Il riso degli dei

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IL RISO DEGLI DEI

Un atto in tre quadri

di LORD DUNSANY

Versione di Vinicio Marinucci

PERSONAGGI

RE KARNOS

VOCE-DEGLI-DEI, profeta

ICTARION

LUDIBRAS

ARPAGAS

LA PRIMA SENTINELLA

LA SECONDA SENTI­NELLA

UNA GUARDIA

IL CARNEFICE

LA REGINA

TARMIA, moglie di Ictarion

AROLEVD, moglie di Ludibras

CAROLIX, moglie di Arpagas

SERVITORI.

La città-giungla di Tek, nel regno di Re Karnos, verso il periodo della decadenza di Babilonia.

QUADRO PRIMO

La città-giungla di Tek, nel regno di Re Karnos.

Tarmia                         - Sapete che la mia discendenza è quasi divina.

Arolind                       - La spada di mio padre era cosi terribile, «he egli doveva nasconderla «otto un mantello.

Tarmia                         - Probabilmente ilo faceva perchè non c'era nessun gioiello sul fodero.

Arolind                       - C'erano degli smeraldi che sorpassavano lo splendore del mare.

Tarmia                         - Ora devo lasciarvi e ifare un giro per i ne­ gozi, che ancora non ho visitato da quando siamo giunti in Tek. i

Ictarion                       - Non hai portato nulla da Barbul-el-Sciarnak?

Tarmia                         - Non era necessario. iH Re non avrebbe con­dotto la sua corte in un luogo dove non si può trovare ciò che serve.

Arolind                       - Posso venire con Vostra Sincerità?

Tarmia                         - Certo, Principessa Signora, sarò lieta della vostra compagnia.

Arolind                       - (a Ludibras) Voglio vedere gli altri pa­lazzi di Tek (a Tarmia) e poi potremo andare fuori le mura a vedere quali principi vivono nelle vicinanze.

TaRMIA                     - Sarà delizioso. (Escono Tarmia e Arolind).

Ictarion                       - Bene, eccoci in Tek.

Ludibras                     - Che fortuna che il Re sia venuto a Tek. Temevo che non si sarebbe mai deciso.

Ictarion                       - E' una bellissima città.

Ludibras                     - Quando rimaneva anno dopo anno nella mostruosa BairbuI-el-Sciarnak, temevo che non avrei visto mai più il sole sorgere nella splendida campagna ven­tosa. Pensavo che avremmo Vissuto sempre in Barbul-el-Sciarnak e saremmo stati isepolti tra le case.

Ictarion                       - Non ci sono fiorii laggiù. Mi domando come il vento ci arrivi.

Ludibras                     - Lo sai che ;sono «tato io a farlo decidere a venire qui? Ogni giorno .gli portavo orchidee che veni-vano da un paese lontano. Alla fine le notò e disse: « Questi sono bei fiori ». « Vengono da Tek            - dissi io          - e Tek è piena di fiori. Da lontano sembra rossa, sulla «abbia, ai cammellieri ». Allora...

Ictarion                       - No, non sei stato tu a farlo venire. Una volta vide una farfalla in Barbul-él-Sciarnak. Non ve ne erano «tate da sette anni. Io ne mandavo a prendere a centinaia, ma tutte morivano quando giungevano in Barbul-el-Sciarnak. Soltanto quella visse, per nostra for­tuna. Il Re la vide.

Ludibras                     - Eppure, è venuto a Tek per vedere le mie orchidee.

Ictarion                       - Ma il suo pensiero si cambiò da quando vide la farfalla. Se non fosse stato per essa, non avrebbe mai notato il fiore.

Ludibras                     - Andiamo, andiamo, ora siamo qui e nien-t'altro importa.

Ictarion                       - Che cosa meravigliosa è l'aria fresca della mattina! Mi sono alzato presto per respirarla. Ci sono voluti tre giorni per giungere qui da Barbul-el-Sciarnak. Ricordi come igli uomini fissavano i nostri cammelli? Nessuno si era allontanato dalla città da anni.

Ludibras                     - Credo che non sia facile lasciare una cosi igrande città. Essa si stringe intorno a noi, e ci fa dimenticare i eampi.

Ictarion                       - (guardando lontano) La giungla è come un mare che giace sotto di noi.

Ludibras                     - E le orchidee sono come fievoli, heiile can­zoni di un invisibile cantore, come la tentazione ad uno sconosciuto peccato. Mi fanno pensare alle tigri che scivolano nell'oscurità sotto di esse. (Entrano Arpagas e servitori con lance e cinture di cuoio).

Ictarion                       - Dove andate, voi?

Arpacas                       - Andiamo a caccia.

Ictarion                       - A caccia! Che bellezza!

Arpagas                      - Un sentiero discende dalla porta del pa­lazzo, e la sua estremità tocca il limite della giungla.

Ludibras                     - Oh, paradisiaca città di Tek!

Ictarion                       - Siete mai andato a caccia, prima?

Arpagas                      - No. Ho sognato di andarvi. In Barbul-el-Sciarnak avevo quasi dimenticato il mio sogno.

Ictarion                       - L'uomo non è stato fatto per le città. Non lo sapevo, prima.

Ludibras                     - Verrò con ,voi.

Ictarion                       - Anch'io. Andremo giù per il sentiero, e ci sarà la giungla. Prenderò una lancia passando.

Ludibras                     - Cacceremo nella giungla?

Arpagas                      - Dicono che ci siano krut e abbax; anche le tigri sono state sentite. Non dobbiamo tornare mai più & Barhul-el-Sciarnak.

Ictarion                       - Potete contare su di noi.

Ludibras                     - Faremo restare il Re a Tek. (Escono, la­sciando due sentinelle in piedi ai lati del trono).

La prima Sentinella     - Sono tutti contenti di essere in Tek. Anch'io sono contento.

La seconda Sentinella -  una città molto piccola. Duecento di queste città non farebbero Barbul-el-Sciarnak.

La prima Sentinella     - Certo, ma la reggia è più bella. E' stata costruita fin dai tempi del Progenitore,

La seconda Sentinella            - Non credevo che potesse esistere un palazzo simile al di fuori di Barbul-el-Sciar­nak.

(Entrano Tarmia e Arolind piangendo).

Tarmia                         - Oh, è terribile.

Arolind                       - Oh, oh, oh!

La prima Sentinella     - (alla seconda) Qualcosa è suc­cesso. (Entra Carolix).

Carolix                        - Che cosa c'è, principesche signore? (Alle sentinelle) Via. Andate via. (Le sentinelle escono) Che cosa è successo?

Tarmia                         - Oh, andavamo per una piccola strada...

Carolix                        - Sì, ebbene...?

Arolind                       - La strada principale della città... (Entrambe piangono).

iCarolix                       - Sì, sì...

Tarmia                         - Essa finisce nella giungla.

Carolix                        - Siete andate nella giungla! Ma devono es­serci le tigri!

Tarmia                         - No.

Arolind                       - No.

Carolix                        - Che cosa avete fatto?

Tarmia                         - Siamo tornate indietro.

Carolix                        - (in tono di tormento) Che cosa avete visto lungo la strada?

Tarmia                         - Nulla.

Arolind                       - Nulla.

