Il rinoceronte

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IL RINOCERONTE

 


Commedia in tre atti

di Eugène Ionesco

Titolo originale  Le rhinocéros

Traduzione di Giorgio Buridan

Da TEATRO 1

Giulio Einaudi Editore - Torino - 1976

Persone

(in ordine d'entrata in scena)

La casalinga

La droghiera

Jean

Berenger

La cameriera

Il droghiere

Il vecchio signore

Il filosofo

Il padrone del caffè

Daisy

Il signor Papillon

Dudard

Botard

La signora Boeuf

Un pompiere

La moglie del signor Jean

Un vecchietto

Alcune teste di rinoceronte


Atto primo

Piazza di una cittadina di provincia. Al fondo, una casa com­posta di pianterreno e primo piano. A pianterreno, la vetrina di una drogheria. Vi si entra da una porta a vetri cui si accede sa­lendo due o tre scalini. Sopra la vetrina, una scritta a grossi caratteri: drogheria. Al primo piano, due finestre (quelle del­l'alloggio dei droghieri). La drogheria è al fondo del palcosce­nico, a sinistra, vicino alle quinte. Sopra il tetto della casa si vede, in lontananza, il campanile di una chiesa. Tra la drogheria e il lato destro della scena, si vede in prospettiva una strada. Sulla destra, un po' di sbieco, la vetrina di un caffè. Sopra il caffè, un piano con una finestra. Davanti al caffè, tavolini e sedie occupano il palcoscenico sino al centro. Presso le sedie del caffè, un albero polveroso. Cielo azzurro, luce intensa, muri bianchis­simi. È una domenica d'estate, verso mezzogiorno. Jean e Berenger vanno a sedersi a un tavolino del caffè. Prima che il sipario si alzi, si sente scampanare. Il rumore delle campane cesserà qualche secondo dopo l'apertura completa del sipario. Mentre il sipario si alza, una donna (che ha sotto braccio la borsa della spesa, vuota, e sotto l'altro braccio un gatto) attra­versa in silenzio la scena da destra a sinistra. Mentre passa, la droghiera apre la porta del negozio e guarda la donna.

La droghiera   Ah, quella! (Rivolta al marito che è in negozio) Non vuol più servirsi da noi. (Rientra).

Palcoscenico vuoto per alcuni secondi.

Jean entra da destra, mentre da sinistra entra Berenger.

Jean è vestito con molta cura: abito e cappello marrone, cra­vatta rossa, colletto inamidato. Ha una faccia rubiconda. Calza scarpe gialle lucidate per bene.

Berenger, invece, non si è fatto la barba, è senza cappello, spet­tinato, con il vestito stazzonato. Tutto in lui denota negligenza e disordine; ha l'aria stanca e intontita e ogni tanto sbadiglia.

Jean          (entra da destra) Oh, Berenger, finalmente.

Berenger (arriva da sinistra) Buongiorno, Jean.

Jean          Sempre in ritardo, eh! (Guarda l'orologio al polso) Do­vevamo trovarci alle undici e mezzo. È quasi mezzogiorno.

BerengerMi scusi. È molto che aspetta?

Jean   No, come vede arrivo adesso.

Vanno a sedersi a un tavolino del caffè.

BerengerAllora non mi sento tanto in colpa visto che... anche lei...

Jean          Per me è diverso, non mi va di aspettare, non ho tempo da perdere, io. Dato che lei non è mai puntuale, arrivo apposta in ritardo, all'ora in cui prevedo che avrò il piacere di trovarla.

BerengerGiusto, giusto. Però...

Jean          Non vorrà dirmi che è arrivato puntuale!

BerengerAh, certo, non posso dirlo.

Jean e Berenger si sono seduti.

Jean          Appunto.

BerengerChe cosa beve?

Jean          Come? Lei ha già sete a quest'ora? Di mattina?

BerengerMah... fa così bello, così caldo...

Jean          La scienza popolare dice che più si beve e più si berrebbe...

BerengerMa se potessimo fare arrivare anche qui, nel nostro cielo, delle nuvole scientifiche, farebbe meno caldo e avremmo meno sete.

Jean          (osserva Berenger) Si, ma a lei non servirebbe lo stesso. Non è d'acqua che lei ha sete, caro Berenger,..

BerengerE con questo che intende dire, caro Jean?

Jean          Oh! Lei mi ha capito benissimo. Parlo della sua gola secca: ci vuol altro per innaffiarla!

BerengerLa sua frase mi pare...

Jean          (interrompendolo) Lei è su una cattiva strada, amico mio.

BerengerSu una cattiva strada? E perché?

Jean          Non sono cieco. Lei crolla dalla stanchezza, ha ancora passato una notte bianca, sbadiglia, è morto di sonno...

BerengerHo un leggero mal di testa...

Jean           ...e puzza di alcool!

BerengerGià, è vero, ho anche la bocca impastata!

Jean          Ogni domenica mattina è la stessa storia, per non par­lare degli altri giorni della settimana.

Berenger      No, no, in settimana succede di rado, per via dell'ufficio...

Jean          E la cravatta? Dove ha messo la cravatta? Perduta durante le orge notturne!

Berenger      (porta la mano al colletto) Sì, è vero, strano: chissà dov'è andata a finire?

Jean          (estrae una cravatta dalla tasca della giacca) Ecco: prenda la mia.

Berenger      Oh, grazie, molto gentile. (Si annoda la cravatta).

Jean          (mentre Berenger sistema alla cieca la cravatta) È tutto spettinato!

Berenger si passa le dita tra i capelli.

Su: prenda il mio pettine. (Estrae un pettine dall'altra tasca della giacca).

Berenger      (prende il pettine) Grazie. (Si pettina alla meglio).

Jean          E non si è neppure fatto la barba! Si guardi! Ma guardi che faccia! (Estrae dalla tasca interna della giacca uno specchietto che passa a Berenger).

Berenger      (si guarda, poi tira la lingua e la osserva) Uhm... ho la lingua molto bianca.

Jean          (riprende lo specchietto e lo rimette in tasca) Non mi stupisce!... (Riprende anche il pettine che Berenger gli rende e lo rimette in tasca) Lei è un candidato alla cirrosi, amico mio!

Berenger      (inquieto) Sul serio?

Jean          (a Berenger, che accenna a restituirgli la cravatta) Ten­ga pure la cravatta, ne ho altre di scorta.

Berenger      (ammirato) È proprio ordinato, lei.

Jean          (continua ad osservare Berenger con disapprovazione) Uhm... vestiti tutti stazzonati... deplorevole! Camicia lurida... e le scarpe poi...

Berenger tenta di nascondere i piedi sotto il tavolino.

Già! Non ha neanche lucidato le scarpe! Che disor­dine!... Le spalle...

Berenger      Be', cos'hanno le mie spalle?

Jean          Si giri. Avanti, si giri. Ecco, ecco: si è appoggiato a un muro e...

Berenger tende pigramente la mano a Jean.

No! Non mi porto dietro anche la spazzola. Mi sformerebbe le tasche.

Sempre pigramente Berenger si dà dei colpetti sulle spalle per togliere la polvere di calce.

(Tira indietro la testa) Complimenti! Dove si è conciato così?

Berenger      Non mi ricordo.

Jean          È deplorevole, deplorevole! Mi vergogno di essere suo amico.

BerengerBe', adesso lei è un po' troppo severo...

Jean          C'è di che!

BerengerSenta, Jean. Non ho nessuna distrazione, in questa cit­tadina ci si annoia e poi non sono tagliato per il lavoro che faccio... si, tutti i giorni in ufficio, otto ore, e tre sole settimane di ferie d'estate! Lei capisce, il sabato sera sono così depresso che per distendere i nervi...

Jean          Ma mio caro, tutti quanti lavorano, anch'io lavoro come lei... faccio anch'io otto ore al giorno di ufficio e non ho che ventun giorni di ferie all'anno... eppure, eppure, come può constatare... Un po' di amor proprio, che diamine!

Berenger Amor proprio? Eh, non tutti sono come lei. Io non mi ci adatto. Proprio non mi ci adatto alla vita!

Jean          Storie! Tutti dobbiamo adattarci. Perché, lei forse si crede un essere superiore?

BerengerNo, non pretendo affatto...

Jean          (interrompendolo) Valgo quanto lei - anzi, modestia a parte - valgo molto più di lei. L'uomo superiore è colui che sa compiere il proprio dovere.

BerengerChe dovere?

Jean          Il suo dovere... il suo dovere d'impiegato, per esempio.

BerengerAh, capisco, il suo dovere d'impiegato...

Jean          E dove si sono svolte le sue orge della notte scorsa? Ammesso che se lo ricordi...

BerengerAbbiamo... sì, abbiamo festeggiato il compleanno di Augusto, del nostro amico Augusto...

Jean          Il nostro amico Augusto? Non sono stato invitato, io, a festeggiare il compleanno del nostro amico Augusto!

Sulla fine della battuta, si sente, lontano, ma in crescendo, l'an­simare di una fiera in rapido galoppo e un lungo barrito.

BerengerMi creda, non potevo rifiutare. Sarebbe stata una scortesia.

Jean          Ci sono forse andato, io?

597

BerengerForse lei non ci è andato perché non era stato invitato.

La cameriera (esce dal caffè) Buongiorno, signori. Che cosa prendono?

I rumori sono ora forti e vicini.

Jean          (a Berenger, quasi gridando, per sovrastare i rumori di cui pare non essersi accorto) Verissimo, non ero invi­tato... non ho avuto questo onore... Ma posso comun­que assicurarle che anche se mi avessero invitato, non ci sarei andato, perché...

I rumori sono fortissimi.

... ma che diavolo succede?

Vicinissimo galoppo di un grosso e pesante animale. Si distin­gue l'ansimare affannoso della bestia.

... ma, ma... che cos'è?

Cameriera   Ma che cos'è?

Berenger, sempre sonnolento, ha l'aria di non accorgersi di nulla. Risponde tranquillo a Jean a proposito dell'invito. Muove le labbra e non si sente che cosa dice.

Jean           (si alza di scatto, rovescia la sedia, sguardo fisso verso la quinta di sinistra. Fa mimica col braccio, mentre Be­renger, sempre intontito, resta seduto) Oh! Un rinoceronte!

I rumori dell'animale si allontanano rapidamente, in modo che si possano distinguere le battute seguenti. Tuttaquesta scena va recitata in modo serrato.

(Ripete) Oh! Un rinoceronte!

Cameriera   Oh! Un rinoceronte!

Droghiera (si affaccia alla porta del negozio) Oh! Un rinoceronte! (Al marito, rimasto in negozio) Presto, vieni a vedere... un rinoceronte!

Tutti seguono, lo sguardo fisso a sinistra, la corsa del pachiderma.

Jean          Galoppa a testa bassa, sfiora le vetrine!

Droghiere   (dal negozio) Dove?

Cameriera   (appoggia le mani sui fianchi) Oh!

Droghiera   (al marito che è sempre in negozio) Vieni a vedere, ti dico!

Nello stesso istante il droghiere sporge la testa.

Droghiere   Oh! Un rinoceronte!

Ilfilosofo (entra rapidamente in scena da sinistra) Un rinoceronte al galoppo sul marciapiede di fronte!

Tutte le battute, ad iniziare dal primo « Oh! Un rinoceronte! » di Jean sono quasi simultanee. Si distingue un « Oh! » di into­nazione femminile. Entra una donna. Corre sino al centro del palcoscenico. È la casalinga con la sua sporta sotto il braccio. Giunta al centro della scena, con mimica di terrore, lascia ca­dere la sporta. Le provviste si sparpagliano sulla scena, una bot­tiglia va in pezzi. Tuttavia ella non abbandona il gatto che tiene con l'altro braccio.

La casalinga   Ah! Oh!

Il vecchio distinto signore entra da sinistra seguendo la casa­linga. Si precipita nella drogheria, spinge da parte i droghieri che stanno sulla porta ed entra in negozio. Il filosofo andrà invece ad appoggiarsi al muro del fondale, a sinistra del negozio. Jean e la cameriera in piedi e Berenger seduto, formano un secondo gruppo. Frattanto si sentiranno da sinistra varie esclamazioni («Ah! Oh! ») e passi di gente in fuga. La polvere sollevata dal rinoceronte si alza sul palcoscenico.

Il padrone del caffè (si affaccia alla finestra sopra il caffè) Che succede?

Il vecchio signore (si nasconde dietro ai droghieri) Scusate!

(È un vecchio signore distinto ed elegante. Porta ghette bianche, un cappello floscio, una canna dal pomo di avorio).

Il filosofo resta appoggiato al muro di fondo. Ha baffetti grigi, un pince-nez e una paglietta.

Droghiera ( urtata ed urtando il marito, rivolgendosi al vecchio signore) E stia più attento con quella canna!

DroghiereMa vuol fare attenzione?

Si scorgerà la testa del vecchio signore spuntare dietro i dro­ghieri.

Cameriera (al padrone del caffè) Un rinoceronte!

Padrone   (dalla finestra, alla cameriera) Storie! E dov'è?

CasalingaAh!

Gli « Ah! » e gli « Oh! » che provengono dalle quinte fanno da sottofondo sonoro alla esclamazione della casalinga.

(Pur avendo lasciato cadere la bottiglia e le provviste, continua a tener stretto il gattino con l'altro braccio) Povero micio, ha avuto tanta paura!

Padrone   (guarda sempre a sinistra, come a seguire la corsa del pachiderma, mentre il rumore degli zoccoli e dei barriti decresce e si allontana).

Berenger si limita a tirare indietro la testa, per via della polvere. È intontito e fa una mimica di noia.

Ah, questa poi!

Jean          (sposta la testa con gesto nervoso) Ah, questa poi! (Starnutisce).

Casalinga (al centro della scena, rivolta verso sinistra. Le prov­viste sono sparse per terra, intorno a lei) Ah, questa poi! (Starnutisce).

Vecchio signore e droghieri (sul fondo, riaprendo la porta del negozio che il vec­chio signore aveva chiuso dietro di sé) Ah, questa poi!

Jean          Ah, questa poi! (A Berenger) Ma ha visto?!

I rumori del rinoceronte (zoccoli, barriti, eco) sono passati. Tutti seguono ancora con lo sguardo l'animale. Solo Berenger è rimasto seduto, apatico.

Tutti        (tranne Berenger) Ah, questa poi!

Berenger (a Jean) Mi pareva proprio che fosse... già, un rinoce­ronte! E che polverone! (Estrae il fazzoletto e si soffia il naso).

CasalingaAh, questa poi! Ho preso uno spavento!

Droghiere (alla casalinga) La borsa... le sue provviste, signora...

Il vecchio signore si avvicina alla casalinga e si china a racco­gliere le provviste sparpagliate per terra. Saluta cerimoniosa­mente togliendosi il cappello.

Padrone   Certo che... sembra impossibile...

CamerieraCose dell'altro mondo!

Vecchio signore (alla casalinga) Signora: mi permetta di aiutarla a raccogliere le provviste.

Casalinga (al vecchio signore) Grazie, signore. Ma, la prego, si rimetta il cappello. Oh! Ho preso uno spavento!

FilosofoLa paura è un fatto irrazionale. La ragione deve vincerla.

CamerieraPer fortuna non si vede più.

Vecchio signore (alla casalinga, indicando il filosofo) Il mio amico è un filosofo.

Jean          (a Berenger) Be', che ne dice lei?

CamerieraCome corrono questi animali!

Casalinga (al filosofo) Molto lieta, signore.

Droghiere (alla droghiera) Le sta bene, a quella lì. Non aveva fatto la spesa da noi.

Jean          (al padrone del caffè e alla cameriera) Be', che ne dite?

CasalingaPerò il mio gatto l'ho tenuto stretto!

Padrone   (dalla finestra, alza le spalle) Certo che non succede tutti i giorni!

Casalinga (al filosofo, mentre il vecchio signore le raccoglie le provviste) Le dispiace tenermelo un momento?

Cameriera (a Jean) Io non ne avevo mai visti!

Filosofo   (alla casalinga, mentre prende il gattino) Non graffia?

Padrone   (a Jean) È come una cometa!

Casalinga   (al filosofo) No, è tanto carino. (Agli altri) Il mio vino, con quel che costa!

Droghiere   (alla casalinga) Se è solo per questo, da me non manca!

Jean          (a Berenger) Ma, mi dica: che ne pensa lei?

Droghiere   (alla casalinga) E di prima qualità!

Padrone   (alla cameriera) Su, basta perder tempo! Occupati dei signori! (Indica Jean e Berenger, poi ritira la testa dalla finestra).

Berenger   (a Jean) Di che stava parlando?

Droghiera   (al droghiere) E vai a prendere un'altra bottiglia per la signora, svelto!

Jean          (a Berenger) Ma del rinoceronte, no? Del rinoceronte!

Droghiere (alla casalinga) Ho dell'ottimo vino in bottiglie infrangibili. (Sparisce nel negozio).

Filosofo (accarezza il gatto che tiene tra le braccia) Micio, micio, micio!

Cameriera   (a Berenger e a Jean) Che cosa prendono i signori?

Berenger (alla cameriera) Due aperitivi all'anice. Cameriera   Subito, signori. (Si avvia verso il caffè).

Casalinga   (raccattando le provviste con l'aiuto del vecchio si­gnore) Non so proprio come ringraziarla...

Cameriera   Allora due all'anice! (Entra nel caffè).

Vecchio signore (alla casalinga) Ma di che, signora? Mio dovere...

La droghiera rientra in negozio.

Filosofo  (al vecchio signore e alla casalinga intenti a rimettere le provviste nel paniere) Rimettetele a posto con metodo.

Jean          (a Berenger) Allora, che ne dice?

Berenger      (a Jean, non sa cosa rispondere) Be', niente... ha fatto un polverone...

Droghiere (esce dal negozio con una bottiglia di vino. Rivolto alla casalinga) Ho anche dei porri.

Filosofo        (continua ad accarezzare il gatto) Micio, micio, micio!

Droghiere (alla casalinga) Costa cento franchi al litro.

Casalinga (dà i soldi al droghiere. Poi si rivolge al vecchio signore che è riuscito a sistemare tutto nella sporta) Lei è molto gentile. Ah, la cortesia dei francesi! Non è come i giovani del giorno d'oggi!

Droghiere (intasca i soldi della casalinga) Dovrebbe servirsi sem­pre da noi. Così non avrà neanche bisogno di traversare la strada. Eviterebbe di fare brutti incontri! (Rientra in negozio).

Jean          (si è seduto. Pensa sempre al rinoceronte) Certo che son cose da non credersi!

Vecchio signore (si toglie il cappello e bacia la mano alla casalinga) Lietissimo di conoscerla!

Casalinga (al filosofo) La ringrazio per avermi tenuto il gatto.

Il filosofo ridà il gatto alla casalinga.

Cameriera (esce dal caffè con le consumazioni) Ecco gli aperitivi, signori!

Jean               (a Berenger) Lei è incorreggibile!

Vecchio signore  (alla casalinga) Posso accompagnarla per un tratto?

Berenger   (a Jean, indicando la cameriera che rientra nel caffè) Avevo ordinato dell'acqua minerale. Si è sbagliata.

Jean, incredulo, alza le spalle con mimica di disprezzo.

Casalinga (al vecchio signore) La ringrazio, signore, ma mio ma-rito mi aspetta. Sarà per un'altra volta...

Vecchio signore (alla casalinga) Me lo auguro di tutto cuore, cara signora.

Casalinga (al vecchio signore) Anch'io. (Sorride compiaciuta, poi esce da sinistra).

Berenger   Meno male, la polvere è sparita.

Jean alza di nuovo le spalle.

Vecchio signore (al filosofo, seguendo con lo sguardo la casalinga) Incantevole!

Jean   (a Berenger) Un rinoceronte! Non riesco a crederci!

Il vecchio signore e il filosofo si dirigono adagio verso destra, discorrendo con calma.

Vecchio signore (al filosofo, dopo aver gettato un ultimo sguardo a si­nistra, ove è uscita la casalinga) Deliziosa, vero?

Filosofo   (al vecchio signore) Ora le chiarirò il concetto di sillogismo.

Vecchio signore  Ah, sì, il sillogismo!

Jean          (a Berenger) Non posso crederci! È inammissibile!

Berenger sbadiglia.

Filosofo     (al vecchio signore) Il sillogismo comprende la propo­sizione principale, la secondaria e la conclusione.

Vecchio signoreChe conclusione?

Il filosofo e il vecchio signore escono di scena.

Jean          No! Non ci posso credere!

Berenger (a Jean) Lo vedo bene che non ci può credere. Eppure, era un rinoceronte, eh, già, proprio un rinoceronte! Ma adesso è lontano... lontano...

Jean          Ma scusi... ma... È inaudito! Un rinoceronte in libertà in una cittadina... e lei non si stupisce? Dovrebbero vietarlo!

Berenger sbadiglia.

E si metta almeno la mano davanti alla bocca!

Berenger (sbadiglia) Già... già... dovrebbero vietarlo! Certo, è pericoloso... non ci avevo pensato. Ma non se la prenda, ormai siamo fuori pericolo.

Jean          Bisogna protestare con le autorità municipali! Che dia­volo ci stanno a fare le autorità municipali?

Berenger (sbadiglia, poi si porta in fretta la mano dinanzi alla bocca) Oh, mi scusi... Forse il rinoceronte è scappato dal giardino zoologico.

Jean          Lei sogna!

Berenger   Ma se ho gli occhi aperti.

Jean          Aperti o chiusi, fa lo stesso.

Berenger   Eh no, è diverso.

Jean          Comunque non si tratta di questo.

BerengerMa se è proprio lei a dire che fa lo stesso a occhi aperti o chiusi.

Jean          Lei non mi ha capito. Dicevo: aperti o chiusi, fa lo stesso quando si sogna!

BerengerEh, sì, sogno... la vita è un sogno.

Jean... e sogna quando afferma che il rinoceronte è scappato dallo zoo.

Berenger   Ho detto: forse...

Jean          ...perché in questa città non abbiamo più lo zoo da quando gli animali sono stati decimati dalla peste... tanto tempo fa...

Berenger   (apatico) Allora può darsi che venga da un circo.

Jean          Ma di che circo parla?

Berenger   Non so... un circo di passaggio.

Jean          Lei sa benissimo che il municipio ha proibito agli zin­gari di accamparsi nel territorio comunale... Non ne vengono più da quando eravamo bambini.

Berenger (tenta invano di frenare uno sbadiglio) In tal caso può darsi che da allora l'animale sia rimasto nascosto nei boschi paludosi dei dintorni.

Jean          (braccia al cielo) I boschi paludosi dei dintorni? I bo­schi paludosi dei dintorni?! Ah, povero Berenger, i fumi dell'alcool le dànno alla testa!

Berenger   (candido) Già, infatti... salgono su dallo stomaco e...

Jean          Appunto, le dànno alla testa. Ma quando mai lei ha visto dei boschi paludosi nei dintorni? La nostra pro­vincia è chiamata « La piccola Castiglia » tanto è arida e brulla!

Berenger (seccato e stanco) E che ne so, allora! Si sarà nascosto sotto un sassolino... oppure avrà fatto il nido su un ramo secco.

Jean          Se crede di essere spiritoso, lei si sbaglia di grosso, glielo dico io. Lei mi ha proprio stufato con questi... con questi paradossi! Non è possibile parlare sul serio con lei!

Berenger (si tocca la fronte, con gesto vago) Oggi, solo oggi, per via di... sì, perché io...

Jean          Oggi come sempre!

Berenger   Piano, non esageriamo...

Jean          Le sue battute di spirito non valgono un soldo!

Berenger   Non pretendo certo di...

Jean          (interrompendolo) Detesto di essere preso in giro!

Berenger (mano sul cuore) Ma caro Jean, non mi permetterei mai...

Jean          (interrompendolo) Sì, caro Berenger, lei se lo è permesso.

Berenger   No, non è vero, non me lo sono permesso...

Jean          Sì invece, se lo è appena permesso...

Berenger    Come può credere che io...

Jean          (interrompendolo) Lo credo perché è vero!

Berenger   Ma le garantisco...

Jean          (interrompendolo) ... che mi prende in giro!

Berenger   Ma lei è davvero testardo!

Jean          E non basta: mi dà anche del mulo! Vede? M'insulta.

BerengerInsultare lei? Non mi è mai saltato in testa.

Jean          Lei non ha testa.

BerengerAppunto. Proprio per questo non mi è mai saltato in testa.

Jean   (interrompendolo) Ci sono cose che saltano in testa anche a quelli che sono senza testa.

BerengerImpossibile.

Jean          Perché dice che è impossibile?

BerengerMa perché è impossibile.

Jean          E allora si degni di spiegarmi perché è impossibile, dal momento che ha la pretesa di spiegare tutto.

BerengerNon ho mai avuto una pretesa simile.

Jean          E allora perché parla come se ce l'avesse? E torno a chiederle, perché m'insulta?!

BerengerIo non la insulto affatto. Al contrario. Lei non ha neanche l'idea di quanto io la stimi.

Jean          Se mi stima, perché mi viene a dire che non è perico­loso lasciar galoppare un rinoceronte in pieno centro, specie di domenica mattina, proprio quando le strade sono piene di ragazzi... e anche di adulti...

BerengerMolti sono andati a messa. E quelli non corrono pericoli...

Jean          Scusi... all'ora del mercato, per di più!

BerengerNon ho mai detto che non fosse pericoloso lasciar ga­loppare un rinoceronte in pieno centro. Ho semplice­mente detto di non aver pensato al pericolo. Non mi sono posto il problema, ecco tutto!

Jean          Ma non pensa mai a niente, lei?

BerengerVa bene, d'accordo. Un rinoceronte in libertà è pericoloso.

Jean          Non dovrebbe nemmeno esistere!

BerengerD'accordo, non dovrebbe esistere. Anzi, è un fatto paz­zesco. Bene. Ma non c'è nessuna ragione perché lei se la prenda con me a causa di quel pachiderma. Che dia­volo ci posso fare io se un qualsiasi perissodattilo si diverte a passare per caso davanti a noi... Uno stupido quadrupede, poi, che non val neanche la pena di...! E feroce, per giunta... E che è sparito... che non c'è più... Non vogliamo mica preoccuparci di un animale che non esiste, le pare? Parliamo d'altro, caro Jean, parliamo d'altro... gli argomenti di conversazione non mancano... (Sbadiglia e prende in mano il bicchiere) Alla sua salute!

