RE - Bambino! Un bambino! Allora ricomincio. Io vo­glio ricominciare. (A Marie) Voglio essere un bebè, tu sa­rai la mia mamma. Nessuno verrà a cercarmi. Io non so leggere, non so scrivere, non so contare. Portatemi a scuola con gli altri scolari. Quanto fa due più due?

JULIETTE - Due più due fanno quattro.

MARGUERITE - (al re) Losai.

RE - E lei che ha suggerito... Ahimè, non è possibile barare. Ahimè, ahimè, tanta gente nasce in questo mo­mento, innumerevoli nascite in tutto il mondo.

MARGUERITE - Non nel nostro paese.

MEDICO - La natalità è ridotta a zero.

JULIETTE - Non una foglia d'insalata spunta, non un filo d'erba.

MARGUERITE - (al re) Sterilità assoluta, per colpa tua.

MARIE -  Non voglio che gli si dia la croce addosso.

JULIETTE - Tutto rispunterà, forse.

MARGUERITE - Quando avrà accettato. Senza di lui.

RE - Senza di me, senza di me. Rideranno, banchette­ranno, danzeranno sulla mia tomba. Io non sarò mai esi­stito. Ah! che ci si ricordi di me. Che si pianga, che ci si disperi. Che il mio ricordo sia perpetuato in tutti i ma­nuali di storia. Che tutti sappiano a memoria la mia vita. Che tutti la rivivano. Che scolari e sapienti non abbiano altro oggetto di studio all'infuori di me, del mio regno, delle mie imprese. Che si brucino tutti gli altri libri, che si distruggano tutte le statue, che si collochi la mia su tutte le pubbliche piazze. Il mio ritratto in tutti i ministeri, ne­gli uffici di tutte le sottoprefetture, presso gli esattori del­le tasse, negli ospedali. Che si dia il mio nome a tutti gli aeroplani, a tutte le navi, a tutti i veicoli a braccia e a va­pore. Che tutti gli altri re, guerrieri, poeti, tenori, filosofi, siano dimenticati ed io solo sia in tutte le coscienze. Un solo nome, un solo cognome per tutti. Che s'impari a leg­gere sillabando il mio nome: Bé-Bé, Bérenger. Che io compaia sulle icone, sui milioni di croci in tutte le chiese. Che si dicano messe per me, ed io ne sia l'ostia. Che tutte le finestre illuminate abbiano il colore e la forma dei miei occhi, che i fiumi disegnino nelle pianure il mio profilo! Che mi si invochi eternamente, che mi si supplichi, che mi si implori.

MARIE -  Forse ritornerai?

RE - Forse ritornerò. Che si conservi intatto il mio cor­po, in un palazzo, sul trono, e che mi si rechino cibarie. Che musici suonino per me, che vergini si attorciglino ai miei piedi intirizziti.

Il re per dire questa tirata si è alzato in piedi.

JULIETTE - (a Marguerite) Delira, signora.

GUARDIA - (annunciando) Sua Maestà il re delira.

MARGUERITE - Non ancora. È ancora troppo sensato. Troppo e al medesimo tempo non abbastanza.

MEDICO - (al re) Se è questo che desiderate; imbalsa­meremo il vostro corpo e lo conserveremo.

JULIETTE - Sin quando sarà possibile.

RE - Orrore! Non voglio essere imbalsamato. Non vo­glio saperne del mio cadavere. Non voglio essere brucia­to. Non voglio essere sotterrato, non voglio essere dato né agli avvoltoi né alle fiere. Voglio essere conservato tra braccia calde, tra braccia fresche, tra braccia tenere, tra braccia forti.

JULIETTE - Non sa troppo bene quel che vuole.

MARGUERITE - Decideremo noi per lui. (A Marie) Eadesso non svenire. (Juliette piange). Anche quella. È sempre così.

RE - Quanto tempo durerà il ricordo, se ci si ricorderà di me? Voglio che duri sino alla fine dei tempi. E dopo la fine dei tempi, ventimila anni, duecentocinquanta cinque miliardi d'anni... Più nessuno per nessuno. Dimentiche­ranno prima. Egoisti, tutti, tutti. Non pensano che alla loro vita, alla loro pelle. Non alla mia. Se la terra si logora e fonde - e succederà - se tutti gli universi scoppiano - e scoppieranno - avvenga domani o tra secoli e secoli, po­co importa. Ciò che deve finire è già finito.

MARGUERITE - Tutto è ieri.

JULIETTE - Persino oggi era ieri.

MEDICO - Tutto è passato.

MARIE -  Mio caro, mio re, non esiste passato, non esiste futuro. Convincitene, esiste soltanto un presente interminabile, tutto è presente; sii presente. Sii pre­sente.

RE - Ahimè! Io sono presente solo al passato.

MARIE -  Ma no.

MARGUERITE - (al re) È così, siilucido, Bérenger.

MARIE -  Certo, sii lucido, mio re, mio benamato. Non tormentarti più. Esistere, è una parola, morire, è una pa­rola: formule, fissazioni, fisime. Se tu capisci questo nien­te potrà intaccarti. Afferrati, tienti forte, non perderti più di vista e dimentica tutto il resto. Tu esisti, adesso, esisti. Non essere altro che un interrogativo infinito: che cos'è, che cos'è... L'impossibilità di rispondere è la risposta stessa, il tuo stesso essere che esplode, che si spande. Tuf­fati nello stupore e nella meraviglia senza limiti, cosí po­trai essere senza limiti, potrai essere infinitamente. Sii stupito, sii abbacinato, tutto è strano, indefinibile. Scosta le sbarre della prigione, sfonda i muri, evadi dalle defini­zioni. Respirerai.

MEDICO - Soffoca.

MARGUERITE - La paura gli chiude l'orizzonte.

MARIE -  Lasciati inondare dalla gioia, dalla luce, sii meravigliato, sii stupito. Lo stupore penetra la carne e le ossa come un fiotto, come un fiume di luce radiosa. Se lo vuoi.

JULIETTE - Certo che lo vorrebbe.

MARIE -  (a mani giunte, in tono supplichevole) Ricorda, te ne prego, quelle mattine di giugno, in riva al mare, quando eravamo assieme, la gioia ti illuminava, ti pene­trava. Quella gioia l'hai avuta, dicevi di sentirla in te, inal­terabile, feconda, inesauribile. Se l'hai detto, dillo anco­ra. Quella aurora sfolgorante era in te. E se c'era, c'è sem­pre. Ritrovala. Cercala in te stesso.

RE - Non capisco.

MARIE -  Non ti capisci più.

MARGUERITE - Non s'è mai capito.

MARIE -  Ritrovati.

RE - Come fare? Non è possibile, oppure nessuno vuo­le aiutarmi. Io stesso non posso aiutarmi. O sole, o sole mio, aiutami tu, fuga le ombre, dissipa la notte. Sole, sole, rischiara tutte le tombe, entra in tutti gli angoli bui, in tutti i buchi, penetra in me. Ah! i miei piedi cominciano a raffreddarsi, vieni a scaldarmi, entra nel mio corpo, sotto la mia pelle, nei miei occhi. Riaccendi la loro fiamma va­cillante e fa' ch'io veda, veda, veda. Sole, sole, mi rim­piangerai? Caro sole, buon sole, difendimi. Isterilisci e distruggi il mondo intiero se occorre un piccolo sacrifi­cio. Che tutti periscano, purché io viva eternamente, an­che solo, in un deserto senza frontiere. Mi metterò d'ac­cordo con la solitudine. Custodirò il ricordo degli altri e li rimpiangerò sinceramente. Io posso vivere nell'immen­sità trasparente del vuoto. E meglio rimpiangere che es­sere rimpianti. D'altronde non lo si è mai. Luce del gior­no, aiuto!

MEDICO - (a Marie) Non è questa la luce di cui gli par­lavate. Non è questo il deserto che gli additavate. Non vi ha capita, non può più capirvi, povero cervello.

MARGUERITE - Intervento inutile. Non è la via buona.

RE - Che io esista, magari col mal di denti, per secoli e secoli. Ahimè, ciò che deve finire è già finito.

MEDICO - Se è così, Maestà, che cosa aspettate?

MARGUERITE - C'è soltanto la sua tirata che non finisce più. (Indicando la regina Marie e Juliette) E quelle due donne che piangono. Facendo così lo impastoiano sem­pre più, lo incollano, lo attaccano, lo frenano.

RE - No, non si piange abbastanza attorno a me, non mi si piange abbastanza. Non c'è abbastanza angoscia. (A Marguerite) Non impeditele di piangere, di urlare, d'aver pietà del re, del giovane re, del povero piccolo re, del vec­chio re. Io mi commuovo quando penso che esse mi rim­piangeranno, che non mi vedranno piú, che saranno abbandonate, che saranno sole. Son sempre io a pensare agli altri, a tutti. Entrate in me, voi, siate me, entrate nella mia pelle. Muoio, capite, voglio dire che muoio, ma non riesco a dirlo, faccio soltanto della letteratura.

