Il ritorno a casa

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IL RITORNO A CASA

di 

Harold Pinter

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ritorno a casa (The homecoming) è stata rappresentata per la prima volta al Aldwych Theatre dalla Royal Shakespeare Company il 3 giugno 1965, con la seguente distribuzione:

 

Max      - Paul Rogers

Lenny   - Ian Holm

Sam      - John Normington

Joey      - Terence Rigby

Teddy   - Michael Bryant

Ruth     - Vivien Merchant

Regia di Peter Hall

 

 

La più recente rappresentazione è del 2002 al Royal Exchange Theatre a Manchester, con la seguente distribuzione;

 

Max                Pete Postlethwaite

Lenny             Paul Hilton

Sam                 Eamou Roland

Joey                James Hillier

Teddy             Michael Higgs

Ruth                Simone Lahbib

Regia di Greg Hersov

 

 

 

 

 

 

Personaggi

Max                 un settantenne

Lenny              un trentenne 

Sam                 un sessantatreenne 

Joey                 un venticinquenne 

Teddy              un trentacinquenne 

Ruth                una trentennne

 

Estate.

Una vecchia casa nella zona nord di Londra. Uno stanzone che occupa tutto il palcoscenico. Il muro, che una volta separava questa stanza dall'ingresso e che comprendeva anche una porta, è stato demolito. Ora c'è solo un'apertura ad «arco quadrato», dietro la quale c'è l'ingresso. Nell'ingresso, fondoscena sinistro, c'è una scala, che sale, bene in mostra. La comune è in fondoscena, destro. C'è un attaccapanni a muro, con ganci ecc. Nella stanza c'è una finestra, a destra. Tavoli e sedie vari. Due grandi poltrone. Un grande divano a sinistra. Una grande credenza a muro appoggiata alla parete destra con in alto uno specchio. In fondo, a sinistra, c'è un radiogrammofono appoggiato contro la parete della stanza.

 

 

ATTO PRIMO

 

Sera. Lenny  è seduto sul divano con giornale e matita in mano. Indossa un abito scuro. Ogni tanto sottolinea qualcosa sull'ultima pagina. Entra Max dalla cucina, a sinistra. Va verso la credenza, apre il primo cassetto, ci fruga dentro, poi lo richiude. Indossa un vecchio cardigan, un berretto in testa e porta il bastone. Si avvia in proscenio, si ferma, si guarda attorno.

 

Max                 - Cosa ne hai fatto delle forbici? (Pausa), Ho detto che sto cercando le forbici, Cosa ne hai fatto? (Pausa). Mi hai sentito? Devo ritagliare un pezzo dal giornale,

Lenny              - Lo sto leggendo io, il giornale.  

Max                 - Non quello. Non l'ho nemmeno aperto, quello. Parlo di quello di domenica scorsa. Ci stavo dando un'occhiata, in cucina. (Pausa). Mi hai sentito? Ehi, dico a te! Dove sono finite le forbici? 

Lenny              - (alzando la testa lentamente) Perché non chiudi il becco, coglione che non sei altro?

Max                 - lo minaccia col bastone, puntandoglielo.

Max                 - Non ti permettere di parlarmi in quel modo. Hai capito? (Si siede in una delle poltrone) C'è un'inserzione sul giornale, vendono canottiere di lana. A prezzo stracciato. Avanzi della Marina. Me ne servono un paio. (Pausa). Ho voglia di fumare. Dammi una cicca. (Pausa). Ti ho chiesto una sigaretta. (Pausa). Guarda qui con cosa sono rimasto. (Tira fuori una sigaretta schiacciata dalla tasca). Sto diventando vecchio, credimi. (Accende la sigaretta). Tu non ci credi che ero un duro una volta, eh? Avrei potuto mettere al tappeto due come te, in un colpo solo. Beh, sono ancora forte. Chiedilo allo zio Sani com'ero. Ma ho sempre avuto anche un cuore. Sempre. (Pausa). Andavo spesso in giro con uno che si chiamava MacGregor. Io lo chiamavo Mac. Te lo ricordi Mac? Eh? (Pausa). Eeeh! Eravamo il terrore del West End. Guarda qui, ho anco­ra le cicatrici. Quando entravamo in un locale, si alzava­no tutti, per farci largo. Non volava una mosca. E anche vero che Mac era un pezzo di uomo, alto quasi due metri. Si chiamavano tutti MacGregor fra di loro, in famiglia, solo lui veniva chiamato Mac, erano di Aberdeen. (Pau­sa). Era affezionato a tua madre. Molto affezionato. Ave­va sempre pronta una parola gentile per lei. (Pausa). In realtà non era poi cosi malvagia. E anche se mi veniva da vomitate ogni volta che guardavo quella sua faccia da cu­lo, non era poi una cattiva donna. Io comunque le ho re­galato gli anni migliori della mia vita, cazzo.

                                                                                                                        

Lenny              - Vuoi tapparti quella bocca, vecchio rincoglionito che non sei altro, sto cercando di leggere il giornale.

Max                 - Ehi, senti! Se continui a parlarmi cosi ti spacco la schiena! Hai capito? Non si parla cosi al tuo lurido, schifoso padre!

Lenny              - Sai una cosa? ti stai proprio rincoglionendo. (Pausa). Che ne pensi di Furia, nella corsa delle tre e mezza?

Max                 - Dove? 

Lenny              - Sandown Park.

Max                 - Non ce la farà mai.

Lenny              - E invece si.

Max                 - Mai

Lenny              - Lodanno vincente. (Lo sottolinea sul giornale).

Max                 - Lui pretenderebbe di insegnarmi qualcosa sui caval­li. (Pausa), io ci vivevo all'ippodromo. Era una delle gran­di passioni della mia vita. Epsom? Lo conoscevo come le mie tasche. Ero una delle facce pili note, giti al tondino. Che bella vita all'aperto. (Pausa). E lui pretenderebbe di insegnarmi qualcosa sui cavalli. Tu leggi solo i nomi sul giornale. Io accarezzavo le loro criniere, li tenevo per le reclini, li calmavo prima della grande corsa. Chiamavano sempre e solo me. Max, mi dicevano, c'è un cavallo mol­to nervoso, tu sei l'unico qui in grado di calmarlo. Ed era vero. Avevo... avevo un modo di capire gli animali del tutto istintivo. Avrei dovuto fare l'allenatore. Mi era sta­to proposto parecchie volte… sai, un vero e proprio im­piego, dal duca di... non ricordo il nome... uno dei tanti duchi. Ma avevo gli impegni famigliari, la mia famiglia mi voleva a casa. (Pausa). Quante volte ho visto quelle bestie tagliare il traguardo rombando come tuoni. Che espe­rienza. E non ho mai nemmeno perso, anzi, riuscivo sem­pre a guadagnare qualche scellino, e lo sai perché? Perché riuscivo a fiutare un buon cavallo. Riuscivo a fiutarlo. E non solo i puledri, anche le puledre. Le puledre sono mol­to più tese dei puledri, più inaffidabili, lo sapevi questo? No, cosa vuoi sapere, tu? Niente. Riuscivo a riconoscere una buona puledra con un sistema tutto mio. La guarda­vo negli occhi, sai? Mi piazzavo di fronte a lei e la guar­davo dritta negli occhi, una specie di ipnosi, e riuscivo a indovinare, dall'espressione, se ce l'avrebbe fatta o no. Era un dono il mio. Un talento naturale. (Pausa). E lui pretenderebbe di insegnarmi qualcosa sui cavalli...

Lenny              - Papà, ti dispiace se cambiamo argomento? (Pausa). Senti un po'. Cos'era quella roba che mi hai dato prima, per cena? Ha un nome? (Pausa). Tu sei convinto di do­ver nutrire un branco di cani. Perché non te ne prendi uno? Saresti il cuoco ideale per un cane. Davvero.

Max                 - Se non ti piace perché non te ne vai.

Lenny              Infatti me ne vado. Vado fuori a mangiarmi un pa­sto decente.

Max                 Vai! Cosa aspetti?

Lenny lo guarda.

Lenny              -  Cos'hai detto?

Max                 - Ho detto fuori dai coglioni, ecco cos'ho detto.

Lenny              -  Sei mi parli con quel tono, papà, sarai il primo tu ad andarci.

Max                 Ah si, brutto stronzo? (Afferra il bastone).

Lenny              -  Papà, non vorrai mica usare il bastone? Eh? Non lo fare, papà. Ti prego. Non è colpa mia, è colpa degli al­tri. Io non ho fatto niente di male, papà, giuro. Non mi picchiare col bastone, papà. (Silenzio. Max  è seduto curvo. Lenny legge il giornale. Entra Sam Indossa una divìsa da au­tista. Appende il berretto su uno dei ganci nell' ingresso ed en­tra nella stanza. Si avvia verso una sedia, si siede e sospira). Ciao, zio Sam.

Sam                 - Ciao.

Lenny              -  Come stai, zio?

Sam                 - Non c'è male, Un po'stanco.

Lenny              - Stanco? Lo credo bene che sei stanco. Da dove vieni?

Sam                 - Dall'aeroporto.

Lenny              -  Dall'aeroporto? Ti sei fatto tutta l'autostrada? 

Sam                 - Sì, tutta.

Lenny                  -   Tss, tss, tss. Beh, hai il diritto di sentirti stanco, zio.

Sam                 - È tutta colpa della gente che non sa guidare.

Lenny              -  Lo so. Mi riferivo proprio a loro. A quelli che non sanno guidare. 

Sam                 - Ti sfiancano.

Pausa.

Max                 - Ci sono anch'io qui, lo sai. (Sam lo guarda). Ho det­to che ci sono anch'io. Sono seduto qui.

Sam                 - Lo so che sei qui. (Pausa). Ho portato un americano, oggi... all'aeroporto.

Lenny              -  Ah, un americano? 

Sam                 - Si, ci ho passato tutto il giorno. Sono andato a pren­derlo al Savoy a mezzogiorno e mezzo, l'ho accompagna­to al Caprìce a fare colazione. Poi sono tornato a ripren­derlo, l'ho accompagnato a Eaton Square - andava a tro­vare un amico - e poi, verso l'ora del tè, l'ho portato all'aeroporto.

Lenny              -  Doveva prendere un aereo? 

Sam                 - Si. Guarda cosa mi ha regalato. Una scatola di sigari. (La tira fuori dalla tasca).

Max                 -Vieni qui. Fai vedere. (Sam mostra i sigari a Max. Max  ne prende uno, lo schiaccia e lo annusa). E’ un buon sigaro. 

Sam                 -  Ne volete provare uno? (Max e Sam si accendono un si­garo). Lo sapete cosa mi ha detto? Mi ha detto che sono il miglior autista che abbia mai avuto. Il migliore in assoluto. 

Max                 - In che senso?  

Sam                       - Eh?

Max                 - In che senso? 

Lenny              -  Nel senso di come guida, papà e, direi, anche il suo modo di fare.

Max                 -  Pensava tu fossi un bravo autista, eh, Sam? Beh, ti ha certamente regalato un ottimo sigaro.

Sam                 - Si, mi ha detto che ero il migliore in assoluto. Lo di­cono tutti, sai. I clienti non vogliono mai nessun altro, chiedono sempre e solo di me. Dicono che io sia il miglior autista della ditta.

Lenny              - Scommette! che gli altri sono un pò gelosi; eh, zio? 

Sam                 - Si, lo sono. Eccome se lo sono. 

Max                 - Perché? 

Pausa.

Sam                 - Te l'ho appena detto il perché.

Max                 - No, scusa  Sam, non ho capito. Perché gli altri autisti dovrebbero essere gelosi di te? 

Sam                 - Primo, perché sono il migliore, e secondo... perché non mi prendo mai confidenze. (Pausa). So rimanere al mio posto. Questi grossi finanzieri, questi uomini d'affa­ri, non vogliono un autista che stia sempre lì a chiacchie­rare, vogliono starsene seduti comodi, a godersi un po' di pace e di tranquillità. Dopotutto, se hanno scelto una Humber Super Snipe, possono permettersi di rilassarsi. Ma allo stesso tempo, ed è proprio questo a rendermi spe­ciale, so anche come intrattenerli quando me lo chiedono. (Pausa). Per esempio, a quello di oggi, ho raccontato che avevo fatto la seconda guerra mondiale. Non la pri­ma. Gli ho spiegato che per quella ero troppo giovane. Ma che ho combattuto nella seconda. (Pausa). Ed è ve­nuto fuori che l'aveva fatta anche lui.

Lenny si alza e va verso lo specchio a raddrizzarsi la cra­vatta.

Lenny              -  Magari era un colonnello dell'Aviazione americana.

Sam                 - Si.

Lenny              - O magari un ufficiale di rotta di qualche Fortezza Volante. E oggi probabilmente è a capo di un gruppo mul­tinazionale di ingegneria aeronautica.

Sam                 - Si.

Lenny              - Si, conosco bene quei personaggi, (Esce dalla stan­za girando a destra).

Sam                 - D'altra parte non è certo l'esperienza che mi manca. A soli diciannove anni guidavo già i camion della nettez­za urbana. Poi ho lavorato nei trasporti internazionali su strada. E poi ancora mi sono fatto dieci anni di taxi, e da cinque sono un autista privato.

Max                 - E’ strano che tu non ti sia mai sposato, vero? Con tutte le qualità che hai. (Pausa). Non trovi? Un uomo co­me te!

Sam                 - Non è detta l'ultima parola

Max                       - Ah, davvero?

Pausa.

Sam                 - Potrei sorprenderti, un giorno.

Max                 - Fino adesso come hai fatto? ti sei sbattuto le mogli dei tuoi clienti? 

Sam                 - Io? Mai.

