Il ritorno

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IL RITORNO

Commedia in un atto

di MARIO FRATTI

PERSONAGGI

MADRE

SILVIA

MASO

ACCOMPAGNATORE

 (Stanza semibuia con corridoio illuminato sul fondo; porta d'accesso a sinistra, accanto ad una bassa finestra colma di fiori. Si intrave­dono una vecchia credenza, un tavolo con fiori, giocattoli e quaderni, due sedie con giacche alla spalliera. La fidanzata, una stanca trentenne, siede a destra, in primo piano, e ricama il suo corredo. Dopo una certa attesa appare, fra i fiori del davanzale, il volto di Maso).

Maso                             - (non distinguendo) Silvia... Sei tu, Silvia?...

Silvia                             - Attento ai fiori.

Maso                             - Che fai al buio?

Silvia                             - Ricamo. Parla piano. E' di là.

Maso                             - Entro?

Silvia                             - Meglio di no. Sciupi i fiori.

Maso                             - Un solo momento. Poi andiamo via.

Silvia                             - Oggi no. Sai chi torna.

Maso                             - Appunto. Ci saranno lacrime, scene... Apri. (Silvia non ne ha troppa voglia; non si muove) Se no rompo questi. (Comprime i fiori) Vieni ad aprire. (Silvia si alza stancamente, va ad aprirgli. Entra Maso; è robusto, un po' curvo, fuma continuamente; dimostra più di trent'anni. Cercando di abbracciarla) Ferma qua. Un bacetto... (Timida resistenza) Uno solo...

Silvia                             - (sfuggendogli) Oggi no. Non insistere, ti prego.

Maso                             - (guardandosi attorno) Tutti questi fiori, questo buio... Fanno tristezza. (Indica il corri­doio illuminato) E' là? (Silvia fa cenno di sì) Accendo. (Accende la luce; si guarda attorno con imbarazzo; sfoglia i quaderni, palpa i gio­cattoli, arretra dalle due giacche con ripugnan­za e malcelato orrore) Ha tirato fuori tutto... Un carnevale. Tu che fai?

Silvia                             - Robette mie.

Maso                             - Il corredo?

Silvia                             - Sì.

Maso                             - Quello... quello vecchio?

Silvia                             - Aggiungo. Non potevo buttar via tutto.

Maso                             - (passeggiando nervosamente) Con quella pazza tra i piedi... (Si arresta, la fissa supplicante. Con preghiera nella voce) An­ diamo via.

Silvia                             - Oggi no.

Maso                             - (dopo una pausa) Lo... lo aspetti qua?

Silvia                             - Anche tu. Le farà piacere. (Indica col cenno del capo il corridoio).

Maso                             - Io no. (Dopo una pausa) Vieni con me, ti prego... (Riesce a baciarle febbrilmente la fronte, l’angolo della bocca).

Silvia                             - Per favore, Maso. E' di là. Lo sai come ci guarda... Anche se non dice niente.

Maso                             - (nervosamente, ammettendo) Ho paura anch'io di quello sguardo.

Silvia                             - Pensa a quello che ha sofferto, che soffre ancora. Oggi, poi... Si è alzata all'alba. Ha preparato tutto lei. Fiori, giocattoli, vestiti-Anche i quaderni della prima elementare ha tirato fuori, chi sa da dove... E' tutta in ordine. Ben pettinata, un vestito chiaro... Fa paura an­che a me. Con quelle domande, poi...

Maso                             - (portando le mani ai capélli) Non mi parlare delle domande. La sua insistenza mi fa impazzire. « Si lavava i denti? Rideva? Pian­geva? Parlava di me? ». Ad ogni più piccola occasione. Se non scappiamo da questo paese...

Silvia                             - Col tempo, forse. Oggi « lo vedrà ». Si persuaderà, rassegnerà. Col tempo, forse. Ha bisogno di noi, ora. Andarsene equivarrebbe ad ucciderla.

Maso                             - (dopo un breve indugio) Ti parla mai di noi due?

Silvia                             - Mai.

Maso                             - Eppure sa.

Silvia                             - Non ne sono convinta. Evita l'argo­mento di proposito. Mai un accenno, un'allu­sione... un rimprovero.

Maso                             - Eppure sa che quando esci...

Silvia                             - Non mi domanda se vengo da te. Io gliel'ho anticipato un paio di volte, per onestà. Non ha dato peso. I soliti atteggiamenti sfug­genti, impenetrabili...