MARGUERITE - Fosse vero!

MEDICO - Le sue parole non meritano d'essere tra­mandate. Niente di nuovo.

RE - Sono tutti degli estranei. E io credevo che formas­sero la mia famiglia. Ho paura, sprofondo, affondo, non so più niente, non sono mai esistito. Muoio.

MARGUERITE - Questa è letteratura.

MEDICO - Se ne fa fino all'ultimo momento. Finché uno è vivo, ogni pretesto è buono per far della lettera­tura.

MARIE -  Se questo bastasse a dargli sollievo.

GUARDIA - (annunciando) La letteratura dà un po' di sollievo al re!

RE - No, no. Lo so, niente mi dà sollievo. La letteratu­ra mi stordisce e mi svuota. Ali, là, là, là, là, là, là, là. (La­mentazioni. Poi, senza declamare, come se gemesse dolce­mente) Otutti voi, legioni e legioni, che siete morti prima di me, aiutatemi. Ditemi come avete fatto a morire, ad ac­cettare. Insegnatemelo. Che il vostro esempio mi confor­ti, ed io possa appoggiarmi a voi come a grucce, a braccia fraterne. Aiutatemi a varcare la soglia che voi avete varca­to. Tornate per un istante in questo mondo, venite in mio soccorso. Aiutatemi, voi, che avete avuto paura e che non avete voluto. Come sono andate le cose? Chi vi ha soste­nuto? Chi vi ha trascinato, chi vi ha spinto? Avete avuto paura sino alla fine? E voi, che eravate forti e coraggiosi, che avete acconsentito a morire con indifferenza e sereni­tà, insegnatemi l'indifferenza, insegnatemi la serenità, in­segnatemi la rassegnazione.

Le battute che seguono devono essere dette e mimate come quelle di un rituale, con solen­nità, quasi cantate, con vari movimenti degli attori: genuflessioni, braccia tese, ecc..

JULIETTE - Voi statue, voi gloriosi, o tenebrosi, voi an­tichi, voi ombre, voi ricordi...

MARIE -  Insegnategli la serenità.

GUARDIA - Insegnategli l'indifferenza.

MEDICO - Insegnategli la rassegnazione.

MARGUERITE - Illuminate il suo spirito, e che la faccia finita.

RE - Voi suicidi, insegnatemi come si deve fare per ot­tenere il disgusto dell'esistenza. Insegnatemi la sazietà. Qual è la droga che occorre prendere?

MEDICO - Io posso prescrivere pillole esilaranti, o tranquillanti.

MARGUERITE - Le vomiterebbe.

JULIETTE - Voi ricordi...

GUARDIA - Voi vecchie immagini...

JULIETTE - ... Che esistete solo più nella memoria...

GUARDIA - Ricordi di ricordi di ricordi...

MARGUERITE - Un'unica cosa deve imparare: cedere un po', e poi abbandonarsi del tutto.

GUARDIA - ... Noi vi invochiamo.

MARIE -  Voi nebbie, voi rugiade...

JULIETTE - Voi vapori, voi nubi...

MARIE -  Voi sante, voi sagge, voi folli, aiutatelo, poi­ché io non posso aiutarlo.

JULIETTE - Aiutatelo.

RE - Voi che siete morti con gioia, che avete guardato in faccia, che avete assistito alla vostra stessa fine...

JULIETTE - Aiutate il re.

MARIE -  Aiutatelo tutti voi, aiutatelo, ve ne supplico

RE - Voi, morti felici, quale volto avete visto accanto al vostro? Quale sorriso vi ha placati e fatti sorridere? Qual’è l'ultima luce che vi ha rischiarati?

JULIETTE - Aiutatelo, voi, miriadi di defunti.

GUARDIA - Oh, Grande Nulla, aiutate il re.

RE - Miriadi di morti. Essi moltiplicano la mia ango­scia. Io sono la loro agonia. La mia morte è sterminata. Quanto universo si spegne in me.

MARGUERITE - La vita è un esilio.

RE - Lo so, lo so.

MEDICO - Insomma, Maestà, voi ritornate in patria.

MARIE -  Andrai là dov'eri prima di nascere. Non aver tanta paura. Conosci certamente quel luogo, in modo oscuro, forse.

RE - Mi piace l'esilio. Sono un espatriato. Non voglio tornare. Che mondo era?

MARGUERITE - Ricorda, fà uno sforzo.

RE - Non vedo niente, assolutamente niente.

MARGUERITE - Ricorda, su, su, pensa, rifletti. Pensa, pensa, dunque, tu non hai mai pensato.

MEDICO - Non ci ha mai pensato.

MARIE -  Altro mondo, mondo perduto, mondo di­menticato, mondo sommerso, risalite alla superficie.

JULIETTE - Altra pianura, altra montagna, altra valla­ta...    

MARIE -  Ricordategli il vostro nome.

RE - Nessun ricordo di questa patria.

JULIETTE - Non si ricorda più della sua patria.

MEDICO - È troppo debole, non è nelle condizioni adatte.

RE - Nessuna nostalgia, neppure la più tenue, la più fugace.

MARGUERITE - Sprofondati nei tuoi ricordi, immergiti nell'assenza di ricordi, al di là del ricordo. (Al medico) Non ha rimpianti che per questo mondo.

MARIE -  Ricordo di là del ricordo, appari, aiutalo.

MEDICO - Farlo immergere, vedete, non è uno scher­zo.

MARGUERITE - Bisognerà farlo.

GUARDIA - Sua Maestà non è mai stato batiscafato.

JULIETTE - Peccato. Manca d'allenamento.

MARGUERITE - Bisognerà pure che impari il mestiere.

RE - Quando è in pericolo di morte, anche la più mi­nuscola formica si dibatte, si sente abbandonata, brusca­mente strappata alla sua famiglia. Anche in lei tutto l'uni­verso si spegne. Non è naturale morire, visto che non lo si vuole. lo voglio esistere.

JULIETTE - Vuole soltanto esistere, non capisce altro.

MARIE – È sempre esistito.

MARGUERITE - Occorrerà che non si guardi più attor­no, che non si aggrappi alle immagini, bisogna che rientri in se stesso e ci si rinchiuda. (Al re) Non parlare più, taci, resta in te stesso. Non guardare più, ti farà bene.

RE - Non voglio saperne di quella specie di bene.

MEDICO - (a Marguerite) Non siamo ancora a questo punto. Per il momento non gli riesce. Vostra Maestà deve spingerlo, beninteso, ma senza troppa energia.

MARGUERITE - Non sarà facile, ma noi siamo dotati di molta pazienza.

MEDICO - Siamo sicuri del risultato.

RE - Dottore, dottore, l'agonia è già cominciata? No, vi sbagliate... non ancora... non ancora. (Una specie di so­spiro di sollievo) Non è ancora cominciata. Esisto, sono qui. Vedo, ci sono quei muri, quei mobili, c'è l'aria, guar­do gli sguardi, le voci mi giungono, vivo, ho coscienza, vedo, odo, vedo, odo. Le fanfare!

Sorta di fanfare molto flebili. Il re cam­mina.

GUARDIA - Il re cammina, viva il re!

Il re cade.

JULIETTE - Cade.

GUARDIA - Il re cade, il re muore.

 Il re si rialza.

MARIE - Si rialza.

GUARDIA - Il re si rialza, viva il re!

MARIE - Si rialza.

GUARDIA - Viva il re! (Il re cade). Il re è morto.

MARIE - Si rialza. (Effettivamente si rialza). È vivo.

GUARDIA – Viva il re!

Il re si dirige verso il trono.

JULIETTE - Vuole sedersi sul trono.

MARIE -  Il re regna! Regna!

MEDICO - E adesso comincia il delirio.

MARIE -  (al re, che tenta barcollando di salire i gradini del trono) Non mollare, aggrappati. (A Juliette che vuole aiutare il re) Da solo, può fare da solo.

Egli non riesce a salire i gradini del trono.

RE - Eppure ho le gambe.

MARIE -  Avanti.

MARGUERITE - Ci restano trentadue minuti e trenta se­condi.

RE - Mi rialzo.

MEDICO - (a Marguerite) È il penultimo sussulto.

Il re cade nella poltrona a rotelle spinta al momentogiusto da Juliette. Continuerà a ri­petere, mentre lo coprono e gli sistemano la borsa dell'acqua calda:

RE - Mi rialzo.

La borsa dell'acqua calda, la coperta, ecc.. saranno portate, poco alla volta, da Juliette durante la scena seguente.

MARIE -  Sei senza fiato, sei stanco, riposati, ti alzerai dopo.

