Il sapore del tramonto

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IL SAPORE DEL TRAMONTO

IL SAPORE DEL TRAMONTO

Commedia Drammatica

in

DUE ATTI

di

Armando LOMBARDO

(armandus33@gmail.com)

www.ottimisti-teatro.it

P E R S O N A G G I:

NONNA ROSA 

DINO LEONARDI: figlio di Nonna Rosa  

SANDRA: moglie di Dino Leonardi  

BRUNA: sorella di Dino  

NICO: marito di Bruna 

LUISA: sorella di Dino e di Bruna

FABIO: altro figlio di Nonna Rosa

DONNA CECILIA

PRIMARIO

INFERMIERA    

Nota: Non è stato tratteggiato un profilo fisico dei personaggi  in quanto ritenuto insignificante 

            nel contesto della sto ria. L'età dei quattro fratelli è specificata dalla loro madre, nel

            primo atto.

ATTO PRIMO

          La scena si svolge nell'abitazione di Dino Leonardi. E' sera. Siamo nello studio di Dino; ma la scena è vuota. Da fuori scena arriva una voce femminile.

SANDRA: Allora, Dino?! ma che fai? Non hai fame 'stasera?

(Sandra entra in scena convinta di trovarvi il marito. Non vedendolo resta un attimo sorpresa).

SANDRA: Ehi, Dino! Ma dove ti sei cacciato?

DINO: (da fuori scena) Sono qua, sono qua. (entrando, con tono scherzoso) Ma dove vuoi che possa essermi cacciato?

SANDRA: (anche lei in tono scherzoso) Con una casa come questa potresti nasconderti dove vuoi e nessuno ti troverebbe neanche cercandoti per un giorno intero.

DINO: Esagerata!

SANDRA: Ma perché fanno appartamenti così sconfinati e, soprattutto, così mal sistemati?

DINO: Ma non li fanno mica apposta, con queste caratteristiche. Il fatto è che in genere i nostri uffici sono ricavati in palazzi vecchi e a volte anche storici. Ed è quindi ovvio che le vecchie strutture non si adattino mai alle esigenze logistiche né per gli uffici e meno ancora per gli alloggi che il ministero ci mette a disposizione.

SANDRA: Eh, beh; però potrebbero anche ristrutturarne gli interni in modo un po' più razionale. Oltre tutto ci guadagnerebbero anche un bel po' di spazio. Dal nostro appartamento, per esempio, ce ne potrebbero venire due.

DINO: Ma, dico: ti lamenti di avere tanto spazio a disposizione?!

SANDRA: Ma a che serve avere un appartamento di trecento metri quadrati, per noi - poi - che siamo in tre; e articolato in modo tale che tra la cucina e i bagni e le camere c'è un corridoio di più di trenta metri? Tu non hai neanche la più pallida idea di che cosa questo significhi per una che, come me, in casa ci deve passare tutta la giornata; e di quanto si impazzisca per tentare di tenerla a posto.

DINO: E' la prima volta che mi capita di sentire qualcuno che si lamenta di avere la casa comoda e grande.

SANDRA: (fingendosi scherzosamente offesa) Ma sì; con te non si può mai fare un discorso serio!

DINO: (dandole una pacca sul sedere ed alludendo) Ma lo sai, invece, che io ti prendo sempre sul... serio!

              Sandra scuote la testa tra il rassegnato e il divertito.

DINO: Piuttosto, Sandra: perché mi stavi cercando?

SANDRA: Perché di là, si sarà già raffreddato tutto! Ma non hai fame, questa sera? oppure vuoi saltare la cena?

DINO: Ma Paola è tornata?

SANDRA: No.

DINO: E non l'aspettiamo per cenare? Ma che ore sono? (guardando l'orologio) Caspita! ma sono già quasi le nove...!

SANDRA: Appunto! Che ne diresti se ci decidessimo a mangiare?

DINO: E non aspettiamo Paola? Ma come mai non è ancora rientrata? Dove è andata?

SANDRA: Ma come? non te lo ricordi? E' andata a portare qualcosa da mangiare ad Anna.

DINO: Ah, già. E' vero. Ma non si è ancora risolta quella faccenda?

SANDRA: Macché. Ma tu non puoi farci niente?

DINO: Ma se non ci riescono i sindacati...

SANDRA: Sì, i sindacati! Te li raccomando, quelli. E poi, quali? quelli ufficiali? quelli autonomi? quelli del lunedi o quelli del martedi? Qui ormai non passa giorno che non viene fuori qualche nuovo corpuscolo corporativo a sollevare polvere.

DINO: (divertito) Ma che dici...?

SANDRA: Quelli, da un po' di tempo a questa parte, solo questo sanno fare: alzare polvere. Gli aerei: che sono mesi che volano a singhiozzo; i treni: se di tanto in tanto non ti piazzano quelle ventiquattro ore di sciopero per fare riposare le locomotive... e poi chi altro c'è? i portuali, gli ospeda-lieri...

DINO: Ma dai, Sandra! Lo sai benissimo che lo sciopero è un diritto sacrosanto di ogni lavoratore...

SANDRA: Io faccio la casalinga e non me ne intendo, però mi sembra che di quello che dovrebbe essere, come dici tu, un diritto sacrosanto dei lavoratori - lo sciopero - oggi se ne faccia un uso un po' snaturato rispetto allo spirito e alle sue finalità originarie. Un tempo lo sciopero era un mezzo di lotta tra lavoratore e datore di lavoro. Con lo sciopero il lavoratore cercava di mettere in difficoltà il datore di lavoro in modo da costringerlo all'accordo. Oggi l'ultimo ad essere danneggiato è il datore di lavoro. Chi ne fa le spese sono altri che non c'entrano affatto con le beghe di chi sciopera. Centinaia, migliaia, a volte milioni di persone che hanno anche loro i loro problemi ed i loro guai, sono quelli che in effetti la scontano sulla loro pelle.

DINO: (sempre più divertito) Caspita che arringa! Certo che quando ti ci metti, ne hai di grinta, tu!

SANDRA: L'avessero quelli che ci governano, qualche volta, un po' di grinta...! Io non riesco a concepire che un lavoratore debba scioperare per tre, quattro, cinque o più mesi... O ha ragione, e allora qualcuno deve energicamente intervenire per fargli avere quello che gli spetta, subito! O ha torto, e allora qualcuno deve intervenire per impedire che si danneg-gino gli altri con richieste assurde.

DINO: Eh, beh; quando si vuole accontentare tutti e non scontentare nessuno... Ma ad Anna che cosa sta succedendo esattamente?

SANDRA: L'hanno licenziata. Venti giorni fa le è arrivata la lettera di licenziamento.

DINO: E come mai? Aveva fatto qualcosa?

SANDRA: Ma no. Non è stata licenziata soltanto lei. Sono stati licenziati tutti! Centotrentadue persone. Tutte licenziate, così, con uno schiocco di dita (fa schioccare il medio ed il pollice).

DINO: Ma è assurdo! E perché questi licenziamenti in massa? E' forse fallito il proprietario della fabbrica?

SANDRA: Veramente la cosa ancora non è molto chiara. Ma non credo che si tratti di fallimento.

DINO: Ma non è andato nessuno a parlare con il proprietario per chiedergli i motivi di questa drastica decisione?

SANDRA: Il proprietario è introvabile.

DINO: E' introvabile? E allora?

SANDRA: E allora i dipendenti... gli ex dipendenti, compresa Anna, distraendo con uno stratagemma il guardiano, sono riusciti ad entrare nella fabbrica e adesso sono lì che la tengono occupata.

DINO: E questo può servire a qualcosa?

SANDRA: E lo chiedi a me? se non lo sai tu...!?

DINO: Già! Dici bene, tu. Io dovrei capirci qualcosa di queste faccende! Ma se c'è una cosa che a volte mi fa sentire veramente frustrato, nel mio lavoro, è proprio l'essere costretto a constatare, in certe circostanze, che disposizioni, leggi, regolamenti, esistono solo per confondere ed accalappiare il povero cittadino. E non per difenderlo e salvaguardarlo. A fronte di una legge c'è sempre una miriade di eccezioni che, guarda caso, è sempre il più forte a conoscere ed a riuscire a fare applicare.

SANDRA: Ma, adesso, per questi poveretti...? Centotrentadue persone di colpo senza lavoro!

DINO: Se fai dire ad Anna di venirci a trovare appena può... se è in grado di spiegarmi esattamente come stanno le cose... posso vedere se c'è qualcosa da fare.

SANDRA: Ma per forza deve esserci qualcosa da fare! Non è possibile che un tizio una mattina si svegli e, così, all'improvviso, decida di mettere in mezzo ad una strada centotrentadue persone e che si stia tutti a guardare senza poter fare niente.

DINO: Beh, non credo che le cose stiano proprio così...

SANDRA: E io invece temo proprio di sì. Sono già venti giorni che hanno occupato la fabbrica: c'è andata la polizia, ci sono andati i giornalisti, c'è andata la televisione, ci sono andati i dirigenti sindacali e rappresentanti della Regione; che hanno concluso? tutti un bel niente!

DINO: Ma te l'ho già detto: non sono questioni facilmente risol-vibili... Ci sono molte cose da valutare...

SANDRA: Già! e intanto, quelle centotrentadue persone come vivono?!

DINO: Io sono sicuro che una soluzione soddisfacente per tutti, prima o poi si troverà. Ma non avevate detto, tu e Paola, che qual-cuno aveva proposto a queste persone di continuare l'attività della fabbrica formando una specie di cooperativa o di gestione autonoma?

SANDRA: Sì, ne aveva parlato Paola. Lo aveva sentito dire in fabbrica: qualcuno aveva suggerito ai licenziati di riprendere la produzione e di auto-gestire l'attività commerciale.

DINO: E allora? perché non lo fanno?

SANDRA: Perché non sono riusciti a mettersi d'accordo. C'è chi si lamenta che tra di loro ci sono troppi... come dire? ...sfaticati.

DINO: Come sarebbe?

SANDRA: Sì. C'è gente che in quanto a rendimento sul lavoro non è che brilli molto. Molte pause, molti permessi speciali, molte assenze poco chiare... per questa gente il lavoro è un fatto del tutto occasionale; come si dice oggi? un optional! E allora, se non è possibile garantire una adeguata produttività, nessuno se la sente di prendersi la responsabilità di una gestione autonoma della fabbrica.

DINO: Ma questo è il colmo! Finché questa gente fa i propri comodi sotto un proprietario pubblico o privato, nessuno dice niente...

SANDRA: ...e magari c'è anche qualche sindacalista che li protegge...

DINO: Però, se... (squilla il telefono) Rispondi tu?

                  Sandra, che è più vicina al telefono, fa un cenno affermativo con il capo e solleva la cornetta.

SANDRA: Pronto!... Ah, sei tu, Nico?... Sì, grazie, noi stiamo tutti bene. E voi?... Bene, mi fa piacere... Sì, certo, è qui; te lo passo subito. Salutami tanto Bruna e tutti gli altri. Sì, ciao. (poi, rivolta al marito gli porge la cornetta) E' tuo cognato.

DINO: (prendendo la cornetta che Sandra gli porge) Pronto. Ciao Nico; come state?... Ah, bene; sono contento. E i figli di Simona?... Bene, bene; mi fa piacere. Salutameli tanto e tanti bacioni a tutti!... Sì, dimmi... (pausa di ascolto.  Quindi, molto sorpreso) Come?! Vogliono dimettere mamma dal Centro?

                  Mentre Dino conversa al telefono le luci di scena si attenuano rapidamente fino a fare cadere la scena nel buio più completo. Dino, che nel frattempo si è portato, sempre telefonando, ad un lato del proscenio, è invece illuminato da un cercapersone.

DINO: Ma se ancora non è neanche in grado di stare in piedi da sola?!... Ma perché, allora, vogliono dimetterla?

                  Qualche attimo dopo che la scena è piombata nel buio totale, le luci si riaccendono. L'ambiente è vuoto e anonimo: in scena soltanto tre modeste sedie su due delle quali sono seduti Nico e Bruna. Dino poggia il telefono in un lato del proscenio e si aggiunge, in scena, agli altri due continuando la conversazione.

NICO: Dicono che hanno bisogno di posti-letto.

DINO: (indignato) Hanno bisogno di posti-letto?! E che discorso sarebbe? per rimediare un posto-letto buttano fuori una persona anziana che non riesce nemmeno a reggersi in piedi?!

BRUNA: Ed è per questo che la vogliono dimettere. E' un mese e mezzo che è là dentro ed in tutto questo tempo non ha fatto il minimo progresso.

DINO: Ma come? Un centro di riabilitazione motoria che gode tutta quella fama di competenza e di efficienza... Erano loro che dovevano rimettercela in piedi, no?

NICO: Vedi, Dino: loro l'impegno ce l'hanno messo. Forse all'inizio in effetti l'avevano un po' trascurata, ma poi, sai, quando abbiamo cominciato a passare qualche cosa sottomano alla terapista che s'occupava di mamma e all'infermiera, poi loro l'hanno veramente seguita.

BRUNA: Solo che era mamma che si rifiutava di collaborare con loro e non ci metteva nessun minimo impegno in quello che le dicevano di fare.

NICO: Anzi: il più delle volte non solo si rifiutava di fare gli esercizi che le proponevano, ma arrivava addirittura ad inventarsi dei malesseri e dei malanni che forse neanche esistevano e per giunta prendeva tutti a male parole.

DINO: Ma si sa che con una persona anziana bisogna avere pazienza...

NICO: E io ti posso assicurare, Dino, che di pazienza là al Centro ne hanno avuta tanta; e tua sorella Bruna te lo può confermare.

BRUNA: Sì, Dino. Quello che sta dicendo Nico è vero.

DINO: E allora perché adesso vogliono buttarla fuori? Ma non si rendono conto che se non ci riescono loro a metterla in piedi, noi a casa non potremmo certo fare di più!?

BRUNA: Però, se ti ricordi bene, quando hanno accettato di ricoverarla, ci avevano detto fin dall'inizio che l'avrebbero tenuta in prova solo per venti giorni.

DINO: E ci credo! Con quella cartella clinica che le avevano compilato all'ospedale...! per quelli dell'ospedale non solo era irrecuperabile, ma l'hanno addirittura fatta passare per pazza.

NICO: Però in effetti all'ospedale mamma non ragionava più...

BRUNA: E purtroppo anche qui al centro di riabilitazione gli sono ripresi quei momenti di... (con l'indice della mano destra fa dei piccoli cerchi in aria all'altezza della tempia destra). Anche qui ha ripreso con le sue stranezze.

NICO: Hanno dovuto addirittura trasferire in un'altra camera quella vecchietta che dormiva nel letto accanto al suo. Te la ricordi, no? l'hai conosciuta anche tu. Quella poveretta si era presa tanti di quegli spaventi...

BRUNA: Ci hanno detto che mamma di notte si agitava, cercava addirittura di scavalcare quelle sponde alte che mettono per evitare che uno cada dal letto...

NICO: ...e pretendeva di volersene andare a spasso fuori di notte, uscendo addirittura dalla finestra. E tu l'hai visto: la finestra è al secondo piano!

BRUNA: E se quella vecchietta si azzardava a cercare di farla ragionare, mamma la investiva di minacce e di parolacce.

NICO: Poveretta! L'hanno dovuta spostare in un'altra camera.

DINO: Ma in quei giorni che l'ho vista io, quando sono venuto a trovarla, non mi è sembrata affatto matta.

NICO: Ma di giorno è un'altra cosa. Eppoi quando ci sei tu, effettivamente è diversa; se ne sta più buona.

DINO: Quando ci sono stato io era piuttosto tranquilla. Va bene che non faceva altro che ripetere che voleva tornarsene a casa sua, ma per il resto...

BRUNA: Forse perché con te ha un po' di soggezione. Ma con noialtri... Eppoi non è solo questo.

DINO: Che altro c'è?

BRUNA: Tante altre cose che messe insieme... Per esempio: quando passano i medici per le visite, lei si mette lì con tanto di muso lungo e non si riesce a tirarle fuori una parola.

NICO: E tu vedessi in che condizioni è al mattino quando si sveglia.

BRUNA: La sera, prima che si addormenti, la imbracano...

DINO: Che le fanno?!

BRUNA: La imbracano; cioè le mettono un pannolone perché non riesce più a controllare le sue funzioni.

DINO: E beh? e allora?

BRUNA: Malgrado questo, al mattino l'infermiera la ritrova sistema-ticamente impiastricciata di... di popò dappertutto: per tutta la schiena, fino al collo e a volte anche sul viso.

DINO: (con una espressione di schifo) E come mai succede questo?

NICO: Perché quando si agita, durante la notte, si scombina la maglia, la camicia da notte, tutti gli indumenti; e poi si infila le mani perfino dentro al pannolone e così si impiastriccia dappertutto: non solo le mutande, la maglia e la camicia da notte, ma anche le lenzuola, il cuscino e una volta perfino il tovagliolo che aveva sul comodino.

BRUNA: Tu vedessi che triste spettacolo è, al mattino...!

DINO: Ma come può essersi ridotta in uno stato simile?! Forse sarà una forma di reazione al fatto di essere costretta a stare lì dentro.

BRUNA: Può darsi. Lei non fa altro che chiederci di riportarla a casa sua.

NICO: Ma tu te l'immagini, Dino?! Ma come è possibile riportarla a casa sua, in quelle condizioni!? Ce lo dicono anche i medici: lei ha bisogno dell'assistenza di un cardiologo, di un neurologo e di una persona che le stia sempre dietro e che la sorvegli ventiquattro ore su ventiquattro.

DINO: Ma come ha potuto ridursi così? Povera mamma! Se poi penso che fino al giorno di quella maledetta caduta al mercato, era più vispa e viva di una ventenne...

BRUNA: Già! Ma non dimenticarti che ha ottantanove anni, invece. E a quell'età sono facili i tracolli; sia fisici che mentali.

DINO: Ma perché i medici dicono che ha bisogno dell'assistenza di un cardiologo e di un neurologo? Mamma ha sempre avuto un cuore perfetto. Non ha mai avuto il più piccolo disturbo cardiaco.

BRUNA: Anche se non ce ne siamo accorti nessuno, sembra che nel periodo in cui è stata ricoverata all'ospedale, abbia avuto un infarto.

DINO: (fortemente sorpreso) Un infarto?!

NICO: Probabilmente lo chock per la caduta, o per il ricovero... forse tutto un insieme di cose...

DINO: Ed il neurologo? Ma che credono che mamma sia pazza?!

BRUNA: (sommessamente) Però, veramente da un po' di tempo a questa parte si comporta in un modo così strano...

DINO: Che vuol dire questo? Dove è scritto che comportarsi in un modo strano significhi essere pazzi? Ce ne sono tante, in giro, di persone che si comportano in modo strano! Ecché? allora dobbiamo considerare pazzo mezzo mondo!

NICO: Vedi, Dino, tu forse non puoi giudicare completamente ed obiet-tivamente le cose. Quando vieni qui a Napoli ti fermi al mas-simo un paio di giorni. In un paio di giorni non puoi farti una idea completa di come stanno le cose.

