Il siciliano

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Il Siciliano

Ovvero

L'Amor Pittore

di    Moliere

Commedia in un atto

(1667)

Traduzione di Gianni Nicoletti

ATTORI

Adraste, gentiluomo francese, innamorato di Isidora

Don Pedro, Siciliano, innamorato di Isidora

Isidora, Greca, schiava di Don Pedro

Climene, sorella di Adraste

Alì, valletto di Adraste

II Senatore

 (tre) musici

Schiavi

Mori

Due Lacchè

Prima rappresentazione: Saint-Germain-en-Laye, per ordine di Sua Maestà, nel febbraio 1667; poi presentata al pubblico, al Théàtre du Palais-Royal, il 10 giugno del medesimo anno 1667 (Troupedu Roi).

ATTO UNICO

SCENA PRIMA

                                                        Alì, Musici

                                                               

ALI’                   - (ai Musici): Zitti... Non fate un passo, e rimanete qui, finché non vi chiamerò. È tutto nero come un forno: stasera il cielo si è vestito da Scaramuccia e non si vede neppure la punta del naso di una stella. Che cosa stupida essere schiavi! non vivere mai per sé, ed essere sempre completamente a disposizione delle passioni di un padrone! avere come unica regola i suoi capricci, e vedersi ridotto a non avere altro che le preoccupazioni che sono solo sue! Il mio mi ha fatto sposare le sue pene; e siccome è innamorato, sono costretto, notte e giorno, a non avere un attimo di riposo. Ma ecco delle fiaccole, certamente è lui.

SCENA SECONDA

Adraste e due Lacchè, Alì

ADRASTE        - Sei tu Alì?

ALI’                   - E chi potrebbe essere se non io? A quest'ora della notte, al di fuori di voi e di me, Signore, non credo che qualcuno abbia voglia di andare in giro.

ADRASTE        - E io non credo che si possa vedere qualcuno che abbia in cuore tante pene quante ne ho io. Perché, sai bene, non è niente combattere l'indifferenza o i rigori di una beltà amata: si ha almeno il piacere di piangere e la libertà di sospirare; ma non trovare mai l'occasione di parlare a colei che si adora, non poter sapere da una bella se l'amore che i suoi occhi ispirano le piace o le dispiace, è la più molesta, a mio avviso, fra tutte le pene; e a ciò mi ha ridotto quello scomodo geloso che veglia, con tanto scrupolo, sulla mia affascinante Greca e non fa mai un passo senza trascinarsela dietro.

ALI’                   - Ma in amore molti sono i modi di parlarsi; e mi sembra, a me, che i vostri occhi e i suoi, da quasi due mesi a questa parte, se ne sono dette di cose.

ADRASTE        - È vero, lei ed io ci siamo parlati con gli occhi; ma come essere certi che, ciascuno di noi si sia spiegato bene con questo linguaggio? E come faccio a sapere, in fin dei conti, se lei in tende chiaramente quel che i miei sguardi le dicono? e se i suoi mi dicono quel che a volte credo di capire?

ALI’                   - Bisogna cercare qualche altro mezzo per potersi parlare di versamente.

ADRASTE        - Hai con te i musici?

ALI’                   - Sì.

ADRASTE        - Falli avvicinare. Voglio che cantino fino all'alba, e ve dremo se la loro musica riuscirà finalmente a costringere la bella ad affacciarsi a qualche finestra.

ALI’                   - Eccoli. Cosa devono cantare?

ADRASTE        - Quello che credono meglio.

ALI’                   - Andrebbe bene un trio, quello che mi hanno cantato l'altro giorno.

ADRASTE        - No, non è quel che ci vuole.

ALI’                   - Ah! Signore, è in un bei bequadro.

ADRASTE        - Cosa diavolo vuoi dire con questo bequadro?

ALI’                   - Signore, io sto per il bequadro: sapete bene che sono un intenditore. Il bequadro m'incanta: senza bequadro, l'armonia va a farsi benedire. Su, ascoltate questo trio.

ADRASTE        - No: voglio qualcosa di tenero e appassionato, qualcosa che mi intrattenga in una dolce fantasticheria.

ALI’                   - È più che evidente, state per il bemolle; ma potremo rima nere soddisfatti sia l'uno che l'altro. Cantino allora una certa scena di una piccola commedia che ho visto provare. Si tratta di due pastori innamorati, tutti languore, che in bemolle vengono separatamente a dire il loro lamento in un bosco, poi l'un l'altro si svelano la crudeltà delle loro amate; e allora arriva un pastore allegro, con un bequadro ammirevole, e prende in giro la loro debolezza.

