Il settimo si riposò

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SAMY FAYAD

SAMY   FAYAD

" IL SETTIMO  SI  RIPOSO' "

commedia in due atti

ridotta e trascritta in dialetto marscianese

PERSONAGGI:

    Antonio Orefice                                               vedovo

    Gemma                                                    suocera di Antonio

    Teresa                                                     figlia di Antonio

    Gioacchino                                             fidanzato di Teresa

    Gaetano Donnarumma                        cameriere e aiuto sarto

    Filippo Capurro                                               bandito evaso

    Lorenzo Persico                                    maresciallo

    Signora Persico                                    madre del maresciallo

    Intervistatrice

    Professor Notari                                    primario ospedale psichiatrico

    1° infermiere                                          

    2° infermiere

   

    Radiocronisti vari

    1° testimone radiofonico                                        veneto

    2° testimone radiofonico                                        romagnolo

ATTO   PRIMO

(Mattino inoltrato di maggio. Salotto con divano e tavolinetto , due sedie e altro tavolinetto con telefono e un registro. Da una parte troneggia un canocchiale. Il battente della porta di destra, che immette nella camera di Antonio Orefice, è interamente coperto da un cartello; vi è scritto a grandi caratteri:

E'  DOMENICA

SILENZIO

GRAZIE !

Sul terrazzo, a sinistra,  una donna, Gemma, è intenta ad innaffiare i fiori versando acqua da un secchio. La radio trasmette musica, che sfuma pochi istanti dopo l'apertura del sipario)

VOCE DELLA RADIO - Notizie del giornale radio.   (Gemma si precipita all'apparecchio senza abbandonare il secchio e alza il volume)

RADIOCRONISTA -  Il famoso bandito Filippo Capurro, camorrista non pentito, di natali umbri ma vivente ed operante nel napoletano, evaso ieri dal carcere di San Vittore, sarebbe stato avvistato nel Veneto, da dove vi parliamo. Il signor Anselmo Ostreghi, che è qui con noi, sostiene di aver visto un uomo i cui dati somatici corrisponderebbero a quelli del bandito.

TESTIMONE - (con marcato accento veneto) Xe proprio vero, porca vaca! Ier sera, poco dopo magnà, go visto 'n omo che l'era smontà da 'na machina, ostrega...

RADIOCRONISTA - La famosa Tipo azzurra targata Pavia...

TESTIMONE - No, l'era 'na sinquesento rossa, targata Torino, ostrega. Xe sceso e s'è messo a caminar, fiol de 'n can, e cantava, cantava 'na cansoneta napoletana, me par, O sole mio, come se ciama, mi non so, ostrega, mi son de la Liga Veneta, porca vaca!

RADIOCRONISTA - Ciò lascia supporre che Filippo Capurro sia diretto verso il confine austriaco o sloveno. Guardie confinarie, elicotteri e cani poliziotto setacciano la zona. Si spera che la cattura del pericoloso evaso possa avvenire nel giro di poche ore.

(Trilla il telefono. Gemma ha un sussulto, spegne la radio e alza la cornetta)

GEMMA - (sottovoce)Di qui casa Orefice, e voe con chi chiacchiero? (fa un gesto di sopportazione)  Gioacchino, so' mesi che ve dico: la domenica prima de mezzogiorno n'ete da telefonà. Quello se sveja e se la pija con me!   (pausa)   No, Teresa 'n c'è, è annata a la messa.  (sospira, guarda per aria e parla meccanicamente)  Si, cocco, stanotte v'ha sognato e prima d'uscì m'ha detto: quanto je vojo bene ta Gioacchino mio! Chissà stamattina con quale malattia grave se sarà svejato?  (pausa) Si, v'aspettamo a pranzo. Si, si, 'l so ormai: pasta 'n bianco e fettina al vapore, 'l solito, sissignore. Gioacchì, pe' stà più tranquillo, portateve 'na canottiera de ricambio e 'n ve preoccupate, chiudemo tutte le finestre così le passate 'n ve raffreddono, stete sicuro! Arvedecce, si... si... arvedecce.

(Riaggancia. Guarda verso la porta di Antonio tendendo l'orecchio. Si avvicina alla porta, fa per aprire, ha un attimo di titubanza ed entra nella camera in punta di piedi portando con sé il secchio. Per un istante scena vuota. Sul terrazzo appare Gaetano Donnarumma. E' un giovanotto dall'aria svagata; porta piegato sul braccio un abito dentro un sacco  di plastica trasparente. Entra dalla porta del terrazzo senza bussare e si porta al centro della stanza. Donnarumma ha un difetto di pronuncia; non si tratta di balbuzie vera e propria, quanto di un inceppamento che si verifica durante il discorso nei momenti più impensati)

DONNARUMMA - (con voce normale) Permesso?  (più forte) Permesso?  (urlando) E' permesso?   (pausa)Chi tace acconsente....   (urlando) Oh, io so'... (inceppamento) ... entrato!

    (Gemma esce fuori veloce, ma di soppiatto, dalla camera di destra, riponendo qualcosa in seno)

GEMMA - Ssssst! Chi è?

DONNARUMMA - (gridando) Bongiorno!

GEMMA - (quasi sussurrato, ma con ira)  Stete zitto, ch'urlate, 'n colpo?

DONNARUMMA - (impressionato)  Che c'è?

GEMMA - (indicando il cartello) 'N sapete legge?

DONNARUMMA - (ancor più impressionato) E no, cocca! A scola 'n ce so' annato!

GEMMA - Però, che ve pijasse 'n colpo, urlà sapete urlà!

DONNARUMMA - Signora, me credevo che eravate... (inceppamento) ... sorda!

GEMMA - Giovanotto, 'n to sta casa, la domenica, ce sta la guerra fredda: nun ve ce mettete pure voe. A proposito, chi sete?

DONNARUMMA - (presentandosi con un inchino)  Gaetano Donnarumma, pe'... (incepp.)... servivve, nato a Sorriento, come dice 'l cognome, ma cresciuto e vissuto a Perugia, da 'na zia de la mi' mamma.

GEMMA - (indicando il pacco) Ho capito, sete 'l garzone della sartoria "Le Forbici d'Argento".

DONNARUMMA - No, io fo 'l cameriere al ristorante "Rasagnolo d'Oro", ma non sono 'l cameriere ti... (incepp.)

GEMMA - Timido.

DONNARUMMA - (fa cenno di no con la mano) Ti... (incepp.)

GEMMA - Tifoso.

DONNARUMMA - (sbloccandosi) Titolare. 'L padrone del ristorante me chiama de rinforzo i giorni de festa, quanno c'è affollamento de gente dai paesi vicini e i tur... (incepp.)

GEMMA  -  ... i turchi.

DONNARUMMA - Qualche volta vengono a magnà anche i turchi. E vo', come facete a sapello?

GEMMA - Io? E che ne so io dei turchi?

DONNARUMMA - Signò, scusate, i turchi l'ete detto voi.

GEMMA - Gaetano, voi ete detto i tur... i tur... e io, p'aiutavve, ho detto i turchi. Che ne so' che volevate dì?

DONNARUMMA - ... i turisti. Nei giorni di festa vengono anche i turisti dai dintorni e così 'l padrone me chiama de rinforzo.

GEMMA - E parlate chiaro!

DONNARUMMA  - E mica parlo così pe' divertimme!

GEMMA - Gaetano, fijo mio, stete messo propio bene: anaffabeta, ve 'mpuntate 'n to 'l parlà e me parete anche 'n poro disgraziato. Che sperate dalla vita?

DONNARUMMA - Gnente: deteme 'na pistola che me sparo, si ve fà piacere!

GEMMA - Prima tentate 'na curetta...

DONNARUMMA - De che?

GEMMA - E che ne so? Ormoni, vitamina B 12, aspirina... Se venivate prima, c'evo al telefono Gioacchino, 'l fidanzato de la mi nepote, la cura ve la dava lue!

DONNARUMMA - E' dottore?

GEMMA - No, è ammalato! Bè, Donnarumma, che volete?

DONNARUMMA - Ho portato 'l vestito al sor Antonio Orefice che 'l sarto, 'l mi padrone, j'ha aggiustato i calzoni.

GEMMA - Allora voe lavorate anche col sarto, col sor Peppino...

DONNARUMMA -  Io so' venuto al posto suo, perchè quello, 'l sor Peppino, è morto ... (incepp.)

GEMMA -  (con uno strillo) E' morto 'l sor Peppino!   (cade a sedere facendosi aria con la mano)  Oddio mio, che disgrazia!

DONNARUMMA - ... è morto de fatica. (Gemma lo fissa stralunata)  Signò, 'l sor Peppino cia da fà i vestiti pe' du' sposalizi e è morto de fatica.

GEMMA - (assai pacata)  Donnarumma, sti spaventi, ta me, nun me le dovete fà pijà.  (con un urlo)  Nun me dovete spaurà, ete capito?

DONNARUMMA - (arretrando spaventato a sua volta)  E manco vo' ta me, però! (si mette a sedere, una mano sul cuore. Restano a fissarsi, affannati)  E che voe... voe... lasciate le frasi ... (incepp.) ... a metà!

GEMMA - Io? Parla uno bono!

DONNARUMMA - E allora le capite a metà! Aspettate, n'ete fretta... (riprendono fiato entrambi)

GEMMA  -   (alzandosi e sforzandosi di restare calma)  Gaetà, posate 'l vestito e portate i saluti ta 'l sor Peppino.

DONNARUMMA - Oltre che i saluti, j'ho da portà anche le cinquantamila lire che me deve dà 'l vostro marito.

GEMMA - (con sussiego, naso all'aria) Antonio 'n'è 'l mi marito, è 'l mi genero. Domani passa lue a saldà.

DONNARUMMA - Noe, cocca. Si artonno senza le cinquantamila lire, 'l sor Peppino n'pole comprà la fodera p'i vestiti dei sposalizi.

(Trilla il telefono)

GEMMA  -  (va a rispondere)  Di qui casa Orefice, e voe con chi chiacchiero?  (spazientita)  Aaaaah, Gioacchino! No, Teresa n'è 'ncora tornata...  E che ne so' si la messa è cantata... Don Silvio avrà fatto la predica più lunga... e si voe l'ete cronometrata ta me che me 'mporta?... Come? Nuvole su Civitella?  (guarda fuori)  Ma che nuvole, Gioacchì! Nossignore!   (gridando)  O cocco, si nun ve fidate, telefonate ta 'l Bollettino Meterologgico de l'Aronautica!  (riattacca arrabbiata)

(Sulla soglia della porta di destra appare Antonio Orefice. Ha una cinquantina d'anni, indossa un pigiama. Il piede destro è affondato nel secchio, nella mano destra sorregge una pantofola. Antonio si appoggia allo stipite, sbadigliando e grattandosi il capo con la mano che impugna la pantofola. Guarda intensamente i due, poi il cartello sulla porta, quindi abbassa lo sguardo e solleva il piede imprigionato nel secchio)

ANTONIO -  Guardate 'n po' di qui...

GEMMA - (tentando un sorriso) O Signore...

DONNARUMMA -  Antonio, che sete 'ngessato?  (Antonio raggiunge il divano a passo strascicato)

GEMMA -  (mascherando il proprio imbarazzo) Ma come, uno mette i piedi per terra e 'n s'accorge che ce sta 'n secchio...   (Antonio siede sul divano e osserva il secchio)

ANTONIO -  ( a Donnarumma)  Ta voe nun ve conosco, ma comunque dovete sapé che 'n compramo mai gnente da vu' cumprà. Comunque... conoscete la legge delle probabilità?

DONNARUMMA - No.

ANTONIO - Me l'immaginavo. (osserva il secchio) Io so' abbonato a " Le Scienze", a "Focus", a "Airone" e seguo sempre le trasmissioni de Piero Angela, ma il caso de 'na secchia che arriva da sola 'n to 'no scenniletto nun è contemplato da nissuna legge statistica!   (Pausa. A Gemma, senza acredine)  Quindi, 'n cristiano che se sveja e mette i piedi fori dal letto s'aspetta de trovà le ciabatte.  (a Donnarumma)  Se dico male , correggeteme.

DONNARUMMA - Voi dicete... (incepp.) ... benissimo.

ANTONIO - Però me dà l'impressione che nun ne sete convinto.

DONNARUMMA - Io? E come no!

ANTONIO - E no! C'ete fatto la penzata!

DONNARUMMA - No, è che me so' 'nceppato. Io parlo 'n po'... (incepp.) ... curioso.

ANTONIO - 'Ntartajate?

DONNARUMMA - Eh, 'na specie.

ANTONIO - Allora, come non detto, scusate.

DONNARUMMA - Prego.

ANTONIO - E poi ci sta 'l fatto che oggi è domenica. Leggete quel cartello, per favore.

DONNARUMMA - Nun posso.

ANTONIO - Che sete miope? Ciò 'n amico che fà l'ottico,  ve manno da lue, così conoscete anche la su' famija: tutti ottici, ve fanno j'occhiali a bon prezzo! Io, vedé, ciò comprato anche 'l canocchiale!

DONNARUMMA - No, è che... vedete... io so' anaffabeta!

ANTONIO - Pure! (allargando le braccia) Cocco mio...

DONNARUMMA - (prevenendolo)  Si, ho capito: so' 'nguaiato! Da domani provo co' la vitamina B 12.

ANTONIO - Eh, provate, provate.  (pausa)  La domenica. Uno direbbe: dopo che per sei giorni il signore s'è spezzato la schiena ta 'na scrivania e ha passato nottate su nottate al canocchiale, la domenica il signore avrà anche 'l sacrosanto diritto  de riposasse! Sì, ete voja a appiccà i cartelli!  (solleva il piede imprigionato)  Queste so' rose e fiori, amico mio. Penzate che du' mesi fa, su lo scenniletto, me ce lasciò 'n rastrello co' le punte all'inzù: me portarono al Silvestrini co' l'autombulanza a fà l'antitetanica!

DONNARUMMA - 'Nguastisce... (incepp.  Antonio gli batte sulla schiena)... 'nguastisce si fosse vero!

ANTONIO - (dopo averlo guardato a lungo) Parecchia, me raccomanno, de vitamina B 12, parecchia...  ( da dentro il pigiama tira fuori il portafoglio e conta le banconote)... Allora... co 'l sor Peppino eravamo armasti pe' cinquanta mila... dieci, venti, trenta, quaranta... Ieri di qui ciò messo cinquantamila lire che devo dà ta 'l sarto. (a Gemma)  Posate le diecimila lire che mancono.

GEMMA - Ta me ste cose? Adesso me se accusa anche de furto, 'n to sta casa!

ANTONIO - (a Donnarumma, facendo per alzarsi) Giovanotto, adesso ve fo assiste a 'no spettacolo de spojarello a scopo perquisizzione!

DONNARUMMA - Per carità, sor Antonio, io so' iscritto a l'Azzione Cattolica  e per vedé 'no spojarello m'ha da dà 'l permesso 'l vescovo!   (a Gemma)  Signò, ve scongiuro, ardateje le diecimila lire.

(Gemma prende il denaro dal seno e lo dà a Antonio, poi con voce alterata e commossa)

GEMMA - 'N to sta casa i soldi nun bastono mai, si 'l volete sapé. Al ventisette del mese lue me dà 'na mezza milionata dicendo "Fatevele bastà" e per lue i penzieri so' finiti. E io, la pora disgraziata, devo provvede a la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Se qualche volta... come stavolta... me so' permessa de mette mano ta 'l vostro borzellino è stato per...

ANTONIO - Perché stete a ardunà i soldi pe' compravve la televisione!

GEMMA - (insorgendo irata) Sissignore, la televisione! Ce l'hanno tutti, ce semo armasti solo noi senza! Ve fa anche vergogna!

ANTONIO - Pe' le notizie basta e avanza la radio! Poi voe e la mi' fija leggete tutte quelle stupidaggini, i fotoromanzi, Novella 2000... gnente! Gnente televisione! St' anno ho fatto la spesa del cannocchiale.

GEMMA - E già! Lue lo spasso se l'è procurato e noi donne, pore cojone, emo da stà a fà la calzetta!

ANTONIO - (a Donnarumma) E me lo chiama spasso!  (offrendogli la parte destra del corpo) Per piacere, toccate qua.   (Donnarumma, timoroso, tocca)

DONNARUMMA - E 'na paralise!

ANTONIO -  Secondo voi che po' esse?

DONNARUMMA - Se direbbe gravidanza, ma, a guardà mejo, è da esclude; potrebbe esse gonfiore 'ntestinale, certo che è 'na bona trippa gonfia!

ANTONIO - No, è 'l fegato 'ngrossato.  (portando la mano di Donnarumma dalla parte sinistra) E adesso toccate qua.    (Donnarumma tocca)

DONNARUMMA - Un altro fegato?