Sulla battuta, rientrano da destra il filosofo e il vecchio signore. Sempre discorrendo, andranno lentamente a sedersi a uno dei tavoli del bar, abbastanza distanti da Berenger e Jean, sul fondo, verso destra.

Jean          Rimetta quel bicchiere sul tavolo! Non beva! (Beve un grande sorso di pastis e posa il bicchiere a metà vuoto sul tavolo).

Berenger   (continua a tenere il bicchiere in mano, ma senza osare di berlo) Mica voglio lasciarlo al padrone! (Se lo avvicina alle labbra).

Jean          Le ho detto di posarlo!

BerengerE va bene. (Sta per posare il bicchiere sul tavolo).

Nello stesso istante passa Daisy, una giovane dattilografa bion­da, che attraversa la scena da destra a sinistra.

(Alla vista di Daisy, si alza di scatto e con gesto brusco rovescia il bicchiere che cade a terra, dopo aver innaf­fiato i calzoni di Jean) Oh, Daisy!

Jean          Attento! Ah, ma com'è sbadato lei!

BerengerOh, mi scusi... è Daisy... (Si nasconde per non essere vi­sto da Daisy) Non voglio che mi veda in questo stato...

Jean          Lei è incorreggibile, assolutamente incorreggibile! (Guarda Daisy che esce da sinistra) Ha pauradi quella ragazza?

Berenger      Zitto, zitto.

Jean          Eppure non ha l'aria cattiva!

Berenger (ritorna presso Jean, dopo che Daisy è uscita) Le rinnovo le mie scuse per...

Jean          Ecco. Ecco che cosa significa bere... lei non è più pa­drone dei suoi gesti, non ha più forza nei muscoli, lei è intontito, balordo. Lei si sta scavando la fossa, amico mio, lei si rovina!

BerengerLe assicuro che l'alcool non mi piace poi tanto. Ma, vede: se non bevo, non va. È come se avessi paura, e allora bevo per non avere paura.

Jean          Paura di che?

BerengerBe', non saprei dirle. Angosce... è difficile da spiegare. Nella vita, in mezzo alla gente, mi sento a disagio, e allora bevo un bicchiere. Mi calma, capisce, mi distende, mi fa dimenticare.

Jean          Già, e di questo passo lei dimentica anche la più ele­mentare...

BerengerSono anni che mi sento stanco... anni! Faccio un tale sforzo a trascinare in giro la mia carcassa.

Jean (diagnostico) È la tipica nevrastenia dell'alcolizzato. La malinconia cronica del bevitore...

Berenger... ho sempre l'impressione che il mio corpo sia di piom­bo... come se portassi un altro sulle spalle. Non riesco ad aver coscienza di me stesso... non so nemmeno se sono proprio io... Allora, appena bevo un po', tutto il peso sparisce, mi ritrovo e divento io.

Jean          Elucubrazioni, Berenger, elucubrazioni... ma guardi me! Peso più di lei. Eppure mi sento così leggero, leggero, leggero! (Muove le braccia come se stesse per spiccare il volo).

Il vecchio signore ed il filosofo avanzano lentamente. Sulla fine della battuta, passano di fianco a Jean e Berenger. Un braccio di Jean urta violentemente il vecchio signore che traballa tra le braccia del filosofo.

Filosofo   (continua la discussione) Un esempio di sillogismo... (Viene urtato) ...Oh!

Vecchio signore (a Jean) Attento!

Jean          (al vecchio signore) Scusi.

Filosofo  (al vecchio signore) Ma di che.

Vecchio signore (a Jean) Ma di che.

Il vecchio signore ed il filosofo vanno a sedersi a un tavolo a destra, dietro Jean e Berenger.

Berenger      (a Jean) Accidenti, com'è forte lei!

Jean          Certo. Sono forte, sono forte per diverse ragioni. Prima di tutto, sono forte perché sono forte. Secondariamente, sono forte perché ho della forza morale. Poi mi sento forte perché non sono alcolizzato. Senza offesa, mio caro amico, ma secondo me ciò che le pesa è l'alcool, né più né meno.

Filosofo  (al vecchio signore) Ecco dunque un sillogismo per­fetto. Il gatto ha quattro zampe. Isidoro e Fricot hanno ciascuno quattro zampe. Dunque Isidoro e Fricot sono due gatti.

Vecchio signore (al filosofo) Anche il mio cane ha quattro zampe.

Filosofo  (al vecchio signore) Allora è un gatto.

Berenger      (a Jean) Io, invece, è tanto se mi sento ancora la forza di vivere... forse non ne ho nemmeno più voglia.

Vecchio signore (al filosofo) Dunque, secondo la logica, il mio cane sarebbe un gatto.

Filosofo  (al vecchio signore) Secondo la logica, sì. Ma è vero anche il contrario.

Berenger      (a Jean) La solitudine mi pesa... ma anche la compagnia mi pesa!

Jean          (a Berenger) Ecco, ecco: vede che si contraddice! È la solitudine o la moltitudine che le pesa? Lei si dà delle arie da pensatore e non ha un briciolo di logica.

Vecchio signore (al filosofo) Però, è bella la Logica!

Filosofo  (al vecchio signore) Sì, ma a condizione di non abusarne.

Berenger      (a Jean) Vivere è una cosa anormale.

Jean          Ma niente affatto! È assolutamente normale. La prova? Tutti quanti viviamo.

Berenger      I morti sono più numerosi dei vivi. E il loro numero cresce sempre. Noi vivi siamo così pochi.

Jean          I morti non esistono, sì, è proprio il caso di dirlo! Ah! Ah! (Risata). Anche loro le pesano? Come possono pesarle delle cose che non esistono?

Berenger      Certe volte mi domando se sono ancora vivo!

Jean          (a Berenger) No, mio caro, lei non è vivo perché non pensa. Pensi e vivrà: cogito, ergo sum.

Filosofo (al vecchio signore) Altro sillogismo. I gatti sono mor­tali. Ma anche Socrate è mortale. Dunque, Socrate è un gatto.

Vecchio signore ... e ha proprio quattro zampe. Verissimo. Ho un gatto che si chiama Socrate.

Filosofo   Vede...

Jean          (a Berenger) In fondo lei non è altro che un comme­diante e un bugiardo. Dice che la vita non le interessa: però qualcuno le interessa!

Berenger      Chi?

Jean          Quella sua collega d'ufficio che è passata adesso. È innamorato di lei, dica la verità!

Vecchio signore (al filosofo) Socrate dunque era un gatto.

Filosofo  La Logica ce l'ha appena dimostrato.

Jean          (a Berenger) Non voleva farsi vedere da lei in questo stato pietoso...

Gesto di diniego di Berenger.

E questo prova che lei non è indifferente a tutto. Ma come può pensare che Daisy sia attratta da un ubriacone?

Filosofo  (al vecchio signore) Torniamo ai gatti.

Vecchio signore (al filosofo) La seguo.

Berenger (a Jean) In ogni modo, credo che lei abbia già qualcuno che...

Jean          (a Berenger) Chi?

BerengerDudard. Un altro collega d'ufficio: laureato in legge, giurista, grande carriera in ditta e nel cuore di Daisy: capisce? Come posso competere con lui?

Filosofo  (al vecchio signore) Il gatto Isidoro ha quattro zampe.

Vecchio signore stupito) E come lo sa lei?

Filosofo  È dato per ipotesi.

Berenger      (a Jean) ... è simpatico al padrone. Io invece non ho av­venire, non ho titoli di studio, non ho nessuna possibilità!

Vecchio signore (al filosofo) Ah, per ipotesi!

Jean          (a Berenger) E così, lei si dà per vinto...

Berenger      (a Jean) E che potrei fare?...

Filosofo  (al vecchio signore) Anche Fricot ha quattro zampe. Quante zampe avranno Fricot e Isidoro?

Vecchio signore (al filosofo) In totale o separatamente?

Jean          (a Berenger) La vita è lotta, e non lottare è da vili!

Filosofo  (al vecchio signore) In totale o separatamente, secondo i casi.

Berenger      (a Jean) Che vuole, mi sento completamente disarmato!

Jean          E allora si armi, mio caro, si armi!

Vecchio signore al filosofo, dopo lunga riflessione) Otto. Otto zampe.

Filosofo  Vede? La Logica favorisce il calcolo mentale.

Vecchio signore Certo, apre tante possibilità...

Berenger      (a Jean) E poi, dove trovare le armi adatte?

Filosofo  (al vecchio signore) La Logica non conosce limiti.

Jean          Ma in lei stesso! Nella sua volontà!

Berenger      (a Jean) Quali armi?

Filosofo  (al vecchio signore) Stia bene a sentire...

Jean          (a Berenger) Le armi della pazienza, della cultura... le armi dell'ingegno! Si sforzi di diventare uno spirito vivo, un uomo brillante. Si tenga aggiornato.

Berenger      (sbadigliando, a Jean) Aggiornato? In che modo?

Filosofo (al vecchio signore) Ora, togliamo due zampe ai gatti. Quante ne resteranno a ciascuno?

Vecchio signoreÈ difficile...

Berenger   (a Jean) È difficile...

Filosofo   (al vecchio signore) È facilissimo, invece!

Vecchio signore (al filosofo) Forse sarà facile per lei, ma non per me.

Berenger      (a Jean) Forse sarà facile per lei, ma non per me.

Filosofo (al vecchio signore) Andiamo, un piccolo sforzo mentale... si concentri...

Jean          (a Berenger) Andiamo, un piccolo sforzo di volontà... si applichi...

Vecchio signore (al filosofo) Non ci riesco.

Berenger      (a Jean) Non ci riesco assolutamente! Filosofo   (al vecchio signore) Ah! Devo proprio suggerirle tutto! Jean   (a Berenger) Ah! Devo proprio suggerirle tutto!

Filosofo (al vecchio signore) Prenda un foglio di carta e faccia il conto. Togliendo sei zampe da due gatti, quante zampe resteranno ad ogni gatto?

Vecchio signore Un momento... (Fa il conto su un foglio di carta che estrae di tasca).

Jean          Le dirò io che cosa deve fare: si vesta correttamente, si faccia la barba tutti i giorni, si metta una camicia pulita...

Berenger      (a Jean) La lavandaia è così cara...

Jean          (a Berenger) E lei risparmi sugli aperitivi. Questo per quanto riguarda l'aspetto esterno: cappello, cravatta come la mia, un vestito elegante, le scarpe lucide... (Parlando del vestiario, accenna compiaciuto al cap­pello, alla cravatta e alle scarpe che indossa).

Vecchio signore (al filosofo) Ecco... ci sarebbero molte soluzioni possibili...

Filosofo  (al vecchio signore) Sentiamo.

Berenger      (a Jean) E poi, che cosa dovrei fare? Sentiamo...

Filosofo  (al vecchio signore) Mi dica.

Berenger      (a Jean) Mi dica.

Jean          (a Berenger) Lei è timido, però ha dei doni di natura.

Berenger      (a Jean) Doni di natura? Io?

Jean          Certo! Li valorizzi! Bisogna essere aggiornati! Si tenga al corrente dei fatti letterari e culturali del nostro tempo.

Vecchio signore (al filosofo) Ecco: prima possibilità. Uno dei due gatti può avere quattro zampe e l'altro solo due.

Berenger      Ho cosf poco tempo libero...

Filosofo  Vede? Lei ha dei doni di natura: bastava valorizzarli.

Jean          Non importa, quel poco tempo che le resta lo faccia fruttare. Non si lasci andare alla deriva.

Vecchio signorePurtroppo non ne ho avuto la possibilità. Sono un ex funzionario.

Filosofo  (al vecchio signore) Si  trova sempre il tempo per istruirsi.

Jean          (a Berenger) Il tempo lo si trova sempre.

Berenger      (a Jean) È troppo tardi.

Vecchio signore (al filosofo) È un po' tardi per me.

Jean          (a Berenger) Non è mai troppo tardi!

Filosofo   (al vecchio signore) Non è mai troppo tardi!

Jean          (a Berenger) Dopotutto lei fa otto ore di lavoro, come me, come tutti quanti. Ma la domenica... la sera... le tre settimane estive di ferie, non le conta? Con un po' di metodo, bastano.

Filosofo  (al vecchio signore) E le altre soluzioni? Con metodo, però, con metodo...

Il vecchio signore riprende i suoi calcoli.

Jean          (a Berenger) Per esempio: invece di bere e rovinarsi il fegato, non sarebbe meglio sentirsi sani e forti an­che in ufficio? Senza contare che potrebbe utilizzare il tempo libero in modo più intelligente.

Berenger      (a Jean) Cioè?

Jean          (a Berenger) Visiti i musei, legga le riviste letterarie, vada alle conferenze. Tutto questo la distrarrà dall'an­goscia, dalla depressione, e le farà bene allo spirito. In quattro settimane lei sarà un uomo colto.

Berenger      Lei ha proprio ragione.

Vecchio signore (al filosofo) Potrebbe  esserci  un gatto  con cinque zampe...

Jean          (a Berenger) Ecco, lo ammette anche lei.

Vecchio signore (al filosofo) ... e un secondo gatto con una zampa sola. Ma in questo caso, sarebbero ancora gatti?

Filosofo  (al vecchio signore) E perché no?

Jean          (a Berenger) Invece di sprecare i soldi che guadagna in bevande alcoliche, non sarebbe meglio investirli in posti a teatro e assistere a spettacoli interessanti? Per esempio: conosce lei il Teatro d'Avanguardia di cui si discute tanto? Ha visto le commedie di Ionesco?

Berenger      (a Jean) Purtroppo no. Ma ne ho sentito parlare.

Vecchio signore (al filosofo) Togliendo a due gatti due zampe su otto...

Jean          (a Berenger) Ne danno una proprio in questi giorni. Ne approfitti!

Vecchio signore ... potremmo avere un primo gatto a sei zampe...

Jean          È un'ottima occasione per prendere contatto con la vita artistica del nostro tempo.

Vecchio signore (al filosofo) ...e un secondo gatto senza zampe.

BerengerSì, lei ha ragione, tutte le ragioni. Voglio « aggiornarmi », come dice lei.

Filosofo  (al vecchio signore) In tal caso avremmo un gatto privilegiato.

Berenger      Glielo prometto.

Jean          Lo prometta a se stesso, prima di tutto.

VecchiosignoreE un gatto senza zampe, declassato?

BerengerSì, me lo prometto solennemente. E manterrò la parola con me stesso.

Filosofo  Sarebbe ingiusto. Quindi non sarebbe logico.

Berenger (a Jean) Invece di continuare a bere, ho deciso di istruirmi. Sul serio: mi sento già meglio, ho le idee più chiare.

Jean          Eh? Cosa le dicevo...

Vecchio signore (al filosofo) Perché non sarebbe logico?

Berenger      Oggi stesso andrò a visitare il museo civico. E que­sta sera prendo due posti a teatro. Vuoi venire con me?

Filosofo  (al vecchio signore) Perché la Giustizia è la Logica stessa.

Jean          (a Berenger) Sì, ma dovrà perseverare... la volontà non dev'essere un fuoco di paglia.

Vecchio signore (al filosofo) Adesso capisco. La Giustizia...

Berenger      (a Jean) Promesso. A lei e a me. Allora, viene con me al museo, oggi pomeriggio?

Jean          (a Berenger) Mi spiace. Oggi mi riposo, fa parte del mio programma.

Vecchio signore (al filosofo) La Giustizia è un altro aspetto della Logica.

Berenger      (a Jean) Be', allora verrà con me questa sera a teatro.

Jean          No, questa sera no.

Filosofo  (al vecchio signore) Vedo che la mia mente s'illumina.

Jean          (a Berenger) Mi auguro che continui a seguire questi buoni propositi. Ma stasera, purtroppo, devo vedere alcuni amici in trattoria e...

Berenger      (interrompendo) In... trattoria?

Vecchio signore (al filosofo) D'altra parte, un gatto completamente privo di zampe...

Jean          (a Berenger) Sì. Ho promesso di andarci, e siccome mantengo sempre le promesse...

Vecchio signore (al filosofo)... non potrebbe correre abbastanza in fretta per acchiappare i topi.  

Berenger      (a Jean) E così, tocca a lei dare il cattivo esempio stavolta! Chissà che sbornia!

Filosofo  (al vecchio signore) Noto con piacere che lei fa dei progressi nel campo della Logica.

Si sentono di nuovo, in rapido aumento, i rumori di prima. Ga­loppo, un barrito, soffio affannoso e scalpiccio degli zoccoli di un rinoceronte. Ora provengono dal senso opposto:  dal fondo della scena verso il proscenio, dietro le quinte di sinistra.

Jean          (seccato, a Berenger) Piano, piano: la mia è l'eccezione che conferma la regola. Non è la stessa cosa. Per lei... voglio dire, per lei è diverso!

Berenger      (a Jean) E perché per me è diverso?

Jean          (ad alta voce, sovrastando i rumori che provengono dal negozio) Non sono un alcolizzato, io!

Filosofo  (al vecchio signore) Eppure, anche senza zampe, il gatto deve acchiappare lo stesso i topi. È nella sua natura.

Berenger      (gridando) Non dico che lei sia un alcolizzato. Ma per­ché, nelle stesse condizioni, dovrei esserlo più di lei?

Vecchio signore (gridando, al filosofo) Che cos'è nella natura del gatto?

Jean          (a Berenger, gridando) Eh, no, è una questione di equilibrio!  Contrariamente a lei, sono un uomo equilibrato, io!

Filosofo  (al vecchio signore. Gli grida all'orecchio come in un cornetto acustico) Che cosa dice?

I forti rumori coprono le battute dei quattro personaggi.

Berenger      (grida all'orecchio di Jean) Contrariamente a che? Che cosa ha detto?

Jean          (gridando) Dico che...

Vecchio signore (gridando) Dico che...

Jean          (si accorge improvvisamente del fracasso) Ma che succede?

Filosofo  Ma che cos'è?

Jean si alza di colpo, rovescia la sedia e fissa lo sguardo alla quinta di sinistra donde provengono i rumori del rinoceronte che corre.

Jean          Oh, un rinoceronte!

Filosofo  (si alza di scatto e fa cadere la sedia) Oh, un rinoceronte!

Vecchio signore (c. s.) Oh, un rinoceronte!

Berenger      (sempre seduto, ma meno intontito) Rinoceronte! In direzione opposta!

Cameriera (esce dal caffè con un vassoio e dei bicchieri) Che cos'è? Oh, un rinoceronte! (Lascia cadere il vassoio. I bicchieri vanno in pezzi).

Padrone   (esce dal locale) Che cos'è?

Cameriera   (al padrone) Un rinoceronte!

Filosofo  Un rinoceronte a gran carriera sul marciapiede di fronte!

Droghiere(esce dal negozio) Oh, un rinoceronte!

Droghiera (si affaccia alla finestra sopra il negozio) Oh, un rinoceronte!

Padrone   (alla cameriera) Non è una buona ragione per rompere i bicchieri!

Jean          Galoppa a testa bassa, sfiora le vetrine...

Daisy        (entra da destra) Oh, un rinoceronte!

Berenger      (vedendola) Oh, Daisy!

Passi precipitosi di gente in fuga. Degli « Ah! » e degli « Oh! » come nello scena precedente.

Cameriera  Ah, questa poi!

Padrone   (alla cameriera) I bicchieri te li faccio pagare!

Berenger cerca di nascondersi per non essere visto da Daisy. Il vecchio signore, il filosofo e il droghiere si dirigono verso il centro della scena ripetendo meccanicamente.

Tutti        Ah, questa poi!

Jean e BerengerAh, questa poi!

Si sente un miagolio straziante, seguito da un grido femminile di terrore.

Tutti   Oh!

Sul « Oh! », mentre i rumori si allontanano, entra la casalinga, senza la borsa della spesa. Tiene tra le braccia il cadavere del gatto sanguinante.

Casalinga   (gemendo) Mi ha schiacciato il gatto! Mi ha schiacciato il gatto!

Cameriera   Le ha schiacciato il gatto!

Il droghiere e la droghiera - dalla finestra -, il vecchio signore e Daisy, si fanno intorno alla casalinga, ripetendo.

Tutti        Ah, che brutta fine, povera bestia!

Vecchio signorePovero micio!                                           

Daisye camerieraPovero micio!

Il droghiere e la droghiera - dalla finestra -, il vecchio signore e il filosofo ripetono:  « Povero micio! »

Padrone   (alla cameriera, indicando i bicchieri rotti e le sedie ro-vesciate) Be', che fai? Tira su questa roba!

A loro volta Jean e Berenger si avvicinano alla casalinga che continua a gemere con il cadavere del gatto tra le braccia.

Cameriera (si dirige verso il caffè per raccogliere i cocci e rialzare le sedie rovesciate, sempre fissando il gruppo) Povero micio!

Padrone   (fa cenno alla cameriera di eseguire l'ordine) Su, sbrigati!

Vecchio signore (al droghiere) Lei che ne dice?

Berenger (alla casalinga) Coraggio, signora, non pianga più... che pena!

Daisy        (a Berenger) Oh, signor Berenger: c'era anche lei? Ha visto?

Berenger (a Daisy) Buongiorno, signorina Daisy... ecco, io non ho fatto in tempo a farmi la barba... la prego di scusarmi se...

Padrone   (segue con lo sguardo la cameriera che riordina, poi guarda verso la casalinga) Povero micio!

Cameriera (di spalle, raccogliendo i cocci) Povero micio!

Recitazione serrata. Interventi quasi simultanei.

Droghiera  (dalla finestra) Ma questa volta è una cosa seria!

Jean          Già, questa volta è una cosa seria!

Casalinga (geme e coccola il gatto tra le braccia) Il mio povero micio! Il mio povero micio!

Vecchio signore (alla casalinga) Cara signora, avrei preferito rivederla in altre circostanze!

Filosofo  (alla casalinga) Eh, che vuole mai, signora: tutti i gatti sono mortali! Bisogna farsi una ragione.

Casalinga   (gemendo) Il mio gatto! Il mio gatto! Il mio gatto!

Padrone   (alla cameriera che ha il grembiale pieno di cocci) Avanti, gettali via! (Rialza le sedie) Mi devi mille franchi!

Cameriera  (rientra nel caffè. Al padrone) Pensa solo ai soldi, lei!

Droghiera  (dalla finestra, alla casalinga) Coraggio, cara signora, si calmi...

Vecchio signore (alla casalinga) Sì, signora: si calmi...

Droghiera  (dalla finestra) Però, fa proprio pena a pensarci!

Casalinga  Il mio gatto! Il mio gatto! Il mio gatto!

Daisy        Eh, certo: fa proprio pena!

Vecchio signore (sostiene la casalinga e con dolce pressione la dirige verso un tavolino del caffè, seguito da tutti) Ecco, così: si segga un momento, signora.

Jean          (al vecchio signore) Mah... che ne dice, lei?

Droghiere   (al filosofo) Mah... che ne dice, lei?

Droghiera  (dalla finestra, a Daisy) Mah... che ne dice, lei?

Padrone   (alla cameriera, sulla porta del caffè) Un bicchier d'acqua per la signora!

Frattanto gli altri aiutano la casalinga a prender posto al tavo­lino. Essa continua a lamentarsi e a piangere.

Vecchio signore (alla casalinga) Coraggio, si segga, cara signora!

Jean          Povera donna!

Droghiera (dalla finestra) Povera bestia!

Berenger (alla cameriera)   Le porti un cognac, piuttosto!

Padrone  (alla cameriera) Un cognac! (Indica Berenger) È il signore che offre!

La cameriera entra nel caffè ripetendo: « Subito: un cognac! »

Casalinga   (singhiozza) No... non lo voglio, non lo voglio!

Droghiere   Era già passato poco fa davanti al mio negozio!

Jean          (al droghiere) Ma questo è un altro.

Droghiere (a Jean) Pure...

DroghieraSì, sì: è lo stesso di prima!

Daisy        Come? È la seconda volta che passa?

Padrone   Per me, era quello di prima.

Jean          No, permetta: non è lo stesso rinoceronte! Quello di prima aveva due corna sul muso - era un rinoceronte asiatico - invece questo qui aveva un solo corno, era un rinoceronte africano.

Appare la cameriera con il cognac per la casalinga.

Vecchio signoreEccole un po' di cognac... la tirerà su...

Casalinga   (in lacrime) Nooo...

Berenger (d'improvviso, seccato. A Jean) Ma non dica sciocchezze! Come ha fatto a vedere le corna? Il pachiderma è passato così in fretta che lo abbiamo appena intravisto e...

Daisy        (alla casalinga) Ma sì, signora: le farà bene...

Vecchio signore (a Berenger) Effettivamente correva molto in fretta...

Padrone   (alla casalinga) Lo assaggi, almeno... è di marca!

Berenger (a Jean) ... e non ha certo avuto il tempo di contare le corna...

Droghiera   (dalla finestra, alla cameriera) Glielo faccia bere... insista.

Berenger      (a Jean) ... per di più, in mezzo a quel polverone...

Daisy        (alla casalinga) Lo beva, signora...

Vecchio signore (alla casalinga)... solo un sorsino, cara signora... su, coraggio...

La cameriera aiuta la casalinga a bere il cognac portandole il bicchiere alle labbra. Questa fa mimica di rifiuto, poi lo beve.

CamerieraEcco fatto!

Droghiera (dalla finestra) Ecco fatto!

Daisy        Ecco fatto!

Jean          (a Berenger) Io non sono intontito come lei... ho i ri­flessi pronti, calcolo rapidamente, ho una prontezza...

Vecchio signoreVa meglio, signora?

Berenger      (a Jean)  Ma mi faccia il piacere! Correva a testa bassa...

Padrone   (alla casalinga) Vero che è buono, signora?

Jean          (a Berenger) Appunto, il corno si vedeva meglio.

Casalinga (dopo aver bevuto) Il mio gatto!

Berenger      (irritato, a Jean) Sciocchezze! Sciocchezze!

Droghiera (dalla finestra, alla casalinga) Glielo darò io un altro gatto.

Jean          (a Berenger) Come? Lei osa affermare che dico delle sciocchezze?

Casalinga (alla droghiera) No! Non ne voglio un altro!  (Singhiozza e culla il gattino tra le braccia).

