Il re pastore
Di Pietro Metastasio
PERSONAGGI
ALESSANDRO
re di Macedonia.
AMINTA
pastorello, amante d'Elisa, che, ignoto anche a se stesso, si scuopre poi l'unico legittimo erede del regno di Sidone.
ELISA
nobile ninfa di Fenicia, dell'antica stirpe di Cadmo, amante d'Aminta.
TAMIRI
principessa fuggitiva, figliuola del tiranno Stratone, in abito di pastorella, amante di Agenore.
AGENORE
nobile di Sidone, amico di Alessandro, amante di Tamiri.
La Scena si finge nella campagna ove è attendato l'esercito macedone, a vista della città di Sidone.
ARGOMENTO
Fra le azioni più luminose d'Alessandro il Macedone fu quella di aver liberato il regno di Sidone dal suo tiranno, e poi, in vece di ritenerne il dominio, l'avere ristabilito su quel trono l'unico rampollo della legittima stirpe reale, che, ignoto a se medesimo, povera e rustica vita traeva nella vicina campagna. (Curzio, lib. IV, cap. III; Giustino, lib. II, cap. X).
Come si sia edificato su questo istorico fondamento, si vedrà nel corso ciel dramma.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Vasta ed amena campagna irrigata dal fiume Bostreno, sparsa di greggi e pastori. Largo, ma rustico ponte sul fiume. Innanzi, tuguri pastorali. Veduta della città di Sidone in lontano.
AMINTA, assiso sopra un sasso, cantando al suono delle avene pastorali; indi ELISA
AMIN.
Intendo, amico rio,
Quel basso mormorio;
Tu chiedi in tua favella:
Il nostro ben dov'è?
Intendo, amico rio...
(vedendo Elisa, getta le avene e corre ad incontrarla
Bella Elisa, idol mio,
Dove?
ELI.
A te, caro Aminta.
(lieta e frettolosa
AMIN.
Oh dèi! non sai
Che il campo d'Alessandro
Quindi lungi non è? che tutte infesta
Quste amene contrade
Il Macedone armato?
ELI.
Il so.
AMIN.
Ma dunque
Perché sola t'esponi all'insolente
Licenza militar?
ELI.
Rischio non teme,
Non ode amor consiglio.
Il non vederti è il mio maggior periglio.
AMIN.
E per me...
ELI.
Deh! m'ascolta. Ho colmo il core
Di felici speranze, e non ho pace
Fin che con te non le divido.
AMIN.
Altrove
Più sicura potrai...
ELI.
Ma d'Alessandro
Fai torto alla virtù. Son della nostra
Sicurezza custodi
Quelle schiere che temi. Ei da un tiranno
Venne Sidone a liberar; né vuole
Che sia vendita il dono:
Ne franse il giogo, e ne ricusa il trono.
AMIN.
Chi sarà dunque il nostro re?
ELI.
Si crede
Che, ignoto anche a se stesso, occulto viva
Il legittimo erede.
AMIN.
E dove...
ELI.
Ah! lascia
Che Alessandro ne cerchi. Odi. La mia
Pietosa madre... oh cara madre!... al fine
Già l'amor mio seconda; ella de' nostri
Sospirati imenei
Va l'assenso a implorar dal genitore,
E l'otterrà: me lo predice il core.
AMIN.
Ah!
ELI.
Tu sospiri, Aminta?
Che vuol dir quel sospiro?
AMIN.
Contro il destin m'adiro,
Che sì poco mi fece
Degno, Elisa, di te. Tu vanti il chiaro
Sangue di Cadmo; io, pastorello oscuro,
Ignoro il mio. Tu abbandonar dovrai
Per me gli agi paterni: offrirti in vece
Io non potrò, nella mia sorte umìle,
Che una povera reggia, un rozzo ovile.
ELI.
Non lagnarti del Ciel: prodigo assai
Ti fu de' doni suoi. Se l'ostro e l'oro
A te negò, quel favellar, quel volto,
Quel cor ti diè. Non le ricchezze o gli avi:
Cerco Aminta in Aminta, ed amo in lui
Fin la sua povertà. Dal dì primiero
Che ancor bambina io lo mirai, mi parve
Amabile, gentile
Quel pastor, quella greggia e quell'ovile;
E mi restò nel core
Quell'ovil, quella greggia e quel pastore.
AMIN.
Oh mia sola, oh mia vera
Felicità! quei cari detti...
ELI.
Addio.
Corro alla madre e vengo a te. Fra poco
Io non dovrò mai più lasciarti: insieme
Sempre il sol noi vedrà, parta o ritorni.
Oh dolce vita! oh fortunati giorni!
Alla selva, al prato, al fonte
Io n'andrò col gregge amato;
E alla selva, al fonte, al prato
L'idol mio con me verrà.
In quel rozzo angusto tetto,
Che ricetto a noi darà,
Con la gioia e col diletto
L'innocenza albergherà.
(parte
SCENA SECONDA
AMINTA, poi ALESSANDRO ed AGENORE con picciol séguito.
AMIN.
Perdono, amici dèi: fui troppo ingiusto,
Lagnandomi di voi. Non splende in cielo
Dell'astro, che mi guida, astro più bello.
Se la terra ha un felice, Aminta è quello.
AGEN.
(Ecco il pastor).
(piano ad Alessandro
AMIN.
Ma fra' contenti oblio
La mia povera greggia.
(da sé, in atto di partire
ALESS.
(ad Aminta)
Amico, ascolta.
AMIN.
(Un guerrier!) Che domandi?
ALESS.
Sol con te ragionar.
AMIN.
Signor, perdona,
Qualunque sei: d'abbeverar la greggia
L'ora già passa.
ALESS.
Andrai, ma un breve istante
Donami sol. (Che signoril sembiante!)
(piano ad Agenore
AMIN.
(Da me che mai vorrà?)
ALESS.
Come t'appelli?
AMIN.
Aminta.
ALESS.
E il padre?
AMIN.
Alceo.
ALESS.
Vive?
AMIN.
No; scorse
Un lustro già ch'io lo perdei.
ALESS.
Che avesti
Dal paterno retaggio?
AMIN.
Un orto angusto
Ond'io traggo alimento,
Poche agnelle, un tugurio e il cor contento.
ALESS.
Vivi in povera sorte.
AMIN.
Assai benigna
Sembra a me la mia stella:
Non bramo della mia sorte più bella.
ALESS.