ADRASTE        - Va bene. Vediamo di che si tratta.

ALI’                   - Ecco, perfetto, un luogo adatto per la scena; ed ecco due fiaccole per illuminare la commedia.

ADRASTE        - Tu mettiti contro questa casa, così al minimo rumore che facessero dentro, farò nascondere le luci.

SCENA TERZA

cantata da tre Musici

I° MUSICO       - Se col triste racconto della mia inquietudine II riposo interrompo di vostra solitudine,  Rocce, non v'inquietate. Che se conoscerete le mie pene segrete  Per rocce che voi siate,  Commosse ne sarete.

II° MUSICO: Gli augelletti giulivi, quando si annuncia il giorno, Riprendono i lor canti fra le foreste intorno; E pure io riprendo I sosspiri languenti ed ogni triste pianto. Ah! mio caro Fileno.

I° MUSICO       - Ah! mio diletto Tirsi.

II° MUSICO      - Quanta pena io sento!

I° MUSICO       - Quali sono i miei affanni!

II° MUSICO      -  Sempre ostile al mio amore è l'ingrata Climene.

I° MUSICO       - Ne Clori ha per me uno sguardo un po' dolce.

I° E II° MUS.    - (insieme): O legge inumana! Amor, se tu non puoi costringerle ad amare Perché concedi loro di poterci incantare?

III° MUSICO    - Tristi amanti, qual errore Adorar donne spieiate! Mai le alme innamorate Si contentan del rigore; I favori son fiammate Per cui brucia ogni cuore. Cento belle quivi sono, Sempre dietro lor mi affretto: Io vi dedico ogni affetto  Con il mio dolce abbandono;  Ma se tigre ho in cospetto, Certo tigre anche io sono.

I° E II° MUS.    - Felice, ahimè, chi può d'amore avere il dono!

ALI’                   - Signore, ho sentito qualche rumore.

ADRASTE        - Presto, ritiratevi, e spegnete le fiaccole.

SCENA QUARTA

Don Pedro, Adraste, Alì

DON PEDRO    - (uscendo in berretto da notte e veste da camera, con una spada sotto il braccio): È un po' che sento cantare alla mia porta; e, indubbiamente, son cose che si fanno con uno scopo. Bisogna che, nel buio, cerchi di scoprire di chi si tratta.

ADRASTE        - Alì!

ALI’                   - Cosa?

ADRASTE        - Senti ancora qualcosa?

ALI’                   - No.

(Don Pedro, dietro a loro, li ascolta.)

ADRASTE        - Possibile che con tutti i nostri sforzi non riusciamo a parlare un momento con l'amabile Greca? e quel maledetto geloso, quel siciliano traditore, sempre mi impedirà di avvicinarla?

ALI’                   - Con tutto il cuore vorrei che il diavolo se lo portasse via, quel seccatore, quel carnefice, che ci fa tanto faticare. Ah! se lo acciuffassimo, con che gioia mi vendicherei, sulle sue spalle, di tutti i passi inutili che la sua gelosia ci fa fare!

ADRASTE        -  Eppure dobbiamo trovare qualche mezzo, inventare qualcosa, un'astuzia, per intrappolare quel bruto: ne va del mio onore a lasciarmi scornare così; e quand'anche dovessi impiegare...

ALI’                   - Signore, non so cosa significhi, ma la porta è aperta; se volete entrerò dolcemente per scoprirne il perché. (Don Pedro si ritira sulla soglia.)

ADRASTE        - Sì, va; ma non fare rumore; io non mi allontanerò da te. Volesse il Cielo che fosse la bella Isidora!

DON PEDRO    - (dandogli uno schiaffo): Chi va là?

ALI’                   - (restituendoglielo): Amici.

DON PEDRO    - Olà! Francesco, Domenico, Simone, Martino, Pietro, Tommaso, Giorgio, Carlo, Bartolomeo: Su, presto, la mia spada, la mia rondella, la mia alabarda, le mie pistole, i miei moschetti, i miei fucili; presto, sbrigatevi, su, ammazza, senza quartiere.

SCENA QUINTA

Adraste, Alì

ADRASTE        - Non sento nessuno muovere. Alì? Alì?

ALI’                   - (nascosto in un cantuccio): Signore.

ADRASTE        - Dove ti sei cacciato?

ALI’                   - Sono venuti fuori?

ADRASTE        - No: nessuno si è mosso.

ALI’                   - (uscendo dal suo rifugio): Se vengono, li conceremo a dovere.

ADRASTE        - Possibile? tutto sarebbe inutile? E sempre quel geloso seccatore manderà all'aria ogni nostro piano?