Berenger (a Jean) Precisamente: delle sciocchezze!

Padrone   (alla casalinga) Bisogna farsi una ragione!

Jean          (a Berenger) Per sua norma, io non dico mai sciocchezze!

Vecchio signore (alla casalinga) Un po' di filosofia!

Berenger (a Jean) Lei non è altro che un arrogante! (Ad alta voce) Un pedante!

Padrone   (a Jean e Berenger) Signori... signori...

Berenger      (c. s.)... sì, un pedante che non è nemmeno sicuro delle sue cognizioni zoologiche... già, perché, tanto per cominciare, è il rinoceronte asiatico che ha un solo corno, mentre invece quello africano ne ha due!

Gli altri personaggi si scostano dalla casalinga per avvicinarsi a Jean e Berenger che discutono ad alta voce.

Jean          (a Berenger) Lei si sbaglia, è il contrario!

CasalingaEra così carino!

Berenger      Vogliamo scommettere?

CamerieraVogliono scommettere.

Daisy        (a Berenger) Non s'arrabbi, signor Berenger.

Jean          (a Berenger) Non scommetto con un simile individuo! Le due corna è lei che le ha! Maledetto asiatico!

CamerieraOh!

Droghiera (dalla finestra, al marito) Ora se le dànno!

Droghiere (alla moglie) Ma no, è una scommessa!

Padrone   (a Jean e Berenger) Niente scene nel mio locale!

Vecchio signoreVediamo un po'... che specie di rinoceronte ha un solo corno sul muso? (Al droghiere) Lei, lei che fa il commerciante dovrebbe saperlo!

Droghiera (dalla finestra, al marito) Sì, dovresti proprio saperlo!

Berenger (a Jean) Non ho mai avuto le corna! E non le avrò mai!

Droghiere (al vecchio signore) I commercianti non possono sapere tutto!

Jean          (a Berenger) E io le dico di sì!

Berenger (a Jean) E non sono asiatico. A parte poi che gli asiatici sono gente come tutti gli altri...

CamerieraSì, sì; gli asiatici sono uomini come noi...

Vecchio signore (al padrone) Più che giusto!

Padrone   (alla cameriera) Nessuno le ha chiesto il suo parere!

Daisy        (al padrone) Ma ha ragione. Sono uomini come noi.

Casalinga (durante queste battute, continua a gemere. Tra sé) Era così caro, era come noi...

Jean          (fuori di sé) Sono gialli!

Il filosofo un po' discosto, tra la casalinga ed il gruppo che si è formato intorno a Jean e Berenger, segue attento la discus­sione ma senza parteciparvi.

Arrivederci, signori! (A Berenger) Quanto a lei, le tolgo il saluto!

Casalinga (c.s.)  Era   affezionatissimo   a  noi,  davvero...   (Singhiozza).

Daisy        Andiamo signor Berenger... e lei, signor Jean...

Vecchio signoreIo ho avuto degli amici asiatici... no, forse non erano proprio dei veri asiatici, però...

Padrone   Io invece ho conosciuto dei veri asiatici!

Cameriera (alla droghiera) Io ho avuto un amico asiatico.

Casalinga (c. s.) L'avevo preso da piccolo!

Jean          (sempre fuori di sé) Sono gialli! Gialli! Giallissimi!

Berenger      (a Jean) E lei invece è paonazzo!

Droghiera (dalla finestra) Oh!

CamerieraOh!

Padrone   Qui finisce male!

CasalingaEra così ben educato... sporcava sempre nella sua cassettina...

Jean          (a Berenger) Se la prende su questo tono, non mi ri­vedrà mai più! Sono stufo di perder tempo con un imbecille come lei!

Casalinga (c. s. )... e riusciva a farsi capire!

Jean esce bruscamente da destra, infuriato. Prima di uscire si gira ancora, di scatto.

Vecchio signore (al droghiere) ... però ci sono anche degli asiatici bian­chi, neri, turchini e altri come noi.

Jean          (a Berenger) Ubriacone!

Tutti lo fissano costernati.

Berenger      (a Jean) Non le permetto, sa!

Tutti        (rivolti a Jean) Oh!

CasalingaNon gli mancava che la parola. Ma nemmeno!

Daisy        (a Berenger) Non doveva farlo arrabbiare.

Berenger      (a Daisy) Mi creda, non è colpa mia...

Padrone   (alla cameriera) Avanti, va' a cercare una cassetta per sotterrare questa povera bestia!

Vecchio signore (a Berenger) Sì, credo proprio che abbia ragione lei. Il rinoceronte d'Asia ha due corna, mentre il rinoceronte d'Africa ha un corno solo.

DroghiereMa veramente il signore sosteneva il contrario.

Daisy        (a Berenger) Sbagliavate tutti e due!

Vecchio signore  (a Berenger) Lei non s'era sbagliato.

Cameriera (alla casalinga) Venga, signora: mettiamolo nella cassetta...

Casalinga (singhiozzi strazianti) Mai! Mai!

DroghiereChiedo scusa, io credo proprio che abbia ragione il signor Jean.

Daisy        (alla casalinga) Andiamo, signora, non la prenda così.

Daisy e la cameriera sospingono la casalinga (che ha sempre il gatto tra le braccia) verso il caffè.

Vecchio signore  (a Daisy e alla cameriera) Vuole che l'accompagni?

DroghiereDunque: il rinoceronte d'Asia ha un solo corno, invece quello d'Africa ne ha due. E viceversa.

Daisy        (al vecchio signore) Grazie, non è il caso.

Daisy e la cameriera entrano nel caffè sospingendo la casalinga sempre in lacrime.

Droghiera (dalla finestra, al marito) Oh, tu hai sempre delle idee diverse dagli altri.

Berenger      (tra sé, mentre gli altri continuano a discutere sul rinoceronte) Daisy ha ragione: non avrei dovuto contraddirlo.

Padrone   (alla droghiera) Suo marito ha ragione: il rinoceronte d'Asia ha due corna, mentre quello d'Africa dovrebbe averne due. E viceversa.

Berenger      (tra sé) Non tollera di venir contraddetto. La minima obiezione lo fa andare in bestia.

Vecchio signore (al padrone) Lei è in errore, amico mio.

Padrone   (al vecchio signore) Scusi se insisto, ma...

Berenger      (c. s.)   La collera è il suo unico difetto.  '

Droghiera (dalla finestra, al vecchio signore e al marito) Magari sono tutti e due uguali.

Berenger (c. s.) In fondo ha un cuore d'oro e mi ha aiutato un sacco di volte.

Padrone   (alla droghiera) Se uno ne ha due, l'altro non può averne che uno solo.

Berenger      (c. s.) Mi spiace di non esser stato più arrendevole. Ma perché intestarsi così? Non volevo mica farlo uscire dai gangheri. (Agli altri) Sostiene sempre delle cose invero­simili! Vuole sempre sbalordire tutti quanti con la sua cultura. E non ammette mai di sbagliarsi.

Vecchio signore (a Berenger) Ha delle prove?

Berenger      Prove? Che prove?

Vecchio signore  Be', di quello che sosteneva poco fa e che ha suscitato la spiacevole lite con il suo amico.

Droghiere (a Berenger) Già, che prove ha?

Vecchio signore (a Berenger) Come fa a sapere che uno dei rinoceronti ha due corna e l'altro un corno solo? E poi, quale dei due?

DroghieraUhm... ne sa quanto noi.

Berenger      Momento, distinguiamo. Prima di tutto non si sa se erano due. Anzi, io continuo a dire che c'era un solo rinoceronte.

PadroneMa supponiamo che ce ne fossero due. Qual è quello unicorne, il rinoceronte asiatico?

Vecchio signoreNo, no! È quello africano che è bicorne. Almeno, credo.

Padrone   Qual è bicorne?

DroghiereNon è quello africano.

DroghieraEh, non è facile mettersi d'accordo.

Vecchio signoreA questo punto bisogna chiarire il problema.

Filosofo  (esce dall'incognito) Mi scusino, signori. Se mi è con­cesso di intervenire, vorrei precisare che il problema è un altro. Ma, prima di tutto, permettetemi di presentarmi...

Casalinga (in lacrime) È un filosofo!

Padrone   Oh, un filosofo!

Vecchio signore (presenta il filosofo a Berenger) Il mio amico filosofo.

Berenger      Onoratissimo.

Filosofo (prosegue) Faccio il filosofo di professione: ecco qui la mia carta d'identità. (Esibisce il documento).

Berenger      Onoratissimo.

DroghiereSignore, siamo tutti molto onorati.

PadroneCi vuol dire allora, signor filosofo, se il rinoceronte africano è unicorne...

Vecchio signore...o bicorne.

DroghieraE se il rinoceronte asiatico è bicorne.

DroghiereO invece unicorne.

FilosofoEcco, appunto: il problema è un altro. È ciò che mi premeva di rilevare.

DroghiereMa era proprio quello che ci interessava.

Filosofo   Se mi lasciate parlare, signori...

Vecchio signoreSì, lasciatelo parlare!

Droghiera  (dalla finestra, al marito) E lascialo parlare!

Padrone   L'ascoltiamo, signore.

Filosofo (a Berenger) Mi rivolgo a lei in particolare. E, naturalmente, anche agli altri.

DroghiereAnche a noi...

FilosofoVedete, la discussione all'inizio era imperniata su un fatto importante, che poi, vostro malgrado, avete tra­scurato. Vi chiedevate all'inizio se il rinoceronte pas­sato poco fa era lo stesso di prima, oppure un altro. Ebbene, è proprio su questo dato di fatto che dobbiamo basarci.

Berenger      In che modo?

FilosofoEcco: per cominciare, potreste aver visto due volte di seguito lo stesso rinoceronte con un solo corno...

Droghiere (ripete per meglio afferrare) ...due volte di seguito lo stesso rinoceronte.

Padrone   (come il droghiere) ... con un solo corno.

Filosofo  (continuando) ... o potreste invece aver visto due volte di seguito lo stesso rinoceronte con due corna.

Vecchio signore (ripete) ... stesso rinoceronte con due corna, due volte di seguito.

Filosofo  Esatto. Ancora: potreste aver visto un primo rinoce­ronte con un solo corno, poi un secondo che aveva anche lui un solo corno.

Droghiera   (dalla finestra) Ah! ah!

FilosofoO infine, un primo rinoceronte con due corna, poi un altro rinoceronte con due corna.

Padrone   Esatto.

Filosofo  Ora: se aveste visto...

DroghiereSe avessimo visto...

Vecchio signoreSì, se avessimo visto...

FilosofoSe aveste visto la prima volta un rinoceronte con due corna...

Padrone   ... con due corna...

Filosofo  ... e la seconda volta un rinoceronte con un corno...

Droghiere... con un corno...

Filosofo   ... questo non sarebbe ancora un fatto probante.

Padrone   E perché?

Droghiera   Aaah! Non ci capisco più niente!

Droghiere   Lo sappiamo, lo sappiamo.

La droghiera alza le spalle e rientra.

Filosofo  In realtà, signori... in realtà può darsi benissimo che, dopo il primo passaggio, il rinoceronte bicorneabbia perduto un corno, e quindi che quello di dopo sia quello di prima.

Berenger      Capisco, ma...

Vecchio signore (interrompe Berenger) Non interrompa, prego.

FilosofoOppure è possibile che due rinoceronti bicorni abbiano perduto entrambi uno dei loro corni.

Vecchio signoreÈ possibile.

Padrone   Ma certo che è possibile!

DroghiereE perché no?

Berenger      Sì, però...

Vecchio signore (interrompe Berenger) Non interrompa, prego.

FilosofoSe riuscite a dimostrare di aver visto la prima volta un rinoceronte a un corno, asiatico o africano, poco importa...

Vecchio signore  (ripete) Asiatico o africano...                      

Filosofo   ... e la seconda volta un rinoceronte a due corna...

Vecchio signore ... a due corna...

Filosofo   ... africano o asiatico, poco importa...

Droghiere   ...africano o asiatico...

Filosofo  (prosegue la dimostrazione) ...a questo punto potremmo concludere che abbiamo a che fare con due distinti rinoceronti, perché è molto improbabile che un secondo corno abbia potuto spuntare in modo visibile sul muso di un rinoceronte in pochi minuti.

Vecchio signoreGià, è improbabile.

Filosofo (felice del suo ragionamento) Questo trasformerebbe un rinoceronte asiatico o africano...

Vecchio signore ... asiatico o africano...

Filosofo   ... in un rinoceronte africano o asiatico.

Padrone   ... africano o asiatico.

Droghiere   Giusto, giusto!

FilosofoOra, in termini di stretta logica, ciò non è possibile, perché una stessa creatura non può essere nata contem­poraneamente in due luoghi diversi.

Vecchio signore ... e neppure in un secondo tempo.

Filosofo   (al vecchio signore) Be', questo è ancora da dimostrare.

Berenger   Sì, è chiaro, ma non risolve la faccenda.

Filosofo (a Berenger, con un sorriso da esperto) Ma è evidente, caro signore: però adesso il problema può dirsi impostato in modo esatto.

Vecchio signorePerfettamente logico.

Filosofo (saluta con il cappello) A rivederci, signori. (Si volta ed esce a sinistra, seguito dal vecchio signore).

Vecchio signore A rivederci, signori. (Saluta con il cappello ed esce dietro al filosofo).

DroghiereMah... forse sarà logico...

Nello stesso momento esce dal caffè la casalinga in lutto stretto. Tiene in mano la cassettina. È seguita da Daisy e dalla cameriera, in fila, come per un funerale. Il corteo si dirige verso l'uscita, a destra.

... forse sarà logico, però, come possiamo permettere che i nostri gatti vengano schiacciati sotto i nostri occhi da rinoceronti con un corno, o due corni, asiatici o afri­cani? (Indica con un gesto teatrale il corteo che sta uscendo).

Padrone   Ha ragione! È vero! Non possiamo permettere che i nostri gatti siano schiacciati da rinoceronti o da qualsiasi altro animale!

DroghiereNo! Non possiamo permetterlo!

Droghiera (si affaccia alla porta del negozio. Al marito) Su, entra! I clienti stanno per arrivare!

Droghiere (va verso il negozio) No, non possiamo permetterlo!

Berenger      (tra sé) Non avrei dovuto litigare con Jean! (Al padrone) Mi porti un cognac. Doppio!

Padrone   Sì, subito. (Entra nel caffè per prendere il cognac).

Berenger      (c. s.) Non avrei dovuto, non avrei dovuto perdere la pazienza!

Riappare il padrone con il doppio cognac.

Ah... mi sento troppo agitato adesso per andare al mu­seo. Vuol dire che mi istruirò un'altra volta... (Prende il cognac e lo beve di un fiato).

Sipario.


Atto secondo

Ufficio di un organismo statale o di una ditta privata: un'im­portante casa di edizioni legali, per esempio. Al centro, sul fondo, una grande porta a due battenti, sovrastata da un car­tello: capo ufficio. A sinistra, sul fondo, presso la porta del capufficio, il tavolino di Daisy con la macchina da scrivere. Ap­poggiato al muro di sinistra, tra la porta che dà sulla scala e il tavolino di Daisy, un secondo tavolo sul quale di solito vi sono i cosiddetti « fogli di presenza » che gli impiegati devono firmare arrivando in ufficio. Poi, a sinistra, sempre in primo piano, la porta che dà sulla scala. Si vedono gli ultimi scalini, la parte terminale della ringhiera ed il pianerottolo. In primo piano, un tavolo con due sedie. Sul tavolo, bozze di stampa, calamaio e portapenne: è il tavolo di lavoro di Botard e Berenger. Questi occupa la sedia sinistra, mentre Botard occupa la sedia destra. A destra, vicino alla parete, un altro tavolo, più grande, ret­tangolare, anch'esso ingombro di fogli, bozze di stampa, ecc, e due sedie (più belle e « imponenti ») l'una di fronte all'altra. È il tavolo di lavoro di Dudard e del signor Boeuf. Dudard oc­cupa la sedia contro la parete, in modo da avere gli impiegati di fronte. Svolge la mansione di vice capufficio. Tra la porta di fondo e la parete di destra, c'è una finestra. Nel caso che il teatro disponesse di una fossa d'orchestra, sarebbe meglio piaz­zare il semplice riquadro di una finestra in primissimo piano, di fronte al pubblico. Sul fondo, nell'angolo di destra, un attac­capanni sul quale sono appesi camici grigi e vecchie giacche. L'attaccapanni potrebbe eventualmente essere piazzato verso il proscenio, vicino alla parete di destra.

Contro le pareti, scaffali di libri e pratiche polverose. Sul fondo, a sinistra, sopra gli scaffali, alcuni cartelli: giurisprudenza, codici. Sulla parete destra, lievemente obliqua, altri cartelli: gazzetta ufficiale, leggi fiscali. Sopra la porta del capouf­ficio, un orologio che segna le nove e tre minuti. All'alzarsi del sipario, Dudard è in piedi presso la sua sedia, profilo destro verso il pubblico; dall'altra parte del tavolo, pro­filo sinistro verso il pubblico, sta Botard. In mezzo a loro, anch'egli vicino al tavolo, sta il capufficio, di faccia al pubblico.

Subito dietro di lui, verso sinistra, vediamo Daisy che tiene in mano alcuni fogli dattiloscritti. Sul tavolo intorno al quale stanno i tre personaggi vi sono delle bozze di stampa e un grande quotidiano spiegato.

All'alzarsi del sipario - per alcuni istanti - i personaggi riman­gono immobili nella posizione in cui verrà recitata la prima bat-tuta, formando un  « quadro  vivente ».  La  stessa immobilità l'avremo già osservata all'inizio del primo atto.

Il capufficio: sulla cinquantina, vestito con cura, completo blu scuro, nastrino rosso della Legion d'onore all'occhiello, col­letto duro, cravatta nera, grossi baffi neri. È il signor Papillon.

Dudard: trentacinquenne. Completo grigio, mezze maniche di lustrino nero per proteggere la giacca. Può portare gli occhiali. Statura alta, genere impiegato (quadro) che fa carriera. Se il ca­pufficio diventasse vicedirettore, sarebbe senz'altro lui che pas­serebbe al suo posto. È antipatico a Botard.

 

Botard: maestro in pensione. Viso orgoglioso, baffetti bianchi. Ha una sessantina d'anni ma li porta bene. È il tipo che sa tutto e ha capito tutto. Porta un basco in testa, indossa un lungo camice da lavoro, occhiali, naso pronunciato, matita all'orecchio e mezze maniche di lustrino.

Daisy: giovane e bionda.

In seguito:   la signora Boeuf:   dai quaranta ai cinquant'anni, grassa e sfiatata.

Scena prima

All'alzarsi del sipario, i personaggi, come si è detto, stanno im­mobili intorno al tavolo di destra. Il capufficio ha un indice teso verso il giornale. Dudard fa mimica con il braccio a Bo­tard come se gli dicesse: « Ecco, vede anche lei! » Botard, mani in tasca, sorriso incredulo, ha l'aria di dire: « A me non me la fanno». Daisy, con i fogli dattiloscritti in mano, sembra ap-

provare con lo sguardo Dudard. Dopo qualche istante, Botard comincia a parlare.

Botard    Storie! Storie che non stanno né in cielo né in terra!

Daisy        Ma se le dico che l'ho visto, l'ho visto coi miei occhi, il rinoceronte!

Dudard   E poi, c'è anche scritto sul giornale, qui, chiaro come il sole, non può negarlo.

Botard   (con tono di profondo disprezzo) Pff!

Dudard    Se le dico che c'è scritto, è perché c'è scritto: ecco, guardi qui, nella rubrica « Incidenti ai gatti »! Lo legga lei, signor capufficio!

Il signor Papillon (legge) « Ieri, domenica, nella nostra città, in piazza della Chiesa, all'ora dell'aperitivo, un gatto è rimasto schiacciato sotto le zampe di un pachiderma ».

Daisy        Be', non è proprio successo in piazza della Chiesa.

Papillon  Tutto qui: non ci sono altri particolari.

Botard   Pff!

Dudard    È più che sufficiente, è chiarissimo.

Botard    Storie! Io non credo a quello che scrivono i giornalisti. Sono tutti una manica di bugiardi... e non lo affermo per sentito dire! Perciò credo soltanto a quello che vedo con i miei occhi. Inoltre, quale maestro pensionato, amo le cose esatte, scientificamente dimostrate, perché mi vanto di avere uno spirito metodico, preciso!

Dudard   Ma che diavolo c'entra lo spirito metodico?

Daisy        (a Botard) A me pare, signor Botard, che la notizia sia molto precisa.

Botard    Lei la chiama precisione quella? Ma andiamo! Intanto: di che genere di pachiderma si tratta? E poi, che cosa intende questo redattore della rubrica degli incidenti ai gatti, quando parla di un pachiderma? Non lo spiega. E che cosa intende per gatto?

Dudard   Ma tutti sanno che cos'è un gatto.

Botard    Già, ma si tratta di un gatto o di una gatta? E di che colore? Di che razza? Con questo vi prego di credere che non sono razzista, anzi, sono antirazzista.

Papillon  Ma signor Botard, non si tratta di questo: che c'entra qui il razzismo?

Botard   Signor capufficio, voglia scusarmi. Lei non può negare che il razzismo sia uno dei più grandi flagelli del nostro secolo.

Dudard    Sì, certo, siamo tutti d'accordo, ma qui non si tratta di...

Botard    Signor Dudard, non è un argomento da prendersi alla leggera. Recenti fatti storici ci hanno purtroppo dimostrato quanto il razzismo...

Dudard   Torno a dirle che non si tratta di questo.

Botard   Nondimeno...

Papillon  Il razzismo è fuori discussione.

Botard   Ogni occasione è buona per condannarlo.

Daisy        Ma se le abbiamo detto che qui nessuno è razzista! Lei sposta il problema; si tratta semplicemente di un gatto schiacciato da un pachiderma, un rinoceronte, nel caso specifico.

Botard    Non sono nato nel Mezzogiorno, io. I meridionali hanno troppa fantasia: magari era solo una pulce schiacciata da un topolino. E diventa una montagna.

Papillon (a Dudard) Calma, cerchiamo di mettere a fuoco la cosa: dunque lei afferma di aver visto con i suoi occhi il rinoceronte passeggiare tranquillamente per le vie del centro.

Daisy        Non passeggiava, correva.

Dudard  Sarà: io personalmente non l'ho visto. Però, alcune per­sone di assoluta fiducia sostengono...

Botard    (interrompendo) ... ecco, lo vede anche lei che sono delle storie; non c'è dubbio, è tutta una montatura dei giornalisti che non sanno più cosa inventare per ven­dere la loro cartaccia, per servire i padroni di cui sono soltanto i miserabili lacchè! E lei presta fede a simili invenzioni? Proprio lei, signor Dudard, un giurista, un dottore in legge... Mi permetta di ridere. Ah! Ah! Ah!

Daisy        Ma io l'ho visto, l'ho proprio visto, il rinoceronte! Ci metto la mano sul fuoco!

Botard    Ma mi faccia il santo piacere! La credevo una ragazza seria.

Daisy        Signor Botarci, le garantisco che non soffro di allucina­zioni! E poi non ero sola, c'erano altri vicino a me che stavano a guardare.

Botard    Pff! Chissà cosa guardavano in quel momento! Perdi­giorno, gente che non ha niente da fare, che non lavora, degli sfaccendati!

Dudard   Ma ieri era domenica.

Botard    E con questo? Io lavoro anche di domenica. Non do retta ai preti che ci mandano in chiesa per impedirci di fare il nostro dovere e di guadagnarci il pane col sudore della fronte!

Papillon   (indignato) Oh!

Botard    Mi scusi, non volevo offenderla. Se disprezzo le reli­gioni, tuttavia non le disistimo... (A Daisy) Prima di tutto: sa dirmi lei cos'è un rinoceronte?

Daisy        Be', è un... un enorme bestione orrendo!

Botard    Ah, così! E lei si vanta di avere idee esatte! Il rinoce­ronte, cara signorina...

PapillonSpero che non vorrà tenerci un corso sui rinoceronti. Questa non è una scuola!

Botard   È un vero peccato!

Durante le ultime battute si vede Berenger che sale con aria cir­cospetta gli ultimi gradini della scala, socchiude con prudenza la porta dell'ufficio che, aprendosi, scopre un cartello:  edizioni legali.

Papillon (a Daisy) Be': sono le nove passate, signorina. Può riti­rare il foglio di presenza. E tanto peggio per i ritardatari!

Daisy va verso il tavolo per prendere il foglio di presenza e nello stesso istante entra Berenger.

Berenger      (entra, mentre gli altri continuano a discutere. A Daisy) Buongiorno, signorina. Sono in ritardo?

Botard   (a Dudard e al signor Papillon) Io mi batto contro l'ignoranza, ovunque essa si trovi!

Daisy        (a Berenger) Faccia presto, signor Berenger.

Botard   ... nei palazzi e nelle catapecchie!

Daisy        (a Berenger) Presto, firmi il foglio di presenza!

Berenger   Sì, grazie. Il capo è già arrivato?

Daisy        (un dito sulle labbra; a Berenger) Ssst! È di là!

Berenger      Come? così presto! (Si precipita a firmare il foglio di presenza).

Botard     ... ovunque, vi dico! Anche nelle case editrici!

Papillon (a Botard) Signor Botard, credo proprio che...

Berenger      (firmando, a Daisy) ... eppure non sono ancora le nove e dieci...

Papillon (a Botard)  Mi pare che lei stia passando i limiti della buona educazione.

Dudard   (a Papillon) Sono d'accordo con lei, signore.

Papillon (a Botard) Non mi dirà, spero, che il signor Dudard, mio collaboratore e suo collega, laureato in legge ed ottimo impiegato, è un ignorante?

Botard    Non arriverò al punto di sostenere una cosa simile. Però, signore, l'Università e le varie facoltà non sono certo all'altezza della Scuola comunale.

Papillon   (a Daisy) Allora, signorina, questo foglio di presenza?

Daisy        (al signor Papillon) Eccolo. (Glielo porge).

Papillon  (a Berenger) Oh, ecco Berenger.

Botard    (a Dudard) Ciò che manca agli universitari sono le idee chiare, lo spirito di osservazione e il senso pratico.

Dudard   (a Botard) Ma mi faccia il piacere!