Carolix                        - Nulla?

Tarmia                         - Non ci 30110 negozi.

Arolind                       - Non abbiamo potuto comprare stoffe.

Tarmia                         - Non abbiamo potuto comprare (singhiozza) polvere d'oro da mettere sui nostri capelli.

Arolind                       - E non ci sono (singhiozza) principi nelle vicinanze. (Carolix rompe amaramente in lagrime).

Tarmia                         - Barbul-el-Sciarnak, Barbul-el-Sciarnak. Oh, perchè il Re ha lasciato Barbul-el-Sciarnak?

Arolind                       - Barbul-el-Sciarnak. Le sue strade erano tutte di agata.

Tarmia                         - E c'erano negozi dove si comperavano cose meravigliose.

Carolix                        - Il Be deve tornare immediatamente.

Tarmia                         - (ora più calma) Partirà domani. Mio marito gli paniera.

Arolind                       - Forse mio marito potrebbe avere più in­fluenza.

Tarmia e Arolind        - Mio marito l'ha condotto qui.

Tarmia                         - Che?!

Arolind                       - Niente. Che avete detto?

Tarmia                         - Io non ho detto niente. Credevo che voi aveste parlato.

Carolix                        - Sarà meglio che mio marito persuada il Re, dato che lui era sempre contrario alla sua venuta in Tek.

Tarmia                         - (ad Arolind) Non credo che possa avere grande influenza, se il Re ha finito col venire a Tek.

Arolind                       - No. Sarà meglio che ci pensino i nostri mariti. 76

 Carolix                       - Io personalmente ho una certa influenza 6ulla Regina.

Tarmia                         - T£ mutile. I suoi nervi sono allo scoperto. Piange quando le si parla. Se discutete di qualcosa con lei, piange a gran voce, e le ancelle devono venire a farle vento e a metterle profumo sulle mani.

Arolind                       - Non lascia mai le sue camere, e il Re non l'ascolterebbe.

Tarmia                         - Eccoli, sono essi che tornano. Cantano una canzone di caccia... Oh, hanno ucciso una bestia. Quattro uomini la portano su due rami.

Arolind                       - (annoiata) Che bestia è?

Tarmia                         - Non so. Mi pare che ahbia delle corna fra-stagliate.

Carolix                        - Dobbiamo andare ad incontrarli. (Il canto è alto e gioioso. Escono dal lato per il quale sono andate le sentinelle. Le sentinelle entrano).

La prima Sentinella     - Non lasceremo più Tek, ora.

La seconda Sentinella            - Perchè non la lasceremo più?

La prima Sentinella     - Non hai sentito quanto erano felici nel cantare la canzone di caccia? Continueranno a cacciare...

La seconda Sentinella            - Ma il Re vorrà rimanere?

La prima Sentinella     - Egli fa sempre quello che Ictarion e Ludibras gli consigliano. Non ascolta mai la Regina.

La seconda Sentinella            - La Regina è pazza.

La prima Sentinella     - Non è pazza, ma ha una cu­riosa malattia, si spaventa sempre, anche se non c'è nulla da temere.

La seconda Sentinella            - Dev'essere una malattia tre­menda; preferirei essere pazzo...

La prima Sentinella     - (guardando dinanzi a se) Ssss! (Entrano il Re e il suo seguito. Egli siede sul trono. En­trano dall'altro lato Ictarion, Ludibras e Arpagas, cia­scuno con la moglie al fianco, tenendosi per mano. Ogni coppia si inchina dinanzi al Re, sempre tenendosi per mano; quindi seggono. Il Re risponde con un cenno del capo a ciascuna coppia).

Il Re                            - (a Tarmia) Bene, Vostra Sincerità, spero che siate felice di essere venuta a Tek.

Tarmia                         - Molto felice, Maestà.

Il Re                            - (ad Arolind) E' molto più piacevole di Bar­bul-el-Sciarnak, non è vero?

Arolind                       - Molto più piacevole, Maestà.

Il Re                            - E voi, principessa aignora Carolix, trovate tutto ciò che vi occorre in Tek?

Carolix                        - Più che tutto, Maestà.

Il Re                            - (ad Arpagas) Allora, possiamo rimanere qui a lungo...

Arpagas                      - Vi sono ragioni di Stato per le quali sa­rebbe pericoloso...

Il Re                            - Ragioni di Stato? Perchè non dovremmo ri­manere qui?

Arpagas                      - Maestà, v'è una leggenda che dice che colui che è il più grande in Banbul-el-Sciarnak è il più grande nel mondo.

Il Re                            - Non avevo mai sentito questa leggenda.

Arpagas                      - Maestà le piccole leggende non giungono alle sacre orecchie dei re; tuttavia esse circolano tra 'gli uomini più piccoli di generazione in generazione.

Il Re                            - lo non tornerò a Barbul-el-Sciarnak per una leggenda.

Arpacas                       - Maestà, è molto pericoloso...

Il Re                            - (alle signore) Stiamo discutendo cose di Stato, che interessano poco le Vostre Sincerità...

Tarmia                         - (alzandosi) Maestà, noi siamo ignoranti di queste cose. (Escono).

Il Re                            - (a ictarion e a Ludibras) Ci riposeremo dagli alluri di òtato per un po' di tempo. Saremo ielici, in questo splendido antico palazzo.

Ludibras                     - Se Vostra Maestà comanda, noi dobbiamo obbedire.

Il Kb                           - Ma Tek non è forse meravigliosa? E le or­chidee della giungla non sono forse stupende?

Ludibras                     - Credo che sarebbero splendide se fossero blu, e ce ne fossero di meno.

Il Re                            - lo non credo. Ma voi, Ictarion, non credete che la città sia bella?

Ictarion                       - Si, Maestà.

Il Ke                           - Ah! Sono lieto che (vi piaccia. iPer me è ado­rabile.

Ictarion                       - Non mi piace, Maestà. Ma so che è bella perche Vostra Maestà io ha detto.

Ludibbas                     - Questa città è pericolosamente insalubre, Maestà.

Arpagas                      - Ed è dannoso rimanere assenti da Barbul-el-Sciarnak.

Ictarion                       - Noi imploriamo Vostra Maestà di ritornare nei centro del monito.

Il Ke                           - lo non ritornerò a Barbul-el-Sciarnak. (Escono il He con i servitori, ictarion, Ludibras e Arpagas ri­mangono. Entrano Arolind e Carolix; ciascuna va da suo marito molto ajjeltuosamente).

Arolind                       - Avete parlato al Ke?

Ludibras                     - Sì.

Abolino                       - Gii avete detto che deve ritornare subito a Kamul-el-Sciarnak?

Ludibbas                     - Bene, io».

Arolind                       - Quando partirà?

Ludibbas                     - INon ha detto che partirà.

Arolind                       - Che!?

Carolix                        - Non si torna?! (Arolind e Carolix pian­gono e si allontanano dai loro mariti).

Ludibbas                     - Ma noi abbiamo parlato al Re.

Arolind                       - Oh, dobbiamo rimanere a morire qui!

Ludibbas                     - Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo.

Arolind                       - Oh, io sarò sepolta in Tek!

Ludibbas                     - Non si poteva fare di più.