MARGUERITE - (a Marie) Non mentire. Così non lo aiuti.

RE - (nella poltrona) Amavo la musica di Mozart.

MARGUERITE - La dimenticherai.

RE - (a Juliette) Hai aggiustato i miei calzoni? Credi che non ne valga più la pena? C'era un buco nel mio man­to di porpora. L'hai rattoppato? Hai riattaccato i bottoni che mancavano al mio pigiama? Hai fatto risuolare le mie scarpe?

JULIETTE - Non ci ho più pensato.

RE - Non ci hai più pensato! A che cosa pensi tu? Dim­mi, che cosa fa tuo marito?

JULIETTE - (ha messo, o mette una cuffia da infermiera ed un grembiule bianco) Sono vedova.

RE - A che cosa pensi quando fai le faccende di casa?

JULIETTE - A niente, Maestà.

Tutto quanto il re dirà durante questa sce­na dev'essere detto in tono ebete e stupito piuttosto che patetico.

RE - Di dove vieni? Di che famiglia sei?

MARGUERITE - (al re) Queste cose non ti hanno mai in­teressato.

MARIE - Non ha mai avuto il tempo di domandargliele.

MARGUERITE - (al re) Queste cose non t'interessano veramente.

MEDICO - Cerca di guadagnar tempo.

RE - (a Juliette) Parlami della tua vita. Come vivi?

JULIETTE - Male, Signore.

RE - Non si può vivere male. A una contraddizione.

JULIETTE - La vita non è bella.

RE - È la vita.

Non è un vero dialogo; il re parla soprattut­to a se stesso.

JULIETTE - D'inverno, quando mi alzo, è ancora notte. Mi sento gelare.

RE - Anch'io. Non è però lo stesso freddo. A te non piace aver freddo?

JULIETTE - D'estate, quando mi alzo, comincia appe­na a far giorno. La luce è livida.

RE - (rapito) La luce è livida! Esistono un'infinità di lu­ci, blu, rosa, bianca, verde, livida!

JULIETTE - Lavo la biancheria di tutta la casa al lava­toio. Le mani mi fanno male, la mia pelle è screpolata.

RE - (rapito) Fa male. Certo. Ma uno sente la propria pelle. Non ti hanno ancora comprato la lavatrice? Marguerite, niente lavatrice nel palazzo!

MARGUERITE - Abbiamo dovuto lasciarla in pegno per un prestito di Stato.

JULIETTE - Vuoto i vasi da notte. Faccio i letti.

RE -, Fa i letti! Ci si corica, si ci addormenta, ci si risve­glia. Ti sei mai accorta che ti svegliavi tutti i giorni? Svegliarsi tutti i giorni... Si viene al mondo ogni mat­tina.

JULIETTE - Frego i pavimenti. Scopo, scopo, scopo. Non si finisce mai.

RE - (rapito) Non si finisce mai!

JULIETTE - Ho la schiena rotta.

RE - È vero. Ha una schiena. Tutti abbiamo una schiena.

JULIETTE - Le reni a pezzi.

RE - Anche le reni!

JULIETTE - Da quando non c'è più giardiniere, vango e zappo. Semino.

RE - E i semi germogliano!

JULIETTE - Non ne posso più.

RE - Avresti dovuto dircelo.

JULIETTE - Ve l'ho detto.

RE - È vero. Tante cose mi sono sfuggite. Non ho sa­puto tutto. Non sono stato presente dappertutto. La mia vita avrebbe potuto essere piena.

JULIETTE - La mia camera è senza finestra.

RE - (di nuovo rapito) Senza finestra! Si esce. Si cerca la luce. La si trova. Le si sorride. Per uscire, tu giri la chia­ve nella serratura, apri la porta, fai di nuovo girare la

chiave, richiudi la porta. Dove abiti?

JULIETTE - Sotto i tetti.

RE - Per scendere, ti servi della scala, scendi uno scali­no, un altro scalino, un altro, un altro ancora, giù giù, uno alla volta... Per vestirti, ti eri infilata le calze, le scarpe. JULIETTE - Quello che resta delle scarpe!

RE - Un vestito. È meraviglioso!...

JULIETTE - Un vestito dozzinale, da quattro soldi.

RE - Non sai quel che ti dici. Quant'è bello un vestito dozzinale.

JULIETTE - Ho avuto un ascesso in bocca. Mi hanno cavato un dente.

RE - Si soffre molto. Il dolore si attenua, scompare. Che sollievo! Si è molto felici dopo.

JULIETTE - Sono stanca, stanca, stanca.

RE - Dopo uno si riposa. E piacevole.

JULIETTE - Me ne manca il tempo.

RE - Puoi sperare di averlo... Cammini, prendi un cesto, vai a far la spesa. Saluti il droghiere.

JULIETTE -  Un poveraccio obeso, orribile. Talmente brutto che fa fuggire i gatti e gli uccelli.

RE - Quant'è bello. Tiri fuori il portamonete, paghi, ti danno il resto. Al mercato ci sono cibarie di tutti i colori, insalata verde, ciliegie rosse, uva dorata, melanzane vio­lette... tutto l'arcobaleno!... Stupendo, incredibile. Un racconto di fate.

JULIETTE -  Dopo torno indietro... La stessa strada.

RE - La stessa strada due volte al giorno! Il cielo sopra di te! Lo puoi guardare due volte al giorno. Respiri. Tu non pensi mai che respiri. Pensaci. Ricordatene. Sono cer­to che non ci presti attenzione. È un miracolo.

JULIETTE -  E poi, poi, lavo le stoviglie del giorno prima. Piatti pieni di grasso appiccicaticcio. E poi cucinare.

RE - Che gioia!

JULIETTE -  Al contrario. Tutto questo mi annoia. Ne ho abbastanza.

RE - Ti annoia! Esistono delle creature incomprensi­bili. È bello anche annoiarsi, è bello anche non annoiarsi, andare in collera e non andarci, essere scontento ed esse­re contento, rassegnarsi e ribellarsi. Ci si agita, parlate e vi si parla, uno tocca, è toccato. Una favola, tutto questo, una favola continua.

JULIETTE -  Effettivamente non finisce qui. Dopo devo ancora servire a tavola.

RE - (rapito) Servi a tavola! Servi a tavola! Che cosa servi a tavola?

JULIETTE -  Il pranzo che ho preparato.

RE - Per esempio, che cosa?

JULIETTE -  Che ne so, il piatto del giorno, lo stufato!

RE - Lo stufato!... Lo stufato!

Sognatore.

JULIETTE -  È un pasto completo.

RE - Come mi piaceva lo stufato! Con le verdure, le pa­tate, i cavoli, le carote, mescolati al burro, che si schiac­ciano con la forchetta per fare una purea.

JULIETTE -  Potremmo dargliene un po'.

RE - Sì. Datemene.

MARGUERITE - No.

JULIETTE -  Se gli fa piacere.

MEDICO - Controindicato per la sua salute. È a dieta.

RE - Voglio lo stufato.

MEDICO - Non è consigliabile per la salute dei mo­renti.

MARIE - Potrebbe essere il suo ultimo desiderio.

MARGUERITE - Deve staccarsi da queste cose.

RE - (sognatore) Ilbrodo... le patate calde... le carote ben cotte.

JULIETTE -  Ha ancora buon tempo.

RE - (con fatica) Non avevo ancora notato che le carote fossero così belle. (A Juliette) Va', corri, uccidi i due ra­gni della mia camera da letto. Non voglio che mi soprav­vivano. No, non ucciderli. Forse hanno qualche cosa di me... morto, lo stufato... scomparso dall'universo. Lo stufato non è mai esistito.

GUARDIA - (annunciando) Lo stufato proibito su tutto il territorio del regno.

MARGUERITE - Finalmente! Una cosa fatta. Ci ha ri­nunciato. Si deve cominciare dai desideri meno impor­tanti. È necessaria molta abilità, sì, adesso si può comin­ciare. Piano piano, come si fa con una medicazione che copre una piaga aperta, sollevandone prima i bordi, nel punto più lontano dal cuore della ferita. (Avvicinandosi al re) Asciugagli il sudore, Juliette; gronda. (A Marie) No, tu no.

MEDICO - (a Marguerite) È il terrore che gli esce a poco a poco dai pori. (Esamina il malato, mentre Marie può mettersi un momento in ginocchio coprendosi la faccia con le mani). Vedete, la sua temperatura si è abbassata, eppu­re non ha quasi più la pelle d'oca. I suoi capelli che s'era­no drizzati, ora si flettono e adagiano. Non è ancora abi­tuato alla paura, certamente no, ma può già guardarla dentro ed è per questo che ha il coraggio di chiudere gli occhi. Li riaprirà. Il volto è ancora pallido, ma guardate come le rughe e la vecchiaia lo invadono. Ormai non li contrasta più. Avrà ancora qualche sobbalzo, la cosa non si risolve così in fretta. Ma non avrà più le coliche del ter­rore. Sarebbe stato sconveniente. Avrà ancora terrore, terrore allo stato puro, senza complicazioni addominali. Non si può sperare in una morte esemplare. Tuttavia sarà una cosa pressoché decorosa. Morirà per la sua morte e non più per la sua paura. Comunque bisognerà aiutarlo, Maestà, bisognerà aiutarlo molto, fino all'ultimo istante, fino all'ultimissimo respiro.