ALI’                   - No: la collera dell'onor ferito mi afferra; non sarà mai detto che la mia abilità sia sconfitta; la mia virtù di furbo è sdegnata a tutti questi ostacoli, e voglio fortissimamente far rifulgere le doti che il Cielo mi ha dato.

ADRASTE        - Io vorrei semplicemente che con un qualche mezzo, un biglietto, una voce amica, ella conoscesse i miei sentimenti, ed io i suoi. Dopo, non sarà difficile trovare il modo...

ALI’                   - Lasciate fare a me, liberamente: tenterò tante di quelle cose che alla fine almeno una dovrà riuscire. Andiamo, spunta ilgiorno; vado a cercare i miei uomini, e tornerò qui, ad aspettareche il nostro geloso esca.

SCENA SESTA

Don Pedro, Isidora

ISIDORA          - Non so che gusto ci trovate a svegliarmi così di buon mattino; non si confa, mi pare, al vostro progetto di farmi fare il ritratto, oggi; e non è certo il modo migliore per avere il colorito fresco e gli occhi luminosi, alzarsi all'alba.

DON PEDRO    - Un certo affare mi obbliga a uscire a quest'ora.

ISIDORA          - Non vedo come la mia presenza sia necessaria al vostro affare; e potevate, senza incomodarvi, lasciarmi gustare le dol cezze del sonno del mattino.

DON PEDRO    - Sì; ma mi fa piacere condurvi sempre con me. Non è male assicurarsi un poco contro certe spie di innamorati; e anche questa notte sono venuti a cantare sotto le vostre finestre.

ISIDORA          - È vero; la musica era deliziosa.

DON PEDRO    - Hanno sonato per voi?

ISIDORA          - Se me lo dite voi, sarà così.

DON PEDRO    - Sapete chi vi ha fatto fare la serenata?

ISIDORA          - No; ma chiunque sia, gli sono obbligata.

DON PEDRO    - Obbligata!

ISIDORA          - Senza alcun dubbio, dal momento che cerca di darmi svago.

DON PEDRO    - Allora giudicate bello che vi si ami?

ISIDORA          - Bellissimo. E non si può che restarne obbligati.

DON PEDRO    - E vi sentite ben disposta verso tutti coloro che mo strano di avere tali cure.

ISIDORA          - Certamente.

DON PEDRO    - Questo è parlar chiaro.

ISIDORA          - Perché dissimulare? Anche se si fa finta che così non sia, sempre fa piacere essere amate: tali omaggi alla nostra bellezza non dispiacciono mai. Si dica quel che si vuole, la grande ambi zione delle donne è, credetemi, ispirare amore. Tutte le loro cure mirano solo a questo; e ancora non si è vista donna tanto fiera che non si compiaccia in cuor suo delle conquiste fatte dai suoi occhi.

DON PEDRO    - Ma se a voi fa tanto piacere, a voi, vedervi amata, lo sapete, vero, che io che vi amo, non ne provo affatto?

ISIDORA          - Non capisco perché; se amassi qualcuno, la mia più grande gioia sarebbe quella di vederlo amato da tutti. Cosa può indicare meglio la bontà della scelta? e quale miglior successo quello di vedere che colui che amiamo è giudicato degno di amore?

DON PEDRO    - Ciascuno ama a modo suo, e non è questo il mio metodo. Sarò molto contento se non vi troveranno punto bella, e vi .sarò obbligato se non cercherete di apparirlo agli occhi degli altri.

ISIDORA          - Come? geloso di queste cose?

DON PEDRO    - Sì, geloso di queste cose, e geloso come una tigre, e, se preferite, come un diavolo. Il mio amore vi vuole tutta per me; la sua delicatezza si offende di un sorriso, di uno sguardo solo che qualcuno può strapparvi; e tutte le cure che mi vedete prendere non altro scopo hanno se non quello di sbarrare la strada ai corteggiatori, e assicurarmi il possesso di un cuore del quale non sopporto che mi si rubi anche una briciola.

ISIDORA          - Però, volete che ve lo dica? siete sulla cattiva strada; il possesso di un cuore è ben poco sicuro quando si ha la pretes di conservarlo per forza. Io, ve lo confesso, se fossi innamorato di una donna che appartenesse a un altro, farei di tutto per rendere quel qualcuno geloso, e obbligarlo a vegliare notte e giorno colei che vorrei conquistare. È un mezzo meraviglioso di progredire nel proprio intento, e di non dover aspettare molto a trarre profitto dal cruccio e dalla collera che nello spirito di una donna suscitano la costrinzione e la schiavitù.