Abollnd                      - Le mie vesti sono .strappate, i miei capelli rovinati. Sono in cenci...

Ludibbas                     - Mi sembra che tu sia benissimo vestita.

Arolind                       - (levandosi) Benissimo vestita! Certo che lo sono! Ma chi c'è qui che mi veda? Sono sola nella giungla, e qui sarò sepolta!

Ludibras                     - Ma..

Arolind                       - Oh, non vorrai lasciarmi sola? Non c'è più nulla di sacro per te? Nemmeno il mio dolore? (Arolind e Carolix escono).

Arpagas                      - (a Ludibras) Che cosa dobbiamo fare?

Ludibras                     - Le donne sono tutte uguali.

Ictarion                       - Io non permetto a mia moglie di parlarmi in quel modo. (Arpagas e Ludibras escono) Spero che Tarmia non piangerà. E' molto penoso veder piangere una donna. (Entra Tarmia) Non essere triste, ti prego, non essere triste. Non sono riuscito a persuadere il Re a tornare a Barbul-el-Sciarnak, ma vedrai, sai-ai felice qui, dopo un po' di tempo».

Tarmia                         - (dando in una gran risata) E tu sei il con­sigliere del Re! Ah, ah, ah! Tu sei il Gran Visir della Corte! Ah, ah, ah! Tu sei il Guardiano dello Scettro d'oro! Ah, ah, ah! Oh, va a gettare biscotti al cane del Re!

Ictarion                       - Che?

Tarmia                         - Getta biscottini al cane del Re, forse ti obbedirà. Forse avrai qualche influenza sui cane del Re, se lo nutrirai di biscottini. Tu... (tilde ed esce, ictarion siede avvilito, col capo Jra le mani. Ludibras e Arpagas rientrano).

Ludibbas                     - Sua Sincerità, la principessa signora Tar­mia, ha parlato con voi?

Ictarion                       - Ma detto qualche parola... (Ludibras e Ar­pagas sospirano) tUouummo lasciare lek, domnumo par­tire da 'lek.

Ludibras                     - Come, senza il Re?

Arpagas                      - Mai.

Ictarion                       - No. A Barbul-el-Sciarnak si direbbe: a quelli una volta erano a Corte», e gli uomini che abbiamo latto staliiiare ci sputerennero in faccia.

Ludibras                     - Chi può comandare a un Re?

Arpagas                      - Soltanto gli dei.

Ludibras                     - Gli dei? INon ci sono più dei, ora. Siamo civili da più di tremila anni. Gii dei che hanno nutrito la nostra inlanzia sono morti, o sono andati a nutrire nazioni più giovani.

Ictarion i                     - lo mi rifiuto di ascoltare una... Oh, le sentinelle non ci sono. No, gli dei non ci servono a nulla. Sono slati portati via dalla decadenza.

Arpagas                      - Qui non siamo nella decadenza. Barbul-el-Sciarnak vive in un'età diversa. La città di Tek è scar­samente civilizzata.

Ictarion                       - Ma tutti vivono in Barbul-el-Sciarnak.»

Arpagas                      - Gli dei.»

Ludibras                     - Il vecchio profeta sta venendo.

Arpagas                      - Quello crede negli dei quanto voi ed io.

Ludibras                     - Sì, ma dobbiamo parlare come >se non lo sapessimo. (Voce-deglùdei, il profeta, attraversa la scena).

Voce-degli-dei            - Essi sono benigni. (Esce).

Ictarion, Ludibras e Arpagas (alzandosi) Gli dei sono buoni.

Ictarion                       - Ascoltate! Facciamogli fare una profezia al Re. Facciamogli ordinare al Re di andare via, altri­menti gli dei distruggeranno la città.

Ludibras                     - Potremmo convincerlo?

Ictarion                       - Credo di sì.

Arpagas                      - Il Re è più civilizzato di noi. Non se ne importerà degli dei.

Ictarion                       - Egli non può ignorarli; gli dei incorona­rono i «noi antenati e se non ci sono gli dei, chi è che Io ha fatto Re?

Ludibras                     - Già, è vero. Deve obbedire a una pro­fezia.

Ictarion                       - Se il Re 'disobbedisce agli dei, il popolo Io «caccerà, sia che gli dei abbiano creato il popolo o «he il popolo abbia creato gli dei. (Arpagas scivola sulle tracce del profeta).

Ludibras                     - Se il Re scopre questo, saremo atrocemente torturati.

Ictarion                       - Come potrebbe scoprirlo?

Ludibras                     - Egli sa che gli del non esistono.

Ictarion                       - Nessun uomo lo «a con certezza.

Ludibras                     - Ma se ci sono... (Entra il profeta con Ar-pagas. Ictarion manda via rapidamente Ludibras e Ar-pagas).

Ictarion                       - C'è una questione delicata che riguarda il Re.

Voce-decli-dei            - Allora, posso aiutarvi poco, perchè io servo soltanto gli dei.

Ictarion                       - E’ una cosa che riguarda anche gli del.

Voce-decli-dei            - Ah! Vi ascolto, allora.

Ictarion                       - Questa città è molto insalubre per il Re, che ha una costituzione delicata. Inoltre, qui non c'è nes­sun lavoro proficuo che il Re possa fare. E’ anche peri­coloso per Barbul-el-Sciarnak rimanere a lungo senza Re, a meno che...

Voce-degli-dei            - E questo riguarda gli dei?

Ictarion                       - LI riguarda sotto questo aspetto, che «e gli dei lo sapessero, avviserebbero il Re, ispirando voi a fare una profezia. Ma siccome non lo «anno...

Voce-degli-dei            - Gli dei sanno tutto.

Ictarion                       - Gli dei non sanno le cose che non sono vere. Questo non è strettamente vero...

Voce-degli-dei            - E' stato scritto e detto che gli dei non possono mentire.

Ictarion                       - Naturalmente, ,gli dei non possono mentire, ma un profeta qualche volta può enunciare una profezia che sia utile agli uomini, e quindi gradita agli dei, an­che «e questa profezia non sia del tutto vera.

Voce-degli-dei            - Gli dei parlano per bocca mia; il mio respiro è mio, io sono umano e mortale, ma la mia voce è quella degli dei, e gli dei non possono mentire.

Ictarion                       - E' .saggio, in un'età in cui gli dei hanno perduto la loro potenza, causare l'ira di uomini potenti, per amore degli dei?

Voce-degli-dei            - E' saggio.

Ictarion                       - Noi siamo tre e voi siete solo fra di noi. Vi salverebbero, gli dei, se noi volessimo mettervi a morte e fare scomparire il vostro corpo nella giungla?

Voce-decli-dei            - Se voi faceste ciò, gli dei lo avrebbero voluto. Se non lo volessero, non potreste farlo.

Ictarion                       - Noi non vogliamo farlo. Tuttavia, voi pro­nuncerete questa profezia. Andrete dinanzi al Re e gli direte che gli dei hanno parlato e che entro tre giorni, e causa di una vendetta su di uno sconosciuto che vive in questa città, essi distruggeranno l'intera Tek, a meno che tutti gli abitanti non ne ciano partiti.

Voce-degli-dei           - Io non lo farò, perchè gli dei non possono (mentire.