Berenger (al signor Papillon) Buongiorno, signor Papillon. (Va verso il capufficio che è di spalle, gira intorno al gruppo dei tre personaggi, e sì dirige verso il portamantelli. Prende il camice da ufficio, oppure una vecchia giacca, e appende al posto la giacca che indossa. Quindi va verso il suo tavolo, apre il cassetto e ne estrae le mezzemaniche di lustrino nero. Saluta) Buongiorno, signor Papillon! Scusi se ho rischiato di essere in ritardo. Sal­ve, Dudard! 'giorno, signor Botard!

Papillon (a Berenger) Dica un po', Berenger: li ha visti anche lei i rinoceronti?

Botard    (a Dudard) Gli universitari hanno una mentalità astratta e non sanno niente della vita.

Dudard   (a Botard) Sciocchezze!

Berenger      (continua a riordinare la sua cancelleria con eccesso di zelo, come per giustificare il ritardo. Al signor Papillon, con tono naturale) Ma certo, si capisce che l'ho visto.

Botard   (si volta) Pff!

Daisy        Ecco, vede che non sono pazza!

Botard    (ironico) Oh, il signor Berenger lo dice per galanteria... perché è un tipo galante, lui, anche se non ne ha per niente l'aspetto.

Dudard   Perché? È una galanteria dire di aver visto un rinoceronte?

Botard    Certo, quando si tratta di sostenere le stravaganti asser­zioni della signorina Daisy. Tutti sono galanti con la signorina, è evidente!

PapillonSignor Botard, lei adesso è in malafede: il signor Be­renger non ha partecipato alla discussione. È appena arrivato.

Berenger      (a Daisy) Vero che l'ha visto anche lei? Tutti l'abbiamo visto.

Botard    Pff! Sì, sì, è possibile che il signor Berenger abbia cre­duto di vedere un rinoceronte. (Fa segno, dietro le spalle di Berenger, che egli beve) Ha una tale fantasia! Per lui, tutto è possibile!

Berenger      Non ero solo quando ho visto il rinoceronte! O, forse, i due rinoceronti.

Botard   Ah, ecco! Non sa nemmeno quanti ne ha visti!

Berenger      Vicino a me c'era anche il mio amico Jean... e tanta altra gente.

Botard   (a Berenger) Parola d'onore, lei dà i numeri!

Daisy        Era un rinoceronte unicorne.

Botard   Pff! Si sono messi d'accordo tutti e due per prenderci in giro!

Dudard   (a Daisy) Io credo invece che avesse due corna; almeno, a quanto ho sentito dire.

Botard   Be', sarebbe meglio se vi metteste d'accordo.

Papillon  (guarda l'ora) Ora basta, signori, il tempo passa.

Botard   Ma lei, signor Berenger, ne ha visto uno o due di rinoceronti?

Berenger      Ehm... io, ecco...

Botard    (interrompendo) Che vi dicevo? non lo sa. La signo­rina Daisy afferma di aver visto un rinoceronte uni­corne. Ma il suo rinoceronte, signor Berenger - sempre che si tratti di un rinoceronte - era unicorne o bicorne?

Berenger      Vede, il problema sta tutto lì.

Botard   È una storia che puzza.

Daisy        Oh!

Botard   Non voglio offendervi, ma non credo alla vostra storia. Non si sono mai visti dei rinoceronti, da queste parti!

Dudard   Basta una volta sola!

Botard    Mai visti, ripeto! Tranne che sulle illustrazioni dei libri di testo... Uhm... mi pare proprio che questi rinoceronti siano sbocciati dalla fantasia di qualche donnicciola.

Berenger      L'espressione « sbocciati » riferita a dei rinoceronti mi sembra a dir poco impropria.

Dudard    Giusto!

Botard    (continua) Il vostro rinoceronte è un mito!

Daisy        Un mito?

Papillon  Signori... prego, è ora di mettersi a lavorare.

Botard    (a Daisy) Precisamente: un mito! Come la storia dei dischi volanti!

Dudard   In ogni modo non vorrà negare che c'è stato un gatto schiacciato.

Berenger      Certo, posso testimoniare...

Dudard   (indica Berenger) ... e dei testimoni...

Botard   Bella testimonianza!

Papillon  Signori... signori!

Botard    (a Dudard) Un fenomeno di psicosi collettiva, caro Du­dard: psi-co-si col-let-ti-va! Proprio come la religione, che è l'oppio dei popoli!

Daisy        Se lo vuoi sapere, io ci credo ai dischi volanti!

Botard   Pff!

Papillon (burocratico) Adesso basta, qui si esagera. Avete chiac­chierato abbastanza! Rinoceronti o no, dischi volanti o no, è ora di lavorare! La ditta non vi paga lo stipendio per discutere sugli animali veri o immaginari!

Botard   Ecco, immaginari!

Dudard    Veri!

Daisy        Verissimi!

PapillonSignori... vi richiamo ancora una volta all'ordine: que­sto è l'orario di ufficio. Permettetemi di troncare questa sterile discussione e...

Botard    (offeso, ironico) D'accordo, signor Papillon. Lei è il ca­pufficio. Se ce lo ordina, siamo costretti a ubbidire.

PapillonSignori, sbrigatevi. Non vorrete mettermi nella spiace­vole necessità di applicarvi una multa sullo stipendio. Signor Dudard: a che punto è col commento alla legge sulla repressione antialcolica?

Dudard    Sto correggendolo, signor capufficio.

PapillonBenissimo, cerchi di finirlo. È urgente. Quanto a voi, Berenger e Botard, avete finito di correggere le bozze della legislazione sui vini d'origine controllata?

Berenger      Non ancora, signor Papillon. Ma è a buon punto.

PapillonBene. Finite di correggerla insieme: la tipografia l'a­spetta. Lei signorina, mi porti le lettere da firmare nel mio ufficio. Le batta subito.

Daisy        Sì, sìgnor Papillon. (Va al suo tavolo e comincia a battere a macchina).

Dudard siede al tavolo e comincia a scrivere. Berenger e Bo­tard vanno ai loro tavolini (entrambi di profilo rispetto al pub­blico). Botard volta le spalle alla porta della scala: è di cattivo umore. Berenger è apatico e come intontito. Sistema le bozze sul tavolo, poi passa il manoscritto a Botard che siede brontolando.

Papillon  A tra poco, signori. (Esce sbattendo la porta).

Berenger      (legge e corregge, mentre Botard con la matita in mano segue il manoscritto) Legislazione sui vini d'origine controllata. (Corregge) Origine, non orgine. Control­lata con due elle. (Corregge) Dunque: « I vini muniti di marchio d'origine controllata della regione bor­dolese, zona meridionale delle colline settentrionali... »

Botard   Ferma! Qui non c'è. Hanno saltato una riga.

Berenger      Allora rileggo. «I vini muniti di "marchio d'origine controllata"... »

Dudard    (a Berenger e Botard) Più piano, per piacere! Non si sente che voi, mi impedite di concentrarmi sul mio lavoro!

Botard    (a Dudard, sopra la testa di Berenger chino sulle bozze, riprende la discussione interrotta, mentre Berenger per qualche attimo corregge da solo e legge muovendo le labbra senza emettere la voce, come se pregasse) È una mistificazione!

Dudard   Che cos'è una mistificazione?

Botard    La storia del rinoceronte, perdiana! È la vostra propaganda che mette in giro queste voci!

Dudard   (interrompe il lavoro) Che propaganda?

Berenger      (interviene) Non è affatto propaganda.

Daisy        (smettendo di scrivere a macchina) Se vi dico che l'ho visto... l'ho visto, lo abbiamo visto!

Dudard    (a Botard) Ma non mi faccia ridere! Propaganda? E a che scopo?

Botard    (a Dudard) Ma andiamo! Lei lo sa meglio di me! Non faccia l'ingenuo!

Dudard    (aspro) In tutti i caSì, sìgnor Botard, non sono pagato dai Pontenegrini, io!

Botard    (rosso di collera, pugno sul tavolo) È una calunnia! Non le permetto di... (Scatta in piedi).

Berenger      (calmandolo) Via, signor Botard...

Daisy        Via, signor Botard...

Botard   Ripeto che è un'infame calunnia!

La porta dell'ufficio si apre improvvisamente. Botard e Dudard si siedono di scatto. Entra il capufficio che tiene in mano il fo­glio di presenza. Alla sua vista, silenzio improvviso.

Papillon  Il signor Boeuf non è venuto in ufficio, oggi?

Berenger      (si guarda intorno) Già... effettivamente non c'è.

Papillon  Naturalmente! Proprio quando avevo bisogno di lui... (A Daisy) Non ha avvisato se era malato o aveva qual-che motivo preciso?

Daisy        No, non m'ha detto niente.

Papillon  (apre del tutto la porta ed entra) Ah, ma se continua così, lo metto alla porta! Non è la prima volta che mi fa questo scherzo. Sinora ho chiuso un occhio, ma adesso basta! Qualcuno di voi, per caso, ha la chiave della sua scrivania?

Nel medesimo istante entra la signora Boeuf. Durante l'ultima battuta la si era vista salire in gran fretta gli ultimi gradini della scala. Apre bruscamente la porta. È ansante e agitata.

Berenger      Ah, c'è la signora Boeuf.

Daisy        Buongiorno, signora.

Signora Boeuf  Buongiorno, signor Papillon. Signorina... signori...

Papillon  Allora: e suo marito? Che cosa gli è successo? Non si degna più di venire in ufficio?

Signora   (ansante) La... la prego di scusarlo... di scusare mio marito... è andato a passare la domenica dai suoi... ha un po' d'influenza e...

Papillon  Ah! Un po' d'influenza!

Signora   (porge un biglietto al capufficio) Appunto... ecco: mi ha mandato questo telegramma... dice che spera di ritor­nare mercoledì... (Quasi barcollando) ...per favore... un bicchier d'acqua... una sedia...

Berenger sposta al centro della scena la sua sedia. La signora Boeuf si accascia.

Papillon  (a Daisy) Le dia un bicchier d'acqua!

Daisy        Subito! (Le porta un bicchier d'acqua e la fa bere, durante le battute che seguono).

Dudard    (si gira verso Berenger) Venga a vedere. Presto, venga a vederlo il suo rinoceronte!

Berenger      Vengo. (Accorre verso il pianerottolo seguito da Daisy che lascia la signora Boeuf).

PapillonEcco... lei che è l'esperto in rinoceronti: guardi, guardi...

Berenger      Non sono affatto un esperto in rinoceronti.

Daisy        Oh... ma guardate come gira in tondo! Si direbbe che soffre... ma che vuole?

Dudard    Già: pare proprio che cerchi qualcuno. (A Botard) Lo vede, adesso?

Botard   (seccato) Effettivamente, sì, lo vedo.

Daisy        (al signor Papillon) Che sia un'allucinazione collettiva? Forse anche lei...

Botard   Non ho mai allucinazioni, io. Però, c'è qualcosa là sotto...

Dudard   (a Botard) Che cosa?

Papillon (a Berenger) È proprio un rinoceronte, vero? Lo stesso che lei ha visto ieri? (A Daisy) Quello che ha visto anche lei?

Daisy        Sì, certo.

Berenger      Ha due corna. È un rinoceronte africano, anzi, asia­tico. Ah! Adesso non so più se il rinoceronte africano ha un corno o due!

PapillonCi ha demolito la scala; tanto meglio! Me l'aspettavo che crollasse! Sono anni che chiedo alla direzione gene­rale di sostituire questa vecchia scala tarlata con dei gradini di cemento...

Dudard    Proprio la settimana scorsa ho spedito un ennesimo rapporto, signor capufficio.

PapillonDoveva succedere, doveva succedere. C'era da aspettarselo. I fatti mi hanno dato ragione.

Dudard   (al capufficio) Forse soffre di cuore.

Papillon  È molto spiacevole che il signor Boeuf sia assente, ma non è il caso che se la prenda così, signora!

Signora   (con sforzo) È che... che sono stata inseguita da un rinoceronte da casa fino a qui.

Berenger      Unicorne o bicorne?

Botard    (risata) Non fatemi ridere!

Dudard    (indignato) La lasci dire!

Signora   (con sforzo, cerca di precisare e col braccio indica la scala) Sì... è ancora là, nell'entrata. Ha l'aria di voler salire la scala...

Nello stesso istante si sente un frastuono. Si vedono gli scalini crollare, come sotto un peso enorme. Si sentono, provenienti dal basso, dei barriti lancinanti. La polvere provocata dal crollo si dissolve, e si vede il pianerottolo sospeso sul vuoto.

Daisy        Mio Dio!

Signora   (seduta, una mano sul cuore) Oh!!! Ah!!!

Berenger (le si avvicina e cerca di rianimarla. Le dà schiaffetti sulle guance, la fa bere) Calma, signora, calma!

Frattanto il signor Papillon, Dudard e Botard corrono verso sinistra, spalancano la porta urtandosi e si ritrovano sul piane­rottolo tra la polvere. Continuano dal basso i barriti.

Daisy        (alla signora Boeuf) Va meglio adesso, signora?

Papillon  (sul pianerottolo) Eccolo là! Guardate che bestione!

Botard   (sul pianerottolo) Io non vedo niente. È un'illusione ottica.

Dudard   Ma sì, guardi laggiù! gira in tondo...

Papillon  Signori, non c'è dubbio: gira in tondo.

Dudard    Non può salire... già, se non c'è più la scala!

Botard    Strano, molto strano. Che vorrà dire?

Daisy        (ironica, al signor Papillon) Come sempre.

Berenger      (a Dudard e al signor Papillon) Dunque... dunque: la bicornutezza caratterizza il rinoceronte asiatico o afri­cano? L'unicornutezza caratterizza quello africano o quello asiatico?...

Daisy        Povera bestia! Continua a barrire e a girare in tondo. Ma che cosa vorrà? Oh, ecco: adesso ci sta guar­dando... (Rivolta al rinoceronte) ...micio, micio, micio...

Dudard   Non vorrà accarezzarlo? Non è certo domestico. Papillon   In ogni modo è fuori portata.

Il rinoceronte barrisce in modo sinistro.

Daisy        Povera bestia!

Berenger      (a Botard, continuando) ... lei che sa tante cose, non crede invece che sia la bicornutezza a...

PapillonLei sta divagando, caro Berenger, lei è ancora intontito. Il signor Botard ha ragione.

Botard   Com'è possibile che in un paese civile...

Daisy        (a Botard) Va bene. Ma insomma: esiste o non esiste?

Botard    È un'infame macchinazione! (Con gesto oratorio, punta il dito verso Dudard e lo fulmina con lo sguardo) ... e la colpa è sua!

Dudard   Perché mia e non sua?

Botard    (in collera) Colpa mia? Eh già, sono sempre gli oppressi a pagare. Ma se dipendesse da me...

Papillon  Ah, siamo conciati bene, senza scala!

Daisy        (a Botard e Dudard) Signori, calmatevi, non è il momento!

Papillon  È tutta colpa della direzione generale!

Daisy        Può darsi. Ma adesso come facciamo a scendere?

Papillon  (accarezza galantemente la guancia alla dattilografa) La prendo tra le braccia, e poi saltiamo tutti e due, stretti stretti...

Daisy        (respinge la mano del capufficio) Non mi metta in faccia le sue mani rugose, razza di pachiderma!

Papillon  Ma scherzavo.

Frattanto, mentre il rinoceronte continua a barrire, la signora Boeuf si alza e raggiunge il gruppo sul pianerottolo. Fissa atten­tamente per qualche istante il rinoceronte che gira in tondo, poi improvvisamente lancia un grido angosciato.

Signora   Mio Dio! È mai possibile!

Berenger      (alla signora Boeuf) Che c'è signora?

Signora   È mio marito! Boeuf, mio povero Boeuf, che cosa ti è successo?!

Daisy        (alla signora Boeuf) È proprio sicura?

Signora         Sì, lo riconosco, lo riconosco!

Il rinoceronte risponde con un barrito violento ma affettuoso.

Papillon  Ah, ma questa volta lo metto alla porta sul serio!

Daisy        È assicurato almeno?

Botard    (tra sé) Ora capisco tutto!

Daisy        Come farà l'assicurazione a pagare in un caso simile?

Signora   Ah, mio Dio! (Sviene tra le braccia di Berenger).

Berenger      Oh!

Daisy        Presto, portiamola di là.

Berenger, aiutato da Dudard e da Daisy, sorregge la signora Boeuf sino alla sedia e l'aiuta a sedersi.

(Mentre la sorregge) Non se la prenda così, signora Boeuf...

Signora         Ah! Oh! Oh!

Daisy        A tutto c'è rimedio...

Papillon  (a Dudard, burocratico) Giuridicamente, come ci si può regolare?

Dudard    Mah! Sentiremo il contenzioso.

Botard    (segue il gruppo, alzando le braccia al cielo) Cose da pazzi! Che società!

Tutti circondano la signora Boeuf e cercano di farla rinvenire. Ella apre gli occhi, sospira, e li richiude. Nuovi tentativi di ria­nimarla mentre Botard parla.

In ogni modo, state sicuri che riferirò il fatto al mio Comitato d'azione. Non abbandonerò mai un collega in difficoltà. Parlerò.

Signora  (rinviene) Poverino, non posso lasciarlo in quello stato, povero Boeuf!

Un forte barrito.

Mi chiama, sentite? Mi chiama!

Daisy          Va meglio, signora Boeuf?

Dudard   Sì, sta riprendendosi.

Botard    (alla signora Boeuf) Stia certa dell'appoggio della no­stra delegazione. Perché non s'iscrive al Comitato d'azione?

Papillon  E intanto il lavoro subirà un ulteriore ritardo. Signorina Daisy, la corrispondenza!

Daisy        Prima di tutto mi piacerebbe sapere come faremo ad uscire di qui.

Papillon  Certo, è un problema... Ah, dalla finestra!

Si dirigono tutti verso la finestra, tranne la signora Boeuf ab­bandonata sulla sedia, e Botard, entrambi al centro del palcoscenico.

Botard   So che cosa c'è sotto tutto questo! Daisy   (alla finestra) Ma è troppo alto!

Berenger      Forse sarà meglio chiamare i pompieri, vengano loro con le scale...

Papillon  Signorina Daisy, vada subito nel mio ufficio e telefoni ai pompieri. (Accenna a seguirla).

Daisy        (esce dal fondo. Si sente la sua voce al telefono) Pronto, pronto: i pompieri?

Segue un brusio indistinto di telefonata.

Signora   (si alza di scatto) Non posso lasciarlo così... non posso lasciarlo così!

Papillon  Se voleva divorziare, adesso ha un motivo validissimo.

Dudard   Già, daranno senz'altro la colpa a lui!

Signora   No!  Poveretto!  Non è il momento!  Non posso la­sciare mio marito in queste condizioni.

Botard   Lei è una brava moglie.

Dudard   (alla signora Boeuf) Ma che cosa farà?

Correndo verso destra, la signora Boeuf si porta sul pianerottolo.

Berenger      Attenzione!

Signora   Non posso lasciarlo, non posso lasciarlo!

Dudard    Fermatela!

Signora   Me lo riporto a casa!

Papillon  Ma che vuol fare?

Signora   (si dispone a saltare dal pianerottolo) Vengo, caro, vengo!

Berenger      Vuole buttarsi giù!

Botard    È suo dovere.

Dudard    Non ci riuscirà!

Tutti - tranne Daisy che continua a telefonare - sono ora presso la signora Boeuf, sul pianerottolo. La signora Boeuf spicca il salto.

Berenger      (che ha tentato di trattenerla, rimane con la sottana della signora Boeuf in mano) Non ho potuto fermarla!

Si sentono dal basso teneri barriti del rinoceronte.

Signora   Eccomi, caro, eccomi!

Dudard   Gli è caduta proprio in groppa, a cavalcioni.

Botard   Che amazzone!

Voce della signora Boeuf A casa, caro, torniamo a casa!

Dudard   Se ne vanno al galoppo.

Dudard, Berenger, Botard e il signor Papillon ritornano sul pal­coscenico e si avvicinano alla finestra.

Berenger      Come corrono!

Dudard   (al signor Papillon) Ha mai cavalcato, lei?

PapillonUna volta... un poco... (Si gira verso la porta di fondo. A Dudard) Non ha ancora finito di telefonare?

Berenger (segue il rinoceronte con lo sguardo) Ormai sono lontani... non si vedono più.

Daisy        (esce dall'ufficio) Non è stato facile far venire i pompieri.

Botard   (come a conclusione di un monologo interiore) È una vergogna!

Daisy        Non è stato facile far venire i pompieri.

Papillon  Ci sono molti incendi?

BerengerSono anch'io d'accordo con il signor Botard. Il com­portamento della signora Boeuf è veramente commo­vente, ha dimostrato che è una donna di gran cuore.

Papillon  Già, e io ho un impiegato di meno e dovrò sostituirlo.

Berenger      Crede proprio che non potrà più esserci utile?

Daisy        No, signor Papillon, non si tratta di incendi, i pom­pieri sono stati chiamati per via di altri rinoceronti.

Berenger      Altri rinoceronti?!

Dudard   Come, per altri rinoceronti?

Daisy        Sì, per altri rinoceronti. Sono segnalati in molti po­sti: stamattina ce n'erano sette, ora ce ne sono diciassette.

Botard   Eh, che vi dicevo?

Daisy        ... anzi, di segnalati ce ne sono trentadue. Non è ancora una cifra ufficiale, ma sarà certamente confermata.

Botard   (meno convinto) Pff! Le solite esagerazioni!

Papillon  Ma verranno bene a tirarci fuori di qui, spero!

Berenger      Io ho già fame.

Daisy        Sì, stanno arrivando, i pompieri sono già partiti.

Papillon  E il lavoro?

Dudard   Io ritengo che questo sia un caso di forza maggiore.

Papillon  Dovremo ricuperare le ore di lavoro perdute.

Dudard   E così, signor Botard, continua sempre a negare la realtà rinocerontica?

Botard   Il nostro comitato si oppone al licenziamento senza preavviso del signor Boeuf.

Papillon  Non spetta a me di decidere. Esamineremo le risultanze dell'istruttoria.

Botard   (a Dudard) No, signor Dudard, non nego la realtà rinocerontica. Non l'ho mai negata.

Dudard   Lei è in malafede!

Daisy        Ah, sì! Proprio in malafede!

Botard   Ripeto che non l'ho mai negata. Volevo solo rendermi conto della portata effettiva del fatto. Quanto a me, so bene come regolarmi. Non mi limito a prendere atto del fenomeno. Lo esamino e posso anche spiegarlo. Per lo meno, potrei spiegarlo, se...

Dudard    E allora ce lo spieghi anche a noi.

Daisy        Sì, ce lo spieghi, signor Botard.

Papillon  Lo spieghi, dato che i suoi colleghi glielo chiedono.

Botard   Ve lo spiegherò...

Dudard   Sentiamo.                                                                        

Daisy        Sono proprio curiosa.

Botard     ... ve lo spiegherò... un giorno...

Dudard   E perché non adesso?

Botard   (al signor Papillon, minaccioso) Comunque, avremo    presto una spiegazione noi due! (A tutti) Conosco il  movente del fatto e il retroscena di tutta la faccenda!   

Daisy        Che retroscena?                                                              

Berenger      Che retroscena?

Dudard   Mi piacerebbe proprio vederlo, questo retroscena...         

Botard   (riprende, terribile) E non è tutto! Conosco anche i    nomi dei responsabili, uno per uno. E dei traditori. Non sono un ingenuo: vi rivelerò il movente preciso e il significato di questa provocazione! E toglierò la maschera ai provocatori!

Berenger      Ma chi può avere interesse a...?

Dudard   (a Botard) Non divaghi, signor Botard.

Papillon  Sì, non divaghiamo.

Botard   Come? Io divago? Divago?

Daisy        Un momento fa lei ci accusava di soffrire di allucinazioni.

Botard   Prima, sì. Ma adesso l'allucinazione si è trasformata in provocazione.

Dudard   Ah!  E, secondo lei, com'è successo questo cambiamento?                              

Botard    Ma è il segreto di Pulcinella! Signori! Anche i bambini lo capiscono! Solo gli ipocriti fanno finta di non capire.

Si sente il rumore e la sirena dell'autopompa in arrivo. Rumori, macchina che frena e si arresta bruscamente sotto la finestra.

Daisy        Ecco i pompieri!

Botard   Ma le cose cambieranno, non finirà così!

Dudard    Signor Botard, questa storia non significa proprio nien­te. I rinoceronti esistono, ecco tutto. Non vuol dire nient'altro.

Daisy        (alla finestra, guarda in basso) Da questa parte, signori pompieri!

Dal basso, rumore di trambusto, scompiglio,  sportelli d'auto sbattuti.

Voce di un pompiere Alzate la scala!

Botard    (a Dudard) Ho in mano la chiave degli avvenimenti, un mezzo di interpretazione infallibile!

PapillonIn ogni modo, oggi pomeriggio, dobbiamo tornare in ufficio.

Si scorge la scala dei pompieri che si posa contro la finestra.

Botard     Tanto peggio per gli affari, signor Papillon.

Papillon  Già! Ma che cosa dirà la direzione generale?

Dudard   È un caso di forza maggiore.

Botard    (indica la finestra) Non vorrà obbligarci a risalire dalla finestra. Dovremo aspettare che aggiustino la scala.

Dudard    Certo: se qualcuno si rompesse una gamba potrebbe far avere delle grane alla direzione...

Papillon  Giusto.

Appare alla finestra il casco di un pompiere, poi il pompiere.

Berenger (a Daisy, indicando la finestra) Prego, dopo di lei, signorina Daisy.

PompiereCoraggio, signorina. (Prende Daisy tra le braccia).

Daisy scavalca la finestra e sparisce in basso con il pompiere.

Dudard    Arrivederci, signorina! A presto!

Daisy        (mentre sta per sparire) A presto, signori!

Papillon (dalla finestra) ... e mi telefoni domattina, signorina! Verrà da me a copiare la corrispondenza. (A Berenger) Signor Berenger, desidero richiamare la sua attenzione sul fatto che non siamo in ferie, e che il lavoro verrà ripreso appena possibile. (Ai due altri) Mi sono spiegato, signori?                                                                      

Dudard   D'accordo, signor Papillon.                                                

Botard   Vedete? Ci sfruttano fino all'osso!

