Il rifugio

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IL RIFUGIO

di Agata Christie

traduzione di Luciana Crepax

Personaggi:

HENRIETTA ANGKATELL

SIR HENRY ANGKATELL

LADY ANGKATELL, sua moglie

MIDGE HARVEY, cugina di Sir Henry

EDWARD ANGKATELL, cugino di Sir Henry

GUDGEON, maggiordomo

DORIS, cameriera

JOHN CRISTOW, medico

GERDA CRISTOW, sua moglie

VERONICA CRAYE, attrice

COLQUHOUN, ispettore di polizia

PENNY, sergente di polizia

Scene:

Il salotto sul giardino della villa di Sir Henry Angkatell, “Il Rifugio”, a circa trenta chilometri da Londra. È l’inizio di settembre, un venerdì pomeriggio. La stanza è arredata con semplicità e buon gusto. Sulla parete di fondo, al centro, una portafinestra soprelevata di tre gradini si apre su una terrazza all’estremità della quale, oltre un muretto di recinzione, si vede il pendio boscoso sul quale è costruita la casa. Al centro della parete di destra, soprelevata di un gradino, un’altra portafinestra, più piccola, dà su un giardino fitto di arbusti. A sinistra, verso il proscenio, una porta conduce all’interno della casa. Sulla parete di fondo, a sinistra della portafinestra, si accede a un’alcova attraverso un arco chiuso da una tenda pesante che la isola dal resto della stanza. In fondo all’alcova, davanti a una libreria a muro, un tavolino con un vaso d’argento pieno di rose. Nell’alcova si deve presupporre la presenza di una scultura non visibile dalla platea. Il camino è al centro della parete di sinistra. A destra di ciascuna delle due portefinestre, sulla parete di fondo e sulla parete di destra verso il proscenio, c’è una serie di scaffali a muro colmi di libri bene allineati. Davanti agli scaffali inseriti nella parete di destra, un piccolo scrittoio con una lampada da tavolo, un telefono, una poltroncina e un cestino della carta straccia. Accanto allo scrittoio, su un piedistallo, una scultura astratta. Davanti agli scaffali inseriti nella parete di fondo, un tavolo grande, con una lampada, sul quale verrà posato il vassoio dei liquori. Davanti al camino, su un supporto, una radio. L’arredamento è completato da un ampio divano al centro con un tavolino basso davanti, una poltrona a sinistra e da un pouf accanto al camino. Ci sono tappeti in terra e tendine allegre alle finestre. La sera, la stanza è illuminata oltre che dalla lampada sullo scrittoio e sul tavolo, da un lume a braccio a sinistra della portafinestra di centro e da. due piccole lampade ai lati della mensola del camino. Qualche quadretto appeso al muro sopra il camino, un quadro più grande rappresenta, in un clima fiabesco, una casa georgiana ornata di colonne e circondata da alberi. L’interruttore della luce e il campanello sono sulla parete a sinistra del camino. Un altro interruttore, che comanda la luce nell’alcova, è a destra dell’arco. Ai lati della portafinestra di centro, due grandi vasi di fiori posati a terra.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Quando si alza il sipario, tutte le portefinestre sono aperte. È un pomeriggio di bel tempo. Sir Henry Angkatell, anziano, dall’aspetto aristocratico, è seduto sul divano e legge il Times. Attraverso la portafinestra di centro si vede Henrietta Angkatell intenta a modellare una scultura in creta posata su un treppiede. È bella, ha circa trentatré anni, indossa sopra un vestito di tweed adatto alla campagna, una casacca da pittore. Si allontana di qualche passo dalla scultura per guardarla meglio, si riavvicina, si allontana ancora e infine entra e va verso il tavolino davanti al divano. È accigliata, ha una macchia di creta sul naso.

HENRIETTA - (entrando) Uffa!

SIR HENRY - (alzando gli occhi dal giornale) Che cosa c’è che non va?

HENRIETTA - (prende una sigaretta dalla scatola sul tavolino) Ho scelto un mestiere difficile.

SIR HENRY - Dovresti avere dei modelli.

HENRIETTA - Ma questa è una scultura astratta.

SIR HENRY - Come… (indica con manifesta avversione la scultura a destra, sul piedistallo) come quella?

HENRIETTA - (avvicinandosi al camino) Dice niente di interessante il Times? (Prende l’accendisigari dal ripiano del camino e si accende la sigaretta)

SIR HENRY - È morta una quantità di gente. (La guarda) Hai un po’ di creta sul naso.

HENRIETTA - Che cosa?

SIR HENRY - La creta, te n’è rimasta un po’ sul naso.

HENRIETTA - (si guarda allo specchio sopra il camino; distrattamente) Ah, è vero. (Si strofina il naso e la fronte)

SIR HENRY - Adesso te la sei sparsa dappertutto.

HENRIETTA - È così importante?

SIR HENRY - No no, non è importante. (Henrietta torna in terrazza e riprende a lavorare. Lady Angkatell entra da destra. È sulla sessantina, raffinata e affascinante, molto svagata ma con una forte personalità. Sembra che stia continuando una conversazione già iniziata)

LADY ANGKATELL - Povera me… tra una cosa e l’altra… Ho lasciato qui la trappola per le talpe? (Prende la trappola dalla mensola del camino) Ah sì, eccola; il guaio con le talpe è che non si sa mai dove vanno a ficcarsi; la natura, nel suo equilibrio, è previdente… Non ho ragione Henry?

SIR HENRY - Non posso dirlo, cara, se non so di che cosa stai parlando.

LADY ANGKATELL - Ma io darò loro una caccia spietata, ho deciso. (Esce da destra; la sua voce svanisce in lontananza)

HENRIETTA - (si affaccia alla soglia della portafinestra al centro) Che cosa diceva Lucy?

SIR HENRY - Niente, vaniloqui alla Lucy. Sai che sono già le sei e mezzo?

HENRIETTA - È meglio che smetta di lavorare. Verranno in automobile? (Copre la scultura con un panno bagnato)

SIR HENRY - Tutti tranne Midge, che arriverà con l’autobus della Green Line. Dovrebbe essere già qui.

HENRIETTA - Midge è la più simpatica di tutti noi, sei d’accordo? (Spinge il treppiede a destra, in modo che dalla finestra non lo si vede più)

SIR HENRY - Non so, l’osserverò attentamente e poi ti darò una risposta.

HENRIETTA - (entra dal centro, ridendo) Be’, se non altro è la meno strampalata, ha una mente sana. (Si strofina le mani sulla casacca per pulirle)

SIR HENRY - La mia mente è sanissima!

HENRIETTA - (si toglie la casacca) Sì… sì, forse sì. (Posa la casacca sullo schienale della poltrona)

SIR HENRY - Sempre che ci si possa conservare sani di mente vivendo accanto a Lucy, che Dio la benedica! (Ride. Henrietta ride, si avvicina al camino e fa cadere la cenere della sigaretta in un portacenere che è sulla mensola. Appoggia il giornale sul tavolino davanti al divano) Henrietta, sono preoccupato per Lucy.

HENRIETTA - Preoccupato? Perché?

SIR HENRY - Perché non ammette che ci siano cose che non deve fare.

HENRIETTA - (guardandosi nello specchio) Non capisco bene quello che vuoi dire. (Si mette in ordine i capelli) Prende tutto alla leggera, si burla delle tradizioni! Le mogli dei governatori devono adeguarsi a certe consuetudini, ma Lucy non ci pensa neppure, scherza sulle precedenze ai pranzi ufficiali, e ti assicuro, cara Henrietta, che questo è il peggiore dei crimini. (Henrietta si volta a guardarlo. Si batte una mano sulla tasca per sentire se c’è la borsa del tabacco) Se ha due ospiti che si detestano, li mette seduti uno accanto all’altro, stimola le divergenze di opinione e il bello è che, invece di suscitare un pandemonio, riesce sempre a cavarsela. (Henrietta prende la scatola del tabacco dalla mensola del camino e la porge a Sir Henry) Oh, grazie. Forse perché sorride a tutti e sembra così dolce, indifesa… Lo stesso fa coi domestici: gli dà un mucchio di fastidi e loro, in cambio, l’adorano.

HENRIETTA - È vero. (Siede sul divano) Riesce a farti accettare quello che non sopporteresti da nessun altro. Che cos’è? Fascino? Ipnotismo?

SIR HENRY - (riempiendosi la pipa) Non so, era così anche da ragazza, ma ora va peggiorando. Non capisce che a tutto c’è un limite, un giorno o l’altro ammazzerà qualcuno e pretenderà che tutti le dicano che ha fatto bene.

HENRIETTA - (si alza e raccoglie da terra un pezzetto di creta) Caro Henry, tu e Lucy siete degli angeli a lasciarmi fare tutta questa confusione a casa vostra. Ho perfino sporcato il tappeto. (Va a buttare il pezzetto di creta nel cestino accanto allo scrittoio) Quando mi si è incendiato lo studio mi sono vista perduta, siete stati molto buoni a invitarmi a stare con voi.

SIR HENRY - Ma noi siamo orgogliosi di te! Sto proprio leggendo un articolo del Times sulla tua mostra.

HENRIETTA - (si avvicina al tavolino davanti al divano e prende in mano il Times) Dov’è?

SIR HENRY - In alto, guarda. Naturalmente io non me ne intendo, ma…

HENRIETTA - (leggendo) “La mostra più interessante di quest’anno…” Stupidaggini! Vado a cambiarmi. (Lascia il giornale sul divano, prende la casacca ed esce in fretta. Sir Henry si alza, mette il giornale e la scatola del tabacco sul tavolino davanti al divano, toglie dai cuscini dei pezzetti di creta e li va a gettare nel cestino della carta straccia, si avvicina al tavolo e prende una scatola di fiammiferi. Midge Harvey entra dalla portafinestra al centro. È piccola di statura, vestita con proprietà ma modestamente. È una ragazza semplice e affettuosa, un po’ più giovane di Henrietta. Ha in mano una valigia)

MIDGE - (entrando) Buongiorno, cugino Henry!

SIR HENRY - (voltandosi) Midge! (Le va incontro, le toglie di mano la valigia e le dà un bacio) Che gioia vederti!

MIDGE - Che gioia vedere te, caro Henry!

SIR HENRY - Come stai?

MIDGE - Benissimo.

SIR HENRY - Non ti fanno lavorare troppo in quel maledetto negozio?

MIDGE - Gli affari languono, per il momento, altrimenti non sarei riuscita ad avere libero il weekend. L’autobus era affollato, ci ho messo molto più tempo di quel che immaginavo. (Siede sul divano, mette vicino a sé i guanti e la borsetta e guarda verso il giardino) Mi sembra di essere in paradiso, qui. Chi viene per il weekend?

SIR HENRY - (posa la valigia in terra, accanto alla poltrona) Saremo in pochi. Vengono i Cristow, li conosci?

MIDGE - Quel medico che ha lo studio in Harley Street e una moglie un po’ ottusa?

SIR HENRY - Sì, loro due e nessun altro. Ah… (accende un fiammifero) Edward, verrà anche lui.

MIDGE - (colpita) Edward?

SIR HENRY - (si accende la pipa) Sì, strano vero, ormai non si allontana quasi più da Ainswick.

MIDGET (alzandosi) Ainswick! Caro, meraviglioso Ainswick! (Va a guardare il quadro appeso sopra il camino)

SIR HENRY - Sì, è davvero una bella casa.

MIDGE - La casa più bella del mondo.

SIR HENRY - (rimette sul tavolo la scatola dei fiammiferi) Che giornate vi abbiamo passato!

MIDGE - Le giornate più felici della mia vita. (Lady Angkatell entra da destra con un grosso vaso di terracotta vuoto)

LADY ANGKATELL - Lo crederesti? Hanno avuto il coraggio di rifarlo! Hanno strappato tutta una fila di lobelie appena spuntate! Se almeno durasse il bel tempo…

SIR HENRY - C’è Midge…

LADY ANGKATELL - Dov’è? (Si avvicina a Midge e le dà un bacio) Midge carissima, non ti avevo vista! (A Sir Henry) Speriamo che faccia bel tempo! Di che cosa stavate parlando quando sono entrata?

SIR HENRY - Di Ainswick.

LADY ANGKATELL - (siede sulla poltrona: cambia improvvisamente atteggiamento) Ainswick!

SIR HENRY - (battendole una mano sulla spalla) Lucy, Lucy… (Leggermente turbato, esce da sinistra)

MIDGE - (indicando il vaso di terracotta) Perché l’hai portato in casa?

LADY ANGKATELL - Chi lo sa? Mettilo fuori. (Midge prende il vaso e lo mette in terrazza, dove non lo si vede dalla stanza) Grazie cara. Come dicevo prima, speriamo che faccia bel tempo, perché avere tante persone così diverse chiuse in casa… (Si guarda attorno) Dove sei? (Midge si avvicina alla poltrona) Ah, eccoti qui. È dieci volte peggio, no?

MIDGE - Che cosa è dieci volte peggio?

LADY ANGKATELL - Si può sempre fare qualche gioco di società, è vero, ma se va a finire come l’anno scorso… povera Gerda, non potrò mai perdonarmelo! E pensare che è così gentile! Quando uno è gentile, chi sa perché, è sempre un po’ scemo. Dev’essere una legge di compensazione e ti dirò che a me sembra una legge giusta.

MIDGE - Di che cosa stai parlando, Lucy?

LADY ANGKATELL - Del weekend, Midge. (Le prende una mano) È un tal sollievo averti qui, sei così saggia!

MIDGE - Sono saggia, ma non ho ancora capito di che cosa stai parlando.

LADY ANGKATELL - John è simpaticissimo, brillante, pieno di idee… tutti i medici di successo sono così, ma con Gerda, bisogna sforzarsi di essere molto molto gentili.

MIDGE - (avvicinandosi al camino) Non esagerare, povera Gerda!

LADY ANGKATELL - Non ti ricordi che occhi ha? Sembra una mucca preoccupata, non capisce mai quello che le si dice.

MIDGE - Lucy, forse non capisce quello che le dici tu e non so darle torto. Parli con la velocità del pensiero, procedi a salti! (Va a sedersi sul pouf)

LADY ANGKATELL - Anche le scimmie saltano. Per fortuna c’è Henrietta. In primavera è stata bravissima: giocavano alle sciarade o agli anagrammi, insomma a una di quelle stupidaggini e, quando avevamo tutti già finito, ci siamo accorti che la povera Gerda non aveva ancora incominciato. Non aveva nemmeno capito com’era il gioco! Terribile, eh?

MIDGE - Lucy, tra i giochi di società e la tua conversazione mi domando perché tutti vengano volentieri a trovarvi.

LADY ANGKATELL - Hai ragione siamo insopportabili. (Si alza, si avvicina al tavolino davanti al divano e prende la scatola del tabacco) Poverina, lei era tutta stordita e John stava per perdere la pazienza, per fortuna è intervenuta Henrietta (mette la scatola del tabacco sulla mensola del camino) e le ha chiesto il modello del suo giacchettino a ferri, un oggetto che metteva paura, verde pisello, tutto palline gonfietti e pom pom, insomma ripugnante, ma Gerda si è illuminata. Purtroppo Henrietta ha dovuto comperare la lana e mettersi al lavoro.

MIDGE - E il risultato?

LADY ANGKATELL - Mostruoso. Be’… a Henrietta stava bene, o quasi. Vedi, per questo è brutto il mondo, ti sembra giusto che…

MIDGE - Mah, meglio non divagare. Parliamo del weekend. (Lady Angkatell va a sedersi sul divano) Ti do un consiglio: evita i giochi di società, non parlare di tre cose in una volta davanti Gerda e metti Henrietta di guardia a dissipare i momenti di imbarazzo…

LADY ANGKATELL - Tutto bene se non venisse Edward.

MIDGE - (ha una impercettibile reazione nervosa) Edward? (Si alza e fa qualche passo, restando voltata verso il camino) È vero. Perché l’hai invitato, Lucy?

LADY ANGKATELL - Non l’ho invitato, ha telegrafato se poteva venire. Sai com’è suscettibile, se gli avessi risposto di no non l’avremmo visto mai più. È fatto così.

MIDGE - Lo so.

LADY ANGKATELL - Se Henrietta si decidesse a sposarlo! (Midge si volta a guardarla) Sono sicura che le piace. Peccato che non possano star soli in questo weekend, senza i Cristow. John ha un’influenza pessima su Edward, quando sono insieme John fa il di più ed Edward il di meno, non so se riesco a spiegarmi. (Midge annuisce) Sarà tutto molto complicato, lo sento. (Prende in mano il Daily Graphic. Gudgeon entra da sinistra. Ha tutte le caratteristiche del perfetto maggiordomo)

GUDGEON - Il signor Edward. (Edward Angkatell entra da sinistra. È alto, leggermente curvo, tra i trentacinque e i quarantacinque, con un bel sorriso un po’ timido. Ha l’aspetto di un intellettuale, porta un vestito di tweed di buon taglio, ma trasandato. Gudgeon esce da sinistra)

LADY ANGKATELL - (si alza e va incontro a Edward) Edward! Stavamo proprio dicendo che sei stato gentile a venirci a trovare.

EDWARD - Lucy, Lucy. Sei stata tu gentile a lasciarmi venire. (Rivolto a Midge, piacevolmente sorpreso) Oh, ecco la piccola Midge! (Le si rivolge sempre con un tono affettuoso e indulgente, come se si trattasse di una bambina) Come sei cresciuta!

MIDGE - (leggermente stizzita) È da anni che sono cresciuta.

EDWARD - È probabile, ma non me n’ero accorto.

MIDGE - Lo so.

EDWARD - Ad Ainswick il tempo si è fermato. (Lady Angkatell si volta con un movimento brusco, posa il giornale sul tavolino davanti al divano e si avvicina al tavolo grande) Mi ricordo sempre di te, in quei giorni di vacanza, quando era ancora vivo lo zio Hugh! (Rivolto a Lady Angkatell) Perché non vieni più spesso ad Ainswick, Lucy? È ancora tanto bello!

LADY ANGKATELL - Davvero, Edward? (Gudgeon entra da sinistra)

GUDGEON - (a Lady Angkatell) Mi scusi, ma la signora Medway vorrebbe parlarle. Non sa che cosa preparare come entrée.

LADY ANGKATELL - Fegatini di pollo. I macellai ignorano l’importanza dei fegatini di pollo, scommetto che non sono ancora arrivati.

GUDGEON - Sono arrivati, milady, ma la signora Medway non è sicura di… (Lady Angkatell esce da sinistra. Gudgeon la segue e si chiude la porta alle spalle)

EDWARD - (si toglie di tasca il portasigarette) Qualche volta ho l’impressione che Lucy soffra, pensando ad Ainswick. Perché?

EDWARD - Era casa sua… (Prende una sigaretta)

MIDGE - Posso?

EDWARD - (porgendole il portasigarette) Certo. (Midge prende una sigaretta) Se fosse stata un uomo la casa sarebbe toccata a lei, non a me. Credi che si senta defraudata? (Si rimette in tasca il portasigarette e tira fuori un accendino)

MIDGE - No, anche tu sei un Angkatell ed è quello che conta. Gli Angkatell sono molto uniti, si sposano sempre tra cugini…

EDWARD - Ma a lei piace molto Ainswick.

MIDGE - Sì, più che qualsiasi cosa al mondo. (Alza gli occhi a guardare il quadro appeso sopra il camino) È così intensa l’atmosfera di questo quadro che la si respira per tutta la casa. (Si volta verso Edward) Ma se pensi che Lucy si senta defraudata, ti sbagli.

EDWARD - (accende la sigaretta a Midge) Non riesco mai a capire quello che pensa Lucy. (Si avvicina al divano e accende anche la propria sigaretta) Forse è il suo fascino.

MIDGE - Sì, è la creatura più affascinante che conosco… e anche la più irritante.

HENRIETTA - Oh, Edward!

EDWARD - Henrietta, sono felice di vederti!

HENRIETTA - Come va Ainswick?

EDWARD - È al massimo dello splendore.

HENRIETTA - (rivolta a Midge) Midge carissima, come stai?

EDWARD - (offrendo da fumare a Henrietta) Dovresti venire qualche volta ad Ainswick.

HENRIETTA - (prende una sigaretta) Lo so, ti ricordi come ci divertivamo da bambini? (Lady Angkatell entra da sinistra. Ha in mano un’aragosta attaccata a un pezzetto di spago)

LADY ANGKATELL - (Si avvicina al tavolino davanti al divano) I commercianti sono come i giardinieri, approfittano della nostra incompetenza. Non è così, Edward? Se chiedi a un giardiniere di farti dei bei cespugli, comincia a cercare mille scuse… (Si accorge improvvisamente dell’aragosta) E questa che cos’è?

EDWARD - Mi sembra un’aragosta.

LADY ANGKATELL - Già, è proprio un’aragosta. Dove l’ho presa? Perché l’ho portata qui?

HENRIETTA - L’avrai presa dal tavolo di cucina.

LADY ANGKATELL - (appoggia l’aragosta sullo schienale del divano) Oh, adesso mi ricordo, avevo pensato che qui sarebbe stato bene un cuscino di questo colore. Voi che ne dite?

HENRIETTA - Io dico di no.

LADY ANGKATELL - No? Allora no. Era un pensiero come un altro. (Gudgeon entra da sinistra e si avvicina a Lady Angkatell con un vassoio)

GUDGEON - (impassibile) Chiedo scusa, milady, la signora Medway vorrebbe l’aragosta. (Lady Angkatell mette l’aragosta sul vassoio) Grazie, milady. (Esce da sinistra. Tutti ridono)

LADY ANGKATELL - Gudgeon è straordinario. (Siede sul divano) Arriva sempre al momento giusto.

HENRIETTA - (a parte) Hai da accendere, Midge?

EDWARD - (offre una sigaretta a Lady Angkatell) Come va il tuo lavoro, Henrietta?

LADY ANGKATELL - Sai che non fumo, Edward. (Midge prende l’accendisigari dalla mensola del camino)

HENRIETTA - Il mio lavoro? Ho finito quella grande figura femminile in legno per il “Gruppo Internazionale”. La vuoi vedere?

EDWARD - Sì.

HENRIETTA - È nascosta nel cosiddetto “cantuccio della colazione”. È stato l’agente che ha venduto la casa a Henry che l’ha definito così. (Midge le accende la sigaretta e rimette l’accendisigari sulla mensola del camino)

LADY ANGKATELL - Grazie al cielo in vita mia non ho mai fatto colazione in un cantuccio. (Tutti ridono. Henrietta si avvicina all’alcova, apre la tenda, accende la luce e si allontana per far posto a Edward e Midge)

HENRIETTA - Il titolo è “Adorazione”.

EDWARD - (colpito) Ha una grande forza espressiva. Anche il materiale è bello. Che legno è?

HENRIETTA - Legno di pero.

EDWARD - (lentamente) È un’immagine inquietante.

MIDGE - (nervosamente) È quasi sgradevole.

EDWARD - Il collo così spinto in avanti, le spalle curve, quell’atteggiamento di umiltà unito al fanatismo del viso… lo sguardo… è cieca?

HENRIETTA - Sì…

EDWARD - Che cosa guarda, se non vede?

HENRIETTA - (allontanandosi) Non so, forse il suo Dio.

LADY ANGKATELL - (sottovoce) Povera Henrietta!

HENRIETTA - Che cos’hai detto, Lucy? (Edward si avvicina al camino e vi fa cadere la cenere della sigaretta)

LADY ANGKATELL - (alzandosi) Niente. (Guarda verso il giardino) Carini quei fringuelli! Bisognerebbe osservarli con un binocolo. (Si volta) Ci sono ancora gli aironi ad Ainswick, Edward?

EDWARD - Oh sì, vicino al fiume.

LADY ANGKATELL - (a bassa voce) Vicino al fiume… com’era bello! (Esce da destra e la sua voce si disperde in lontananza)

EDWARD - Perché mai avrà detto “povera Henrietta”? (Midge chiude la tenda dell’alcova, spegne la luce e va a sedersi sul divano)

HENRIETTA - Lucy non è cieca.

EDWARD - (spegne il mozzicone della sigaretta nel portacenere sopra la mensola del camino) Andiamo a fare una passeggiata, Henrietta? Sono stato troppo tempo in automobile, ho bisogno sgranchirmi le gambe.

HENRIETTA - Volentieri. (Spegne la sigaretta nel portacenere sul tavolino davanti al divano) Ho lavorato quasi tutto il giorno. Vieni anche tu, Midge?

MIDGE - No, grazie, aspetto i Cristow per dare una mano a Lucy.

EDWARD - (bruscamente) Viene anche il dottor Cristow?

HENRIETTA - Sì.

EDWARD - Avrei preferito saperlo prima.

HENRIETTA - (in tono polemico) Perché?

EDWARD - (con molta calma) Perché sarei venuto un’altra volta. (Una pausa. Henrietta ed Edward escono dal centro, verso sinistra. Midge li guarda allontanarsi. Il suo viso esprime un amore infelice per Edward. Lady Angkatell entra da destra)

LADY ANGKATELL - (bisbigliando) Sono andati a fare una passeggiata?

MIDGE - Sì.

LADY ANGKATELL - Edward ha saputo che vengono i Cristow?

MIDGE - Sì.

LADY ANGKATELL - Com’è andata?

MIDGE - Non benissimo.

LADY ANGKATELL - Lo sapevo che sarebbe stato un weekend difficile. (Midge si alza, spegne la sigaretta nel portacenere sul tavolino, prende la borsa e i guanti)

MIDGE - Facciamo un giretto in giardino, Lucy. Che fiori ci sono di questa stagione? Io non so più niente, sono una cittadina irrecuperabile. Sono sbocciate le dalie?