BRUNA: Anche perché quando ci sei tu, mamma - forse lo capisce - si comporta in un modo diverso.

NICO: Però noi che ci stiamo sempre, tutti i giorni, mi devi credere, ti possiamo assicurare che mamma non è più la stessa. L'altro giorno, per esempio, aveva i suoi occhiali sul comodino; ep-pure ad un certo punto ha cominciato ad urlare che la vec-chietta del letto accanto glieli aveva rubati.

DINO: Ed era vero?

BRUNA: Ma no! Gli occhiali erano sempre là, al loro posto. Allora noi glieli abbiamo fatti vedere ed anzi glieli abbiamo messi in mano. Per un po' è stata calma. Poi, dopo qualche minuto ha ricominciato ad urlare che le avevano rubato gli occhiali. Ed è durato così per tutto il pomeriggio. E gli occhiali li aveva sempre lei, nelle sue mani. E se li teneva belli stretti.

DINO: Ma tu, Bruna, allora anche tu pensi che mamma sia... sia diventata pazza?

BRUNA: (confusa) Ma che ne so, io!? Come si fa a dire una cosa simile?!

NICO: I medici parlano di arteriosclerosi senile.

DINO: Ma se è sempre stata lucida e coerente?! Fino a due mesi e mezzo fa era lucida e coerente. Come si fa ad impazzire così, tutto d'un colpo?

BRUNA: Te la ricordi Assunta? Quella mia compagna che abitava, anzi ci abita ancora, sotto di noi?

DINO: Quale? quella con quel grosso neo sulla guancia?

BRUNA: Sì, quella. Ma il neo è tanto che non ce l'ha più; se l'è fatto togliere.

DINO: E che c'entra Assunta?

BRUNA: La madre ha quasi l'età di mamma nostra. Assunta è figlia unica e non s'è mai sposata. Hanno sempre vissuto insieme Assunta e la madre che, se ti ricordi, era rimasta vedova ancora giovane.

DINO: Sì, me la ricordo. E allora?

BRUNA: Due anni fa Assunta è stata costretta a fare ricoverare la madre in un ospedale specializzato.

DINO: In un ospedale specializzato? Vuoi dire in un... manicomio?

BRUNA: Una sera tornando a casa dal lavoro, Assunta ti trova la madre che senza dire una parola girava senza sosta lungo i muri del salotto senza fermarsi mai. Da sola aveva accantonato tutti i mobili al centro della stanza e girava, girava, girava...

NICO: Non si fermava mai. Assunta, aiutata anche da altri, aveva provato a sbarrarle il cammino mettendo mobili pesanti contro le pareti. Ma la madre, come faceva non si sa, li rispostava e riprendeva i suoi giri ossessivi finché non crollava sfinita per qualche ora.

BRUNA: E questa vita è durata per diversi mesi. Finché, consigliata anche dai medici, Assunta s'è decisa a fare ricoverare la madre in quell'ospedale specializ...

DINO: ...in manicomio!

BRUNA: Ma al manicomio ci stava andando anche lei! A vedere quella povera donna girare, girare, girare senza sosta, in un modo continuo, ininterrotto, allucinante, Assunta non riusciva più a dormire... e non riusciva più neanche a lavorare: si vedeva sempre davanti agli occhi quell'andare continuo, quel girare ossessivo. E di notte nel sogno continuava a vederla girare, girare, girare...

                  Breve, gelido silenzio tra i tre che restano un attimo assorti a testa bassa.

DINO: (incerto e confuso) E allora? che dobbiamo fare? Siete proprio sicuri che non possono tenercela ancora per qualche tempo, là, al centro di riabilitazione?

NICO: Temo proprio di no.

BRUNA: Nico ha perfino avuto un alterco con il direttore del Centro. Lui gli ha detto che noi non abbiamo rispettato gli accordi.

DINO: Quali accordi?

NICO: C'eri anche tu quando abbiamo ricoverato mamma e quando ho portato le carte per il ricovero alla segreteria del Centro.

DINO: Sì, certo: e c'era sia il direttore che quell'altro profes-sore...

NICO: Beh, siccome erano un po' perplessi per quanto indicato dall'ospedale sulla cartella clinica circa lo stato confusionale di mamma, avevano detto che l'avrebbero tenuta in prova per venti giorni, per vedere se era in grado di seguire gli esercizi e le terapie.

DINO: Sì, me lo ricordo. E allora?

NICO: Mamma è rimasta ricoverata là dentro per più di un mese e mezzo.

DINO: (incalzante) E allora?

NICO: Il direttore era molto infuriato: ha detto che noi ce ne siamo approfittati e che ce l'abbiamo tenuta più del concordato.

DINO: Ma, dico, è pazzo questo direttore? Se mamma è rimasta là dentro tutto questo tempo è perché sono stati loro a volercela tenere. Con quello che costa ogni giorno di ricovero...! Non l'abbiamo mica obbligati noi!

BRUNA: Adesso, però, non vogliono più tenerla. Hanno detto che dobbiamo portarcela via.

DINO: Portarcela via?! Ma che è un pacco?! E poi, così? da un giorno all'altro? Senza neanche darci il tempo per cercare qualche altra soluzione?

NICO: Beh, ma questo non è un problema: non è che ci hanno detto che dobbiamo portarla fuori domani. D'altra parte non possono buttarcela in mezzo alla strada...

DINO: Non ci sarebbe davvero da meravigliarsi! Comunque, che cosa possiamo fare a questo punto?

NICO: Vedi, Dino, per poter trovare un altro centro di riabilitazione o una casa per anziani attrezzata adeguatamente, ci vuole qualche giorno. E poi, una volta trovata, non possiamo certo sperare che la ricoverino subito. Bisognerà sicuramente mettersi in lista d'attesa.

DINO: Ma allora ci vorrà qualche settimana...

NICO: ...se non qualche mese.

DINO: Qualche mese? e nel frattempo che facciamo?

BRUNA: Io avevo proposto a Luisa di provare a portare mamma a casa sua.

DINO: A casa di Luisa?

BRUNA: No, a casa di mamma.

DINO: Ma non avevate detto che i medici vi hanno sconsigliato di portare mamma a casa?

NICO: No, non ci hanno detto di non portarla a casa. Ci hanno soltanto fatto presente a quali disagi e a quali responsabilità possiamo andare incontro tenendo a casa una persona non più autosufficiente e con gli squilibri psichici cui è soggetta mamma. Salvo che non si abbiano particolari attrezzature e persone continuamente a disposizione per curarla e, cosa più importante, per tenerla d'occhio.

BRUNA: Basta che provi ad alzarsi dal letto da sola e che cada, per rendere la cosa irreparabile. Un'altra caduta, a quella età, potrebbe esserle fatale.

DINO: E voi, come pensate di farcela?

NICO: Bruna ne aveva parlato con tua sorella Luisa per cercare di concordare, insieme, un programma giornaliero, organizzandosi opportunamente, per dividersi le incombenze e per fare dei turni di sorveglianza in casa di mamma.

BRUNA: Che vuoi, tu capisci che da sola io non potrei mai farcela. Ho anch'io una famiglia a cui badare; e quattro persone da accudire non sono una cosa da poco.

NICO: Eppoi, inoltre, in questo periodo deve anche badare ai figli di Simona che è molto impegnata con il lavoro.

DINO: Eh, beh, certo; capisco che non è umanamente possibile badare ad una famiglia e potersi interessare anche di mamma nelle condizioni in cui si trova.

NICO: Per la notte avevamo pensato di trovare un'infermiera che, a pagamento, passasse la notte con mamma.

BRUNA: E per il giorno, mettendoci d'accordo, avremmo potuto badarci io e Luisa.

NICO: Ma tua sorella Luisa non ha accettato. Dice che non se la sente di prendersi un impegno così gravoso.

DINO: Beh, la si può capire: anche lei ha un marito e tre figli da accudire...

NICO: Tu sei sempre pronto a difenderla, quella là!

DINO: Ma, Nico, ma che dici?

NICO: Lo sai benissimo quello che voglio dire!

DINO: (rivolto a Bruna) Ma che gli prende, adesso?

BRUNA: E' incavolato con Luisa perché non ne ha voluto sentire parlare di aiutarmi a pensare a mamma. E così, purtroppo, abbiamo dovuto rinunciare a portarla a casa. Io da sola non me la sento proprio di poterle stare dietro.

NICO: Eppoi sarebbe una responsabilità troppo grande, per noi.

DINO: Sì, lo so. Lo capisco perfettamente.

NICO: Quindi a questo punto non resta che trovare una buona casa per anziani. Ho già informato di tutto anche Fabio. Pure lui è del parere che non c'è altro da fare. E tu, che ne pensi?

DINO: Beh, certo che se nessuno di noi quattro figli può starle dietro...

NICO: Ma non si tratta soltanto di starle dietro! Nelle condizioni mentali in cui si trova, è anche una questione di responsabilità, come hanno detto pure i medici. In una casa per anziani, almeno, possono assicurarle un'assistenza continua: sia medica che fisica. Noi quindi non vediamo altra soluzione se non quella del ricovero. Sei d'accordo anche tu?

DINO: Beh, voi avete seguito tutta la questione meglio di me e di Fabio che purtroppo viviamo lontano da voi e da mamma. E quindi penso che meglio di voi nessuno può giudicare quale sia la cosa più adatta da fare. Voi avrete senz'altro valutato tutte le possibili alternative.

NICO: Certo che l'abbiamo fatto!

DINO: E quindi se voi dite che non resta altro da fare se non trasferirla in una casa di cura per anziani...

NICO: Allora sei d'accordo anche tu?

DINO: A questo punto penso proprio di sì (la scena cade completamente al buio. Si sente soltanto la voce di Dino che continua a parlare). Però dovete promettermi che cercherete una buona casa di cura, dignitosa e bene attrezzata.

                  Le luci di scena si riaccendono e riappare l'interno dell'abitazione di Dino. Dino è al telefono ed accanto a lui c'è Sandra.

DINO: (continuando a parlare al telefono) Come dici? Vuoi che venga anch'io a Napoli per discuterne tutti insieme?... Ah, viene anche Fabio?!... E va bene, allora. Voi intanto cominciate a darvi da fare per cercare la casa di cura. Io ora vedo di organizzarmi un po' con il mio ufficio e poi verrò a Napoli... Sì, così potremmo discuterne tutti insieme e decidere meglio... Va bene... D'accordo! Ciao. Salutami tutti e un bacione a mamma. E grazie per tutto quello che stai facendo!... Sì, ciao, ciao. Ci vedremo presto. (Riattacca la cornetta e riprende fiato. Poi, rivolto alla moglie) Era Nico.

SANDRA: Lo so.

                   Lungo silenzio tra i due coniugi.

DINO: Ma perché Paola tarda tanto?

SANDRA: Lascia perdere Paola. Lo sai benissimo che per Paola non c'è nulla di cui preoccuparsi. Che cosa ti ha detto Nico? Ho sentito che quelli del centro di riabilitazione vogliono dimettere tua madre.

DINO: Forse sarebbe meglio dire che vogliono buttarla fuori.

SANDRA: Ma possono fare una cosa del genere?

DINO: A quanto pare, sembra di sì. Eppoi, d'altra parte, già al momento del ricovero ci avevano detto che l'avrebbero tenuta in prova per venti giorni. Li preoccupava un po' quello che c'era scritto sulla cartella clinica compilata dai medici dell'ospedale. Da quello che avevano scritto quei disgraziati, mamma ne veniva fuori come una povera demente non più in grado di ragionare e dai comportamenti pericolosamente imprevedibili. Noi, sia Nico che io, abbiamo cercato di giustificare l'atteggiamento di mamma come una reazione al fatto di non voler stare all'ospedale. Uscita da quell'ambiente, gli abbiamo detto noi, lei dovrebbe ritornare quella che era prima del ricovero; e cioè una persona cosciente e ragionevole.

SANDRA: Ed è per questo che hanno accettato di prenderla per venti giorni?

DINO: Sì. Volevano vedere se avrebbe reagito positivamente alle loro terapie fisiche. E invece, niente! Non solo si è costante-mente rifiutata di collaborare nelle terapie, ma ha addirit-tura ricominciato a dare i numeri.

SANDRA: Eppure quando sei andato per portarla dall'ospedale al centro di riabilitazione, lei era tutta contenta di questo trasfe-rimento.

DINO: Eh, sì! Pur di scapparsene da quel maledetto ospedale...! E non posso darle torto. Ma il suo vero e unico desiderio era quel-lo di tornarsene a casa sua.

SANDRA: Forse conveniva provare a portarla nella sua casa...

DINO: (risentito) Ma dai, Sandra! Ma perché mi fai questi discorsi?! Lo sai benissimo come stavano le cose, e che non avevamo altra scelta.

SANDRA: Sì, d'accordo; lo so come stavano le cose... Ma non mi sembra che oggi siano migliorate nemmeno un po'.

DINO: E allora, su: che cosa proponi tu?

SANDRA: (esitante) Sì, lo so che non è facile prendere una decisione. Però io non credo che rinchiuderla in un'altra casa per anziani o casa di cura, che dir si voglia, sia la soluzione migliore.

DINO: Nessuno dice che sia la soluzione migliore! E' l'unica possi-bilità che abbiamo. Non vedo altre scelte.

SANDRA: Quindi avete completamente abbandonato l'idea di riportarla a casa?

DINO: Beh, no. Bruna, veramente, l'aveva ripresa in considerazione...

SANDRA: E perché non lo fate, allora?

DINO: E' una responsabilità troppo grande. Nessuno di noi se la sente di prendere una decisione che i medici per primi sconsi-gliano. Purtroppo mamma ormai è in una condizione fisica e mentale talmente precaria che...

SANDRA: Senti, Dino: io non sono un medico e quindi non me la sento di contraddire quello che dicono i dottori che la stanno se-guendo, se la seguono... Però, non so! C'è qualcosa che mi dice che tua madre non è quella che dicono loro.

DINO: Che vuoi dire?

SANDRA: Mah, non so. Secondo i medici, a voler essere realisti, tua madre è... scusami, sai: secondo i medici tua madre purtroppo sarebbe diventata pazza.

DINO: (indignato, ma non verso Sandra) Ma che pazza e pazza! Ma non diciamo scemenze!

SANDRA: Allora sei d'accordo con me?! Pensi anche tu che tua madre sia ancora recuperabile?

DINO: Ma certo che lo penso! Anzi, ne sono pienamente convinto. Ma non ti ricordi come era appena tre mesi fa, prima di quella maledetta caduta al mercato?

SANDRA: Certo che me lo ricordo! Ed è per questo che non credo ad una sola parola di quello che dicono i medici. Tua madre è sempre stata autosufficiente. Non ha mai avuto bisogno di nessuno. Si è sempre voluta fare da sola tutte le faccende di casa, andava anche a farsi la spesa, da sola...! Sai come l'avevano soprannominata quelli del mercato - 'ché lì ormai la conoscono tutti - vedendosela passare vispa e arzilla tra i loro banchi? Il grillo volante! Così minuta e piccola com'è... e così scattante...

DINO: ...capirai: pesa trentasette chili!

SANDRA: Ed è stata proprio la sua fortuna, essere tanto magra. Se non s'è rotta il femore quando è caduta al mercato, è proprio grazie alla sua costituzione così minuta.

DINO: Però quei grandi balordi dell'ospedale se la sono tenuta lo stesso per più di un mese...

SANDRA: Lo sai, no? come funzionano i nostri ospedali...?! Se stai male veramente, devi avere la raccomandazione del presidente della repubblica per poterti fare ricoverare... ma una volta che sei dentro ti sfruttano fino a che gli fa comodo! Comunque ora dobbiamo pensare al futuro. Io, se fossi in voi, un tentativo di riportarla a casa lo farei.

DINO: Ma dai, Sandra! lo sai che non è possibile!

SANDRA: E' rischioso, sì; ma non impossibile. Io sono sicura che a tua madre il cervello funziona ancora benissimo...

DINO: ...e quello che sta facendo, allora?

SANDRA: Quello che sta facendo lo fa perché non è a casa sua. Lei non c'è mai voluta stare fin dal primo giorno, rinchiusa in questi maledetti ospedali.

DINO: Ma adesso non sta in un ospedale...

SANDRA: E' la stessa cosa. Per lei è stato un grosso chock, più che la caduta, il fatto di doversene stare rinchiusa in quei posti: prima all'ospedale ed ora al centro di riabilitazione. Lei ha sempre chiesto di essere riportata a casa sua. E per me non si darà pace fino a che non ce la riporterete. E una volta a casa sua, chissà? Dormire nel suo letto... sdraiarsi sulla sua poltrona preferita... risentire quel continuo sgocciolare del rubinetto in cucina... poter tornare ad apparecchiare la sua tavola... bere il caffè nel suo eterno bicchiere di vetro al quale era così affezionata da non volerlo cambiare malgrado fosse diventato talmente imbevuto lui stesso di caffè da avere completamente perso la trasparenza... poter essere nuovamente lei a decidere a che ora svegliarsi e a che ora mangiare... se vedere la televisione o leggere invece un libro... poter ritornare ad essere, insomma, una persona! Per me, dovete provare!

DINO: (spazientito) Ma tu chiacchieri bene! E' tutto così facile, per te.

SANDRA: Sì, lo so che un conto è parlare e un conto farle, le cose... Ma a volte, se non si tenta...

DINO: (esasperato) Ma perché mi tormenti tanto?!

SANDRA: (confusa) Scusami... io non sapevo... io non volevo...

DINO: Ma che vuoi tentare? Qui non è mica provare a giocare tre numeri al lotto o, avendo perso la strada - ad un bivio - provare ad andare a destra anziché a sinistra! Qui stiamo parlando della salute e della sicurezza di una persona di ottantanove anni! Ma tu, perché mi tormenti tanto?!

SANDRA: (sempre molto confusa) Scusami... non volevo...

DINO: (assorto, come inseguendo altri pensieri) ...anch'io non volevo... e tu lo sai; anch'io non volevo che restasse rinchiusa in quel maledetto ospedale. Perché l'errore lo abbiamo fatto allora! Dovevamo portarcela via da lì quando eravamo ancora in tempo! Accidenti! Non me lo potrò mai perdonare!

SANDRA: Ma che colpa ne hai tu? Sono stati i medici ad obbligarvi a tenercela...

DINO: No, no! Avrei dovuto insistere di più con Nico. Avrei dovuto pretendere che la portassero via da quel maledetto ospedale quando eravamo ancora in tempo.

SANDRA: Ma anche Fabio e le tue sorelle erano d'accordo nel lasciarla ricoverata là.

DINO: Dovevo fregarmene! Non dovevo lasciarmi convincere. Non dovevo permettere di lasciarla là. A costo di andarci io e di portarmela fuori a forza! Eppure me lo sentivo...! Tutto quel procedere confuso fin dalla prima telefonata di Nico. Te le ricordi, no? tutte le telefonate di Nico? Prima mi telefona:

(voce di Nico da fuori scena)  - Dino, guarda che abbiamo dovuto ricoverare tua madre all'ospedale.