Ictarion                       - Non è usanza, fin dai tempi immemorabili, per un profeta quella di avere due mogli?

Voce-degli-dei            - Ma certamente. Questa è la legge. (Ictarion alza tre dita) Che?!

Ictarion                       - Tre.

Voce-degli-dei            - Non mi tradite. E' passato tanto tempo...

Ictarion i                     - Non vi sarà più permesso di servire gli dei, se gli nomini lo sapranno. E nemmeno gli dei vi proteggeranno, perchè li avete offesi.

Voce-degli-dei            - E' peggio che gli dei mentiscano. Non mi tradite.

Ictarion                       - Dirò a tutti quello che so.

Voce-degli-dei            - Farò la profezia.

Ictarion                       - Ah! Avete deciso saggiamente.

Voce-degli-dei            - Quando gli dei mi puniranno per averli fatto mentire, sapranno come punire anche voi.

Ictarion                       - Gli dei non ci puniranno. E' da molto tempo che igli dei non puniscono più gli uomini.

Voce-degli-dei            - Gli dei ci puniranno.

FINE PRIMO QUADRO

QUADRO SECONDO

Ld stessa scena. Lo Messo giorno.

Il Re                            - (indicando fuori scena, a sinistra) Guarda­tele ora, non sono belle? Prendono gli ultimi raggi del sole all'orizzonte. Potete dire che le orchidee non sono belle, ora?

Ictarion                       - Maestà, eravamo in errore, sono bellissime. Si innalzano dalla giungla per prendere il sole. Sono come il diadema di un re esultante.

Il Re                            - Ah! Anche voi amate la bellezza di Tek, ora.

Ictarion                       - {Si, sì, Maestà, ora la vedo. Vorrei vivere in questa città per sempre.

Il Re                            - Sì, e noi vivremo qui per sempre. Non c'è luogo più bello di Tek. Non ho ragione?

Ludibras                     - Vostra Maestà ha ragione, non c'è luogo più hello.

Il Re                            - Ah! Io ho sempre ragione.

Tarmia                         - Quanto è bella Tek!

Asolino                       - iSì, è proprio divina! (Tre colpi sono bat­tuti «u di un gong sonoro).

Mormorii                     - C'è stata una profezia. C'è stata una pro­fezia.

Il Re                            - Ah! C'è stata una profezia. Fate venire A pro­feta. (Esce un servitore. Entra cupamente, con aria ab­battuta e camminando con molta lentezza, Voce-degli-dei) Voi avete fatto una profezia.

Voce-degli-dei            - Io ho fatto una profezia.

Il Re                            - Vorrei sentire questa profezia. (Pausa).

Voce-degli-dei            - Maestà, gli dei, entro tre giorni-

Il Re                            - Fermo! Non si usa cominciare con certe pa­role? (Pausa).

Voce-decli-dei            - F/ stato scritto ed è «tato detto.» P stato scritto ed è stato detto... che gli dei non possono mentire.

Il Re                            - Così va bene.

Voce-degli-dei            - Che gli dei non possono mentire….

Il Re                            - Sì.

Voce-degli-dei            - Entro tre giorni gli dei distrugge­ranno questa icittà fper vendetta su di xin uomo, a meno che tutti gli abitanti non la abbandonino.

Il Re                            - Gli dei distruggeranno Tek?

Voce-degli-dei            - Sì.

Il Re                            - Quando dovrà .succedere?

Voo.e-degli-dei          - Fra tre giorni.

Il Re                            - E tome succederà?

Voce-degli-dei            - ' Oh... Succederà.

Il Re                            - Come?

Voce-degli-dei            - Oh... Si udrà un rumore... come Io spaccarsi del legno... un rumore come di un tuono che venga su dalla terra. Una fenditura correrà come un topo attraverso il pavimento. Verrà una luce rossa, poi nes­suna luce più e, nell'oscuro, Tek crollerà. (Il Re siede, immerso in profondi pensieri. Il profeta esce lentamente; comincia a piangere, poi si getta il mantello sul viso. Stende le braccia per dirigere il suo cammino, ed è con­dotto via per mano. Il Re siede pensieroso).

Tarmia                         - Salvateci, Maestà.

Arolind                       - Salvateci.

Ictarion                       - Dobbiamo fuggire, Maestà.

Ludirras                      - Dobbiamo fuggire rapidamente. (Il Re siede sempre in silenzio. Leva un bastoncino alla sua destra, per battere una campanella d'argento, ma lo de­pone. Alla fine lo riprende e batte la campana. Entra un servitore).

Il Re                            - Fate tornare il profeta. (Il servo si inchina ed esce. Il Re è pensieroso, gli altri impauriti. Il pro­feta rientra) Quando gli dei profetizzano la pioggia nella stagione della pioggia, o la morte di Un vecchio, noi li crediamo. Ma quando profetizzano qualcosa di incredi­bile e di ridicolo, come accade ora, e che non si è udito fin dalla caduta di Bleth, la nostra credulità è superata. E' possibile che un uomo mentisca; non è possibile che gli dei distruggano una città, oggi.

Voce-degli-dei            - O Re, abbi pietà.

Il Re                            - Come, vorresti essere rimandato salvo, mentre il tuo Re è distrutto dagli dei?

Voce-degli-dei            - INo, no, Maestà. Io rimarrò in città, Maestà. Ma se gli dei non la distruggeranno, se gli dei mi avessero ingannato?

Il Re                            - iSe gli dei ti hanno ingannato, hanno segnato la tua condanna. Perchè chiedere pietà a me?

Voce-degli-dei            - Se gli dei mi hanno ingannato, e non mi puniscono più oltre, io chièdo pietà a voi, o Re.

Il Re                            - Se .gli dei ti hanno ingannato, fa che ti pro­teggano dal mio carnefice.

La prima Sentinella     - (ride. A parte, alla seconda sen­tinella) Questa è buona.

La seconda Sentinella            - 'Proprio! (Ride).

Il Re                            - Se al tramonto del sole la maledizione non cadrà, allora il carnefice...

Voce-degli-dei            - Maestà!

Il Re                            - Basta! Senza dubbio gli dei distruggeranno la città al tramonto. (Le sentinelle ridacchiano. Il pro­feta è condotto via).

 Ictarion                      - Maestà! E' prudente uccidere un profeta, anche se colpevole? Non credete che il popolo...

Il Re                            - Finché è un profeta, sì; ma quando egli ha profetato falsamente, la sua morte è dovuta agli dei. Una volta lo stesso popolo 'bruciò un profeta perchè aveva avuto tre mogli.

Ictarion                       - (a parte, a Ludibras) E* una disgrazia, ma che possiamo fare?

Ludibras                     - Non sarà ucciso se ci tradirà...

Ictarion                       - Oh... è vero...! (Tutti sussurrano).

Il Re                            - Che mormorate?

Tarmia                         - Maestà, noi temiamo che gli dei ci distrug­gano tutti, e...

Il Re                            - Non temete. (Silenzio di morte. Un lamento fuori scena. Entra la Regina, pallidissima).

La Regina                   - O Maestà, Maestà, ho udito il suonatore di liuto.

Il Re                            - Essa intende il suonatore di liuto che è udito da coloro che stanno per morire.