LADY ANGKATELL - Sì, hanno colori strani, cupi, Sono bellissime, ma piene di forbicine. Mi hanno detto che le forbicine sono ottime madri, ma a me sono antipatiche lo stesso. (Lady Angkatell e Midge escono da destra. Doris, la cameriera, entra da sinistra e lascia la porta aperta. Non è una ragazza molto sveglia e, soprattutto, ha paura di Gudgeon. Gudgeon entra da sinistra e si avvicina al tavolo grande. Ha in mano un vassoio con bottiglie, bicchieri, una ciotola di olive e uno strofinaccio bianco. Doris chiude la porta e si ferma al centro della scena, trasognata)

GUDGEON - (posa il vassoio sul tavolo) Piega i giornali, Doris, come ti ho insegnato. (Strofina i bicchieri con uno straccio per renderli più brillanti)

DORIS - (si avvicina in fretta al tavolino davanti al divano) Sì, signor Gudgeon. (Prende il Times e lo piega) Com’è stramba Sua Signoria, vero signor Gudgeon?

GUDGEON - (voltandosi verso di lei) Neanche per sogno. Sua Signoria è molto intelligente. Parla cinque lingue e ha viaggiato in tutto il mondo insieme a suo marito; Sir Henry è stato governatore di una delle più importanti province dell’India. L’avrebbero nominato anche viceré, ma quei mascalzoni di laburisti hanno spazzato via anche l’impero.

DORIS - (posa il giornale sul bracciolo del divano) Mio padre è laburista… (Una pausa, durante la quale Gudgeon guarda Doris quasi con commiserazione. Doris fa un passo indietro. Scusandosi) Mi dispiace, signor Gudgeon.

GUDGEON - (tollerante) Non sei responsabile di quello che pensano i tuoi genitori, Doris.

DORIS - (con umiltà) Sono gente del popolo.

GUDGEON - (condiscendente) Ma tu stai facendo progressi. (Riprende a pulire i bicchieri) Lo ammetto volentieri, anche se in questa casa eravamo abituati a trattare con ragazze diverse da te. La figlia del guardacaccia e quella del capocameriere sono signorine beneducate che sanno sempre come devono comportarsi. (Doris prende il Daily Graphic e lo piega) Devi diventare così anche tu.

DORIS - (mette i giornali uno sull’altro, in ordine sul tavolino) Mi scusi, signor Gudgeon.(Va a prendere un portacenere sullo scrittoio e lo vuota dentro un altro che è sul tavolino davanti al divano)

GUDGEON - Ormai tutto è cambiato, purtroppo.

DORIS - (rimette il portacenere sullo scrittoio) La signora Simmonds mi rimprovera sempre.

GUDGEON - Lo fa per il tuo bene, Doris, hai tante cose da imparare.

DORIS - (prende il portacenere e lo va a vuotare in un altro, sulla mensola del camino) Quando le avrò imparate tutte guadagnerò di più? (Rimette il portacenere sul tavolino davanti al divano)

GUDGEON - Un po’ di più, non molto.

DORIS - Allora non vale la pena di imparare. (Toglie il portacenere pieno dalla mensola del camino)

GUDGEON - Forse hai ragione, Doris. (Doris sta per vuotare il portacenere nel camino) Ah! (Doris si volta con aria colpevole e rimette il portacenere sulla mensola) Ora anche per noi tutto è diverso, la gente non sa più quello che vuole. Chi ha il denaro per pagare un buon domestico, spesso è incapace di apprezzarlo.

DORIS - Mio padre dice che dovrei farmi chiamare “collaboratrice familiare”. (Riordina i cuscini della poltrona)

GUDGEON - È più o meno quello che sei. (Passa dietro il divano e si sporge oltre la spalliera per sprimacciare i cuscini) Lascia che ti dica, ragazza mia, che sei stata molto fortunata a capitare in una casa dove si apprezza la professionalità. Sono pochi ormai i signori in grado di accorgersi se giri intorno al tavolo dalla parte sbagliata.

DORIS - (si avvicina al camino) Lei ha ragione, però secondo me Sua Signoria è un po’ stramba. (Toglie dalla mensola il portacenere pieno) Non l’ha vista poco fa con quell’aragosta appesa a una cordicella?

GUDGEON - (si avvicina alla poltrona) Sua signoria è talvolta assorta nei suoi pensieri, per non dire distratta. Ma in casa ci sono io a evitarle ogni preoccupazione. (Si sente, dalla strada, il suono di un clacson. Gudgeon va verso il tavolo dove ha lasciato i bicchieri, prende lo strofinaccio, poi torna al centro della scena e raccoglie la valigia di Midge) Sono i signori Cristow. Vai al piano di sopra e tienti pronta ad aiutare la signora Simmonds a sfare le valigie.

DORIS - (va verso la porta a sinistra e la apre) Sì, signor Gudgeon. (Sta per uscire)

GUDGEON - (in tono di rimprovero) Ah, ah!…

DORIS - (fa un passo indietro) Scusi. (Tiene la porta aperta)

GUDGEON - Grazie. (Un orologio batte le sette. Gudgeon esce. Doris lo segue e lascia la porta aperta. Mentre l’orologio batte il quarto colpo; fuori scena) Buonasera, signore…

JOHN - (fuori scena) Buonasera, Gudgeon. Come sta?

GUDGEON - (fuori scena) Buonasera, signora. Bene grazie, signore.

GERDA - (fuori scena) Buonasera, Gudgeon. (Gudgeon entra e introduce John e Gerda Cristow. John è un bell’uomo sui trentotto anni, molto vitale ma un po’ brusco. Gerda ha un’aria timida e leggermente ottusa. Ha in mano una borsa di cuoio di fattura artigianale)

GUDGEON - (entrando) Si accomodi, signora.

GERDA - (entrando) Che bella giornata!

GUDGEON - Sì, signora, una giornata bellissima. Ha fatto buon viaggio?

GERDA - Sì, grazie.

GUDGEON - (chiude la porta) Sua Signoria dovrebbe essere in giardino, vado ad avvertirla.

JOHN - Grazie, Gudgeon. (Gudgeon esce da destra. John esce in terrazza e si affaccia verso sinistra) Che meraviglia lasciare la città e trovarsi qui.

GERDA - (con voce piatta) Si, è bello.

JOHN - Non sopporto più di stare a Londra, chiuso nello studio ad ascoltare donne che piagnucolano. Odio i malati.

GERDA - Oh, John, sono sicura che non è vero.

JOHN - Allora diciamo che odio le malattie.

GERDA - Se odiassi i malati non avresti fatto il medico, vero John?

JOHN - Nessuno decide di fare il medico perché gli piacciono i malati, è la malattia che interessa il medico, non il paziente. (Si sposta verso destra e osserva la scultura sul piedistallo) Hai delle strane idee, Gerda.

GERDA - Ma a te piace curare i malati.

JOHN - Io non curo nessuno. (Va a sedersi sul divano) Distribuisco fiducia e pastiglie lassative. Dio, come sono stanco!

GERDA - (in piedi, dietro il divano) Lavori troppo, John, non pensi mai a te stesso. (Siede anche lei sul divano) Lo dico sempre anche ai bambini che la vita del medico è una missione, sono orgogliosa che tu dedichi agli altri il tuo tempo e le tue energie; senza risparmiarti.

JOHN - Gerda, tu non sai quello che dici. A me piace il mio lavoro, m’interessa e mi fa guadagnare.

GERDA - Non è per i soldi che lavori. Se passi tanto tempo anche in ospedale è per alleviare le sofferenze, il dolore…

JOHN - Il dolore è una necessità biologica e le sofferenze non sono risparmiate a nessuno. Io m’interesso dell’aspetto scientifico del mio lavoro…

GERDA - …e della povera gente che soffre.

JOHN - (alzandosi) Oh, basta per favore! (S’interrompe, pentito) Scusa, Gerda, non ce l’ho con te. (Si toglie di tasca il portasigarette) So di essere molto nervoso e villano in questo periodo e mi dispiace.

GERDA - Non dire così, caro, io capisco, sai. (Una pausa. John prende una sigaretta)

JOHN - Gerda, non essere sempre paziente, sempre tollerante. Perché non ti ribelli qualche volta e non mi tratti come merito? Non guardarmi così, cerca di capire, a nessuno piace affogare nel miele! (Chiude di scatto il portasigarette e se lo rimette in tasca)

GERDA - Sei troppo stanco, John.

JOHN - (siede in poltrona; parla con tristezza) Sì, sono stanco. (Si appoggia allo schienale e chiude gli occhi)

GERDA - Dovresti prenderti un po’ di vacanza.

JOHN - (come in sogno) Vorrei andare nel sud della Francia, sulle rive del Mediterraneo… il sole… le mimose in fiore…

GERDA - (si alza e gli si avvicina) Perché non ci andiamo, allora? (Incerta) Dovrei cercare di sistemare i bambini. Terence è a scuola tutto il giorno, ma è così sgarbato con mademoiselle. Lei, veramente, non riesce a farsi obbedire neanche da Lena. No, non sarei tranquilla. Potremmo mandarli da Elsie, a Bexhm, o far venire da noi Mary Joley…

JOHN - (apre gli occhi distrattamente) Ma di che cosa stai parlando?

GERDA - Dei bambini!

JOHN - Che cosa c’è che non va?

GERDA - Mi chiedevo come potrei sistemarli se andassimo in Francia… (togliendosi di tasca un accendino)

JOHN - Perché dovremmo andare in Francia? (Accende la sigaretta)

GERDA - L’hai detto tu che ci volevi andare.

JOHN - No, sognavo a occhi aperti.

GERDA - Invece potremmo andarci davvero, mi preoccupa solo il pensiero di non aver nessuno di cui mi possa fidare, qualche volta mi sento…

JOHN - (alzandosi) Tu non smetti mai di preoccuparti per una cosa o per l’altra. Ti prego, stai tranquilla e goditi questo weekend. Se non altro, avrai un attimo di sollievo dalle noie che ti dà la casa.

GERDA - Hai ragione.

JOHN - Sono eccezionali gli Angkatell, hanno su di me un effetto tonico.

GERDA - È vero.

JOHN - (va verso la terrazza) Dove sono andati tutti? (Dà un’occhiata a sinistra)

GERDA - Ci sarà anche Henrietta?

JOHN - (voltandosi) Sì.

GERDA - Sono contenta, è molto simpatica Henrietta.

JOHN - (concisamente) Sì. Henrietta è simpatica.

GERDA - Chi sa se ha finito la mia scultura.

JOHN - (brusco) Non capisco perché ti ha chiesto di farle da modello. Mi sembra molto strano. (Gerda fa un passo indietro, turbata, e lo guarda. Va verso la portafinestra sul giardino) Dove sono? Non si usa più andare incontro agli ospiti? (Esce da destra. Gerda dà un’occhiata verso il giardino poi verso la porta a sinistra. Apre e richiude nervosamente la borsa, tossisce, esitante, e infine si sposta verso il fondo della scena, a sinistra)

EDWARD - (fuori scena) Quest’inverno abbatterò qualche albero sul viale, così si vedrà meglio il lago. (Henrietta ed Edward entrano dalla terrazza, a sinistra)

HENRIETTA - (entrando) Mi sembra una buona idea. Oh, Gerda, come stai? Conosci Edward Angkatell, vero?

EDWARD - Come sta, signora Cristow?

GERDA - Come sta? (Le cade di mano un guanto e si china a raccoglierlo. Edward sta per raccoglierle il guanto, ma Gerda lo previene)

HENRIETTA - Dov’è John? (Edward si volta a guardare Henrietta)

GERDA - È andato in giardino a cercare Lady Angkatell.

HENRIETTA - (si avvicina alla portafinestra sul giardino e guarda fuori) È impossibile trovare qualcuno in questo giardino, tutto alberi e cespugli.

GERDA - Presto avrà i meravigliosi colori dell’autunno. (voltandosi) Sì. (Torna a guardare verso il giardino)

EDWARD - (va verso la porta a sinistra) Vi chiedo scusa, vado a cambiarmi. (Esce da sinistra. Gerda fa per seguirlo, ma si ferma sentendo parlare Henrietta)

HENRIETTA - L’autunno fa ripensare al passato. Ci si sorprende spesso, d’autunno, a chiedersi: “Ti ricordi? Ti ricordi?” (Gerda, con un’espressione tesa e palesemente infelice, si avvicina alla poltrona. Henrietta si volta all’improvviso, guarda Gerda e le si addolcisce il viso) Vuoi che andiamo anche noi a cercare gli altri?

GERDA - (sta per sedersi in poltrona) No, grazie… be’, sì, andiamo, è una buona idea.

HENRIETTA - (con energia) Gerda, perché vieni qui se non ti piace?

GERDA - Non è vero che non mi piace, la campagna è così bella e Lady Angkatell è sempre gentile con me.

HENRIETTA - Lucy?! (Siede sul divano) Lucy, è tutt’altro che gentile. È beneducata, questo sì, ma è spesso crudele, disumana, ignora i pensieri e i sentimenti della gente normale. E a te non piace venire qui, Gerda, lo sai benissimo.

GERDA - A John piace molto…

HENRIETTA - Certo, a John piace molto, ma perché non lo lasci venire da solo?

GERDA - Non si divertirebbe senza di me. È troppo altruista. Pensa che la campagna mi faccia bene. Ma quando ci sei tu, tutto va meglio.

HENRIETTA - Davvero? Sono contenta.

GERDA - (siede anche lei sul divano; in uno slancio di confidenza) Vedi, per me è un sacrificio allontanarmi da casa. Ci sono tante cose da fare prima di partire e John è così impaziente. Anche adesso, per esempio, non sono certa di aver chiuso bene i rubinetti del bagno e per di più mi sono dimenticata di lasciare la lista della lavanderia. Ma quello che mi preoccupa soprattutto, Henrietta, è che non mi fido della governante francese, quando non ci sono io i bambini non le obbediscono. Non voglio esagerare, si tratta di due giorni soltanto…

HENRIETTA - Due giorni d’inferno, sopportati allegramente per amore di John.

GERDA - Penserai che sono un’ingrata, mentre tutti hanno solo gentilezze per me, anche le cameriere. Mi portano la colazione a letto… Qualche volta, però…

HENRIETTA - Ti mettono via i vestiti così bene che non li trovi più, o ti preparano le scarpe sbagliate. Lo so, bisogna imporsi.

GERDA - Io non sono capace di impormi.

HENRIETTA - Come va il lavoro a maglia?

GERDA - Per il momento ho lasciato da parte la maglia e mi sono dedicata al cuoio. (Le mostra la borsa) Vedi, questa l’ho fatta io.

HENRIETTA - Come sei brava! (Si alza, va verso l’alcova e scosta la tenda) Ho qualcosa per te. (Accende la luce, entra nell’alcova e ne esce immediatamente con in mano una statuina di gesso. Spegne la luce, richiude la tenda e si avvicina a Gerda)

GERDA - (alzandosi) Henrietta, è per me? (Henrietta dà la statuina a Gerda) Oh, è bellissima!

HENRIETTA - Sono contenta che ti piaccia.

GERDA - Mi piace tanto!

JOHN - (fuori scena, da destra) Il vostro giardiniere, Sir Henry, ha fatto miracoli con quelle rose. (Lady Angkatell, John, Midge e Sir Henry entrano da destra)

SIR HENRY - (entrando) Il terreno, qui, è l’ideale per le rose.

JOHN - Buongiorno, Henrietta!

HENRIETTA - Buongiorno, John.

LADY ANGKATELL - Che piacere vederla, Gerda!

SIR HENRY - Come sta, signora Cristow?

LADY ANGKATELL - È da tanto tempo che non veniva a trovarci. Conosce mia cugina, Midge Harvey? (Siede sul divano)

MIDGE - Sì, ci siamo viste l’anno scorso. (Appoggia la borsetta sullo scrittoio. Henrietta si avvicina al camino, prende una sigaretta dalla scatola che è sulla mensola e l’accende con l’accendisigari)

GERDA - (a John) John, guarda che cosa ha fatto per me Henrietta.

JOHN - (a Henrietta) Perché? Non capisco…

GERDA - Guarda com’è bella, John.

JOHN - (si avvicina a Henrietta, la guarda in viso) Non capisco, Henrietta.

SIR HENRY - (s’intromette con delicatezza) Signora Cristow, lei non sa ancora l’ultima novità. Ricorda il cottage in fondo al viale? L’ha preso in affitto una famosa stella del cinema. In paese non credono ai loro occhi.

GERDA - Lo immagino.

MIDGE - È bella davvero?

SIR HENRY - Veramente non l’ho ancora vista, ma credo che sia qui, in questi giorni. Non mi ricordo neanche come si chiama.

MIDGE - Hedy Lamarr?

SIR HENRY - No, chi è quell’attrice coi capelli sugli occhi?

MIDGE - Veronica Lake?

SIR HENRY - No…

MIDGE - Lauren Bacall?

SIR HENRY - No.

LADY ANGKATELL - Nazimova,… no, chiediamolo a Gudgeon, lui lo sa di certo…

SIR HENRY - L’abbiamo vista in un film, ti ricordi Lucy, insieme a quel tipaccio… era una storia di gangster… due prendevano un aereo, sorvolavano il Pacifico, poi tornavano indietro. C’era anche un bambino insopportabile.

MIDGE - “San Francisco story”?

SIR HENRY - Esatto!

MIDGE - Allora l’attrice è Veronica Craye. (John si lascia cadere di mano la statuina. Gerda, con un grido si china a raccoglierla. La statuina non si è rotta)

HENRIETTA - John! (Lo guarda con curiosità)

GERDA - Oh, la mia statuina!

JOHN - (all’unisono) Mi dispiace.

SIR HENRY - Proprio lei, bionda con la voce rauca!

LADY ANGKATELL - (si alza e si avvicina a Gerda) Vuol vedere la su camera, Gerda?

GERDA - Sì, grazie, così disfo le valigie.

LADY ANGKATELL - (avviandosi verso la porta a sinistra) Le avrà già disfatte la signora Simmonds, ma se vuol salire…

MIDGE - (avviandosi verso la porta a sinistra) Salgo anch’io. Sono nella stanza azzurra, Lucy?

LADY ANGKATELL - Sì, ho messo Edward nella stanza dell’Eremita e gli altri… (Esce da sinistra. La voce si allontana. Anche Gerda e Midge escono. John resta fermo, in piedi, stordito)

SIR HENRY - Dov’è Edward? Ha sistemato l’automobile? C’è ancora posto in garage. (Sir Henry esce dalla terrazza, a sinistra. Henrietta si avvicina a John e gli dà la sua sigaretta. Ora che sono soli si avverte nel suo tono di voce una maggiore confidenza)

HENRIETTA - John, che cosa succede?

JOHN - Niente, pensavo, ricordavo… Scusami. (Siede sul divano, in modo da guardare verso il giardino)

HENRIETTA - C’è un’atmosfera in questa casa che suscita i ricordi. (Guarda il quadro sopra il camino) Anch’io, da quando sono qui, ho ripensato a molte cose.

JOHN - (senza interesse) Davvero?

HENRIETTA.(con amarezza) Mi sono ricordata di quando ero una bambina magra, con le gambe lunghe, sempre spettinata… una bambina felice che non immaginava quello che la vita avrebbe potuto farle.

JOHN - (assorto) Perché si è costretti, all’improvviso, a ricordare? Perché quello che la memoria ha ignorato per anni, ritorna d’un tratto…

HENRIETTA - (voltandosi) Che cosa stai ricordando, John?

JOHN - (come se seguisse le immagini di un sogno) Un mare azzurro, l’odore della mimosa…

HENRIETTA - Quando?

JOHN - Dieci anni fa.

HENRIETTA - Vorresti tornare indietro? (Si avvicina al divano)

JOHN - Non so, sono così stanco. (Henrietta posa una mano sulla spalla di John. John le prende la mano, ma senza smettere di guardare verso il giardino) Che cosa farei senza di te?

HENRIETTA - Stareste bene lo stesso.

JOHN - Perché tornano in mente cose che credevi concluse, superate per sempre?

HENRIETTA - Forse perché non erano né concluse né superate.

JOHN - Dopo dieci anni? Era tanto che non ci pensavo, ma da un po’ di tempo, anche mentre passo tra le corsie, in ospedale, i ricordi mi tornano davanti agli occhi come in un quadro. (Tace, poi riprende con improvviso vigore) E ora lei è qui, a pochi metri da me, in fondo al viale.

HENRIETTA - Vuoi dire Veronica Craye?…

JOHN - Sì, sono stato molto… legato a lei, dieci anni fa.

HENRIETTA - (siede sul divano) Capisco…

JOHN - Ero giovane e stupido. L’amavo. Lei aveva appena cominciato a lavorare nel cinema, io mi ero laureato l’anno prima e avevo avuto l’occasione eccezionale di collaborare con Radley: Sai, vero, chi è Radley? La massima autorità nello studio della degenerazione della corteccia cerebrale.

HENRIETTA - E che cosa è successo?

JOHN - Quello che avrei dovuto immaginare. Veronica ha avuto una proposta da Hollywood e, naturalmente, ha accettato. Era sicura, e non se ne faceva certo uno scrupolo, che io lasciassi perdere tutto per andare con lei. (Ride) Non immaginava neppure quanto era importante per me la mia professione. Mi pare ancora di sentirla: “Che bisogno hai di fare il medico? Guadagnerò io per tutti e due!” (Passa a Henrietta la sigaretta che sta fumando) Ho cercato di spiegarle che cosa significava per me lavorare con Radley e lo sai che cosa mi ha risposto: “Chi è Radley? Quel vecchietto così buffo?” Le ho spiegato che quel vecchietto buffo aveva fatto una delle scoperte più importanti della nostra generazione, che le sue ricerche avrebbero potuto rivoluzionare la terapia del morbo di Rigg… Tempo perso. Non sapeva neanche che cos’era il morbo di Rigg.

HENRIETTA - Questo è normale. Anch’io ne ho sentito parlare da te per la prima volta e solo dopo ho letto qualcosa su questo argomento. (John si alza, esce in terrazza e guarda verso sinistra)

JOHN - Le pareva assurdo che io rifiutassi il sole della California per occuparmi di una malattia che, secondo lei, non interessava nessuno. Però senza di me non ci voleva andare, era un esempio di egoismo totale.

HENRIETTA - Forse anche tu sei stato egoista, John.

JOHN - Ma io tenevo conto del suo lavoro e della sua carriera, perché lei non faceva altrettanto?

HENRIETTA - Che cosa le hai proposto?

JOHN - Il matrimonio. Le ho detto che l’amavo e che se non fosse andata a Hollywood ci saremmo sposati subito.

HENRIETTA - E lei?

JOHN - (con amarezza) Si è messa a ridere.

HENRIETTA - E così è finito tutto?

JOHN - Sì, l’ho lasciata, ma non è stato facile. Eravamo nella Francia del sud. (Prende una rivista dal tavolino davanti al divano) Veronica è partita e io sono tornato a Londra a lavorare con Radley. (Durante le battute successive, dà ogni tanto un’occhiata assente alle pagine della rivista)

HENRIETTA - E poi hai sposato Gerda?

JOHN - Sì, l’anno dopo.

HENRIETTA - Perché? Perché era l’opposto di Veronica?

JOHN - È probabile. (Siede sulla poltrona) Non volevo per moglie una bellezza sconvolgente e nemmeno volevo un’egoista che tentasse di afferrare tutto quello che le capitava. Cercavo la sicurezza, la tranquillità, la devozione, tutto quello che c’è di sereno e durevole nella vita.

HENRIETTA - Allora hai avuto quello che cercavi. Nessuno, potrebbe esserti più devoto di Gerda.

JOHN - È vero, ho scelto Gerda proprio perché aveva quelle qualità, eppure ora gliele rimprovero. Non sapevo quanto può essere irritante un tributo continuo di devozione da parte di chi ti sta vicino.

HENRIETTA - (alzandosi) E Gerda è contenta?

JOHN - Oh sì, lei è contenta.

HENRIETTA - Ne sei sicuro?

JOHN - Sì. Tutto il giorno si dà da fare per la casa e i bambini. È la massaia più sprovveduta e la madre più malaccorta che ci si possa immaginare, ma almeno ha qualcosa che la tiene occupata.

HENRIETTA - Sei crudele, John.

JOHN - (meravigliato) Io?

HENRIETTA - Non vedi niente oltre il tuo punto di vista. Perché hai portato qui Gerda per il weekend quando sai che per lei è un tormento?

JOHN - Sciocchezze, le fa bene muoversi un po’, è una distrazione…

HENRIETTA - Qualche volta mi pare di odiarti.

JOHN - Henrietta! (Si alza) Cara, non dire così! Solo tu mi rendi la vita accettabile, lo sai…

HENRIETTA - No, non lo so. (Solleva la mano in un gesto affettuoso, poi si trattiene. John la bacia, poi va a posare la rivista sul tavolino davanti al divano)

JOHN - Chi è questo Edward Angkatell?

HENRIETTA - Un secondo cugino di Henry e mio.

JOHN - L’ho mai visto?

HENRIETTA - Sì, due volte.

JOHN - Non mi ricordo. (Siede sul bracciolo del divano) È innamorato di te, Henrietta?

HENRIETTA - Sì.

JOHN - Attenta! Ricordati che appartieni solo a me. (Henrietta lo guarda in silenzio) A proposito, che cosa significa quell’assurda statuina? È così diversa dalle cose che fai.