DINO - (rivolto verso la quinta da dove viene la voce di Nico) All'ospedale? e che è successo?

NICO - (da fuori scena) Stamattina è andata come al solito a fare la spesa al mercato ed è caduta.

DINO - (come sopra) E che s'è fatta? qualcosa di grave?

NICO - (come sopra) Mah... ancora non lo sappiamo. Dal mercato qualcuna l'ha accompagnata a casa ed io ho creduto opportuno portarla all'ospedale per vedere se c'erano fratture o altre complicazioni.

DINO - (come sopra) Ma a casa ce l'hanno portata o ci è tornata con le sue gambe?

NICO - (come sopra) No, ce l'hanno soltanto accompagnata. Lei è stata in grado di camminare.

DINO - (come sopra) Quindi è probabile che non si sia rotto niente, no?

NICO - (come sopra) Mah, non lo so.

DINO - (come sopra) E all'ospedale che hanno detto?

NICO - (come sopra) L'hanno messa subito a letto. Domani le faranno le radiografie, ma secondo loro non ci dovrebbe essere nessuna frattura altrimenti non sarebbe stata in grado di tornarsene a piedi a casa dal mercato.

DINO:  (rivolgendosi bruscamente alla moglie) Te lo ricordi, no? quello che mi ha detto Nico il primo giorno?

SANDRA: Certo che me lo ricordo. Mi aveva talmente scosso sentire che mamma era caduta... Come posso averlo dimenticato?!

DINO: E il giorno dopo?:

(voce di Nico da fuori scena) - Hanno fatto le lastre: c'è una frattura al femore.

DINO - (rivolto verso la quinta da dove viene la voce di Nico) Una frattura al femore?

NICO - (da fuori scena) Sì, una frattura al femore.

DINO - (come sopra) E allora che fanno, l'operano?

NICO - (come sopra) Non ancora. Domani vogliono farle un'altra radiografia per essere più sicuri.

DINO - (come sopra) Ma, Nico, non ti sembra po' strano questo modo di procedere? Sei sicuro che seguono la questione come si deve?

NICO - (come sopra) Io penso di sì. Ma perché mi chiedi questo?

DINO - (come sopra) Beh, abbiamo avuto già delle tristi esperienze con papà, ti ricordi?, di come agiscono in quell'ospedale! Perché non la portate in qualche altra clinica ortopedica specializzata? Magari anche a pagamento, se è necessario.

NICO - (come sopra) Ma a che serve? Ma stai tranquillo, che anche qui è ben seguita.

DINO: (rivolgendosi di nuovo alla moglie) Accidenti a me, quando gli ho dato retta!

SANDRA: Ma con una frattura al femore non te l'avrebbero mai consentito di portartela via.

DINO: Ma di quale frattura mi vai parlando?! Ancora oggi per me è un mistero se questa frattura c'è stata o non c'è stata. Se appena il giorno dopo anziché trasferirla all'"ortopedico"  l'hanno sbattuta a "medicina generale", vuol dire che si sono accorti che non c'era nessuna frattura. E questa è l'altra stonatura che non ho mai capito e che ancora non riesco a digerire.

SANDRA: Ma noi non siamo competenti; e purtroppo dobbiamo stare a quello che dicono i medici.

DINO: No. Noi non ne capiamo niente, d'accordo; ma da come hanno agito, mi sembra che anche i medici hanno dimostrato di non averci capito un tubo! Ecco perché non mi dò pace! Avrei dovuto fare di tutto per tirarla fuori di lì e portarla da un'altra parte.

SANDRA: Ma se sono stati tutti d'accordo, Fabio e Nico e le tue sorelle a volerla lasciare là all'ospedale!

DINO: Perché ha fatto comodo a tutti, me compreso. Ma non ti rendi conto che è proprio lì che ce l'hanno distrutta? Tenerla per un mese intero, immobile a letto, senza nessuna cura particolare, senza farle fare il benché minimo movimento o esercizio fisico... là... in mezzo ad altre vecchie che le morivano a fianco... Altro che diventare pazzi!

                   Buio totale in scena. Quando si riaccendono le luci, sulla scena è rappresentata una camerata d'ospedale con otto letti. Su di uno c'è Nonna Rosa con accanto una sedia bianca di metallo. Sugli altri lettini ci sono dei manichini femminili di persone molto anziane. Un letto è vuoto, con il materasso all'aria, senza lenzuoli, senza coperte. Una infermiera gira tra i letti con un carrellino per le medicazioni. Una paratia o un tramezzo, separa la corsia dal resto della scena sulla destra, per raffigurare il corridoio del padiglione in cui avverrano i colloqui con l'infermiera e con il primario del reparto. In questo spazio c'è una panca usurata d'ospedale.

INFERMIERA: (rivolta verso il manichino di uno degli otto letti) Ormai se ne sono accorti tutti, sa', cara nonnetta, che ti sei presa una cotta per quel bel moretto del "dodici". Tu con la scusa di andare a trovare l'"undici", fai la cascamorta con il "dodici". Stai attenta, sai, che se lo vengono a sapere i tuoi figli... (poi, indirizzandosi verso uno dei letti su cui c'è, sdraiato sotto le coperte, un altro manichino:) Allora, nonna: fuori le chiappe che è l'ora della puntura!

          Così dicendo, dopo avere preparato la siringa, solleva da un lato la coperta che copre il manichino:

INFERMIERA: Accidenti a te! Ma che hai fatto? ti sei ricacata addosso un'altra volta? Ma che? me lo fai per dispetto? Ma non potevi resistere un altro po'? Ma guarda che schifo! E mo' te la tieni! Ma che ti credi che ho tempo da perdere con te? Prima, finisco le medicazioni e poi ne riparliamo.

                   Ricopre con un senso di disgusto il manichino e riprende a girare tra gli altri letti smaneggiando con gli attrezzi che sono sui ripiani del carrello. Nel frattempo da una porta laterale dalla parte del corridoio, entrano cauti, facendo capolino, Bruna, Nico e Dino.

DINO: (rivolto a Bruna) Sei sicura che ci facciano entrare?

BRUNA: (guardando il suo orologio da polso) Ormai è quasi l'ora delle visite...

                   I tre attraversano il corridoio, fanno capolino all'interno della corsia, ma vengono subito avvistati dall'infermiera:

INFERMIERA: Che diavolo ci fate voialtri, qui? Fuori! Non vedete che è ancora ora delle medicazioni? Fuori! Ve lo dirò io quando è ora di entrare.

DINO: (sconcertato) Ma... che modi...?

BRUNA: (tirando Dino per un braccio) Vieni, vieni! Non facciamola arrabbiare.

DINO: Ma che significa "non facciamola arrabbiare"? Ma come si permette, quella maleducata?!

NICO: (aiutando Bruna ad allontanare Dino) Sì, sì, Dino; tu hai ragione: quella è una vera maleducata, ma sai: è meglio non indisporle troppo, quelle là...

DINO: Ma come? e voi le permettete di trattarvi così?!

NICO: Beh, sai: è che purtroppo, se non vogliamo che poi la faccia scontare a mamma...

DINO: (sempre più esterrefatto) Perché? sarebbe anche capace di prendersela con gli ammalati?

BRUNA: Tu vedessi come trattano queste povere vecchiette! Se ne approffittano perché loro non possono reagire.

DINO: E non possiamo denunciare queste cose? Non c'è qualcuno a cui rivolgersi per reclamare contro questi comportamenti? Una capo-sala oppure, che so? anche il primario del reparto?!

NICO: Se ti trattieni qualche giorno, poi ti farò vedere come funzionano le cose qui... Però per il momento, ti prego, non dire niente... lascia fare a noi... altrimenti rischi di complicare le cose e di rovinare... (viene interrotto dall'infermiera che esce dalla corsia con il carrellino).

INFERMIERA: (senza neanche degnarli di uno sguardo) Adesso potete entrare! (fa qualche passo verso l'uscita e poi, rigirandosi bruscamente, apostrofa Bruna:) Ah, giusto voi!

                   Bruna e Nico si guardano perplessi negli occhi.

INFERMIERA: Lei è la figlia del numero "otto", no?

BRUNA: (esitando) Sì... perché?

INFERMIERA: Così non va mica bene, eh! Mi dispiace, ma devo proprio dirvelo: se continua così non so mica come va a finire...!

BRUNA: (preoccupata) Ma che è successo?

INFERMIERA: E' successo che l'"otto" non ci dà proprio pace! Se quella continua a fare la pazza... Anche stanotte per poco non si scapicollava giù dal letto malgrado le sbarre.

BRUNA: Eppure, ieri sera l'abbiamo lasciata che era tanto tranquilla...

INFERMIERA: Sì, la sera è tranquilla e poi la notte si scatena. Stanotte ha svegliato tutto il reparto. Strillava che voleva tornarsene a casa perché aveva lasciato il fornello acceso con la carne sul fuoco e che sennò gli si bruciava tutto. E ogni volta ce n'è una nuova. Ma che vi credete, voi? Non si può mica andare avanti così!?

NICO: Sì, capisco: ma noi che possiamo fare?

INFERMIERA: Questi sono problemi vostri! E che? ve lo devo dire io quello che dovete fare?! Io vi dico solo che questa storia, così, non può continuare! (detto questo volta le spalle ai tre e senza salutare si indirizza verso l'uscita).

DINO: (fortemente indignato) Ma come si permet... (viene bruscamente interrotto da Nico che con una mano gli tappa la bocca, mentre l'infermiera imbocca la porta ed esce di scena. Dino si divincola liberandosi dalla stretta di Nico).

DINO: Ma come potete farvi trattare così?

NICO: (seccato) Senti, per favore, Dino: cerca di calmarti! T'ho già detto di fermarti per qualche giorno in più, e vedrai da te come funzionano le cose qui.

BRUNA: Per favore, lasciala perdere (alludendo all'infermiera). Vieni, entriamo. Andiamo da mamma.

                   Entrano nella camerata e si avviano verso il letto di Nonna Rosa. L'anziana signora è sdraiata sul letto con il capo e la parte alta delle spalle sollevati da due o tre cuscini. Sta dormendo. Bruna e Nico restano in piedi di fronte al letto; Dino si porta al lato sinistro del letto restando anche lui in piedi, immobile, e fissa in silenzio la madre. Dopo qualche secondo la madre socchiude gli occhi, lo guarda in silenzio, gli sorride, gli porge stancamente la mano e richiude gli occhi.

NICO: (rivolto sottovoce a Bruna) Forse non l'ha riconosciuto.

                   Dino si siede sulla sedia accanto al letto ed accarezza teneramente la mano della madre. Poi prende ad accarezzarle la fronte ed i capelli. La madre socchiude gli occhi, lo fissa un attimo e gli sorride.

DINO: (ricambiandole il sorriso) Ciao. Come stai?

NONNA ROSA: Ciao. (richiude gli occhi).

BRUNA: (rivolta sottovoce a Nico) Chissà se lo ha riconosciuto?

                   Nico si chiude nelle spalle in segno di dubbio.

NONNA ROSA: (lentamente e con voce stanca, senza aprire gli occhi) Quando sei arrivato?

DINO: Poco fa. Ma tu, come stai? Come ti senti?

NONNA ROSA: Non sto bene! Mi sento sempre tanto stanca ed ho sempre tanta confusione nella testa... Dammi un bacio.

                   Dino si china su di lei, le dà un bacio sulla fronte e resta per qualche secondo abbracciato a lei guancia a guancia.

NONNA ROSA: (aprendo gli occhi e fissando con una certa ansia il figlio) Perché non mi hai baciato subito? Non mi vuoi più bene?

DINO: Ma che dici? Lo sai che ti voglio un bene dell'anima! Non volevo svegliarti; è tutto qui.

NONNA ROSA: Ma io non stavo mica dormendo! Vi ho sentito entrare. Ed ho sentito anche che c'era quella megera. (con voce sommessa da cospiratrice, attirando a sé il figlio) Io, quando c'è quella o le altre, faccio sempre finta di dormire; così mi lasciano in pace.

DINO: Ma perché? non ti trattano bene qui?

NONNA ROSA: Qui sono tutti delinquenti! Per fortuna che io di tanto in tanto me ne vado fuori e mi distraggo a vedere le vetrine dei negozi...

DINO: Ma che dici? Quand'è che sei andata fuori di qui?

NONNA ROSA: Sempre, sempre. Guai a restare qui. Qui sono tutti ladri. A me hanno rubato perfino la dentiera!

BRUNA: Ma no, che non te l'hanno rubata! Te l'ho già detto: la tua dentiera ce l'hai là, dentro a quel bicchiere sul comodino.

NONNA ROSA: (non volendo prendere in considerazione quello che le ha appena detto la figlia) E' come ti dico io: a me hanno rubato la dentiera. Un sacco di volte, me l'hanno rubata. Quella che c'è nel bicchiere me la sono comprata io ieri, quando sono uscita. Hai capito? Mi credi?

DINO: (un po' evasivo) Sì, sì... ho capito.

                   Nonna Rosa si riadagia sui cuscini rilassandosi con un profondo sospiro.

NONNA ROSA: Quando sei arrivato?

DINO: Poco fa.

                   Qualche secondo di silenzio.

NONNA ROSA: Sei venuto con il treno o con la macchina?

DINO: Sono venuto con il treno. Quando vengo da solo non mi conviene venire con la macchina.

NONNA ROSA: Certo: con il treno si spende di meno. Con la macchina c'è la benzina, l'autostrada, il garage... Perché non conviene mica lasciare la macchina in mezzo alla strada, la notte! Quando vieni con la macchina ti conviene metterla in garage, la notte. Anche se devi pagare qualcosa, però almeno puoi dormire tranquillo...

DINO: Sì; ma lo sai che io la metto sempre in garage, la macchina, quando vengo a Napoli.

                   Qualche secondo di silenzio.

NONNA ROSA: (articolando le dita delle mani) Io, queste dita proprio non me le sento!

DINO: Che cosa t'è successo alle dita?

NONNA ROSA: Mah, non lo so. Non riesco più a muoverle; sono rigide, come se ci fosse il fil di ferro dentro. Non riesco nemmeno più a prendere le cose...

DINO: Forse sarà effetto della circolazione...

NONNA ROSA: ...o dell'artrosi. Lo vedi? Sono dure e rigide. Non riesco più a piegarle.

DINO: A me sembra che tu le stia piegando. Forse sarà diminuita la sensibilità...

NONNA ROSA: (risentita) No, no! Non riesco proprio a piegarle (però continua ad aprire ed a chiudere tutte le dita di entrambe le mani).

DINO: Ma, e i medici che dicono?

NONNA ROSA: Quelli non ci capiscono proprio un bel niente! Per loro è tutto a posto. Però io non riesco più a muoverle. Perché non fai qualcosa?

DINO: Che cosa vuoi che faccia?

NONNA ROSA: E che ne so? Tieni, prendile: (gli porge le mani) fammi muovere le dita!

                   Dino le prende le mani e le guida il movimento di apertura e di chiusura delle dita.

NONNA ROSA: Ecco, bravo! cerca di farmele muovere. Forse se me le massaggi...

                   Dino prende a frizionarle le dita.

DINO: Va meglio, adesso?

NONNA ROSA: Sì. Un po', sì. Però non riesco proprio a muoverle.

                   Nonna Rosa si riabbandona sui cuscini lasciandosi massaggiare le mani da Dino.

NONNA ROSA: Ieri mi ha telefonato Fabio.

                   Dino si gira verso Bruna e Nico e li interroga con lo sguardo. Bruna e Nico fanno cenno di no con il capo.

DINO: Ti ha telefonato Fabio? e dove ?

NONNA ROSA: Ma qui, che diamine!?

DINO: E che t'ha detto?

NONNA ROSA: Mi ha promesso che verrà a trovarmi.

DINO: Bene. Sono contento. Ma Fabio viene spesso a trovarti. Solo che, purtroppo, anche lui non abita a Napoli e quindi...

NONNA ROSA: No. Non viene "spesso" a trovarmi.

NICO: Questo non è vero. E' venuto anche domenica scorsa.

NONNA ROSA: Io non l'ho visto.

NICO: Ma sì, che è venuto. E c'era anche la moglie.

NONNA ROSA: Io non l'ho visto. Ma chi è Fabio?

DINO: (sorpreso) Ma come chi è Fabio?! Fabio è tuo figlio!

NONNA ROSA: Mio figlio? Ma che dici? vuoi che non sappia chi è mio figlio? Solo tu sei mio figlio.

DINO: Ma no! Prima c'è Fabio, che è il tuo primo figlio; poi c'è Bruna, che è lì; poi ci sono io ed infine c'è Luisa, la più piccola.

                   Un attimo di silenzio mentre Nonna Rosa sembra molto assorta.

NONNA ROSA: Ah, sì? Allora ho quattro figli?!

DINO: Ma certo.

NONNA ROSA: Hai ragione! Fabio è il maggiore: lui è nato il 14 febbraio ed ora ha 59 anni; Bruna è nata in luglio, il 5 luglio ed ha 58 anni; tu sei nato il 6 di ottobre ed hai 55 anni; e Luisa è nata in settembre, il 12, ed ha 46 anni. Tra te e Luisa ci sono nove anni. Noi non l'aspettavamo di certo, Luisa. Ma lei è venuta lo stesso. E' nata alle dieci del mattino e voi eravate tutti giù nel cortile a giocare. E poi vostro padre si è affacciato alla finestra e vi ha detto che era nata! Chissà se Fabio verrà veramente, domenica prossima?!

DINO: Io sono sicuro di sì.

NONNA ROSA: Se viene..., così mi distraggo un po'. Io qui mi annoio. Non posso mai parlare con nessuno...

BRUNA: (indicando il letto vuoto accanto a quello della madre) Ma dove l'hanno portata quella signora che era lì?

NONNA ROSA: E' uscita. Ha detto che doveva andare a trovare la figlia.

BRUNA: Ma se stava male, ieri sera?!

NONNA ROSA: (secca) E' andata a trovare la figlia.

NICO: (sottovoce a Bruna) Mi hanno detto che quella poveretta è morta questa notte!

BRUNA: (profondamente turbata) Morta?! Ma se appena ieri sera le ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa...?! (sempre più agitata) Come è possibile che sia morta? No! Non può essere morta!

NICO: Bruna, ti prego, calmati...! Purtroppo non c'era più niente da fare.

BRUNA: (scoppiando a piangere) No, no! Non può essere morta. Non doveva morire. Nessuno deve morire!

                   Nico e Dino si accostano premurosi a Bruna cercando di consolarla e di farla calmare.

DINO: Bruna, non fare così... cerca di calmarti.

NICO: (con dolcezza) Su, calmati Bruna. Vieni, usciamo di qui. (si rivolge a Nico mentre prende sottobraccio la moglie) Tu pensa a mamma. Non vorrei che si impressionasse anche lei. A Bruna ci penso io.

                   Poi cinge affettuosamente con un braccio la moglie e la sospinge verso il corridoio, mentre Bruna continua a piangere quasi in un modo convulso.

BRUNA: Non doveva morire! Non doveva morire! Nessuno deve più morire!