Ma in sì scarsa fortuna...
AMIN.
Assai più scarse
Son le mie voglie.
ALESS.
Aspro sudor t'appresta
Cibo volgar.
AMIN.
Ma lo condisce.
ALESS.
Ignori
Le grandezze, gli onori.
AMIN.
E rivali non temo,
E rimorsi non ho.
ALESS.
T'offre un ovile
Sonni incomodi e duri.
AMIN.
Ma tranquilli e sicuri.
ALESS.
E chi fra queste,
Che ti fremono intorno, armate squadre,
Chi assicurar ti può?
AMIN.
Questa, che tanto
Io lodo, tu disprezzi, e il Ciel protegge,
Povera, oscura sorte.
AGEN.
(piano ad Alessandro)
Hai dubbi ancora?
ALESS.
(Quel parlar mi sorprende e m'innamora).
AMIN.
Se altro non brami, addio.
ALESS.
Senti. I tuoi passi
Ad Alessandro io guiderò, se vuoi.
AMIN.
No.
ALESS.
Perché?
AMIN.
Sedurrebbe
Ei me dalle mie cure: io qualche istante
Al mondo usurperei del suo felice
Benefico valor. Ciascun se stesso
Deve al suo stato. Altro il dover d'Aminta,
Altro è quel d'Alessandro. E' troppo angusta
Per lui tutta la terra: una capanna
Assai vasta è per me. D'agnelle io sono,
Ei duce è di guerrieri:
Picciol campo io coltivo, ei fonda imperi.
ALESS.
Ma può il Ciel di tua sorte
In un punto cangiar tutto il tenore.
AMIN.
Sì; ma il Cielo fin or mi vuol pastore.
So che pastor son io
Né cederei fin or
Lo stato d'un pastor
Per mille imperi.
Se poi lo stato mio
Il Ciel cangiar vorrà,
Il Ciel mi fornirà
D'altri pensieri.
(parte
SCENA TERZA
ALESSANDRO ed AGENORE
AGEN.
Or che dici, Alessandro?
ALESS.
Ah! certo asconde
Quel pastorel lo sconosciuto erede
Del soglio di Sidone. Eran già grandi
Le prove tue; ma quel parlar, quel volto
Son la maggior. Che nobil cor! che dole,
Che serena virtù! Sieguimi: andiamo
La grand'opra a compir. De' fasti miei
Sarà questo il più bello. Abbatter mura,
Eserciti fugar, scuoter gl'imperi
Fra' turbini di guerra,
E' il piacer che gli eroi provano in terra.
Ma sollevar gli oppressi,
Render felici i regni,
Coronar la virtù, togliere a lei
Quel che l'adombra ingiurioso velo,
E' il piacer che gli dèi provano in cielo.
Si spande al sole in faccia
Nube talor così,
E folgora e minaccia
Su l'arido terren.
Ma, poi che in quella foggia
Assai d'umori unì,
Tutta si scioglie in pioggia,
E gli feconda il sen.
(parte col séguito
SCENA QUARTA
TAMIRI in abito pastorale ed AGENORE
TAM.
Agenore! T'arresta: odi...
AGEN.
Perdona,
Leggiadra pastorella: io d'Alessandro
Deggio or su l'orme... (Oh dèi! Tamiri è quella
O m'inganna il desio?)
Principessa!
TAM.
Ah, mio ben!
AGEN.
Sei tu!
TAM.
Son io.
AGEN.
Tu qui? tu in questa spoglia?
TAM.
Io deggio a questa
Il sol ben che mi resta.
Ch'è la mia libertà, giacché Alessandro
Padre e regno m'ha tolto.
AGEN.
Oh, quanto mai
Ti piansi e ti cercai! Ma dove ascosa
Ti celasti fin or?
TAM.
La bella Elisa
Fuggitiva m'accolse.
AGEN.
E qual disegno...
Ah! m'attende Alessandro.
Addio: ritornerò.
TAM.
Senti. Alla fuga
Tu d'aprirmi un cammin, ben mio, procura:
Altrove almeno io piangerò sicura.
AGEN.
Vuoi seguir, principessa
Un consiglio più saggio? ad Alessandro
Meco ne vieni.
TAM.
All'uccisor del padre!
AGEN.
Straton se stesso uccise: ei la clemenza
Del vincitor prevenne.
TAM.
Io stessa ai lacci
Offrir la destra! Io delle greche spose
Andrò gl'insulti a tollerar!
AGEN.
T'inganni:
Non conosci Alessandro; ed io non posso
Per or disingannarti. Addio. Fra poco
A te verrò.
(in atto di partire
TAM.
Guarda: di Elisa i tetti
Colà...
AGEN.
Già mi son noti.
(come sopra
TAM.
Odi.
AGEN.
Che brami?
TAM.
Come sto nel tuo core?
AGEN.
Ah! non lo vedi?
A' tuoi begli occhi, o principessa, il chiedi.
Per me rispondete,
Begli astri d'amore:
Se voi nol sapete,
Chi mai lo saprà?
Voi tutte apprendeste
Le vie del mio core
Quel dì che vinceste
La mia libertà.
(parte
SCENA QUINTA
TAMIRI sola.
No, voi non siete, o dèi,
Quanto fin or credei,
Inclementi con me. Cangiaste, è vero,
In capanna il mio soglio, in rozzi velli
La porpora real: ma fido ancora
L'idol mio ritrovai.
Pietosi dèi, voi mi lasciaste assai.
Di tante sue procelle
Già si scordò quest'alma;
Già ritrovò la calma
Sul volto del mio ben.
Tra l'ira delle stelle
Se palpitò d'orrore,
Or di contento il core
Va palpitando in sen.
(parte
SCENA SESTA
ELISA sommamente allegra e frettolosa, poi AMINTA
ELI.
Oh lieto giorno! oh me felice! oh caro
Mio genitor! Ma... Dove andò? Pur dianzi
Qui lo lasciai. Sarà là dentro.
(accennando uno de' tuguri pastorali)
Aminta?
Aminta?... Oh stolta! Or mi sovviene; è l'ora
D'abbeverar la greggia. Al fonte io deggio,
E non qui ricercarne... E s'ei tornasse
Per altra via? Qui dee venir. S'attenda,
E si riposi; io n'ho grand'uopo.
(siede)
Oh, come
Mi balza il cor! Non mi credea che tanto
Affannasse un piacere... Eccolo... Ha scossi
Alcun que' rami... E' il mio Melampo. Ah, questo
E' un eterno aspettar!