MARGUERITE - L'aiuterò. Glielo farò uscire. Lo staccherò. Scioglierò tutti i nodi, sbroglierò tutte le matasse arruffate, separerò il grano da questa enorme, tenace ziz­zania che vi si abbarbica.

MEDICO -Non sarà impresa facile.

MARGUERITE -Dove ha potuto raccogliere tante er­bacce, tutta questa gramigna?

MEDICO -Poco alla volta. Si sono sviluppate con gli anni.

MARGUERITE -Hai messo giudizio, Maestà. Non ti senti più tranquillo?

MARIE -(alzandosi, al re) Finché lei non c'è, tu ci sei. Quando lei ci sarà, tu non ci sarai piú, non la incontrerai, non la vedrai neppure.

MARGUERITE -Le solite frottole, i vecchi sofismi! Li conosciamo. Lei c'è sempre stata, presente, dal primo giorno, dal seme. E lei il germoglio che spunta, il fiore che si apre, l'unico frutto.

MARIE -(a Marguerite) Anche questa è una verità fon­damentale, la conosciamo anche noi.

MARGUERITE -È la prima verità. E l'ultima. Non è ve­ro, dottore?

MEDICO -Entrambe le cose sono vere. Dipende dal punto di vista.

MARIE -(al re) Mi credevi, una volta. RE Muoio.

MEDICO -Ha cambiato punto di vista. S'è spostato.

MARIE -Se bisogna guardare dai due lati, guarda an­che dal mio.

RE -Muoio. Non posso. Muoio.

MARIE -Ah! Perdo il mio potere su di lui.

MARGUERITE -(a Marie) Ituoi vezzi non l'incantano piú.

GUARDIA -(annunciando) Ivezzi della regina Marie non incantano piú il re.

MARIE -(al re) Mi amavi, mi ami ancora, io ti amo sem­pre.

MARGUERITE -Lei non pensa che a se stessa.

JULIETTE -E naturale.

MARIE - Io t'amo sempre, io t'amo ancora.

RE -Non so, non so piú. L'amore non mi aiuta.

MEDICO -L'amore è folle.

MARIE -(al re) L'amore è folle. Se tu ami follemente, se ami svisceratamente, se ami assolutamente, la morte si al­lontana. Se tu ami me, se tu ami tutto, la paura si dissolve. L'amore ti trascina, ti abbandoni e la paura ti abbando­na. L'universo intero, tutto rivive, il vuoto diventa pie­nezza.

RE -Io sono pieno, ma di buchi. Mi sento corrodere. I buchi s'allargano, non hanno piú fondo. Ho le vertigini quando m'affaccio sui miei buchi. È la fine.

MARIE -Non è la fine, gli altri ameranno per te, gli altri vedranno il cielo per te.

RE -Io muoio.

MARIE -Entra negli altri, sii gli altri. Ci sarà sempre... qualcos'altro.

RE -Altro che cosa?

MARIE -Altro. Tutto ciò che è. Che non perisce.

RE -Ce n'è ancora... ce n'è ancora... ce n'è ancora cosí poco.

MARIE -Le nuove generazioni allargano l'universo.

RE -Io muoio.

MARIE -È cominciata la conquista delle stelle.

RE -Io muoio.

MARIE -Gli audaci violano le porte dei cieli.

RE -Che le violino.

MARIE -Si sta anche fabbricando l'elisir dell'immorta­lità.

RE -(al medico) Inetto! Perché non l'hai inventato tu, prima?

MARIE -Nuovi astri sorgono all'orizzonte.

RE -Che rabbia!

MARIE -Sono stelle nuovissime. Stelle vergini.

RE -Appassiranno. D'altronde non me ne importa niente.

GUARDIA -(annunciando) Néle antiche né le nuove costellazioni interessano piú Sua Maestà, il re Bérenger!

MARIE -Una nuova scienza si forma.

RE -Io muoio.

MARIE -Una nuova saggezza sostituisce l'antica, una piú grande follia, una piú grande ignoranza, completa­mente diversa, completamente uguale. Che questo ti consoli, che questo ti rallegri.

RE -Ho paura, muoio.

MARIE - Tu... hai preparato tutto questo.

RE -Non l'ho fatto apposta.

MARIE -Tu sei stato una tappa, un elemento, un precursore. Hai posto mano in tutte le costruzioni. Tu conti. Sarai contato.

RE - Non sarò io il contabile. Io muoio.

MARIE - Tutto ciò che è stato sarà, tutto ciò che sarà è, tutto ciò che sarà è stato. Il tuo nome è trascritto per l'e­ternità nei registri universali.

RE - Chi consulterà gli archivi? lo muoio, che tutto muoia; no, che tutto resti; no, che tutto muoia poiché la mia morte non può riempire i mondi! Che tutto muoia. No, che tutto resti.

GUARDIA - Sua Maestà il re vuole che tutto il resto re­sti.

RE - No, che tutto muoia.

GUARDIA - Sua Maestà il re vuole che tutto muoia.

RE - Che tutto muoia con me, no, che tutto resti dopo di me. No, che tutto muoia. No, che tutto resti. No, che tutto muoia, che tutto resti, che tutto muoia.

MARGUERITE - Non sa quel che vuole.

JULIETTE - Ho l'impressione che non sappia piú quel che vuole.

MEDICO - Non sa più quel che vuole. Il suo cervello va­neggia, è la vecchiaia, il rimbambimento.

GUARDIA - (annunciando) Sua Maestà è rimbam...

MARGUERITE - (alla guardia, interrompendola) Imbe­cille, sta' zitto. Non diramare più bollettini medici per la stampa. Faresti ridere quelli che possono ancora ridere ed intendere. Rallegreresti gli altri che captano le tue pa­role con la telegrafia.

GUARDIA - (annunciando) Bollettini medici sospesi per ordine di Sua Maestà la regina Marguerite.

MARIE - (al re) Mio re, mio piccolo re...

RE - Quando avevo degli incubi e piangevo dormen­do, tu mi svegliavi, mi abbracciavi e io mi calmavo.

MARGUERITE - Non è piú possibile farlo.

RE - (a Marie) Quando soffrivo d'insonnia e uscivo dalla camera, ti svegliavi anche tu. Mi raggiungevi nella sala del trono, avvolta nella tua camicia da notte rosa a fiori, e mi riconducevi a letto tenendomi per mano.

JULIETTE - Con mio marito era la stessa cosa.

RE - Dividevo con te i miei raffreddori, le mie influen­ze.

MARGUERITE - Non avrai piú raffreddori.

RE - Al mattino aprivamo gli occhi assieme, io li chiu­derò da solo o ciascuno per proprio conto. Pensavamo alle medesime cose al medesimo tempo. Tu finivi la frase che io avevo cominciato nella mia testa. Ti chiamavo per­ché mi fregassi la schiena quando facevo il bagno. Tu sce­glievi le mie cravatte. Non sempre mi piacevano. Aveva­mo dei contrasti su questo argomento. Nessuno l'ha sa­puto, nessuno lo saprà.

MEDICO - Non era questione di molta importanza.

MARGUERITE - Che piccolo borghese! Veramente sono cose che non devono trapelare.

RE - (a Marie) A te non piaceva che io fossi spettinato. Mi pettinavi.

JULIETTE - E commovente tutto ciò.

MARGUERITE - (al re) Non sarai mai più spettinato.

JULIETTE - In fondo è triste.

RE - Asciugavi la mia corona, strofinavi le perle per farle luccicare.

MARIE - (al re) Mi ami? Mi ami? loti amo sempre. Mi ami ancora? Mi ama ancora. Mi ami in questo momento? Sono qui... qui... sono... guarda, guarda... Guardami... guardami un po'.

RE - Io mi amo sempre, nonostante tutto mi amo, mi sento ancora. Mi vedo. Mi guardo.

MARGUERITE - (a Marie) Basta! (Al re) Non guardare piú all'indietro. È un invito. O altrimenti spicciati. Tra un po' sarà un ordine. (A Marie) Tu non puoi fargli che del male, ti avevo avvertita.

MEDICO - (guardando l'orologio) Siamo in ritardo... Si gingilla.