NICO: Vieni, Bruna. Ti prego: andiamo di là.

                   Escono e vanno a sedersi sulla panca del corridoio. Bruna piange e Nico, tenendola con il capo sulla sua spalla, la consola. Intanto Dino si è nuovamente seduto accanto al letto della madre che malgrado il grande trambusto aveva richiuso gli occhi e se ne era rimasta stranamente tranquilla. Dino le prende la mano sinistra e gliela accarezza. Sentendosi accarezzare la mano, Nonna Rosa riapre gli occhi, guarda Dino e gli sorride.

NONNA ROSA: Ah, sei tu? Quando sei arrivato?

DINO: (esita un attimo) Sono arrivato poco fa.

NONNA ROSA: Sei solo?

DINO: No. Ci sono anche Bruna e Nico.

NONNA ROSA: Non li vedo. Dove sono?

DINO: Sono di là, nel corridoio.

NONNA ROSA: E che fanno di là?

DINO: Bruna è rimasta molto stravolta sentendo che quella signora è morta.

NONNA ROSA: Ma chi ha detto questa sciocchezza?! Quella non c'è più perché è uscita. Ve l'ho detto: è andata a trovare la figlia!

DINO: Ma Nico ha saputo che...

NONNA ROSA: Ma che ne sa, Nico? Io ero qui e ho visto tutto! Prima è venuta l'infermiera, poi la capo-sala e poi sono venuti anche i dottori. L'hanno aiutata a prepararsi e a vestirsi e poi, lei, se ne è andata a trovare la figlia. E se ne starà con lei. Per sempre. E qui non tornerà più. Ecco come stanno le cose!

DINO: Va bene, va bene. Ma adesso non agitarti.

                   Nonna Rosa torna a rilassarsi sui cuscini e riprende ad articolare le dita delle mani.

NONNA ROSA: Io, queste dita proprio non me le sento! Tu che dici? da che dipenderà?

DINO: Mah, non so... I medici che cosa dicono?

NONNA ROSA: Quelli non ci capiscono proprio un bel niente! Però io non riesco a muoverle più:

DINO: Ma che cosa ti senti, esattamente?

NONNA ROSA: Mah, non lo so. Non riesco più a muoverle. Sono rigide, come se ci fosse il fil di ferro dentro. Non riesco nemmeno più a prendere le cose.

DINO: Forse sarà l'effetto dell'artrosi...

NONNA ROSA: ...o della circolazione. Lo vedi? Sono dure e rigide. Non riesco più a piegarle.

DINO: A me sembra che tu le stia piegando.

NONNA ROSA: (risentita) Ma se ti dico che non posso muoverle! Su, avanti: fai qualcosa.

DINO: Che cosa vuoi che faccia?

NONNA ROSA: E che ne so!? Tieni, prendile: fammi muovere le dita.

                  Dino le prende le mani e le guida il movimento di apertura e di chiusura delle dita.

NONNA ROSA: Ecco, bravo! Cerca di farmele muovere. Forse se me le massaggi...

                  Dino prende a frizionarle le dita.

DINO: Va meglio così?

NONNA ROSA: Sì. Un po', sì. Però non riesco ancora a muoverle...

                  Nonna Rosa si rilassa e Dino continua a frizionarle lentamente le mani. Qualche attimo di silenzio.

NONNA ROSA: Dicono che devo stare qui per un mese in immobilità assoluta.

DINO: Sì, lo so; me l'hanno detto.

NONNA ROSA: Non è facile starsene qui a letto senza poter scendere neanche per andare a fare pipì.

DINO: Me lo immagino: deve essere un gran sacrificio.

NONNA ROSA: Sì, è vero. E' un grande sacrificio. Ma è necessario farlo. Anzi, mi è andata bene. Alla mia età, sai? una caduta... la frattura del femore, può essere molto pericolosa. Io, almeno, non ho dovuto subire l'operazione.

DINO: Sì, questo è stato un grosso vantaggio.

NONNA ROSA: D'altra parte, Dino, bisogna anche tenere presente l'età che ho: ottantanove anni non sono pochi. E quando si arriva ad avere l'età che ho io, ogni minimo inconveniente può essere pericoloso. Io, ringraziando il cielo, sono stata sempre bene e me la sono sempre cavata da sola. Se non fosse stata per quella caduta...

DINO: Già! Quella caduta non ci voleva.

NONNA ROSA: Eh, no che non ci voleva! A quest'ora potevo starmene a casa mia, senza dover dare fastidio a nessuno.

DINO: Ma a chi stai dando fastidio? Tu non dai fastidio a nessuno.

NONNA ROSA: Già! Questo lo dici tu. Intanto vi ho messi tutti in agitazione... Eppoi quella povera Bruna, e anche Nico, che sono costretti a fare su e giù da casa loro per venirmi a trovare qui. Con tutto quello che ha da fare Bruna...! Quattro figli a cui pensare, più il marito. Eppure tutti i giorni sono qui; due volte al giorno e a volte anche tre. E' più il tempo che passano per la strada per venire fin qui, che quello che gli resta per la famiglia. E non mi fanno mancare niente, sai? Anzi: sapessi quanta roba si riportano indietro... perché io qui non ho bisogno di niente. Eppoi anche Fabio e Luisa, poveretti, che ogni tanto vengono anche loro a trovarmi... E pure tu, che sei dovuto venire qui da Bologna e ti sei dovuto fare tutti questi chilometri...

DINO: Ma non devi preoccuparti di queste cose: lo facciamo tutti molto volentieri. Solo che vorremmo fare di più, ma purtroppo le distanze...

NONNA ROSA: No, no. Voi state facendo molto per me. E mi dispiace darvi tanto fastidio.

DINO: Ma ti ho detto che non devi preoccuparti. Adesso devi pensare soltanto a rimetterti in sesto.

NONNA ROSA: Sì, sì, certo. Però, doversene stare per un mese intero rinchiusa qua dentro... Ma perché non posso tornarmene a casa mia? Tanto, qui non è che mi fanno cure particolari... Perché non parli con i dottori e non gli chiedi se mi fanno ritor-nare a casa?

DINO: Io, se vuoi, posso anche chiederglielo. Però so che già glielo hanno chiesto Bruna e Nico.

NONNA ROSA: Ma se glielo chiedi tu, forse ti danno retta. Glielo chiedi se mi fanno ritornare a casa? Per favore... ti prego!

DINO: E va bene. Adesso, quando mi sarà possibile parlare con il primario... Soltanto lui può decidere se puoi uscire o no.

NONNA ROSA: Va bene; e tu chiediglielo, per favore.

DINO: D'accordo! Glielo chiederò.

NONNA ROSA: Grazie.

                   Qualche secondo di silenzio.

NONNA ROSA: Quando sei arrivato?

DINO: Sono arrivato questa mattina.

NONNA ROSA: Sei venuto solo?

DINO: Sì, sono venuto solo. Paola domani ha un esame all'università e così loro non sono potute venire.

NONNA ROSA: E come sta Paola? e Sandra?

DINO: Stanno bene, grazie. Ti mandano tanti saluti e tanti bacioni.

NONNA ROSA: Grazie. Sono tante care Sandra e Paola. Paola ormai è all'ultimo anno dell'università, se non mi sbaglio...

DINO: No; non ti sbagli. Ormai le rimangono solo tre esami da fare, compreso quello di domani. E poi potrà dedicarsi comple-tamente alla tesi.

NONNA ROSA: Invece la figlia di Fabio si è laureata l'anno scorso. Ha preso centodieci e lode. Però ancora non ha trovato lavoro. Le mani... massaggiami le mani...

DINO: Sì, certo.

NONNA ROSA: Me le sento tutte dure. Le dita... sembra che ci sia il filo di ferro dentro; non riesco più a muoverle. Chissà perché mi fanno così?

DINO: Forse sarà la circolazione...

NONNA ROSA: ...o ...

DINO: ...o l'artrosi! E io te le massaggio, così vediamo di farle scioglierle un po'.

NONNA ROSA: Sì, bravo, grazie; massaggiamele.

                   Si rilassa sui cuscini e piano piano si addormenta. Passato quanche minuto, Dino, dopo essersi assicurato che la madre si sia veramente addormentata, le sistema le braccia lungo i fianchi, si alza dalla sedia ed esce dalla corsia unendosi a Bruna e Nico che erano rimasti seduti sulla panca nel corridoio.

DINO: Si è addormentata. (Poi, rivolto alla sorella) E tu, Bruna, come stai?

BRUNA: (mesta, ma calma) Bene, bene. Io sto bene, grazie.

DINO: Senti, Nico: pensi che sia possibile parlare con il primario? Anche perché mamma ha insistito tanto: vuole che io gli chieda se può farla uscire per potersene tornare a casa sua.

NICO: Io credo che non dovrebbero esserci difficoltà. Oggi è il giorno in cui riceve i familiari degli ammalati. Tu sai, comunque, che con il primario abbiamo già parlato noi più volte?

DINO: E gli avete chiesto se mamma può uscire?

NICO: Certo; ed appena tre giorni... anzi, no, quattro giorni fa. E lui continua a dirci quello che ci hanno sempre detto tutti.

DINO: E cioè?

NICO: E cioè: che se vogliamo portarcela via, firmiamo quello che c'è da firmare e loro ce la fanno portare via nella stessa giornata. Con tutto quello che gli combina..., loro non vedono l'ora di liberarsene. Però ci ha anche avvisati che andremo incontro a grosse difficoltà e, cosa più importante, a gravissime responsabilità. Lo hai visto anche tu, no? che il cervello purtroppo non l'accompagna più!? Non si ricorda più nemmeno quanti figli ha...!

DINO: Ma sono amnesie temporanee, che durano soltanto pochi minuti... Subito dopo si è ricordata la data di nascita di ognuno. E non ne ha sbagliata una!

NICO: Sì, però i momenti di smarrimento... come si può dire?... di smarrimento mentale - non so se è l'espressione giusta - ci sono. Ma la preoccupazione più grande viene da quello che combina la notte! Le infermiere non fanno che lamentarsi e qualche volta si lamentano perfino le altre degenti. Urla, si agita, tenta di scavalcare le sponde del letto... Se tutto questo te lo fa quando è a casa...?! Ti rendi conto che è una grossa responsabilità? E chi se la prende?

DINO: Però io penso che una volta a casa sua... questi squilibri potrebbero anche non presentarsi più.

NICO: Io questo non lo so! Ma non me la sento di fare tentativi contro lo stesso parere dei medici. Comunque adesso sentirai anche tu che cosa ne pensa il primario. Se mi scusi un attimo, vado a vedere se c'è e se può riceverci.

DINO: Sì, sì. Fai, fai. Vai pure. Noi ti aspettiamo qui.

                   Nico esce e Dino si siede sulla panca accanto a Bruna. Dino appoggia i gomiti sulle ginocchia e rifugiandosi con la testa tra le mani, resta per qualche secondo in silenzio a riflettere.

DINO: Certo che è un grosso problema...! Ma... a proposito: la conoscevi, tu, quella signora del letto accanto che è morta?

BRUNA: No. Io no. Ci avevo parlato soltanto un paio di volte.

DINO: Scusa, ma allora perché ti sei agitata tanto quando hai saputo che è deceduta?

BRUNA: (evasiva) Mah... non lo so...

DINO: Io capisco che sentire dire che una persona che conosciamo è morta, può procurarci un certo dolore, ma non riesco a spiegarmi la tua reazione, per una estranea...

BRUNA: Scusami; ma è stato più forte di me.

DINO: No, no, che c'entra!? Non devi mica scusarti...

BRUNA: Ti prego: non parliamone più! D'accordo?

DINO: Certo. Se è questo che vuoi.

                   Qualche attimo di silenzio.

DINO: Certo che è un grosso problema, questo di mamma...

                   Bruna annuisce con il capo continuando a fissare il pavimento davanti ai suoi piedi.

DINO: Io non riesco proprio a capire come, nel giro di appena due settimane, possa essersi ridotta così... Anche se, in effetti, non mi sembra così pericolosa come la considerano in questo ospedale.

BRUNA: Anch'io non volevo credere ad una cosa del genere.

DINO: Come, non "volevi" credere? Allora, adesso hanno convinto anche te...?!

BRUNA: (sbotta risentita) Ma chi vuoi che mi abbia convinta?! Tu parli, parli; ma parli a vuoto.

DINO: (confuso) Ma... che vuoi dire?

BRUNA: Voglio dire che se le vuoi capire veramente le cose, le devi vivere. Finché non ti toccano personalmente, è tutto ovvio, scontato, lineare. Da spettatori abbiamo sempre una risposta per tutto... una risoluzione, per tutto! Ma quando ci sei dentro, alle cose, allora ti accorgi che è tutto maledettamente più difficile e doloroso.

DINO: Ma io credo di sapere ugualm...

BRUNA: Ma che ne sai, tu, di come stanno veramente le cose, qui? Tu te ne vieni, ogni volta che c'è un problema, te ne vieni per uno o due giorni... guardi, ascolti, sputi le tue ricette e, fresco fresco - così come sei arrivato - te ne ritorni al tuo mondo. Ma per noi quei problemi restano e ce li dobbiamo rosicchiare, di giorno e di notte, col sole e con la pioggia...

DINO: (mortificato) Ma io, veramente, non mi sono mai tirato indietro in nessuna occasione...!

BRUNA: Certo! Non ci vuole molto a dire, per telefono: fate questo e fate quello! Ma quando sei costretta a vedere giorno dopo giorno, in che modo una delle persone che ti sono più care si trasformi irrimediabilmente in una specie di larva, e come la sua volontà si sbricioli in mille pillole di calmanti e di sonniferi... e la sua mente, giorno dopo giorno, si allontani dalla nostra realtà, forse inseguendo ricordi, rimpianti, desideri - vecchi o nuovi - mai soddisfatti... E tu la senti, ora dopo ora, sempre più lontana, sempre più estranea...! Ma che ne sai, tu? che vieni a dirci che non puoi credere che sia cambiata? che tutto è come prima?! Vieni! Vieni! Ma osservala bene! (così dicendo lo afferra per un braccio e lo trascina all'interno della corsia, verso il letto della madre).

DINO: (confuso e restio) Ma scusa... ma perché vuoi portarmi là dentro?

BRUNA: Perché devi vedere! Sei proprio convinto che sia tutto come prima? No! Non c'è più niente di quello che era la nostra madre di prima! La donna autosufficiente, energica e lucida che tu ricordi; anche puntigliosa e brontolona..., ma lucida e cosciente; non c'è più niente! Guardala! O dorme o stravede e delira. Tu non sai cosa significhi stare lì per ore a spiare il suo respiro mentre dorme, o stare lì a sentirla delirare e stramaledire la vita che non le consente più di vivere come lei vorrebbe. E vorremmo tutti che dormisse il più possibile; per lei stessa e per noi. E' la terza poveretta che muore (indica il letto vuoto), qui, da quando c'è mamma, in questa corsia. Lei si rifiuta di capire che quelle sono morte. Per lei sono semplicemente uscite, chi a fare una passeggiata, chi a fare acquisti e l'ultima a trovare la figlia. Ma quelle poverette sono morte! Morte per davvero! Sotto i nostri occhi e sotto quelli di mamma. Ma la cosa mostruosa è che le prime due morti non mi abbiano scosso per niente. Ho visto quanto soffrivano, prima di morire, quelle poverette; che la morte è arrivata come una liberazione. Ed ancora più terribile e mostruoso è che c'è stato per un attimo, nello spiare il respiro di mamma ad occhi chiusi nel sonno, il desiderio di voler credere di... di non sentire più quel respiro! Ecco perché la morte di quella poveretta su quel letto così vicino a quello di mamma, mi ha tanto sconvolta. L'ho sentito: è stato un avvertimento! (scoppia in lacrime).

DINO: (confuso e commosso) Ma io... io...

                   Nel frattempo dalla porta esterna al corridoio entra il primario in camice bianco, seguito da Nico. Il primario si ferma - voltando le spalle al pubblico - ad esaminare la bacheca al di sopra della panca, mentre Nico si precipita all'interno della corsia a chiamare Dino e la moglie.

NICO: (sottovoce per non svegliare Nonna Rosa) Dino, Dino! Vieni. Di là c'è il primario. Vieni, presto, se vuoi parlarci.

                   Dino si assicura che la madre stia ancora dormendo e poi, insieme a Bruna che continua a singhiozzare mentre si asciuga le lacrime, si incammina verso il corridoio.

NICO: (vedendo la moglie in quelle condizioni:) Che altro è successo? Che hai?

BRUNA: Niente, niente.

                   Perplesso Nico esce dalla corsia insieme a Dino ed a Bruna, e si avvicina al primario che, sempre di spalle, è ancora intento a leggere quanto affisso nella bacheca.

NICO: Professore, scusi, questo è mio cognato. Vorrebbe parlarle un attimo.

PRIMARIO: (senza voltarsi) Suo cognato? Allora lei (alludendo a Dino) è il figlio dell'"otto"?

DINO: Sono il figlio della signora Rosa Leonardi!

PRIMARIO: Ah, sì; Nonna Rosa. Un bel problema, sa? sua madre! Proprio un bel problema!

DINO: Che significa "un bel problema"? Le dispiace essere un po' più chiaro?

PRIMARIO: Significa, come hanno già potuto constatare sua sorella e suo cognato, che ci dà un sacco da fare.

DINO: Penso che questo rientri nel vostro lavoro! (Nico gli fa cenno di calmarsi) Comunque, le dispiace dirmi come sta mia madre?

PRIMARIO: (sempre voltando le spalle a tutti) Che cosa vuole che le dica che non possono già averle detto i suoi parenti?

DINO: Lasci perdere i miei parenti. Io vorrei sapere da lei, come sta mia madre. Le sto chiedendo troppo o è tanto preso da quei fogli da non potersi neanche voltare a guardare chi le sta parlando?!

PRIMARIO: (voltandosi di scatto indispettito) Ma insomma! Che cosa crede, lei, che io abbia tempo da perdere?

DINO: (calmo, ma duro) Lei non sta affatto perdendo tempo! Lei sta facendo una parte del suo lavoro per il quale viene pagato. Io "voglio" sapere come sta mia madre!

PRIMARIO: E va bene! Le ripeto ancora una volta: purtroppo l'"otto"...

DINO: ...la signora Rosa Leonardi!

PRIMARIO: Purtroppo sua madre non solo non collabora alle nostre terapie, ma addirittura non è più controllabile. Ormai dovete rassegnarvi: il suo cervello ha avuto un trauma tremendo a seguito della caduta e del ricovero, e temo proprio che il danno subìto sia irreversibile.

DINO: Ma non è possibile che questo atteggiamento scontroso e irrazionale sia dovuto al fatto di essere costretta a rimanere ricoverata qui? Non pensa che se la portassimo a casa...

PRIMARIO: Ma allora non volete proprio capire! Ma dove volete portarla, quella donna? se non può e non deve assolutamente muoversi!? Ma non vi rendete conto che è talmente debilitata che non riesce neppure a stare seduta sul letto?

DINO: Ma il fatto di dover stare immobile, sdraiata sul letto, penso che non l'aiuti certo a riprendersi...