Pompiere (riaffiora alla finestra) Be', a chi tocca, adesso?

Papillon  (rivolto ai tre) Coraggio.

Dudard   Dopo di lei, signor Papillon.                                           

Berenger      Sì, dopo di lei, signor capufficio.                                       

Botard   Dopo di lei, naturalmente.

Papillon (a Berenger) Allora, presto! Datemi la corrispondenza che la signorina ha già finito di battere. È là, sul tavolo.

Berenger va a prendere la corrispondenza e la consegna al signor Papillon.                                                                       

PompiereAvanti, sbrigatevi! Non abbiamo tempo da perdere. Ci sono tanti altri che ci hanno chiamati.

Botard   Eh? Che vi dicevo?

Il signor Papillon, con la corrispondenza sotto il braccio, scavalca la finestra.

Papillon (al pompiere) Attenzione alle mie cartelle! (A Dudard, Botard e Berenger) Signori, a rivederci!

Berenger      A rivederci, signor Papillon!

Il signor Papillon scompare. Si sente ancora la sua voce che ripete: «Attenzione alle mie cartelle! » e a Dudard: «Dudard! Chiuda a chiave l'ufficio! »

Dudard    (ad alta voce) Stia tranquillo, signor Papillon! (A Botard) Dopo di lei, signor Botard.

Botard    Signori, io scendo. E prenderò immediatamente con­tatto con le autorità responsabili. Farò luce su questo falso mistero! (Si dirige verso la finestra per scavalcarla).

Dudard   (a Botard) Credevo che per lei fosse già tutto chiaro.

Botard    (scavalca) La sua ironia non mi tocca. Voglio darle le prove, i documenti... si, la dimostrazione del suo tradimento!

Dudard   È assurdo!

Botard   Questo insulto...

Dudard   È lei che m'insulta!

Botard    (sparisce) Il mio non è un insulto: è la verità!

Voce del pompiere Andiamo, andiamo...

Dudard    (a Berenger) Che cosa fa oggi pomeriggio? Potremmo andare insieme a bere qualcosa.

Berenger      Mi spiace. Voglio approfittare di questo pomeriggio libero per andare a trovare il mio amico Jean. Sì, devo proprio far pace con lui. Ci siamo lasciati male. Forse per colpa mia.

La testa del pompiere riappare alla finestra.

PompiereAvanti, sbrigatevi!

Berenger      (indica la finestra) Dopo di lei.

Dudard   (a Berenger) Dopo di lei!

Berenger      Ah, no! Dopo di lei!     

Dudard   Ma assolutamente! Dopo di lei!

Berenger      La prego: dopo di lei, dopo di lei!

PompiereSbrighiamoci, sbrighiamoci!

Dudard   Dopo di lei, dopo di lei!

Berenger      Dopo di lei, dopo di lei!

Scavalcano nello stesso tempo la finestra. Il pompiere li aiuta a scendere, mentre cala il sipario.

Scena seconda

In casa di Jean. La struttura della scena è quasi identica al qua­dro precedente. Cioè, il palcoscenico è diviso in due settori. A destra si vede la camera di Jean che occupa i tre quarti (o i quattro quinti) dello spazio, secondo le dimensioni del palco­scenico. Contro la parete di fondo è piazzato il letto sul quale Jean è sdraiato. Al centro della scena, una sedia o una poltrona su cui prenderà posto Berenger. Al centro, verso destra, una porta che dà nel bagno di Jean. Quando Jean andrà in bagno per lavarsi, sì sentirà il rumore dell'acqua del lavabo e della doccia. A sinistra della camera, un tramezzo divide in due il palcoscenico. Al centro la porta che dà sulla scala. Volendo fare uno scenario meno realistico e più stilizzato, si può piaz­zare direttamente detta porta senza il tramezzo. A sinistra della scena si vede la scala: gli ultimi gradini che portano all'apparta­mento di Jean, la ringhiera e il pianerottolo. Sul fondo, all'al­tezza di questo pianerottolo, la porta d'entrata dell'appartamento dei vicini. Più in basso, sul fondo, si scorge la parte superiore di una porta a vetri sormontata da un cartello: custode.

All'alzarsi del sipario, Jean è a letto, sotto le coperte, spalle al pubblico. Sussulta per un accesso di tosse. Dopo qualche istante compare Berenger che sale gli ultimi scalini e bussa alla porta. Jean non risponde. Berenger bussa ancora.

Berenger      Jean! (Bussa ancora) Jean!

La porta in fondo al pianerottolo si apre a metà. Si affaccia un vecchietto con la barba bianca.

Il vecchietto   Che c'è?

Berenger      Vengo a trovare Jean, il signor Jean, un mio amico.

Vecchietto  Ah, credevo che cercasse me. Mi chiamo anch'io Jean... E invece è per l'altro...

Voce della moglie del vecchietto (dal fondo della camera) Chi è?

Vecchietto   (volgendosi verso la moglie che non si vede) No, cercano l'altro.

Berenger   (bussa) Jean!

Vecchietto   Non l'ho visto uscire. L'ho visto ieri sera. Sembrava di cattivo umore.

Berenger   Sì, lo so, è colpa mia.

Vecchietto   Ah! Forse non vuole aprire... provi ancora.

Voce della moglie del vecchietto Jean! Smettila di chiacchierare, Jean!

Berenger   (bussa) Jean!

Vecchietto (alla moglie) Un momento. Uff, che barba! Vengo! (Chiude la porta e sparisce).

Jean   (sempre di spalle al pubblico, con voce rauca) Che c'è?

Berenger   Sono venuto a trovarla, caro Jean.

Jean          Ma chi è?

Berenger      Sono io, Berenger. Disturbo?

Jean          Ah, è lei. Avanti.

Berenger      (cerca di aprire) È chiusa a chiave.

Jean          Un momento. Uff, che barba! Vengo! (Si alza con evi­dente irritazione. Porta un pigiama verde ed è spetti­nato. Ripete, seccato) Un momento! (Gira la chiave nella serratura) Un momento! (Va di nuovo a letto, sotto le coperte) Avanti.

Berenger      (entra) Salve, Jean.

Jean          (a letto) Ma che ora è? Come mai non è in ufficio?

Berenger      È ancora a letto, come mai non è in ufficio? Mi scusi, forse la disturbo.

Jean          (sempre di spalle) Strano, non avevo riconosciuto la sua voce.

Berenger      Anch'io non avevo riconosciuto la sua voce.

Jean          (sempre di spalle) Si accomodi.

Berenger      È malato?

Jean risponde con un grugnito.

Volevo dirle, Jean, è stato stupido da parte mia arrabbiarmi con lei per quella storia.

Jean          Che storia?

Berenger      Ma sì, ieri...

Jean          Ieri quando? Ieri dove?

BerengerNon si ricorda? Era a proposito del rinoceronte, di quel disgraziato rinoceronte!

Jean          Che rinoceronte?

BerengerMa sì, il rinoceronte, o - se preferisce - quei due disgraziati rinoceronti che abbiamo visto.

Jean          Ah, sì, mi ricordo... Ma chi le ha detto che quei due rinoceronti erano disgraziati?

Berenger      È un modo di dire.

Jean          Va bene. Non parliamone più.

Berenger      Lei è un vero amico.

Jean          E allora?

BerengerNiente... ci tenevo solo a dirle quanto mi è spiaciuto di aver sostenuto in modo così ostinato... testardo... collerico... sì, insomma... È stato stupido da parte mia.

Jean          Be', non mi stupisce.

Berenger      Le chiedo scusa.

Jean          Non sto molto bene. (Tosse).

Berenger      È per questo che è rimasto a letto? (Su un altro tono) Sa che le dico, Jean: avevamo ragione tutti e due!

Jean          Che ragione?

Berenger      Sì, a proposito del... della stessa cosa. Mi scusi se gliene parlo ancora per un momento. Volevo soltanto dirle, caro Jean, che, secondo i diversi punti di vista, ave­vamo ragione tutti e due. Ora ne ho le prove. In città ci sono rinoceronti con due corna e rinoceronti con un solo corno.

Jean          E che cosa le dicevo io? Bah, tanto peggio.

Berenger      Tanto peggio.

Jean          Oppure, tanto meglio.

Berenger Da dove vengano i primi e da dove vengano i secondi, oppure, da dove vengano i secondi e da dove vengano i primi, in fondo non ha importanza. L'unica cosa che conta, a mio avviso, è l'esistenza del rinoceronte come rinoceronte, perché...

Jean          (si gira e si rizza a sedere sul letto disfatto, verso Be­renger) Ah, non mi sento bene, non mi sento affatto bene!

Berenger      Mi spiace. Ma che cos'ha?

Jean          Mah, non lo so... un malessere, come dei malesseri...

Berenger      Debolezza?

Jean          No, al contrario, mi sento come se avessi del fuoco dentro.

BerengerVolevo dire, una debolezza momentanea... succede a tutti...

Jean          A me mai.

Berenger      Forse, un eccesso di salute. Troppa energia: alle volte fa male anche questo. Dà degli squilibri al sistema nervoso.

Jean          Sono perfettamente equilibrato. (ha sua voce diventa sempre più rauca) Sono sano di corpo e di mente. E la mia costituzione...

Berenger      Certo, certo. Avrà preso freddo senza accorgersene. Ha la febbre?

Jean          Non lo so. Sì, probabilmente devo avere un po' di febbre: ho mal di testa.

Berenger      Già, un po' di emicrania. Se vuole, me ne vado subito.

Jean          No, resti: non mi da nessun fastidio.

Berenger      La trovo anche un po' rauco.

Jean          Rauco?

Berenger      Sì, un po' rauco: per questo non riconoscevo la sua voce.

Jean          E perché dovrei essere rauco? La mia voce non è cam­biata, è lei, invece, che ha una voce strana.

Berenger      Strana? La mia voce?

Jean          E perché no?       

Berenger      Sarà... ma non me n'ero accorto.

Jean          Si accorge mai di niente, lei? (Appoggia la mano sulla fronte) Ecco, è la fronte, qui, che mi fa male... Devo aver picchiato da qualche parte, non c'è altra spiega­zione. (La sua voce diventa ancora più rauca).

Berenger      Ah, sì? E quando ha picchiato la testa?

Jean          Non so, non mi ricordo.

Berenger      Avrebbe dovuto farle male, al momento.

Jean          Forse ho picchiato mentre dormivo.

Berenger      Eh, no, il colpo l'avrebbe svegliata. È probabile che lei abbia soltanto sognato di picchiare la testa.

Jean          Non sogno mai.

Berenger      ... il mal di testa le sarà venuto durante il sonno, e lei ha dimenticato di aver sognato. Oppure se ne ricorda inconsciamente.

Jean          Inconsciamente? Io? Controllo sempre tutti i miei pen­sieri, non mi lascio andare alla deriva. Vado sempre diritto, sempre diritto alla meta.

Berenger      Sì, lo so. Non mi sono spiegato bene.

Jean          Sia più preciso, allora. Non è il caso di dirmi delle cose spiacevoli.

Berenger      Quando si ha mal di testa, si ha spesso l'impressione di aver preso un colpo. (Si avvicina a Jean) D'altronde, se ha picchiato la fronte, ci sarà un bernoccolo... (Os­serva Jean) Che strano! C'è proprio un bernoccolo, infatti!

Jean          Un bernoccolo?

Berenger      Sì, ma piccolo.

Jean          Dove?

Berenger (indica la fronte di Jean) Lì: è gonfio proprio sopra il naso.

Jean          Non ho nessun bernoccolo! Nella mia famiglia non ne abbiamo mai avuti.

Berenger      Ha uno specchio?

Jean          Ah, questa poi! (Si tocca la fronte) Già: pare proprio un... Vado a vedere in bagno. (Si alza bruscamente e va in bagno. Berenger lo segue con lo sguardo. Voce dal bagno) È vero: c'è proprio un bernoccolo. (Ritorna. Ha l'aspetto più pallido e verdastro) Sì, devo aver battuto la testa.

Berenger      Ha una brutta cera, lo sa? Pallido e verde.

Jean          Lei proprio ci tiene a dirmi delle cose spiacevoli. S'è guardato nello specchio, lei?

Berenger      Mi scusi, non volevo offenderla.

Jean          Non si direbbe.

Berenger      Ha il respiro agitato, mi sembra. Le fa male la gola?

Jean va a sedersi sul letto.

Forse ha l'angina.

Jean          E perché dovrei avere l'angina?

BerengerNon c'è niente di infamante, anch'io ho avuto delle an- gine. Mi lasci sentire il polso. (Si alza e prende il polso a Jean).                                                                           

Jean          (con voce sempre più rauca) Oh, passerà.                         

Berenger      Il polso è molto regolare: non si preoccupi.                     

Jean          Ma non sono affatto preoccupato. Perché dovrei esserlo?

BerengerMa sì, ha ragione. Qualche giorno di riposo, e starà di nuovo benissimo.

Jean   Non ho tempo di riposarmi:  devo pensare a procurarmi il cibo.

BerengerEcco, vede? Se ha fame vuol dire che non è niente di grave. Però farebbe meglio a riposarsi per qualche giorno, per prudenza. Ha chiamato il dottore?

Jean          Non ho nessun bisogno del dottore.

Berenger      Ma sì, invece: bisogna chiamare il dottore.

Jean          Non vorrà chiamare il dottore se non voglio chiamare il dottore! Mi curo da solo, io!

Berenger      Fa male a non credere nella medicina.

Jean          I dottori s'inventano malattie che non esistono.

BerengerBe', l'intenzione è buona: lo fanno per il piacere di curare il prossimo.

Jean          S'inventano le malattie, s'inventano le malattie!

BerengerPuò anche darsi che se le inventino. Però guariscono le malattie che inventano.

Jean          Io ho fiducia solo nei veterinari.

Berenger      (che aveva finito di tastare il polso di Jean, lo prende nuovamente) Strano, mi pare che le vene siano un po' 'gonfie.

Jean          È un segno di energia.

Berenger      Certo, è un segno di buona salute e di energia. Però... (Osserva da vicino l'avambraccio).

Jean          (si libera con forza) Che le prende di guardarmi come se fossi uno strano animale?

Berenger      La pelle...

Jean          Che diavolo le importa della mia pelle? Mi occupo della sua, io?

Berenger      Si direbbe... si direbbe che stia cambiando colore a vista d'occhio... diventa verde... (Vuole riprendere la mano a Jean) ... e anche spessa.

Jean          (tira indietro la mano) E non mi palpi così! Che le salta in mente? Lei mi ha seccato, alla fine!

Berenger (tra sé) Forse è più grave di quanto immaginavo. (A Jean) Bisogna chiamare il dottore. (Va verso il telefono).

Jean          Lasci stare il telefono. (Si precipita verso Berenger e lo respinge. Questi barcolla) E s'immischi degli affari suoi!

Berenger      D'accordo, d'accordo. Lo facevo solo per il suo bene.

Jean          (tosse e respira raucamente) So benissimo qual è il mio bene.

Berenger      Ma lei respira con difficoltà!

Jean          Respiro come posso! Se non le va il mio modo di respi­rare, a me non va il suo. Lei respira troppo piano, non si sente neppure, si direbbe che stia per crepare da un momento all'altro.

Berenger      Certo, non sono forte come lei.

Jean          Appunto. Io non la mando mica dal dottore per farsi dare un ricostituente. Ognuno fa quel che gli pare.

Berenger      Va bene, non se la prenda. Sa che io le sono amico.

Jean          L'amicizia non esiste. Non credo alla sua amicizia.

Berenger      Lei mi offende.

Jean          E lei non si offenda.

Berenger      Ma caro Jean...

Jean          E non sono il caro Jean di nessuno!

Berenger      È una vera crisi di misantropia!

Jean          Va bene, sono misantropo, misantropo, misantropo... mi va di essere misantropo!

Berenger      Lei è ancora offeso con me per la discussione di ieri... sì, lo ammetto, è stata colpa mia... è appunto per questo che sono venuto per farle le mie scuse e...

Jean          Di che discussione sta parlando?           

Berenger      Ma sì, gliel'ho già detto. Il rinoceronte, no?

Jean          (senza ascoltare Berenger) Per esser sincero, non è che io odi gli uomini, mi sono indifferenti, ecco, oppure mi fanno schifo... ma guai se mi vengono tra i piedi: li schiaccio!

Berenger      Lei sa che io non cercherò mai di intralciarla.

Jean          So dove voglio arrivare, io. E vado dritto al mio scopo.

BerengerSì, sì, lei ha perfettamente ragione. Però credo che stia passando una crisi morale.

Dalla precedente battuta, Jean cammina per la stanza come una bestia in gabbia, da una parete all'altra. Berenger lo osserva e, di quando in quando, si sposta per evitarlo. La voce di Jean diventa sempre più rauca.

Si calmi... si calmi...

Jean          Mi sentivo a disagio con il vestito, e adesso anche il pi­giama mi dà fastidio. (Slaccia e richiude rapidamente la giacca del pigiama).

Berenger      Ah, ma che cos'ha sulla pelle?

Jean          Uff! Ancora la mia pelle? È la mia e non la cambierei certo con la sua.

Berenger      Ma sembra cuoio!

Jean          È più robusta. Resiste meglio alle intemperie.

Berenger      Lei è sempre più verde...

Jean          Lei ha la mania dei colori, oggi! Allucinazioni, lei ha di nuovo bevuto!

Berenger      Ho bevuto ieri, oggi no.

Jean          È il risultato di un passato di stravizi!

BerengerLe ho promesso di emendarmi, e manterrò la promessa, perché io seguo i consigli degli amici come lei. E non mi umilia affatto, anzi!

Jean          Me ne infischio. Brr...

Berenger      Che ha detto?

Jean          Niente. Faccio «brr»... mi diverte.

Berenger      (fissa Jean negli occhi) Lo sa che cos'è successo a Boeuf? È diventato un rinoceronte!

Jean          Che cos'è successo a Boeuf?

Berenger      È diventato un rinoceronte.

Jean          (facendosi vento con la giacca del pigiama) Brr...

Berenger      Su, la smetta di scherzare.

Jean          E mi lasci respirare, ne avrò pure il diritto, no? Sono a casa mia!

Berenger      E chi le dice niente?

Jean          Fa bene a non contraddirmi. Uff, che caldo! Che caldo! Brr... Un momento: vado a rinfrescarmi in bagno.

Berenger      (mentre Jean si precipita in bagno) È la febbre.

Jean è in bagno e lo si sente ansare. Rumore dell'acqua che scorre.

Jean          (dall'altra stanza) Brr...

BerengerHa i brividi. Telefono al dottore, non c'è altro da fare. (Si dirige di nuovo verso il telefono, poi si arresta bru­scamente sentendo la voce di Jean).

Jean          Così quel bravo Boeuf è diventato un rinoceronte. Ah, ah, ah!... Vi ha preso tutti in giro... si è mascherato. (Sporge la testa dalla porta socchiusa del bagno. È ver-dissimo. Il bernoccolo sul naso è cresciuto) ... si è mascherato!

Berenger (cammina per la stanza, senza guardare Jean) Le ga­rantisco che sembrava proprio una cosa seria.

Jean          Be', comunque, sono affari suoi.

Berenger (si volta verso Jean che sparisce ancora in bagno) No, non può averlo fatto apposta. Il cambiamento è avvenuto contro la sua volontà.

Jean          (dal bagno) Perché, che ne sa lei?

Berenger      Tutto lo lascia credere.

Jean          E se l'avesse fatto apposta, eh? Se l'avesse fatto apposta?

BerengerMi stupirebbe. Comunque la signora Boeuf non lo sapeva di certo.

Jean          (con voce molto rauca) Ah! ah! ah! Quella cicciona della signora Boeuf! Ma sì, è una stupida!

Berenger      Che sia stupida o no...

Jean entra rapidamente, si toglie la giacca del pigiama e la getta sul letto. Berenger si volta con discrezione: Jean ha ora il petto e la schiena completamente verdi.

Jean          (entrando ed uscendo dal bagno) Boeuf non raccontava mai i fatti suoi alla moglie...

Berenger      Lei si sbaglia: era una coppia molto unita, invece.

Jean          Unita? Ne è proprio sicuro? Hum, hum, brr...

Berenger va verso il bagno, ma Jean lo previene e gli sbatte la porta sul naso.

Berenger      Sì, molto unita. E la prova è che appunto...

Jean          (dal bagno) Boeuf aveva una vita propria. Si era sca­vato un angolino segreto in fondo al cuore.

Berenger      Non dovrei farla parlare, mi pare che le faccia male.

Jean          No, anzi, mi libera.

Berenger      In ogni modo, la prego, mi lasci telefonare al dottore.

Jean          Glielo proibisco nel modo più assoluto. Non mi va la gente testarda! (Rientra nella stanza).

Berenger indietreggia spaventato perché Jean è diventato an­cora più verde e parla con molta difficoltà. La sua voce è irriconoscibile.

...e poi, che sia diventato rinoceronte volente o nolente, è tanto di guadagnato per lui.

Berenger      Ma, amico mio, che dice mai? Come può pensare che...

Jean          Lei vede sempre il male dappertutto. Se gli fa piacere di diventare un rinoceronte, meglio per lui! Che c'è di strano?

Berenger        Certo, non c'è niente di strano. Ma io dubito che una cosa simile possa fargli piacere.

Jean          E perché no?

Berenger      Be'... è difficile da spiegare, ma mi pare chiaro.

Jean          Le ripeto che può anche essere piacevole. Dopotutto i rinoceronti sono delle creature come noi e hanno diritto di vivere esattamente quanto noi!

Berenger      Sì, a patto che lascino vivere chi rinoceronte non è. Ma si rende conto della differenza di mentalità?

Jean          (mentre passeggia per la stanza ed entra ed esce dal bagno) Perché? Crede che la nostra sia meglio?

BerengerMa noi abbiamo una morale umana che ritengo incom­patibile con quella di quegli animali.

Jean          La morale! Gliela raccomando, la morale! Ne ho abba­stanza della morale; bella roba! Dobbiamo andare oltre la morale!

Berenger      E con che cosa vuole sostituirla?

Jean          Con la natura.

Berenger      La natura?

Jean          Certo. La natura ha le sue leggi. La morale è contro natura.

BerengerSe ho capito bene, lei vorrebbe sostituire la legge morale con la legge della giungla!

Jean          È là, è là che andrò a vivere...

Berenger      Per modo di dire. Ma in fondo, nessuno di noi...

Jean          (va e viene. Lo interrompe) Dobbiamo ricostruire le basi della nostra esistenza... dobbiamo ritornare ai primordi.

Berenger      Non sono affatto d'accordo con lei.

Jean          (respiro affannoso) Voglio respirare!

BerengerMa rifletta un momento: si rende conto che abbiamo una filosofia che quegli animali non posseggono, e una scala di valori che non si può abolire? Ci sono voluti secoli di umana civiltà per costruirla!

Jean          (in bagno) Demoliamo tutto quanto, staremo meglio!

BerengerMa lei non dice sul serio. Lei sta scherzando, lei fa della poesia...

Jean          Brr! (Quasi un barrito).

Berenger      ... e dire che non sapevo che lei fosse un poeta. Jean   (esce dal bagno) Brr! (Barrito).

BerengerMa la conosco troppo bene per credere che lei pensi ve­ramente quello che dice. Perché lei sa benissimo che l'uomo...

Jean          (lo interrompe)... l'uomo! Non dica più questa parola!

Berenger      Voglio dire, l'essere umano, l'umanesimo...

Jean          L'umanesimo è finito! E lei è un ridicolo romantico! (Rientra in bagno).

Berenger   E tuttavia, lo spirito...

Jean          (dal bagno) Luoghi comuni! Lei dice delle sciocchezze!

Berenger      Sciocchezze?

Jean          (dal bagno con voce molto rauca, quasi incomprensibile) Ma certo: sciocchezze!

BerengerMi stupisce di sentirle dire certe cose, caro Jean. Che cosa ha in testa? Sì, dico, le piacerebbe davvero essere un rinoceronte?

Jean          E perché no? Non ho i pregiudizi che ha lei, io.

BerengerParli più chiaro. Non capisco. La sua pronuncia è confusa.

Jean          (dal bagno) E lei apra le orecchie!

Berenger      Come?

Jean          Apra le orecchie! Ho detto:  «Perché non essere un rinoceronte? Mi piacciono i cambiamenti ».

Berenger      Certe cose da lei non me le sarei mai aspettate...

Berenger si interrompe perché Jean appare, sfigurato. È diventato completamente verde. Il bernoccolo sulla fronte si è quasi trasformato in un corno di rinoceronte.

Oh, ma lei sta letteralmente perdendo la testa!

Jean si precipita sul letto, getta per terra le coperte, pronuncia parole furiose e incomprensibili, emette suoni strani.

Non si arrabbi: calma, calma! Non la riconosco più!

Jean          (quasi incomprensibile) Caldo... troppo caldo... demo­lire tutto!... Vestito gratta, vestito gratta... (Lascia cadere i pantaloni del pigiama).

BerengerMa che fa? Non la riconosco più! Lei che era sempre così pudico...

Jean          La palude! La palude!

Berenger      Ma mi guardi! Riesce ancora a vedermi? Mi capisce?

Jean          Vedo benissimo! Capisco benissimo! (Si lancia a testa bassa verso Berenger, che si scansa).

Berenger      Attento!

Jean          (ansando forte) Mi scusi! (Si precipita in bagno).

Berenger (fa per uscire dalla porta di sinistra, poi fa mezzo giro su se stesso e segue Jean in bagno) Non posso lasciarlo in questo stato, è un amico! (Dal bagno) Telefono al dottore: è indispensabile, mi creda è assolutamente indispensabile!

Jean          (c. s.) No!

Berenger (c. s.) Sì, invece! Si calmi, Jean! Su, non faccia così! Oh... il corno sulla fronte si allunga a vista d'occhio!... è un rinoceronte!!

Jean          (c. s.) Ti schiaccerò! Ti schiaccerò!

Fracasso in bagno. Barriti. Rumore di oggetti e di specchio in­franto. Riappare Berenger, terrorizzato, che chiude a stento la porta del bagno, vincendo la resistenza che si suppone dall'altra parte.

Berenger (spingendo la porta del bagno) È un rinoceronte! È un rinoceronte! (Riesce infine a chiudere del tutto la porta. Ha la giacca forata da una cornata).