Maso                             - Quel volto duro, severo... (Tormentan­dosi) Io pagherei sangue per uscire da questa situazione, parlarle chiaro...

Silvia                             - Dopo « il ritorno ». Questa giornata ce ne fornirà l'occasione... Presto, Maso.

Maso                             - Ti raccomando, mi avvicino ai quarant'anni... Anche tu. Non possiamo rovinare due vite - le nostre - per un rispetto al suo dolore, alla sua assurda pretesa... (Dal corridoio di fondo avanza, come un silenzioso fantasma, la madre; indossa un vestito non troppo scuro; il dolore non ha alterato la dolcezza dei suoi lineamenti).

Madre                           - (a Maso) Sei qui anche tu. Grazie d'esser venuto. Chi c'è alla stazione?

Maso                             - (imbarazzatissimo) Bandiere, amici...

Madre                           - Quante?

Maso                             - (timidamente) Due.

Madre                           - Amici?

Maso                             - Molti, molti di più... fazzoletti colorati al collo... C'è anche il sindaco... e il ra­gazzo dei giornali... (La madre è soddisfatta, le brillano gli occhi, si torce le mani con nervoso compiacimento) Aveva segnato in rosso l'arti-coletto... compravano tutti...

Madre                           - (con malcelata soddisfazione) Fanno a gara... gli vogliono bene... (Con amarezza) Se lo disputeranno...

Maso                             - Credo anch'io... c'era il parroco, l'av­vocato Lorenzon...

Madre                           - Quanti?

Maso                             - Chi?

Madre                           - Gli amici.

Maso                             - (con imbarazzo) Forse dieci. (Notan­do che la madre è delusa) E' un'ora disgrazia­ta... Tutti al lavoro...

Madre                           - A che ora... saranno qui? (Indica la finestra, la piazza).

Maso                             - (consultando l'orologio) A minuti... Va­do incontro?

Madre                           - (recisa) No. (Attenuando) Resta qui. (Indicandole) Hai visto le sue cose? (Le carezza con amore) La giacca di festa... quella che smise quando indossò il grigio-verde... l'ultima... (Chi­nandosi a raccoglierli) Gli scarponi da caccia... Ti parlava mai di caccia?

Maso                             - (con imbarazzo) No, caccia no... Con tante preoccupazioni... Caccia mai.

Madre                           - Questa è la sua prima pipa. A diciot­tenni già la pipa... Non avevo il coraggio di... Ne avrà avute poi altre... Ne aveva, al campo?

Maso                             - (che è sulle spine) Una fatta alla me­glio, sì. Non tirava. E poi le ho raccontato. Per una sigaretta, una foglia di tabacco, davamo un anello d'oro... Io detti il mio orologio... Lui, lui non ricordo,.. Credo che... non avesse og­getti d'oro.

Madre                           - Fumo e cibo insieme, hai detto. (In­dica Silvia) Lei mi domandava, giorni fa. Non ha capito. Spiegale.

Maso                             - (malvolentieri) Una boccata e un'oncia di pane nero. Facevamo miscela in bocca, senza masticare. Lo tenevamo il più a lungo possibi­le. Fino alla consumazione. Per riscaldare lo stomaco.

Silvia                             - Pane nero, come il nostro?

Maso                             - L'ho visto, dopo, il vostro. Candido, al confronto.

Madre                           - (indicandoli) Questi sono i suoi qua­derni. (Sfogliandoli) I primi disegni... la nave, il topo, la mela... Avevate anche bambini, lì, al campo... Come li guardava? Ne parlava mai?...

Maso                             - Non li vedevamo spesso... parlava po­co, lui... per risparmiare energia... Non li guar­dava, no. Se lo imponeva, per non soffrirne...

Silvia                             - (sollevando il volto dal ricamo) Bam­bini... Quanti anni?

Maso                             - Il più giovane che io ho visto, ventisei mesi... Le donne incinte le gasavano subito...

Silvia                             - Tutti... senza genitori?

Maso                             - Venivano separati... Al nostro blocco ce n'erano quattromila... erano inabili al lavo­ro; sottoposti perciò a trattamento speciale... (Le due donne lo fissavano nell’evidente attesa di dettagli) Vi ho già spiegato come... Ma prima... i genitori affidavano spesso ai bambini le loro gioie, anelli, oro... prima venivano perquisiti­lo ne ho accompagnata una, un piccolo sche­letro coperto di lacrime e sangue perché... nella fretta di toglierle l'orecchino le avevano strap­pato... (Indica l'orecchio).