MARGUERITE - Non importa. Non preoccupatevi, si­gnor dottore, signor boia. Questi gingilli, giri e rigiri... Sono previsti, fanno parte del programma.

MEDICO - Con una bella crisi cardiaca, non avremmo avuto tante storie.

MARGUERITE - Le crisi cardiache sono per gli uomini d'affari.

MEDICO - ... Oppure una polmonite doppia!

MARGUERITE - Sono per i poveri, non per i re.

RE - Io potrei decidere di non morire.

JULIETTE - Vedete che non è guarito.

RE - Se decidessi di non volere, se decidessi di non vo­lere, se decidessi dì non decidermi!

MARGUERITE - Potremmo deciderti noi.

GUARDIA - (annunciando) La regina e il dottore posso­no obbligare il re a decidersi.

MEDICO - E nostro dovere.

RE - Chi può darvi il permesso di alzare la mano sul re, se non il re?

MARGUERITE - Ce lo dà la forza, la forza delle cose, il supremo decreto, le consegne.

MEDICO - (a Marguerite) Siamo noi adesso il comanda­mento e le consegne.

GUARDIA - (mentre Juliette comincia a spingere la pol­trona a rotelle sii cui siede il re e a girare attorno al palco­scenico) Maestà, comandante, è lui che ha inventato la polvere da sparo. Ha rapito il fuoco agli dèi e poi ha da­to fuoco alle polveri. Tutto ha rischiato di saltare in aria. Lui ha tenuto tutto nelle mani, tutto riaccomoda­to. Io lo aiutavo, non era facile. Noti era un tipo facile. Ha installato le prime fucine sulla terra. Ha inventato la fabbricazione dell'acciaio. Lavorava diciotto ore su ven­tiquattro. Noi, ci faceva lavorare ancor di piú. Era l'in­gegnere capo. Il signor ingegnere ha ideato il primo pallone, poi il pallone dirigibile. Infine ha costruito con le sue mani il primo aeroplano. La faccenda non è riuscita subito. I primi piloti, Icaro e tanti altri, sono precipitati in mare, finché non ha deciso di pilotare lui stesso. Ero il suo meccanico. Molto tempo prima, quand'era anco­ra delfino, aveva inventato la carriuola. Io giuocavo con lui. Poi i binari, le ferrovie, l'automobile. Ha progettato la Tour Eiffel, senza contare la falce, l'aratro, la trebbia­trice, il trattore. (Al re) Non è vero, signor meccanico, ve ne ricordate?

RE - To', avevo dimenticato il trattore.

GUARDIA - Ha spento i vulcani, e ne ha accesi altri. Ha costruito Roma, New York, Mosca, Ginevra. Ha fondato Parigi. Ha fatto le rivoluzioni, le controrivoluzioni, la re­ligione, la riforma, la controriforma.

JULIETTE - Non lo si direbbe a vederlo.

GUARDIA - Ha scritto l'Iliade e l'Odissea.

RE - Che cos'è un'automobile?

JULIETTE - (sempre spingendo la poltrona) Un arnese che va da solo.

GUARDIA - Al medesimo tempo, il signor storico, ha redatto i migliori commenti su Omero e sull'epoca ome­rica.

MEDICO - In questo caso, veramente, era la persona più qualificata.

RE - Ho fatto tutto questo! Davvero?

GUARDIA - Ha scritto tragedie e commedie sotto lo pseudonimo di Shakespeare.

JULIETTE - Ah, era lui Shakespeare?

MEDICO - (alla guardia) Avreste dovuto dircelo prima, visto che da un bel pezzo ci rompiamo la testa per sapere chi fosse.

GUARDIA - Era un segreto. Me l'aveva proibito. Ha in­ventato il telefono, il telegrafo, li ha installati lui stesso. Faceva tutto con le sue mani.

JULIETTE - Non sapeva far piú niente con le sue mani. Per il piú piccolo guasto, chiamava l'idraulico.

GUARDIA - Comandante, eravate cosí abile!

MARGUERITE - Non sa piú né mettersi né togliersi le scarpe.

GUARDIA - Da ultimo ha inventato la fissione dell'ato­mo.

JULIETTE - Non sa piú accendere una lampada e nep­pure spegnerla.

GUARDIA - Maestà, comandante, maestro, signor di­rettore...

MARGUERITE - (alla guardia) Conosciamo i suoi meriti passati. Smettila di farne l'inventario.

La guardia ritorna al suo posto.

RE - (mentre Juliette continua a farlo girare) Che cos'è un cavallo?... Ecco delle finestre, ecco dei muri, ecco un pavimento.

JULIETTE - Riconosce i muri.

RE - Ne ho fatte di cose! Cos'han detto che ho fatto? Non so piú che cosa ho fatto. Dimentico, dimentico. (Mentre Juliette continua a spingerlo) Ecco un trono.

MARIE - Ti ricordi di me? Sono qui, sono qui.

RE - Sono qui. Esisto.

MARIE - Non si ricorda neppur piú di un cavallo.

RE - Mi ricordo di un gattino rosso.

MARIE - Si ricorda di un gatto.

RE - Avevo un gattino rosso. Lo chiamavamo il gatto ebreo. L'avevo trovato in un campo, rubato a sua madre, un vero selvaggio. Aveva quindici giorni, o qualche cosa di piú. Sapeva già graffiare e mordere. Era feroce. Gli ho dato da mangiare, l'ho accarezzato, l'ho portato con me. Era diventato il gatto piú mite del mondo. Una volta s'è nascosto nella manica del soprabito di un'ospite, signora. Era l'essere più educato del mondo, d'una educazione naturale, un principe. Quando rincasavamo nel cuore della notte, veniva a salutarci con gli occhi insonnoliti. Poi, barcollando, tornava a coricarsi. Al mattino ci sve­gliava per infilarsi nel nostro letto. Un giorno abbiamo chiuso la porta. Ha tentato di aprirla, spingendo con il se­dere, s'è arrabbiato, ha fatto un finimondo; ci ha tenuto il broncio una settimana. L'aspirapolvere lo terrorizzava, era un gatto pigro, indifeso, un gatto poeta. Gli abbiamo comprato un topo meccanico. Si è messo ad annusarlo con aria sospettosa. Quando il topo, caricato, ha comin­ciato a camminare, s'è messo a soffiare, è fuggito, s'è rin­tanato sotto l'armadio. Divenne grande e le gatte comin­ciarono a girare attorno alla casa, a fargli la corte, a chia­marlo. La cosa lo terrorizzava, non si muoveva piú. Ab­biamo deciso di fargli conoscere il mondo. L'abbiamo plesso sul marciapiedi davanti alla finestra. Era folle di paura. Alcuni piccioni lo circondavano, aveva paura dei piccioni. Mi chiamava disperatamente, gemendo, schiac­ciandosi contro il muro. Gli animali, gli altri gatti, per lui erano creature strane delle quali diffidava, o nemici che temeva.-Solo con noi stava bene. Eravamo la sua famiglia. Non aveva paura degli uomini. Saltava d'improvviso sul­le nostre spalle, ci leccava i capelli. Credeva che noi fossi­mo gatti e che i gatti fossero altre cose. Un giorno però dovette dirsi che bisognava uscire. Il grosso cane dei vici­ni l'ha ucciso. Sembrava una bambola-gatto, una bambo­la palpitante, l'occhio scoppiato, una zampa strappata, sì, proprio conte una bambola lacerata da un bambino sa­dico.

MARIE - (a Marguerite) Non avresti dovuto lasciare la porta aperta; te l'avevo detto.

MARGUERITE - Detestavo quella bestia sentimentale e pelandrona.

RE -  Quanto l'ho rimpianto! Era buono, era bello, era giudizioso, aveva tutte le qualità. Mi voleva bene, mi vo­leva bené. Mio povero gatto, mio unico gatto.

La tirata sul gatto dev'essere detta con la minore emozione possibile; il re la recita assu­mendo un'espressione inebetita, con una sor­ta di stupore sognante, salvo forse l'ultimissi­ma battuta che esprime smarrimento.

MEDICO - Vi ricordo che si fa tardi.

MARGUERITE - Tengo d'occhio i tempi. I termini rego­lamentari sono rispettati. Vi assicuro che era previsto.

RE -  Lo sognavo... Sognavo che era nel camino, corica­to sulla brace, Marie si stupiva che non bruciasse; io ri­spondevo « i gatti non bruciano, sono incombustibili ». Poi è uscito dal camino miagolando, dal suo corpo si spri­gionava un fumo denso, non era piú lui, che metamorfo­si! Era un altro gatto, brutto e grosso. Un'enorme gatta. Come stia madre, la gatta selvaggia. Rassomigliava a Mar­guerite.

JULIETTE - (per qualche istante, lascia il re, nella sua pol­trona a rotelle, in mezzo al palcoscenico, a proscenio, di fronte al pubblico) Tutto sommato rincresce. Peccato! Era un re cosí buono.

