Il salvadanaio

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Mario Fratti

Mario Fratti

IL SALVADANAIO

Atto unico

Personaggi:

Uomo – trentenne

Lei – una bella ventiquattrenne

Cliente – un timido quarantenne

Una stanza modestamente arredata, a New York. Un letto, un tavolo, tre sedie, un acquaio, una tenda che nasconde un angolo della stanza.

Un uomo sta fumando e guardando la televisione; sente dei passi che si avvicinano. Mette rapidamente la sigaretta nel portacenere; Spegne la televisione; si nasconde dietro la tenda. La luce resta accesa. Lei ed il cliente entrano.

LUI (sospettoso): Vivi sola?

LEI: Sola. Ho lasciato la luce accesa perché pensavo di tornar subito.

LUI: Subito? Non sapevi di certo che sarei venuto io.

LEI: Tu o un altro. In dieci minuti, al massimo (si studiano; lui nota improvvisamente che la sigaretta emette ancora fumo).

LUI (allarmato): La sigaretta! C’è qualcuno qui! (si guarda dattorno con timore).

LEI: E’ la mia! Fumo sempre una sigaretta dopo… (indica il letto) quel tipo di attività! Ma lascio poi qui li mozzicone. Non è corretto, per una signora, fumar per la strada.

LUI: “Signora”?

LEI (fissandolo con sfida): Ne dubiti? T’aspettavi forse una vergine?

LUI: No. Volevo solo sapere. Sei sposata?

LEI: Lo ero, naturalmente. Non lo siamo un po’ tutti?

LUI (vago): Più o meno…

LEI: Tua moglie, fuma per la strada? O nei ristoranti? Usa parolacce? Ti dà tutto in letto? Non sarebbe una vera “signora”, se lo facesse!

LUI: E’ in vacanza… l’intero mese.

LEI: Venticinque dollari, la prima volta. Venti, la seconda.

LUI: Perché meno, la seconda volta?

LEI: Dopo la prima valgo meno, no? E’ come se fossi tua moglie. Venticinque, anticipati. (il cliente estrae venticinque dollari e li porge).

LEI (indicando un salvadanaio che è sul comò): Lì dentro per favore. Non li tocco mai, io, i soldi. Rovinano la poesia dell’amplesso. (indica sé stessa ed il cliente. Il cliente mette il denaro nel porcellino. Lo ammira per un momento. Nota che è inamovibile, parte integrante del comò).

LUI: Non… non si muove.

LEI: Incollato al comò. I soldi van dentro, nel primo cassetto. Che è chiuso a chiave. E la chiave l’ho buttata nel fiume. Li toccherò solo quando sarò vecchia, quei soldi. Se ne avrò bisogno.

LUI: E le spese? Per vivere?

LEI: I primi due clienti, la mattina, mettono i soldi vicino al porcellino, che tengo coperto con queste. (mostra un paio di mutandine nere).

LUI (curioso): I primi due…

LEI: Solo i primi due. Cinquanta dollari al giorno son più che sufficienti. Vuoi una tazza di caffè?

LUI: Se è pronto… (timidamente) Dove lo lavo?

LEI: Che cosa?

LUI: (indicandosi): Il mio fratellino, che già ti desidera…

LEI (vaga): Lì. (indica l’acquaio. Il cliente va a lavarsi. Lei lo ignora completamente. Prepara due tazze di caffè).

LUI: Non sei un po’… curiosa?

LEI: No. (le due tazze son pronte. Lei si siede al tavolo e lo attende).

LUI: Non hai fretta di…?

LEI (invitandolo a sedersi): No. (lui si siede. Lei l’osserva. Lo invita a bere). Dove l’hai mandata tua moglie?

LUI: In California. E tuo… tuo marito?

LEI: Qui.

LUI (allarmatissimo): Qui?

LEI: In città.

LUI (allarmatissimo): Pensi che… potrebbe…? (indica la porta).

LEI: Torna sempre a mezzanotte.

LUI (dopo averla osservata per alcuni istanti): Sa che tu?

LEI: Non ne sono sicura

LUI: Sì o no?

LEI: Suppongo di sì. Se no tornerebbe a casa prima…

LUI: Vuoi dire che… potrebbe tornar prima? Non è che lavora in qualche posto, fino a mezzanotte?