(s'alza)
No, non poss'io
Tranquilla in questa guisa
Più rimaner.
(in atto di partire
AMIN.
Dove t'affretti, Elisa?
ELI.
Ah, tornasti una volta! Andiamo.
AMIN.
E dove?
ELI.
Al genitor.
AMIN.
Dunque ei consente...
ELI.
Il core
Non m'ingannò: sarai mio sposo, e prima
Che il sol tramonti. Impaziente il padre
N'è al par di noi. D'un così amabil figlio
Superbo, e lieto... Ei tel dirà. Vedrai
Dall'accoglienze sue... Vieni.
AMIN.
Ah! ben mio,
Lasciami respirar. Pietà d'un core
Che fra le gioie estreme...
Deh! non tardiam... respireremo insieme.
(in atto di partire
SCENA SETTIMA
AGENORE, seguìto da guardie reali e nobili di Sidone, che portano sopra bacili d'oro le regie insegne, e detti.
AGEN.
Dal più fedel vassallo
Il primo omaggio, eccelso re, ricevi.
ELI.
Che dice?
(ad Aminta
AMIN.
A chi favelli?
(ad Agenore
AGEN.
A te, signor.
AMIN.
(con viso sdegnoso)
Lasciami in pace e prendi
Alcun altro a schernir. Libero io nacqui,
Se re non sono; e, se non merto omaggi,
(crescendo il risentimento
Ho un core almen, che non sopporta oltraggi.
AGEN.
Quel generoso sdegno
Te scopre e me difende. Odimi e soffri
Che ti sveli a te stesso il zelo mio.
ELI.
Come! Aminta ei non è?
(ad Agenore
AGEN.
No.
AMIN.
E chi son io?
AGEN.
Tu Abdolonimo sei, l'unico erede
Del soglio di Sidone.
AMIN.
Io!
AGEN.
Sì. Scacciato
Dal reo Stratone, il padre tuo bambino
Al mio ti consegnò. Questi, morendo,
Alla mia fé commise
Te, il segreto e le prove.
ELI.
E il vecchio Alceo...
AGEN.
L'educò sconosciuto.
AMIN.
E tu fin ora...
AGEN.
Ed io, fin or tacendo, alla paterna
Legge ubbidii. M'era il parlar vietato,
Fin che qualche cammin t'aprisse al trono
L'assistenza de' numi. Io la cercai
Nel gran cor d'Alessandro, e la trovai.
ELI.
Oh giubilo! oh contento!
Il mio bene è il mio re.
AMIN.
(ad Agenore)
Dunque Alessandro...
AGEN.
T'attende, e di sua mano
Vuol coronarti il crin. Le regie spoglie
Quelle son, ch'ei t'invia. Questi, che vedi,
Son tuoi servi e custodi. Ah! vieni ormai;
Ah! questo giorno ho sospirato assai.
(parte
SCENA OTTAVA
ELISA allegra, AMINTA attonito.
AMIN.
Elisa?
ELI.
Aminta?
AMIN.
E' sogno?
ELI.
Ah! no.
AMIN.
Tu credi
Dunque...
ELI.
Sì; ma è strano
Questo colpo per me, benché improvviso:
Un cor di re sempre io ti vidi in viso.
AMIN.
Sarà. Vadasi intanto
Al padre tuo.
(s'incammina
ELI.
(l'arresta)
No; maggior cura i numi
Ora esigon da te. Va, regna, e poi...
AMIN.
Che! m'affretti a lasciarti?
ELI.
Ah, se vedessi
Come sta questo cor! Di gioia esulta;
Ma pur... No, no, tacete,
Importuni timori. Or non si pensi
Se non che Aminta è re. Deh! va: potrebbe
Alessandro sdegnarsi.
AMIN.
Amici dèi,
Son grato al vostro dono;
Ma troppo è caro a questo prezzo un trono
ELI.
Vanne a regnar, ben mio;
Ma fido a chi t'adora
Serba, se puoi, quel cor.
AMIN.
Se ho da regnar, ben mio,
Sarò sul trono ancora
Il fido tuo pastor.
ELI.
Ah, che il mio re tu sei!
AMIN.
Ah, che crudel timor!
A DUE
Voi proteggete, o dèi,
Questo innocente amor.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Grande e ricco padiglione d'Alessandro da un lato; ruine inselvatichite di antichi edifici dall'altro. Campo de' Greci in lontano. Guardie del medesimo in vari luoghi.
TAMIRI in atto di timore, ELISA conducendola per mano.
ELI.
Seguimi. A che t'arresti?
TAM.
Amica, oh Dio!
Tremo da capo a piè. Torniam, se m'ami,
Torniamo al tuo soggiorno.
ELI.
Io non t'intendo:
T'affretti impaziente
Pria d'Agenore in traccia; ed or nol curi,
Già vicina a trovarlo?
TAM.
Amor m'ascose
Da lungi il rischio: or che vi son, comprendo
La mia temerità.
ELI.
Perché?
TAM.
La figlia
Non son io di Stratone?
ELI.
E ben?
TAM.
Le tende
Non son quelle de' Greci? E se di loro
Mi scopre alcuno? Ah! per pietà, fuggiamo,
Cara Elisa.
ELI.
E' follia. Chi vuoi che possa
Scoprirti in queste vesti? E, se potesse
Scoprirti ognun, che n'avverrebbe? E' forse
Un barbaro Alessandro? Abbiam sì poche
Prove di sua virtù? Del re de' Persi
E la sposa e la madre
Non sai...
TAM.
Lo so; ma la sventura mia
Forse è maggior di sua virtù. Non oso
Di metterla a cimento. Andiam.
ELI.
Perdona;
Puoi tornar sola. Io nulla temo, e voglio
Cercare Aminta.
(incamminandosi verso il padigilione
TAM.
Aspetta: il tuo coraggio
M'inspira ardir.
(risoluta
ELI.
Dunque mi segui.
(incamminandosi come sopra
TAM.
(fa qualche passo e poi s'arresta)
Oh Dio!
Mille rischi ho presenti.
No, non ho cor.
ELI.
Dunque mi lasci?
(le fugge di mano
TAM.
Ah! senti.
Al mio fedel dirai
Ch'io son... ch'io venni... Oh Dio!
Tutto il mio cor tu sai:
Parlagli col mio cor.
Che mai spiegar, che mai
Dirti di più poss'io?