DON PEDRO    - E così, se qualcuno vi corteggiasse, vi troverebbe ben disposta ad accogliere i suoi voti?

ISIDORA          - Non so che dirvi. Ma alle donne non piace essere infastidite; ed è molto pericoloso dimostrarsi con loro sospettosi, e tenerle rinchiuse.

DON PEDRO    - Non siete molto riconoscente; e mi pare che una schiava riscattata, e della quale si vuoi fare la propria moglie...

ISIDORA          - Quale riconoscenza dovrei avere, se cambiate la mi? schiavitù in un'altra molto più dura? se non mi lasciate goder. alcuna libertà, e mi opprimete, come è evidente, con una continua vigilanza?

DON PEDRO    - Ma tutto ciò scaturisce unicamente da eccesso d'amore.

ISIDORA          - Se questo è il vostro modo di amare, vi scongiuro di odiarmi.

DON PEDRO    - Oggi siete d'umore insopportabile; e vi perdono queste parole, forse dovute al disappunto di esservi alzata presto.

SCENA SETTIMA

Don Pedro, Alì, Isidora

(Alì fa grandi riverenze a don Pedro.)

DON PEDRO    - Basta con le cerimonie. Che volete?

ALI’                   - (voltandosi verso Isidora ad ogni parola detta a Don Pedro, le fa dei segni perché intenda le intenzioni del padrone): Signor (con il permesso della Signore), vi dirò (con il permesso della Signore) che son venuto a trovarvi (con il permesso della Signore), per pregarvi (con il permesso della Signore) di volere (con il permesso della Signore)...

DON PEDRO    - Con il permesso della Signore, passate da questa parte.

ALI’                   - Signore, sono un virtuoso.

DON PEDRO    - Non ho niente da darvi.

ALI’                   - Non è questo che chiedo. Ma siccome m'intendo un po' di musica e di danza, ho istruito alcuni schiavi che sarebbero contenti di trovare un padrone che si compiacesse di queste cose; e siccome so che siete persona di grande considerazione, vorrei pregarvi di riceverli e di ascoltarli, per comperarli, se vi piacciono, o per indicare loro qualche vostro amico al quale fosse gradito averli.

ISIDORA          - Vediamo, ci divertiremo. Fateli venire.

ALI’                   - Chala baia... Questa è una canzone nuova, di moda. Ascoltate con attenzione. Chala baia.

SCENA OTTAVA

Alì e Quattro Schiavi, Isidora, Don Pedro

(In questa scena Alì canta e gli schiavi damano negli intervalli del suo canto.)

ALI’                   - (canta): Ovunque, con cuor amoroso L'amante segue la sua bella; Ma sempre un geloso odioso Sorveglia attento la donzella Facendo amore tanto ascoso Che sol con gli occhi parla ad ella: In qual dolor si arrovella II cuore di un bell'amoroso? «Chirìbirida ouch alla! Star bon Turca, Non avere danara. Ti voler comprara? Mi servir a ti,  Se pagar per mi; Far bona coucina, Mi levar marina, Far boiler caldara. Parlara, parlara: Ti voler comprara?» Certo è un supplizio, a ogni ora In cui l'amante può morire; Ma se la bella lo rincuora Vedendo grande il suo martire, E vi consente, certo allora, Benché per lei possa soffrire, Potrà sfidar tutte le ire Ridendo del geloso ognora. « Chiribirida ouch alla!  Star bon Turca, Non aver danara. Ti voler comprara?  Mi servir a ti,  Se pagar per mi; Far bona coucina, Mi levar matina, Far boiler caldara.  Parlara, parlara:  Ti voler comprara? »

DON PEDRO    - Mi sento quasi in vena Di cantar la canzone Sopra la vostra schiena A colpi di bastone. «Chiribirida ouch alla! Mi ti non comprara, Ma ti bastonara, Se ti non andara. Andara, andara, o ti bastonara.» Oh! oh! che mattacchioni! Andiamo, rientriamo; ho mutato parere; e poi il ciclo si sta coprendo. (Ad Alì, che ricompare:) Ah! briccone, vi ritrovo!

ALI’                   - Ebbene! sì, il mio padrone la adora; l'unico suo desiderio è di farle conoscere il suo amore; e se ella acconsente, la sposerà.

DON PEDRO    - Sì, sì, gliela custodisco io.

ALI’                   - L'avremo noi, nonostante voi.

DON PEDRO    - Come? mascalzone…

ALI’                   - Sarà nostra, ho detto, e il dispetto vostro.

DON PEDRO    - Se ti acciuffo...

ALI’                   - Avete un bei fare la guardia: l'ho giurato, sarà nostra.