LEI: Non lavora.

LUI: Ed accetta i frutti del tuo… lavoro?

LEI: Gli feci credere che ero ricca quando eravamo fidanzati. Per farmi sposare. Così, quando vede i cinquanta dollari, li prende e va a far le spese.

LUI: Ma sa che vengono da qualche parte. Clienti o…

LEI: O forse un’eredità. E’ un tipo taciturno. Accetta tutto, senza far mai domande. Ma parliamo un po’ di te, adesso.

LUI (sempre teso e preoccupato): Ma potrebbe, eventualmente, tornare alle nove?

LEI: Potrebbe. Non l’ha mai fatto finora.

LUI: Ma potrebbe! Questa sera, per esempio… Che fa fino a mezzanotte? Dove va?

LEI: Non lo so. Non ne parla mai. Hai figli?

LUI: Sì. E tu?

LEI: Non gli piacciono. Quanti ne hai?

LUI (dopo un indugio; non ha voglia di parlare della sua famiglia). Tre.

LEI: Fammi vedere le foto.

LUI (dopo un indugio): Non le ho.

LEI: Peccato! A me piacciono i bambini. (lo fissa). E mi piacciono gli uomini che hanno addosso le foto dei loro figli. Dò loro di più.

LUI (interessato): Che vuoi dire?

LEI: Lo sai quel che voglio dire. Ci metto tutta me stessa.

LUI: Più passione, vuoi dire? Reagisci con più… amore?

LEI: Esattamente. Fammi vedere le fotografie.

LUI (dopo un silenzio): Come fai a sapere che le ho con me?

LEI: Sei il tipo. Il bravo padre di famiglia. (lui indugia). Di che hai paura? Che le contamini)

LUI (prontamente): Oh no! (altro breve indugio).

LEI: Mettile sul tavolo. Voglio solo vederle! (lui, galantemente, le mette nelle mani della donna).

LEI: Belle. Specialmente le due ragazze. Quanti anni hanno?

LUI: Venti, sedici, dieci.

LEI: Come si chiamano?

LUI: George, Anne, Mary.

LEI (velatamente ironica): Originali.

LUI (giustificandosi): Scelti da mia moglie…

LEI: Hai una foto di tua moglie?

LUI: Son qui per dimenticarla. Perché non… (indica il letto).

LEI (fingendo di non capire): Perché non…? Lui fa il gesto. Lei finge di essere miope).

LUI: Quello per cui ho pagato in anticipo.

LEI (scattando in piedi, offesa): Eccomi qua! La vuoi sulla tavola o in piedi? Son pronta! (lui è di nuovo a disagio. Lei, addolcendo il tono). Ma perché rovinar tutto con la fretta? Dove devi correre?

LUI (a disagio): In nessun posto ma…

LEI: Ma…? Che t’è successo? Non puoi proprio resistere? Quando hai fatto all’amore l’ultima volta?

LUI: Pochi giorni fa. Non è per quello…

LEI: Perché tanta fretta, allora? Conosciamoci un po’ meglio. E’ nel tuo interesse.

LUI: Mio interesse?

LEI (ammiccando): Esattamente.

LUI (dopo un breve silenzio; non sapendo che dire): Tu… Non hai fretta?

LEI: No.

LUI: Le altre…

LEI: Le “altre”?

LUI: Han tutte fretta.

LEI: A loro non piace quel che fanno. Non sentono niente.

LUI (fissandola): E tu?

LEI: A me piace se l’uomo lo conosco e lo rispetto. Voglio godermela, io! (indica il letto con il movimento del capo).

LUI (lusingato):Grazie… Grazie ma… Non son ricco, purtroppo… Avevo solo quei venticinque, con me… Non perdi denaro restando qui, a parlar con me?

LEI: Ne ho già avuti trentuno, oggi. Non ne voglio altri. Mi piaci tu. (lo fissa e gli sorride).

LUI (sorpreso e turbato): Trentuno. Sei sicura?

LEI: Li conto sempre. Vuoi vedere? (mostra una rubrica; la pagina ha trentun croci rosse; lei ne aggiunge una). E tu sei il trentaduesimo!