HENRIETTA - Tecnicamente è semplice, ma non è brutta ed è anche somigliante. A Gerda è piaciuta.

JOHN - A Gerda.

HENRIETTA - Era quello il mio scopo.

JOHN - Gerda non vede la differenza tra un quadro ad olio e una fotografia a colori. Come va la scultura in legno? È finita?

HENRIETTA - Sì.

JOHN - Me la fai vedere? (Henrietta va, controvoglia, ad aprire la tenda dell’alcova, accende la luce e resta in piedi, da un lato, guardando John che si alza ferma davanti all’alcova) È bella. Ma… ma che cosa hai… (profondamente irritato) Ecco perché hai voluto che Gerda facesse da modello! Come hai potuto!

HENRIETTA - Mi chiedevo se te ne saresti accorto.

JOHN - E come no!

HENRIETTA - La faccia non è quella di Gerda.

JOHN - No, ma il collo, le spalle, tutto l’atteggiamento… (La luce del giorno diminuisce gradualmente fino alla fine dell’atto)

HENRIETTA - È quello che volevo.

JOHN - Perché? Non c’è giustificazione.

HENRIETTA - John, tu non sai che cosa significa osservare un particolare e, a poco a poco, cercare di capirlo, di appropriarsene… la linea del collo, un muscolo, l’inclinazione della testa, uno spessore particolare della mascella… Io ho osservato tutto questo ogni volta che ho visto Gerda e ho dovuto riprodurlo, non ho potuto farne a meno.

JOHN - Sei stata molto indiscreta.

HENRIETTA - Sì, è la parola giusta: indiscreta.

JOHN - (turbato) Hai fatto una cosa orribile. A chi si rivolge quella figura? Chi c’è davanti a lei?

HENRIETTA - Non lo so, John. Forse ci sei tu. (Edward entra da sinistra. È in abito da pranzo) John, tu conosci Edward, vero?

JOHN - (asciutto) Certo.

EDWARD - Sta ammirando l’ultimo capolavoro di Henrietta?

JOHN - (senza guardare Edward) Sì. (Va verso il camino) Sì, infatti.

EDWARD - La sua opinione?

JOHN - (restando voltato di spalle) Non sono abbastanza competente per esprimere un giudizio. (Si toglie di tasca il portasigarette)

EDWARD - È una figura ricca di significato.

JOHN - Come?

EDWARD - Ho detto che è una figura ricca di significato.

JOHN - Sì.

HENRIETTA - (spegne la luce e chiude la tenda) Devo andare a cambiarmi.

EDWARD - È ancora presto. (Si avvicina al tavolo grande) Vuole qualcosa da bere, Cristow?

JOHN - No, grazie.

EDWARD - (si avvicina alla portafinestra sul giardino) Che aria tiepida! (Guarda Henrietta e John, poi esce da destra)

HENRIETTA - Sei stato molto sgarbato.

JOHN - Non ho tempo da perdere con questo genere di persone.

HENRIETTA - Edward è simpatico.

JOHN - Può darsi. (Si accende una sigaretta) A me sembra futile, inconsistente.

HENRIETTA - John, qualche volta ho paura per te.

JOHN - Hai paura per me? Che cosa vuoi dire, non capisco.

HENRIETTA - È pericoloso essere così all’oscuro di tante cose.

JOHN - Spiegati meglio…

HENRIETTA - Tu non vedi mai come sono gli altri nei tuoi confronti.

JOHN - Strano, avrei detto il contrario.

HENRIETTA - Vedi quello che vuoi vedere, questo sì, sei un riflettore puntato sul tuo centro d’interesse, ma quel che sta intorno per te è al buio.

JOHN - È grave?

HENRIETTA - È pericoloso. Tu credi che tutti ti vogliano bene, Lucy, Gerda, Henry, Midge, Edward… (John appoggia la sigaretta sul portacenere che è sulla mensola del camino) Puoi dire di sapere davvero quello che pensano di te?

JOHN - E Henrietta? Che cosa pensa di me Henrietta? Almeno di te (la prende per mano e l’attira verso di sé) posso essere sicuro.

HENRIETTA - Di nessuno al mondo si può essere sicuri John. (John la bacia. Lei si abbandona. John si scioglie dall’abbraccio Sorride, riprende la sigaretta e va verso la porta a sinistra. Edward entra da destra. John lo guarda con freddezza ed esce da sinistra. Henrietta rivolta a Edward) Dammi qualcosa da bere Edward, prima che vada a cambiarmi. (Si volta, si guarda nello specchio accanto al camino e si pulisce gli angoli delle labbra col fazzoletto)

EDWARD - (si avvicina al tavolo grande) Sherry?

HENRIETTA - Grazie…

EDWARD - (riempie due bicchieri di sherry) Vorrei vederti più spesso ad Ainswick, Henrietta. È da tanto tempo che non vieni.

HENRIETTA - Lo so, si resta sempre intrappolati da un mucchio di cose da fare.

EDWARD - È solo questa la ragione?

HENRIETTA - No, non solo questa.

EDWARD - Lo sai che con me puoi parlare, Henrietta.

HENRIETTA - (con sentimento) Tu mi sei molto caro, Edward, ti voglio bene.

EDWARD - (si avvicina a Henrietta con i due bicchieri in mano) Perché non vuoi più tornare ad Ainswick?

HENRIETTA - Perché non si può tornare indietro.

EDWARD - Eri felice lì, tanti anni fa.

HENRIETTA - Sì, di una felicità perfetta, quella che non sai di avere.

EDWARD - (alzando il bicchiere) Ad Ainswick!

HENRIETTA - (alzando il bicchiere) Ad Ainswick! (ridono entrambi e bevono) Mi piace pensare che Ainswick è immobile nel tempo, mentre tutto cambia.

EDWARD - Anch’io non cambio mai.

HENRIETTA - È vero, Edward, tu sei sempre lo stesso.

EDWARD - Lo stesso buono a niente.

HENRIETTA - (va a sedersi sul divano) Non dire così.

EDWARD - È la verità. Non sono mai stato capace di far niente di importante.

HENRIETTA - Forse qui sta la tua saggezza.

EDWARD - Strano che mi dica questo tu, che hai tanto successo.

HENRIETTA - La scultura non è qualcosa cui decidi di dedicarti pensando al successo, ti prende, ti perseguita, ti costringe a fare i conti con lei. E solo così, almeno per un po’, si trova la pace.

EDWARD - È questo che cerchi, Henrietta? La pace? Qualche volta mi pare di non desiderare altro al mondo.

EDWARD - (le si avvicina) C’è pace ad Ainswick. (Posa una mano sulla sua spalla) Saresti felice. Dovresti sopportare me, ma forse saresti felice lo stesso. Vuoi, Henrietta? (Siede sul divano) Vuoi venire a stare ad Ainswick? È la tua casa, ti ha sempre aspettata.

HENRIETTA - Io ti voglio bene, Edward, e mi fa soffrire dirti di no…

EDWARD - Allora è un “no” che vuoi dirmi, Henrietta?

HENRIETTA - (posa il bicchiere sul tavolino) Mi dispiace, Edward…

EDWARD - Lo sapevo, ma speravo che stavolta (si alza) fosse diverso. Mentre passeggiavamo in giardino avevi un viso così giovane e felice (va verso la portafinestra sul giardino) quasi come un tempo. Capisci quello che significa parlare di Ainswick, pensare ad Ainswick?

HENRIETTA - Oggi abbiamo vissuto nel passato.

EDWARD - Il passato, qualche volta, è un posto bello per viverci.

HENRIETTA - Non si può tornare indietro, è l’unica cosa che non si può fare. (Una pausa. Edward guarda verso la porta a sinistra)

EDWARD - (tranquillamente) È per John Cristow che non vuoi sposarmi, vero? Se al mondo non esistesse John Cristow, mi sposeresti.

HENRIETTA - Non riesco a immaginare un mondo senza John Cristow. (Sir Henry entra da sinistra. È in abito da pranzo. Henrietta si alza)

SIR HENRY - (accende il lume a braccio e le lampade ai lati del camino) Henrietta, non sei ancora pronta? È quasi ora di cena.

HENRIETTA - (va verso la porta a sinistra) Vado subito. (Esce in fretta. Edward siede sul divano)

SIR HENRY - (si avvicina al tavolo grande) Hai bevuto qualcosa, Edward? (Accende la lampada sul tavolo)

EDWARD - Sì, grazie.

SIR HENRY - (prepara i cocktails) Da quando siamo venuti ad abitare al “Rifugio” ti abbiamo visto di rado.

EDWARD - È vero. Come vi sentite, tutti e due, lontani dagli impegni ufficiali?

SIR HENRY - Qualche volta, Edward, penso che tu sei sempre stato il più saggio di tutta la famiglia.

EDWARD - È un’idea un po’ strana, visto che io mi considero un esempio di come si può fallire nella vita.

SIR HENRY - Il segreto è saper individuare i valori reali. Occuparsi di una bella proprietà, leggere, riordinare i libri… (Midge entra da sinistra. Indossa un abito da sera corto. Edward si alza) …non estenuarsi nel perseguire scopi materiali… (si volta verso Midge) Eccoti qua Midge, che bel vestitino.

MIDGE - (fa una giravolta per lasciare ammirare il proprio vestito) È un’occasione, viene dal negozio dove lavoro.

EDWARD - Midge, non mi dire che ti piace lavorare in un negozio.

MIDGE - (va verso il tavolo grande) Non l’ho mai detto. (Prende la ciotola delle olive)

EDWARD - (torna a sedersi sul divano) Allora perché lo fai?

MIDGE - Perché non si vive di aristocratiche fantasie.

EDWARD - (colpito) Ma, bambina mia, se avessi immaginato che avevi bisogno di…

SIR HENRY - Tempo sprecato, Edward. Midge è ostinata, non vuole un assegno mensile e non vuole venire ad abitare con noi, anche se per me sarebbe un incanto vedere la mia piccola Midge che gira per casa.

EDWARD - E tu non vuoi, Midge?

MIDGE - No. (Offre a Edward la ciotola delle olive) Sono povera, orgogliosa e piena di pregiudizi. (Edward rifiuta le olive. Lady Angkatell entra da sinistra. Indossa un abito da sera lungo. Edward si alza in piedi) Lucy, mi stanno tormentando!

EDWARD - Non sopporto il pensiero che venda vestiti.

MIDGE - Allora trovami tu un lavoro migliore. (Offre la ciotola delle olive a Lady Angkatell)

EDWARD - Ci deve pur essere qualcosa…

MIDGE - Ricordati che io non so far niente di particolare, sono solo abbastanza beneducata e so che non si deve perdere la pazienza se qualcuno alza la voce.

EDWARD - Vuoi dire che le clienti ti trattano male?

MIDGE - Qualche volta malissimo. (Siede sul pouf) È il loro privilegio.

EDWARD - (va verso il camino sconvolto) Midge, questo non posso ammetterlo! Se solo avessi saputo… (Offre a Midge una sigaretta)

MIDGE - (prende la sigaretta) Non potevi saperlo, viviamo in due mondi diversi… (Edward le accende la sigaretta) Io sono una Angkatell solo per metà, per il resto, sono una ragazza che lavora con lo spettro della disoccupazione sempre dietro l’angolo, nonostante le promesse dei politici.

SIR HENRY - (si avvicina a Midge con due bicchieri) Adesso da brava, bevi e mettiti tranquilla. (Le dà un bicchiere) Sembri un gattino accarezzato contropelo. (Offre l’altro bicchiere a Lady Angkatell)

LADY ANGKATELL - Preferisco uno sherry, grazie. (Sir Henry torna verso il tavolo grande) È Edward che a volte, senza volere, accarezza contropelo. (Gerda entra da sinistra. È in abito da sera corto)

GERDA - (a Lady Angkatell) Sono in ritardo, mi dispiace.

LADY ANGKATELL - No cara, lei non è affatto in ritardo.

MIDGE - Siamo appena scesi.

SIR HENRY - Che cosa posso darle, signora Cristow? Sherry… gin… (John entra da sinistra in abito da pranzo)

GERDA - (si avvicina al tavolo) Oh, grazie, un po’ di gin con qualcos’altro…

JOHN - Sono l’ultimo?

LADY ANGKATELL - Manca Henrietta. (Sir Henry porta un bicchiere di sherry a Lady Angkatell, poi torna al tavolo e versa da bere a Gerda. La conversazione si fa generale e le voci si sovrappongono)

EDWARD - Dunque questo è un vestito d’occasione che hai preso nel tuo negozio?

LADY ANGKATELL - Davvero? Vuoi dire che l’hai avuto gratis o quasi? Henry, sai che questa bambinella…

GERDA - (si avvicina al tavolo grande) È molto buono.

JOHN - Stai attenta che non ti vada alla testa. (Veronica Craye entra dalla terrazza, a sinistra e si ferma, in un atteggiamento studiato, vicino alla portafinestra. È molto bella e lo sa. Indossa un appariscente abito da sera e ha in mano una borsetta da sera. Il suo arrivo non manca di provocare una certa sensazione tra i presenti. John la guarda attonito, Midge e Lady Angkatell si alzano in piedi. Tutti si voltano verso di lei)

VERONICA - (avvicinandosi a Lady Angkatell) Mi scusi per questa intrusione, Lady Angkatell, sono la sua vicina, abito nel cottage in fondo al viale, la Colombaia. Mi è successa una cosa incredibile: sono rimasta senza fiammiferi e con un accendino che non funziona! Mi vergogno, ma non posso chiedere aiuto ad altri che a voi nel raggio di chilometri…

LADY ANGKATELL - Ha fatto benissimo. Non si può stare senza fiammiferi.

VERONICA - (si volta verso John, mostrandosi sorpresa) Ma certo, è proprio lui, John, John Cristow! (Gli si avvicina e gli stringe tutte e due le mani tra le sue) Non è straordinario? Erano anni che non, ti vedevo e ora eccoti qui. È una sorpresa meravigliosa. (A Lady Angkatell) John è un mio vecchio amico. (Trattiene tra le sue una mano, di John) Anzi è il primo uomo che ho veramente amato.

SIR HENRY - (le si avvicina con due bicchieri) Uno sherry o un martini secco?

VERONICA - Niente, grazie. (John prende il bicchiere di sherry dalle mani di Sir Henry)

LADY ANGKATELL - (torna a sedersi sulla poltrona) Midge cara, suona il campanello. (Midge va a suonare il campanello vicino al camino)

VERONICA - Non vorrei che mi giudicaste male per questa intrusione.

LADY ANGKATELL - Ma tutt’altro!

SIR HENRY - Siamo onorati della sua visita. (Indica Midge) Mia cugina, la signorina Harvey. Edward Angkatell. (Guarda verso Gerda) E… (Gerda si avvicina a John)

JOHN - Veronica, questa è mia moglie…

VERONICA - (stringe la mano a Gerda) Che piacere conoscerla. (Gudgeon entra da sinistra)

GUDGEON - Ha suonato, milady?

LADY ANGKATELL - Mi porti una dozzina dl scatole di fiammiferi, Gudgeon. (Gudgeon sembra sorpreso, ma riacquista subito la sua nota impassibilità ed esce da sinistra)

SIR HENRY - E come si trova alla Colombaia?

VERONICA - L’adoro! (Guarda verso il giardino) È così bello vivere nel cuore della campagna, tra alberi stupendi, eppure essere così vicini a Londra.

SIR HENRY - Non immagina che emozione ha suscitato in paese il suo arrivo! Ma lei dev’esserci abituata..

VERONICA - Be’, mi hanno già chiesto parecchi autografi, ma il cottage è lontano dal paese e non ci si sente osservati. (Siede sul divano) io amo la tranquillità. (Gudgeon entra da sinistra con una dozzina di scatole di fiammiferi su un vassoio)

LADY ANGKATELL - (indicando Veronica) Sono per la signora. (Gudgeon si avvicina a Veronica)

VERONICA - Oh, Lady Angkatell, non posso accettare!

LADY ANGKATELL - La prego, è una sciocchezza.

VERONICA - La ringrazio molto. (Gudgeon esce da sinistra) Anche tu, John, abiti qui vicino?

JOHN - No, vivo a Londra. Sono qui solo per il weekend.

VERONICA - Non riesco ancora a credere di averti rivisto… così, per caso, dopo tanti anni. (Henrietta entra da sinistra e si avvicina a Lady Angkatell. Indossa un abito da sera corto. Veronica guarda Henrietta e si alza) Me ne andrò col mio bottino! Mi accompagni in fondo al viale, John? (Lady Angkatell si alza in piedi)

JOHN - Sì, certo.

VERONICA - (avvicinandosi a Lady Angkatell) E grazie ancora. (Sorride a Sir Henry e a Edward, ma non saluta le signore) Siete stati tutti molto gentili. (John posa il proprio bicchiere sul tavolo grande)

LADY ANGKATELL - Ma le pare?

VERONICA - (avvicinandosi a John) Ora, John. devi raccontarmi tutto quello che hai fatto in questi anni, tutto dall’ultima volta che ci siamo visti. (Gudgeon entra da sinistra)

GUDGEON - La cena è servita, milady. (Esce da sinistra)

VERONICA - (a John) Non posso portarti via ora che state per andare a tavola.

SIR HENRY - Non vuole restare a cena con noi?

VERONICA - No, no, no, per carità! John, perché non vieni a trovarmi più tardi? Voglio sapere tutto di te, ti aspetto! (Sale i tre gradini della terrazza e si ferma sulla soglia della portafinestra) E grazie ancora a tutti! (Esce dalla terrazza, verso sinistra. John, fermo accanto alla portafinestra, la guarda allontanarsi. Lady Angkatell dà il proprio bicchiere vuoto a Edward che lo appoggia sulla mensola del camino. Anche Midge mette il bicchiere sulla mensola del camino, va verso la porta a sinistra e la apre. John esce sulla terrazza)

LADY ANGKATELL - Che bello spettacolino! Vogliamo andare a cena? (Si avvia verso la porta a sinistra. Sir Henry va verso la porta a sinistra. Le battute successive si sovrappongono, mentre tutti escono) L’ho vista in un film, quella ragazza. Portava una tunica scollatissima. (Esce da sinistra)

EDWARD - Devo averla vista anch’io una volta, ma non mi ricordo il titolo del film.

MIDGE - Forse è “San Francisco story”, l’hanno ridato due mesi fa. (Esce da sinistra)

EDWARD - Dove? Tu l’hai visto, Henry?

SIR HENRY - Sì, ma lei era diversa, aveva i capelli lunghi fino alla schiena. Che impressione le ha fatto signora Cristow?

GERDA - (nell’uscire) È bella, bella davvero.

EDWARD - Eh sì, è bella. Tu che ne dici, Henry?

SIR HENRY - È meno alta di come mi era sembrata nel film. (Esce da sinistra)

EDWARD - Sono sempre diversi gli attori visti di persona. (Esce da sinistra. La conversazione continua fuori scena. John è ancora sulla terrazza e guarda verso sinistra. Henrietta, sulla porta, si volta)

HENRIETTA - Non vieni, John?

JOHN - Oh sì, certo. (Henrietta esce da sinistra. John la segue)

SIPARIO

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Ancora il salotto sul giardino. Sabato mattina. È bel tempo. All’alzarsi del sipario, l’orologio batte le undici. Le portefinestre sono spalancate. Dalla radio arriva, a basso volume, il motivo della canzone “I cried for you”. John entra da sinistra a passo svelto, canterellando. Sembra di buon umore. Controlla il suo orologio da polso con quello sulla mensola del camino, poi esce in terrazza e si accende una sigaretta. Gudgeon entra da sinistra. Ha in mano un vassoio con un biglietto.

GUDGEON - (si avvicina a John) Un biglietto per lei, signore.

JOHN - (sorpreso) Per me? (Prende il biglietto)

GUDGEON - Aspettano una risposta, signore.

JOHN - Sarà bel tempo, oggi, vero Gudgeon?

GUDGEON - Sì signore, c’era un po’ di nebbia sulle colline, stamattina. (John legge il biglietto e ne è palesemente contrariato)

JOHN - Non c’è risposta, Gudgeon.

GUDGEON - (andando verso la porta a sinistra) Va bene, signore.

JOHN - Dove sono gli altri?

GUDGEON - (si ferma e si volta) Sua Signoria è scesa alla fattoria, i signori sono usciti a caccia e le signorine Midge e Henrietta sono in giardino.

JOHN - Grazie, Gudgeon. (Gudgeon esce da sinistra. John torna verso la terrazza, rilegge il biglietto e, con un’esclamazione di collera, lo accartoccia e se lo rimette in tasca. Midge entra dal giardino con un mazzo di dalie e di foglie di varie piante)

MIDGE - Buongiorno! (Prende il vaso dal tavolino davanti al divano, s’inginocchia per terra e si dispone a mettervi le dalie)

JOHN - Buongiorno.

MIDGE - Gerda è già alzata?

JOHN - No, ha fatto colazione a letto. Ha mal di testa, le ho consigliato, per una volta tanto, di riposare un po’.

MIDGE - Anch’io volevo restare a letto tutta la mattina, ma il tempo era così bello che non ho potuto resistere.

JOHN - Dov’è Henrietta?

MIDGE - Non so, era con me fino a un momento fa. Forse è nel roseto. (John esce dalla terrazza, a destra. Lady Angkatell entra dalla terrazza, a sinistra, con un cestino di uova)

LADY ANGKATELL - Che cos’è questa musica? Basta, per carità! (Spegne la radio) Non si può cominciare la giornata a passo di danza.

MIDGE - Ho ingaggiato una lotta con le dalie, ma stanno vincendo loro.

LADY ANGKATELL - Povera Midge! (Posa il cestino delle uova in terra, vicino al tavolo grande) Sconfitta dalle dalie, che vergogna! (Si avvicina, assorta, allo scrittoio) Dunque… che cosa stavo pensando? Ah. sì. (Solleva il ricevitore del telefono) Vediamo… ecco… (Culla il ricevitore prima su un braccio, poi sull’altro. Midge guarda sbalordita Lady Angkatell) Adesso mi ricordo. (Mette a posto il ricevitore)

MIDGE - Lucy, che cosa stai facendo?

LADY ANGKATELL - Già, che cosa sto facendo?

MIDGE - Giochi alle bambole col telefono?

LADY ANGKATELL - Non è il telefono, è il bambino della signora Bagshaw. (Guarda Midge) Hai sbagliato vaso, Midge.

MIDGE - (alzandosi) Che cosa dici?

LADY ANGKATELL - Che hai sbagliato vaso. Le dalie vanno nel vaso bianco.

MIDGE - Ma io volevo sapere di che bambino stavi parlando.

LADY ANGKATELL - Cara Midge non era un bambino, era il telefono.

MIDGE - (si avvicina al tavolo grande) E si stupiscono che Gerda abbia un collasso nervoso ogni volta che parla con Lucy! (Prende dal tavolo il vaso bianco e una brocca d’acqua e li mette sul tavolino davanti al divano) Che cos’ha a che fare il telefono col bambino della signora Bagshaw? (Versa l’acqua nel vaso e, durante le battute successive, sistema le dalie)

LADY ANGKATELL - Mi pareva che la signora Bagshaw lo tenesse, il bambino, non il telefono, in una posizione strana, all’inverso, allora ho fatto una prova, prima su un braccio poi su un altro, e ho scoperto tutto: è mancina, fa tutto all’incontrario. È già sceso John Cristow?

MIDGE - Sì, è andato in giardino a cercare Henrietta.

LADY ANGKATELL - (siede sul divano) Oh Dio, ti pare una buona idea?

MIDGE - In che senso? Non capisco.

LADY ANGKATELL - Be’, non voglio parlare troppo…

MIDGE - Perché? Dimmi, Lucy.

LADY ANGKATELL - Vedi, a volte soffro d’insonnia e quando non posso dormire girello un po’ per la casa.

MIDGE - Lo so, così una metà dei tuoi ospiti pensa ai ladri e l’altra metà ai fantasmi.

LADY ANGKATELL - Insomma, senza volere, stanotte, guardando dalla finestra, ho visto rientrare John Cristow, ed erano le tre. (Una pausa. Midge e Lady Angkatell si guardano)

MIDGE - (prende il vaso con le dalie e la brocca dell’acqua e li rimette sul tavolo grande) Anche per due vecchi amici che abbiano molto da dirsi, chiacchierare fino alle tre è un po’ troppo. Chi sa che cosa ne pensa Gerda.

LADY ANGKATELL - Prima bisognerebbe stabilire se è in grado di pensare.

MIDGE - Anche le mogli più docili qualche volta si ribellano.

LADY ANGKATELL - Neanche Henrietta ha dormito bene stanotte. C’era la luce accesa in camera sua e mi è parso di vedere muoversi la tenda alla finestra.

MIDGE - Comunque sia, John si è comportato come uno stupido.

LADY ANGKATELL - Gli piace rischiare ed è sempre riuscito a cavarsela.

MIDGE - Un giorno finirà col rischiare troppo. Questa volta, oltretutto, non ha nemmeno cercato di salvare le apparenze.

LADY ANGKATELL - Non è colpa sua; è stato rapito con una azione magistrale, calcolata al millesimo.

MIDGE - Sei sicura che fosse davvero tutto preordinato?

LADY ANGKATELL - Ma via, certo che ne sono sicura! (Sorride, prende il Daily Mirror e si avvicina al camino)

MIDGE - Tu, col tuo distacco, puoi anche definirla un’azione magistrale. Resta da vedere se Gerda e Henrietta sono d’accordo. (Sir Henry entra da sinistra. Ha in mano due rivoltelle)

SIR HENRY - Vado a esercitarmi a tirare al bersaglio. Vuoi provare anche tu, Midge?