ANTONIO - E' sempre lo stesso, solo che lo spasso - come lo chiama la signora - me l'ha fatto arrivà anche a sinistra.

GEMMA -  Sete voi che lo volete!   (a Donnarumma)  Tutte le notti a agguerciasse j'occhi n' to sto cannocchiale a spià quel che fà Vincenzo Camporeale.   (ad Antonio)  Perché nun ve 'mpicciate dei fatti vostri?

ANTONIO -  (scattando, per la prima volta)  I fatti de Vincenzo Camporeale so' fatti anche miei! Un impiegato col mi' stesso stipendio e de la stessa anzianità nun po' fà quella vita da nababbo. La televisione, sì! Manie de grandezza! Voi dovevate fà la socera ta Vincenzo Camporeale, dovevate, no ta me!  (si alza, raggiunge trascinando la gamba il cannocchiale, lo punta e osserva)  Ecco qua, 'l gran signore: le perziane so' 'ncora chiuse e lue dorme come 'n angioletto. Camporeale dorme. Antonio Orefice, 'nvece, suo pari grado... (si morde un dito. A Gemma)  Insomma, io ta chi ho sposato, ta voe o ta quella poretta della vostra figliola?

GEMMA - Manco la nominate, ta la mi' fija! Pora disgraziata! Dovevate sposà una de la vostra età e no fà girà la testa ta 'na ragazzina! De chiacchiere, me l'ha 'mbriacata de chiacchiere, sto farabutto! Poteva esse la vostra fija...

ANTONIO - (a Donnarumma) Voi la sentite?  (dubbioso, con altro tono)  Ci sentite bene, almeno?

DONNARUMMA - Si, si... l'udito sta a posto.

ANTONIO - E' già qualcosa.  (col tono iniziale) Io, ta questa, la sto a sopportà da vent'anni. La mi' pora moje, che era la su' figliola, me morì de parto...

GEMMA - (commossa)  Per forza: l'avete obbligata a fà du' gemelli.

ANTONIO - Io, l'ho obbligata?

GEMMA -  Perché, non sete voi 'l padre?

ANTONIO - Gemma, risponnete ta me: e che uno pija e dice ta la moje: vien qua che adesso facemo du' gemelli?

GEMMA  (ringhiosa)  Sì, voe sì, perché sete 'n debosciato, 'n maniaco sessuale, stete sempre a penzà ta quella cosa di lì!

ANTONIO -  (a Donnarumma, imponendosi la calma) La mi' pora moje, dicevamo, morì durante 'l parto. Le creature, i du' gemelli, avevano bisogno di latte, d'affetto, de cure. 'Nsomma, de 'na donna 'n casa. Le cure e l'affetto , va bene: ma 'l latte, gliel' potevo dà io? E do' li attaccavo? Così, lia, Gemma, la socera, venne a stà a casa con me. Gli anni so' passati, i fiji so' cresciuti, 'l maschio stà a fà 'l militare e la femmina, Teresa, sta con me e fra poco se sposa con Gioacchino. 'L latte ne 'l pijono più, 'l bagno se 'l fanno da soli, ma lia, Gemma, sempre qua!

DONNARUMMA - Ma guarda, poretto! Uno deve sopportà la socera senza avecce manco la moje!

ANTONIO - Bravo, bravo Donnarumma, ete parlato come 'n libbro stampato! (gli stringe la mano)  Annate a arcontà la mi' vita ta Camporeale...  (guarda attraverso il cannocchiale) Dorme!  (con improvvisa decisione, compone un numero al telefono e parla con voce affettata) Pronto? Casa Lillacci? Nooooo? Oooooh, mi scusi! Con chi parlo? Camporeale? Scusi tanto, devo avé sbajato numero... Spero di non avevve disturbato... (riattacca)  E così è sonata la sveja anche pe' Camporeale!  (a Donnarumma)  Centotrenta de pressione, manco 'n capello bianco, un fisico da atleta!

DONNARUMMA - E magari cià 'na moje orfana de mamma!

ANTONIO - Moje? Camporeale cià 'na femmina al giorno. Quann'è la sera che artonnamo dall'ufficio, io me piazzo dietro 'l cannocchiale e osservo: tutte le mejo donne del paese e circondario, tutte, tutte quante sfilono, una al giorno, in casa de Camporeale!

DONNARUMMA -  (a Gemma)  Signò, e voe annate cercanno la televisione!

ANTONIO - (mostrando il cannocchiale) Donnarumma, a questo strumento io ciò dovuto appiccà la cenzura. Io ciò 'na fija signorina, me capite?, e si per caso je viene l'estro de guardà di qui dentro, a vedé tutte le orge de Camporeale quella me se guasta, je pijono le voje strane! Ma le donne sarebbero 'l meno. Appartamento con sette stanze, tripli servizi, infissi in legno pregiato, mobili in stile, Luigi Filippo, fratino e provenzale, per le stanze quello brucia essenze esotiche, a pasto lui pasteggia con sciampagne francese!  (prende dal tavolinetto il registro e battendoci la mano sopra)  Tutto scritto qua, tutto registrato. Ma verrà 'l giorno dell'inchiesta, a costo de scomodà Di Pietro! Soneranno anche per Camporeale le trombe del Giudizio!  (si rimette a sedere. A Donnarumma)  Ma a proposito, voe chi sete?

DONNARUMMA - Io sarebbe 'l cameriere supplente del ristorante "Rasagnolo d'Oro", col vostro permesso.

ANTONIO  - (armeggiando per liberare il piede) Com'ete detto, fesso?

DONNARUMMA - No, io ho detto: col vostro permesso!

ANTONIO - Scusate, evo sentito male.

DONNARUMMA - Prego, non è 'l caso. Fo però anche qualche faccenna pe' 'l sor Peppino, 'l sarto. Vedé, vo portato 'l vestito aggiustato.

ANTONIO - Ah, bravo.  (armeggia)  Donnarumma, me date 'na mano?

DONNARUMMA - E come no, n'ete altro che da comannà.

 (si inginocchia e tira il secchio con violenza. Antonio cade a terra battendo il sedere e dopo averlo guardato fisso esclama)

ANTONIO - Giovanotto, me dovevate aiutà a sfilà 'l secchio, nun v'evo ordinato de strappamme 'l piede!

DONNARUMMA - Allora facemo così: io giro 'l secchio da destra a sinistra e voe girate 'l piede da sinistra a destra e vedemo... (incepp.)

ANTONIO - Vedemo.

DONNARUMMA - Vedemo che succede.

ANTONIO - Che succede?

DONNARUMMA - Vedemo che succede.

ANTONIO - Ah, vedemo che succede.  (si rimette a sedere sul divano, armeggiano. Pausa)

DONNARUMMA - Non succede gnente.

ANTONIO - E gnente po' succede, perché, vedé, 'l piede mica sta avvitato!

DONNARUMMA - Nooo?

ANTONIO - No, è solo 'nfilato dentro al secchio.

DONNARUMMA - Allora facete così: attaccateve ta 'l divano e io tiro 'l piede.

ANTONIO - Piano, però, sinnò, assieme al secchio, viene via anche ' piede!

DONNARUMMA - Nooo! Tutt'al più ve lo scorticate, ma tanto, che ve frega ta voe, l'antitetanica l'ete fatta! Sor Antonio, stenneteve sul divano: e voi, signora, chiappatelo per sotto le 'scelle.

(Gemma afferra Antonio per le ascelle. Donnarumma allunga la gamba imprigionata di Antonio e vi si mette cavalcioni)

ANTONIO - Donnarumma, se adesso c'ete 'ntenzione de scocciamme la gamma, lasciate perde che 'l piede sta bene do' sta!

DONNARUMMA - Nun ve preoccupate: semo pronti? Via!

(Tira: Antonio scivola verso di lui, Gemma lo tira indietro, Donnarumma ripete. Si verifica un rapido viavai).

ANTONIO - Se la cosa se prolunga, è mejo che me pijo 'na compressa pe' 'l mal de testa: me stete a fà venì 'l capo storno!

DONNARUMMA -  (a Gemma)  Ma dentro 'l secchio che c'ete messo, 'l vinavil?  (ad Antonio)  Provamo a pancia sotto. Ve dispiace?

ANTONIO - No, ta me no, tanto 'n qualche modo la domenica l'evo da passà!

DONNARUMMA - (a Gemma) Signò, pijatelo sotto al mento e ne l' lasciate.

GEMMA - Lo posso pijà pe' le orecchie? Me fanno più presa.

DONNARUMMA - No, perché basta che sgarro la velocità e voi armanete co' le orecchie n' to le mano!

ANTONIO - (Gemma lo afferra sotto il mento) Donnarumma, vedete de non sgarrà la velocità sinnò questa me spezza l'osso del collo!

DONNARUMMA - Pr... pr... pr...   (inceppamento)

ANTONIO - O cocco, ce manca altro che ve mettete a fà anche i rumori col dietro!

DONNARUMMA - Noooo! M'ero 'nceppato! Allora, semo pronti?

ANTONIO e GEMMA - Pronti!

(Donnarumma monta sul divano e si mette a sedere sulla schiena di Antonio, volgendogli la propria)

ANTONIO - O Dio... soffoco... o Dio... aiuto!

DONNARUMMA - Ecchice, emo fatto! Pochi secondi!  (tira invano)

(sul terrazzo, mentre si fanno le grandi manovre si è affacciata una donna . E' una giornalista che svolge un'inchiesta sul tempo libero. Sprizza efficienza, sicurezza, ottimismo. Sfoggia un paio di occhiali vistosi, indossa una corta gonna ed ha sottobraccio una cartella di pelle)

INTERVISTATRICE - Buongiorno, è permesso?

ANTONIO - ( con voce soffocata)  Chi è?

GEMMA - (con diffidenza)  Che volete?

INTERVISTATRICE - Dov'è il signor Orefice? (lo scorge, gli si avvicina. Antonio ne scorge solo le gambe un po' scoperte)  Ah, eccolo qua. Spero di non disturbare.

ANTONIO - (con un sorriso alle gambe) Per carità...

GEMMA - (allontanandola dalla vista di Antonio) E invece ci avemo tanto da fare.

ANTONIO - Gne date retta, signorina. Avanti, avanti, ta me la gente me piace de guardalla 'n faccia!  (Gemma freme)

INTERVISTATRICE - (ad Antonio) Ho un appuntamento con lei, sa?

GEMMA -  Ah! Ma come, in questa casa! In casa le fate venire, le donne!

INTERVISTATRICE - Signora, io sono un'intervistatrice dell' ITL, Istituto per l'indagine sul tempo libero. Sto conducendo un'inchiesta su come trascorre il tempo libero, vero?, il lavoratore medio italiano.  (ad Antonio)  La ditta presso la quale lei lavora mi ha fornito il suo indirizzo perché io possa rivolgerle alcune domande... (con un sorriso)... a quattr'occhi, non avrà difficoltà, spero...

ANTONIO - Adesso come adesso, l'unica difficoltà che provo, cara signorina, è quella che respiro a fatica.

INTERVISTATRICE - (saputella)  Capisco: nevrosi con angoscia respiratoria  (birichina)  E si sta facendo psicanalizzare da questo dottore... (guarda perplessa Donnarumma che la osserva a bocca spalancata) Il sistema, che non conosco, fa evidentemente parte di una nuova scuola di psicanalisi che si distacca da quella freudiana... Bene, siccome vedo che è occupato, possiamo rinviare, tra un'oretta, diciamo. Ho qualche intervista da fare nella zona.

GEMMA - Non potreste tornare tra otto giorni, signorina? Magari in un giorno feriale...

INTERVISTATRICE -  No, no, no. L'esperienza ci insegna che queste indagini riescono meglio quando si tocca con mano, per usare un eufemismo...

GEMMA - (battagliera) Che volete toccà voe? L'eufemissimo?

INTERVISTATRICE - Voglio dire, signora, che trascorrendo col soggetto qualche ora del suo tempo libero, ci si rende meglio conto di come trascorre il tempo libero il soggetto, che è, per usare un altro eufemismo, messo a nudo...

GEMMA - Madonna santa del rosario, quil che me tocca sentì 'n to la casa della mi' pora fijola!

INTERVISTATRICE - (ad Antonio) Spero che non le dispiaccia aprirsi con me...

ANTONIO -  Con piacere, signorina, con vero piacere, a' voja io si m'apro... si anche vo' v'aprite...!

INTERVISTATRICE - A presto allora: e in gamba, signor Orefice, in gamba. Buongiorno a tutti.   (esce passando per il terrazzo).

GEMMA - Antonio, se sta svampita armette piede 'n to sta casa, io fo succede 'n quarantotto.

ANTONIO - Ma quale quarantotto! Era 'na visita d'ufficio!

GEMMA - Sì, d'ufficio!

DONNARUMMA - Scusate se m'intrometto, signò, ma... ta Camporeale tutto e ta 'l sor Antonio gnente? Pe' 'na volta che ta 'n poro disgraziato je capita l'occasione...

GEMMA - Stete zittino, cocco! Eh!

ANTONIO - Gaetà, o ve spicciate o me mannate a pijà 'na bombola d'ossigeno!

DONNARUMMA - Stete calmino, 'n du' secondi emo fatto.

(Punta i piedi contro il secchio e spinge con forza. Antonio, tirato da Gemma e da Donnarumma, perde il precario equilibrio e rovina a terra, bocconi, immobile. Donnarumma si curva su di lui)

DONNARUMMA - Sor Antò, a momenti caschevate...!

ANTONIO - (senza muoversi) Annate via, artonnate al ristorante.

DONNARUMMA - E mica posso lasciavve così.

ANTONIO - Nun fà gnente, Gaetà. Passo la domenica così. Consideramolo a sconto d'i mi' peccati!

DONNARUMMA - 'L sapete che fo?  Vo a cercà 'n fabbro e me fo prestà 'n martello e 'no scalpello. Vojo vedé chi cià più tigna, 'l secchio o io.

ANTONIO - Lasciate perde, ve dico, già la domenica per me è rovinata, nun ve la rovinate anche per voi. Pijateve le cinquantamila lire, salutateme Peppino e annate 'n pace e che ve possi campà cent'anni!

DONNARUMMA - No,no: è 'na questione de principio. Artonno fra 'n po' e ve libero.

ANTONIO - (mentre Donnarumma esce dal terrazzo) Non artonnate, non artonnate, fateme 'l piacere!   (si mette a sedere a fatica sul divano, allunga la gamba imprigionata e la poggia sul tavolinetto. Incrocia le braccia e guarda il soffitto, fischiettando. Gemma scoppia a piangere. Egli la osserva e poi le si rivolge, minimizzando)   Smettetela, smettetela de piagne: tanto la televisione nun se compra!

GEMMA - Nun piango pe' la televisione.

ANTONIO - E allora, cara socera, si nun piagnete pe' la televisione, perché piagnete? Forse perché me volete fà passà 'n altra domenica avvelenata?

GEMMA - (sempre piangendo) E nun me chiamate socera! Semo nati tutt'a due nel 46! Io piagno perché, di fronte a 'n estraneo, m'ete rinfacciato vent'anni de sacrifici, dopo che ta le vostre creature le ho arlevate io, j'ho dato 'l latte io, col mi' seno!

ANTONIO - Piano 'n passo: le creature so' cresciute col biberon e 'l latte artificiale, cara socera. Caso mai, le ha nutrite il seno della Farmaceutica Carlo Erba!

GEMMA - (commossa) Chi le teneva 'n collo? Chi je cambiava i pannolini e je faceva 'l bagnetto? Chi ha fatto le nottate quanno s'ammalavono?

ANTONIO - Voi, socera.

GEMMA - Chi gli ha fatto move i primi passi, chi gli ha raccontato le prime profagole?  (col tono di chi racconta una favola) "Che occhi grandi che hai, nonna!"   "Per guardarti meglio, piccina mia"   "Che bocca grande che hai, nonna!"   "Per mangiarti meglio, Cappuccetto Rosso!"   (fa un orrendo ruggito, imitando il lupo della favola)

ANTONIO - (rabbrividendo) 'Na paralise, che paura!

GEMMA - (riprendendo a piangere) Sono stata nonna e madre, e voi ete sopportato 'na socera  senza manco avecce 'na moje, io so' stata sposa e mamma senza marito! Io, giovane anch'io, coi turbamenti dello spirito... e i fremiti della carne...!

ANTONIO - Ardaje, veh, sempre di lì artonnamo a batte!   (categorico)  Socera, la nonna dei mi' fiji io nun la sposo, né oggi né mai!