DON PEDRO    - Lascia fare a me, ti acchiapperò senza doverti correre dietro.

ALI’                   - Noi vi acchiapperemo: sarà nostra moglie, è deciso. O ci rimetto la pelle o ci riesco.

SCENA NONA

Adraste, Alì

ALI’                   - Signore, ho già fatto qualche piccolo tentativo, ma...

ADRASTE        - Non preoccuparti; ho trovato per caso tutto quel che volevo, e presto avrò la gioia di incontrarmi con quella bella in casa sua. Ho incontrato Damone, il pittore, e mi ha detto che oggi deve andare a ritrarre quell'adorabile creatura; e sicco me da molto tempo è uno dei miei amici intimi, ha voluto aiu tare il mio ardore, e mi manda al suo posto, con un biglietto affinchè venga accettato. Sai che sempre mi sono dilettato di pittura, e che ogni tanto maneggio il pennello, a dispetto del l'uso di Francia, che non ammette che un gentiluomo sappia fare qualcòsa: così sarò libero di incontrarmi a mio agio con quella bella. Ma sono anche sicuro che il mio geloso seccatore sarà sempre presente, e sarà d'ostacolo ai discorsi che potrebbero sorgere fra noi; e per essere sincero, ho, grazie una giovane schiava, pensato uno stratagemma per strappare la bella Greca dalle mani del geloso, solo che riesca a ottenere il suo consenso.

ALI’                   - Lasciate fare a me, voglio darvi un piccolo aiuto anch'io perché possiate intrattenerla. Non sia mai detto che non servo a niente in questo affare. Quando ci andate?

ADRASTE        - Ci sto andando, e ho preparato ogni cosa.

ALI’                   - Allora, vado a prepararmi.

ADRASTE        - Non voglio perdere tempo. Olà! Non vedo l'ora di avere il piacere d'incontrarla.

SCENA DECIMA

Don Pedro, Adraste

DON PEDRO    - Che volete, cavaliere, in questa casa?

ADRASTE        - Cerco il signor Don Pedro.

DON PEDRO    - Sono io in persona.

ADRASTE        - Abbiate la compiacenza di leggere questa lettera.

DON PEDRO    - (leggendo): « Vi invio, in vece mia, per il ritratto che sapete, questo gentiluomo francese che, desideroso di favorire le persone a modo, ha cortesemente accettato l'incarico, secondo le proposte da me fattegli. Egli è, indiscutibilmente, un maestro in questo genere di lavori, e ho pensato che non avrei potuto rendervi maggior servigio nell'inviarlo a voi, secondo il vostro proposito di avere un ritratto bene eseguito della persona che amate. Guardatevi soprattutto dal parlargli di compenso; è uomo da offendersene, e lavora solo per la gloria e il buon nome ». (Parlando al francese:) Signor Francese, mi fate una gran cor tesia, e io vi sono molto obbligato.

ADRASTE        - L'unica mia ambizione è rendere servigio alle persone di nome e merito.

DON PEDRO    - Faccio chiamare la persona di cui si tratta.

SCENA UNDICESIMA

Isidora, Don Pedro, Adraste e due Lacchè

DON PEDRO    - Ecco un gentiluomo mandato da Damone, che ha voluto prendersi il disturbo di ritrarvi. (Adraste bacia Isidora salutandola, e Don Pedro gli dice:) Olà! Signor francese, questo modo di salutare non è in uso nel nostro paese.

ADRASTE        - È l'usanza francese.

DON PEDRO    - L'usanza francese va bene per le vostre donne; ma, per le nostre, è un po' troppo confidenziale.

ISIDORA          - Accolgo questo onore con molta gioia. La cosa mi sorprende assai e, a dire la verità, non mi aspettavo di avere un pittore tanto illustre.

ADRASTE        - ; Non c'è nessuno che non considererebbe grande onore accingersi a un tale lavoro. Non sono molto abile; ma il soggetto, in questo caso, basta da solo, e con un originale come questo c'è modo di fare qualcosa di bello.

ISIDORA          - L'originale è poca cosa: ma l'abilita del. pittore saprà nascondere i difetti.

ADRASTE        - II pittore non ne vede alcuno; e il suo unico desiderio è di saperne rappresentare le grazie; agli occhi del mondo intero, grandi quanto egli può vedere.

ISIDORA          - Se il vostro pennello è lusinghiero quanto la vostra lingua, mi farete un ritratto che non mi rassomiglierà.

ADRASTE        - II cielo, che fece l'originale, ci impedisce di fare un ritratto che sia lusinga.

