Il segreto di famiglia

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IL SEGRETO DI FAMIGLIA

Commedia brevissima in 5 momenti

di FRANCESCO HERCZEG

Traduzione autorizzata di Taulero Zulberti

PERSONAGGI

IL PADRE

SANDOR

IDA

EMMA

UN SERVO

PRINCIPESSA

Commedia formattata da

I° MOMENTO

Il Padre                         - (il vecchio barone che una grave malattia tiene immobilizzato nel letto) San­dor, figlio mio, sento che la fine è prossima; in considerazione di ciò ritengo mio dovere... Ascolta, figlio mio: io, in questo momento, devo dirti una cosa molto importante; devo rivelarti un segreto che, di generazione in generazione, viene trasmesso da chi parte a chi rimane, un segreto cui noi dobbiamo la felicità, o, per lo meno, la fortuna...

Sandor                          - (pensando a un tesoro nascosto, con ansia) Un segreto?

Il Padre                         -  Io posso morire tranquillo, sola­mente se tu mi giuri quanto ebbi a giurare a mio padre: di fare omaggio, ogni settimana, di un modesto mazzolino di violette a tua moglie.

Sandor                          - (disilluso) Ma è questo il segreto di famiglia?

Il Padre                         -  Sì, figlio mio; oggi non sei in grado di misurarne l'importanza; però ti dico che a questo segreto noi dobbiamo l'integrità mo­rale e anche materiale della nostra famiglia, del nostro sangue. Devi sapere che dai tempi di Re Ladislao in poi tutti i membri maschi della nostra famiglia furono canaglie senza coscienza e senza carattere.

Sandor                          -  Ma babbo...

Il Padre                         -  Sull'orlo della tomba si dice la verità. Anch'io, nella mia giovinezza fui un fannullone come te. Ti prego, non interrom­permi e non cercare delle scuse e delle atte­nuanti! Del resto, tu non ne hai colpa. La colpa, o, meglio, il germe della medesima, è nel sangue, nel nostro sangue. Siamo bevitori, giocatori, cacciatori di donne... Noi uomini, avremmo mandata in rovina la nostra fami­glia se le donne, le mogli avvedute non l'aves­sero salvata. Mia madre, come la tua, fece appunto questo, e questo farà anche tua mo­glie, purché... Credimi, figlio mio: un maz­zolino di violette è passibile di una gratitu­dine immensa e di sacrifici infiniti. Or bene: vuoi giurare?

Sandor                          -  Sì, babbo, lo giuro!

II° MOMENTO

Ida                                - (moglie di Sandor, leggendo, tra i singhiozzi una lettera) Perfido! Che egli mi ingan­nasse lo sapevo, ma che potesse giungere a questo punto, no! Con la mia più intima amica...

Un servo                       - (entrando) Signora baronessa, è ar­rivata la contessa Emma; attende nel salotto.

Ida                                - (impallidendo) La contessa Emma! Di­tele... No, aspettate, glielo dirò io... (si asciu­ga gli occhi ed esce movendo, con un sorriso forzato, verso la bella amica) :

Emma                            -  Cara, sai che non vedevo l'ora di ri­vederti... Oibò! Che succede? Ma tu hai pianto? Che c'è? Sperò... Chi ha potuto fare del male a questo angeluccio caro? Dimmi, Ida, quello che hai...

Ida                                -  Nulla.

Emma                            -  Tuo marito forse?

Ida                                -  Figurati! Non oso nemmeno pensarlo... Mio marito non è capace di... (entra in quell'istante Sandor; alla vista delle due donne si ferma spaventato, al limitare).

Sandor                          -  Oh, disturbo? Volevo semplicemente, Ida cara, donarti una violetta, il tuo fiore preferito. Ecco! (porgendoglielo) Ed ora me ne vado.

Emma                            -  Tuo marito è un marito ideale... un , cavaliere perfetto per di più... Mi rallegro con te, Ida...

Ida                                -  Sì, è vero. Avrà dei difetti           chi non ne ha, santo Dio, a questo mondo?  ma mi vuol bene: mai si dimentica di me. Gli sono veramente grata...

III° MOMENTO

Ida                                - (cinque anni dopo; è intenta a leggere una lettera inviatale dalla madre; la lettera è del seguente tenore: « Cara Ida, da fonte ben si­cura apprendo che tuo marito, non solo ha divorato la propria .sostanza, ma ha incomin­ciato anche a dilapidare la tua. Mi sento in dovere di avvertirti di ciò, aggiungendo che non potrò in alcuna maniera concorrere a colmare i vuoti provocati dal tenore scape­strato di vita di tuo marito. Io ti do un con­siglio, Ida: di abbandonare quell'uomo in­degno di te e di venire qui in campagna, da me, da tua madre che sempre ti adora. Ri­peto che io non potrò più aiutarvi. Ti at­tendo! ». A questo punto entra la cameriera portando un mazzolino di violette sul quale è scritto: « Amor mio, in procinto di partire per una partita di caccia, ti mando dalla sta­zione un mazzolino di violette unitamente ad alcuni baci rispettosi sulle tue belle mani di fata.  Tuo Sandor »).