Madre                           - (impressionata) E lui?

Maso                             - Non vide. Era in un altro blocco... po­che occasioni di... (Non ha evidentemente vo­glia di parlare troppo).

Madre                           - (rivolta ora a Silvia) A te parlava certamente di bambini...

Silvia                             - (con gli occhi al ricamo) Sì.

Madre                           - Cosa ti diceva? Ne voleva subito?...

Silvia                             - Appena finita la guerra, sì. Due, tre... Mi minacciava, scherzosamente...

Madre                           - (attenta, felice) Perché?

Silvia                             - Siamo tutte femmine in famiglia...

Madre                           - I maschietti, sì, ricordo. Ha sempre prediletto i maschietti. Cosa ti diceva?... del loro futuro, progetti?...

Silvia                             - (a disagio) No... solo qualche accen­no... Studiar tanto, li avrebbe costretti a stu­diar molto, diceva...

Maso                             - E' il mestiere, invece, che salva il de­portato. (Lo fissano con sorpresa, vigilanza) Resistevano meglio quelli abituati, mani forti, attitudine alla fatica... muratori, braccianti, contadini... o gli specialisti, artigiani, meccani­ci, sarti... A mio figlio insegnerò a fare il sarto. Si son salvati tutti... (attenuando) o quasi...

Madre                           - (severa, sicura) Non ci saranno più guerre, deportati.

Maso                             - (scusandosi) Così, dicevo per dire. Non crederà mica che... (Indica Silvia con l’intenzione di affrontare l'argomento) Anche lei pre­ferisce che il figlio studi... Gli daremo un me­stiere in soprappiù, per precauzione. (Pausa; la madre volta le spalle con il volto alla finestra, non raccoglie l'argomento. Insistendo) Anche lei vorrà che nostro figlio...

Madre                           - (imperativa) Sssss! (Indica la fine­stra con allucinazione) Arriva... (Tendono l'orec­chio; nessun rumore dall'esterno).

Maso                             - (che non vede l'ora di uscire) Gli vado incontro.

Madre                           - (recisa) No. Aspettiamo in casa, « noi », (Lo include nel gesto).

Maso                             - (timido) Non credo che... si fermerà fuori... (Indica la finestra) Passerà solo e poi... tutti in Chiesa. (Passi cadenzati del corteo che si avvicina; rintocchi di campana a morto. Lun­ga pausa; Silvia si è alzata e, alle spalle della madre, stringe la mano a Maso; fissano entram­bi, intimoriti, il riquadro della finestra).

Madre                           - (scoppiando in un pianto trattenuto, ter­ribile) Piccola, piccola... com'è piccola, quella cassa!... il mio bambino... il mio bambino... (Esce urlando a sinistra incontro a ciò che di suo figlio torna: una piccola cassa contenente l'urna con le ceneri).

Silvia                             - (dopo una lunga pausa, stringendosi a Maso) Perché, così piccola?...

Maso                             - Le ceneri... Non sono nemmeno le sue.

Silvia                             - (singhiozzando) E' terribile... Un uomo così alto, forte... E' terribile, Maso...

Maso                             - (quasi a se stesso) Le ha fatto impres­sione la cassa... Temevo peggio... Ne parla sem­pre come se fosse vivo... Ha perfino rifiutato la pensione...

Silvia                             - Non la medaglia.

Maso                             - (ironico) Cinquemila lire all'anno.

Silvia                             - Anche ai vivi, quella cifra. La meda­glia è un simbolo, ha valore di simbolo... (Guar­da attorno a sé, la casa, con desiderio) Non è povera... Questa casa è sua, non spende niente... (Fissandolo) Ha detto che sarà mia... « Nostra »...

Maso                             - (con fastidio, rabbia) No!... Dobbiamo andarcene io e te... Via, via!

Silvia                             - Non lo permetterà, lei.

Maso                             - (sfogandosi) E chi è lei? Chi è lei? Chi è lei?

Silvia                             - (lentamente) La madre di chi fu mio...

Maso                             - Fidanzato. Storia vecchia, vecchissima. Non è tua madre, non può obbligarti a...