GEMMA -  (gridando)  E chi ve vole! Ta voe ve ce vorrebbe 'na donna come quella ch'è appena uscita, 'na vamp, una che v'arporta a casa 'n sacco de... corni! Anzi, 'l sapete che ve dico? Io v'abbandono e artonno a Deruta!

ANTONIO - (col tono di chi ha fatto il callo a simile minaccia)  Si,si... domani!

GEMMA - Che credete, che io 'n ciò de che campà? A Deruta...

ANTONIO - ... A Deruta voe c'avete du' case e 'n negozietto de coccetti. Altre tre fije sposate, otto nipoti, du' fratelli e 'no zio prete paralizzato. A Deruta. Però, con tutta sta ricchezza de beni mobili e immobili e collo zio prete paralizzato che ha bisogno de carità cristiana, voe stete sempre di qui, a tormentà ta me! Ma che ho fatto, Padreterno, per meritamme 'n simile pilotto? Nun bastava Camporeale?

GEMMA - Antonio, si nun la smettete d'offendeme, stavolta 'l dispetto ve 'l fo davvero.

ANTONIO - Si... so' diec'anni che sto a spera 'n to sto dispetto!

GEMMA - Basta, me ne vado oggi stesso, anche se chi ci perde è quella cocca de la vostra fija, la mi' nipotina adorata. Oggi stesso.   (piangendo)  Me ne vo fra otto giorni!

ANTONIO - Ma n' avevate detto oggi stesso?...

GEMMA - Oggi pijo la decisione.  (minacciosa) Prima d'annammene vojo vedé come passate 'l tempo libero con quella dell'intervista, vojo vedé come v'aprite voe e come s'apre lia, quella zozzona! E poi, fra otto giorni... (piange)  ... come 'na serva, me tratta come 'na servaccia!

ANTONIO - (sfiduciato) E 'l sapevo.  (dal terrazzo entra di corsa Teresa, eccitata e affannata. Porta un giornale in mano)

TERESA - Mamma mia che emozione!  (Pausa. Li guarda prima di annunciare) Ho visto Capurro!

ANTONIO - Chi hae visto?

TERESA - Capurro, Capurro!

ANTONIO - Teré, non dimo sciocchezze. Come fa a esse 'ncora vivo? C'avrà più de cento anni...

TERESA - Chi è che cià cent'anni?

ANTONIO - Capurro, lasciatelo dì da me, che so'  'n intenditore.

TERESA - Cent'anni de galera?

ANTONIO - Perché, mo' ta uno che scrive le canzonette, 'l mettono per forza 'n galera?

TERESA - Papà, ma te che Capurro hai capito?

ANTONIO - Perché, quanti ce ne so'? Capurro, l'autore de quella canzonetta napoletana... io me ne 'ntenno, 'l sae, no? Quanno ero giovane me chiamavono a cantà, durante 'l Carnevale, a fà le serate e io le so' tutte, le canzonette de 'na volta, veh! Capurro è quello che ha scritto:  (accenna)  "Chi me pija pe' francese, chi me pija pe' spagnola, ma so' nata 'o Conte 'e Mola..."

TERESA - Io 'l Capurro che dici te, manco so' chi è. Io dicevo che ho visto  Capurro 'l bandito, quello che è evaso.

GEMMA - Teresì, a st'ora Capurro sta verso 'l Brennero.

TERESA - Dieci minuti fa stava fori da la chiesa, anzi, me pare ch'è entrato di lì al bar d'Ambrogi a pijà 'n caffè!

GEMMA - Teré, l'ha detto la radio mezz'ora fa.

TERESA - E io te dico che l'ho visto quanno so' uscita da la messa!

ANTONIO - Ma come, uno scappa dal carcere a Milano, pija la strada per Bolzano, poi c'arpenza, argira e viene a pijà la messa a Marsciano... Ma famme 'l piacere...!

TERESA - S'è mischiato tra la gente ch'usciva da la messa pe' nun fasse arconosce.  (apre il giornale) Eccolo, vedé, la fotografia: tale e quale.

GEMMA - (con un sussulto, osservando la foto) Madonna mia! Terè, chi te ricorda?

TERESA - Chi me deve ricordà?

GEMMA - Guarda bene, cocca mia: 'l taglio degli occhi, l'attaccatura dei capelli...

ANTONIO - 'L diavolo!

GEMMA - Voe zittino! (a Teresa) Raul Bova! Oppure, Claudio Baglioni!

TERESA - Eh... po' esse....Tale e quale!

GEMMA - No, nun po' esse...  (sospirando)  Magari potesse esse...

ANTONIO - Ma che cià tanto de speciale, eh?

GEMMA - (con un grido) E' un uomo, un vero maschio!

ANTONIO - Porett'a me, questa s'è anche rimbecillita!  (a Teresa) E ch' ha fatto sto bandito?

TERESA - Cinque distributori de benzina rapinati, tre vecchiette e 'n penzionato scippati, tre coppie de fidanzati derubati e 'na bomba su 'n negozio a Caserta! Via, fateme telefonà ta Pinchi Pinchi mio, 'l vojo dì ta lue!  (nota il piede di Antonio imprigionato nel secchio) Papà, e ch'hai fatto stamattina? Se' cascato dentr'al secchio?

ANTONIO - Terè, m'è annata bene. Poteva artoccamme 'l rastrello 'n altra volta.

TERESA - Non sta bene che te fai trovà 'n to ste condizioni da Gioacchino mio.   (si china e sfila agevolmente il secchio. Antonio resta di sasso. Osserva Gemma poi il piede. Intanto, Teresa al telefono ha composto il numero di Gioacchino)  Pronto, Gioacchino? Pinchi Pinchi mio, ch'emozione! Indovina chi ho visto all'uscita de la messa? No, ma che direttore della banca! Ho visto Capurro, Ca- pur- ro. Si, il bandito, quello che dicono sui giornali ... (pausa) Pinchi Pinchi... pronto?  (gridando)  Pronto? (pausa)  Ma chi parla? Ah, è lei... cavaliere... ma che ha fatto Gioacchino? Come?  (a Gemma)  E' svenuto!

GEMMA - Per forza, quello è debole e malaticcio e tu non lo prepari a certe notizie...

TERESA - (al telefono)  Cavaliere, che fa? Come? Ah, meno male... Si, bravo... Metteteje 'n goccio d'aceto sotto 'l naso e doppo du' compresse d'ArpiaPigol ...  Pinchi Pinchi, amore mio... Sta tranquillo, me so' sbajata: era uno che je somijava... (ammicca a Gemma)... Si, 'l so: Capurro il bandito è scappato verso l'Austria. Si, si... sta tranquillo... Bravo, vieni subito. T'aspetto. Ciao.  (riattacca)

ANTONIO - (sempre perplesso) Terè, tu m'hae da spiegà com'hae fatto a levamme 'l secchio dal piede!

TERESA - Perché, papà, ce vole la laurea in ingegneria? Papà, mo' arriva Gioacchino e tu stae 'ncora in desabigliè! Piuttosto, te stae a dà da fà pe' trovaje 'na sistemazione?

ANTONIO - Eh... sto 'n parola con tre o quattro...

TERESA - Papà, m'arcomanno: Gioacchino de salute ce n'ha poca: l'impiego deve esse de poco 'mpegno, capisceme al volo, poco o gnente da fà da la mattina a la sera!

ANTONIO - E allora vedremo de sistemallo su 'pe la Regione!

TERESA - Intanto, telefonamo ta la Polizia.

ANTONIO - Teresì, cocca mia: il lavoro della Polizia nun fà per Gioacchino. Figurete, debole com'è, nun gliela fà a regge manco 'l peso della pistola d'ordinanza!

TERESA - Ma che hae capito? Io vojo telefonà ta la Polizia per arcontaje del bandito Capurro.

GEMMA - Ma allora ancora ne l'hae capita? Capurro sta scappando in Austria. (accende la radio) Sente, è l'ora del notiziario. Ascolta.

VOCE DELLA RADIO - Notizie del giornale radio. Sulla fuga del bandito Capurro ascoltate un servizio speciale dalla nostra redazione di Rimini.

GEMMA - Rimini?

RADIOCRONISTA - Vi parliamo, gentili ascoltatori, dal lido Spiaggia d'Argento di Rimini. Una drammatica notizia turba l'allegria delle nostre spiagge nell'imminenza dell'arrivo dei turisti stranieri. Ma sentiamo il racconto del bagnino Marcello Chiappini.

BAGNINO - (con marcato accento romagnolo)  Mo vedi ben, cari italiani in ascolto, che ieri sera, verso le sette, s'è presentato un tizio che m'ha noleggiato un moscone per farsi 'na rematina al largo, boia d'un mondo leder...

RADIOCRONISTA - Signor Chiappini, quali elementi hanno destato i suoi sospetti?

BAGNINO - Il tizio cercava di nascondersi il viso con 'n cappellaccio, non si guardava intorno, non s'è manco accorto de quel pezzo de gnocca de tedescona che stava con me, mo vedi ben! S'è messo in mare sul moscone portando con sé una custodia di violino. Ma quando mai s'è visto far la serenata col violino in mare! Quella era la custodia per il mitra, mo vedi ben, boia d'un mondo leder!

RADIOCRONISTA - E l'individuo sospetto si è allontanato lungo la costa o ha preso il largo?

BAGNINO - Il largo, il largo! A occhio e croce, puntava verso l'Albania!

RADIOCRONISTA - Tutta la flotta costiera è stata messa in stato di allerta. Avvertiamo anche i comuni bagnanti di segnalare tempestivamente la presenza di natanti sospetti. Qui Rimini: a voi Roma.

GEMMA - (spegnendo la radio) Sei convinta adesso?

TERESA - Nonna, ma n'evi detto che scappava verso l'Austria?

GEMMA - In Austria, in Albania, do' 'n colpo 'l portasse via... fa lo stesso... ma non poteva certo stà davanti a la chiesa de Marsciano!

ANTONIO -  (commentando ironico)  E come! Gli albanesi vengono tutti di qua, verso l'Italia, e quello, il sospettato, scappa verso l'Albania? Gnente gnente, 'n sarà stato Prodi che scappava? ... co sta questione degli immigrati...

GEMMA - Sta zitto, testone: si era Prodi, partiva 'n bicicletta, mica col moscone!

TERESA - Però... (osservando il giornale) ... era tale e quale... (trilla il telefono. Risponde Teresa)  Pronto? Pinchi Pinchi mio, ma non ti sei 'ncora mosso de casa? Come? Si, si, vabbene. Vieni subito. Ciao... bacino...  (riattaca. A Gemma)  Ha detto Pinchi Pinchi  de preparaje 'n tantino de riso co' 'n goccetto d'ojo perché la notizia j'ha scombussolato tutto l'intestino...

GEMMA - Vieni, cocca della nonna, annamo a preparà 'l pranzo. Devi 'mparà come si fà perché... (commossa) ... da domenica prossima il riso ta Pinchi Pinchi je 'l dovrae preparà te.  (con un fil di voce)  Io artonno a Deruta...

TERESA - A Deruta? E perché?

GEMMA - (piangendo, indica Antonio) Il mostro m'ha cacciato via!

TERESA - Papà?

ANTONIO - Io nun ho cacciato ta nessuno. E' lei che pe' famme dispetto vole partì!

GEMMA - (gridando) Io vo di là a coce 'l riso ta Pinchi Pinchi, poi pijo la valigia e parto!

TERESA - (abbracciando Gemma) Se se ne va la nonna, me ne vo pure io! Invece de caccialla, ta sta santa donna, tu la dovreste fà felice... la dovreste sposà!

GEMMA - (d'accordo) Ecco!

ANTONIO - (urlando) Annate 'n cucina a coce 'l riso!  (spinge le donne verso sinistra, le fa uscire e sbatte la porta. Passeggia nervosamente, imprecando tra i denti. Si arresta di fronte al cannocchiale: vi guarda. Ha un gesto di stizza, compone un numero al telefono, poi, sorridendo ironico e falsando la voce)  Pronto? Il commendator Rossi? Noooo? Ooooh, scusi tanto! Con chi parlo? Camporeale?   (Pausa, poi con voce tonante)   Cornuto!

(Riattacca con rabbia, prende il vestito lasciato da Donnarumma e entra nella sua camera. Sul terrazzo, appare un uomo, che, con fare circospetto e sfilandosi una rivoltella dalla cintura, entra nella stanza, si aggira furtivamente, poi, sentendo aprire la porta della camera di Antonio, si appiattisce sulla parete destra tenendo la rivoltella puntata. Antonio entra indossando il vestito: gli sta esageratamente grosso, le maniche lunghe un palmo, i pantaloni larghi e lunghi)

ANTONIO - Ma tu guarda 'n po'... ma ch'ha combinato quel disgraziato?  (al centro, cerca di abbottonare i calzoni. Lo sconosciuto, Capurro, lo raggiunge con un balzo e gli punta la rivoltella contro la schiena)

CAPURRO - Mani in alto!

ANTONIO - (con un sobbalzo, senza voltarsi)  Chi è?!

CAPURRO - So' io, mani in alto!

ANTONIO - (gridando) E fateme prima abbottonà, mannaggia alla miseria!

CAPURRO - Mani in alto o ve sparo!  (Antonio alza le mani e i calzoni scivolano definitivamente ai suoi piedi)

CAPURRO - Armetteteve a posto.  (Antonio tira su i calzoni e li abbottona alla meglio) Ma voe, scusate, da quale disgraziato ve fate vestì?

ANTONIO - Eh sì, pare propio che sta muta cià qualche difetto!  (Capurro cerca di sistemargli le spalle ma desiste, avvilito. Antonio, incuriosito)  Scusate, giovanotto, ma voi chi saressivo?

CAPURRO - Non m'arconoscete?  (prende il giornale dal tavolo -dove lo ha lasciato Teresa- e lo mette sotto gli occhi di Antonio)

ANTONIO - (leggendo)  Messaggio del presidente Clinton al presidente della Russia Eltsin...

CAPURRO - Più sotto, guardate la fotografia...

ANTONIO - (leggendo) Si cerca l'evaso Filippo Capurro... (arretra, terrorizzato) Capurro!

CAPURRO - Zitto!

ANTONIO - Ma voe, scusate, non stavate a remà 'n moscone verso l'Albania?

CAPURRO - Io? Quanno mai! Sarò dilinquente, ma mica so' scemo!  (pausa) Chi ci sta 'n casa, oltre voi?

ANTONIO - La mi' fija e la mi' socera.

CAPURRO - Abbassate le mani e sturate bene le orecchie. Ta me me servono otto ore de sicurezza, perché 'l mi' complice sta combinando 'n imbarco clandestino a Civitavecchia pe' l'Africa e io vojo aspettà che s'annotta pe' rubà 'na macchina e raggiungelo. Se state bonino, Capurro nun ve tocca. Ma si v'agitate oppure cercate de famme fesso, allora ...  (gli passa la canna della rivoltella sul viso) ... pelo, contropelo, sciampo e frizione... servizio completo, me so' spiegato?

ANTONIO - Ce credo, e chi se move!

CAPURRO - Che stanno a fà la vostra fija e la vostra socera?

ANTONIO - Stanno 'n cucina a coce 'l riso ta Pinchi Pinchi.

CAPURRO - Chi è Pinchi Pinchi, 'l gatto?

ANTONIO - No, è Gioacchino.

CAPURRO - Ci avete un gatto che se chiama Gioacchino?

ANTONIO - No, io ho detto che c'evo 'n gatto chiamato Gioacchino?

CAPURRO - Scusate, me pareva d'avé 'nteso così.

ANTONIO - No, no. Gioacchino è 'l fidanzato de la mi' fija.

CAPURRO - Sicché vostra fija l'ete fidanzata ta 'n gatto!

ANTONIO - (alterato) Capurro, io 'l gatto, 'n casa, non ce l'ho propio!

CAPURRO - Allora chi è sto Pinchi Pinchi?

ANTONIO - E' 'l fidanzato de la mi fijola.

CAPURRO - 'L fidanzato se chiamava Gioacchino. (nervoso e sospettoso, affonda la canna della rivoltella nel ventre di Antonio) Arcominciano dacapo. Di là ce stanno la fija, la socera e Pinchi Pinchi. Se non è 'l gatto, chi è Pinchi Pinchi?

ANTONIO - 'L fidanzato de la mi' fija.

CAPURRO - (tormentandosi la faccia) Ma non è Gioacchino?

ANTONIO - Sì.

CAPURRO - Allora vostra fija cià du' fidanzati!

ANTONIO - (soddisfatto) Eh!... Cioè, no! Scusateme, cocco, ma stete a fà 'na confusione... stete a confonne anche ta me! Che c' entra 'l gatto?

CAPURRO - (gridando) E da me 'l volete sapé?