PRIMARIO: Allora, lei, adesso, vuole saperne più di noi?! Sapete allora che vi dico? Volete portarvela a casa? E va bene! Firmatemi tutti i documenti di richiesta di uscita e così, se ci tenete tanto, ve la portate via di qui. Figuriamoci: noi non vediamo l'ora di liberarci di gente così! Firmate e ve la portate via. Ma la responsabilità è tutta vostra! (imbocca bruscamente la porta ed esce).

                   Dino, Nico e Bruna restano allibiti a guardarsi l'un l'altro senza trovare la forza di dire una sola parola.

NICO: Hai visto? Che t'avevo detto? Sei sempre dell'idea di riportarla a casa?

DINO: (confuso) No... non so... No. Credo proprio di no.

                   Buio totale in scena. Quando si riaccendono le luci, siamo di nuovo nella abitazione di Dino. In scena ci sono Dino e Sandra che proseguono nel discorso interrotto dal flash-back.

DINO: No! Credo proprio che non sia possibile riportarla a casa sua. Almeno per il momento. Comunque è necessario che io vada a Napoli per discuterne con gli altri. Adesso telefono al mio vice e l'avviso di tenersi a disposizione. E domani partirò.

SANDRA: Perché prima di partire non senti anche Fabio e Luisa?

DINO: Beh, sì. Potrei sentirli per telefono. Li chiamo subito. (si avvicina al telefono, alza la cornetta e compone un numero) Pronto. Fabio, sei tu?... Sì, ciao: come stai?... ed in famiglia? tutto bene?... Sono contento. Senti: ti ha telefonato Nico?... Sì? quindi hai già saputo anche tu?... E che ne pensi?... Ho capito... ho capito... Beh, anch'io penso che non ci siano proprio altre alternative... Sì, lo so: è doloroso, ma non vedo altre uscite... Comunque, senti: io adesso mi organizzo e domani farò in modo di essere a Napoli. Ci sarai anche tu?... Bene; così ne riparleremo con più calma... va bene... sì, ciao, e salutami tutti... ciao, a domani. (riattacca il ricevitore).

SANDRA: Che dice Fabio? Anche lui è per il ricovero?

DINO: (mordicchiandosi le unghie) Sì. Esclude la possibilità di poterla riportare a casa.

SANDRA: E allora vedrai che anche Luisa la penserà allo stesso modo.

                   Senza parlare Dino solleva nuovamente la cornetta del telefono e compone un numero.

DINO: Pronto, Luisa, sei tu?... Ciao, come state?... Mi fa piacere, sono contento... anche noi, grazie... Sì, tutti bene... anche Sandra, grazie... No, Paola non c'è. Sai, è andata a fare compagnia ad Anna... Eh, sì; sono ancora in lotta per quei licenziamenti... Beh, sì, speriamo bene. Senti: ti sei vista con Nico? Hai saputo?... Come, a che mi riferisco?! ma a mamma! al fatto che vogliono buttarla fuori dall'ospedale e che dobbiamo decidere su che cosa fare...! ...(fortemente meravigliato) Che cosa??? Che hai detto???... Mamma è da te? L'hai portata a casa tua? (si volta sbalordito verso Sandra e resta con il telefono in aria come impietrito).

Cala il sipario.

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

          Il secondo atto si svolge a casa di Luisa, una delle figlie di Nonna Rosa.

Sulla scena è rappresentato un doppio ambiente: una cameretta per ragazzi ed un soggiorno.

I due ambienti comunicano tra loro per mezzo di una porta. Il soggiorno è in comunicazione con un corridoio che conduce alla porta d'ingresso. Il soggiorno è in penombra; mentre è illuminata la cameretta dove ci sono due lettini su uno dei quali è distesa Nonna Rosa. Ai piedi del suo lettino è stato collocato un piccolo tavolo su cui è appoggiato un televisore portatile acceso. Ben visibile, su una delle pareti della cameretta, c'è una finestra.

Seduto accanto al letto su cui giace Nonna Rosa, c'è Dino.

NONNA ROSA: Io non capisco perché di tanto in tanto, in televisione, non fanno anche qualche operetta...?!

DINO: Ma qualche anno fa, ne hanno trasmessa una serie di cinque o sei, se non ricordo male...

NONNA ROSA: Sì, hai ragione. Ma questo è stato molti anni fa: più di una dozzina. Ce ne sono tante, di operette gradevoli, e anche di opere... perché anche le opere sono molto belle da ascoltare e da vedere... e invece ti fanno sempre questi telefilm pieni di sparatorie e di violenza!

DINO: Purtroppo sono i tempi...!

NONNA ROSA: Eh, sì; hai ragione, caro Dino! Sono i tempi. Come sono cambiate le cose, da quando ero giovane io!

DINO: Pensi che fossero migliori, quei tempi?

NONNA ROSA: Migliori? Mah... non lo so. Sicuramente a quei tempi era tutto molto diverso. Quando ci siamo sposati, tuo padre e io, sembrava chissà che cosa, poter fare il viaggio di nozze a Venezia, in gondola, per quei canali... Perché, sai? noi siamo andati in viaggio di nozze a Venezia...

DINO: Sì, lo so: ho visto le vostre foto.

NONNA ROSA: Oggi non è chic se non si fa la luna di miele alle Seichelles o alle Bahamas...!

DINO: Beh, oggi c'è molta più disponibilità.

NONNA ROSA: Ci sono molte più pretese! Però se uno può permettersi il viaggio di nozze alle Seichelles, tanto di guadagnato! A tuo padre piacevano moltissimo le opere e le operette...

DINO: Perché, a te no?

NONNA ROSA: Sì, certo, anche a me. Però tuo padre era un vero appassionato. Pensa: si alzava alle tre del mattino per andare a fare la fila per prendere i biglietti per l'opera.

DINO: Beh, papà è sempre stato un po' esagerato per gli orari e per la puntualità...

NONNA ROSA: Però in quei casi era proprio necessario, perché eravamo in tanti ad andare a vedere l'opera; e se non si arrivava in tempo non si trovava più neanche un biglietto. E poi, tuo padre riusciva sempre a procurarsi la prima fila della galleria...

DINO: ... del loggione...

NONNA ROSA: ... perché in quei tempi, con voi quattro piccoli, non potevamo permetterci di andare in platea. In platea ci andavano i signori. C'era un tale sfoggio di abiti da sera, in platea...!

DINO: Erano i ricchi.

NONNA ROSA: Sì. Erano i ricchi! C'erano i ricchi e c'erano i poveri.

DINO: Ci sono sempre stati: i ricchi e i poveri.

NONNA ROSA: Sì, anche questo è vero. Però i ricchi erano ricchi, e i poveri erano poveri.

DINO: (sorride divertito) Ma che significa questo...?

NONNA ROSA: Quando sei arrivato?

DINO: Sono appena arrivato, e sono subito venuto qui da te.

NONNA ROSA: Non sei passato da Bruna?

DINO: No. Sono venuto direttamente qui, a casa di Luisa. Tanto Bruna e Nico li vedrò tra poco perché siamo d'accordo che verranno anche loro, qui.

NONNA ROSA: Hai visto come mi ha sistemata bene, Luisa? Mi ha messo nel lettino di Luca che adesso dorme di là, con i genitori.

DINO: (guardandosi quasi meccanicamente intorno) Sì, vedo.

NONNA ROSA: Sei venuto in macchina o con il treno?

DINO: Con il treno. Lo sai che quando vengo solo, preferisco prendere il treno.

NONNA ROSA: Certo: con il treno si spende di meno. Con la macchina c'è la benzina, l'autostrada, il garage... Perché, non conviene mica lasciare la macchina in mezzo alla strada, la notte. Quando vieni con la macchina ti conviene metterla in garage, la notte. Anche se devi pagare qualcosa, però almeno puoi dormire tranquillo...

DINO: Sì, ma lo sai che io metto sempre la macchina in garage, quando vengo a Napoli.

                     Qualche secondo di silenzio.

NONNA ROSA: (articolando le dita delle mani) Io queste dita proprio non me le sento!

DINO: (assecondandola) Che cosa ti senti, alle mani?

NONNA ROSA: Mah, non lo so. Non riesco più a muoverle; sono rigide, come se ci fosse il fil di ferro dentro. Non riesco più nemmeno a prendere le cose...

DINO: Forse sarà l'effetto della circolazione...

NONNA ROSA: ...o dell'artrosi. Lo vedi? sono dure e rigide. Non riesco più a piegarle.

DINO: Vuoi che te le massaggi un po'?

NONNA ROSA: Eh, magari!

                   Dino le prende le mani e gliele friziona lentamente, guidandole di tanto in tanto il movimento di apertura e di chiusura delle dita.

DINO: Senti: perché non provi ad alzarti un po'? Se vuoi, ti aiuto io. Ti farebbe molto bene, sai?

NONNA ROSA: No, non me la sento proprio.

DINO: Ma basterebbe che tu ti alzassi e che ti mettessi comoda in quella poltrona. Ci penso io a sostenerti.

NONNA ROSA: No, no. Non gliela faccio ad alzarmi; e non me la sento.

DINO: Fai molto male a non provare. Lo sai che è molto pericoloso stare sempre a letto e sempre nella stessa posizione...

NONNA ROSA: Sì, lo so. Ma adesso non voglio! Massaggiami le mani.

DINO: (affettuosamente risentito) Quando ti impunti...! Te le sto massaggiando, le mani; non vedi? (continuando a frizionare) Va meglio, adesso?

NONNA ROSA: Sì. Un po', sì. Ma non smettere: continua ancora.

                   Qualche secondo di silenzio, mentre Dino continua a frizionarle le mani.

NONNA ROSA: Hai visto come mi ha sistemato bene, Luisa? Questa è la camera di Luca e Gianni. Gianni dorme in quel letto e mi fa compagnia la notte. Ed io sto nel letto di Luca che invece la notte va a dormire con i genitori. Sai, la casa è piccola... non è che ci sono molte camere... e quindi Luca, poverino, per fare posto a me deve dormire nella camera dei genitori. Gli hanno messo una brandina.

DINO: Beh, certo: lo spazio è quello che è:

NONNA ROSA: Però io mi ci trovo molto bene, qui da Luisa. Vedi? mi hanno messo perfino il televisore...!

DINO: Hanno avuto una buona idea; così ti aiuta a passare il tempo.

NONNA ROSA: (poco convinta) Sì! con quei programmacci che fanno...! Le mani, le mani: massaggiami le mani.

DINO: Ma certo; è quello che sto facendo.

NONNA ROSA: (molto rilassata) Certo che qui è tutta un'altra cosa! In quel manicomio, invece...

DINO: A che ti riferisci? al centro di riabilitazione?

NONNA ROSA: Come si chiama, non lo so. Però so che è un vero manicomio. Se avessi dovuto starci un giorno in più, sarei impazzita.

DINO: Quello che dici mi meraviglia, perché quello è uno dei centri di riabilitazione motoria più famosi.

NONNA ROSA: Sarà... (si rilassa stanca dell'argomento e socchiude gli occhi).

                   Dino continua a massaggiarle le mani. Poi, dopo qualche secondo, vedendola tranquilla e immobile, si accerta che si sia addormentata:

DINO: (sottovoce) Mamma..., stai dormendo?

                   Nonna Rosa presa dal sonno non gli risponde. Dino la sistema meglio aggiustandole le coperte e dopo essersi accertato nuovamente che stia dormendo esce dalla cameretta in punta di piedi per non fare rumore ed entra nell'attiguo soggiorno che s'illumina, mentre la cameretta cade in penombra. Nel soggiorno c'è la sorella Luisa che sta mettendo in ordine l'ambiente.

DINO: (facendo cenno con il capo verso la cameretta) Si è appisolata.

LUISA: (continuando nelle sue faccende) Meglio così.

DINO: Ho provato a farla alzare un po', ma lei non ha voluto.

LUISA: Lo so. Anche a noi non è mai riuscito di farla alzare da quel letto.

DINO: Eppure le farebbe bene. Sia per i polmoni che per evitare il pericolo di decupiti.

LUISA: Lo so, ma lei non vuole sentire ragioni.

DINO: (sedendosi su di una poltrona) Perché non sospendi un attimo le tue faccende e mi finisci di spiegare meglio la situazione?

                   Luisa sospende il lavoro e si adagia sulla poltrona accanto a quella su cui si è seduto Dino.

DINO: (proseguendo) Per telefono mi hai detto che ci sono delle grosse complicazioni... e mi sembravi molto agitata.

LUISA: Sì, scusami se ti ho impressionato e se ti ho costretto a farti questo lungo viaggio, ma purtroppo io non riesco più a stare dietro a questa situazione.

DINO: Ma, perché? E' mamma che ti crea problemi?

LUISA: (facendo con il capo un no poco convinto) Ma no, non solo lei. Poverina! fino a ieri neanche la vedevo né la sentivo. Se ne è sempre stata lì, buona e tranquilla, nella cameretta di Luca e Gianni...

DINO: Ma tu per telefono mi hai detto che...

LUISA: Sì! Ti ho detto che la notte scorsa ci ha fatto prendere un tale spavento...! Ma il mio problema è anche un altro.

DINO: E cioè?

LUISA: Mi hanno trovato qualcosa di poco chiaro nell'utero. E quindi devo al più presto ricoverarmi per fare altri accertamenti. Dicono che è molto probabile che dovranno intervenire chirurgicamente.

DINO: Ma di che si tratta, esattamente?

LUISA: Sono stata da tre specialisti diversi, ma nessuno di loro ha saputo farmi una diagnosi precisa. Tutti e tre mi hanno detto di non potersi pronunciare se non dopo aver avuto l'esito di certi altri accertamenti.

DINO: ...che sarebbero quelli che dovresti fare. E che cosa pensano di trovare con questi accertamenti?

LUISA: Potrebbe essere una stupidaggine... una semplice cisti... come potrebbe essere... (si interrompe non volendo completare la frase)

DINO: (cercando di minimizzare la cosa) Ma sì; ma certo che sarà una semplice cisti...! Fai bene a fare questi altri accertamenti, ma non è il caso di preoccuparsi prima del tempo e più del dovuto. E quando hai deciso di farti ricoverare?

LUISA: E' proprio questo il problema! Come faccio ad andare in ospedale, con mamma a casa a cui badare?!

DINO: Anche questo è vero.

LUISA: Ne avevo parlato, l'altro giorno, con Bruna, per sentire se poteva pensare lei a mamma.

DINO: E Bruna...?

LUISA: Non mi hanno neanche lasciato finire il discorso, lei e Nico, e me ne hanno dette di tutti i colori!

DINO: Ma come è possibile? Se Bruna e Nico sono sempre stati così disponibili...

LUISA:(sarcastica) Perché sanno di avere il loro tornaconto!

DINO: (fortemente sorpreso) Ma che dici?

LUISA: Lasciamo perdere: di questo, parleremo in un altro momento! Adesso c'è da risolvere il problema di mamma.

DINO: Beh, ma se il problema è soltanto quello di badare a mamma per il periodo in cui tu sei all'ospedale, possiamo pensarci noi: può pensarci Sandra.

LUISA: Cioè? Tu vorresti portare mamma con te, a Bologna?

DINO: Certamente!

LUISA: E per quanto tempo?

DINO: Beh! Finché tu non avrai risolto i tuoi problemi e non sarai tornata a casa.

LUISA: E dopo? E quando io sarò tornata a casa?

                   Dino la guarda perplesso, in modo interrogativo ritenendo superflua quella domanda.

LUISA: (incalzando) E dopo, naturalmente, tu me la riporteresti qui. No?

DINO: (confuso) Beh, Luisa, noi la terremmo volentieri con noi, mamma. Ma tu già lo sai come stanno le cose. Primo: con quell'appartamento così grande che abbiamo - e fatto male, che la cucina è a un capo e le camere all'altro - come fa Sandra, che passa quasi tutta la giornata dalla parte della cucina, a rendersi conto se succede qualcosa a mamma, o, anche, semplicemente, se ha bisogno di qualcosa? Secondo: tu sai benissimo che da noi mamma non c'è mai stata volentieri. E' inutile nascondercelo: la figlia del cuore, per lei, sei tu. E lei non sa vivere lontana da te.

LUISA: (brusca) Per favore! Non ritirare in ballo questa storia della figlia del cuore.

DINO: Non capisco perché te la prenda tanto, ogni volta che diciamo che tu sei la figlia preferita...

LUISA: Me la prendo perché so dove volete arrivare!

DINO: Va bene, va bene! Diciamo allora che mamma non è mai stata volentieri a casa nostra. Sandra, con tutto quello che ha da fare, non può starle dietro, e lei si annoia e si sente trascurata.

LUISA: E allora, con questo vuoi dire che mamma sta bene soltanto a casa mia?!

DINO: No...; ma sicuramente ci sta più volentieri.

LUISA: Questa è una scusa bell'e buona per appioppare mamma a me.

DINO: Ma che sciocchezza stai dicendo?! Ma chi te l'ha mai "appioppata"?! Se ora sta a casa tua, è perché lo hai deciso tu! E nessuno ti ha obbligata a farlo.

LUISA: Certo, che l'ho deciso io! perché se era per voi, a quest'ora mamma chi sa in quale ospizio era!

DINO: Questo non è vero! Qualcosa avremmo trovato.

LUISA: Già! Qualcosa! Qualcosa che avrebbe fatto comodo a tutti noi...! Ma non a mamma.

DINO: Per fare contenta mamma bisognerebbe riportarla a casa sua e farla vivere là. E' questo quello che lei ha sempre chiesto: di essere riportata a casa sua. Ma tu lo sai benissimo, quanto noi, che una soluzione del genere non è assolutamente possibile. Sarebbe per tutti una responsabilità grossissima, e io sono sicuro che nessuno di noi riuscirebbe più a stare tranquillo, sapendola sola, dopo tutto quello che ci hanno detto i medici sia all'ospedale che al centro di riabilitazione.

LUISA: Ma anche io, dopo quello che ha fatto la notte scorsa, non me la sento più di tenermela qui!

DINO: Ma che cosa è successo? che cosa ha fatto?

LUISA: E' successo che ci ha svegliati tutti nel cuore della notte, urlando come un ossesso. Quando siamo arrivati da lei, si stava strappando tutti gli indumenti di dosso: e gridava di avere il letto pieno di insetti, di vermi e di serpenti che l'assalivano da tutte le parti. E ce ne è voluto, prima di riuscire a farla calmare. Te lo puoi immaginare che spavento ci siamo presi? e la paura che si è preso Gianni, poverino, che per precauzione dorme nella camerina con lei?

                   Dino, che aveva ascoltato in silenzio, annuisce con lievi movimenti del capo. E' molto assorto.

LUISA: Io, con tutto il bene che voglio a mamma, non me la sento di ripassare momenti come quelli.

DINO: Ti capisco perfettamente. Però questo fatto è molto strano. Ma non avevi detto che non ti ha mai dato nessun fastidio da quando l'hai qui con te?