Ida                                -  E' un fannullone incorreggibile, un ra­gazzo sventato! Ora, mentre si trova sull'orlo della rovina, pensa ancora alla caccia e alle violette! Che avverrebbe di lui, se seguissi il consiglio di mia madre? Precipiterebbe nell'abisso, mentre io sono forse in grado di sal­varlo. Gli dirò questo: « Senti caro mio; io resterò con te, purché tu mi affidi la gestione completa della roba che ci rimane, e che tu ti rassegni a condurre una vita modesta in una villa di campagna. Solo in questa ma­niera potremo tacitare i creditori e sperare nell'appoggio di mia madre ».

IV° MOMENTO

Sandor                          - (quindici anni dopo;   è seduto in una poltrona, ravvolto in coperte di lana).

Ida                                - (entrando in abito da sera) Be', come stai questa sera?

Sandor                          -  I dolori sono cessati; ma, purtroppo, non posso ballare. A proposito: dove hai de­ciso di andare questa sera?

Ida                                -  Dalla principessa Hatfaludy; è il primo ballo cui partecipa nostro figlio; perciò, ade­rendo alle sue preghiere, ho deciso di accompagnarvelo.

Sandor                          -  Nulla di male. E' sempre preferibile trascorrere qualche ora in mezzo a gente sana e allegra, piuttosto che presso un marito ma­lato di gotta, noioso, brontolone. Va pure, però ti prego di non rifiutare questo piccolo omaggio:   queste poche modeste violette.

Ida                                - (prendendo le violette) Sta bene, posso prenderle, ma non portarle con me; che si riderebbe vedendo una donna della mia età con un mazzolino di violette in mano o ap­puntato sul petto.

Sandor                          -  Tu vecchia?! Quando ti guardo mi sento ringiovanire di trent'anni...

Ida                                -  Di trent'anni! Oh, allora.... allora avevi ben altro da conquistare...

Sandor                          -  Già... E tu sei sempre stata troppo buona. Be', va pure. Ti prego, di' alla came­riera che mi prepari una tazza di thè.

Ida                                -  Te lo preparo io...

Sandor                          -  Ma...

Ida                                -  Rimango. Sandor potrà andarvi da solo.

Sandor                          -  Hai pur promesso alla principessa...

Ida                                -  Ebbi però un giorno a giurare, davanti ai miei genitori, di non lasciarti mai, nelle belle come nelle brutte ore della vita.

 

V° MOMENTO

La Principessa Hatfalud - (un anno dopo; è venuta col pretesto di sistemare un comitato di beneficenza, ma in realtà per tastare il ter­reno a favore della propria figlia che ama, riamata, Sandor, l'unico figlio di Ida) Leg­gete, cara baronessa, la lista delle dame che faranno parte del comitato. (mentre Ida legge, entra suo marito tenendo in mano un mazzolino di violette).

Sandor                          -  Perdonate, principessa; sono venuto per fare il consueto omaggio settimanale a mia moglie. Ecco fatto, ed ora, mentre vi chiedo  scusa,  principessa...

Principessa                    -  Per carità, barone! Rimanete pure, non si tratta di segreti...

Ida                                -  Non vi meravigliate, principessa, di que­sto dono, anche se vi dico che esso vien rin­novato ogni settimana puntualmente, da mol­tissimi anni, anche quando per qualche ragio­ne lui (accennando il marito) è lontano da Budapest.

Principessa                    -  E' davvero commovente questo omaggio; e non avrei mai supposto che in questi anni prosaici vi potesse essere ancora tanta delicatezza d'animo tra due coniugi.

Sandor                          -  Il piccolo omaggio non è che un sim­bolo, principessa. Esso deve significare che dalla nostra luna di miele in poi, nulla è cam­biato. Infatti siamo rimasti gli stessi di venti anni fa...

Principessa                    -  Una simile fedeltà sembrerebbe fantastica, impossibile...

 Sandor                         -  Nella nostra famiglia quest'omaggio è una tradizione. Mio padre fece altrettanto con mia madre, lo stesso mio nonno...

Principessa                    - (fra se) In questa famiglia vi ha il vero senso della famiglia; la mia pic­cola non avrà quindi di che rammaricarsi. Sarà un matrimonio ideale, (a voce alta) Be', ora devo andarmene. Dunque, cara baronessa, siete d'accordo per la lista?

Ida                                -  Perfettamente, principessa...

Principessa                    -  Ah, dimenticavo... Vostro figlio, baronessa, si interessa di caccia?

Ida                                - Oh, è un cacciatore appassionato.

Principessa                    -  Allora, vi prego, cara amica, di dirgli che sarà graditissimo ospite nel nostro castello di Hatfalu; il paesaggio è monotono, ma spero non si annoierà.

Ida                                -  Egli sarà davvero felice, tanto più che preferisce la campagna, la solitudine...

Principessa                    -  Già non può che assomigliare a suo padre. Bene, arrivederci e mi raccomando che vostro figlio non manchi. Mia figlia ne sarà molto lieta. Lieta, perché non può soffri­re i giovani di oggi, preoccupati solamente di divertirsi, fannulloni, senza carattere       - (esce).

Ida                                - (gettando le braccia al collo del marito) Ti ringrazio, idolo caro, delle tue violette; credo che esse abbiano assicurata la felicità e la fortuna di nostro figlio!

FINE