ANTONIO - Gioacchino e Pinchi Pinchi sono la stessa perzona.

CAPURRO - Oh... finalmente...! E potevate dillo subbito: nome e cognome!

ANTONIO - Capurro, fateme parlà! Pinchi Pinchi è il vezzeggiativo... Gioacchino è il nome.

CAPURRO - (digrignando i denti) Allora non sono la stessa perzona!

ANTONIO - (con falsa calma) Sentite, Capurro, lasciamo perde, ordinateme qualsiasi altra cosa, comannate e io eseguo senza discute.

CAPURRO - Prima de tutto dovemo stabilì, con precisione, chi ci sta di là.

ANTONIO - Ve l'ho detto, la mi' fija e la mi' socera.

CAPURRO - E Pinchi Pinchi.

ANTONIO - (paziente) Nossignore, Pinchi Pinchi non ci sta.

CAPURRO - Allora ci sta Gioacchino.

ANTONIO - Non ce sta manco Gioacchino.

CAPURRO - (portandosi una mano alla fronte, come se avesse una vertigine)  Uh, Madonna!   (si scambiano un lungo sguardo. Capurro si avvicina alla porta di sinistra, l'apre con un piede e si appiattisce contro la parete) Fate venì tutte le perzone che ci stanno di là, cristiani, gatti e ogni altro genere vivente... ete capito?

ANTONIO - Si!  (chiama verso l'interno)  Socera!  (silenzio)   Socera!   (silenzio. A Capurro)   Nun risponne perché è offesa con me.   (più forte)  Soceraaa!

GEMMA - (fuori di scena)  Io coi buzzurri 'n ce chiacchiero!

ANTONIO - (a Capurro)  Ete visto? Non viene.

CAPURRO - Perché sta offesa con voe?

ANTONIO - Cose de famija, emo litigato.

CAPURRO - La socera è sempre la socera. Fate la pace. Chiamatela: mammina...

ANTONIO -  (verso l'interno)  Mammina, vinite qua 'n momentino. E pure Teresina.

CAPURRO - Pure Pinchi Pinchi.

ANTONIO- (verso l'interno) Pure Pinchi Pinchi.  (dubbioso, si volge verso Capurro) Pinchi Pinchi non ci sta là dentro. Deve venì a pranza tra 'n po'.

CAPURRO - Gioacchino, allora.

ANTONIO - Pure Gioacchino deve venì a pranzo.

CAPURRO - (senza scomporsi) Sentite, io ve devo sparare!  (gridando)  Fate venì le donne!

ANTONIO - Mammina, ci sta 'na visita.

GEMMA - (fuori di scena) Nun me ne 'mporta gnente!

ANTONIO - E' una sorpresina, mammina!  (entra Gemma, sorreggendo una valigetta e con un cappellino in testa)

GEMMA  - (ad Antonio)  Visite, 'n to sta casa, io nun ne ricevo più.   (a Capurro, di sfuggita)  Bongiorno.  (a Antonio)  Domani manno a pijà 'l resto de la mi' robba.   (Capurro le punta la rivoltella alle reni)

CAPURRO - Dov'annate voi?

GEMMA - A Deruta. (sentendo premere alle reni) O cocco, che spignete!   (si volta)

ANTONIO - (facendo le presentazioni)  Permettete, cara socera? Capurro...

GEMMA - Capurro o non Capurro, questo sconosciuto si è permesso di toccarmi!   (alla vista della rivoltella)  Capurro, l'evaso!   (la valigia le cade di mano e Gemma resta come istupidita. Poi con un fil di voce)  Capurro...!  (resta in muta ammirazione dell'evaso, aggiustandosi l'abito e il cappellino)

CAPURRO  -  (ad Antonio)  E adesso fate entrà la vostra fija.

ANTONIO - (verso l'interno)  Teresì!   (entra Teresa, singhiozzando, e va a gettarsi fra le braccia della nonna)

TERESA - Nonna, nonnina, vengo anch'io con te a Deruta!  (poi, alzando gli occhi verso Capurro)   E chi è questo bel giovine... tale e quale a Capurro...!

GEMMA - Teresì, quello è Capurro.

TERESA - Ve l'evo detto io che l'evo visto, ma nun m'ete creso! Uh Madonna! Mi ha seguita!  Oddio, che ci fa Capurro in casa nostra?  (riprende a piangere)

GEMMA - (lanciando sguardi adoranti a Capurro) Aspetta, Terè, che mo' ce lo dice.

CAPURRO - (indicando a sinistra)  Chi ci sta di là?

ANTONIO - Le stanze de la mi' fija e de la socera e i bagni.

(Capurro chiude la porta di sinistra, va alla porta di destra e sbircia dentro)

ANTONIO - Quella è la mi' camera.   (Capurro ritorna al centro)

CAPURRO - Quanti ingressi ci sono?

ANTONIO - (indicando il terrazzo)  Solo quello.

CAPURRO - Allora semo a posto. Metteteve a sedé.   (tutti siedono)   Mo' ripeto 'l discorso. Appena s'annotta, voi armanete di qui fermi e guai chi se move, io esco, rubo 'na macchina e parto per Civitavecchia e domattina me 'nbarco pe' l'Affrica.

GEMMA - (salottiera)  Egitto?

CAPURRO - Che?

GEMMA - Sete 'n partenza per l'Egitto?

CAPURRO - No, per la Tunisia.

GEMMA - Oh no! Dovendo viaggiare, io sceglierebbe l'Egitto... Il Nilo, le piramidi, le sfingi... l'Aida...

CAPURRO - (frastornato) Si, si, vabbene. Allora, io me 'nbarco. Ta voi nun ve vojo dà fastidi...

GEMMA - Ma fate pure, nun ve 'ncommidate...

CAPURRO - Però, si qualcuno cerca de fà 'l fesso...

GEMMA - Capurro, per carità! Fate come si fossivo a casa vostra!

CAPURRO - Signò, me 'l fate finì 'l discorso, si o no? Me la fate fà sta minaccia oppure ve l'ho da scrive 'n carta da bollo?

ANTONIO - (a Gemma)  E stete zitta! Fatelo parlà!   (lunga pausa)

CAPURRO - Ooooh!  (pausa)  Se qualcuno cerca de fà 'l fesso, io je fo arrivà 'n casa tutta la truppe del Telegiornale e anche 'l becchino co la cassa da morto! Se qualcuno sgarra, la prima vittima sarà...  (passa in rassegna i presenti, soffermandosi infine su Gemma, che, lusingata, si scopre un poco le gambe rialzando di poco la gonna)   ...  la prima vittima sarà lei, la socera!

ANTONIO - Scusate, in che senso?

CAPURRO - Nel senso che, al primo movimento sospetto, io pijo la socera e ...  (fa un movimento colla pistola)

ANTONIO - E...  ?

CAPURRO - Je sparo.   (pausa. Antonio lo fissa)

ANTONIO - Je sparate. 

CAPURRO - Je sparo.  (Gemma se lo divora cogli occhi)

ANTONIO - (vivamente interessato) Fateme capì bene, Capurro. Se io, tanto pe' fà 'n esempio, m'alzo de scatto, corro fori de casa e attacco a urlà: Aiuto! Correte! Ce sta l'evaso 'n casa mia!... voi...

CAPURRO - (indicando Gemma) Io la pijo e je sparo.

ANTONIO - Ta lei, no ta me che so' uscito urlando...

CAPURRO - Ta lei, ta lei, ta la socera. Voi, scusate, che c'entrate?

ANTONIO - (meditabondo) Je spara, ta lei, ta Gemma... (Pausa, osserva Gemma, poi Capurro, mentre un leggero sorriso gli increspa le labbra. Poi, serio e ansioso)... Parola d'onore?

CAPURRO - Volete fà la prova?

ANTONIO - (alzando le braccia) No, no, de voi me fido!

GEMMA - (salottiera)  E se invece io corro fori e urlo: Aiuto! Correte! ?

CAPURRO - Sparo ta voi.

GEMMA - Ta chi?

CAPURRO - Sempre ta voi.

ANTONIO - (soddisfatto) Ecco, vabbene!

GEMMA - (eccitata)  'Nsoma, chiunque se move, voi sparate sempre ta me.

CAPURRO - Brava, vedo che sete sveja!

GEMMA - (con un grido di ammirazione)  Che uomo!   (si precipita su Capurro, lo afferra per il mento e lo osserva di profilo)  Capurro, voi sete 'l trionfo degli ormoni maschili!

CAPURRO - (immobilizzato dalla stretta di Gemma) Signò, cocca...

GEMMA - (senza mollare la presa, rivolta a Antonio)  Questo sì, questo è 'n omo!

CAPURRO - (come sopra)  Signora...

GEMMA - (ad Antonio) Un omo che se conquista la libertà perduta colle armi 'n pugno!   Audace!  Intrepido!  Monello! Vittorioso! Capurro... disponete di me... tutta... pijateme tutta!

CAPURRO - (gridando)  Signò, levateme la mano dalla faccia!   (Gemma lo lascia)  E sedeteve!   (Gemma si rimette a sedere)   E il primo che me mette la mano 'n faccia je sparo!   (ad Antonio)  Ma che razza de socera ve sete annato a sceje?

ANTONIO - Uuuuh, cocco! 

CAPURRO - (osserva Gemma che gli lancia sguardi infuocati, poi prende Antonio per un braccio e lo trascina verso il proscenio)   Tra omini... visto che sete così gentile d' ospitamme... se vò da fà 'n piacere... me capite... se la signora è de troppo... Me seguite?

ANTONIO - Grazie, cocco, apprezzo 'l penziero e 'l terrò presente. Però, se veramente me volete fà 'n piacere, me dovressivo consentì de telefonà ta 'n amico, uno che si chiama Camporeale, scapolo, che vive tutto solo, che, siccome oggi finisce j'anni, evo penzato de 'nvità a pranzo. Sapete, me devo sdebità de certi favori...

CAPURRO - Di qui, io nun ce vojo nissun altro. Troverete 'n' altra occasione pe' sdebitavve.

ANTONIO - Sì, ma 'n occasione così, e quanno me s'arpresenta?

(fuori scena si sente un formidabile sternuto. Capurro si precipita verso la porta del terrazzo e scosta la tendina)

CAPURRO - Fuori ce sta uno co' 'na faccia bianca cadaverica!

TERESA - Gioacchino mio!

CAPURRO - Tutti seduti e fate finta de gnente.  (si appiattisce contro la parete. La porta del terrazzo si apre ed entra Gioacchino, accompagnandosi con un altro forte sternuto. Gioacchino ha sciarpa al collo, pallido e con una berretta di lana in testa)

GIOACCHINO - Permesso?  (sternutisce)  Bongiorno. (altro sternuto. Teresa gli corre incontro e lo abbraccia)

TERESA - Pinchi Pinchi mio!

GIOACCHINO - Piano, Teresì, che 'l reumatismo s'è spostato da sinistra a destra.   (sternutisce, poi si rivolge a Gemma, che è sempre in muta adorazione di Capurro) Sora Gemma, e per fortuna che Civitella 'n c'eva le nuvole... (ha un singhiozzo) ... Alé, anche 'l singhiozzo m'è venuto!  (poi, notando l'atmosfera tesa)  Che c'è, stete tutti 'mpalati... mica ce sarà qualche brutta notizia...?   (si porta una mano al cuore)  Oddio, Madonna, preparateme... (singhiozza)

ANTONIO -  Gioacchì, pe' 'l singhiozzo, 'ntanto, pijatevi un bel sorso d'acqua gelata co' 'n po' de limone.

GIOACCHINO - Volete scherzà, accaldato come so'? Mica vojo pijà 'na pleurite! Mejo pijà 'no spavento, allora.

ANTONIO - E allora girateve.

TERESA - No!

GIOACCHINO - (a Antonio) Perché vole che me giro?

ANTONIO - Così ve pijate lo spavento.

GIOACCHINO - (a Teresa, con voce malferma) Che ci sta dietro de me?

ANTONIO - Se ve girate, 'l vedete da solo.

GIOACCHINO - Sapete, sor Antò, che ve dico? Io me tengo 'l singhiozzo.

ANTONIO - Tanto, prima o poi, co' le bone o co' le cattive, ve dovete girà.

GIOACCHINO - (mentre gli si piegano le ginocchia)  Ma che ci sta?

CAPURRO - Ce sto io!

GEMMA - 'L boom ormonico! 'L super macho!

(Gioacchino si volta lentamente, afferrato a Teresa. Scorge Capurro, gli fa un mezzo sorriso. Teresa gli indica il giornale. Gioacchino confronta le fisionomie dell'evaso e della fotografia e, senza un gemito,  cade lungo disteso per terra. La porta si apre di schianto. Entra Donnarumma, sorreggendo uno scalpello e un grosso martello)

DONNARUMMA - (raggiante)  Sor Antonio, du'...  (inceppamento) ... secondi e sete 'n' omo... (inceppamento) ... libero!

(entra a valanga, inciampa nel corpo di Gioacchino e cade, lasciando precipitare a terra martello e scalpello. Il martello cade sul piede di Capurro, che lancia un grido di dolore e fa partire inavvertitamente un colpo di pistola; il proiettile raggiunge di striscio il piede di Antonio. Capurro ed Antonio saltellano su una gamba, tenendosi il piede dolente nelle mani, lanciando grida di dolore, Teresa cerca di rianimare Gioacchino e Gemma accorre in aiuto di Capurro)

SIPARIO

FINE DEL PRIMO ATTO.

ATTO   SECONDO

(Mezz'ora più tardi. Antonio e Capurro sono sprofondati nel divano e poggiano la gamba destra sul tavolinetto. Entrambi hanno il piede vistosamente fasciato. Hanno un fazzoletto in fronte e si lamentano debolmente. Un terzo fazzoletto è sulla fronte di Donnarumma, seduto rigidamente su una sedia. La porta della camera di Antonio è aperta. La radio è accesa e trasmette musica. Poi la musica s'interrompe e...).

VOCE  DELLA RADIO -  Dalla nostra redazione di Nuova York trasmettiamo le ultime notizie sull'evasione del pericoloso camorrista Filippo Capurro, evaso ieri dal carcere milanese di S. Vittore, che sembra essere entrato clandestinamente negli Stati Uniti grazie alla complicità della mafia locale. Misure di emergenza sono state adottate per assicurare la cattura del fuorilegge nel più breve tempo possibile.

(Antonio scaglia rabbiosamente una scarpa contro l'apparecchio radio)

DONNARUMMA - Forse è mejo se spegno la radio, sor Antò.   (spegne la radio)

ANTONIO - Donnarumma, pel vostro bene, nun me rivolgete manco la parola.

CAPURRO - (a Donnarumma, lamentandosi)  Disgraziato, propio sull' unghia 'ncarnita.

DONNARUMMA - Pare ch'ho fatto apposta!

CAPURRO - Ma 'n ce l'ete j'occhi per vedé do' mettete i piedi?

DONNARUMMA - Sì, ma io che ne sapevo che c'era uno svenuto per terra. Ce fosse stato 'n cartello d'avvertimento...

ANTONIO - Ma che chiacchierate, animale, che cartello! Se manco sapete legge...!     (lamentandosi)... Aaaah, Madonna mia!

DONNARUMMA - Sor Antonio, che ve lamentate a fà? Lo sparo v'ha preso de striscio e l'antitetanica l'avevate già fatta: tutte le fortune ta voe....!

ANTONIO - Perché, ta voi no? La botta v'ha fatto passà l'inceppamento...!

DONNARUMMA - Perché, ve dispiace?

ANTONIO - E me dispiace sì, ve doveva colpì 'n organo vitale!

CAPURRO - (puntando la pistola contro Donnarumma)  Semo sempre in tempo pe' rimedià, semo sempre 'n tempo.   (ad Antonio)  Tre mesi, capite? Tre mesi de cure e sofferenze pe' st'unghia 'ncarnita. Penzate che n'ho voluto operamme perché, ta me, la vista del sangue me fà 'mpressione...  (al gesto di incredulità di Antonio e Donnarumma) ... la vista del sangue mio!

ANTONIO e DONNARUMMA -  Aaaaah, credevo!

CAPURRO - Così so' annato da 'n professore de Milano che m'ha curato coi raggi e con certe supposte miracolose. Ma 'nguastiscelo quant'è caro! Voleva mezzo milione!

ANTONIO - Ah, addannelo!

CAPURRO - Era 'n professorone.  (pausa)  Meno male che ne l'ho pagato.   (pausa)   J'ho dato 'na botta ta la capoccia e me ne so' annato.  (pausa)  E adesso sto a punto daccapo col dito scoperchiato. Aaaah, Madonna mia!

DONNARUMMA - Volete che ce dò 'n occhiatina?