LUI: Tuo marito, le vede mai quelle croci?

LEI: Una volta. Gli ho detto che eran baci, baci per lui. Non ha domandato altro.

LUI (incredulo): Ti ha creduta?

LEI: Mi ha creduta. (lui la studia):

LUI: Con gli altri… (indica la rubrica) parli tutto questo tempo, prima?

LEI: Solo con quelli che mi piacciono. I tipi che avrei sognato di sposare, eventualmente. Il sesso è orribile senza amore.

LUI (confuso ma vagamente lusingato): Grazie… Te le han mostrate anche gli altri le foto dei figli?

LEI: Solo i migliori. I bravi padri e mariti. Ed io li premio. Gli altri li punisco.

LUI (sorpreso e vagamente allarmato): Come?

LEI: Ci son mille modi.

LUI: A me, che avresti fatto se non ti avessi mostrato le foto? (lei lo studia con un sorrisetto ironico). Dimmelo per favore. Sono un tipo curioso.

LEI: Non conviene essere curiosi, a volte. Meglio non saperlo. Tanto non ti succederà. (il cliente è a disagio. Ha paura. Pensa con orrore che, se non avesse mostrato le foto, gli avrebbe forse…).

LEI : Dimmi un po’. A quanti anni hai avuto la tua prima donna? Era vergine?

LUI (studiandola; vagamente offeso da tanta curiosità): Come mai vuoi saper tutti i particolari della mia vita?

LEI: Te l’ho detto. Mi piaci. Voglio saper quindi tutto di te.

LUI: Tutto? Ci vorebbero ore ed io non posso di certo restar qui fino al ritorno di tuo marito.

LEI: Abbiamo quasi tre ore. Ce le godremo fino in fondo. Come due veri amanti, due appassionati amanti che si ritrovano dopo una lunga separazione!

LUI (vagamente impaurito): Tre ore?

LEI: O un po’ meno, se preferisci. Fino a che ti stanchi…Come preferisci tu, comunque. E’ l’uomo che decide intensità, posizioni, durata. Toccherà a te.

LUI: All’altro, quello prima di me, (indica il portacenere) quanto tempo hai dato?

LEI: Ah quello? Un grasso uomo d’affari. Negro. Non mi piaceva. Solo pochi minuti.

LUI: Ne… negro? Accetti anche loro, fra i tuoi clienti?

LEI: Uomini come gli altri… Se pagano!

LUI: Come gli altri, dici tu… Si sente dire che son differenti.

LEI: Sessualmente, vuoi dire?

LUI: In quel modo. Si dice…

LEI: Quella è una storiella inventata da qualche umorista negro. Son come te e mille altri. Spesso, peggio. Non conoscono la parola “tenerezza”. Non aspettano che la donna…

LUI: Che la donna?

LEI: Venga, no? Non mi dirai che sei egoista pure tu?

LUI: Oh no, no… (perplesso). Quanti negri oggi?

LEI (apre la rubrica e conta la prima colonna): Ventidue negri – piaccio perché la mia pelle è molto bianca -  due piloti vietnamiti, un turista tedesco, un poliziotto brasiliano, tre marinai francesi e due commercianti italiani.

LUI (cercando di celare il suo disgusto): Tutti sposati?

LEI: Solo diciannove.

LUI: Tutti con figli?

LEI: Solo quattordici.

LUI: E quanti… quanti ti han mostrato le foto?

LEI: Solo nove.

LUI: Ne hai quindi puniti… cinque. Che gli hai fatto?

LEI: Perché rovinar la serata con particolari deprimenti? Parliamo di te. Quanti anni avevi quando hai cominciato ad… appuntar la matita?

LUI: La matita?

LEI (indicandogli fra le gambe): Quando hai scoperto di avere un’arma, fra le gambe? (un silenzio). A me puoi dirlo. Sarò la tua donna, fra poco. Più appassionata e più intima di tua moglie.

LUI (malvolentieri): Undici… Undici anni.

LEI: Prestino, Bravo!

LUI (che non ha dimenticato): Quei ne…, quegli stranieri che… eran puliti?

LEI (vaga): Credo di sì.

LUI (allarmato): Credi? Non li hai lavati?