ISIDORA          - II cielo, non ostante quel che dite, non...

DON PEDRO    - Finiamola, di grazia, lasciamo stare i complimenti, e pensiamo al ritratto.

ADRASTE        - Su, portate l'occorrente. (Tutto l'occorrente per ritrarre Isidora viene portato.)

ISIDORA          - Dove volete che mi metta?

ADRASTE        - Qui. Questo mi pare il posto migliore, il più adatto agli effetti di luce che cerchiamo.

ISIDORA          - Sto bene così?

ADRASTE        - ; Sì. Un po' più dritta, per piacere. Un po' più da questa parte; il busto voltato così; la testa un po' sollevata, affinchè si veda la bellezza del collo. Questo un po' più scoperto. (Accenna al petto.) Bene. Là, un pochino di più. Ancora un pocolino.

DON PEDRO    - Vi è tanto difficile sistemarvi; non sapete mettervi nella posizione esatta?

ISIDORA          - Sono tutte cose nuove per me; e tocca al Signore farmi posare come vuole.

ADRASTE        - Tutto va a meraviglia, e vi comportate benissimo (Fa cendola girare un poco verso di lui:) Così, per favore. Tutto dipende dalla posizione che si fa prendere alle persone cui si fa il ritratto.

DON PEDRO    - Molto bene.

ADRASTE        - Un po' più da questa parte; gli occhi sempre verso di me, ve ne prego; lo sguardo fisso al mio.

ISIDORA          - Non sono come quelle donne che vogliono, facendosi ritrarre, dei ritratti che non corrispondono ad esse e che non sono soddisfatte del pittore se non le fa più belle della luce del sole. Bisognerebbe, per accontentarle, fare un unico ritratto adatto a tutte, perché tutte chiedono solo una cosa: pelle di gigli e di rose, naso ben fatto, bocca piccola, grandi occhi vivi, ben ta gliati, e soprattutto il viso non più grosso di un pugno, quan d anche lo avessero largo un piede. Da parte mia, vi chiedo un ritratto in cui sia io, e non obblighi nessuno a domandare chi e.

ADRASTE        - Non sarà facile che facciano questa domanda dinanzi al vostro perché avete tratti che rassomigliano a ben pochi. Come sono dolci e affascinanti, e che rischio si corre a ritrarli!

DON PEDRO    - II naso mi sembra un po' grosso.

ADRASTE        - Ho letto, non so dove, che Apelle dipinse ai suoi tempi un'amante di Alessandro, e che ne divenne, facendole il ritratto, così perdutamente innamorato al punto di morirneal lora Alessandro, generosamente, gli cedette l'oggetto dei suoi desideri. (Si rivolge a Don Pedro:) Potrebbe toccare anche a me quel che in passato toccò ad Apelle; ma voi, forse, non fareste quel che fece Alessandro.

ISIDORA          - Si sente qual è il vostro paese; e sempre i signori Fran cesi posseggono galanteria che si effonde ovunque.

ADRASTE        - Non ci si sbaglia mai in certe cose; e voi siete troppo intelligente per non capire cosa fa sgorgare le cose che vi si dicono. Sì, quand'anche Alessandro fosse qui, e fosse vostro amante, non potrei impedire a me stesso di dire che mai ho visto niente di più bello di quel che ora vedo, e che….

DON PEDRO    - Signor francese, non dovreste, mi pare, parlare vi distrae dal lavoro. 

ADRASTE        - Ah! niente affatto. Ho l'abitudine di parlare quando dipingo; e, m queste cose, è necessaria un po' di conversazione per tenere sveglio lo spirito, e mantenere i volti nella gaiezza necessaria alle persone che si vogliono ritrarre.

SCENA DODICESIMA

Alì, vestito da Spagnolo, Don Pedro, Adraste, Isidora

DON PEDRO    - Che vuole quell'uomo, e chi lascia salire gente senza venirci ad avvisare?

ALI’                   - Sono entrato liberamente; ma, fra cavalieri, tale libertà, è permessa. Signore, mi conoscete?

DON PEDRO    - No, Signore.

ALI’                   - Sono Don Gilles d'Avalos, e la storia di Spagna vi avrà fatto conoscere i miei meriti.

DON PEDRO    - Desiderate qualcosa?

ALI’                   - Sì, un consiglio circa una questione d'onore. So che in tale materia è assai difficile trovare un cavaliere più esperto di voi; ma vi scongiuro, parliamo in disparte.

DON PEDRO    - Siamo abbastanza appartati.

ADRASTE        - (guardando Isidora): Ha gli occhi turchini.