La Regina                   - Ho sentito Gog-Owza, il suonatore, suo­nare il suo liuto. E io morirò, oh, io morirò!

Il Re                            - No. No. No. Tu non hai sentito Gog-Owza. Chiamate le sue ancelle. Chiamate le ancelle della Regina.

La Regina                   - Ho sentito Gog-Owza suonare, e morirò.

Il Re                            - Silenzio! Lo sento anch'io. Non è Gog-Owza, è soltanto un uomo con un liuto. Lo sento anch'io.

La Recina                   - Oh, anche il Re lo sente! Od Re morirà. Il grande Re morirà. I miei bambini saranno desolati perchè il Re morirà. Piangi, popolo della giungla. Pian­gete, cittadini di Tek. E tu, o iBarbul-el-Sciarnak, o grande metropoli, piangi nel mezzo dei popoli, perchè il grande Re morirà.

Il Re                            - No. No. No. (Al più vecchio dei presenti) Ascolta. Lo odi?

Il Vecchio                   - Sì, Maestà.

Il Re                            - Vedete? E’ un vero liuto. Non c'è nessuno spirito che suona.

La Regina                   - Oh, ma egli è vecchio, e fra poco mo­rirà. E' Gog-Owza, e il Re morirà.

Il Re                            - No, no, è soltanto un uomo. Guardate fuori della finestra. (A un giovane).

Il Giovane                   - E* scuro, Maestà, e non posso vedere.

La Regina                   - E' lo spirito di Gog-Owza.

Il Giovane                   - Odo la (musica chiaramente.

Il Re                            - Eppure, egli è giovane.

La Regina                   - I giovani sono sempre in pericolo, per infiniti motivi. Anch'egli morirà, e il grande Re, ed io. Tra pochi giorni saremo tutti morti.

Il Re                            - Ascoltiamo tutti; è impossibile che tutti dob­biamo morire fra pochi giorni.

Tarmia                         - Io lo odo chiaramente.

La Regina                   - Le donne sono fiori nelle mani della morte. Anche lei morirà.

Tutti                            - Io lo odo. Io lo odo. Anch'io. Anch'io. An­ch'io. Non è che un uomo col liuto.

La Regina                   - Vorrei vederlo, e allora ne sarei certa. (Guarda fuori) No, è troppo scuro.

Il iRe                           - Lo chiameremo, se vuoi.

La Regina                   - Sì, sarò tranquilla, allora, e potrò dor­mire. (Il Re dà ordine ai servitori di fare ricerche. La Regina è sempre alla finestra).

Il Re                            - E' qualche uomo lungo il fiume che suona il suo liuto. Mi dicono che a volte suonano per tutta la notte.

Tarmia                         - (a parte) E’ il loro divertimento, qui.

Arolind                       - (a parte) E' l'unica musica che si sente.

Tarmia                         - Proprio così.

Arolind                       - Oh, come desidero la Sala dorata dei Canti in Barbul-el-Sciamak ! Credo che conterrebbe quasi tutta Tek. (Rientra un servitore).

Il Servitore                  - Non è che «hi comune liuto, Maestà. Tutti lo odono, eccetto un uomo.

Il Re                            - Tutti eccetto uno, dici? Ah, grazie. (Alla Regina) Non è che un liuto comune.

La Regina                   - Un uomo non l'ha udito. Chi era? Dov'è? Perchè?

Il Servitore                  - Si disponeva a tornare a Barbul-el-Sciarnak, Stava proprio per partire. Ha detto che non lo ha udito.

La Regina                   - Oh, mandatelo a chiamare.

Il Servitore                  - E' partito, Maestà.

La Regina                   - Raggiungetelo, svelto, raggiungetelo. (Il servitore esce).

Tarmia                         - (a parte, ad Arolind) Vorrei essere in viag­gio per Barhul-el-Sciarnak.

Arolind                       - Oh, essere di nuovo nel centro del mondo!

Tarmia                         - Stavamo parlando della Sala dorata,

Arolind                       - Ah, sì. Quanto era bella! Strani suonatori venivano da terre lontane, con piume fra i capelli e suo­navano strumenti a noi sconosciuti.

Tarmia                         - La Regina stava meglio, allora. La musica la calmava.

Arolind                       - Questo suonatore di liuto ila fa impazzire.

Tarmia                         - Beh, non c'è da meravigliarsene. Ha un «nono lugubre. Ascoltate!

Arolind                       - Non ascoltiamo. Mi ifa venir freddo.

Tarmia                         - Non sa suonare come Nagra o come il caro Trehannion. E' perchè abbiamo ascoltato Trehannion, che non ci piace sentirlo.

Arolind                       - Non mi piace sentirlo perchè provo freddo.

Tarmia                         - Sentiamo freddo perchè la Regina ha aperto la finestra. (A un servo) Trovate l'uomo che suona, date­gli questo, e fatelo cessare. (Il servo esce).

Ictarion                       - Sentite! Sta suonando ancora!

Il Re                            - Si, lutti lo sentiamo. Non è che un uomo. (A un altro o allo slesso servo) Fatelo smettere.

Il Servo                       - Sì, Maestà. (Esce. Entra un servo con un uomo).

Il Servo                       - Questo è l'uomo che non ode il liuto.

Il Re                            - Ah. Siete sordo, vero?

L'Uomo                      - No, Maestà.

Il Re                            - Mi udite chiaramente?

L'Uomo                      - Sì, Maestà.

Il Re                            - Ascoltate! (Pausa) Udite il liuto, ora?

L'Uomo                      - No, Maestà.

Il Re                            - Chi vi ha mandato a Barbul-el^Sciarnak?

L'Uomo                      - Il capitano delle guardie a cammello, Maestà.

 Il Re                           - Andate e non tornate mai più. Siete sordo e pazzo, per giunta. (A se stesso) La Regina non dormirà. (A un servo) Fate venire della musica, musica, svelto! (// servo esce. Borbottando) La Regina non dormirà. (L'uomo si inchina profondamente e si parte. Dice addio a una sentinella. La Regina si sporge dalla finestra mor­morando. Si ode musica fuori scena).

La Regina                   - Ah, questa è musica terrena, ma è di quell'altra che ho paura.

Il Re                            - Tutti l'abbiamo udita. Confortati. Calmati.

La Regina                   - Un uomo non l'ha udita.

Il Re                            - Ma è andato via. Tutti l'udiamo, ora.

La Regina                   - Vorrei poterlo vedere.

Il Re                            - Un uomo è una piccola cosa e la notte è molto grande e piena di meraviglie. Può darsi benissimo che non si veda.

La Regina                   - Mi piacerebbe vederlo. Perchè non posso vederlo?

Il Re                            - Ho mandato la guardia a cammello in cerca di lui, per farlo tacere. (A Ictarion) Non fate sapere alla Regina della profezia. Potrebbe credere  - Non so che cosa potrebbe credere.

Ictarion                       - No, Maestà.

Il Re                            - La Regina ha una particolare paura degli dei.

Ictarion                       - Sì, Maestà.

La Recina                   - Parlate di me?

Il Re                            - Oh, mo. Parliamo degli dei. (La musica ter­rena cessa).

La Regina                   - Oh, non parlate degli dei. Gli dei sono molto terribili. In nebulosi anfratti di remote colline, forgiano il futuro come su di un'incudine. H futuro mi spaventa.