Tu vedi il caso mio,
E tu conosci amor.
(parte
SCENA SECONDA
ELISA, poi AGENORE
ELI.
Questa del campo greco
E' la tenda maggior: qui l'idol mio
Certo ritroverò.
AGEN.
Dove l'affretti,
Leggiadra ninfa?
(arrestandola
ELI.
Io vado al re.
(vuol passare
AGEN.
(la ferma)
Perdona:
Veder nol puoi.
ELI.
Per qual cagione?
AGEN.
Or siede
Co' suoi Greci a consiglio.
ELI.
Co' Greci suoi?
AGEN.
Sì.
ELI.
Dunque andar poss'io:
Non è quello il mio re.
(incamminandosi
AGEN.
(arrestandola)
Ferma: né pure
Al tuo re lice andar.
ELI.
Perché?
AGEN.
Che attenda
Alessandro or convien.
ELI.
L'attenda. Io bramo
Vederlo sol.
(come sopra
AGEN.
No; d'inoltrarti tanto
Non è permesso a te.
ELI.
Dunque l'avverti:
Egli a me venga.
AGEN.
E questo
Non è permesso a lui.
ELI.
Permesso almeno
Mi sarà d'aspettarlo.
(siede
AGEN.
Amica Elisa,
Va, credi a me: per ora
Deh! non turbarci. Io col tuo re fra poco
Più tosto a te verrò.
ELI.
No, non mi fido:
Tu non pensi a Tamiri
Ed a me penserai?
AGEN.
T'inganni. Appunto
Io voglio ad Alessandro
Di lei parlar. Già incominciai, ma fui
Nell'opera interrotto. Ah! va. S'ei viene,
Gli opportuni momenti
Rubar mi puoi.
ELI.
T'appagherò.
(s'alza, sincammina, poi si volge)
Frattanto
Non celare ad Aminta
Le smanie mie.
AGEN.
No.
ELI.
(come sopra)
Digli
Che le sue mi figuro.
AGEN.
Sì.
ELI.
Da me lungi, oh quanto
Penerà l'infelice!
(ad Agenore, ma da lontano
AGEN.
Molto.
ELI.
E parla di me?
(da lontano
AGEN.
Sempre.
ELI.
(torna ad Agenore)
E che dice?
AGEN.
Ma tu partir non vuoi. Se tutte io deggio
Ridir le sue querele...
(con impeto
ELI.
Vado: non ti sdegnar. Sei pur crudele!
Barbaro, oh Dio! mi vedi
Divisa dal mio ben;
Barbaro, e non concedi
Ch'io ne dimandi almen?
Come di tanto affetto
Alla pietà non cedi?
Hai pure un core in petto,
Hai pure un'alma in sen.
(parte
SCENA TERZA
AGENORE ed AMINTA
AGEN.
Nel gran cor d'Alessandro, o dèi clementi,
Secondate i miei detti
A favor di Tamiri. Ah! n'è ben degna
La sua virtù, la sua beltà... Ma dove,
Dove corri, mio re?
AMIN.
La bella Elisa
Pur da lungi or mirai: perché s'asconde?
Dov'è?
AGEN.
Partì.
AMIN.
Senza vedermi? Ingrata!
Ah! raggiungerla io voglio.
(s'incammina
AGEN.
Ferma, signor.
(l'arresta
AMIN.
Perché?
AGEN.
Non puoi.
AMIN.
Non posso?
Chi dà legge ad un re?
AGEN.
La sua grandezza,
La giustizia, il decoro, il bene altrui,
La ragione, il dover.
AMIN.
Dunque pastore
Io fui men servo? e che mi giova il regno?
AGEN.
Se il regno a te non giova,
Tu giovar devi a lui. Te dona al regno
Il Ciel, non quello a te. L'eccelsa mente,
L'alma sublime, il regio cor, di cui
Largo ei fu, la pubblica dovranno
Felicità produrre; e solo in questa
Tu déi cercar la tua. Se te non reggi,
Come altrui reggerai? come... Ah! mi scordo
Che Aminta è il re, che un suo vassallo io sono.
Errai per troppo zel: signor, perdono.
(vuole inginocchiarsi
AMIN.
Che fai? Sorgi.
(lo solleva)
Ah! se m'ami,
Parlami ognor così. Mi par sì bella,
Che di sé m'innamora,
La verità, quando mi sferza ancora.
AGEN.
Ah! te destina il fato
Veramente a regnar.
AMIN.
Ma dimmi, amico:
Non deggio amar chi m'ama? E' poco Elisa
Degna d'amore? Ho da lasciar, regnante,
Chi mi scelse pastore? I suoi timori,
Le smanie sue non denno
Farmi pietà? Chi condannar potrebbe
Fra gli uomini, fra i numi, in terra, in cielo
La tenerezza mia?
AGEN.
Nessuno: è giusta;
Ma pria di tutto...
AMIN.
Ah! pria di tutto andiamo,
Amico, a consolarla, e poi...
AGEN.
T'arresta.
Sciolto è il consiglio; escono i duci; a noi
Viene Alessandro.
AMIN.
Ov'è?
AGEN.
Non riconosci
I suoi custodi alla real divisa?
AMIN.
Dunque...
AGEN.
Attender convien.
AMIN.
Povera Elisa!
AGEN.
Ogni altro affetto ormai
Vinca la gloria in te.
Parli una volta il re,
Taccia l'amante.
Sempre un pastor sarai
Se l'arte di regnar
Pretendi d'imparar
Da un bel sembiante.
SCENA QUARTA
ALESSANDRO e detti.
ALESS.
Agenore.
(ad Agenore, che parte
AGEN.
Signor.
ALESS.
Fermati: io deggio
Poi teco favellar.
(Agenore si ferma
(ad Aminta)
Per qual cagione
Resta il re di Sidone
Ravvolto ancor fra quelle lane istesse?
AMIN.
Perché ancor non impresse
Su quella man, che lo solleva al regno,
Del suo grato rispetto un bacio in pegno.
Soffri che prima al piede
Del mio benefattor...
(vuole inginocchiarsi
ALESS.
No; dell'amico
Viene alle braccia, e, di rispetto in vece,
Rendigli amore. Esecutor son io
Dei decreti del Ciel. Tu del contento,
Che in eseguirli io provo,
Sol mi sei debitor. Per mia mercede
Chiedo la gloria tua.
AMIN.
Qual gloria, oh dèi!