MIDGE - Non ho mai sparato in vita mia, non vorrei farti un buco in testa, caro cugino.

SIR HENRY - Cercherò di evitarlo, credimi.

MIDGE - D’accordo. Non mi dispiace la prospettiva di imparare a mettere in fuga una banda di ladri.

SIR HENRY - Tutte le donne dovrebbero saper usare una rivoltella.

LADY ANGKATELL - (va a sedersi sulla poltrona) A Henry piace sparare. Ha una collezione di pistole e rivoltelle di tutti i tipi; ha perfino due pistole da duello, francesi, bellissime.

MIDGE - Non ci vuole una licenza per tenere in casa delle armi?

SIR HENRY - Certo che ci vuole.

MIDGE - Ti sei mai trovato a dover affrontare un ladro?

SIR HENRY - No, ma viviamo con questa speranza. Lucy saprebbe freddarlo sul colpo.

MIDGE - Lucy?

SIR HENRY - È molto più brava di me, non sbaglia mai la mira.

MIDGE - Mi fate paura. (Esce da destra, verso il giardino. Sir Henry la segue. Henrietta entra dalla terrazza, a sinistra)

HENRIETTA - Buongiorno! Gli Angkatell hanno deciso di sterminarsi in una faida familiare?

LADY ANGKATELL - Sono andati a esercitarsi al bersaglio. Perché non vai anche tu, Henrietta?

HENRIETTA - Ma sì, la primavera scorsa ero riuscita a fare qualche buon tiro. Tu non vieni, Lucy?

LADY ANGKATELL - No, prima devo pensare alle uova. (Si guarda intorno)

HENRIETTA - Quali uova?

LADY ANGKATELL - Quelle nel cestino. (Henrietta raccoglie il cestino e lo dà a Lady Angkatell) Grazie, tesoro! (Rimette il cestino in terra, accanto alla poltrona e continua a leggere)

HENRIETTA - Dov’è Edward?

LADY ANGKATELL - Ha preso il fucile ed è andato a caccia nel bosco. Doveva andarci anche Henry, ma è arrivato qualcuno a parlargli di non so che, ha fatto tardi e ci ha rinunciato.

HENRIETTA - Ah! (Tace, pensierosa. Si sentono dei colpi di pistola dal giardino)

LADY ANGKATELL - Hai lavorato, stamattina?

HENRIETTA - (siede sul divano) No, non ne avevo voglia. (Si sente un altro colpo dal giardino)

LADY ANGKATELL - Quando guardo le tue sculture astratte penso che sei molto intelligente, Henrietta. HENRIETTA - Credevo che non ti piacessero.

LADY ANGKATELL - Effettivamente mi sembrano delle stupidaggini, ma per questo ti giudico intelligente, perché capisci che non lo sono. (Gerda entra frettolosamente da sinistra. Sembra spaventata)

GERDA - Ho sentito degli spari, proprio qui vicino.

LADY ANGKATELL - Non è niente. Henry si esercita a tirare al bersaglio nel viale, dove una volta era il campo di bocce.

HENRIETTA - (alzandosi) Andiamo a provare anche noi, Gerda.

GERDA - E difficile?

HENRIETTA - Ma no, chiudi gli occhi, premi il grilletto e il proiettile va dove vuole. (Dal giardino arrivano altri due colpi. Henrietta e Gerda escono da destra. Si sente un altro colpo dal giardino. Lady Angkatell si alza, si avvicina al tavolino davanti al divano, posa il giornale, prende il vaso dove Henrietta non aveva potuto mettere le dalie, raccoglie qualche foglia caduta lì accanto. Dal giardino si sentono altri due colpi. Lady Angkatell si avvicina al cestino della carta straccia, butta via le foglie, poi va a mettere il vaso sul tavolo grande. Dal giardino arrivano altri due colpi. John entra dalla terrazza, a destra. Sta fumando una sigaretta)

JOHN - È scoppiata la guerra?

LADY ANGKATELL - Sì, anzi no. È Henry che tira al bersaglio.

JOHN - Ah, so che è molto bravo.

LADY ANGKATELL - Perché non va anche lei?

JOHN - (avvicinandosi al camino) No; devo scrivere due o tre lettere. (Spegne la sigaretta nel portacenere sulla mensola del camino) Posso sedermi qui, allo scrittoio?

LADY ANGKATELL - Certo. Nel cassettino ci sono i francobolli. Lasci le lettere sul tavolo nell’atrio, penserà Gudgeon a imbucarle.

JOHN - Questa è la casa meglio organizzata di tutta l’Inghilterra.

LADY ANGKATELL - Che Dio la benedica per la sua gentilezza. Ora mi lasci cercare (si guarda attorno) le uova. Oh, eccole qua, vicino alla poltrona. (Raccoglie il cestino e va verso la porta a sinistra)

JOHN - Mi scusi, non avevo capito che cosa stava cercando. (Lady Angkatell esce da sinistra. John va allo scrittoio, si toglie di tasca un biglietto, lo legge, lo accartoccia e lo getta nel cestino. Si siede e con un sospiro comincia a scrivere. Veronica entra dalla terrazza, a sinistra. Ha una borsetta molto grande e vistosa, di camoscio rosso)

VERONICA - (ferma vicino alla portafinestra che dà sul terrazzo; imperiosamente) John!

JOHN - (si volta, sorpreso) Veronica! (Si alza)

VERONICA - (entrando) Ti avevo scritto di venire subito. Non hai ricevuto il mio biglietto?

JOHN - (gentile, ma riservalo) Sì, l’ho ricevuto.

VERONICA - E allora perché non sei venuto?

JOHN - Non mi è parso giusto.

VERONICA - (gli si avvicina) Hai una sigaretta?

JOHN - Certo. (Apre il portasigarette)

VERONICA - Devo parlarti! Del nostro futuro!

JOHN - Abbiamo un futuro?

VERONICA - È naturale! Abbiamo buttato via dieci anni, dobbiamo riguadagnare il tempo perduto. (Siede sul divano e mette la borsetta nell’angolo a destra)

JOHN - Mi dispiace, Veronica, forse non ci siamo capiti. Sono stato felice di rivederti, ma ormai apparteniamo a due mondi diversi, lo sai anche tu.

VERONICA - Non dire stupidaggini. Noi ci amiamo, ci siamo sempre amati. Tu, un tempo ti sei dimostrato molto testardo, ma ora è diverso. (John si sposta dietro il divano) Non c’è più nessun motivo di contrasto tra la mia vita e la tua, io non tornerò in America ancora per molto, appena finito il film che sto girando inizierò una lunga stagione teatrale a Londra. Elderton ha scritto una commedia apposta per me. Sarà un successo.

JOHN - (educatamente) Ne sono sicuro.

VERONICA - (accondiscendente) E tu puoi continuare a fare il medico, so che sei diventato famoso.

JOHN - (irritato) Mi sono specializzato nella cura di alcune malattie, se ti interessa… ma non credo che ti interessi.

VERONICA - Quello che voglio dire è che ciascuno di noi sarà libero di fare il proprio lavoro. Che vuoi di più?

JOHN - (spassionatamente) Tu sei tutta speciale, Veronica. Non ti rendi conto che sono sposato e ho dei bambini?

VERONICA - (si alza dal divano e gli si avvicina) Be’, anch’io sono sposata, ma che importanza ha, basta avere un buon avvocato. (Teneramente) Sei tu quello che avrei voluto sposare, non so perché ho questa passione per te (lo abbraccia) ma è così.

JOHN - (l’allontana bruscamente) Veronica, mi dispiace. (Si avvicina al camino) Non ne parliamo più.

VERONICA - Ma io ho un buon avvocato…

JOHN - Non è questione di avvocati. La tua vita e la mia non hanno niente in comune…

VERONICA - E mi dici questo dopo la notte che abbiamo avuto?

JOHN - Veronica, tu non sei una bambina, hai avuto due mariti e certamente molti amanti. La “notte che abbiamo avuto” non significa niente e lo sai.

VERONICA - Se avessi visto come mi guardavi ieri sera, quando sono entrata… proprio come in Francia, tanti anni fa.

JOHN - E per un attimo è stato davvero come in Francia, tanti anni fa. (Con gentilezza) Cerca di capire, Veronica, spesso ripensando a noi mi ero chiesto se ero stato un giovane responsabile o, più semplicemente, un vigliacco. Poi sei ricomparsa, all’improvviso, come un sogno. Ma oggi sono rientrato nella realtà, vecchio di dieci anni (si avvicina al divano, diverso dal ragazzo di allora. Forse non mi ameresti se mi conoscessi davvero)

VERONICA - Vuoi dire che preferisci tua moglie a me?

JOHN - Sì… è così. (Si siede sul divano) Non credevo di essere tanto legato a lei. Quando sono tornato qui, stanotte, o forse dovrei dire stamattina, ho capito che ero stato un pazzo a rischiare di perdere tutto quello di cui avevo bisogno nella vita. Gerda dormiva e, per fortuna, non sa che ora sono tornato.

VERONICA - Dev’essere una bella ingenua, tua moglie.

JOHN - Mi ama e ha fiducia in me.

VERONICA - Povera stupida. Non credo una parola di quello che dici. Tu mi ami.

JOHN - Veronica, mi dispiace.

VERONICA - Non mi ami? È questo che vuoi dire?

JOHN - Sono stato sincero con te. Tu sei bella, Veronica, e affascinante, ma non ti amo.

VERONICA - (fremente) Ma tu sei mio, John. (Si avvicina al divano) Da quando sono tornata in Inghilterra non ho pensato che a te e al modo migliore per rincontrarti. (Si rincantuccia sul divano) Perché credi che abbia affittato quell’orrore di cottage? Solo perché sapevo che tu venivi qui a passare i weekend.

JOHN - Allora avevi già predisposto tutto… stamattina ho visto che il tuo accendino non era rotto.

VERONICA - (si alza di scatto) Tu appartieni a me, John!

JOHN - (con freddezza) Io non appartengo a nessuno. Che cosa ti fa credere di poter possedere un altro essere umano? Un tempo ti amavo e volevo che vivessimo insieme, sei tu che non hai voluto.

VERONICA - La mia carriera era più importante della tua, ce ne sono tanti di medici!

JOHN - E la tua carriera è stata davvero quella che credevi?

VERONICA - Non ho ancora raggiunto il vertice, ma ci arriverò.

JOHN - Non so se ci arriverai, Veronica, a te manca qualcosa… il calore, la generosità. Tu sai solo prendere, senza dar niente in cambio.

VERONICA - (con voce resa convulsa dalla collera) Mi hai respinta dieci anni fa e mi respingi oggi! Me la pagherai, John!

JOHN - Mi dispiace averti fatto del male, Veronica. Ti ho amato molto, cerchiamo di non distruggere quel ricordo.

VERONICA - No! (Sale i tre gradini che portano alla terrazza e si ferma vicino alla portafinestra) Attento a te, John Cristow! Ti odio, non sapevo che sarei arrivata a odiare tanto qualcuno!

JOHN - (infastidito) Veronica!

VERONICA - Non sono così ingenua da credere che è per tua moglie che non vuoi stare con me, è per quell’altra!

JOHN - Di chi parli?

VERONICA - Della ragazza che è entrata da quella porta ieri sera. Ma se non ti avrò io, non ti avrà nessun altro, mettitelo bene in testa, John! (Esce dalla terrazza, a sinistra, lasciando la borsetta di camoscio rosso sul divano. John la guarda allontanarsi per un momento, poi va alla scrivania, prende la lettera che stava scrivendo, la strappa e la butta nel cestino. Gudgeon entra da destra, si avvicina al divano, si volta e vede John)

GUDGEON - Mi scusi, signore, sa per caso dov’è Sua Signoria?

JOHN - Credo che siano tutti a tirare al bersaglio.

GUDGEON - No, è da molto che hanno smesso di sparare. (John si toglie di tasca il biglietto di Veronica, lo accartoccia e fa per buttarlo nel cestino, ma sbaglia mira e il biglietto cade a terra)

JOHN - (avvicinandosi agli scaffali dietro il tavolo grande) Allora saranno in giardino. (Gudgeon raccoglie da terra il biglietto e lo mette nel cestino, poi prende il cestino ed esce da sinistra. John toglie un libro da uno scaffale e, sfogliandolo, si avvicina al divano. Dalla terrazza, a sinistra, arriva un rumore indistinto. John appoggia il libro sul divano, esce in terrazza e sussulta, spaventato) Che cosa… No! Perché? Perché? (Dal centro si sente un colpo di rivoltella. John barcolla sui gradini, cerca di raggiungere la porta a sinistra, ma cade a terra. Qualcuno lancia, dalla parte sinistra della terrazza, una pistola. Una pausa. Gerda entra in fretta dalla porta a sinistra. Ha in mano la sua borsa di cuoio. Corre accanto a John)

GERDA - John! Oh, John! (Esce in terrazza e raccoglie la rivoltella; si sporge a guardare verso sinistra, poi si ferma in cima ai gradini, rivolta verso la ribalta. Gudgeon entra rapidamente dalla porta a sinistra. Quasi contemporaneamente entra Henry da destra, seguito da Midge)

SIR HENRY - (avvicinandosi a John) Che cosa è successo? (Gudgeon si avvicina a John) John! John! Dio mio! (S’inginocchia vicino a John)

MIDGE - Gerda… John… che cosa è successo?

GUDGEON - (chino su John) Dottor Cristow! Signore!

SIR HENRY - (solleva John per la testa e le spalle) È stato ferito! (Con una mano cerca il cuore di John per sentire se batte ancora. John è vivo. Gudgeon si alza)

GUDGEON - È stato ferito? Com’è possibile?

SIR HENRY - Chiami un dottore, Gudgeon. (Gudgeon va allo scrittoio e alza il ricevitore del telefono)

MIDGE - È morto.

SIR HENRY - No. (Lady Angkatell entra da sinistra. Henrietta entra da destra)

HENRIETTA - Ho sentito uno sparo… (Corre vicino a John) John! John! (Edward entra dalla terrazza, a sinistra e si firma vicino alla portafinestra. John apre gli occhi e guarda Henrietta)

JOHN - (cerca di sollevarsi, si sforza di farsi capire) Henrietta… Henrietta… (Perde conoscenza. Sir Henry gli sente di nuovo il cuore, poi guarda Henrietta e Gerda)

GERDA - (con un grido) È morto! È morto! John è morto! (Henrietta si avvicina a Gerda e le toglie di mano la rivoltella. Lady Angkatell mette un braccio intorno alle spalle di Gerda) John è morto! (Cala lentamente il sipario)

GUDGEON - (al telefono) Il dottor Murdock, per favore.

SIPARIO

SCENA SECONDA

La stessa. Più tardi. Il tempo è cambiato, si è alzato il vento e il cielo è pieno di nuvole. Le portefinestre sono chiuse, fatta eccezione per l’anta di destra di quella al centro, che dà sulla terrazza. Lady Angkatell, seduta sul divano, lavora a maglia. Midge è seduta sulla sedia a destra, verso il proscenio. Edward, in poltrona, fa le parole crociate del Times. Henrietta è sulla terrazza, dopo poco entra e si ferma un attimo mentre l’orologio batte le due, poi si avvicina alla portafinestra sul giardino e guarda attraverso i vetri)

LADY ANGKATELL - Il tempo era troppo bello, non poteva durare. Non so come regolarmi con la colazione. C’è l’ispettore con quel suo aiutante. Devo fargli portare qualche cosa su un vassoio o invitarli a tavola con noi più tardi? (Henrietta si volta a guardarla) I poliziotti dei libri gialli sono tutti diversi. Questo ispettore Colquhoun, per esempio, è un vero gentiluomo. Concetto superato, quello del gentiluomo, direte voi, però è così. (Henrietta si avvicina al divano. Lady Angkatell, improvvisamente) Saint Albans! (Edward e Henrietta la guardano, stupiti)

HENRIETTA - Che cosa c’entra Saint Albans? (Va verso l’alcova)

LADY ANGKATELL - No, volevo dire Hendon. Lì c’è la scuola di polizia. Comunque quest’ispettore è tutt’altra cosa dal nostro ispettore Jackson, simpatico fin che vuoi, con quell’accento e quei baffi… (Henrietta apre la tenda. dell’alcova, accende la luce e guarda la scultura)

MIDGE - Perché hanno mandato Scotland Yard invece della polizia locale?

EDWARD - Qui siamo nell’area metropolitana.

MIDGE - Ah! (Henrietta si avvicina al camino, lasciando la tenda dell’alcova aperta e la luce accesa)

LADY ANGKATELL - Secondo me sua moglie lo trascura, dev’essere una di quelle che badano solo a pulire la casa e non si occupano della cucina.

EDWARD - La moglie di chi? Dell’ispettore Colquhoun?

LADY ANGKATELL - No Edward, la moglie dell’ispettore Jackson. Secondo me Colquhoun non è sposato, non ancora. Troppo affascinante.

HENRIETTA - E da molto, ormai, che è andato via con Henry.

LADY ANGKATELL - Quel che dà più fastidio in un delitto è che i domestici perdono la testa. C’era una bella anitra per colazione… E vero che l’anitra si mangia anche fredda. Io direi di metterci a tavola, no? (Una pausa) No.

MIDGE - È stato terribile. (Rabbrividisce) Mi fa paura stare seduta qui.

LADY ANGKATELL - Dove vuoi sederti? Non c’è nessun altro posto. Prima ci hanno detto di uscire perché dovevano fare le fotografie, poi ci hanno ricacciato qui e hanno istituito una specie di quartier generale in camera da pranzo. Adesso l’ispettore è chiuso nello studio con Henry e non si vedono più ne l’uno ne l’altro. (Una pausa) Non so come regolarmi con Gerda. Devo farle portare qualcosa su un vassoio? Magari un brodino ristretto?

MIDGE - (si alza e si avvicina alla portafinestra sul giardino) Lucy, manchi di umanità.

LADY ANGKATELL - (meravigliata) So benissimo che è successa una cosa terribile, ma bisogna pur pensare alla colazione e a tutto il resto. Le emozioni poi mettono appetito e… anche voglia di vomitare.

MIDGE - È esattamente quello che provo in questo momento.

LADY ANGKATELL - Quando si legge la cronaca di un delitto su un giornale uno non se ne rende conto, ma è una prova durissima. Io mi sento come se avessi fatto venti chilometri a piedi. A proposito, si parlerà di noi su Notizie dal mondo?

EDWARD - Non so, non leggo mai Notizie dal mondo.

LADY ANGKATELL - Davvero? Io sempre. Fingo di comperarlo per i domestici, ma Gudgeon, che è molto intelligente, non lo porta mai in cucina prima di sera. Dovresti leggerlo anche tu, Edward, così sapresti quanti vecchi colonnelli fanno delle proposte sconvenienti alle infermiere. (Gudgeon entra da sinistra, portando un vassoio con caffè e tramezzini) Oh!

GUDGEON - (posa il vassoio sul tavolino davanti al divano) Devo servire qualcosa in studio a Sir Henry e all’ispettore, milady?

LADY ANGKATELL - Grazie, Gudgeon. Non so come regolarmi con la signora Cristow…

GUDGEON - Le ho fatto portare in camera una tazza di tè con qualche fettina di pane imburrato e un uovo sodo, milady. (Va verso la porta a sinistra)

LADY ANGKATELL - Grazie, Gudgeon. Mi viene in mente adesso che ho lasciato da qualche parte un cestino di uova, bisognerà cercarlo.

GUDGEON - (voltandosi) Ho già provveduto, milady (con un’ombra di enfasi) direi in modo soddisfacente. Non ha nulla di cui preoccuparsi. (Esce da sinistra)

LADY ANGKATELL - Non so che cosa farei senza Gudgeon. Questi tramezzini così nutrienti sono l’ideale, sedersi a tavola sarebbe stato eccessivo, ma un tramezzino…

MIDGE - (scoppia in singhiozzi) Lucy, Lucy, ti supplico! (Lady Angkatell appare meravigliata. Edward si alza, va verso il tavolo grande e vi posa il giornale e la matita, poi si avvicina a Midge che continua a singhiozzare e le mette un braccio intorno alle spalle)

EDWARD - Midge!

LADY ANGKATELL - Poverina, è stata un’emozione troppo forte per lei.

EDWARD - Sta calma, Midge, vieni a sederti. (La guida verso il divano e la fa sedere)

MIDGE - Mi dispiace, mi sto comportando come una sciocca.

EDWARD - Non è vero. Ti capisco benissimo.

MIDGE - Non trovo il fazzoletto. (Lady Angkatell versa il caffè in quattro tazze)

EDWARD - (porgendo a Midge il proprio fazzoletto) Ecco, prendi il mio.

MIDGE - Grazie.

EDWARD - Bevi un po’ di caffè.

MIDGE - No, non voglio niente.

EDWARD - Sì, ti fa bene. (Porge a Midge una tazza di caffè) Su, bevi.

LADY ANGKATELL - Vuoi un po’ di caffè, Henrietta?

HENRIETTA - Sì, grazie. Forse bisognerebbe andare a vedere come sta Gerda. (Edward prende una tazza di caffè e la dà a Henrietta)

LADY ANGKATELL - Cara Henrietta, non so che cosa suggerirti. (Edward prende un’altra tazza di caffè per sé) Come ci si sente dopo che si è ammazzato un marito? Ammetti che è difficile immaginarlo.

HENRIETTA - Non abbiamo tutti dedotto con troppa fretta che sia stata proprio Gerda a sparare? (Segue una pausa imbarazzala. Edward, palesemente a disagio, guarda Lady Angkatell. Lady Angkatell scruta Henrietta come se si sforzasse di capire il significato delle sue parole)

EDWARD - L’abbiamo trovata vicino a lui con la rivoltella in mano. Pensavo che non ci fossero dubbi.

HENRIETTA - Forse Gerda ha qualcosa da dirci, non l’abbiamo ancora ascoltata.

EDWARD - A me sembra tutto chiaro. (Henrietta esce sulla terrazza)

LADY ANGKATELL - C’è da aggiungere che era stata provocata, John si era comportato malissimo. C’è modo e modo di fare le cose, anche in materia di fedeltà coniugale. (Gerda entra da sinistra. È sconvolta e parla in modo spezzettato. Ha con sé la borsa di cuoio)

GERDA - (Si guarda attorno, scusandosi) Non riuscivo più a stare in camera, sono così agitata.

LADY ANGKATELL - (si alza e le va incontro) Certo, cara. (La guida verso il divano e la fa sedere) Si metta qui. Midge, dammi quel cuscino… (Midge si alza, appoggia la tazza del caffè sullo scrittoio, prende il cuscino che è sulla sedia e lo dà a Lady Angkatell. A Gerda) Si distenda. (Le sistema il cuscino dietro la lesta) Vuole un tramezzino?

GERDA - No, no, grazie… non riesco ancora a rendermi conto di quello che è, successo, non posso credere che John è morto, che non lo rivedrò più. Chi l’ha ucciso? (Tutti sembrano imbarazzati. Sir Henry entra da sinistra, seguito dall’ispettore Colquhoun. Pensoso, dotato di fascino e senso dell’umorismo, l’ispettore deve apparire congeniale all’ambiente, non un personaggio di maniera. Sir Henry ha in mano la pipa)

SIR HENRY - (va verso il camino) L’ispettore Colquhoun vorrebbe parlare con Gerda. (A Lady Angkatell) Puoi accompagnarlo di sopra… (Vede Gerda e s’interrompe)

LADY ANGKATELL - La signora Cristow è già qui, ispettore. (L’ispettore si avvicina al divano)

GERDA - (nervosamente) Sì… sì… lei vuol parlare con me? Vuol parlare della morte di John?

ISPETTORE - Non voglio turbarla, signora Cristow, ma sono costretto a farle qualche domanda. Non mi risponda, se non lo desidera, è un suo diritto parlare solo alla presenza di un avvocato.

SIR HENRY - Le consiglio di far così, Gerda.

GERDA - (si mette a sedere) Un avvocato? Ma perché? Un avvocato non può sapere com’è morto John.

ISPETTORE - Qualsiasi affermazione lei intenda fare…

GERDA - Mi lasci parlare, è tutto così confuso, sembra un incubo. Non riesco nemmeno a piangere, non ho né pensieri né sensazioni…

SIR HENRY - È stata una scossa troppo violenta.

GERDA - Tutto è successo così all’improvviso. Ero scesa a cercare la mia borsa quando ho sentito uno sparo… sono entrata in questa stanza e John era là, in terra, tutto contorto e insanguinato…

ISPETTORE - Che ora era, signora Cristow? (Lady Angkatell e Midge si scambiano un’occhiata)

GERDA - Non so, forse mezzogiorno e mezzo.

ISPETTORE - Lei dov’era, prima di scendere a cercare la borsa?

GERDA - In camera mia.

ISPETTORE - Era salita da poco?

GERDA - Da tre quarti d’ora circa. Prima ero stata fuori, Sir Henry aveva cercato di insegnarmi a sparare, ma io non ho facilità per queste cose… non sono riuscita a colpire il bersaglio nemmeno una volta. (Lady Angkatell e Midge si scambiano un’altra occhiata) Ho fatto una passeggiatina, tanto per muovermi un po’ e sono salita in camera, poi, mentre scendevo a prendere la borsa, come le ho detto, ho sentito uno sparo… sono entrata qui e ho visto John… morto.