Il Re                            - Chiamate le ancelle della Regina. Mandate subito a chiamarle. Non lasciarti spaventare dal futuro.

La Regina                   - Gli uomini ridono degli dei; essi ridono spesso degli dei. Ma io sono sicura che anche gli dei ridono. E' tremendo pensare al riso degli dei. Oh, il liuto! Il liuto! Come odo chiaramente il liuto! Ma voi tutti lo udite. Non è vero? Voi giurate di udirlo tutti.

Il Re                            - Sì, sì. Tutti udiamo il liuto. Non è altro che un uomo che suona.

La Regina                   - Vorrei poterlo vedere. Potrei dormire, allora.

Il Re                            - (quietandola) Sì, sì. (Entra un servitore) Ecco l'uomo che ho mandato a cercarlo. Avete trovato il suonatore? Dite alba Regina che avete trovato il suo­natore.

Il Servitore                  - Le guardie hanno cercato, Maestà, ma non hanno potuto trovare nessun uomo che stesse suo­nando un liuto.

FINE SECONDO QUADRO

QUADRO TERZO

Tre giorni dopo.

Tarmia                         - Abbiamo osato troppo. Abbiamo osato trop­po. I nostri mariti verranno messi a morte. Il profeta li tradirà ed essi verranno condannati.

Arolind                       - Oh, che possiamo fare?

Tarmia                         - Sarebbe stato meglio per noi essere vestite di stracci, piuttosto che condurre a morte i nostri mariti per quello che li abbiamo indotti a fare.

Arolind                       - - Abbiamo osato troppo e abbiamo fatto adi­rare il Re e, chissà, potremmo aver fatto adirare anche gli dei.

Tarmia                         - Anche gli dei! Siamo divenute come Elena. Quando mia madre era bambina, una volta la vide. Mi diceva che era la più calma e pacifica delle creature e desiderava soltanto essere amata, eppure, a 'causa di lei, vi fu una guerra di quattro o cinque anni a Troia, e fu bruciata la città, che aveva pregevoli torri; e alcuni degli dèi dei Greci si schierarono a fianco di lei, diceva mia madre, e altri contro di lei, e si contrastavano nel­l'Olimpo, dove essi abitano, tutto per causa di Elena.

Abolind                      - Oh, no, no. Mi spaventa. Io voglio soltanto essere graziosamente vestita e vedere mio marito felice.

Tarmia                         - Avete visto il profeta?

Arolind                       - Oh, sì, l'ho visto. Cammina per il palazzo. E' libero ma non può fuggire.

Tarmia                         - Che aspetto ha? Ha l'aria spaventata?

Arolind                       - Borbotta mentre cammina. A volte piange; e poi si mette il mantello sul viso.

Tarmia                         - Ho paura che li tradirà.

Arolind                       - Io non mi fido di un profeta. E' l'interme­diario tra gli dei e gli uomini. Essi sono tanto lontani. Come può essere sincero icon entrambi?

Tarmia                         - Questo profeta è falso eon gli dei. E' una cosa odiosa per un profeta dire false profezie. (Il profeta attraversa la scena a capo chino e borbottando).

Voce-degli-dei            - Gli dei hanno detto una menzogna. Gli idei hanno detto una menzogna. Potrà mai tutta la loro vendetta riparare a «ruesto...?

Tarmia                         - Ha parlato di vendetta.

Arolind                       - Oh, li tradirà! (Piangono. Entra la Regina).

La Regina                   - Perchè piangete? Ah, voi dovete morire. Avete sentito il suonatore di liuto. Fate bene a piangere.

Tarmia                         - No, Maestà. Era un uomo che ha suonato per questi tre giorni. Tutti lo abbiamo sentito.

La Regina                   - Tre .giorni. Sì, sì, sono tre giorni. Gog-Owza non suona mai più a lungo di tre igiorni. Egli ha dato il suo messaggio.

Tarmia                         - Tutti lo abbiamo udito, Maestà, tranne quel giovane sordo che tornava a Barbul-el-Sciarnak. Lo udia­mo anche ora.

La Regina                   - Sì, ma nessuno lo ha visto! Le mie an­celle lo hanno cercato ma non hanno potuto trovarlo.

Tarmia                         - Maestà, mio marito lo ha udito, e anche Ludibras, e finché essi vivono, sappiamo che non c'è nulla da temere. Ma se il Re si adirasse con loro - per qualche menzogna ehe un uomo geloso potrebbe raccon­tare - qualche criminale «he volesse rinviare la sua pu­nizione - se il Re si adirasse con loro, essi si aprirebbero le vene; non potrebbero sopravvivere alla sua ira. Allora tutti noi dovremmo dire: «Forse era proprio Gog-Owza che Ictarion e Ludibras udivano ».

La Regina                   - Il Re non si adirerà mai con Ictarion e con Ludibras.

Tarmia                         - Vostra Maestà non potrebbe dormire se il Re si adirasse eon loro.

La Recina                   - Oh, no ; non potrei dormire. Sarebbe ter­ribile.

 Tarmia                        - Vostra Maestà sarebbe desta tutta la notte a piangere.

La Regina                   - Oh, sì; io non potrei dormire; piangerei tutta la notte. (Esce).

Arolind                       - Non ha nessuna influenza sul Re.

Tarmia                         - No, ma egli non può sopportare di sentirla piangere tutta la notte. (Entra Ictarion) Sono sicura che il profeta ti tradirà. Ma noi abbiamo parlato alla Regina. Le abbiamo detto che sarebbe terribile se il Re si adirasse con voi, ed ella pensa che piangerebbe tutta la notte se accadesse.

Ictarion                       - Povera mente spaventata! Come sono forti, le piccole immaginazioni! Sarebbe una bella Regina, ma va errando bianca e piangente, in timore degli dei. Gli dei, che non sono altro che ombre nella luce della luna. La paura dell'uomo si leva grande e fatale in tutto questo mistero, fa un'ombra di se stessa sulla terra e l'uomo sussulta e dice «gli dei ». Ed essi sono meno che ombre; noi abbiamo visto le ombre, ma non abbiamo mai visto gli dei.

Tarmia                         - Oh, non parlate così. Una volta c'erano gli dei. Essi rovesciarono Bleth atrocemente. E se vivono ancora nell'oscurità delle colline, oh!, essi potrebbero udire le tue parole!

Ictarion                       - Oh, anche tu ti spaventi. Non temere. Noi andremo a parlare al profeta, mentre voi seguirete la Regina; siate a lungo con lei, e non fatele dimenticare che piangerebbe amaramente se il Re si adirasse con noi.

Arolind                       - Ho quasi paura, quando sono con la Regina. Non mi piace essere vicino a lei.

Tarmia                         - Non può farci del male, ha paura di ogni cosa.

Arolind                       - Mi fa venire grandi paure di eventi prodi­giosi. (Tarmia e Arolind escono. Entra Ludibras).

Ludibras                     - Il profeta sta venendo da questa parte.

Ictarion                       - Siedi. Dobbiamo parlargli. Egli ci tradirà

Ludibras                     - Perchè dovrebbe tradirci?