Io saprò meritar, se fino ad ora
Una greggia a guidar solo imparai?
ALESS.
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
Ama la nuova greggia,
Come l'antica; e, dell'antica al pari,
Te la nuova amerà. Tua dolce cura
Il ricercar per quella
Ombre liete, erbe verdi, acque sincere
Non fu fin or? Tua dolce cura or sia
E gli agi ed i riposi
Di quest'altra cercar. Vegliar le notti,
Il dì sudar per la diletta greggia,
Alle fiere rapaci
Esporti generoso in sua difesa,
Forse è nuovo per te? Forse non sai
Le contumaci agnelle
Più allettar con la voce
Che atterrir con la verga? Ah! porta in trono,
Porta il bel cor d'Aminta, e amici i numi,
Come avesti fra' boschi, in trono avrai.
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
AMIN.
Sì. Ma in un mar mi veggo
Ignoto e procelloso. Or, se tu parti,
Chi sarà l'astro mio? da chi consigli
Prender dovrò?
ALESS.
Già questo dubbio solo
Mi promette un gran re. Del mar che varchi
Tu prevedi, e mi piace,
Già lo scoglio peggior. Darne consiglio
Spesso non sa chi vuole,
Spesso non vuol chi sa. Di fé, di zelo,
Di valor, di virtù su gli occhi nostri
Fa pompa ognun; ma sempre uguale al volto
Ognun l'alma non ha. Sceglier fra tanti
Chi sappia e voglia, è gran dottrina; e forse
E' la sola d'un re. Per mano altrui
Ben di Marte e d'Astrea l'opre più belle
Può un re compir; ma il penetrar gli oscuri
Nascondigli d'un cor, distinguer chiara
La verità tra le menzogne oppressa,
E' la grande al re solo opra commessa.
AMIN.
Ma donde un sì gran lume
Può sperare un pastor?
ALESS.
Dal Ciel, che illustra
Quei che sceglie a regnar. Nebbie d'affetti
Se dal tuo cor tu sollevar non lasci
A turbarti il seren, tutto vedrai.
Sarai buon re, se buon pastor sarai.
AMIN.
Tanto ardir da quei detti...
ALESS.
Or va... deponi
Quelle rustiche vesti, altre ne prendi,
E torna a me. Già di mostrarti è tempo
A' tuoi fidi vassalli.
AMIN.
Ah! fate, o numi,
Fate che Aminta in trono
Se stesso onori, il donatore e il dono.
Ah! per voi la pianta umìle
Prenda, o dèi, miglior sembianza,
E risponda alla speranza
D'un sì degno agricoltor!
Trasportata in colle aprico,
Mai non scordi il bosco antico,
Né la man che la feconda
D'ogni fronda e d'ogni fior.
(parte
SCENA QUINTA
ALESSANDRO ed AGENORE
AGEN.
(Or per la mia Tamiri
E' tempo di parlar).
ALESS.
La gloria mia
Me fra lunghi riposi,
O Agenore, non soffre. Oggi a Sidone
Il suo re donerò: col nuovo giorno
Partir vogl'io; ma, tel confesso, appieno
Soddisfatto non parto. Il vostro giogo
Io fransi, è vero; io ritornai lo scettro
Nella stirpe real; nel saggio Aminta
Un buon re lascio al regno, un vero amico
In Agenore al re. Sarebbe forse
Onorata memoria il nome mio
Lungamente fra voi. Tamiri, o dèi!
Sol Tamiri l'oscura. Ov'ella giunga
Fuggitiva, raminga,
Di me che si dirà? che un'empio io sono,
Un barbaro, un crudel.
AGEN.
Degna è di scusa,
Se, figlia d'un tiranno, ella temea...
ALESS.
Questo è il suo fallo: e che temer dovea?
Se Alessandro punisce
Le colpe altrui, le altrui virtudi onora.
AGEN.
L'Asia non vide altri Alessandri ancora.
ALESS.
Quanta gloria m'usurpa! Io lascerei
Tutti felici. Ah! per lei sola or questa
Riman del mio valore orma funesta.
AGEN.
(Coraggio!)
ALESS.
Avrei potuto
Altrui mostrar, se non fuggia Tamiri,
Ch'io distinguer dal reo so l'innocente.
AGEN.
Non lagnarti. Il potrai.
ALESS.
Come!
AGEN.
E' presente.
ALESS.
Chi?
AGEN.
Tamiri.
ALESS.
E mel taci?
AGEN.
Il seppi appena
Che a te venne; e or volea...
ALESS.
Corri! t'affretta!
Guidala a me.
AGEN.
Vado e ritorno.
(in atto di partire
ALESS.
Aspetta.
(pensa
(Ah! sì: mai più bel nodo
(risoluto da sé
Non strinse l'amore). Or sì contento appieno
Partir potrò. Vola a Tamiri, e dille
Ch'oggi al nuovo sovrano
Io darò la corona, ella la mano.
AGEN.
La man!
ALESS.
Sì, amico. Ah! con un sol diadema
Di due bell'alme io la virtù corono.
Ei salirà sul trono,
Senza ch'ella ne scenda;
E a voi la pace,
La gloria al nome mio
Rendo così: tutto assicuro.
AGEN.
(Oh Dio!)
ALESS.
Tu impallidisci e taci!
Disapprovi il consiglio? E' pur Tamiri...
AGEN.
Degnissima del trono.
ALESS.
E' un tal pensiero...
AGEN.
Degnissimo di te.
ALESS.
Di quale affetto
Quel tacer dunque è segno e quel pallore?
AGEN.
Di piacer, di rispetto e di stupore.
ALESS.
Se vincendo vi rendo felici,
Se partendo non lascio nemici,
Che bel giorno fia questo per me!
De' sudori, ch'io spargo pugnando,
Non dimando più bella mercé.
(parte
SCENA SESTA
AGENORE solo.
Oh inaspettato, oh fiero colpo! Ah! troppo,
Troppo, o numi inclementi,
Trascendeste i miei voti: io non chiedea
Tanto da voi. Misero me! ti perdo,
Bella Tamiri, e son cagione io stesso
Della perdita mia. Folle ch'io fui!
Bn preveder dovea... Come! ti penti,
Agenore infelice,
D'un atto illustre? E tu sei quel che tanta
Virtude ostenta? E quel tu sei, che ardisce
Di correggere i re? Torna in te stesso,
E grato ai numi... Ah! rimirar potrai
La tua bella speranza ad altri in braccio
Senza morir? No; ma la scusa è indegna,
O Agenore, di te. Se ami la vita
Men dell'onor, se più Tamiri adori
Che il tuo piacer, guidala in trono e mori.