Silvia                             - (fissandolo) Anche tu ne hai paura... (Notando lo sguardo forzatamente ironico di Maso) Pietà, forse... Non l'hai mai contraddetta quando ne parla come se fosse fra noi o ne attendesse sul serio il ritorno...

Maso                             - (con decisione) Ma adesso sì. Le par­lerò chiaro adesso... E' morto sul serio adesso. (Indicando i vestiti) Basta con le mascherate! Le parlerò subito, anzi... (attenuando) presto e via da questa casa, per sempre!...

Silvia                             - (asciugandosi una lacrima) Ora va­do... Mi sta aspettando... (Entra silenziosamen­te, inavvertito, l'Accompagnatore; nella pe­nombra il suo volto è indistinguibile, miste­rioso; ha forse la statura dell'atteso, li sor­prende, intimorisce in una giornata in cui i nervi sono scoperti; dopo alcuni attimi di in­dugio lo sconosciuto fa un passo avanti, si mo­stra in luce; è un signore sui quarant’anni, di­stinto, severo).

Accompagnatore           - (nel desiderio di accattivarsi simpatia) Lei è Silvia, immagino... (Porge amichevolmente la mano).

Silvia                             - (offrendo la mano con incertezza) Sil­via, sì... E lei?

Accompagnatore           - (eludendo) Il signore? (In­dica Maso desiderando conoscere i limiti alla sua libertà di parlare).

Silvia                             - Il mio fidanzato. (Dopo una parvenza di sorpresa, i due uomini si stringono la mano).

Accompagnatore           - Piacere.

Maso                             - Piacere.

Accompagnatore           - (con imbarazzo) Non so se... (Decidendosi) Vengo da parte di lui.

Maso                             - (sorpresissimo, impaurito) Lui chi?!

Accompagnatore           - « Lui »... Ero nel treno. (Pau­sa tesa).

Silvia                             - Vuol dire che... l'ha conosciuto... (L'Ac­compagnatore indugia; la presenza di Maso non gli permette confidenze, infirma il suo desiderio di comunicare. Notando l'indugio) Sono stati amici. Sa tutto. Parli.

Accompagnatore           - (rinfrancato) Posso... sedere?

Silvia                             - Certamente, (Quando lo sconosciuto ha preso posto) Lo ha... conosciuto?

Accompagnatore           - Stesso campo. (Silvia guar­da Maso per chiedere il suo parere, una con­ferma; Maso le fa cenno di lasciar parlare l'ospite).

Silvia                             - Che anno?

Accompagnatore           - (sorridendo ad una giusta dif­fidenza) E' entrato nel febbraio del '44. (Sil­via guarda nuovamente Maso; la data è giusta, vorrebbe che il fidanzato si qualificasse, dicesse che ha anche lui condiviso l'esperienza del campo; Maso le stringe il braccio dissuadendo­la; desidera temporeggiare, studiarlo).

Maso                             - (invitando l'Accompagnatore a continua­re) Perché ha detto... « da parte di lui »?

Accompagnatore           - In un certo senso... Lo co­noscevo bene, l'ho anche aiutato. (Irrigidimento da parte di Silvia e Maso; temono un assurdo ricatto. Avvertendo la diffidenza) Anche se lui non mi ha conosciuto, non vi avrà mai scritto... (Sente di aver peggiorato la situazione; è molto impacciato, tormenta il cappello).

Maso                             - (insofferente, sospettoso) Si spieghi.

Accompagnatore           - (rinunciando alla reticenza) Facevo parte di un certo Comitato. Lagerschreiber, scrivano- Avevamo il compito di sal­vare il maggior numero possibile di triangoli rossi, i politici... (A Silvia) Il suo... (Indugia).

Maso                             - (intervenendo) ...fidanzato.

Accompagnatore           - (grato dell'intervento, solleva­to) ... era iscritto ad un Partito.

Silvia                             - (ammettendo) Sì...

Accompagnatore           - Uno qualunque - antifa­scista, ovviamente. Erano i più bersagliati -selezionati per esperimenti particolari: piaghe artificiali, congelamenti a getto, immersione in acqua portata fino a 9 gradi centigradi sotto zero, iniezioni endocardiache di benzina... Era­no i contrassegnati con la doppia enne - Nacht und Nebel - eliminazione entro tre mesi. Noi li aiutavamo...