LUISA: E' vero. E' sempre stata tranquilla e serena. Certo: ha, ogni tanto, qualche vuoto di memoria e, a volte, fa qualche discorso un po' strampalato... ma a quell'età queste sono cose che uno si deve aspettare. L'altro giorno mi ha perfino raccontato una barzelletta...

DINO: Una barzelletta?

LUISA: Ma sì; e anche un po' ingenua. Mi fa: "C'è una bambina di cinque-sei anni che sorprende la sorella maggiore mentre si bacia con il fidanzato, e subito corre dalla mamma: «Mamma, mamma,  ho visto Carlo che baciava Gina!» «Beh, non c'è niente di male che si baciassero; fra poco si sposano...» «Ah, ho capito! - fa la bimba - e papà quand'è che si sposa con la colf?»"

DINO: (divertito) E da chi può averla sentita una cosa del genere? Forse alla televisione...

LUISA: Lei ha detto che le era venuta, così... spontaneamente.

DINO: Ma lo sai? che in tutta la sua vita, io non le ho mai sentito raccontare una barzelletta...?

LUISA: A me, veramente, ne ha raccontate anche altre... (viene interrotta dal campanello della porta d'ingresso) Questi saranno loro. Scusami un momento (fa per incamminarsi verso la porta).

DINO: Vai, vai. Io intanto dò un'occhiatina per vedere se mamma dorme ancora.

                   Escono entrambi. Da fuori scena si sente la voce di Luisa che saluta i nuovi arrivati. Dopo qualche secondo rientra Luisa seguita da Bruna e da Fabio.

LUISA: Fate piano, 'ché mamma sta dormendo.

                   Subito dopo rientra anche Dino.

DINO: (rivolto sia a Bruna che a Fabio) Bruna...! Fabio...! Che piacere rivedervi! Come state? (abbraccia e bacia prima Bruna e poi Fabio. Quindi, guardando verso la porta da cui questi sono entrati, chiede:) E Nico? Come mai non c'è Nico?

BRUNA: Nico non viene.

DINO: (sorpreso e quasi deluso) Come, non viene?! Ma se siamo venuti apposta per discutere tutti insieme...?!

FABIO: Nico è rimasto giù, in macchina.

DINO: Ma come?! E' rimasto giù in macchina e non sale? Ma, mi volete spiegare che cosa sta succedendo?

BRUNA: (secca) E' successo che quella (indica Luisa) e suo marito l'hanno offeso, e lui ha detto che non metterà più piede in questa casa.

DINO: Ma... vi sembra questo, il momento di litigare?!

BRUNA: (indicando con un cenno del capo, Luisa) Chiedilo a lei.

LUISA: (risentita) Già! Adesso anche questa è colpa mia! Siete stati voi che mi avete aggredito quando vi ho detto di aiutarmi per mamma.

BRUNA: Certo! Troppo comodo fare i guai e poi chiedere aiuto!

DINO: Insomma, basta! Volete calmarvi? o volete svegliare mamma?

                   Bruna e Luisa zittiscono facendo spallucce.

DINO: Allora! Con calma: volete spiegarmi che cosa è successo? Ma una per volta; e sottovoce.

BRUNA: (molto alterata, contemporaneamente a Luisa) Ma te l'ho detto: prima creano i guai e poi chiedono aiuto...

LUISA: (molto alterata, contemporaneamente a Bruna) Io gli avevo soltanto chiesto di badare un po' a mamma...

DINO: (energico) Insomma! Volete smetterla di parlare tutte e due insieme?! Avanti: parla prima tu (rivolto a Luisa); ma sottovoce. Non voglio che mamma si svegli per colpa nostra.

                   Luisa esita un attimo scuotendo la testa.

DINO: Allora? vuoi dirci che cosa è successo?

LUISA: Ma niente! E' che loro ce l'hanno sempre avuta con me.

BRUNA: (ironica) Oh, povera vittima!

                   Dino la fulmina con un'occhiataccia. Poi, rivolto a Luisa:

DINO: Per favore: vieni al dunque.

LUISA: Te l'ho anche detto per telefono e te l'ho ripetuto poco fa: devo ricoverarmi per farmi fare degli accertamenti e forse dovrò anche essere operata...

BRUNA: E' una scusa bell'e buona!

LUISA: (ignorandola, prosegue) Il mio medico mi ha detto che è opportuno farli al più presto e, anzi, avrebbe già preso accordi con l'ospedale prenotando il mio ricovero. Per cui l'altro giorno, quando lei (alludendo a Bruna) ed il marito sono venuti qua per vedere mamma, gli ho detto di questa mia necessità. E loro mi hanno aggredita.

BRUNA: Perché sei una bugiarda! Falsa e bugiarda!

LUISA: Ecco! lo vedi? Non posso dire niente, che subito mi offende!

DINO: Per favore, volete smetterla di litigare? La casa è piccola e da un ambiente all'altro si sente tutto: anche i sospiri. E non voglio che svegliate mamma. E tu (rivolto a Bruna) perché continui ad offenderla?

BRUNA: Io non l'offendo. Dico soltanto che è una bugiarda; che è sempre stata una bugiarda. Ma guarda che coincidenza? Questa necessità degli accertamenti salta fuori proprio adesso! Ma chi è che non ha i suoi guai di salute?! A lei di mamma non gliene è mai importato un fico secco.

LUISA: (risentita) Questo non è vero! Altrimenti non me la sarei portata qui, a casa mia, quando nessuno di voi ha avuto il coraggio di farlo.

BRUNA: Questo, non è vero! Prima che tu facessi quel blitz per farti bella ai loro occhi (indica i fratelli), e per mettere me e Nico in cattiva luce, ero stata proprio io a proporti di riportarla a casa. A casa sua o a casa mia; questo lo avremmo deciso in un secondo tempo. (Poi, rivolta ai due fratelli:) Io da sola non posso farcela: ho anch'io quattro figli a cui pensare ed un marito. Per cui prima di fare quel passo, avevo chiesto a lei se se la sentiva di darmi una mano. Dividendoci gli orari della giornata, in due, forse avremmo potuto farcela.

FABIO: Mi sembra anche giusto.

BRUNA: (rivolta a Luisa) E' vero o no, quello che ho detto? (senza aspettare la risposta) Ma lei non ha voluto nemmeno sentirne parlare.

LUISA: Per forza! Non hai mica soltanto tu una famiglia a cui badare!

BRUNA: E allora perché hai fatto quella bravata di portartela a casa, così, all'improvviso, senza nemmeno sentire qualcuno di noi?!

LUISA: (sopraffatta dalla commozione) Io non ho saputo resistere quando, quella mattina, mamma, che già aveva capito tutto, mi ha implorato di non farla portare in un altro ospedale o in un ospizio...

FABIO: Ma non c'erano altre alternative...

BRUNA: E allora potevi accettare la proposta che ti avevo fatto io. E invece, no. Ti sei voluta fare bella ai loro occhi. Te la sei portata a casa? e adesso te la tieni!

LUISA: Ma io ho paura! Io non me la sento più di tenermi questa responsabilità. Con lo spavento che ci ha fatto prendere, la notte scorsa...!

DINO: Aspetta un momento! (fa un attimo di pausa come per riflettere meglio, guardando soprappensiero sia Luisa che Bruna) Ma quando avete litigato voi due?

LUISA: Giovedì pomeriggio.

DINO: Ed eravate qui, in questo soggiorno?

LUISA: Sì.

DINO: E quando ha avuto quella crisi, mamma?

LUISA: La notte stessa.

DINO: E' possibile che vi abbia sentito litigare?

LUISA: Certo, che è possibile! Con quanto urlavano, lei e quello scemo...

BRUNA: Scemo sarà tuo marito!

DINO: (energico) Non ricominciamo. Ma non vi rendete conto che probabilmente quella crisi mamma l'ha avuta perché impressionata dal vostro litigio?

BRUNA: In questi ultimi tempi mamma ne ha sempre avute di crisi.

DINO: Però secondo quello che dice Luisa, da quando è qui, non ne aveva avuta nessuna. Soltanto quella della notte scorsa.

FABIO: E questo cambia qualcosa?

DINO: Forse niente. Era soltanto per cercare di capire...

FABIO: Allora, che facciamo? Vogliamo andare a vedere queste case di riposo che propone Nico?

LUISA: Ma, allora... avete già deciso, voi due?

BRUNA: Sei tu che hai creato il problema; che altro suggerisci?

DINO: Ti prego, Bruna: non insistere con questo tono.

FABIO: Qui, se continuiamo con queste stupide discussioni, non combineremo un bel niente. E io ho piantato in asso i miei affari, per venire qui...

DINO: Tutti noi abbiamo i nostri affari più o meno urgenti che ci aspettano. Ma ora c'è da decidere per il futuro di mamma. E non bisogna avere nessuna fretta. E' vero quello che vi ha chiesto Luisa? Voi due avete già deciso per la casa di riposo?

FABIO: Tu ci vedi altre alternative? Lo hai sentito, no? anche Luisa ammette che è una grossissima responsabilità tenerla in casa.

LUISA: (esitante) Ma, io, veramente... non ho detto proprio questo...

DINO: Sì; me ne rendo conto che tenerla in casa comporta grossi sacrifici e una certa responsabilità...

BRUNA: ...una "grossa" responsabilità! Li hai sentiti anche tu i medici: mamma ha bisogno dell'assistenza continua di un cardiologo, di un fisioterapista e di un... e di un neurologo.

DINO: Che ci vadano loro, dal neurologo!

FABIO: Io proprio non capisco questa tua ostinazione a non volerti rendere conto di come stanno veramente le cose!

DINO: E come stanno "veramente" le cose? (ironico) Tu sei in grado di dirmelo?

FABIO: Io mi baso su quello che hanno sempre detto tutti i medici, compreso il primario del centro di riabilitazione.

DINO: Io invece mi baso sui fatti.

BRUNA: E quali sono, i fatti?

DINO: I fatti sono che prima di quella maledetta caduta, mamma era sanissima di corpo e di mente; in relazione alla sua età, s'intende. Si faceva puntualmente i suoi accertamenti periodici ed il suo cuore non ha mai dimostrato di perdere un solo colpo. Cade, la ricoverano in quell'ospedale e salta fuori che te la classificano... come l'hanno classificata? cardiopatica? bisognosa dell'assistenza continua di un cardiologo! E come se non bastasse, interpretano le sue intemperanze a non voler più stare in un posto in cui nessuno di noi starebbe se non legato, le interpretano come segni di pazzia.

FABIO: I medici hanno detto che è pericolosa per sé e per gli altri; perché quando le prendono...

DINO: (interrompendo Fabio) Lo avete visto anche voi, no? Erano le circostanze che rendevano mamma intrattabile. Da quando è qui da Luisa, tranne la notte scorsa, è sempre stata calmissima. Ragionevolissima. Ed anche il suo cuore non ha più avuto il minimo disturbo.

BRUNA: E questo che dimostra?

DINO: Per favore, statemi a sentire! Io non lo so se Luisa ha fatto bene o se ha sbagliato a fare quel colpo di testa portandosela a casa sua. Però ha dimostrato che, se messa in un ambiente a lei gradito, mamma può riprendersi.

BRUNA: Ma...

DINO: (troncandole la parola) Sì, d'accordo: c'è quello che ha fatto la notte scorsa! Ma anche ai delinquenti più incalliti, si dà una prova d'appello. Luisa ha avuto un grande coraggio, portandosela a casa. Perché non rischiamo un po' anche noi facendo almeno un altro tentativo?

FABIO: Io dico che è una pazzia!

BRUNA: Che cosa suggeriresti di fare?

DINO: Io direi di ripartirci quella responsabilità.

BRUNA: Cioè?

DINO: Ognuno di noi, a turno, se la tiene per un certo periodo da stabilire, che so: quindici, venti giorni... un mese...    Nel frattempo, contribuendo tutti e quattro alle spese, chi è di turno assume una infermiera che pensi a tutto quello di cui mamma può avere bisogno sia per l'assistenza che per la cura della persona.

FABIO: Io continuo a dire che ti ha dato di volta il cervello.

DINO: Tu dici così perché sai che la tua dolce mogliettina butterebbe fuori di casa anche te, se soltanto le proponessi una cosa del genere.

FABIO: Il tuo sarcasmo è assolutamente fuori luogo.

DINO: Figuriamoci! Non ha mai potuto sopportarla quando stava bene ed era autosufficiente, a mamma!

FABIO: Non le ha mai rifiutato l'ospitalità...

DINO: Quando proprio non ne ha potuto fare a meno...

BRUNA: Adesso vedete di smetterla, voi due! E tu, Dino, finisci quello che stavi per proporci.

DINO: Non c'è molto da aggiungere. Si tratta di sapere se ve la sentite di provare. Capisco che questo comporta grossi sacrifici. Per tutti! Ma io sono sicuro di poter parlare anche a nome di Sandra; so che anche lei preferisce fare tutti i sacrifici che servono, piuttosto che vedere mamma in un ospizio. E' assurdo che con quattro figli...

FABIO: Quello che ci proponi è semplicemente pazzesco! Ma avete sentito che razza di proposta?!

DINO: Sapevo già che tu non avresti accettato. Ma lascia che loro decidano secondo la loro coscienza. Tu, Luisa, che ne pensi?

LUISA: Ma... veramente... io... non so... non credo...

BRUNA: Io dico che non durerebbe.

DINO: Che significa, non durerebbe?

BRUNA: Dico che prima o poi ci troveremmo nelle stesse condizioni in cui ora si trova Luisa. Purtroppo mamma è diventata imprevedibile. Se ne sta calma per un certo periodo di tempo e poi, all'improvviso, quando meno te lo aspetti... Ed è proprio questo il pericolo maggiore: la sua imprevedibilità.

LUISA: Sì, è vero quello che dice Bruna. Il guaio te lo può procurare proprio quando uno crede di poter tirare un sospiro di sollievo. Io, pur ammettendo che in tutti questi giorni non mi ha mai creato nessun problema, devo dire tuttavia che ci sono stati dei momenti in cui ho avuto la netta sensazione che mamma, anche per pochi secondi, fosse uscita da questa realtà.

FABIO: Allora? Sei soddisfatto, adesso? Come vedi anche loro ritengono inaccettabile la tua proposta. E noi siamo in tre, contro uno.

DINO: (facendo un cenno di fastidio nei confronti di Fabio) Siete veramente sicure di non voler accettare la mia proposta? Volete veramente rinchiudere mamma in un ospizio?

LUISA: Beh...

BRUNA: Ma non devi chiamarlo ospizio. Sono case di riposo per anziani.

DINO: Non t'illudere che cambiando il nome, cambi la situazione... Comunque, io voglio sentirlo chiaro e tondo, il vostro parere! Allora? (rivolto a Bruna).

BRUNA: Io penso che Fabio abbia ragione.

LUISA: Anche io sono d'accordo con Fabio.

DINO: (rassegnato) D'accordo! Se pensate che questa sia la migliore soluzione, per mamma...

FABIO: Senti, Bruna: ora che siamo tutti d'accordo non ci resta altro che andare a scegliere la casa di riposo più adatta.

BRUNA: (esitante) Sì, forse non ci resta altro da fare. Voi (rivolta a Dino e a Luisa) siete già pronti, o dovete prepararvi?

LUISA: Io non posso venire: devo badare a mamma.

BRUNA: Dino, allora, vogliamo andare?

DINO: No. Scusatemi, ma io preferisco restare qui.

BRUNA: Ma se dobbiamo decidere quale scegliere, è meglio che ci sia anche tu.

DINO: A questo punto a me sta bene qualsiasi cosa scegliate.

BRUNA: Ma tu non puoi scaricare sempre su di noi la responsabilità di certe scelte...!

FABIO: Ma dai; lascialo perdere! (poi, rivolto a Dino) Tu cosa credi, di metterci in difficoltà? Lui, adesso, fa il prezioso così, domani, se le cose dovessero andare male - per qualsiasi motivo - lui potrà sempre darne la colpa a noi. Ma con noi questo gioco non attacca! Vieni, Bruna; andiamo (afferra Bruna per un braccio e la trascina fuori).

LUISA: (dopo un attimo di disorientamento) Io devo finire le mie faccende.

DINO: Fai pure. Non preoccuparti per me. Io, visto che mamma dorme ancora, mi leggo un giornale.

                   Dino fa appena in tempo a sedersi su di una poltrona con il giornale in mano, che suona il campanello della porta d'ingresso. Dino e Luisa si guardano un attimo perplessi.

LUISA: Vuoi vedere che si sono dimenticati qualcosa?

DINO: Lascia. Vado io. Tu continua pure con le tue faccende.

                   Dino si incammina nel corridoio verso la porta, mentre Luisa continua nei suoi lavori. Da fuori scena si sente Dino parlare con una donna, ma non si afferra il senso delle loro parole. Infine rientra in scena cedendo il passo ad una signora di circa sessanta anni, ancora molto piacente, quasi attraente; veste elegantemente ed ha modi ricercati e molto raffinati.

DINO: Prego, si accomodi.

DONNA CECILIA: Grazie. Molto gentile.

LUISA: (piacevolmente sorpresa) Donna Cecilia! Buon giorno. Che piacere, questa sua visita!

DONNA CECILIA: Ma io non sono venuta per farvi visita. Sono qui per fare l'iniezione a Nonna Rosa.

LUISA: (battendosi il palmo della mano sulla fronte) Oh, che sbadata! Ma è vero: è l'ora della puntura. A proposito: questi è mio fratello Dino; e la signora è Donna Cecilia.

DONNA CECILIA: Grazie, Luisa; ma noi ci siamo già presentati. Io, veramente, ero già venuta un quarto d'ora fa... Però ho sentito delle voci e allora ho messo l'orecchio sulla porta e mi sono resa conto che aveva gente in casa. E allora me ne sono ritornata a casa mia.

DINO: (a mo' di garbato rimprovero) Ma come? lei si mette a origliare alla porta delle case degli altri?!

DONNA CECILIA: Certo! Altrimenti come faccio a rendermi conto se devo insistere a suonare o se, invece, è più opportuno che torni in un altro momento? Io sono una persona molto discreta, sa? che sa stare sempre al suo posto!

DINO: (ironico o sarcastico) Eh! Non ne dubito affatto!

LUISA: Ma poteva insistere, Donna Cecilia; c'erano Bruna e Fabio, che lei già conosce..

DONNA CECILIA: Ah?! Sono venuti anche loro per Nonna Rosa, immagino.

DINO: (asciutto) Sì. Siamo tutti venuti a trovare nostra madre.

DONNA CECILIA: Che teneri! Che dolci! Queste cose mi commuovono! E' bello vedere famiglie così affiatate! Se mai avessi deciso di costruirmi una famiglia, è così che l'avrei voluta: tutti per uno e uno per tutti.

DINO: Lei non ha famiglia?

DONNA CECILIA: Oh, no! Io non sono adatta a fare la madre di famiglia o... o la moglie fedele! (ride divertita).

LUISA: Donna Cecilia vive sola: abita nell'appartamento di fronte a questo.

DONNA CECILIA: Sì, infatti: siamo... compianerottolai.

DINO: Come??

DONNA CECILIA: (divertita) Ma sì. Abitiamo sullo stesso pianerottolo e quindi siamo "compianerottolai"! Divertente, vero?