ALI’                   - Signore, ho ricevuto uno schiaffo: sapete bene quel che significa uno schiaffo, dato a mano aperta, in piena guancia. Questo schiaffo l'ho qui sullo stomaco: e sono incerto se, per vendicare l'affronto, devo battermi o piuttosto fare assassinare l'uomo.

DON PEDRO    - Assassinare, è la via più corta. Chi è il vostro nemico?

ALI’                   - Parliamo sottovoce, vi scongiuro.

ADRASTE        - (in ginocchio ai piedi di Isidora, mentre Don Pedro e Alì parlano): Sì, incantevole Isidora, i miei occhi ve lo stanno dicendo da più di due mesi, e voi avete capito: vi amo sopra ogni cosa, e non ho altro pensiero, altro scopo, altra passione che essere vostro per tutta la vita.

ISIDORA          - Non so se siete sincero, ma siete convincente.

ADRASTE        - Convincente al punto di ispirarvi un po' di bontà nei miei riguardi?

ISIDORA          - Temo soltanto di averne troppa.

ADRASTE        - Ne avreste abbastanza per acconsentire, bella Isidora, al progetto che vi ho esposto?

ISIDORA          - Non posso ancora dirvelo.

ADRASTE        - Cosa attendete ancora?

ISIDORA          - Di decidermi.

ADRASTE        - Ah! quando si ama, ci si decide subito.

ISIDORA          - E sia! sì, acconsento.

ADRASTE        - Ma acconsentite, ditemi, che si faccia subito?

ISIDORA          - Quando si è presa una decisione, che importa il momento?

DON PEDRO    - (a Alì): Ecco il mio parere, vi bacio le mani.

ALI’                   - Signore, se un giorno riceverete uno schiaffo, anch'io saprò dare consigli, e potrò contraccambiarvi.

DON PEDRO    - Vi lascio andare senza accompagnarvi; ma fra cava lieri, questa è libertà concessa.

ADRASTE        - No, niente può cancellare nel mio cuore la tenera testi monianza... (Don Pedro scorge Adraste parlare troppo vicino a Isidora ) Guardavo questa fossetta a un lato del mento, e sulle prime ho creduto che fosse una macchia. Ma per oggi basta, finiremo un altra volta. (A Don Pedro:) No, non guardate ancora; fatelo rinchiudere, per favore. (A Isidora:) E voi, vi scongiuro di non lasciarvi andare, e di conservarvi allegra per poter portare a buon termine il nostro lavoro come ho detto

ISIDORA          - Sarò di tutta l'allegria necessaria.

SCENA TREDICESIMA

Don Pedro, Isidora

ISIDORA          - Che ne dite? quel gentiluomo mi pare persona civilissi ma, e bisogna convenire che i Francesi hanno un non so che di gentile, di galante che manca alle altre nazioni

DON PEDRO    - Sì; ma hanno questo di brutto, che sono un po' troppo liberi, e si buttano, storditamente, a fare il vagheggino con tutte quelle che incontrano. 

ISIDORA          - Perché sanno che così piacciono alle dame

DON PEDRO    - Sì; ma se piacciono alle dame non piacciono per men te ai signori; e non è affatto divertente vedere, sotto il proprio naso, vezzeggiare sfacciatamente la propria moglie o la propria amata. 

ISIDORA          - Lo fanno solo per giuoco.

SCENA QUATTORDICESIMA

Climene, Don Pedro, Isidora

CLIMENE         -  (velata): Ah! signor cavaliere, salvatemi, di grazia dalle mani di un marito infuriato che mi insegue. La sua gelosia è incredibile, e supera in furore tutto quel che si può immaginare. È arrivato al punto di volere che io vada sempre velata; e per avermi colta con la faccia un po’ scoperta ha messo mano alla spada, e mi ha costretta a riparare nella vostra casa, per chiedervi aiuto contro la sua ingiustizia. Ma ecco che viene Di grazia, signor cavaliere, salvatemi dal suo furore.

DON PEDRO    - Entrate là con lei, e non temete.

SCENA QUINDICESIMA

Adraste, Don Pedro

DON PEDRO    - Cosa! signore, voi? Tanta gelosia in un Francese? Credevo che soltanto noi ne fossimo capaci.

ADRASTE        - I Francesi eccellono sempre in tutto quel che fanno, e So ci mettiamo in capo di essere gelosi, lo siamo venti volte più di un Siciliano. Quell'infame crede di aver trovato nella vostra casa un sicuro rifugio; ma voi siete troppo ragionevole per biasimare il mio risentimento. Lasciatemi, di grazia, trattarla come merita.