Silvia                             - Noi chi?

Accompagnatore           - Nello Schreibstube - uffi­cio di enumerazione decessi, archivio - c'era­no i conoscitori di lingue straniere: ingegneri, giuristi, musicisti. Formammo un primo nu­cleo di Resistenza, decidemmo di salvare i più minacciati, i politici, uomini impegnati, ma­turi, pronti all'azione quando fosse il momento...

Silvia                             - E lui?

Accompagnatore           - Fu selezionato una prima volta dal dottor Mengele - una SS che aveva poco di umano - nell'aprile del '44. Lo tiram­mo fuori. Poi di nuovo a giugno; lo nascon­demmo in infermeria... (Abbassando il volto) Non ha visto la Liberazione, purtroppo...

Silvia                             - Com'è morto?

Accompagnatore           - Sonder Behandlung - trat­tamento speciale - gas, forno... Insieme a 4000 zingari, altri malati... In agosto.

Silvia                             - (con ripugnanza) E' vero che quelle ceneri... non sono nemmeno le sue?

Accompagnatore           - (evitando di guardarla negli occhi) E' probabile.

Silvia                             - (esplodendo) Cos'ha fatto, allora, per lui? Che avete fatto, tutti? (Si volge anche a Maso, scoppiando in pianto, includendolo nel gesto).

Accompagnatore           - (amareggiato, confuso) Po­co, lo ammetto... Lei non conosce quell'inferno, non può capire... Saltavamo i più deboli nel turno di lavoro... Qualche biglietto di Schonung - riposo - è stato la salvezza per molti...

Silvia                             - (accusatrice) Lei, lei perché ha avuto il privilegio di... di stare in quell'ufficio, sal­varsi?

Accompagnatore           - (con umiltà) Ho avuto for­tuna, lo ammetto... Dolmetscher, interprete... Sapevo un po' di tedesco, il francese... tradu­cevo Molière ad un ufficiale amante di... Gli ho anche organizzato un'orchestra tzigana... Sono un musicista... (Torcendosi le mani) Non era facile nemmeno per noi... (Riviven­do con dolore il passato) Alle 6 del mattino eravamo sulla porta, a suonare... Passavano eretti, un corteo grottesco... Andavano a lavo­rare a molti chilometri di distanza... Noi dell'» ufficio »... - come dice lei - facevamo calco­li, elenchi di scarpe nel deposito carogne, in­ventari di occhiali, fedi matrimoniali - i tede­schi sono famosi per la loro scrupolosità, esat­tezza... - Tatuaggi... Enrico lo abbiamo salvato due volte cambiandogli il numero. Non pote­vamo oltrepassare il 200.000, quando qualche politico era nell'elenco della morte, attendeva­mo un decesso in infermeria, mandavamo il cadavere...

Silvia                             - (umile, pentendosi delle sue ingiuste accuse) Grazie. (Gli sfiora una mano con gratitudine).

Accompagnatore           - Enrico ha avuto un solo torto, povero ragazzo. (/ due sono ora atten­tissimi; una pausa d'attesa. Precisando) Nes­suna colpa, no... (Fissa Silvia) Aveva tre denti d'oro.

Silvia                             - (sorpresa) Sì, è vero. Che significa?

Accompagnatore           - Non si salvò nessuno, di quelli. Nel novembre del '44 erano state già raccolte 17 tonnellate d'oro...

Silvia                             - (portandosi le mani alla bocca) E' mostruoso!

Accompagnatore           - Un campo maledetto. Vi sono morti tre milioni e mezzo di uomini.

Maso                             - Due milioni e mezzo.

Accompagnatore           - (sorpreso dalla rettifica, len­tamente) E' stata questa l'autodifesa del co­mandante... « SOLO due milioni e mezzo », ret­tificò. La cifra esatta non la conoscerà nes­suno... Io ne ho visti morire - gregge dopo greg­ge - un'infinità.. Al principio del '43 fui uno dei costruttori dei Bunker gemelli - così chia­mavano i crematori due e tre -. Furono inau­gurati con ottomila ebrei di Cracovia. Quaran­tasei forni potevano liquidare 25.000 persone il giorno...

Maso                             - (togliendogli la parola di bocca) Do­dicimila, in quel blocco. (L'Accompagnatore lo fissa con estrema sorpresa; si domanda come può un estraneo conoscere tali particolari).