HENRIETTA - (scende i gradini al centro) Moribondo. (Va verso il tavolo grande, appoggia la tazza del caffè, prende una sigaretta dalla scatola e l’accende con quella che sta ancora fumando. Tutti guardano Henrietta)

GERDA - Ho creduto che fosse morto. C’era tutto quel sangue e la pistola. L’ho raccolta…

ISPETTORE - Perché l’ha raccolta, signora Cristow? (Si stabilisce un silenzio in cui è percepibile una forte tensione. Tutti, guardano l’ispettore)

GERDA - Non lo so.

!SPETTORE Non doveva toccarla.

GERDA - No? Non dovevo? (Midge prende dalla borsetta il portasigarette)

ISPETTORE - E poi, che cosa è successo?

GERDA - Poi sono arrivati tutti gli altri e ho detto: “John è morto! L’hanno ucciso!” Ispettore, chi è stato? Chi può aver desiderato la sua morte? (Sir Henry; con un gesto rapido e improvviso, si accende la pipa usando un fiammifero. Edward lo guarda, per un attimo) John era l’uomo migliore del mondo, buono… gentile… Viveva per gli altri, era sempre pronto a sacrificarsi per tutti. I suoi pazienti lo adoravano. Dev’essere stato un incidente, non so pensare ad altro…

MIDGE - Non potrebbe essersi suicidato? (Midge cerca l’accendino nella borsetta)

ISPETTORE - No. Il. colpo è stato sparato da una distanza superiore a un metro e venti.

GERDA - È stato un incidente.

ISPETTORE - Non è stato un incidente, signora Cristow. (Prende un accendino che ha in tasca e accende la sigaretta a Midge) Non c’era nessun motivo di disaccordo tra di voi?

GERDA - Tra John e me? No. (Midge si alza e va verso i tre gradini che portano alla terrazza)

ISPETTORE - Ne è sicura?

GERDA - Mi rimproverava sempre quando venivamo qui in automobile, perché non so cambiare le marce. Guidare vicino a lui mi rendeva nervosa…

ISPETTORE - Nessun serio motivo di disaccordo? Nessun litigio?

GERDA - Un litigio? No, ispettore, John e io non abbiamo mai litigato. Lui era così buono… (Piange) Non lo rivedrò più! (Midge si avvicina al divano)

LADY ANGKATELL - (a Gerda) Cara. (Si volta verso Midge) Midge!

MIDGE - (si avvicina a Gerda e l’aiuta ad alzarsi) L’accompagno di sopra, Lucy.

ISPETTORE - Ho finito, signora Cristow.

GERDA - Vorrei tornare in camera mia, per piacere. (L’ispettore annuisce e si sposta verso la portafinestra sul giardino)

MIDGE - Ha bisogno di riposare.

LADY ANGKATELL - Di’ alla signora Simmonds che le porti una borsa d’acqua calda. (Midge guida Gerda verso la porta di sinistra ed escono insieme. All’ispettore) Adorava suo marito.

ISPETTORE - Sì. Ora vorrei parlare con ciascuno di loro. Uno per volta. Lady Angkatell, le dispiace…?

LADY ANGKATELL - (felice) Ma le pare, ispettore? Non chiedo altro che di rendermi utile. Non dobbiamo collaborare?

ISPETTORE - Direi proprio di sì.

LADY ANGKATELL - (in tono confidenziale) Sa, è il mio primo delitto.

ISPETTORE - Davvero?

LADY ANGKATELL - Sì, lei dev’esserci abituato, sempre su e giù ad arrestare assassini, a sguinzagliare poliziotti.

ISPETTORE - " Be’, non siamo così efficienti.

SIR HENRY - A mia moglie piace molto il cinema, ispettore.

ISPETTORE - La nostra vita è assai più grigia di quel che si vede sullo schermo. In realtà passiamo il tempo a chiedere alla gente una quantità di stupidaggini.

LADY ANGKATELL - (raggiante) E ora vuole chiedere qualcosa anche a me. Benissimo, farò del mio meglio per aiutarla, basta che non mi chieda che ora era, dove mi trovavo e che cosa stavo facendo perché io non mi ricordo mai niente, sono sempre stata molto distratta, anche da bambina.

SIR HENRY - Non devi scoraggiare l’ispettore, Lucy. (Va ad aprire la porta a sinistra) Posso venire anch’io?

ISPETTORE - Certo, sir Henry.

SIR HENRY - La conversazione di mia moglie è spesso difficile da seguire. Farò da interprete. (Lady Angkatell esce da sinistra. L’ispettore e Sir Henry la seguono. Henrietta sale i tre gradini al centro e si ferma vicino alla portafinestra che dà sulla terrazza. Edward la guarda in silenzio, Henrietta pare non accorgersene)

EDWARD - Non fa più tanto caldo, come ieri.

HENRIETTA - No, c’è un’aria di autunno.

EDWARD - Non stare vicino alla finestra aperta, prenderai il raffreddore.

HENRIETTA - Pensavo di fare una passeggiata.

EDWARD - Non è una buona idea.

HENRIETTA - Perché?

EDWARD - Un po’ perché sta per piovere e un po’ perché potrebbe sembrare una stranezza.

HENRIETTA - Vuoi dire che un poliziotto si affretterebbe darmi la caccia nel bosco?

EDWARD - Non lo so, è difficile capire quel che passa per la loro mente, quando tutto pare così ovvio.

HENRIETTA - Pensi a Gerda?

EDWARD - A chi altro, se no?

HENRIETTA - Vuoi dire che nessun altro poteva avere motivo per uccidere John Cristow?

EDWARD - Già.

HENRIETTA - E Gerda l’aveva, un motivo?

EDWARD - Forse aveva scoperto che ieri sera… (S’interrompe)

HENRIETTA - Parli di John e Veronica Craye?

EDWARD - (leggermente imbarazzato) Sì. (Con una reazione improvvisa) John Cristow sembrava impazzito.

HENRIETTA - E lo era. Si era ritrovato di fronte una passione giovanile irrisolta e custodita intatta per anni. Aveva perso la testa.

EDWARD - Lei è una bella donna, ma di una bellezza comune, insomma bella sì ma non da perderci la testa.

HENRIETTA - Credo che anche John fosse del tuo parere stamattina.

EDWARD - Una brutta storia.

HENRIETTA - Si. Vado a fare due passi.

EDWARD - Vengo con te.

HENRIETTA - Preferirei star sola.

EDWARD - Lascia che ti accompagni.

HENRIETTA - Voglio star sola, non lo capisci, sola con John che è morto!

EDWARD - Scusami. (Una pausa) Henrietta, io non ti detto niente, pensavo che non ne volessi parlare, ma lo sai, vero, che mi dispiace molto?

HENRIETTA - (con durezza) Che cosa ti dispiace? Che John Cristow sia morto?

EDWARD - (incerto) Mi dispiace… per te, Henrietta. So che hai avuto un grande dolore.

HENRIETTA - (con amarezza) Un grande dolore… Oh, ma io sono forte, Edward, so sopportare il dolore. E tu che cos’hai provato quando l’hai visto disteso in terra, morto? Sei stato contento, immagino. (In tono d’accusa) Sei stato contento, eh?

EDWARD - Ma no, come puoi dire una cosa simile? Cristow e io non avevamo molto in comune, ma…

HENRIETTA - Avevate me in comune, piacevo a tutti e due, ma questo non costituiva certo un legame tra voi, al contrario.

EDWARD - Henrietta, io soffro per la perdita che hai subito, soffro perché soffri tu.

HENRIETTA - (cupa) Chi ha parlato di sofferenza?

EDWARD - Che cosa vuoi dire?

HENRIETTA - (quasi a se stessa) Un attimo… tutto succede in un attimo. Respiri, parli, ti muovi e la morte è già lì. La morte e il vuoto. Oh, il vuoto! Noi siamo qui, vivi, e John, che era il più vivo di tutti noi, è morto. Continuo a ripetermi questa parola, morto, morto, morto.

EDWARD - (si avvicina a Henrietta e le mette un braccio attorno alle spalle) Henrietta, basta!

HENRIETTA - (riprende il controllo di se stessa; con calma) Che cosa credevi, che mi sarei seduta in un angolo ad asciugarmi gli occhi con un fazzolettino mentre tu mi tenevi per mano? Che mi sarei lasciata consolare da te? (Edward le toglie il braccio dalle spalle) Da te che sei così gentile? (Va a sedersi sul divano) È vero che sei gentile, Edward, ma non basta.

EDWARD - Sì, lo so.

HENRIETTA - Che cosa pensi di quello che sta succedendo qui? John è morto e non interessa niente a nessuno, tranne a Gerda e a me. Tu sei contento. Midge è solo scombussolata, Henry è preoccupato e Lucy è sottilmente, squisitamente felice che una cronaca degna del suo giornale preferito sia passata dalla carta stampata alla realtà, sotto i suoi occhi. Non ti pare un incubo?

EDWARD - Sì, Henrietta.

HENRIETTA - Per me, in questo momento, tutto è assurdo tranne la morte di John. So che ti sembro violenta e crudele, Edward, ma è ingiusto che proprio John, così pieno di vita, sia morto… (S’interrompe)

EDWARD - Mentre io… che sono già mezzo morto sono ancora qui.

HENRIETTA - (scatta in piedi e gli si mette di fronte) Non volevo dir questo, Edward.

EDWARD - Invece sì, Henrietta. (Henrietta si volta con un gesto sconsolato ed esce in giardino, lasciando la portafinestra aperta. Edward la guarda allontanarsi come in sogno. Midge entra da sinistra)

MIDGE - Che freddo!

EDWARD - (assorto) Sì!

MIDGE - Dove sono gli altri?

EDWARD - Non so.

MIDGE - Che cos’hai, Edward? (Chiude la portafinestra al centro e poi quella a destra) Volevi che lasciassi aperto? Edward (gli tocca una mano) sei tutto infreddolito. (Lo guida per mano verso il camino) Vieni, ora accendo il fuoco. (Prende una scatola di fiammiferi dalla mensola, si inginocchia e accende il fuoco)

EDWARD - (va a sedersi in poltrona; commosso) Sei una cara bambina, Midge.

MIDGE - Non sono una bambina. Ci sono ancora tante pigne ad Ainswick?

EDWARD - Sì, le tengo sempre una cesta piena davanti a camino.

MIDGE - Com’è bello Ainswick!

EDWARD - (guarda verso la portafinestra sul giardino) Peccato viverci da solo.

MIDGE - Henrietta è uscita?

EDWARD - Sì.

MIDGE - Strano, sta piovendo.

EDWARD - Era molto agitata. Tu sapevi che tra lei e John Cristow…?

MIDGE - Sì. (Si alza in piedi e rimette i fiammiferi sulla mensola) Lo sapevo, certo.

EDWARD - Lo sapevano tutti, credo.

MIDGE - Tutti tranne Gerda.

EDWARD - Maledetto!

MIDGE - (va a inginocchiarglisi vicino) Caro, non fare così. (Gli mette una mano sul braccio)

EDWARD - È morto, ma lei è ancora sua.

MIDGE - Ti prego, Edward.

EDWARD - Com’è cambiata dai tempi di Ainswick!

MIDGE - Tutti siamo cambiati.

EDWARD - Io no, sorto sempre lo stesso.

MIDGE - E io?

EDWARD - Neanche tu sei cambiata.

MIDGE - (toglie la mano dal braccio di Edward; con amarezza) Come puoi saperlo? Non mi guardi mai. (Edward, colpito, le solleva il viso con una mano) Sono una donna, Edward. (Gudgeon entra da sinistra. Midge si alza)

GUDGEON - L’ispettore l’aspetta in sala da pranzo, Sir Edward.

EDWARD.(alzandosi) Oh sì, grazie. (Esce da sinistra. Gudgeon chiude la porta. Durante le battute che seguono, Gudgeon toglie il vassoio dal tavolino davanti al divano e vi riunisce tazze e piattini)

MIDGE - La signora Cristow sta ancora riposando?

GUDGEON - Credo di sì, signorina. Il dottor Murdock le ha lasciato alcune compresse e la signora Simmonds è incaricata di dargliene una ogni due ore.

MIDGE - Crede che debba salire a vedere come sta?

GUDGEON - Non credo sia necessario, signorina, ci si può fidare della signora Simmonds.

MIDGE - Oh sì, ne sono sicura.

GUDGEON - (avviandosi verso la porta a sinistra) Grazie, signorina. (Esce da sinistra portando con sé il vassoio e le tazze. Midge richiude la porta. Henrietta arriva dalla terrazza, a sinistra, e bussa ai vetri. Midge corre ad aprire la portafinestra, fa entrare Henrietta e richiude)

MIDGE - Mi hai spaventata. (Accenna col capo verso destra) Credevo che fossi in giardino.

HENRIETTA - (si avvicina al camino) Non ho fatto che girare e girare attorno alla casa. Che bel fuoco!

MIDGE - (in tono di accusa) Che cosa hai detto a Edward?

HENRIETTA - A Edward?

MIDGE - Sì, poco fa. Quando sono entrata l’ho trovato in uno stato pietoso, pallido, sconvolto…

HENRIETTA - Midge, Midge, se vuoi tanto bene a Edward perché non fai qualcosa di risolutivo?

MIDGE - Non capisco, che cosa dovrei fare?

HENRIETTA - (con impazienza) Non so, sali su un tavolo e mettiti a urlare, così si accorgerà che esisti. Non c’è altro sistema con uno come Edward.

MIDGE - A lui importa solo di te.

HENRIETTA - È sciocco da parte sua.

MIDGE - Può darsi, ma è così.

HENRIETTA - Non sa niente di me, crede che sia ancora quella di un tempo. Oggi io odio Edward.

MIDGE - Non è possibile, nessuno può odiare Edward.

HENRIETTA - Io sì.

MIDGE - Perché?

HENRIETTA - Perché mi ricorda molte cose che vorrei dimenticare.

MIDGE - Quali?

HENRIETTA - Ainswick.

MIDGE - Vuoi dimenticare Ainswick?

HENRIETTA - Sì, ad Ainswick ero felice, non posso pensare a un tempo in cui ero felice. (Lady Angkatell entra da sinistra. Bruscamente) Non tornerò mai ad Ainswick. (Va verso la porta a sinistra e, senza curarsi di Lady Angkatell, esce)

LADY ANGKATELL - Che cosa diceva?

MIDGE - Che non tornerà mai ad Ainswick.

LADY ANGKATELL - (chiude la porta) Io, invece, credo che ci tornerà.

MIDGE - Perché sposerà Edward?

LADY ANGKATELL - Sì. (Va a prendere la scatola dei cioccolatini) Credo di sì. (Allegramente) Ora che Cristow è morto e ha lasciato libero il cammino, Henrietta ed Edward si sposeranno. Tutto si è risolto per il meglio.

MIDGE - Forse John Cristow sarebbe di un altro parere.

LADY ANGKATELL - Be’, non è a lui che stavo pensando. (L’ispettore entra da sinistra, seguito dal sergente Penny, in abiti borghesi. Il sergente ha in mano un taccuino che consulta spesso e sul quale prende appunti)

ISPETTORE - Non è qui la signorina Angkatell?

MIDGE - Credo che sia salita a cambiarsi. Devo andarla a chiamare?

LADY ANGKATELL - (avviandosi verso la porta a sinistra) No, vado io, voglio vedere come sta Gerda. (Offre un cioccolatino all’ispettore) Ne vuole? Sono ripieni di crema.

ISPETTORE - No, grazie.

LADY ANGKATELL - (offre un cioccolatino al sergente) Prenda un cioccolatino, sono morbidissimi.

SERGENTE. No, grazie. (Lady Angkatell esce da sinistra. Il sergente chiude la porta)

ISPETTORE - (a Midge) Lei è la signorina Harvey, vero?

MIDGE - Sì, Margerie Harvey.

ISPETTORE - Non abita qui, mi pare. (Le indica il divano) Si sieda.

MIDGE - No, abito al numero ventisette di Strathmere Mansions, W. due.

ISPETTORE - È parente dei padroni di casa?

MIDGE - (siede sul divano) Mia madre era prima cugina di Lady Angkatell.

ISPETTORE - Dov’era quando è stato sparato il colpo?

MIDGE - In giardino.

ISPETTORE - Dunque eravate tutti chi qua chi là… Lady Angkatell veniva dalla fattoria, il signor Angkatell dai boschi, lei dal giardino, Sir Henry dal tirassegno, la signora Cristow dalla camera da letto. E la signorina Angkatell?

MIDGE - Era anche lei in giardino.

ISPETTORE - Insomma, tutti insieme disegnavate un angolo di trecentosessanta gradi. Ora, signorina Harvey, vorrei che lei mi descrivesse minuziosamente quel che ha visto entrando in questa stanza.

MIDGE - John Cristow era disteso là. C’era del sangue. La signora Cristow era in piedi vicino a lui con la… con la rivoltella in mano.

ISPETTORE - Che cos’ha pensato? Che fosse stata lei a sparare?

MIDGE - Francamente sì; l’ho pensato.

ISPETTORE - Non ha avuto dubbi!

MIDGE - No, in quel momento no.

ISPETTORE - (pronto) Ora però ne ha. Perché?

MIDGE - Forse perché mi sono accorta di aver tratto delle conclusioni affrettate.

ISPETTORE - Perché in un primo momento aveva avuto la certezza che fosse stata la signora Cristow a sparare?

MIDGE - Forse perché aveva in mano la rivoltella.

ISPETTORE - (con uno sguardo penetrante) Ma deve pure aver pensato che avesse avuto una ragione per uccidere suo marito.

MIDGE - (appare turbata) No… io…

ISPETTORE - Ebbene, signorina Harvey?

MIDGE - No, non ho pensato a niente di particolare.

ISPETTORE - Quindi, per quanto ne sa lei, c’era buona armonia tra i coniugi Cristow.

MIDGE - Oh sì, certo.

ISPETTORE - Ho capito. Proseguiamo: che cos’è successo dopo?

MIDGE - Mi pare… dunque, Sir Henry si è inginocchiato vicino a John Cristow, ha detto che non era morto e ha incaricato Gudgeon di chiamare subito il dottore.

ISPETTORE - Gudgeon? Il maggiordomo? Quindi c’era anche lui.

MIDGE - Sì, c’era anche lui, e quando è andato a telefonare, John Cristow ha aperto gli occhi. L’ho visto sussultare come se tentasse di compiere un ultimo sforzo… poi è morto. È stato atroce.

ISPETTORE - Non c’è altro?

MIDGE - No.

ISPETTORE - (fa qualche passo verso la portafinestra sul giardino) Non ha detto niente Cristow prima di morire?

MIDGE - Mi pare che abbia detto: “Henrietta”.

ISPETTORE - Ha detto: “Henrietta”?

MIDGE - Sì. (Agitata) Henrietta gli stava proprio davanti quando ha aperto gli occhi, l’ha vista lì… (Guarda l’ispettore, cercando di mostrarsi convincente)

ISPETTORE - Ho capito. Basta, per il momento, signorina Harvey. Grazie.

MIDGE - (si alza e va verso la porta a sinistra) Vado a cercare Henrietta. Lady Angkatell è molto distratta, dimentica sempre tutto a metà strada.

ISPETTORE - (riflettendo) Lady Angkatell è molto distratta…

SERGENTE - Per me è un po’ stramba! (L’ispettore tende una mano e il sergente gli dà il taccuino)

ISPETTORE - Mah… (Sfoglia il taccuino) Qui ciascuno dice una cosa diversa. Lady Angkatell dichiara: (legge) “Ha mormorato qualcosa prima di morire, ma non sono riuscita a sentire quello che ha detto”.

SERGENTE - Che sia sorda?

ISPETTORE - Non credo. Secondo Sir Henry, John Cristow ha pronunciato in modo chiaro il nome di Henrietta. La signorina Harvey me l’ha confermato, ma solo quando gliel’ho chiesto, non prima. Edward Angkatell sostiene che Cristow è morto senza dire una parola. Gudgeon non si ricorda. Tutti sanno qualche cosa e nessuno dice niente.

SERGENTE - Bisogna ragionarci un po’. Lei pensa che sia stata la moglie? (Prende il taccuino dalle mani dell’ispettore)

ISPETTORE - Le mogli avrebbero spesso ragione di sparare ai loro mariti, per questo si sospetta di loro.

SERGENTE - Mi sembra infatti che tutti qui pensino che sia stata lei.

ISPETTORE - Lo pensano o vogliono pensarlo.

SERGENTE - Cioè?

ISPETTORE - C’è una gran solidarietà familiare in questa casa. Sono tutti parenti, l’unica estranea è la signora Cristow. Credo che tutti sarebbero contenti di sapere che è stata lei.

SERGENTE - Ma non è sicuro, vero?

ISPETTORE - In realtà potrebbe essere stato chiunque. Nessuno ha un alibi e non esiste una possibilità di verificare i tempi e i luoghi. Non ci resta che prendere in esame le vie di entrata e di uscita. Dopo aver sparato dalla terrazza, l’assassino può aver fatto il giro per entrare di lì (indica la portafinestra sul giardino) o di lì. (indica la porta a sinistra) Il sottobosco arriva fino alla casa; si va dappertutto, alla fattoria, a caccia, a passeggio, senza che nessuno ti veda, si potrebbe giocare a nascondino per ore. La rivoltella era di quelle usate per il tiro al bersaglio, potrebbe averla presa chiunque, senza contare poi che l’hanno toccata un po’ tutti, anche se le uniche impronte sicure sono quelle della signora Cristow e di Henrietta Angkatell. Dobbiamo cercar di capire chi era veramente John Cristow, quando sapremo tutto di lui sarà più facile scoprire chi l’ha ucciso.

SERGENTE - Prenderemo informazioni a Londra, interrogheremo la sua segretaria, i domestici…

ISPETTORE - Qui in casa com’è andata con i domestici?

SERGENTE - Finora non ne ho ricavato molto, è gente che si da un po’ di arie e purtroppo manca una aiuto-cuoca, sa quelle che in cucina fanno un po’ di tutto… io con loro son sempre fortunato, ma qui non c’è. L’unica che mi fa sperare è un ragazzina addetta alle pulizie nelle stanze, se non ha bisogno di me, ispettore, torno a lavorarmela un po’. (L’ispettore annuisce. Il sergente, sorridendo, esce da sinistra. L’ispettore si avvicina alla portafinestra sul giardino e guarda per un attimo attraverso i vetri, poi si allontana ed esce sulla terrazza. Dopo poco rientra e si va a sedere sul divano. Si accorge che c’è qualcosa dietro il cuscino che ha alle spalle, lo sposta e trova la borsetta di camoscio rosso di Veronica. La apre e vi guarda dentro con un’espressione di immenso stupore. La richiude, si alza, la soppesa. Sente arrivare delle voci da sinistra, rimette la borsetta sul divano e la copre con il cuscino)

MIDGE - (fuori scena) Oh, eccoti qui, Henrietta. L’ispettore vorrebbe parlarti.

HENRIETTA - (fuori scena) Grazie, Midge, Lucy me l’ha detto, sto andando da lui.

MIDGE - (fuori scena) Temevo che se ne fosse dimenticata. (L’ispettore è vicino al divano. Henrietta entra da sinistra)

HENRIETTA - (richiude la porta) Voleva parlare con me? (Va a sedersi sul divano)

ISPETORE Sì, signorina Angkatell. Lei è parente dei padroni di casa, vero?

HENRIETTA - Siamo tutti cugini, ma in modo un po’ confuso, perché Lady Angkatell ha sposato un suo secondo cugino ed era anche lei una Angkatell.

ISPETTORE - Una riunione di famiglia, fatta eccezione per il dottor Cristow e sua moglie.

HENRIETTA - Sì.

ISPETTORE - Vuol darmi il suo resoconto dell’accaduto?

HENRIETTA - Ero in giardino, nella parte coltivata a rose. (Fa un cenno verso destra) È là, non molto lontano dalla casa. Quando ho sentito lo sparo, ho capito che arrivava da qui e non dal viale dove tiravano al bersaglio, mi è parso strano e sono venuta a vedere che cosa era successo.

ISPETTORE - Da che parte è entrata?

HENRIETTA - (indica la portafinestra sul giardino) Da lì.

ISPETTORE - Vuol descrivermi quello che ha visto?

HENRIETTA - Sir Henry e Gudgeon, il maggiordomo, erano curvi sopra il corpo di John Cristow. La signora Cristow era accanto a loro. Aveva in mano la rivoltella.

ISPETTORE - Ha pensato che fosse stata lei a sparare?

HENRIETTA - Perché avrei dovuto pensarlo?

ISPETTORE - Lo ha pensato o no?

HENRIETTA - No.

ISPETTORE - Che cosa ha pensato, allora?

HENRIETTA - Direi che non ho pensato a niente. Tutto era successo così all’improvviso… Sir Henry ha detto a Gudgeon di chiamare un dottore e Gudgeon è andato a telefonare.

ISPETTORE - Chi altro c’era nella stanza?

HENRIETTA - C’erano tutti, mi pare. No… Edward è arrivato dopo di me.

ISPETTORE - Da che parte è entrato?

HENRIETTA - Dalla terrazza.

ISPETTORE - E poi?

HENRIETTA - E poi… John è morto.

ISPETTORE - Ha ripreso conoscenza prima di morire?

HENRIETTA - Oh sì, ha aperto gli occhi.

ISPETTORE - Ha detto qualche cosa?

HENRIETTA - (dopo una pausa) Ha detto: “Henrietta”.

ISPETTORE - Lei lo conosceva bene?

HENRIETTA - Sì, molto bene.

ISPETTORE - Non ha detto altro?