Ripresa del movimento.

MEDICO - Non era un tipo facile. Piuttosto cattivo. Rancoroso. Crudele.

MARGUERITE - Vanitoso.

JULIETTE - Ce n'erano di peggiori.

MARIE - Era dolce, era tenero.

GUARDIA - Noi gli volevamo molto bene.

MEDICO - (alla guardia e a Juliette) Eppure tutti e due ve ne lagnavate.

JULIETTE - Son cose che si dimenticano.

MEDICO - Ho dovuto intercedere piú volte per voi.

MARGUERITE - Ascoltava soltanto la regina Marie.

MEDICO - Era duro, severo, senza peraltro essere giu­sto.

JULIETTE - Lo si vedeva cosí poco. Comunque lo si ve­deva, lo si vedeva sovente.

GUARDIA - Era forte. Faceva - è vero - tagliare le teste.

JULIETTE - Mica poi tanto.

GUARDIA - Lo faceva per la salute pubblica.

MEDICO - Risultato: siamo circondati da nemici.

MARGUERITE - Sentite come tutto crolla. Non abbia­mo piú frontiere, un buco sempre più grande ci separa dai paesi vicini.

JULIETTE - Meglio così. Non potranno piú invaderci.

MARGUERITE - L'abisso cresce. Di sotto c'è il buco, c'è il buco.

GUARDIA - Noi ci manteniamo alla superficie.

MARGUERITE - Per pochissimo tempo.

MARIE - Meglio perire con lui.

MARGUERITE - Siamo appena una superficie, ma pre­sto saremo l'abisso.

MEDICO - Tutto ciò è colpa sua. Non ha voluto lasciare niente dopo di lui. Non ha pensato ai successori. Dopo di lui, il diluvio. Peggio del diluvio, dopo di lui, il nulla. Un ingrato, un egoista.

JULIETTE - «De mortuis nihil nisi bene». Era il re di un grande regno.

MARIE - Ne era il centro. Ne era il cuore.

JULIETTE - La sede centrale.

GUARDIA - Il regno si estendeva attorno a lui, lontano lontano. Non se ne scorgevano i confini.

JULIETTE - Illimitato nello spazio.

MARGUERITE - Ma limitato nella durata. Ad un tempo infinito ed effimero.

JULIETTE - Ne era il principe, il primo suddito, ne era il padre, ne era il figlio. Egli fu incoronato re al momento stesso della sua nascita.

MARIE - Sono cresciuti assieme, il regno e lui.

MARGUERITE - Insieme scompaiono.

JULIETTE - Era il re, signore di tutti gli universi.

MEDICO - Un signore discutibile. Non lo conosceva, il suo regno.

MARGUERITE - Lo conosceva male.

MARIE - - Era troppo esteso.

JULIETTE - La terra sprofonda con lui. Gli astri si dis­solvono. Scompare l'acqua, il fuoco, l'aria, un universo, gli univérsi. In quale deposito, in quale cantina, in quale ripostiglio, in quale solaio si potrà immagazzinare tutta questa roba? Ne occorre di spazio.

MEDICO - Quando i re muoiono, si attaccano ai muri, agli alberi, alle fontane, alla luna; s'attaccano...

MARGUERITE - E tutto si stacca.

MEDICO - Tutto si scioglie, evapora, non ne resta una goccia, rin granello di polvere, un'ombra.

JULIETTE - Egli trascina tutto con sé nel gorgo.

MARIE - Aveva organizzato bene il suo universo. Non ne era del tutto padrone. Lo sarebbe diventato. Muore troppo presto. Aveva suddiviso l'anno in quattro stagio­ni. Bisogna ammettere che si era sistemato mica male. Aveva inventato gli alberi, i fiori, gli odori, i colori.

GUARDIA - Un mondo alla misura del re.

MARIE - Aveva ideato gli oceani e le montagne; circa cinquemila metri il monte Bianco.

GUARDIA - Più di ottomila l'Himalaya.

MARIE - Le foglie cadevano dagli alberi, poi rispunta­vano.

JULIETTE - Una trovata.

MARIE Sin dal giorno della sua nascita aveva creato il sole.

JULIETTE - E non s'è accontentato. Ha acceso anche il fuoco.

MARGUERITE - Ci furono distese senza limiti. Le stelle. Il cielo. Gli oceani e le montagne. Le pianure. Le città. I popoli. I volti. Gli edifici. Le camere. I letti. La luce. La notte. Le guerre. La pace.

GUARDIA - Un trono.

MARIE - La sua mano.

MARGUERITE - Uno sguardo. La respirazione.

JULIETTE - Respira sempre.

MARIE - Respira ancora, perché ci sono io.

MARGUERITE - (al medico) Respira ancora?

JULIETTE - Sì, Maestà. Respira ancora perché ci siamo noi.

MEDICO - (esaminando il malato) Sì, sì;è evidente. Re­spira ancora. I reni non funzionano, ma il sangue circola. Circola come può. Il cuore è robusto.

MARGUERITE - Dovrà farla finita. A che serve un cuore che batte senza ragione?

MEDICO - Certamente. Un cuore pazzo. Udite? (Si odono i battiti affannosi del cuore del re). Parte, corre, ral­lenta, accelera di nuovo. .

I battiti del cuore del re scuotono la casa. La crepa si allarga nel muro, altre compaiono. Una parete può crollare o scomparire.

JULIETTE - Dio mio! Crolla tutto!

MARGUERITE - Un cuore pazzo, un cuore di pazzo!

MEDICO - Un cuore in preda al panico. Ha contagiato il mondo.

MARGUERITE - (a Juliette) Sicalmerà presto.

MEDICO - Conosciamo tutte le fasi del fenomeno. È sempre così quando un universo si dissolve.

MARGUERITE - (a Marie) Eccola prova che il suo uni­verso non era l'unico.

JULIETTE - Egli non lo sospettava.

MARIE - Mi dimentica. In questo momento sta dimen­ticandomi. Lo sento, mi abbandona. Non sono più nien­te se mi dimentica. Non posso più vivere se non sono nel suo cuore affannato. Tieni duro, tieni duro. Stringi le ma­ni con tutte le forze. Non lasciarmi.

JULIETTE - Non ha piú forza.

MARIE - Aggrappati, non lasciarmi. Sono io che ti fac­cio vivere. lo ti faccio vivere e tu mi fai vivere. Capisci, ca­pisci? Se tu ani dimentichi, se tu mi abbandoni, io non esi­sto più, non sono piú niente.

MEDICO - Egli sarà una pagina in un libro di diecimila pagine collocato in una biblioteca di un milione di libri, una biblioteca tra un milione di biblioteche.

JULIETTE - Trovare quella pagina non sarà facile.

MEDICO - Ma no. Si troverà, nel catalogo, catalogo au­tori e catalogo materie... sino al giorno in cui la carta sarà ridotta in polvere... però, brucerà certamente prima. Ci sono sempre incendi nelle biblioteche.

JULIETTE - Stringe i pugni. S'attacca, resiste. Torna in sé.

MARIE - Torna a me.

JULIETTE - (a Marie) La vostra voce lo ridesta, ha gli occhi aperti, vi guarda.

MEDICO - Sì, il suo cuore reagisce ancora.

MARGUERITE - In che stato per un agonizzante. In una trappola di spine. È in una trappola di spine. Come tirar­lofuori? (Al re) Sprofondi nel fango, sei impigliato nei rovi.

JULIETTE - Quando se ne staccherà, rimarranno le scarpe,

MARIE - Vienimi, io ti tengo. Guardami, io ti guardo.

Il re la guarda.

MARGUERITE - Ti confonde. Non pensare più a lei, ti sentirai sollevato.

MEDICO - Rinunciate, Maestà. Abdicate, Maestà.

JULIETTE - Abdicate visto che è necessario.

Juliette spinge di nuovo la poltrona, fer­mandola davanti a Marie.

RE - Sento, vedo, chi sei tu? Sei mia madre, mia sorel­la, mia moglie, mia figlia, mia nipote, mia cugina?... Ti conosco... Ti conosco, mi sembra. (Juliette lo volta verso Marguerite). Odiosa donna! Perché resti accanto a me? Perché ti chini su di me? Vattene, vattene.

MARIE - Non guardarla. Rivolgi gli sguardi verso di me; tieni gli occhi bene aperti. Spera. Sono qui. Ricorda­ti. Sono Marie.

RE - (a Marie) Marie?

MARIE - Se non te ne ricordi piú, guardami, impara un'altra volta che sono Marie, impara a conoscere i miei occhi, il mio volto, i miei capelli, le mie braccia.

MARGUERITE - Gli fate del male, non può piú impa­rare.

MARIE - (al re) Se non posso trattenerti, voltati ugual­mente verso di me. Sono qui. Conserva la mia immagine, portala con te.