Accompagnatore           - Come fa a...?

Silvia                             - (decidendosi) C'era anche lui.

Accompagnatore           - (sorpresissimo) Auschwitz-Birkenau?

Maso                             - Auschwitz-Birkenau. E l'organizzatore dell'orchestra tzigana era il capitano Broad.

Accompagnatore           - (quasi lieto di questa coinci­denza) Broad, sì. (Con un accenno di diffi­denza, ma passando al « tu » in nome del co­mune passato) Perché non ti sei dichiarato prima?

Maso                             - Mi piaceva sentirti parlare... E' come riviverlo, quell'incubo...

Accompagnatore           - (mettendogli la mano sul gi­nocchio, convinto, commosso) Sembra im­possibile essere qui, sani, sazi... parlare, vive­re... Dove sei stato preso?

Maso                             - (evasivo) Ho lavorato prima un po' nella D. A. W. Siemens, poi a Buna per la I. G. Farben... Un giorno ho versato per sbaglio de] colore... La solita accusa: sabotaggio.

Accompagnatore           - Che attività, dentro?

Maso                             - Sonderkommando crematori. Agli or­dini del duce supremo: Mohl.

Accompagnatore           - (con disgusto) Il bebé folle? Non l'ho visto mai. Pronunciavano il suo no­me con religioso terrore. Sei uno dei pochi ad averlo visto e poterne parlare.

Maso                             - (spiegando a Silvia) Aveva il viso di un fanciullo. Biondo, bello. Adorava i fiori, la famiglia...

Accompagnatore           - In che squadra?

Maso                             - Quella dei barbieri. Passavamo i ca­pelli alla tessitura stoffe.

Accompagnatore           - (cercando nei ricordi) Su­pervisore, Klein. Ce l'ho qua. (Si batte la fron­te) Portava scatole di Zyklon B       - e tornava indietro con carrettate di capelli.

Maso                             - L'amico di Pierre. L'hai conosciuto?

Accompagnatore           - L'ho conosciuto.

Maso                             - (spiegando a Silvia) Questo Klein ha risparmiato un francese - Pierre - perché aveva un tatuaggio osceno sulla schiena.

Accompagnatore           - La nostra vita era legata ad un filo, il colore degli occhi (indica quelli di Maso), la conoscenza di una lingua straniera...

Maso                             - (indicandolo a sua volta con il cenno del capo) Il caso tuo.

Silvia                             - (inorridita, desiderando sfuggire a quel­le rievocazioni) Vado a pregare, ora... Mi aspettano... (Esce a sinistra con il passo affret­tato degli inseguiti; lunga pausa; i due uomini si fissano in silenzio).

Accompagnatore           - Hai avuto una bella fortu­na. Eravate quasi novecento al Sonderkom­mando. Duecento furono gasati il sette settem­bre. Cinquecento, fucilati il sette ottobre. I re­stanti partirono in novembre - il ventisette -per destinazione ignota.

Maso                             - Sai molte cose. Perfino le date. Ero fra quelli... Riuscii a fuggire.

Accompagnatore           - (lentamente) Sono date che non si dimenticano. Specialmente quelle degli ultimi mesi. (Breve pausa; si studiano).

Maso                             - Tu, come sei scampato?

Accompagnatore           - Li ho aiutati a bruciare gli archivi, le fotografie... Poi sono andato al K. B., l'ospedale... Hanno dato la precedenza ai crematori, cercando di far sparire le tracce... Non è rimasto il tempo per assassinarci.

Maso                             - Ore d'incubo. Le avevo quasi dimenti­cate... (In confidenza, guardandosi attorno con circospezione) Benché la tortura continui, per me, qua dentro... (L'Accompagnatore lo guarda con sorpresa, interesse) Conoscevo Enrico da piccolo. Sua madre non mi lascia più vivere. Domande, domande, domande. Ci perseguita, a me e Silvia... (Precisando) Non per gelo­ sia, no... (Cercando attenuanti) Ci siamo fidan­zati da poco, vivendo qui, insieme, sotto l'in­ cubo di quelle domande…  

Accompagnatore           - (giustificandola) Una ma­dre...

Maso                             - Anche a te, vedrai. Ti domanderà mille cose...

Accompagnatore           - Non l'ho conosciuto per­sonalmente.