Max                 - Nemmeno sul sedile posteriore della Snipe? Una svel­tina in qualche piazzola di sosta?

Sam                 - No,  mai.

Max                 - Sul sedile posteriore? E col poggiabraccia come fa­cevi, lo lasciavi giù o lo tiravi su?

Sam                 -  Non ho mai (atto cose del genere nella mia macchina.

Max                 - Sei superiore a queste cose, vero Sani?

Sam                 -  Proprio cosi,

Max                 - Superiore alle belle scopate sul sedile posteriore, ve­ro?

Sam                 -  Si, le lascio volentieri agli altri.

Max                 - Ah. le lasci agli altri? Quali altri? Mezza sega che non sei altro! 

Sam                 -  Io non sporco la mia macchina! O meglio... quella del mio principale! Come fanno gli altri. 

Max                 - Gli altri? Quali altri? (Pausa). Quali altri?

Pausa.

Sam                 -  Gli altri.

Pausa.

Max                 - Quando troverai la ragazza giusta, Sam, non dimen­ticare di avvisarci, ti festeggeremo come si deve, è una promessa. Se vuoi, puoi portarla a vivere qui, magari po­trebbe rendere felici anche noi. Potremmo portarla a spas­so nel parco, a turno.

Sam                 -  Non la porterei mai qui.

Max                 - Sta a te, Sam. Ricordati che saresti benvenuto qui in casa tua, con tua moglie, ma se preferisci puoi sempre prenderti una suite al Dorchester. Dipende solo da te.

Sam                 - Non ho una moglie. (Si alza, va alla credenza, prende una mela dalla fruttiera, le dà un morso). Ho lo stomaco vuoto. (Guarda fuori dalla finestra). Tanto non riuscirei mai a trovare una moglie come la tua. Non ce ne sono più... in circolazione, donne come quelle, oggigiorno. Co­me Jessie, (Pausa). Beh, dopotutto, qualche volta l'ho por­tata anch'io in giro, ti ricordi? Due o tre volte, nel mio taxi. Era una donna adorabile. (Pausa). Ma era tua mo­glie. Eppure... sono state le serate più belle della mia vi­ta. Quando la scorrazzavo sul mio taxi. Per me era un ve­ro piacere.

Max                 - (quasi sottovoce, chiudendo gli occhi) Cristo.

Sam                 - Ci fermavamo di fronte a un baracchino, le offrivo un caffè. Era proprio una persona speciale.

Silenzio. Joey   entra dalla porta d'ingresso. Entra nella stanza, si toglie la giacca, la butta su una sedia e rimane in piedi. Silenzio.

Joey                 - Ho fame.

Sam                 - Anch'io.

Max                 - Per chi mi avete preso? per vostra madre? Eh? In­somma. Arrivano affamati come lupi a ogni ora del gior­no e della notte. Andate fuori a trovarvi una madre.

Lenny entra nella stanza, rimane in piedi.

Joey                 - Sono stato ad allenarmi in palestra.

Sam                 - Povero ragazzo, ha lavorato tutto il giorno e si è alle­nato tutta la sera.

Max                 - Tu cosa c'entri, stronzo? Passi le tue giornate all'ae­roporto ad appiattirti il culo: comprati un panino H, già che ci sei. Ti aspetti che io mi precipiti in cucina appena metti piede in casa? Sono sessantatre anni che sei al mon­do, perché non impari a cucinare?

Sam                 - So cucinare.

Max                 - E allora vai e cucina!

Pausa.

Lenny              - Ma papà, i tuoi figli ci tengono cosi tanto ai tuoi sa­pori. E vogliono solo quelli. Quel modo di cucinare tut­to tuo.

Max                 - Piantala di chiamarmi papà. Piantala con questo papà qui e papà li, hai capito?

Lenny              - Ma sono tuo figlio. Eri tu che mi rimboccavi le coperte, tutte le sere. Le rimboccava anche a te, vero Joey? (Pausa). Ci  teneva tanto a rimboccare le coperte ai suoi fi­gli. (Si gira e va alla porta d'ingresso).

Max                 - Lenny           

Lenny              - (girandosi) Cosa c'è?

Max                 - Una di queste sere te la do io una bella rimboccata. Stanne pur certo.

Si guardano. Lenny apre la porta d'ingresso ed esce. Si­lenzio.

Joey                 - Mi sono allenato con Bobby Dodd. (Pausa). E poi ci ho dato dentro anche col sacco. (Pausa). Ero in ottima for­ma.

Max                 - La boxe è uno sport per gentiluomini, (Pausa). Te lo dico io cosa devi fare. Devi imparare a difenderti e ad at­taccare. Sono i tuoi unici punti deboli. Non sai né difen­derti né attaccare, (Pausa). Quando sarai padrone di que­ste due arti, potrai mirare in alto.

Pausa.

Joey                 - Ho le idee chiare... su come fare. (Cerca la giacca con lo sguardo, la prende, esce dalla stanza e va di sopra).

Pausa.

Max                 - Sam….perché non te ne vai anche tu, eh? Perché non vai di sopra? Lasciami in pace. Lasciami solo.

Sam                 - - Max, c'è una cosa che voglio chiarire a proposito di Jessie. Ci tengo. Davvero. Quando la portavo sul mio taxi, a fare un giro per la città, lo facevo per non lasciar­la sola, lo facevo per te. Per tenerle compagnia quando avevi da fare. Volevo farle conoscere il West End. (Pau­sa), Tu non ti saresti fidato degli altri fratelli. Non ti sa­resti certo fidato di Mac, vero? Ma di me ti fidavi. Vole­vo solo ricordartelo. (Pausa). E poi il vecchio Mac è mor­to, qualche anno fa; è morto no? (Pausa). Era scurrile, lurido e schifoso. Un maiale bastardo, rotto in culo. Mal­grado questo era un tuo buon amico.

Pausa.

Max                 - Ehi, Sam       

Sam                 - Cosa?

Max                 - Cosa ti tengo a fare qui? Non set altro che una zecca. 

Sam                 - Io?

Max                 - Si, un verme. 

Sam                 - Ah, si?

Max                 - Appena smetti di portare i soldi a casa, cioè quando sarai troppo vecchio per guadagnarti la pagnotta, sai co­sa faccio? Ti sbatto fuori.

Sam                 - Ah, è cosi, eh?  

Max                 - Certo. Finché porti soldi, ti sopporto. Ma quando la ditta si sbarazzerà di te... per quanto mi riguarda, te ne vai fuori dai coglioni.

Sam                 - Ma questa è anche casa mia, lo sai. La casa di nostra madre.

Max                 - Un peso via l'altro. Un impiastro via l'altro.

Sam                 - E anche di nostro padre.

Max                 - Guarda con cosa mi ritrovo. Con dei sacchi di merda. Uno più marcio dell'altro. (Pausa). Nostro padre! Non ti preoccupare. Me lo ricordo eccome. Vuoi scherzare? Si avvicinava a me e mi guardava dall'alto. Il vecchio. Poi si chinava e mi prendeva in braccio. Non ero più alto di co­si. Mi faceva le coccole. Mi dava il biberon. Mi lavava. Mi sorrideva. Mi dava delle pacche sul culetto. Mi passava e ripassava da una mano all'altra. Mi lanciava in aria. Mi ri­prendeva al volo. Eccome se me lo ricordo mio padre.

Buio. Luci. Notte. Teddy e Ruth sono in piedi sulla so­glia della stanza. Sono ben vestiti, indossano abiti estivi e impermeabili leggeri. Per terra, accanto a loro, due va­ligie. Guardano la stanza. Teddy gioca con la chiave che ha in mano, sorride.

Teddy             - Beh, la chiave funziona. (Pausa). Non hanno cam­biato la serratura.

Pausa.

Ruth                - Non c'è nessuno.

Teddy  (guardando in alto verso le scale) Dormono.

Pausa.

Ruth                - Posso sedermi?

Teddy              - Certo che puoi.

Ruth                - Sono stanca.

Pausa.

Teddy             - E allora siediti. (Lei non si muove). Quella è la pol­trona di mio padre.

Ruth                - Quella li?

Teddy              - (sorridendo) Si, quella. Vuoi che vada su a vedere se c'è ancora la mia stanza?

Ruth                - Non può essere sparita.

Teddy             - No, volevo dire se c'è ancora il mio letto.

Pausa.

Ruth                - Magari ci dorme qualcuno.

Teddy             - No. Hanno tutti il loro letto.

Pausa.

Ruth                - Non credi che dovresti svegliare qualcuno? Avvisa­re che sei arrivato.

Teddy              - No, non a quest'ora. E troppo tardi. (Pausa). Vado su? (Entra nell'ingresso, guarda in alto verso le scale, torna indietro). Perché non ti siedi? (Pausa). Vado su, ... a da­re un'occhiata. (Sale di sopra, furtivamente. Ruth rimane in piedi, poi attraversa lentamente la stanza, Teddy  ritorna). C'è ancora. La mia stanza. Vuota. C'è anche il letto. Cosa stai facendo? (Lei lo guarda). Ci sono le coperte ma mancano le lenzuola. Le troverò da qualche parte. Ho sentito rus­sare. Ci sono tutti, credo. Tutti di sopra che russano, Hai freddo?

Ruth                - No.

Teddy             - Ti preparo qualcosa da bere, se vuoi. Qualcosa di caldo,

Ruth                - No, non voglio niente.

Teddy cammina per la stanza.

Teddy              - Cosa ne pensi di questa stanza? È grande, eh? An­che la casa è grande. Cioè, è una bella stanza, non trovi? Una volta c'era un muro, li... con una porta. L'abbiamo buttato giù... anni fa.„ per ingrandire il soggiorno; La struttura non ne ha risentito. Mia madre era già morta. (Ruth si siede). Stanca? 

Ruth                     - Un po'.

Teddy             -Possiamo andare a letto, se vuoi, E inutile svegliarli a quest'ora. Andiamo a letto. Li vedremo tutti domatti­na... vedremo mio padre domattina...

Pausa.

Ruth                - Vuoi rimanere? 

Teddy              - Rimanere? (Pausa). Siamo venuti apposta. Dob­biamo rimanere per forza... qualche giorno.

Ruth                - Ma forse... i bambini... sentono la nostra mancan­za.

Teddy             - Non dire sciocchezze,

Ruth                - E’ possibile.

Teddy             - Dai su, tra un paio di giorni saremo di ritorno. (Cammina per la stanza). Non è cambiato niente. E tut­to uguale. (Pausa). Sarà una bella sorpresa per lui, do mattina, non credi? Il vecchio. Credo ti piacerà moltis­simo. Davvero. Certo è un po'... belle vecchio. È avan­ti con gli anni. (Pausa). Ti rendi conto che sono nato qui? 

Ruth                -  Lo so.

Pausa

Teddy             - Perché non vai a letto? Ti trovo le lenzuola. Io non ho... affatto sonno... è strano, vero? Credo che rimarrò alzato per un po'. Tu sei stanca? 

Ruth                - No.

Teddy             -Vai a letto. Ti faccio vedere la stanza. 

Ruth                - No, non mi va.

Teddy                          -Starai benissimo di sopra, senza di me. Credimi. Non tarderò molto. Guarda, appena sali le scale, è la pri­ma porta che trovi sul pianerottolo. Il bagno è proprio ac­canto. Hai…. bisogno di riposare, lo sai. (Pausa). Io ho vo­glia... di girare un po' per casa. Ti secca? 

Ruth                -No, figurati.

Teddy             - Dai... vuoi che ti faccia vedere la stanza? 

Ruth                -No, ora sto bene qui. 

Teddy             -Non sei obbligata ad andare a letto. Non ho detto che devi anelarci per forza.'.Stai pure un po'; qui con me. Faccio del tè. Basta non fare troppo rumore, non dob­biamo svegliare nessuno. 

Ruth                -Non sto facendo nessun rumore. 

Teddy             -Lo so. (Lui le si avvicina. Dolcemente) Ascolta, an­drà tutto bene, fidati. Io sono qui... qui con te. Non c'è motivo di preoccuparsi. Sei preoccupata?

Ruth                - No.

Teddy             -Non c'è n'è motivo. (Pausa). E gente affettuosa. Molto affettuosa. In fondo sono i miei. Non sono mica degli orchi. (Pausa). Dai su, è meglio andare a letto. Do­mani mattina dobbiamo alzarci presto, e comunque pri­ma di papà. Non sarebbe bello se ci trovasse a letto in­sieme. (Ride sotto i baffi) Dobbiamo alzarci prima delle sei, scendere a salutarli tutti.

Pausa.

Ruth                -Credo che uscirò a prendere una boccata d'aria.

Teddy             -Una boccata d'aria? (Pausa). E perché?

Ruth                - (alzandosi in piedi) A fare due passi.

Teddy             -A quest'ora di notte? Ma se... siamo appena arri­vati. Dobbiamo andare a letto.

Ruth                -Ho bisogno di un po' d'aria.

Teddy             -Io vado a letto.

Ruth                -Va bene.

Teddy             -E io cosa faccio? (Pausa). Non ho voglia di una boc­cata d'aria. Ma tu, perché vuoi prendere una boccata d'aria?

Ruth                -Perché mi va.

Teddy             -Ma è tardi.

Ruth                -Non andrò lontano. Torno subito.

Pausa.

Teddy             -Ti aspetto alzato.

Ruth                -Perché?

Teddy             -Non vado a letto senza di te.

Ruth                -Mi dai la chiave? (Luì gliela dà). Perché non ci vai tu a letto? (Teddy le mette un braccio intorno alle spalle e la bacia. Si guardano brevemente. Lei sorride) Torno subi­to.