Ictarion                       - Perchè la colpa della falsa profezia non è sua, è nostra, e il Re potrebbe risparmiarlo se glielo raccontasse. Inoltre, egli va mormorando di vendetta mentre cammina; molti me lo hanno detto.

Ludibras                     - Il Re non lo risparmierà anche se ci tra­dirà. E' 6tato lui a pronunciare la falsa profezia.

Ictarion                       - Il Re nel suo cuore non crede agli dei. Il profeta deve morire perchè lo ha ingannato. Ma se egli sa che noi lo abbiamo indotto...

Ludibras                     - Che cosa possiamo dire al profeta?

Ictabion                      - Mah, non possiamo dir nulla. Però, possia­mo sapere iquello che ha intenzione di fare.

Ludibras                     - Eccolo. Dobbiamo ricordarci di tutto quello che dirà.

Ictarion                       - Osserva i suoi occhi. (Entra il profeta, gli occhi nascosti dal mantello).

Ictarion e Ludibras     - Gli dei sono buoni.

Voce-degli-dei            - Essi sono benigni.

Ictarion                       - Io sono molto da biasimare. Sono moltis­simo da biasimare.

Ludibras                     - Noi confidiamo che il Re si placherà.

Ictarion                       - Spesso ai placa ài tramonto; guarda le orchidee nella sera. Esse sono molto belle, allora, e se egli è adirato la sua ira passa, al levarsi del vento fresco della «era.

Ludibras                     - Certamente egli si placherà al tramonto.

Ictarion                       - Non vi adirate. Io eono da 'biasimare. Non vi adirate.

Voce-degli-dei            - Io non voglio che il Re si plachi al tramonto.

Ictarion                       - Non vi adirate.

Voce-degli-dei            - E' stato detto fin dai tempi più anti­chi :ohe gli dei non possono mentire. E' stato scritto ed è stato detto. Io ho complottato con voi e li ho fatti mentire, perchè la mia voce è la voce degli dei.

Ludibras                     - Noi speriamo «he il Re vi perdonerà.

Voce-degli-dei            - Io voglio morire.

Ictarion                       - No, no. Pregheremo il Re di perdonarvi.

Voce-degli-dei            - i Io voglio morire.

Ludibras                     - No, no.

Voce-degli-dei            - Per causa mia i eacri dei hanno men­tito; essi che hanno detto la verità per migliaia di pro­fezie. (Per eausa mia hanno mentito. Essi rimarranno d'ora in poi orgogliosamente silenziosi e non ispireranno più nessun profeta, e i popoli andranno errando cieca­mente e cadranno inavvertiti nel loro fato. E anche «e parlassero di nuovo, come gli uomini potrebbero più cre­dere in loro? Io ho portato un flagello sulle generazioni che non hanno ancora conosciuto il mondo.

Ictarion                       - No, no, non idite questo.

Voce-degli-dei            - E il mio nome sarà una maledizione culle labbra di molti popoli .gettati al loro destino.

Ictarion                       - Non siate infelice. Tutti (gli uomini deb­bono morire, ma morire infelici...

Voce-degli-dei            - Io ho tradito gli dei che parlavano attraverso di me!

Ictarion                       - Non siate infelice.

Voce-degli-dei            - Vi dico che ho tradito gli dei.

Ictarion                       - Ascoltatemi. Non siate così infelice. Gli dei non esistono. Lo sanno tutti, che non vi sono dei. Anche il Re lo sa.

Vcce-degli-dei            - Voi avete udito mentire il loro pro­feta e credete che gli dei siano morti.

Ludibras                     - Non ci sono dei. Lo sanno tutti.

Voce-degli-dei            - Vi sono gli dei, ed essi hanno una vendetta anche per voi. Ascoltate, ed io vi dirò quale sarà. Sì, anche per voi... Ascoltate!... No, no, essi tacio-no, nel cupo .silenzio dei colli. Non hanno più parlato a me dacché ho mentito.

Ictarion i                     - Avete ragione, gli dei ei puniranno. E' naturale che essi non parlino ora, ma certamente ci puni­ranno. Perciò non è necessario che alcun uomo ei vendi­chi su di noi, anche se ne avesse motivo.

Voce-degli-dei            - Non è necessario.

Ictarion                       - Infatti, potrebbe adirare gli dei ancora di più se un uomo volesse prevenirli nel punirci.

Voce-degli-dei            - Gli dei sono molto veloci. Nessuno li previene.

JLudibras                    - Per un nomo sarebbe rischioso il tentarlo.

Voce-degli-dei            - Il sole discende. Ora vi lascio, per­chè ho sempre amato il «ole al tramento. Lo osservo scivolare tra le nubi dorate e rendere meravigliosa ogni cosa familiare. Dopo il tramonto, la notte, e dopo un'azione cattiva, la vendetta degli dei. (Esce).

Ludibras                     - Egli crede realmente negli dei.

Ictarion                       - E' matto come la Regina; dobbiamo far divagare la sua follia se lo rivediamo. Io credo che tutto andrà bene. (Il carnefice scivola dietro al profeta; egli è vestito di rosso fino alle ginocchia, porta una cintura di cuoio e un'ascia).

Ludibras                     - La sua voce era adirata, mentre 6i allon­tanava. Temo che possa tradirci.

Ictarion                       - Non credo. Egli pensa «he gli dei ci pu­niranno.

Ludibras                     - Per quanto tempo lo penserà ancora?

Ictarion                       - Il carnefice si tiene molto vicino a Ini, ogni ora più vicino. Non ha molto tempo per mutare i cuoi pensieri. Guarda quanto è basso il sole. |Non ha tempo per tradirci. Il Re non è ancora qui

Ludibras                     - Sta venendo.

Ictarion                       - Ma il profeta non è qui.

Ludibras                     - No, non è ancora venuto. (Entra il Re).

Il Re                            - Le ancelle hanno persuaso la Regina che non vi è nulla da temere. Sono eccellenti ragazze; danzeranno dinanzi a me. La Regina dormirà. Sono eccellenti ragazze. Ah, Ictarion. Vieni da me, Ictarion.

Ludibras                     - Perchè il Re ti chiama?

Il Re                            - Avevi torto, Ictarion.

Ictarion                       - Maestà... (Ludibras rimane ad osservare).

Il Re                            - Avevi torto a pensare che Tek non sia molto amabile.

Ictarion                       - Sì, avevo torto, e sono molto da biasimare.

Il Re                            - Sì, è molto bella a sera. Osserverò il sole discendere sulle orchidee. Non vedrò mai più Barbul-el-Sciarnak. Siederò a guardare il sole discendere sulle or­chidee, finché sarà scomparso, e i loro colori svaniranno.

Ictarion                       - E molto bello, ora. iChe calma! Non ho mai visto un tramonto così calmo.

Il Re                            - E' come un quadro dipinto da un pittore mo­rente. Anche se tutte queste orchidee morissero stanotte, pure la loro bellezza sarebbe una memoria indistruttibile.

Ludibras                     - (da parte, a Ictarion) Il profeta sta venendo da questa parte.

Ictarion                       - Maestà, il profeta cammina per il palazzo, e il carnefice è vicino dietro di lui. Se la Regina lo ve­desse, il carnefice non la turberebbe? Non sarebbe me­glio se fosse giustiziato subito? Chiamo il carnefice, ora?