Maso                             - E' vero... ma vorrà sapere lo stesso... (Trasformando la frase in un interrogativo) Per­ché sei venuto?... (Lo fissa interrogativamente, con rinnovato sospetto).

Accompagnatore           - Ho rimandato a lungo... Si torna a casa, non si crede ai propri occhi... Un letto, degli amici... pane a volontà, sigarette...

Maso                             - (torcendosi le mani) Scambiavano l'ultima patata per una sigaretta. Per morire poco dopo d'inedia. Era una privazione terri­bile... (Accende un'ennesima sigaretta con la cicca della precedente; è nervosissimo).

Accompagnatore           - Si stenta a tornare alla nor­malità... Quando mi sveglio al mattino - ancora oggi - bacio il cuscino, il lenzuolo pulito... E penso ai tanti che abbiamo lasciati laggiù... Enrico lo ricordo abbastanza. Due occhi tristi, scavati... Un caso particolarmente pietoso, il suo.

Maso                             - Perché?

Accompagnatore           - I denti.

Maso                             - (imprudentemente) Molti avevano denti d'oro.

Accompagnatore           - Molti. Non tutti, però... (Si trattiene; la diffidenza riaffiora).

Maso                             - (con curiosità) Che cosa?

Accompagnatore           - (lentamente) Non di tutti si sapeva... Qualcuno se li è strappati da solo-Nessuno aveva confidenti, amici intimi...

Maso                             - (confermando) Nessuno.

Accompagnatore           - Si diffidava di tutto, tutti... Perfino l'esistenza del nostro Comitato era nota solo a pochi. Neanche tu, forse...

Maso                             - (confermando) L'ho saputo tardi...

Accompagnatore           - Quando qualche fortunato era tirato fuori dalla lista della morte pensava alla Provvidenza, a chi sa quale miracolo...

Maso                             - E' vero. Si ignorava che qualcuno aves­se osato organizzarsi. Non c'era scambio di opinioni, confidenza... Si parlava poco. Erava­mo avari anche di parole, respiro...

Accompagnatore           - Siamo vivi, pensa... Come ti chiami?

Maso                             - Maso Cimmi. Del ventitré.

Accompagnatore           - Io sono del ventiquattro. Sembro più vecchio.

Maso                             - Con quello che abbiamo passato... (Una voce femminile chiama dall'esterno, con insi­stenza).

Voce                             - Tommi, Tommi, Tommi... (L'Accompa­gnatore scatta in piedi rovesciando la sedia; il suo volto assume un aspetto minaccioso, terri­bile; sorpresa ed odio alterano i suoi lineamenti. Maso che stava per rispondere alla voce, è ter­rorizzato da questo repentino cambiamento e riesce con difficoltà a pronunciar parola).

Maso                             - (preoccupatissimo, a mezza voce) Mia sorella...

Accompagnatore           - (ghermendogli la gola) Sei tu?! Tu, Tommi lo sciacallo...

Voce della sorella         - (più vicina alla finestra) Ti aspettano in Chiesa, Tommi... Vieni, Tommi...

Accompagnatore           - Dille che vai subito... (Impe­rativo) Rispondi!

Maso                             - (semisoffocato, alla sorella) Vengo... Vengo subito... (La sorella, convinta, si allon­tana).

Accompagnatore           - (che è riuscito a far inginoc­chiare Maso e non molla la presa) Maso, Tom­maso, Tommi... Non ci avevo pensato... Tu, « Tommi lo sciacallo »... (Scandendo) Sono venuto per te. Sapevamo che lo aveva de­nunciato un « paesano »... (Non riuscendo a con­vincersene) Tu, lo sciacallo... (Con rabbia, realiz­zando) E frequenti sua madre... e carezzi la sua donna... (Lo scuote con rabbia),

Maso                             - (semisoffocato) Io no, io no... ti assi­curo...

Accompagnatore           - « Tommi »... Non sapevamo altro... Tutto potevo immaginare ma che tu fossi nella tua casa... Non ne hai orrore? Lo hai ucciso tu...

Maso                             - (dibattendosi) Non è vero, no... sai benissimo che non è vero... Tu, tu sei l'unico a poter capire... lo conosci, tu, l'inferno...

Accompagnatore           - I servi come te lo facevano più feroce.