CAPURRO - (puntandogli contro la rivoltella)  Azzardateve a toccamme...

DONNARUMMA - E mica tocco ta voe. Col vostro permesso tocco solo la fasciatura.

CAPURRO - Azzardateve a toccà un qualsiasi punto della mi' perzona e io ve sparo dritto al core.  (una mano sulla fronte)  Madonna, come me gettola! Chi me trova 'na compressa pe' la 'micrania?

DONNARUMMA - (alzandosi) Mia la colpa, mia la riparazione. Fo 'n salto 'n farmacia...

CAPURRO - (minacciandolo colla pistola)  Oggi è domenica e le farmacie so' chiuse.

ANTONIO - Nella sfortuna semo fortunati, sor Filippo. Gioacchino sta aperto!   (chiamando)  Socera!   (Gemma si affaccia alla porta di destra con indosso un abito civettuolo e vistosamente truccata)

GEMMA - Serve qualcosa, Capurro?

ANTONIO - Socera, vedete de trovà addosso ta Gioacchino 'na compressa pe' 'l mal de testa. Anzi, và, pijatene una anche per me.

GEMMA - In quale scaffale... in quale tasca starà?

ANTONIO - Se nun m'arcordo male, 'n to quella dietro a destra d'i calzoni.

GEMMA - Provvedo tosto, Capurro!   (via a destra. I due feriti riprendono a lamentarsi. Gemma rientra con le compresse e una bottiglia d'acqua con due bicchieri di plastica)   Ecco le compresse.   (i due ingoiano una compressa, accompagnandola con un sorso d'acqua. Capurro versa un po' d'acqua sulla fasciatura, ma desiste, lanciando un grido di dolore. Gemma sprimaccia un cuscino e glielo sistema dietro la schiena)   Prima cosa,  dovete rilassavve. Gradite 'n' altra tazzina de caffè fatto fresco adesso?

CAPURRO - No, grazie.

GEMMA - Ve tiene su.

DONNARUMMA - Signò, scusate: già se n'è presi cinque. N' ete 'nteso? ha detto: no, grazie.

GEMMA - Voi stete zitto perché sete un intruso, mentre il signor Capurro è 'n ospite! Io conosco i doveri de 'na padrona de casa!

DONNARUMMA - E io 'nvece vedo 'l tremito del dito sul grilletto della rivoltella! Quello è già tutto elettrico e voi ce carcate sopra 'n altro caffè. Tanto vale che mannate a chiamà 'l prete pe' l'estrema unzione!

ANTONIO - A proposito, come sta Gioacchino? S'è arpreso? Je so' artonnate le pulzazioni del polso?

GEMMA - Sta 'n c'è malino. Teresa gli ha contato adesso sedici battiti al minuto...

ANTONIO - Beh, va benino! Ringraziamo Dio!

GEMMA - Vuole esse accompagnato di là...

CAPURRO - (sospettoso) Di là dove?

GEMMA  - Al gabinetto, se permettete.

CAPURRO - Brava, ete detto bene: se permetto io.   (pausa)  Accompagnatelo.

GEMMA - Grazie, Filippo.  (esce a destra sculettando vistosamente)

ANTONIO - (dopo averla osservata uscire, a Capurro) Sicché appena se fa notte, partite pe' 'mbarcavve pe' l'Affrica.

CAPURRO - (guardando Donnarumma) Salvo imprevisti!

ANTONIO - Sentite 'na cosa, Capurro... Gemma, la mi' socera... ve la volete portà via con voi?

CAPURRO - Io? E perché?

ANTONIO - Pe' ripagamme de l'incommido.

CAPURRO - E io, pe' ripagavve del disturbo, devo passà 'n guaio io? Se m'ordinate de sparaje, io je sparo subito.

ANTONIO - Ma si je sparate, non ce ricavate gnente.

CAPURRO - E 'n Affrica, che ce ricavo?

ANTONIO - Ve la vennete.

CAPURRO - Voi stete a dà i numeri: che ci ricavo da quella? Manco centomila lire.

ANTONIO - Anche se fossero centomila lire, sarebbe tutto de trovato.

CAPURRO - Ma chi volete che se la compra! E' vecchia!

ANTONIO - Vecchia ma bianca: quelli pagano 'l colore. Quelli so' selvaggi, Capurro, per loro tutto fa brodo.  (pausa)  Per incoraggiavve, cinquantamila lire ve le dò io, vabbene? A titolo de risarcimento.   (gli stringe un braccio e gli strizza l'occhio con fare complice)   E' 'n affare.  (a destra appare Gioacchino sorretto da Gemma e da Teresa, afflosciato sulle gambe e con lo sguardo smarrito)

GIOACCHINO - (con un filo di voce)  Sta ancora qua...

GEMMA - Non guardà, Gioacchino. Te le senti de fà 'na corsetta?

GIOACCHINO - Io? E chi me la dà la forza?

TERESA - Ce sto io, Pinchi Pinchi. Coraggio. (lo trascina verso sinistra, mentre Gioacchino si copre gli occhi per non vedere)

ANTONIO - Gioacchino, v'è passato 'l singhiozzo?

GIOACCHINO - Abbiate pazienza, Antonio, qua altro che singhiozzo!  (esce a sinistra sorretto dalle donne)

CAPURRO -  Iiiih, che bella gioventù! Che bella casa che me so' scelto!

ANTONIO - La so io la casa che dovevate sceglie.

CAPURRO - (dopo averlo fissato intensamente)  E cioè? Che vorressivo dì?

ANTONIO - Ah, 'l so io.

CAPURRO - Cocco, io a San Vittore non ci artonno propio.

ANTONIO - E chi parlava de San Vittore? Io parlavo de Camporeale.

CAPURRO - Mai sentito nominà. Che è, 'n carcere novo?

ANTONIO - Carcere? No.  (si alza e si avvicina al cannocchiale)  Venite a vedé la casa che fà pe' voi.

CAPURRO - (incuriosito, si alza e si muove lentamente, con smorfie di dolore, verso il cannocchiale)  Che devo vedé?

ANTONIO - (indicandogli il cannocchiale)  Guardate voi stesso.   (Capurro guarda)  Vedete un attico...

CAPURRO - Eh.

ANTONIO - Sul terrazzo ce sta 'na piscina. A st'ora ce dovrebbe stà un signore in calzoncini corti. Pare Tarzan.

CAPURRO - 'Na specie.

ANTONIO - Con lui ce sta 'na bionda, altezza uno e settanta, fianchi novanta, petto novantacinque, quarta misura, coppa B. Capelli biondi, rossetto rosso carminio...

CAPURRO - (togliendo l'occhio dal cannocchiale) Ma come fate vo' a sapé tutte ste cose?

ANTONIO - (battendo una mano sul registro preso dal tavolinetto del telefono) Sta tutto scritto qua.

CAPURRO - Sete 'n investigatore privato?

ANTONIO - No, io ciò l'hobby de Camporeale.

CAPURRO - E chi sarebbe Camporeale?

ANTONIO - (gridando) E' la morte mia! Capurro, quella è la casa che fà per voi.

CAPURRO - (guardando nel cannocchiale) Certo che se la bionda ci avesse 'na compagna...

ANTONIO - 'Na telefonata e ve combino l'affare.   (Capurro ferma la mano di Antonio che stava per posarsi sul telefono)

CAPURRO - Bono co' le mani e stete fermo. Io sto bene dove sto.   (da sinistra rientra Gioacchino sorretto dalle donne; Capurro si rivolge a lui)   Giovane.

GIOACCHINO - Dite ta me?

CAPURRO - Sì, parlo con voe.  (gli si avvicina)  Conoscete 'na pomata olandese per curà le unghie 'ncarnite? Il... come si chiama... il Calma... il Calmadit...

GIOACCHINO - Il Calmaditone.

CAPURRO - Bravo. La conoscete?

GIOACCHINO - Sì, adesso ve la trovo.  (si fruga nella tasca destra della giacca e porge un tubetto a Capurro)

CAPURRO - Anche garza e cerotto?

GIOACCHINO - Anche garza e cerotto.  (li prende da un altra tasca e li porge a Capurro. Dalla tasca gli cade un libretto che viene raccolto da Teresa)

CAPURRO - Che è?

GIOACCHINO - Il bollettino mensile delle novità farmaceutiche.

CAPURRO - Adesso deteme 'n tranquillante.

GIOACCHINO - A effetto rapido o ritardato?

CAPURRO - Rapido, rapido: ciò i nervi scossi.

GIOACCHINO - Ecco qua.  (gli dà un tubetto)

ANTONIO - Gioacchì, dite 'n po': ma voi ce l'avete la licenza pe' stà aperto la domenica?  (Capurro va a sedersi sul divano, allungando la gamba sul tavolinetto. Gioacchino è quasi con le ginocchia a terra. Le donne lo trascinano verso destra)

GIOACCHINO - Do' me portate?

TERESA - Mettete 'ncora 'n tantino a letto, sdrajete 'n po', Gioacchino mio.

GIOACCHINO - No. Arportateme al bagno.

GEMMA - Come? 'N altra volta?

GIOACCHINO - Eh sì, 'n altra volta, e de corsa.

GEMMA - Ho capito, vé, che oggi passamo la domenica andando avanti e 'ndietro tra la camera e 'l cesso.    (lo trascinano verso sinistra. Capurro comincia a sfasciare il piede. Antonio, intanto, sembra aver maturato un'idea. Adesso che Capurro è indaffarato, prende Donnarumma per un braccio e lo porta verso il proscenio)

ANTONIO - (a voce bassa) Donnarumma, ce ne dovemo libera', de sto delinquente.

DONNARUMMA - (collo stesso tono) E' 'na parola.

ANTONIO - M'è venuta 'n'idea. Ve dovete fà venì 'n indisposizione 'ntestinale.

DONNARUMMA - Io? Ma se vo stitico! Anzi, si c'ete du' brugne...

ANTONIO - Ch'ete capito? E' per finta: dovete finge 'na diarrea violenta.

DONNARUMMA - E perché?

ANTONIO - Perché così ci avete la scusa pe' annà al bagno. Nel bagno ce sta 'n finestrino. Lo aprite, zompate di sotto sulla strada e correte dai Carabbinieri.

DONNARUMMA - Questo è tutto?

ANTONIO - E' tutto. Ripetete le istruzioni.

DONNARUMMA - Vo al bagno, apro 'l finestrino, salto di sotto e corro dai Carabbinieri.

ANTONIO - Bravo. Però attento, che tra 'l finestrino e la strada ce saranno 'na ventina de metri.

DONNARUMMA - (sempre misterioso)  'L paracadute do' sta, sotto la vasca?

ANTONIO - Nun c'è bisogno de paracadute. 'N bagno ce dovete annà spesso; ogni volta passate pe' le camere de la mi' fija e de la mi' socera e pijate 'n lenzolo: l'annodate 'nsieme e ve calate sulla strada. Com'è l'idea?

DONNARUMMA - Eh, 'n c'è malino. Però facemo la parte a metà: io me fo venì la diarrea e voe annate al bagno e ve calate coi lenzoli.

ANTONIO - Col piede combinato così? E come corro?

DONNARUMMA - Correte piano piano.

ANTONIO - Non è possibile. Se uno dai carabbinieri non ci arriva de corsa, quelli manco te danno retta.

DONNARUMMA - Allora telefonate.

ANTONIO - Gaetà, 'l telefono è sotto controllo de Capurro, ne l'ete visto?

DONNARUMMA - Allora m'affaccio dal finestrino e ce manno 'n contadino dai carabbinieri.

ANTONIO - Gaetà, i contadini n' esistono più e poi oggi è domenica e so' annati tutti al mare o al Trasimeno. Sentite, dovemo combinà fuga e liberazione, mica potemo fà notte a discute così.

DONNARUMMA - Vabbè, combinamo, combinamo.

ANTONIO - Allora, me raccomanno: naturalezza e diarrea violenta. Io, mentre voi annate e venite dal gabinetto, je faccio 'l sabotaggio.

DONNARUMMA - Che je fate?

ANTONIO - 'L sabotaggio pe' la fasciatura. Acqua 'n bocca.

(Antonio va a sedersi accanto a Capurro e lo osserva mentre si cura il piede. Donnarumma passeggia davanti all'evaso. D'improvviso lancia un urlo portandosi le mani al ventre. Capurro e Antonio, presi alla provvista, ricadono contro la spalliera del divano)

DONNARUMMA - (piegato in due) Madonna, che dolori de pancia! Sarà 'n torcibudello? Antonio, aiutateme.. ahi... ahi.

ANTONIO - E che aiuto ve posso dà io? Provvedete da per voi.

DONNARUMMA - (a Capurro, indicando a sinistra in direzione del bagno) Sor Capurro, posso provvede?

CAPURRO - Andate, andate.  (Donnarumma esce di corsa a sinistra)  Quello, per me, campa poco.

ANTONIO - Eh, me sa che c'ete ragione.  (Capurro con smorfie di dolore desiste dal curarsi il piede)   

DONNARUMMA - (rientrando di corsa)  Occupato!

ANTONIO - E 'n potete aspettà un minuto che se libera?

DONNARUMMA - Aspettà posso aspettà, ma 'l fatto è che m'ete messo 'n curiosità: me vojo rende conto de come fate il... coso... come se chiama?... il sa... il sa...

ANTONIO - Il sabato?

DONNARUMMA - no, il sal... il sal...

ANTONIO - Il salame.

DONNARUMMA - No... il sabotaggio!

ANTONIO - (cercando di coprire la parola)  Il cabotaggio.

CAPURRO - Quale cabotaggio?

DONNARUMMA - Antonio ha detto che ve vole fà 'l cabotaggio sulla fasciatura.

CAPURRO - E che è sto cabotaggio?

ANTONIO - (imbarazzato) E'...il sistema de fasciatura de... Sebastiano Caboto.

CAPURRO - Chi è, 'n dottore?

ANTONIO - E se io 'n ve 'l vojo dì?

CAPURRO - Cocco, voi me 'l dite, me 'l dite... e vedete de non mettece 'n mezzo 'n altro gatto perché v'altrovate co' la pancia piena de piombo!

ANTONIO - E io ta sto cojone lo riempo de calci!    (vibra un calcio a Donnarumma col piede ferito e ricade a sedere urlando di dolore. A sinistra compare Gioacchino, non più sorretto dalle donne. Muove un passo verso l'interno e si arresta. Gemma e Teresa sono alle sue spalle)

TERESA - Che aspetti, Pinchi Pinchi? Te sei scolato mezza boccetta de Tiralsu...

GIOACCHINO - Aspettate che faccio un'inalazione.  (da una tasca prende una bomboletta e si spruzza un getto nella bocca)

GEMMA - Che cos'è?

GIOACCHINO - Esaclorozonofenilbicloropirinapielademattina. Il gas del coraggio.

(Inala una seconda volta e ripone in tasca la bombola. Trasformato di colpo, si drizza in tutta la sua statura e sporge il petto stringendo i pugni. Muove tre passi decisi e si arresta al centro della scena, squadrando Capurro. Fa compiere un brusco movimento al capo dal basso in alto, per esprimere sfida, e si avvia a passo marziale verso destra. Ma, arrivato nelle vicinanze della camera, le ginocchia gli si piegano e sta per rovinare a terra. Le donne corrono a sorreggerlo e mentre lo trascinano verso la camera di Antonio, Gioacchino riprende il tono lamentoso)

GIOACCHINO - Lo sapevo, gas italiano... il gas, se non è tedesco, non serve a gnente...

ANTONIO - (a Donnarumma) E' libero.

DONNARUMMA - Chi?

ANTONIO - Il gabinetto. non ci avevate la diarrea?

DONNARUMMA - Ah già: il lenzolo.

CAPURRO - Che lenzolo?

ANTONIO - Il lenzolo... lo tajamo pe' facce le bende pe' cambiavve la fasciatura... Gaetà, sapete quel che dovete fare?

DONNARUMMA - E che c'è bisogno che me l'insegnate vo'?

ANTONIO - E allora annate, annate...  (Donnarumma esce a sinistra, Gemma entra da destra)

GEMMA - E adesso penzamo al ditino del sor Filippo.

CAPURRO - Ce penzo da me.

GEMMA - Non posso permettere. Ve dò 'na mano.  (Antonio, allarmato, le tira la veste)

GEMMA - Filippo, la medicina adatta 'sapete qual'è? Gl'impacchi de camomilla.

CAPURRO - (ad Antonio)  Voi che ne dite?

ANTONIO - (tirando la veste a Gemma)  Io 'n me fiderei.

GEMMA - (scalciando)  O cocco, bono co' le manine, che me stete a tirà!

ANTONIO - La camomilla no.