Nello stesso istante in cui Berenger è riuscito a chiudere la porta, il corno del rinoceronte la sfonda. Mentre la porta vacilla sotto i colpi tremendi dell'animale, e il fracasso prosegue in bagno, donde provengono barriti, frasi sconnesse come « Schifoso », « Lo ammazzo! », ecc, Berenger si precipita verso la porta di destra.

Non me lo sarei mai aspettato da lui! (Apre l'ingresso sulla scala e bussa alla porta del pianerottolo, ripetu-tamente) Aiuto! C'è un rinoceronte in casa! Chiamate la polizia!

La porta si apre.

Vecchietto   Che le prende? Berenger   Chiami la polizia! Un rinoceronte in casa!

Voce della moglie del vecchietto Che c'è, Jean? Perché fai tanto baccano?

Vecchietto   Non capisco che cosa vuole. Dice che ha visto un rinoceronte.

Berenger   Ma sì! Qui in casa! Chiamate la polizia!

Vecchietto (seccato) Giovanotto, che le salta in testa di disturbare così la gente? Bella educazione! (Gli sbatte la porta in faccia).

Berenger      (si precipita per la scala) Portinaio! Portinaio! C'è un rinoceronte in casa! Chiami la polizia! Portinaio!...

La porta della portineria si apre. Appare una testa di rinoceronte.

Un altro!

(Risale di volata le scale. Vuol entrare nella stanza di Jean, poi esita, si dirige ancora verso la porta del vecchietto che, nello stesso istante si apre).

Si affacciano due piccole teste di rinoceronte.

Mio Dio!

(Entra in camera di Jean, mentre la porta del bagno continua ad essere scrollata. Si lancia verso la finestra di proscenio, accennata da un semplice riqua­dro, e si arresta, di fronte al pubblico. È sfinito. Bar­colla, balbetta)

Ah, Dio mio! Dio mio!

(Con grande sforzo scavalca la finestra, ma quando è già passato dall'altra parte del riquadro, la riscavalca vivamente perché, nello stesso istante, si vede un gran numero di corna di rinoceronte affiorare dalla fossa d'orchestra. Si ritira di scatto e guarda un attimo dalla finestra)

Adesso ce n'è un intero branco sul viale! Un'armata di rinoce­ronti che galoppa per la strada!... (Guarda a destra e a sinistra) Come uscire? Come uscire?... Se almeno stes­sero in mezzo alla strada! Ma la occupano tutta, persino i marciapiedi! Dove uscire, come uscire!...

(Si dirige atterrito verso le varie porte, verso la finestra, mentre la porta continua a tremare e dal bagno si sente Jean barrire e brontolare insulti incomprensibili. La sua mimica continua per alcuni minuti: ogni volta che fa un tentativo di fuga, dirigendosi verso la porta dei vecchietti o sulla scala, si scontra con teste di rinoce­ronti che barriscono e che lo obbligano a retrocedere. Va un'ultima volta alla finestra)

Un intero branco di rinoceronti! E poi dicono che il rinoceronte vive in so­litudine! È falso! È una nozione sbagliata! Ah! Hanno demolito tutte le panchine del viale!...

(Torcendosi le mani)

Come fare? Come fare?!

(Si dirige nuovamente verso le diverse uscite, ma la vista dei rinoceronti lo fa indietreggiare. Ora è dinanzi alla porta del bagno che minaccia di crollare. Allora si lancia contro la parete del fondo che cede e si squarcia. Dalla breccia, si vede la strada. Fugge, urlando)

I rinoceronti! I rinoceronti!!!

Fracasso della porta del bagno che sta per crollare.

Sipario.

Atto terzo

La pianta della scena è quasi identica a quella del quadro pre­cedente. Camera di Berenger. La stanza ricorda molto da vicino quella di Jean. Soltanto alcuni particolari diversi - uno o due mobili in più - ci indicheranno che si tratta di un'altra camera. A sinistra la scala e il pianerottolo. In fondo al pianerottolo, una porta. Non c'è portineria. Sul fondo, un divano. Una pol­trona, un tavolino con sopra il telefono, magari un altro tavolo e una sedia. La finestra sulla parete del fondo è aperta. Riquadro stilizzato di una finestra in proscenio. Berenger, vestito, è allun­gato sul divano, spalle al pubblico. Ha la testa fasciata, pare dormire. Sta facendo un brutto sogno perché lo si sente gemere durante il sonno.

Berenger      No! (Pausa). Le corna, attenti alle corna!

Pausa.

Rumore di molti rinoceronti che passano in strada, sotto la finestra in fondo.

No!

(Cade a terra e si dibatte nell'incubo. Di colpo si sveglia. Porta la mano alla fronte, allucinato: poi si alza e va verso lo specchio).

Il frastuono esterno si allontana.

(Solleva un poco la benda sulla fronte. Con un sospiro di sollievo constata che non ha nessun bernoccolo in fronte. È incerto: va verso il divano, si sdraia, si rialza immediatamente. Poi va verso il tavolo, prende la bot­tiglia di cognac e un bicchiere e fa per versarsi da bere. Dopo un breve conflitto interiore rinuncia e posa bot­tiglia e bicchiere)

Un po' di volontà, eh? Volontà!

(Sta per andare nuovamente verso il divano, quando da fuori si sentono ancora i rumori della folle corsa dei ri­noceronti che passano sotto la finestra del fondo. Porta una mano al cuore, con spavento)

Oh!

(Va verso la finestra del fondo, guarda un attimo, poi, con rabbia, la chiude).

I rumori dissolvono.

(Va verso il tavolino, esita un istante, poi, con una mi­mica che significa « Tanto peggio! », si versa un bic­chiere pieno di cognac e lo beve in un sorso. Posa bot­tiglia e bicchiere. Tossisce. Si deve notare che la sua tosse lo preoccupa. Tossisce ancora e si ascolta tossire. Si guarda ancora allo specchio, tossendo, poi apre la finestra).

Ansare dei pachidermi in aumento.

(Tossisce)

No! È tutto diverso!

(Si calma, chiude la finestra, sì tocca la fronte al di sopra delle bende, va verso il divano, siede, sembra addormentarsi).

Frattanto si scorge Dudard salire gli ultimi gradini della scala, arrivare sul pianerottolo e bussare alla porta di Berenger.

(Sussulta) Che c'è?

Dudard    Sono venuto a trovarla, Berenger, sono venuto a trovarla.

Berenger      Ma chi è?

Dudard   Sono io, sono io.

Berenger      Chi, io?

Dudard   Io, Dudard.

Berenger      Ah, è lei. Avanti.

Dudard   Non disturbo? (Cerca di aprire) È chiusa a chiave.

Berenger      Un momento. Uff, che barba! (Va ad aprire).

Dudard   (entra) Salve, Berenger.

Berenger      Salve, Dudard. Ma che ora è?

Dudard   E così? Sempre barricato in casa? Come si sente, un po' meglio?

BerengerMi scusi: non avevo riconosciuto la sua voce. (Va ad aprire la finestra) Sì, sì, va un po' meglio, o almeno, spero.

Dudard   La mia voce non è cambiata, io ho riconosciuto subito la sua.

BerengerMi scusi: mi pareva... sì, è vero, la sua voce è sempre uguale... E la mia, non è mica diversa per caso?

Dudard   E perché dovrebbe essere diversa?

Berenger      Non sono mica un po'... un po' rauco?

Dudard   No, non mi pare.

Berenger      Tanto meglio. Mi tranquillizza.

Dudard   Ma che cos'ha?

BerengerNon so... non si sa mai. La voce può cambiare, suc­cede, purtroppo!

Dudard   Perché? Ha preso freddo anche lei?

BerengerNo, spero proprio di no... ma si accomodi, caro Du­dard, si accomodi. Si metta in poltrona.

Dudard   (siede in poltrona) Sta sempre poco bene? Ha ancora mal di testa? (Indica la testa fasciata di Berenger).

BerengerMa sì, ho ancora mal di testa. Ma non ho un bernoc­colo, non ho affatto picchiato la testa, vero? (Solleva la benda e mostra la fronte a Dudard).

Dudard   No, non ha nessun bernoccolo. Non vedo niente.

Berenger      E spero di non averne mai. Mai!

Dudard   Ma... se non picchia la testa, come potrebbe venirle un bernoccolo?

BerengerGià, infatti: basta non picchiarla. E io non la picchierò assolutamente!

Dudard    Ma certo, basta starci attenti. Ma che le succede? La trovo nervoso, agitato. Dev'essere l'emicrania. Cerchi di evitare il movimento, vedrà che sentirà meno il dolore.

BerengerUn'emicrania? Non mi parli di emicrania! Non la nomini nemmeno!

Dudard    Ma è più che logico che lei abbia l'emicrania dopo un tale spavento.

Berenger      Ah, sì, stento proprio a riprendermi!

Dudard    Appunto: non c'è niente di straordinario se ha un po' di mal di testa.

Berenger (si precipita allo specchio, solleva la fasciatura) No, niente! Sa: comincia sempre così...

Dudard   Che cosa comincia così?

Berenger      Ho... ho paura di diventare un altro.

Dudard    Su, si calmi, si rimetta a sedere. A camminare così, avanti e indietro per la stanza, i nervi ci vanno di mezzo.

BerengerSì, certo, ha ragione... calma. (Siede) Non riesco ancora a capacitarmi.

Dudard    Per il fatto di Jean? Eh, lo credo.

Berenger      Per Jean e anche per gli altri.

Dudard   Eh, capisco che dev'essere stato un colpo.

Berenger      Succede per molto meno, lo ammetterà anche lei.

Dudard    Sì, certo, però, non bisogna poi esagerare: non è una buona ragione perché lei...

Berenger      Avrei voluto vedere lei al mio posto! Jean era il mio migliore amico. Questo voltafaccia a vista d'occhio, questa furia improvvisa!

Dudard    Naturale, è stata una brutta esperienza. Ma non ci pensi più, tanto non serve a niente.

Berenger      Non pensarci più... è una parola! Era un ragazzo così umano, un grande difensore dell'umanesimo. Chi l'a­vrebbe mai detto! Lui, proprio lui! Ci conoscevamo da... da sempre. Non mi sarei mai sognato che sarebbe cambiato in quel modo! Ero più sicuro di lui che di me stesso!... Ah, farmi una cosa simile, a me!

Dudard   Non penserà che ce l'avesse proprio con lei!

Berenger      Eppure... se l'avesse visto scatenato!... e la sua espressione, poi...

Dudard    Be', è toccato a lei perché per caso era a casa sua. Ma sarebbe successo nello stesso modo anche con un altro.

Berenger      Ma davanti a me... almeno per rispetto a tutti i comuni ricordi... poteva controllarsi, mi pare!

Dudard    Lei crede di essere il centro dell'universo, pensa sem­pre che tutto quello che succede riguardi lei personalmente! Ma non è mica il polo magnetico!

Berenger      Sarà. Cercherò di farmi una ragione. Però, il fenomeno, anche preso a sé, è inquietante. A me, per dirle la verità, fa paura. Come lo spiega, lei?

Dudard    Ecco... per il momento non ho ancora trovato una spie­gazione che mi soddisfi. così mi limito a constatare i fatti e a prenderne atto. E poi, dal momento che la cosa esiste, ci sarà bene una spiegazione, no? Curiosità di natura, bizzarrie, stravaganze, forse solo un gioco, chissà?

Berenger      Jean aveva molto orgoglio. Io invece, non ho ambizioni: mi accontento di ciò che sono.

Dudard    Forse gli piaceva l'aria aperta, la campagna, il cielo... forse sentiva il bisogno di lasciarsi andare... Non lo dico per scusarlo...

BerengerSì, capisco, o per lo meno, mi sforzo di capire. Ma an­che se mi accusassero di non avere una mentalità aperta, di essere solo un piccolo borghese, chiuso nel suo gretto mondo, non cambierei la mia opinione.

Dudard   Ma naturale: nessuno ha voglia di cambiare. E allora perché se la prende tanto per qualche caso di rinocerontite? Magari è una malattia.

Berenger      Appunto: ho paura che sia contagiosa.

Dudard    Bah, non ci pensi più! Sul serio, lei da troppa impor­tanza alla cosa. Il caso di Jean non è poi così sintoma­tico, non significa ancora niente, lei stesso diceva prima che Jean era un ambizioso. Ebbene, secondo me - scusi se parlo male di un suo amico - era un irrequieto, un eccentrico, un po' orso... non ci si può basare su certi originali. È la media che conta.

Berenger      Allora è tutto chiaro. Poco fa lei diceva di non essere riuscito a spiegare il fenomeno; ma questo è un mo­tivo più che plausibile, mi pare. Certo che per arrivare a quel punto deve aver avuto una crisi, un eccesso di pazzia... Eppure ragionava perfettamente, dava l'im­pressione di aver ponderato bene la cosa, di aver preso una seria decisione... Ma Boeuf? Anche Boeuf era pazzo? E gli altri? Gli altri?

Dudard    Resta l'ipotesi dell'epidemia. Sarà come l'influenza. Le epidemie non sono novità.

BerengerD'accordo, ma nessuna è mai stata come questa. E se venisse dall'Africa - che so? - dalle Colonie?

Dudard    Comunque non vorrà sostenere che anche Boeuf e tutti gli altri hanno fatto quel che han fatto, e sono diventati quel che sono diventati, apposta per far dispetto a lei. Non si sarebbero dati tanta pena, creda a me.

Berenger      Sì, quel che lei dice è giusto, è una parola rassicurante... o forse invece, è ancora più grave?

Si sentono i rinoceronti galoppare sotto la finestra del fondo.

 

Ecco: li sente? (Si precipita alla finestra).

Dudard   E li lasci stare!

Berenger chiude la finestra.

Che cosa fanno poi per darle tanto fastidio? È una vera ossessione la sua! No, così non va: lei si rovina i nervi. D'accordo, ha avuto uno choc. Ma adesso, basta. Adesso cerchi di rimettersi in sesto.

Berenger      Mi domando se sono immunizzato.

Dudard    Mah... in ogni modo non è mortale. Ci sono certe ma­lattie salutari. Io sono convinto che, se uno vuole, può guarire. Vedrà, passerà anche a loro.

BerengerSì, ma lascerà certo dei postumi! Un tale squilibrio organico non può non lasciare il segno.

Dudard   È un fatto passeggero, non c'è da allarmarsi.

Berenger      È proprio sicuro?

Dudard   Mah... credo, suppongo...

Berenger      Ma se proprio non ci si vuole ammalare - capisce? -se assolutamente non ci si vuole ammalare di questa malattia che in sostanza è una malattia nervosa... allora non ci si ammala, non ci si ammala!... Prende un goccio di cognac? (Va verso la tavola dove si trova il cognac).

Dudard    No, grazie, non si disturbi. Ma se lei ne ha voglia, non faccia complimenti... Attento, però, perché è facile che le aumenti il mal di testa, dopo.

Berenger      L'alcool protegge dalle epidemie. Rende immuni. Sì, per esempio, distrugge i microbi dell'influenza.

Dudard   Be'... non è che distrugga tutti i microbi di tutte le malattie. Per la rinocerontite non sappiamo ancora che effetto fa.

Berenger      Jean non beveva mai alcolici. Almeno, così diceva. Forse è proprio per questo che... sì, dico, forse questo può spiegare il suo contegno. (Porge un bicchiere pieno a Dudard) Davvero non ne vuole?

Dudard   No, grazie. Non bevo mai prima dei pasti.

Berenger vuota il bicchiere e continua a tenerlo in mano, con la bottiglia. Tossisce.

Vede? Vede? Non lo sopporta: la fa tossire.

Berenger      (preoccupato) Già, mi fa tossire. Come ho tossito?!

Dudard   Ha tossito come chi beve qualcosa di forte.

Berenger (posa sul tavolo il bicchiere e la bottiglia) Non era una tosse un po' strana? Era proprio una vera tosse umana?

Dudard    Ma che diavolo va a pensare? Se era una tosse umana?... e che altro tipo di tosse poteva essere?

BerengerBe', non so... forse una tosse bestiale... Che lei sappia, il rinoceronte tossisce?

Dudard    Ma andiamo Berenger, lei è ridicolo con queste storie, lei si pone dei problemi completamente assurdi... Le ricordo che proprio lei ha detto che la volontà è la mi­glior difesa contro tutto questo.

Berenger      Sì, certo.

Dudard   Ebbene, dimostri di avere della volontà.

Berenger      Le assicuro che ne ho...

Dudard    Ma prima lo dimostri a se stesso... ecco, tanto per co­minciare, non beva più cognac... si sentirà più sicuro di sé.

Berenger      Lei non vuol capirmi. Le ripeto che lo bevo solo perché preserva dal peggio, unicamente per questo: è tutto calcolato. Quando finirà l'epidemia non berrò più. Pri­ma di questi avvenimenti avevo già preso la decisione di smetterla. Ora la rimando, provvisoriamente.

Dudard   Lei cerca solo delle scuse.

BerengerAh, sì, lei crede?... In ogni modo questo non ha niente a che vedere con quanto sta succedendo.

Dudard    E chi lo sa?

Berenger      (con terrore) Come? Lei davvero pensa che ci sia un rapporto? Lei crede che l'alcool prepari il terreno a...? Non sono un alcolizzato!  (Va verso lo specchio, si guarda attentamente) Non avrò per caso... (Si passa la mano sulla faccia, si tocca la fronte sotto la benda) No, niente di nuovo, non mi ha fatto male... questo prova che fa bene o per lo meno che è una cosa innocua.

Dudard    Ma andiamo, caro Berenger, io scherzavo! Lei vede tutto nero. Stia attento, lei finirà per diventare nevra­stenico. Appena si sarà ripreso dallo choc, dalla de­pressione, e potrà uscire a prendere una boccata d'aria, vedrà che tutto andrà meglio. E le sue angosce spariranno.

Berenger      Uscire? Già, dovrò pur uscire. La sola idea mi dà i brividi. Ne incontrerò sicuramente...

Dudard    E con questo? Basta non tagliargli la strada, scansarsi in tempo. Del resto non sono poi tanti.

Berenger      Ma se non vedo altro! Lei adesso dirà che la mia è una fissazione morbosa.

Dudard    Non attaccano l'uomo. A lasciarli stare, neanche ti guardano. In fondo non sono cattivi. Anzi, c'è in loro come una ingenuità naturale, si, una specie di candore. D'altronde io stesso per venir qui ho fatto a piedi tutto il viale. E, come vede, sono sano e salvo: non ho avuto nessun incidente.

Berenger      A me, solo a vederli, mi mettono l'agitazione addosso. È un fatto nervoso. Non è che facciano rabbia, no, non ci si deve arrabbiare, la collera può portarci chissà dove, io ci sto attento, ma mi fa un certo effetto qui... (Si tocca il cuore)... mi si stringe il cuore, ecco!

Dudard    Be', fino a un certo punto si può anche capire. Ma lei è troppo impressionabile. Lei non ha il senso dell'umo­rismo; sì, è questo il suo difetto più grave: lei non ha il senso dell'umorismo. Bisogna prender le cose più alla leggera, con maggior distacco.

BerengerÈ che io mi sento sempre solidale con tutto quello che succede. Io partecipo, non posso restare indifferente.

Dudard   Non giudicate se non volete essere giudicati. E poi, se ce la prendessimo per tutto quello che succede, non vivremmo più.

Berenger      Già, ma vede, se questo fosse successo altrove, in un altro paese, se l'avessimo letto sui giornali, allora po­tremmo discuterne tranquillamente, studiare la que­stione sotto tutti i suoi aspetti, e arrivare anche a trame delle conclusioni obiettive. Si organizzerebbero dei con­vegni accademici, si interpellerebbero scienziati, scrit­tori, magistrati, professoresse, artisti. E anche la gente qualunque: sarebbe interessante, appassionante, istrut­tivo. Ma quando si è presi nell'ingranaggio... quando ci si trova di colpo dinanzi alla brutale realtà dei fatti... non è possibile non sentirci parte in causa, si è troppo scossi per conservare il sangue freddo. Io sono sba­lordito, sbalordito, assolutamente sbalordito! Non ci capisco più niente!

Dudard    Sì, anch'io sono sbalordito come lei. O meglio, lo ero. Adesso comincio ad abituarmi.

BerengerSi vede che lei ha un sistema nervoso meglio equili­brato del mio. Beato lei. Ma non le pare una cosa triste che...

Dudard (interrompe) Intendiamoci, io non dico che sia un fatto positivo. E non creda che sia poi del tutto d'accordo con i rinoceronti...

Nuovi rumori di rinoceronti che passano, ma questa volta sotto il riquadro della finestra di proscenio.

Berenger      (sussulta) Eccoli di nuovo! Eccoli di nuovo! No, no, è inutile: non riesco a abituarmi! Forse avrò torto, ma è più forte di me: mi preoccupano talmente che non posso più dormire. Soffro d'insonnia. Così dormicchio di giorno, tanto sono stanco.

Dudard   E lei prenda dei sonniferi.

Berenger      Non è una soluzione. Se dormo è ancora peggio. Li sogno di notte, ho degli incubi.

Dudard    Ecco cosa vuoi dire prender le cose al tragico. Dica la verità, lei ci piglia gusto a tormentarsi così.

Berenger      Le giuro che non sono un masochista.

Dudard    E allora sia superiore, li ignori. Dal momento che è così, non può essere altrimenti.

Berenger      Ma questo è fatalismo!

Dudard    No, è saggezza. Se un simile fenomeno succede, esiste certamente un buon motivo perché succeda. È questo motivo che dobbiamo sforzarci di capire.

Berenger      (si alza) Ebbene, io non accetto questa situazione.

Dudard    E che vuol farci? Che cosa pensa di fare?

Berenger      Per ora, non so. Ci penserò. Manderò delle lettere ai giornali, scriverò degli appelli, solleciterò un'udienza dal sindaco, o dal vicesindaco, se il sindaco ha troppo da fare.

Dudard    Lasci che le autorità facciano la loro parte. Dopotutto mi domando se, moralmente, lei ha il diritto di immi­schiarsi nella faccenda. E, d'altra parte, io continuo a credere che non sia niente di grave. Mi pare assurdo agitarsi tanto perché poche persone hanno voluto cam­biar pelle. Non stavano più bene nella loro. Sono liberi, facciano quel che gli pare.

Berenger      Eh, no! Bisogna tagliare il male alla radice!

Dudard    Il male, il male! Parola vuota! Lo sappiamo noi che cos'è il bene e che cos'è il male? Certo, abbiamo delle preferenze. Lei ha paura soprattutto per sé, questa è la verità. Ma non diventerà mai un rinoceronte... le manca la vocazione!

Berenger      Ecco, ecco! Se tutti i dirigenti e i concittadini la pen­sano come lei, chi si deciderà ad agire?

Dudard    In ogni caso, non vorrà chiedere aiuto anche all'estero. È un fatto interno, riguarda soltanto il nostro paese.

Berenger      Io credo alla solidarietà internazionale...

Dudard   Lei è un donchisciotte! Ah, non lo dico in senso cattivo, non voglio offenderla! È per il suo bene, mi creda, solo per il suo bene: lei deve ritrovare la calma!

BerengerMi scusi, lei ha tutte le ragioni. Sono troppo agitato, cercherò di controllarmi. E le chiedo scusa se la trat­tengo e la obbligo a stare a sentire le mie geremiadi. Perché lei avrà certamente del lavoro da fare. A propo­sito: ha poi ricevuto la mia richiesta di permesso per malattia?

Dudard    Stia tranquillo: è tutto a posto. Del resto l'ufficio non ha ancora ripreso la sua attività.

Berenger      Come? Non hanno ancora aggiustato la scala? Che trascuratezza! È proprio per questo che tutto va male!

Dudard    Stanno aggiustandola. Ma va per le lunghe. È difficile trovare degli operai. Li assumiamo, lavorano un giorno o due, poi se ne vanno. Spariti! E dobbiamo sostituirli.

BerengerE poi si lamentano della disoccupazione! Speriamo al­meno di avere una scala di cemento.

Dudard   No, sempre di legno, ma nuova, però.

Berenger      Ah, la burocrazia, la burocrazia! Buttano via i soldi, poi, quando si tratta di fare una spesa utile, sostengono di non avere i fondi necessari. Il signor Papillon sarà seccato. Ci teneva molto alla scala in cemento. Come ha reagito?

Dudard    Non abbiamo più capufficio. Il signor Papillon ha dato le dimissioni.

Berenger      Non è possibile!

Dudard   Glielo assicuro.

Berenger      Molto strano... Forse è proprio per la faccenda della scala?

Dudard    Non credo. In ogni modo, non è questo il motivo ufficiale.

Berenger      E allora, perché? Che gli è successo?    

Dudard   Mah... dice che vuole andare a stare in campagna...

Berenger      Va in pensione? Ma non è vecchio, avrebbe potuto ancora diventare direttore.

Dudard   Ci ha rinunciato. Dice che aveva bisogno di riposo.

Berenger      La direzione generale sarà molto dispiaciuta di non averlo più, dovranno sostituirlo. Tanto di guadagnato per lei, con le sue lauree ha delle buone possibilità, no?

Dudard    Ecco, per dirle tutto, è buffo, ma... è diventato un rinoceronte.

Rumori lontani di rinoceronti.

Berenger      Un rinoceronte! Il signor Papillon è diventato un rino­ceronte! Ah, questa poi! Questa poi! Io non ci trovo niente di buffo! Ma perché non me l'ha detto subito?

Dudard    Vede? Lei non ha il senso dell'umorismo. Non volevo dirglielo... non gliel'ho detto subito perché, conoscen­dola bene, sapevo che lei non ci avrebbe trovato niente di buffo. Lei è così impressionabile!

Berenger      (braccia al cielo) Ah, questa poi! Questa poi! Anche il signor Papillon! Con la posizione che aveva!

Dudard    Be', almeno questo dimostra che la sua metamorfosi è sincera.

Berenger      Ah, non l'ha fatto apposta di certo: sono sicuro che si tratta di una metamorfosi involontaria.

Dudard    Che ne sappiamo noi? È difficile sapere le ragioni segrete delle decisioni del prossimo.

Berenger      Sarà il risultato di una frustrazione... aveva sicuramente dei complessi. Avrebbe dovuto farsi psicanalizzare.