SCENA SETTIMA
AMINTA in abito reale, e detto.
AMIN.
Eccomi a te di nuovo; ecco deposte
Le care spoglie antiche. Avvolto in questi
Lucidi impacci, alla mia bella Elisa
Mal noto forse io giungerò. Potessi
Almeno a lei mostrarmi!
AGEN.
Ah! d'altre cure,
Signore, è tempo. Or che sei re, conviene
Che a pensar tu incominci in nuova guisa.
AMIN.
Come! E che far dovrei?
AGEN.
Scordati Elisa.
AMIN.
Elisa! E chi l'impone?
AGEN.
Un cenno Augusto
Di chi può ciò che vuole, e vuole il giusto:
L'impone il ben d'un regno,
L'onor d'un trono...
AMIN.
Ah! vadan pria del mondo
Tutti i troni sossopra. Elisa è stato,
Elisa è il mio pensiero; e, fin che l'alma
Non sia da me divisa,
Sempre Elisa il sarà. Scordarmi Elisa!
Ma sai come io l'adoro?
Sai che fece per me? sai come...
AGEN.
Ah! calma
Quegl'impeti, o mio re.
AMIN.
Scordarmi Elisa!
Se lo tentassi, io ne morrei.
AGEN.
T'inganni:
Di tua virtù non ben conosci ancora
Tutto il valor. Sentimi solo; e poi...
AMIN.
Che mai, che dir mi puoi?
AGEN.
Che, quando al trono
Sceglie il Cielo un regnante...
(vede Elisa alla destra)
Ah! viene Elisa.
Fuggiam.
AMIN.
Non lo sperar.
AGEN.
Pietà, signore,
Di te, di lei. L'ucciderai, se parli
Pria di saper...
AMIN.
Non parlerò, tel giuro.
AGEN.
No: déi fuggirla. Andiam: soffri un eccesso
Dell'ardita mia fé sol questa volta.
(lo prende per mano e il trae seco in fretta verso la sinistra
SCENA OTTAVA
TAMIRI dalla sinistra, ELISA dalla destra, e detti.
TAM.
Dove, Agenore?
AGEN.
Oh stelle!
ELI.
Aminta, ascolta.
AGEN.
Ah, principessa!
AMIN.
Ah! mio tesoro!
TAM.
(ad Agenore )
E tanto
Attenderti convien?
ELI.
(ad Aminta)
Tanto bisogna
Sospirar per vederti?
TAM.
(ad Agenore )
A me pensasti?
ELI.
Pensasti a me?
(ad Aminta
TAM.
(ad Agenore )
Posso saper qual sia
Al fin la sorte mia?
ELI.
Ritrovo ancora
Il mio pastor nel re?
(ad Aminta
TAM.
(ad Agenore )
Ma tu sospiri?
ELI.
Ma tu non mi rispondi?
(ad Aminta
TAM.
Parla.
(ad Agenore
AGEN.
Dovrei... Non posso.
ELI.
Parla.
(ad Aminta
AMIN.
Vorrei... Non so.
TAM.
Come!
ELI.
Che avvenne?
TAM. ELI.
Ma parlate una volta.
AGEN.
Ah! che pur troppo
Si parlerà. Lasciateci un momento
Respirar soli in pace.
TAM.
Udisti, Elisa?
ELI.
Oh dèi, scacciarne! E tu che dici, Aminta?
AMIN.
Ch'io mi sento morire.
TAM.
Intendo.
ELI.
Intendo.
TAM.
T'avvilì la mia sorte.
ELI.
Han quelle spoglie anche il tuo cor cangiato.
TAM.
Agenore incostante!
ELI.
Aminta ingrato!
Ah, tu non sei più mio!
TAM.
Ah, l'amor tuo finì!
AMIN.
Come non dirmi, oh Dio!
AGEN.
Non dirmi, oh Dio! così.
ELI.
Dov'è quel mio pastore?
TAM.
Quel mio fedel dov'è?
AMIN.ed AGEN.
Ah, mi si agghiaccia il core!
A QUATTRO.
Ah, che sarà di me!
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Parte interna di grande e deliziosa grotta, formata capricciosamente nel vivo sasso dalla natura, distinta e rivestita in gran parte dal vivace verde delle varie piante, o dall'alto pendenti o serpeggianti all'intorno, e rallegrata da una vena di limpid'acqua, che, scendendo obliquamente fra' sassi, or si nasconde, or si mostra, e finalmente si perde. Gli spaziosi trafori, che rendono il sito luminoso, scuoprono l'aspetto di diverse amene ed ineguali colline in lontano, e, in distanza minore, di qualche tenda militare, onde si comprenda essere il luogo nelle vicinanze del campo greco.
AMINTA solo.
Aimè! declina il sol: già il tempo è scorso
Che a' miei dubbi penosi
Agenore concesse. Ad ogni fronda,
Che fan l'aure tremar, parmi ch'ei torni,
E a decider mi stringa. Io, da che nacqui,
Mai non mi vidi in tanta angustia.
(siede)
Elisa
Il suo vuol ch'io rammenti
Tenero, lungo e generoso amore:
Con mille idee d'onore
Agenore m'opprime. Io, nel periglio
Di parer vile o di mostrarmi infido
Tremo, ondeggio, m'affanno e non decido.
E questo è il regno? e così ben si vive
Fra la porpora e l'òr? Misere spoglie!
Siete premio o castigo? In questo giorno
Non ho più ben, da che mi siete intorno.
Fin che in povere lane... Oh me infelice!
Agenore già vien. Che dirgli? Oh Dio!
(si leva
Secondarlo non posso;
Resistergli non so. Troppo ha costui
Dominio sul mio cor. Mi sgrida, e l'amo;
M'affligge, e lo rispetto.
(pensa, e poi risoluto
Ah! non si venga
Seco a contesa.
SCENA SECONDA
AGENORE e detto.
AGEN.
E irresoluto ancora
Ti ritrovo, o mio re?
AMIN.
No.
AGEN.
Decidesti?
AMIN.
Sì.
AGEN.
Come?
AMIN.
Il dover mio
A compir son disposto.
AGEN.
Ad Alessandro
Dunque d'andar più non ricusi?