Lei esce dalla porta d'ingresso. Teddy  va alla finestra; la segue con lo sguardo, fa un mezzo giro, rimane in piedi, all'improvviso si morde le nocche. Entra Lenny nella stan­za dal fondoscena sinistro. Rimane in piedi. Indossa pi­giama e vestaglia. Guarda Teddy. 

Teddy si gira e lo ve­de. Silenzio.

Teddy             -Ciao Lenny.

Lenny              -  Ciao Teddy 

Pausa.

Teddy             -Non ti ho sentito scendere.

Lenny              -  Non sono sceso. (Pausa). Dormo giù, adesso. Qui ac­canto. Ho una specie di camera con studio, qui accanto

Teddy             -Ah. Ti ho... svegliato? 

Teddy                         - No. Ero andato a letto presto stasera. E, sai com'è, quando si va a letto presto, non si riesce a dormire. Con­tinuo a svegliarmi.

Pausa.

Teddy             -Come stai?  

Lenny              -  Bene, ho solo il sonno un po' agitato, nient'altro. Per lo meno stasera.

Teddy             -Brutti sogni?

Lenny              -  No, ncn posso dire che stavo sognando. Non pos­so definirlo proprio un sogno. Ma c'è qualcosa che conti­nua a svegliarmi. Come un ticchettio.

Teddy             -Un ticchettio? 

Lenny              -  Si.

Teddy             -Beh, cosa può essere?

Lenny              -  Non lo so.

Pausa.

Teddy                   - Hai un orologio in camera? 

Lenny                    -  Sì.

Teddy             -Allora, forse è l'orologio.

Lenny              - Sì, potrebbe anche essere. (Pausa). Se è l'orologio dovrò provvedere, attutirlo in qualche modo.

Pausa.

Teddy             -Sono... venuto solo per qualche giorno.

Lenny              -  Ah, sì? Davvero?

Pausa.

Teddy             - Come sta il vecchio? 

Lenny                    -  Un fiore.

Pausa.

Teddy             -Anch'io sto bene.

Lenny              -  Ah, si? (Pausa). Allora stanotte dormi qui?

Teddy                   - Si.

Lenny              -  Beh, puoi dormire nella tua stanza.

Teddy                         - Si, sono già stato di sopra,

Lenny              -  Dormi pareli. (Sbadiglia). Bene.

Teddy                         - lo vado a letto.

Lenny              - Di già?

Teddy                         - Si, voglio dormire un po'.

Lenny              -  Si. Vado a letto anch'io. (Teddy prende le valigie).Ti do una mano.

Teddy                         - No, non sono pesanti. (Va nell'ingresso con le due valigie).

Lenny spegne la luce della stanza. La luce dell'ingresso ri­mane accesa. Lenny lo segue nell'ingresso.

Lenny              -  Hai bisogno di niente?

Teddy             - Mmmm? 

Lenny              -  Per la notte? Un bicchier d'acqua o qualcos'altro?

Teddy             -Ci sono delle lenzuola da qualche parte?

Lenny              -  Nel comò in camera tua.

Teddy             - Ah, bene.

Lenny              -  Sai, ogni tanto ci sono dei miei amici che quando capitano da queste parti vengono a stare qui e dormono in camera tua. (Spegne la luce dell'ingresso e accende quel­la del pianerottolo).

Teddy comincia a salire le scale.

Teddy             -Allora ci vediamo a colazione.

Lenny              -  Si, a domani. Cia-ciao.

Teddy  va di sopra. Lenny esce da sinistra. Silenzio; La luce del pianerottolo si spegne. C'è una luce fioca nell'in­gresso e nella stanza. Lenny ritorna nella stanza, va alla finestra e guarda fuori. Si allontana dalla finestra e ac­cende una lampada. Ila in mano un piccolo orologio. Si siede, posa l'orologio, si accende una sigaretta e rimane seduto. Entra Ruth dalla porta d'ingresso. Rimane in pie­di immobile. Lenny gira la testa e sorride. Lei entra lentamente nella stanza.

Lenny              -  Buonasera.

Ruth                - Buongiorno, direi.

Lenny              -  Ha ragione. (Pausa). Mi chiamo Lenny. E lei?

Ruth    -            (Si siede, tira su il bavero del cappotto).

Lenny              -  Freddo? 

Ruth                - No.

Lenny              - Abbiamo avuto un'estate magnifica, vero? Ecce­zionale. (Pausa). Posso offrirle qualcosa? Qualcosa di fre­sco? Un aperitivo? Qualcosa da bere? 

Ruth                - No, grazie.

Lenny              -  Meno male. In questa casa non c'è mai niente da bere. Certo, se ci fosse una festa o un brindisi in vista, andrei fuori a far rifornimento. (Pausa). Deve avere qual­cosa a che fare con mio fratello, lei. Quello che vive all'estero.

Ruth                            -Sono sua moglie.

Lenny              - Senta, chissà se può darmi un consiglio. Ho avuto delle noie con questo orologio, ultimamente. Il ticchettio mi tiene sveglio. La realtà è che non sono del tutto con­vinto sia colpa dell'orologio. Perché di notte ci sono sem­pre molte cose che scricchiolano, non trova? Oggetti che, di giorno, definiremmo del tutto banali. Che non danno nessun fastidio. Ma che di notte, a fasi alterne, si metto­no a scricchiolare. Oggetti che, guardandoli durante la giornata, sembrano del tutto banali. Sono muti come i to­pi di giorno. Perciò... siccome un oggetto vale l'altro... il fatto che io dica che sia l'orologio a svegliarmi potrebbe facilmente diventare l'esempio di un'ipotesi del tutto fal­sa. (Va alla credenza, versa qualcosa da una brocca in un bic­chiere e lo porge a Ruth). Tenga. Scommetto che ne ha bi­sogno. 

Ruth                - Cos’è?

Lenny              -  Acqua. (Lei lo prende, sorseggia e posa il bicchiere su un tavolino.Lenny lo osserva). Che buffo. Io sono in pi­giama e lei è vestita. (Va alla credenza e versa un altro bic­chiere d'acqua). Le dispiace se bevo anch'io?JÈ strano rivedere mio fratello dopo tutti questi anni. È proprio quello che ci vuole per mio padre. Si gonfierà come un tacchino quando vedrà il suo primogenito, domattina. So­no rimasto sorpreso anch'io quando ho visto Teddy. Il vecchio Teddy.Lo credevo in America.

Ruth                -Stiamo facendo un viaggio in Europa.

Lenny              -  Insieme?

Ruth                - Sì.

Lenny              -  Allora vuol dire che vive con lui, laggiù?  

Ruth                -Siamo sposati.

Lenny              -  Un viaggio in Europa, eh? L'avete girata molto?

Ruth                -Arriviamo dall'Italia.

Lenny              -  Ah, venite dall'Italia? E poi l'ha portata qui a co­noscere la famiglia, eh? Beh, il vecchio sarà proprio feli­ce di conoscerla. Glielo garantisco.

Ruth                -Bene.

Pausa.

Lenny              -  Come ha detto? 

Ruth                -Bene.

Pausa.

Lenny              -  Dove siete stati, in Italia? 

Ruth                - A Venezia.

Lenny              -  Non mi dica! Proprio nella vecchia cara Venezia? È strano. Lo sa che ho sempre avuto la sensazione che se avessi fatto la guerra - diciamo nella campagna d'Italia - sarei finito a Venezia? È una sensazione che ho sempre avuto. Ma purtroppo ero troppo giovane per arruolarmi. Ero ancora un bambino, troppo piccolo, se no sono asso­lutamente certo che sarei passato da Venezia. Sì, l'avrei attraversata tutta con il mio battaglione. Le dispiace se le prendo la mano? 

Ruth                -Perché?  

Lenny              -  Così, tanto per toccarla. (Si alza e le si avvicina) So­lo una carezza. 

Ruth                - Perché?

Lenny  -  la guarda dall'alto,

Lenny              -  Adesso glielo spiego. (Breve pausa). Una sera, non molto tempo fa, mi trovavo giù al porto, ero solo, sotto . un'arcata, guardavo degli uomini che stavano trafficando con un boma, in mezzo al porto, armeggiavano intor­no alla cima di un pennone, quando una certa signora mi si è avvicinata per farmi una certa proposta. Erano pa­recchi giorni che mi cercava, quella signora. Aveva per­so ogni mia traccia. Ma poi è riuscita a ripescarmi, e ap­pena mi ha trovato mi ha subito fatto quella certa pro­posta. Non era poi una proposta cosi fuori luogo, di solito accetta volentieri. Cioè, in circostanze normali avrei si­curamente accettato. Ma era consunta dalla sifilide, que­sto era il guaio. Perciò rinunciai. Quella, però, diventò molto insistente e cominciò a prendersi delle libertà con me, lì,, sotto quell'arcata, delle libertà che francamente non avevo nessuna intenzione di sopportare, visto le co­se come stavano, perciò le mollai un sinistro. Pensai an­che di farla fuori, di ammazzarla, sa com'è, con gli omi­cidi, sarebbe stata una roba facile, niente di che. Il suo autista, era stato lui a ritrovarmi, era andato a bere una cosa dietro l'angolo, e perciò eravamo rimasti soli, io e quella signora, soli, sotto quell'arcata, a guardare il va­pore dei piroscafi, non c'era un'anima, tutto taceva sul Fronte Occidentale, e lei era li contro il muro - anzi, sta­va già scivolando lentamente a terra per via del pugno che le avevo mollato. Insomma, per farla breve, era tut­to dalla mia parte, per un eventuale omicidio. Non si preoccupi dell'autista. Quello non avrebbe mai parlato. Un vecchio amico di famiglia. Ma... poi ho pensato... baah, chi me lo fa fare... sai com'è, sbarazzarsi del cada­vere con tutte le grane che comporta, mettersi in agita­zione. Perciò le ho dato un altro pugno, un paio di calci e ho lasciato perdere. 

Ruth                - Come faceva a sapere che era malata? 

Lenny              -  Come facevo a saperlo? (Pausa). Lo avevo deciso io. (Silenzio). Siete sposati da poco, vero? 

Ruth                - Da sei anni.

Lenny              -  II vecchio Teddy è sempre stato il mio fratello pre­ferito. Lo sa? E dio mio, quanto siamo orgogliosi di lui in famiglia. Un professore di filosofia... fa impressione. È certamente un uomo di grande sensibilità, vero? Ted. Sì, grande. Ho sempre desiderato essere sensibile come lui.

Ruth                - Davvero?  

Lenny              -  Oh, sì. Si, davvero. Con questo non voglio dire che io non sia sensibile. Al contrario. Ma potrei esserlo un po' di più. Tutto qui.

Ruth                            - Davvero?  

Lenny              -  Si, solo un po', (Pausa). Vede, io sono molto sensi­bile alle atmosfere, ma tendo a desensibilizzarmi quando la gente pretende troppo da me, non so se capisce quello che voglio dire. Le faccio un esempio-, lo scorso Natale avevo deciso di spalare la neve per conto del Comune, ne è caduta parecchia l'anno scorso in Europa. Non che fos­si costretto a farlo - cioè, non avevo problemi finanziari ne avevo solo voglia, c'era qualcosa in me che mi spin­geva a farlo ! Mi pregustavo già quel freddo pungente che c'è nell'aria il mattino presto. E come avevo ragione! Do­vevo solo infilarmi gli stivali da neve e aspettare all'an­golo di una strada, verso le cinque e mezza del mattino, il camion che passava a prendermi per portarmi nella zo­na assegnata. Un freddo fottuto. Beh, quella mattina, il camion arrivò, saltai sulla ribalta, i fanali accesi, quelli anabbaglianti, e via. Arrivati a destinazione, con le pale in spalla, un mozzicone tra le labbra, iniziammo il lavoro sprofondati nella neve di dicembre, parecchie ore prima del canto del gallo. Durante una pausa, mentre bevevo un tè in un bar li vicino, la pala appoggiata accanto alla se­dia, mi si avvicinò una vecchietta e mi chiese se potevo darle una mano a spostare un mangano di ferro. Glielo aveva lasciato suo cognato, mi disse, ma lo aveva lasciato nella stanza sbagliata, sul davanti. E lei naturalmente lo voleva mettere nel retro. Era un regalo che le aveva fat­to, un mangano per strizzare e stirare la biancheria. Ma glielo aveva lasciato nella stanza sbagliata, sul davanti, un posto assurdo, non poteva certo lasciarlo li. Per cui mi so­no preso qualche ora libera e sono andato a darle una ma­no. Abitava in fondo alla strada. Quando mi ci sono mes­so, non sono riuscito nemmeno a muoverlo di un centi­metro. Doveva pesare circa mezza tonnellata. Come abbia fatto il cognato a portarlo fin li non riesco nemmeno a im­maginarlo. Insomma, io ero li a lavorare di spalla cercan­do di spostare quel mangano, rischiando anche un'ernia, e quella vecchia signora stava in piedi a dirigermi; senza muovere un dito per aiutarmi. Perciò dopo qualche mi­nuto le dissi: senta un po', perché non si ficca il mangano nel culo? E comunque è roba superata, si prenda una cen­trifuga. Li per li mi era venuta voglia di darle una bella ri­passata, ma ero cosi eccitato dalla neve che mi aspettava li fuori, che le ho dato solo un colpo secco nello stomaco e sono saltato su un autobus. Scusi, vuole che le tolga di mezzo il portacenere? 

Ruth                            - Non mi dà fastidio.

Lenny              -  È d'intralcio al bicchiere. Stava per cadere. E se non cadeva il bicchiere sarebbe caduto il portacenere. E’  il tappeto che mi preoccupa. Non per me, ma per mio pa­dre. E’ ossessionato dall'ordine e dalla pulizia. Detesta il disordine. Perciò, visto che non sta fumando, non credo abbia niente da ridire se sposto il portacenere. (Lo sposta) E magari la libero anche del bicchiere. 