Dudard    Anche se si tratta di un transfert, è un fatto rivelatore. Ognuno si sublima come può.

Berenger      Si è lasciato trascinare, ci scommetterei.

Dudard   Bah, può succedere a tutti.

Berenger (atterrito) A tutti? Ah, no: a lei no, vero? a lei no! E neanche a me!

Dudard     Speriamo.

Berenger      Perché se uno non vuole... è vero?... se uno veramente non vuole...

Dudard   Ma sì, ma sì...

Berenger      (si calma) Eppure avrei giurato che Papillon avrebbe avuto la forza di resistere. Lo credevo un uomo di ca­rattere! Anche perché non riesco a capire che interesse, interesse pratico, spirituale...

Dudard    Il suo è un gesto disinteressato, questo è indubbio.

Berenger      Già. È una circostanza attenuante... o non invece ag­gravante? Ecco il problema. Io direi aggravante, per­ché se l'ha fatto per il suo piacere... Vede: sono sicuro che Botard, per esempio, avrà giudicato lacosa molto severamente... che ne pensa, Botard, che dice del suo capufficio?

Dudard    Povero Botard, era indignato, offeso. Non ho mai visto un uomo tanto fuori di sé.

BerengerBe', questa volta non posso proprio dargli torto. Dopo­tutto Botard non è un cretino qualsiasi. È un uomo di buon senso. E dire che l'avevo sempre giudicato male.

Dudard   Anche lui la giudicava male.

Berenger      Questo prova la mia obiettività nel caso presente. Del resto, anche lei aveva una cattiva opinione di lui.

Dudard    Cattiva opinione... non è la parola giusta. Non ero sem­pre d'accordo con lui, questo si. Il suo scetticismo, la sua mancanza di fede, la sua diffidenza, mi davano fa­stidio. Neppure questa volta, del resto, accetto fino in fondo le sue conclusioni.

Berenger      Sì, ma adesso per ragioni opposte.

Dudard   Be', non è del tutto esatto. Il mio punto di vista, la mia opinione, è, mi permetto di dirle, un po' meno gros­solana di quanto lei sembra credere. Perché in realtà Botard non portava argomenti precisi, obiettivi. Oh, beninteso, non è che io approvi i rinoceronti, la prego di crederlo! Però, l'atteggiamento di Botard è quello di sempre... troppo passionale e quindi semplicistico. La sua presa di posizione mi pare unicamente dettata dall'odio per i superiori. Di qui, complesso d'inferio­rità, rancore. E poi, non fa che dire frasi fatte, e a me i luoghi comuni non mi vanno.

Berenger      Ebbene, questa volta - non se l'abbia a male - sono pienamente d'accordo con Botard. È un tipo a posto, ecco!

Dudard   Ah, non dico di no, ma non vuole ancora dire...

Berenger      (interrompe) Si, un tipo a posto! Eh, in giro non ce ne sono poi tanti, di tipi a posto! Tutto d'un pezzo, con quattro piedi per terra... si, voglio dire, due piedi per terra! Sono proprio contento di sentirmi solidale con lui. E quando lo vedrò, voglio congratularmi. Io non posso approvare il signor Papillon. Aveva il dovere di resistere!

Dudard    Lei è un intollerante! Forse Papillon, dopo tanti anni di vita sedentaria, ha provato il bisogno di sfogarsi un po'.

Berenger      (ironico) E lei è troppo tollerante, troppo comprensivo!

DudardMa caro Berenger, dobbiamo sempre cercare di capire il prossimo. E quando vogliamo capire un fenomeno e i suoi effetti, è necessario risalire alla causa, con serio impegno intellettuale. Dobbiamo sforzarci di farlo per­ché siamo degli esseri ragionevoli. Io non ci sono riu­scito, lo ripeto, e in coscienza non so se ci riuscirò. In ogni modo, dobbiamo imporci a priori un atteggia­mento favorevole o, per lo meno, l'obiettività, l'am­piezza di vedute proprie di una mente scientifica. Tutto ha una logica: comprendere vuol dire giustificare.

Berenger (ironico) Lei diventerà presto un simpatizzante dei rinoceronti, glielo dico io.

Dudard    Ma no, ma no. Non arriverò mai a tanto. Sono soltanto uno che cerca di veder le cose come stanno, fredda­mente: sono un realista, io. E poi sono anche convinto che tutto ciò che è naturale non è vizioso. Guai a colui che vede il vizio dovunque! È tipico degli inquisitori.

Berenger      E le pare che tutto questo sia naturale?

Dudard   Che c'è di più naturale di un rinoceronte?

Berenger      Già, ma un uomo che diventa rinoceronte è un fatto indiscutibilmente anormale.

Dudard   Oh, indiscutibilmente è una parola forte.

Berenger      Indiscutibilmente anormale, assolutamente anormale!

Dudard    (ironico) Vedo che lei è molto sicuro di sé. Come sta­bilire dove finisce la normalità e dove comincia l'anor­malità? Come distinguere questi concetti: « normale » e « anormale »? Badi che, né in filosofia, né in medi­cina, nessuno è mai riuscito a risolvere il problema. Lei dovrebbe essere al corrente di queste cose.

Berenger      Può anche darsi che filosoficamente non sia possibile decidere, ma in pratica è facilissimo. Se ti dimostrano che il movimento non esiste, ti metti a camminare, e cammini, cammini, così... (Cammina avanti e indietro per la stanza) ... si cammina oppure ci si dice come Galilei: « Eppur si muove».

Dudard    Ma lei sta facendo una confusione gravissima. Nel caso di Galileo era proprio il pensiero teoretico e scientifico a trionfare sul conformismo e sul dogmatismo.

Berenger      (confuso) Ma che storie sono? Conformismo, dogma­tismo... parole, parole! Può darsi che io abbia una certa confusione in testa, ma lei però la perde, la testa! Non sa più distinguere il normale dall'anormale! Lei mi ha scocciato con questo Galileo... me ne infischio, io, di Galileo!

Dudard    Ma se è stato proprio lei a tirarlo in ballo, a porre il problema, sostenendo che la pratica ha sempre l'ultima parola. Può anche darsi che sia vero, però si ricordi che la pratica deriva dalla teoria. Tutta la storia del pensiero e della scienza sta a dimostrarlo.

Berenger      (sempre più seccato) Non sta a dimostrare un acci­dente! È tutto un rebus, una pazzia!

Dudard    Prima di tutto bisognerebbe stabilire che cos'è la pazzia...

Berenger      La pazzia è la pazzia, no?! La pazzia è semplicemente pazzia! Lo sanno tutti che cos'è la pazzia! E i rinoceronti, sono pratica o teoria?

Dudard   L'uno e l'altro.

Berenger      Come sarebbe a dire l'uno e l'altro?

Dudard   L'uno e l'altro o l'uno e l'altro. È da vedere.

Berenger      Allora a questo punto io... io mi rifiuto di pensare!

Dudard    Ecco, lei va subito in bestia. Stia a sentire: noi non abbiamo le stesse idee. Non c'è nulla di male, possiamo discuterle, tranquillamente; anzi, dobbiamo discuterle!

Berenger      (atterrito) Lei trova che vado in bestia? Mi sto com­portando come Jean. Ah, no, non voglio diventare come Jean! Ah, no, non voglio. (Si calma) Non sono ferrato in filosofia. Non ho studiato, mentre lei ha due lauree. Ecco perché se la cava meglio nelle discussioni, mentre io non so più cosa risponderle... sono impacciato, ecco!

Rumori più forti di rinoceronti che passano sotto la finestra del fondo, poi sotto quella di proscenio.

Però, sono sicuro che ha torto lei... lo sento, per istinto - o meglio - no, sono i rinoceronti che hanno l'istinto... io lo sento per intuito - ecco la parola - per intuito!

Dudard   Che cosa intende per intuito?

Berenger      Intuito significa... ma sì, «così». E io sento, «così», che la sua tolleranza... questa eccessiva indulgenza, in realtà, mi creda, non è che debolezza... cecità!

Dudard   Questo è quello che pensa lei, ingenuamente.

Berenger      Oh, con me lei avrà sempre buon gioco. Ma le farò vedere: cercherò di rintracciare il filosofo e...

Dudard   Che filosofo?

Berenger      Ma sì, il filosofo, il pensatore, un filosofo, insomma. Sa che cos'è un filosofo no? È appunto uno di questi filosofi che mi ha spiegato...

Dudard   Che cosa le ha spiegato?

BerengerMi ha spiegato che i rinoceronti asiatici sono africani e che quelli africani, invece, sono asiatici.

Dudard   Non mi è molto chiaro.

BerengerNo, no... ci ha dimostrato il contrario, ossia che gli africani sono asiatici e che gli asiatici... mi spiego? Be', non è esattamente quello che volevo dire. In ogni modo, se la vedrà con lui. È un tipo come lei, uno in gamba, un intellettuale, sottile, erudito...

Rumori crescenti di rinoceronti. Le battute dei due sono sovra­state dal fragore dei pachidermi che passano sotto le due fine­stre. Per qualche istante Berenger e Dudard muovono le labbra senza che la loro voce si senta.

Ancora loro! Ma non finirà mai! (Corre verso la fi­nestra del fondo: grida) Basta! Basta! Schifosi!

I rinoceronti si allontanano. Berenger fa mimiche minacciose col pugno.

Dudard    (seduto) Lo conoscerò con piacere il suo filosofo. Se vorrà illuminarmi sui punti più misteriosi, misteriosi e oscuri... Non domando di meglio, mi creda.

Berenger      (corre verso la finestra di proscenio) Certo: lo porterò qui e lui le parlerà. Vedrà, è una persona veramente eccezionale. (Ai rinoceronti, alla finestra) Schifosi!

Dudard   Li lasci correre! E sia più educato. Non è il modo di parlare a delle creature...

Berenger      (sempre affacciato alla finestra) Eccone degli altri!

Dalla fossa d'orchestra affiora una paglietta trapassata da un corno di rinoceronte che, da sinistra, sfila velocissima verso de­stra ove scompare.

Una paglietta infilata nel corno di un rinoceronte! Ah, ma quello è il cappello del filosofo! Il cappello del filo­sofo!! Merda! Merda! Il filosofo è diventato rinoceronte!

Dudard   Non è una ragione per essere volgare!

Berenger      Ah, Dio mio, di chi ci si può più fidare! Di chi? Il filosofo un rinoceronte!

Dudard   (va alla finestra) Dov'è?

Berenger      (lo indica col braccio) Laggiù, vede: quello là!

Dudard    Già: è l'unico rinoceronte con il cappello. Questo le fa effetto. È proprio il suo filosofo!

Berenger      (allibito) Il filosofo un rinoceronte!

Dudard    Però ha conservato un'impronta della sua primitiva personalità!

Berenger      (tende il pugno verso il rinoceronte con il cappello che ora è scomparso) Io non vi seguirò! Non vi seguirò!

Dudard    Se, come lei afferma, era un autentico filosofo, non si sarà lasciato raggirare. Prima di fare la sua scelta avrà soppesato bene il pro e il contro.

Berenger      (sempre alla finestra, grida, pugno teso verso i rinoce­ronti che si sono allontanati) Non vi seguirò, maledetti!

Dudard    (siede in poltrona) Certo che queste cose dànno da pensare!

Berenger      (chiude la finestra di proscenio e si dirige verso quella del fondo sotto la quale passano altri rinoceronti che, presumibilmente, girano intorno alla casa. Apre la fi­nestra e grida) No! Non vi seguirò, maledetti!

Dudard     (tra sé) Girano intorno alla casa. Giocano... sono proprio dei bambinoni!

Dalla precedente battuta, si vede Daisy che sale gli ultimi gra­dini della scala, a sinistra. Bussa alla porta di Berenger. Ha un cestino sottobraccio.

Berenger: bussano, c'è qualcuno! (Tira per la manica Berenger che è sempre alla finestra).

Berenger      (grida verso i rinoceronti) È una vergogna! Un'ignobile mascherata!

Dudard   Bussano alla porta, Berenger, non sente?

Berenger      Apra lei, se ne ha voglia. (Continua a guardare i rino­ceronti che si allontanano).

Dudard va ad aprire la porta.

Daisy        (entrando) Buongiorno, signor Dudard.

Dudard   Oh, è lei, signorina Daisy!

Daisy        Berenger è in casa? Va meglio?

Dudard   Buongiorno, signorina. Viene spesso da Berenger?

Daisy        E dov'è?

Dudard   (indicandolo) Là.

Daisy        Poveretto, non ha nessuno. È anche un po' malato, adesso, e bisogna dargli una mano, no?

Dudard   (ironico) Lei è veramente una brava collega, signorina.

Daisy        Ma certo che sono una brava collega.

Dudard   E ha molto buon cuore.

Daisy        Sono una brava collega e basta.

Berenger      (si volta e lascia la finestra aperta) Oh, cara signorina Daisy! È molto gentile da parte sua esser venuta a trovarmi. Un pensiero veramente gentile.

Dudard   (ironico) E come no?

Berenger      Ma sa che è successo, signorina? Il filosofo è diventato un rinoceronte!

Daisy        Sì, lo so, l'ho visto per strada mentre venivo. Galop­pava in fretta per uno della sua età! Ma, mi dica: sta meglio, signor Berenger?

Berenger      (a Daisy) Mah, la testa, sempre la testa. Mal di testa. È terribile. Che ne pensa lei!

Daisy        Io penso che lei dovrebbe riposarsi... restare ancora in casa per qualche giorno, tranquillo, calmo...

Dudard   (a Berenger e a Daisy) Spero di non darvi fastidio!

Berenger   (a Daisy) Parlavo del filosofo...

Daisy        (a Dudard) E perché mai dovrebbe darci fastidio? (A Berenger) Ah, il filosofo. Mah... che vuole che le dica... non so proprio che cosa pensare.

Dudard   (a Daisy) Forse sono di troppo...

Daisy        (a Berenger) Cosa vuole che pensi? (A Berenger e a Dudard) E poi ho un'altra notizia da darvi: Botard è diventato un rinoceronte.

Dudard   No!

Berenger      Non è possibile! lui era contrario... lei lo confonde con qualcun altro... aveva persino protestato... Dudard me l'ha assicurato poco fa, vero Dudard?

Dudard   Certo.

Daisy        Sì, lo so che era contrario. Ma è diventato lo stesso un rinoceronte, ventiquattr'ore dopo la trasformazione del signor Papillon.

Dudard   Avrà cambiato idea! Tutti hanno diritto di cambiare idea.

Berenger      Ma allora... allora ci si può aspettare di tutto!

Dudard   (a Berenger) Poco fa lei lo giudicava una brava persona.

Berenger      (a Daisy) Non riesco a crederci. Le hanno mentito.

Daisy        No: è successo davanti a me.

Berenger      Ma allora è lui che ha mentito, che ha fatto finta...

Daisy        No, no, era sincero... faceva sul serio.

Berenger      E le ha dato qualche spiegazione?

Daisy        Ha detto testualmente: « Bisogna seguire il proprio tempo! » Sono state le sue ultime parole umane!

Dudard   (a Daisy) Ero quasi sicuro di trovarla qui, signorina Daisy.

Berenger      ... seguire il proprio tempo! Ah, che mentalità! (Ampio gesto di disapprovazione).

Dudard    (a Daisy) Dopo la chiusura dell'ufficio non mi è stato possibile incontrarla in nessun posto.

Berenger      (c. s.) Che ingenuità!

Daisy        (a Dudard) Se voleva vedermi, poteva telefonarmi!

Dudard   (a Daisy) Io sono discreto, signorina, molto discreto...

BerengerBe', ripensandoci, il colpo di testa di Botard non mi stupisce. In fondo la sua forza morale era tutta appa­renza. Questo, naturalmente, non significa che non sia, o non sia stato, un uomo' onesto. Le persone oneste diventano onesti rinoceronti. È proprio perché sono in buona fede che si lasciano ingannare!

Daisy        (esegue) Mi scusi... poso il cestino sul tavolo.

Berenger      Era un brav'uomo, ma pieno di rancori...

Dudard    (a Daisy, aiutandola a posare il cestino) Mi scusi, ci scusi... avremmo dovuto pensarci noi.

Berenger      ... è stato travolto dall'odio per i superiori, da un com­plesso d'inferiorità...

Dudard   (a Berenger) Il suo ragionamento non regge:  Botard ha seguito l'esempio del suo capufficio, il « simbolo stesso dello sfruttamento », per usare le sue parole. Invece mi pare che, nel suo caso, sia una vittoria del­l'istinto collettivistico sulle sue tendenze anarcoidi.

Berenger      Gli anarchici sono i rinoceronti, dato che si tratta di una minoranza.

Dudard   Per ora sono in minoranza...

Daisy        Eh, sì, è una minoranza numerosa, in aumento. Anche mio cugino è diventato rinoceronte... e sua moglie. Per non parlare di tutte le personalità: il cardinale di Retz...

Dudard    Un presule!

Daisy        Mazarino...

Dudard    Vedrete che si estenderà anche all'estero.

Berenger      E pensare che il male è partito proprio di qui!

Daisy         ...e anche degli aristocratici: il duca di Saint-Simon.

Berenger      (braccia al cielo) I nostri classici!

Daisy        ... e tanti altri. Molti altri. Forse un quarto dell'intera popolazione della città.

Berenger      Non importa! Siamo ancora i più forti! Dobbiamo ap­profittarne! Far qualcosa prima di essere sopraffatti!

Dudard   Ma loro sono efficienti... molto efficienti...

Daisy        Per ora sarebbe meglio far colazione. Ho portato qualcosa da mangiare.

Berenger      Molto gentile, signorina.

Dudard   (tra sé) Sì, molto gentile.

Berenger      (a Daisy) Non so come ringraziarla.

Daisy        (a Dudard) Vuol fare colazione con noi?

Dudard    Grazie, ma non vorrei essere di troppo...

Daisy        (a Dudard) Ma che dice, signor Dudard? Sa benissimo che ci farà piacere.

Dudard   Sa benissimo che non voglio disturbare...

Berenger (a Dudard) Ma certo, Dudard, la prego. La sua com­pagnia è sempre un piacere per noi.

Dudard     Il fatto è che ho fretta... un appuntamento...

Berenger      Ma se prima aveva detto che era libero?

Daisy        (toglie le provviste dal cestino) Sa, non è stato facile trovar da mangiare. Molti negozi sono devastati: divo­rano tutto! E gli altri sono chiusi « Per trasforma­zioni », così è scritto sui cartelli.

Berenger      Dovrebbero chiuderli in recinti, oppure imporre loro un domicilio coatto.

Dudard    Non mi pare possibile applicare questi provvedimenti. E poi la Società protettrice degli animali sarebbe la prima ad opporsi.

Daisy        Eh, già. Senza contare che ormai ognuno ha un amico o un familiare tra i rinoceronti e questo complica ancora le cose.

Berenger      Ma allora sono tutti d'accordo!

Dudard   Be', sono tutti solidali.

Berenger      Ma come si fa a essere rinoceronte? È una cosa impen­sabile, impensabile! (A Daisy) Vuole che l'aiuti a preparare la tavola?

Daisy        (a Berenger) Non si disturbi: so dove sono i piatti. (Si dirige verso un mobile e ritorna con i piatti in mano).

Dudard   (tra sé) Guarda, guarda: conosce bene la casa...

Daisy        (a Dudard) Allora, metto tre piatti? Lei resta con noi?

Berenger      (a Dudard) Ma sì, resti, resti!

Daisy        (a Berenger) Eppure ci si abitua, sa? Più nessuno fa caso ai branchi di rinoceronti che passano per le strade a gran carriera. I passanti si scansano, poi riprendono la loro passeggiata e fanno gli affari loro come se niente fosse.         

Dudard   È l'unica cosa da fare.

Berenger      Ah, no! Io non mi abituerò mai!

Dudard   (riflettendo) Mi domando se non sia un'esperienza da tentare.

Daisy        Be', adesso mangiamo.

Berenger      Ma come, proprio lei, un giurista, venirmi a sostenere che...

Dall'esterno, rumore di un branco di rinoceronti in rapido galoppo, e suoni di trombe e tamburi.

Che succede?

Corrono tutti alla finestra di proscenio.

Ma che succede?

Fracasso di un muro che crolla. La polvere invade metà palco­scenico: se è possibile, i personaggi saranno nascosti dalla pol­vere. Li si sentirà parlare.

Non si vede più niente: che cosa succede?

Dudard   Non si vede, ma si sente.

Berenger      Non basta!

Daisy        Santo cielo! Questa polvere sporcherà tutti i piatti.

Berenger      Che mancanza d'igiene!

Daisy        Sbrighiamoci a mangiare. Non pensiamo più a queste cose.

Il polverone si disperde.

Berenger      (indica con il braccio verso il pubblico) Hanno demo­lito la caserma dei pompieri!

Dudard    Ma è vero: l'hanno demolita!

Daisy        (che si era allontanata e si trovava vicino al tavolo in­tenta a pulire un piatto, accorre presso i due) Guardate! Escono!

Berenger      Tutti i pompieri! Sono tutti dei rinoceronti! Un reggi­mento di rinoceronti con la banda in testa!

Daisy        Sfilano sul viale!...

Berenger      È la fine, la fine!

Daisy        ... altri rinoceronti escono dai portoni!

Berenger      ... dalle case...

Dudard   ...persino dalle finestre...

Daisy        ... e raggiungono gli altri!

Si vede uscire dal pianerottolo a sinistra un uomo che scende le scale correndo; poi un secondo, che ha un grande corno sopra il naso, quindi una donna con la testa di rinoceronte.

Dudard   Ormai sono la maggioranza.

Berenger      Quanti unicorni e quanti bicorni ci saranno?

Dudard    Già: scommetto che gli studiosi di statistica stanno statisticando in merito. Che magnifica occasione per delle controversie scientifiche!

Berenger      La percentuale degli uni e degli altri potrà essere sol­tanto approssimativa... Non hanno tempo, non avranno più tempo di contarli!

Daisy        A me pare che la cosa più ragionevole sia di lasciare gli statistici alle loro statistiche. Coraggio, caro Be­renger, venga a tavola. Le farà bene: servirà a calmarle i nervi. (A Dudard) E farà bene anche a lei.

Si ritirano dalla finestra. Berenger, condotto per mano da Daisy, si avvicina al tavolo.

Dudard    (si arresta a metà scena) Ecco... non ho molta fame, e poi non mi piace la roba in scatola. Avrei voglia di man­giare sull'erba, in campagna.

Berenger      Per carità, non lo faccia! Non sa che rischio corre?

Dudard   Davvero, non voglio disturbare.

Berenger      Ma se le abbiamo detto che...

Dudard   (interrompendo) Senza complimenti.

Daisy        (a Dudard) Be', se proprio vuole andarsene, non possiamo obbligarla a...

Dudard   Non voglio offendervi, ma...

Berenger      (a Daisy) No! Non lo lasci andare, non lo lasci!

Daisy        Per me, se rimane mi fa piacere, ma ognuno è libero di...

Berenger      (a Dudard) L'uomo è superiore al rinoceronte!

Dudard   Non lo nego. Ma neanche lo affermo. Non lo so, solo l'esperienza ce lo dirà!

Berenger      (a Dudard) Anche lei, anche lei!!... Lei è un debole, Dudard! Mi ascolti!... è un entusiasmo passeggero... se ne pentirà!

Daisy        Sì, certo, è un entusiasmo passeggero, il pericolo non è grave!

Dudard    Ma io ho degli scrupoli! Il dovere m'ingiunge di se­guire i miei superiori e i miei amici nella buona e nella cattiva sorte.

Berenger      Ma non li ha mica sposati!

Dudard    Ho rinunciato a sposarmi: preferisco la grande fami­glia degli uomini a una piccola famiglia privata.

Daisy        (stancamente) La rimpiangeremo molto, Dudard, ma non possiamo farci niente.

Dudard    Sento che è mio dovere non abbandonarli... seguo la voce del dovere!

Berenger      No! Il suo dovere invece è di... ma come non capisce qual è il suo vero dovere!... È suo dovere resistere lucidamente, fermamente.

Dudard    (comincia a girare in tondo sul palcoscenico) Conserverò la mia lucidità. Tutta la mia lucidità. Se c'è da criticare, è meglio farlo dall'interno che dall'esterno. Non li abbandonerò, non posso abbandonarli!

Daisy        Ha buon cuore!

Berenger      Ha troppo buon cuore. (A Dudard che si precipita verso la porta) Lei ha troppo buon cuore, lei è umano! (A Daisy) Lo fermi! È umano!

Daisy        Che posso farci!

Dudard apre la porta e fugge. Lo si vede scendere le scale di corsa, seguito da Berenger che gli grida, dal pianerottolo.

Berenger      Dudard! Si fermi! Torni indietro! Le vogliamo bene, non ci vada!... Troppo tardi! (Rientra in casa) Troppo tardi!

Daisy        Non potevamo farci niente. (Chiude la porta).

Berenger (si precipita alla finestra) Li ha raggiunti... dove sarà adesso?

Daisy        (sopraggiunge) Con loro.

Berenger      Ma quale sarà?

Daisy        E chi lo sa? Non si può già più riconoscerlo.

BerengerSono tutti uguali, tutti uguali! (A Daisy) Ha ceduto. Avrebbe dovuto trattenerlo, ad ogni costo!

Daisy        Non ho osato.

BerengerAvrebbe dovuto essere più decisa, avrebbe dovuto insi­stere, era innamorato di lei, vero?

Daisy        Non mi ha mai fatto una dichiarazione ufficiale.

BerengerTutti lo sapevano. L'ha fatto per una delusione d'a­more! Era un timido! Ha voluto fare un gesto clamo­roso per impressionare lei. Non le vien voglia di seguirlo?

Daisy   Ma niente affatto. Come vede, sono rimasta.

Berenger (guarda dalla finestra) Non ci sono più che loro, in strada! (Si precipita alla finestra del fondo) Soltanto loro! Perché non è andata anche lei, Daisy? (Guarda ancora dalla finestra di proscenio) Non un essere umano a vista d'occhio... sono padroni delle strade... unicorni, bicorni, misti, nient'altro che li distingua!