HENRIETTA - No.

ISPETTORE - E poi che cosa è successo?

HENRIETTA - Mi lasci pensare… Gerda piangeva, agitava le braccia e siccome stringeva ancora la rivoltella, temevo che partisse un colpo. Ho cercato di tranquillizzarla, l’ho portata a sedere sul divano e le ho tolto la rivoltella.

ISPETTORE - Era molto amica del dottor Cristow e della signora?

HENRIETTA - Non è facile rispondere…

ISPETTORE - (con gentilezza) Perché, signorina Angkatell?

HENRIETTA - (con decisione) Perché ero l’amante di John Cristow. È questo, vero, che voleva sapere?

ISPETTORE - Le sono grato per la sua franchezza, signorina Angkatell. (Le offre una sigaretta; con delicatezza) E necessario per noi conoscere tutte le circostanze.

HENRIETTA - (prende la sigaretta; con voce asciutta) Se questa “circostanza” è estranea all’uccisione di John Cristow, e non vedo come potrebbe non esserlo, è necessario renderla pubblica? Non parlo solo per me, ma anche per la signora Cristow che avrebbe un altro inutile dolore.

ISPETTORE - (le accende la sigaretta) La signora Cristow non sapeva della relazione tra lei e suo marito?

HENRIETTA - No.

ISPETTORE - Ne è sicura?

HENRIETTA - Sicurissima.

ISPETTORE - Da quanto tempo durava questo amore tra lei e il dottor Cristow?

HENRIETTA - Da sei mesi, ma la parola amore non mi pare appropriata.

ISPETTORE - Non capisco.

HENRIETTA - Provi a pensarci.

ISPETTORE - Non avevate considerato l’eventualità di un divorzio?

HENRIETTA - Assolutamente no. John Cristow aveva avuto altre amanti, io facevo parte del numero, nient’altro. Credo che amasse soltanto sua moglie, ma con lei non poteva parlare del suo lavoro. Stava facendo una ricerca su una malattia dalle origini sconosciute… (L’ispettore va a sedersi sul divano) Era un uomo dall’intelligenza brillante, con un interesse appassionato per il suo lavoro. All’inizio veniva da me, nel mio studio, e me ne parlava. Erano argomenti al di là delle mie cognizioni, ma mi ero procurata dei libri ed ero riuscita a capire qualche cosa di più e a porgli delle domande che, anche se non avevano un fondamento scientifico, lo aiutavano meglio a formulare il proprio pensiero. (Parla con naturalezza, come se si rivolgesse a un amico) Poi, a un tratto, ho assunto un ruolo diverso, John mi ha visto come una donna e sono diventata un ostacolo tra lui e il suo lavoro. Non voleva innamorarsi di me, aveva avuto un amore giovanile che lo aveva fatto soffrire e temeva il ripetersi di quell’esperienza. Cercava solo una relazione non molto diversa da quelle che aveva già avuto. Forse pensava che fosse il modo migliore per annullare 1’interferenza che, come le ho detto, creavo tra lui e i suoi pensieri.

ISPETTORE - E a lei questo poteva bastare?

HENRIETTA - No, certamente no, ma l’amavo e mi faceva piacere dargli quello che desiderava.

ISPETTORE - La capisco.

HENRIETTA - Davvero? Avevo quasi dimenticato che stavo parlando con un poliziotto.

ISPETTORE - Perché? Non siamo diversi dagli altri, ma veniamo a sapere molte cose di più, forse perché siamo degli ascoltatori imparziali, come i preti.

HENRIETTA - Sì, credo che conosciate bene l’animo umano. (Si alza. La battuta che segue non avrà l’accento della verità) Quindi ora lei sa perché John, prima di morire ha detto: “Henrietta”. (Il sergente entra da sinistra)

ISPETTORE - È solo un particolare, signorina Angkatell, (si alza) ma vorrei che mi spiegasse perché ha tolto la rivoltella dalle mani della signora Cristow.

HENRIETTA - Gliel’ho detto, si agitava e temevo che partisse un colpo.

ISPETTORE - La rivoltella era stata usata poco prima per tirare al bersaglio. Le uniche impronte rilevabili sono quelle della signora Cristow e, naturalmente, le sue. (Una pausa) Sarebbe stato meglio che nessuno avesse toccato quella rivoltella…

HENRIETTA - Non si arriva a pensare a queste cose in certi momenti. Vuole sapere altro, ispettore?

ISPETTORE - No, grazie signorina, per ora no. (Il sergente apre la porta. Henrietta esce da sinistra. Il sergente richiude la porta)

SERGENTE - Le ha detto niente di interessante?

ISPETTORE - Era l’amante di Cristow. Mi ha detto che questo spiega perché, morendo, abbia pronunciato il suo nome.

SERGENTE - È possibile.

ISPETTORE - Ma forse non è così.

SERGENTE - E cioè?

ISPETTORE - Forse era un’accusa.

SERGENTE - Potrebbe averlo ucciso lei?

ISPETTORE - Non è escluso.

SERGENTE - Io scommetto che è stata la moglie. Se avesse saputo della relazione tra Cristow e Henrietta, ecco che avremmo il movente che cerchiamo.

ISPETTORE - Secondo Henrietta non lo sapeva.

SERGENTE - Come si può esserne sicuri? Niente di più facile che qualcuno gliel’abbia soffiato all’orecchio.

ISPETTORE - (si avvicina all’alcova e guarda la scultura) Henrietta non sarebbe riuscita a nascondere i suoi sentimenti, non ne sarebbe stata capace.

SERGENTE - Degli altri non credo si possa sospettare.

ISPETTORE - Apparentemente nessuno aveva qualche motivo per desiderare la morte di John Cristow, ma ci sono tante cose che ancora non sappiamo e tutti parlano con estrema prudenza.

SERGENTE - Non riesco a capire che ragioni avrebbero avuto Sir Henry o lady Angkatell di uccidere John Cristow.

ISPETTORE - Né loro né la ragazza, Midge. Ma non dimentichiamo che, alla domanda se Cristow avesse detto qualcosa prima di morire, Edward Angkatell ha risposto: “No, non ha parlato”, mentendo, perché Sir Henry e la signorina Harvey hanno dichiarato entrambi di aver sentito Cristow pronunciare con voce chiara il nome di Henrietta.

SERGENTE - Allora lei pensa che Edward Angkatell abbia un debole per Henrietta.

ISPETTORE - Già, è proprio quello che penso.

SERGENTE - E che ha cercato di non coinvolgerla.

ISPETTORE - Esatto.

SERGENTE - È un’idea…

ISPETTORE - Un’idea che induce a sospettare di un’altra persona.

SERGENTE - Di Edward Angkatell?

ISPETTORE - (siede sul divano) Sì. Ha un temperamento fragile. Se veramente amava Henrietta e aveva scoperto la sua relazione con Cristow, può darsi che abbia fatto una sciocchezza…

SERGENTE - E abbia tolto di mezzo il rivale.

ISPETTORE. Non sarebbe il primo.

SERGENTE - Quindi i sospetti si accentrano su tre persone. Henrietta Angkatell, Edward Angkatell e la signora Cristow.

ISPETTORE - Caro Penny, non poniamo limite all’immaginazione. (Toglie la borsetta di Veronica di sotto il cuscino) Questa che cos’è, secondo te?

SERGENTE - Una borsetta.

ISPETTORE - Senza dubbio.

SERGENTE - L’abbiamo già esaminata nel controllare questa stanza: (consulta il taccuino) due sterline e dieci scellini in carta e sette scellini in moneta, un rossetto, un portacipria, un accendino d’argento, un fazzolettino di pizzo senza cifre. Gli oggetti sembrano di buona qualità, costosi, dev’essere la borsetta di una delle signore, non so quale. (L’ispettore si alza con la borsetta in mano, va verso il camino e suona il campanello) Non ho pensato di informarmi, non mi è sembrato importante.

ISPETTORE - Dunque, secondo lei, la borsetta appartiene a una delle signore che sono qui, in casa?

SERGENTE - Sì, non è d’accordo?

ISPETTORE - No, non sono d’accordo, ma mi baso solo su un ragionamento di carattere estetico. La borsetta è troppo di cattivo gusto per Lady Angkatell, troppo cara per la piccola Harvey, troppo alla moda per la signora Cristow, troppo appariscente per Henrietta Angkatell. Quindi direi che non appartiene a nessuno di loro. (Guarda la borsetta) E una borsetta che fa pensare.

SERGENTE - Non dovrebbe essere difficile scoprire di chi è, ma quel che conta è che non contiene niente di straordinario.

ISPETTORE - Ne è sicuro?

SERGENTE - Mah… sì. (Gudgeon entra da sinistra)

GUDGEON - Ha suonato, signor ispettore?

ISPETTORE - Lei sa di chi è questa borsetta?

GUDGEON - No, non mi pare di averla mai vista. Lo chiederò alla cameriera di Sua Signoria, può darsi che lei lo sappia.

ISPETTORE - Grazie. (Gudgeon sta per uscire, esita e si volta)

GUDGEON - Ripensandoci, forse potrebbe… è solo una mia idea, naturalmente…

ISPETTCRE Mi dica.

GUDGEON - Ecco, potrebbe essere la borsetta della signorina Veronica Craye.

SERGENTE - Veronica Craye? L’attrice? È da queste parti?

GUDGEON - (dà un’occhiata altezzosa al sergente poi si rivolge all’ispettore) Abita alla Colombaia, il cottage in fondo al viale.

ISPETTORE - È stata qui?

GUDGEON - Sì, signor ispettore, ieri sera.

ISPETTORE - E aveva questa borsetta?

GUDGEON - No, signor ispettore. Era in abito da sera e aveva una borsetta di lustrini, ma potrebbe essere tornata stamattina…

ISPETTORE - Quando?

GUDGEON - Verso mezzogiorno.

ISPETTORE - L’ha vista?

GUDGEON - Io no.

SERGENTE - E chi l’ha vista, allora?

GUDGEON - (con un’occhiata irosa al sergente) L’ha vista l’aiutocameriera dalla finestra. Le piace il cinema ed era molto eccitata.

SERGENTE - Andrò a parlarle.

ISPETTORE - Lady Angkatell non mi aveva detto che la signorina Craye era stata qui stamattina.

GUDGEON - Non credo che lo sapesse.

ISPETTORE - Chi era venuta a cercare, allora?

GUDGEON - Non saprei, signor ispettore. (L’ispettore si avvicina al divano) Mm… (Tossisce)

ISPETTORE - (rivolto a Gudgeon) Sì?

GUDGEON - Stamattina presto hanno portato dalla Colombaia un biglietto per il dottor Cristow. Il dottore ha detto che non c’era risposta.

ISPETTORE - Ah. Dov’è finito quel biglietto?

GUDGEON - Forse potrei ritrovarlo, ho buttato via poco fa un foglietto spiegazzato che avevo trovato nel cestino della carta straccia..

ISPETTORE - Grazie, Gudgeon, cerchi di farmelo avere subito.

GUDGEON - (si avvia verso la porta a sinistra) Sì, signore.

ISPETTORE - Dunque il signor Cristow conosceva la signorina Craye?

GUDGEON - Parrebbe di sì, signor ispettore. Ieri sera era andato a trovarla…dopo cena. (Tace, aspettando che l’ispettore gli chieda qualcos’altro)

ISPETTORE - E quando è tornato?

GUDGEON - Non saprei, signor ispettore. A mezzanotte e un quarto, quando sono andato a letto, ho lasciato aperta la porta laterale, come mi aveva detto Sir Henry. (L’ispettore prende la borsetta e la mette sullo scrittoio) Fino a quel momento il dottor Cristow non era ancora tornato. (Veronica entra dalla terrazza a sinistra)

VERONICA - Ho appena saputo… È atroce… atroce! Lei è…?

ISPETTORE - Sono l’ispettore Colquhoun di Scotland Yard.

VERONICA - Allora è vero, John è stato ucciso. (Gudgeon esce rapidamente da sinistra)

ISPETTORE - Si, signorina Craye, è stato ucciso.

VERONICA - Come mai sa il mio nome?

ISPETTORE - Mi piacciono i bei film.

VERONICA - Lei è molto gentile. (Siede sul divano) Sono tornata in Inghilterra proprio per girare un film.

ISPETTORE - Il dottor Cristow era suo amico?

VERONICA - Non lo vedevo da anni. Ieri sera ero venuta qui per farmi prestare dei fiammiferi e, appena entrata, me lo sono trovato davanti.

ISPETTORE - Le ha fatto piacere rivederlo?

VERONICA - Molto. È sempre bello rivedere un vecchio amico.

ISPETTORE - So che più tardi è venuto da lei, al cottage.

VERONICA - Sì, gliel’avevo chiesto io. Abbiamo ricordato la nostra giovinezza.

ISPETTORE - A che ora se n’è andato?

VERONICA - Non lo so, abbiamo parlato a lungo.

ISPETTORE - Sempre della vostra giovinezza?

VERONICA - Sì, e anche di quello che avevamo fatto in tutti questi anni. (L’ispettore va a chiudere la portafinestra che dà sulla terrazza) Lui si era affermato nella sua posizione e si era sposato.

ISPETTORE - Non conosceva la moglie?

VERONICA - No, me l’aveva presentata solo ieri sera e mi è parso di capire, non da quello che diceva, ma da quello che lasciava intuire, che la sua vita matrimoniale non fosse molto felice.

ISPETTORE - Ah sì?

VERONICA - Ho pensato che doveva aver sposato una di quelle donne insulse che non sanno far altro che essere gelose.

ISPETTORE - Avrebbe avuto qualche motivo, la signora Cristow, di essere gelosa?

VERONICA - Non lo chieda a me. Io ho solo avuto l’impressione che, negli ultimi tempi, il loro matrimonio avesse subito qualche scossa. La gelosia è cattiva consigliera.

ISPETTORE - Crede che sia stata sua moglie a ucciderlo?

VERONICA - Sinceramente, non lo so. È stata la mia cameriera a dirmi che hanno trovato la moglie con la rivoltella ancora in mano. Ma sa, in paese circolano una quantità di notizie false…

ISPETTORE - Questa non è una notizia falsa…

VERONICA - Forse la signora Cristow aveva scoperto la relazione di John con la scultrice. (Il sergente entra da sinistra. Ha in mano un foglietto spiegazzato)

ISPETTORE. Mi scusi, signorina. (Il sergente si avvicina all’ispettore e gli consegna il foglietto)

VERONICA - Ma le pare?

SERGENTE - (a parte, all’ispettore) È rientrato alle tre.

VERONICA - Veramente io ero venuta a… a…

ISPETTORE - (con la borsetta in mano) A riprendere la sua borsetta? È sua, vero, questa borsetta?

VERONICA - (turbata) Ah sì. (Si alza) Grazie.

ISPETTORE - Un momento solo, per favore. (Veronica torna a sedersi sul divano. L’ispettore guarda il biglietto, poi si avvicina al divano) Il dottor Cristow è rientrato alle tre del mattino. Non è un’ora un po’ strana?

VERONICA - Avevamo parlato di tante cose.

ISPETTORE - Me l’ha già detto.

VERONICA - Non mi ero neanche accorta che fosse così tardi.

ISPETTORE - Ed è stata l’ultima volta che ha visto il dottor Cristow?

VERONICA - (in fretta) Sì.

ISPETTORE - Ne è sicura, signorina Craye?

VERONICA - Certo, ne sono sicura.

ISPETTORE - E questa borsetta?

VERONICA - Oh, devo averla dimenticata ieri sera, quando sono venuta a prendere i fiammiferi.

ISPETTORE - È molto grande e pesante per essere una borsetta da sera. (Una pausa) Secondo me l’ha lasciata qui stamattina.

VERONICA - Che cosa glielo fa pensare?

ISPETTORE - (va verso il camino e posa la borsetta sulla mensola) In parte questo suo biglietto. (Legge) “Vieni da me stamattina. Devo parlarti. Veronica”. Due parole asciutte asciutte, vero signorina? Ma il signor Cristow non è venuto e non ha nemmeno risposto. Allora lei è venuta a cercarlo. È così?

VERONICA - (si alza e va verso la poltrona. Ha un tono di voce completamente diverso) Com’è bravo, ispettore! Lei sa proprio tutto.

ISPETTORE - Non tutto. Che cos’è successo quando è venuta qui? Avete litigato?

VERONICA - Beh, non si può dire che abbiamo litigato… (sospira e si siede sulla poltrona) Povero John!

ISPETTORE - Perché povero John?

VERONICA - Non volevo parlarne con lei, non mi pareva giusto…

ISPETTORE - E allora?

VERONICA - John pareva un pazzo… un pazzo. Era stato innamorato di me, un tempo, e ora voleva lasciare la moglie e i bambini e pretendeva che anch’io divorziassi per sposarlo. Io non credevo di poter sconvolgere la vita di un uomo fino a questo punto… ero spaventata…

ISPETTORE - Capisco. Così, all’improvviso, quando uno non se l’aspetta…

VERONICA - Appunto. Eppure ci sono uomini che non sanno dimenticare, e sognano, fanno progetti…

ISPETTORE - Uomini e anche donne.

VERONICA - Sì, anche donne, credo. Insomma, questo era lo stato d’animo di John. Da principio ho cercato di non prenderlo sul serio, di spiegargli che era una pazzia. Ne aveva già parlato la sera prima, per questo gli avevo scritto, per non lasciare le cose a metà, per spiegargli che il suo era un sogno irrealizzabile. Non mi ha ascoltato. Ora è morto e io sono molto infelice. (Il sergente si schiarisce la gola)

ISPETTORE - Che cosa c’è, sergente?

SERGENTE - (a Veronica) Nell’uscire lei ha detto: “Ti odio, non sapevo che sarei arrivata a odiare tanto qualcuno!”

VERONICA - Non ho mai pronunciato una frase simile in vita mia. Dove raccogliete le vostre informazioni? Dai pettegolezzi dei domestici?

SERGENTE - Una sua ammiratrice, signorina Craye, che aspettava il momento di chiederle un autografo (in tono significativo) ha sentito buona parte di quello che è stato detto in questa stanza.

VERONICA - (si alza, incollerita) Tutte storie. (All’ispettore) Posso riavere la mia borsetta?

ISPETTORE - (va verso il camino) Certo, signorina Craye. (Prende la borsetta) Dovremmo però trattenere la rivoltella.

VERONICA - La rivoltella? (L’ispettore si toglie di tasca un fazzoletto, se lo avvolge attorno alla mano, apre la borsetta e tira fuori una rivoltella)

ISPETTORE - Non sapeva che c’era una rivoltella nella sua borsetta?

SERGENTE - (fa un passo verso l’ispettore) Ma… (L’ispettore lo ferma con lo sguardo)

VERONICA - Quella rivoltella non è mia, non era nella mia borsetta, non l’ho mai vista!

ISPETTORE - (esamina la rivoltella) È una Smith e Wesson, calibro trentotto, lo stesso calibro del proiettile che ha ucciso John Cristow.

VERONICA - Non penserete di accusarmi! Voglio parlare con un avvocato! Non potete…

ISPETTORE - (porgendole la borsetta) Ecco la sua borsetta, signorina Craye. (Veronica gli strappa la borsetta di mano, con collera e paura nello stesso tempo)

VERONICA - Non dirò una parola di più.

ISPETTORE - Saggia decisione. (Veronica si volta, guarda il sergente ed esce di corsa dalla parte della terrazza, a sinistra. L’ispettore la guarda allontanarsi e si rigira tra le mani la rivoltella avvolta nel fazzoletto)

SERGENTE - Signor ispettore, .ma…

ISPETTORE - Risparmiamoci i “se” e i “ma” Niente è come appare e tutto il resto avviene in conseguenza. (Si avvicina alla poltrona e si siede, con un atteggiamento rilassato. Il sergente apre la bocca per protestare. L’ispettore gli fa segno di tacere) Lo so… lo so… e me lo chiedo anch’io…

SIPARIO

ATTO TERZO

La stessa scena. Il lunedì mattina. È una bella giornata. Le portefinestre sono aperte. C’è un po’ di fuoco nel camino. Gudgeon introduce l’ispettore e il sergente dalla porta a sinistra.

GUDGEON - Vado ad avvertire Sir Henry che lei è qui, signor ispettore. (Esce da sinistra)

SERGENTE - (guarda verso il tavolo grande) Che bei fiori! (Si avvicina al camino)

ISPETTORE - (fa qualche passo e si ferma accanto alla portafinestra che dà sulla terrazza) Sì. (osservando il quadro appeso sopra il camino) Mi piace questo quadro. La casa è stupenda, chi sa di chi è.

ISPETTORE - È la vecchia casa di Lady Angkatell.

SERGENTE - Non mi dica che l’hanno venduta, come si usa fare adesso.

ISPETTORE - No, ora appartiene a Edward Angkatell per diritto di successione.

SERGENTE - E perché non l’ha ereditata Sir Henry insieme al titolo?

ISPETTORE - Sir Henry, come secondo cugino, è Cavaliere dell’Ordine del Bagno, ma non ha ereditato il titolo.

SERGENTE - Quante cose sa sulla famiglia Angkatell.

ISPETTORE - Ho cercato di informarmi perché poteva essere utile all’indagine.

SERGENTE - Mah, se lo dice lei… Ad ogni modo ormai ce l’abbiamo fatta… o no?

ISPETTORE - Direi proprio di no. (Doris arriva dalla terrazza, a sinistra)

DORIS - (ferma vicino alla portafinestra) Ehi!

SERGENTE - Salve!

DORIS - (avanza con aria complice) Sono passata di qui per non farmi vedere dal signor Gudgeon. Dicono che è meglio stare alla larga dalla polizia, ma secondo me l’importante è far trionfare la giustizia.

SERGENTE - Brava ragazza. Chi ti ha detto di stare alla larga dalla polizia?

DORIS - La signora Medway, la cuoca. Ha detto che è brutto avere la polizia che gira per casa, è la prima volta che le capita e, per l’emozione, si è guastata la mano e non può fare la pasta. (S’interrompe per riprendere fiato) Si voleva addirittura licenziare, ma le dispiaceva lasciare Sua Signoria perché sa che non può fare a meno di lei. (All’ispettore) Vanno tutti matti per Sua Signoria.

SERGENTE - Adesso riprendiamo il discorso sul trionfo della giustizia.

DORIS - (si volta verso il sergente) Io dirò né più né meno quello che ho visto coi miei occhi.

SERGENTE - Che, tra l’altro, sono anche dei bellissimi occhi.

DORIS - (dà una piccola gomitata al sergente) Via, che cosa mi racconta adesso! Dunque, sabato pomeriggio, cioè il giorno del delitto, mentre salivo a chiudere le finestre delle camere da letto perché stava per piovere, mi sono affacciata alla ringhiera delle scale e… che cosa ho visto?

SERGENTE - Che cosa hai visto?

DORIS - Ho visto il signor Gudgeon in piedi in anticamera con una rivoltella in mano! Giuro che aveva una faccia così strana che mi son sentita morire.

ISPETTORE - Gudgeon?

DORIS - Sì, signor ispettore. Forse è lui l’assassino.

ISPETTORE - Gudgeon!

DORIS - Spero di aver fatto bene a venirglielo a dire. In cucina mi sgrideranno, ma ho pensato che è mio dovere…

SERGENTE - (all’unisono con Doris) Far trionfare la giustizia!

DORIS - Far trionfare la giustizia!

SERGENTE - Brava ragazza!

DORIS - Vede, secondo me… (S’interrompe e resta in ascolto) Sta arrivando qualcuno. Scappo, ho detto che andavo a controllare il bucato.

SERGENTE - (la guarda allontanarsi) Può esserci utile quella ragazza, è lei che girava attorno a Veronica Craye per avere un autografo. (Sir Henry entra dalla porta a sinistra)

ISPETTORE - Buongiorno, Sir Henry.

SIR HENRY - Buongiorno, ispettore.

SERGENTE - Buongiorno. (Sir Henry saluta con un cenno della testa il sergente)

SIR HENRY - (all’ispettore) Voleva parlare con me?

ISPETTORE - Sì, avrei bisogno di qualche altra informazione.

SIR HENRY - Mi dica.

ISPETTORE - Sir Henry, lei ha una collezione di armi da fuoco, soprattutto rivoltelle e pistole. Ha notato che ne manchi qualcuna?

SIR HENRY - (va a sedersi sul divano) Non capisco. Lasci che riassuma quanto le ho già detto: sabato mattina avevo preso due rivoltelle e una pistola per andare a tirare al bersaglio, più tardi mi sono reso conto che una di queste, una Smith e Wesson calibro trentotto era sparita e l’ho riconosciuta poi tra le mani della signora Cristow subito dopo l’omicidio.

ISPETTORE - Esatto. La signora Cristow ha dichiarato di averla raccolta da terra, vicino al corpo di suo marito. Ne abbiamo quindi dedotto che fosse l’arma con la quale il dottor Cristow era stato ucciso.

SIR HENRY - Vuol dire che invece non era quella?

ISPETTORE - È arrivato il risultato della prova balistica: il proiettile che ha ucciso il dottor Cristow non è partito da quella rivoltella.

SIR HENRY - Mi pare così strano…

ISPETTORE - Infatti è strano, il calibro è lo stesso, ma l’arma certamente no.

SIR HENRY - Ispettore, perché lei pone come presupposto che l’arma del delitto debba provenire dalla mia collezione?

ISPETTORE - Al contrario, non ne sono affatto sicuro, vorrei solo che lei controllasse se tutto è a posto.