Ruth                -Non ho ancora finito. 

Lenny              -  Secondo me ha bevuto abbastanza. 

Ruth                - E invece no.

Lenny              -  Anzi, secondo me, pili che abbastanza. 

Ruth                - Non secondo me, Léonard.

Pausa.

Lenny              -  Non mi chiami cosi, per favore.

Ruth                - Perchè no?  

Lenny              - È il nome che mi ha dato mia madre. (Pausa). E adesso mi dia quel bicchiere. 

Ruth                - No.

Pausa.

Lenny              - Allora me lo prendo da solo.

Ruth                - Se tu mi prendi il bicchiere... io mi prendo te.

Pausa.

Lenny              - E se io riuscissi a prendere il bicchiere senza farmi prendere? 

Ruth                - E se io mi prendessi te senza il bicchiere? Pausa.

Lenny                - Vuoi scherzare? Sei innamorata di un altro. Hai avuto una relazione clandestina con un altro. Senza che la famiglia ne fosse al corrente. E adesso vieni qui sen­za preavviso a seminare guai.

Ruth prende il bicchiere, lo solleva verso Lenny.

Ruth                  -Bevi un sorso. Dai. Bevi un sorso dal mio bicchiere. (Luì rimane fermo). Siediti sulle mie ginocchia. Bevi un bel sorso fresco. (Lo invita con dei colpetti a sedersi sulle sue ginocchia. Pausa. Si alza, si avvicina a lui con il bicchiere) Metti la testa all'indietro e apri la bocca.

Lenny                -  Metti via quel bicchiere.

Ruth                  - Sdraiati per terra. Dai. Te lo verso in gola.

Lenny                -  Cos'è una proposta? Era una proposta? 

Lei ride brevemente, e svuota il bicchiere.

Ruth                  - Che sete che avevo! (Gli sorride, posa il bicchiere, va nell'ingresso e poi sale le scale).

Lenny              - (la segue nell'ingresso e le urla dietro) Cos'era? Una proposta?

Silenzio, Torna nella stanza, si avvicina al suo bicchiere e lo finisce. Si sente sbattere una porta di sopra. La luce del pianerottolo si accende. Max scende le scale, in pi­giama e con un berretto in testa. Entra nella stanza.

Max                   - Cosa succede qui? Sei ubriaco? (Fissa Lenny) Cosa ur­li? Sei diventato matto? (Lenny si versa un altro bicchiere d'acqua). Cosa cammini su e giù, cosi, nel mezzo della not­te, urlando come un forsennato. Cosa sei? un pazzo fu­rioso?

Lenny              - Stavo pensando ad alta voce.

Max                - C'era anche Joey? Ce l'avevi con Joey?

Lenny              -  Non mi hai sentito, papà. Ho detto che stavo pen­sando ad alta voce.

Max                - Così ad alta voce che mi hai buttato giù dal letto.

Lenny              -Senti un po', perché... non sparisci, eh?

Max                 - Sparire io? Mi sveglia nel cuore della notte e penso: ci saranno dei ladri, lo staranno accoltellando, mi preci­pito di sotto, e lui mi dice di sparire. (Lenny si siede). Sta­va parlando con qualcuno. Ma con chi? Dormono tutti.

Stava discutendo con qualcuno. Ma non mi vuol dire don chi. Vuol farmi credere che pensava ad alta voce. Senti, non è che tieni nascosto qualcuno qui?  

Lenny                -  Sono sonnambulo, va bene? Ora basta, lasciami in pace, va bene? 

Max                - Voglio una spiegazione, capito? Ti ho chiesto chi tie­ni nascosto qui.

Pausa.

Lenny                -  E va bene papà, già che sei in vena di fare... quat­tro chiacchiere, voglio chiederti una cosa. È una doman­da che volevo farti da molto tempo. Quella notte... sai... la notte in cui mi hai fatto... quella notte con la mamma, com'è andata? Eh? Quando non ero altro che una espres­sione recondita. Come andarono le cose? Quali sono sta­ti i retroscena? Voglio sapere tutto ciò che riguarda le mie origini. Cioè, pensavate a me in quel momento o ero l'ul­tima delle cose che avevate in mente? (Pausa). Te lo chiedo solo per amore di conoscenza, mi capisci vero? Sono curioso. Molti dei miei coetanei hanno lo stesso genere di curiosità, lo sai, papà? Spesso rimuginano, a volte da so­li, o a volte con altri, come andarono davvero le cose quel­la notte... la notte in cui furono concepiti a immagine e somiglianza di quei due che ci davano dentro. Forse è una domanda che avrei dovuto farti molto tempo fa, ma già che siamo qui a tirar mattino, ho pensato di buttartela lì.

Pausa.

Max                   - Annegherai nel tuo stesso sangue.

Lenny                - Se preferisci rispondermi per iscritto, non ho nes­suna obiezione. (Max  si alza). Forse avrei dovuto chiederlo alla mia adorata mamma. Perché non l'ho chiesto alla mia adorata mamma? Ormai è tardi. E passata a miglior vita. (Max gli sputa addosso. Lenny guarda il tappeto) Guarda co­sa hai combinato. Mi toccherà passare l'aspirapolvere, do­mattina.

Max si gira e va su per le scale. Lenny rimane fermo. Buio. Luci. Mattino. Joey è di fronte allo specchio. Sta facendo degli esercizi lenti per scaldarsi i muscoli. Smette, si pettina con cura. Fa qualche finta mossa di boxe, guardandosi allo specchio. Max entra dal fondoscena sinistro. Max e Joey sono ve­stiti. Max  guarda Joey in silenzio. Joey smette con la boxe, prende un giornale e si siede. Silenzio.

Max                 - Odio questa stanza. (Pausa). A me piace la cucina. Ci si sta bene. E’ accogliente. (Pausa). Ma non ci posso sta­re. E lo sai perché? Perché lui è sempre di là che lava i piatti, che raschia, fa di tutto per buttarmi fuori dalla cu­cina, ecco perché.

Joex                   - Perché non ti bevi il tè, qui? 

Max                   - Non voglio bermi il tè, qui. Odio questa stanza. Vo­glio berlo di là. (Va nell'ingresso e guarda verso la cucina). Cosa starà facendo di là. (Si gira) Che ore sono?

Joex                   - Le sei e mezza.

 

Max                   - Le sei e mezza. (Pausa). Vado a vedermi la partita que­sto pomeriggio. Vuoi venire? (Pausa). Sto parlando con te.

Joex                   - Ho l'allenamento questo pomeriggio. Faccio sei round con Blackie.

Max                   - Ma cominci dopo le cinque. Hai tutto il tempo per vederti la partita. E’ il primo incontro della stagione.

Joex                   - No, non vengo.

Max                   - Perché no? (Pausa.Max va nell'ingresso) Sam! Vieni qui! (Ritorna nella stanza).

Sam entra con uno straccio in mano.

Sam                   - Cosa c'è?

Max                   - Cosa stai facendo di là?  

Sam                   - Lavo i piatti.

Max                   - E poi cos'altro?

Sam                   - Butto gli avanzi.

Max                   - Nel secchio, vero?

Sam                   - Si, proprio nel secchio.

Max                   - E con questo cosa cerchi di dimostrare?

Sam                 - Niente.

Max                   - E invece si. A te non va di prepararmi la colazione la mattina, vero? E per questo che fai tutto quel casino in cucina, raschi le pentole di ferro, raschi i rifiuti nel sec­chio, raschi i piatti, raschi la teiera fino all'ultima foglia di tè... ogni mattina del cazzo. Lo so. Senti un po', Sam. Voglio dirti una cosa. Direttamente dal cuore. (Gli sì av­vicina) Devi smetterla di avere questi rancori nei miei confronti. Non riesco proprio a capirli. Di la verità, te ne ho mai dato motivo? Mai. Quando papà è morto mi ha det­to: Max , occupati dei tuoi fratelli. Sue testuali parole.

Sam                 - Come ha fatto a dirle se era morto?

Max                 -Come?

Sam                 - Come faceva a parlare se era morto? Pausa.

Max                 - Prima di morire, Sam. Poco prima. Sono state le sue ultime parole. Le sue ultime parole sante, Sammy. Credi che stia scherzando? Credi forse che io non voglia obbedi­re, alla lettera, a ciò che mio padre disse... sul letto di mor­te...? Hai sentito, Joey? Non si ferma davanti a niente, lui. E’ capace anche di sputare sulla memoria di nostro padre. Che razza di figlio sei stato per lui, mezza sega che non sei altro? Hai passato metà della tua vita a lare parole crocia­te ! Quando ti abbiamo portato in macelleria non eri nem­meno capace di scopare per terra. Invece, quando abbiamo preso MacGregor, nel giro di una settimana era già in gra­do di mandarla avanti da solo. Voglio dirti una cosa: io ri­spettavo mio padre non solo come uomo ma anche come macellaio, un grande macellaio! E per dimostrarglielo l'ho seguito nel negozio. Ho imparato a squartare carcasse ai suoi piedi. Ho onorato il suo nome nel sangue. Ilo messo al mondo tre uomini! Tutti col mio manico! E tu invece cosa hai fatto? (Fama). Tu invece cosa hai fatto? Idiota! 

Sam                 - Vuoi finire tu di lavare i piatti? Tieni, questo è lo straccio.

Max                 - Quindi, Sam, cerca di liberarti di quei rancori. Do­potutto siamo fratelli. 

Sam                 - Lo vuoi lo straccio? Tieni. Prendilo,

Teddy e Ruth scendono le scale. Attraversano l'ingresso e si fermano sulla soglia della stanza. Tutti si girano per guardarli. Joey si alza in piedi. Teddy e Ruth sono in ve­staglia. Silenzio. Teddy sorride.

Teddy                          -Ciao... papà... Ci siamo svegliati tardi. (Pausa). Co­sa c'è per colazione? (Silenzio. Teddy ridacchia) Eh, eh. Ci siamo svegliati tardi.

Max si gira verso Sam.

Max                     - Sapevi che era qui?

Sam                 - No.  

Max si gira verso Joey.

Max                 -Tu sapevi che era qui? (Pausa), Ti ho chiesto se sa­pevi che era qui? 

Joex                - No.

Max                 - E allora chi lo sapeva? (Pausa). Chi lo sapeva? (Pau­sa). Io non lo sapevo.

Teddy             -Papà, volevo scendere più presto, volevo... essere giù prima di te. (Pausa). Come stai? (Pausa). Ah... senti, vorrei... presentarti...

Max                 Da quanto tempo sei qui? 

Teddy             -Da stanotte.

Max                 - Da stanotte? Vuoi farmi diventare lo zimbello del quartiere? Come hai fatto a entrare? 

Teddy             -Con la mia chiave.

Max fischia e ride.

Max                - E questa chi è? 

Teddy              -Stavo per presentartela.

Max                - Chi ti ha dato il permesso di portare delle sgualdrine in casa? 

Teddy              -Sgualdrine?

Max                 - Chi ti ha dato il permesso di portare delle luride sgual­drine in casa? 

Teddy              -Dai, non fare lo scemo...

Max                 - Avete passato la notte qui? 

Teddy              -Si, arriviamo da Venezia...

Max                 Questo significa che una lurida troia ha passato tut­ta una notte in casa mia. Una maledetta troia sifilitica, qui, in casa mia per tutta la notte.

Teddy             -Smettila! Cosa stai dicendo?

Max                 - Sono sei anni che non vede questo figlio di puttana e lui mi torna a casa con una troia, si porta dietro una lu­rida troia che ha raccattato per strada, per scoparsela in casa mia !

Teddy              -È mia moglie! Siamo sposati!

Pausa.

Max                 - Non è mai più entrata una puttana sotto questo tet­to, da quando è morta tua madre. Parola mia d'onore. (A joey) Ti sei mai portato una puttana tu, qui? E Lenny     -  se ne è mai portata una? Ma loro tornano dall'America e si portano dietro anche il secchio dell'immondizia. Il vaso da notte (A Teddy) Porta fuori quel virus. lontana da me.

Teddy             - E’ mia moglie.

Max                 - (a Joey} Sbattili fuori. (Pausa). Un professore di filosofia? Sam, vuoi che ti presenti un professore di filoso­fia? (A Joey) Ti ho detto di sbatterli fuori. (Pausa). Cosa c'è? Sei sordo?

Joex                 - Sei proprio un povero vecchio. (A Teddy) È un po­vero vecchio.

Lenny  -  entra nella stanza in vestaglia. Si ferma. Tutti si girano. Max si gira e dà un pugno nello stomaco a Joey con tutta la sua forza. Joey si contorce, barcollando attraverso il palcoscenico. Max, senza pili fiato, sta per svenire. Gli si piegano le ginocchia. Si aggrappa al bastone. Sam si avvicina per aiutarlo. Max lo colpisce in testa con il bastone. Sam si siede, tenendosi la testa fra le mani. Joey si preme lo stomaco con le mani, si accascia ai piedi di Ruth       - . Lei lo guarda dall'alto. Lenny e Teddy sono fer­mi. Joey si rialza lentamente. È vicino a Ruth. Si gira per guardare Max . Sam  continua a stringersi la testa, Max  ha il respiro pesante, lentamente si rimette in piedi. Joey va verso Max. Si guardano. Silenzio, Max  si muove, supera Joey e va verso Ruth . Agita il bastone.

Max                 - Signorina.

Ruth gli va incontro.

Ruth                - Si?

Max la guarda. 

Max                 - Sei madre? 

Ruth                - Sì.

Max                 - Quanti ne hai? 

Ruth                -Tre.