DON PEDRO    - Ah! Di grazia, fermatevi. L'offesa è troppo piccola per tanta collera.

ADRASTE        - La grandezza di un'offesa non si misura dall'importanza di una cosa: consiste nel trasgredire agli ordini ricevuti, e in siffatta materia, ciò che non è che una scioccherà diventa grave reato essendovi proibizione.  

DON PEDRO    - Dal modo con cui ne ha parlato, tutto quel che ha fatto lo ha commesso senza pensarci; e vi scongiuro perciò di volervi rappacificare.

ADRASTE        - Come! la difendete, voi che siete tanto sensibile per certe cose?

DON PEDRO    - Sì, la difendo; e se volete usarmi cortesia, dimenticate la vostra collera, e riconciliatevi. È una grazia che vi chiedo; e la riceverò quale prova dell'amicizia che voglio ci unisca.

ADRASTE        - Non mi è permesso, a queste condizioni, rifiutarvi qual cosa; farò come volete.

SCENA SEDICESIMA

Climene, Adraste, Don Pedro

DON PEDRO    - Olà! venite. Non avete che a seguirmi e la pace è fatta Non potevate capitare meglio che m casa mia.

CLIMENE         - Vi sono obbligata più di quanto si potrebbe immagi nare; ma vado a prendere il mio velo; non oso, senza di esso, comparirgli dinanzi.

DON PEDRO    - Ora viene; e ha mostrato, ve lo assicuro, animo pieno di gioia quando le ho detto che avevo appianato ogni cosa.

SCENA DICIASSETTESIMA

Isidora, sotto il velo di Climene, Adraste, Don Pedro

DON PEDRO    - Siccome avete voluto rinunciare per me al vostro. risentimento, vogliate che in questa casa io vi faccia stringere la mano, e che vi scongiuri di vivere entrambi, per amor mio, in perfetta unione.

ADRASTE        - Sì, lo prometto, per amor vostro vado, con lei, a vivere nel più felice dei modi.

DON PEDRO    - Vi sono oltremodo obbligato, e non lo scorderò.

ADRASTE        - Vi do la mia parola, signor Don Pedro, che per la stima che nutro per voi, la tratterò come meglio non sarà possibile.

DON PEDRO    - Mi fate grandissima grazia. È bello mettere pace e dolcezza in ogni cosa. Olà! Isidora, venite.

SCENA DICIOTTESIMA

Climene, Don Pedro

DON PEDRO    - Cosa? che significa questo?

CLIMENE         - (senza velo): Cosa vuoi dire? Che un geloso è un mostro odiato da tutti, e che non c'è nessuno che non sia felice di danneggiarlo, anche senza altri interessi; che tutte le serrature e i catenacci del mondo intero non trattengono nessuno, e che è il cuore che bisogna incatenare con la dolcezza e con la compiacenza; e così Isidora è fra le braccia del cavaliere che ama, e voi siete stato burlato.

DON PEDRO    - Don Pedro sopporterà questa ingiuria mortale? No, no: non temo nessuno io, e chiederò aiuto alla giustizia, per confondere quel perfido. Qui abita un Senatore. Olà!

SCENA DICIANNOVESIMA

II Senatore, Don Pedro

IL SENATORE -  Servitor vostro, Don Pedro, arrivate a proposito.

DON PEDRO    - Vengo a denunciare un affronto che mi è stato recato.

IL SENATORE -  Ho preparato una bellissima mascherata.

DON PEDRO    - Un traditore di un Francese mi ha giuocato un tiro.

IL SENATORE -  In vita vostra non avete mai visto niente di più bello.

DON PEDRO    - Mi ha rapito una ragazza che avevo affrancata.

IL SENATORE -  È gente vestita da Mori che danza in modo meraviglioso.

DON PEDRO    - Dite voi se si può sopportare un'ingiuria simile.

IL SENATORE -  Abiti meravigliosi, fatti per l'occasione.

DON PEDRO    - Chiedo l'appoggio della giustizia contro questa azione.

IL SENATORE -  Dovete vederla anche voi. La ripetiamo per dare divertimento al popolo.

DON PEDRO    - Come? di che cosa parlate?

IL SENATORE -  Della mascherata.

DON PEDRO    - Io, della mia questione.

IL SENATORE -  Oggi non voglio altre questioni, se non quelle piacevoli. Avanti, Signori, venite: vediamo se tutto andrà bene.

DON PEDRO    - Accidenti al pazzo, con la sua mascherata!

IL SENATORE -  Al diavolo il seccatore, con la sua questione!

SCENA ULTIMA

Numerosi Mori intrecciano danze, con le quali la commedia finisce.

FINE