AMIN.
A lui
Anzi già m'incammino.
AGEN.
Elisa e trono
Vedi che andar non ponno insieme.
AMIN.
E' vero.
Né d'un eroe benefico al disegno
Oppor si dee chi ne riceve un regno.
AGEN.
Oh fortunato Aminta! oh qual compagna
Ti destinan le stelle! Amala: è degna
Degli affetti d'un re.
AMIN.
Comprendo, amico,
Tutta la mia felicità. Non dirmi
D'amar la sposa mia. Già l'amo a segno,
Che senza lei mi spiacerebbe il regno.
L'amerò, sarò costante:
Fido sposo e fido amante,
Sol per lei sospirerò.
In sì caro e dolce oggetto
La mia gioia, il mio diletto,
La mia pace io troverò.
(parte
SCENA TERZA
AGENORE solo.
Uscite al fine, uscite,
Trattenuti sospiri,
Dal carcere del cor; più nol contende
Al fin la mia virtù. L'onor, la fede
Son soddisfatti appieno:
Abbia l'amor qualche momento almeno.
Oh Dio, bella Tamiri, oh Dio...
SCENA QUARTA
ELISA e detto.
ELI.
Ma senti,
Agenore: quai fole
S'inventan qui per tormentarmi? E' sparso
Ch'oggi Aminta a Tamiri
Darà la man di sposo, e si pretende
Che a tal menzogna io presti fé. Dovrei,
Per crederlo capace
Di tanta infedeltà, conoscer meno
D'Aminta il cor. Ma chi sarà costui
Che ha dell'affanno altrui
Sì maligno piacer?
AGEN.
Mia cara Elisa,
Esci d'error: nessun t'inganna.
ELI.
E sei
Tu sì credulo ancor? tu ancor faresti
Sì gran torto ad Aminta?
AGEN.
Io non saprei
Per qual via dubitarne.
ELI.
E mi abbandona
Dunque Aminta così... No, non è vero:
Ti lasciasti ingannar. Donde apprendesti
Novella sì gentil?
AGEN.
Da lui.
ELI.
Da lui!
AGEN.
Sì, dall'istesso Aminta.
ELI.
Dove?
AGEN.
Qui.
ELI.
Quando?
AGEN.
Or ora.
ELI.
E disse?
AGEN.
E disse
Che al voler d'Alessandro
Non dessi oppor chi ne riceve un regno.
ELI.
Santi numi del ciel! Come! a Tamiri
Darà la man?
AGEN.
La mano e il cor.
ELI.
Che possa
Così tradirmi Aminta!
AGEN.
Ah! cangia, Elisa,
Cangia ancor tu pensiero,
Cedi al destin.
ELI.
(con impeto ma piangendo)
No, non sarà mai vero:
Non lo speri Alessandro,
Nol pretenda Tamiri. Egli è mio sposo;
La sua sposa son io:
Io l'amai da che nacqui; Aminta è mio.
AGEN.
E' giusto, o bella ninfa,
Ma inutile il tuo duol. Se saggia sei,
Credimi, ti consola.
ELI.
Io consolarmi?
Ingegnoso consiglio
Facile ad eseguir!
AGEN.
L'eseguirai,
Se imitar mi vorrai. Puoi consolarti,
E ne déi dall'esempio esser convinta.
ELI.
Io non voglio imitarti;
Consolarmi io non voglio: io voglio Aminta.
AGEN.
Ma s'ei più tuo non è, con quei trasporti
Che puoi far?
ELI.
Che posso far? Ad Alessandro,
Agli uomini, agli dèi pietà, mercede,
Giustizia chiederò. Voglio che Aminta
Confessi a tutti in faccia
Che del suo cor m'ha fatto dono; e voglio,
Se pretende il crudel che ad altri il ceda,
Voglio morir d'affanno, e ch'ei lo veda.
Io rimaner divisa
Dal caro mio pastore!
No, non lo vuole Amore;
No, non lo soffre Elisa;
No, sì tiranno il core
Il mio pastor non ha.
Ch'altri il mio ben m'involi,
E poi ch'io mi consoli!
Come non hai rossore
Di sì crudel pietà?
(parte
SCENA QUINTA
AGENORE, poi TAMIRI
AGEN.
Povera ninfa! io ti compiango, e intendo
Nella mia la tua pena. E pure Elisa
Ha di me più valor. Perde il suo bene
Ed ha il cor di vederlo: a tal cimento
La mia virtù non basta. Io da Tamiri
Convien che fugga; e ritrovar non spero
Alla mia debolezza altro ricorso.
(in atto di partire)
TAM.
Agenore, t'arresta.
AGEN.
(O dèi, soccorso!)
TAM.
D'un regno debitrice
(con ironia
Ad amator sì degno
Dunque è Tamiri?
AGEN.
Il debitore è il regno.
TAM.
Perché sì gran novella
(con ironia)
Non recarmi tu stesso? Io dal tuo labbro
Più che da un foglio tuo l'avrei gradita.
AGEN.
Troppo mi parve ardita
Quest'impresa, o regina.
TAM.
(con risentimento)
Era men grande
Che il cedermi ad Aminta.
AGEN.
E' ver; ma forse
L'idea del dover mio
In faccia a te... Bella regina, addio.
TAM.
Sentimi. Dove corri?
AGEN.
A ricordarmi
Che sei la mia sovrana.
TAM.
Sol tua mercé.
(con ironia
AGEN.
Ch'io d'esser teco evìti
Chiede il rispetto mio.
TAM.
(con isdegno)
Tanto rispetto
E' immaturo fin or: sarà più giusto
Quando al tuo re la mano
Porger m'avrai veduto.
AGEN.
Io nol vedrò.
TAM.
(con impeto)
Che! nol vedrai! Ti voglio
Presente alle mie nozze.
AGEN.
Ah! no, perdona:
Questo è l'ultimo addio.
TAM.
Senti. Ove vai?
AGEN.
Ove il Ciel mi destina.
TAM.
E ubbidisci così la tua regina?
(con impeto
AGEN.
Già senza me...
TAM.
No, senza te sarebbe
La mia sorte men bella.
AGEN.
E che pretendi?
TAM.
Che mi vegga felice
(con ironia
Il mio benefattore, e si compiaccia
Dell'opra sua.
AGEN.
(Che tirannia!) Deh! cangia,
Tamiri, per pietà...
TAM.