Max si gira verso Teddy

Max                 - Tutti tuoi, Ted? (Pausa). Teddy, perché non ci ab­bracciamo e ci baciamo, eh? Come ai vecchi tempi? Cosa ne dici di un po' di coccole e di un bel bacio, eh? 

Teddy             - Dai, su, papà.

Pausa.

Max                 - Vuoi dare un bacio al tuo vecchio padre? Vuoi un po' di coccole dal tuo vecchio padre? 

Teddy                         - Si, dai, su. (Fa un passo verso di lui) Dai, papà.

Pausa.

Max                 - Vuoi ancora bene al vecchio papà, eh? 

Sono uno di fronte all'altro.

Teddy             -Dai, vieni, papà. Sono pronto per un po' di cocco­le.

Max comincia a ridere, gorgogliando. Si gira verso gli al­tri membri della famiglia e si rivolge a loro.

Max                 - Vuole ancora bene a suo padre!

Sipario

ATTO SECONDO

Pomeriggio. Max , Teddy, Lenny e Sam sono nella stan­za, si accendono un sigaro. Joey entra dal fondoscena si­nistro col vassoio del caffè, seguito da Ruth. Posa il vas­soio. Ruth serve il caffè a tutti gli uomini. Poi si siede con la sua tazza. Max le sorride.

Ruth                - Ottima colazione.

Max                 - Sono contento ti sia piaciuta. (Agli altri) Avete sen­tito? (A Ruth) Ci ho messo l'anima e il cuore. (Sorseggia ti caffè) Anche questo caffè è buono.

Ruth                -Mi fa piacere.

Pausa.

Max                 - Ho la sensazione che anche tu sia un'ottima cuoca.

Ruth                - Me la cavo.

Max                 - No, ho la sensazione che tu sia una cuoca di prim'ordine. Dico bene, Teddy? 

Teddy             -Si, è un'ottima cuoca.

Pausa.

Max                 - Erano anni che la famiglia non si riuniva al comple­to, eh? Se solo fosse viva vostra madre. Cosa ne dici, Sam? Cosa avrebbe detto Jessie se fosse stata qui? Sedu­ta qui con i suoi tre figli. Tre bei giovanotti. E’ una nuo­ra adorabile. Peccato non ci siano anche i nipotini. Li avrebbe coccolati, accarezzati, vero Sam?  Li avrebbe vi­ziati, ci avrebbe giocato, raccontato fiabe, fatto il solleti­co... sarebbe stata pazza di gioia. (A Ruth) E’ stata lei a insegnare ai ragazzi tutto ciò che sanno. A inculcar loro quella moralità che li guida: E’ stata proprio la madre a insegnar loro... quei codici, morali che regolano le loro vite. E il tutto con cuore. E che cuore. Eh, Sam?  E’ inutile ne­garlo. Quella donna era il pilastro della famiglia. Io stavo in negozio ventiquattr'ore su ventiquattro, viaggiavo in continuazione per il Paese alla ricerca di carne, mi stavo facendo strada nel mondo, ma sapevo di lasciare a casa una donna con una volontà di ferro, un cuore d'oro e un cervello. Vero, Sam?  (Pausa). E che cervello. (Pausa). È anche vero che sono sempre stato molto generoso con lei. Non l'ho mai lasciata senza un soldo. Ricordo quell'anno in cui stavo trattando con un grosso gruppo di macellai che aveva agganci con l'estero. Volevo entrare in società con loro. Ricordo che la sera tornai a casa, non dissi nul­la. Per prima cosa feci il bagno a Lenny, poi a Teddy e in­fine a Joey. Come ci divertivamo nel bagno, eh ragazzi? Poi scesi e dissi a Jessie di allungare le gambe sul puff -che ne è stato di quel puff? Sono anni che non lo vedo più - lei allungò le gambe sul puff e io le dissi, Jessie, credo che la nostra nave stia entrando in porto, voglio regalar­ti un paio di vestiti, uno di seta moireè?, celeste pallido, tut­to ricamato di perline, e un paio di calzoni di taffetà a fio­ri, lilla, per tutti i giorni. Poi le versai un goccio di cherry brandy. Ricordo che i ragazzi scesero giù in pigiama, i capelli lucidi, le guance rosa, non si facevano ancora la bar­ba allora, si inginocchiarono ai nostri piedi, quelli miei e quelli di Jessie. Sembrava proprio la sera di Natale.

Pausa.

Ruth                - Che ne è stato di quel gruppo di macellai? 

Max                 - Quelli? Venne fuori che erano una banda di mascal­zoni, come tutti del resto. (Pausa). Questo sigaro fa schifo. (Lo spegne. Si gira verso Sam ) A che ora vai a lavorare?

Sam                   - Tra un po'.

Max                 - Hai da fare questo pomeriggiolo sai? 

Sam                 - Sì, lo so.

Max                   - Cosa significa, si lo so? Farai tardi.  Perderai il posto.Vuoi mortificarmi? 

Sam                   - Non ti preoccupare dì me.

Max                   - Mi fa venire la bile alla bocca. La bile... capisci? (A Ruth   ) Ho fatto il macellaio tutta la vita, sempre tra cep­po e mannaia, il ceppo, sai cosa voglio dire, il ceppo e la mannaia! Per mantenere la mia famiglia nel lusso. Due famiglie! Mia madre era costretta a letto, i miei fratelli erano tutti invalidi. Dovevo guadagnare soldi per poter pagare i migliori psichiatri. Dovevo leggere libri! Stu­diarmi le loro malattie per essere sempre pronto nelle emergenze. Una famiglia menomata, tre figli bastardi e una moglie troia e lurida - non parliamo poi dei dolori del parto, le ho avute io le doglie, sento ancora le fitte - ba­sta un colpetto di tosse che la schiena mi si spezza... e og­gi mi ritrovo con un fratello frocio, pigro e inutile, che non è nemmeno capace di arrivare puntuale al lavoro. Il migliore autista del mondo. Ha passato tutta la vita al vo­lante, a far penzolare elegantemente la mano fuori dal fi­nestrino. Le chiami un lavoro, quello? Non è capace di distinguere un cambio dal culo! 

Sam                   - Chiedilo ai miei clienti! Vogliono tutti sempre e solo me.

Max                 - E gli altri autisti che fanno? Dormono tutto il gior­no?

Sam                   - Posso guidare una sola macchina alla volta. Non pos­sono avermi tutti allo stesso tempo.

Max                   E invece si che possono. Per mezzo dollaro caleresti le brache perfino sul ponte dei Frati Neri.

Sam                 - Chi, io? 

Max                 - Anzi, per due scellini e un lecca-lecca.

Sam                   - Mi sta insultando. Sta insultando suo fratello! Devo accompagnare un signore a Hampton Court, alle sedici e quarantacinque.

Max                   - Lo sai chi sapeva guidare davvero bene? MacGregor ! MacGregor si che era un autista.

Sam                   - Non gli dar retta.

Max lo minaccia col bastone.

Max                   - Non ha fatto nemmeno la guerra. Quello li non ha fatto nemmeno una guerra del cazzo! 

Sam                   - -Si che l'ho fatta! 

Max                   - Chi hai ammazzato? (Silenzio. Sam si alza, va da Ruth, le stringe la mano ed esce dalla porta d'ingresso. Max  si gira verso Teddy) Allora come stai, figlio mio? 

Teddy                -Bene, molto bene, papà. 

Max                   - È bello averti qui con noi.  

Teddy                -È bello essere di nuovo a casa, papà.

Pausa

Max                 - Avresti dovuto dirmelo che ti eri sposato. 

Teddy              -Ti avrei mandato un regalo. Dove vi siete sposati? in Ame­rica?

Teddy              -No, qui. Il giorno prima di partire.

Max                 - Una grande cerimonia?

Teddy              -No, non c'era nessuno.

Max                   - Sei pazzo. Io ti avrei fatto un matrimonio coi fiocchi. Avremmo invitato la crema della crema. Avrei pagato io tutte le spese. Parola mia d'onore.

Pausa.

Teddy                -Eri molto preso in quel momento. Non volevo disturbarti. 

Max                   - Ma sei sangue del mio sangue. Il mio primogenito. Avrei mollato tutto. Sani vi avrebbe accompagnato con la sua Snipe, Lenny        -  ti avrebbe tatto da testimone, poi sa­remmo venuti tutti a salutarvi alla nave. Non penserai che sono contro il matrimonio, spero? Ma sei matto? (A Ruth) Sono anni che supplico i due più piccoli di trovarsi una ragazza come si deve, con tutte le credenziali a posto... dà un senso alla vita, (A Teddy) Mah, cosa vuoi farci, tu intanto te la sei trovata e hai fatto anche un'ottima scel­ta, hai messo su una splendida famiglia, hai una carriera brillante... perciò lasciamo il passato al passato. (Pausa). Capito? Sappiate che avete la mia benedizione.

Teddy                      - Grazie.

Max                   - Prego. Quante famiglie in questa zona pensi possano vantarsi di avere un professore di filosofia seduto in casa a bersi una tazza di caffè?

Pausa.

Ruth                  -  Sono certa che Teddy è felice... di sapere che io le piaccio. (Pausa). Credo se lo domandasse.

Max                   - Ma se sei una donna incantevole...

Pausa.

Ruth                  - Io ero...

Max                   - Cosa? (Pausa). Cosa dice?

La guardano tutti.

Ruth                  - Ero... diversa... quando ho conosciuto  Teddy... i primi tempi.

Teddy                -Non è vero. Eri così, come sei adesso.

Ruth                  - No che non lo ero.

Max                   - E chi se ne frega? Date retta a me, vivete al presen­te, perché preoccuparsi del resto? Non dimenticate che il mondo ha come minimo cinque milioni di anni. Chi può permettersi di vivere nel passato? 

Pausa.

Teddy                -Mi è di grande aiuto laggiù. È una moglie e una ma­dre straordinaria. E amata da tutti. Ha moltissimi amici. Facciamo una gran bella vita all'università,.. sai... una bel­la vita. Abbiamo una bellissima casa... abbiamo tutto quello... abbiamo tutto quello che desideriamo. E’ un am­biente molto stimolante. (Pausa). I miei corsi... hanno un gran successo. (Pausa). E come sai, abbiamo tre maschi.

Max                 Tutti maschi? Buffo, eh? Tu ne hai tre. Io ne ho tre, E tu Joey hai tre nipoti. Joey! Sei zio, hai sentito? Po­tresti insegnar loro la boxe.

Pausa.

Joey                 - (a Ruth) Sono un pugile. Di sera. Di giorno invece la­voro per un'impresa di demolizioni.

Ruth                     - Ah?

Joey                 - Si, spero un giorno di dedicarmi alla boxe a tempo pieno, quando avrò fatto più incontri.

Max                 (a Lenny) Hai visto come è disinvolto con sua cogna­ta? Questo perché lei è una donna intelligente e aperta. (Si sporge verso Ruth) Dimmi un po', pensi che i bambini sentano la mancanza della loro mamma? 

Lei lo guarda.

Teddy             -Certo che sentono la sua mancanza. La adorano. Li rivedremo presto, comunque.

Pausa.

Lenny              - (a Teddy) il tuo sigaro si è spento.

Teddy              -Ah, già.

Lenny              - Vuoi da accendere?  

Teddy              -No. No. (Pausa). Anche il tuo si è spento.

Lenny              -  Ah, già. (Pausa), Ehi, Teddy, non ci hai racconta­to molto sulla tua facoltà. Cosa insegni? 

Teddy              -Filosofia.

Lenny              -  Allora voglio chiederti una cosa. Non trovi ci sia una certa logica incoerenza nelle principali asserzioni del Teismo cristiano? 

Teddy             -Non è materia che mi compete.

Lenny              -  Beh, allora, guardala da questo punto di vista... non ti dispiace se ti faccio qualche domanda, vero? 

Teddy              -No, se sono di mia competenza.

Lenny              -  Allora guardala da questo punto di vista. Come può essere venerato ciò che è ignoto? O, in altre parole, co­me possiamo venerare ciò che ignoriamo? D'altra parte sarebbe del tutto ridicolo venerare solo quello che cono­sciamo. Quello che conosciamo può esser degno di un gran numero di cose, ma non certo di venerazione. In poche parole, a parte il noto e l'ignoto, cos'altro c'è? 

Pausa.

Teddy             - Ho paura che tu ti stia rivolgendo alla persona sba­gliata.

Lenny              -  Ma sei un filosofo! Dai, sii sincero. Che ne dici tu di tutta questa storia dell'essere e del non essere? 

Teddy             -Tu che ne dici?  

Lenny              -  Beh, per esempio, prendi un tavolo. Filosofica­mente parlando. Che cos’è? 

Teddy             -Un tavolo.

Lenny              - Vuoi dire che non è altro che un tavolo. Beh, c'è molta gente che potrebbe invidiare questa tua certezza, noti credi, Joey? Per esempio, no un paio di amici, ci se­diamo spesso al bar del Ritz a bere un bicchiere, che di­cono sempre cose di questo genere, tipo: prendi un tavo­lo, prendilo. E va bene, faccio io, no  prendo, prendo un ta­volo, ma una volta che l'ho preso cosa me ne faccio? Una volta che l'hai preso, dove te lo porti? 

Max                 - Magari potresti venderlo.

Lenny              - Non ti darebbero un gran che.

Joey                 - Farlo a pezzi per il fuoco.

Lenny lo guarda e ride.