MARGUERITE - Impossibile. Non ha forze sufficienti per trasportarla, troppo peso per un'ombra, non bisogna che la sua ombra sia ferita dalle ombre. Il peso la schiac­cerebbe. La sua ombra sanguinerebbe, non riuscirebbe piú ad avanzare. Occorre che sia leggera. (Al re) Liberati, alleggerisciti.

MEDICO - Deve cominciare a buttare la zavorra. Alleg­geritevi, Maestà.

RE - (si alza. La sua andatura è cambiata: i gesti sono bru­schi, l'aria un po' da sonnambulo. Quest'andatura da son­nambulo si preciserà sempre meglio) Marie?

MARGUERITE - (a Marie) Vedi, non capisce piú il tuo nome.

JULIETTE - (a Marie) Non capisce piú il vostro nome.

GUARDIA - (sempre annunciando) Ilre non capisce più il nome di Marie!

RE - Marie!

Pronunciando questo nome, può tendere le braccia, poi lasciarle cadere.

MARIE - Lo pronuncia.

MEDICO - Lo ripete senza capire.

JULIETTE - Come un pappagallo. Sillabe, morte.

RE - (a Marguerite, voltandosi verso di lei) Non ti cono­sco, non ti amo.

JULIETTE - Sa che cosa vuol dire non conoscere.

MARGUERITE - (a Marie) Partirà con la mia immagine. Non gli sarà d'impaccio. Al momento giusto lo lascerà. L fornita di-un dispositivo che le consente di staccarsi da sola. Basta schiacciare un bottone, si comanda a distanza. (Al re) Guarda meglio.

Il re si volta dal lato del pubblico.

MARIE - Non vi guarda.

MARGUERITE - Non ti vede piú.

Marie scompare improvvisamente grazie ad un artificio scenico.

RE - C é ancora…  c'è...

MARGUERITE - Non vede più che cosa c'è.

JULIETTE - Non vede piú.

MEDICO - (esaminando il re) Infatti, non vede piú.

Il medico ha sposso un dito davanti agli oc­chi del re, caso mai prova anche con una can­dela accesa, o un accendino, o un fiammifero. Lo sguardo di Bérenger non reagisce più.

JULIETTE - Non vede piú. Il medico l'ha constatato uf­ficialmerrte.

GUARDIA - Sua Maestà è ufficialmente cieco.

MARGUERITE - Guarderà dentro di sé. Vedrà meglio.

RE - Vedo le cose, vedo i volti e le città e le foreste, ve­do lo spazio, vedo il tempo.

MARGUERITE - Guarda piú lontano.

RE - Non posso più lontano.

JULIETTE - L'orizzonte lo circonda e rinchiude.

MARGUERITE - Lancia lo sguardo di là di ciò che vedi. Oltre le strade, attraverso le montagne, di là delle foreste che non hai mai dissodato.

RE - L'oceano, non posso andare più in là, non so nuo­tare.

MEDICO - Mancanza d'esercizio!

MARGUERITE - Non badare all'apparenza. Va' più a fondo delle cose.

RE - Ho uno specchio nelle viscere, tutto si riflette, ve­do sempre meglio, vedo il mondo, vedo la vita che se ne va.

MARGUERITE - Va' oltre i riflessi.

RE - Vedo me stesso. Dietro tutte le cose, ci sono io. Soltanto io dappertutto. Sono la terra, sono il cielo, sono il vento, sono il fuoco. Sono in tutti gli specchi, oppure sono lo specchio di tutto?

JULIETTE - Si ama troppo.

MEDICO - Malattia psichica ben nota: narcisismo.

MARGUERITE - Vieni, avvicinati.

RE - Non ci sono piú strade.

JULIETTE - Capisce. Gira la testa quando si parla, pre­sta attenzione, tende un braccio, tende l'altro.

GUARDIA - Che cosa vuole afferrare?

JULIETTE - Cerca un appoggio.

RE - (da qualche istante avanza alla cieca, con passo incer­to) Dove sono le pareti? Dove sono le braccia? Dove sono le porte? Dove sono le finestre?

JULIETTE - I muri sono qui, Maestà, siamo tutti qui. Ecco un braccio.

Conduce il re verso destra, gli fa toccare il muro.

RE - Il muro è qui. Lo scettro!

JULIETTE - (glielo da') Eccolo.

RE - Guardia, dove sei? Rispondi.

GUARDIA - Sempre ai vostri ordini, Maestà. Sempre ai vostri ordini. (Il re fa qualche passo verso la guardia. La tocca). Ma sí, sono qui; ma sí, sono qui.

JULIETTE - I vostri appartamenti sono da questa parte, Maestà.

GUARDIA - Non vi abbandoneremo mai, Maestà, ve lo giuro.

Improvvisamente sparisce.

JULIETTE - Siamo qui, accanto a voi, e ci restere­mo.

Improvvisamente sparisce.

RE - Guardia! Juliette! Rispondete! Non vi sento piú. Dottore, dottore, sono diventato sordo?

MEDICO - No, Maestà, non ancora.

RE - Dottore!

MEDICO - Scusatemi, Maestà, devo andare. Sono pro­prio costretto. Sono desolato, mi scuso.

Il medico si ritira. Esce inchinandosi, come una marionetta, dalla porta di sinistra in fon­do. Se ne è andato rinculando, sempre facen­do riverenze e scusandosi.

RE - La sua voce si allontana, il rumore dei suoi passi si affievolisce, se n'è andato!

MARGUERITE - È un medico, ha degli obblighi profes­sionali.

RE - (fendendo le braccia; Juliette prima di uscire avrà spinto la poltrona in un canto in modo da non distur­bare i movimenti) Dove sono gli altri? (Il re raggiunge la porta 'di sinistra in primo piano, poi si dirige verso la porta di destra in primo piano) Se ne sono andati, mi hanno rinchiuso.

MARGUERITE - Ti infastidiva, tutta quella gente. T'im­pediva di muoverti liberamente. Si aggrappavano a te, ti si cacciavano tra i piedi. Ammetti che ti davano fastidio. Adesso andrà meglio. (Il re cammina con maggiore sciol­tezza). Tiresta un quarto d'ora.

RE - Avevo bisogno dei loro servizi.

MARGUERITE - Li sostituirò io. Sono una regina tutto­fare.

RE - Non ho dato la libera uscita a nessuno. Falli tor­nare, chiamali.

MARGUERITE - Se la sono svignata. L'hai voluto tu.

RE - Io non l'ho voluto.

MARGUERITE - Non avrebbero potuto andarsene se tu non l'avessi voluto. Non puoi tornare sulla tua decisione. Li hai mollati.

RE - Che ritornino.

MARGUERITE - Non sai più neppure i loro nomi. Come si chiamavano? (Silenzio del re). Quanti erano?

RE - Ma di chi parli?... Non mi piace che mi si rinchiu­da. Apre porte.

MARGUERITE - Un momento di pazienza. Tra poco tutte le,porte saranno spalancate.

RE - (dopo un silenzio) Le porte... le porte... Quali por­te?

MARGUERITE - Ci son state porte, c'è stato un mondo, hai vissuto?

RE - Io sono, io esisto.

MARGUERITE - Non muoverti piú. Ti stanca.

RE - (le ubbidisce) Iosono... Rumori, echi emergono dal profondo, tutto si allontana, tutto si calma. Io sono sordo.

MARGUERITE - Mi udrai, mi udrai meglio. (Il re in pie­di, immobile, tace). Capita di sognare. Ti lasci prendere, credi al tuo sogno, lo ami. Il mattino, riaprendo gli oc­chi, due mondi si mescolano ancora. I volti della notte sbiadiscono nella luce. Vorresti ricordare, trattenerli. Ti scivolano tra le dita, la realtà brutale del giorno li re­spinge. Che cosa ho sognato? uno si dice. Che cosa suc­cedeva? Chi baciavo? Chi amavo? Che cosa dicevo e che cosa mi dicevano? Si rimane 1í, con il rimpianto confuso per tutte le cose che furono, o che si pensa sia­no state. Non sappiamo piú che cosa ci fosse attorno a noi. Non sappiamo piú.

RE - Io non so piú che cosa c'era intorno. So che ero immerso in un mondo, un mondo che mi circondava. So che ero io e che cosa c'era, che cosa c'era?

MARGUERITE - Legami ti avviluppano ancora che non ho sciolto, o che non ho tagliato. Mani s'aggrappano an­cora a te e ti trattengono.

Girando attorno al re, Marguerite taglia nel vuoto, come se avesse in mano forbici in­visibili.

RE - Io. Io. Io.