SIR HENRY - (alzandosi) Vado a vedere, le darò una risposta tra pochi minuti. (Esce da sinistra)

SERGENTE - Non sa niente.

ISPETTORE - Già, a quanto pare non sa niente. (Esce sulla terrazza e guarda verso sinistra)

SERGENTE - A che ora è l’inchiesta?

ISPETTORE - A mezzogiorno. Abbiamo ancora molto tempo davanti a noi.

SERGENTE - Ci sarà un procedimento sommario e l’aggiornamento della pratica. Immagino che il coroner sia già stato informato. (Midge entra da sinistra. Indossa cappello, soprabito e guanti e porta con sé la borsetta e la valigia)

ISPETTORE - Lei parte, signorina Harvey?

MIDGE - Devo tornare in città subito dopo l’inchiesta…

ISPETTORE - Mi dispiace, ma devo chiederle di non allontanarsi da qui per oggi.

MIDGE - Non posso, lavoro in un negozio di abbigliamento e se non arrivo per le due e mezzo succederà un pasticcio…

ISPETTORE - Dica che è stata costretta a restare per ordine della polizia.

MIDGE - Ah, non la passerò liscia lo stesso. (Si avvicina alla scrivania, vi appoggia la borsetta e i guanti e mette la valigia per terra, lì vicino) È meglio che telefoni subito e non ci pensi più. (Alza il ricevitore) Pronto… (Si sente con chiarezza la voce della centralinista)

CENTRALINISTA - Con che numero vuol parlare?

MIDGE - Regent quattro sei nove due, per favore.

CENTRALINISTA - Il suo numero?

MIDGE - Dowfield due due uno. (L’ispettore si avvicina al divano e dà un’occhiata al sergente)

CENTRALINISTA - Dowfield due due uno. Deve aspettare circa venti minuti, la linea è sovraccarica.

MIDGE - Oh!

CENTRALINISTA - Rinuncia?

MIDYE No, no! Mi richiama lei?

CENTRALINISTA - Sì.

MIDGE - Grazie. (Riattacca. Sir Henry entra da sinistra)

SIR HENRY - Ti dispiace1asciarci un momento soli, Midge?

MIDGE - No certo, ma… aspetto una telefonata. (Prende la valigia e va verso la porta a sinistra)

SIR HENRY - Ti chiamerò io. Purché la telefonata arrivi, qualche volta se ne dimenticano. (Midge esce da sinistra. Sir Henry richiude la porta. All’ispettore) Dal mio studio manca un’altra trentotto Smith e Wesson che tenevo esposta in una custodia di cuoio insieme agli altri pezzi della mia collezione.

ISPETTORE - (si toglie di tasca una rivoltella e gliela mostra) È questa, Sir Henry? (Sir Henry, stupito, prende la rivoltella e la esamina attentamente)

SIR HENRY - Sì… è questa. Dove l’ha trovata?

ISPETTORE - Non ha importanza, per il momento, ma il proiettile che ha colpito il dottor Cristow è partito da qui. Posso parlare con il suo maggiordomo, Sir Henry? (Riprende la rivoltella)

SIR HENRY - Certamente. (Va a suonare il campanello vicino al camino) Devo farlo venire qui?

ISPETTORE - (si rimette la rivoltella in tasca) Sì, grazie.

SIR HENRY - Vuole che rimanga anch’io o che me ne vada? Io rimarrei volentieri, se è possibile, Gudgeon è con noi da molti anni, lo stimo molto.

ISPETTORE - Preferisco anch’io che lei rimanga, Sir Henry. (Gudgeon entra da sinistra)

GUDGEON - Ha chiamato, Sir Henry?

SIR HENRY - Sì, Gudgeon. (Gli indica l’ispettore. Gudgeon guarda educatamente l’ispettore in attesa di essere interpellato)

ISPETTORE - Gudgeon, lei ha una rivoltella di sua proprietà? (Sir Henry siede in poltrona)

GUDGEON - No, signor ispettore, non possiedo armi da fuoco.

SERGENTE - (legge sul taccuino) “Mi sono affacciata alla ringhiera delle scale e ho visto il signor Gudgeon in piedi in anticamera con una rivoltella… (Gudgeon reagisce stringendo i pugni) in mano. Giuro che aveva un’aria così strana…” (L’ispettore guarda il sergente che s’interrompe)

GUDGEON - È vero, me n’ero dimenticato.. Mi dispiace.

ISPETTORE - Vuol dirci esattamente che cosa è successo?

GUDGEON - Sì, signore. Era circa l’una di sabato e avrei dovuto servire la colazione ma, date le circo- stanze, era impossibile mantenere le abitudini della casa. Passando dall’anticamera, ho visto sul cassettone di quercia una delle pistole di Sir Henry, una piccola Derringer, Mi è parso imprudente lasciarla lì, l’ho presa, l’ho portata nello studio e l’ho rimessa a posto. Devo aggiungere, signor ispettore, che non credo di aver avuto un’aria strana…

ISPETTORE - Dov’è adesso quella pistola? È ancora nello studio?

GUDGEON - Credo di sì. Posso controllare.

ISPETTORE - (si toglie di tasca la rivoltella che ha mostrato prima a Sir Henry) È questa?

GUDGEON - (si avvicina all’ispettore e osserva la rivoltella) Oh no, signore, questa è una trentotto Smith e Wesson, quella era molto più piccola, era una Derringer.

ISPETTORE - Lei se ne intende di armi da fuoco.

GUDGEON - Ho fatto la guerra del quattordici-diciotto, signor ispettore.

ISPETTORE - Dunque, a quanto lei mi dice, la Derringer era sul cassettone di quercia in anticamera.

GUDGEON - Sì, signore. (Lady Angkatell entra da sinistra)

LADY ANGKATELL - Che piacere rivederla, ispettore! Che cos’è questa storia di Gudgeon e della pistola? Ho trovato la bambina, Doris, in un fiume di lacrime! Poverina, secondo me ha fatto bene a dire quello che aveva visto. Ma forse no, io non riesco mai a distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato. Nei casi in cui quel che è giusto è anche noioso, ancora ancora vedo chiaro, ma quando quel che è giusto è anche divertente, mi si confondono le idee! È un discorso un po’ strano, spero che mi abbiate capita. Ma lei, Gudgeon, che cosa stava dicendo a proposito di quella pistola?

GU.DGEON (rispettoso, ma sottolineando con forza le parole) Ho trovato la pistola nell’atrio, milady. Non so chi l’avesse lasciata lì, l’ho presa e l’ho rimessa a posto. L’ho già detto all’ispettore che mi ha ascoltato e capito.

LADY ANGKATELL - (scuotendo leggermente la testa) Non avrebbe dovuto farlo, Gudgeon. Parlerò io con l’ispettore.

GUDGEON - Ma…

LADY ANGKATELL - So bene, Gudgeon, che lei cerca sempre di evitarci noie e preoccupazioni (con fermezza) ma ora vada, vada pure. (Gudgeon esita, dà una rapida occhiata a Sir Henry, s’inchina ed esce da sinistra. Sir Henry ha un’espressione molto grave. Lady Angkatell si avvicina al divano, siede e rivolge all’ispettore un sorriso disarmante) Che delicatezza da parte di Gudgeon! Che spirito… ma sì, feudale, perché non dirlo, feudale, non saprei chiamarlo in un altro modo.

ISPETTORE - Ho l’impressione, Lady Angkatell, che lei sappia qualcosa più di noi su quella pistola.

LADY ANGKATELL - Proprio così. Io so che Gudgeon non l’ha trovata nell’atrio, l’ha trovata sotto le uova.

ISPETTORE - Quali uova?

LADY ANGKATELL - Quelle che ha tolto dal cestino.

SIR HENRY - Lucy. devi spiegarti meglio.

LADY ANGKATELL - Ma è semplice, la pistola era nel cestino sotto le uova! (Sir Henry si alza)

ISPETTORE - Quale cestino e quali uova, Lady Angkatell?

LADY ANGKATELL - Il cestino che avevo preso alla fattoria. Dentro c’era la pistola, io ci ho messo sopra le uova e non ci ho pensato più. Quando abbiamo trovato qui il povero John Cristow ferito, ero così agitata che per poco non lasciavo cadere il cestino. Per fortuna Gudgeon l’ha preso in tempo, altrimenti le uova… (Sir Henry va lentamente verso il camino) Più tardi gli ho raccomandato di scrivere la data sulle uova per evitare di mangiare quelle fresche prima delle altre e lui mi ha risposto che aveva pensato a tutto. Solo ora mi viene in mente che me l’ha detto con un’enfasi esagerata, forse per farmi capire che aveva trovato la pistola e l’aveva messa al suo posto, nello studio. È stato bello e leale da parte di Gudgeon, ma anche un po’ assurdo perché lei, ispettore, è venuto qui per sapere la verità, non è così?

ISPETTORE - Certo che voglio sapere la verità.

LADY ANGKATELL - Appunto. È così triste questo rincorrersi a vuoto. Secondo me chi ha sparato, chiunque sia, non faceva sul serio. Se è stata Gerda poi, ne sono sicura, altrimenti avrebbe sbagliato mira, come è logico per una come lei. Certo se l’ha ucciso per sbaglio chi sa come le dispiacerà adesso. È già brutto per dei bambini che qualcuno tiri una rivoltellata al loro papà, se poi gli impiccano anche la mamma perché è stata lei a sparare, non so immaginare niente di peggio. Pensate mai a queste cose, voi della polizia?

ISPETTORE - (colto alla sprovvista) Per ora non abbiamo ancora arrestato nessuno, Lady Angkatell…

LADY ANGKATELL - (con un sorriso luminoso) Meno male. So che lei è molto sensibile, ispettore.

ISPETTORE - Ehm… grazie, Lady Angkatell. Adesso però vorrei capire una cosa: lei aveva sparato con quella rivoltella?

LADY ANGKATELL - È una pistola, non una rivoltella.

ISPETTORE - Ah sì, me l’ha detto Gudgeon. In conclusione, lei l’aveva usata per tirare al bersaglio?

LADY ANGKATELL - No no, l’avevo presa dallo studio prima di andare alla fattoria.

ISPETTORE - (guarda Sir Henry e poi la poltrona) Posso sedermi? (Sir Henry lo invita a sedersi con un gesto. Siede sulla poltrona) Perché, Lady Angkatell?

LADY ANGKATELL - (trionfante) Sapevo che me l’avrebbe chiesto! E una risposta ci dev’essere, vero? (Guarda Sir Henry) Tu che ne pensi, Henry?

SIR HENRY - Cara, penso proprio che una risposta dovrebbe esserci.

LADY ANGKATELL - Eh già, qualcosa devo pur aver pensato quando ho preso quella piccola Derringer e l’ho messa nel cestino delle uova. (Guarda fiduciosa Sir Henry) Che cosa ho pensato, Henry?

SIR HENRY - Mia moglie è molto distratta, ispettore.

ISPETTORE - Pare di sì.

LADY ANGKATELL - Perché ho preso quella pistola?

ISPETTORE - (alzandosi) Non ne ho la minima idea, Lady Angkatell.

LADY ANGKATELL - (alzandosi) Dunque, sono entrata… facciamo come se questo fosse il tuo studio, Henry… qui c’è la finestra… e qui c’è il camino. Io stavo parlando delle federe con la signora Simmonds… ora lasciamo da parte le federe, mi ricordo con esattezza (va verso lo scrittoio) che sono passata vicino al camino e ho pensato che dovevamo comperare un nuovo attizzatoio, quello che un tempo si chiamava “il curato”, il “rettore” no, è ancora in buono stato… (Rivolta all’ispettore) Lei è troppo giovane per conoscere queste vecchie definizioni. (L’ispettore e il sergente si scambiano un’occhiata) Ricordo che ho aperto il cassetto e ho preso la Derringer. È molto piacevole da maneggiare, così piccola, mi è sempre piaciuta… e l’ho messa nel cestino delle uova. E poi avevo tanti pensieri per la testa… (va a sedersi sul divano) la siepe di convolvoli, la signora Medway che doveva mettere un bel negro nella camicia di Cristow…

SERGENTE - (non riesce più a trattenersi) Un negro nella camicia?

LADY ANGKATELL - Il “negro in camicia” è un dolce al cucchiaio, fatto di crema e cioccolata. John Cristow era un po’ goloso.

ISPETTORE - L’ha caricata la pistola?

LADY ANGKATELL - (riflettendo) Vuol sapere se l’ho caricata? Le parrà strano, ma non me lo ricordo. Forse sì. Lei che ne pensa, ispettore?

ISPETTORE - Devo parlare ancora con Gudgeon. (Va verso la porla a sinistra) Quando ricorderà qualcosa di più me lo faccia sapere, Lady Angkatell.

LADY ANGKATELL - Certo. Qualche volta tutto torna in mente all’improvviso.

ISPETTORE - Sì. (Esce da sinistra. Il sergente lo segue. L’orologio batte undici colpi)

SIR HENRY - Perché hai preso quella pistola, Lucy?

LADY ANGKATELL - Non lo so neppure io… forse, in un modo un po’ confuso, pensavo a un incidente.

SIR HENRY - Un incidente?

LADY ANGKATELL - Ma sì, con quelle radici che sporgono da tutte le parti è così facile inciampare! Mi è sempre parso il tipo di incidente più semplice, più ovvio… Dopo avremmo detto: “Come ci dispiace, è colpa nostra, bisognava stare più attenti…” (La voce le va morendo)

SIR HENRY - Chi avrebbe dovuto averlo, l’incidente?

LADY ANGKATELL - Ma John Cristow, no?

SIR HENRY - (siede accanto a lei sul divano) Dio buono, Lucy! (Lady Angkatell cambia improvvisamente atteggiamento. Non appare più svagata, ma mossa da una sorta di fanatismo)

LADY ANGKATELL - Oh Henry, sono sempre così preoccupata per Ainswick!

SIR HENRY - Ainswick! Ora capisco. Ami troppo quella casa, Lucy!

LADY ANGKATELL - Tu ed Edward siete gli ultimi della famiglia Angkatell. Se Edward non si sposa, finisce tutto. Lui è ostinato, ha la testa dura, come mio padre. Ho sempre pensato che se non ci fosse stato John Cristow sarebbe riuscito a sposare Henrietta. Non c era che da sbarazzarsi di John Cristow. Quando uno è morto si fa presto a dimenticare e in fondo, a Henrietta, Edward è sempre piaciuto.

SIR HENRY - (atterrito) Lucy! Sei stata tu…

LADY ANGKATELL - (riprende il suo atteggiamento svagato) Ma Henry, caro, non penserai che abbia ucciso John Cristow! (Ride, si alza e va a prendere la scatola dei cioccolatini sulla mensola del camino) Mi era venuta, sì, l’idea dell’incidente, ma poi mi sono ricordata che era nostro ospite e non si invita una persona in casa propria per poi attirarla dietro un cespuglio e farle la festa. Non preoccuparti, Henry, non pensarci più.

SIR HENRY - (con voce flebile) Io mi preoccupo sempre di quello che può passarti per la mente, Lucy.

LADY ANGKATELL - (prende un cioccolatino dalla scatola) Fai molto male, Henry. Guarda che cosa ti do, apri bene la bocca: ah ah… (Sir Henry apre la bocca. Gli mette il cioccolatino in bocca) Ecco! John è scomparso senza che muovessimo un dito. Un po’ come quel tale che era stato così sgarbato con me a cena, a Bombay, ti ricordi, e tre giorni dopo è finito sotto un tram. (Lady Angkatell esce da destra. Suona il telefono. Sir Henry si alza e va a rispondere)

CENTRALINISTA - Ha chiesto Regent?

SIR HENRY - (al telefono) Pronto… sì, pronto, Regent. (Midge entra da sinistra)

MIDGE - È per me. ".,

SIR HENRY - Sì. (Midge va al telefono. Sir Henry le passa il ricevitore ed esce da destra)

MIDGE - (al telefono) Pronto, Madame?

VOCE - No, sono Vera.

MIDGE - Posso parlare con Madame?

VOCE - La chiamo subito. (Una breve pausa, poi dall’altro capo del filo arriva una voce diversa)

VOCE - Pronto, qui Madame Henry.

MIDGE - Sono Midge Harvey, Madame.

VOCE - Perché non è ancora in negozio, signorina? Venga immediatamente.

MIDGE - Purtroppo è impossibile, Madame. (Edward entra dalla terrazza, a sinistra)

VOCE - Le solite scuse.

MIDGE - No, Madame, questa non è una scusa. (Edward chiede con un gesto se deve andarsene. Midge mette una mano sul ricevitore. A Edward) Resta pure, sto parlando con il negozio.

VOCE - E che cos’è allora, se non è una scusa?

MIDGE - (al telefono) È successa una disgrazia. (Edward prende un giornale illustrato dal tavolino davanti al divano e si siede a sfogliarlo)

VOCE - Una disgrazia? Ma non mi racconti bugie, favore!

MIDGE - Non si tratta di bugie, non posso muovermi da qui, è un ordine della polizia.

VOCE - Un ordine della polizia?

MIDGE - Sì.

VOCE - Che cosa ha combinato, signorina Harvey?

MIDGE - Ma, niente…

VOCE - Dov’è adesso?

MIDGE - Sono a Dowfield.

VOCE - Dove c’è stato quel delitto?

MIDGE - Sì, l’ha letto sul giornale?

VOCE - Certo. Che cosa penseranno le mie clienti quando sapranno che lei è coinvolta in un omicidio?

MIDGE - Ma no, io non c’entro.

VOCE - Lei non c’entra, ma l’episodio è spiacevole.

MIDGE - Un delitto non è mai un episodio piacevole.

VOCE - Oh, per lei sarà emozionante trovarsi alla ribalta della cronaca.

MIDGE - Le assicuro di no.

VOCE - Mi assicuri quel che vuole, ma tenga presente che se non torna entro oggi può considerarsi licenziata. Chi sa quante ragazze sarebbero felici di prendere il suo posto.

MIDGE - Per favore, Madame, non mi parli così, io le chiedo scusa.

VOCE - Torni domani o le consiglio di non farsi più vedere. (Midge riattacca il ricevitore. Sta per piangere)

EDWARD - Ma chi era?

MIDGE - La proprietaria del negozio dove lavoro.

EDWARD - Perché non l’hai mandata al diavolo?

MIDGE - Per non farmi licenziare.

EDWARD - Non sopporto di sentirti così… sottomessa.

MIDGE - Tu non puoi capire, Edward, l’orgoglio è un lusso.

EDWARD - Dio mio, Midge, ci saranno pure altri lavori, anche più interessanti…

MIDGE - Ogni giorno il Times pubblica una fila di annunci di gente che cerca un lavoro interessante.

EDWARD - Hai ragione.

MIDGE - Qualche volta, Edward, mi fai perdere la pazienza. Tu non sai che cosa vuol dire trovare un lavoro e dover cercare di non perderlo. Al negozio ho un orario discreto e uno stipendio ragionevole.

EDWARD - Oh, lo stipendio.

MIDGE - Che brutta parola, vero? Ma come vivrei se non avessi uno stipendio?

EDWARD - Henry e Lucy potrebbero…

MIDGE - Ne abbiamo già parlato. Certo, Henry e Lucy potrebbero aiutarmi, ma non sarebbe giusto, Edward. Tu sei un Angkatell, loro pure, ma io lo sono soltanto a metà. Mio padre era un piccolo commerciante onesto, volenteroso e forse non molto intelligente. Ho ereditato da lui il principio che non bisogna accettare favori da nessuno. Quando è fallito, i suoi creditori sono stati pagati fino all’ultimo scellino. Per me, come per lui, il denaro è importante e anche i debiti lo sono. Tu e Lucy siete diversi. Lucy potrebbe ospitare un amico per tutta la vita senza pensarci due volte o, con la stessa leggerezza, si farebbe mantenere lei da qualcun altro. Io non sono così.

EDWARD - (alzandosi) Tu sei una brava, ridicola bambina. (Posa il giornale sul tavolino davanti al divano)

MIDGE - Forse sono ridicola, ma certamente non sono una bambina.

EDWARD - Va bene, non sei una bambina, ma non è giusto che tu debba sopportare tanta volgarità e villania. Vorrei portarti ad Ainswick per farti dimenticare questa umiliazione.

MIDGE - (irritata e quasi in lacrime) Perché dici queste sciocchezze senza nemmeno pensarci? (Siede sul pouf) Credi di rendermi la vita più facile costringendomi a ricordare che al mondo ci sono anche luoghi come Ainswick? Credi che debba ringraziarti perché dici che vuoi farmi dimenticare un’umiliazione? Che frase carina! Peccato che non significa proprio niente.

EDWARD - Midge!

MIDGE - Non sai che darei l’anima per essere ad Ainswick ora, in questo momento? Amo tanto quella casa che soffro solo a pensarci. È una crudeltà da parte tua, Edward, dirmi parole che non pensi.

EDWARD - Ma io le penso, Midge. Vieni con me ad Ainswick! Andiamoci adesso, subito!

MIDGE - Edward!

EDWARD - (le prende le mani e l’invita ad alzarsi) Vuoi, Midge?

MIDGE - (ridendo nervosamente) Che imbroglione sei!

EDWARD - Ma io parlo sul serio.

MIDGE - (gli batte una mano sulla spalla) Ci fermerebbe la polizia!

EDWARD - Questo è vero.

MIDGE - (siede sul divano; con delicatezza) Edward, scusami se ti ho sgridato.

EDWARD - (con calma) Ami molto Ainswick, vero?

MIDGE - Mi sono rassegnata a non tornarci più, ma preferisco non parlarne.

EDWARD - Perché? Lo so che adesso non possiamo andare via di qui, ma io vorrei che tu venissi ad Ainswick per sempre.

MIDGE - Per sempre?

EDWARD - Ti sto chiedendo di sposarmi, Midge.

MIDGE - Ma che cosa dici?

EDWARD - Niente di romantico, Midge, io sono molto noioso, leggo libri noiosi e scrivo pedanti noiose sciocchezze, ma ci conosciamo da tanto tempo e forse Ainswick compenserà i miei difetti. Vuoi, Midge?

MIDGE - Mi chiedi se voglio sposarti? (Si alza)

EDWARD - Ti pare un’idea accettabile?

MIDGE - Edward, mi offri il paradiso come si offre un panino! (Edward le prende le mani e gliele bacia. Lady Angkatell entra da destra)

LADY ANGKATELL - (entrando) Secondo me, se non si riuniscono in cespugli, i rododendri non saranno mai…

MIDGE - (a Lady Angkatell) Edward e io ci sposiamo.

LADY ANGKATELL - (sbalordita) Vi sposate? Tu ed Edward? Midge, chi si sarebbe mai sogna… (Si riprende, si avvicina a Midge, la bacia, poi tende la mano a Edward) Caro, sono così felice! (Stringe la mano a Edward e si illumina in viso) Sono felicissima! Resterai con noi, Midge, non tornerai più in quell’orrendo negozio. Potete sposarvi qui, Henry ti accompagnerà all’altare.

MIDGE - Grazie, Lucy. sarà bello sposarsi qui.

LADY ANGKATELL - Abito di raso bianco, libro di preghiere d’avorio, niente bouquet… e le damigelle?

MIDGE - No, troppa confusione.

EDWARD - Sarà un matrimonio molto semplice, Lucy.

LADY ANGKATELL - Sì caro, sì, ho capito perfettamente. Le damigelle, a meno che non siano scelte con cura, sono un rischio, c’è sempre quella brutta che rovina tutto, di solito è la sorella dello sposo. I bambini poi sono un disastro, calpestano lo strascico, urlano per chiamare la balia… la sposa non può avviarsi compunta all’altare deve preoccuparsi di quel che succede dietro le sue spalle.

MIDGE - Io non avrò niente e nessuno alle mie spalle, nemmeno lo strascico. Mi sposerò un vestito a giacca.

LADY ANGKATELL - (alzandosi) Oh no, Midge, ti prego, sembreresti una vedova! L’abito da sposa dev’essere di raso bianco ghiaccio, andremo insieme a sceglierlo da Mireille.

MIDGE - Ma no, Mireille è troppo cara per me.

LADY ANGKATELL - Saremo Henry e io a offrirti il corredo.

MIDGE - (le dà un bacio) Cara Lucy! (Si avvicina a Edward e gli prende le mani)

LADY ANGKATELL - Cara Midge! Caro Edward! Speriamo che dall’ultimo matrimonio i pantaloni di Henry non siano diventati troppo stretti in vita, ci terrei tanto che si godesse la cerimonia! Il mio vestito… (Chiude gli occhi)

MIDGE - Come sarà il tuo vestito, Lucy?

LADY ANGKATELL - Azzurro, dell’azzurro delle ortensie. E sopra metterò la mia volpe argentata. Ho deciso. Peccato che sia morto John Cristow. Una morte inutile! Però che weekend emozionante! Prima un delitto, poi un matrimonio, che volete di più? (L’ispettore e il sergente entrano da sinistra. Lady Angkatell, voltandosi) Avanti, avanti! Lo sa, ispettore, che cosa hanno combinato questi due ragazzi? Si sono fidanzati! Si sposeranno presto!

ISPETTORE - Davvero? Congratulazioni.

EDWARD - Grazie.

LADY ANGKATELL - (avviandosi alla porta a sinistra) Vado a prepararmi per l’inchiesta. Non vedo l’ora! È prima volta che partecipo a un’inchiesta. (Esce da sinistra. Il sergente chiude la porta. Edward e Midge escono da destra)

SERGENTE - È proprio un tipo strano. E quei due? (Accenna alla portafinestra sul giardino) Era innamorato di questa, non dell’altra.