Ruth                - Non siate troppo certi, però. Avete dimenticato una cosa. Guardate me. Io... muovo una gamba. Cosi e basta. Ma indosso... della biancheria intima... che accompagna i miei movimentiche... attira la vostra attenzione. Non fraintendetemi. E’ solo un gesto. E’ una gamba... che si muove. Anche le mie labbra si muovono. Perché non con­centrate la vostra attenzione... su queste? Magari il fat­to che le mie labbra si muovano è più importante... delle parole che ne escono. Bisogna prendere in considerazio­ne... anche questa possibilità. (Silenzio. Teddy  si alza). Io sono nata qui vicino. (Pausa. Poi... sei anni fa, sono an­data in America. (Pausa). E’ tutta rocce. E sabbia. Si estende... a perdita d'occhio. Ci sono un mucchio di in­setti, laggiù. (Pausa), Ci sono un mucchio di insetti, laggiù.

Silenzio. Ruth resta ferma. Max si alza.

Max                 - Devi andare in palestra. Joey. È l'ora dell'allena­mento. 

Lenny              -  (alzandosi) Vengo con te.

Joey rimane seduto a guardare Ruth . 

Max                 - Joey.

Joey  si alza. Escono tutti e tre. Teddy si siede accanto a Ruth, le prende la mano. Lei gli sorride. Pausa.

Teddy              -Credo sia meglio tornarcene a casa, mmnn? (Pau­sa). Ce ne torniamo a casa?

Ruth                - Perché?  

Teddy             -Beh, in fondo siamo venuti solo per qualche gior­no. Possiamo anche... anticipare la partenza.

Ruth                - Perché? Non ti va di rimanere qui?  

Teddy              -Certo che mi va. Ma ho anche voglia di tornare a casa, di rivedere i ragazzi

Pausa. 

Ruth                - Non stai bene in famiglia?

Teddy              - Quale famiglia?  

Ruth                - Questa qui.

Teddy              -Certo che ci sto bene. Cosa dici?

Pausa.

Ruth                -Forse meno di quanto pensavi.

Teddy             - Ma no. Certo che... ci sto bene. Cosa dici? (Pau­sa). Senti. Lo sai che ora è li, adesso?

Ruth                - No, che ora è?

Teddy              -È mattino. Sono circa le undici.

Ruth                -Davvero?

Teddy              -Si, sono sei ore indietro... cioè... ci sono sei ore di differenza. I ragazzi saranno in piscina... a quest'ora... a nuotare. Ci pensi. E mattino lì. C'è il sole. Dai andiamo, mrnnn? È tutto cosi pulito li.

Ruth                -Pulito?

Teddy                 - Si.

Ruth                -Perché, qui è sporco?

Teddy             - No, cosa c'entra. Ma li è più pulito. (Pausa). Senti, ti ho portato qui solo per farti conoscere i miei, Adesso che li hai conosciuti, possiamo anche anelarcene. Il primo semestre sta per cominciare.

Ruth                - Trovi che sia sporco qui?  

Teddy             -Non ho detto che è sporco qui. (Pausa). Non ho det­to questo. (Pausa). Senti, lo vado a fare le valigie. Tu ri­posati un po'. Va bene? Tanto non rientreranno prima di un'ora. Dormi. E riposati. Ti prego. (Lei lo guarda). Po­tresti aiutarmi a preparare le lezioni quando torniamo. Mi farebbe cosi piacere. Te ne sarei molto grato. Possiamo nuotare fino a tutto ottobre. Lo sai, vero? Qui non c'è un posto per nuotare, se non quella piscina in fondo alla strada. E lo sai com'è. Un pisciatoio. Un lurido piscia­toio! (Pausa). T'è piaciuta Venezia, vero? Era meravi­gliosa, vero? E stata proprio una magnifica settimana. Cioè... ti ci ho portato io. Io so parlare l'italiano.

Ruth                            - Ma se fossi partita come infermiera nella campagna d'Italia, ci sarei già stata a Venezia.

Pausa.

Teddy             -Riposati. Io vado a fare le valigie. (Esce e sale per le scale).

Lei chiude gli occhi. Lenny appare dal fondoscena sini­stro. Entra nella stanza e si siede vicino a lei. Lei apre gli occhi. Silenzio.

Lenny              - Le giornate si stanno accorciando. 

Ruth                -  Si, si sta facendo buio.

Pausa.

Lenny              - Fra poco l'inverno ci raggiungerà. È ora di rinno­vare il guardaroba.

Pausa.

Ruth                - Che buona idea.

Lenny                    -  Cosa? 

Pausa.

Ruth                - Mi sono sempre... (Pausa), Ti piacciono i vestiti  

Lenny              -  Oh, si. Mi piacciono molto.

Pausa.

Ruth                -A me piacciono... (Pausa). Cosa ne pensi delle mie scarpe? 

Lenny              -  Sono molto belle.

Ruth                -Laggiù non riesco mai a trovare quelle che voglio. 

Lenny              -  Ah, .non se ne trovano li. 

Ruth                - No... non se ne trovano. (Pausa). Facevo !a modella prima di partire. 

Lenny              -  Di cappelli? (Pausa). Ho comprato un cappello una volta per una ragazza. L'avevamo visto nella vetrina di un negozio. Te Io descrivo. Aveva un mazzetto di giunchi­glie, legato con un fiocco di satin nero, ed era tutto rico­perto da una cloche di velo nero. Una cloche. Sembrava fatto apposta per lei, te lo giuro. 

Ruth                -No, io posavo con tutto il corpo. Ero una fotomo­della. 

Lenny              -  In studio? 

Ruth                -Prima di avere... i bambini. (Pausa). No, non solo in studio. (Pausa). Due o tre volte andammo in un posto in campagna... col treno. Anzi, forse, sei o sette volte. Passavamo sempre a un grande serbatoio d’acqua bianco. II posto… la casa…era molto grande…piena di alberi. .. e c'era anche un lago... noi ci cambiavamo in casa e poi scendevano giù fino al lago... scendevamo per un            - sentiero... di pietre... si, c'erano pietre... su quel sentiero. Però... aspetta un attimo... si, ecco... mentre ci cambiavamo nella casa, ci offrivano da bere. C'era anche un buffet freddo. (Pausa). A volte rimanevamo in casa... ma il più delle volte scendevamo giù fino al lago... e posavamo li. (Pausa), Ci andai proprio prima di partire per l'America. Andai a piedi dalla stazione fino al cancello epoi superai il viale. Le luci erano accese... rimasi là in mezzo al viale... la casa era molto luminosa

Teddy viene giù dalle scale con le valigie. Le posa, guar­da Lenny .

Teddy                         - Cosa le stavi dicendo? (Si avvicina a Ruth   - ) Eccoti il cappotto. (Lenny si avvicina al grammofono e mette un di­sco di jazz lento). Ruth. Dai. Infilatelo.

 

Lenny              -  (a Ruth) Cosa ne dici di un ballo prima di partire?   - 

Teddy             -Dobbiamo andare.      

Lenny              -  Uno solo.

Teddy             -No. Dobbiamo andare.

Lenny              -  Uno solo, con suo cognato, prima che se ne vada. (Si piega perso di lei) Madame? 

Ruth si alza. Ballano lentamente. Teddy rimane in piedi, con il cappotto di Ruth. Max e Joey entrano nella stanza dalla porta d'ingresso. Rimangono in piedi. Lenny  bacia Ruth. Rimangono in piedi a baciarsi.

Joey                 - Cristo, è una spudorata. (Pausa). È una sgualdrina. (Pausa). Lenny si è portato in casa una sgualdrina. (Si av­vicina ai due. Prende il Braccio di Ruth. Sorride a Lenny. Si siede con Ruth sul divano, la abbraccia e la bacia. Alza gli occhi verso Lenny ). Proprio quello che mi ci voleva. (Spo­sta Ruth finché non è sdraiata sotto di lui. La bacia. Alza gli occhi su Teddy e Max). Molto meglio di un massaggio.

Lenny si siede sul bracciolo del divano. Accarezza i ca­pelli di Ruth mentre Joey la bacia. Max si avvicina, guar­da le valigie.

Max                 Teddy? Te ne vai di già? (Pausa. Quando pensi di tornale? Senti; la.prossima volta che vieni; non scordar­ti di farci sapere prima se sei sposato o no. Sarò sempre felice di conoscere la sposa. Davvero, (Joey è sdraiato so­pra Ruth. Sono quasi fermi. Lenny le accarezza i capelli). Senti, credi davvero che io non sappia perché non mi hai detto che ti eri sposato? Lo so bene io. Perché ti vergo­gnavi. Pensavi che mi avrebbe dato fastidio il fatto che ti eri sposato con una donna che non era alla tua altezza. Credevo mi conoscessi meglio. Sono di vedute larghe, io. Sono un uomo dalle vedute larghe. (Sì sporge per vedere il viso di Ruth sotto a quello di Joey. Si gira verso Teddy) E co­munque è una bella ragazza. Una bellissima donna, E an­che madre. Madre di tre figli. Ne hai fatto una donna fe­lice. Dovresti esserne fiero. Qui si parla di una donna di qualità. Di una donna che ha dei sentimenti.

Joey e Ruth rotolano per terra, scivolando giù dal divano. Joey la stringe. Lenny     si avvicina e rimane in piedi sopra di loro. Guarda tutti e due dall'alto. Tocca delicatamen­te Ruth con un piede. Ruth  a un tratto spinge via Joey. Si alza in piedi. Joeysi alza e la guarda fissa.

Ruth                                - Vorrei qualcosa da mangiare. (A. Lenny) E anche da bere. Hai poi fatto rifornimento?

Lenny              -  C'è da bere in casa.

Ruth                - Allora dammi qualcosa.

Lenny                  -  Cosa?

Ruth                - Un whisky.     

Lenny              -  Si, ce n'è.

Pausa.   

Ruth                -E allora dammene uno. 

(Lenny va alla credenza, tira fuori una bottiglia e dei bicchieri. Joey si avvicina a lei). To­gli quel disco. (Joey la guarda, sì volta, toglie il disco). Vo­glio qualcosa da mangiare.

Pausa.

Joey                 - Io non so cucinare. (Guarda Max) È lui il cuoco. 

Lenny  -  le porta il whisky.

Lenny              -  Soda?

Ruth                            - Cos'è questo bicchiere? Non bevo da questo coso. Non avete bicchieri più alti? 

Lenny              -  Si.

Ruth                -Beh, allora versalo in un bicchiere più alto.

Lenny  riporta il bicchiere a posto, versa del whisky in un bicchiere alto e glielo porge.

Lenny              -  Con ghiaccio? O liscio?  

Ruth                -  Ghiaccio? Dove ce l'hai il ghiaccio? 

Lenny              -  Ce n'è nel freezer, ma sarà un blocco unico. (Ruth beve. Lenny si volta verso gli altri) Whisky per tutti? (Va alla credenza e versa da bere per tutti).

Joey si avvicina di più a Ruth.

Joey                 - Cosa vuoi mangiare? 

Ruth cammina per la stanza.

Ruth                - (a Teddy) Hai fatto leggere ai tuoi i saggi critici che hai scritto?

Max                 - Ecco una cosa che non ho mai fatto. Non ho mai let­to un suo saggio critico.

Teddy             -  Tanto non li capiresti.

Lenny distribuisce whisky a tutti.

Joey                 - Cosa vuoi mangiare? E comunque non sono io il cuo­co.

Lenny              -  Soda, Ted? O liscio?

Teddy             -Tanto non li capiresti i miei saggi. Non avresti la minima idea di cosa trattano. Non riusciresti ad apprez­zare tutte le note critiche. Sei troppo lontano da queste cose. Lo siete tutti. Perciò è inutile che vi mandi i miei saggi Vi perdereste tra le pagine. L'intelligenza non c'en­tra. E solo questione di saper guardare al mondo. Della capacità del distacco che hai nel lavorare con le cose e non dentro le cose. Cioè è una questione di saper combinare i due concetti, saperli paragonare, soppesare. La capacità di vedere, essere capaci di vederci Io so vedere. E per que­sto che so scrivere saggi critici. Magari potrebbe farvi anche bene... darci un'occhiata... rendervi conto di come certa gente sia capace di osservare... le cose... come cer­ta gente sia capace di mantenere... un equilibrio intellet­tuale. L'equilibrio intellettuale. Voi siete soltanto degli oggetti. Vi... muovete di qui e di là. Io vi osservo. Vedo ciò che fate. Fate le stesse cose che faccio io. Ma voi fa­cendole vi perdete. Io invece non potrò mai... perdermi.

Buio. Luci. Sera. Teddy è seduto, con il cappotto addos­so, le valigie al suo fianco. Pausa.

Sam                 - Teddy, ti ricordi di MacGregor? 

Teddy              - Mac? 

Sam                 - Si.

Teddy              -Certo che mi ricordo dì lui.

Sam                 - Cosa ne pensavi? Ti era simpatico?  

Teddy              -Si. Mi piaceva. Perché? 

Pausa.

Sam                 - - Sai una cosa? Di voi tre, tu sei sempre stato il mio pre­ferito. Sempre. (Pausa). Quando mi hai scritto dall'Ame­rica mi sono commosso, sai? Certo, avevi scritto qualche volta anche a tuo padre, ma a me mai. E, quando ho rice­vuto la lettera... beh, mi sono molto commosso. Non gliel'ho detto a tuo padre. Non gli ho detto che mi avevi scritto. (Pausa. Sottovoce) 

Teddy             - la sai una cosa? Sei sem­pre stato anche il preferito di tua madre. Me lo diceva sem­pre. Davvero. Sei sempre stato... sei sempre stato ogget­to del suo amore. (Pausa). Perché non rimani ancora qual­che settimana? Potremmo farci qualche risata.

Lenny entra nella stanza dalla porta d'ingresso.