Il Re                            - Non ora. Ho detto al tramonto.

Ictarion                       - Maestà, è misericordioso uccidere un uomo prima del tramonto. Infatti è naturale che un nomo ami il sole. Ma vederlo tramontare e sapere che non sorgerà più per lui, è come una seconda morte. Sarebbe miseri­cordioso ucciderlo ora.

Ix Re                           - Ho detto al tramonto. Sarebbe ingiusto ucci­derlo prima che la sua profezia sia dimostrata falsa.

Ictarion                       - Ma noi sappiamo che è falsa, Maestà. Anche lui lo «a.

Il Re                            - Morirà al tramonto.

Ludibras                     - Maestà, il profeta vi supplicherà per la sua vita, se non ilo farete uccidere ora. Sarebbe penoso ascoltarlo.

Il Re                            - La parola di un re non può mutare. Ho detto che morirà al tramonto. (Entra il profeta. Il carnefice serpeggia strettamente dietro a lui).

Voce-degli-dei            - Tra poco gli dei avranno mentito. Ho falsamente profetizzato, e gli dei avranno mentito. Né la mia morte né la punizione di altri potranno can­cellarlo. (Ictarion e Ludibras sussultano).

 Ictarion                      - Ci tradirà.

Voce-degli-dei            - O perchè avete permesso alla vostra Toce di venire attraverso le mie labbra? O perchè avete permesso alla vostra voce di mentire? (Per secoli è stato detto di città in città: «gli dei non possono mentire ». I nomadi l'hanno saputo sugli altipiani, i montanari vicino all'alba. Tutto è finito ora. O Re, lascia che io muoia in questo momento. Perchè ho profetizzato falsamente e al tramonto gli dei avranno mentito.

Il Re                            - Non è ancora il tramonto. Non c'è d'ubino che abbiale parlato sinceramente. (Entra la Regina) Che ottimo aspetto ha la Regina. Le sue ancelle sono davvero eccellenti.

Ludibras                     - (a Ictarion) C'è (qualcosa che mi sgomenta on poco, nel vedere la 'Regina così calma. E' come un tramonto senza vento, (prima che si scateni un uragano.

Ictarion                       - Non mi piacciono i tramonti calmi; mi fanno pensare che qualche cosa sta per avvenire. Sì, la Regina è assai quieta. Dormirà bene stanotte.

La Regina                   - Non sono più spaventata. Tutte le sel­vagge fantasie della mia mente sono scomparse. Vi ho spesso turbati con piccole paure. Ora sono tutte tranquille ed io non temo più.

Il Re                            - Questo è bene. Sono molto felice. Dormirai questa notte.

La Regina                   - Dormire. Oh, sì, dormirò. Oh, sì, dormi­remo tutti.

Il Re                            - Le ancelle ti hanno detto che non c'è nulla da temere.

La Regina                   - Nulla da temere? No, le piccole paure non mi turbano più.

Il Re                            - Ti hanno detto che non c'è assolutamente nulla da temere. E infatti non vi è nulla.

La Regina                   - Non più piccole paure. Solo una grande paura.

Il Re                            - Una grande paura! Perchè, che cosa è mai?!

La Regina                   - Non devo «dirlo. Non sarebbe giusto che, dopo avervi così spesso epaventati, vi turbassi anche all'ultimo.

Il Re                            - Qual è la tua paura? Devo far chiamare di nuovo le tue ancelle?

La Regina                   - No, non è la mia paura. E’ la paura di tutti gli uomini, se lo sapessero.

Il Re                            - (guardandosi intorno) Oh, hai visto il mio nomo in rosso. Lo manderò via. Lo manderò via.

La Regina                   - No, no. La mia non è una paura terrena. Io non ho più paura delle piccole cose.

Il Re                            - Che cos'è, allora?

La Regina                   - Non lo so bene. Ma tu sai quanto abbia sempre temuto gli dei. Gli dei stanno per fare qualcosa idi terribile.

 Il Re                           - Credi a me, gli dei non fanno più nulla, oggi.

La Recina                   - Sei stato molto buono con me. Sembra trascorso poco tempo da quando i cammelli vennero ad Argun-Zeerith, presso le paludi iridate, i cammelli con il palanchino d'oro e le campanelle sulle teste, alte nel­l'aria, le campanelle nuziali d'argento. Sembra trascorso pochissimo tempo. Allora non «apevo quanto rapidamente sarebbe giunta la fine.

Il Re                            - Quale fine? A chi sta per giungere la fine?

La Regina                   - Non turbarti. Noi non dobbiamo per­mettere che il Destino ci turbi. Il mondo e le sue cure giornaliere, essi fanno paura; ma il Destino... io sorrido al Destino. Il Destino non può farci male se noi gli sor­ridiamo.

Il Re                            - Quale fine dici che sta per venire?

La Regina                   - Non so. Qualcosa che è stato presto non sarà più.

Il Re                            - No, no. Guarda su Tek. E costruita di roc­cia, e il nostro palazzo è tutto di marmo. Il tempo non lo ha scalfito in sette secoli. D. nostro trono è d'oro, fon­dato sul marmo. La morte qualche giorno mi troverà, è vero, ma io eono ancora giovane. Re dopo re sono morti in Barbul-el-Sciarnak o in Tek, ma hanno lasciato la nostra dinastia a ridere aul viso del Tempo da queste antichissime mura.

La Regina                   - Dimmi addio ora, se qualcosa accadesse.

Il Re                            - No, no, non diremo cose tristi.

Il Carnefice                 - Il sole è tramontato.

Il Re                            - < Non ancora. La giungla lo nasconde. Non è ancora tramontato. Guardate la bellezza della luce sulle orchidee. Per quanto tempo hanno riflesso i loro colori sulle mura scintillanti di Tek! Per quanto tempo li ri­fletteranno sul nostro immortale palazzo, immortale nel marmo e nei canti. Oh, come muta il colore! (Al carne­fice) Il sole è tramontato. Portalo via. (Alla Regina) E’ la fine di lui, che hai previsto. (Il carnefice afferra il profeta per il braccio).

Voce-degli-dei            - Gli dei hanno mentito !

Il Re                            - La giungla crolla! E' precipitata nella terra! (La Regina sorride un poco, tenendogli la mano) La città rovina! Le case si abbattono sopra di noi! (Tuono lontano).

Ictarion                       - Si rovesciano come un'ondata e la tenebra viene con esso. (Alto e prolungato tuono. Sprazzi di luce rossa e quindi oscurità totale. Una piccola luce ritorna, mostrando figure prostrate, pilastri infranti e pezzi di marmo bianco. La schiena del profeta è spezzata, ma egli riesce a sollevare il suo torso per un momento).

Voce-degli-dei            - (tronfalmente) Gli dei non hanno mentito !

Ictarion                       - Oh, io muoio. (Una risata si ode daWester­no) Qualcuno ride. Ride perfino in Tek! E l'intera città è abbattuta. (La risata cresce, diviene demoniaca) Che cos'è questo riso tremendo?

Voce-degli-dei            - E' il riso degli dei che non possono mentire, e che se ne ritornano alle loro colline. (Muore).

FINE