ISPETTORE - Pare di sì.

SERGENTE - Allora non abbiamo più motivo di sospettare di lui? Chi resta?

ISPETTORE - Mah, dimentichiamo che per quella storia della pistola nel cestino delle uova abbiamo solo la testimonianza di Gudgeon, quindi la questione resta aperta. E poi c’è il fodero.

SERGENTE - Il fodero?

ISPETTORE - Sir Henry ha detto che la pistola era custodita in un fodero di cuoio marrone. Dov’è? (Sir Henry entra da sinistra)

SIR HENRY - Sarebbe ora di andare, (si avvicina alla portafinestra sul giardino) ma sono scomparsi tutti. (Guarda alla finestra e chiama) Edward! Midge! (Lady Angkatell entra da sinistra. Indossa soprabito e cappello, ha in mano un libro di preghiere, un guanto bianco e uno grigio)

LADY ANGKATELL - Come sto? È così che ci si veste per un’inchiesta?

SIR HENRY - Non avrai bisogno del libro di preghiere, Lucy.

LADY ANGKATELL - Non dovrò giurare di dire la verità?

ISPETTORE - Di solito davanti al coroner le deposizioni non sono fatte sotto giuramento. In ogni caso, oggi il procedimento sarà solo sommario. Chiedo scusa, noi cominciano ad avviarci. (Esce da sinistra, seguito dal sergente)

LADY ANGKATELL - Henry, tu, io e Gerda possiamo andare con la Daimler. Edward può portare Midge e Henrietta.

SIR HENRY - Dov’è Gerda?

LADY ANGKATELL - Con Henrietta. (Edward e Midge entrano da destra. Midge prende i guanti e la borsetta che aveva lasciato sullo scrittoio. Edward si avvicina a Sir Henry)

SIR HENRY - Allora è vero quello che mi hanno detto? (Stringe la mano a Edward) È una bellissima notizia. (Si avvicina a Midge e le dà un bacio)

EDWARD - Grazie, Henry.

MIDGE - Grazie. Henry.

LADY ANGKATELL - (guarda i suoi guanti) Uno è bianco e uno è grigio. Che strano! (Esce da sinistra)

EDWARD - Vado a prendere l’automobile. (Esce dalla terrazza, a sinistra)

MIDGE - (siede sul divano) Sei contento davvero, Henry?

SIR HENRY - Da tanto tempo non avevo una notizia così bella. Tu non sai quel che significa per Lucy, lei pensa sempre ad Ainswick.

MIDGE - Voleva che Edward sposasse Henrietta. (Turbata) Credi che le dispiaccia che invece sposi me?

SIR HENRY - Ma che cosa dici? Lei voleva solo che Edward si sposasse e, se vuoi il mio parere, tu, come moglie, vali molto più di Henrietta.

MIDGE - Ma, per tutti, il nome di Edward è sempre stato legato a quello di Henrietta.

SIR HENRY - (si avvicina al camino) Non farti sentire dalla polizia. (Prende qualche sigaretta dalla scatola che è sulla mensola e la mette nel portasigarette che ha in tasca) Sotto questo aspetto il vostro fidanzamento è quanto mai opportuno, libera Edward da ogni sospetto.

MIDGE - (alzandosi) Ma nessuno sospettava di Edward. Che cosa c’entra Edward?

SIR HENRY - (voltandosi) Be’, esclusa Gerda, direi che il primo di cui la polizia sospettava era lui. Resti tra noi, ma Edward detestava John Cristow, non si può negarlo.

MIDGE - (si avvia lentamente verso la porta a sinistra) Sì… la sera dopo il delitto… allora è per questo… (Il suo viso assume un’espressione disperata. Henrietta entra da sinistra)

HENRIETTA - Henry, Gerda viene con me. (Si avvicina al tavolo grande e prende i guanti e la borsetta) È in condizioni pietose, non reggerebbe alla compagnia di Lucy. Andiamo via subito…

SIR HENRY - (avviandosi alla porta a sinistra) Sì, bisogna che ci muoviamo anche noi. (Esce da sinistra, lasciando la porta aperta. Fuori scena, chiamando) Sei pronta, Lucy?

HENRIETTA - (infilandosi i guanti) Congratulazioni, Midge. Sei salita in piedi su un tavolo e ti sei messa a urlare?

MIDGE - (seria) Credo proprio di sì.

HENRIETTA - Te l’avevo detto che con Edward era l’unica cosa da fare.

MIDGE - (si avvicina alla radio) Edward amerà sempre soltanto te.

HENRIETTA - Non dire assurdità, Midge.

MIDGE - Non sono assurdità, certe cose si sanno.

HENRIETTA - Non ti avrebbe chiesto di sposarlo.

MIDGE - (accende la radio) Forse me l’ha chiesto perché gli è parso… prudente.

HENRIETTA - Non capisco.

GERDA - (fuori scena; chiamando) Henrietta!

HENRIETTA - (va verso la porla, a sinistra) Vengo, Gerda. (Esce da sinistra. Dalla radio arriva la canzone “La belle fille aux cheveeux de lin”. Midge si avvicina al camino, posa i guanti sulla mensola e si guarda allo specchio. Edward entra dalla terrazza, a sinistra)

EDWARD - L’automobile è qua fuori.

MIDGE - (voltandosi) Scusami, io vado con Lucy.

EDWARD - Ma perché?

MIDGE - Sai, lei perde tutto, si agita, è meglio che vada. con lei. (Si avvia verso la porla a sinistra)

EDWARD - (colpito) Midge, che cosa è successo?

MIDGE - Niente, ora non c’è tempo. Dobbiamo andare.

EDWARD - Dunque c’è davvero qualcosa che non mi dici.

MIDGE - Lasciami stare, Edward, lasciami stare.

EDWARD - Midge, hai cambiato idea? Ti ho costretta a decidere con troppa fretta? Non vuoi più sposarmi?

MIDGE - Per ora lasciamo le cose come stanno, ne riparleremo quando tutto sarà finito.

EDWARD - Ma perché?

MIDGE - In questo momento è meglio che tu sia fidanzato con me. Poi romperemo il fidanzamento. (Edward la guarda, turbato, poi cerca di dominarsi e parlare con moderazione)

EDWARD - Ho capito, Ainswick è importante ma non basta.

MIDGE - Non basta, Edward.

EDWARD - Forse hai ragione. Vai, ti stanno aspettando.

MIDGE - E tu?

EDWARD - Vengo per conto mio, sono abituato a stare solo. (Midge esce dalla terrazza, a sinistra. Edward esce dalla porta a sinistra. Dopo poco rientra. Ha in mano una rivoltella. Richiude la porta, va a spegnere la radio, si avvicina al camino, prende i guanti di Midge dalla mensola e se li mette in tasca. Torna al centro della scena e apre la rivoltella per controllare è carica. La richiude di colpo mentre Midge rientra dalla terrazza, a sinistra)

MIDGE - Edward, sei ancora qui?

EDWARD - (sforzandosi di parlare con naturalezza) Oh Midge, mi hai spaventato!

MIDGE - Sono tornata a prendere i guanti. (Cerca dietro i cuscini del divano) Chi sa dove li ho lasciati. (Si volta e vede la rivoltella in mano a Edward) Che cosa fai con quella rivoltella?

EDWARD - Pensavo di andare a fare un paio di tiri al bersaglio.

MIDGE - Ma c’è l’inchiesta!

EDWARD - Ah già, me n’ero dimenticato.

MIDGE - (gli si avvicina) Edward, che cosa succede? Dio mio, dammi quella rivoltella, sei impazzito? (Gli toglie la rivoltella di mano e la mette sulla mensola del camino. Edward siede sulla poltrona. Midge si volta) Perché? Perché? (Gli si inginocchia vicino) Dimmi, Edward, è per Henrietta?

EDWARD - (sorpreso) Henrietta? No. Henrietta non fa più parte della mia vita.

MIDGE - E allora perché? Dimmelo.

EDWARD - Non ho più niente in cui sperare, Midge.

MIDGE - Perché? Spiegamelo, voglio capire.

EDWARD - Non valgo niente, non sono mai riuscito a far niente di buono. Gli uomini come Cristow hanno successo nella vita, le donne li ammirano, ma io… Neanche offrendoti Ainswick ti ho convinta a sposarmi.

MIDGE - Credevi che volessi sposarti perché amo tanto Ainswick?

EDWARD - Hai detto che ti offrivo il paradiso, ma non hai sopportato l’idea che in quel paradiso ci fossi anch’io.

MIDGE - Non è vero, non è vero! Che sciocco sei, io volevo te, non Ainswick, non capisci? Ti amo, ti amo da sempre, non mi ricordo neppure quando ho cominciato ad amarti, ma so che tante volte mi hai fatto soffrire.

EDWARD - Mi ami? Tu mi ami?

MIDGE - Oh, caro Edward, stupido che sei, certo che ti amo. Quando mi hai chiesto di sposarti non credevo neppure a tanta felicità.

EDWARD - Ma allora, perché…?

MIDGE - Perché mi sono messa in testa che lo facessi per… per la polizia.

EDWARD - Per la polizia?

MIDGE - Ho pensato che fossi stato tu a uccidere John Cristow…

EDWARD - Io…?

MIDGE - Per Henrietta… Credevo che ti fossi fidanzato con me per allontanare i sospetti… Che pazza sono stata!

EDWARD - (alzandosi) Certo non ho sofferto per la morte di Cristow, ma non ho mai desiderato che morisse.

MIDGE - Lo so (gli si avvicina e gli posa la testa sul petto) ma ero gelosa di Henrietta.

EDWARD - (l’abbraccia) Non essere gelosa, Midge. L’Henrietta che amavo era una ragazza che ora non esiste più, l’ho capito quando mi hai detto di guardarti e per la prima volta mi sono accorto che non eri una bambina ma una donna viva, responsabile, appassionata…

MIDGE - Edward!

EDWARD - Midge, non lasciarmi!

MIDGE - Ma io non ti lascerò mai, mai! (Dalla terrazza arriva il suono di un clacson. Dobbiamo andare, ci stanno aspettando. Che cosa ero venuta a cercare, ah sì, i guanti. Edward si toglie di tasca i guanti di Midge e glieli porge) Oh, caro! (Prende i guanti ed esce dalla terrazza, a sinistra. Edward la segue. Si spengono le luci e la scena resta al buio. La tenda davanti all’alcova è chiusa. Dopo una pausa di sei secondi si riaccendono le luci. Si deve supporre che sia passata un’ora durante la quale è cambiato il tempo e il cielo si è coperto di nuvole. Gerda e Henrietta entrano dalla terrazza. Henrietta sostiene Gerda per un braccio. Ha con sé la borsetta e Gerda la sua borsa di cuoio)

HENRIETTA - (entrando) Ce l’abbiamo fatta ad arrivare prima che scoppiasse il temporale! Com’è scuro il cielo, sembra notte. (Nel passare vicino al tavolo grande accende la lampada) Stai meglio? Sei sicura? (Sospinge Gerda verso il divano) Vieni, distenditi. (Posa la borsetta sullo scrittoio. Gerda siede sul divano. Henrietta si avvicina al tavolo grande)

GERDA - Mi dispiace creare tanto trambusto! Non so che cosa è stato, mi sentivo svenire.

HENRIETTA - C’era un’aria soffocante in quella stanza.

GERDA - Spero di essere stata chiara durante la deposizione. Ero così agitata.

HENRIETTA - Hai parlato bene.

GERDA - Il coroner è stato molto gentile. Sono contenta che tutto sia finito, ma mi fa tanto male la testa.

HENRIETTA - (riempie un bicchiere e si avvicina al divano) Hai bisogno di bere qualcosa di forte. (Le porge il bicchiere)

GERDA - No, no, grazie, preferisco di no.

HENRIETTA - Ma sì, ne hai bisogno. Bevi, ti sentirai meglio.

GERDA - No, no davvero. (Henrietta torna verso il tavolo, beve un sorso dal bicchiere che aveva offerto a Gerda e poi lo posa sul tavolo) Vorrei solo… ma mi dispiace disturbare.

HENRIETTA - Non preoccuparti, Gerda, dimmi che cosa vuoi.

GERDA - Vorrei un po’ di tè, una bella tazza di tè caldo.

HENRIETTA - Certo!

GERDA - Ma è una complicazione. I domestici…

HENRIETTA - (si avvicina al camino) Ora chiamo Gudgeon. (Sta per suonare il campanello, poi si ferma) Oh, mi ero dimenticata che è anche lui all’inchiesta.

GERDA - Allora non importa.

HENRIETTA - Scendo in cucina e lo dico alla signora Medway.

GERDA - Forse penserà che non tocca a lei fare il tè.

HENRIETTA - Ma no, sono sicura di no. L’unica cosa che potrebbe offenderla è essere chiamata col campanello. Vado io.

GERDA - Sei molto buona con me, Henrietta. (Henrietta esce da sinistra. Si intravede dalla finestra un lampo seguito dallo scoppio di un tuono. Gerda si alza di scatto, corre alla portafinestra sul giardino, guarda fuori poi torna indietro e si ferma, sconvolta, nel punto in cui John è stato ucciso. Trattenendo il respiro torna a sedersi sul divano e piange silenziosamente. Henrietta entra da sinistra) Oh John, John, non ce la faccio, non resisto.

HENRIETTA - L’acqua è già sul fuoco. (Con delicatezza) Gerda, non piangere.

GERDA - Che cosa farò senza John?

HENRIETTA - Ci sono i bambini.

GERDA - Sì, ma John decideva sempre tutto, anche per me. Ora sono sola.

HENRIETTA - Lo so. (Esita per un attimo, poi passa dietro il divano, posa le mani sulle spalle di Gerda invitandola ad appoggiarsi allo schienale) Vorrei chiederti solo una cosa, Gerda. (Una pausa) Dove hai messo il fodero?

GERDA - (guardando davanti a sé) Il fodero?

HENRIETTA - La seconda rivoltella, quella che hai preso nello studio di Henry, era nel fodero. Dove l’hai messo?

GERDA - (ripete la parola apparentemente senza capire) Il fodero?

HENRIETTA - Me lo devi dire. Tutto il resto è a posto, niente può tradirti. Hanno dei sospetti, ma non hanno prove. L’unico rischio è il fodero. Ce l’hai ancora tu? (Gerda annuisce lentamente) Dov’è?

GERDA - L’ho tagliato a pezzi e l’ho messo nella mia borsa.

HENRIETTA - (si avvicina al tavolo grande e prende la borsa di Gerda) Qui? (Gerda si volta e di nuovo fa segno di sì con la testa. Henrietta si avvicina allo scrittoio, accende la lampada e toglie alcuni pezzi di cuoio marrone dalla borsa di Gerda) Li prendo e poi li butto via. (Li mette nella sua borsetta) Comunque hai fatto bene a distruggere quel fodero, sei stata intelligente. (Gerda, per la prima volta, parla con una voce squillante, sovreccitata, che dimostra che non è in sé)

GERDA - Certo! Non sono stupida come credono. Quando l’hai capito che ero stata io a sparare a John?

HENRIETTA - (mette la sua borsetta e quella di Gerda sullo scrittoio) L’ho sempre saputo. Quando John mi ha chiamato per nome, prima di morire, ho capito quello che voleva da me, voleva che ti proteggessi, Gerda, perché non si sospettasse di te. John ti amava molto, neppure lui sapeva quanto ti amava.

GERDA - (piangendo) Oh John, John!

HENRIETTA - (siede accanto a Gerda sul divano) Sì, Gerda, capisco. (Le mette un braccio attorno alle spalle)

GERDA - Non puoi capire. Era tutto falso, tutto. Ho dovuto ucciderlo. Io l’adoravo, l’avevo messo su un altare, per me rappresentava tutto quello che si può immaginare di bello e di nobile. Ma lui non era così.

HENRIETTA - Era un uomo, non un dio.

GERDA - (con violenza) Era un bugiardo! La sera che quella donna è venuta qui, quell’attrice, io ho visto come la guardava. Dopo cena è andato da lei e non tornava mai indietro. Io ero a letto, non riuscivo a dormire, le ore passavano e lui non arrivava. Infine mi sono messa le scarpe, il soprabito, ho sceso le scale in punta di piedi e sono arrivata fino al cottage. Le tende erano chiuse, allora sono passata dietro e lì le tende erano aperte e io ho guardato… (la sua voce assume un tono alto, nevrotico) ho guardato! (Il cielo è attraversato da un lampo e, in lontananza, si sente il rombo, di un tuono)

HENRIETTA - (si alza in piedi) Gerda!

GERDA - Li ho visti! John e quella donna… (Si interrompe) Io credevo in John totalmente, con tutta me stessa, ma lui era un bugiardo e io mi sono ritrovata a mani vuote. (Improvvisamente riprende il tono di una conversazione normale) Lo capisci, vero Henrietta, che dovevo ucciderlo? (Dopo una pausa) Quando arriverà il tè? Ne ho proprio bisogno.

HENRIETTA - Lo porteranno subito. Dimmi. Gerda, ti ascolto.

GERDA - (con aria furba) Credevano che fossi stupida, da bambina. Dicevano: “È meglio che Gerda non faccia niente, ci mette troppo tempo”, oppure: “Quando si parla con Gerda sembra che neanche capisca quello che le si sta dicendo”. Non si rendevano conto che così diventavo ancora più stupida. Più tardi, ho trovato il modo di approfittarne, mi sono mostrata più stupida di quello che ero, quando mi parlavano fingevo di non capire e dentro di me ridevo perché ne sapevo più io di loro.

HENRIETTA - Sì… sì…

GERDA - A John non importava che fossi stupida, i primi tempi. Mi diceva di non preoccuparmi, che avrebbe pensato a tutto lui. Solo quando aveva molto da fare perdeva la pazienza e allora ci restavo male, ma poi mi consolavo perché non era colpa mia se lui era più buono e più intelligente degli altri. Invece non era vero e quando me ne sono accorta l’ho ucciso.

HENRIETTA - Parla, Gerda, va’ avanti.

GERDA - Sapevo che dovevo stare attenta perché non è facile ingannare la polizia. Avevo letto in un libro giallo che si può riconoscere la rivoltella dalla quale è partito un proiettile. Così ho ucciso John con una rivoltella che avevo preso dallo studio di Henry, ma vicino a lui ho lasciato quell’altra. Ho fatto di corsa il giro della casa, sono entrata da quella porta, (indica la porta a sinistra) mi sono avvicinata a John e ho raccolto da terra la rivoltella. Ho pensato che prima avrebbero sospettato di me, ma poi si sarebbero accorti che la rivoltella era un'altra e così mi sarei salvata. Volevo mettere la rivoltella giusta in casa dell’attrice, per farla accusare, ma lei aveva dimenticato qui la borsetta e così tutto è stato più facile. Ho aspettato che non ci fosse nessuno e ho infilato la rivoltella nella borsetta. Non capisco perché non l’hanno arrestata. (Alza la voce) Dovevano arrestarla. (La voce le si fa stridula) È per colpa sua che ho ucciso John.

HENRIETTA - Hai tolto le tue impronte dalla rivoltella che hai usato per sparare?

GERDA - Certo, te l’ho detto che sono più furba di quello che si crede. Però non ho pensato al fodero.

HENRIETTA - Non preoccuparti, ora ce l’ho io. Secondo me non corri rischi, Gerda. (Siede accanto a Gerda sul divano) Devi andare a vivere in campagna, in un posto tranquillo e cercare di dimenticare.

GERDA - (con tristezza) Sì sì, forse hai ragione, ma non so dove andare, non riesco a pensarci, era sempre John a decidere tutto per me. Ho tanto mal di testa.

HENRIETTA - (alzandosi) Vado a prendere il tè. (Esce da sinistra. Gerda la guarda uscire, si alza, va verso lo scrittoio, toglie dalla sua borsa di cuoio una bottiglietta, si avvicina al tavolo grande e tende la mano verso il bicchiere dove ha bevuto Henrietta. Si ferma, prende un fazzoletto e lo avvolge intorno al bicchiere prima di toccarlo. Henrietta entra silenziosamente con il vassoio del tè. Gerda le volta le spalle e non se ne accorge. Henrietta la vede versare nel bicchiere il contenuto della bottiglietta e rimetterla nella borsa insieme al fazzoletto. Henrietta esce senza far rumore. Gerda torna a sedersi sul divano. Henrietta rientra e posa il vassoio sul tavolino davanti al divano) Ecco il tè. Gerda.

GERDA - Ti ringrazio tanto, Henrietta.

HENRIETTA - (si avvicina al tavolo grande) Dov’è il mio bicchiere? (Prende il bicchiere)

GERDA - (si versa un po’ di latte nella tazza) Avevo proprio bisogno di un po’ di tè. Sei molto buona, Henrietta.

HENRIETTA - Troppo alcol mi fa male, berrò anch’io una tazza di tè.

GERDA - (si versa il tè) Ma so che non ti piace il tè, Henrietta.

HENRIETTA - (bruscamente) Oggi preferisco il tè. (Posa il bicchiere sul tavolo grande e va verso la porta a sinistra) Vado a prendere un’altra tazza. (Esce da sinistra, Gerda si alza, si guarda attorno, vede la rivoltella sulla mensola del camino, dà un’occhiata alla porta a sinistra e corre a prendere la rivoltella dalla mensola. La guarda, controlla se è carica, annuisce, trattenendo un singhiozzo. L’ispettore entra da destra)

ISPETTORE - Che cosa fa con quella rivoltella in mano, signora Cristow?

GERDA - (colta di sorpresa, voltandosi) Oh, ispettore, mi ha spaventata. (Si porta una mano al cuore)

ISPETTORE - (avvicinandosi a Gerda) Che cosa voleva fare, con quella rivoltella?

GERDA - L’ho trovata… qui…

ISPETTORE - (toglie la rivoltella dalle mani di Gerda) Lei sa bene come si carica una rivoltella, vero? (Toglie i proiettili dal caricatore, se li mette in tasca e la rivoltella nell’altra)

GERDA - Me l’ha spiegato Sir Henry. È… è finita l’inchiesta?

ISPETTORE - Sì.

GERDA - E il verdetto?

ISPETTORE - È stato rinviato.

GERDA - Non è giusto. Bisognava accusarla di omicidio premeditato.

ISPETTORE - Chi bisognava accusare?

GERDA - Quell’attrice, Veronica Craye. Ora avrà tutto il tempo di scappare e tornare in America.

ISPETTORE - Non è stata Veronica Craye a sparare, signora Cristow.

GERDA - Sì, è stata lei. Sono sicura che è stata lei!

ISPETTORE - No, quando abbiamo perquisito questa stanza per la prima volta non c’era la rivoltella nella sua borsetta. Qualcuno ce l’ha messa dopo. (Una pausa) Spesso noi sappiamo chi è l’autore di un delitto, signora Cristow, (le rivolge uno sguardo significativo) ma non sempre abbiamo le prove per dimostrarlo. (Gerda, terrorizzata, fa qualche passo indietro, inciampa e cade a sedere sul pouf)

GERDA - (freneticamente) Oh John, John, dove sei? Ho bisogno di te, John!

ISPETTORE - Signora Cristow, si calmi, la prego. (Gerda singhiozza. L’ispettore si avvicina al tavolo grande, prende il bicchiere di Henrietta, l’annusa, poi torna da Gerda e glielo porge. Gerda, senza riconoscere il bicchiere, beve. Dopo poco si alza barcollando e si appoggia alla spalliera del divano. Mentre sta per cadere l’ispettore l’aiuta a sedersi. Henrietta entra da sinistra. Ha in mano una tazza e un piattino. Corre verso il divano, si inginocchia e posa la tazza e il piattino sul tavolino. L’ispettore toglie il bicchiere vuoto dalle mani di Gerda)

HENRIETTA - Gerda, Gerda! (Vede il bicchiere. All’ispettore) Le ha dato… quel bicchiere?

ISPETTORE - Sì, perché?

HENRIETTA - Ci aveva versato qualcosa che teneva dentro la borsa, in una bottiglietta. (L’ispettore prende la borsa di Gerda e ne estrae la bottiglietta col veleno)

ISPETTORE - (leggendo l’etichetta) Ma dove l’ha preso? (Tocca il polso di Gerda e scuole la testa) Si è uccisa.

HENRIETTA - (alzandosi) Ma il veleno era per me.

ISPETTORE - Per lei?

HENRIETTA - Sì, perché io sapevo… una cosa.

ISPETTORE - Sapeva che aveva ucciso suo marito? Anch’io lo sapevo. Il nostro è un mestiere che insegna a capire come sono fatti gli esseri umani. Lei non poteva essere un’assassina, la signora Cristow sì.

HENRIETTA - Eppure amava suo marito… forse troppo, lo adorava.

ISPETTORE - “Adorazione”… è la sua scultura, vero? Quale sarà la prossima?

HENRIETTA - John una volta mi aveva detto che se fosse morto avrei dovuto scolpire un’immagine di dolore. È quello che farò. (L’ispettore si avvicina allo scrittoio. Lady Angkatell entra dalla terrazza, a sinistra. È raggiante)

LADY ANGKATELL - Un’inchiesta meravigliosa! (L’ispettore solleva il ricevitore del telefono) Proprio come nei libri e… (vede Gerda) ma è… è… (L’ispettore la guarda in silenzio. Henrietta si copre gli occhi con una mano per nascondere le lacrime. Lady Angkatell annuisce) È una fortuna… una fortuna…

ISPETTORE - Vorrei la centrale di polizia. (Henrietta singhiozza mentre cala il sipario)

SIPARIO