DINO: (compiacente) Sì, molto. Ma non era venuta per fare l'iniezione alla mamma?

DONNA CECILIA: Oh, sì: che sbadata...! Vede, come succede?! si parla, si parla, e ci si dimentica delle altre cose...

DINO: Vado a vedere se mamma dorme ancora; e, nel caso, provo a svegliarla.

DONNA CECILIA: Oh, no. Non è necessario che lei la svegli; posso fargliela anche se sta dormendo.

LUISA: Donna Cecilia è molto brava a fare le punture. Mamma, malgrado non le sia più rimasta molta carne dove fargliele, dice che neanche le sente, quelle che le fa Donna Cecilia.

DINO: Ma... Signora Cecilia... mi...

DONNA CECILIA: Macché signora Cecilia! mi chiami Ceci! Gli intimi mi chiamano tutti Ceci...

DINO: Come vuole, signora... Ceci.

DONNA CECILIA: Che cos'è che voleva chiedermi?

DINO: Volevo chiederle: ho capito bene che lei è un'infermiera? perchè, vede, a vederla... così elegante e così raffinata... non sembra affatto un'infermiera.

DONNA CECILIA: Grazie, Dino, lei è molto galante; è molto bello quello che ha detto. No. Io, infatti, non sono una infermiera.

LUISA: (sorpresa) Non è un'infermiera?!

DONNA CECILIA: No. Ma è come se lo fossi.

LUISA: Come sarebbe? ha studiato per infermiera?

DONNA CECILIA: No.

DINO: E come fa a dire che è come se lo fosse, un'infermiera?

DONNA CECILIA: Vede, amico mio: quando si è avuto a che fare con tanti medici quanti ne ho frequentati io, - e quasi tutti primari - si può ben dire di saperne se non quanto loro, almeno quanto può saperne una infermiera.

DINO: (ancora non convinto) Ma dove li ha frequentati, questi dottori? negli ospedali, in cliniche private, li ha assistiti in sala operatoria?

DONNA CECILIA: Ma no, amico mio! In nessuno di questi luoghi opprimenti. Li ho frequentati in modo decisamente più piacevole: in camera da letto!

LUISA e DINO: (fortemente sorpresi) Come??

DONNA CECILIA: Ma perchè vi meravigliate? non sapete che la camera da letto è un posto d'incontro piacevolissimo?

DINO: Ma..., signora Cecilia...

DONNA CECILIA: Ceci, Ceci... la prego: tutti i miei amici intimi mi chiamano Ceci.

DINO: (divertito) Ma lo sa che lei è davvero una persona unica?

DONNA CECILIA: Sì. Me lo sento dire spesso, anche se non ne capisco il perché. Anche Ersilio mi diceva spesso che non aveva mai conosciuto una donna come me: unica e insuperabile.

DINO: E chi è Ersilio? se non sono indiscreto...

DONNA CECILIA: Ma come, chi è Ersilio?! Ersilio Giunti!

DINO: (sorpreso) Ersilio Giunti? il celebre tenore?

DONNA CECILIA: (con naturalezza) E chi altri, allora?

LUISA: Lei, Donna Cecilia, ha conosciuto il grande Giunti?

DONNA CECILIA: Certo che l'ho conosciuto; molto intimamente. Ci siamo amati appassionatamente per diversi mesi. Ah, che uomo stupendo! Mi cantava sempre magnifiche romanze, durante.

LUISA: Durante... che cosa?

DONNA CECILIA: Ma che diamine, mia cara! C'è proprio bisogno che scenda nei particolari? C'è un solo "durante" nei rapporti tra un uomo e una donna!

LUISA: E poi...?

DONNA CECILIA: E poi ho conosciuto Phil e così...

DINO: E chi è questo Phil?

DONNA CECILIA: Phil Morgan.

DINO: Il campione di tennis?

DONNA CECILIA: Sì. Bravo! Vedo che si interessa anche di sport. Phil era stupendo! Come sapeva fare il "servizio" lui...

LUISA: (ammirata) Certo... ne ha conosciuti di personaggi interessanti, lei...?!

DONNA CECILIA: Ma che vuole, amica mia? altrimenti la vita sarebbe di una tale noia...! Le ho mai raccontato che cosa pretendeva da me il domatore di leoni del circo Zum quando siamo andati ad un safari nel Kenia?

LUISA: No. (con curiosità quasi morbosa) Che cosa pretendeva da lei?

DINO: (intervenendo imbarazzato, forse intuendo la risposta) Ma la signora Cecilia è venuta per fare la puntura a mamma. Non possiamo approfittare della sua gentile disponibilità facendole perdere altro tempo con le nostre domande...

DONNA CECILIA: Oh, perbacco! La puntura! Ma lo sa, caro Dino, che me ne ero nuovamente dimenticata? Aveva ragione Helmut: "sei una impagabile sbadata!" mi diceva quando l'aiutavo a farsi la doccia usando la mia crema depilante al posto del suo bagno schiuma.

LUISA: Chi è Helmut?

DINO: La puntura! Forse è meglio togliersi il pensiero della puntura. Che ne dice, signora Cecilia?

DONNA CECILIA: Ceci, Ceci..., la prego: mi chiami semplicemente Ceci. Sì, ha ragione lei, carino: è meglio togliersi questo pensiero. Comunque glielo racconterò, un giorno, chi è Helmut, cara Luisa, e che cosa pretendeva da me quel duro domatore di leoni durante quella battuta di caccia.

LUISA: Ci conto!

DINO: (alzandosi dalla poltrona) Allora? vogliamo andare di là, da mamma?

                   Anche Luisa e Donna Cecilia si alzano e si accodano a Dino che si incammina verso la porta da cui si accede nella camerina in cui riposa Nonna Rosa.

DONNA CECILIA: Uh, che cara, la signora Rosa! Non si è mai lamentata una sola volta da quando le faccio le punture. Se fossero tutti così gli ammalati, quasi quasi potrei pentirmi di non avere veramente fatto anche l'infermiera, nella mia vita.

                   Escono tutti e tre dal soggiorno e l'intera scena cade nel buio completo. Dopo qualche secondo si riaccendono soltanto le luci della cameretta. Nonna Rosa è sempre sdraiata sul lettino, ma con le spalle leggermente sollevate da un paio di cuscini. Seduto accanto a lei c'è Dino. I due parlottano affettuosamente tra di loro. Entra Luisa portando un piccolo vassoio contenente un bricco, una tazza, una zuccheriera e una scatola di biscotti.

LUISA: Ecco qua! Il tuo the è pronto. Per oggi, servizio a domicilio; ma da domani, se vuoi il tuo the, dovrai venire a prenderlo su quella poltrona.

NONNA ROSA: (evasiva) Ve bene, va bene; oggi, però, lo prendo a letto.

LUISA: (rivolta a Dino) Vuoi qualcosa anche tu?

DINO: No, grazie. A me basta il caffè che mi hai preparato quando sono venuto.

LUISA: Un po' di brandy, allora...

DINO: Ti ringrazio, ma lo sai che con i liquori non ci faccio molto.

LUISA: Come vuoi tu. Allora, se non avete più bisogno di me, vado a finire di mettere in ordine e poi torno.

                   Dino le fa un cenno di consenso con il capo. Luisa fa per uscire, ma aggiunge, rivolta a Nonna Rosa:

LUISA: Il the l'ho già zuccherato io. Comunque, nel vassoio c'è anche la zuccheriera nel caso non ti andasse bene. (esce).

                   Dino nel frattempo ha aiutato la madre a sistemarsi meglio sul letto e le ha anche sistemato il piano d'appoggio su cui ha messo il vassoio. Nonna Rosa esplora con lo sguardo il contenuto del vassoio.

NONNA ROSA: Ha detto che c'è la zuccheriera... ma io non la vedo.

DINO: Ma ha anche detto che il the è già zuccherato; prima assaggialo, almeno.

NONNA ROSA: Ma no; non ho bisogno d'assaggiarlo...! Dice sempre d'avercelo messo, lo zucchero, e invece non c'è. Avanti, sù! avvicinami la zuccheriera.

                   Dino le porge la zuccheriera e Nonna Rosa se ne serve per versare tre o quattro cucchiaini di zucchero nel the.

DINO: Ma... non sono troppi?

                   Nonna Rosa fa spallucce e dopo averla sufficientemente mescolata con il cucchiaino, assaggia la bevanda.

NONNA ROSA: Mhmm! così può andare. E' una persona veramente gentile e simpatica.

DINO: (perplesso) Di chi stai parlando? di Luisa?

NONNA ROSA: Ma no; che c'entra Luisa?! sto parlando di Donna Cecilia.

DINO: Ah, la signora Cecilia! Sì; anche a me è sembrata molto gentile. E simpatica.

NONNA ROSA: Qui la chiamano tutti Donna Cecilia, perché sembra che in fondo provenga da qualche famiglia di una certa nobiltà.

DINO: Beh; i modi un po' aristocratici, ce li ha.

NONNA ROSA: (quasi meditandoci sopra:) Donna Cecilia! ha il nome di quel personaggio dei Promessi Sposi, - ricordi? - quella povera donna che, nell'episodio della peste, consegna ai monatti il corpicino senza vita della figlioletta. Che bella, quella pagina! "Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio."

DINO: (catturato dalla lirica) Sì, è veramente una gran bella pagina! Molto toccante! (poi, tornando alla realtà) Ma... perbacco! tu la ricordi ancora a memoria...!?

NONNA ROSA: Le cose belle non si dimenticano.

                  Nonna Rosa prende a frugare sotto ai cuscini e, con gesto furtivo, ne tira fuori qualcosa avvolta in un fazzolettino di carta.

DINO: (al quale non è sfuggito quell'armeggiare della madre) Ma che stai facendo?

NONNA ROSA: Niente, niente! (cerca di infilare nuovamente il pacchetto sotto ai cuscini).

DINO: Come, niente?! Che cos'hai in quel fagottino?

NONNA ROSA: Beh; a te posso dirlo. Ma giurami che non lo dirai a nessuno.

DINO: Tu prima dimmi di che si tratta.

NONNA ROSA: No. Tu prima promettimi che non lo dirai a nessuno.

DINO: Va bene: non lo dirò a nessuno.

NONNA ROSA: (estraendo ancora una volta il fagottino da sotto i cuscini, e parlando a voce bassa con aria da cospiratrice:) Vedi? qui ci tengo le mie scorte.

DINO: (sorpreso) Le tue scorte?! Ma questi sono biscotti!

NONNA ROSA: Certo, che sono biscotti. Io mi tengo sempre una scorta, di biscotti!

DINO: Ma che bisogno hai di tenerli là, sotto a quei cuscini? che ti si sbriciolano pure...! Non vedi quanti te ne mette a disposizione, Luisa?

NONNA ROSA: E' sempre bene avere delle scorte. Non si sa mai. Non si sa mai, nella vita...!

DINO: Ma se li tieni là sotto, ti si sbriciolano e ti si seccano.

NONNA ROSA: No; perché io li cambio ogni giorno. Vedi? oggi mi mangio quelli di ieri, e metto da parte quelli per il futuro (così dicendo reintegra il pacchetto con biscotti freschi e lo ricolloca con cura sotto i cuscini).

                  Dino, non sentendosela di contraddirla, scuote la testa rassegnato.

NONNA ROSA: Come mai Bruna e Nico non sono ancora venuti?

DINO: Bruna è già venuta, insieme a Fabio. Ma tu dormivi e loro non hanno voluto svegliarti.

NONNA ROSA: Ma che dici? quando dormivo, io? Da quando sei venuto tu, io non mi sono mai addormentata. Tu ti ricordi male; forse sono venuti ieri...

DINO: (paziente) Sì, ma vedrai che tra poco torneranno. Anzi (guardando l'orologio) avrebbero dovuto essere già qui.

NONNA ROSA: (stranamente serena) Sono andati a cercarmi una casa di riposo?

DINO: ( sorpreso ed imbarazzato) Ma... che dici...?!

NONNA ROSA: (sempre molto serena e tranquilla) Sono andati a cercare una casa di riposo dove mettermi, è vero?

DINO: (sempre più confuso) Beh...

NONNA ROSA: Non cercare di nascondermi le cose. Lo sai che noi due siamo sempre riusciti a leggerci negli occhi...! Eppoi, non devi sentirti a disagio. Lo so - cosa credi? - che qui da Luisa non posso continuare a starci. E' troppo sacrificio per tutti: per Luisa, per il marito, per i ragazzi... Peccato! perché io qui ci sto veramente bene.

DINO: Ma si tratterà soltanto di pochissimi giorni: il tempo necessario a Luisa per farsi gli accertamenti e...

NONNA ROSA: (interrompendolo con serena determinazione) No, Dino! non dirmi queste cose. Noi siamo sempre stati sinceri, l'un l'altra: non cominciare proprio adesso a raccontarmi storie...!

DINO: (mortificato) Hai ragione. Scusami.

                  Poiché Nonna Rosa ha finito di prendersi il the con i biscotti, Dino la libera sia del vassoio che del piano d'appoggio.

NONNA ROSA: Per favore, accendimi il televisore.

DINO: Sì, certo. Ma perché non provi un po' a metterti su quella poltrona? (si alza e va ad accendere il televisore).

NONNA ROSA: No, adesso no.

DINO: Ma tu dici sempre così, ogni volta che ti chiediamo di alzarti: "adesso no". (benevolmente imbronciato) E allora? quando hai intenzione di alzarti?

NONNA ROSA: (distrattamente) Domani... domani. Un altro giorno...

                   Suonano alla porta d'ingresso.

NONNA ROSA: Questi sono loro. Vai di là; così potete parlare meglio: con maggiore libertà.

DINO: (sempre più imbarazzato da quella imprevista disponibilità della madre) Va bene, vado di là. Poi ti farò sapere...

NONNA ROSA: Vai, vai. (gli fa uno stanco saluto con la mano) E non preoccuparti per me. Io mi riposo un po'; sono tanto stanca.

                  Dino esce e la cameretta cade nella penombra, mentre si illumina il soggiorno dove ci sono Bruna, Fabio e Luisa che parlottano tra di loro.

LUISA: (vedendolo entrare) Ah! Ecco Dino.

BRUNA: Mamma che fa? dorme?

DINO: No; sta guardando la televisione.

FABIO: Bene! Allora, ora che siamo tutti, possiamo finalmente decidere. (rivolto a Bruna:) Digli quello che abbiamo visto.

BRUNA: Sì. Come già stavo dicendo a Luisa, siamo stati a vedere tre di queste case di riposo. Nico ne avrebbe avute anche altre due, da farci vedere, ma siccome una di quelle tre che abbiamo visitato, ci è sembrata molto adatta per mamma...

FABIO: E non è neanche tanto lontana dalla città.

BRUNA: E' dalle parti di Fonteverde. E' una casa di riposo privata, a conduzione familiare...

LUISA: E che è, una trattoria?!

BRUNA: No; è che anche i proprietari vivono là. E sono loro stessi che la dirigono: lui si occupa dell'amministrazione, la moglie pensa alla cucina e dirige il personale delle pulizie, e la figlia - che ha fatto un corso speciale - controlla le infermiere e tiene i contatti con i vari medici che all'occorrenza seguono gli ospiti.

DINO: Che significa: "all'occorrenza"?

BRUNA: Vedi: lì c'è un medico - un medico generico - che, per contratto, almeno una volta alla settimana fa il giro e visita tutti gli ospiti. Inoltre la casa di riposo si appoggia anche ad altri specialisti - cardiologo, radiologo, neurologo ecc - che intervengono in caso di bisogno.

FABIO: Pagando a parte, naturalmente.

DINO: Naturalmente.

BRUNA: Inoltre hanno a disposizione una parrucchiera...

FABIO: Anche questa a pagamento.

DINO: Naturalmente.

BRUNA: ...e, se non vogliamo avere lo scomodo di portarci la biancheria avanti e indietro, c'è anche il servizio di lavanderia.

FABIO: Anche questa...

DINO: ... a pagamento!

BRUNA: Certo! ma che vuoi che certi servizi te li facciano gratis?!

DINO: Io non ho detto niente. Prosegui.

BRUNA: (guardando Fabio) Che altro c'è da dire? aiutami; non mi viene in mente altro.

FABIO: Mi sembra che tu gli abbia detto tutto. D'altra parte, se ci teneva a saperne di più, poteva venire con noi.

DINO: (ignorando Fabio, si rivolge a Bruna) Sei sicura che ci sia garantita l'assistenza infermieristica sia di giorno che di notte?

BRUNA: Sì, certo. Ce lo hanno garantito: c'è sempre un'infermiera a disposizione sia di giorno che di notte.

DINO: E tra quanto tempo sarebbero disposti a prenderla?

BRUNA: Da subito. Anche domani stesso.

DINO: Allora, a quanto pare, non ci sono problemi.

BRUNA: Un problema c'è!

DINO: Quale?

BRUNA: Quello di dirlo a mamma.

DINO: Mamma sa già tutto.

LUISA: Sa già tutto?

BRUNA: Che cosa sa?

DINO: Sa perfettamente che voi due siete andati a cercare una casa di riposo in cui portarla.

LUISA: E chi glielo ha detto?

FABIO: Sei stato tu a dirglielo?

DINO: Non ce n'è stato bisogno; sapeva già tutto. Come, non lo so; ma sa già tutto.

BRUNA: E come l'ha presa?

DINO: Apparentemente è molto tranquilla.

FABIO: Bene! Meglio così! Avete visto che in fondo ci preoccupavamo più del necessario?!

LUISA: Ne sei veramente convinto?

DINO: Comunque io le ho detto che l'avrei informata. Se volete venire anche voi...

BRUNA: Sì, certo.

FABIO: Bene. Se ci pensate voi a dirglielo, io scapperei perché ho lasciato in sospeso un affar...

LUISA: (brusca) E non vai nemmeno a salutarla?!

FABIO: Beh, no. Che c'entra? un salutino, certo che glielo faccio.

                  Passano tutti e quattro nella camera di Nonna Rosa. Si illumina anche questo ambiente. Nonna Rosa sembra appisolata, ma all'arrivo dei quattro, apre gli occhi.

NONNA ROSA: Deve essere una giornata molto particolare, questa, per avervi qua tutti e quattro insieme. E' molto bello quando tutta la famiglia è riunita. (poi, notando l'imbarazzo dei quattro figli:) Allora? siete riusciti a trovarmi questo albergo? Ho veramente voglia di farmi un po' di vacanza fuori di qui, con gente nuova...!

DINO: Beh, non è proprio un albergo, ma Bruna e Fabio dicono che è un'ottima casa di riposo.

NONNA ROSA: Bene, bene.

LUISA: (nel tentativo di rompere l'imbarazzo) Vedo che sei riuscita a bertelo tutto, il the. Era zuccherato abbastanza? E i biscotti, ti sono bastati?

NONNA ROSA: Sì. No. Sì.

LUISA: Che significa?