GEMMA - E perché?

ANTONIO - Perché... perché... la camomilla corrode.

GEMMA  - La camomilla? E poro tonto, manco si esse detto la calce viva. La camomilla sdoglisce e sfiamma.

ANTONIO - Corrode.

GEMMA - Mo' vedemo chi ha ragione.  (chiama verso destra)  Gioacchino!

GIOACCHINO - (fuori di scena)  Che volete?

GEMMA - La camomilla sfiamma o corrode?

GIOACCHINO - Sfiamma, che domanda!

GEMMA - Allora ce la posso mette sull'unghia 'ncarnita del sor Filippo?

GIOACCHINO - Sull'unghia incarnita de quel delinquente c'ete da mette l'acido solforico!   (Capurro fa per alzarsi, ma una fitta dolorosa lo ributta giù)

CAPURRO - (gridando verso destra) Con voi i conti li facemo dopo!

GIOACCHINO - Quanno, come e dove volete.

ANTONIO - Ma chi ha parlato di là?

GEMMA - Gioacchino.

ANTONIO - E da dove je viene tutto sto coraggio?

GEMMA - Boh!? Vallo a capì! Sta co' la testa per terra e i piedi per aria. Ha detto che è ginnastica yoga... dice che fa venì coraggio e forza...    (a Capurro)  Io adesso vo 'n cucina e ve fo 'na bella camomilla.   (via a destra, sculettando. Entra Donnarumma)

DONNARUMMA - (ad Antonio, con intenzione)  La prima è fatta.

CAPURRO - La prima... perché, è a puntate?

DONNARUMMA - Antonio me capisce.

ANTONIO - E pure lui capisce, animale.

CAPURRO - Scusate, che devo capì?

ANTONIO - Ch'ete capito?

CAPURRO - Io ho capito che n'ho capito!

ANTONIO - E questo dovevate capì.

DONNARUMMA - Ete visto che non ha capito?

ANTONIO - Gaetà, di qui emo capito tutti, quindi è inutile che 'l chiedete, vabbene?

DONNARUMMA - Vabbene. (pausa. Si porta una mano al ventre e si piega)  Ahi!

CAPURRO - Seconda puntata.

DONNARUMMA - Sor Filippo, posso...?

CAPURRO - Accomodateve. Dopo ce fate 'l riassunto de le puntate precedenti.

    (Donnarumma esce di corsa a sinistra. Capurro osserva Antonio scuotendo il capo)

    Certo, Antonio, che state propio combinato male.

ANTONIO - Oh, meno male che c'è qualcuno che me capisce!

CAPURRO - Ma come fate a sopportà sta vita? Sto scemo, la socera, quell'altro lì del cannocchiale...

ANTONIO - (tristemente) Camporeale. Vedé, Capurro, la socera e Donnarumma son fatti accidentali. Io mi accontenterei, capite? Ma Camporeale... (quasi piangendo di rabbia) ... Camporeale no!

CAPURRO - Ma insomma, chi è sto Camporeale?

ANTONIO - Chi è? E' uno come tanti de quelli che 'ncontrate per strada, co' la faccia liscia e soddisfatta, che se lasciono dietro 'na scia de profumo... telefonino attaccato ta la cintura, scarpe inglesi, cravatta de seta anche d'estate... poi, annate a 'nformavve, e venite a sapé che cià 'n impiego qualsiasi presso 'na dittarella... che magari è collega e pari grado de 'n certo Antonio Orefice... Un milione e sei al mese! E allora, come ve lo spiegate la Mercedes turbo, l'attico, la piscina, le donne, la salute? E' iscritto ta tutte le palestre del paese e anche al Tennis Club. A sto punto ve domandate: ma come fa? Un milione e sei al mese! Allora capite che ce sta qualche marchingegno, qualche diavoleria... Ma come fanno, come fanno? Compra vendita, contrabbando, spaccio, tratta delle bianche, recchionaggine? Che cavolo sarà? Mistero. Voi ve fate 'n fegato grosso così e quelli prosperano, crescono, sorridono, stanno sempre mejo, alla fine ve schiantono!

CAPURRO - (scuotendo il capo) Ah, io la soluzione ce l'avrebbe: Ammazzateli! Si dopo ve pijono, ce vengo io a difendeve!

    La porta del terrazzo si apre violentemente colpendo il piede ferito di Capurro, che lancia un urlo tremendo. Affaccia il capo la sorridente intervistatrice)

INTERVISTATRICE - (sorridente)  Rieccomi! Oh, scusi... scusi tanto, signor Orefice...

CAPURRO - (piegato in due dal dolore)  Orefice è lui, mannaggia a vo'!

INTERVISTATRICE - (ad Antonio)  Rieccomi, signor Orefice. Ma lei ha il piede fasciato... si è fatto male?

ANTONIO - (notando alle spalle dell'intervistatrice la pistola spianata di Capurro)  No... si passa 'l tempo...  (l'intervistatrice si volta e nota la pistola)

INTERVISTATRICE - (romantica e commossa) Non mi dicano che trascorrono il tempo libero a giocare a guardie e ladri! Due uomini maturi che passano il tempo libero ritornando ai giorni felici dell'infanzia lontana! E' commovente, sapete? O poesia, non sei morta!

CAPURRO - Amen. E voi chi sete?

INTERVISTRATRICE - Sono un'intervistatrice del I.T.L.

CAPURRO - (sospettoso) Poi ce fate arvedé 'n televisione?

INTERVISTATRICE - (divertita) Ma no,  il mio lavoro consiste nel sondare l'opinione pubblica. Pensate, lo scorso anno ero presso la sezione Previsione Sinistri ed ho riscosso un gran successo personale, prevedendo esattamente il numero dei morti e feriti del giorno di Ferragosto... con due mesi di anticipo!

CAPURRO - In anticipo?  (ad Antonio, mentre entrambi fanno le corna con le dita) Ma a Ferragosto la gente muore di più?

INTERVISTATRICE - Per forza: incidenti automobilistici, insolazioni, annegamenti, indigestioni, colpi di calore: nella mia zona quarantatre sinistri, sette morti, cinque uomini e due donne, dieci feriti: sette uomini e tre donne, sessanta contusi. Ancora lo ricordo: un mio grande successo personale.   (Antonio e Capurro rifanno le corna)  Quest'anno mi occupo di tempo libero. Cominciamo, signor Orefice, l'analisi minuziosa della sua giornata di libertà.  (legge il questionario)   La domenica, il lavoratore medio si lava? Come e perché?  (ad Antonio)  Lei fa uso della vasca o della doccia?

ANTONIO - A voi che ve ne frega?

INTERVISTATRICE - A me personalmente niente, ma se vogliamo stare alla pari coi paesi più progrediti, dobbiamo adottarne i sistemi di indagine in uso. Dunque, vasca?

ANTONIO - Vasca.

INTERVISTATRICE - (leggendo)  La schiena, uno:se la insapona da sé o due: ricorre all'aiuto di qualcuno? In caso di risposta due, precisare se l'assistente è un familiare o un domestico.

ANTONIO - Me la insapona la socera.  (mentre l'intervistatrice scrive, Capurro guarda Antonio con una smorfia disgustata)

CAPURRO - Madonna mia, che gusti!

INTERVISTATRICE - Si lava la faccia prima o dopo la rasatura?

ANTONIO - Prima.  (a Capurro)  Ammorbidisce 'l pelo.

INTERVISTATRICE - (scrivendo) Prima della rasatura... scuola americana.

DONNARUMMA - (affacciandosi a sinistra)  E tre!   (un attimo di perplessità.L'intervistatrice incalza)

INTERVISTATRICE - Nel radersi canta?

ANTONIO - Qualche volta, quando sono contento.

INTERVISTATRICE - E in quali occasioni è contento?

ANTONIO - Quando Camporeale sta male. Ma capita de rado: cià 'na salute de ferro!

INTERVISTATRICE - Non mi è chiara, signor Orefice, l'allusione al signor Camporeale.

ANTONIO - Perché, lo conoscete?

INTERVISTATRICE - E chi non lo conosce?  (con un sospiro)  Un uomo affascinante...    (dopo aver rivolto uno sguardo a Capurro, Antonio si avvicina al canocchiale, prende il registro e ci batte sopra dei pugni)

ANTONIO - E allora l'inchiesta annatela a svolge su Camporeale.

INTERVISTATRICE - No, no, signor Orefice, devo condurre l'indagine su di lei: andiamo avanti. Ha detto che canta. Può stabilire una media di quanto canta? Per aiutarla, quante volte all'anno il signor (sospiro) Camporeale ha un attacco influenzale?

ANTONIO - Troppo poche e poi influenze da gnente, senza manco 'na complicazione bronchiale.

INTERVISTATRICE - E lei cosa canta?

ANTONIO - Canzoni napoletane, la mia passione.  (ha una idea folgorante) Anzi, una sola canzone napoletana.

INTERVISTATRICE - Una sola?

ANTONIO - Sempre quella. Quella che fa: Chi me pija pe' francesa...

CAPURRO - (continuando)  ...chi me pija pe' spagnola... Quelle erano canzoni!

INTERVISTATRICE - Il titolo?

ANTONIO - 'A francesa.

CAPURRO - No, scusate, il titolo esatto è Lily Kangy.

ANTONIO - Ma volete scherzà! 'A francesa.

CAPURRO - No, volete scherzà voi. Lily Kangy. Parole di Giovanni Capurro e musica di Salvatore Gambardella.

ANTONIO - (all'intervistatrice) Ecco, scrivete. Di Capurro. Avete scritto? Fate vedé.  (legge)  Ca- pur- ro...

CAPURRO - (sornione, ha mangiato la foglia)  E Gambardella.

ANTONIO - Ma quello n'è 'mportante! Capurro. Mannatela subito alla polizia.

INTERVISTATRICE - Alla polizia?

ANTONIO - Alla polizia... all'Onu... ta 'l vostro Istituto... ta chi ve pare, ma subito, me raccomanno.

GEMMA - (apparendo sulla soglia della porta di sinistra, con un urlo)  Antonio!

ANTONIO - (sussultando) Uffa, socera! La signorina ha finito, se ne sta andando!

GEMMA - E che me ne frega della signorina! Antonio, dentro casa so' passati i ladri!

ANTONIO - Pure! E che se so' rubati?

GEMMA - Tutto il corredo de la mi' pora fijola! Tutti i lenzoli!  (esce a sinistra disperata)

INTERVISTATRICE - Allora sarebbe il caso di telefonare alla polizia.

CAPURRO - (indicandole con la canna della pistola la porta di destra)  Ci penzo io. Voi annate di là.

INTERVISTATRICE - Prego?

CAPURRO - Annate di là.

INTERVISTATRICE - (con un sorriso) Lo farei volentieri, ma ho un impegno, capisce? Pranzo con il signor (sospiro)  Camporeale.

ANTONIO - (gridando) Signorì, me sa che sto pranzo lo dovete rimannà. E ciò gusto!

INTERVISTATRICE - (a Capurro) Capisce, davvero non posso. (Antonio fa scivolare il giornale sul tavolo verso l'intervistatrice. Questa guarda la foto ed ha un grido giulivo) Non mi dica! Capurro l'evaso! Dio mio, che fortuna! Che colpo! Che scoop!   (fruga nella borsa)  L'evaso... il questionario sul tempo libero dell'evaso...

CAPURRO - Signorì, annate di là.

INTERVISTATRICE - Caro, caro Capurro. Non più di cinque domande.

ANTONIO - (soffregandosi le mani) Ciò gusto!

CAPURRO - (spingendo l'intervistatrice con la pistola puntata alle reni) Di là!

INTERVISTATRICE - (andando verso destra)  La domenica, l'evaso medio coltiva qualche hobby?  (Capurro la spinge nella camera e chiude violentemente la porta. Poi si volta minaccioso verso Antonio)

CAPURRO - Volevate fregamme, eh? Adesso v'aggiusto io.  (gli punta la pistola addosso)  Antò, ci avete cinque secondi pe' raccomannavve l'anima.

ANTONIO - Io? E ta chi?

CAPURRO - Scejete 'n santo qualsiasi: c'ete 'n intero calendario a vostra disposizione. Io devo procede all'esecuzione.

ANTONIO - Volete sparamme? (Capurro tace)  Ih, che bella domenica!

PERSICO - (fuori scena, con voce marziale e tonante)  Permesso? E' permesso?

CAPURRO - (sobbalzando) Chi è?

ANTONIO - E che ne so?

CAPURRO - Sta casa vostra è 'n porto de mare. (è sulle spine)  L'esecuzione è rimandata.

ANTONIO - Meno male.

PERSICO - (fuori scena) Permesso?  (Capurro corre verso sinistra trascinando il piede)

CAPURRO - Aspettate a aprì.

ANTONIO - (verso la porta) Un momento. Arrivo.  (a sinistra riappare Capurro stringendo Gemma)

GEMMA - (a Capurro civettuola)  No, no, non fate il bruto, Filippo. Non così in fretta!

CAPURRO - (ad Antonio) Aprite e mannatelo via subito. E attento a quel che fate, sinnò... (affonda la canna della pistola nella gola di Gemma e trascina la donna a destra richiudendo la porta. Antonio apre la porta d'ingresso. Entrano Persico - alto, robusto, con baffi e un abito ripiegato in una custodia di plastica - e sua madre, la signora Persico, una donnetta coi capelli bianchi. Vedendo Antonio, Persico gli punta il dito contro).

PERSICO - Eccolo là. Permettete? Lorenzo Persico. Voi siete Antonio Orefice, se non sbaglio. Questa è mia madre.

ANTONIO - Piacere.

SIGNORA PERSICO - Piacere nostro.

PERSICO - Scusate l'intrusione, ma il sor Peppino, il sarto, mi ha fornito il vostro indirizzo per rimediare all' errore da lui fatto: ha, infatti, scambiato il vestito mio con il vostro e viceversa e sono venuto di persona a procedere allo scambio.

ANTONIO - Accomodateve, signor... signor?

PERSICO - Maresciallo Persico.

ANTONIO - Persico... maresciallo?

PERSICO - Si, ho appena avuto la promozione.

ANTONIO - Ma ve prego, accomodateve... pijate 'n caffè... restate a pranzo con noi... Maresciallo!

PERSICO - No, no, siamo di fretta perché dei parenti ci attendono per festeggiare la promozione e perciò procediamo allo scambio senza indugi.

ANTONIO - E vabbene, procediamo allo scambio. (comincia a sbottonarsi i calzoni)

PERSICO - Scusate, ma volete procedere allo scambio in questa sede?

ANTONIO - Eh, voe c'ete tanta fretta...

PERSICO - Ma in presenza della mia mamma...

ANTONIO - (misterioso) Non me posso move... (fa un gesto con il mento verso destra. Persico lo guarda)

PERSICO - Avete il torcicollo?

ANTONIO - No... (ammiccando) ... è per via del piede.

PERSICO - Capisco. Mamma, vuol dire che voi vi volterete mentre il signor Antonio procede.

SIGNORA PERSICO - Va bene, figlio mio, ma tu avvertimi quando ha finito perché non voglio assistere a uno spettacolo scandaloso!  (Si gira. Antonio si cala i calzoni e se li sfila. Infila quelli portati da Persico)

ANTONIO - (a mezza voce)  Marescià, è il cielo che ve manda.

PERSICO - Veramente è stato Peppino il sarto.

ANTONIO - Sssst! non ve fate sentì.

PERSICO - Da chi?

ANTONIO - (indicando a destra) Di là, di là.   (mentre Persico allunga il collo verso destra, a sinistra appare Donnarumma)

DONNARUMMA - Antò, so' quattro!  (scompare. Persico si volta di scatto)

SIGNORA PERSICO - Lorenzo, ho visto un giovane che si è affacciato e ha gridato: so' quattro. Quattro che?

ANTONIO - (a voce bassa, sta sulle spine) Quattro lenzoli. Li sta a annodà... perché... cià 'n po' de cacarella!

PERSICO - (guardandolo stranito) E che, se uno ha un'indisposizione intestinale, annoda le lenzuola?

ANTONIO - Marescià, facemoce a capisse.

PERSICO - Volete forse insinuare che io non capisco? Mamma, potete girarvi, abbiamo proceduto allo scambio.  (la signora Persico si volta)

ANTONIO - (tormentandosi le mani)  Non posso parlà...

PERSICO - E chi vi vuole far parlare? A me basta che mi ridate il mio vestito.

(Da destra entrano Gemma e Capurro strettissimi uno all'altra. L'evaso ha la pistola in tasca puntata contro Gemma e cammina a faccia girata per non essere scorto)

GEMMA - L'acqua per la camomilla sta a bollì.  (ai Persico)  Bongiorno.