MARGUERITE - Questo tu non sei tu. Sono corpi estra­nei, aderenze, parassiti mostruosi. II vischio che cresce sul ramo non è il ramo, l'edera, che s'arrampica sul muro non è il muro. Ti pieghi sotto il fardello, le tue spalle sono curve, è questo che ti invecchia. E i ceppi che trascini, ec­co che cosa ti intralcia il passo. (Marguerite si china, toglie ceppi invisibili dai piedi del re, poi si rialza simulando un grande sforzo per sollevare le palle) Tonnellate e tonnella­te, pesano tonnellate. (Fa l'atto di gettare i ceppi verso la platea; poi si erge alleggerita) Uff! Come hai potuto trasci­nare questa roba tutta una vita! (Il re cerca di raddrizzar­si). Mi domandavo perché eri gobbo, la colpa era di que­sto sacco. (Marguerite fa l'atto di togliere un sacco dalle spalle del re e di gettarlo) E di questa bisaccia. (Medesimo gesto di Marguerite per la bisaccia) E di questi scarponi di ricambio.

RE - (con una sorta di grugnito) No.

MARGUERITE - Calma, calma! Non ne avrai piú biso­gno. Neppure di questa carabina e di questo fucile mitra­gliatorc:= (M(,desimi gesti) Né di questa borsa dei ferri. (Medesii ti gesti; proteste del re). Né di questa sciabola. Ila l'aria, di tenerci. Una vecchia sciabola tutta arruggini­ta. (Gliela prende, nonostante la maldestra resistenza del re) Lasciami fare. Sii buono. (Dà un colpetto sulle mani del re) Non hai più bisogno di difenderti. Ormai piú nes­suno ti vuol male. E queste spine sul manto, queste squa­me, liané, alghe, queste foglie umide e viscide. Incrostate, incollate: Le scollo, le stacco, fanno macchie, non è puli­zia. (Fn l'atto distaccare e smacchiare) Il sognatore esce dal suo sogno. Ecco fatto, ti ho sbarazzato di queste pic­cole miserie, di queste porcherie. Il tuo manto adesso è più hellc, e tu sei più presentabile. Va meglio cosí. Ades­so, can mina. Dammi la mano, su su, dammi la mano, non aver paura, lasciati andare, ti sosterrò io. Ti manca il coraggio.

RE - (con una sorta di balbettio) Io.

MARGUERITE - Ma no! S'illude d'essere tutto. Pensa che il suo essere sia tutto l'essere. Bisogna cavargli questa idea dalla testa. (Poi, come per incoraggiarlo) Tutto sarà conservato in una memoria senza ricordi. Il granello di sale sciolto nell'acqua non scompare perché rende salata l'acqua. Ah, ecco, ti raddrizzi, non sei piú gobbo, le reni non ti fanno piú male, piú niente ossa rotte. Non è vero che era pesante? Guarito, si, guarito. Puoi avanzare, co­raggio, vieni avanti, dammi la mano. (Le spalle del re si in­curvano di nuovo leggermente). Non curvare piú le spalle visto che non hai più fardelli... Ah, questi riflessi condi­zionati, sono resistenti... Non hai più fardelli sulle spalle, ti ho detto. Raddrizzati. (Lo aiuta a raddrizzarsi) La ma­no!... (incertezza del re). Quant'è disubbidiente! Non te­nere i pugni stretti, allarga le dita. Che cosa stringi? (Gli apre il pugno) Tutto il suo regno teneva nella mano. In miniatura: microfilms... semi. (Al re) Questi semi non germoglieranno, la semenza è guasta, cattivi semi. Butta via, allenta le dita, ti ordino di aprire le dita, lascia le pia­nure, lascia le montagne. Così. È soltanto polvere. (Gli prende la mano e lo lira nonostante, ancora, una resistenza del re) Vieni. Ancora della resistenza! Dove la trova? No, non cercare di coricarti, e neppure di sederti, non c'è ra­gione di barcollare. Ti guido io, non aver paura. (Lo gui­da, tenendolo per mano, sul palcoscenico) Vero che puoi, vero che è facile? Ho preparato un dolce pendio. Dopo sarà più ripido, non importa, avrai riacquistato le forze. Non voltare la testa per guardare ciò che non potrai mai piú vedere, concentrati, chinati sul tuo cuore, entra, en­tra, è necessario.

RE - (a occhi chiusi, avanzando sempre tenuto per ma­no) L'impero... Si è mai visto un tale impero: due soli, due lune, due volte celesti lo rischiarano, un altro sole sorge, un altro ancora. Un terzo firmamento si leva, spunta, si dispiega! Mentre un sole tramonta, altri sorgo­no... Alba e crepuscolo, assieme. Un regno che si estende oltre le vasche degli oceani, oltre gli oceani che inghiotto­no gli oceani.

MARGUERITE - Attraversali.

RE - Oltre i settecentosettantasette poli.

MARGUERITE - Piú lontano, più lontano. Corri, avanti, corri.

RE - Azzurro, azzurro.

MARGUERITE - Percepisce ancora i colori. Ricordi co­lorati. Non è una natura auditiva. La sua immaginazione è puramente visiva... è un pittore... troppo partigiano della monocromia. (Al re) Rinuncia anche a questo impe­ro. Rinuncia anche ai colori. Queste cose ti sviano, ti fan­no ritardare. Non puoi piú indugiare, non puoi piú fer­marti, non devi. (Si scosta dal re) Cammina da solo, non aver paura. Va'. (Marguerite, da un angolo del palcosceni­co, dirige il re a distanza). Non è più giorno, non è più not­te, non c'è più giorno, non c'è piú notte. Lasciati guidare dalla ruota che gira davanti a te. Non perderla di vista, se­guila, non troppo vicino, è infuocata, potresti bruciarti. Avanza, io scosto i rovi, attenzione, non urtare quell'om­bra alla tua destra... Mani viscide, mani imploranti, brac­cia e mani pietose, indietro. Non toccatelo, o vi percuo­to! (Al re) Non voltare la testa. Evita il precipizio alla tua sinistra, non temere quel lupo che ulula... le sue zanne so­no di cartone, non esiste. (Al lupo) Lupo, non esistere piú! (Al re) Non temere neppure i topi. Non possono mordere i tuoi alluci. (Ai topi) Topi e vipere, non esistete piú! (Al re) Non lasciarti impietosire da quel mendicante che ti tende la mano... Attenzione alla vecchia che viene verso di te... Non accettare il bicchiere d'acqua che ti of­fre. Tu non hai sete. (Alla vecchia immaginaria) Non ha bisogno d’essere dissetato, buona donna, non ha sete.

Non intralciate il suo cammino. Sparite. (Al re) Scala la barricata… Quel grosso camion non ti investirà, è soltanto un miraggio… Puoi passare, passa… Ma no, le margherite non cantano, neppure quando son pazze. Riassorbo le loro voci; io le cancello!... Non prestate orecchio al mormorio del ruscello. Obiettivamente, non lo si ode. Un falso ruscello, false voci… False voci. Tacete. (Al re) Più nessuno ti chiama. Annusa ancora una volta quel fiore, poi buttalo via, Dimentica il suo profumo, non hai più la parola. A chi potresti parlare? Sì, così, un passo, un altro. Ecco la passerella, non temere le vertigini. (Il re cammina in direzione degli scalini del trono). Tienti ben dritto, non hai bisogno del bastone, d'altronde non ce l’hai. Non abbassarti, e soprattutto non cadere. Sali, Sali. (Il re comincia a salire i tre o quattro scalini del trono). Più su, ancora più su, sali, ancora più su, ancora più su, ancora più su. (Il re è vicinissimo al trono). Voltati verso di me. Guardami. Guarda attraverso di me. Guarda questo specchio senza immagini, resta dritto… Dammi un dito, dammi due dita… tre … quattro… cinque… le dieci dita. Cedimi il braccio destro, il braccio sinistro, il petto, le due spalle, e il ventre. (Il re è immobile, pietrificato come una statua). Ecco fatto, vedi, tu non hai più la parola, il tuo cuore non ha più bisogno di battere, non vale più la pena di respirare. Era un’agitazione completamente inutile, non è vero? Puoi prendere posto.

Scomparsa improvvisa, dalla destra, della regina Marguerite.

Il re è assiso sul trono. Si saranno viste scomparire progressivamente, durante quest’ultima scena, le porte, le finestre, le pareti della sala del trono. Questo effetto scenico è molto importante.

Adesso non c’è più nulla sul palco, salvo il re sul suo trono, avvolto in una luce grigia.

Poi anche il re e il trono scompaiono.

Infine non resta altro che la luce grigia.

La scomparsa delle finestre, porte, muri, re e trono deve avvenire lentamente, progressivamente, in modo molto netto. Il re seduto sul trono deve restare visibile qualche istante prima di sprofondare in una sorta di nebbia.

SIPARIO

Parigi, 15 ottobre – 15 novembre 1962.