(con impeto)
Prieghi non odo,
Né scuse accetto: ubbidienza io voglio
Da un suddito fedele.
AGEN.
(Oh Dio!)
TAM.
M'udisti?
(come sopra
AGEN.
Ubbidirò, crudele.
TAM.
Se tu di me fai dono,
Se vuoi che d'altri io sia,
Perché la colpa è mia?
Perché io son crudel?
La mia dolcezza imìta:
L'abbandonata io sono,
E non t'insulto ardita,
Chiamandoti infedel.
(parte
SCENA SESTA
AGENORE solo.
Misero cor! credevi
D'aver tutte soffert
Le tirannie d'amore. Ah! non è vero:
Ancor la più funesta,
Misero core, a tollerar ti resta.
Sol può dir come si trova
Un amante in questo stato,
Qualche amante sfortunato,
Che lo prova al par di me.
Un tormento è quel ch'io sento
Più crudel d'ogni tormento;
E' un tormento disperato,
Che soffribile non è.
(parte
SCENA SETTIMA
Parte dello spazio circondato dal gran portico del celebre tempio di Ercole tirio.
Fra l'armonia strepitosa de' militari stromenti esce ALESSANDRO, preceduto da' capitani greci e seguìto da' nobili di Sidone; poi TAMIRI, indi AGENORE
ALESS.
Voi, che fausti ognor donate
Nuovi germi a' lauri miei,
Secondate, amici dèi,
Anche i moti del mio cor.
Sempre un astro luminoso
Sia per voi la gloria mia;
Pur che sempre un astro sia
Di benefico splendor.
Olà! che più si tarda? Il sol tramonta:
Perché il re non si vede?
Dov'è Tamiri?
TAM.
E' d'Alessandro al piede.
ALESS.
Sei tu la principessa?
TAM.
Son io.
AGEN.
Signor, non dubitarne: è dessa.
TAM.
Perdonare a' nemici
Sanno gli eroi; ma sollevarli al trono
Sanno sol gli Alessandri. Io dirti i moti,
Signor, non so, che per te sento in petto.
Vincitor ti rispetto, eroe t'onoro.
ALESS.
E' gran premio dell'opra
Render superbo un trono
Di sì amabil regina.
TAM.
Ancor nol sono.
ALESS.
Ma sol manca un istante.
TAM.
Odi. Agenore, amante,
La mia grandezza all'amor suo prepone.
Se alla grandezza mia posporre io debba
Un'anima sì fida,
Esamini Alessandro e ne decida.
Quel, che nel caso mio
Alessandro faria, far voglio anch'io.
ALESS.
E tu sapesti, amando...
(ad Agenore
AGEN.
Odila; e vedi
Se usurpar dessi al trono
Un'anima sì bella.
ALESS.
(a Tamiri)
E tu sì grata
Dunque ti senti a lui...
TAM.
L'ascolta; e dimmi
Se merita un castigo
Tanta virtù.
AGEN.
Ma, principessa, or ora
Lieta pur mi paresti
Del nuziale invito.
TAM.
No; ma tu mi credesti
Più ambiziosa che amante: io t'ho punito.
ALESS.
Dèi, qual virtù! qual fede!
SCENA OTTAVA
ELISA e detti.
ELI.
Ah! giustizia, signor, pietà, mercede!
ALESS.
Chi sei? che brami?
ELI.
Io sono Elisa. Imploro
D'Alessandro il soccorso
A pro d'un core ingiustamente oppresso.
ALESS.
Contro chi mai?
ELI.
Contro Alessandro istesso.
ALESS.
Che ti fece Alessandro?
ELI.
Egli m'invola
Ogni mia pace, ogni mio ben; d'affanno
Ei vuol vedermi estinta.
D'Aminta io vivo: ei mi rapisce Aminta.
ALESS.
Aminta? E qual ragione
Hai tu sopra di lui?
ELI.
Qual! Da bambina
Ebbi il suo core in dono, e sino ad ora
Sempre quel core ho posseduto in pace.
E' un ingiusto, è un rapace
Chi ne dispon, s'io non lo cedo; ed io
La vita cederò, non l'idol mio.
ALESS.
Colui che il cor ti diè, ninfa gentile,
Era Aminta il pastore: a te giammai
Abdolonimo il re non diede il core.
SCENA ULTIMA
AMINTA in abito pastorale, seguìto da pastorelli, che portano sopra due bacili le vesti reali, e detti.
AMIN.
Signor, io sono Aminta e son pastore.
ALESS.
Come!
AMIN.
Le regie spoglie
Ecco al tuo piè.
(si depongono i bacili a' piedi di Alessandro)
Con le mie lane intorno,
Alla mia greggia, alla mia pace io torno.
ALESS.
E Tamiri non è...
AMIN.
Tamiri è degna
Del cor d'un re; ma non è degna Elisa
Ch'io le manchi di fé. Pastor mi scelse;
Re non deggio lasciarla. Elisa e trono
Giacché non vanno insieme, abbiasi il regno
Chi ha di regnar talento:
Purché Elisa mi resti, io son contento;
Ché un fido pastorello,
Signor, sia con tua pace,
Più che un re senza fede, esser mi piace.
AGEN.
Che ascolto!
ALESS.
Ove son io!
ELI.
Agenore, io tel dissi: Aminta è mio.
ALESS.
Oh dèi! Quando felici
Tutti io render pretendo,
Miseri, ad onta mia, tutti io vi rendo!
Ah! non sia ver. Sì generosi amanti
Non divida Alessandro. Eccoti, Aminta,
La bella Elisa. Ecco, Tamiri, il tuo
Agenore fedel.
(ad Aminta ed Elisa)
Voi di Sidone
Or sarete i regnanti;
(ad Agenore e Tamiri)
e voi soggetti
Non resterete. A fabbricarvi il trono
La mia fortuna impegno;
Ed a tanta virtù non manca un regno.
TAM. AGEN.
Oh grande!
AMIN. ELI.
Oh giusto!
ALESS.
Ah! vegga al fin Sidone
Coronato il suo re.
AMIN.
Ma in queste spoglie...
ALESS.
In queste spoglie a caso
Qui non ti guida il Cielo. Il Ciel predice
Del tuo regno felice
Tutto, per questa via, forse il tenore:
Bella sorte d'un regno è il re pastore.
CORO
Dalla selva e dall'ovile
Porti al soglio Aminta il piè;
Ma per noi non cangi stile:
Sia pastore il nostro re.
FINE