NONNA ROSA: Sì: che me lo sono bevuto tutto; no: che non era zuccherato abbastanza; sì: che i biscotti mi sono bastati. E avanzàti! Se non hai altre domande di questo tipo da farmi, vi dispiace parlarmi un po' di questa... casa di riposo?

BRUNA: Ma certo! Che vuoi sapere?

NONNA ROSA: Voi, potrete venire a trovarmi?

BRUNA: Sicuro, che potremo venire a trovarti!

NONNA ROSA: Tutti i giorni?

BRUNA: Ma sì, tutti i giorni. E in qualsiasi ora della giornata. Là non è come all'ospedale. E' una casa di riposo privata e quindi sia le persone ospitate che i loro familiari hanno la massima libertà.

NONNA ROSA: Ah! Meno male!

FABIO: Vedrai, mamma, che là ti troverai benissimo.

NONNA ROSA: Sì. Certo, certo.

FABIO: Ci siamo andati apposta, con Bruna e Nico, per assicurarci che sia un posto... (viene interrotto da Nonna Rosa)

NONNA ROSA: Sì, lo so che non mi abbandonereste mai in un posto qualsiasi. Grazie.

DINO: (a testa bassa ed a mezza voce) Ma di che ci ringrazi?! (le accarezza delicatamente la fronte) Con tutto quello che tu hai sempre fatto per tutti noi...!

NONNA ROSA: Eh! ma quando ero più giovane...! Ora che sono vecchia... e che sono diventata un rottame... ora sono diventata un peso per tutti! Ma quando sarò guarita vedrete che non vi darò più alcun disturbo; a nessuno di voi.

LUISA: Sì, certo. Ma tu, ora, devi solo cercare di guarire. Forse se ti sforzassi ad alzarti, di tanto in tanto...

NONNA ROSA: Sì, hai ragione.

LUISA: Allora vuoi provare ad alzarti?

NONNA ROSA: No, non oggi. Oggi mi sento ancora tanto stanca. Domani... domani mi alzerò.

                  Fabio guarda istintivamente il suo orologio da polso, ed a Nonna Rosa quel gesto non sfugge.

NONNA ROSA: E tu, Fabio, che cosa aspetti a tornartene a casa? Fra poco farà buio e con il buio non si viaggia bene in macchina.

FABIO: Ma no; non c'è fretta. Qualche minuto ancora posso rimanere.

NONNA ROSA: E anche tu, Bruna, tòrnatene a casa: altrimenti non farai in tempo a preparare la cena per Nico e per i ragazzi. Tanto ormai non c'è più alcun bisogno che restiate ancora qui. Caso mai ci rivediamo domani; perché è domani che mi accompagnerete in quella casa di riposo, vero?

LUISA: Beh...! non abbiamo ancora deciso niente di preciso. Volevamo prima sentire anche il tuo parere.

NONNA ROSA: Ma sì! a che serve aspettare ancora? prima ci vado e prima mi sistemerò e conoscerò nuove persone con cui fare amicizia.

DINO: Sei proprio sicura di quello che stai dicendo?

NONNA ROSA: Ma certo, che sono sicura. Ho ottantanove anni, d'accordo! ma non pensare che sia veramente rimbambita da non sapere quello che dico.

DINO: Ma no, non era questo che volevo dire...

BRUNA: Dino vuol dire se ci vai volentieri in una casa di riposo.

NONNA ROSA: Statemi a sentire, tutti e quattro: quando ero all'ospedale, prima, e a quel centro di riabilitazione, dopo, vi ho sempre detto che non ci stavo bene. Ed era la verità. Come ora è la verità che vado volentieri in questa casa di riposo. Soddisfatti? Ed ora, tu Bruna e tu Fabio, tornatevene a casa; e voi due (rivolta a Luisa e a Dino) andatevene di là e lasciatemi in pace, 'ché voglio riposare!

                   Bruna e Fabio baciano e salutano la madre; escono dalla camerina e passano nel soggiorno seguiti da Luisa e da Dino.

FABIO: Allora ci rivediamo domani.

LUISA: Ma perché? ce la volete portare veramente domani?

FABIO: E perché no?

LUISA: Ma che fretta c'è?! Qui, giorno più giorno meno...

FABIO: Io dico che conviene approfittare immediatamente della disponibilità di mamma. Se facciamo passare qualche altro giorno, potrebbe ripensarci e cambiare idea.

LUISA: Se deve cambiare idea è meglio che la cambi prima del ricovero.

BRUNA: Ma, scusate, perché dovrebbe cambiare idea?

DINO: Non lo immagini il perché?

BRUNA: Ma non hai visto come era tranquilla e serena quando ha accettato la nostra proposta?

DINO: Ne sei proprio sicura?

FABIO: Mi volete spiegare che cosa c'entrano, adesso, tutti questi discorsi? Che vogliamo ritornare al punto di partenza?

LUISA: E perché no? se fosse necessario...!

FABIO: Ma qui non si fa altro che perdere tempo.

DINO: Senti! Se sono i tuoi affari che ti preoccupano, puoi anche andartene! E, giacché siamo nell'argomento, domani puoi anche fare a meno di venire; ad accompagnare mamma ci pensiamo noi.

FABIO: Certo, che me ne vado! Se fossero discorsi utili, i vostri, potrei anche rimanere. Ma visto che vi divertite a dire sempre le stesse cose...! E quello che io dovrò o non dovrò fare, domani, sono io che lo decido! (poi, rivolto alle sorelle:) Ci vediamo domani. (esce).

BRUNA: (a Dino) Tu dubiti che fosse sincera?!

DINO: (pensoso) Come si fa a dirlo? A sentirla, sembrava sincera.

LUISA: Anche troppo!

BRUNA: (sempre rivolta a Dino) Tu pensi che non ci vada volentieri?!

DINO: Vedi, Bruna: appena mezz'ora fa mi diceva, tutta soddisfatta, quanto sta bene qui da Luisa...

LUISA: Ma io non posso proprio continuare a tenerla qui.

DINO: ...e se consideri quanto ha sofferto, rinchiusa in quegli ospedali...

BRUNA: Lei non è abituata a stare lontano da casa sua e da noi.

DINO: E' per questo che dubito che dicesse la verità. Non sembra strano anche a voi questo improvviso cambiamento? questa improvvisa disponibilità?

BRUNA: Tu pensi che lo faccia per non esserci di peso?

DINO: Può darsi. Ma non potremo saperlo finché lei non sarà là dentro.

LUISA: Allora tu dici di provare a portarcela?

DINO: A questo punto non mi sembra che ci restino altre alternative...

BRUNA: Io non credo che si troverà male. C'è la possibilità di metterla sia in una cameretta singola che in una a due letti, con un'altra ospite. Io penso che sia meglio metterla in quella a due letti. Anche la figlia del proprietario ce l'ha consigliato: così non le mancherà la compagnia.

DINO: Sì, penso anche io che sia meglio la camera a due.

BRUNA: Anche se lì hanno una enorme sala in comune, in cui c'è anche il televisore, dove può conversare e fare amicizia con tutti gli altri ospiti.

LUISA: Questo nel caso si dovesse decidere ad alzarsi...

BRUNA: La signorina Enrica ha detto che...  

DINO: E chi è la signorina Enrica?

BRUNA: La figlia del proprietario, quella che ha seguito un corso proprio per l'assistenza agli anziani.

DINO: E che ha detto, questa signorina Enrica?

BRUNA: Ha detto che è già successo più di una volta che persone che a casa loro erano restìe o avevano paura ad alzarsi dal letto, là, invece, hanno chiesto loro stesse di essere aiutate per muoversi e per poter camminare.

DINO: Se dovessero veramente riuscire in questo, sarebbe già un grossissimo progresso. Io sono sicuro che se mamma trovasse la forza ed il coraggio di alzarsi...

BRUNA: All'inizio basterebbe che acconsentisse a stare su una sedia a rotelle. Lì ho visto uno degli ospiti che, da quello che mi ha raccontato la figlia, si è trovato nelle stesse condizioni in cui è ora mamma. Finché era a casa sua non voleva assolutamente sentir parlare di alzarsi; si era già riempito di piaghe, e i medici temevano per i suoi polmoni. E invece, una volta in quella casa, dapprima ha cominciato a farsi mettere sulla sedia a rotelle, e adesso - e lo abbiamo visto anche noi - ha addirittura ripreso a camminare: con accanto una persona o aiutandosi con un bastone, ma ha ripreso a camminare e riesce a spostarsi agevolmente da un ambiente all'altro.

LUISA: Magari riuscisse a farlo anche mamma...!

BRUNA: Io penso proprio di sì. Sanno come prenderli questi anziani...

DINO: Sempre che mamma non riesca a farsi buttare fuori prima.

BRUNA: No. Questo non è possibile; gli abbiamo parlato molto chiaro.

LUISA: Glielo avete detto degli stati confusionali di mamma? e di quello che combinava, la notte, all'ospedale?

BRUNA: Certo!

LUISA: E la prendono ugualmente?

DINO: Per forza! Per loro in fondo sono sempre soldi che entrano...!

BRUNA: Ma perché dici così? Loro hanno esperienza; non è mica la prima persona anziana, mamma, con cui hanno a che fare! E a quell'età sono un po' tutti uguali. Per loro non è un problema: me lo ha assicurato la signorina Enrica.

DINO: Purché non facciano anche loro come all'ospedale: che per tenerla calma la riempivano di calmanti e di chissà che altro.

LUISA: E adesso non fare il pessimista! Se glielo hanno assicurato...!

DINO: Va bene, va bene. Scusatemi. Non volevo fare il disfattista.

LUISA: E per mangiare? Mamma ha bisogno di un vitto particolare. Lo sai che non riesce più a masticare nulla: bisogna farle brodini e pappine.

BRUNA: Sì, anche su questo ci hanno assicurato che se occorre le faranno dei piatti adatti alle sue... gengive.

DINO: Beh! A quanto pare avete trovato proprio il posto che fa per lei.

LUISA: Ad essere sincera, io me le immaginavo un po' diverse, queste case per anziani.

DINO: In effetti, da quello che se ne sente raccontare...! Ma sai? questa è a pagamento; e quando paghi...!

LUISA: Sì. Hai ragione: con i soldi hai tutto!

DINO: Per fortuna che noi possiamo permetterci di mandarla in una casa a pagamento...

BRUNA: Io, però, non ce la mando lo stesso.

LUISA e DINO: (sorpresi) Come hai detto?

BRUNA: (calma) Ho detto che io non ce la mando, mamma, in quella casa per anziani.

DINO: Ma... e allora che si fa? dove pensi che possiamo sistemarla?

BRUNA: Io, lì, in mezzo a tutti quegli altri vecchi, non ce la porto. Piuttosto mi sacrifico, ma lì non ce la porto.

DINO: Ma che hai in mente?

LUISA: Per favore: ci vuoi dire come pensi di risolverlo, il problema?

BRUNA: Io me la porto a casa.

DINO: (sbalordito) Te la porti a casa??

LUISA: Ma lo sai che cosa t'aspetta?

DINO: Ma se prima dicevi che non... ma come pensi di farcela?

BRUNA: Sì, lo so che cosa m'aspetta! e come penso di farcela, non lo so! Ma in quella casa io non ce la mando! Capito?!

DINO: Bruna: ci hai pensato veramente bene?

BRUNA: Sì.

DINO: Non pensi che prima dovresti parlarne con Nico?

BRUNA: Mamma, è mamma mia. Nico non avrà nulla in contrario.

DINO: Senti: io personalmente sono convinto che tu, ora, stai facendo lo stesso sbaglio che Luisa ha fatto quindici giorni fa. Però, se tu sei convinta di quello che dici, non posso che esprimerti il mio apprezzamento. E sono sicuro che questa tua decisione farà molto felice mamma. E perché, allora, non vai tu stessa, di là, a dirglielo? subito!

BRUNA: Sì! Hai ragione.

                   Senza aggiungere altro, si trasferiscono tutti e tre dal soggiorno alla cameretta. Nonna Rosa sembra essersi addormentata.

LUISA: Si è addormentata. Ma penso che questa volta valga la pena di svegliarla.

DINO: Ci puoi giurare!

                   Luisa si porta ad un lato del letto, si inginocchia accanto alla madre e con delicatezza prova a svegliarla.

LUISA: Mamma... mamma...

                   Malgrado i modi cauti e delicati della figlia, Nonna Rosa si sveglia di soprassalto.

NONNA ROSA: Che c'è? che volete?

LUISA: Mamma, scusami se ti ho svegliata...

NONNA ROSA: E' già l'ora?

LUISA: L'ora di che?

NONNA ROSA: E' già l'ora di andare via? Non vi preoccupate: mi preparo subito. Faccio in un attimo!

LUISA: Ma no! Non è l'ora di niente! Stai calma.

NONNA ROSA: E allora perché siete tutti e tre ancora qui?

DINO: Luisa ti ha svegliata perché c'è Bruna che ti vuole dire una cosa.

NONNA ROSA: Bruna! ciao; come stai? E Nico, come sta? e i ragazzi...?

                   Luisa si fa da parte e Bruna prende il suo posto mettendosi accanto alla madre.

BRUNA: Ciao, mamma. Stanno tutti bene, grazie.

NONNA ROSA: Mi devi dire una cosa? che cos'è che devi dirmi?

BRUNA: Volevo dirti che se tu sei d'accordo potresti venire a vivere con noi.

NONNA ROSA: Con te e Nico e i ragazzi?

BRUNA: Sì; se tu sei d'accordo.

NONNA ROSA: A vivere con voi? a... a casa tua?

                   Nonna Rosa si lascia andare, come stremata, sul letto; segue un momento di silenzio generale.

LUISA: Allora, mamma, che ne dici della proposta di Bruna?

NONNA ROSA: E in quella casa non mi ci portate più?

LUISA: No.

NONNA ROSA: Ma io mi ero già preparato tutto!? Come faccio? Ho già preparato anche la valigia...!

DINO: Di questo non devi preoccuparti; penseremo noi a disfare la valigia.

NONNA ROSA: Ma... come faccio a venire a casa tua? Non posso muovermi! E poi, tu non hai posto. Dove mi metterai?

BRUNA: Tu dormirai al posto di Angela che andrà a dormire di sotto, a casa tua.

NONNA ROSA: E Angela, poverina, se ne dovrà andare dalla sua cameretta per colpa mia?!

BRUNA: Non preoccuparti per Angela: lei lo farà con piacere, per te.

NONNA ROSA: Ma no, no! E' troppa confusione! E' troppo traffico! Così vi scombussolo tutte le vostre abitudini!

DINO: Insomma! Ma non ti fa piacere andare a vivere a casa di Bruna?

NONNA ROSA: Ma certo...! ma che dici...? ma certo che mi fa piacere stare con Bruna, però...

BRUNA: (interrompendola con dolcezza) Non c'è nessun però. Tu non devi preoccuparti di nulla; devi solo rispondere a questa domanda: te la senti di venire a vivere con noi?

NONNA ROSA: Ma che dici, Bruna? certo che me la sento! Grazie! Non potevi farmi un regalo più bello! (attira a sé la figlia e la bacia con grande trasporto). Oggi sono veramente felice! (poi, rivolta a Dino e a Luisa) E voi, che state a fare, lì, tutti impalati?! Avanti, su, datevi da fare: venite ad aiutarmi ad alzarmi.

DINO: Questa sì che è un'altra bella notizia! Eccoci pronti ai tuoi ordini!

                   Bruna si fa da parte per consentire a Luisa di avvicinarsi alla madre e di aiutarla a mettersi una vestaglia che nel frattempo aveva frettolosamente preso da qualche parte. Dino intanto si è anche lui avvicinato alla madre e l'aiuta a sollevarsi con il busto per facilitare la vestizione.

NONNA ROSA: E' davvero una gran bella giornata, oggi! (poi, sottovoce, all'orecchio della figlia Luisa:) Lo sai? mica ci andavo tanto volentieri in quella casa per vecchi?!

LUISA: Non pensarci più. Ecco fatto: ora puoi alzarti.

DINO: (dopo averla aiutata a mettere le gambe fuori del letto) Vieni, appòggiati a me. Ora proviamo ad andare verso quella poltrona.

NONNA ROSA: No, no! Non alla poltrona; voglio andare alla finestra!

DINO: Pensi veramente di farcela?

NONNA ROSA: Sicuro che ce la faccio. Oggi è davvero una gran bella giornata! Voglio andare alla finestra. Voglio vedere il tramonto.

BRUNA: Ti piace il tramonto?

              Dino sostiene la madre che si trascina alla finestra.

NONNA ROSA: Non lo so. Pensate quanti tramonti ho visto passarmi davanti agli occhi, nei miei lunghi ottantanove anni. Ne ho visti parecchi... Eppure se vi dovessi dire che effetto mi fa un tramonto, sinceramente non saprei darvi una risposta precisa. Io ho sempre invidiato quelle persone che, se gli chiedi: qual'è il tuo colore preferito? ti rispondono senza esitazione: il rosso -oppure, l'azzurro -oppure, il bianco. Qualsiasi possa essere il colore, ti rispondono in ogni caso decisamente, senza la minima esitazione. E la stessa cosa succede se gli chiedi qual'è il loro fiore preferito, o l'animale, o la pietanza preferita. Hanno sempre le idee molto chiare e precise. Le invidio proprio, queste persone. Io non ho mai saputo decidere in un modo così assoluto ed univoco. Ci sono troppi chiaroscuri, nella vita. E per il tramonto è la stessa cosa. (guardando intensamente fuori dalla finestra) Quanti tramonti ho già visto! Ma fino a pochi minuti fa, non avrei saputo dirvi se mi piacciono o no. Certo, il tramonto è un grande momento magico. Forse è il momento più significativo di tutta la giornata; ed in un certo senso ne è la conclusione. Ma come può piacerti un tramonto che porta in sé l'angoscia di una giornata di stenti, di delusioni, di dolori...?! Può avere i colori più belli e più smaglianti, oppure le sfumature più delicate... No! non può piacerti un tramonto complice di una giornata da dimenticare. Però, altre volte è il momento in cui puoi riprendere un po' il fiato, sia che la giornata sia stata bella oppure più deludente e faticosa che mai. E a volte fa anche un po' paura, il tramonto. E' sempre là ad attenderti, al termine di ogni giornata per chiederti conto di come l'hai spesa; come se dipendesse soltanto da te il modo di utilizzarla bene!? E spesso è inflessibile e spietato, con la tua coscienza, perché non riesce a capire, lui, né a perdonare. Ti critica per il fallimento di quella giornata, e ti mette l'angoscia per come potrà essere per te il domani. A volte è meglio ignorarlo; è meglio fare finta di non vederlo. Se fai finta di non vederlo, forse la notte puoi dormire qualche ora...; se riesci ad evitarlo puoi riuscire anche a non sentirti un fallito. Ora, però, io voglio vederlo! Finalmente posso guardarlo in faccia, il mio tramonto. Deve saperlo anche lui che sto chiudendo una gran bella giornata. E' veramente suggestivo, il tramonto, con i suoi colori e le sue sfumature; ed è bello vedere morire il giorno, quando si è felici. Oggi voglio proprio gustare il vero sapore del tramonto!             

Cala il sipario.

FINE