PERSICO e SIGNORA PERSICO - Buongiorno a voi.

ANTONIO - Gemma, fate 'n caffè pei signori...

CAPURRO - (brusco) Caffè non ci sta 'n to sta casa.  (spinge Gemma e esce con lei a sinistra)

ANTONIO - (con un sorriso d'intesa ammiccando)  Quelli sono mamma e papà...

SIGNORA PERSICO - Complimenti, si mantengono proprio bene. O siete voi che siete precocemente invecchiato?

ANTONIO - No, signora. 'L fatto è che io e mamma semo del '46 e papà del '47.   (Persico e la madre si guardano allarmati e stupiti)  Marescià, cominciate a capì?

PERSICO - (sudando e asciugandosi) E come no, capisco, capisco...

SIGNORA PERSICO - Si vede che i vostri genitori si vogliono un gran bene: camminano attaccati!

ANTONIO - Veramente quello è mio papà solo da oggi... E se mamma si azzarda a fare un movimento falso, quello... (fa l'atto di premere il grilletto. Persico, attonito e sudando, annuisce)

(Da sinistra schizza di corsa Gemma inseguita da Capurro saltellante sul piede valido)

CAPURRO - Disgraziata! Bollente, la camomilla, bollente me ce l'ha messa!

GEMMA - (correndo) E' stata l'emozione, Filippo, perdonami!  (esce a destra inseguita da Capurro  che chiude la porta)

ANTONIO - A volte mamma è 'n po' sbadata.

SIGNORA PERSICO - Suvvia, andate di là a consolarla: fategli rifare pace.

ANTONIO - No, la mamma è arrabbiata con me, anzi, stamattina ha deciso de lasciacce e d'artonnà a Deruta.

SIGNORA PERSICO - E perché vuol ritornare a Deruta?

ANTONIO - Ve vojo fà ride: quella s'è messa 'n testa de sposamme.Eh no? Solo perché ho sposato la su' fija e lia ha cresciuto le mi' du' creature io devo sposà 'n tale canchero?

 PERSICO - No! E quando mai!

DONNARUMMA - (affacciandosi a sinistra)  Sor Antò, e cinque!

ANTONIO - Via via, allora quasi ce stamo.

PERSICO - Beh, noi togliamo il disturbo. Venite, mamma.

ANTONIO - (con irruenza) No! No, ancora cinque minuti.  (dopo aver gettato uno sguardo a destra)  Pe' non destà sospetti, mettemoce a cantà!

PERSICO - Dobbiamo cantare? E quale canzone?

(da destra entra Capurro, lamentandosi, appoggiato a Gemma)

CAPURRO - Me ce dovevate mette acqua fresca, no camomilla scottante...  (Gemma e Capurro attraversano la scena, Antonio si alza, e mentre i due escono comincia a cantare)

ANTONIO - Chi me pija pe' francesa, chi me pija pe' spagnola... (invita Persico a continuare)

PERSICO - ... ma so' nata a Conte 'e Mola, metto 'a coppa a chi vogl'i...

ANTONIO - (a voce bassa) Capurro e Gambardella, Capurro, capite?

PERSICO - Sì, ho capito.

ANTONIO - Marescià, telefonate subito a chi di dovere, ma subito, prima che mamma e papà ritornano qua. Fate finta de chiamà 'n parente... chi ve pare... subito, però!

PERSICO - Provvedo.  (va al telefono e forma un numero)  Pronto, professore?

ANTONIO - Bravo, bravo... fate finta che è 'n professore... mimetizzate!

PERSICO - (al telefono) Sono Persico, sì, il maresciallo Persico. Ricordate che vi ho detto di quello scambio di vestiti? Bravo! Ricordate che vi ho fatto vedere l'indirizzo al quale mi recavo per riprendere il vestito? Bravo! Sì, sì... precipitatevi... è un caso per voi... grave!

ANTONIO - Gravissimo.

PERSICO - (al telefono)  Gravissimo.

ANTONIO - (contento, soffregandosi le mani) Bravo, maresciallo... E portasse anche i rinforzi.

PERSICO - (al telefono) Con i rinforzi, professore... sì, è gravissimo.  (Gemma e Capurro ricompaiono a destra)

ANTONIO - (riprendendo a cantare) Chi me pija pe' francesa...   (invita la signora Persico a cantare)

SIGNORA PERSICO - Chi me pija pe' spagnola, ma so' nata 'o Conte 'e Mola, metto 'a coppa a chi vogl'i...

ANTONIO, PERSICO e SIGNORA PERSICO - (cantano tenendosi per mano e ballando)   Caro Bebè, che guarde a fà? I' quanno veco a te me sento disturbà.

(Gemma e Capurro escono da destra)

ANTONIO - Marescià, quello è Capurro. (un dito sulle labbra) Sssst!

PERSICO - E chi è Capurro?

ANTONIO - Papà.

PERSICO - Ma com'è che voi fate di cognome Orefice e vostro padre Capurro?

ANTONIO - Capurro non è papà, è l'evaso.

PERSICO - Ma la televisione ha detto che l'evaso stava in America! Comunque, state tranquillo, il professore sta per arrivare.

ANTONIO - (continuando nell'equivoco) Ah, per fortuna! Vedé, m'ha anche sparato sul piede, ma io ho mannato 'n bagno Donnarumma a faje 'l sabotaggio!

PERSICO - E chi è questo Donnarumma?

ANTONIO - Donnarumma è 'l cameriere, ma no quello titolare, e è anche l'aiutante del sarto, 'l sor Peppino, e è lui 'l responsabile dello scambio dei vestiti. Ma adesso... sta a annodà i lenzoli...

PERSICO - Ho capito! E' quello che usa le lenzuola per curarsi la diarrea violenta...

ANTONIO - No, le usa pe' calasse giù dal finestrino del bagno...

(Sul terrazzo, appare il professore seguito da due erculei infermieri)

PROFESSORE - Buongiorno.

ANTONIO - (a Persico)  E' il professore?

PROFESSORE - Sì, figliolo.  (gli si avvicina aprendogli paternamente le braccia. Da destra rientrano Gemma e Capurro, che attraversano la scena verso sinistra. Antonio afferra le mani del professore e canta, ballando)

ANTONIO - Caro Bebè, che guarde a fà? I' quanno veco te me sento disturbà.

CAPURRO - (di passaggio, ad Antonio) Disgraziato, continuate a fà entrà gente 'n casa,eh?

PROFESSORE - Un caso da manuale.

PERSICO - Ha detto che sono passati mamma e papà e che lui e mamma sono nati nel '46 e papà nel '47!

SIGNORA PERSICO - E pure che la sua mamma si vuole sposare con lui!

PERSICO - Poi s'è messo a cantare e il suo babbo è diventato l'evaso Capurro!

PROFESSORE - Un caso da manuale.  (ad Antonio)  Succede, figliolo, succede. Lo stress della vita moderna! Ma possiamo rimediare. La scienza ha fatto passi da gigante. Mi vuole seguire?

ANTONIO - Seguì ta voe? Commissà, circondate la casa. Se io me movo, quello spara ta la socera, ta Teresa, ta Gioacchino e anche ta quella svampita che vole sapé chi me 'nsapona la schiena!

PROFESSORE - Cercheremo di evitarlo.  (fa un cenno agli infermieri, che afferrano saldamente Antonio immobilizzandolo)

ANTONIO - (divincolandosi) E questi chi so'?

1° INFERMIERE - Sta fermo sinnò te struppio!

2° INFERMIERE - Te dò 'na botta ta la capoccia che te fo armané tempro come 'n passone!

ANTONIO - Marescià, commissario, che cavolo state a fà? Voi dovete pijà Capurro! Ma che cacchio ete capito?    (Gli infermieri lo trascinano fuori dal terrazzo)

PROFESSORE - (a Persico) In cinque o sei mesi spero di conseguire buoni risultati. Arrivederci!

(via dal terrazzo. Fuori scena si ode un alto grido. Preceduto da lamenti di dolore, sul terrazzo appare Donnarumma, pesto, dolorante e tutto sporco e impolverato. Si preme i reni con una mano e con l'altra trascina un lenzuolo)

DONNARUMMA - (lamentandosi)  Uh, Madonna, me sono ucciso!  (mostra il lenzuolo)  Mentre stavo a metà strada s'è sciolto 'l nodo. Antonio, Antò...!   (con un grido di dolore)   Uh, Madonna!   (si arresta. Sulla porta di destra è comparso Capurro, con una grinta feroce, impugnando la pistola. Pausa. Con altro tono, mentre i Persico si voltano a guardare Capurro)   Uh, Madonna!...

(si abbassano le luci)

    (quando si rialzano le luci, Donnarumma è legato a una sedia con il lenzuolo che aveva in mano dopo il tentativo di fuga e Capurro cammina furente in lungo e in largo con la pistola in mano trascinando il piede. A tratti scosta la tendina della porta-finestra che dà sul terrazzo)

CAPURRO - Pregate Dio che non ha parlato, pregate!

DONNARUMMA - So' tre ore che sto a pregà! Io comunque ho ubbidito a ordini superiori.

CAPURRO - E no, che ce credo! Sicché Antonio v'avrebbe detto d'annà al bagno, de fà 'na corda coi lenzoli e da calavve in strada...

DONNARUMMA - Propio così, anzi, m'ha detto: fà per bene e vede de guadagnatte la giornata!

CAPURRO - Gaetà, ma chi è lo scemo, io o voi?

DONNARUMMA - (subito)  Io!

CAPURRO - Io, sparà aspetto a sparavve perché ci ho le munizioni razionate, ma si m'accorgo che me pijate 'n giro, pijo 'n coltello e ve sfregio la faccia a coltellate, veh!

DONNARUMMA - (piangendo) Io so' 'naffabeta, orfano e mezzo scemo. Se me levate sto po' de bellezza che ci ho, che me resta nella vita?

CAPURRO - (tormentandosi i capelli) Ma tu guarda se devo sopportà anche ta questo!   (guarda nel cannocchiale)  Famme vedé se 'l mi' complice, Berlingieri, me fa 'l segnale de via libera...

DONNARUMMA - Madonna delle Grazie bella, fà fà 'l segnale ta Berlingieri, così questo scenne e va via...

CAPURRO - No, noi scennemo e annamo via.

DONNARUMMA - (guardandosi intorno) Noi chi?

CAPURRO - Voi e io.   (sfila dal taschino un paio di occhiali neri e se li infila)  Un cieco e 'l su' accompagnatore. Senza destà sospetti, salimo su 'na macchina e partimo assieme, la mano sinistra sulla vostra spalla, la mano destra così... (introduce la mano destra in tasca colla pistola)  ... e se v'azzardate a fà 'n passo falso...

DONNARUMMA - Me sparate.

CAPURRO - Bravo, ete capito al volo! Spiegateme 'n po', com'è che ve sete fatto la nomina de mezzo scemo?

DONNARUMMA - E' perché 'na sera, al ristorante, 'n cliente 'n po' 'mbriaco me fà: Gaetà, tra 'na moneta da cento lire e 'na carta da mille, quale scegli? E io ho scelto la moneta da cento lire: sapete, è metallo, più consistenza: io la preferisco. E così, da allora, tutte le sere, la gente che viene a magnà al ristorante se mette 'n fila a famme 'l giochino delle cento e delle mille lire.

(Capurro lo osserva a lungo cercando di capire se c'è o ci fa. Poi prende dalla tasca una moneta da cento e una banconota da mille lire e le porge a Donnarumma)

CAPURRO - Fateme capì... scejete!

DONNARUMMA - Le cento lire: sonono più 'n saccoccia!

CAPURRO - (sinceramente paterno)  Donnarumma, cocco mio, se io 'n v'apro j'occhi, ta voi i lupi ve se magnono. La prossima volta pijate la carta da mille lire.

DONNARUMMA - E no cocco, e che so' scemo?

CAPURRO - Perché?

DONNARUMMA - Perché la prima volta che scejo la carta da mille 'l giochino finisce e ta me le cento lire chi me le dà più?

CAPURRO - (lo osserva in silenzio, poi) E questo sarebbe 'l famoso fesso! Donnarù, se venite con me 'n Affrica, voi fate fessi ta tutti i marrocchini!

    (si apre la porta di destra e viene agitato in aria un panno bianco legato in cima ad una scopa)

PERSICO (fuori scena)  Capurro!   (Capurro si alza girandisi di scatto e impugnando la pistola)

CAPURRO - Chi è?

PERSICO - (fuori scena)  Persico.

CAPURRO - La porta deve stà chiusa: si volete parlamme, escite voe solo co' le mani 'n to la testa.

(il panno bianco scompare, la porta si apre ed appare Persico con le mani sulla testa)

PERSICO - Ci tocca l'ora d'aria.

CAPURRO - E chi lo dice?

PERSICO - Il regolamento.

CAPURRO - (dopo essersi grattato il mento con la punta della pistola) Vabbè. Uscite 'n fila 'ndiana e co' le mani 'n to la testa.

(Persico si scosta per far passare gli altri. Apre il corteo la signora Persico, seguita dall'intervistatrice, da Gemma, Teresa e Gioacchino, che si sorregge alle due donne)

GIOACCHINO - Quella finestra deve stà chiusa.

PERSICO - Ma se la finestra è chiusa, l'aria come la pigliamo?

GIOACCHINO - E' fredda! Io me sento i brividi per tutto 'l corpo.

TERESA - Vuoi restà di là, Pinchi Pinchi?

GIOACCHINO - No. (starnutisce fragorosamente) Piuttosto che lasciatte sola, affronto le bufere! Voi, però, passeggiate pure, io me metto a ceccia.  (siede sul divano)

(Gemma e Teresa si guardano commosse)

TERESA - (piangendo) Papà mio... papà mio...

GEMMA - Filippo, m'avevate promesso che appena notte ve n'annevate. Dateme retta, lasciate 'n bon ricordo de voi, scappate, fuggite. In cambio, parola d'onore, per tre ore da di qui nessuno se move. Poi telefonamo al manicomio e chiarimo l'equivoco. Io, p'ammorbidì 'l vostro core de pietra, ho fatto 'n voto, 'n voto terribile...!

CAPURRO - Camminate, và, fate i voti, fate i voti! Circolare, circolare!

(eccetto Gioacchino e Donnarumma, gli altri passeggiano intorno al divano sempre con le mani sulla testa)

GIOACCHINO - (portandosi una mano agli occhi) Mamma mia...

TERESA - Che c'è, Pinchi Pinchi?

GIOACCHINO - Me fate venì 'l mal de mare.

TERESA - Chiudi j'occhi, bello de Teresina tua.

GIOACCHINO - No, sinnò Capurro se n'approfitta e te mette le mani addosso. Se 'l facesse, non risponderei di me...

CAPURRO - In che senso?

GIOACCHINO - Nel senso che me verrebbe 'n collasso!

TERESA - E allora tienti 'l mal de mare che è mejo.

PERSICO - Ma voi che speranza avete di farla franca? A quest'ora la polizia è mobilitata e la vostra cattura è imminente.

SIGNORA PERSICO - E daje! Non t'immischià, Lorenzo, non so' fatti che te rigaurdono.Tu pensa ta la tu' mamma e basta, Lorenzo.

PERSICO - Mi azzitto solo perché così vuole la mia mammina, ma insisto nel dire che per voi non c'è via d'uscita.  (in un impeto di rabbia Capurro gli pesta un piede, suscitando le urla di Persico)

SIGNORA PERSICO - Hai visto, Lorenzo? Fatti i fatti tuoi. Prendi esempio da questa bella signorina che passeggia zitta facendosi i fatti propri.

INTERVISTATRICE - Sto vivendo un'esperienza indimenticabile e le forti emozioni rendono muti. Capurro, se volesse rispondere a qualche domanda...

CAPURRO - Circolare, circolare.

INTERVISTATRICE - Solo due o tre, la prego.

CAPURRO - Scriveteme, ve risponnerò per iscritto.

INTERVISTATRICE - Il vostro indirizzo...

CAPURRO - Fermo posta, Tunisia, Hammamet.

GEMMA - (piangendo)  Filippo, voi penzate ta la corrispondenza e 'ntanto chissà quali tribbolazioni sta a passà quel poretto de Antonio.

TERESA - Che je faranno, a papà mio?

PERSICO - Conoscendo il professor Notari, direi che a quest'ora gli staranno facendo un test, sottoponendolo alternativamente a immersioni in vasca con acqua gelata e a scosse elettriche alla testa: niente di preoccupante!

TERESA - Papà mio, pijerà la polmonite!

GIOACCHINO - 'N te preoccupà, Teresa, io la pennicillina ce l'ho sempre con me!