Lenny              - Sei ancora qui, Ted? Arriverai in ritardo per il pri­mo seminario. ( Va alla credenza, apre le ante, guarda dentro, a destra e a sinistra, rimane in piedi) Dov'è il mio panino al formaggio? (Pausa). Chi ha preso il mio panino al formag­gio? L'avevo messo qui. (A Sam ) Ti sei messo a rubare?

Teddy             - L'ho preso io, Lenny

Silenzio. Sam li guarda, prende il berretto ed esce dalla porta dell'ingresso

Silenzio.

Lenny              - L’hai preso tu il mio panino al formaggio?

Teddy              - Si.  

Lenny                          -  Me lei ero fatto io quel penino. Avevo affettato il pane, spalmato il burro. E ci avevo messo in mezzo una fetta di formaggio. L'avevo messo su un piatto e poi nel­la credenza. Prima di uscire. Torno a casa e tu te lo sei mangiato,

Teddy             E allora? E con questo?

Lenny              -  Mi aspetto delle scuse.

Teddy             -L'ho fatto apposta, Lenny.

Lenny              -  Vuoi dire che non ci sei inciampato per sbaglio?

Teddy             -No, ti avevo visto mentre lo mettevi lì e siccome avevo fame me lo sono mangiato.

Pausa.

Lenny              -  Bella faccia tosta. (Pausa). Cosa ti ha spinto a esse­re cosi... vendicativo nei confronti di tuo fratello? Sono senza parole. (Pausa). Teddy, credo che ci stiamo avvici­nando al momento della verità, eh? Le carte sono già in tavola. Cioè siamo già scesi in campo. Sennò, come in­terpretare il tuo gesto? Fregare il panino al formaggio dì tuo fratello minore proprio mentre è fuori a fare un lavo­retto, è tutto chiaro, inequivocabile. (Pausa). Devo dire che sei diventato un po' cupo in questi ultimi sei anni. Si, un po' cupo. Più introverso. Meno disponibile. È strano, perché avrei pensato che negli Stati Uniti d'America, con tutto quel sole, tutto quello spazio, all'università, con la tua posizione, le tue lezioni, al centro di tutta quella vita intellettuale, all'università, il turbinio della vita sociale, con tutti quegli incentivi, i tuoi figli con cui giocare, con cui nuotare in piscina, gli autobus americani, quelle ton­nellate di acqua sempre ghiacciata, quei comodi bermu­da, all'università, caffè e gin a disposizione a tutte le ore del giorno e della notte, pensavo ti avessero reso più so­cievole, e non meno socievole. Perché voglio che tu sap­pia, Teddy, che tu per noi rappresenti un modello. La tua famiglia ti guarda con ammirazione, e sai cosa fa? Fa del suo meglio per seguire il tuo esempio. Perché sei fonte d'orgoglio per tutti noi. Ecco perché eravamo tutti cosi felici di rivederti, di accoglierti a braccia aperte nella tua casa natia. Proprio per questo. (Pausa). Senti, Teddy, non c'è dubbio, noi qui viviamo una vita meno ricca della tua, laggiù; Facciamo una vita più chiusa; Anche se abbiamo il nostro da fare. Jòéy con la sua boxe, io con il mio lavo­ro, papà che gioca ancora a poker, e che si occupa della cucina, bene, allo stesso livello di una volta, e zio Saro che è il miglior autista della sua ditta. Nonostante tutto sia­mo ancora una famiglia unita e tu sei parte integrante di questa famiglia. Quando ci sediamo nel cortile a guarda­re le stelle in silenzio c'è sempre una sedia vuota nel cer­chio, la tua. Perciò, quando ritorni, ci aspettiamo un po' di gentilezza, un po' di je ne sais quoi, un po' di apertu­ra mentale, un po' di nobiltà d'animo, che ci rassicuri. Ci aspettiamo questo da te. Ma ce lo dai? Ci hai dato qual­cosa? Ci hai dato qualcuna di queste cose?

Pausa.

Teddy              - Sì.

Joey viene giù dalle scale ed entra nella stanza, con un giornale.

Lenny              -  (a Joey) Com'è andata?

Joey                 - Ehm... niente male.

Lenny              -  E cioè? (Pausa), E cioè?

Joey                 - Niente male.

Lenny              -  Voglio sapere cosa significa... niente male.

Joey                 - Di cosa ti impicci? 

Lenny              -  Joey, dici sempre tutto a tuo fratello.

Pausa.

Joey                 - Non ho ancora concluso.  

Lenny              -  Non hai ancora concluso? (Pausa. Con enfasi) Vuoi dire che non sei venuto? Ma come, sei stato di sopra con lei due ore. 

Joey                 - E allora? 

Lenny              -  Sei stato dì sopra con lei due ore e non sei ancora venuto? 

Joey                 - E con questo?

Lenny              -  si avvicina di più a lui. 

Lenny              -  Cosa vuoi dire?  

Joey                 - In che senso? 

Lenny              -  Vuoi dire che è una stuzzicacazzi? (Pausa). E’ una stuzzicacazzi! (Pausa). Tu cosa ne dici, Ted? Pare che tua moglie sìa una stuzzicacazzi.  Joey è stato di sopra con lei per due ore e non ha concluso un bel niente.

Joey                 - Non ho detto che è una stuzzicacazzi.

Lenny              -  Vuoi scherzare? È proprio una stuzzicacazzi, non sei d'accordo, Ted?

Teddy             -Magari è lui che non ci sa fare.

Lenny              -  Chi, Joey? Non ci sa fare? Non farmi ridere. Si è fatto più donne lui di quanti capelli ha in testa. E irresi­stibile. Ce ne sono pochi come lui. Raccontagli dell'ulti­ma che ti sei fatta, Joey.

Pausa.

Joey                 - Quale ultima? 

Lenny              -  L'ultima! Quella di quando ci siamo fermati con la macchina... 

Joey                 - Ah, quella... si... quella sera nella macchina di Lenny, la settimana scorsa...

Lenny              -  L'Alfa.

Joey                 - Insomma... stavamo facendo un giro in macchina... 

Lenny              -  Su, vicino al parco. 

Joey                 - Si, vicino al parco...

Lenny              -  Davamo una perlustratina a North Paddigton. 

Joey                 - E, beh... era piuttosto tardi, vero? 

Lenny              -  Si, era tardi. Dai, vai avanti.

Pausa.

Joey                 - E poi abbiamo... insomma, c'era una macchina par­cheggiata accanto al marciapiede... con dentro un paio di ragazze.

Lenny              -  E i loro cavalieri!

Joey                 - Si, c'erano anche due coglioni, dentro. E comun­que... scendiamo dalla macchina... e diciamo ai due... di andarsene dalle palle... cosa che hanno fatto subito... e poi abbiamo fatto... scendere le ragazze...

Lenny              -  Non le abbiamo portate al parco.

Joey                - Ah no, per carità, mai al parco. La polizia ci avrebbe notato subito... sai com'è. Le abbiamo portate tra le ro­vine.

Lenny              -  Le macerie. Tra le macerie,

Joey                 - Si, c'erano macerie ovunque. (Pausa). Beh... poi... ce le siamo fatte.

Lenny              -  Dimentichi la parte migliore. Si è dimenticato la parte migliore !

Joey                 - Quale parte? 

Lenny              -  (a Teddy) La sua gli fa, io ci sto, ma devo stare at­tenta. Non posso farlo senza preservativo. E Joey le ri­sponde, non ne ho. E allora non ci sto, fa lei. Ci starai ec­come, le dice Joey, che mi frega a me del preservativo. (Ride) Si è messa a ridere perfino la mia, quando ha sen­tito, Si, si è messa a ridere perfino lei. Perciò non puoi di­re che Joey non sia il massimo quando ci si mette. E ora vuoi dirmi che in due ore di sopra con tua moglie non rie­sce a concludere un bel niente? Dai retta a me, Ted, tua moglie è una stuzzicacazzi. Tu che ne pensi, Joey? Ti sen­ti soddisfatto? Non mi dire che ti senti soddisfatto anche senza essere riuscito a venire.

Pausa.

Joey                 - Sono venuto tante di quelle volte... che mi va bene... anche così. A volte…. è anche bello... non venire.

Lenny              -  lo guarda fisso. Max            - e Sam entrano nella stanza dalla porta d'ingresso,

Max                 - Dov'è quella troia? È ancora a letto? Finirà per ab­brutirci tutti.

Lenny              -  Quella è una stuzzicacazzi. 

Max                 Come? 

Lenny              -  Ha preso per il culo Joey. 

Max                 - In che senso? 

Teddy             -E’ stato di sopra con lei per due ore e non ha con­cluso un bel niente.

Pausa.

Max                 -  II mio Joey? Ha fatto questo al mio ragazzo? (Pausa). Al mio figlio minore? Tss, tss, tss, tss. Come ti senti fi­glio mio? Ti senti bene? 

Joey                 - Certo che mi sento bene.

Max                 - (a Teddy) Fa cosi anche con te?

Teddy             - No.  

Lenny              -  A lui dà il meglio. 

Max                - Dici? 

Joey                 - No, non è vero.

Pausa.

Sam                 - Beh, è il suo legittimo sposo. E lei è la legìttima sposa.

Joey                 - No, non è vero ! Non gli dà il meglio !, Lo so, io. Lo so. Lo ammazzo quello che dice un'altra volta che a lui dà il meglio. 

Max                 - Joey... perché ti agiti tanto? (A Lenny) È frustrato.Lo vedi cosa succede?  

Joey                 - Che cosa sono io? 

Max                      - Nessuno dice che hai torto, Joey. Anzi, ti diamo tut­ti ragione. (Pausa. Max si gira verso gli altri) La sapete una cosa? Non è mica una cattiva idea quella di avere una don­na in casa, in fondo. Anzi, potrebbe essere un'ottima idea. Chissà? Forse dovremmo tenercela. (Pausa). Potremmo chiederle se vuole restare.

Pausa.

Teddy             -Non è il caso, papà. Non sta molto bene e poi dob­biamo tornare a casa dai bambini.

Max                 - Non sta bene? Lo sai che sono abituato a curare la gente che non sta bene. Di questo non devi proprio preoc­cuparti. Dai, facciamola rimanere.

Pausa.

Sam                       - Non dire sciocchezze.

Max                 - Quali sciocchezze?  

Sam                 - Stai dicendo delle gran stupidaggini.

Max                 - Io?

Sam                   - Ha tre figli.

Max                 - Se ci tiene tanto, può sempre farne degli altri! Qui.

Teddy             - Non ne vuole altri.

Max                     - Cosa ne sai tu di quello che vuole o non vuole, eh Ted? 

Teddy             -  (sorridendo) La cosa migliore per lei è tornare a ca­sa con me, papà. Davvero. Non ti dimenticare che siamo sposati.

Max Si aggira per la stanza; poi fa schioccare le dita!

Max                 - Dovremo darle dei soldi, naturalmente. Ve ne ren­dete conto, no? Non possiamo mica farla andare in giro senza un soldo in tasca. Bisogna darle qualcosa.

Joey                 - Certo che le daremo dei soldi. Dovrà sempre avere un po' di soldi in tasca.

Max                 - È quello che ho appena detto, io. Non si può lascia­re una donna senza nemmeno i soldi per comprarsi un paio di calze.

Pausa.

Lenny              -  E dove li andiamo a prendere i soldi? 

Max                 - Quanto può costare? Pid di una cifra con cinque ze­ri?

Lenny              -  Ti ho chiesto dove andiamo a prenderli i soldi. È una bocca in più da sfamare. Un corpo in più da coprire. Te ne rendi conto o no? 

Joey                 - Glieli compro io i vestiti. 

Lenny              -  Con cosa?  

Joey                 - Metterò via una parte della mia paga.

Max                 - Giusto. Facciamo girare il piattino. Faremo una col­letta. Siamo tutti adulti e responsabili. Ognuno di noi metterà qualcosa nel piattino. E la maniera più democratica.

Lenny              -  Serviranno parecchi soldi, papà. (Pausa), Non mi sembra una donna che si accontenta di roba di seconda mano. Veste sempre all'ultima moda. Non vorrai mica farla andare in giro con degli stracci che non le donano? 

Max                 -Lenny            , ti dispiace se ora parlo io? Non è per criti­carti. Ma mi sembra tu dia troppa importanza al lato eco­nomico. Ci sono altri fattori da prendere in considera­zione. Quelli umani per esempio. Capisci? Quelli umani. Non dimenticarteli.

Lenny              -  Non me li dimentico.

Max                 - Allora ricordateli. (Pausa). Sentite, bisogna trattarla più o meno allo stesso modo in cui è stata abituata. Do­po tutto è mia nuora, non l'abbiamo mica trovata per stra­da!

Joey                 - Giusto.

Max                 - Ecce vedi, Joey è pronto a contribuire, e pure Sam... (Sam  lo guarda). Io ci metterò qualche soldo della mia pensione, e poi anche Lenny            sgancerà qualcosa. Vogliamo scherzare. E tu, Ted? Quanto verserai nel fondo comu­ne?

Teddy              -Io non ci metto un bel niente.

Max                 - Cosa? Non vuoi contribuire al mantenimento di tua moglie? Brutto tirchio schifoso. Tua madre rimarrebbe stecchita se ti sentisse parlare cosi.

Lenny              -  Ehi, papà. (Viene avanti) Mi è venuta un'idea mi­gliore.

Max                 - E cioè?             

Lenny              -  Non c'è bisogno di accollarsi tutte quelle spese. Le co­nosco bene queste donne. Quando cominciano a spendere ti buttano all'aria qualsiasi preventivo. Mi è venuta un'idea migliore. Che ne direste se me la portassi in Greek Street?

Pausa.

Max                 - Vuoi dire a battere? (Pausa). Si, la facciamo battere. E’ un'idea straordinaria, hai avuto un lampo di genio. Co­si i soldi se li guadagna da sola... a gambe larghe.