Maso                             - Fammi parlare, ti prego... (L'Accompa­gnatore allenta la stretta, pur costringendolo sempre in ginocchio) Lo sai, aveva subito quin­dici frustate, era ormai all'« Himmelfahrt Block », reparto d'ascesa al cielo, non c'era nessuna speranza... L'avrebbero gasato in ogni caso. La sua pelle - lo avrai visto - sem­brava la tela cerata di un cavalluccio di legno...

Accompagnatore           - E tu che sapevi dei denti, tu, l'amico di famiglia, il compaesano...

Maso                             - Non solo io, non solo io...

Accompagnatore           - Ma tu sei arrivato per primo. E lo hai venduto per tre sigarette.

Maso                             - (con difficoltà) Per primo, hai detto bene... sai che cosa significava una siga­retta per un corpo come il nostro, dissanguato, stanco... era un'iniezione di energia, di forza...

Accompagnatore           - Tre sigarette R 6.

Maso                             - Quelle, sì. Sai tutto. Il nostro coman­dante lasciava cadere quelle dal portasigarette... Per Enrico era finita in ogni caso... gli ho accor­ciato le sofferenze...

Accompagnatore           - E in premio gli prendi la donna.

Maso                             - (non raccogliendo) ...per me, per me è stata forse la salvezza... (Con disperazione, rivivendo il passato) Perché doveva dirlo un al­tro - e l'avrebbe detto, chiunque altro - perché doveva beneficiarne un altro, magari uno stra­niero, uno che non gli era niente?... (L'Accompa­gnatore lo schiaffeggia. Piangendo) Pietà... pietà, signore... Io, io ti giuro... tu solo puoi capirmi... tu solo... io ho fatto del bene quanto ho potuto, a tutti... Sai che terrore ci legava, come ci ave­vano ridotti, disumanizzati... E nonostante tut­to... Io, proprio io... (Riprendendo coraggio, vo­lendo difendersi a tutti i costi) Quando le ebree nascondevano i bambini sotto le vesti - per esempio - le vesti che si eran tolte per entrare nelle camere a gas, chi era che li consolava, aiutava?.,. Io... Sono perfino entrato con loro, dopo, per rassicurarli - a rischio mio, che mi chiudessero dentro, dimenticassero dentro...

Accompagnatore           - (tirandolo su a sé e fissandolo negli occhi con pietà mista a disgusto) Tu lasci questa casa. Per sempre.

Maso                             - (sollevato, sincero) Per sempre, sì...

Accompagnatore           - La tua presenza è un insulto. Devi allontanarti, scomparire.

Maso                             - (con gioia, non credendo alle sue orecchie) Sì, sì, sì!... (Entra leggerissima, inavvertita, la madre; un lungo silenzio).

Accompagnatore           - (imbarazzato, cercando di giu­stificare l'alterco, l'atteggiamento in cui sono stati sorpresi) Io sono...

Madre                           - (cordiale) Silvia mi ha spiegato. Benvenuto. (Una pausa).

Accompagnatore           - (sempre più impacciato, indi­cando Maso) Una piccola discussione. Ha detto una parola in difesa dei tedeschi. Ero anch'io nel campo, immagini...

Madre                           - (a Maso) Va in Chiesa. Ti aspettano. (Maso, lieto d'essersela cavata così a buon mer­cato, sgattaiola via. Il volto della madre si ad­dolcisce progressivamente).

Madre                           - Silvia non sa niente. (L'Accompa­gnatore la fissa con vigilanza, attende maggior chiarezza) Ero fuori... Ho raccolto le ultime parole... (Lo fissa maternamente, serena. Chia­ramente, quasi sillabando) Sapevo da prima.

Accompagnatore           - (sbalordito) Sapeva?!... Che cosa?

Madre                           - (senza odio, rassegnata) Tutto. Che lo ha denunciato lui. (Espressione stupefatta dell'Accompagnatore che è combattuto fra la sorpresa per un'affermazione tanto « disuma­na » e il rimorso di essere intervenuto contro l'assurdo equilibrio di quella famiglia. Dolcis­sima) Ma ne ho bisogno... Sono gli unici - Maso e Silvia - a conoscerlo, aver vissuto con lui ore sottratte a me... gli unici che possono dirmi di lui... Lo vedo, nei loro occhi, quando ne par­lano... Lo vedo vivo, sento vivo... Quei momenti sono i migliori della mia esistenza... Anche Sil­via gli darò, forse... (Con gesto stanco) E que­sta mia casa, dopo...

FINE