(Gemma e Teresa scoppiano in alti lamenti)

CAPURRO - (gridando) Silenzio! Silenzio!   (silenzio generale)  L'ora d'aria è finita. Tutti in camera.

PERSICO - (consultando l'orologio) Veramente son passati solo dieci minuti.

CAPURRO - Bastano. Tutti dentro! 

PERSICO - Va bene. Voi vincete le battaglie, ma noi vinceremo la guerra!  (apre il corteo, seguito dalla madre e dall'intervistatrice. Gemma e Teresa restano accanto a Gioacchino sprofondato nel divano)

CAPURRO - (alle due donne) E voi 'n ete 'nteso? Via 'n camera!

TERESA - Te la senti, Pichi Pinchi?

GIOACCHINO - Dovrei fà prima 'n'inalazione.

TERESA - Do' ce l'hai la bomboletta?

GIOACCHINO - 'N to la tasca interna della giacca.   (Teresa prende la bombola e gli spruzza un po' di gas sotto il naso. Gioacchino riprende forza e riesce a mettersi in piedi, si appoggia alle due donne e esce con esse a destra. Subito dopo Gemma rientra e corre a gettarsi ai piedi di Capurro)

GEMMA - Filippo, ho fatto 'n voto terribile!

CAPURRO - E che so' 'n santo che me 'l venite a arcontà? Affari vostri.

GEMMA - Filippo, se lasciate sta casa senza fà del male a nessuno, io... vengo con voi, me 'mbarco con voi pe' l'Affrica, rinuncio a sta vita piena de comodità, rinuncio a Deruta, rinuncio alla televisione, rinuncio a ... Antonio... a tutto rinuncio! Filippo, sarò vostra anima e corpo!

CAPURRO - All'anima del voto!

DONNARUMMA - (scuotendosi sulla sedia su cui è legato) Signò, abbiate pazienza!

CAPURRO - Pazienza? Qua ce vole stomaco!

GEMMA - Filippo, io lo stomaco ce l'ho bono!

CAPURRO - Lo stomaco ce l'ho da avé io, signora! Stamattina ho rinunciato a pijamme cinquantamila lire p'ammazzavve e stasera dovrei arcoje su ta voi perché ete fatto 'n voto? Camminate, và, io so' 'n bandito serio, diplomato, mica so' 'na mezza calzetta de scippatore! 'L voto, sì, 'l voto! Ma annate a favve monaca!

GEMMA - (mesta, rialzandosi) Filippo, non sapete quel che perdete. Vuol dire che cambierò voto.

CAPURRO - Brava, ecco, cambiatelo. 'Ntanto annate di là e metteteve co' gli altri.

(Gemma esce a destra, umile, a mani giunte, tutta concentrata nei suoi pensieri)

DONNARUMMA - Sor Filippo...

CAPURRO - Eh, che c'è?

DONNARUMMA - Io penzavo... perché nun ve fate accompagnà da la signora per uscì, così fate contenta ta lei e ta me, e chiappate du' piccioni co' 'na fava sola!

CAPURRO - No, me serve la faccia de 'n poro disgraziato. Anzi, preparamoce.

    (Capurro slega Donnarumma; si sente una voce fuori scena, Capurro scosta la tendina e guarda fuori, la porta si apre e appare Antonio, con indosso calzoni, casacca e berretto di ruvida tela grigia)

ANTONIO - (fermo sulla soglia, con aria mesta, pacatissimo)  Bonasera.

DONNARUMMA - (corre ad abbracciarlo e baciarlo, commosso)  Sor Antò, ben tornato! Sete vivo? Fateve vedé. Sete sopravvissuto ai supplizi?

ANTONIO - Dove sono Teresa e Gemma?

DONNARUMMA - Di là 'n camera cogli ostaggi.

ANTONIO - (dirigendosi verso il cannocchiale) Anche 'l maresciallo sta di là?

DONNARUMMA - Pure lui co' la su' mamma.

ANTONIO - (guarda nel cannocchiale, sempre con voce calmissima e mesta) Camporeale: spaghettata al chiaro di luna. Regolare!

CAPURRO - Ma come ve sete vestito?

ANTONIO - Da pazzo. Ma non m'hanno rilasciato, so' scappato.

DONNARUMMA - E come ete fatto?

ANTONIO - Me so' calato da 'na finestra coi lenzoli.

DONNARUMMA - 'Nvece, ta me, me s'è sciolto 'n nodo e so' cascato di sotto!

ANTONIO - Capurro, fra 'n po' arriverà a casa mia 'n battaglione della Mobile per arportamme dentro: vedemo come la mettete. 'N ete scampo.

CAPURRO - Vivo a me non me pijono.  (va verso il cannocchiale, osserva e grida)  Eccolo, il segnale di Berlingieri! Presto, uscimo.   (mette la mano destra in tasca con la pistola, fa alzare Donnarumma e gli appoggia la mano sinistra sulla spalla.)  Fate vedé come camminate.

(Donnarumma si muove e girano intorno sotto lo sguardo incuriosito di Antonio. Donnarumma inciampa, urta il piede ferito di Capurro che urla e si getta sul divano)

ANTONIO - (senza perdere la sua flemma) Sentite, Capurro, se per scappà ve dovete servì de Donnarumma, è mejo che ve costituite. Almeno salvate l'unghia 'ncarnita.

DONNARUMMA - (a Capurro) Ve l'evo detto io, pijate la sora Gemma. Quella lo fa per voto.

CAPURRO - Piuttosto che pijà ta lia, io sparo ta voe e ta lia, tanto quindici anni più, quindici anni meno... che vuoi che sia, mica n'è 'na pena eccessica...

ANTONIO - (chiama) Teresa!   (si apre la porta di destra e si affaccia Teresa che, visto il padre, gli si getta fra le braccia. Alle sue spalle compaioni gli altri che, però, non osano muoversi dalla porta)

TERESA - Papà! Papà mio!

PERSICO - Quale cura vi hanno fatto? L'elettroshock? 'L bagno gelato?

ANTONIO - (guardandolo intensamente, calmo) No, solo la doccia scozzese, marescià. Grazie dell'interessamento.

CAPURRO - (alzandosi) Signorì, fate venì 'l fidanzato vostro.

TERESA - Gioacchino?

GIOACCHINO - (affacciandosi da dietro il gruppo) Chi è? Chi me vole?

CAPURRO - Gioacchì, deteme quel gas che portate sempre con voi.

GIOACCHINO - (facendosi largo e porgendogli la bomboletta) L'esaclorofeno...

CAPURRO - Sì, sì, quello. Dete qua. Quanto ne devo respirà?

GIOACCHINO - Do' ete d'anna?

CAPURRO - 'N Affrica.

GIOACCHINO - Allora 'n basta, ce ne vorrebbe 'n' autocisterna!

CAPURRO - E p'arrivà a Civitavecchia?

GIOACCHINO - Allora bastono du' inalazioni profonde: ecco, mettete i beccucci su' pe' 'l naso, schiacciate 'l pulsante e ispirate forte.

DONNARUMMA - Filippo, se devo venì con voi, fateme pijà du' boccate anche ta me.

CAPURRO - Ete ragione, così almeno nun me pisterete i piedi, speramo.

    (Donnarumma si segna devotamente e fa due inalazioni profonde. Dà la bomboletta a Capurro che effettua la medesima operazione. L'evaso mette la mano sinistra sulla spalla di Donnarumma e i due fanno per avviarsi verso la porta-finestra alzando in sincronia il piede sinistro, quando, di colpo, cadono come pesi morti sul divano, russando sonoramente. Tutti li osservano stupiti, senza osare avvicinarsi.)

ANTONIO - Oh, ch'è successo?

GIOACCHINO - (guardando la bomboletta) Gesù mio, che sbadato! Gli ho dato la bomboletta del cloroformio!

    (Con un balzo Persico si impadronisce della pistola di Capurro, estraendogliela dalla tasca. Il gruppo si avvicina cautamente al divano. Persico solletica con la canna della pistola 'evaso, che ha un sussulto: gli altri indietreggiano con un "Ooooh! " di terrore.)

PERSICO - (a Gioacchino) Giovanotto, ridatemi la bombola.  (Avutala, spruzza a lungo il gas sotto il naso di Capurro. Gemma, Teresa e l'intervistatrice abbracciano Antonio, fra pianti e risa di gioia. Gioacchino si mette a sedere su una sedia e si copre la testa con la sciarpa rabbrividendo. Teresa, a lui vicina, gli fa ingoiare delle pillole)

ANTONIO - Zitte, sennò se sveja.  (Intanto Persico ha messo in piedi Capurro dormiente che a un tratto socchiude gli occhi)

CAPURRO - (mezzo addormentato)  Il segnale... Berlingieri... l'Affrica...    (Persico gli spruzza ancora cloroformio e Capurro lascia ricadere la testa sulla spalla del maresciallo, addormentato di nuovo)

PERSICO - Signor Antonio, vi debbo delle scuse.

ANTONIO - Per carità, mica tutti possono capì al volo!

PERSICO - (alterato)  Che insinuate, che io sia deficiente?

ANTONIO - Io insinuo solo che 'nvece del professore del manicomio dovevate chiamà i vostri colleghi della Polizia!

PERSICO - Io so' sì maresciallo, ma non della Polizia, della sussitenza.

ANTONIO - Ah, allora se spiega.

PERSICO - E poi, voi facevate tutti quei discorsi strani: voi e vostra madre del '46, vostro padre del '47... voi Orefice e vostro padre Capurro... la francesa... Lily Kangy... vostra madre che si voleva sposar con voi... (parla in dialetto) ... oh, cocco, ta me me parevate matto legatoro!

SIGNORA PERSICO - (sdegnata) Lorenzo, lasciamo immediatamente questa casa!

PERSICO - Immediatamente, mammà! (trascina via Capurro)

SIGNORA PERSICO - Che ci fai con quello?

PERSICO - Lo consegno alla Polizia.

SIGNORA PERSICO - Fatti i fatti tuoi, Lorenzo. Fatti i fatti tuoi.

CAPURRO - (sbadigliando) Berlingieri!  (bacia Persico) Le luci di Tunisi! L'Affrica!   (Persico gli spruzza il cloroformio, Capurro ricade addormentato e Persico lo trascina via, mentre la signora Persico insiste)

SIGNORA PERSICO - Lorenzo, dà retta a tua madre... non t'immischiare... fatti i fatti tuoi...! (escono)

INTERVISTATRICE - Che giornata! Che esperienza indimenticabile! Che uomo!  (ad Antonio sussurrando)  Per il questionario, le andrebbe bene domenica prossima?

GEMMA - E daje! Questa arcomincia!

INTERVISTRATRICE - Domenica, eh?  (Gemma la afferra per il collo e per la bassa schiena e la spinge via verso il terrazzo)

GEMMA - Volete sapé come passono 'l tempo libero j'omini?

INTERVISTATRICE - E' il mio mestiere! Non spinga, la prego...

GEMMA - E allora va a fà le interviste verso Corbara, verso 'l Pian de Massiano o verso la Madonna dei Bagni. Hai voja de tempo libero, di lì troppo ne trove! Via! Via da sta casa e 'n c'armette più piede!  (la spinge bruscamente fuori dal portone. Rientra Gemma e chiude la porta-finestra)

GIOACCHINO - Brava, mamma, ch'ete chiuso la porta, sinnò con tutte ste passate me pijava 'na polmonite doppia!

ANTONIO - Oooh, casa mia! Casa mia!  (fa cadere a terra Donnarumma che russa addormentato, si siede sul divano e usa il corpo di Donnarumma per poggiare i piedi) Finalmente in pace!

GEMMA - (adorante) Antonio! Caro!

ANTONIO - (commosso) Gemma! (si stringono le mani)  Ve vojo raccontà un fatto miracoloso che m'è successo al manicomio, mentre stavo sotto la doccia gelata.

GEMMA e TERESA - Sentimo 'n po'.

ANTONIO - Sotto quell'acqua gelata, la mente me s'è aperta e le idee me se so' fatte più chiare. Poi c'è stato come 'n lampo de luce e me so' trovato su pe' 'na montagna alta... alta... e io stavo quasi 'n cima. Poi, 'n altro lampo de luce e 'na voce misteriosa, profonda ma chiara, che me diceva: "Antonio, guarda, tu hai raggiunto la vetta della saggezza. Vivi in pace con te stesso e cogli altri quei cinquanta o sessant'anni che ti restano..."

GEMMA - Era sempre la voce della vetta che parlava?

ANTONIO - Sempre, la vetta:  (riprende il racconto)  " Tu ti lamenti sempre di Camporeale, ma pensa che in casa tua, da un momento all'altro, ti può entrare un Capurro, un Donnarumma, un Gioacchino...! E allora, ora che hai raggiunto la vetta della saggezza, cancella il passato e vivi in pace! " Poi, mi sono risvegliato ed ero 'n altro uomo, calmo, posato, in pace, anche se sotto la doccia gelata!

GEMMA - Benedetta quella doccia gelata!

GIOACCHINO - (starnutendo) Sor Antonio, fate come me: penzate alla salute!

ANTONIO - Perciò ho deciso: da stasera se cambia vita. Impacchetto 'l cannocchiale e domattina l'arporto ta 'l mi' amico ottico, poi vo a comprà 'na televisione, grossa la vojo, per vedecce mejo, e poi... (rivolto a Gemma) ... poi, tanto i fiji so' grossi, questa fra 'n po' se sposa e noi armanemo soli, poi... annamo a sentì i fogli che ce vojono pe' fà le pubblicazioni de nozze... Gemma, io e te ce sposamo!

GEMMA - (impetuosa) Antonio! Caro!  (lo abbraccia, poi sobbalzando si ritrae) Non posso, non posso sposatte, Antonio!

ANTONIO - E perché? So' tant'anni che 'l volevi!

GEMMA - Durante la prigionia ho fatto 'n voto... (commossa) ... 'l voto che se tu fossi artonnato sano e salvo dal manicomio e noi l'avessimo scampata dal bandito io me sarei fatta suora... rinunciando per sempre ai piaceri del mondo... alla televisione... alla famija... agli ardori della carne! E 'n voto è 'n voto, è 'n obbligo che 'n se può scioje!  Anzi, famme telefonà a Colvalenza per sentì se m'accettono come novizia!

    (decisa va verso il telefono, compone un numero e parla)

    Pronto? Santuario de Colvalenza! Bongiorno! Ascolti, madre, io vorrebbe sapé com'ho da fà per entrà come novizia... sì... ho fatto 'n voto... bene, c'ete posto... quanti anni ciò?... vabbè, ve 'l dico... ce n'ho... uno più de... 'anta... come? Volete solo novizie de vent'anni? ... Belle e giovani... ma honno da fasse sore, mica...E io c'ho da fà?... Ho da vive la mi' vita?... E 'l voto?... Me sciojete voe?... E certo, si me dite così... grazie, madre, arrivederci... (abbassa il telefono)   Antò, la superiora de Colvalenza m'ha sciolto dal voto!

ANTONIO - (la abbraccia con impeto) E allora via, a fà le pubblicazioni e a sposacce al più presto, che io... ciò 'na voja!!!

GEMMA - (ritraendosi pudica) Antonio, che fai... frena il tuo impeto! Non sono ancora pronta... abbi pazienza, caro...

ANTONIO - Sì, Sì, coccona mia!   (facendo un gesto col braccio) Camporeale, tiè! Becchete questo!  Gemma, pe' l'ultima volta prima che compramo la televisione, accenne 'n po' la radio, sentimo qualche canzonetta.

(Gemma accende la radio e si siede sul divano; Antonio passeggia soffregandosi contento le mani. Musica dalla radio, poi)

VOCE DELLA RADIO - Interrompiamo il programma musicale "Musica di festa" per collegarci con la nostra sede romana per un importante avviso. A voi Roma.

DALLA RADIO (altra voce) - Qui la sede di Roma della Rai per comunicarvi uno straordinario evento. Le contemporanee sconfitte casalinghe di Juventus, Milan, Roma e Parma e a quelle esterne di Inter e Lazio sui campi delle ultime in classifica hanno determinato un solo tredici in tutta Italia, e precisamente a Marsciano, in provincia di Perugia. Il fortunato possessore della schedina vincente incasserà la straordinaria somma di Lire 10 miliardi e 682 milioni. Ma ancor più straordinario è il fatto che il fortunato giocatore non è incognito, avendo apposto sulla schedina il proprio nome: annunciamo pertanto che il vincitore della iperbolica cifra di oltre 10 miliardi è il signor...  Vincenzo Camporeale!

ANTONIO - (urlando)  Camporeale!

(Antonio stramazza a terra a braccia larghe. )

SIPARIO

FINE DEL SECONDO ATTO

APPLAUSI ... SPERIAMO !