Si sente il galoppo dei rinoceronti. Questi rumori, però, sono ora più musicali. Sul muro del fondo appaiono e scompaiono alcune teste di rinoceronte stilizzate, che verso la fine della com­media diventeranno sempre più numerose. Le teste verranno proiettate sul muro per tratti via via più lunghi, e alla fine la proiezione diverrà fissa. Inoltre queste teste dovranno diventare sempre più belle, malgrado l'apparenza mostruosa.

Non è delusa, Daisy? Davvero? Non ha rimpianti?

Daisy        Oh, no, no.

Berenger      Vorrei tanto consolarla... Ti amo, Daisy, non lasciarmi!

Daisy        Chiudi la finestra, caro. Fanno troppo fracasso. E poi la polvere arriva fin qui. Ci sporcherà tutta la casa.

Berenger      Sì, hai ragione.

Berenger chiude la finestra di proscenio, mentre Daisy chiude quella del fondo. Ritornano al centro del palcoscenico.

Finché staremo insieme, niente mi fa paura, tutto mi è indifferente. Ah, Daisy, non avrei mai pensato di inna­morarmi così! (Le stringe le mani, le braccia).

Daisy        Vedi? Tutto è possibile.

Berenger      Come vorrei farti felice! Sarai felice con me?

Daisy        E perché no? Se tu lo sei, lo sono anch'io. Dici che non hai paura di niente, e invece hai paura di tutto. Cosa vuoi che ci succeda?

Berenger      (balbettando) Amore, tesoro! Tesoro, amore... dammi le tue labbra, non pensavo che avrei mai più potuto innamorarmi così. (Le stringe le mani, le braccia).

Daisy        Su, cerca di esser calmo, abbi fiducia in te stesso.

Berenger      Sì, sì... sono calmo... dammi le tue labbra!

Daisy        Caro, sono tanto stanca. Calmati, riposati. Mettiti in poltrona.

Berenger      (va a sedersi in poltrona, guidato da Daisy) Certo, non valeva proprio la pena che Dudard litigasse con Botard.

Daisy        Non pensar più a Dudard. Ora ci sono io vicino a te. In fondo, non abbiamo il diritto di intervenire nella vita degli altri.

Berenger      Perché? Tu, per esempio, intervieni nella mia. E sai anche importi, con me.

Daisy        È un'altra cosa, non ho mai amato Dudard.

Berenger      Sì, ti capisco. Se fosse rimasto qui, sarebbe stato un ostacolo per noi. Eh, sì, la felicità è egoista.

Daisy        Dobbiamo difendere la nostra felicità, non è vero?

Berenger      Ti adoro, Daisy. E ti ammiro.

Daisy        Forse, quando mi conoscerai meglio, non me lo dirai più.

Berenger      Perché? Più ti conosco e più mi piaci. Sei così bella, così bella!

Rumori di un nuovo passaggio di rinoceronti.

Soprattutto se ti paragono a quelli... (Indica la finestra) Tu mi dirai che non è un complimento, ma, vedi, di fronte a loro la tua bellezza risalta ancora di più!

Daisy        Hai mantenuto la promessa, oggi? Non hai bevuto cognac?

Berenger      Sì, sì, ho tenuto la promessa.

Daisy        Sul serio?

Berenger      Ma sì, ti assicuro.

Daisy        Devo crederti?

Berenger      (un po' confuso) Ma certo che devi credermi.

Daisy        Allora puoi berne un bicchierino. Ti farà bene.

Berenger si alza di scatto.

No, stai pure seduto, caro. Dov'è la bottiglia?

Berenger      (indica con il braccio il tavolino) Là, sul tavolino.

Daisy        (va verso il tavolino e prende la bottiglia e un bicchiere) L'hai nascosta bene.

Berenger      L'ho fatto per evitare la tentazione.

Daisy        (versa un bicchierino e lo passa a Berenger) Sei proprio di carattere. Fai dei progressi.

Berenger      Con te farò molti progressi.

Daisy        (dà il bicchiere a Berenger) Bevi, te lo sei proprio meritato.

Berenger      (vuota il bicchiere di colpo) Grazie, cara. (Tende ancora il bicchiere vuoto).

Daisy        Ah, no, caro. Basta per stamattina. (Prende il bicchiere e lo ripone con la bottiglia sul tavolo) Non vorrei che ti facesse male. (Ritorna vicino a Berenger) E il mal di testa, come va?

Berenger      Molto meglio, amore.

Daisy        Allora possiamo togliere questa benda. Non ti sta molto bene, sai?

Berenger      No! Non toccarla!

Daisy        Ma sì, adesso la togliamo.

Berenger      No! Ho paura che ci sia qualcosa sotto...

Daisy        (toglie la benda vincendo l'opposizione di Berenger) Sempre le tue paure, le tue angosce. Vedi? Non c'è pro­prio niente. La tua fronte è perfettamente liscia.

Berenger      (si tasta la fronte) Sì, è vero! Ah, tu mi liberi da tutti i complessi!

Daisy lo abbraccia e gli dà un bacio in fronte.

Come sarei finito senza di te!

Daisy        Non ti lascerò mai più solo.

Berenger      Con te non avrò mai più degli incubi.

Daisy        Sì, vedrai che riuscirò a farli sparire.

Berenger      Leggeremo dei libri insieme. Mi farò una cultura.

Daisy        E nelle ore di minor traffico, faremo delle lunghe passeggiate.

Berenger      Sì, sulle rive della Senna, al parco del Luxembourg.

Daisy        Al giardino zoologico.

BerengerSarò forte e coraggioso. Anch'io ti proteggerò contro tutti i malvagi.

Daisy        Non ci sarà nessun bisogno di proteggermi, caro. Non ce l'abbiamo con nessuno e nessuno ce l'ha con noi.

Berenger      Spesso si fa del male senza volerlo. Oppure non fac­ciamo niente per evitarlo. Vedi, per esempio a te non piaceva quel povero signor Papillon. Però, quel giorno che Boeuf si è trasformato in rinoceronte, non avresti dovuto dirgli che aveva le mani rugose.

Daisy        E perché? Era vero: erano proprio rugose.

BerengerCi credo, ci credo. Però avresti potuto dirglielo meno brutalmente, con un po' più di tatto. È rimasto scosso.

Daisy        Credi?

BerengerSi capisce. Ha fatto finta di niente perché è un uomo che ha dell'amor proprio, ma nel suo intimo ne ha sofferto. Anzi, probabilmente è stato proprio questo a precipitare gli eventi. Chissà! Forse avresti potuto salvare un'anima!

Daisy        Ma come potevo prevedere quel che gli sarebbe successo... È stato maleducato!

BerengerDa parte mia, non posso perdonarmi di esser stato così poco tollerante con Jean. Non sono mai riuscito a dimostrargli tutta la mia amicizia. E non sono stato abbastanza comprensivo con lui.

Daisy        Non stare a tormentarti. Hai fatto del tuo meglio. Non si può pretendere l'impossibile. I rimorsi non servono. Non pensar più a quelli là, cerca di dimenticarli: metti via i brutti ricordi.

Berenger      Sono ancora troppo vivi questi ricordi, troppo vicini... Sono reali.

Daisy        Non ti credevo così realista, ti credevo molto più poe­tico. Non hai un po' di fantasia? Vedi: ci sono tante realtà diverse. Scegli quella che ti piace di più. Cerca di evadere nella fantasia.

Berenger      Facile a dirsi!...

Daisy        Non ti basto, io?

Berenger      Oh, sì, ampiamente, ampiamente!

Daisy        Tu ti rovini la vita con i tuoi casi di coscienza. Tutti, forse, hanno la loro parte di colpa. Eppure a me pare che noi due siamo meno colpevoli di molti altri.

Berenger      Credi proprio?

Daisy        Sì, sìamo relativamente migliori di tanta gente. Siamo buoni, tutti e due.

Berenger      È vero: tu sei buona. E anch'io sono buono! È vero.

Daisy        Vedi che allora abbiamo il diritto di vivere, anzi, ab­biamo il dovere, di fronte a noi stessi, di essere felici indipendentemente da tutto. Il complesso di colpa è un sintomo pericoloso. Significa che non siamo innocenti.

Berenger      Certo, questo può portare a... (Indica col braccio le due finestre sotto le quali passano i rinoceronti, poi la pa­rete di fondo sulla quale appare una testa di rinoce­ronte) Molti di loro hanno cominciato così!

Daisy        Sì, sforziamoci di non sentirci più colpevoli!

Berenger      Hai ragione, tesoro, angelo mio! Siamo insieme, no? E nessuno potrà separarci. Non c'è che il nostro amore, non c'è che questo di vero! Nessuno ha il diritto di im­pedirci di essere felici!

Suona il telefono.

Chi può essere?

Daisy        (con timore) No! Non rispondere!

Berenger      Perché?

Daisy        Non so... forse è meglio.

BerengerMagari può essere il signor Papillon, o Botard, o Jean o Dudard che ci avvisano di aver cambiato idea... L'hai detto anche tu che il loro era soltanto un entusiasmo passeggero!

Daisy        Non credo. Non possono aver cambiato idea così pre­sto. Non hanno avuto il tempo di riflettere. Vedrai che andranno fino in fondo.

Berenger      E allora... forse sono le autorità che hanno deciso di agire... che lanciano un appello perché collaboriamo alle misure di sicurezza!

Daisy        Mi stupirebbe.

Nuovo squillo del telefono.

Berenger      Ma sì, certo: è il centralino delle autorità, lo ricono­sco! Uno squillo lungo. Devo rispondere al loro ap­pello. Sono proprio loro! (Stacca il ricevitore) Pronto?

Come risposta si sentono, provenienti dal ricevitore, dei barriti.

Senti? Dei barriti! Ascolta...

Daisy        (accosta il ricevitore all'orecchio, sussulta, e riaggancia con violenza. Con terrore) Ma che sta succedendo?

Berenger      Adesso ci fanno anche gli scherzi!

Daisy        Scherzi di cattivo gusto!

Berenger      Vedi? Te l'avevo detto, io!

Daisy        Non mi avevi detto un bel niente!

Berenger      Me l'aspettavo, l'avevo previsto!

Daisy        Non avevi previsto niente. Non prevedi mai niente. Prevedi solo le cose quando sono già successe.

Berenger      No, no, ti assicuro che io le sento, le cose...

Daisy        Però, non sono gentili. È una cosa veramente antipa­tica. Non mi piace esser presa in giro.

Berenger      Non oserebbero prenderti in giro. Prendono in giro me.

Daisy        Sì, ma siccome sono con te, è chiaro che ce l'hanno anche con me. Si vendicano. Ma che cosa gli abbiamo fatto?

Nuovo squillo del telefono.

Basta! Strappa il filo!

Berenger      Non si può! È proibito!

Daisy        Ah, tu! Dici di proteggermi e poi non osi far niente!

(Strappa con violenza il filo).

La suoneria cessa.

Berenger      (corre verso la radio) Accendiamo la radio, sentiamo le notizie!

Daisy        Sì, bisogna sapere a che punto siamo.

Dalla radio provengono dei barriti. Berenger sposta il pulsante. La radio si spegne. Si sentono ancora, come in lontananza, gli echi dei barriti trasmessi.

Ma andiamo di male in peggio! Non mi va questa sto­ria, non riesco a capire! (Trema).

Berenger      (agitatissimo) Calma! Calma!

Daisy        Hanno occupato la stazione radio!

Berenger      (tremante e agitato) Calma! Calma! Calma!

Daisy corre verso la finestra del fondo. Guarda fuori, poi si spo­sta verso quella di proscenio. Berenger fa le stesse cose in senso opposto, poi si ritrovano entrambi in mezzo alla scena, di fronte.

Daisy        Ma questo non è più uno scherzo, fanno sul serio, adesso!

Berenger      Sì, ci sono solo loro! Solo loro! Le autorità sono passate dalla loro parte!

Corrono come sopra alle due finestre. Poi s'incontrano nuova­mente al centro della scena.

Daisy        Non c'è più nessuno, da nessuna parte!

Berenger      Siamo soli... siamo rimasti soli!

Daisy        Era quello che volevi.

Berenger      Tu lo volevi!

Daisy        Io? No, eri tu!

Berenger      Tu!

Rumori da tutte le parti. Le teste di rinoceronte ora pullulano sul muro di fondo. Nella casa, da destra e da sinistra, si sentono passi affrettati e ansimare di pachidermi. Tutti questi orribili ru­mori sono ora come musicalizzati, ritmati. Soprattutto dal piano superiore, provengono rumori e trepestio forti. Dello stucco cade dal soffitto. La casa sussulta.

Daisy        La terra trema! (Non sa dove fuggire).

Berenger      No, sono i nostri vicini, i perissodattili! (Fa mimiche con il pugno a destra e a sinistra) Basta! Finitela! Non ci lasciate lavorare! I rumori molesti sono vietati! Proibito far fracasso!

Daisy        È inutile, non ti ascoltano.

Il fracasso però decresce e diventa come un sottofondo musicale.

Berenger (atterrito) Non aver paura, amore. Siamo insieme... non stai bene qui con me? Non ti basto, io? Terrò lontani da te tutti gli incubi.

Daisy        Forse la colpa è nostra.

BerengerNo, tesoro, non pensarci più. Non devi avere rimorsi. Il complesso di colpa è pericoloso. Viviamo la nostra vita, siamo felici! Abbiamo il diritto di essere felici! Non sono cattivi, vedi? e poi non gli facciamo niente... Ci lasceranno in pace. Calmati, riposati. Siediti lì in poltrona. (La guida verso la poltrona) Siediti.

Daisy siede in poltrona.

Vuoi un bicchierino di cognac per tirarti su?

Daisy        No, ho mal di testa.

Berenger (prende la benda che aveva all'inizio della scena e l'av­volge intorno alla testa di Daisy) Ti amo, tesoro. Non aver paura: la smetteranno! È una cosa passeggera.

Daisy        No, non la smetteranno! Continueranno sempre!

Berenger      Ti amo, ti amo alla follia!

Daisy        (toglie la fascia) Succeda quel che vuole. Cosa possiamo farci?

BerengerMah... sono tutti impazziti, anche il mondo è malato: sono tutti malati.

Daisy        Già, ma non saremo noi a guarirli.

Berenger      Come faremo a vivere con loro?

Daisy        (ragionando) Bisogna essere ragionevoli. Dobbiamo trovare un modus vivendi, cercare di farci capire da loro...

Berenger      Non possono capirci.

Daisy        Ma è necessario! Non c'è altra via d'uscita!

Berenger      Tu riesci a capirli?

Daisy        Non ancora. Ma dobbiamo sforzarci di capire la loro psicologia, di imparare la loro lingua.

Berenger      Ma non è una lingua! Ascolta... ti pare che sia una lingua?

Daisy        Che ne sai? Non sei mica un poliglotta!

Berenger      Ne riparleremo più tardi. Adesso dobbiamo far colazione.

Daisy        Non ho fame. Basta! Non resisto più!

Berenger      Ma tu sei più forte di me... non vorrai lasciarti impres­sionare. Io ti ammiro proprio per la tua forza d'animo!

Daisy        Me l'hai già detto.               

Berenger      Sei sicura del mio amore?

Daisy        Ma sì!

Berenger      Ti amo.

Daisy        Continui a ripeterti, tesoro.

Berenger      Ascoltami, Daisy: qualcosa possiamo fare! Avremo dei bambini, i nostri bambini a loro volta avranno dei bam­bini... ci vorrà del tempo, d'accordo, ma in due potremo rigenerare l'umanità.

Daisy        Come? Rigenerare l'umanità?

Berenger      L'hanno già fatto una volta.

Daisy        Sì, al tempo di Adamo ed Eva... Avevano del coraggio, però!

Berenger      Anche noi dobbiamo farci coraggio. Non ce ne vuole poi tanto. Son cose che vanno avanti da sé, e col tempo e con la pazienza...

Daisy        (interrompe) Ma a che serve?

Berenger      Un po' di coraggio: ci vuole solo un po' di coraggio!

Daisy        Non voglio aver bambini. È una seccatura.

Berenger      Ma allora, come potrai salvare l'umanità?

Daisy        E perché dovrei salvarla?

Berenger      Che domanda! Fallo per me, Daisy. Salviamo il mondo!

Daisy        E chi ti dice che non siamo noi che abbiamo bisogno di essere salvati? Forse gli anormali siamo proprio noi!

Berenger      Tu stai delirando, Daisy. Hai la febbre.

Daisy        Perché? Ne vedi degli altri, tu, della nostra specie?

Berenger      Daisy: ti proibisco di dire certe cose!

Daisy        (si guarda intorno e vede rinoceronti ovunque: sulle pareti, alla porta d'entrata, anche sulle scale) Guarda! Sono loro l'umanità! Sono così allegri... si sentono così bene nella loro pelle! Non hanno affatto l'aria di essere pazzi. Sono normalissimi. E hanno tutte le ragioni.

Berenger      (stringendo le mani, guarda Daisy con sgomento) Sia­mo noi che abbiamo ragione, Daisy! Siamo noi!

Daisy        Oh, che pretesa!

Berenger      Sai benissimo che ho ragione io.

Daisy        Non esiste una ragione assoluta. La ragione è sempre della maggioranza, noi non contiamo niente!

Berenger      No Daisy, ho ragione io. E lo dimostra il fatto che quando ti parlo tu mi capisci.

Daisy        Questo non dimostra niente.

Berenger      La prova è che ti amo come un uomo ama una donna.

Daisy        E questo che c'entra?

Berenger      Ma io non ti capisco più, Daisy! Amore, non sai più quello che dici! L'amore, Daisy, l'amore, il nostro amore?...

Daisy        Mi vergogno un poco di questo cosiddetto amore... que­sto sentimento morboso, questa debolezza dell'uomo. E anche della donna. Come puoi paragonarlo con l'ar­dore, la straordinaria energia che emana da questi esseri che ci circondano?

BerengerEnergia? Ah, vuoi dell'energia, tu? Tieni, eccoti dell'energia! (Le da uno schiaffo).

Daisy        Ah, non avrei mai creduto... (Si abbandona piangendo sulla poltrona).

BerengerOh, scusami, tesoro, perdonami! (Tenta di abbracciarla, ma lei si scosta) Non so proprio come sia successo, ho perso la testa!

Daisy        È chiaro: non sapevi più che cosa dire...

BerengerDio mio! In pochi minuti abbiamo vissuto venticinque anni di matrimonio.

Daisy        Anche tu mi fai pena: ti capisco, sai.

Berenger (mentre Daisy piange) Eh, sì, è proprio vero: non so più che cosa dire! Tu pensi che siano più forti di me, più forti di noi.

Daisy        Certo.

BerengerEbbene, malgrado tutto, ti giuro che non mi arrenderò mai, non mi arrenderò mai, io!

Daisy        (si alza e va verso Berenger. Lo abbraccia) Povero amore, resisterò con te, fino alla fine!

Berenger      Davvero? Ci riuscirai?

Daisy         Ti dò la mia parola. Abbi fiducia in me.

Rumori di rinoceronti. Sono melodiosi e musicali.

Li senti? Cantano.

Berenger      No, non cantano: barriscono.

Daisy        Cantano!

Berenger      Ti dico che barriscono.

Daisy        Ma sei pazzo: cantano!

Berenger      Allora non hai orecchio!

Daisy        Tu non capisci niente di musica, povero amore, e poi, guarda: giocano, ballano.

Berenger      Lo chiami un ballo, questo?

Daisy        È il loro modo di ballare. Come sono belli!

Berenge   Sono orrendi!

Daisy        Non ti permetto di insultarli. Mi offendi!

Berenger      Scusa. Non vorrai che ci mettiamo a litigare, per loro?

Daisy        Sono meravigliosi, divini!

Berenger      Ma Daisy, esageri: guardali bene!

Daisy        Non esser geloso, tesoro. Perdonami anche tu. (Va verso Berenger per abbracciarlo, ma ora è lui che si scosta).                                                                        

Berenger      Devo constatare che le nostre idee sono assolutamente all'opposto. Finiamola di discutere!

Daisy        Che mentalità meschina!

Berenger      Che mentalità stupida!

Daisy        (a Berenger che, voltandole la schiena, si osserva allo specchio, si squadra con attenzione)

La vita in comune non è più possibile.

(Mentre Berenger continua a guar­darsi, sì dirige adagio verso la porta, dicendo)

Sei cattivo con me, sei proprio cattivo!

(Va via. La si vede scendere lentamente la scala).

Berenger (sempre guardandosi allo specchio) In fondo un uomo non è poi tanto brutto! E dire che come uomo non sono una bellezza. Credimi, Daisy! (Si volta e non la vede) Daisy! Daisy! Dove sei, Daisy? Non farai anche tu questa pazzia! (Si lancia verso la porta, gridando) Daisy! (Giunto al pianerottolo, si sporge dalla rin­ghiera) Daisy! Torna indietro, Daisy! Non hai nean­che mangiato... Daisy, non lasciarmi! Me lo avevi pro­messo! Daisy! Daisy!... (Rinuncia a chiamarla. Con un gesto di disperazione, rientra nella stanza) Natural­mente. È logico. Non ci si capiva più... una coppia di­sunita... non era più possibile tirare avanti, così... Ma non avrebbe dovuto lasciarmi senza una spiegazione... (Si guarda intorno) Se n'è andata così, senza una pa­rola... Non è il modo di fare! E adesso sono proprio solo. (Va a chiudere la porta a chiave, con cura, ma con rabbia) Ma non mi arrendo! (Chiude con cura le fine­stre) Avete capito? Non mi arrendo! (Si rivolge a tutte le teste di rinoceronte) Non vi seguirò mai, non vi ca­pisco! Resterò quello che sono... Sono un essere umano. Un essere umano! (Va a sedersi in poltrona) Ah, che si­tuazione impossibile! È colpa mia se lei se ne è andata. Ero tutto, per lei... che le succederà, adesso?! Ah... an­cora una persona sulla coscienza! Devo immaginarmi il peggio, perché il peggio è possibile... Povera bambina abbandonata in questo mondo di mostri! Nessuno può aiutarmi a ritrovarla, nessuno, perché non c'è più nes­suno! Nuovi barriti, corse sfrenate, nuvole di polvere. Non voglio sentirli... Meglio mettere del cotone nelle orecchie. (Si mette del cotone nelle orecchie e si parla da solo allo specchio) Non c'è altra via che tentare di convincerli... già, ma convincerli di che? E queste me­tamorfosi, saranno reversibili? Eh? Saranno reversi­bili?... Sarebbe una fatica d'Ercole, al di sopra delle mie possibilità. E, prima di tutto, per convincerli, bi­sognerebbe parlare con loro... Ma per parlare, dovrei imparare la loro lingua... O forse loro impareranno la mia?... Ma che lingua parlo, io? Qual è in realtà la mia lingua? È italiano, questo? Sì, dev'essere italiano. Ma che cos'è poi l'italiano? Possiamo anche chiamarlo ita­liano, se vogliamo, tanto nessuno può contraddirmi: sono solo a parlare. Ma che sto dicendo? Che dico? Riesco ancora a capirmi, poi? (Va verso il centro della stanza) E se, come diceva Daisy, fossero proprio loro ad aver ragione? (Si volta verso lo specchio) Eppure un uomo non è brutto, un uomo non è brutto! (Si osserva, passandosi la mano sulla faccia) Che strano essere, però! Chissà mai a che cosa assomiglio... (Si precipita verso uno scaffale e ne estrae delle fotografie che sfoglia febbrilmente) Fotografie! Ma chi sono tutti questi tipi?! Il signor Papillon, oppure Daisy? E que­sto qua? Sarà Botard? Dudard? Jean? Che sia io?... (Si precipita di nuovo verso lo scaffale e ne estrae due o tre ritratti) Sì, adesso mi riconosco: sono io! io! io! (Va ad appendere il ritratto sulla parete di fondo tra le teste di rinoceronte) Sono io! Sono proprio io!

Mentre l'appende, vediamo che i ritratti raffigurano un vecchio, una donna grassa e un altro uomo. La bruttezza delle persone ritratte contrasta ora con le teste dei rinoceronti che sono diven­tate molto belle.

(Fa un passo indietro per osservare meglio i quadri) No, non sono bello, non sono per niente bello! (Stacca i quadri, li getta per terra con ira, va verso lo spec­chio) Sono loro che sono belli! Avevo torto! Ah, vorrei essere come loro! Non ho niente in testa, neanche un corno! Com'è brutta la mia fronte così piatta, liscia... ci vorrebbero un corno o due, così anche i miei tratti risal­terebbero meglio... Chissà, forse spunteranno, e allora non mi sentirò più così umiliato, potrò andare a rag­giungerli... Ma no... le corna non spuntano... (Si guarda le palme delle mani) Le mie mani sono sudate... che schifo! Chissà se diventeranno grosse, rugose... (Si to­glie la giacca, sbottona la camicia, osserva il petto allo specchio) Ho la pelle tutta flaccida. Ah, questo corpo così bianco e peloso! Come vorrei avere una pelle ru­vida, e quel magnifico colore verde scuro... come vor­rei avere un nudo decente, senza peli, come il loro! (Ascolta i barriti) Il loro canto è attraente, forse un po' rauco, ma certo attraente! Se potessi anch'io can­tare così! (Cerca di imitarli) Aah! aah! Brr! Brr! No, non è così! Proviamo più forte! Aah! aah! Brr! No, non è così! Troppo debole, manca di forza, di vigore! Non riesco a barrire! Urlo soltanto! Aah! aah! Brr!... ma gli urli non sono barriti! Come mi sento in colpa! Avrei dovuto seguirli quand'ero ancora in tempo! Troppo tardi, adesso! È finita, sono un mostro! Sono un mo­stro! Non diventerò mai più un rinoceronte, mai, mai, mai!... Non posso più cambiare. Vorrei tanto, ma non posso, non posso! E non posso più sopportarmi, mi faccio schifo, ho vergogna di me stesso! (Si volta, spalle allo specchio) Come sono brutto! Guai a colui che vuole conservare la sua originalità! (Ha un brusco sussulto) E allora, tanto peggio! Mi difenderò contro tutti! La mia carabina, la mia carabina! (Si volta verso la parete del fondo dove si vedono le teste di rinoceronte. Ur­lando) Contro tutti quanti mi difenderò, contro tutti quanti! Sono l'ultimo uomo, e lo resterò fino alla fine! Io non mi arrendo! Non mi arrendo!

Sipario.