Lenny                    -  Si.

Max                 - Magnifico. C'è solo una cosa, dovrà fare poche ore. Non vogliamo mica stia fuori tutta la notte.

Lenny              -  Gliene faremo fare poche.

Max                 - Quante?

Lenny              -  Quattro per notte.

Max                 - (dubbioso) Basteranno?

Lenny              -  In quattro ore può tirare su una beila somma.

Max                 Beh, se non lo sai tu. Dopotutto non vogliamo che si sciupi. Ha dei doveri anche verso di noi. In che punto di Greek Street vuoi piazzarla? 

Lenny              - Non c'è bisogno che lavori proprio per strada, papà. Ho parecchi appartamenti in quella zona.

Max                 - Davvero? E io? Perché non me ne dai uno? 

Lenny              -  Tu non ne hai bisogno, tanto non scopi più.

Joey                - Ehi, un momento, cos'è questa storia?

Max                 - Ho capito quello che vuol dire Lenny. Cosi potrà mantenersi da sola. Tu che ne pensi, Teddy? Risolvereb­be tutti i nostri problemi.

Joey                 - Ehi, un momento, lo non voglio dividerla con nes­suno.

Max                 - Cos'hai detto?

Joey                 - Che non voglio dividerla con altri scalzacani.

Max                 - Scalzacani? Che faccia tosta! Che arroganza! (A Lenny) Glieli procuri tu gli scalzacani? 

Lenny              -  Ho una clientela molto distinta, Joey. Molto piti di­stinta di quanto tu possa mai diventare!

Max                 - Perciò considerati fortunata di farne parte.

Joey                 - Non pensavo di doverla dividere con altri !

Max                 - Sarai obbligato a farlo! Altrimenti se ne torna dritta in America. Hai capito? (Pausa). E già difficile cosi" coni 'è, senza che ci metta anche tu il bastone fra le ruote. C'è una cosa che mi preoccupa però. E se non fosse all'altez­za, eh? Teddy, tu sei il miglior giudice. Pensi che sarà all'altezza? (Pausa). Con tutto quel suo stuzzicare senza concludere? Non vorrei diventasse un vizio. Non ne ri­caveremmo un gran che.

Pausa.

Teddy              -Non erano altro che i preliminari... credo...

Max                             -Preliminari? Cazzo, per due ore? Mi sembrano un po' lunghi come preliminari. 

Lenny              -  E’ l'ultima delle cose di cui mi preoccuperei, papà. 

Max                 - Come fai a dirlo? 

Lenny              -  Parere professionale, (Va da Teddy  - ) Senti, Teddy, anche tu potresti darci una mano. Se io ti spedissi in Ame­rica dei biglietti da visita... sai, di quelli belli, con nome, numero di telefono, molto discreti, potresti distribuirli... a tutti quelli che vengono a farsi un viaggetto da queste parti. E naturalmente avresti la tua piccola percentuale. 

Max                 - Non hai mica bisogno di dire che è tua moglie. 

Lenny              -  No, le cambiamo nome. La chiamiamo Dolores o che so io. 

Max                 - O Jacky, la spagnola.

Lenny              -  No, papà, bisogna essere piti discreti. Dobbiamo darle un nome carino... tipo Cinzia... o Gillian.

Pausa.

Joey                 - Gillian. Pausa.

Lenny              -  Tu laggiù conoscerai un sacco di professori, capore­parto e gente del genere. Magari fanno una scappatina, una settimana al Savoy, e vogliono un posticino tranquillo per farsi una scopata in santa pace. E tu saresti in grado di dare informazioni intime.

Max                 - Certo. Puoi fornire dettagli precisi. Scommetto che nel giro di due mesi ci sarà una lista c'attesa.

Lenny              -  Potresti diventare il nostro agente negli Stati Uniti.

Max                 -Ma certo. Un circuito internazionale! Vedrai che la Pan-American ci offrirà degli sconti ancora prima di co­minciare.

Pausa.

Teddy             -Invecehierà... molto presto.

Max                 - No... non più di questi tempi. C'è il servizio sanita­rio. Vecchia, poi? Perché dovrebbe invecchiare? Si di­vertirà un mondo.

Ruth scende per le scale, vestita. Entra nella stanza. Sor­ride a tutti e si siede. Silenzio.

Teddy             -Ruth  - ... i miei vorrebbero invitarti a rimanere an­cora un po' qui con loro. Come... ospite... in un certo sen­so. Se a te sta bene, io non ho nulla in contrario. A casa ce la caveremo... finché non rientrerai.

Ruth                -Che gentili.

Pausa.

Max                 - È una proposta che ci viene direttamente dal cuore. 

Ruth                 -È molto carino da parte vostra. 

Max                 - Senti... il piacere è tutto nostro.

Pausa.

Ruth                -Ho paura di disturbare.

Max                 - Disturbare? Ma che dici? Quale disturbo? Voglio dirti una cosa. Da quando è morta la povera Jessie, eh Sam?  Nessuna donna ha mai più messo piede in questa casa. Nemmeno una. Qui centro. E ti spiego perché. Per­ché il ricordo della mamma per loro è cosi prezioso che qualsiasi altra donna lo... offuscherebbe. Ma tu...  Ruth  ... non sei soltanto bella e meravigliosa, sei anche una pa­rente. E’ un'amica. Tu appartieni a questa casa.

Pausa.

Ruth                -Sono commossa.

Max                 - Certo che sei commossa. Sono commosso anch'io.

Pausa.

Teddy             - Però è mio dovere avvertirti che... se rimani dovrai contribuire un po' alle spese. Mio padre non è messo mol­ta bene.

Ruth                -(a Max ) Oh, mi dispiace.

Max                 - Basterà poco. Qualche penny. Non molto. Sai, stia­mo tutti aspettando che Joey diventi un grande boxeur. E quando diventerà grande... beh...

Pausa.

Teddy             -Oppure, se vuoi, puoi tornare a casa con me. 

Lenny              -  Ti metteremo a disposizione un appartamento.

Pausa.

Ruth                -Un appartamento? 

Lenny                    -  Sì.

Ruth                -Dove?

Lenny              -  In centro, (Pausa). Ma abiterai qui con noi.

Max                 Ci mancherebbe altro. La tua vera casa sarà questa. In seno alla famiglia.

Lenny              -  Useresti l'appartamento solo per un paio di ore, la aera e basta.

Max                 - Un paio d'ore, e basta. E basta.

Lenny              -  II tempo di racimolare i soldi per il tuo manteni­mento.

Pausa.

Ruth                - Quante stanze avrebbe questo appartamento? 

Lenny              -  Non molte.

Ruth                -Ne vorrei uno con almeno tre stanze e un bagno.

Lenny              -  Non te ne serve uno con tre stanze e un bagno.

Max                - II bagno ci vuole, però.

Lenny              -  Ma tre stanze non servono.

Pausa.

Ruth                - A me si

Lenny              -  Te ne bastano due.

Ruth                - No. Due non bastano. (Pausa), Voglio una stanza per cambiarmi, una stanza da letto e una stanza per rilassarmi.

Pausa.

Lenny              -  E va bene, ti troveremo un appartamento con tre stanze e un bagno. 

Ruth                -  E per il servizio? 

Lenny              -  Avrai tutti i servizi. 

Ruth                - Cameriera personale? 

Lenny               -  Naturalmente. (Pausa). All'inizio ti finanziamo noi, poi, quando ti sarai ben sistemata, ci rimborserai, a rate. 

Ruth                - Questo non mi sta bene. 

Lenny              -  Perché no? 

Ruth                - II vostro finanziamento dovrà essere considerato il capitale iniziale.

Pausa.

Lenny              -  Ah, ecco. Va bene.

Ruth                -  II mio guardaroba sarà a vostre spese, naturalmen­te.

Lenny              -  Si, provvederemo a tutto. Tutto ciò che ti occorre.

Ruth                - Mi occorreranno parecchie cose. Se no, non ci sto.

Lenny              -  Avrai tutto quello che vorrai.

Ruth                -  Farò una lista di tutte le cose che mi servono, e voi la firmerete in presenza di testimoni.

Lenny              -  Certo.

Ruth                -Tutti i particolari e le condizioni dell'accordo do­vranno essere chiariti dalle parti, con reciproca soddisfa­zione, prima della stesura definitiva del contratto.

Lenny              -  Certo.

Pausa.

Ruth                -Beh, credo che potrà funzionare.

Lenny              -  Lo credo anch'io.

Max                 - Avrai naturalmente tutta la giornata libera. E potre­sti occuparti un po' della cucina qui, se ne avrai voglia.

Lenny              -  Rifare i letti.

Max                 -Pulire un po'.

Teddy              -Far compagnia a tutti.

Sam viene avanti.

Sam                 - (tutto d'un fiato) MacGregor si faceva Jessie sul sedi­le posteriore della mia macchina mentre io li scorrazzavo nel mio taxi. (Ha un rantolo, e poi sviene).

E’ a terra, immobile. Lo guardano tutti. 

Max                 - Cos'è? Morto?

Lenny              -  Si.

Max                 - Un cadavere? Un cadavere sul mio pavimento? Portatelo via ! Portatelo via di qui!

Joey si piega su Sam.

Joey                  - Non è morto.

Lenny              -  Forse gli si è fermato il cuore per una trentina di se­condi.

Max                - Ma come? Non è neppure morto!

Lenny guarda Sam dall'alto.

Lenny              -  No, respira ancora.

Max                - (indicando Sam) Sapete cosa aveva quell'uomo?

Lenny              - Cos'ha, vuoi dire.

Max                 - E va bene, cos'ha! Una fantasia morbosa.

Pausa.

Ruth                -Si, mi sembra un'ottima proposta.

Max                 -Vogliamo stringerci la mano subito o vuoi rimandare a più tardi? 

Ruth                -Rimandiamo a più tardi.

Teddy si alza. Guarda Sam dall'alto.

Teddy             -Volevo chiedergli di accompagnarmi all'aeroporto. (Va verso le valigie e ne prende una) Beh, allora Ruth, lascio qui la tua valigia. Prenderò la metropolitana qui vicino.

Max                       - Ascolta se vai dall’altra parte, la prima a sinistra, poi la prima a destra, vedrai che trovi un taxi.

Teddy             - Si, potrei fare cosi. 

Max                 - O se no puoi prendere la metropolitana fino a Piccadilly Circus, ci metti meno di dieci minuti, e da lì prendi un taxi per l'aeroporto. 

Teddy             -Si, forse farò così. 

Max                 -Guarda che la tariffa è doppia. Devi pagare anche il ritorno. Supera le sei miglia. 

Teddy             -Si, lo so. Beh, allora, ciao papà. Stanimi bene.Si stringono la mano.

Max                 - Grazie, figliolo. Senti. Voglio dirti una cosa. È stato bellissimo rivederti.

Pausa.

Teddy             -È stato bellissimo anche per me.

Max                 - Hai parlato di me con i tuoi ragazzi? Eh? Credi che vorranno una foto del loro nonno? 

Teddy             -Si, sicuramente.

Max tira fuori il portafoglio.

Max                 - Ne ho una qui. Ne ho una proprio qui. Aspetta un attimo. Eccola. Pensi che andrà bene, questa?

Teddy             -(prendendola) Ne saranno entusiasti. (Si gira verso Lenny)Arrivederci Lenny .

Si stringono la mano.

Lenny              -  Ciao, Ted. Sono stato felice di rivederti. Fai buon viaggio. 

Teddy             - Ciao, Joey.

Joey non si muove.

Joey                 - Cìa-ciao.

Teddy va alla porta d'ingresso.

Ruth                - Eddie, (Teddy si gira. Fuma). Non sparire.

Teddy esce, chiude la porta dell'ingresso. Silenzio. I tre uomini rimangono in piedi. Ruth si siede su una poltro­na, rilassata. Sam giace a terra, immobile, Joey attraver­sa la stanza lentamente. Si inginocchia davanti alla pol­trona di Ruth. Lei gli tocca la testa, leggermente. Lui ap­poggia la testa sul suo grembo. Max comincia a camminare avanti e indietro per la stanza. Lenny rimane immobile. Max si gira verso Lenny.

Max                 - Sono troppo vecchio, suppongo. Lei mi considera un vecchio. (Pausa). Non sono poi cosi vecchio. (Pausa. A Ruth) Sono troppo vecchio per te? (Pausa). Senti un po'. Pensi di farti sempre e solo quel pezzo di merda lf? Pen­si di farti solo lui... di farti solo lui tutti i giorni? Dovrai lavorare, lo sai! Dovrai farteli tutti, hai capito? (Pausa). Se ne rende conto oppure no? (Pausa), Lenny, pensi che abbia capito?... (Comincia a balbettare) Cosa... cosa... cosa... vogliamo fare? Cosa... abbiamo in mente di fare? Pensi che le sia chiaro? (Pausa). Io credo di no. (Pausa). Hai capito quello che ha detto? Senti, ho come l'impressione che questa ci voglia fregare. Vuoi scommettere checi userà, che si servirà di noi? Lo sento! Lo fiuto! Ci vuoi scommettere? (Pausa). Non ci... starà! (Comincia a fare dei grugniti, si aggrappa al bastone, cade in ginocchio accan­to alla poltrona di Ruth       - . Si accascia. Smette di grugnire. Sì raddrizza. La guarda restando in ginocchio) Non sono vec­chio, io. (Pausa). Mi hai sentito? (Alza la testa e avvicina il suo viso a quello di Ruth  - ) Baciami.

Lei continua ad accarezzare la testa di Joey, leggermente. Lenny rimane in piedi a guardarli.

Sipario