LEI: Non siete più bambini. Vi lavate da soli, no?

LUI: Ma… supponiamo che uno di loro fosse malato?

LEI: Non m’importa.

LUI (spaventatissimo): Non t’importa?

LEI: Diciamoci la verità. Quaranta al giorno, per sette anni. Se avessi paura delle malattie, morirei di crepacuore quaranta volte al giorno! Ho cancellato quella paura dalla mia vita. Non ci penso più.

LUI: Ma… Supponiamo che l’ultimo avvesse qualcosa…

LEI: E’ la vita, amico mio. Bisogna affidarsi al destino! Con tua moglie, quante volte alla settimana?

LUI: Al tuo dottore, quante volte alla settimana?

LEI: Due volte all’anno, E tu?

LUI:Due volte alla settimana.

LEI: Dal dottore? Devi avere un’ossessione, tu colle malattie. Non credo che ti piacerà.

LUI: Che cosa? (un silenzio; lei lo fissa). Che cosa “non mi piacerà”?

LEI: Se hai paura d’impestarti, come fai a goderti una donna?

LUI: Dimmi la verità. Sei sicura di non essere… “malata”? (un silenzio; lei lo fissa; parla poi “maternalmente”, con simpatia).

LEI: Ti ricordi quando ho parlato di “punizioni”, per alcuni clienti?

LUI: Sì. E non mi hai spiegato quel che volevi dire.

LEI (lentamente, spiegando con cordialità): Quando un cliente mi sceglie, cerco di essere cordiale… Perché voglio conoscerlo meglio, più intimamente… Se è un bastardo che si rifiuta di parlare, comunicare, o se è comunista, o sovversivo, o straniero… Ebbene, io lo punisco…

LUI: Come?

LEI: Gli permetto… intimità. (il cliente è confuso. Non ha ancora capito).

LUI: Gli permetti…?

LEI: Il letto. Quel che vogliono…

LUI (perplesso, incredulo): Quel che vogliono… E quella è una “punizione”?

LEI (lentamente, fissandolo): Se è invece un brav’uomo come te, un uomo che ama sua moglie ed i suoi figli, ebbene… gli dico la verità.

LUI (con curiosità):Che verità?

LEI (dopo un breve silenzio, fissandolo): Che ho la sifilide. (lui si alza di scatto. Non sa che fare. Passeggia per alcuni attimi. Va vicino al “porcellino” salvadanaio nel quale ha messo i venticinque dollari. E’ incerto. Lo fissa come se volesse toccarlo, romperlo).

LEI: Sono stata onesta, con te… Non punire la mia onestà rompendo il mio “porcellino”… E’ un caro ricordo… Un regalo di mia madre.

LUI: Ma son venticinque…

LEI: Sarebbero migliaia… se non ti avessi avvertito. Migliaia di dollari per curar te, tua moglie… Migliaia… (lui decide improvvisamente di andarsene. Senza guardarla, s’avvia verso la porta. Esce, sbattendo la porta alle sue spalle). (L’uomo esce da dietro la tenda. Impugna un acuminato coltello. Un silenzio. Immobilità per alcuni attimi. Gli spettatori crederanno per alcuni istanti che il marito abbia sorpreso la moglie e sia ora pronto ad ucciderla. I loro occhi s’incontrano. Scoppiano in una fragorosa risata).

L’UOMO (alla donna che sapeva evidentemente che il marito era nascosto dietro la tenda): Quando si è avvicinato al nostro “porcellino” mi son detto: “Se lo tocca, gli stacco i coglioni!”.

LEI (divertita): Non osano, te l’ho detto! Alzano la mano ma quando racconto la storiella del regalo di mammà…

L’UOMO (consultando la rubrica): E trentadue! Ottocento dollari senza nemmeno un porco che t’abbia messo una mano addosso! Avevo ragione?

LEI: Hai sempre ragione, tu, amore! (civetta, implorando). Basta, per oggi?

L’UOMO (consultando l’orologio): E’ presto. Altri due e poi ti porto a cena!

LEI: Cucina cinese?

L’UOMO: Italiana, amor mio! Ho bisogno d’energie! Per farti felice stanotte! (ridono, s’abbracciano. Si baciano).

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